Anno Sacerdotale

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Anno

DALL’IDENTITÀ ...LA MISSIONE

Identità e missione del sacerdote nella Lettera e nelle recenti catechesi di Benedetto XVI a Lettera inviata dal Santo Padre Benedetto XVI a tutti i sacerdoti in occasione dell’inizio dell’Anno Sacerdotale è un documento di straordinaria bellezza, dal quale traspare un amore alla Chiesa e all’Eucaristia che ha il profumo della santità. Una Lettera che è da leggere in continuità con la grande attenzione del Pontefice ai sacerdoti, manifestata nelle impegnative omelie delle Messe Crismali, nell’Allocuzione rivolta alla Plenaria della Congregazione per il Clero, lo scorso 16 marzo, e nelle recenti Udienze generali: in particolare quelle del 24 giugno, 1° luglio e 4 agosto. Il “centro focale” attorno cui pare voler richiamare l’attenzione Benedetto XVI, sembra essere il binomio “identità-missione”: da una rinnovata consapevolezza dell’identità sacerdotale, nasce, infatti,

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la possibilità stessa della missione, la quale non è frutto di “strategie pastorali”, ma eco feconda dell’agire efficace di Dio nel mondo, attraverso la grazia, operante innanzitutto nella persona stessa del sacerdote e, attraverso di lui, offerta a tutti i fedeli. Quando nella Deus Caritas est si legge: «È venuto il momento di riaffermare l’importanza della preghiera di fronte all’attivismo e all’incombente secolarismo di molti cristiani» (DCE n. 37), è doveroso non escludere i sacerdoti da tale autorevole richiamo, vedendo, in quel testo del 2005, la premessa di quanto oggi viene autorevolmente ribadito per l’Anno Sacerdotale. La stessa energia missionaria di san Paolo, che non ha pari nella storia del cristianesimo, deve essere compresa alla luce del suo incontro con Cristo Risorto, che ha ridefinito totalmente l’identità di

Saulo di Tarso, trasformandolo in Paolo, l’Apostolo delle genti. In questa trasformazione dell’identità, che riaccade nella mediazione sacramentale, cioè reale, dell’ordinazione sacerdotale, ha la sua radice la missione della Chiesa. Missione che, certamente, viene declinata nell’umano di ciascuno, secondo le differenti culture e sensibilità, ma che, in definitiva, deve tendere a riproporre quell’inevitabile “incontro”, anche umano, che costituisce il cuore del cristianesimo.

Vianney, una vita autentica el 150° anniversario della morte del santo Curato d’Ars, riveste un’importanza particolarissima la Vita autentica del Curato d’Ars di mons. René Fourrey (San Paolo 2008, pp. 401, € 24). Divenuto vescovo di Belley, diocesi a cui era appartenuto il santo Curato D’Ars, Fourrey ha profuso per diversi anni il suo impegno e la sua preparazione culturale quale scrittore storico. La sua vita del Curato d’Ars corregge molte biografie precedenti, grazie alla paziente e scrupolosa consultazione della documentazione – ricchissima e in gran parte inedita – rintracciata attraverso lunghe ricerche. Alcuni dei primi biografi, infatti, pur conoscendo di persona il santo Curato,

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non avevano però familiarità con le sue letture o i suoi epistolari, dando credito troppo facilmente a particolari anche leggendari. Si può constatare insieme al grande teologo René Laurentin, autore della prefazione a quest’opera, che grazie a mons. Fourrey «Giovanni Maria Vianney è entrato nella storia». Infatti «benché sia tanto popolare, il Curato d’Ars è conosciuto in maniera ancora troppo inadeguata». Il volume fu pubblicato per la prima volta in traduzione italiana nel 1967, ma l’attuale ristampa italiana è stata sapientemente “ridotta” per lasciare spazio a un’ampia documentazione fotografica. Così che non solo si “ascolta”, ma si “vede” questo

eccezionale pastore che papa Giovanni XXIII volle esaltare nell’enciclica Sacerdotii nostri primordia. Vito Salanitri

Sacerdotale a cura di Salvatore Vitiello

Come affermato dal Santo Padre: «Nel mistero dell’incarnazione del Verbo, nel fatto cioè che Dio si è fatto uomo come noi, sta sia il contenuto che il metodo dell’annuncio cristiano» (Allocuzione alla Plenaria del Clero, 16 marzo 2009). E ancora: «Anche per i presbiteri vale quanto ho scritto nell’Enciclica Deus caritas est: “All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva” (n. 1)» (Udienza generale, 1° luglio 2009). San Paolo, san Giovanni Maria Vianney e tutti i grandi santi hanno vissuto di questa “immedesimazione” totale, che può divenire anche psicologica, con il proprio ministero! Immedesimazione che, nascendo da un dono soprannaturale che si chiama “vocazione”, domanda l’adesione sempre più piena della libertà umana, progressivamente plasmata e resa docile alla divina Volontà, dalla preghiera.

