Cap. I Energia, fasi, equilibrio termodinamico nei sistemi omogenei ed eterogenei a più di un componente
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Introduzione La termodinamica è la scienza che si occupa delle proprietà del calore e dei processi/trasformazioni indotti dal calore e dalla temperatura. Anche se i due termini calore e temperatura sembrano intuitivamente perfettamente chiari, non solo nel linguaggio comune essi vengono confusi ma una loro definizione rigorosa è straordinariamente difficile, senza passare dal livello macroscopico al livello microscopico. Sembrerebbe che gli antichi possedessero una chiara comprensione degli effetti del calore, in generale ottenuto per mezzo di una fiamma, del fulmine o del sole. La trasformazione di una terra in ferro mediante il calore e tutta la metallurgia estrattiva si basa su una conoscenza empirica delle proprietà del calore. Analogamente la separazione di frazioni di un liquido mediante distillazione, la duttilità dei metalli e la loro fusione erano associate alle proprietà del calore, pur senza una definizione vera e propria del calore. E’ interessante che questa situazione si sia protratta molto a lungo, fino a circa la metà dell’ 800, quando la fisica e la matematica avevano fatto passi da gigante. Fino ad allora, il calore era considerato come un fluido indistruttibile e le proprietà del calore venivano descritte come il passaggio di questo fluido da un corpo all’ altro. Anche se sembra strano che Carnot sia riuscito a definire in maniera chiara i limiti della conversione del calore in energia meccanica con la teoria fluidica, è certamente vero che la termodinamica moderna considera il calore come una forma di energia ed il suo fluire come il fluire di una forma di energia, la conoscenza della cui natura è inessenziale se si conoscono in maniera completa le sue proprietà. Ed è interessante infine notare che tuttora la termodinamica è oggetto di dispute molto acri, che riguardano l’ essenza stessa dei processi, la loro descrizione rigorosa mediante la matematica e le capacità predittive della termodinamica stessa. Obiettivo centrale della termodinamica è comunque lo studio delle proprietà dell’ energia nelle sue varie forme ed il ruolo del calore nell’ ambito di tutti i processi che sono sensibili alla temperatura. Per questo motivo la temperatura T, una grandezza S, che chiamiamo entropia e che è una misura della efficienza della trasformazione del calore in energia, la pressione, il volume o la composizione possono essere usati come i mattoni fondamentali di questa Scienza. Lo stato di un sistema costituito da N punti materiali in meccanica è completamente definito se si conoscono ad un dato istante la posizione (e l’ energia potenziale) e la velocità di ogni punto e,quindi, i valori di 6N variabili del sistema. Lo stato del medesimo sistema in termodinamica può essere descritto alla stessa maniera, tenendo conto dell’ effetto della temperatura sulla distribuzione delle velocità e delle posizioni delle i particelle. Questo è il compito della meccanica statistica che ha portato Boltzmann a trovare, come vedremo, una trattazione rigorosa delle proprietà di un sistema ed una formulazione statistica dell’ entropia. Lo “stato” di un sistema o un corpo immerso in un mezzo che può fornire o ricevere calore ed energia meccanica, dovrà essere più semplicemente descritto da una particolare funzione Y= fs (c,P,V,T,S) che chiamiamo equazione di stato, dove come “stato” vogliamo indicare la sua composizione c, il suo volume V, pressione e struttura s (stato di aggregazione) sia la sua energia interna, o la capacità di fornire lavoro, analogamente allo stato di un sistema meccanico, che può essere descritto in generale conoscendo la sua energia cinetica e la sua energia potenziale. Qui P,V,T,c sono grandezze misurabili. Naturalmente potremmo scegliere altre grandezze ed altrettanto naturalmente dobbiamo conoscere il numero di variabili indipendenti. Poiché gli stati di aggregazione della materia non sono solo lo stato gassoso, liquido e solido, dovremmo accordarci ogni volta sul significato del termine s. Come vedremo, il problema alla base della termodinamica è tuttavia la sua impostazione rigorosamente macroscopica e la limitazione di essere esclusivamente applicabile ad un particolare 2
tipo di condizione che è la condizione di equilibrio, quando è noto che l’ equilibrio è un’ astrazione molto utile (come il concetto di gas ideale, di solido perfetto, di liquido ideale) ma largamente inadatta a spiegare i processi naturali, che sono tipici esempi di processi non di equilibrio. Per descrivere le modificazioni di un sistema di composizione, volume e struttura nota, per effetto di iniezioni o sottrazioni di energia meccanica e termica (scambi di calore), la termodinamica, come la meccanica, utilizza soluzioni delle equazioni di stato che sono invarianti rispetto al tempo. E’ quindi una scienza estremamente deterministica, mediante la quale è possibile ricavare con precisione le informazioni sullo stato di un sistema nel passato e nel futuro, conoscendo le condizioni iniziali. Il metodo è pertanto simile a quello utilizzato in meccanica per descrivere una traiettoria mediante le equazioni del moto, che sono invarianti rispetto al tempo. Come sappiamo, a differenza della meccanica e dell’ elettromagnetismo, una descrizione termodinamica dell’universo implica invece, e necessariamente, una traiettoria che non è invariante rispetto al tempo, perché il calore fluisce in una sola direzione e perché i processi naturali, quali i processi diffusivi, sono irreversibili. Stato solido e termodinamica dello stato solido Lo stato solido è un particolare stato della materia, caratterizzato come è noto dalla presenza di una organizzazione regolare dei suoi componenti in particolari strutture, identificabili,ad esempio, mediante la diffrazione dei raggi X. Le proprietà fisiche dei solidi sono tuttavia influenzate o talvolta completamente dominate da deviazioni locali dall’ ordine, che possono implicare la sola presenza di deviazioni più o meno consistenti relative alla lunghezza o all’ angolo di legame, alla presenza di legami non saturati ( legami rotti). Queste deviazioni dall’ ordine possono portare alla e formazione di fasi amorfe, con totale perdita di condizione di ordine a lungo raggio. Ulteriori deviazioni dall’ ordine possono implicare la mancata occupazione di siti reticolari (vacanze), dalla presenza di atomi in posizioni interstiziali e dalla presenza di impurezze in siti reticolari. Chiameremo questi difetti difetti di punto e vedremo che la loro concentrazione è una proprietà di equilibrio del sistema. La contemporanea presenza di difetti reticolari e di una varietà di stati di ossidazione dei metalli in fasi a più componenti possono indurre deviazioni permanenti dalla stechiometria e. quindi, permettere la stabilità di fasi on stechiometriche, tipicamente nel caso di ossidi e calcogenuri. D’ altra parte i solidi sono i componenti alla base della maggior parte dei materiali di interesse tecnologico, e quindi lo studio dei processi per la loro fabbricazione e quello delle loro proprietà chimiche e fisiche in ambienti e temperature molto diversificate ha rappresentato e rappresenta ancora una sfida ed un traguardo. A differenza dei liquidi, dove i processi diffusivi sono relativamente veloci anche a temperatura ambiente, garantendo così lo stabilirsi di condizioni di equilibrio in tempi ristretti, nei soldi i processi diffusivi sono veloci solo ad alta temperatura, dove alta temperatura è empiricamente una temperatura superiore a T= 2/3 Tf (in K). In questi solidi l’ equilibrio può essere raggiunto velocemente solo alla superficie, mentre il volume può rimanere in uno stato metastabile. Per questo motivo le condizioni di equilibrio a bassa temperatura possono non essere raggiunte in tempi compatibili con un esperimento o un processo ed il sistema può permanere per tempi indefiniti in uno stato di non equilibrio. La termodinamica definisce comunque, ed in ogni caso, le condizioni sottto cui intervenire per fabbricare un materiale o modificare le proprietà di un solido. La metallurgia, pur derivando da pratiche empiriche vecchie come l’ umanità, risponde a questi requisiti e si può dimostrare che la maggior parte dei processi ancor oggi adottati rispetta questa norma.
