2004 Settembre

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SHU³IDUFUHVFHUH´ODIDPLJOLD Siamo stati invitati a partecipare ad un “Week-end formativo per famiglie” svoltosi a Loppiano (una cittadella del Movimento dei Focolari vicino Firenze) cui hanno partecipato circa novantacinque coppie provenienti da tutta Italia. Si sono approfonditi i temi della “Comunicazione e dell’Educazione”, con lezioni di docenti universitari, seguite da dibattiti, lavori di gruppo, analisi di casi ed esperienze, work-shop, lavori di intergruppo. Il clima era veramente quello di “famiglia” sia tra di noi che con coloro che si alternavano sul palco nelle varie relazioni. In questo primo articolo vi riassumiamo sinteticamente il primo tema: “ La Comunicazione” Un primo intervento - BISOGNI E ATTESE DELLA FAMIGLIA- Fra tradizione e cambiamento- ci ha fatto ripercorrere i cambiamenti della famiglia negli ultimi cento anni, da quella “patriarcale” a quella “contemporanea” . La famiglia patriarcale “istituzione ricca di ruoli” (impresa agricola, depositaria della tradizione della cultura tra le generazioni, sede di vita e di lavoro, centro della vita sociale). La famiglia contemporanea “libera scelta tra individui” non più sostenuta e condizionata da quei ruoli, con unico “punto fermo” “il rapporto tra i due coniugi”. Un secondo intervento –LA COMUNICAZIONE NELLA COPPIA E IN FAMI GLIA- ci ha introdotto nei vari scenari che è la comunicazione in famiglia: il passaggio dal matrimonio tradizionale (nel passato spesso frutto di una negoziazione combinata) al matrimonio fondato sull’amore ha provocato un aumento delle reciproche aspettative da parte di entrambi i coniugi. Paradossalmente, però, invece di puntare sulla centralità della relazione si cerca l’auto-realizzazione personale. Cosa fare ? La famiglia ha in sè le risorse per superare questi condizionamenti: far rivivere il patto coniugale come Sacramento, gratificare, confermare, esprimere affetto, saper ascoltare, rinegoziare come dono i ruoli e le funzioni in famiglia, riorganizzare le relazioni interne ed esterne. Ecco i capitoli di un itinerario affascinante che ci ha svelato come “l’amore che unisce” è frutto di fatica, volontà, fiducia, reciprocità. Ultimo intervento –ESSERE FAMIGLIA IN UNA SOCIETA’ COMPLESSA- Dalla domanda: La famiglia è capitale sociale non solo per se stessa ma anche per la società? un’analisi “laica” ha delineato il quadro della famiglia italiana oggi sotto l’aspetto sociale con i cambiamenti in atto, scoprendo come la famiglia era e resta il fondamento della società. La famiglia stabile (famiglia pro-sociale) è il capitale sociale più importante per la società perché è da essa che si genera la coesione del tessuto sociale nella sfera del lavoro, della partecipazione civica, dell’impegno pro-sociale ed etico -religioso. Cosa è stato per noi questo primo Family Point? Ci ha fatto comprendere maggiormente la famiglia nel suo interno e nel suo ruolo sociale specifico, dandoci gli strumenti per crescere personalmente e soprattutto “metterci in gioco” nella comunità in cui viviamo.



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La liturgia del mese di settembre offre al popolo cristiano numerosi esempi di santità straordinaria e, nello scegliere, mi sono trovata di fronte ad una decisione piuttosto difficile. Quello che vorrei, infatti, non è semplicemente fornire i dati biografici di un santo, ma far sì che dalla vita di questi uomini innamorati di Dio possa venir fuori una riflessione che permetta alla nostra comunità di crescere nella grazia e nell’ amore vicendevole. Allora, dopo aver meditato a lungo, la mia scelta è caduta su Giovanni, vescovo di Costantinopoli, uomo forse sconosciuto ai più, le cui omelie sono però celeberrime in tutto il mondo cattolico e che la Chiesa celebra il 13 di questo mese. Egli nacque ad Antiochia, probabilmente intorno

al 349; suo padre Secondo, profondamente cristiano, era un generale dell’esercito romano di stanza in Asia Minore. Qui conobbe Antusa, una donna giovane, bella, intelligente, anch’ essa cristiana. Si sposarono e misero al mondo il loro unico figlio; una gioia che venne però ben presto oscurata dall’ improvvisa morte di Secondo. Giovanni, che all’ età di 18 anni aveva già concluso brillantemente gli studi classici, dimostrò fin da giovane una naturale propensione per la vita religiosa. Ma, con disappunto della madre, invece che prepararsi al battesimo, si concesse “alle sollecitudini del mondo e alle chimere della giovinezza”. Non progettava niente di male: sentiva semplicemente il bisogno di provare a se stesso e agli altri la propria forza oratoria, e assaggiare un po’ di libertà gio-

