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  • Pages: 504
EXBIBLIOTHECA

FRANCESA.YATES

VITA DI GIORDANO BRUNO

Digitized by the Internet Archive in

2014

https://archive.org/details7giordanobrunodan00bert

DOMENICO BERTI

GIORDANO BRUNO DA NOLA SUA VITA E SUA DOTTRINA

Nuova edizione riveduta

e

notaljiliiieiite

accresciuta

1889

DITTA

G.

B.

PARAVIA

E COMP,

(Figli di I. ViOIilAEDi)

Tipografi

-

Librai

-

Editori

T0K1N0-R0MA~M1LAN0-F]RENZE

PKOPRIETÀ LETTERARIA

Toiiiio



Stamperia Reale della Ditta G. 2583 (1200) 22- V-89.

B.

Paravia e C.

PROEMIO

Desideroso di far conoscere

quando

in Italia

ben poco

si

il

Bruno, pubblicai,

scriveva di

lui, la

sua

biografia confortandola con tutte le notizie che dalla storia

della

filosofia

accenni poco noti

si

da numerosi documenti ed

e

potevano

trarre.

Al laborioso

approvazione uomini auto-

scritto furono larghi di

revoli e competenti.

Tutti

compresero che

Italia pigliava

opera sua

si

la

filosofìa

scientifica in

cominciamento dal Bruno e che per

introduceva presso di noi un

modo

di

da quello del secolo decimo-

filosofare assai diverso

quinto. Ci piace notare che tita la

novità della sua

l'attenzione la rattere.

mentre non passò inavverfilosofia, fissò più che mai

straordinaria grandezza del suo ca-

La Storia rammenta ben pochi uomini

cui vita sia così singolare

la

e corra dall'adolescenza

sino agli anni della maturità col concatenamento di

un dramma lui

si

antico.

producono,

E vi

se nei fatti che in lui

o

da

sono talvolta contraddizioni,



~— VI

queste non tardano a dileguarsi e non impediscono

che

il

suo carattere ripigli la compiuta direzione di

sè e tutto

si

dia ai suoi convincimenti.

Morire per un convincimento anche quando questo

non

è

appoggiato

al vero, è fatto

che l'umanità non

cessa tuttavia di onorare ed apprezzare. Nel Bruno il

convincimento sorge col pensiero e va

con

esso.

ninno vi sia.

Vi sono momenti in cui

di questi Il

momenti

si

di

conserva

oscura,

si

ma

in

può dire che esso non

convincimento oppone così grande resi-

stenza ad ogni sorta di tirannia che senza di esso la libertà dispare e

sono

qu(^lli

cede ovunque.

cui

in

la

forza

del

I

popoli più saldi

convincimento

è

maggiore.

Poche nazioni possono

uomo

quale

è

il

otfrirci

l'esempio

di

un

Bruno. Ed è per questo che egli

avrà sempre un alto posto nella storia politica e

fi-

losofica dell'Italia.

È

debito per le nazioni di richiamare alla

delle giovani generazioni plari, sia

che tali.

di

si

che quelli

si

i

io

mi sono

avere scritto di

ed

i

mente

ricordi esem-

riferiscano al pensiero,

riferiscano alle opere.

Onde

fatti

E

sia

Bruno sono obbligo dopo

questi del

sentito quasi in

lui, di ritornarci sopra.

Oltre le addotte ragioni a ciò mi mossero e la figura

svariata del Bruno che vuole essere considerata lar-

gamente, e le edizioni anteriori esaurite e taluni documenti nuovamente scoperti che mi obbligano a temperare qualche giudizio. Potrei anche aggiungere che il tempo e le discussioni chiarirono meglio parecchi fatti e parecchi

— concetti.

tempo

Il

VII



strumento che affina

è

,

toglie

asperità e dà a molte cose intelligenza e perfezione.

Debbo però

difesa che

ho notabilmente

ed ampliato questo scritto senza mutarne

corretto

od

mia

dire a

emendarne

opinioni.

le

Queste rimasero inal-

terate.

Come nel

1868 così ora condussi

mente imparziale. La imparzialità

me

il

mio lavoro con

nei giudizii storici è talmente au-

non saprei in maniera alcuna allontanarmi da essa. La storia fatta secondo le passioni mutabili della politica non regge ma cade da

torevole in

che

io

se stessa.

In Italia se

Bruno

è sciolta

menti

si

disputato e quasi

è

si

disputa ancora

monumento. La quistione da tempo, perocché molti sono i monusia

alzati

decretargli

degno

qua e

di



in onore di lui.

un solenne monumento

fu

E primo il

a

Governo

coir assumere la pubblicazione di tutte le sue opere.

La

storia

ha oramai rivendicata

sona del Bruno. si

E

e fatta sua la per-

perchè dovrebbe escluderla? Chi

attenterà di sopprimere

come uomo

e

come

filosofo

l'insigne cittadino di Nola?

Quanti non sono

nostri tempi gli uomini che vennero per opera della storia alzati a grandezza pari alla depressione in cui prima giacevano sprofondati. Quanti monumenti in tutta Italia stati in questi

non onorano quei che caddero maledetti nei vari tentativi operati in prò del paese. La storia del rinnovamento Italico ci offre splendide testimonianze di giustizia date dalla generazione nuova alla vecchia,

— I

monumenti sono

vili

di



grandi

Vorrei che da questo del Bruno

cose insegnatori. i

giovani imparas-

sero quali e quanti sacrifizi occorrano per fedeltà alla propria coscienza.

ra^nmentare che

i

Tutti poi

mantenere dobbiamo

grandi ricordi non ^iinno perduti

e che le nobili nazioni

hanno

culto per tutti.

Domenico Berti.

INTEODUZIONE I.

vita di Giordano Bruno, da me scritta, uscì per prima volta nel 1867 nella Nuova Antologia diretta dal prof. Protonotari di cui lamentiamo con dolore la recente perdita ed un anno dopo fu pubblicata in un volume a parte con notevoli aggiunte dal Paravia in Torino. Essendomi nel 1870 pervenuti nelle mani nuovi ed importanti documenti inediti circa la prigionia del Bruno in Roma, io m'affrettai a darne notizia in un

La

la

discorso pronunciato nel 1873 titolo

Copernico

e le

^

vicende

e

stampato nel 1876 d.el

col

sistema Coperni-

cano in Italia nella seconda metà del secolo XVI. Alquanto tempo dopo misi mano ad una seconda edizione che dovetti interrompere per sopravvenute occupazioni.

Per riparare a questo indugio pubblicai raccolti mi venne fatto di mettere

nel 1880 quanti documenti

insieme ^

L'amore con cui i medesimi vennero ricercati mi mostrò che Bruno era ben lontano dall'essere obliato e presso la nostra e presso le altre nazioni. Desideroso di

dare sempre più chiarezza nel 1885 in

di

all'infelice

una pubblica conferenza

Nolano mi studiai in

Roma,

1)

Nel IV centenario del dì natalizio di Copernico.

2)

Documenti intorno a Giordano Bì^imo da Nola,

116 pagine. Eoma. 1.



Berti, Giordano Bruno.

di farne

opuscolo

— conoscere che di

il

2



carattere e grintendimenti e nella speranza

tempo non mi venisse meno

il

ripigliai

questa seconda edizione che ora presento

Più che

i

il

lavoro

al pubblico.

benevoli giudizi che profferirono uomini

autorevoli per dottrina sui nostri scritti bruniani, confortò a questa

nuova edizione

il

a che in una nazione avranno pregio e le alte speculazioni dottrinali,

il

mi

pensiero che insino i

nobili sentimenti

Bruno sarà sempre

grande, e come autore di parecchie opere filosofiche di singolarissimo merito, e come

mente

sul rogo per

uomo

mantener fede

che mori eroica-

ai suoi

convincimenti.

II.

Di due cose intendiamo dar contezza in questa in1° delle notizie a stampa che intorno al Bruno ci lasciarono i suoi contemporanei: 2" dei do-

troduzione:

cumenti che servii-ono ad illustrarne

la vita e gli scritti.

L'Acidalio in una sua epistola a Michele Forgatz ^ Nostitz^, in

il

un oscuro suo

libro,

Valens Acidalius, EpistoJarium a fratre

1)

il

Regnault \

editum.,]). 20.

Forgatz, al quale scriveva rAcidalio, aveva conosciuto

Wittemberga.

Cf.

Cristoforo Sigwart,

Doctoren welche die philosophische 2) Il

qui

il

Nostitz frequentò in Parigi



Bruno

Il

in

29; Verzeiclmiss der

facultàt, ecc. lezioni del

Bruno. Riferiamo

Artificium Aristotelico - Lulìio in quo per artem inteìligendi ìogicam, artem agendi pra-

titolo curioso del

Bameum,

le

pag.

il

i

suo libro

:

Topicam metliodo et Bameis Circulis modo Lulliano inclusis via

cticam, artis loquendi partem de Inventione

terminis Aristotelico

plura quam centies mille argumenta de quovis themate inveniendi cum usu conveniens ostenditiir ductu Io. a Nostitz Jordani Bruni genuiìii discipuli, elaboratum a Conrado Bergio. Bregae^ typis Sigfridianis, 1615, in-S". 3)

Giovanni Eegnault fu editore del libro del Bruno Cantus Circaeus.

— Wechel \ cui



l'Eglino ^ FAlstedio

Sdoppio* sono pressoché ne'

3

libri

Tacciono

si

(Enrico) ed infine lo

^

soli scrittori

contemporanei,

commemorazione

faccia

di lui le

i

Memorie'^

del Bruno.

di Michel de Castelnau,

ambasciatore di Enrico III presso la regina Elisabetta,

Londra

nella cui casa in

consecutivi. sir Filippo

Il

suo

il

Bruno

abitò per tre anni

nome non compare

Sidney, al quale

il

negli scritti di

Bruno dedicò

della Bestia trionfante e gli Eroici furori

sano del pari in silenzio Alberico Gentile

^,

Spaccio

lo ^.

Lo

pas-

che fu suo

amico e collega nello studio di Wittemberga e lo storico Andrea Morosini, che lo accolse alla sua conversazione

in Venezia.

registri delFordine

Il

suo

nome non

Domenicano,

è ricordato nei

in quelli dei profes-

sori dello studio di Tolosa e di Parigi, e

fu persino

Marburgo

cancellato dalla matricola degli studenti di

».

Solo documento contemporaneo che sia degno di speciale considerazione e nel quale si discorra

del

Bruno

è la celebre lettera dello

Gaspare Schopp, conosciuto 1) 1 fratelli Wechel, 2)

sotto

largamente

Sdoppio. il

nome

latino di

rinomati librai di Francoforte.

L'Eglino fu anche un editore del Bruno.

3) Così

pure Enrico Alstedio.

4) Lettera di Gaspare Scioppio a Corrado Eittershausen. 5)

Mémoires de

??^ess^>e

Michei. de Castelnau. Laboureur, Bruxelles,

1731. 6) Il

Sidney morì in Arnheim nel 1586 per una

ferita riportata nella

battaglia di Zutphen. 7) Cf. le varie opere di

Alberico Gentile, Helmstadt, 1669.

Bruno frequentò in Venezia le dotte conversazioni che si tenevano in casa di Andrea Morosini, alle quali interveniva pure il Sarpi. 8) Il

9)

Gli scrittori delFOrdine Domenicano,

Échard

Bruno abbia potuto appartenere Opere italiane, ediz. di Wagner, voi. I, pag.

rono che

il

al loro

xxvii.

e Qqétif, nega-

Ordine.



Cf.

-

4

-

Sdoppio, venne giovane in Roma, dove abiurò

il

pro-

testantesimo e fu fatto cavaliere di S. Pietro e conte del Sacro Palazzo da

Clemente Vili. Aveva ingegno

moltiforme, pieghevole,

facile,

contenzioso; onde non solo

tile,

nione,

ma si faceva volontario

come quasi

tutti

ed animo vano, versa-

mutava sovente

gladiatori letterari di quei tempi,

i

tale linguaggio nella

polemica da disgradarne qualunque

più sconcio scrittore!. Ebbe quindi acerrimi fra

i

nemici,

quali lord Digbdy, ambasciatore inglese presso

la Corte di e

di opi-

aggressore, ed adoperava,

Madrid, che, da

lui offeso, lo fece pigliare

bastonare fieramente. Nonostante queste brutture, era

valente nelle discipline filologiche, versatissimo

nelle

lingue greca e latina, e insigne cultore della filosofia stoica e degli studi di erudizione. tato, a titolo di lode,

del

Campanella dal

Vogliamo rammen-

che diede opera alla liberazione

carcere.

Di che questi

intitolandogli per segno di gratitudine, ~

il

lo ringraziò

libro

dello

A teismo Irionfaio Nell'anno 1600, epoca del famoso giubileo che lebrò sotto Clemente Vili, lo Sdoppio, stando in assistè,

addì 17 febbraio,

al

si ce-

Roma,

lugubre e spaventoso spetta-

colo delFabbruciamento del Bruno, intorno al quale egli

una

lettera a

Corrado Rittershausen, rettore dell'università

di Altorf,

stessa delF avvenimento

scrisse la sera

con cui era in frequente carteggio. In questa lettera egli

narra come

il

Bruno insino dall'anno

— Scaliger Hypobolimaeiis.

1)

Vedi

suo libro contro

lo

Scaligero

2)

Nella lettera di dedica

il

Campanella chiama

il

1582"^ inco-

lo

Scioppio hujits

saeculi aurora. 3)

Lo

Scioppio cade qui in errore circa

nei nostri documenti.

il

tempo come vedrassi



5

~

minciò a dubitare della transubstanziazioiie, poscia a negarla in un con la verginità di Maria; che

quindi

riparò in Ginevra e vi stette due anni \ donde cacciato

Londra; che

andossene a Lione, Tolosa, Parigi

e

quest'ultima città stampò

Lo spaccio

il

libro

in

della

Bestia trionfante, sotto la quale denominazione intendesi

papa-; che insegnò due anni in Wittemberga,

il

De immenso et infinito itemque de innumerahilibus, e l'altro Be umbris et

pubblicò in Praga

il

libro

Lesse in Brunswich, in Helmstadt, venne in

ideis^.

Francoforte per dare in luce alcuni

dopo qualche tempo

lungamente prigione \ Tradotto poscia

stato e tenuto

Roma

a

donde poi

scritti,

recò in Venezia, ove fu arre-

si

ed esaminato da quel tribunale

dell' Inquisi-

sizione e da diversi teologi, ora promise di ritrattarsi

;

ora cercò di difendersi; ora chiese tempo a risolvere;

ma

non cercava

passati due anni e veggendosi ch'ei

che deludere

giudici, addi 8^ febbraio del

i

condannato, degradato e consegnato Intanto che questi

atti

compievansi,

«

«

i

suoi giu-

Maggior timore provate voi nel pro-

nunziar la sentenza contro di me, che non

1)

del

È

errato pure

Bruno

2) il

disse:

che non

egli,

aveva mai parlato, guardò minaccievolmente dici e

1600 fu

al braccio secolare.

Da

tempo che qui viene assegnato

questo giudizio ben vedesi che il

soggiorno

lo

Sdoppio non aveva

letto

titolo.

Oltrecchè non v'ha opera del Bruno che

parlando

al

in Ginevra.

libro di cui cita 3)

il

nel

io

De immenso

et infinito,

si intitoli

veruna di quelle

il

propriamente cui

nome

qui

viene inesattamente riferito uscì in Praga. 4)

La

prigionia del

Bruno

in Venezia

non fu lunga come

trebbe argomentare da queste parole dello Sdoppio. 5)

V. Documenti Romani.

si

po-

— «

riceverla

del

1



Chiuso di nuovo in carcere

».

nove giorni

correre

6

non volendo

,

medesimo mese

fu condotto

dar segno di timore, e come

l'immagine di Gesù

crocifisso,

rogo.

al

gli

e

lasciati

ritrattarsi,

17

ai

Mori senza

venne posta innanzi

la

rimirò con

occhio

torvo, poi volse altrove lo sguardo.

In questa narrazione che scrisse appena udita la lettura della condanna, lo

memoria

non avendo

e

Sdoppio tradito da mal fida gli occhi il documento

sotto

cadde in gravi omissioni, inesattezze ed errori

reale,

ma

Copiò dal vero,

2.

infedelmente, e fu quindi cagione

che sin dal bel principio venisse alterato e guasto in

molte parti

racconto Braniano.

il

Onde

raccogliesi che,

sufficiente, e

Sdoppio benché pregevole, non che nuovi documenti occorrono,

riempiere

grandi lacune che

la lettera dello

le

fatti principali,

come per

si

è per sè

così per

interpongono tra

i

correggei'e gli errori e le ine-

sattezze che s'introdussero nella narrazione di quelli.

Come

già osservammo,

è così generale che

l'erudito

il

Bartholmèss

il

silenzio sui fatti del

più insigne fra ^,

i

Bruno

suoi biografi,

non seppe rinvenire una qua-

lunque testimonianza che confermasse

la lettera dello

Sdoppio in quella parte che si riferisce all'abbruciamento del Nolano, e noi stessi non fummo da principio più

felici di

« Majori forsan

1)

«

accipiam». 2)

questo dotto francese ^

cum

È

timore sententiam in

— V. Lettera

anzi a notare che

me

dicetis

quam

ego

Sdoppio al Bittershausen. verranno ampiamente confermate

dello

Queste nostre asserzioni

nel

corso di quest'opera. 3)

Jordano Bruno, par Christian Bartholmèss;

Paris,

1846^

voi. II.

4) Gli ambasciatori veneti, che discorrono nei loro carteggi della

morte

di

monsignor Carnesecchi

e degli altri eretici

condannati

al

\

la,

— lettera dello

7

Sdoppio, scritta

fu solo stampata per la

fin dal

febbraio del 1600,

prima volta nel 1621 nel

raris-

simo libro del Pazman \ da cui poi venne riprodotta da Enrico Ursini nel suo Zoroastre^. Dal libro dell' Ursini passò nella raccolta dello Struvio ^ ed in

altri libri

senza

che consti che nei venti anni che trascorsero avanti la

sua pubblicazione vi sia chi accenni a quel truce

fatto.

Gli errori e le inesattezze da noi riconosciute in

quella lettera ed

Bruno,

ci

il

silenzio

da

tutti serbato

intorno al

tennero alquanto sospesi circa l'autenticità

medesima e circa la fede che vi si potesse prestare. Pareva a noi cosa da non ammettersi che il Bruno montasse sul rogo in pien meriggio, al cospetto del] a

di affollatissimo popolo,

senza che per

lo spazio di

venti

anni se ne udisse parola nelle cronache, nei carteggi e negli scritti contemporanei.

rogo ed della

Per quanto fosse grande

al patibolo nello scorcio del secolo

decimosesto, nulla dicono

morte del nostro autore. Così pure I'Alfani

nella loro Storia degli

Anni

Santi, ed

altri scrittori di storie ecclesiastiche.

il

e

Ciacconio,

Uguale

Marco Manno il

Sandini ed

silenzio osservarono

cardinale d'Ossat, di cui abbiamo lettere date da

Koma due

il

giorni

dopo quella morte; monsignor Fabrizio Gallo, vescovo di Nola, che era in

Roma

tempo

nel

in cui quella avvenne, e gli scrittori del marti-

rologio protestante.

Macchiavellisatio qua uni1) Il Hbro del Pazman ò intitolato torum animos dissociare nitentihus respondetur, in gratiam domini :

Archiepiscopi castissimae vitae Petri

Pazman

succincte excerpta.

Saragossae, 1621.

De

Zoro-

Hermete Trismegisto ; Norimberga, 1661.

È

Enrico Ursini,

2) Il libro di

astre Bactriano,

al

quale

si

allude, è quello



d'uopo avvertire che in questo libro l'Ursini ristampa non la lettera dello Sdoppio,

pochi versi 3)

come affermano quasi

tolti

tutti

i

bibliografi,

ma

alcuni

da quella.

Struvius, Collectanea mamiscriptorum, pag. 64, fasc.V.

il

8

-

terrore ispirato dall'Inquisizione, questo

supporre tale da far ammutolire

convenuti in quell'anno in Roma.

di cattolici ciò

non vuoisi

migliaia e migliaia

le

Ed anche meno

qual fu la cagione del silenzio non

dato,

pure accorsero

universale di tutti

gli

in questa città

gran numero dalle varie contrade

in

accattolici che

d'Europa!