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Un esempio concreto è la metallurgia del ferro e del silicio a partire dagli ossidi, dove il riducente è il carbonio e non l’ idrogeno.
I sistemi a più di un componente rappresentano una classe di materiali di interesse strategico a livello di applicazioni in diversi settori, come l’ industria spaziale, aeronautica, nucleare, elettronica ed optoelettronica. Possono essere leghe metalliche, materiali ceramici, semiconduttori e la loro preparazione e la previsione della loro stabilità nei diversi casi di applicazione richiede la conoscenza delle loro proprietà termodinamiche in un ampio intervallo di temperature e di pressioni, mentre la previsione delle loro proprietà meccaniche, elettriche ed ottiche richiede una conoscenza approfondita del ruolo del disordine sulle loro proprietà. Obiettivo di questo Capitolo è quello di studiare le proprietà termodinamiche di questi sistemi, utilizzando in generale come esempio principale le fasi binarie. Preliminare a questo studio, che deve pervenire a definire le loro condizioni di equilibrio, dovremo comunque definire le caratteristiche dei sistemi o dei corpi (bodies) cui applicare le leggi della termodinamica per descrivere lo stato di questi sistemi e la natura delle trasformazioni che hanno luogo in questi sistemi quando siano posti in condizione di risentire l’ effetto di forze esterne. Questi sistemi possono essere costituiti da fasi omogenee (soluzioni solide) chimicamente e strutturalmente stabili, e da miscele eterogenee costituite da due o più fasi solide . Per definizione, una fase è una porzione di materia caratterizzata da proprietà di omogeneità chimica e fisica a livello macroscopico, confinata verso l’ esterno da una superficie che la contiene interamente. Una fase può essere gassosa, liquida o solida, attributi che definiscono il suo stato di aggregazione. Diremo che una fase è “condensata” quando il suo stato di aggregazione è quello liquido o solido. Discuteremo più avanti altri dettagli delle fasi, tenendo in considerazione alcune specificità delle fasi solide. Qui ci limiteremo ad analizzare le loro proprietà termodinamiche, nell’ ipotesi di considerare sempre fasi omogenee. Per le fasi omogenee è possibile descrivere il loro stato in funzione di grandezze come la pressione, il volume, la pressione, la composizione e la temperatura. Per le miscele eterogenee (ad esempio una distribuzione di cristalli di ossido di silicio o di carburo di silicio in una matrice di silicio) non è possibile una descrizione media ma sole le proprietà locali di porzioni omogenee del miscuglio e le condizioni di equilibrio, cioè di coesistenza delle fasi che lo compongono, utilizzando particolari funzioni di stato. Energia e calore, zeresimo principio. L’ energia interna di un corpo sistema costituita da N punti materiali si può modificare non solo mediante lavoro meccanico (ad esempio l’ espansione o la compressione di un gas mediante un pistone) ma anche mediante altre sorgenti di energia, quali la radiazione elettromagnetica, un fascio di elettroni o di particelle o il calore o mediante il trasferimento di materia L’ applicazione di una forza qualsiasi ad un sistema macroscopico, di sua natura dinamico, per compiere un lavoro sul sistema stesso ne modifica contemporaneamente la sua energia potenziale (quella che dipende solo dalla posizione) e la sua energia cinetica. Chiameremo trasformazione il risultato di un qualunque processo di interazione di un corpo con l’ ambiente. Definiremo come sistema termicamente isolato quel sistema che non risente dell’ effetto di scambi di calore ma solo dell’ applicazione di un lavoro meccanico che provochi un effetto di compressione o di dilatazione o di scambi di materia. Le trasformazioni relative vengono chiamate adiabatiche, e la variazione di energia interna U∆ del sistema a causa dell’ applicazione di un lavoro w è 4
∆U= w Analizzeremo in seguito il caso delle trasformazioni che hanno luogo a seguito di scambi di materia. Quando un sistema non è termicamente isolato, esso si mette in equilibrio termico con il suo intorno, che chiameremo termostato se è un corpo di grande capacità termica a temperatura costante, e la sua variazione di energia interna sarà ∆U= w+q dove q è il calore assorbito. Quando un sistema A è in equilibrio termico con il suo termostato B, la temperatura TA di A è eguale alla temperatura TB di B. Se a sua volta B è in equilibrio termico con un altro corpo C TA=TB=TC Questa condizione costituisce lo zeresimo principio della Termodinamica ed è una prima enunciazione del significato della temperatura, che chiaramente misura lo stato di energia termica di un sistema. Una trasformazione che abbia luogo ad una temperatura costante si chiama isoterma. Conservazione dell’ energia e primo enunciato del I principio L’ energia interna di un sistema termodinamico A si indica con il termine UA . L’ energia interna di un sistema gode di una particolare proprietà, che è quella delle funzioni di stato. Una trasformazione indotta da forze esterne che modifica l’ energia dello stato da un livello UA ad un livello UB è indipendente dal percorso seguito nella trasformazione. Il lavoro w compiuto sul sistema corrisponde alla variazione di energia interna UB –UA = ∆U w =∆U Questo è un enunciato del I principio della termodinamica.
Equazione di stato di sistemi termodinamici Le proprietà di un sistema termodinamico possono essere descritte da un’ equazione di stato, che descrive le correlazioni fra le variabili del sistema. Una equazione di stato ben nota è quella che correla temperatura, volume e pressione di un gas, e che si scrive (per una mole di gas) PV= RT dove R è una costante. Le equazioni di stato prendono quindi la forma generale f(P,V ,…T) =0 L’ equazione di stato di un gas è quella di una superficie nello spazio P,V, T che è la convoluzione di infinite iperboli PV = cost a temperatura costante (vedi Fig.1).
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Trasformazioni e stati di equilibrio Un problema fondamentale della termodinamica è quello di descrivere le trasformazioni di un sistema da uno stato all’ altro. Esempi importanti di trasformazioni sono i cambiamenti di stato (fusione, cristallizzazione, trasformazioni di fasi cristalline aventi proprietà strutturali diverse). Possiamo immaginare di compiere queste trasformazioni attraverso una serie continua di stati intermedi, ciascuno dei quali sia uno stato di equilibrio. Una trasformazione si dice reversibile se avviene con scostamenti infinitesimi da stati di equilibrio: pertanto una trasformazione reversibile deve necessariamente passare attraverso stati di equilibrio. Una trasformazione reversibile implica un dotale determinismo ed una totale invarianza rispetto al tempo. Infatti, se la trasformazione è reversibile, possiamo portare il sistema da A a B attraverso una serie di stati di equilibrio e riportarlo ad A attraverso i medesimi stati di equilibrio.
Gas ideali L’ equazione PV= RT vale per un particolare tipo di fluido, normalmente un gas a bassa pressione e lontano dal punto di condensa. Questo gas viene chiamato gas ideale e le proprietà di un gas ideale possono essere usate per costruire una scala di temperature assolute, in quanto l’espansione di volume con la temperatura di un gas mantenuto a pressione bassa e costante è sperimentalmente indipendente dalla natura del gas. Un termometro a gas può essere costruito con un recipiente collegato ad un tubo ad U, riempito da un liquido opportuno, il tutto inserito in un termostato. Ogni variazione di volume del gas a seguito di una variazione di temperatura può così essere seguita da una variazione di livello del liquido nel tubo ad U.
