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Il Web 2.0 in tre aziende italiane: "Cambia il modo di lavorare" C'è tanto social networking nelle intranet di nuova generazione di Indesit, TSF e Regione Veneto: lo raccontano i tre CIO Giovedì 16 Ottobre 2008 di Ornella Fusina
Anche se il social networking è guardato ancora con una certa diffidenza dalle aziende italiane, cominciano a emergere anche nel nostro Paese interessanti esperienze. Alla recente SharePoint Conference 2008 organizzata da Microsoft a Milano, un'industria multinazionale di elettrodomestici (Indesit), una società di servizi ICT (TSF, Tele Sistemi Ferroviari) e una Regione (Veneto) hanno illustrato le motivazioni, le modalità e anche gli ostacoli che hanno incontrato nell'adottare gli strumenti di collaborazione propri del Web 2.0 sulle proprie Intranet. In tutti e tre i casi tali strumenti – leggi wiki, tag, messaggistica di tipo chat, applicazioni generate dall'utente e mashup – hanno fatto ingresso nelle infrastrutture IT aziendali nell'ambito di progetti di sviluppo delle intranet in chiave collaborativa (su piattaforma SharePoint Server di Microsoft), anche se in qualche caso sono stati introdotti con altri scopi o dopo vari prototipi ed esperimenti. E' il caso di TSF, la società che gestisce i servizi IT di Ferrovie delle Stato, dove la intranet 2.0 è “nata come un sito Web 2.0 dimostrativo completo di funzionalità multimediali accessibili da PC, e altri apparati (es. iPod e schermi interattivi)”, riferisce il responsabile dei Progetti Innovativi, Alvaro Busetti. L’estensione del pilota all’intranet aziendale è avvenuta per dare agli oltre 600 tecnici di TSF uno strumento, gestito a livello aziendale, che facilitasse la collaborazione tra progetti e persone, consentendo ai singoli di pubblicare in autonomia contenuti operativi. Questa esigenza derivava dalla presenza di ben 500 siti creati e autogestiti dai tecnici al presentarsi delle varie esigenze operative. “Quello che abbiamo fatto è realizzare una nuova intranet basata su SharePoint 2007 e Office Communications Server che andasse incontro alle esigenze di autonomia, abbattendo barriere tecniche e burocratiche, ma gestendo nel contempo a livello aziendale contenuti e processi”. Il sistema è andato in produzione all'inizio di ottobre e mette a disposizione wiki, strumenti per la creazione di blog, forum e servizi RSS; consente la pubblicazione di video anche in remoto via e-mail (e da telefono mobile); tramite il tagging consente la correlazione dei contenuti (comprese pagine di SharePoint e video); dispone di una web tv con due canali interni e uno esterno. L’intranet istituzionale è stata trasferita sulla nuova piattaforma 2.0, così che gli autori, volendo, possono continuare a pubblicare con le modalità preesistenti. La sicurezza è garantita dalla piattaforma Sharepoint, che gestisce la totalità dei contenuti, compresi gli RSS. “Con un approccio enterprise 2.0, si crea una torsione nella dinamica organizzativa, che fa emergere la componente informale dell’organizzazione facilitando la collaborazione e la condivisione di contenuti. Questo è il nostro obiettivo reale: far emergere la conoscenza e il valore delle competenze racchiuso nei siti spontanei dichiara Busetti – cercando di superare modelli, latenti in tutte le organizzazioni, basati più sull'esaurimento del compito, che sul raggiungimento del risultato. E anche la sfida più complessa, che come tale va gestita con attenzione”. Di una cosa Busetti è certo: “Se togliamo agli utenti, soprattutto ai più giovani, la possibilità di fare Web 2.0 sulla intranet aziendale, cercheranno di farlo accedendo direttamente a internet, che per noi è, oltretutto, un importante strumento di lavoro”. Ciò è assolutamente in linea con quanto emerso da un recente studio sul social networking, da cui risulta che anche se la maggioranza delle aziende italiane non intende mettere a disposizione questa tecnologia dei propri dipendenti (per motivi di sicurezza o di produttività personale), il 61% ritiene che se non vengono gestiti proattivamente i social media si imporranno di nascosto. Per Indesit la spinta a far evolvere con gli strumenti del Web 2.0 la intranet aziendale, nata due anni fa per creare un'identità aziendale dopo la fusione di tre società, è venuta dalla volontà di “creare uno spazio in cui la collaborazione, le relazioni e la conoscenza possano tradursi in un asset per l'azienda”, dichiara il CIO Andrea Pifferi. Nell'industria degli elettrodomestici il vantaggio competitivo è dato dalla velocità di innovazione e sviluppo dei prodotti, e dei processi. “E quando abbiamo provato a tracciare sulla intranet la conoscenza che permetteva di innovare i processi, abbiamo deciso di non blindarla in una struttura, ma di lasciarla circolare liberamente. Anzi, oggi non la chiamiamo neanche più intranet: sono dei mondi che stanno nascendo con un grado di controllo prossimo a zero, in cui le persone possono raccontare le lezioni apprese e gli errori commessi”. Anche se la intranet one-way continua a esistere, negli ultimi mesi sono decollati due siti di tipo 'social': uno per la collaborazione