Non

ostante la ragionevolezza degli

dubbi

esposti

non sapevamo tuttavia acconciarci al pensiero che essa lettera fosse nulla più che una capricciosa invenzione. Perocché considerandola diligentemente nel suo tutto ci

vedevamo a

nosceva

chiari segni che chi l'aveva scritta co-

tenore della sentenza fulminata dall'Inqui-

il

sizione. Persuasi di ciò

verso

penetrare fatta «

dovemmo

volgemmo

Vaticano,

gli archivi del

ma

nostre ricerche in essi

contentarci della seguente risposta

da persona amica, cioè che

Uffizio,

le

non potendo

diligentemente

provano che

gli

«

Bruno

archivi del Santo

ed accuratamente

ricercati

fu a suo

tempo pro-

«

esplorati,

«

cessato,

«

qual sentenza venisse pronunciata a suo carico molto

«

meno adunque

«

stata eseguita

«

dall'accuratissimo investigatore di quei riservati vo-

«

lumi, che in più parti di quell'incarto

ma non

il

offrono alcun dato per dichiarare ;

((

processo)

((

fogli

si

si ».

può rilevare

Ed

se

una sentenza

indi soggiungevasi che

scorge consunto

si

sia

notò

(relativo

al

l'inchiostro, per cui più

presentano soltanto una tinta oscura dove una

« volta era stato scritto qualche cosa ». Questa risposta mentre non poteva gran che appagarci, lasciava però intravvedere che gli archivi del Sant'Uffizio dovevano

contenere, oltre la sentenza ed

documenti Bruniani.

Ma

il

processo, più altri

in quella che ci giunse la ri-

-

9

-

lenta risposta, ogni nostro dubbio fu dileguato e vinto

da una

contemporanea

eiFicacissima testimonianza

alla

pubblicazione della lettera dello Sdoppio. Il

Bruno era

Praga nel 1588 ed aveva

stato in

de-

dicato a quel singolare imperatore, che fu Rodolfo IL

centosessanta tesi di geometria

riportandone assai

,

generosa rimunerazione. Tre lustri dopo dimorava nella stessa città

il

più insigne matematico ed astronomo

dei tempi moderni, la

Keplero, dal cui

il

gran legge che misura

celesti. Il

Keplero

s'intitola

percorse dai corpi

le orbite

assomigliava

si

nome

Bruno

al

in molte

cose e segnatamente nella forza d'immaginazione, nell'intuizione poetica e nell'indipendenza dell'animo.

vero quanto

il

Nolano

e

come

Po-

questi travagiiatissimo,

seppe nulladimeno lottare coraggiosamente, contro ogni ostacolo e levarsi al disopra di tutto e di tutti. Stando in

Praga ebbe comodità

leggerne

di

le principali opere.

ragionare del Bruno e di

Onde non

convenientemente l'ingegno,

ma

seguace di taluna delle opinioni di

dubbio del suo amore per

il

solo ne estimava

professavasi altresì lui.

Bruno

è

Documento non una lettera con

cui Martino Hasdale, suo amico, significa a Galileo

€ome

il

Keplero

si

lagnasse che esso (Galileo) avesse

dimenticato di far lodevole commemorazione nel suo

Nunzio Sidereo Il

^

del Nolano.

dottore Brengger, decano del collegio dei medici

di Kaufburi, avendo intrattenuto per lettera

il

Keplero

una opinione del Bruno, quegli nel rispondere si lasciò sfuggire una frase per cui il Brengger rescrisse, addì 7 marzo 1608: Scrivi di Giordano Bruno abdi

((

1)

GrALiLEO Galilei, Opere compiute, voi. VITI, pag-. 59. ed. Albóri.

— loft

hrustolito (ijrunis tosttis)

«

abbruciato

;

,

che io intendo che fu

il

chiedo se c[uesto è certo, ed in qual

ti

tempo e per qual ragione siagli ciò accaduto: fammelo sapere, sento compassione di lui^ ». Il Keplero risponde « Seppi da Wacherio che il Bruno fu abbru«

«

:

Roma

e che sopportò

con costanza

sup-

«

ciato in

«

plicio,

«

che Iddio s'immedesima col mondo, col circolo e col

«

punto Il

asserendo che tutte

il

religioni sono

vane e

».

Brengger, ritornando sul doloroso argomento,

meraviglia «

le

ÒìQÌY

insania

di

Giordano

e scrive:

«

si

Qual

vantaggio ricavò dal sostenere così grandi tormenti ?

«

Se non esistesse alcun Dio vindice delle scellerag-

«

gini,

be

«

come egli credette, non avrebbe potuto impunemente simulare alcun che, per avere in questo modo salva la vita ^?

»

A

questo indegno consiglio

il

Bruno

rispose anticipatamente, laddove disse che la morte è

da anteporsi

alla

menzogna, comunque

il

volgo amente

possa altrui accusare di demenza. Vulgus te caecum dixerit: ergo Luce oculisque carens, sine menteque dixerit aniens.

Dopo

le

parole del Keplero,

dubbio intorno

al

le

quali tolgono ogni

genere di morte che toccò

al

Bruno^

e del quale si è tanto disputato dagli storici, novella

pi'ova fornisce di quella

1)

morte

lo

Sdoppio

JoANNis Kepleri, astroiiomì, Opera omnia,

stesso in

ediclit Frisch, voi. 11^

pag. 592.

Quid lucri acquisivit tantos crucìatus sustinendo? Si nullus. Deus scelerum vindex, ut ipse credidit, nunquid impune po« tuisset simulare quodvis, ut hac ratione yitam redimeret? ». 2)

«

« esset

— un suo

libro che si

11



stampò avanti che

la

sua lettera

Rittershausen comparisse in luce. In esso libro, di-

al

scorrendo di coloro che sopportano stoicamente la morte per odio derivante da pertinacia di animo, pone avanti l'esempio di Giordano Bruno, che a preferenza di ce-

amò meglio

dere

essere abbruciato vivo, com'egli

di

ebbe a vedere in Roma, or fanno dieci anni.

adopera qui

le stesse

Lo Sdoppio

parole che già aveva adoperato

nella lettera ^

Ma

a dissipare

nubi onde era ravvolta la vita del

le

le notizie monche ed venimmo ragionando. Imperocché

Bruno, non bastavano per fermo erronee delle quali

da queste non potevano

i

biografi determinare nè l'anno

della sua nascita, nè quello in cui vestì l'abito monacale,



il

tempo che passò

studi giovanili

;

donò

;

di

la patria

in che

in convento

tempo

e

;

ignoravamo

i

suoi

per quali ragioni abban-

che operò nei paesi stranieri

;

perchè

Germania tornò nuovamente in Italia che si passò il Governo veneto, il quale lo arrestò lo tenne prigione; quando fu consegnato a Roma; ;

tra esso lui ed e

« «

«

1) « Pertinaciae ex odio profectae memorabile exemplum ante hos decem annos (il libro dal quale questo brano è levato, fu messo a stampa nel 1611) in lordano Bruno nolano Eomae videre me con* tigit. Is enim potius quam portenta et monstra, quae ab epicuraeis

genus philosophastris et haereticis didicerat, ac palam propugnaret, in primis auteni execrabiles in

« antiquis aliisque id

« libris « «

nonnullis

Christum et Apostolos contumelias ac blasphemias recantaret, seque, quod eos praestigiatores et magiae artifices dixisset, poenitentia duci

« fateretur, infelicibus sarmentis circumseptus, luculento igne vivus

Siamo stati i primi ad avvertire le riferite parole Georgius SchelorSdoppio riportate da Giorgio Schelorn.

« ustulari maluit ». dello Nius,

Commercìi epistolaris Uffenbachiani

Pars quinta, pag. 27.



seìecta;

Ulmae, 1756,

quanto tempo

12

-

stette nelle carceri di

questa

fosse l'indole dei vari suoi processi

;

od inediti da esso composti; quali menti?

Fortunatamente a stando

ai soli scritti

si

libri editi

i

suoi

domande

tutte queste

nulla 0 pressoché nulla

quali i

quale

città:

intendi-

quali

alle

avrebbe saputo rispondere,

a stampa, venne in aiuto un tesoro

prezioso di documenti intorno alla prigionia ed al processo del

Bruno

in Venezia,

il

quale era passato inos-

servato nel ricchissimo Archivio dei Frari.

Come prima avemmo nelle mani questi documenti pensammo ad illustrarli ed a condurre su di essi

noi

una nuova

biografìa. Il lavoro

durarono quattro fatti

e

più anni e

non si

Le

fu facile.

rammentati dai documenti, su

tutti

o

i

luoghi in

i

quelli accennati, su tutte le persone con le quali

era stato in relazione

ricerche

raggirarono su tutti

il

Bruno

che aveva semplicemente cono-

sciute.

Non

ci si

recherà a presunzione se diciamo che la

Nolano acquistò per tal modo vera luce non in tutti i fatti, certo nei

biografìa del

e fu essa chiarita, se

principali.

È

singolare che sebbene ai biografì del

Bruno

fosse

nota la sua prigionia in Venezia, tuttavia nessuno ne

rammenti

il

processo non eccettuato lo Sdoppio

silenzio forse distolse

i

sucessori dal ricercarne

il

cui

i

do-

cumenti. Il

dotto storico di Berlino Leopoldo

Ranke

diando anni sono, nel mentovato archivio in

una

si

stu-

abbattè

lettera che poteva metterlo sulla via della sco-

perta, perchè apparteneva al corpo dei

processo

;

ma

egli

occupato

in

documenti del

quel tempo

di

altre

— Nè

ricerche K



senza addentrarsi in ulteriori

pubblicò

indagini, la

13

toccò miglior sorte al signor Fulin altro

cultore insigne di storia

il

quale frugando nello stesso

incontrò pure in alcuni documenti

archivio

si

ma non

potè tuttavia scoprire

processo

si

le

^

bruniani

dove l'intiero

filze

accoglieva.

Nei documenti processuali veneti razione sommaria che fa di quello che

il

si

contiene la nar-

Bruno con rara chiarezza al mo-

operò dalla prima infanzia sino

mento dell'arresto. Dalle sue risposte riunite insieme esce una pellegrina autobiografìa che può andare fra prime che vanti

le

fica.

la nostra storia letteraria e fìloso-

Nella parola del Bruno luminosa di evidenza non

solo vedesi

come

in tersissimo specchio

il

giovane frate

che percorre l'Europa balestrato dagli eventi,

ma

an-

cora l'instauratore di una nuova fìlosofìa chiamata se-

condo

il

suo avviso, a distruggere la volgare, che tiene

menti nell'ignoranza. Nella pienezza del suo convin-

le

cimento esclama che

la dottrina

da esso insegnata non

muterà, comunque possano mutare i luoghi, le vicende 0 i tempi. Onde ringrazia Iddio che, accendendo perenne fìamma nel cuore umano, abbia voluto che il suo petto anelasse a tanta luce, ed ardesse di tanto calore

^.

E

quindi nel fervore poetico della ispirazione

prega di essere trasformato nell'uno, di

1)

essei-e

uno per

Questa lettera venne ristampata dal Bartholomèss. Voi.

I,

pa^

gina 320. 2)

nel 3)

Questi documenti furono pubblicati in un opuscolo che

1864

in occasione delle nozze Camillo Totto.

O tu qui flammas mortali in corde perennes Incendis, pectusque meum consurgere tanto Lumine iussisti tantoque calescere ab igne.

si

stampò

— vedere il

di sopra,

il

presente,

In queste risposte

non

egli

ma



di sotto,

il

futuro ed

il

14

il

il

di dentro,

il

di fuori,

passato K

alle interrogazioni dell'inquisitore,

solo narra,

come

già

notammo,

la

sua vita,

espone con maestria e con precisione la sua dot-

trina. Sotto questo aspetto

i

documenti veneti tornano

giovevolissimi alla intelligenza del sistema del

ed illustrano

la storia della filosofia del secolo

Osiam affermare che sono

sesto.

Bruno

decimo-

unici nel loro genere,

un pregio che non hanno i processi contemporanei di monsignor Carnesecchi e del Paleario e quelli posteriori del Campanella e del Vanini. I due primi non escono dai confini di speciali questioni teologiche, mentre il processo Bruniano spazia e conferiscono al processo

per tutto

il

campo

della metafisica.

Le

notizie che ci

restano dei processi del Campanella e del Vanini

vaghe, imperfette e pressoché estranee alla

Non che

è parimenti, a nostro avviso, di

il

Bruniano

cimosesto,

il

eguale

^

sono

filosofia.

momento

per la storia del pensiero nel secolo de-

processo di Michele Servet da Villanova

ha davanti a sè il terribile dittatore aveva risoluto la perdita assai tempo prima che venisse nelle sue mani ^ Egli è costretto dai suoi giudici, ben più ignari che non i Ve-

di Aragona. Questi

di Ginevra, che già ne

neti in materia di religione, a valersi nella sua difesa 1)

V.

De

minimo, pag.

2) Cf. circa

il

2.

Campanella,

i

voluminosi documenti che

si

pub-

blicarono in questi ultimi tempi e sui quali non intendiamo per ora

Vanini, quelli pubblicati da Vittorio Cousin. bue venire, sed a me accersitus. Ego autem « nunquam committam, ut fidem meam eatenus obstrictam habeat « jam enim constitutcm habeo si veniat nunquam pati ut salvus « EXEAT ». Lettera di Calvino citata dall' Allwoerden e dalMiGNET.

portar giudizio e circa 3)

il

« Servetus cupit

:







15

argomenti

delle sole Scritture sacre, rimossi tutti gii

da tutte

delle discipline razionali. Il Calvino lo serra le parti,

Magistrato ginevrino non solo non

il

cede un difensore che

lo aiuti,

essendo egli ignaro degli

usi e delle leggi di quella Repubblica e

con

difficoltà l'idioma francese

Oh

gli con-

ma

;

maneggiando ben anche

rifiuta

Gesù Cristo, egli dice, « non ricusate a me quello che non neghereste ad un « Turco, che venisse a domandarvi giustiziai » Laonde la difesa del Servet non è che un lungo e cupo gemito di udirlo

«

!

per l'amore di

della vittima al cospetto del suo carnefice: ((

salvate l'anima mia! o Gesù,


abbiate misericordia di

me!

~

:

il

Bruno risponde

cui crede, senza che gli sia fatta forza.

senso

le

si cavilli sulle

sue asserzioni.

sue parole e

Non

pensi a far note

suoi

libri.

è

il

contegno

le

si

nei termini in

Non mai

ac-

torcano a mal

è interrotto, e

giona con tanta quiete, che più che ei

Dio,

l'inquisitore generale interroga senza pas-

sione e insistenza, ed

cade che

0

».

Per contro nel processo veneto calmo dei giudici

«

figlio dell'eterno Iddio,

spesso ra-

al difendersi,

sembra

sue dottrine citando all'uopo

Quindi nel leggere

i

dianamente dal cancelliere, quasi stre ed infelice prigioniero,

il

i

verbali compilati quotisi

quale

dimentica che si

l'illu-

ode in essi discor-

non uscirà dal carcere che per entrare nel rogo. Dai documenti di cui discorriamo raccogliesi pure che

rere,

1) Je vous sappile pour l'amour de Jésu-Christ ne me refusez ce que vous ne refuseriez à un Ture, en vous demandant justice. Lettera che il Servet, addì 10 ottobre 1553 scrisse ai suoi giudici dalle



carceri di Ginevra. 2) pitié

0

Dieu, sauvez

de moli

mon àme!

o Jésus^

fils

du Dieu

éternel, ayez

— il

processo veneto è

processi contro in

tentati

il

il



16

quarto per ordine di tempo dei

Bruno.

I

due primi

gii

furono in-

Napoli, V uno mentre era ancora novizio

quando già celebrava la messa. Il una continuazione dei primi, intervenne nell'anno 1576 \ non più in Napoli, ma in Roma. Come vide il Bruno che questo processo pigliava

professo,

l'altro

terzo processo, che pare

mala piega, fuggi clandestinamente da essa città, e deposto l'abito, venne in Noli presso Savona, dove insegnò per cinque mesi ai putti: indi si internò nel Piemonte: visitò Toiino ed imbarcatosi sul Po toccò Venezia. Fermatosi quivi breve tempo percorse una parte della dall'Italia.

Lombardia ed usci sul finire dell'anno 1579^ Lo Sdoppio differendo all'anno 1582 questa

uscita 0 fuga (che

si

voglia chiamare), recò grave al-

terazione alla cronologia Bruniana. Questi tre processi ignoti ai biografi si trovano per

sommi

capi indicati nel

processo veneto, come in esso parimente

quale abbia potuto essere

il

si

intravvede

processo finale di

Roma.

Il

processo veneto rende adunque possibile la storia dei processi del Bruno, dai quali

non

come già abbiamo

detto

poca luce irradiasi sui suoi pensamenti filosofici.

Ma

alla serie dei

documenti del processo veneto se

ne aggiunse più tardi un" altra che essa pure è di grandissimo momento e della quale noi non potemmo servirci

quando pubblicammo

pei-

la

prima volta

la

vita del Bruno.

Sono pochi anni che un mio dottissimo amico il conte Giuseppe Manzoni, noto in Italia pei- il suo amore ai 1)

Documento VITI,

2)

Questa data può ora, dopo

ritenersi sicura.

la

scoperta dei documenti di Ginevra



libri rari e

mi

fece

-

17

per la sua dottrina storica e bibliografica

dono

di

nuovi documenti che riferendosi

alla prigionia del

Bruno

Roma

in

ci

tutti

consentivano di

spingere avanti lo sguardo e contemplare l'infelice pri-

Roma.

gioniero nel tetro carcere dell'inquisizione di

Tra la stampa dei documenti veneti e quella dei romani di cui discorriamo ed i quali videro pure la prima volta per opera nostra la luce, corsero otto anni.

veneti

si

pubblicarono nel 1868 coi

tipi del

—I

Paravia,

i

romani nel 1876 con quelli del Salviucci. Ma in questo intervallo non si scopersero che poche righe autografe del Bruno in Germania. Nulla in Inghilterra per quanto è a noi noto.

E non

se ci spiace altamente che le nostre occupazioni ci

abbiano consentito di fare ricerche negli archivi

dell'Università di Oxford dove egli disputò con tanta vi-

vacità contro quei dottori

,

speriamo tuttavia che queste

moveranno qualche dotto inglese a fare quello che noi non abbiamo potuto. E nulla parimenti si rinvenne in Tolosa altro luogo di dimora del Bruno. nostre parole

Ginevra

è la sola città nella quale si siano scoperti

insino ad ora nuovi documenti bruniani dopo

Alquanto tempo prima che

ciò accadesse,

persuasi che questi documenti vi fossero,

i

nostri.

essendo noi

avevamo

pre-

gato un nostro amico di Ginevra di farne ricerca, come

diremo più avanti. L'amico aderì stigazioni all'anno 1578 e

non

ma limitò

le

sue inve-

al seguente, sotto

il

quale

Dufour direttore degli archivi di Ginevra seppe, ampliando il campo delle sue indagini, aggiungere alle due serie dei documenti già noti una terza che non solo ci rende più chiaro il soggiorno del Bruno in quella città, ma ancora ci fa coquelli si trovavano. Il signor Teofilo

2.



Berti, Giordano Bruno.

V

— noscere

le



18

sue prime controversie con un professore

Tanno in cui abbandonò l'Italia. Comprendiamo infine fra i documenti di cui

calvinista e

vammo

ci gio-

in questa edizione, quelli del Codice Noroff di

Pietroburgo che io per primo mi

affrettai di far noti

in Italia, quantunque il loro contenuto serva piuttosto ad illustrare i pensamenti che non la vita del Nolano. Non ostante questa enumerazione assai lunga, mancano nondimeno al compimento della dolorosa raccolta: 1° Tutte le carte a lui tolte quando fu arrestato ;



Alcuni suoi

annotati dal denunciatore e

libri

quindi trasmessi all'inquisitore generale a corredo delle

denunzie 3°

;

Una

notato tutti 4° il

Un

polizza di suo pugno, nella quale aveva i

libri

da esso

Mocenigo trovò fra 5°

scritti;

opuscolo, Libretto di congiurazioni, che le carte di lui;

La sua opera manoscritta

intitolata

Le

sette arti,

che egli dettò con l'intendimento di entrare nella grazia del pontefice regnante Clemente Vili, e di conseguire

una cattedra di filosofia in Roma, compiuta quando fu arrestato; 6"

La

8° Il

' .

opera era

Gli atti del processo fatto dall'inquisizione di

Roma che 7°

la quale

durò per otto anni sentenza che

lo

circa;

condannò

al rogo;

Mernor iale che presentò per sua difesa alla Con-

gregazione dell'inquisizione

Questo memoriale

e

che non fu da questa letto.

pare che debba contenere

ci

gli

ultimi pensieri del nostro filosofo.