Lavoro associato ad una trasformazione, entropia ed energia libera Una qualsiasi trasformazione di stato implica uno scambio di energia con l’ambiente, ed in particolare uno scambio di calore q. Come il lavoro, il calore non è una funzione di stato, perchè il calore scambiato in una trasformazione dipende dal percorso seguito nel corso della trasformazione. Poiché una trasformazione di fase può implicare una variazione di volume, la variazione infinitesima di energia interna dU associata ad uno stadio reversibile di una trasformazione di fase è in generale la somma di un termine associato allo scambio di calore ed un termine di lavoro meccanico dU=δ q+ δw La notazione adottata per il calore scambiato δ q ed il lavoro δw è indicativa del fatto che il valore di ambedue i termini dipende dal percorso effettuato nel corso della trasformazione, e che quindi q e w non sono funzioni di stato. In un ciclo chiuso dU= 0 e quindi δ q= -δw Se la trasformazione è associata anche a scambi di materia (sistema aperto) è necessario tener conto anche del lavoro che si compie (o che compie) il sistema quando la materia entra o esce dal sistema. Questo lavoro (o lavoro di flusso) è dato dall’ integrale 6
w=
V
∫
o
pdV
La variazione di energia del sistema in questa trasformazione è data pertanto dalla somma ∆H= ∆U+
V
∫
o
pdV
dove H= U+PV è l’ entalpia e ∆H è la variazione di entalpia del sistema. Si può infine dimostrare che esiste una funzione che permette di integrare il calore in una funzione di stato: questa funzione di stato viene chiamata entropia S, ed una variazione di entropia associata ad uno scambio di calore δ q è dato dalla dS= δ q/ T dove T è la temperatura assoluta del sistema nel corso della trasformazione. Le proprietà di funzione di stato dell’ entropia si possono facilmente desumere analizzando le proprietà di un particolare ciclo termodinamico reversibile , il ciclo di Carnot, che mostra che le quantità di calore scambiate alla temperatura della sorgente (T2) ed alla temperatura del pozzo (T1
δ q2 /δ q1 = T2/T1 e quindi
δ q2 /T2 = δ q1/T1
∫ q /T = 0 E’ allora possibile definire, mediante un’ altra funzione di stato,il raggiungimento di condizioni di equilibrio nel corso di una trasformazione di fase, assumendo che il lavoro necessario per trasferire materia ed energia fra le due fasi all’ equilibrio sia nullo. Immaginiamo allora due fasi α e β in equilibrio, caratterizzate da uno stato di aggregazione differente ed indichiamo con dG αβ il lavoro necessario per trasferire una quantità infinitesima di materia della fase α alla fase β alla temperatura Tα.β ( che è la temperatura di coesistenza delle fasi α e β ) e con – dG β α il lavoro necessario per trasferire una quantità infinitesima di materia della fase β alla fase α, alla temperatura Tα.β, dove dG = dH –T dS. Se il sistema è all’ equilibrio dG = 0 e dG αβ = dG β α . La funzione G= H-TS viene chiamata energia libera, ed è una funzione che presenta la proprietà che in una trasformazione che viene condotta in condizioni di equilibrio la variazione di energia libera del processo è nulla. Per un processo che decorra spontaneamente (e pertanto, per definizione, irreversibilmente) la variazione di energia libera sarà sempre, invece, minore di zero ∆G equi= 0 ∆G irrev <0 Queste proprietà della funzione energia libera derivano dal fatto che in un processo spontaneo la variazione di entropia è sempre positiva.
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Flusso di calore e temperatura Vogliamo ora dimostrare come le proprietà dell’ entropia siano in grado di definire le proprietà della temperatura. A questo scopo, consideriamo un sistema termicamente isolato costituito da due fasi α e β in equilibro fra di loro: abbiamo allora Tα= Tβ : Gα= Gβ e S= Sα+ Sβ se le due fasi sono mutuamente non interagenti, cioè mantengono la loro integrità nel corso e dopo la trasformazione. Supponiamo invece che le due fasi α e β del sistema non siano in equilibrio e che sia pertanto T α ≠ Tβ e che di conseguenza ci sia un flusso di calore Φq da α a β, dove Φq= δq/dt e t è il tempo. Avremo di conseguenza una variazione di entropia in entrambe le fasi dSα =-δq/Tα e dSβ=δq/Tβ dS= dSα+ dSβ= δq ( 1/ Tβ - 1/ Tα ) Per una trasformazione spontanea dobbiamo avere dS>0, quindi dSα> dSβ e, anche 1/ Tβ > 1/ Tα o Tα> Tβ Si vede quindi che un processo spontaneo di trasferimento di calore ha luogo fra un corpo “caldo” ed uno “freddo”.
Entropia ed auto-organizzazione della materia E’ esperienza comune che nella vita biologica la natura tende all’ auto-organizzazione. Si dovrebbe concludere che nel caso dei processi irreversibili il ruolo dissipativo dell’entropia gioca un ruolo marginale, a favore di termini che portano a sistemi ordinati. Non si può, tuttavia dimenticare, che i sistemi biologici sono sistemi complessi, dove comportamenti collettivi possono giocare un ruolo molto importante. Vogliamo vedere in sistemi modello, rappresentati da una fase costituita da molti atomi di tipo diverso, quali sono i fattori che portano all’ auto-organizzazione e come. Un caso tipico è quello della formazione delle soluzioni “ideali”, dove l’ entalpia di miscela è nulla (∆Hmisc=0) e per le quali l’ attività del componente i-esimo è eguale alla sua concentrazione (ai = xi) L’ energia libera della miscela a partire dai componenti puri è quindi Gmisc = xAµA+ xBµB = xAµ°A+ xBµ°B + RT [xA ln xA +xB ln xB] e l’ energia libera di mescolamento è ∆Gmisc= Gmisc- xAµ°A+ xBµ°B = RT [xA ln xA +xB ln xB] 8
Si può facilmente dimostrare, utilizzando l’ equazione di Boltzmann per l’ entropia S= k ln W che W (il numero di configurazioni possibili del sistema costituito da due specie A e B) può essere calcolato scrivendo
W= (NA+NB)! / NA! NB! = N!/ NA! NB! dove NA+NB=N, e ln W= ln N!- ln NA! – ln NB! otteniamo allora, usando la Stirling, che S= -Nk [xA ln xA +xB ln xB]= -R [xA ln xA +xB ln xB] Si vede quindi che l’ energia libera di mescolamento origina esclusivamente da fattori entropici e sia equivalente all’ energia necessaria per portare il sistema ad uno stato di disordine configurazionale completo, ad ogni temperatura. Il temine R [xA ln xA +xB ln xB] misura infatti l’entropia configurazionale associata ad un processo di distribuzione statistica degli atomi A e B nella soluzione. Non esistono in questo caso forze interne al sistema che possono portare a fenomeni di autoorganizzazione, oppure questi termini sono di effetto trascurabile nei confronti del temine entropico. I componenti A e B del sistema sono indistinguibili dal punto di vista della reciproca interazione HA-A = HB-B= HA-B dove HA-A, HB-B, HA-B sono termini di energia di interazione delle coppie nella soluzione. Prendiamo ora in considerazione sistemi nei quali HA-B ≠ HA-A ; HA-B ≠ HB-B sistemi nei quali abbia cioè luogo un qualche processo di interazione chimica fra i componenti. Se imponiamo la condizione che il valore del termine di entropia configurazionale non sia sensibilmente influenzato dai fenomeni di interazione fra gli atomi dei componenti, la variazione di entropia associata alla trasformazione è anche in questo caso ∆S≈ R [xA lnxA +xB lnxB] Questa condizione implica pertanto che l’ interazione sia tanto debole da consentire che il numero dei legami A-B sia quello corrispondente alla distribuzione statistica di A e B nel sistema, senza la formazione di entità AmBn la cui presenza influenzerebbe il valore del termine entropico. Si può facilmente calcolare che in questo caso il valore del termine di entalpia di formazione della soluzione interazione risulta essere eguale a ∆Hexc ≠0 = xAxB N/Z [ HAB - (HAA+HBB)/2]= xAxBΩ
