1 La Situazione

  • November 2019
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LA SITUAZIONE DEL MONDO OGGI Come richiede il metodo ermeneutico-storico adottato per la nostra riflessione teologica, iniziamo la ricerca dando uno sguardo oggettivo alla situazione globale dell'umanità d'oggi, con lo scopo di scoprire le sue principali contraddizioni sociostoriche e le cause che le producono. Esse costituiscono le domande e le attese che si pongono gli uomini e le donne di oggi e alle quali la teologia deve cercare di venire incontro. Nella nostra descrizione ci manterremo, per bisogno di cose, ad un livello globale e di conseguenza in parte astratto. Ciò che diremo ha però delle ripercussioni concrete nei diversi livelli settoriali dell'esistenza. 1. Le principali contraddizioni socio-storiche del mondo attuale Uno sguardo realista sul mondo di oggi porta a cogliervi una serie di contraddizioni di portata planetaria. Le descriviamo con estrema concisione. 1.1. Nell'ambito economico E in corso nel mondo da alcuni decenni un cambio molto profondo nell'ambito della produzione, della distribuzione e del consumo dei beni materiali che rispondono ai bisogni primari dell'uomo (ambito economico). L'attività umana, infatti, avvalendosi dell'enorme progresso strumentale ottenuto mediante le scoperte scientifiche e le loro applicazioni tecniche, ha modificato profondamente il rapporto dell'uomo con la natura: questi passa sempre più da una situazione di soggezione alla natura ad una situazione di dominatore di essa. Su una scala vastissima si è cosi raggiunta la razionalizzazione del dominio umano sul cosmo. • I benefici ricavati da tale cambiamento sono percettibili da chiunque si guardi attorno. E sono realmente rilevanti. L'umanità nella sua

globalità è riuscita a moltiplicare in un modo mai prima conosciuto nella storia i beni che possono soddisfare i suoi bisogni elementari. È di conseguenza in condizione di poter liberarsi dalle preoccupazioni nate dalla necessità di soddisfarli per poter dedicarsi a coltivare altri valori più specificamente umani. E virtualmente cresciuta in libertà. • Ma insieme a questo fatto estremamente positivo si è andata creando una nuova situazione che incide sensibilmente sugli uomini stessi, e in forma del tutto particolare su alcuni di essi. Concretizzando si può dire che "il fenomeno che caratterizza gli anni novanta è la globalizzazione, da intendere come globalizzazione dei mercati. Essa è intrinseca al capitalismo, basato sul mercato di prodotti, dei capitali e del lavoro [...]. Il primo mondo partecipa al processo di globalizzazione detenendo [...] cinque monopoli: 1) il monopolio della tecnologia; 2) il controllo sul mercato finanziario [...]; 3) il monopolio cos'accesso alle risorse del globo, in quanto le decisioni sono prese dal nord; 4) il monopolio sul sistema delle comunicazioni, che influenzano le culture dei popoli, con il conseguente pericolo della omogeneizzazione; e infine 5) il monopolio sugli armamenti sofisticati e sul nucleare, che ha sostituito l'equilibrio precedente". La globalizzazione attuale comporta diverse sfaccettature. In primo luogo, implica una forma collettiva di accaparramento dei beni naturali (energia e materie prime) e di quelli prodotti dall'attività umana, in modo tale che attualmente mentre nel mondo alcuni - pochi in proporzione hanno molto e sempre più, moltissimi altri mancano dei beni più elementari della vita1. Il mondo risulta così spaccato in due: un Nord, relativamente piccolo dal punto di vista numerico, sempre più ricco e benestante, e un Sud, numericamente maggioritario, sempre più povero. Le statistiche che denunciano questo fatto planetario sono a portata di mano di chiunque si interessi del Populorum progressioAASSollicitudo Rei Socialisin AASS LXXX