vanile. Nessuna devianza dalla legalità. Al compimento del ventesimo anno di età chiese alla comunità antiochena di poter diventare figlio di Dio, e gli venne amministrato il battesimo. Poi, sostenuto dall’ affetto e dalle preghiere della madre, condusse per un certo periodo di tempo vita monastica in casa propria. Alla morte della donna, si recò nel deserto dove trascorse sei anni di intenso dialogo col Padre, tra digiuni e privazioni, che minarono irrimediabilmente la sua salute già cagionevole. Era forse questo quello che il Signore voleva da lui? Continuamente alla ricerca della propria vocazione, Giovanni comprese che la vita solitaria non era il mezzo per poter raggiungere il Regno dei Cieli. Chiamato in città e ordinato diacono, dedicò cinque anni di studio alla preparazione del ministero della predicazione. Ricevette l’ ordinazione sacerdotale dalle mani del vescovo Fabiano e ne

diventò zelante collaboratore nel governo della chiesa antiochena. Giovanni, uomo di grande cultura, eccelleva nell’ arte oratoria e fece di questo talento un dono per tutti; pastore e moralista, preferì all’ esposizione ragionata del messaggio cristiano, l’ ardente desiderio di trasformare il comportamento pratico dei suoi uditori. I sermoni di Giovanni duravano oltre un paio d' ore, ma il dotto patriarca sapeva usare con consumata perizia tutti i registri della retorica, non certo per vellicare l' udito dei suoi ascoltatori, ma per ammaestrare, correggere, ammonire. Il fedele servizio svolto da Giovanni assunse un ruolo importantissimo nello sviluppo della cristianità dei primi secoli e gli valse l’ epiteto di “Crisostomo”, “bocca d’ oro”, probabilmente ad opera del popolo bizantino. Nel 398 egli successe al patriarca Nettario sulla prestigiosa cattedra di Costantinopoli; e nella capitale dell' impero d' Oriente esplicò subito un' attività pastorale e organizzativa che suscitò ammirazione e perplessità: il patriarca Giovanni non era né un politico che vive di compromessi e di diplomazia, né un uomo di mondo che si nutre di feste, di lusso e di vita comoda. Attuò subito un programma di riforme, cominciando dal proprio palazzo: disse un addio senza rimpianti ai ricevimenti sfarzosi per i signori della corte e delle loro dame di compagnia, ridusse i propri beni e riuscì anche ad eliminare le spese inutili della diocesi. Risult at o? Più mezzi per assistere maggiormente i poveri, erigere nuove chiese, progettare ospedali efficienti, nei quali

dimost r ar gli quest ’amor e amiamo i nost r i f r at elli e sor elle, pr ont i a giocar e t ut t o per lor o. Anche se non ci può sembr ar e, abbiamo t ant e r icchezze da met t er e in comune: abbiamo af f et t o nel cuor e da dar e, cor dialit à da est er nar e, gioia da comunicar e; abbiamo t empo da met t er e a disposizione, pr eghier e, r icchezze int er ior i da met t er e in comune; abbiamo a volt e cose, libr i, vest it i, aut omezzi, soldi... Doniamo senza t r oppi r agionament i: "Ma quest a cosa mi può ser vir e in t ale o t al alt r a occasione...". Tut t o può esser e ut ile, ma int ant o, assecondando quest i sugger iment i, si inf ilt r ano nel nost r o cuor e t ant i at t accament i e si cr eano sempr e nuove esigenze. No, cer chiamo di aver e solt ant o quello che occor r e. Facciamo at t enzione a non per der e Gesù per una somma accant onat a, per qualche cosa di cui possiamo f ar e a meno. Per un "t ut t o" che si per de c’è un "t ut t o" che si t r ova, inest imabilment e più pr ezioso. Chi ne guadagner à, cr ediamolo, sar emo pr opr io noi, per ché al post o del poco o molt o che abbiamo donat o, avr emo in cambio la pienezza della gioia e della comunione con Dio. Divent er emo discepoli ver i. Ché se un bicchier e d’acqua dat o avr à la sua r icompensa, quale r icompensa avr à chi dona t ut t o quant o può per Dio nel f r at ello e nella sor ella? Lo conf er ma uno t r a i t ant i episodi che mi vengono comunicat i cont inuament e da quant i vivono con noi la "Par ola di vit a". Un padr e di f amiglia di Car acas r imane senza lavor o. Dopo due set t imane si ammala gr avement e. I n quegli st essi gior ni subisce il f ur t o della macchina. Per lui e per la sua f amiglia è un moment o molt o dif f icile. Pr est o si r endono cont o che dovr anno lasciar e l’appar t ament o per ché non possono più pagar e l’af f it t o. Nel f r at t empo un lor o amico pover o avver t e int er ior ment e la spint a a r isponder e in modo più t ot alit ar io all’amor e di Dio e a viver e la Par ola sull’esempio dei pr imi cr ist iani che met t evano in comune t ut t o. La ser a st essa, conf idando quest o suo desider io alla moglie, decide insieme a lei di ceder e par t e della lor o casa a quella f amiglia. La lor o pover t à non pot eva esser e un mot ivo per lasciar li sulla st r ada. La casa per ò non è ancor a ult imat a… I l gior no dopo ar r iva, inaspet t at o, un aiut o economico per por t ar e a t er mine quello che mancava alla cost r uzione della casa. Chiar a Lubich

