2006 Settembre

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pro manuscripto

dell’albero della vita sotto cui far riposare i suoi fedeli. Il buon pastore, la cui immagine è antica quanto la Bibbia è colui che si rispecchia in Gesù Cristo, il quale ci indica la via con la sua vita e ci insegna le verità più alte in maniera facile e pratica tanto da farci vivere con la sua stessa vita. Essere pastore significa sostenere e servire gli uomini perché possano avere la vita, godere della verità e vivere nell’unità.

I Ragazzi del Catechismo delle superiori

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Sul sito parrocchiale www.gioiaesperanza.it è presente il nuovo cammino ACR 2006/ 2007; tutti i “navigatori” interessati potranno prenderne visione Giusy Pelatti

Anno IX - Settembre 2006 - n. 9

Bollettino Mensile della Parrocchia Cuore Immacolato di Maria - Silvi Marina

*5$=,$(3$&($ 92,'$/9(6&292 0,&+(/( Dal 24 giugno, giorno in cui il Santo Padre ha nominato per noi un nuovo Vescovo, ho cercato d’immaginare la gioia dei primi cristiani, quando gli apostoli erano solo dodici e viaggiando, portavano al mondo il racconto del loro incontro col Figlio di Dio. E magari si ritrovavano a visitare le comunità dei credenti una volta ogni tanto, dopo anni o dopo mesi; tanto quanto la nostra comunità diocesana ha atteso l’arrivo di un Pastore! Avendo ancora nel cuore il ricordo di quattro anni f a, quando acco g l i e m m o

con esultanza il nostro vescovo Vincenzo e conservando anche di quel giorno una bella immagine, con la quale egli stesso significò la nostra letizia per questo evento divino. Ricordate...come c’invitò a volgere la nostra attenzione su Gesù, piuttosto che sull’asino Lo trasportava nel suo ingresso festoso a Gerusalemme? Con questo piccolo bagaglio di ricordi e di attese nel cuore siamo andati ad accogliere Mons. Michele Seccia a Teramo e lo abbiamo seguito il giorno seguente nella sua prima visita in famiglia (come egli stesso l’ha definita) ad Atri, col desiderio di vedere Gesù, di sperimentare che, come ci ha promesso, il Signore sarà con noi sempre, fino alla fine del mondo! E le nostre attese sono state esaudite, siamo stati confermati nella fede ed ogni Parola meditata prima o ascoltata nell’occasione si è compiuta in maniera tangibile; a cominciare dal saluto che il Vescovo ci ha rivolto! Siamo andati col desiderio d’incontrare l’Apostolo ed egli ci ha salutati proprio con le

parole di S. Paolo; “Grazia e pace a voi” Mi è sembrato ancora, molto bello che, se un Vescovo nasce “per” e “sposa” una Chiesa particolare, il nostro Pastore ha voluto entrare in diocesi rinnovando con noi e per noi gl’impegni della sua chiamata al ministero episcopale, nella ricorrenza dell’anniversario della sua elezione! Nella Piazza antistante la Cattedrale, oltre a tutti i sacerdoti della nostra diocesi, e a tutti quelli che lo hanno accompagnato dalla Puglia, si sono raccolte intorno al Vescovo anche le autorità civili presentandogli la vita di ogni giorno con le cose belle e le difficoltà del vivere nella nostra terra; come a chiedere una risposta che vada aldilà dei programmi umanamente realizzabili. La data scelta dal nostro Vescovo, l’otto settembre, festa della natività di Maria S.S., ci è già sembrata una risposta chiara da dare al mondo che c’interroga: come la Madre siamo chiamati a rimandare sempre al Signore, dire con fede certa “Fate quello che vi dirà”, essere comunità che come Lei

accoglie e dona il Salvatore. Meditando il Vangelo proclamato durante la celebrazione eucaristica, Mons. Seccia ha condiviso con noi, il suo sentirsi rincuorato dalle stesse parole che l’angelo disse a Giuseppe rivolgendole se stesso. “Non temere Michele di prendere con te questa Chiesa generata dallo Spirito Santo!”e con paterna semplicità ci ha trasmesso la sua fede e il suo abbandono. Nel saluto finale egli ha avuto una parola davvero per tutti, invitando tutti a seguirlo e sostenerlo con obbedienza e docilità, nel suo mandato di servizio nella Chiesa di Dio. Giubilo e applausi festosi si sono ripetuti il giorno seguente ad Atri dove il nostro nuovo Pastore è stato accolto dai Canonici del Capitolo della Concattedrale. Aldilà di tutte le manifestazioni di affetto e dei discorsi di sincera stima, la Parola di Dio come sempre opportuna, ha dato il vero senso alla nostra gioia di popolo in cammino. Con il profeta Isaia il nostro Vescovo ha potuto dirci “ Coraggio! Non temete ; ecco il vostro Dio.” E con il Vangelo di Marco ci ha lasciato una consegna per es-