problema, e non permettono di ingannarsi al riguardo. Recentemente questa spaccatura sta spingendo l'umanità a convenirsi in una 2 "società di esclusi" , in cui solo alcuni - relativamente pochi - hanno il diritto di vivere e il resto avanza, è "in più". Inoltre, la globalizzazione si accompagna della cosiddetta società dei consumi che, spinta dalla legge economica del profitto elevata a criterio prioritario, crea in continuazione artificialmente dei bisogni superflui per poter aumentare la produzione dei beni d'uso e con essa i profitti, senza che in molti casi siano ancora soddisfatti i bisogni primari della vita. D'altra parte, l'accresciuta capacità tecnica è orientata in misura notevole verso la costruzione di strumenti bellici sempre più sofisticati, dando così luogo a una sfrenata corsa agli armamenti, corsa che ha finito per costituire una minaccia per la sopravvivenza stessa dell'intera umanità3. Nonostante i recenti accordi fra le principali potenze mondiali riguardo ad una progressiva diminuzione delle armi, la loro produzione è ancora enorme e grava pesantemente sull'umanità intera e in particolare sopra i paesi più poveri del mondo. Tutto ciò incide, a sua volta, su altre situazioni negative per l'umanità nel suo insieme. Tra esse ricordiamo, anzitutto, la violenza ecologica, che minaccia col 4 distruggere la "casa grande dell'uomo" , e poi anche la manipolazione genetica, che è carica di conseguenze ancora appena prevedibili, particolarmente con i passi fatti nella direzione della clonazione (anche umana), e una sensibile perdita della dimensione Indica dell'esistenza, e cioè della capacità del gratuito, dell'a-utile, di ciò che non è produttivo ma che costituisce un aspetto essenziale del destino dell'uomo. 1.2. Nell'ambito sociale

Evangelium Vitae Redemptor hominisAAS

Insieme al cambio sul piano economico, e in buona parte come effetto di quanto in esso avviene, si sono prodotti altri fenomeni di notevoli ripercussioni sociali. • Come aspetto positivo si deve rilevare che i rapporti tra gli uomini e tra i diversi gruppi umani sono cresciuti e si sono fortemente potenziati fino al punto di andare creando, per la prima volta nella storia dell'umanità, una vera coscienza universale e planetaria (cf GS 9d). • Costituisce invece un aspetto accentuatamente negativo il fatto che si sia sviluppata una modo di rapporti collettivi, e al suo interno anche individuali, il quale ha generato nuovi tipi di emarginazione oltre a quelli già esistenti in passato in ragione della razza, della religione, delle ideologie, del sesso, ecc. Infatti, il mutamento della situazione economica globale ha causato un profondo mutamento anche sociale. Ci sono oggi nel mondo dei gruppi e delle classi conflittivamente contrapposti tra di loro, tanto a livello nazionale quanto a livello internazionale. La società umana ne risulta sempre più squilibrata nella sua convivenza. A livello mondiale, superato ormai da qualche anno il conflitto tra Est e Ovest, di matrice ideologica, diventa sempre più palese il conflitto tra Nord e Sud, di matrice prevalentemente economica e politica, a cui abbiamo accennato sopra5. Malgrado le apparenze alle volte contrarie, il mondo di oggi è in una situazione di gigantesco conflitto. Non esiste la vera pace sociale anche li dove non c'è guerra aperta. Perché l'emarginazione e l'esclusione dell'uomo da parte dell'uomo, ad ogni livello, genera guerre, miseria, fame e, in definitiva, morte. E sono per lo più i poveri, deboli e indifesi a soffrirne più pesantemente gli effetti. Tra essi si moltiplica in mille modi la morte, come si può constatare dalle statistiche periodicamente pubblicate dai diversi organismi internazionali, ma anche dalla semplice osservazione dell'esperienza. 1.3. Nell'ambito politico Cf SRS nn. 20.21