Diremo ora che

oltre

i

documenti, furono per noi sor-

gente di copiose notizie circa suoi

libri, le lettere di

il

Bruno,

dedica ed

i

le

prefazioni dei

libri stessi.

Di talune

-

19

-

non poterono valersi i biografi che ci non intelligibili senza i documenti

di queste notizie,

precedettero, perchè, 0

veneti, o difficili a procacciarsi per la grande rarità dei

Bruniani. Avanti che

libri

Wagner

raccogliesse e pub-

blicasse in Lipsia, le opere italiane, queste erano oltre

ogni dire rarissime. si

Lo Spaccio

della Bestia trionfante

vendette in Inghilterra per trenta

Cabala del Cavallo Pegaseo, che

è

lire sterline, e la

un opuscoletto

di

quaranta pagine in ottavo, per cento sessanta franchi K più accurati bibliografi stranieri erano

I catalogi dei

monchi

difettivi, e

e

più monchi

ancora quelli dei

bibliografi italiani. Tiraboschi, che per consueto è di-

ligentissimo nella recensione delle opere degli scrit-

nostrani, confessa di non conoscere quelle del

tori

Bruno.



ciò

deve recare meraviglia ove

non potè procacciarsi

le principali

il

filosofia, il

Bruckero, cui erano aperte

protestanti.

Non

noi più vicini

Kant

il

si

pensi che

dotto storico della le biblioteche

sortirono migliore fortuna in tempi a

Leibnitz e l'Hamann, l'erudito amico di

e di Jacobi

Si

^.

durava or sono pochi anni ancora

fatica nel mettere insieme le opere latine, la cui ri-

stampa principiata dal Gfròrer era rimasta interrotta. SaV. David Clément, Bibliothèque curieuse, Tom. V, pag. 304. Brucherò dice che i libri del Bruno sono albis corvis rariores. In quest'anno 1888 una ristampa delle Opere italiane venne fatta con rarissima diligenza da Paolo De Lagarde e pubblicata in Gottinga. Noi ne rendiamo all'autore infinite grazie. Avremo d'ora in poi un testo



1)

sicuro per le citazioni.

La ristampa

delle

Opere italiane del Wagner

è molto scorretta, sebbene abbia essa assai contribuito a diffondere

Bruno.

la cognizione della filosofìa del

2) Leibnitz non potè leggere

Hamann e quelli

lo

Spaccio della Bestia trionfante;

cercò invano per tutta Italia

De

l'infinito,

universo

et

i

dialoghi

mondi.

De

la causa, etc,





20

rebbe oramai tempo, dicevamo giustamente, che

l'Italia

assumesse questo compito non solo per rispetto al Bruno, ma ben anco per rispetto a tutti i suoi magsi

giori filosofi, che

fiorirono nei secoli

decimosesto, imitando in ciò

i

decimoquinto e

nostri vicini,

i

quali con

lodevole zelo vanno da parecchi anni raccogliendo,

stampando, chiosando, illustrando tori.

Duole

il

dirlo

ma

libri del

i

i

ri-

precipui loro pensa-

Pomponazzi,

del

Cam-

panella, del Bruno, del Vanini e di altri nostri filosofi

non trovarono ancora etto in

un corpo

li

in Italia chi con diligenza ed af-

raccogliesse.

Da

questa trascuranza

deriva non mediocre detrimento al nostro patrimonio intellettuale ed alla tradizione del nostro pensiero.

A

queste parole che noi stampavamo venti anni or

sono diede ora eseguimento

Gro verno stesso in questi

il

ultimi tempi commettendo a Francesco Fiorentino darci

E

una edizione compiuta

delle opere

di

del Nolano. —

questi avrebbe per fermo condotta a termine l'opera

diffìcile e faticosa se la

morte immatura non

lo

avesse

a noi rapito quando erano appena usciti due volumi di opere latine.

Speriamo che

i

dotti continuatori del filosofo abbruz-

zese vorranno presto licenziare

il

terzo

vrebbe pure contenere qualcuno degli compresi nel Codice Noroff.

Ma

Fiorentino, la quale ha in sè

il

il

quale do-

scritti

inediti

forse la ristampa del difetto

di

non essere

stata condotta secondo l'ordine cronologico, obbligherà gli

accennati continuatori a ricominciare da capo, se

non vogliono

distribuire con poca armonia, o sopra

arbitrari giudizi gli scritti che sono blicare. Il

De Lagarde

italiane, di cui ci diede

ancora da pub-

nella sua edizione delle opere

con scrupolosa fedeltà e

somma

-

21

-

un primo volume, seppe

diligenza

evitare questo er-

rore del Fiorentino. Vi è però a temere che la pubbli-

cazione separata delle opere

latine

ed

italiane

JBruno possa dare origine a due categorie di

scritti

del

che

paiano appartenere a due diversi autori, anziché ad

un

solo.

Comunque

il

filosofo

come

il

teniamo a sufficienza paghi

sia ci

che dal tempo che usci

nostro

il

da Nola sia stato

Fiorentino ed

il

(1868) in poi

libro

illustrato

De Lagarde

da due editori

e fatto

segno a

tanti e sì diversi studi.

Alla vita del Nolano abbiamo aggiunto la esposizione della dottrina contenuta nei suoi libri.

E ssa benché abbia

avuto una quantità di espositori in questo ultimo periodo di

tempo, non é tuttavia di così

intelligenza

facile

Bruno ha scritto molto, in molti luoghi, in vario tempo e forse non sempre con 10 stesso intento. Esso come tutti gli uomini e specialmente come tutti i filosofi di valore, rappresenta nella sua vita concetti che non sono sempre collegati e successivi. Ci studieremo di esporre i medesimi con le quanto taluni immaginano.

Il

differenze che nascono dal tempo, dalla età e da certi

mutamenti progressivi che

la storia

non sempre avverte. un dipresso come

11

pensiero vuole essere narrato a

si

narrano

i

fatti e

non

dedotto. In questa nostra opera

dettata senz'odio e senza ira

quale

é,

e

non

vi sia

un

ci

Bruno esca per quanto minimo

pare che

solo fatto

il

che non poggi su qualche ricerca storica.

Non amo

quindi essere giudicato leggiermente o confuso con la

turba dei tumultuosi ammiratori del Nolano.

VITA DI GIORDANO IDA.

BRUNO

ISrOTuA.





25

CAPITOLO

I.

(1548-1563-64).



Bruno — Casato — Infanzia È minacciato Suo amore per Nola — Nolani illustri nel secolo XVI — Ambrogio Leone — Albertino Gentile — Pomponio Algério — Merliano soprannominato Giovanni da Nola — Albertino intagliatore — Costantino de Notariis — Antonio Stelliola — Bruno

SOMMARIO.



Natali del

da un grosso serpe

in Napoli

zioni del





— Suoi primi maestri nelle discipline filosofiche CondiNapoletano — Bruno entra nel convento di San Domenico.

Giordano Bruno o Bruni

^,

nacque in Nola Fanno

Ebbe che poi mutò

1548^ da Giovanni e da Fraulissa Savolinal fonte battesimale

nome

il

di Pllippo'',


Giordano vestendo

non

conto

ci sia

il

l'abito religioso.

al

in

Benché

suo casato, tuttavia, considerando che

padre era famigliare col poeta Tansillo^ ed eserci-

il

tava la professione di soldato, possiamo asserire, senza

tema

di errare, che

vanno

assai lontani dal vero coloro

Documento Vili.

1)

Wagner

nascere nella prima decade della seconda metà Bartholmèss nelFanno 1550. 3) È questa la prima volta che vien fatto palese il nome della madre. Manteniamo quanto fu da noi detto coirappoggio dei docu2) Il

lo fa

del secolo xvi; ed

il

menti. Talune censure di nissun conto che

da sè I

6'

non occorre perciò che

vi

ci

vennero fatte caddero

torniamo sopra (V. Documento VIII).

Savolini sono ricordati in più luoghi delle Opere del

uno

di

loro

è

introdotto

come interlocutore

nello

Bruno, ed

Spaccio della

Bestia trionfante.

Documento citato. Degli eroici furori, Bruno, Op. ital., Tansillo aveva fima di perfetto cavahere. 4)

5)

voi. II,

pag. 324.



Il

che

-

26

vogliono raffigurato in quel cotal poveraccio, del

lo

quale

De

favella nei dialoghi

si

mondlK E

poca cosa

(inaiiiuiique torni a

onde traesse

la

F Infinito, universo il

et

conoscere

sua origine, diremo non pertanto

di pas-

sata che egli s'intitola dalla famiglia dei Bruni-; che abitò

come gentiluomo vimuh^

in tale

dalla

In <M

qiiiil.'

lettei-a al

di

r.

ili n
torin

hili'

i)r..s;i|,i;(

è,

\

pi

osentato alla regina Elisabetta =\

"Ihk^iU*' accolto, c che in lino, nella

Scnah» accadcin

loiiil)«'i-,L:a.

cosa

in casa del signor Castelnau di

;imbasciatore di Knriro III a Londra; che

]\[;iiivissit'i t\

Li'lliiiiKi.

cIm"

M.i

stentamento

l;is,-i;i

per ri

del

Bruno

e

I

lettore del lo Si udio

De

IcuniJilde cont-

edere sè essere di no-

n plobeo che fosse"», certa

sempre

ii<

l

lungo e travaglioso

prdVNcdere

al

pi-(t])rio

so-

del MKi ingegno''.

1) Il celebre Fracastoro, clie è dialoirlii

;il

libro

ini r;i\

jirMji;i

cuiroiii'ia

ed

al

|i;iiri/i(.

(loN i'iic |)ui-

pellegi'inag;_:ÌM

i.-n

pi'ciiifssa

uno

ne rajjpresenta

(lenirli

la

interlocutori

persona

dall'aristotelico Burchio, altro interlocutore, per

,

viene

di

([Ucsti

(lualilicato

un imveraccio mi-

midrito di pane di miglio, morto di fame, fjenerato da un sarto, nato d'una ìavfindaria, nipote a Cecco ciabattino. Queste sconcie parole furono erroneamente applicate al Bruno.

serai) ile

,

Documento Vili. Documento IX. Nella Cena de le ceneri, scrive che in casa del Castelnau ehhe il hwr/o più eminente. 4) Jordani Bruni Nolani scripta. Gfrorer; Stuttgardiae, 1835, p. 026. Oratio valedictoria Jordani Bruni, etc. Brvckeìu, Historia pliilo^^ophiae. Lipsia, 1744, tomo V, pag. 15. 5) La particella de, levata al nome di Melabranche, non scemò 2)

3)

per fermo la sua reputazione. 6)

Nella lettera al Senato accademico di Wittemberga

il

Bruno

confessa che, se potè tener lungi da sè la povertà, ciò fu perchè gli



venne concesso d'insegnare privatamente. « recipere lectiones atque studia concessum

« ».

Ad

eas se privatas

— La



Ti

casa paterna, in cui fu allevato, era posta,

egli afferma, alle radici dei colli Cicala

come

rinomati per la

copia e bontà dei vini, per la feracità del suolo e per la dolcezza del

climax In una stanza di essa casa, mentre

era in fasce, poco e vecchio serpe,

mancò non il

nelle domestiche pareti, si lui culla.

A

fosse vittima di

un grosso

quale uscito improvviso da un buco

avviava

alla volta della di

quella vista egli diede in altissime strida,

articolando chiaramente

il

nome

non era come udì le

del padre, che

riuscito insino allora a profferire; questi,

grida del figliuolo, accorse con

casa dalla

gli altri di

vicina camera, a fugare quel terribile visitatore. Il

Bruno grandicello richiamava

poi

alla

memoria

questo fatto con meraviglia de' suoi, e soggiungeva che

aveva compreso

egli in quella occasione

zione di tutte

Non

ma

ci è

le

la significa-

parole che profferirono gli astanti.

dato sapere quale sia stata la sua infanzia;

non dovette correre molto lieta ove si si leggono in uno degli ultimi

certo essa

;

aggiusti fede ai versi, che

suoi scritti, e che paiono strappati a lui di bocca dal dolore,

onde fu negli anni appresso contristata la sua vita; versemur iniquis, luctamen adorsi

At nos quantamvis

fatis

Fortunae longum a

piieris

Il cielo di

Nola,

i

suoi

colli,

i

suoi campi, la festi-

vità degli abitanti sono le prime e

non più cancellate

reminiscenze della sua infanzia. Egli

mente questa sua terra

1)

natale, e

non

ama

sviscerata-

rifinisce di lodarla

Bruno, Spaccio della Bestia trionfante. Vedi anche Ambrosii

Leonis Nolani, Antiquitatum necnon historiaritm urbis ac agri

Nolae, libri 2)

tres.

— Lugduni

De Monade,

etc, cap.

Batavorum. Sumptibus Petri Vander. I,

pag.

3.

semprechè

28

-

viene in concio di favellarne. Inti-oduce

gii

rammenta con

nei suoi dialoghi interlocutori Nolani sarcastico sorriso

nomi

i

di tutte le persone, che abi-

tano nella via, in cui trovasi la sua casa

nome

principi delTuniverso col

appelhi Xohiiict

sua lìlosntia:

la

;

rivolgesi ai

Giordano Nolano

di

2;

ringrazia Michele di

Castelnau, signore di Mauvissiero, che abbia colla sua

graziosa ospitalità convertita Tlnghilterra in Italia e

Londra alcuni

Le metafore,

in Nola.

scrini

«le' sii.ii

bi-aiii

gione di credere, uxc ei

li

iv-ii in»'

'india

poli,

«

insieino tal\

«

vornaii-ice

M

da noi

((

le

:

<'

capu

(>lla

Spaccio

della

certo, che

•.

:

-radila dal Cielo, e posta ili

questo globo

,

gO-

genera/ioni, e sempre

Talii-e

stimata maestra e madre di tutte

m

vii'indi. discij)lin(\

Nola, città della

colorito di

Laonde non reca .'sclaniafc « Italia, Na-

e d.-sli-a

doniindcc de

aliri stata

l'I

non fosse

Nola

ndii-|M 'piasi nispirain

Nola

«

1)

in

il

[)orgerebbero quasi ra-

coiiiiario

il

componesse stando

sorpresa

esempi,

gli

ci

innaintadi

Campagna

l-'elice



Bestia trionfante.

».

'

fra le più antiche

Cabala del

Cavallo

Pegaseo. 2)

Bruno,

De

la

causa, principio,

et

uno,

ediz.

De Lagarde,

pag. 208. 3)

Eammenta

può competere e la

persiiiu

col

il

greco di

vino

di Xola, che a suo avviso

a>})riiiiu

Somma

insegna di un farmacista con

e Colla, la

malvagia di Candia,

la iscrizione:



Non

qualitas sed

Xel libro De Monade, quantitas [Scripta latina, pagina 357). descrive con vivi colori il Vesuvio ed il monte Cicala veduti da Nola, pag. 260. 4)

Questo amore per Nola

racconta che

un suo

è

comune

ai

giorni da Nola, vi ritornò in fretta quasi assenza, e

non potè

Nolani. Ambrogio Leone

nipote, dopo essersi allontanato per

tenersi,

due 0

tre

ammalato per questa sua

avvicinandosi alle porte di Nola, dal

prosternarsi davanti ad esse e baciare con indicibile gioia la terra.

dell'Italia,

-

29

sorge a uguale distanza da Napoli e da Ca-

una pianura, cui formano quasi corona San Essa guarda verso Elmo, San Paolo e Casamarciano

serta

in

^

mezzodì

Vesuvio, a settentrione

il

ad oriente

di Roccarainola,

i

anticamente dodici porte con

i

monti

Ebbe

mura magnifiche

torri elevate e forti, che tutta in giro la

per

Avella

di

Colli di Cicala.

e

già

con

e

cingevano ^

e

quali potè resistere a lunghi ed iterati assedi.

le

Dalle dodici porte uscivano altrettante strade, che met-

tevano nelle

luoghi circostanti. Noverava

città e nei

nel suo recinto stupendi templi, vasti anfiteatri e fastosi palagi appartenenti alle

Roma \ E

più insigni famiglie di

segno incontrastato di antica grandezza

coltura sono

i

vasi e

e

medaglie dalla testa di Pal-

le

lade e di Apollo protettore delle città Calcidiche, che

scavando nel suo agro in copia ancora

Ma

ai

tempi di Bruno

gli edifici

ed

i

si

discoprono.

monumenti

ro-

mani erano scomparsi ed i loi'o rottami avevano servito alla costruzione di una nuova città, importante anch'essa, abbenchè fosse

appena

la

dodicesima parte

della primitiva^'.

Non brati,

1)

pertanto

come

i

Nolani di questa stagione erano

cele-

già gli antichi, per la gentilezza de' costumi,

23 chilometri da una parte

e

23

dall'altra.

— La sua popola-

zione è ora di dodicimila abitanti. 2) Il

al

Bruno dedicò

il

suo libro della Cabala del Cavallo Pegaseo

vescovo di Casamarciano. 3) « 4)

Campo Nola

Fra

dello stesso DiNi, 5)

sedet crebris circumdata in

le quali, quelle di

orbem

— Turribus

Fabio Massimo, di Mario, di Pompeo

Augusto. Vedi Ambrogio Leone, Opera

Storia ecclesiastica di Nola. Napoli, 1757.

Ambrogio Leone, Opera

citata.

citata.

». e

— Eemon-

— per e

30

loro valore, per la prontezza del

il

Amavano

lilosofia.

la

in

testimonianza

figliuoli.

modo

più cospicui cittadini

i

delle belle

speciale l'agronomia,

maniere K ci fanno

come

Vestivano con eleganza,

stria si lalìbricavano in Nola.

vivevano lautamente, esercitavano con larghezza talità, le

donne facevaiKì pompa

non

la

Milla

La

loro

oi'igine

la

breve distanza che separava l'agro nolano (It'llf

de* niaii-inioiii.

persino nei

(ildlane'\ Nella celebrazione^

fdrolt'

n<';jli

vp.'Uacoli. nelle feste popolari e

riti i-oligiosi

nianlcnevansi gagliardi

antichi. Pei' lo che in Nola, pin

della

Magna

ilella

civiltà greco-latina.

Non

2.

forse più sciolta, che

convenisse, ricordava ad un tem|)o e

si

greca e ,

ai-giita. sai'castica e

l'ospi-

gemme

di collane e di

preziose, le case erano a(l(lol)l)ate con gusto

conversazione

mae-

sti'umenti rurali che con molta

gli

mer-

della loro fortuna. Si piacevano del

dire oi-nato e senza rusticità e

Coltivavano

i

lettere, le belle arti e la

lo

catura, alla (|uale non pochi fra

andavano debitori

ingegno

loro

per la diligenza e liberalità con cui educavano

gli usi

che nelle altre città

Grecia, sentivasi potente Talito e rinllusso

reca (juindi mei-avi^lia se

soggiorno di Nola

il

potesse tornare graditissimo in sul Unire del secolo de-

cimoquinto

al

al Caracciolo,

Fontano,

al

Valla (Lorenzo), all'Attaldo,

ad Aurelio Biennato,

al

Galateo

e

a più

altri valorosi cultori della filosofìa 0 delle lettere. Il solo

1)

« Nolani laudani

si

quid ornate dictum factum ve senserint:

« didos oderunt, castigant, ut quisque

« honestaeque vitae indulgeat ». 2)

Ambrogio Leone, Opera

3)

Le



quantum

Opera

fieri

sor-

possit eleganti

citata.

citata.

favole atellane pigliarono

il

nome da

a due miglia da Aversa, ora distrutta.

Atella, città osca posta

-

-

31

Sannazzaro dopo avervi fatta breve dimora ripartivasene sdegnato e la accusava di avere rifiutata l'acqua

a Virgilio

E

K

più che dalle cose avanti discorse trae meritato

Nola dai molti

lustro la città di

diede

e chiari

natali nel secolo xvi e che

i

uomini, ai quali

vogliamo qui som-

mariamente rammentare perchè si vegga come il Bruno non sortisse la culla in terra senza tradizione d'ingegni. Viene primo e per ordine di tempo e per eccellenza di ingegno Ambrogio Leone, intimo amico di Erasmo, del Musuro, degli Aldi e di altri dotti contemporanei ^. Era egli versato in ogni maniera di studi e specialmente nelle scienze filosofiche, come ci fa fede la lunga e

minuta confutazione, che intraprese delle dottrine avernoveravano ne' tempi di lui non pochi

roistiche, le quali

Andava innanzi

seguaci l

nelle lettere greche e latine

a moltissimi della sua età

mente fama

e si

era acquistato merita-

nelle scienze naturali e nella medicina, che

professò con splendore in Venezia riportandone

il

titolo

nomen male grata petenti opiatam Nola negavit aquani Idcirco nimirum hoc dieta es nomine Nola, Nolueris magnis qiiod j^laciiisse viris.