a donare, non scaturisce soltanto dalla potenziale fertilità di coppia. …………. l’essere umano che viene generato è di per sé portatore di una dignità altissima, conferitagli da Dio stesso nel Suo atto creativo. Il disegno originario dell’essere umano, quindi, è ben più ampio, va oltre la fertilità e diventa fecondità con l’Amore. Questo amore soprannaturale è un sole che non ammette soste al rifiorire della vita, perciò perché la fertilità diventi fecondità occorre questo sole. Occorre la carità che, quale raggio divino, si innesti nel rapporto uomodonna e lo trasformi in Amore. Ma occorre la carità anche in ogni altro rapporto umano a cominciare dalla famiglia. Nel disegno originario, infatti, ognuno di noi siamo presenza feconda accanto all’altro. Dio ha creato un universo tutto intriso di rapporti fecondi, trinitari. I figli – nella circolarità dell’amore famigliare - hanno una loro fecondità da donare ai genitori. La carità arricchisce i genitori della fecondità spirituale che nel sacrificio e nella cura dei figli, li rende atti a spiegare loro, con la stessa vita, il significato della vita stessa. Nel figlio la fecondità si esprime nell’inconsapevole porgere ai genitori l’estremo bisogno delle loro cure. I genitori, nel darne risposta, arricchiscono e rigenerano la loro stessa umanità. Dio ha pensato le cose per la nostra felicità. (fine prima parte) La conclusione nel numero di Ottobre

Maria Grazia e Loreto Mariani

/¶,00$*,1(', *(68¶%821 3$6725( Il luogo dove siede il ministro di una celebrazione è la “sede”, situata di solito dietro l’altare. La sede indica il compito che il presbitero ha di presiedere l’assemblea e di guidare la

preghiera. Nella nostra chiesa parrocchiale per rafforzare la presenza di Gesù tra noi è stato posto sulla sede uno schienale con un immagine raffigurante “Gesù buon Pastore”, copia di un’icona orientale risalente al 1500 D.C. Il mosaico compone appunto, l’immagine di “Gesù buon Pastore” con il Pastorale, simbolo della sua autorità, con una pecorella sulle spalle, a rappresentare i suoi fedeli e la sua croce redentrice, segno

mente: è in gioco un valore troppo altro - la vita umana - al quale l’amore coniugale è aperto. Nell’ottica del disegno originario non è difficile comprendere il valore di queste peculiari caratteristiche dell’amore coniugale. Come non è difficile riconoscere che la fecondità nella carne ha significato solo nell’ambito del matrimonio. Un amore che dia garanzie di forza e continuità per la crescita, l’educazione, l’armoniosa immissione del figlio nel contesto sociale. Nell’amore coniugale quindi è intrinseca la responsabilità quasi il dovere etico - della procreazione. Nonostante i cambiamenti del pensare odierno, in fondo, la società, a chi ancora domanda di generare dei figli? Alla coppia sposata.

Il venire al mondo di ogni uomo appartiene alla storia d’amore fra Dio e l’umanità. Il dono della vita resta per l’uomo un affascinante mistero, che si svela tanto in quanto l’uomo riesce a percepire e ad innestarsi nel disegno divino sull’umanità. La cultura dominante, invece, ci mostra oggi tutto un altro orizzonte. L’individualismo che vi impera, anche di fronte al mistero della vita, non esita ad addurre i diritti della singola persona, il suo benessere, la sua realizzazione. Il disegno originario perciò, viene spesso ignorato, disatteso, se non calpestato. Anche noi, figli di questo nostro tempo, abbiamo forse finito con l’adeguarci a questa mentalità. Per fare solo un piccolo esempio, anche tra di noi non si parla più di ‘avere figli’, ma di fare figli… Eppure non dobbiamo mai dimenticare che i figli prima di essere nostri sono figli di Dio. “Non chiamate mai nessuno Padre sulla terra- ci ammonisce Gesù – perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo”. Una prima riflessione quindi è che la vita, che come sposi siamo chiamati

sergli vicini, anche dalla nostra che è la parrocchia geograficamente più lontana dall’Episcopio. A imitazione di Gesù, “di ritorno dalla regione di Tiro, di passaggio per Sidone, e diretto verso il Mare di Galilea “ci ha esortati ad essere anche noi coraggiosi apostoli delle genti, missionari della Chiesa aldifuori delle sue mura, per portare ad ogni uomo la Buona Notizia, “ Dio è Amore”! Tiziana Mariani