La politica, come ambito dell'organizzazione e della gestione della vita collettiva, nazionale e internazionale (e al suo interno del potere), è anche notevolmente interessata dalla nuova situazione che si è andata creando. • La Costituzione Gaudium et Spes ne rilevava già trent'anni fa l'aspetto positivo, constatando che da una coscienza più viva della dignità umana stava scaturendo lo sforzo di instaurare un ordine politico nel quale fossero meglio tutelati nella vita pubblica i diritti della persona, e il desiderio sempre più sentito di allargare a tutti i cittadini la possibilità di una maggior partecipazione nelle decisioni riguardanti la comunità politica (cfr.73). • Insieme a questo aspetto positivo, che resta ancora oggi sostanzialmente valido, si è andato affermando un altro, di segno negativo: grandi masse di uomini e di donne all'interno dei popoli, e anche molti popoli detti sottosviluppati o "in via di sviluppo", non sono di fatto padroni delle loro decisioni ne hanno la possibilità di esserlo: altri li manipolano dall'esterno, convertendoli così in oggetto delle loro decisioni, mossi spesso da interessi economici. Non viene permesso loro di essere veri soggetti della loro storia e del loro destino, tanto individuale quanto soprattutto collettivo. 1.4. Nell'ambito culturale L'economico, il sociale e il politico influiscono sul culturale, inteso sia come accesso alle conoscenze ed informazioni, soprattutto a quelle che danno possibilità di intervenire nelle cose che interessano tutti (senso illuministico di "cultura"), sia come modo peculiare con cui in un popolo gli uomini concepiscono e vivono la realtà (senso antropologico). • Indubbiamente in questi ultimi anni la possibilità di accesso alla cultura nel primo senso è enormemente aumentata, grazie soprattutto ai mezzi di comunicazione sociale. Ci sono tuttavia delle manifestazioni negative in questo ambito. Infatti, ancora molti sono tenuti al margine di tale

possibilità (analfabetismo), e spesso intenzionalmente, per avere maggior facilità nel controllo delle masse. • Se poi si prende il culturale nel secondo senso, occorre riconoscere che, pur riconoscendo ciò che di positivo comporta una certa unificazione culturale universale, in molti casi tale unificazione si fa strada soffocando le culture considerate inferiori, e imponendo arbitrariamente e sistematicamente culture ritenute più avanzate. La "cultura più universale", di cui parlava con viva attesa la Gaudium et Spes (n. 54), non si costruisce di fatto in questo momento nel rispetto delle peculiarità proprie delle diverse culture settoriali. Anche questa sopraffazione delle culture più deboli obbedisce spesso a interessi di tipo economico. 1.5. Nell'ambito religioso • Mentre da una parte una nuova immagine di Dio, più adeguata alla sensibilità culturale emergente, si declina per molti credenti coinvolti nel processo scientificotecnico in corso, dall'altra si è prodotto un fenomeno di ateismo di masse, mai prima conosciuto nella storia dell'umanità. Per contrasto, in questi ultimi anni si assiste a un risveglio della religiosità anche lì dover prima imperava l'ateismo: le nuove forme di esperienze religiose tendono a diffondersi e ad affermarsi in vaste 6 zone dell'umanità . In molti posti dove invece tale processo non è ancora arrivato o è appena iniziato, persistono forme di religiosità che, anziché spingere gli uomini verso una maggiore umanizzazione, li bloccano in uno stato di rassegnazione fatalista. In altri ancora, la religiosità popolare è entrata in crisi, oppure è in situazione di profonda revisione. D'altra parte, alle antiche forme di idolatria che assolutizzavano certi relativi, si sono sostituite delle nuove. Si erigono attualmente a idoli soprattutto La ricerca di Dio. Dialogo teologico tra fede e indifferenza,

l'avere e il potere7. A questi nuovi o rinnovati idoli vengono sacrificati ogni giorno, apertamente o velatamente, innumerevoli vittime umane. 1.6. Ripercussioni sulle problematiche personali e interpersonali Le contraddizioni elencate hanno delle ripercussioni rilevanti nella sfera dell’esistenza dei singoli individui, anche se in modo diverso nel mondo della povertà e dell'esclusione, dove la sopravvivenza è il problema preponderante poiché la maggioranza "muore 8 9 prima del tempo" , e il mondo del "ipersviluppo" , dove il problema prevalente è quello del senso e della qualità della vita. Come è ovvio, queste problematiche coinvolgono anche i rapporti interpersonali, che ne restano fortemente segnati. 2. Alla radice delle contraddizioni 2.1. Constatazione di un fatto globale Qualche decennio fa il Vaticano II, nella Gaudium et Spes, si faceva eco di una constatazione che era a portata di mano di chiunque. Diceva infatti: "L'umanità si trova oggi in un periodo nuovo della storia, caratterizzato da profondi e rapidi mutamenti che progressivamente si estendono all'intero universo" (n. 4 b). I cambiamenti non sono certamente una novità nella storia dell'umanità, ci sono stati in ogni tempo, ma forse mai così profondi e rapidi come ai nostri tempi. Lo stesso Concilio, nel testo appena citato, arrivava a qualificare la situazione attuale come "un periodo nuovo" della storia. Continuando il suo discorso, la Costituzione pastorale si soffermava a descrivere a grandi tratti le principali manifestazioni del cambio nei diversi ordini della vita (nn. 5-9). SRS La forza storica dei poveri, Cf SRS 15.