Infension musis

Ij

Virgilio

Al quale rimprovero rispondevano Virgilio Poìitani 2)

Per

le notizie

statuam

di Nola,

il

Tafuri,

voi. Ili,

napolitani, tom. 3)

Libri

Nolani che

la loro città:

clausit

aquarwn

vatis in arce tenet.

biografiche e bibliografiche intorno a questo scrit-

tore veggansi oltre le

CODEMO,

i

numqiiam sua munèra

Aggiunte alla Biblioteca Napolitana TiRABOSCHi,

il

il

del Ni-

Kemondini, Storia ecclesiastica

pag. 207, e specialmente Francesco Scria, Storici II,

pag. 347, ecc.

Ambrosii Leonis Nolani, Castigationum adversiis Averroem,

XLVI.



1517.

di

medico insigne.

bellissimo libro, che dettò in buon

Il

latino circa le Antichità e la Storia di Nola, è prege-

documento dell'amore che

vole

portava alla sua

egli

terra natale e della sua erudizione

nelle

cose patrie.

Gli vengono dietro Albertino Gentile S che lesse con

grande reputazione Napoli

'

e

da Nola

e

studi, per opinioni

Venezia,

dii-itto civile

il

[joi

religiose incarcerato e tradotto in

in Koiiia. v

plizio ^ L"Aigerio haltr (juale

il

sendo

Hi'uno doveva

stati

aiiiliiiliic

(

punito coll'estremo sup-

ini vi

primo

[m'I

in

soprannominato Giovanni

Ij

i

lui

quali

si

-li

massimamente per

col puttino in braccio, che è

Santa Maria delle Grazie

bei lavori che di giore, p'^v

medesimo consegnati

di grido, celebrato

Madonna

la statua della

anni dopo, es-

da (juesta condannati en-

e

ramili al rogo. Poi Merliano,

da Nola, scultore

dolorosa via, nella

por singolai-e conloi'inilà di casi

Roma,

air IiKiuisizione di

la

alcuni

liiiiarc

arrestati dal Goveriio veneto, dal

i

nella Università di

Pomponio Algerie ^ che partitosi giovanetto venuto in Padova fu, mentre attendeva agli

in

hanno tu

Napoli, e per in

coiiioi-ito

S. il

Ambrogio Leone ricorda che udì Albertino

molti

i

Domenico Magtitolo di Buo-

recitare in giovanis-

sima età un'orazione funebre. 2) Si

Nacque 3)

aggiungano nel

1489

e

gli ultimi lavori fatti su Albertino Gentile.

morì nel 1539.

Intorno a Pomponio Algerio

dotto G.

De



si

vegga

la bella

monografia del

Blasiis, professore di storia nella Piegia Università di

Napoli pubblicata teste

coi tipi del

Giannini di Napoli.



Cf.

Docu-

menti nostri pubblicati nella memoria su Giovanni Valdes. 4) Beza, Icoìies, Genevae, 1530.1^ martirologio dei inotestanti. Gerdesio, Speciuien Italiae reformatae, lo dice di Nola o di Capua.



— IMaccrie, Histoire

de la

Béforme

MONDiNi, Storia ecclesiastica di Nola.

en Italie, pag. 513.



Re-

naroiti napoletano

ed

-

33

suo amico Albertino, va-

il

lente incisore in oro ed in rame. P'igiiuolo di

leva dirsi

il

Nola

so-

poeta Tansillo perchè nolana ne era la

famiglia, sebbene avesse avuto

suoi natali in Venosa;

i

sono da aggiungersi ai nominati Costantino de Notariis, :

Antonio Santarelli

e

che fiorirono verso Il

Bruno

Stelliola, nolani essi

pure

finire del secolo

il

adunque fanciullo nella sua terra insigne per non interrotta coltura, l'aura delle

natale,

muse,

Antonio

respirò

e ricevette nelle scuole

paterna

i

pubbliche o nella casa

primi ammaestramenti,

e quelle

cognizioni

che apparecchiano l'animo a studi maggiori.

Verso Fanno decimo o undecimo della sua età venne di

Nola

Napoli per imparare

in

umane

le

lettere, la

logica, la dialettica S e quelle altre discipline che in-

segnavansi nelle scuole dei suoi tempi maestri nella lilosofia due uomini,

cui

il

Là ebbe per nome rimase

insino ad ora ignoto a quanti scrissei'o del Nolano.

Uno

è detto nei

Agostino

S.

primo non

c'è noto, se

2)

,

e leggeva

pure non

Archivio storico di Viesseux^

sue vicinanze

Di questi



tre

1845,

il

l'altro è Teofilo

l'ordine di

1)

documenti

nostri

geva pubblicamente;

voi.

i,

è

Sarnese,

Il

Vincenzo Colle da

— Na^joli

e

pag. 178.

più celebre ò Antonio Stelliola che lesse

il

del-

privatamente ^

IX, pag. 25.

voi.

e leg-

da Varrano,

i

libri

del Bruno. 3)

Nel 1560

i

Gesuiti fondarono

già trovavasi in Napoli.

Scarampo dei conti 4)

di Canelli. V.

un di

Collegio in Nola. Il

Nola

il

la

poesia,

Era il programma Documento Vili.

l'etica.

3.



Bruno

piemontese Antonio

Ughelli, Italia sacra.

Questo programma comprendeva l'aritmetica,

musica, la logica,

5)

Era vescovo

l'astrologia,

la

fisica,

la

del Trivio e del Quadrivio.

Berti, Giordano Briuio.

geometria, la

la metafisica e

,

— Sarno



34

autore di un libro che

,

avanti che

Bruno venisse

il

stampò pochi anni

si

in Napoli \ Il secondo

dopo avere insegnato più anni

in Napoli le dottrine nominato Rettore del Convento di Fiposcia, chiamato in Roma, lesse nuovamente

aristoteliche, fu

renze, e la

metafìsica eou

scritti citasi

un

favore degli uditori-. Fra suoi

-r;iii(le .

sopra

niiiiuento

Pì'cdicahili ed

i

i

Predicanicitti con altre sue operette teologiche \ Di passagf?io diremo, che ove avvenisse e

gionc.

iii.vassero e

si

(|Ui lli

uii.Ncrt'iilicro

donrÌ!i;i

tlcl

lilicraiiiciiic

iii;it'sii-M.

clic

per

L^uidii,

sii;i

lìlosolici,

die dicdciM

dire,

elio

faceva

olire

i

])ei-

dniuinc

le

da Alessano, del sopra

1)

i

«[uale

dello

Toppi, Bibliogr.

Studin

Nap.;

io

i

a

L'u-

lettori,

precoce amoi'e

reputo che

frc-

Storello

stampa un

libi'o

più

i-ino-

e (pielle di

lui.

))i-ivati

Francesco

di

abbiamo

vantaggi deUa logica

professori

luaii

(Jndc

l;i

pensamenti

niente di

diililiia di

Ic/.ioui

le

priiiii

i

;ill;i

(Ì!(>r
lilosofìche.

e/.iaudio

(pientasse

ed

iiiijiiiNd

piMNa uou

iiultlili'-i.

r.i-

giovanetto, elesso

jJiMino.

il

uiisiro

il

puhlìlica

di

conoscei'O t'ingegno e

f;ii-ci

:i

caso che queste

il

rendessero

si

dei

Intanto die

Xa|)oli.

edizione di Xiipoli, 167^, pag, 151.



Destr netto destructionum Baldovini, quas qnidem destructor adimplevit. Neap. apud Matthiaiii Questo

libro porta

il

curioso titolo

:

Cancer, 1554. 2) Magno audientium favore. Così TElissio, il quale, nel suo Encomiasticon Augustinianum lo appella filosofo prestantissiìno,

pag. 650. 3j si

Xella prima nostra edizione abbiamo asserito che questi

conservavano inediti nella Biblioteca Angelica

di

costretti a sopprimere questa nostra affermazione perchè

le

ricerche per trovarle in detta Biblioteca andarono pienamente 4j Toppi.

Opera

citata,

pag. 96.

scritti

Roma. Siamo nostre fallite.

egli

dava opera

studi

agli

-

35

napoletane

provincie

le

,

erano fieramente travagliate dai terremoti, dalla peste e da terribile carestia di grano, per cui la gente

stravasi par le vie macilenta e sparuta.

I

mo-

Turchi scen-

devano a predare sino nel borgo di Ghiaia, menando schiavi gli stessi cittadini. Un audace bandito, il cosentino Marco Bernardi, alla testa di molti fuorusciti, infestava le Calabrie, ed usurpate

vasi chiamare

il

Re Marcone.

le

regie insegne, face-

I Valdesi, che, fuggitivi

dal Piemonte, avevano cercato riparo nelle provincie

modi orrendi

della Calabria, venivano con

trucidati.

<(

Erano (dice una i-elazione contemporanea) serrati una casa, e veniva il boia e li pigliava a uno a uno, e gli legava una benda avanti agli occhi, e poi lo menava in un luogo spazioso poco distante da quella casa, e lo faceva inginocchiare e con un col-

<(

tello

<(

pigliava quella benda così insanguinata, e col coltello

«

sanguinato ritornava a pigliare

((

«

«

in

la gola

tagliava

gli

Ha

lo lasciava

e

1'

così; dipoi

altro e faceva

seguito quest'ordine sino al

simile.

<(

quale spettacolo quanto sia stato compassionevole

<(

lascio pensare e considerare a voi. I vecchi

<(

morire

a

ordine

«

ranno, e

<(

la strada

<(

Calabria

1)

allegri, e gli ,

e già si

metteranno il

;

lo

vanno a

giovani più impauriti. Si è dato

son qua

che fa ^

il

numero 88

«

le

carra

,

mano

di

procaccio

e

in

fino

tutti

si

mano

squarte-

per tutta

ai confini

della

».

Archivio storico

6?eZ

Viesseux,

voi.

IX. Questa relazione creduta

inedita fu pubblicata nell'anno stesso, in cui seguì l'orribile fatto, e

venne riprodotta in latino da molti,

fra

Specimen Italiae reformatae, pag. 134. Mont'Alto addì 11 giugno del 1561.

i

quali dal Gerdesio nel suo

I fatti narrati

accadevano in

Mentre



36

-

dolorosi avvenimenti seguivano,

0 per disgusto

del

mondo

,

Bruno,

il

o per desiderio

di conti-

nuare con più ardore nella quiete del chiostro gli incominciati studi, 0 per momentaneo impulso di religione, 0 per giovanile leggerezza

convento di

S.

Domenico

in

quindicesimo della sua vita \

si

rendè frate nel

e vi fu

ricevuto e vestito

Ambrogio Pasqua, uomo virtuoso

dal priore

come

,

Napoli verso Fanno 1563,

fede la bella epigrafe incisa sopra

ci fa

e dotto,

il

marmo

Maria della

della sua sepoltura nella chiesa di Santa

Sanità

1)



Il

bene passasse 2)

vestì pure

Campanella

a tredici.

Tabito a quattordici anni, ed

Bruno non aveva ancora raggiunto

gli

il

il

Sarpi

terzo lustro seb-

anni quattordici.

Ecco l'epigrafe

:

D. 0. M.

Ambrosio Paschae Neapolitano, vita

« F. <<

memorando, omnium

«

ciali,

et

exemplo et doctrina

honorum gradibus

functo, provin-

publico lectori, arctioris observantiae Auctori, theologo collegii

« vicecancellario « annos

«bora

sui ordinis

LXV,

V

— Fratres S.Mariae Sanitatis, ob

obiit

noctis ».

Napoli, 1678.

viri

memoriam. Vixit

anno Domini 1594, mense februario, die XXIV^ V. Nicodemo, BiM. NapoUt., pag. 11, ediz. di



i

-

-

37

CAPITOLO

IL

(1564-76)



di S. Domenico in Napoli — Noviziato del un primo processo religioso — È trasferito nel Convento di S. Bartolomeo della Città di Campagna Bruno sacerdote — Suoi dubbi sopra alcuni dogmi — Secondo processo religioso — Fugge da Napoli e viene in Roma nel Convento della Minerva — Sue opinioni giovanili contrarie al dogma cristiano — (Jomponimenti da lui ideati — Prima sua opera VARCA DI NOÈ.

SOMMARIO.



Bruno

Il il

Il

Gli

Convento

si

intenta

convento di

Bruno,

è

uno

S.



Domenico Maggiore

in cui entrò

dei più vasti e ragguardevoli

religiosi della città di

poggio

,

Napoli.

edilìzi

Esso levasi sopra un

cui fanno ripido declivio tutte le vie che gli

,

stanno a fronte da

Benché chiuso tra

S.

Angelo a Nilo sino a

S. Chiara.

palagi, contiene tuttavia spaziosi e

profumati giardini di agrumi, e consta di più

chiostl'i,

cui corrono d'intorno ambulacri, archi e pilastri \

dato insino dall'ottavo secolo

2,

Fon-

porta nel suo aspetto

l'impronta di quella maestà antica, che opera sull'animo

Fra mente en-

e lo dispone al raccoglimento ed alla meditazione. le

molte ricordanze, che

si

risvegliano nella

trando in questo convento

,

la

più gloriosa è senza

dubbio quella dell'Aquinate, del cui 1)

nome sembra

Descrizione della città di Napoli, di Gaetano Nobile,

che

voi. I,

pag. 279. 2)

La

chiesa che ora appellasi di S.

Domenico Maggiore, deve

la

sua origine ad un voto, che Carlo duca di Calabria fece mentre era ritenuto prigioniero dal valoroso Euggiero di Loria.



ancora risuonino

38

-

le silenziose vòlte, e la cui

vi appare da per tutto

,

persona

tanto di sè riempie

il

santo

Qui infatti lesse teologia, quando TUniversità vi aveva sede ai numerosi scolari e uditori che pende-

loco.

,

vano

attenti

la cella

dalle sue labbra

E

i.

qui ancora vedesi

trasfoi'mata ora in cappelletta

,

dov' egli tra

,

la preghiera e lo studio cominciò a disegnare e colorire nella

sua mente

il

più compiuto sistema di

sofìa religiosa, che sia stato prodotto nel

La

filo-

Medio Evo ^

chiesa merita di essere annoverata tra le più

belle di Napoli, sì per

monumenti

opere di eminenti artisti, tra

istorici

per

e sì

primeggiano

quali

le

quelle di Agnello del Fiore e del suo celebre discepolo

Giovanni da Nola. Sono in essa

tombe

le

degli Ara-

gonesi, dei Carafa^ dei Capece, dei Pescara, dei Rota^,

1)

Venendo

dalla chiesa nel convento

della sala, in cai S.

Tommaso d'Aquino

si

trova a diritta, la porta

dettava teologia. Vicino alla

cattedra, da cui mostravasi l'angelico dottore,

si

legge:

gradum atque venerare hanc imaginem qua sedens magnus ille Thomas de Aquino de Nea-

« Viator liuc ingrediens siste « et catliedram in <.<

poli

cum

frequenti ut par erat auditorum concursu et

illius saeculi

« felicitate caeteros quampluriraos admirabih doctrina theologiam do« cebat, accersitus

jam

a rege Carolo I constituta

« unciae auri per singulos

menses

».

mercede unius

illi

E. F. V. C. in an. 1272. D.

F. F.

Vedi sull'insegnamento dato da

omnia Sancii Thomas Aquinatis JouRDAiN, 2)

La

S.

Tommaso

in Napoli

— Romae, 1570,

Philosophie de Saint Thomas,

voi. I,

voi. II,

Tommaso

Opera

pag.

9.



pag. 153.

Nel primo dei due spaziosi dormitori del convento

cella di S.



S. S.

si

vede questa

con molti ornamenti lavorati a disegno

dell'ar-

Muzio Nauclerio. 3) Nella cappella dei Eota giace su l'arca mortuaria la statua del celebre Bernardino Eota^ che moriva nel 1575, mentre il Bruno era

chitetto

ancora nel convento di Napoli.

— Vi

della gente d'Aquino.



39

pregevole

è l'antica e assai

tavola di quel grande crocefisso, che non isdegnò, se-

condo la leggenda, di scendere a colloquio

col

Dottore

angelico e di approvarne la dottrinai Si vede inoltre il

bel quadro,

Giordano in mostra

La

da Luca

in cui egli è rappresentato

atto di adorare

la

Madonna che

gli

si

monacale del Bruno che non potè essere

in

dall'alto.

vita

maniera alcuna

illustrata dagli scrittori che

dettero, per

mancanza assoluta

uno spazio

di tredici

ci

prece-

comprende può partire in due

di documenti,

anni 2, che

si

periodi, l'uno di noviziato, l'altro del sacerdozio^ con-

trossegnati da due processi religiosi, la origine e natura dei quali noi facciamo per la coll'aiuto dei

prima volta manifesta

documenti veneti.

Vestito che ebbe l'abito, passò secondo il

primo anno

quali

mette a prova la vocazione religiosa dei

si

cinanti.

consueto

il

di noviziato in quelle pratiche pie, colle

Non avendo

i

tiro-

suoi portamenti dato occasione

a lagnanze per parte dei superiori, egli fu in fine dell'anno

ammesso a

far professione solenne nello stesso

convento e davanti allo stesso priore^.

Christus per suae cujusdam imaginis ora, et bene de se scribendo

1) «

« meritum «

est...

«

tum 2)

fuga 3)

eum

»

qualenam pretium exigere

nobilis illa effigies

vellet percuctatiis

certissimum

rei

— Opera omnia Sancii Tliomae. Eoraae, 1570,

Dall'anno 1563 sin verso

il

fine dei

1576,

monumen-

voi. I, p. 11.

epoca

della

sua

dall'Italia.

Sotto

il

lo spazio di la

esse et

Durat adhuc

nome

di noviziato 0

tempo che

sua assunzione

si

primo periodo noi comprendiamo

interpone tra la vestizione del Bruno e

al sacerdozio;

sotto

il

nome

tempo che egli passò nei conventi napolitani 4) Documento Vili.

di secondo periodo

il

in qualità di sacerdote.

3*

— Ma

40



non aveva tempera d'animo acconcia

certo ei

e

pieghevole alle abitudini claustrali; e perciò indi a poco dalla professione, smessa la timidità del semplice no-

soverchiamente concedendo alla sua natura

vizio, e

fantastica, irrequieta, indocile \ usciva spesso in azioni

ed in parole repugnanti

Usava

frati.

al

comune modo

di sentire dei

nel conversare più libertà che noi

com-

portasse la sua condizione e sentenziava con arditezza

intorno alle cose religiose.

uno

Un

giorno incontratosi con

compagni, che stava leggendo

de' suoi

libro delle sette allegrezze della disse,

non

delle vite de' Santi

Padri?

cune sacre innnagini

Un

altro giorno

di santi e di sante, e

semplice crocefisso ^ Questi

il

indicavano all'occhio esperto quale fosse dell'animo

dell'ingegno di

e

scandalo nel convento. reputasse

i

1)

«

Onde

lui, il

modo

pareva proclive

Egli stesso

si

come un uomo

il

non

fatti,

al-

ritiene

che già

la inclinazione e

maestro dei novizi, o fossero, o cre-

argine ai trasmodamenti^ giovanetto,

compilò una

dipinge circa l'anno vigesinio secondo di sua vita

fastidito, restìo e bizzarro, che

« nulla, fantastico

dà via

levavano rumore

medesimi più gravi che non

desse di porre per tal ai (inali

gli

tornerebbe forse più fruttuosa la lettura

ti

per sè che

mistico

il

Madonna: E che?

come un cane che ha ricevuto

non

si

contenta di

mille speUicciate ».

