RELAZIONE TECNICA INTEGRATIVA PRESENTATA ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI AOSTA DAL REPARTO INVESTIGAZIONI SCIENTIFICHE DEI CARABINIERI DI PARMA (17 settembre 2002)
ACCERTAMENTI SULLE TRACCE EMATICHE Al fine di poter calcolare la posizione dell'aggressore mediante lo studio delle tracce ematiche presenti all'interno della camera da letto dove è stato ucciso il piccolo Samuele LORENZI, è stato applicato all'interno uno speciale reticolato, realizzato con appositi listelli di legno e con fili disposti orizzontalmente e verticalmente alla stessa distanza fra loro. In questo modo le superfici d'interesse investigativo sono state suddivise in quadranti, aventi ciascuno dimensioni pari a 20 cm x 20 cm, come rappresentato nelle fotografìe sottostanti1. Tali operazioni sono state effettuate alla presenza dei CC.TT. della difesa, prof. Carlo Torre e dr. Carlo Robino, i quali, tranne alcune foto generali e particolari della scena del reato, si sono astenuti da qualsivoglia rilievo e/o misurazione. Tale approccio si è reso necessario, al fine di individuare le esatte coordinate degli schizzi di sangue all'interno di ogni singolo quadrante, senza ricorrere a particolari elaborazioni grafiche e/o all'impiego di appositi software. In tal modo è stato possibile applicare un metodo scientifico, descritto più avanti, che consentisse di calcolare la traiettoria percorsa da ogni singola goccia di sangue analizzata, tra tutte quelle rilevate. Questo studio ha permesso di dimostrare, in modo analitico, quanto già descritto qualitativamente nelle conclusioni preliminari in merito alle posizioni assunte dall'aggressore durante l'azione criminosa (vds. relazione 303/24 IT 2002 del 28/2/2002 - Capitolo n. 4; Paragrafo n. 5).
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Non tutte le fotografie presenti nel rapporto sono state rese disponibili.
Acquisizione dei dati Mediante l'applicazione del reticolato summenzionato sono state fotografate nuovamente tutte le tracce ematiche presenti all'interno della camera da letto, dove è stato ucciso il piccolo Samuele LORENZI. In questa maniera i lati di ogni quadrato del reticolato, lunghi 20 cm, costituiscono gli assi cartesiani orizzontali e verticali, utilizzati per stabilire le esatte coordinate degli schizzi di sangue ivi presenti. I quadranti con all'interno le tracce ematiche sono stati numerati progressivamente mediante apposite etichette con riferimento metrico e sono stati fotografati uno ad uno. Le proiezioni prese in considerazione sono state: - le tracce presenti sulla spalliera del letto e sulla parete ad essa retrostante, disposte a guisa di uno sciame di schizzi inclinato verso sinistra - per chi guarda dal fondo del letto - ed altre macchie dislocate nell'intorno dell'interruttore e del quadretto raffigurante una Madonna con Bambino; - le tracce presenti sulla parte del soffitto posta sopra il letto, nell'intorno del lampadario, disposte in senso lineare con leggera inclinazione verso il lato dell'armadio che guarda alla finestra; - le tracce presenti sulla parete adiacente alla finestra (a destra del letto per chi guarda dal fondo) talune caratterizzate da una morfologia rotondeggiante, altre invece, di forma più allungata, evidenziate in corrispondenza della tenda e sul termosifone; - le tracce presenti sulle ante dell'armadio posto ai piedi del letto, tutte con andamento dall'alto verso il basso; - le tracce presenti sul lato esterno della porta della camera da letto, consistenti soltanto in quattro tracce ematiche, tutte dirette dall'alto verso il basso (per quest'ultime non è stato utilizzato il reticolato anzidetto, in quanto facilmente riferibili, usufruendo della forma perfettamente rettangolare della porta stessa).
Interpretazione dei risultati analitici POSIZIONE DELL'AGGRESSORE La visione d'insieme delle singole traiettorie analizzate, riportate sulla planimetria della camera da letto, è particolarmente suggestiva: infatti, si noti come le tracce proiettate dalle ferite inferte al piccolo Samuele (praticamente quelle sulla parete lato testiera del letto) convergano in prossimità del punto in cui giaceva la testa del bimbo; mentre le tracce sul soffitto, sull'armadio e sulla parete adiacente alla finestra, distaccatesi verosimilmente dall'arma del delitto durante il brandeggio (fenomeno ben noto in letteratura come: cast-off), indicano l'area entro la quale si muoveva il braccio che impugnava l'arma (simboleggiata con ovali di colore blu). Tale risultato analitico, se messo in relazione alla zona d'ombra presente sulla coperta-copriletto (settore 90 - vds. relazione nr. 303/24 IT 2002 datata 28/2/2002),
evidenzia come l'area, da cui si sono distaccate le gocce che hanno prodotto le tracce di cast-off, si collochi proprio alla destra della zona d'ombra. Tutto ciò dimostra, scientificamente, che l'aggressore doveva trovarsi sul letto inginocchiato nella zona d'ombra corrispondente al settore 90 della coperta e brandiva l’arma del delitto con il braccio destro. Altrettanto suggestive sono le tracce presenti sulla porta della camera da letto ed alcune sul soffitto (vds. ad esempio i quadranti nn. 15,24,30 e 36), le quali non escludono che almeno un colpo possa essere stato inferto dall'aggressore posto in piedi accanto al comodino ed al lato sinistro del letto (visto dal fondo). Presumibilmente tale dinamica può essere avvenuta nella fase iniziale dell'aggressione la quale, immediatamente dopo, si è sviluppata sul letto con le modalità summenzionate. Al fine di confermare quanto già dimostrato scientificamente in merito alla posizione dell'aggressore, sono stati effettuati molteplici esperimenti di laboratorio tesi a riprodurre il più fedelmente possibile la dinamica dell'azione delittuosa. Per tale scopo è stata utilizzata una testa di legno rivestita da uno strato di moquette, imbevuta di sangue animale, fissata su un letto avente le stesse dimensioni di quello dove è stato ucciso il piccolo Samuele LORENZI. Attraverso queste sperimentazioni - che saranno ampiamente documentate nella relazione conclusiva - è stato anche possibile dimostrare che la distribuzione delle tracce ematiche che si formano attorno al punto in cui vengono inferti i colpi, è assai simile a quella in esame, purché l'aggressore venga posizionato sulla coperta, più o meno al centro del letto. Si confermano, altresì, le macchie poste alle spalle dell'aggressore inginocchiato davanti alla vittima, contrariamente a quanto sostenuto da Torre-Robino. Tutto quanto precede cassa definitivamente la tesi sostenuta dai CC.TT. della difesa che non appare supportata da alcuna evidenza riscontrabile sul luogo dell'omicidio poiché, oltre a quanto già segnalato, mancano le tipiche tracce di cast-off che si sarebbero necessariamente prodotte sul comò e sulla parete corrispondente e quelle altrettanto tipiche che dovevano riscontrarsi sul soffitto, ma con direzione obliqua, rispetto al letto. In tale quadro, la tesi sostenuta dai CC.TT. della difesa, è soltanto il frutto di una fragile e debolissima ricostruzione soggettiva, dettata da preconcetti basati su ipotesi fantasiose prive del necessario rigore scientifico.