Più importante ancora che descrivere ciò che sta capitando a livello fenomenico, è cercare di scoprire ciò che è alla radice di tutti questi cambiamenti, ciò che ne può dare una spiegazione globale. Anche questo veniva enunciato, in modo molto succinto, dalla Gaudium et Spes: "[...] il genere umano passa da una concezione piuttosto statica dell'ordine, ad una concezione più dinamica ed evolutiva" (n.5 c). Per capire la portata di quest'affermazione conciliare, occorre tener presente la situazione dell'umanità nel mondo. Senza dubbio, l'uomo è l'essere che nasce più indifeso e, in certo senso, più sprovvisto tra i viventi. È sufficiente fare un confronto tra lui e gli animali per averne l'evidenza. Questo, che vale per l'uomo preso singolarmente, vale anche per l'umanità globalmente considerata. L'essere umano, infatti, nacque diversi milioni di anni fa piccolo e debole nel grembo di una natura potente e, più di una volta, anche ostile. Solo a poco a poco fece alcuni passi avanti nei suoi confronti, andò affermando timidamente in mezzo ad essa la sua presenza e cercò di sovrapporsi al suo dominio. "L'uomo "primitivo" si trovava indifeso davanti alla natura, e la concepiva come un'immensa macchina della quale lui stesso si sentiva come un piccolo ingranaggio. Poiché non possedeva il segreto del funzionamento dei suoi determinismi, si sottometteva ad essa come uno schiavo. Non conoscendo nemmeno i determinismi che operavano in se stesso e nei suoi rapporti con gli altri esseri, non poteva neanche manipolarli a suo arbitrio. Questo in cui era immerso era per lui un mondo già fatto, un mondo che doveva solo rispettare, fare oggetto di ammirazione e magari sfruttare con precauzione. Qualunque passo in falso poteva arrecargli delle disgrazie anche imprevedibili. Ciò creava in lui un atteggiamento di rassegnazione e di conformità che lo riduceva in gran parte alla passività. Riusciva appena, e non sempre, a difendersi dall'aggressività della natura.

C'è di più. Spesso, imbattendosi in fenomeni che superavano ciò che era abituato a sperimentare o che esulavano dalla sua ordinaria esperienza, non conoscendo le cause che li producevano li prendeva per manifestazioni immediate di forze superiori, divine, a carattere avverso o benevolo. In questo modo li sacralizzava10. Così finiva per concepire il mondo come un qualcosa di fatale. Un mondo-natura lo accoglieva certamente nel suo grembo, lo nutriva e lo difendeva in certa misura, ma anche lo dominava e lo uccideva. Molto diversa è, da questo punto di vista, l'esperienza che un sempre maggior numero di uomini e donne ha fatto e sta facendo nel nostro tempo. Con la nascita della scienza moderna è germogliato e si è andato affermando sempre più intensamente in questi ultimi secoli, e particolarmente nel nostro, un nuovo modo di rapportarsi alla natura e, di conseguenza, alla realtà totale. Nella misura in cui, mediante la scienza, l'uomo è andato acquistando una conoscenza razionale delle cause dei fenomeni che avvengono dentro e fuori di lui, si è andata operando una defatalizzazione della natura ai suoi occhi. Conseguenza naturale è che l'uomo ha cominciato a non sentirsi più piccolo. Viceversa, le sue dimensioni sono andate crescendo nella sua coscienza. Ha imparato non solo a difendersi dall'aggressività della natura, ma è cresciuto anche nella convinzione che può anche arrivare a impadronirsi a poco a poco di tutte le forze che nella natura sono presenti e operanti. È nato in questo modo il fenomeno della tecnica, quale applicazione pratica delle scoperte scientifiche e, con essa, la possibilità di manipolare gradualmente anche i fenomeni prima ritenuti inafferrabili e incontrollabili. Si è originata, perciò stesso, una notevole crescita della coscienza circa la propria libertà nei confronti della natura, e di una corrispondente responsabilità nei suoi riguardi. E andata aumentando la convinzione che il destino personale e collettivo dell'umanità è sempre maggiormente nelle sue proprie mani, pur sapendo che molte cose sfuggono ancora al dominio umano. Perciò gli uomini e donne si dimostrano oggi anche sempre meno rassegnati e passivi, e sviluppano atteggiamenti di ribellione davanti a ciò che di negativo Foi et expression cultuelle,La liturgie après Vatican II. Bilans, études, prospective,