Antiprologo alla comedia II Candelaio. 2)

mio Maestro quando era Novitio, per mettermi terrore, una scrittura perchè io havevo dato via alcune imagine de

« Il

« fece

« Santi che

mi

ricordo che erano di S. Catherina de Siena, et forsi

« de S. Antonin se ben «

cifisso,

et perche

mi

riccordo, et retenuto solamente

havevo detto a un Novitio che leggeva

un

cru-

la historia

« delle sette Alegrezze della Madonna, che cosa voleva legger quel « hbro, che era meglio che leggesse la Vita dei Santi Padri ». Do-

cumenti Vili

e

XIIL



41



doveva servire di fondamento ad un processo religioso. Ma poi, ripensando forse con più calma alla presa deliberazione ed all'età scrittura od atto di accusa, che

imberbe del Nolano, lacerò nascere

il

Sebbene

la scrittura e troncò in sul

minacciato processo la cosa

^.

non apparisse per

momento, porse tuttavia occasione e di

commenti, che, divulgandosi

se stessa di di

ai frati

al di fuori,

grande dicerie

diedero

origine a voci confuse e vaghe di prigionia e di persecu-

zione patita dal

Bruno

In questo, come in

ne' suoi

primi anni claustrali-.

altri fatti somiglianti, le conghiet-

ture arbitrarie oltrepassarono d'assai

termini della

i

verità e della storia. Si disse più che

non era

e

di-

versamente da quello che era^.

Composto

il

tervenuta, per

negozio del processo, pare non sia inil

restante

tempo che

egli

stette

sotto

maestro dei novizi, altra causa di dissidi, essen-

il

dogli stati conferiti gli Ordini sacri nei tempi debiti,

tuttavia

non

è a credere che cessasse dal

pensare libe-

ramente. Solo possiamo dire che non consta che fosse più segno a nuovi biasimi sin dopo l'assunzione sacerdozio, la quale pare avvenisse

non più

l'anno 1572, vigesimoquarto di sua

età"^.

Verso questo tempo

mandato

1)

in quello di

ei fu

dal convento di Napoli

San Bartolomeo

Documenti Vili e XIII. Bruno accenna vagamente a persecuzioni

2) Il

della

poli

et

città

di

in più luoghi delle

sue opere, e specialmente nella dedica del suo libro

principio

al

tardi del-

De

la causa,

uno, senza che mai alluda a prigionia sofferta in Na-

od altrove.

3)

In cjuesto errore caddero

4)

Documento IX.

gli stessi

ambasciatori veneti.

— Campagna,

42



quale forse era stato assegnato entrando

al

In questo convento cantò la sua

in religione

messa, essendo vescovo di quella

rampo, parente

di quello di Nola,

città

prima

Gerolamo Sca-

entrambi provenienti

dalla famiglia dei Cairo di Casal Monferrato-.

Da San Bartolomeo

di

Campagna

pellegrinò per altri

conventi del Napoletano, senza fare lunga dimora in

alcuno di

essi,

giacché tre anni dopo era nuovamente

nel convento di Napoli.

Come

fu sacerdote, diede libero sfogo al suo pensiero,

ideando e componendo alcuni che egli

si

era per

nato dalle credenze

un

tratto

nei quali

scritti,

immenso

si

l'eligiose della infanzia e del

vento, in cui viveva. Nei discorsi con

vede

di via allonta-

i

con-

suoi andavasi

scoprendo favorevole a talune opinioni eterodosse, in ispecie alle ariane e semi-ariane, che

noveravano non

pochi seguaci nel Regno. Trovandosi un giorno a colloquio con

un

Ordine, cadde

certo Montalcino, frate il

lombardo del suo

discorso sopra gli Ariani, che venivano

dal Montalcino qualilìcati ignoranti, perchè non sape-

vano

%

col linguaggio delle scuole significare

i

loro pen-

Bruno rispose ben tosto che gli Ariani quantunque non facessero uso del linguaggio scolastico,

samenti.

Il

,

tuttavia esprimevano con grande chiarezza la loro dottrina, la quale tutta finalmente consisteva

«

tere la generazione del Figliuolo per atto

nelFammetdi

natura,

* 1)

^

Ciascun novizio

al

tempo

Tina particolare famiglia o 2)

della professione veniva ascritto

ad

convento,

Gerolamo Scarampo, nominato vescovo nell'anno 1571, occupò

questa sede sino all'anno 1584. Era stato prima parroco nella città di

Carmagnola

e vicario generale dell'arcivescovo di Torino.

Italia sacra. Venezia, 1721; Voi. IX.

Ughelli,

e

non

43

-

Per questa difesa indiretta della un secondo processo

di volontà \

dottrina ariana fu sottoposto ad

assai più grave del primo, per l'intendimento del quale è

d'uopo seguire passo passo

il

Bruno

nelle sue con*

fessioni.

In sino da diciotto anni

dogmi

ei

cominciò' a dubitare dei

principali che la Chiesa propone

credenti, e particolarmente del mistero

fondamento ed origine

di tutti gli

alla fede dei

della Trinità,

altri. I

dubbi suoi

cadevano sulla distinzione reale delle persone, non

ammettendo

egli in

Dio altra distinzione che quella

razionale o logica de' suoi attributi. Nella persona del Figliuolo raffigurava Viìitelletio del padre, ed in quello dello Spirito

Santo Yaniore o l'anima delFunivef^so;

dictum Salomonis : i^piritus Domini replevit orhem terrarum et hoc quod contìnet omnia'\ iuocta illud

La

quale dottrina parevagli intieramente conforme alla

Pitagorica, ridotta in elegantissimi versi da Virgilio

:

Principio coelum ac terras camposqiie liquentes

Lucentemque globum lunae titaniaque astra Spiritus intus aiit, totamque infusa per artus Mens agitai molem, et toto se corpore miscet ^ e

soggiungeva:

Da

questo spirito, che è detto vita

mia filosofia provenire l'anima a ciascuna cosa che have animo e vita; la quale però intendo essere immortale come anco li corpi quanto alla loro substantia. E siccome delFuniverso, intendo nella la vita e

non poteva concepire 1)

Documento XIII.

2)

Queste parole

3) Virgilio,

si

«

che la divinità di sua natura

trovano nel libro della Sapienza, cap.

Eneide,

lib.

VI, verso 724 e seg.

I, v. 7.





44

un supposto

«

infinita potesse fare

«

che è di natura finita

perciò

»,

solo colla hunianità,

suo dubbio dal mi-

il

stero della Trinità estendevasi a quello deirincarna-

zione

Non

sembrava che

gli

convenirsi

al

che questo «

nome

nome non Per

«

antico,

appresso

ma

S.

Agostino è dichiarato

novo, e di suo tempo

venne ap|)arecchiando

condo processo, nel

rn.-ciisaiorc

maestro de' novizi, ma la

essendo

(^osa

si (l(.\f\

riiii|)iiiat()

sando rai'cusa dei

persona potesse

di

^

».

(pieste ed altre opinioni, discordanti dai dettati

della Chiesa, si

volta

nome

il

Figliuolo ed allo Spirito Santo, tanto più

circa

supremi dogmi

Se poi

si

guarda

1

del

fra

ikmi

padiv pi-ovinciale.

il

a

la tela

E

se-

piii

il

(pesta

raUaie ron severità maggiore,

già jjorvenuto al sacerdozio, e ver-

o la

diilihio

il

di

!

(

due


brani della comedia, che

ccrii

a

negazione

risiiaiiesimo.

forse già stava scrìvendct in '[ucsto tempo,

uopo

è con-

fessare che egli manifestasse con singolare audacia e

licenza le sue opinioni

1)

Doc. XIII.

'\

— Nel secondo dialogo De la causa, principio,

et

uno

espone, colle stesse parole quanto qui togliamo dal processo. 2) 11

Bruno allude evidentemente

nitate. In questo libro S. Agostino,

per qual motivo parlando di Dio

al libro

VII dell'opera

dopo aver posto a

si

De

Tri-

sè la questione:

dice che egli racchiude nella sua

essenza tre sostanze o persone, e non

si

usò

il

vocabolo di natura

come si farebbe allorquando si parlasse, per esempio di quello che hanno di comune tre uomini, risponde: « Hoc utcumque simile est, axtequam haberent ista noquae non diu est ut S. Aurelii Augu«IN usuM VENERUNT, pro his naturam dicebant ». 5TINI Opera omnia. Parisiis 1694; Voi. II, pag. 852. 3) La comedia JZ Candelaio, benché non sia stata pubblicata che « quia et veteres qui latine locuti sunt, <-<

MINA

(scilicet

personarum

vel substantiarum),



— Bruno, come udì che

Il

che

si

moria gli



45

procedeva contro di

si

riandava la sua vita e i

fatti

lui,

richiamavano alla medel noviziato per aggravare i carichi, che

venivano apposti, risolse

Napoli per evitare

il

si

di fuggire dal

convento di

carcere e le conseguenze che ne

potevano derivare. Partitosi dunque occultamente da ([uesta città, che più [jortò

non doveva rivedere, ed

ognora vivissimo

dove appena giunto

si

affetto,

alla quale

prese la via di

Roma,

presentò al convento della Mi-

nerva, che apparteneva al suo Ordine, ed era sotto l'ob-

bedienza di Sisto de Luca, e fu in quello ricevuto.

sua venuta in

Roma

Erano appena

La

forse accadde nel fine del 1576.

trascorsi pochi giorni che già gli amici

come da Napoli come inoltre si fosse rinvenuto dopo la sua partenza un libro di S. G-risostomo e di S. Gerolamo con gli scolii di suoi venivangli per lettere significando si

fossero

mandate a

Roma

le carte del

processo, e

Erasmo, che era stato da lui gittate via, pei-chè proibito Per le quali cose temendo egli che gravi pericoli '.

gli

soprastassero se là

si

fosse più a lungo trattenuto,

spiata l'occasione propizia, e deposto per maggior cautela Fabito di frate, fuggi di

Roma, volgendo

alla ven-

quasi dieci anni più tardi, cioè nel 1582 in Parigi, fu tuttavia,

meno

tale è

al-

nostro avviso, composta o tutta o parte nei primi anni

il

del sacerdozio. 1)

Il

libro

di S.

Gerolamo con

quello al quale questi

gli

scolii di

accenna nella lettera 73*

« commentarios paro », ed un'altra

:

« apparatur

Erasmo deve essere « In Hieronymum :

mox excudendus Hie-

«ronymus cum annotamentis et scholiis nostris ». Vedi Desideri! Erasmi Opera omnia. Lugduni Batavorum, 1705; Voi. Ili, pag. 59 e 1531. Quanto a San Grisostomo, forse il Bruno intende alludere all'altro libro di Erasmo, che contiene la traduzione di vari scritti del mentovato Padre della Chiesa. Vedi opera citata, Voi. Vili.





tura

i

fuga

il

E

suoi passi K

46

forse contribuì

ad accelerarne

la

doloroso spettacolo che avvenne alcuni mesi

prima dell'abiura

del celebre ed infelice arcivescovo di

Toledo dell'Ordine dei Domenicani, Bartolomeo Carranza Circa questo secondo processo del Bruno, che inti-

toliamo dal sacerdozio, per distinguerlo dal primo, quale seguì durante ziatore Giovanni

neto

:

«

Mi ha

Roma

noviziato, scrive

il

Mocenigo

detto

il

il

il

suo denun-

all'inquisitore generale ve-

Bruno

di avere

avuto altra volta

querele all'Inquisitione di cento et trenta

«

in

«

articuli et

«

perchè fu imputato di avere gettato in Tevere chi Fac-

((

cusò 0 chi

((

quisitione^

La fuga

1)

E

che se ne fuggì mentre era presentato;

credette lui che l'havesse accusato all'In-

si

».

del

Non avendo

i

giudici veneti tenuto conto

Bruno da Roma avvenne adunque nell'anno 1576.

ora aggiungiamo che essa dovette cadere nel fine del medesimo.



Ciò è fatto evidente dai nuovi documenti che

pubblicò circa

modo che

eterodossi. e per

gli fu

Uomo

il

signor Dufour

soggiorno di lui in Ginevra.

Bartolomeo Carranza

2)

per

il

si

era segnalato nel Concilio di Trento

commessa

compilazione dell'indice dei

la

libri

umilissimo e di costumi severi, accettò con ripugnanza l'arcivescovado di Toledo dopo

sola obbedienza a Filippo II

avere rifiutato onorevolissime cariche.

La dignità

alla quale fu ele-

vato gli attirò contro l'inimicizia di alcuni vescovi oltrapotenti nel tribunale dell'Inquisizione di Spagna. e

Venne

tenuto nelle prigioni di Valladolid sino

da Pio V,

il

quale volle avocare a sò

il

al

perciò arrestato nel

1565. Chiamato in

processo

,

1559

Roma

passò molti anni

chiuso nel Castel S. Angelo. Nell'aprile del 1576 fu condannato l'abiura:

morì nel maggio

nerva dei suoi Domenicani, dove le proposizioni

si

incriminate vi era quella « che

« dei santi è d'istituzione

umana

espagnols par Adolfo de Castro. 3)

Doc.

I.

al-

anno nel convento della Miera ritirato dopo l'abiura. Fra

dello stesso

».

il

culto delle reliquie

V. Histoire des protestants





47

di quest'ultima asserzione della denunzia, che per la sua

singolarità avrebbe dovuto chiamare a sè la loro attenzione, noi la crediamo senza fondamento.

Gli atti di

questo secondo processo passarono dall'archivio dell'Or-

Roma, poiché

dine a quello dell'Inquisizione di

gli

basciatori veneti nell'anno 1593 scrivono: constare giustificate

tiche

prove professare

non su

articuli leggeri,

il

Bruno

amper

dottrine here-

ma intorno

aWIncarna-

tione del Salvator nostro et alla Santissima Trinità ^

Consuonano eziandio in questa parte sostanzialmente un grave errore di tempo, le parole dello il quale, senza accennare al processo, che non Sdoppio, conosceva, scrive tuttavia che « il Bruno diciotto anni

col vero, salvo

«

avanti la sua morte, cioè nel 1582, era stato accusato

<(

di porre

<(

della transustanziazione di

((

Maria Santissima

prima in dubbio ^

e poi di

negare

il

dogma

Cristo e la verginità di

».

In questa narrazione

ci

siamo attenuti fedelmente

alla

confessione del Bruno, la quale concorda pienamente

come avremo occasione

coi fatti,

di dimostrare.

Insino adunque dalle sue giovanili meditazioni,

Bruno Il

atteggiasi ad ostilità verso

il

dogma

il

cristiano.

dubbio, che tenzona nella mente del novizio, conver-

tesi in

negazione nella mente del sacerdote. Davanti

ai

suoi giudici egli confessa senza reticenze di avere sin da' suoi primi anni tenuto, con inconstante fede, dot-

trine ed opinioni contrarie a quelle della Chiesa, ed in

genere a tutte

suo

modo

le religioni positive, le quali,

di vedere,

1)

Documento XXIII.

2)

Vedi

la

sua lettera

turbano

al

la

pace

Eittershausen.

umana

secondo

il

e la quiete,

— spengono



48

mente, senza recar giovamento

la luce della

costumi.

ai

Humanam turbant pacem seclique qùietem, Extinguunt mentis lucem neque moribus, prosunt'.

Onde

rapito dalFidea, che in tutte le sue opere tra-

una

luce, di

religione filosofica, la quale sovrasti a tutte

Je religioni positive,

esclama, che verrà

siderato secolo, in cui

i

Numi

un nuovo

e de-

saranno confinati nel-

E

l'Orco e cesserà la paura delle pene eterne

si

lagna

che insino dalla puerizia venga T animo dei fanciulli

imbevuto

Non per

ci

non

di insani sensi circa le cose della fede l

estendiamo in citazioni su questo argomento,

liferire

buona parte

de' suoi libri.

Perciò

i

suoi

primi dissensi coi frati dell'Ordine non procedettero,

come erroneamente affermano rito contrario

alcuni, dall'essersi chia-

ma

ad Aristotele,

dalle sue opinioni ete-

rodosse. Nell'Orazione consolatoria in morte del duca di ((

Brunswich,

patria per

1)

egli stesso confessa, che

non essere

De Monade,

espresse quasi colle

ecc.,

«

abbandonò

costretto di assoggettarsi ad

pag. 608,

32.

v.

medesime parole

Le

stesse idee

si

la

un

ritrovano

in altri luoglii delle sue opere.

Speratumque diu saeclum succedat in orbe hoc Nam relegata dabit tenebrarum numina in Orcum

2)

Nella Proemiale epistola al libro JDe la causa, jprincipio, et uno dice che la sua filosofia « togle

il

fosco uelo del pazzo sentimento,

« circa l'Orco, et auaro Caronte, onde

« ue 3)

si

il

più dolce della nostra uita

rape, et auelena ».

Non minus hic falso fidei fundamine sensus Imbuit insanos, primis suetudine ab annis, Quara santus habet ille Dei sub voce professus, [De

triplici

minimo

et

mensura, pag.

94).

49

«

culto superstizioso

^

».



-

per fermo fu primo

il

Bruno

a dichiarar la guerra in Italia ad Aristotele. Essa era stata bandita lungo

tempo addietro,

e gli avversari di

Aristotele incontravano oramai anzi favore che biasimo.

Principii della natura del Telesio, che videro la luce

I

mentre

il

Bruno era

novizio, riscossero universali ap-

plausi, quantunque l'autore fosse

ossequente allo Stagirita

ben lungi dal mostrarsi

D'altra parte

il

Bruno non

levò apertamente la bandiera contro Aristotele se non

più tardi, e ne impugnò

che

le

metafìsiche e

le dottrine naturali, piuttosto

le letterarie l

Dalla prefazione alle

tesi,

che contro gli Aristotelici

sostenne nella seconda sua dimora in Parigi, raccogiiesi che egli fu lungamente in forse avanti di aggredire

il

principe delle scuole K

1)

11

Bruno

mentre dimorava

in quest'orazione, che pronunciò

Helmstadt indirizza a

se stesso le seguenti parole

:

« In

mentem

in

revo



« cato (Itale) te a tua patria honestis tuis rationibus atque studiis « exulem,

civem. Ibi superstitioso insanissimoque

liic

cultui adstri-



ad reformatiores ritus adhortatum » Vedi questo passo citato dal Clément, Bibliothèque curieuse, Voi. V, pag. 321. 2) I primi due libri di quest'opera già erano stampati fin dal 1570 ed i rimanenti videro la luce alcuni anni dopo. Il Bruckero nota parimente, che anche in Francia gli avversari di Aristotele erano « ctum, hic

.



bene accetti in

mezzo ad

aristotelici

ai giovani. Il bizzarrissimo

tanto

«

«rem, accurrentium numero docuisse ut

3)

De

dogmi

auditorum^ quasi ad redivivum aetatis docto-

l'anno 1578. Bruckerus, Voi. V, pag. 18.

De

Guglielmo Postel predicava

affollatissimo concorso di uditori la distruzione dei

vix credi posset», e ciò nel-

— Si vegga anche

il

Launoy.

varia Aristotelis fortuna. Hagae-Comitum 1656.

Censura

l'idolatria di Aristotele

quanto a

le

cose naturali.



la causa, i^rincipio, et uno, dialogo terzo.

4) Egli stesso dice stotele, e così: «ora, 4.



che sosteneva dottrine simili a quelle di Ariche ho più visto e considerato, mutai d'avviso».

Berti, Giordano Bruno.