COPERTA E PIGIAMA Giova premettere e chiarire in questa sede che l'analisi delle tracce ematiche presenti sulla coperta e sul pigiama è stata condotta separatamente per i due reperti, individuando e studiando singolarmente le macchie che, soltanto successivamente, sono state elaborate mediante il software grafico Adobe® Pho-toshop® 6.0 ed ulteriormente processate con il software Leica® Qwin.
In altre parole, si vuole ribadire che lo studio dei parametri fisici, contrariamente a quanto controdedotto da Torre-Robino, è stato effettuato manualmente su ciascuna traccia selezionata, tenendo ovviamente conto delle sue caratteristiche peculiari; non ci sembra assolutamente che questo approccio, come frettolosamente definito dai CC.TT. della difesa a rigo 13 di pag. 18 della prima relazione sia «soltanto il frutto dell'uso acritico e semplicistico di un programma per calcolatore». Esso, piuttosto, è un metodo connotato da estrema scrupolosità scientifica e da doverosa cautela e rigore che stride e rimane offeso dal percorso semplicistico e superficiale seguito da Torre-Robino, che, rinunciando a qualsiasi misurazione sulla coperta e/o sul pigiama, si sono fatti guidare, ancora una volta, da astratte considerazioni. Richiamando le conclusioni fatte circa la posizione dell'aggressore, il settore 90, definito e riconosciuto anche da Torre-Robino come tipica zona d'ombra, ben si adatta alle ipotesi formulate, anzi, appare come l'unica ipotesi sostenibile, come si vedrà tra breve, tornando sull'argomento pigiama. L'ipotesi che il pigiama fosse indossato - come riferito nella nostra relazione preliminare - scaturisce soltanto da una obiettiva interpretazione dei risultati analitici. Si vuole sottolineare che nel cercare di comprendere quale fosse la genesi delle tracce ematiche presenti sia sulla casacca, sia sui pantaloni, si è sempre voluto prescindere dalla posizione in cui gli stessi reperti furono ritrovati. Tale posizione, infatti, per le innumerevoli variabili a cui era inevitabilmente esposta - si pensi ad esempio alle attività di soccorso effettuate sia dalla Dr.ssa Satragni, sia dalla squadra del 118 - poteva prevedibilmente non corrispondere (e risultare quindi mutata) rispetto al punto in cui l'aggressore li aveva effettivamente abbandonati. Con lo stesso approccio appena ricordato precedentemente si è quindi proceduto, singolarmente e manualmente, anche allo studio delle macchie presenti sul pigiama. Ricordiamo, a tal proposito, che nelle nostre precedenti conclusioni, che qui sinteticamente ribadiamo, si era potuto dimostrare che il pigiama risultava compatibile nella tipologia delle tracce al settore alto della coperta (adiacenze del settore 90), ma che per l'esclusivo pattern, particolarmente interessante sulla manica della casacca e per le difformità riscontrate rispetto alle corrispondenti macchie della coperta, non poteva che essere indossato al momento dell'omicidio. Si dava prova, altresì, che il settore-zona d'ombra 90, aldilà delle considerazioni già fatte circa la posizione dell'aggressore, non avrebbe mai potuto contenere il pigiama «ammonticchiato o stazzonato» che fosse. Tali conclusioni, allora preliminarmente espresse, sono state confermate dalle ulteriori prove sperimentali - anch'esse saranno completamente fornite al termine degli accertamenti e dei test ricostruttivi in corso - che dimostrano come su un aggressore che indossa un pigiama e sia collocato nella posizione suggerita, si produca un pattern di macchie estremamente contenuto in quantità diversamente da quanto sostenuto da Torre-Varetto - e del tutto analogo a quello presente sui reperti. Per contro, nell'ipotesi Torre-Varetto che ipotizza un pigiama non indossato, ma disordinatamente riposto sul letto, la zona d'ombra è molto più ampia di quella osservata sulla coperta e comunque dell'ordine di grandezza del pigiama anche se
questo non è - e non può - essere completamente disteso, ma espone più zone di superficie, anche sul piano verticale (come sottolineano Torre-Robino). Preconcette... «Già prima di conoscere il contenuto della relazione del R.I.S di Parma avevamo maturato il convincimento che il pigiama esaminato non fosse indossato quando si macchiò»... e quanto mai fragili ed inconsistenti appaiono le tesi opposte dai CC.TT. della difesa che per giustificare un imbrattamento, solo soggettivamente definito simile a quello della casacca in reperto, sono ricorsi ad una sorta di «armatura» della casacca. A tal proposito appare quantomai opportuno osservare: - che «l'armatura» a cui sono ricorsi è una forzatura, assolutamente improponibile in una situazione reale: la manica del pigiama nel «plastico» esibito a conclusione della loro sperimentazione si innalza per quasi 10 cm; - che del pigiama armato, non hanno mai mostrato il pattern prodotto spruzzandovi sopra la vernice: ci si chiede su quali basi lo si possa poi considerare analogo a quello presente sul reperto se non si è mai proceduto ad alcuna comparazione; - che in nessuna delle loro prove definite paradossalmente anche come riproducibili e ripetitive, abbiano mai usato un riferimento metrico: se lo avessero fatto si sarebbero accorti che per ottenere un pattern solo lontanamente paragonabile a quello del pigiama in reperto, considerando il pigiama disposto sul letto, è necessario interessare un'area - che poi costituisce la zona d'ombra non investita dagli schizzi di sangue che risultano coperti dall'indumento - ben più ampia del settore-zona d'ombra 90. A suffragare in maniera determinante l'ipotesi che il pigiama fosse indossato dall'aggressore viene in ausilio lo studio, che nel frattempo abbiamo effettuato, circa la grossa macchia provvista di frammento osseo, presente in corrispondenza della manica del pigiama. L'approccio impiegato in questo caso è consistito nell'esaminame le caratteristiche morfologiche, al fine di verificare se essa potesse essersi prodotta per contatto con una superficie segnatamente imbrattata di materiale ematico, frammisto a sostanza nervosa ed a scaglie ossee: in quanto tale, essa postulava infatti una possibile origine nell'area maggiormente caratterizzata da questo tipo di tracce, originatesi dalla vittima esposta ai violenti colpi dell'aggressore, poi sparpagliatesi nella zona alta del lenzuolo e del cuscino. Ebbene, tale ricerca ha dato esito positivo, evidenziando in corrispondenza della zona alta del lenzuolo coprimaterasso, la probabile area di origine della macchia presente sul pigiama. Si è quindi proceduto al calco ed ai necessari confronti, corredati dei calcoli relativi ai punti/zone risultate contrassegnati. La relativa dimostrazione d'identità propria (di seguito illustrata attraverso la sovrapposizione generale per forma e posizione, oltre che dalla coincidenza di una serie di contrassegni individualizzanti), conferma il contatto della manica del pigiama esattamente in quel punto del lenzuolo coprimaterasso vistosamente attinto da cospicue gocce di sangue (vds. foto n. 1 del fascicolo fotografico relativo alla dimostrazione d'identità).