comportano i fenomeni della natura e della società, e di creatività nei loro confronti. Tutto ciò si può esprimere con una formula molto concisa: gli uomini hanno cominciato a percepire la realtà come storia. 2.2. Fattore principale del cambio in corso Sono senza dubbio diversi i fattori che stanno alla radice del cambio di cui stiamo parlando. Ci riferiremo ora solo a quello che sembra essere il più direttamente influente. Si tratta del modo di conoscenza che gli uomini hanno avuto o hanno attualmente della natura e dei suoi fenomeni. • La concezione del mondo come natura sopra descritta, propria dell'uomo "primitivo", era fondata su di una conoscenza mitica oppure empirica dei fenomeni naturali (e anche sociali). E tali tipi di conoscenza, pur nella loro ricchezza umana considerevole e in nessun modo trascurabile, non offrivano all'uomo la possibilità di impadronirsi di essi, di esercitare il suo dominio su di essi. Era molto frequente, tra i popoli primitivi, il fatto di abbordare e interpretare il 11 mondo che li circondava mediante miti . I miti, nell'accezione antropologica con cui qui usiamo il termine, costituiscono un modo di approccio simbolico-religioso alla realtà. I simboli, a loro volta, sono sempre uno strumento intramondano per esprimere ciò che è trascendente, ciò che "è oltre". Costituiscono una maniera di dire che "qualcosa è qualcosa", ma allo stesso tempo che è "qualcosa in più". Perciò essi sono imprescindibili nell'ambito del discorso religioso, che implica un rapporto con l'Assoluto, l'Assente dal mondo (empirico), l'Altro12. Ai popoli primitivi risultava (e risulta tuttora) connaturale l'impiego di miti per situarsi in ciò che essi esperivano come assolutamente superiore e trascendente, come manifestazione di forze distanti e immanipolabili. Ciò dava loro sicurezza e tranquillità, ma allo stesso tempo non permetteva loro di impadronirsi dei fenomeni e di

manipolarli liberamente e responsabilmente. I miti, in reali a e da questo punto di vista, li mantenevano sottomessi della natura13, benché conferivano loro anche una parziale possibilità di agire sacralmente - sulla natura stessa. • Non molto diversa è, perciò che si riferisce al nostro tema, la condizione della conoscenza empirica. Infatti, l'esperienza che non raggiunge il grado di scienza, ossia quella che non riesce a cogliere le leggi che reggono i fenomeni, è utile per una certa loro manipolazione, ma è sempre soggetta al rischio di non superare la semplice approssimazione. Più di una volta il nesso tra causa ed effetto può essere in essa sbagliato, e portare ad effetti disastrosi. Questa conoscenza non si muove, per se stessa, nell'ambito del simbolico-religioso, ma nemmeno arriva allo strettamente razionale. È insufficiente per fondare una vera libertà nell'ambito del rapporto con la natura. • Quando invece l'uomo arriva a scoprire le leggi interne che reggono i fenomeni e, per mezzo della sua conoscenza razionale, può percepire il rapporto di causa-effetto che è in essi presente, allora si produce una autentica rivoluzione:" si apre la strada ad un vero dominio razionale dei fenomeni stessi, che non soltanto si spiegano senza un ricorso a forze superiori, ma che possono anche essere provocati, impediti, accelerati e potenziati secondo il suo arbitrio. Il segreto delle cose indietreggia davanti al progresso della ragione scientifica e, con esso, anche la sottomissione dell'uomo alle forze della natura. Cresce di conseguenza la convinzione che anche ciò che al presente non è conosciuto e dominato, lo sarà certamente in un domani non lontano. E appunto quanto è cominciato a capitare da qualche tempo nell'umanità, in un processo sempre crescente, come conseguenza di qualcosa che ebbe inizio qualche secolo addietro, ma che in realtà è esploso solo ora. Con tutte le conseguenze, positive e negative, di cui abbiamo parlato sopra. Potremo rappresentare questo processo, schematizzandolo al massimo, in questo modo: Il sacro e il profano,