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dove N è il numero di atomi del sistema, Z è il numero di coordinazione ed il prodotto xAxB N/Z è il numero di legami A-B presente nel sistema quando la distribuzione è perfettamente disordinata. Il termine xAxBΩ, a sua volta, identifica in misura quantitativa la variazione dell’ energia interna del sistema associato all’ interazione. In corrispondenza a questa trasformazione, la variazione di energia libera del sistema è data dall’equazione ∆G = xAxBΩ - RT [xA ln xA +xB ln xB] Si vede che Ω può essere eguale, minore o maggiore di zero in relazione ai valori relativi di HAB, HAA e HBB. . Ω può essere considerato un indice di auto-organizzazione. Infatti, se Ω=0 il sistema è disordinato, mentre tende a auto-organizzarsi negli altri casi. L’esito del processo di autoorganizzazione dipende dal valore di Ω ed è influenzato dalla temperatura, in quanto il termine entropico aumenta linearmente con la temperatura. Nel caso di valori di Ω <0 ( interazione attrattiva fra A-B, HAB più negativo di HAA o HBB) , avremo una distribuzione di coppie stabili di atomi A-B, che sono le nuove entità risultanti dall’ interazione preferenziale A-B, in un sistema che, tuttavia, microscopicamente, mantiene la struttura della fase di A puro (o di B puro) in tutto l’ intervallo di composizioni da A puro a B puro. La presenza di queste nuove entità provoca la tendenza ad una maggiore stabilità del sistema Per valori di Ω >0, cioè nel caso di sistemi in cui siano più stabili le coppie AA o BB, il termine in Ω può competere con il termine entropico a bassa temperatura e provocare una decomposizione del sistema in due fasi dove predominano i legami AA (fasi con la struttura del componente A puro e con quella del componente B puro). In entrambi i casi, a sufficientemente alte temperature, quando i valori di HAB non differiscono sostanzialmente da quelli di HAA e HBB, il termine entropico prevale sui termini di autoorganizzazione ed il sistema tende a stabilizzarsi nella condizione di massimo disordine.
Fasi e proprietà delle fasi Per definizione, una fase è una porzione di materia caratterizzata da proprietà di omogeneità chimica e fisica a livello macroscopico, confinata verso l’ esterno da una superficie che la contiene interamente. Una fase può essere gassosa, liquida o solida, attributi che definiscono il suo stato di aggregazione. Diremo che una fase è “condensata” quando il suo stato di aggregazione è quello liquido o solido. Le proprietà delle superficie, che rappresenta anche l’ interfaccia con altre fasi o, in generale, con l’ ambiente che la contiene, determinano interamente il tipo e l’ intensità delle interazioni della fase con l’ ambiente esterno, per mezzo di trasferimenti di energia, carica e massa. Una superficie non permeabile agli scambi di energia permette, ad esempio, di condurre processi adiabatici all’ interno della fase. L’ ordine locale ed a lungo raggio determinano la struttura della fase. Una fase gassosa non è caratterizzata da alcun tipo di ordine. Una fase liquida è caratterizzata in generale da ordine a corto raggio. Le fasi cristalline sono caratterizzate da ordine a corto e lungo raggio. In questo caso sia le distanze che gli angoli di legame vengono mantenuti in tutta la fase, In questo caso, sottoponendo la fase ad un fascio di raggi X o di fotoni e particelle aventi lunghezza d’ onda λ o energia E= hυ appropriata, si può ottenere una risposta che è ben descritta dalla nota legge di Bragg nλ= 2d sen θ dove θ è l’ angolo di incidenza del fascio alla normale di un set di piani cristallini. 10
La fase è un monocristallo se la superficie la contiene interamente. Gli aggregati policristallini costituenti la maggior parte delle fasi presenti in natura, sono costituiti da un insieme, generalmente non ordinato, di cristalliti di varia dimensione, separati fra di loro da interfacce (o superficie interne) che vengono chiamate bordi grano. Quando i cristalliti sono orientati statisticamente, qual’ è il caso più generale, i bordi grano possono essere descritti come “fasi bidimensionali” caratterizzate da elevato disordine, a seguito della presenza di legami distorti o eventualmente rotti (legami insaturi). In funzione delle condizioni di crescita, tuttavia, i cristallini possono essere orientati lungo direzioni specifiche. Una fase può essere costituita da un unico componente o da più componenti. Un particolare tipo di fase a più componenti è una fase costituita da un composto stechiometrico (ad es. un ossido MeO come MgO) o da una soluzione solida di due o più componenti. In quest’ ultimo caso le condizioni di omogeneità sono realizzate quando la distribuzione dei componenti nella fase è completamente statistica e si realizzano quindi condizioni di disordine composizionale. Tipicamente, per una soluzione di solidi ionici, la differenza fra i raggi ionici dei componenti deve essere inferiore al 15-20% per avere formazione di una serie continua di soluzioni solide sostituzionali, quando una differenza intorno al 30% preclude interamente la loro formazione. Inoltre, anche la struttura dei componenti puri deve essere eguale per avere solubilità completa allo stato solido. La formazione di soluzioni solide può coinvolgere anche siti interstiziali: casi tipici sono le soluzioni di idrogeno nel palladio e quelle del carbonio nel ferro. Una fase solida può presentare addizionali elementi di disordine al disordine composizionale.. Un particolare tipo di disordine presentato da tutte le fasi cristalline è associato alla presenza di difetti puntuali, vacanze (V) e interstiziali (I). Dimostreremo nel Capitolo III che la concentrazione di difetti puntuali (ad esempio la concentrazione di vacanze e di interstiziali ) in una fase cristallina è una proprietà di equilibrio cV c I = K(T) Poichè la concentrazione di equilibrio dei difetti di punto è in generale piccola, la presenza di difetti di punto (o di impurezze) non influenza sensibilmente le proprietà medie di ordine a lungo raggio, ma solo quelle a corto raggio.
Fig. 1 Rappresentazione schematica di una fase amorfa 11
Esistono invece fasi, come i solidi amorfi o i vetri, che manifestano fenomeni di disordine a corto e lungo raggio, simili a quelli osservabili nei liquidi. Una rappresentazione schematica del disordine di un materiale amorfo è riportata in Fig. 1.dove si vede molto chiaramente la distorsione degli angoli e delle lunghezze di legame, che manifestano la possibilità di presenza di legami insaturi. Discuteremo nel Capitolo VI le proprietà di questi materiali.