Supponendo l'aggressore sul letto, come ampiamente già descritto ed ulteriormente dimostrato nella presente relazione, è intuitivo comprendere come il tutto sia stato prodotto dal braccio destro dell'aggressore che, durante una fase dell'azione delittuosa, si è appoggiato inavvertitamente sulla materia cerebrale recante il citato frammento osseo, asportandolo con la manica del pigiama su cui è rimasto definitivamente attaccato. Ne costituirebbe prova aggiuntiva anche l'impronta di un oggetto geometrico presente sul bordo del lenzuolo coprimaterasso, indicata nel cerchio rosso della foto sottostante, ragionevolmente riconducibile all'arma del delitto. Essa prefigura l'assassino che per «posare» l'arma del delitto lordo del sangue della vittima, appoggia il braccio proprio in corrispondenza della vistosa traccia in parola, «imbrattandosi» il pigiama che indossa con una vistosa macchia di sangue, frammista a cervello ed ossa.
ZOCCOLI Nel corso delle varie sperimentazioni effettuate si è anche ipotizzato che l'assassino potesse indossare gli zoccoli. Le prove effettuate hanno dimostrato che, se l'aggressore è inginocchiato sul letto con indosso le suddette calzature, è possibile che alcune goccioline di sangue attingano la suola degli zoccoli, producendo delle tipiche tracce da impatto del tutto compatibili a quelle rinvenute sugli zoccoli sequestrati alla Sig.ra FRANZONI. (Vds. fotografie sottostanti). Tale aspetto sarà ripreso a conclusione degli accertamenti biomolecolari.
ACCERTAMENTI BIOLOGICI Premessa La presente relazione costituisce una integrazione agli accertamenti biologici già espletati e documentati agli atti e si riferisce: A. All'analisi delle tracce reperiate dalla P.G. e trasmesse al R.I.S. di Parma con f.n. 56/1-25 di prot.llo datato 07-02-2002; B. Agli ulteriori esami effettuati sugli zoccoli (reperto 21) appartenenti alla signora Franzoni Annamaria.
A. Accertamenti biologici relativi alle tracce repertate dalla P.G. Hanno formato oggetto degli accertamenti biologici, i reperti di seguito descritti, recapitati presso il R.I.S. di Parma da personale del Gruppo CC di Aosta (vds. f.n. 56/1-25 di prot.llo datato 07-02-2002). Descrizione dei reperti Reperto n° 1: - sassolini più terriccio con traccia di presunta natura ematica; Reperto n° 2: - sassolino e relativo prelievo su carta, con tracce di presunta natura ematica; Reperto n° 3A e 3B: - sassolini con tracce di presunta natura ematica. Sul reperto 3 A è stata rinvenuta una struttura pilifera classificata come reperto 3A-P; Reperto n° 4: - carta con tracce di presunta natura ematica repertate su un gradino; Reperto n° 5: - carta con tracce di presunta natura ematica repertate su un gradino; Reperto n° 6: - carta con tracce di presunta natura ematica prelevate dalla parete della prima rampa di scale, ubicata di fronte alla camera da letto ove è stato perpetrato il delitto; Reperto n° 10: - carta con tracce di presunta natura ematica repertate dal barbecue; Reperto n° 11: - carta con tracce di presunta natura ematica repertate sul primo gradino della seconda rampa di scale; Reperto n° 17: - carta con tracce di presunta natura ematica repertate sull'esterno del muro di cinta della villa. Risultati analitici Gli accertamenti condotti consentono di riferire quanto segue: 1. La diagnosi generica-orientativa di sangue (Comburtest) effettuata sui reperti in sequestro, ha fornito esito positivo per tutti i reperti testati (1, 2,3A,3B,4,5,6,10, 11 e 17). 2. La quantificazione del DNA effettuata mediante Slot-Blot sugli estratti ottenuti dai suddetti reperti, ha consentito di rilevare materiale genetico riconducibile alla
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specie umana esclusivamente sul reperto 6. Sui restanti reperti ha fornito esito negativo. La tipizzazione del DNA effettuata sul reperto 6 (traccia ematica prelevata dalla parete della prima rampa di scale, ubicata di fronte alla camera da letto ove è stato perpetrato il delitto), ha consentito di estrapolare un profilo genotipico di sesso maschile. Tale profilo, è risultato essere compatibile con quello ottenuto dal campione biologico di confronto (reperto 19-1) appartenente alla vittima Samuele Lorenzi. La probabilità statistica di compatibilita casuale è stata calcolata applicando la regola del prodotto alle frequenze genotipiche costituenti il profilo. Le frequenze genotipiche utilizzate per ciascun marcatore sono state ricavate da un campione della popolazione italiana di circa 4.300 individui, realizzato presso i laboratori del Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche. La probabilità casuale di individuare un altro soggetto con lo stesso profilo genotipico evidenziato dal reperto 6 (traccia ematica) e 19-1 (campione di confronto) è di 2,58*10-18, in altre parole circa un soggetto ogni 386 milioni di miliardi di individui scelti a caso nella popolazione di riferimento. Considerando che attualmente la popolazione mondiale si aggira sui 6 miliardi di persone, il profilo in parola può essere considerato, in effetti, unico. La tipizzazione del DNA estesa anche a tutti i reperti che hanno fornito esito negativo alla fase di quantificazione del DNA mediante Slot-Blot (1, 2, 3A, 3B, 4, 5, 10, 11 e 17), non ha consentito di estrapolare alcun profilo genotipico dalle citate tracce. La diagnosi di specie effettuata mediante immunodiffusione in gel di agar ha consentito di stabilire quanto segue: le tracce ematiche relative ai reperti 1, 2, 3A e 3B, 10 e 17 sono riconducibili a sangue di gatto; a causa dell'estrema esiguità del materiale a disposizione relativamente ai reperti 4, 5 e 11, la diagnosi di specie è da ritenersi inconclusiva.
Considerati tali esiti e quelli ottenuti in sede di quantificazione mediante Slot-Blot, appare decisamente verosimile poter affermare che anche tali tracce non appartengono alla specie umana. 6. La diagnosi di specie (analisi delle caratteristiche strutturali) condotta sulla formazione pilifera rinvenuta sul reperto 3 A (classificata come reperto 3A-P), ha consentito di stabilire la sua riconducibilità alla specie animale (non umana), così come attestato dall'irregolarità della cuticola e dal valore dell'indice midollare (rapporto fra il diametro midollare e quello complessivo del pelo) superiore a 0,50.
B. Accertamenti biologici relativi agli zoccoli appartenenti alla signora Franzoni
Premessa Come già riferito nella «Integrazione alla relazione tecnica» datata 6 marzo 2002 (atto n° 303/25 I.T. 2002 di profilo), gli zoccoli di colore bianco marca «Fly-Flot» (reperto 21), all'esame macro e microscopico, esibivano tracce ematiche evidenti, variamente disposte su entrambe le suole (vds. foto dal n. 5 al n. 11 «Integrazione alla relazione tecnica») unitamente ad alcune microtracce, risultate positive alla diagnosi generica di sangue, localizzate in corrispondenza della superficie dei plantari e nell'area interna della tomaia in cuoio (vds. foto dal n° 12 al n° 40 della stessa relazione). In quella sede, vista la estrema complessità delle tracce, fu possibile effettuare soltanto alcuni prelievi, poi completati dalle relative analisi biomolecolari, rimandando ad epoca successiva gli accertamenti restanti - compendiati nella presente relazione - anche in considerazione della necessità di ricorrere ad una specifica ed adeguata strategia analitica che tenesse conto dei risultati genetici preliminari ottenuti, fino a quel momento, sugli zoccoli, riferiti nella relazione integrativa datata 12 mar-zo 2002 (atto n° 303/29 I.T. 2002 di prot.llo).