pellegrinaggio che ci ha vist i ai piedi della Sant a Casa, sim bolo di t ut t e le case e fam iglie del m ondo. La pr esident e nazionale ha det t o: ” …per pr im a cosa v or rem o che fosse una profonda esperienza di Dio. Sappiam o che a Loret o il Signore ci parlerà, andiam o per ascolt arlo nel suo m ist erioso m et t ersi in com unione con noi. A Lor et o andiam o per chiedere a Maria, il dono della novit à. Maria, colei che genera vit a nuova, segno della novit à per eccellenza.” Anche noi dell’Azione Cat t olica di Silvi vogliam o ripart ire da Loret o port ando nel cuor e la gioia e il gust o della novit à, che quest o pellegrinaggio rigeneri la nost r a associazione e la com unit à e ci r enda fort i e saldi nella fede.

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I mpr essiona una r ichiest a così esigent e e r adicale. Non è r iser vat a a una cat egor ia par t icolar e di per sone come i missionar i, i r eligiosi, che devono esser e liber i per andar e ovunque ad annunciar e il Vangelo. Non è neppur e per moment i eccezionali, come pot r ebbe esser e il t empo di per secuzione, quando viene chiest o al discepolo non solt ant o di lasciar e i beni, ma di donar e la vit a st essa per r imaner e f edele a Dio. Q uest e par ole Gesù le r ivolge a t ut t i. Dunque t ut t i possiamo r isponder e. Si t r at t a di una delle condizioni per seguir e Gesù, condizione su cui Luca insist e nel Vangelo: "Vendet e ciò che avet e e dat elo in elemosina... Per ché dove è il vost r o t esor o, là sar à anche il vost r o cuor e"; "Nessun ser vo può ser vir e a due padr oni... Non pot et e ser vir e a Dio e a mammona"; "Q uant ’è dif f icile, per color o che possiedono r icchezze ent r ar e nel r egno di Dio". Per ché Gesù insist e t ant o sul dist acco dai beni, f ino a f ar ne una condizione indispensabile per pot er lo seguir e? Per ché la pr ima r icchezza della nost r a esist enza, il t esor o ver o è Lui! Ecco allor a l’invit o a met t er e da par t e t ut t i quegli idoli - gli "aver i" - che possono pr ender e in noi il post o di Dio. Egli ci vuole liber i, con l’anima sgombr at a da ogni at t accament o e da ogni pr eoccupazione, così da pot er lo amar e ver ament e con t ut t o il cuor e, la ment e e le f or ze. I beni sono necessar i per viver e, ma vanno usat i col massimo dist acco. Tut t o dobbiamo esser e pr ont i a spost ar e, qualor a pr endesse il pr imo post o nel nost r o cuor e. Non c’è spazio, in chi segue Gesù, per la cupidigia, per il compiaciment o delle r icchezze, per la r icer ca smodat a delle comodit à e delle sicur ezze. Lui ci chiede di r inunciar e agli aver i anche per ché vuole che ci apr iamo agli alt r i, che accogliamo e amiamo il pr ossimo come noi st essi: è a suo vant aggio la r inuncia ai pr opr i beni. Non c’è post o, nel discepolo di Gesù, per l’avar izia e la chiusur a ver so il pover o. Come viver e allor a quest a "Par ola di vit a"? I l modo più semplice di "r inunciar e" è "dar e". Dar e a Dio amandolo, of f r endogli la nost r a vit a per ché ne usi come vuole, pr ont i a f ar e sempr e la sua volont à. E per

pose non solo il personale medico, ma anche cuochi e cappellani. Con i suoi sermoni di fuoco fustigava vizi e tiepidezze, richiamando severamente i monaci indolenti e gli ecclesiastici troppo sensibili al richiamo della ricc h e z z a . Predicat ore insuperabile, Giovanni mancava però di diplomazia per cautelarsi contro gli intrighi della corte bizantina. Deposto illegalmente da un gruppo di vescovi capeggiati da quello di Alessandria, Teofilo, ed esiliato con la complicità dell' imperatrice Eudossia, venne t em p est i v am ent e ricondotto in patria dall' imperatore Arcadio, in seguito ad alcune disgrazie avvenute a palazzo. Ma due mesi dopo egli era di nuovo in esilio, dapprima sulla frontiera dell' Armenia, poi più lontano, sulle rive del Mar Nero. Giovanni di Antiochia, patriarca di Costantinopoli, sfinito per le fatiche del lungo e massacrante viaggio, andò incontro al suo Signore il 14 settembre mentre correva l’anno 407. Dal sepolcro di Comana, il figlio di Arcadio, Teodosio il Giovane, fece trasferire i resti mortali