2.3. Caratteristiche principali di due atteggiamenti Enunceremo ora, contrapponendole, le principali caratteristiche degli atteggiamenti di fondo che creano le due diverse esperienze del rapporto con la natura e con la realtà in genere sopra descritte. Si tratta certamente di un schema, e perciò rischia di semplificare eccessivamente le cose. Ma può servire per meglio chiarite le loro differenze reciproche. atteggiamento atteggiamento "sc.-tecnico"

"primitivo"

cosmocentrico antropocentnco cosale-sostanzial. personalista statico dinamico mitico-empirico razionale sacrale desacralizzante II primo atteggiamento è formalmente cosmocentrico, come e eia apparso dall'esposizione fatta. Ciò vuoi dire che in essa la prospettiva dalla quale si guarda l'intera realtà è non l'uomo ma la natura (cosmos), nella quale l'uomo si trova come

sperduto. Il secondo 14 è invece formalmente antropocentrico . L'uomo, infatti, emergendo dai determinismi che lo imprigionano, considera sempre più se stesso quale centro di tutta la realtà, e la 15 esperisce come a lui ordinata e come ricevendo senso da lui Conseguentemente, mentre questo secondo atteggiamento è decisamente personalista (da non confondere con individualista), il primo e invece cosale, sostanzialista16 Ancora più notevolmente, come lo fa anche rilevare la Gaudium et Spes (n.5c), il primo dei due atteggiamenti è prevalentemente statico, mentre il secondo è accentuatamente dinamico. Poiché il primo considera il mondo come già fatto, pensa che l'azione dell'uomo si debba ridurre a ripetere, pur perfezionandolo in ciò che è possibile, quanto si è sempre fatto. Per l'altro, invece, la novità è sempre possibile; ancor più, necessaria. In altre parole, mentre il primo è piuttosto rivolto al passato, coltiva la fedeltà alla tradizione, e ripone il suo paradiso terrestre nel passato col desiderio di ritornarvi17, il secondo è prevalentemente rivolto al futuro e ripone la sua mèta "oltre", lì dove l'umanità non è ancora mai arrivata (u-topia). Abbiamo già fatto rilevare come, in forza della sua interpretazione della realtà, il primo atteggiamento sia mitico o, al più, empirico (mescolando spesso ambedue le cose); il secondo invece è prevalentemente razionale. Infine, mentre uno tende a sacralizzare la natura, considerando i suoi fenomeni, soprattutto se straordinari, quali manifestazioni immediate e dirette di forze superiori o divine, l'altro è piuttosto desacralizzante, nel senso che riconosce e accentua l'autonomia dell'uomo e degli altri esseri della natura. Tale desacralizzazione può sfociare nella negazione del divino, ma questo sbocco non è un suo effetto necessario e inevitabile. 2.4. Ambivalenza del processo di cambio Enchiridion Vaticanum, La nostalgia delle origini. Storia e significato nella religione,