Tracce sottoposte agli accertamenti biomolecolari Complessivamente - ci riferiamo ai prelievi effettuati e comunicati nelle re-lazioni precedenti ed a quelli espletati successivamente - sono stati sottoposti agli accertamenti biomolecolari, i seguenti prelievi: Zoccolo sinistro - un prelievo a campione effettuato dalle tracce ematiche dislocate sulla suola (reperto 21-1; vds. foto n° 5 e 6 della relazione datata 6 marzo 2002); - un prelievo in corrispondenza della minuta crosticina localizzata a circa metà dello sviluppo longitudinale del plantare, all'altezza del bordo laterale sinistro (reperto 21-2), asportata in toto (vds. foto n° 12 e 13 della stessa relazione); - due tamponature effettuate in sequenza mediante FTA Paper (reperto 21-3 e 21 4), eseguite sull'area del plantare ove sono state rilevate le microtracce di natura ematica corrispondenti ai minuti residui classificati con i numeri 1,2 e 3 (vds. foto dal n. 19 al n. 25 della relazione citata). Dopo aver effettuato tali tamponature, la stessa area è stata sottoposta nuovamente alla diagnosi generica di sangue mediante il «Combur-test», il quale ha fornito ancora esito positivo; - un prelievo mediante raschiatura dell'area sottoposta alle suddette tamponature (reperto 21-5), al fine di prelevare ulteriori residui ematici rimasti imbrigliati sul plantare dello zoccolo; - un prelievo effettuato mediante raschiatura (reperto 21-6) della porzione interna della tomaia in cuoio superiore, comprendente un debole imbrattamento e un residuo puntiforme, classificati con i numeri 4 e 5 (vds. foto dal n° 26 al n° 29 della medesima relazione).
Zoccolo destro - due tamponature effettuate in sequenza mediante FTA Paper (reperto 21-7 e 218), eseguite sull'area del plantare ove sono state rilevate le microtracce di natura ematica corrispondenti ai minuti residui classificati con i numeri 6, 7, 8 e 9 (vds. foto dal n° 35 al n° 39 sempre della stessa relazione). Dopo aver effettuato tali tamponature, anche quest'area è stata sottoposta nuovamente alla diagnosi generica di sangue mediante il «Combur-test», il quale ha fornito ancora esito positivo; - un prelievo effettuato mediante raschiatura (reperto 21-9) delle stesse aree di cui al precedente alinea; - un prelievo effettuato mediante raschiatura (reperto 21-10) della porzione interna della tomaia in cuoio, comprendente un tenue imbrattamento classificato con il numero 10 (vds. foto n° 40 della stessa relazione).
Estrazione, riunificazione e quantificazione del DNA I prelievi suddetti sono stati sottoposti ad estrazione del DNA seguendo la metodica del Fenolo-Cloroformio. Avendo osservato un pellet colorato durante la fase di precipitazione del DNA, spesso indicatore della presenza di residui contaminanti, si è ritenuto necessario procedere ad una ulteriore fase di purificazione degli stessi mediante colonnine denominate «Qiagen». Alla fine di questo ulteriore passaggio i «pellet» risultavano puntiformi e traslucidi e la soluzione di risospensione finale completamente limpida. Considerata l'estrema esiguità di alcune delle tracce precedentemente descritte, si è ritenuto opportuno riunificare gli estratti relativi alle tamponature effettuate in sequenza (reperto 21/7-8) come quelli delle raschiature (reperto 21/9-10). La successiva quantificazione del DNA è stata effettuata tramite la metodica denominata Slot-Blot, utilizzando il «Quanriblot-Human DNA Quantitation Kit» della ditta Perkin Elmer'911), che sfrutta il legame di una sonda comple-mentare ad una regione alfa-satellite caratteristica del DNA dei primati (D17Z1 ). Per la lettura dei risultati sono state costruite due curve di taratura uti-lizzando, per ciascuna, otto campioni di «DNA Standard» a concentrazioni sca-lari note, comprese tra 20 ngr e 0,15625 ngr. Ove si consideri che 1 nanogram-mo ( 1 miliardesimo di grammo) di DNA genomico equivale a circa 333 copie di ciascun genoma ovvero a circa 167 genomi diploidi, che corrispondono a circa 167 cellule eucariotiche"2''13), si può facilmente intuire l'elevato limite di sensibi-lità della metodica impiegata per la quantificazione del materiale genetico estratto (0,15625 nanogrammi equivalgono a circa 26 cellule diploidi). Al termine del processo sono stati ottenuti i seguenti risultati: - esito positivo per i reperti 21-le21/9-10; - esito ai limiti della soglia di rilevabilità della metodica per i reperti 21-3,21 – 4 e 21-5; - esito negativo per i reperti 21-2,21-6 e 21/7-8.
Poiché la soglia minima di rilevazione del kit «Quantiblot» è pari a 0,15625 ngr, nell'ipotesi che tali estratti avessero una concentrazione di DNA da collocarsi al di sotto della citata soglia, gli stessi sono stati sottoposti ad una fase di concentrazione in etanolo al fine di tentare comunque una possibile estrapolazione dei relativi profili genetici.
Amplificazione e tipizzazione del DNA Gli estratti suddetti sono stati amplificati mediante PCR-Multiplex, utilizzando il kit in commercio denominato «Identifiler», prodotto dalla ditta Applied Biosystem. Complessivamente sono state studiate 15 regioni polimorfìche del DNA, più una come marcatore del sesso (Amelogenina), scelte tra quelle più frequentemente in uso per la diagnosi individuale. A causa dell'esiguità del materiale genetico estratto (reperti 21-3,21-4 e 21-5) e di quello rilevabile sui restanti prelievi (reperti 21-2,21-6 e 21/7-8), si è tenuto conto della possibilità di incorrere, nella fase di amplificazione, nei noti fattori che globalmente vengono racchiusi con il termine di «effetti stocastici» (sproporzioni tra picchi allelici in un genotipo eterozigote se non addirittura perdita di uno dei due alleli conosciuto come «alleile drop-out», comparsa di picchi allelici anomali, conosciuti come «stutter-band», etc.). Pertanto, si è ritenuto opportuno seguire una strategia analitica mirata, nota come «sequential multiplex amplifìcation» (SMA): si tratta di una procedura basata sulla valutazione della riproducibilità degli accertamenti, attraverso l'amplificazione seriale del medesimo estratto di DNA alla stessa concentrazione e/o a concontrazioni leggermente differenti. A tale scopo, il DNA estratto dai reperti 21-3, 21-4 e 21,-5 è stato inizialmente amplificato e tipizzato. Successivamente, gli stessi estratti, sono stati sottoposti ad un processo di concentrazione in etanolo seguito da una serie di amplificazioni a varie o medesime diluizioni. Quest'ultimo passaggio è stato seguito anche per i prelievi che hanno fornito esito negativo alla fase di quantificazione del DNA, già sottoposti al processo di concentrazione (reperti 21-2,21-6 e 21/7-8).