813,&&2/2*5$1'( 3$3$ “Che razza di sentinella sono dunque io, che invece di stare sulla montagna a lavorare, giaccio ancora nella valle della debolezza? Però il creatore e redentore del genere umano ha la capacità di donare a me indegno l’elevatezza della vita e l’efficienza della lingua perché, per suo amore, non risparmio me stesso nel parlare di Lui”. In queste poche righe, S. Gregorio Magno descrive tutte le difficoltà del suo ministero p ast o r al e, accet t at o um il m ent e per amore d el l ’ o b b edienza. Proprio lo scorso 3 sett embre, durante la recita dell’Angelus a Castel Gandolfo, Benedetto XVI ha ricordato al popolo

cristiano la figura di questo straordinario pontefice, additandolo come esempio sia ai Pastori della Chiesa, sia ai responsabili delle istituzioni civili. Infatti, prima di essere nominato successore di Pietro, Gregorio ricopre la carica di Prefetto della città di Roma, dimostrando eccellenti doti amministrative e una grande integrità morale. Il suo sogno però è un altro: abbracciare la vita monastica seguendo la Regola di s. Benedetto, che da allora diventa la struttura portante della sua esistenza. Il suo desiderio si realizza nel 574, alla morte del padre; ma il Signore ha in serbo per lui altri progetti: papa Pelagio II lo vuole come suo stretto collaboratore e lo invia più volte come nunzio presso l’Imperatore

d’Oriente a Cost ant inopoli. Quando una terribile epidemia di peste uccide il pontefice, Gregorio viene acclamato dal popolo come suo successore; egli cerca di sfuggire in ogni modo a quella nomina, ma alla fine si arrende: lascia l’amato chiostro per compiere la volontà del Padre ed essere semplice “servo dei servi di Dio”. Nonostante la sua salute sia cagionevole e la sua statura piccola e gracile, Gregorio svolge un’intensa missione pastorale e civile, tanto da meritarsi il titolo di “Magno”, ossia “il Grande”. In quattordici anni di pontificato, dal 590 al 604, egli organizza la difesa di Roma minacciata dagli eserciti nemici; amministra la cosa pubblica con puntigliosa equità, supplendo all’incuria dei funzionari imperiali; ha cura degli acquedotti; favorisce l’insediamento dei coloni eliminando ogni residuo di schiavitù; promuove la missione in Inghilterra di S. Agostino di Canterbury e allarga lo sguardo anche oltre i confini della cristianità, non sdegnando la cura dei piccoli problemi della vita quotidiana. S. Gregorio Magno compone anche un vasto epistolario, mirabili omelie, un celebre commento al libro di Giobbe e numerosi scritti sul-

la vita di s. Benedetto. I mportantissimi sono inoltre i suoi testi liturgici, famosi per la riforma del canto, che dal suo nome fu det t o “gregoriano”. Ma l’opera più celebre è senz’altro la Regola pastorale, nella quale descrive la vita del pastore d’anime come una sintesi equilibrata di contemplazione e di azione, animata dall’amore verso Dio e verso gli uomini. Per la nostra comunità diocesana, che solo qualche settimana fa ha accolto il suo nuovo vescovo, mons. Michele Seccia, l’esempio di s. Gregorio Magno è più che mai importante: al suo insegnamento, sempre attuale, si sono infatti ispirati i Padri del Concilio Vaticano II per delineare l’immagine del Pastore di questi nostri tempi. Accogliendo allora l’invito di Benedetto XVI, preghiamo Maria per la Chiesa particolare di TeramoAtri: perché nella collaborazione fruttuosa con il nostro vescovo, possiamo costruire insieme il regno di Dio ed essere gli uni per gli altri testimoni di gioia e di speranza. Enrica Mariani

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Famiglia e fecondità – dall’amore ricevuto all’amore donato Se ricordate, nel numero di Gioite di Giugno avevamo parlato della fecondità come fertilità (i figli) attraverso una riflessione di uno psichiatra infantile e di un teologo; a Luglio della fecondità “spirituale” con una testimonianza di vita vissuta. In questo numero, utilizzando alcuni stralci della relazione tenuta dai responsabili del Family –Point sulla “vocazione della famiglia alla fecon-

dità”, vorremmo risalire alla “sorgente della fecondità” che è Dio, per poi, nel prossimo numero, concludere l’argomento mettendo in luce altre sue manifestazioni. ………..all’inizio c’è l’innamoramento “scintilla dell’amore di Dio per accendere una famiglia” Dio poteva inventare mille e una soluzione per conservare e continuare sulla terra la specie umana. Fra le tante ha scelto per l’uomo, fatto a immagine di DioAmore, quella più nobile, quella ad esso più congeniale, ma anche la più responsabilizzante: l’amore. Ha voluto che fossero due persone, un uomo e una donna ed ha immesso la forza generatrice proprio nel loro amore. Un amore umano, che ognuno dei due sperimenta in sé e lo ricambia all’altro, un amore che è per loro, che li sostiene, che li rende felici… Dio ha pensato che l’amore pr of ondam ent e umano (cuore, anima, corpo) della coppia, diventi premessa al suo intervento di Creatore per dare al mondo nuove vite. Nel suo disegno originario, l’autentico amore coniugale è esclusivo, fedele, indissolubile. E non può essere diversa-

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