Santità del ministero e santità del ministro Nel Vangelo secondo Marco (3,1319) leggiamo che Gesù «chiamò a sé quelli che volle», non semplicemente quelli che lo desideravano. Il sacerdozio dipende dalla sovrana e libera iniziativa di Cristo; non c’è alcun diritto umano ad esso. Per chi ha ricevuto questa chiamata significa: “Egli vuole me”. Proprio in forza della consacrazione ricevuta, poi, la missione del presbitero è quella di stare tra gli uomini, accompagnandoli e guidandoli a quel medesimo incontro con il Signore che egli stesso ha vissuto e nel nome di Colui che lo ha consacrato e inviato, allo stesso modo in cui Cristo volle farsi simile agli uomini in tutto, tranne che nel peccato (cfr. Eb 2,17; 4,15). Nella menzionata Lettera ai sacerdoti, il Santo Padre afferma: «Cari fratelli nel Sacerdozio, chiediamo al Signore

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Gesù la grazia di poter apprendere anche noi il metodo pastorale di san Giovanni Maria i amo, mio Dio, e il mio desiderio Vianney! Ciò che per è di amarti fino all’ultimo respiro della mia vita. prima cosa dobbiamo Ti amo, o Dio, infinitamente amabile, imparare è la sua totale e preferisco morire amandoti, identificazione col piuttosto che vivere un solo istante senza amarti. proprio ministero», Ti amo, Signore, e l’unica grazia che ti chiedo ricordando come «non è di amarti eternamente. si tratta certo di Ti amo, mio Dio, e desidero il cielo soltanto per avere dimenticare che la felicità di amarti perfettamente. l’efficacia sostanziale Mio Dio, se la mia lingua non può dire ogni istante: del ministero resta “Ti amo”, voglio che il mio cuore te lo ripeta indipendente dalla ogni volta che respiro. santità del ministro; Ti amo, mio divino Salvatore, perché ma non si può neppure sei stato crocifisso per me, e mi tieni quaggiù trascurare la crocifisso con te. straordinaria Mio Dio, fammi la grazia di morire fruttuosità generata amandoti e sapendo che ti amo. dall’incontro tra la San Giovanni Maria Vianney santità oggettiva del ministero e quella della vita di un prete [...] Ed aveva soggettiva del ministro». In effetti, preso l’abitudine di offrire sempre, fatta salva l’oggettività dell’efficacia celebrando, anche il sacrificio della sacramentale, che dipende dalla propria vita». Accanto all’Eucaristia, santità della Chiesa, in ordine alla la riconciliazione dei peccatori con missione, è la santità personale a Dio e con la Chiesa deve stare determinare quella “novità di vita” particolarmente a cuore al sacerdote, riconoscibile dagli uomini di ogni come espressione piena dell’attuazione tempo, i quali domandano di poter della salvezza portata da Cristo. “vedere” il vangelo nei cristiani e in La stessa teologia della redenzione particolare nei sacerdoti. Santità di delle splendide Lettere paoline, spinge vita che rifulge particolarmente ciascun ministro a vivere ed attuare nell’esercizio del ministero e non è da quell’opera straordinaria affidata esso separata: «Ai suoi parrocchiani – dal Signore. «I sacerdoti non continua il Papa nella Lettera – il dovrebbero mai rassegnarsi a vedere Santo Curato insegnava soprattutto deserti i loro confessionali né limitarsi con la testimonianza della vita. Dal a constatare la disaffezione dei fedeli suo esempio i fedeli imparavano a nei riguardi di questo sacramento. pregare, sostando volentieri davanti al Al tempo del Santo Curato, in tabernacolo per una visita a Gesù Francia, la confessione non era né Eucaristia. [...] Tale educazione dei più facile, né più frequente che ai fedeli alla presenza eucaristica e alla nostri giorni» (Ivi). «Non sono più io comunione acquistava un’efficacia che vivo ma Cristo vive in me» particolarissima, quando i fedeli lo (Gal 2,20): il “grido” di san Paolo vedevano celebrare il Santo Sacrificio rimane il modello e l’orizzonte della Messa. Chi vi assisteva diceva di riferimento di ogni autentica vita che “non era possibile trovare una sacerdotale, che vede fiorire, così, figura che meglio esprimesse inattese gemme, opera della grazia, l’adorazione... Contemplava l’Ostia nell’ordinario ministero. amorosamente” [...] Era convinto che Salvatore Vitiello dalla Messa dipendesse tutto il fervore

Atto di amore

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