50



Mentre egli stette nel convento, tennero successivamente il governo di Napoli il duca d'Alcalà ed il cardinale di Granvela. Sotto il primo si rinnovarono i soliti tumulti per la paura che fosse introdotta la inquisizione spagnola nel Regno, senza che però venisse

impedire che

fatto alla città in rivolta di

tassero e poi

si

bruciassero

si

decapi-

due nobili Gian Fran-

i

cesco d'Alois della città di Caserta e Gian Bernardino di

Gargano

di

Aversa

\

Ai tumulti popolari succedetle rumorose contro-

tero pochi anni appresso (1567)

per la pubblicazione

versie

Domini,

della

In Caena Governo spa-

bolla

alla cui esecuzione rifiutavasi

il

gnolo 2. Questi avvenimenti davano stimolo ed alimento a quella libertà di pensare e di discutere, che appariva

molesta

ai

rappresentanti di Carlo

contro la quale tanti e

erano

fatti

Filippo

II,

da

Don

V

e di Filippo II, e

energici provvedimenti



Pietro di Toledo

in

poi.

si

Sotto

Napoli, se non tacque, quietò alquanto, e

plaudì festante ai vascelli spagnoli, che ritornavano vittoriosi dalla

Bruno

grande battaglia

in quest'occasione

di

ammirare

Lepanto. Potè le eroiche

il

gesta

di

quel frà Mastrillo da Nola, che, fatto prigione da un brigantino turchesco,

si

sollevò con altri cristiani, che

su quello erano, ed ucciso il

menò

Rais, ne

il

vascello con alquanti dei nemici schiavi ^

indietro

Ma il

de-

siderio vivissimo della scienza aveva ben più efficacia

1)

Di questo tumulto discorrono a lungo tutte

le

cronache di quei

tempi. 2)

Vedi intorno a questa bolla

rolamo Catena. 3)

Roma

la

Vita di Pio V,

scritta

da Ge-

1586, pag. 87,

Compendio della Storia di Napoli con

Costo. Napoli 1771, Voi. Ili, pag. 201.^

le

annotazioni del

sull'animo del Bruno, che

-

51

non

gli

avvenimenti esterni

;

ond'è che in questo intervallo di tempo abbozzò e pre-

parò la materia di parecchi suoi

un breve poema,

libri e forse

compose

quale sembra che appartengano

al

i

pochi versi inseriti nella comedia II Candelaio. Cre-

diamo il

sia

pure da assegnarsi agli anni di cui parliamo,

libro intitolato

:

L'Arca di Noè, dedicato a quel

verissimo pontefice che fu Pio

V\

Questo

libro,

se-

non

ostante l'avviso contrario del dotto Brunhofer, vuol essere compreso nella categoria di quegli scritti Bruniani, che

quantunque sieno

opere da lui

citati,

ci

in più luoghi

delle

lasciano tuttavia in forse se

sieno stati condotti a compimento e pubblicati

àeWAfxa

L'argomento

sue

^.

di Noè, per quanto è lecito

conghietturare dalle parole vaghe e generiche dell'au-

pare debba consistere nella rappresentazione sim-

tore,

umana per mezzo degli animali. Diciamo pare, non osando affermare che le cose stieno

bolica della società

senz'altro in questi termini

seno al

si

^.

quale viene conferita dai

« di

1)

sedere in poppa alla

E

Quest'Arca, entro

il

cui

agitano tutti gli animali, è governata dall'asino,

Numi

medesima

ciò egli alferma nella lettera

«

la

* ».

preeminenza

L'asino, che è

proemiale alla Cabala del ca-

vallo Pegaseo. 2)

Non vogliamo

anticipare nei nostri giudizi

volendolo, senza esaminare

ad uno ad uno

i

e

singoli

non potremmo, libri

Bruniani

smarriti. II Codice NorolF potrà forse dare luce su questo libro del-

VArca di Noè. 3)

In questa conghiettura consentono anche

altri

scrittori.

Bar-

THOLMÈSS;, Voi. II, pag. 112. 4)

Prefazione alla Cabala del cavallo Pegaseo.

condo della Cena de il libro mentovato « :

le

Ceneri

Non

ti

si

leggono

ricordi.

le

Nel dialogo

se-

seguenti parole sopra

Nolano, di quel che è scritto

bestia simbolica e cabalistica per eccellenza, secondo il

Bruno, raffigura in sè la balordaggine,

la ipocrisia,

la falsa devozione, la stupida pazienza, la

Da

questa enumerazione

comprendere

in che

si

modo dovessero

animali che componevano

vano

alla loro testa

il

ignoranza ^

può sino ad un certo segno essere trattati gli

consorzio dell'Arca, e ave-

un tanto

principe.

Perciò io credo che questo libro non sia stato real-

mente presentato

al pontefice,

come parrebbe indicare

la dedica, e che le opinioni in esso contenute si riscon-

massima parte

trino in

nallo

con

Pegaseo,

Casamarciano

nel libro

La Cabala

e nel canto Circeo, in cui gli

-,

del ca-

dedica fantastica al vescovo di

uomini

sono figurati negli animali, fra cui primeggia l'asino

E

^.

qui giova per ultimo avvertire, che la maggior

parte dei libri giovanili Bruniani, che reputiamo per-

per

duti, servirono

Giacché brile

il

alla

Bruno,

opere che pubblicò più tardi.

le

il

quale intendeva con ardore feb-

divulgazione

delle

sue

opinioni,

avrebbe

incontrastabilmente in Inghilterra, ove era pienamente «nel tuo

libro

intitolato:

L'Arca di Noè?

luì

mentre

douean

si

« disponere questi animali per ordine, e doueasi terminar la lite nata in quanto pericolo è stato l'Asino di perdere le precedenze «preeminenza che consistea nel seder in poppa del' archa».

« per

1) .

:

Intitolava quindi all'asino

un sonetto che incominciava

la

sardo-

nicamente:

Oh santa asinità, santa ignoranza, Santa stoltizia, e pia devozione, Qual soia puoi far Tanime si buone, Ch'uman ingegno e studio non Tavanza! Spaccio della Bestia trionfante, dialogo 2)

V. più sopra.

È

certo che

scovo licenza di dedicarg-U 3)

il

il

Bruno non

chiese

a

terzo.

questo ve-

suo libro.

Philothei Jordani Bruni Nolani Cantus Circaeus. Parisiis

1.582.

-

53

-

libero, dato corso a que' suoi scritti che egli

stimasse

momento. Anzi diremo, che i molti libri, per la stampa con operosità straordibreve spazio di tempo, dimostrano quasi ad

di qualche

che

ei licenziò

naria in

evidenza, che alla loro celere composizione conferirono

largamente

i

cartacei,

come

ei li

chiama, che aveva altra

volta spiegati, e messi per coperture di altri scritti'. sulle quali

avremo

meno grave

la per-

Valgano queste poche osservazioni, occasione di ritornare, a renderci

deir^rm

dita

forse

1)

il

di Noè, che nell'ordine cronologico è

primo dei

libri scritti dal

Bruno.

Prefazione alla Cabala del cavallo Pegaseo.

,



54

-

CAPITOLO

III.

(1576-79).

SOMMARIO.





Bruno tocca il territorio genovese. Insegna nella repubblica di Noli la grammatica e la sfera Soggetto di questo insegnamento nel secolo xvi Dopo cinque mesi si reca in Torino, indi in Venezia Suo libro dei segni dei tempi La cattedra di filosofìa in Venezia Il Bruno lascia Lo studio di Padova





r









Italia.

Fuggito Bruno clandestinamente nel

Roma,

fine del 1576 di

svesti l'abito dell'Ordine, ripigliò

il

suo

nome

battesimale e andò errando non sappiamo bene per

quanto tempo, finché capitò nel territorio genovese

mentre ancora era doge ilFattinanti K Costeggiando indi il

mare a ponente giunse

da Savona

e quattro

trasse in Genova, nella

in Noli, distante sette miglia

da Finale.

Non

consta che en-

come erroneamente abbiamo affermato

prima nostra edizione

e ciò, o

perchè vi fossero

minacele di torbidi, o temesse di qualche caso di peste che qua e là ancora che

Genova non

dal suo lavoro,

mercato di

libri,

si

manifestava nel 1577 o pensasse

gli offriva

comodità

di trarre partito

non essendovi grandi

tipografie,

Questo Comune

,

di aspetto

pittoresco e leggiadro

siede in fondo del piccolo golfo che ne porta e trovasi col

1)

Il



nè scuole di rinomanza.

suo territorio quasi appartato

dogato di Fattinanti

finì

con l'ottobre 1578.

il

nome,

dall'

Alta





55

Liguria e rinserrato tra due catene di montagne, che riuniscono agli Appennini verso

si

como,

da una parte

e confinano

dall' altra

Capo

col

di

Noli

È

rocca tagliata a picco \

mura con dall'altra,

piccole

sopra

colle di S. Gia-

il

col

Capo

di

Vado

e

dove terminano in una

,

circondato da alte e belle

torri poste

a breve distanza

1'

una

grandeggia, in cima della col-

le quali

lina, la bellissima del Castello.

Si

vedono ancora

l'interno della città alcuni dei molti

nel-

monumenti, che

già la adornavano, e fra questi la Chiesa di S. Para-

gono

,

fondata insino dal secolo ottavo

vescovo Leonardo Trucco d'Albenga,

il

^.

Era

allora

quale tenne

Comune, benché mantenne lunga pezza

quella Sede dal 1572 al 1588. Questo

quasi obliato dagli storici, fiorente e libero ^. per cittadini, sotto

la

si

la virtuosa operosità

protezione di Genova,

rimase costantemente fedele

;

de' suoi

alla

quale

e meritò, tre secoli

avanti

Bruno, d'accogliere l'Alighieri, mentre, esule dalla

il

terra natale, percorreva pensoso le sponde occidentali della Liguria. Vassi in San Leo e discendesi in Noli,

Montasi su Bismantova in cacume

Con esso

i

piè

!

Purgai. IV.

Dizionario geografico del prof. Casalis, Tomo XII. Torino, 1843. Vedi negli scritti letterari! di Tommaso Torteroli il bel capi-

1) 2)

Xoìi, ossia la Chiesa di S. Paragorio.

tolo:

3) Il Baretti, in

una sua

lettera (ediz. dei Classici di

Milano,

pag. 550), dice che la repubblica di Noli ha una entrata di 125 rini,

e che

manda

fio-

ogni anno a Genova TolFerta di cinque zecchini

per mantenersi sotto la protezione del suo gran scudo; aggiunge poi

che

i

redditi del vescovado

Sua Signoria vuole Nohni.

farsi

sono qualche poco accresciuti quando

maestro di scuola a benefizio dei

fanciulli

— Quivi 0

civile

si

fermò



56

Bruno, venendogli dal Magistrato

il

Vescovo commesso, con tenue retribu-

dal

zione, l'insegnamento pubblico della putti

Comecché questo umile

1.

tornare a sua satisfazione, vi dal bisogno

,

modo

di

in quella che attendeva ai putti,

e a' suoi studi,

L'insegnamento solo n^llo

il

consono

al

suo in-

\'à

Sfera'-.

come dispensavasi decimosesto, si aggirava non

intorno alla sfera,

secolo

movesse circolarmente, il

aridità dell' insegna-

leggendo privatamente ad alcuni

investigare se

costituissero

l'

altro più

gentiluomini della repubblica

nelle scuole del

acconciò, costrettovi

si

temperare

mento grammaticale con gegno

ai

non potesse

tenne cinque mesi non interrotti.

e lo

Per buona ventura, gii si offri

grammatica

ufficio

cielo fosse sferico

il

,

se la terra insieme coli'

globo perfetto^;

sito della regione celeste

quale la natura del moto;

,

ma

se

si

acqua

eziandio qual fosse

della terra

,

dell'

acqua

,

e poi, quale quella delle

intelligenze angeliche motrici dei cieli, quale l'idea o

tipo del

mondo

erano cercati

nella

mente divina

volgare; dedicati a signore, come a

Forteguerri dedicò alle giovinette,

il

1)

3)

4)

madonna Laudomia

suo, Alessandro Piccolomini; letti

come

Pier Vincenzo Danti

2]

I libri sulla sfera

e letti; tradotti dal greco e dal latino in

alla figliuola ^

Teodora

li

leggeva

della illustre famiglia perugina

Documento IX. Documento IX. Galileo, Opere complete. Firenze 1852^ Voi, IH. Della Sfera del mondo di Messer Alessandro Piccolobiini;

edi-

zione terza di Venezia, 1853. 5)

Abbiamo una versione

della

Sfera

del

Sacrobosco fatta da

Vincenzo Danti, fratello di Ignazio, ambidue valentissimi matematici.



57

cosmografi. Della sfera traducevano e dettavano, per

(li

tacer

d' altri

Fiorentino

,

,

Luca Gamico

Agostino Ricci

,

Trifone e Jacopo Gabrielli

Piccol omini, Niccolò di Naie

,

e della sfera

^ ;

,

Mauro

Alessandro leggevano

tempo che vedremo passar di là il Nores e Francesco Barozzi. Galileo compose egli pure in gioventù, quando non avea per anco fatto le sue grandi scoperte celesti, un trattato sulla sfera, nel quale seguitava la dottrina Tolemaica 2, e Bonaventura Cavalieri lesse, parimente ne' suoi primordi sulla sfera il cui insegnamento stima assai più facile che non quello del calcolo ^ Mentre il Bruno insegnava in Noli la sfera, pare che scrivesse intorno alla medesima un libro, che va tra gli

in

Padova

,

nel

Bruno, Giasone

di

,

,

inediti e smarriti.

Lo

dottrina Copernicana,

insegnamento

si

studio, che egli pose intorno alla ci

muove

a credere che nel suo

dilungasse dai consueti argomenti, per

ti-attar le questioni, allora

nuove

e peregrine, del

moto

della terra e delle stelle, della grandezza e distanza

Vincenzo fu eziandio scultore, ed Ignazio fu tra

Commissione per 1)

la

De Sphaerarum

Rico. Basilea, 1575.

i

principali della

riforma del Calendario. motti et qiiinque planetarum, di

— Agostino

Luca Gau-

Eicci di Casalmaggiore pubblicò un

Trattato sul moto dell'ottava sfera.



Mauro

Fiorentino, Trat-

— Trifoni Gabrielli, Nores, Venezia, 1545. — Giason

tato in volgare sulla Sfera. Venezia, 1537.

di Dialogo intorno alla Sfera. Nicolò di Nale, Tavole del Mondo e della Sfera. Padova, 1582. Veggasi anche in proDialogo sopra la Sfera. Venezia, 1579.



posito

capo 2)

il

TiRABOSCHi, Storia della letteratura, Voi. VII, libro

II,

II.

Questo trattato ritrovasi nel Voi. Ili delle opere di Galileo,

edizione citata. 3)



Opere di Galileo, Voi. IX.



58



infinita degli astri, della loro abitabilità, e della plu-

mondi;

ralità ed infinità dei

intorno alle quali cose

egli piacevasi di speculare liberamente. I dialoghi sulla

Cena

Londra in difesa del danno un'idea di quel che si

delle Ceneri, pubblicati a

sistema Copernicano,

ci

fosse questo insegnamento. Epperciò, se

ricordato

il

incontrò sorte pari a quella

Noè,\d, dottrina di esso, secondo noi,

zialmente riprodotta in quelli che

Dopo cinque

Arm

di

troverà sostan-

si

ci

libro dianzi

dell'

restano

2.

mesi, o sia che fosse fastidito della scuola

dei putti, 0 sia che fosse

mosso dal

desiderio, che in lui

era vivissimo, di vedere nuove cose e nuovi uomini, si

licenziò

venne in Savona. Ciò accadde verso

e

line del 1577.

In Savona

si

poi volgendo verso le Alpi,

il

trattenne quindici giorni, si

recava-

«

alla metropoli

Piemonte dove è la deliziosa città di Taurino ^ deliziosa veramente in quel tempo, in cui, oltre lo essere quasi sola non tocca dalla crudelissima peste S «

del

andavasi rimettendo dalle patite guerre per vide cure di quel saggio principe che fu Filiberto,

della

il

quale meritossi

il

titolo di

le

prov-

Emanuele

secondo padre

Monarchia Sabauda.

Le

industrie

Studio

,

le

,

erano fiorenti

per le riforme introdotte

coi migliori d' Italia e sì per

arti

la copia

,

si

Bruno accenna a questo

Il

2)

Leggasi specialmente,

;

lo

poteva competere

per la qualità dei professori

degli scolari,

1)

,

e favorite

che loro facevano in

libro nel processo.

— V. Documento IX.

oltre più altri suoi libri, la

Cena

delle

Ceneri. 3ì

Spaccio della Bestia trionfante, edizione

di

Wagner,

pag. 218. 4)

Ragionamento

di Agostino Eucci, Torino, 1577.

voi.

11^

-

59

-

questi anni insolita corona K Vi leggevano nel 1577

il

bresciano Lucilio Filalteo, uno degli uomini più dotti di queir età 2;

losofia

3;

Berga, assai lodato e valente nella

il

Vimercato

il

,

filosofo

anch'esso

e

fi-

profondo

criminalista, che insegnò di poi filosofìa in Parigi, ed

Agostino Bucci, peripatetico di vaglia ed amicissimo del

Tasso

che lo scelse per uno degli interlocutori

,

dei suoi dialoghi ^

che

il

Bruno



Tasso cercò pur

pare fuor di luogo notare

ci

egli

quasi ad un

,

tempo

col

riparo nella capitale delle Alpi. Presentavasi

,

alle porte di

essa colla tristezza e collo sconforto nel

cuore, colla febbre nelle viscere, col viso sparuto, con l'abito

stodi,

dimesso

e lacero, e

come sospetto

ne veniva ributtato dai cu*

di peste.

Benché

il

suo

nome

suo*

nasse celebrato e sul suo capo brillasse la duplice co-

rona della poesia forzato dalla sua

e della filosofìa, era cionondimeno mala sorte a mendicare ramingo un

tozzo di pane ^

Quanto

dissimili d' ingegno e di fortuna questi due^

benché fossero nati sotto fanciulli

1)

lo stesso

spirato le stesse aure!

Lo Studio

Il

cielo

ed avessero

Tasso cristiano

e

torinese fu riformato alcuni anni avanti (1571-72) la

venuta del Bruno. 2) Filalteo

stava allora dettando

blicò nell'anno 3)

il

trattato

De

anima, che

puìj-

1679.

Antonio Berga, dottore e professore

dello Studio torinese, so-

stenne lung-a ed acre disputazione col Bucci, come ricavasi dal suo libro a

stampa,

Abbiamo pure

Besponsum ad logicam Augustini Bucci,

etc.



un Commentario sopra la fisica di Aristotele. 4) Storia delle Università del Piemonte di Tommaso Vallauri, Voi. II, pag. 63. Bucci Letterato, Manoscritto di Vernazza nelV Archivio generale dello Stato. Dialoghi del Tasso. 5) Gazze RA, Proemio ad alcuni scritti inediti del Tasso. di lui





cantor della Croce;

il

60



Bruno avverso ad ogni simbolo mondo, finisce i

religioso. Quegli stanco e disilluso del

suoi giorni nella quiete del convento; questi comincia dal convento per morire sul rogo torcendo gli occhi dal crocifisso!

Non avendo ((

Bruno trovato

il

a sua satisfactione

in

sene a Venezia \ Questa splendida

vedeva per

ch'ei

la

Torino trattenimento

s'imbarcò sopra

»,

prima

e

Po

il

e

andos-

monumentale

città,

volta, dovette apparirgli oltre-

modo

squallida e deserta per la peste, che ancora rafflig-

geva

e

che già

abitanti

Lo

2.

le

avea

tolto straordinario

sconforto,

occupati gli animi di

numero

degli

timore e la tristezza tenevano

il

Ancoraché

tutti.

giosissimo e non paventasse la morte

egli fosse corag-

{mortem minime

exhorrescimits ipsam), non poteva non sentirsi com-

mosso dal

tristo stato della città e dalle

zioni di quei cittadini. officine tipografiche

Le

misere condi-

scuole avevano cessato ^ le

erano chiuse 0 lavoravano a rilento.

Dal che si raccoglie che il Bruno non dovette mente porre il piede in questa città che verso

certafine

il

del 1577, essendosi solo pubblicata libera dalla peste

nel luglio di quell'anno, secondo l'affermazione di

un

cronista contemporaneo, Cornelio Morello^.

1)

Documento IX.

2)

La

1577

peste

e nei

menò

orribile strage in

due anni precedenti.

Venezia nella prima metà del

I cronisti però, se

non concordano

sempre nel numero dei morti, pare che non mettano in dubbio che cessasse solo nel luglio del 1577. 3)

Andrea Morosini, Storia di Venezia,

— Vedi

Voi. VI,

Begli

Scrittori Veneti, p. 625. 4) Sebbene questa data non sia che congetturale essa tuttavia non può trarci lontano di molto dal vero. Nel principio quindi del 1578 il

Bruno

era ancora in Venezia.

— Il

Bruno

si

61



mise a dozzina con uno dell'Arsenale, che

abitava in Frezzeria, vi stette un mese e mezzo. Travagliato dal bisogno di

guadagnar qualche poco

di

danaro, secondo che egli dice, scrisse un libro intito-

Dei Segni dei Tempi K Come prima l'ebbe finito, presentò al padre Remigio da Fiorenza, domenicano,

lato lo

:

noto nella repubblica letteraria per la sua versione del Salterio Davidico e per altri pregiati lavori, affinchè lo

esaminasse avanti che fosse messo sotto

ai torchi

padre Remigio Bruno, il quale

lo restituì al

lo lesse,

ed approvatolo,

lo diè in luce

senza

nome

11

di autore o

con quello di Filippo Bruno. Sebbene non possa revocarsi in dubbio questa pubblicazione, affermata chiara-

mente dal Bruno nel processo ^ tuttavia il libro sfuggì insino ad ora alle nostre ricerche ed a quelle diligentissime fatte da due valenti bibliografi, nella storia patria veneta molto versati ^ Così, non senza nostro rammarico, ci è vietato di pigliare notizia di uno scritto Bruniano giudicato cattolico, o almeno non ripugnante alle dottrine cattoliche, dal religiosissimo padre Remigio.