Risultati analitici Gli accertamenti biomolecolari compiuti (estrazione, purificazione, concentrazione, quantificazione, amplificazione mediante approccio SMA e tipizzazione del DNA), hanno consentito di ottenere: A. Un profilo genotipico di sesso maschile da una delle tracce ematiche prelevate a campione dalla suola dello zoccolo sinistro (reperto 21-1). Tale profilo è risultato essere compatibile con quello estrapolato dal campione biologico di confronto (reperto 19-1) appartenente alla vittima Lorenzi Samuele; B. Risultati scientificamente non interpretabili - molto simili a ladder allelici - per alcuni marcatori o completamente privi di segnali per altri, dai reperti 21-2, 21-
6,21/7-8 e 21/9-10. In tale contesto la negatività della crosticina contrassegnata come reperto 21-2 si può ragionevolmente associare a materiale di natura non umana; C. Un profilo complesso - ma sempre analiticamente riproducibile secondo l'approccio SMA - dal materiale genetico estratto dalla raschiatura e dalle due tamponature effettuate sul plantare dello zoccolo sinistro (reperti 21-3, 21-4 e 215). Tale profilo è risultato caratterizzato: - dalla presenza di tré alleli su più marcatori testati; - dalla presenza di uno sbilanciamento fra le altezze dei picchi su diversi genotipi eterozigoti; - dalla presenza di uno sbilanciamento fra le altezze dei picchi relativi alla regione dell’Amelogenina (sesso), con l'X (allele femminile) maggioritario sull'Y (allele maschile). In base a ciò è stato possibile dedurre che il profilo genotipico complesso ottenuto dal materiale estratto dalla raschiatura e dalle due tamponature effettuate sul plantare dello zoccolo sinistro della signora Franzoni (reperti 21-3, 21-4 e 21-5), corrisponde ad un profilo genotipico di tipo misto, ovvero riconducibile a più di una persona. Si è quindi passati alla interpretazione del profilo, seguendo le linee guida riportate in letteratura, eseguendo per ciascuna regione esaminata la possibile attribuzione allelica, tenendo conto dei potenziali contributori e del loro apporto quantitativo al profilo, in maniera assolutamente indipendente da qualsivoglia profilo di confronto. Tale studio interpretativo ha consentito di stabilire che il profilo genico in parola è da ricondurre a più di una persona (presenza di tré alleli su più marcatori testati; sbilanciamento fra le altezze dei picchi su diversi genotipi eterozigoti) e che in relazione al rapporto delle altezze dei picchi della regione dell’amelogenina (sesso), maggioritario per l'X rispetto all’Y, è attribuibile a materiale genetico di tipo misto, in parte riconducibile ad un soggetto di sesso maschile e per la restante parte ad un soggetto di sesso femminile. Una volta attribuito ed identificato il profilo si è quindi proceduto alla sua comparazione con i campioni biologici di confronto, vale a dire con i profili appartenenti a Stefano Lorenzi, Annamaria Franzoni e Samuele Lorenzi, il che ha consentito di stabilire che il profilo misto ottenuto dalle tracce estratte dallo zoccolo sinistro è complessivamente attribuibile ad Annamaria Franzoni ed alla vittima Samuele Lorenzi. In particolare, seguendo l'approccio SMA, sono stati ottenuti una serie di risultati (verificabili nei relativi elettroferogrammi allegati) alcuni dei quali esibiscono una chiara ed evidentissima commistione di DNA proveniente dalla vittima e dalla signora Franzoni. Infatti: - lo studio dell'elettroferogramma relativo ad una delle tamponature effettuate sul plantare dello zoccolo sinistro, evidenzia chiaramente la presenza delle componenti alleitene comuni alla vittima e ad Annamaria Franzoni per un
consistente numero dei marcatori testati (vds. elettroferogramma IT - pag. 1 loci D13S317, D16S539 e D2S1338 - pag. 2 loci D21S11 e CSF1PO - pag. 3 loci vWA e D18S51 - pag. 4 locus D5S818). Stesso dicasi per la regione D8S1179 (vds. elettroferogramma 2T pag. 6 e 7) e per la regione D7S820 (vds. elettroferogramma 2T pag. 6 e 8). lo studio dell'elettroferogramma relativo alla raschiatura effettuata sul plantare dello zoccolo sinistro, evidenzia chiaramente la presenza delle componenti alleitene comuni alla vittima e ad Annamaria Franzoni per un consistente numero dei marcatori testati (vds. elettroferogramma IR - pag. 11 locus D16S539 - pag. 12 loci D8S1179, D21S11 e CSF1PO - pag. 14 locus D5S818). Stesso dicasi per le regioni D2S1338 (vds. elettroferogramma 3R pag. 15 e 16), per la regione vWA (vds. elettroferogramma 3R pag. 18 e 19) e per la re-gione D18S51 (vds. elettroferogramma 3R pag. 18 e 20). Al fine di evidenziare ulteriormente la sicura riconducibilità di una parte del-l'assetto genotipico misto alla vittima, alcuni degli elettroferogrammi relativi ai DNA estratti sia dalla raschiatura che dalle tamponature effettuate sul plan-tare dello zoccolo sinistro, sono stati elaborati in maniera tale da rilevare: - la presenza degli alleli esclusivi di Samuele Lorenzi (alleli di origine patema, non condivisi con la madre) su tutte le 10 regioni microsatellitari che consentono tale discriminazione; - la predominanza dell'arca dei picchi relativi agli alleli condivisi da Samuele Lorenzi e da Annamaria Franzoni, su 10 delle 11 regioni microsatellitari che consentono tale valutazione.
Considerazioni relativi agli accertamenti biomolecolari eseguiti all'intemo (plantare e tomaia) degli zoccoli Si è trattato di analizzare un reperto complesso consistente nella superficie interna di un paio di zoccoli (reperto 21) la cui stessa natura denunciava la possibile esistenza di tracce biologiche eterogenee che, qualora presenti, sarebbero comunque state caratterizzate da quantità molto esigue. Sono questi i motivi per i quali i reperti in parola sono stati sottoposti ad una prima generale ispezione, cui è seguito un accurato esame al microscopio binoculare, attraverso il quale è stato possibile apprezzare la presenza di micro coaguli di colore rosso-bruno cromaticamente riferibili a materiale ematico. La diagnosi generica del Combur-test effettuata ripetutamente ed in più punti, ha fornito sempre una significativa positività pur se debole in taluni casi. La quantificazione del materiale genetico estratto, nonostante le elaborate fasi di purificazione e riunificazione, ha consentito comunque di apprezzare una seppur debole quantità di DNA riconducibile alla specie umana, rilevata sui prelievi effettuati sul plantare dello zoccolo sinistro, assimilabile a 0,15625 nanogrammi di DNA, corrispondente a circa 26 cellule diploidi. Attraverso l'amplificazione seriale del DNA estratto dalla raschiatura e dalle tamponature effettuate sul plantare dello zoccolo sinistro, alla stessa concentrazione
e/o a concentrazioni leggermente differenti (approccio SMA), è stato possibile da una parte valutare gli effetti stocastici connessi ad una quantità minima di DNAbersaglio, come quella estratta dalle tracce in reperto e, dall'altra, stabilire che il profilo genotipico ottenuto dai prelievi di cui sopra è di tipo misto, ovvero riconducibile a più di una persona. Alla luce di quest'ultimo risultato, in accordo alle linee guida presenti in letteratura circa Pinterpretazione dei profili misti, è stato possibile individuare i possibili contributori, stabilendo che esso profilo è per una parte riconducibile ad un soggetto di sesso maschile e per la restante ad un soggetto di sesso femminile. Soltanto giunti a questa fase si è infine proceduto alla comparazione diretta di tale profilo con quelli relativi a Stefano Lorenzi, Annamaria Franzoni e Samuele Lorenzi, potendo attribuire il profilo estratto dalle tracce, complessivamente alla vittima e ad Annamaria Franzoni, secondo le componenti alleliche principali osservate e quindi affermare che esso deriva da una chiara ed evidentissima commistione di DNA proveniente dalla vittima e dalla signora Franzoni.