Equilibrio fra fasi: Fasi ad un solo componente
E’ evidente che in sistemi ad un componente gli equilibri fra fasi si riferiscono esclusivamente a fasi che presentano diversa aggregazione, e quindi ad equilibri solido/liquido, solido/vapore, liquido/vapore e solido/solido nel caso di polimorfismo. In tutti questi casi, e per un equilibrio generico fra due fasi α e β dobbiamo verificare contemporaneamente che sia Tα =Tβ e Pα =P β, dove l’ultima eguaglianza indica che ambedue le fasi sono sottoposte alla stessa pressione esterna. Se G°α = µα e G°β =µβ sono le energie libere standard delle due fasi, un trasferimento di dn moli da α a β produce una variazione
dG= - µαdn +µβdn= (µβ- µα ) dn, se la trasformazione è condotta all’ equilibrio, dG =0 e µβ = µα ; G°α = G°β I potenziali chimici delle due fasi devono essere eguali.
Effetto della pressione sulle trasformazioni di fase
Date le condizioni di equilibrio fra due fasi Gα = Gβ dGα = dGβ dG = V dp –S dT e dGα = Vαdp –Sα dT dGβ = Vβ dp –Sβ dT e quindi Vαdp –Sα dT= Vβ dp –Sβ dT Vαdp -Vβ dp = Sα dT –Sβ dT (Vα -Vβ ) dp= (Sα –Sβ )dT 12
dp/dT = ∆Sα-β/ ∆Vα-β Poichè la trasformazione procede a T e P costante α
β
∆S= ∫ dq / T = ∫ dH / T = ∆H α-β/Tα-β β
φ
dove ∆Hα-β è l’ entalpia della trasformazione e Tα-β è la temperatura di trasformazione e dp/dT = ∆H α-β/Tα-β ∆V α-β Questa è l’ equazione di Clapeyron che può anche essere scritta dTα-β= T α-β (∆Vα-β/ ∆Hα-β) dP L’ equazione di Clapeyron mostra che, in condizioni di equilibrio, la temperatura di trasformazione T α-β deve aumentare all’ aumentare dalla pressione idrostatica esercitata sulle fasi. per valori positivi del termine ∆V = Vα- Vβ.e diminuire per valori negativi del termine ∆V = VαVβ. Questa previsione è sperimentalmente verificata in molte circostanze , come si può vedere In tabella I nel caso di alcuni sistemi ad un componente, dove ∆V= Vsol-V liq Sostanza
Tfusione (K)
∆Hf (cal/g)
∆V (cm3)
H2 O CH3COOH Sn Bi
273.2 298.8 505 544
79.8 44.7 14 12.6
-0.0906 +0.01595 +0.00389 -0.00342
∆T calc [9000bar] -7.5 +25 +3.4 -3.56
∆Tsper [9000bar] -7.4 +24.4 3.28 -3.55
Tabella I: Effetto della pressione sulle temperature di fusione di composti e metalli L’ effetto della pressione si può anche verificare nel caso di sistemi che presentano polimorfismo, come si vede dagli esempi riportati in Tabella II. Composto
Transizione
Pc(Kbar)
∆V (cm3)
∆Hf (kJ mol-1)
KCl
NaCl CsCl
19,6
-4.11
8,03
KBr
NaCl CsCl
18,0
-4,17
7,65
RbCl
NaCl CsCl
5.7
-6.95
3,39
ZnO
WurtziteNaCl
88,6
-2,55
19,23
SiO2
Quarzocoesite
18,8
-2,0
2,93
SiO2
Coesitestishovite
93,1
-6.6
52,27
Tabella II. Qualche esempio di transizioni di fase indotte dalla pressione
Qui, l’ applicazione di elevate pressioni, induce sistematicamente la transizione , in condizioni isoterme, ad una fase che presenta un volume molare inferiore a quello della fase di partenza. E quindi una variazione negativa del volume molare. 13
Ci possiamo tuttavia aspettare che la relazione di Clapeyron mantenga la sua validità solo in un ristretto campo di pressioni, e comunque, entro l’ intervallo di pressioni in cui il volume molare (e quindi la densità) delle fasi non venga modificato apprezzabilmente dalla pressione idrostatica applicata.
Fig. 2 Variazione della temperatura di fusione di qualche metallo in funzione della pressione applicata (in 108 Pascal)
Questa previsione è sperimentalmente verificata nel caso dei metalli, come si può osservare dall’ esempio riportato in Fig. 2.. Si può osservare, infatti, che la linearità dell’ andamento è presente solo a pressioni inferiori 10 kBar (109 Pascal), mentre a pressioni superiori le deviazioni sono sensibili ed indicano una progressiva diminuzione del valore del termine ∆V. In ogni caso risulta evidente che l’ effetto della pressione è quantitativamente rilevante e che possiamo prevedere che, ad esempio, le condizioni di pressione esistenti ad elevate profondità sotto la crosta terrestre rendono possibile la permanenza dei metalli nobili allo stato solido a temperature 14
molto elevate o che sia possibile ridurre la temperatura di fusione applicando elevate pressioni idrostatiche ogni qualvolta il processo di solidificazione (caso del bismuto , e del silicio, ad esempio) implichi la formazione di una fase solida meno densa della corrispondente fase liquida. Può essere ora interessante esaminare l’ evoluzione di qualche sistema ad un componente in funzione della pressione e della temperatura, utilizzando le informazioni provenienti dai corrispondenti diagramma di fase.
Fig. 3 Diagramma di fase del carbonio Il primo esempio è riportato nei diagrammi di Fig. 3 e 4 che illustrano le condizioni di coesistenza, in equilibrio termodinamico, delle fasi stabili e metastabili del carbonio e contemporaneamente, le condizioni di preparazione di fasi cristalline del diamante. Nel diagramma di Fig. 3 la curva di coesistenza del diamante con il carbonio liquido è stata ricavata da dati sperimentali che si riferiscono alla transizione spontanea di grafite a diamante (vedi Fig. 4) , ma che è in contraddizione con le previsioni della Clapeyron, se si usano per il diamante una densità di (3,52 g/cm3 ) e per il carbonio allo stato liquido il valore convenzionale eguale a 1.56 g/cm3 ). L’ andamento sperimentale della trasformazione carbonio liquido-diamante è invece compatibile con la presenza di una fase di carbonio liquido avente una densità superiore a quella del diamante. Una trasformazione strutturale del primo ordine nel carbonio liquido è stata tuttavia sperimentalmente suggerita da M.Togaya e successivamente predetta teoricamente da Glosly e Ree. Questa transizione di fase dovrebbe essere caratterizzata da una transizione fra un liquido coordinato sp2 ad un liquido coordinato sp3 ad una pressione di 5-15 GPa ed a temperature di 60009000K. La densità della fase ad alta pressione dovrebbe essere 3.9 g/cm3. Nel diagramma riportato in Fig. 4, la transizione diamante- carbonio liquido tratteggiata con linea continua si riferisce invece al carbonio liquido a bassa densità. Si nota infine nel diagramma di Fig. 4 una regione nella quale è stabile una forma esagonale del diamante. 15
In tutti e due i diagrammi è riportata la regione dove la grafite si trasforma rapidamente in diamante quando il carbonio è disciolto in un solvente metallico come nickel o ferro ed è sottoposto ad alta pressione. In ambedue i diagrammi si nota anche un andamento anomalo della temperatura di fusione della grafite, che inizialmente aumenta con la pressione e poi diminuisce. Apparentemente, questo andamento dovrebbe essere legato al fatto che la densità della grafite varia con la pressione o si ha una transizione nelle due forme allotropiche del carbonio liquido.