Come si può facilmente capire e anche constatare nell'esperienza, questo profondo cambiamento avvenuto nell'umanità costituisce di per sé una stupenda opportunità di crescita per l'essere umano. Grazie ad esso, infatti, può instaurare con la natura un rapporto più consono con la sua dignità, ha la possibilità di liberarsi da tante forme di sottomissione e asservimento, può diventare sempre più padrone di se stesso, del mondo, della storia. Ma di fatto, dovuto alle libere prese di decisione soprattutto collettive degli uomini, tale cambiamento è accompagnato delle contraddizioni di cui si è parlato sopra. Il nuovo rapporto con la natura operato attraverso la ragione scientifica e la tecnica da essa scaturita è sboccato in gran misura in una situazione disumanizzante, almeno se lo si considera da un punto di vista collettivo. Si deve allora dire che la causa profonda di tali contraddizioni storiche è d'indole fondamentalmente antropologica. È stata la libertà umana ad orientare il fenomeno del processo scientifico-tecnico verso situazioni in gran pane non umanizzanti, anzi disumanizzanti. Libertà collettiva - al cui interno agiscono le libertà individuali -, che si è cristallizzata in strutture di diversa indole: sociali, economiche, culturali, politiche, giuridiche ... Si potrebbe dire, portando le cose all'estremo, che e l'uomo che si è messo in gran parte in contraddizione con se stesso. 3. Una reazione crescente Negli ultimi anni si sta notando una reazione sempre più difesa contro questo modo di gestire la ragione scientifica e il conseguente progresso e quella che, con un termine non da tutti accettato, viene chiamata la "post-modernità" Anche se si trova ancora ai 18 suoi inizi, la sua presenza si fa sentire già in diversi ambiti . Le conseguenze della modernità. Fiducia e rischio, sicurezza e pericolo, La condicion pcsmoderna. Postmodernidad y cristianismo. El desafio del fragmento.Sul postmoderno.Critica della modernità, Al di là del soggetto. Meiszche, Heidegger e l'ermeneutica,La fine della modernità. Nichilismo ed ermeneutica della cultura post-moderna,La società trasparente.

Caratteristica basilare di questa nuova sensibilità e il fatto di essere una reazione contro le pretese della ragione - e soprattutto della ragione strumentale di raggiungere la realtà oggettiva e, ancora di più, di manipolarla, di portare l’umanità per le vie di un progresso indefinito e alla conquista totale della sua libertà. La postmodernità sostiene che ormai si è arrivati alla "fine della storia" e si vive nell'esperienza della post-storia, nel senso di un'incapacità, crea:a nelle masse dal progresso trasformato in routine, di sentire la novità delle cose, incapaci: a incrementata anche dai nuovi mezzi di comunicazione sociale, soprattutto dalla televisione, che tendono a livellare tutto sul piano della contemporaneità e della simultaneità La postmodernità sostiene ugualmente la fine della metafisica (filosofia del "pensiero debole", "metafisica crepuscolare"), dell'umanesino e dell'arte come altrettante pretese di fondare un qualcosa di assoluto, di "forte e stabile". Infine afferma, quale conseguenza di tutto ciò, la crisi e la caduta dei grandi meta-racconti e dei grandi meta-discorsi creati dalla Modernità al servizio del senso della storia intesa come progresso indefinito, come emancipazione, libertà e felicità dell'uomo. Sono discorsi da essa denunciati come segnati da un carattere metafisico, dominatore e alienante. Semplificando al massimo le cose si potrebbe dire che la condizione post-moderna è una condizione di ribellione contro l'imperialismo della ragione, soprattutto della ragione strumentale. 4. Conclusione La descrizione della situazione attuale del mondo da noi fatta può sembrare, specialmente nel rilevare la sue più acute contraddizioni, eccessivamente negativa e pessimistica. Basta tuttavia aprire gli occhi senza prevenzioni alla realtà reale per accorgersi che non è tale. D'altronde, è soltanto questo realismo nel percepire le cose che può far scaturire l'esigenza di un'azione di trasformatrice. Comunque sia, così si presenta oggi, nel suo risvolto globale, il mondo nel quale viene

annunciato e vissuto il mistero di Dio Uno e Trino. È indispensabile che una teologia che vuole riflettere su di esso in vista della prassi storica ne tenga seriamente conto.

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