Prove sperimentali In considerazione dei risultati ottenuti dall'analisi dello zoccolo sinistro della signora Franzoni, ed allo scopo di confermare gli esiti raggiunti, si è ritenuto opportuno effettuare una prova sperimentale atta a riprodurre le possibili condizioni di imbrattamento riscontrate sul reperto in sequestro ed avviare le tracce sperimentali così ottenute all'analisi del DNA. Descrizione delle tracce sperimentali Sono stati acquistati dal commercio un paio di zoccoli della medesima misura, colore e marca di quelli in reperto, che sono stati fatti successivamente calzare, da una volontaria, per un tempo sufficientemente lungo per rilasciare, nei plantari, materiale biologico (sudore), durante normali attività domestiche. E’ stato poi effettuato un piccolo prelievo di sangue dal suo primogenito, che è stato depositato in micro quantità ed in più punti sul plantare degli zoccoli, avendo cura di trasferire solo minime quantità osservabili microscopicamente ed, in quanto tali, assimilabili alle tracce osservate sui reperti. In seguito, sempre attraverso il controllo al microscopio, sono state isolate quelle aree che esibivano micro coaguli di sangue puntiformi (vds. foto n° 26-28) che risultavano i più simili, per aspetto cromatico e quantità a quelli individuati sugli zoccoli della signora Franzoni (reperto 21). Essi sono stati quindi prelevati mediante una tamponatura seguita da una raschiatura, in aderenza a quanto già effettuato sui reperti. Estrazione, purificazione e quantificazione del DNA
I prelievi menzionati sono stati sottoposti al medesimo ciclo d'estrazione, purificazione e quantificazione dei reperti 21-1-10. Le tamponature e le raschiature, hanno esibito quantità di DNA pressoché identiche a quelle del reperto 21 per quanto riguarda le tamponature (poche decine di residui cellulari), circa la metà per quanto concerne le raschiature (circa 300 residui cellulari). Amplificazione e tipizzazione del DNA Le tamponature e raschiature sperimentali sono state quindi amplificate nelle medesime condizioni precedentemente descritte per i prelievi sugli zoccoli in sequestro, compreso l'approccio Sequential Multiplex Amplifìcation (SMA) condotto più volte su estratti alla stessa concentrazione di DNA o su estratti sottoposti a diluizioni scalari, per verifìcare gli effetti stocastici già citati.
Risultati analitici 1. Gli accertamenti biomolecolari compiuti (tipizzazione del DNA ed approccio SMA), hanno consentito di ottenere profili del tutto analoghi a quelli ottenuti dai reperti, esibendo un profilo complesso caratterizzato anche in questo caso: - dalla presenza di tré alleli su più marcatori testati; - dalla presenza di uno sbilanciamento fra le altezze dei picchi su diversi genotipi eterozigoti; - dalla presenza di uno sbilanciamento fra le altezze dei picchi relativi alla regione dell'Amelogenina (sesso), con l'X maggioritario sulTY. 2. L'insieme dei dati ottenuti, cui è stato applicato lo stesso approccio interpretativo dettato dalla letteratura ed utilizzato per i reperti, ha consentito di stabilire che il profilo genotipico ottenuto è un profilo di tipo misto, riconducibile ad un soggetto di sesso maschile (maggioritario) e per la restante parte ad un soggetto di sesso femminile, complessivamente attribuibile ai due volontari (madre-figlio) utilizzati per la sperimentazione, secondo le componenti alleliche principali osservate. In altre parole, il profilo ottenuto è risultato chiaramente attribuibile alla commistione di DNA proveniente dal figlio maschio e dalla propria madre. 3. Per alcuni dei campioni sperimentali realizzati è stato possibile evidenziare la prevalenza della componente maschile (residui ematici) rispetto a quella femminile (residui di sudore), fatto salvo comunque sempre la presenza delle componenti alleliche riferibili al donatore del sangue. Inoltre è stato possibile apprezzare un accentuato rumore di fondo (picchi estranei a quelli relativi ai due donatori), non direttamente attribuibili ad effetti stocastici, ma a generiche tracce di contaminazione, stante la maggiore quantità di materiale genetico a disposizione per taluni estratti.
Gli estratti di DNA diluiti a concentrazioni scalari, hanno mostrato chiaramente un deterioramento progressivo della qualità dell'elettroferogramma prodotto (diminuzione dell'altezza dei picchi ed aumento in proporzione della rilevanza del rumore di fondo e/o di anomalie legate al processo di replicazione del DNA), fino alla manifesta comparsa di tangibili effetti stocastici (perdita di alleli, squilibrio tra le aree di alleli eterozigoti ecc.).