Fig. 4 diagramma Fig. 8.1 di phase transitions pag 480 Anche se il diagramma di equilibrio indica che la trasformazione di fase grafite diamante può aver luogo anche a relativamente basse pressioni, è noto che la trasformazione ha luogo con velocità compatibili con un processo industriale solo ad alte temperature e pressioni. Con tecniche di Chemical vapour deposition a relativamente basse pressioni si possono depositare film metastabili di diamante, mentre film microcristallini di diamante si possono depositare su superfici opportunamente preparate in presenza di diamante come catalizzatore a temperature prossime a 2000K, mentre la sintesi di cristalli di diamante si oera a temperature superiori a 3000 K sotto alte pressioni .
Riportiamo come ultimo esempio in Fig. 5 una sezione del diagramma di fase del bismuto, che presenta 8 fasi stabili nell’ intervallo di pressioni compreso fra 0 e 140 Kbar. Si vede anche in questo caso che la linearità della relazione di Clapeyron è rispettata nel caso delle transizioni BiI e BI II a liquido, e nelle trasformazioni Bi I Bi II e Bi II Bi III.
Fig.5 Diagramma di fase del bismuto in un intervallo di pressioni compreso fra 0 e 60 Kbar.
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Condizioni di equilibrio delle fasi a più di un componente:generalità Una fase in equilibrio interno non deve presentare disomogeneità composizionali e deve essere isoterma. Una sua descrizione, dal punto di vista termodinamico, deve garantire questo prerequisito di omogeneità sia in termini di composizione e densità (che a sua volta è funzione della pressione esterna della e della temperatura) o di composizione, volume e viscosità (che a sua volta sono funzione della pressione esterna della e della temperatura). In ambedue le formulazioni, densità e viscosità definiscono lo stato termico del sistema. La presenza di disomogeneità composizionali, meccaniche (pressione interna) o termiche porta irreversibilmente il sistema (che può tuttavia conservarsi indefinitivamente in condizioni metastabili per vincoli configurazionali o cinetici) ad una situazione di equilibrio caratterizzata eventualmente dalla segregazione di una o più nuove fasi. La segregazione di nuove fasi è sempre presente, in condizioni di equilibrio, quando in un sistema a più componenti si raggiungono i limiti di solubilità. La rappresentazione grafica delle condizioni di equilibrio fra fasi si esprime nei diagrammi di fase, che riportano le temperature e le composizioni di equilibrio delle singole fasi, dove in ascisse viene normalmente riportata la composizione della miscela in frazione atomica ed in ordinate la temperatura. Discuteremo nei dettagli nel Capitolo 2 le caratteristiche dei diagrammi di fase dei sistemi binari e la loro modellizzazione. Ci limiteremo in questa sede ad utilizzare questa rappresentazione per continuare l’ analisi relativa alle condizioni di stabilità delle fasi. L’ uso di questi diagrammi permette infatti di seguire l’ evoluzione di un sistema a due componenti in un intervallo di composizioni cha va dal componente puro A al componente puro B e di identificare le condizioni relative alle sue trasformazioni di fase e la composizione delle fasi generate nella trasformazione.
Fig .5 Diagramma di fase del sistema Au-Ge 17
Prendiamo come esempio il diagramma di Fig. 5, che illustra e condizioni di equilibrio del sistema Au-Ge , che presenta condizioni di solubilità limitata dei componenti allo stato solido e la formazione di una miscela eterogenea di due fasi, di cui una è una soluzione solida di Ge in Au e l’ altra è una soluzione estremamente diluita di Au in Ge, al di sotto della temperatura di eutettico. E’ importante osservare qui che non sempre i sistemi a due o più componenti raggiungono le condizioni di equilibrio previste dai diagrammi di fase. Esistono infatti particolari sistemi nei quali si stabilizzano condizioni di equilibrio metastabile che permangono nel tempo, a meno di sottoporre il sistema a trattamenti termici opportuni. E’ il caso delle soluzioni solide di ossigeno in silicio, che permangono in condizioni di metastabilità anche a temperatura ambiente dopo il raffreddamento di una soluzione liquida di ossigeno in silicio. La segregazione dell’ ossido SiO2 avviene solamente dopo trattamenti termici prolungati ad alta temperatura (T> 800°C), mentre a più basse temperature, in funzione della temperatura del processo, si ottengono una serie di precursori della fase cristallina, costituiti da complessi Si-O x , come si vede in Fig. 6.
Fig. 6 Diagramma di fase del sistema Si-O : per consentire la visualizzazione della curva di solubilità dell’ ossigeno nel silicio solido, la scala di concentrazioni è espansa logaritmicamente 18
La conoscenza dei diagrammi di fase è quindi sempre un prerequisito, quando sia necessario prevedere l’ utilizzazione di un materiale per una particolare applicazione.
Condizioni di equilibrio fra sistemi a più componenti che non reagiscono chimicamente Una trattazione formale delle proprietà chimico-fisiche di sistemi costituiti da fasi condensate multicomponenti in equilibrio fra loro o in equilibrio con una fase vapore richiede un’ elaborazione dei concetti sviluppati nella parte precedente dedicata allo studio delle funzioni termodinamiche. Per i sistemi a più componenti è possibile esprimere l’ andamento di una qualsiasi funzione di stato o di proprietà estensiva del sistema (es. il volume) in funzione della composizione, espressa in numero di mole o in frazioni atomiche xi= ni/ Σ ni sia nel caso di sistemi costituiti da miscele meccaniche dei componenti (es. un miscuglio di polveri di due metalli immiscibili fra loro) o di vere e proprie soluzioni (es. una soluzione di due metalli). Se prendiamo in considerazione, per semplicità formale, sistemi a due componenti, possiamo facilmente vedere che nel caso di miscele meccaniche, per loro natura eterogenee, la funzione di Gibbs G, così come ogni altra funzione avente carattere estensivo (il volume, l’ entalpia, l’ entropia), può essere eguagliata alla somma G = xAG°A + xB G°B dove G°i è l’ energia libera standard del componente puro i-esimo e xA+xB=1
Fig. 7 Andamento dell’ energia libera di una miscela meccanica di due componenti A e B, e corrispondente andamento della curva di energia libera dei due componenti supposti miscibili in tutte le proporzioni 19
In figura 7 riportiamo con una linea tratteggiata l’ energia libera di una serie di miscele meccaniche dei due componenti A e B. Nella stessa figura è riportato con linea continua l’ ipotetico andamento dell’ energia libera di una serie continua di soluzioni solide . Si definisce energia libera di mescolamento ∆G mix = (G het –G ss), vedi ancora Fig. 1, la differenza fra il valore di energia libera della miscela meccanica, per ogni arbitrario valore di xB, equello della soluzione. Le proprietà della soluzione, e quindi l’ andamento della funzione G(x,T,P), si possono ricavare ricordando che per definizione il potenziale chimico dell’ i-esimo componente di una soluzione è dato dall’equazione µi = (δG/ δni)n1,…..ni+1, T tale che la somma Σ xi µi = G Per un sistema binario possiamo derivare una relazione fra la funzione G ed i potenziali chimici dei componenti, per ogni valore di x compreso fra xB=1 ed xB =0, esprimendo i risultati in funzione della frazione atomica di uno dei due componenti. Deriviamo innanzitutto dall’ equazione precedente, per il caso più semplice di un sistema binario AB, la relazione seguente dG= µA dxA+ µB dxB= ( µB- µA) dxB essendo dxA= - dxB Possiamo allora scrivere dG/ dxB= µB- µA µB= µA+ (dG/ dxB) Essendo ancora G = xAµA + xB µB= (1-xB) µA+ xB µB= (1-xB) µA+ xB (µA+ (dG/ dxB))= µA - xB µA + xB µA + + xB (dG/ dxB)= µA+ xB (dG/ dxB) µA= G- xB (dG/ dxB) µB= µA+ (dG/ dxB)= G- xB (dG/ dxB)+ (dG/ dxB)= G +(1-xB) (dG/ dxB) dove il termine (dG/ dxB) = (G- µA)/ x B rappresenta la tangente alla curva G(x) ad un certo valore arbitrario di composizione xarbB ed i termini (1–xB) (δG/ δxB) e xB(dG/ dxB) rappresentano le intercette della tangente alla curva G(x) ad un certo valore di composizione xA e xB, rispettivamente, come rappresentato graficamente in Fig.8.