e progettazione dello staff IT nei quattro poli in Italia, Gran Bretagna e Russia, e uno per la collaborazione tra i progettisti della Ricerca e sviluppo. Nel primo caso l'utilizzo degli utenti è cresciuto in misura esponenziale, mentre nel secondo, dove la collaborazione è più strutturata e le regole per la pubblicazione dei contenuti sono più rigide, è stata più moderata. KIT, come viene chiamata la intranet del dipartimento IT, è stata realizzata da Metisoft (system integrator che aveva già realizzato la precedente intranet Insight) coinvolgendo le diverse funzioni utente nella fase di analisi e test; e integrando i sistemi di comunicazione già presenti in azienda (posta elettronica, instant messaging) con i sistemi di produzione individuali di contenuti (Microsoft Office). Nell'homepage il CIO Pifferi invita tutti i collaboratori a inserire il proprio profilo; oltre alle informazioni per essere rintracciati e la foto, il profilo utente riporta competenze e progetti cui sta lavorando, nonché gli interessi personali. In questo modo emergono affinità professionali e le comunità di pratica che aiutano a creare team più affiatati. Per ogni progetto c'è una persona autorizzata a creare un sito, che conterrà tutte le informazioni riguardanti il progetto e aperto ai partecipanti (anche collaboratori esterni). Il prossimo passo sarà creare un contesto in cui non solo le persone possono condividere la conoscenza, ma in cui il modo di lavorare è completamente diverso, in cui gli spazi e strumenti di comunicazione tradizionale, come le riunioni, la posta, i documenti e il telefono sono sostituiti da comunità di pratica o competenza, contenuti (anche video, immagini) e spazi virtuali di interazione e condivisione. Sulla questione della sicurezza Pifferi è convinto che un malintenzionato possa riuscire a trovare informazioni sui prodotti sensibili per il vantaggio competitivo anche se si prendono tutte le misure più severe di protezione: “Certo con il motore di ricerca della intranet è più facile trovare quelle informazioni, ma personalmente preferisco tenere un po' più aperte le maglie della sicurezza e accelerare lo sviluppo e il riuso della conoscenza. Il dilemma casomai è se aprire o meno ai fornitori il patrimonio di conoscenze che circola sulla intranet”. Regione Veneto è un singolare caso di ente pubblico che ha adottato la web collaboration e il corporate social networking come strumento per gestire il cambiamento entro l'organizzazione e far emergere i talenti. Il CIO Gianluigi Cogo, promotore del progetto che ha visto implementare un'infrastruttura basata su SharePoint Server come piattaforma per la gestione dei contenuti e la condivisione di conoscenza e documenti, ritiene che spostando la produttività individuale e di gruppo sul web non solo si dematerializzano i processi, ma grazie all'effetto emulazione si aumenta anchela produttività. "Ma è importante, per far emergere i talenti, che non vengano messe policy e regole di controllo, perché altrimenti gli utenti le bypasseranno andando su Facebook”. Sulla intranet della Regione Veneto, attualmente utilizzata da 3.000 dipendenti in 70 sedi e formata da 300 siti diversi, ogni utente è libero di creare un proprio sito, un workplace personalizzato o pubblicare un manuale, il cui valore è giudicato dagli altri utenti. Ognuno può creare le proprie relazioni, dando fiducia a chi preferisce, e anche applicazioni verticali personali. Una rete VPN assicura la possibilità di usufruire dei servizi della intranet anche in mobilità. Naturalmente mentre i giovani fanno un utilizzo più spinto degli strumenti innovativi, per esempio creando profili ricchi di informazioni, applicazioni mashup di tipo business, presentazioni evolute e si relazionano tra di loro anche professionalmente con modalità proprie delle social network, gli utenti più anziani in molti casi preferiscono ancora la e-mail per lo scambio di documenti, non mettono le foto nei loro profili (solo il 10% degli utenti lo fa) e non fanno un uso sociale, però usano le
applicazioni mashup create da altri, dice Cogo. Il grosso dell'attività 'sociale' la fanno la RSU, che l'ha utilizzato per fare sondaggi tra i dipendenti, e il CRAL, che ne ha fatto una sorta di eBay, che i dipendenti della Regione usano per vendere beni, mentre alcuni uffici e settori sono ancora riluttanti a usare la intranet. “Il motivo per cui spesso la collaborazione è mal vista all'interno di un'organizzazione è che può far emergere gli 'scheletri negli armadi', ma anche chi non ha niente negli armadi - dice Cogo -. Ci sono persone che per inerzia, frustrazione, insoddisfazione non si sentono in grado o non vogliono dialogare sui forum o costruire applicazioni. Penso a chi mette timbri lavora all'ufficio protocolli, e a quei funzionari o dirigenti che avendo operato male vengono emarginati e sono costretti a stare zitti”. Abbonamenti - RSS Copyright 2006 Nuov@ Periodici Italia srl - tutti i diritti riservati - P. IVA 06868120152 E' vietato riprodurre i contenuti di questo sito senza l'autorizzazione scritta dell'editore. I prodotti e i marchi citati sono di proprietà dei rispettivi titolari