Considerazioni relative alla fase sperimentale Sono stati utilizzati zoccoli dello stesso tipo e modello di quelli in reperto, sottoposti a normali condizioni d'uso da parte di una volontaria, successivamente imbrattati con micro quantità di sangue prelevato al figlio maschio primogenito, che sono state deposte con cura al loro intemo. L'esame microscopico delle esigue tracce depositate sui plantari, ha consentito di controllarne gli aspetti morfologico e cromatico, allo scopo di ottenere e prescegliere, per le successive analisi genetiche, quelle che risultavano le più simili per consistenza e quantità alle micro tracce presenti negli zoccoli della signora Franzoni. L'intero processo estrattivo e di purificazione del materiale genetico a disposizione ha fornito, inoltre, degli esiti quantitativi decisamente sovrapponibili a quelli ottenuti dalle tracce estratte dagli zoccoli in sequestro (reperto 21). Attraverso l'amplificazione seriale del DNA, estratto dalla tamponatura e dalla raschiatura effettuate sul plantare dello zoccolo destro, alla stessa concentrazione e/o a diluizioni scalari (approccio SMA), in analogia a quanto praticato sulle tracce in reperto, è stato possibile ottenere un profilo genotipico di tipo misto, riconducibile ad un soggetto di sesso maschile (maggioritario) e per la restante parte ad un soggetto di sesso femminile, complessivamente attribuibile ai due volontari (madre-figlio) utilizzati per la sperimentazione, riconducibile alla commistione di DNA proveniente dal figlio maschio e dalla propria madre. Vi è una completa riconducibilità, infatti, alla donatrice madre (sudore) e al donatore figlio (sangue), dell'assetto genetico misto estrapolato dalla tamponatura e raschiatura sui plantari, con una costante presenza della componente ematica (alleli del donatore figlio), talvolta chiaramente predominante. Si può concludere affermando che gli assetti genici misti ottenuti sperimentalmente sono risultati complessivamente paragonabili a quelli ottenuti dallo zoccolo sinistro della signora Franzoni. Raffronto diretto dei risultati analitici conseguiti sugli zoccoli (reperto 21) con quelli relativi agli zoccoli utilizzati nelle prove sperimentali Vengono di seguito elencati i confronti eseguiti tra i reperti e gli sperimentali: 1. L'osservazione in parallelo delle aree apicali dei plantari a circa 2-3 ingrandimenti, consente di osservare un'analoga superficie interessata dall'usura dovuta al prolungato contatto con i piedi (vds. foto 29-30). 2. Ad un maggiore ingrandimento (circa 20-50 volte) è invece possibile apprezzare delle microaree di colore rossastro adsorbite sulla matrice porosa dei
plantari, del tutto paragonabili fra loro per forma, caratteristiche cromatiche e dimensioni (vds. foto 31-34). 3. L'ampiezza delle aree dei picchi sui profili misti estrapolati dagli zoccoli sperimentali e non, sono assolutamente comparabili per le tamponature (tra i 300 e i 2000 RFU per entrambi), mentre per le raschiature, i picchi più alti delle prove sperimentali, sono quasi il triplo di quelli relativi al reperto 21 (tra i 100 e 3000 RFU i primi e 100 e 1000 RFU i secondi). 4. Gli alleli delle rispettive componenti maschili e femminili, ignote per il reperto 21 e note per gli zoccoli sperimentali, sono indicate con la relativa designazione allelica (numeri in nero posizionati sopra i picchi). È evidente la presenza di tutti gli alleli riconducibili alle copie descritte (Samuele Lorenzi/Annamaria Franzoni e sangue primogenito maschio/sudore madre donatrice), nei rispettivi assetti genici complessi rappresentati (reperto 21 e zoccoli sperimentali). 5. Le aree ellittiche rosse contraddistinguono, invece, degli extra picchi non direttamente riconducibili alle due rispettive coppie di pertinenza, genericamente imputabili ad effetti stocastici e/o ad un intrinseco deposito di materiale eterogeneo connaturato all'utilizzo del tipo di calzatura e ad una fisiologica contaminazione. Le precedenti osservazioni sugli elettroferogrammi prodotti sono rappresentate da appositi pannelli raffiguranti contestualmente gli assetti genici complessi estrapolati dallo zoccolo sinistro della signora Franzoni e dallo zoccolo sperimentale destro.
Contro deduzioni alle osservazioni prodotte dai CC.TT. della difesa A pag. 18 dell'elaborato dei CC.TT. del prof. Torre e del dott. Robino, in relazione ad una possibile interpretazione del «profilo genetico misto complesso» riguardante «le microtracce sul bordo anteriore del plantare dello zoccolo sinistro», si riconosce come «palesemente misto» l'assetto genico in parola. Al contempo si riporta che «per ammettere che la commistione tra DNA contenuti nella traccia appartenga effettivamente a Samuele Lorenzi e ad Annamaria Franzoni, occorre in pratica invocare lo sbilanciamento dei picchi alleila, riconoscere insomma che il profilo ha caratteristiche che lo rendono di difficile interpretazione e dunque non idoneo a giustificare conclusioni perentorie». L'evocare un banale sbilanciamento allelico per rendere inidonea qualsiasi conclusione interpretativa del profilo in parola, è quanto mai riduttivo e scientificamente scorretto. E’ noto che la valutazione di un profilo misto, come quello in oggetto, deve tenere certamente conto di una serie di linee guida generali ampiamente riportate nella letteratura intemazionale, peraltro già richiamata (sbilanciamento allelico, altezze/aree dei picchi, numero degli alleli per loci, rapporto percentuale di stutter-band). È altrettanto vero, però, che tale approccio interpretativo, seppur legato a criteri di rigorosità scientifica, deve comunque indirizzarsi ad una valutazione complessiva, che va valutata caso per caso, e che deve necessariamente tener conto dell'alto numero dei marcatori testati e dell'esperienza specifica, così come della casistica di chi effettua l'interpretazione.
In particolare lo sbilanciamento evidenziato per il locus CSF1PO è stato naturalmente riprodotto nel misto sperimentale per il locus vWA, con uno «sbilanciamento dei picchi alleila» pressoché identico nel rapporto fra le aree dei picchi (vds. elettroferogramma comparativo 1 - pag. 65). Inoltre, attraverso l'approccio analitico «sequential multiplex amplification» (SMA), ovvero la mera ripetizione delle analisi in serie, è stato riprodotto per il locus CSF1PO il rapporto tra le aree di picchi auspicato dai CC.TT. della difesa (vds. elettroferogramma comparativo 2 - pag. 66), ad ulteriore dimostrazione della difficoltà nel lasciarsi andare ad imprudenti valutazioni basate su singoli marcatori. Questo tipo di considerazioni relative alla perdita di bilanciamento dei picchi allelici, sono state osservate non solo per il locus CSF1PO ma anche per altri sei loci STR: in particolare, per quanto riguarda i loci vWA, D18S51, D13S317, D16S539, D2S1338 e D5S818 (vds. elettroferogramma 1T), desumibili dalla osservazione degli elettroferogrammi relativi alle numerose serie di amplificazioni effettuate. A pag. 19 dell'elaborato dei CC.TT. della difesa, si parla poi di altezze di picchi al di sotto dei 150 RFU, «da interpretarsi con cautela» secondo quanto riportato nelle avvertenze dalla stessa ditta produttrice del kit denominato Uentifiler. Gli stessi definiscono come «assai difficile - e dunque arbitrario - stabilire se un picco o la componente di un picco - corrisponda ad una stutter band o ad un picco allelico reale, ma sbilanciato di un genotipo eterozigote». Anche in questo caso appare quanto mai superficiale l'approccio scientifico utilizzato dai CC.TT. della difesa, poiché i picchi allelici al di sotto dei 200 RFU riguardano prevalentemente i marcatori a più alto peso molecolare, ovviamente penalizzati nel processo di replicazione del DNA in una situazione di carente disponibilità di materiale genetico/bersaglio. Le regioni del DNA a più basso peso molecolare hanno infatti delle altezze di picco che arrivano anche a superare i 1000 RFU e sono quindi più che scientificamente affidabili secondo quanto riportato in tutti i gruppi di lavoro e contemplato nei protocolli dei più importanti gruppi di lavoro intemazionali (Interpol, ENF-SI, SGWCAM, etc.) che si sono preoccupati di tracciare delle linee guida sui controlli di qualità per gli accertamenti genetici forensi. Ancora una volta quindi è necessario valutare nell'insieme le 16 regioni del DNA amplificate, per giungere ad una valutazione scientifica che sia davvero complessiva (vds. visione generale delle serie ripetute di amplificazioni). A pag. 20 dell'elaborato, i CC.TT. della difesa osservano che «il profilo genetico dei possibili contributori alla traccia mista era ben noto e la sua conoscenza ha indubbiamente - intendiamoci, senza alcuna malafede - influenzato l'interpretazione del RIS., secondo la quale il profilo caratterizzato dalle tracce presenti sulla parte anteriore del plantare dello zoccolo sinistro è pacificamente riferibile al DNA di Samuele Lorenzi, in commistione con quello della madre. Eppure da un simile profilo misto, senza la conoscenza a priori dei genotipi dei potenziali contributori, sarebbe stato di certo impossibile estrapolare correttamente il profilo di Samuele Lorenzi». Poiché chiamati in causa nello specifico, i CC.TT. del P.M. specificano che:
1. chi ha effettuato l'interpretazione/attribuzione allelica del profilo misto in parola, non ha materialmente eseguito le analisi e quindi non conosceva la provenienza delle tracce, né la loro significatività nel contesto della dinamica delittuosa, come da routine di laboratorio; 2. solo dopo il riconoscimento di un assetto genico misto, verosimilmente riconducibile a più di una persona di ambo i sessi (vds. risultati analitici reperti 21-3-21-5), ed alla successiva identificazione dei possibili contributori, esso è stato confrontato con i profili genici della vittima, dell'indagata Annamaria Franzoni e di suo marito, Stefano Lorenzi. A pag. 21 dell'elaborato, i CC.TT. della difesa, riportano inoltre che «in particolare preme sottolineare che è assolutamente imponibile affermare con sicurezza che la traccia mista sia costituita da sangue di Samuele Lorenzi in associazione ad altro materiale cellulare e non, invece, esattamente il contrario» ed ancora «essa non fornisce alcuna indicazione sull'epoca in cui le tracce, ora tipizzate, si depositarono effettivamente sul substrato». Per quanto non siano disponibili evidenze scientifiche dirette circa la riconducibilità del materiale genetico estratto al sangue piuttosto che al sudore e/o ad altrui fluidi biologici, è più che ragionevole supporre, all'interno del particolare contesto delittuoso ed alla luce delle caratteristiche proprie delle micro tracce individuate all'interno dello zoccolo sinistro che i residui ematici non possano che appartenere a Samuele Lorenzi. Proprio per confutare o meno tale presupposto, i CC.TT. del P.M. hanno ideato la sperimentazione meglio delineata m precedenza, tramite la quale non sono state rilevate altrettante evidenze scientifiche in grado di rigettare l'ipotesi formulata. Per quanto precede, contro il presupposto che il sangue sulla parte anteriore del plantare dello zoccolo sinistro sia riconducibile a Samuele Lorenzi, non sono emerse, allo stato, evidenze scientifiche di alcun tipo. Circa la datazione delle tracce tipizzate, poi, pur sprovvisti di chiare informazioni scientifiche, va sottolineato che gli zoccoli sperimentali sono stati calzati per diversi giorni, solo durante alcune ore della giornata. Pur non essendo possibile immaginare delle riproduzioni sperimentali tali da attagliarsi alla tempistica d'uso del reperto 21 (zoccoli in sequestro), la mera sperimentazione condotta non si discosta di molto ne morfologicamente, ne cromaticamente, ne per le quantità di materiale genetico estratto ne, tantomeno, per gli assetti genici misti prodotti da quelli del caso reale. Ancora una volta, quindi, non esistono, allo stato, evidenze scientifiche contro l'ipotesi sperimentale formulata, e cioè che gli zoccoli di cui al reperto 21 siano stati utilizzati dall'indagata Annamaria Franzoni e solo successivamente interessati da materiale ematico di riporto prima del sequestro. In conclusione, circa la valutazione del significato delle tracce sugli zoccoli riportato dai CC.TT. della difesa dalla pag. 21 alla pag. 25, appare opportuno citare quanto segue «se qualcuno avesse calzato quegli zoccoli con piedi sporchi di sangue umido questo si sarebbe spalmato, diffuso per strisciamento» e viceversa «se di sangue, e di sangue di Samuele Lorenzi si trattasse, sarebbe invece ben più logico (si tratterebbe di microscopiche crosticine) attribuirle ad accidentale contaminazione
avvenuta durante e dopo il repertamento: si badi che gli zoccoli sono stati repertati, trasportati per molti chilometri e maneggiati quando il sangue (ci interessa soprattutto quello più abbondante sulle suole) era secco: e, come tale, friabile edotto a cedere a seguito di urti e scuotimenti, minute particelle che facilmente possono aver raggiunto (immaginiamo ad esempio uno o tutti e due gli zoccoli posti in una scatola o in un sacchetto) qualsiasi parte della loro superficie e, soprattutto, quella interna, rimanendovi intrappolate in prossimità degli interstizi tra tomaia e plantare». Sebbene apprezzabili siano stati gli sforzi condotti dai CC.TT. della difesa nel delineare la carenza di talune evidenze scientifiche, appaiono quanto mai fantasiose le ricostruzioni citate, la «revisione critica» effettuata in cui, talvolta, si accenna a sangue spalmato, diffuso per strisciamento e, talaltra, a materiale ematico friabile ed atto a cedere che «miracolosamente» si sarebbe intrappolato nella matrice porosa del plantare di uno zoccolo, in un'area ben lontana dagli interstizi tra tomaia e plantare. Appare oltremodo inopportuno ogni ulteriore commento, con particolare riferimento alle presunte contaminazioni avvenute durante il trasporto, assolutamente destituite di qualsiasi fondamento e soltanto tese all'esclusivo tentativo di vanificare un'importante risultanza ematogenetica. «L'impossibilità di giungere a conclusioni perentorie riguardo ai possibili contributori» e le considerazioni espresse dai CC.TT. della difesa che «le micro tracce ali'interno degli zoccoli assumono, nella comprensione del caso, una valenza praticamente nulla già per l'ambiguità della loro natura», sembrano pertanto assai fragili ed inconsistenti ed ancora una volta frutto di una limitatissima esperienza nello specifico settore e del ricorso a vantazioni astratte e soggettive che non tengono neppure conto della letteratura più recente.
Conclusioni Alla luce delle osservazioni sperimentali e dei risultati genetici acquisiti, è possibile affermare quanto segue: A. la superfìcie del plantare dello zoccolo sinistro della signora Franzoni, è sicuramente interessata da materiale genetico misto appartenente alla specie umana; B. una parte di detto materiale è sicuramente attribuibile a microtracce di natura ematica variamente ubicate, sia in relazione al loro particolare aspetto morfologico/cromatico sia per la chiara positività ottenuta attraverso diagnosi generica di sangue; C. gli assetti genotipici complessi riscontrati, sono riconducibili a più di un soggetto di sesso differente; D. i profili genotipici ottenuti dai prelievi effettuati sullo zoccolo sinistro (tamponature e raschiatura), sono decisamente compatibili con l'ipotesi della presenza di materiale misto, riconducibile alla commistione di sangue della vittima Samuele Lorenzi (di gran lunga più ricco di cellule nucleate) con il sudore dell'indagata Annamaria Franzoni (meno ricco in cellule nucleate rispetto al primo). Tale risultato appare ulteriormente suffragato:
- dalle prove sperimentali da noi condotte su zoccoli dello stesso tipo e modello di quelli in reperto, sottoposti a normali condizioni di usura da parte di una volontaria e successivamente imbrattati con micro quantità di sangue appartenenti al proprio figlio maschio; - dalla presenza di caratteristiche macchie di sangue, prodottesi per proiezione (vedi conclusioni relative allo studio ed alla interpretazione delle macchie di sangue riportate nel capitolo che precede) che dimostrano che gli zoccoli in sequestro erano presenti nella stanza al momento dell'aggressione.