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Fig.8 Curva di energia libera di un’ ipotetica soluzione binaria. In ordinate sono riportati i valori di G° ed i corrispondenti valori dei potenziali chimici dei componenti, per un arbitrario valore di composizione xB. I potenziali chimici sono quindi le intercette delle tangenti alla curva G(x) per ogni valore arbitrario di composizione xB. Riportiamo in Figura 9 l’ applicazione di questa tecnica alla determinazione delle condizioni di equilibrio fra una fase liquida ed una fase solida di un ipotetico sistema binario.
Fig. 9 Rappresentazione grafica delle condizioni di equilibrio fra una fase solida ed una fase liquida. Gli inserti a sinistra della figura rappresentano schematicamente la distribuzione dei componenti nella fase metastabile di composizione x1 e quella dei componenti nel sistema in equilibrio, dove sono presenti due fasi, una liquida ed una solida. 21
Si vede che il sistema, in condizioni di equilibrio, è costituito da due fasi, una liquida di composizione xL ed una solida di composizione xS. Una fase di composizione x1 è metastabile, perché la miscelazione del sistema in due fasi permette un guadagno di energia libera corrispondente alla differenza di energia del sistema in x1 e quella di un sistema costituito da due fasi di composizione limite xL e xS , ma di composizione globale x1. Da quanto detto più sopra, si vede che è possibile, conoscendo l’ andamento di G in funzione della composizione, ricavare tutti i valori di µ1 e µ2 all’ interno dell’ intervallo fra x2=0 e x2=1 o costruire la funzione G(x) conoscendo i valori dei corrispondenti potenziali chimici. La costruzione di questa funzione, tuttavia, richiede che sia nota una relazione esplicita fra µ e la composizione del sistema preso in considerazione. O che questa funzione possa essere calcolata. Le tecniche elementari per calcolare i valori di G di soluzioni ideali, e di soluzioni che presentano piccole deviazioni dall’ idealità sono descritte nel Capitolo II. Qui ci limiteremo a considerare un procedimento analitico formale, basato sulla considerazione che il sistema per il quale è possibile esprimere relazioni semplici fra le funzioni termodinamiche e la composizione è un gas ideale. Per un gas ideale possiamo infatti utilizzare direttamente una relazione fra l’ energia libera e la pressione attraverso l’equazione (δG/δp) = V= RT/p che a temperatura costante si può formulare anche dG= RT dp/p Questo termine può essere integrato fra un valore di pressione p° preso come riferimento ed una pressione p
∆G=
∫
p
pà
dp / p = cost +RT ln p/p°
Consideriamo ora un sistema costituito da una fase condensata α ed un vapore β in equilibrio fra loro. Per questo sistema valgono le seguenti condizioni, per ogni componente i in soluzione µα i = µβi
Per una fase vapore, che ammettiamo comportarsi come un gas ideale, in equilibrio con una fase condensata (liquida o solida) si può quindi scrivere µC i = µG i= cost + RT ln pi/p°i= µ°iG+ RT ln pi/p°
dove pi è la pressione parziale del componente i per un certo valore prefissato delle composizione della fase liquida , p° è la pressione di vapore del componente i puro e µ°iG è il potenziale chimico del componente puro ( RT ln (p°/p°) =0) Definiamo ora una nuova funzione λ, che chiamiamo attività assoluta λ = exp (µ/RT) 22
La condizione di equilibrio si può quindi esprimere anche dicendo che le attività assolute del componente i sono eguali nelle due fasi, quando le due fasi sono in equilibrio λiL= λiG
Sostituiamo ora nell’ equazione λ = exp (µ/RT) il valore di µiG =µ°iG+ RT ln pi/pi° λi = exp[(µ°iG+ RT ln pi/p°) /RT] = exp(µ°iG ) pi/pi° = λi° pi/pi°
e definiamo attività ai del componente i il rapporto λi/λi°. a= λi/λi°= pi/pi° Possiamo allora esprimere il potenziale chimico del componente i nella fase condensata (di cui conosciamo la composizione) in funzione dell’ attività di i nella fase gas µL i = µG i = µ°iG+ RT ln pi/p° = µ°iG+ RT ln ai
E’ quindi sufficiente conoscere la pressione parziale di tutti i componenti della fase condensata in fase vapore per poter esprimere quantitativamente il valore del potenziale chimico degli stessi componenti in fase liquida e quindi costruire le curve di energia libera della fase condensata in funzione della composizione. Per conoscere completamente le proprietà del sistema è tuttavia necessario conoscere anche la composizione delle specie presenti nella fase vapore in equilibrio con la fase condensata che non necessariamente è la stessa della fase condensata..
Stechiometria delle fasi Il concetto di stechiometria, così come definito per i composti chimici, non può essere trasferito alle fasi solide cristalline. In un cristallo, la struttura predefinisce il rapporto fra i siti occupati nel sottoreticolo cationico ed anionico (es. in una fase cubica fcc come NaCl il rapporto fra i siti cationici ed anionici è 1, in una fase cubica fluoritica tipo CaF2 il rapporto fra i siti cationici ed anionici è 0.5, in una fase cubica fcc come NiO il rapporto fra i siti del sottoreticolo metallico e del sottoreticolo ad ossigeno è 1), non l’ effettiva occupazione. In generale, la stechiometria di una fase è legata alla presenza di specie stabili in un solo stato di ossidazione, indipendentemente dal tipo di legame, che può essere ionico o covalente ( es. sia NaCl e SiO2 sono fasi stechiometriche). I composti dei metalli di transizione formano invece fasi tipicamente non stechiometriche. In una fase stechiometrica non esiste un eccesso di siti cationici occupati su quelli anionici (nei solidi ionici) o di siti occupati da metalli su quelli occupati da non metalli (nel caso di solidi a legame tipicamente covalente es. Ga As). Quindi, in NaCl stechiometrico N Na = N Cl in BaCl2 stechiometrico N Ba = 0.5 N Cl in GaAs stechiometrico NGa= NAs Invece, in un ossido MeO 0.7 con struttura NaCl N Me > NO e la struttura presenterà un particolare tipo di disordine, associato alla presenza di difetti di punto. In questo caso, infatti, poiché il rapporto 23
fra siti occupabili nei due sottoreticoli =1, avremo una fase la cui stechiometria formale è [MeMe 0.7 OO 0.3 VO] dove VO è il simbolo di una vacanza di ossigeno. E’ evidente che in una fase di questo tipo la carica media del metallo è 1.4. Il rapporto Me/X, dove X= O, S, ha un valore che dipende dalle condizioni sperimentali di preparazione e può variare entro ampi limiti. In particolare, la composizione è modulata da interazioni con l’ ambiente attraverso reazioni del tipo MX MM + VX ½ X2 ½ X2 XX + V Me con formazione di difetti, vacanze in questo caso; nel sottoreticolo del metallo e del non metallo. Poiché si può dimostrare teoricamente ed è sperimentalmente confermato che i difetti di punto hanno le proprietà di specie chimiche all’ equilibrio, le corrispondenti costanti di equilibrio Kdef(T) dipendono esponenzialmente dalla temperatura Kdef(T) = N2 def = cost exp –(∆Gdef/kT) la concentrazione dei difetti aumenta esponenzialmente con la temperatura. Una caratteristica fondamentale delle fasi solide è pertanto quella di poter presentare fenomeni di deviazione dalla stechiometria, che diventano tanto più accentuati quanto più elevata è la temperatura. Questa