Non

senza nostro rammarico, diciamo

fu veramente quale

cose dette che fosse,

1)

Doc. IX.

2)

Le

confessioni del

nezia dal 1556 sino all'anno 1578.

3)

Doc. IX.

4)

L'uno

è

il

11^

cav.

perchè, se esso

Bruno concordano pienamente il padre Remigio Fiorentino

vandosi dalla storia che

dicatormn, Voi.

;

abbiamo ragione di credere dalle non vi ^sarebbe speranza di poterne

— V. Scriptores

coi fatti rica-

stette in Ve-

Ordinis Prea-

pag. 259.

Emanuele Cicogna, che

illustrò

con lodevolis-

simi scritti la storia della sua terra natale; l'altro è l'egregio Valentininelli, bibliotecario della

Marciana.

— discoprire

62



lineamenti nei libri postumi, informati da

i

ben diversa dottrina K

Mentre geva

Bruno era

il

filosofìa in

in questo

convento

il

tempo

in Venezia, leg-

padre Paolo Sarpi,

una grande rinomanza

il

quale

si

era già acquistato

in

Mantova, in Venezia, benché giovanissimo d'anni.

Alla sua scuola accorrevano, oltre

i

frati

in Milano,

dell'Ordine,

appartenenti alle più cospicue famiglie pa-

molti laici

trizie, allettati

dall'eloquenza e dal vasto sapere di

lui,

che era in molte parti nuovo e profondo sebbene nella ;

filosofìa, si

secondo ciò che ne riferisce

Foscarini,

il

non

discostasse dall'analisi dei fatti della coscienza e della

Questo metodo non doveva piacere sover-

sensazione

^.

chiamente

al

Bruno;

il

quale o non udi fra Paolo,

o,

avendolo udito, non ne fece gran caso, perchè noi ram-

menta

ne' suoi scritti.

Insegnava pure

più rumore che non fra Paolo tedra istituita dalla Repubblica

,

e

con

famosa

cat-

fìlosofia

in quella

,

ed affidata senza inter-

ruzione a patrizi (per decreto espresso del Senato),

Luigi da Pesaro, che noverava in quel tempo uditori

1)

il

Questa opinione sembra suifragata dal silenzio, che

stesso serbò in tutte le sue opere a 2)

suoi

fra'

futuro istoriografo di Venezia, Andrea Moro-

stampa su questo

il

Bruno

libro.

Foscarini, Della letteratura veneziana. Padova, 1752, pag. 310.

— Secondo

il

Grisellini

i

veri studi del Sarpi e le sue stupende sco-

perte nelle scienze naturali incominciano da questo tempo. 3) Questa cattedra di filosofìa in Venezia, tenuta sempre da un gentiluomo nominato dal Senato, fu istituita insino dal secolo decimoquinto. Essa meriterebbe di essere illustrata unitamente alle cattedre

di letteratura

di giurisprudenza,

formanti insieme

istituto superiore d'insegnamento,

ad imitazione del

greca e latina

un corpo od un

e

quale Francesco I fondò in Parigi quelle scuole indipendenti dalla

Sorbona, che di poi

si

trasformarono nel Collegio di Francia.

-

63

-

Nicolò Contarini, che poi fu doge, e Cristoforo

sini,

Valliero K

Dopo due mesi

il

Bruno abbandonò Venezia, senza

avere, a quanto sembra,

con alcuno di quei

stretto particolare dimestichezza

letterati, o di

quei giovani, che poi

nel 1592 conobbe illustri; e si recò in Padova.

Leggevano

allora in quel celebratissimo Studio teo-

logia e metafisica, nel convento dei Domenicani,

Tommaso

e

Marziale Pellegrino; la

il

Petrella

stampe come per

il

chiari così per

3,

padri

filosofia e la logica,

nell'Università, Francesco Carlo Piccolomini^,

Zabarella ed

i

Giacomo

libri dati alle

i

loro insegnamento.

In Padova s'incontrò in alquanti frati suoi conoscenti, i

quali lo esortarono a vestir di

anche senza rientrare

nell'

nuovo Fabito

Ordine.

La

era nuova od insueta in que' tempi

un

dice

illustre storico,

,

religioso

qual cosa non

nei quali

più di quaranta mila

,

come

frati in

vivevano fuori del convento K Ei non fece dapprima buon viso al consiglio, che di poi accettò e mise ad esecuzione in Bergamo ^ Ritenendo ch'egli dimo-

Italia

1)

titolo

Abbiamo di Luigi da Pesaro un libro stampato in Padova col De priscontm Sapientum placitis, ac optimo philosophandi :

genere. 2)

Francesco Carlo Piccoìomini insegnò dal 1560 sino

secolo. Il suo intento era di

finchè

non

stare con

conciliare Aristotele

si corresse rischio,

un

eliminando l'uno o V altro, di

— Papadopoli, Historia Gymnasii Patavini, — Pacciolati, Fasta Gymnasii Patavini. 3)

Bernardino Petrella pubblicò: Libros et

re-

occhio solo, come egli diceva, a somiglianza dei Ci-

clopi

gicarum

al finire del

con Platone, af-

VII

Voi. I, pag. 339.

disputationus

lo-

commentarios in duos Aristotelis libros analiticos po-

steriores. 4)

Botta, Storia d'Italia, libro XII.

5)

Doc. IX.

-

64



rasse due mesi circa in Venezia ed alti-ettanti in Padova,

non dovette partire da quest' ultima città ciie verso il maggio 0 il giugno del 1578. La supposizione della dimora di due mesi in Padova è anch'essa più vicina al vero che non lontana, perchè una università quale Padova ed un uomo (juale il Bruno desiderosissimo di discutere di pensieri e di studi, due mesi non dovevano tornare lunghi.

Preso congedo da Padova, toccò Brescia, dove accadde un

laiio cuiioso.

[)i-ovvis;tini"iii(' pi-olela, iiii-iif.

prin(

1

Un monaco

ci'a

gi"an teologo

diventato im-

perito in tutte lo

coniijagni, attriljuendo quelle meraviglie a 1"

cattivo,

i|jio

avevano cacciato

naio asino

corpo

i

come

ijrima con

umori

inalili. Militi

una hevanda, che '.

In

Bergamo

gli

lare

una veste

che aveva hen conservato; e così, vestito da

venne

lama

in

in

Milano. Milano,

poco prezzo, vi pose sopra

Fu

allora, crediamo, che

coiiio

il

toi'-

levò

poi, fattasi

lare,

di

un

prigione,

in

Bruno con certa ironia racconta d'averlo guarito e

(li

gli

lo

scapuf/ 'ale,

conohbe per

egli stesso ci fa sapere, sir Fi-

lippo Sidney, col quale ebbe poi a trovarsi in grande

dimestichezza a Londra.

Il

gentiluomo di Elisabetta

era appunto in giro quelFanno, ambasciatore per la

sua regina presso Flmpero.

Da Milano

pare abbia ripigliato

la

via di Torino ^ e

giunto a questo estremo confine d'Italia, varcasse

il

Moncenisio e venisse in Chambéry, pigliando alloggio in

1)

Questo fatto viene

riferito dal

gina 578, edizione del GfrOrer. 2)

Documento IX.

Bruno

nei suoi scritti latini. V. pa-

un convento

65

-

del suo Ordine \ L'accoglimento, che ebbe

non

dai frati savoiardi,

fu quale

si

era ripromesso.

Un

non pigliare perchè, proseguendo il

frate italiano, che trovavasi colà, gii disse di

meraviglia o dispiacere di

ciò,

cammino, avrebbe incontrato nei conventi francesi minore gentilezza di quella che

gii

veniva dimostrata iu

Chambéry. Le quali parole, congiunte

colle fredde acco-

glienze, e col desiderio di vedere la città dei novatori,

furono cagione che egli quel convento, e tinuare

Ma

si

come pare avesse

divisato.

secondo la nostra supposizione, se egli nei mesi di

giugno del 1578 era ancora in Padova, do-

e

vette attraversare

mesi

congedasse prontamente da

viaggio per Lione,

il

maggio i

si

volgesse verso Ginevra invece di con-

le

Alpi in agosto, e passare quindi

inverno nel convento di Chambéry. Difatto

d'

documenti Ginevrini

ci

rendono prova che

egli nei

i

primi

mesi del 1579 era in riva del Lemano, come vedremo dal capitolo ([uinto. Italia

può

parti di

Per conseguenza questo suo viaggio

cosi tracciarsi nei suoi punti principali

Roma

:

in

egli

nell'anno dopo quello del Giubileo, cioè

nel 1576 e verso

il

fine.

NelFanno

1577,

se in principio od in fine, insegnò in Noli.

Venezia ed in Padova,

e nel line del

non sappiamo Nel 1578 è in

1578 è in

Cham-

béry. Nei primi mesi del 1579 è in Ginevra. Quest'ul-

come è certa quella della sua fuga — Le date intermedie sono solo approssimative, ma non distanti dal vero. Il Bruno adunque uscì d'Italia verso il fine del 1578, ed entrò in

tima data da

Roma

è certa,

nel 1576.

Ginevra nel principio del 1579.

1)

Cousideriamo

la

dimora fatta nel convento dei Domenicani in

Chambéry come dimora 5.



in terra straniera.

Berti, Giordano Bruno.



-

66

CAPi roii) SOMMARIU.



IV.

Hruuo per libera elezione Lascia il convento e compie lunglii e fortunosi viaggi per convertire crl'infedeli Insegnamento deWAi-te Mar/zia e grande efficacia ad essa attribuita Conformità I-'abate Gioadi alcune sentenze del Lullo con alcune «lei Hruno Suoi libri — X.'Krangelio eterno \\ Cardinale Niccolò da chino Applicazione della matematica alla metalisica studio in('usa defesso del sistema Copernicano per parte del Bruno (Giudizio studi letlerarii dol Uruno Difetti del suo intorno al Copernico rrinii autori che studiò

Raimondo I-uUo



il



Sue avventure







— —











stile.

Pl'iliia di accniii|»;i;4iKii<'
alcuni sciii negli

il

diamo



l(

l'i

anni

clic

|)(»irc jjiii

(inali

non Aristotele

l>i'mH' nei suoi via^ii lìiori (liscoi-i-oi'c

i

«|ii;di

bi'cvcui(3ute di

atlestMÌa sè

c;^li

cIk- sh'l le iit'ir( )rdiiic.

^criiiori,

a

del suo in|ic.i:no ai

il

mio

I

assai

si

.a

n«»li/ia,

cli(3

dilìcrenziano

i<'iic\ano lo scciifo nelle scuole ai suoi

liiovcià

Copernico,

i

sindid dri -piali

ili.

di «[iic^ii

da quidli. Iciiipi,

opiMti

^liiniiiiiin

in

cliiain conic

conlciiidiKi si

i

aircducazione

alilo,

il

('usa,

il

noIsc jjcr libera elezione, che

'rmnnniso.

S.

il

cIk^ tidi

interpretare nel

convento. Rainioiido Lullo,

i

cui libri tnronu ira

Bi'uno leggesse, nacque \erso

la

metà

cimoterzo (1235) da nobile famiglia in lica.

Crebbe

(|uasi

digiuno

di

lettere e

i

del

primi che

il

secolo de-

Palma

di

Maio-

passò nella dis-

sipazione e nel vizio la sua giovinezza. Ma, pervenuto

alFanno trigesimo secondo di sua età ed annoiato dei piaceri

e sentitosi stanco

e delle vanità del

mondo,

di-

-

-

67

famiglia ed ai poveri

sti-ibui alla

suo;

il

e,

dato un

addio alla moglie, Caterina Labots, nobile e ricca donna,

aveva avuto due

dalla quale

visitò in abito di pellegrino 8.

indi

si

ritirò sulla

Randa.

A

cima

ed una

figliuoli

Giacomo

figliuola,

di Compostella,

monte

solitaria e deserta del

questo subitaneo mutamento di vita pare

abbia contribuito una violenta e non corrisposta passione, che dicono sentisse

da lungo tempo per una bel-

lissima e virtuosissima signora genovese.

Ambrosia

di

Castello, che abitava in Maiorica col proprio marito.

Passò sul Randa ben nove anni

una povera

in

|)anna costruita di sua mano, coperto

il

corpo di

ca-

cilicio

e tutto dedito alla vita romitica e contemplativa. Cre-

dendosi non pertanto eletto da Dio a propagare nel-

rOriente

Cristianesimo,

il

si

applicò allo studio con

grande intensità di mente, che in breve sussidio, la qua! cosa la

ha

del meraviglioso,



senza altrui

e

imparò da



lingua latina e l'araba, onde ebbe più tardi a dar prova

nel suo duplice apostolato dell'insegnamento

e

conversione degli infedeli. Disceso dal monte, a Montpellier ed a Parigi,

poi a

Roma

dove pubblicò varii

si

della

recò

scritti;

per conferire col papa intorno alla con-

versione degli infedeli; quindi nuovamente a Parigi, desideroso di

jnagna,

la

insegnare e di propagare la sua

sua grand'arte. L'intima voce

con tanta forza verso

i

lidi

Ars

spingeva

delFOriente, che non andò

molto, ch'egli lasciata la Francia ed

alla volta dell'AMca.

libero insegna-

il

mento, ritornò in Ralia ed a Roma,

Genova

lo

e

si

Ma quando

imbarcò in

era già sulla

nave, preso da paura, retrocesse invece di proseguire

il

viaggio; vergognatosi però ben tosto della sua debolezza, si

rimise in mare: sbarcò in Tunisi, e

si

diè a predicare

al

68

-

popolo ed a discutere coi sapienti intorno

ai principii

deirislamismo. Le sue parole, che furono in sulle prime accolte assai favorevolmente, indi a poco gli

suscita-

rono contro accaniti nemici; onde, accusato e messo in prigione, avrebbe corso pericolo della vita, se

un Reduce

fosse venuto in soccorso

prete ai-abo,

grande stima di

dall'Africa

lui.

quanto tempo in Napoli, dove

si

fermò

maestro

il

mia, e che stringesse dimestichezza col

promessa

gli

al-

leggenda dice che

la

incontrasse Arnaldo da Yillanova,

non

che faceva

di alchi-

quale, avuta

l'e, il

mise a parte delle arcane co-

di segreto, lo

gnizioni di alchimia che aveva ricevuto da Arnaldo K

Questi

leggendari

fatti

cetto che

insegnò

popolo

il

sua

la

si

ci

dimostrano quale fosse

formava

di quest'uomo. In

Nuova Introduzione

alle

il

con-

Napoli

scienze e

lasciò discepoli.

Pellegrinò dopo Napoli per altre contrade d'Europa, eccitando

principi

i

a fondare scuole per

orientali ed a procedere concordi contro

ripetutamente lo

e

con fortunose vicende

Islamismo innalzò

le

le

lingue

Turco. Toccò

il il

suolo, in cui

sue tende. Compose con istraor-

dinaria operosità in mezzo alle agitazioni ed a pericoli di

ogni sorta in Palestina, in Tunisi ed in altre

di quelle terre

battere

1)

le

Ea

«

sigillo,

de' suoi libri, intesi a

com-

dottrine giudaicó-arabiche. Grandi furono

Leggiamo

«

non pochi

infatti nel libro II

Testamento

di

i

Eaimondo Lullo:

accepi et habui a serenissimo rege Roberto Neapolis, sub secreti

quae quidem experimento ipse habuerat a peritissimo Arnaldo omnibus

« de Villanova, qui merito fons scientiae vocari debet, quia in

« scientiis prae caeteris hominibus floruit » Ora è provato dai diligenti .

studi che

si

fanno sulle opere di Raimondo Lullo che

mento è opera

di

un

falsario, e

che

il

Lullo non



il

Hbro

il

Testa-

occupò di alchimia.

travagli, che

egli

-

69

durò in queste sue pellegrinazioni

senzachè l'animo rimanesse per nulla indebo-

orientali,

od affranto. Continuò insino all'ultimo ne' suoi nobili

lito

propositi,

e,

convinto che la sua

magna

ars potesse

meglio che qualsiasi altro metodo adoperarsi a difesa ed

a propagazione del Cristianesimo, instò presso ed

il

pontefice affinchè la pigliassero sotto

trocinio e ne consentissero l'insegnamento.

i

il

principi loro pa-

Nel che

i

suoi voti non furono senza effetto. Perocché, lui vivo, si

fondarono nella Francia, nella Spagna e nella stessa

Roma

venne insegnata I libri Europa, specialmente per opera dei Francescani, e ne fu si grande il scuole, in cui quella

di lui si diffusero eziandio per tutta

numero

e sì

vario l'argomento, che taluni avvisarono

che due e non uno fossero

i

Lulli.

CoU'animo ognora rivolto al medesimo scopo intervenne al Concilio di Vienna nel Dellìnato (1310) per impetrare che fossero ridotti in un solo

tutti gli

Or-

dini militari della Cristianità, affine di combattere

effi-

cacemente

i

Turchi

che fosse bandito dalle scuole lo

;

averroismo, e venissero con acconcio insegnamento delle lingue orientali e delle discipline teologiche pre-

parati

i

sacerdoti alle missioni in Oliente.

1) I frati

Francescani approvarono per

i

primi l'arte metodica del

Lullo e la insegnarono nelle loro scuole. Essi avevano in particolare affetto questo maiorchese che si era a loro affigliato sebbene

partenesse a nessun ordine religioso. Più tardi alla medesima

zarono due cattedre, una in Maiorica in proposito Pietro Berti

matio, ut etiam hodie

:

«

Huius

magno

viri

e l'altra in

1609.

innal-

Valenza. Aggiunge

tanta apud suos cives est

exti-

stipendio Lulliana philosophia ibi loco

Aristotelicae doceatur». Alstedio, Clavis artis rati,

non apsi

LulUanae. Argento-

Dopo

-

70

tante e così gravi fatiche, visto che c'era poco

a sperare

m Europa, si ripose in nave

ed approdò

alle

coste d'Africa nella avanzatissima età di anni ottanta. Ivi ripigliò col consueto zelo l'opera della conversione

degli infedeli, certo di incontrare

non

si

fece

dicava in Bugia, lo

il

martirio.

il

popolo se

gii

questo

levò contro a tumulto e

malmenò per modo che rimase come morto

Una nave

E

lungamente aspettare: poiché, mentre presul lido.

genovese che veleggiava per quelle

pietosamente presso la sua

teri-a natale, l'isola di

alla quale rendette l'anima a

Ecco quale fu l'uomo, che

il

parti,

agonizzante

lo raccolse e lo trasportò

fili

Maiorica, davanti

Dio K Bruno prendeva a guida

studi e che compiacevasi chiamare Incolto

dei suoi

eremita imp irato da un genio divino^. Nella sua mente e nella sua indole, ritraeva molto dalla

Spagna

in cui nacque. Il posto che egli prese nelle

non da Maimo-

lettere e nella filosofia del suo paese, eguaglia se

vince in altezza quello preso da Averroè e

nide nei popoli arahici e giudaici. Pare che alla cognizione delle dottrine professate dai medesimi unisse

È un uomo

eziandio quella delle scuole ebraiche.

tempo,

s'alza di assai sul suo

un impulso fìlosofìca si

1)

Non

ad un tempo.

Morì nell'anno 1315.

tombe

pella della



della tamìglia,

Il

fece scoperte durature,

ma

concorse tuttavia ad

non ali-

suo corpo che fu dapprima sepolto

venne indi levato

e

messo in una cap-

chiesa dei Francescani di Maiorica, dove onorasi

santo. 2)

che

persona parte

intellettuale di indole mistica ed idealistico-

avviò per sentieri nuovi,

nelle

e dalla cui

Divinus certe Genius radi incultoque insinuavit eremitae.

lampade combinatoria, pag. 634.

come

— Be

mentare

il

71

-

pensiero filosofico in Ispagna ed anche

iri

Italia.

