Zanzibar, Sulla Rotta Delle Spezie

  • Uploaded by: Alfredo Davoli
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  • August 2019
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A Zanzibar sulla rotta delle spezie. Testo di Alfredo Davoli Passeggiando per Stone Town, la parte storica di Zanzibar city, la sensazione di calpestare un luogo mitico ti prende e non ti lascia più. Chi da ragazzo non si è lasciato rapire dalle avventure di Simbad il marinaio che per amore sfida il destino avverso e uccide il malvagio Sultano che tiene prigioniera la sua bella e custodisce il suo cuore nell’imprendibile torre? Eppure Zanzibar esiste, è qui, con la sua gente dai tratti somatici difficilmente identificabili. Troppi sono stati i popoli che nei secoli l’hanno asservita per poter avere una propria identità , ma il suo fascino risiede proprio nella natura cosmopolita. A popolare per primi quest’isola, situata tra Mozambico e Madagascar bagnata dall’Oceano Indiano, furono un gruppo di Bantu provenienti dalle coste del Continente Africano che vissero indisturbati o quasi per quattrocento anni, fino all’arrivo dei portoghesi. Nel 1498, infatti, il navigatore Vasco da Gama, sbarca a Zanzibar convinto di aver trovato un porto sicuro e facilmente difendibile dove poter commerciare liberamente. Ma l’isola è un posto tutt’altro che tranquillo : i temibili pirati provenienti dal vicino Madagascar, attratti dagli splendidi galeoni portoghesi, non si lasciano scappare l’occasione di abbordare e depredare le navi dai loro preziosi carichi rendendo difficili i loro commerci. La colonizzazione dura appena centanni: i portoghesi, costretti a ritirarsi e cercare altre rotte dall’arrivo delle flotte britanniche di Sua Maestà, ripiegano sul vicino Mozambico che rimarrà per moltissimi anni una delle loro più importanti colonie. Quando, due secoli più tardi, nel 1800, il Sultano Seyyid Said trasferisce il sultanato di Oman a Zanzibar inizia un lungo periodo di grande prosperità per l’isola. Oltre ad essere importante per il commercio delle spezie, Zanzibar fu uno dei maggiori centri di smistamento degli schiavi. A testimonianza di questa barbarie, oggi si possono visitare le prigioni dove in meno di venti metri quadri venivano stipati, incatenati collo e piedi più di cinquanta uomini adulti. La luce e l’aria arrivavano da un piccolo pertugio che sarebbe eufemistico chiamare finestra. I più non sopravvivevano alla prima notte morendo di sete e per soffocamento. La tratta degli schiavi ebbe fine nel 1873, quando un gruppo di missionari, stabilitisi a Zanzibar per divulgare il Cristianesimo, fecero pressione al Sultano Barghash affinché chiudesse il mercato. Il Sultano, sensibile alle ragioni dei missionari ma ancor di più al suo spiccato senso per gli affari, fece chiudere il mercato e vendette la piazza ai religiosi che

immediatamente fecero erigere una cattedrale. Quattro anni più tardi, nel 1877, il giorno di Natale, fu celebrata la prima messa. La dove un tempo sorgeva il palo per la fustigazione ora c’è l’altare. Oggi Stone town è un animato centro composto da tortuosi e stretti vicoli dove gli edifici, con il loro stili differenti, ricordano che Zanzibar fu un crocevia di culture diverse. Lo stile arabo contraddistinto da ampi cortili interni e splendide porte finemente decorate, si contrappone a quello indiano dove gli ampi balconi in legno, intarsiato da abili artigiani, regalano una piacevole sensazione di leggerezza. Naturalmente, per finire, non possiamo escludere dalla nostra visita, il mercato, parte integrante e fulcro vitale di ogni città. Lasciarsi trasportare dal flusso della folla, anche se non hai niente da comprare, è un piacere. I coloratissimi banchetti di frutta e verdura, il vociare allegro della gente e il profumo del chiodo di garofano che Zanzibar esporta in tutto il mondo, vi faranno dimenticare l’odore pungente della carne appesa ai ganci coperta da nugoli di mosche e il caldo insopportabile.

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