caratteristica è particolarmente presente negli ossidi dei metalli di transizione (ad esempio FeO, NiO, TiO, VO) ma in circostanze particolari può essere rilevata anche negli ossidi dei metalli del secondo e terzo gruppo e negli alogenuri.Ad esempio, l’ esposizione degli alogenuri dei metalli alcalini a vapori del metallo, in condizioni di elevata temperatura, provoca la dissoluzione di un eccesso del metallo nel solido cristallino, associata alla comparsa di centri di colore, che rendono la fase non stechiometrica e non più trasparente nel visibile. Prendiamo comunque in considerazione, per semplicità, una fase binaria, avente formalmente una composizione MeX1±x Se x<1, il rapporto Me/X > 1, e quindi la fase è caratterizzata dalla presenza di un eccesso di metallo, che deve trovare una sistemazione in siti appropriati del reticolo cristallino. Quest’ ultimo, a sua volta, è caratterizzato non solo da parametri d’ ordine topologici, ma anche chimici, quando la fase non è composta da un solido elementare. Assumiamo ora, senza limitare la generalità del trattamento, che la struttura della fase sia cubica, con reticolo tipo NaCl, e che pertanto presenti N siti ottaedrici occupabili da atomi Me ed N siti ottaedrici occupabili da atomi X, dove X= O ed Me sia un metallo di transizione. Se la fase è stechiometrica possiamo affermare che NMe= NO e che tutto il metallo sia presente in stato di ossidazione 2+, visto che l’ ossigeno porta una carica 2-. Non possiamo invece assumere che tutte le posizioni del reticolo di MeO siano regolarmente occupate, a meno di aver verificato sperimentalmente la circostanza mediante una misura di densità dexp ed un confronto con la densità teorica. In queste condizioni l’ eccesso di metallo può sistemarsi nelle posizioni interstiziali o occupare posizioni regolari del reticolo, ed essere compensato da un’ appropriata quantità di vacanze nel sottoreticolo degli atomi X. In ambedue i casi vediamo che le deviazioni della stechiometria di una fase richiedono necessariamente di essere spiegate, per verificare la condizione NMe= NO , in termini di disordine topologico e composizionale associato alla presenza di difetti reticolari. Perché una tale fase sia stabile deve essere verificata la condizione che la reazione MeX + xMe →(1+x) MeMe +XX + xVX
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(se assumiamo che i difetti presenti siano vacanze, dove VX è una vacanza di X) sia accompagnata da una variazione negativa di energia libera (∆G reaz<0). Una fase può essere, tuttavia, formalmente stechiometrica anche quando solo una frazione dei siti del reticolo cristallino tipico della fase in questione (ad esempio, una fase con struttura NaCl) risulti occupata.. Un tipico esempio di questa situazione è rappresentato dalle fasi “stechiometriche” cubiche TiO e VO che presentano una frazione totale dei siti non occupati intorno al 24% nel caso del TiO e del 30% nel caso di VO (quando le proprietà delle fasi vengono misurate a 1300°C.) come può essere dedotto da una misura della densità sperimentale di queste fasi con la densità teorica dtheor, ricavabile in base alla conoscenza della costante reticolare a. dtheor= ∑ mi/ V= 4/8 mTi + 4/8 m O/a3 dove mi è la massa (il peso atomico) del componente i ed 8 è il numero di celle che condividono un singolo atomo.
Fig. 10 Concentrazione dei difetti (vacanze di ossigeno e del metallo nell’ ossido non stechiometrico TiO 1±x
In questo caso, la stechiometria rappresenta tuttavia una singolarità dei sistemi TiO 1±x e VO1±x che sono infatti stabili, con la stessa struttura della fase “stechiometrica” in un ampio intervallo di composizioni comprese fra MX0.7 e MX 1.3.come si può vedere in Fig. 6 e 7.
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Vedremo in seguito che concentrazioni così elevate di difetti reticolari rappresentano un’ eccezione, e che, in generale, le deviazioni dalla stechiometria ammontano al massimo a qualche per cento. Quello che non è per il momento chiaro è se le deviazioni dalla stechiometria delle fasi solide rappresentino sempre una condizione di equilibrio, come abbiamo invece ipotizzato più sopra. Chiarire questo punto è l’ argomento del ,,,,,, Capitolo di questo libro. Per il momento ci limitiamo ad affermare che è disponibile l’ evidenza sperimentale di deviazioni più o meno ampie dalla stechiometria nella maggior parte delle fasi solide, che necessariamente dipendono dall’energia libera di formazione dei difetti.
Polimorfismo ed effetto della pressione e della temperatura sulla struttura delle fasi E’ noto che molti elementi e composti presentano una varietà di fasi a struttura diversa, stabili in intervalli più o meno estesi di pressione e temperatura. Abbiamo visto che il carbonio ed il bismuto sono esempi tipici di questo comportamento, ma sono numerosi i materiali che presentano fenomeni di polimorfismo. Riportiamo in Figura 11, come esempio, il diagramma di fase della silice, che mostra la presenza di almeno 4 fasi stabili, anche se, come si può vedere in Tabella .. altre fasi sono stabili a pressioni più elevate (vedi anche Tabella 2).
Fig. 11 Diagramma di fase della silice
Polymorph
Density (g cm-3)
Molar volume (cm3)
Pressure (Pa)
Tridymite
2.29
26.14
Up to 9.0 107
Cristobalite
2.33
25.73
Up to 1.5 108
Coesite
2.90
20.07
2 – 4 GPa
Stishovite
4.28
14.03
9-12 GPa
Silicon
2.33
12.05
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Riportiamo anche in Tabella ** le caratteristiche degli 11 politipi identificati nel caso del silicio. In tutti i casi si vede innanzitutto che il numero di politipi stabili può essere estremamente diverso da un materiale all’ altro e che l’ evidenza completa di questa varietà di strutture può essere messa in evidenza solamente se si compiono esperienze in un intervallo estremamente ampio di temperature e pressioni. Si vede inoltre nel diagramma relativo al diagramma di fase della silice che l’ andamento del limite di stabilità di una fase particolare segue l’ equazione di Clapeyron, nel senso che la temperatura di trasformazione aumenta o diminuisce all’ aumentare della pressione idrostatica in funzione della differenza dei volumi molari delle fasi in equilibrio. I quattro casi presi in considerazione presentano interesse sia teorico che sperimentale. Ad esempio, nel caso del diamante si può osservare che la crescita di cristalli di diamante in condizioni”naturali” ha richiesto condizioni di temperatura e pressione straordinariamente elevate all’ interno della crosta terrestre, se ipotizziamo che la cristallizzazione abbia avuto luogo a partire da un liquido ma condizioni relativamente più blande se la cristallizzazione ha avuto luogo a partire dalla grafite. La morfologia dei cristalli naturali sembrerebbe comunque indicare che la cristallizzazione abbia avuto luogo a partire da un fuso. L’ esperienza della crescita di cristalli di diamante a partire da dispersioni di polvere di grafite in metalli liquidi , che può essere condotta a temperature e pressioni accessibili alla tecnologia attuale, sembrerebbe confermare che la presenza di una fase liquida sia indispensabile per la crescita di questi cristalli.
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