del santo a Costantinopoli, dove giunsero la notte del 27 gennaio 438, tra una folla osannante. Leggendo attentamente e meditando la biografia di Giovanni Crisostomo, cercavo tra le righe lo spunto per una qualche riflessione; mi colpirono allora queste parole: egli “capì che ci poteva essere una via alla santificazione personale insieme agli altri e per gli altri, cioè nell’azione, non solo nella preghiera e nella contemplazione solitaria in una caverna”. Insieme agli altri e per gli altri: questa è la Chiesa e questo lo spirito che deve animare la nostra comunità. Se nei gesti di ogni giorno, se nella “caverna” della nostra quotidianità, abbiamo incontrato il Signore, non possiamo restare soli; se davvero l’ incontro con Cristo ha trasformato le nostre esistenze, allora dobbiamo far partecipi anche gli altri, innanzitutto coloro che amiamo, della gioia che ci ha cambiati. Giovanni aveva compreso che la migliore contemplazione consisteva nel tenere lo sguardo fisso sui fratelli, e che la preghiera più efficace era quella fatta da cuori unanimi e concordi che, insieme, lodavano, invocavano e ringraziavano Dio. Sull’ esempio di quest’ uomo, che aveva tentato di amare Gesù nella solitudine, dovremmo imparare a cercare nel prossimo non solo ciò che ci turba o ciò che ci è di scandalo, ma la dolcezza di chi è dono di Dio; do-

vremmo imparare a non poter far più a meno dell’ altro, perché ognuno di noi possa contribuire alla santificazione dei fratelli; dovremmo imparare a non portare rancore perché le giovani generazioni possano trovare in noi cristiani autentici, degni di essere imitati. Anche se molti di noi sono portati a negarlo, a causa forse dell’ egoismo e della freddezza dei nostri tempi, abbiamo un disperato bisogno di qualcuno che ci stia accanto, che ci guidi, che ci consoli, che condivida con noi le fatiche e le speranze; abbiamo bisogno, per progredire nel cammino della fede ed essere santi, di quegli amici ai quali, come dice il Maestro, dobbiamo dare la vita. Così, come le gioie apparentemente più insignificanti diventeranno qualcosa di meraviglioso se condivise con chi ci è vicino, anche i dolori più grandi saranno sopportabili se non saremo soli a portare la croce. Non mancheranno certo le difficoltà perché la nostra umanità, quella che a volte ostacola il dialogo e genera le piccole e momentanee incomprensioni, ci sarà sempre compagna in questa vita; ma, se riuscissimo a mettere da parte noi stessi e far dono al prossimo della

nostra individualità, con l’ aiuto della grazia di Dio, divent eremo “miracoli” l’ uno per l’ altro e nella comunione fraterna, saremo ancora l’ essenza pura del cristianesimo, come lo erano le prime comunità: assidue “nell’ ascoltare l’ insegnamento degli apostoli e nell’ unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la stima di tutto il popolo”. Chiediamo allora al Signore la grazia di riconoscere nel volto di ogni uomo che incontriamo sulla nostra strada la dolcezza della Sua presenza che, contro ogni logica umana, ci fa portatori di un amore universale e fratelli dell’ intera umanità.

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Domenica 19 set t embr e r iapr iamo le iscr izioni per l’ anno cat echist ico 2004/ 05, ogni domenica dopo la sant a Messa delle 10.30 i genit or i pot r anno incont r ar e noi cat echist i per compilar e le schede d’ iscr izione e scambiar e opinioni. Ricor diamo che il cat echismo è f ondament ale per cr escer e nella f ede e si f a in collabor azione con le f amiglie a par t ir e dai 6 anni , vi aspet t iamo!!!

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$,3,(',', 0$5,$&21 &825(', 3(//(*5,1, I l 26 agost o 2004 ha fat t o sost a nella nost ra parr occhia la st at ua della Madonna di Loret o, che per iniziat iva dell’Azione Cat t olica I t aliana, ha visit at o t ut t e le diocesi e in part icolare le par rocchie dov e c’erano gruppi di ACI . E’ st at o un m om ent o m olt o bello, non solo per noi dell’Azione Cat t olica, m a per t ut t e le persone che con noi si sono unit e in preghiera. E’ st at a un’ occasione per pr eparar ci all’ incont r o con il Sant o Padre a Loret o, un

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