È

originale e sino ad

un

nuovo nella vita come già notammo, mae-

certo segno

e nei pensieri. Oltre di essere,

stro di sè, scrive senza conoscere l'antichità e studiarla.

non

che

E

delle

Compone più

astrazioni metafisiche.

di trecento scritti

(e

non quattro mila come

affermato) intesi tutti più o

meno

sero

i

ci fa

mismo. Volendo giudicare i

i

con tanta libertà che spesso scrittore popolare ed

fos-

l'isla-

suoi libri bisogna sceverare

veri e originali dagli apocrifi e dai

rosi che sono tradotti dalla lingua materna,

Fu

Vaìwer-

meglio di ogni altro conoscere quali

pensamenti con cui sperava abbattere

con diligenza

ha

altri

allo stesso scopo.

suo libro Principii di filosofia contilo

Il

roismo

senza

psicologo, e fa più uso dell'osservazione

il

il

nume-

catalano,

senso ne riesce travisato.

anche poeta. Serbò nelle spe-

culazioni filosofiche grande indipendenza di mente, e seppe, benché mistico, procedere in quelle con forma sistematica. L'accurata pubblicazione che ora si sta fa-

cendo di tutte

uomo un

le

concetto

opere dal Rossello assai

quello che abbiamo K

ben dice filosofo,

il

II

ci

darà di questo

più compiuto Lullo

Weber, teologo

ci si

e

sincero

dimostrerà,

e naturalista,

di

come

missionario e

mistico e indipendente, poeta e scrittore cata-

lano popolai'e. L'arte Lulliana, che a detta del

Bruno

ci

diede la

metafisica dello Scoto- ed alcuni grandi pensamenti

1) in-8°.

2)

Ramon Lull. Palma editor 1886 e 1887. Crediamo siano già usciti tre volumi. De lampade combinatoria, pag. 627. « Unde Scotigena theo-

KossELLo, Obras de

da Cusa, fu nel secolo decimosesto professata ed illustrata da Cornelio Agrippa, dal Léfevre,

di Nicolò

dal Bouilly, dal Paracelso ^ dall'Ungherese principe della Scala-, dal Veneto Valerio dei Valerli dal Tolo-

da Giulio Faccio

sano

dall' Alstedio

^ dal Sanchez

Gerolamo' e da altri di minor nome. Nel medesimo secolo la dialettica LuUiana alternavasi nelle scuole germaniche con la logica del Ramo, e venivano entrambe con varia vicenda professate ». « logicam methapliysicam, vel iiietliaphysicam

(quam scholasticam

« appellant) theologiam cuni subtilibus aliis extraxisse constat ».

Intende di parlare del Dottore

sottile,

poraneo del Lullo. 1)

V. Bruno, Scripta latina, pag. 628.

di Nettesheim scrisse:

A

Liilli.

— Enrico Cornelio Agkippa

Commentar ia in artem brevem Maymundi

proposito di questi Commentarli

« illustrare

il

Bruno

dice: « Cornelius

Commentariis non tam Lullum quam se ipsum Del Léfevre (Paber stapulensis) di Carlo elabora vit ».

« Agrippa propriis

BouUy



Giovanni Duns-Scott, contem-



(Carolus BoulUius) e del Paracelso discorre parimenti

il

Bruno

nell'opera sovracitata. 2)

Paulus ScALicmus de Lika comes Hunnorum.

De

recolutione

alphabetaria sive perfecttssim.o ad omne genus scientiarum methodo. 3)

Valerii de Valer ris patrici

Opus aureum, in quo omnia omnium parens Raymundus quam arte generali tradidit.

vernati,

breviter explicantur, quae scientiarum

Lullus

tam

in scientiarum arbore

Pefrus Tholosanus, Sintaxis artis mirabilis. 5) JuLLius Paccius, Ars LuUiana emendata. Valentiae 1613. 6) Henr. Alstedius, opera citata. 7) Petrus Hieronymus Sanchez, Methodus generalis et admirabilis ad omnes scientias facilius addiscendas in qua Maymundi Omettiamo il Degardillo, il GueLulli ars brevis explicatur. 4)



dara, I'Herrera,

gono 8)

il

KiRCHERO,

il

XVII. V. intorno alllnsegnamento

cappuciuo IvoNE, che già apparten-

al secolo

Vie de Bamus.



del Bruno « Inter pag. 24).

..

.

della dialettica

Eamea Waddigton, :

Bruckero scrive che l'arte del Lullo ai tempi Germanos passim magnifice extollebatur » (Voi. V, Il

-

-

73

In Italia quella insegnavasi in alcuni conventi ed un ;

nostro italiano Domenico da Siena, frate dell'Ordine dei Minori, era chiamato in Ispagna per attendere alla

correzione e traduzione dell'Arte inventiva ^ e con-

temporaneamente parecchie opere del Lullo vedevano la luce coi tipi di Venezia e di Palermo. Enrico Alstedio, insigne LuUista ed editore di alcuni scritti del Bruno, non dubitava di asserire che in tutto il mondo non vi furono che tre grandi filosofi, i quali abbiano con

uomini

le

contribuito a dirozzare gli

ciclopici e belluini: Aristotele,

Reputavasi

di tale

che era avviso

tempo

loro opere

e

efficacia la dialettica

il

Ramo^

del Lullo,

potesse con quella in brevissimo

quasi senza fatica imparare tutto lo scibile e

conseguire qualsiasi

si

Lullo ed

il

dono

di dir

bene ed all'improvviso sopra

A

petto di quella in niun conto

argomento ^

erano da aversi

perciò crede vasi sortita

le altre arti;

da natura ad abbattere quante

la precedettero

senza che

tempo avvenire dovesse rimaner soprafatta da altra qualsiasi"'; potersi, mercè quella, con prontezza straordinaria trarre da un con-

fosse pericolo che a sua volta nel

cetto infiniti altri in virtù del principio che

1)

tiae,

Divi Raymundi Lulli,

etc.

Ars inventiva

il

tutto è

veritaiis.

Valen-

1815.

2) Aristoteles,

Raymundus LuUus

et Petrus

Eamus

multum manu quasi

in hoc

operae posuerunt ut homines prorsus feros et cyclopicos

ducerent in amoenissima scientiarum vireta. 3) « Quod magis admirandum, fere impuberes hac arte freti de omnibus rebus disseruerunt et hac arte paucisslmis mensibus doctis-

simi evaserunt », pag. 14.

che questi

si



Kechermann, avverso al Lullo, dice « concinnare artem generalem

propose per assunto

cuius ope possemus disserere de 4) JoRD.

omni

scibili».

Bruni, Scripta latina, pag. 628.

;

— iieirimo.

Mediato

Gominio.

quanto

t'osse

vano vera

era

essi

;ip.

Ccllcil/.a

e(|

'riamente eìic

:

clic

diii-er.'lili.'

i-jje

ess.i

ri\ t'Ia/ioiie e

clic'inindi niisici

i

l.i

1)

pa.o;.

i

1

non

':

(piai

r

1

ni.

sua

nias.siiua

1

1

l

(

lii

1

miivcrsale, e

clUcacia

na sentenza,

j

gli stessi

u ispecie

mentre

sim cocinneo i"A(piinate,

prediletta:



Bruno

Il

« In

unum

e>;t

;

cadi'ebbero

ac(piistava per

era

M Ut

di

in ec-

S. A<^"OStÌnO

i

;ilire

clie

Lullo

Sostene-

ivo a credere clie

il

del

sicut in oihuìImis allatuni

'Ss;

1 1

le

;dl;i

i

del

vinceva

l)io. l'si

di

so<j-<'H la

n

i

istiidin'i

p<'r

lede

;

1

V. Hexr. Alstkdius, opera citata.

omnia

Jiiesi^;

sapevauo

iiulla

l>iiHiaiia

1

d(Mi(i ,i:raiiiii..

discepoli

i

b'el'tLii

i

ni! e;iiile. a s(.inij^lian/.a

teiiieiite (jue.stji

sorella di

la

poclii

di

Inid maesti'O.

iu;!

d m ir

l;i

eccitò gravi sospciii o die

per

clic

|MTeiiiiciiieiiic.

;iiiil;i\ :iiiM

della

cli<'

ddiii

liuiil;!

111

ci;!

lede,

la

snpicii/a del

iifll;i

l<'i i]« »;_:ia

iiiicm

ili

spazio

lo

Daguino

Ttaliaiìi,

ivo IVatelli Caiiterii

dato luiiaiianiente iuipai-are.

(ìl'aiidissiiiia

ripone\aii
due

o di

a\('\aii(\

«piali

i

anni, appicso ciiiro

dieci

confeì'nia di questa e di

uan-a\'asi di

e (Tiaconio

di Goi'iiiaiii;).

A

unto'.

nel

Yi\]\()

ass(M/ioui

sifì^itto



74

».

uno

ripeto troi^uen-

er^^o

adferantur

— V. Scripta latina,

19:^.

2) V.

HuHLK. Storia (Mia

fazioni alle varie opere



V. anche le preVoi li. segnatamente quella ])remeKsa al-

filosofia,

LuUiane

e

Tedizione di Franeoforte, 159G. 3)

Quod

doetrina

Raymundi LuUi

exc^llit

omnium aliorum



Quod trinam in bonitate et veritate etiam Augustini. nostri temporis moderni nihil sciunt de vera theologia. omnes doctrinae destruentur,



{erpetuo remanebìt. tioni'S,

nisi

doetrina

V. Nicolai Eymkric,.

Raymundi

doc-

tlieologi



Lulli,

(^uod

quae

Directorium Inquisì-

edizione del Pegna.

4) (tenebrando, nel suo libro Iteci antitrinitarios,

volle fidei articulos

dice che

De Sancta il

ad natarales

Lullo

»i

Trinitate cantra huius

caduto in eresia perchè

denionstrationes explorare.



75



conferiva alla teologia la sovranità e Fimpero su tutte le facoltà o discipline,

per un altro glielo toglieva, sotto-

ponendola alla podestà illimitata dell'Arte magna. Per che sotto Gregorio

XI usci una

bivansi le opere Lulliane. l'autenticità è jivanti di

messa

il

con la quale proi-

questa bolla,

di cui

in dubbio, si inferisce che

condannarle ne commise l'esame

autore del Direttorio rico,

Da

bolla,

il

però

papa

al celebre

deW Inquisizione, Nicola Eyme-

commissario per

le eresie,

ed a Pietro vescovo

d'Ostia; poi per maggior cautela e sicurezza

nominò

con lo stesso incarico una Giunta di oltre venti maestri di teologia.

L'esame, secondo che narra l'Eymerico, non

tornò al Lullo favorevole

;

poiché furono levate dalle

sue opere ben duecento proposizioni giudicate ereticali'.

Lasciando ora

di cercare se quelle proposizioni si con-

tengano veramente negli

scritti del Lullo, o se la ri-

cordata bolla sia autentica, o se sia stata approvata postei'iormente la dotti-ina di hii^, certo è che parecchie di esse

sono pienamente ccMiformi

ai filosofemi dei ra-

zionalisti e dei panteisti, e ritrovansi

Nolano,

al

quale

il

libro dell'Eyinerico

nelle opere del

non era ignoto \



dairEvMERic, opera citata. La XI da lui riportata non trovasi nel bollarlo di questo pontelice. Il Fleury [Histoire, etc. Genova 1771, Voi. XII, pag. 242) afferma però che la bolla In questione fu da Gregorio XI mandata 1)

Questa

è la nai-razione dataci

bolla di Greg-orio

all'arcivescovo di Tarragona.

Bisogna andare cauti nell'accogllere

un postumo nemico del Lullo. Dottori convocato da D, Pietro d'Aragona,

le

asserzioni dell'Eymerico che è 2)

solse

una

Un

consigho di

da ogni censura bolla di Martino

levare dall'Indice

non ne S)

i

il

V

Lullo. Questa decisione fu

(U09j.

Il

libri del Lullo,

as-

confermata da

Concilio di Trento nel

abbenchè, secondo

il

1563

fece

Bellarmino,

fosse stato autorizzato.

Esso trova vasi in questo tempo nelle biblioteche della maggior

.





76

Dal che raccogliesi che il Bruno riprodusse dal Lullo non solo la dialettica od Ars magna, ma ben anche alcuni principii metafìsici; chè la dialettica sola non

sarebbe

stata

avvinto.

Appare

credere che

le

bastante

a

opere

per tanto

tenerlo

manifesto

inoltre

Lullo

del

tempo

com'egli potesse

fossero

proibite;

e

che, interrogato dai giudici veneti se leggesse o rite-

nesse libri proibiti, lispondesse averne i

letti assai, fra

quali quelli di Lutero, di Melantone, di Erasmo, di

Calvino,

ma

non serbare

di sè che quelli del

pi'esso

Lullo K

Le

Bruno intorno

varie opere del

all'arte Lulliana

sono spesso così ripiene di argutezze, di combinazioni arbitrarie di parole, e di vuote distinzioni, che

parte dei conventi, e che

che varie proposizioni di citato

si

o le religioni,

non men dotti che

religiosi

et

gU

sempre hanno fauorito

le

;

« che la fede si richiede « esser gouernati, et la

«

alle

le altre il

suo

scegliamo

modo

menti rozze quelle

sanno gouernar

neri, ciuili, et

>

stesse verità che :

« gli

religioni,

alla

bene accostumati Philosofi

perchè gl'uni et gl'altri sanno

per V institutione di rozzi popoli, che donno demonstratione per gli contemplai iui, che

sè et altri-».

De

V infinito, universo et mondi. Con-

del Lullo dalla Giunta soprannominata

,

seguente: che

Theologi giamai han pregiudicato

trapponiamo a questa massima del Bruno

>.

la

di dire, rappresentano

insegna con altro linguaggio agli uomini meditativi

« libertà de' Philosofi «

Tra

secondo

con linguaggio appropriato la filosofia

conoscesse è provato dal fatto

lo

sono identiche a quelle, che nel libro

lui

riferiscono al Lullo.

la religione

«

Bruno

il

non paiono

;

la

seguente posta a carico

« Fides est necessaria homi-

ammistralibus et non habentibus intellectum

«.

nibus

«'

elevatum, qui nesciunt cognoscere per rationem et diligunt cogno-

<.<

scere per fidem

« cilius

insciis,

rusticis,

:

et

quod homines

« cilius trahitur per rationem 1)

grossi ingenii et illiterati

trahuntur ad veritatem per fidem

Doc. veneti

XIL

quam



sed

per fidem »

homo



fa-

subtilis fa-





77

mente stessa che ideò e compose i libii causa principio et uno e Dell'universo infinito mondi. Onde mal sapendosi rendere ragione di tanta

uscite da quella

De et

la

discrepanza, conghietturarono alcuni che egli avesse quasi preso a prestito

il

linguaggio ed

metodo

il

Lullo per dare passo a quei principii della sua che non avrebbe potuto in altro

modo

in ciò sia qualche cosa di vero,

del

filosofìa,

insegnare. Benché

come diremo

in altra

parte di questo scritto, tuttavia è da notare sin d'ora

che

le dottrine

più

si

si i

più nuove ed audaci ed

discostano dal

modo

di

contengono precipuamente nei vestigi Lulliani sono più Il

Bruno insegnò

i

concetti, che

pensare del suo tempo, libri italiani, nei quali

scai'si.

in Parigi, in Zurigo, in Francoforte,

in Venezia, ora privatamente, ora pubblicamente, l'arte

Non

Lulliana.

si

sazia di parlarne:

si

emendata, corretta, pulita, semplificata,

gloria di averla e

vendicata dal

disprezzo, in che era caduta; crede che essa abbia per

opera sua raggiunto

la

perfezione e sia ora in istato di

servire acconciamente a quanti ricevettero da natura

qualche disposizione per la siano rese grazie a Dio per

Le

filosofìa. sì

Vuole quindi che

ragguardevole dono K

cose discorse ben provano quanto sia stato assiduo



Il Leibnitz, benché g-iudicasse 1) De lampade combinatoria. degne di stima alcune cose del Lullo, tuttavia dice, parlando del Bruno, che il donnait aussi dans les chimères de l'art de Ray-

mond

metodo cap. II).

del





V. Chauffeppié, Nouveau dictionnaire historique Amsterdam 1750. Bacone da Verolamio chiama il Lullo Methodus imposturae [De aug. Scient.j lib. VI, Lo Scioppio a sua volta chiama il Lullo liitulentum et

Lulle.

et critique.



ineptum scriptorem, sed tamen portentosi acunmiis historico).

(V.

De

stylo

— il

suo studio intorno

78



al Lullo, e

come anche

nella

matu-

rità dell'ingegno si professasse a lui devoto K

Di

altro scrittore

perocché

il

È

veneto

suo

dobbiamo

far parola alla sfuggita,

nome compare

esso pure nel processo

questi l'abate Gioachino, dotato, giusta

frase di Dante, di spirito profetico, di

divina intelligenza

secondo l'Ughelli,

^.

meno

L'abate Gioachino

e,

Li

filosofo del Lullo, al quale

però precede in ordine di tempo, ottenne eziandio grande

rinomanza. Esso

duodecimo

fiori

seconda metà del secolo

nella

spense nel marzo del 1202 dopo una

e si

vita assai lunga illustrata da svariate peregrinazioni.

Molti sono

i

che a lui come

libri apocrifi

attribuiscono, e molti

i

fatti

al

Lullo

parimenti leggendari.

mistico con inclinazioni popolari,

si

si

Uomo

mostrò sin dalla

sua giovinezza compreso dal sentimento dei mali del suo tempo e dalla necessità di introdurre una grande

1)

Noi abMamo qui

riferito quelle sole fra le opinioni del Lullo,

che sono acconcie a dar lume ai

fatti:

perocché la sua dottrina verrà

di proposito esposta, ed esaminata con quella del Bruno.

Lo

stesso

metodo seguiremo nel ragionare degli altri scrittori che hanno attinenza col nostro. Crediamo opportuno di fare questa dichiarazione, affinchè ninno cerchi in questo capitolo quello che non abbiamo voluto introdurvi. 2) 3)

Documento XIII. Dante, Paradiso, canto XII.

Ada

sanctorum.



Ughelli,

Italia sacra. 4)

Esso

seconda metà del secolo duodecimo. Veggasi su

fiorì nella

questo scrittore fra

i

molti che ne discorrono

:

NapoH,

Manrigue, Annali

ci-

— Memorie degli scrittori cosentini Salvatore 1750. — Toppi, Aggiunte al Nicodemo. — Papebrochio.

stercensi.

di

Spiriti.

Cf. specialmente il dotto e dihgente studio che a lui ha consacrato Felice Tocco nel suo Ubro L'Eresia nel Medio Evo, Firenze, 1881.



Cf.

anche Eousselot, Joachim de Flore.

riforma nei costumi delia Ctiiesa e della società cristiana.

Prima di essere prete incominciò a predicare qua e colà come il clero dovesse abbandonare le cose temporali, e come tutti dovessero ridursi a vita nuova e spirituale. Queste dottrine, messe avanti con linguaggio semplice e

.

ad un tempo imaginoso prima ancora che venissero

fatte

pubbliche nei suoi

rono

le

ma

libri,

non

solo

rimostranze dei pontefici sotto

non

gli attira-

quali visse,

i

ne ebbero l'assenso, come fa fede la lettera di

Clemente

quale è detto che

III, nella

le

opere di Gioa-

chino principiaronsi a scrivere da lui per incarico avutone da due

pontefici,

della necessità di

Lucio e Urbano K Egli parla

un rinnovamento

sociale con tuono

fatidico e col linguaggio dei mistici del

suo tempo, in-

culcando a tutti la pratica della comunanza e la re-

nunzia ceri che

alle ricchezze, alle cariche, alle dignità, ai pia-

non fossero

cenobitici, sostituendo

i

mendicanti

al clero secolare. I libri

dai

che a lui

attribuiscono sono molti.

si

medesimi eliminiamo

gli apocrifi, gli

Ma

se

autentici si

riducono ai seguenti. Cioè alla Concordia dell'antico e

nuovo Testamento,

al Salterio delle dieci

bondanza

al

Commento

corde o

al

di pensiero e novità nei

Salterio, cioè l'ultimo,

suir Apocalisse ed

Decacordo. Vi mentovati

menò forse più rumore

è ab-

libri. Il

degli altri

perchè in esso Gioachino impugnò più esplicitamente la dottrina della Trinità, quale veniva esposta dal novarese

Pietro Lombardo.

«

L'essenza divina è qualche cosa

«

di differente dalle persone, perchè l'essenza è

«

e le

1)

persone sono tre

».

unica

Questa dottrina che sembrava

Lucio III ed Urbano parimenti terzo.





80

ammettere una specie

di quaternità, cioè tre persone ed una essenza distinta dalle medesime, fu vivamente

combattuta da Gioachino.

buon viso a

Ma

il

Bruno il quale faceva nuovo in cotesto or-

tutto che sentiva di

dine di idee,

dovette mostrarsi particolarmente pro-

penso a quelle fra

della Trinità,

confessare davanti ai giudici

formi da' suoi

i

monaco calabrese, come ebbe poi a E foi-se non erano dis-

opinioni del

le

dogma

che riferivansi al

i.

sentimenti di Giovanni da

scepolo di Gioachino

,

Parma

di-

che atfermava come fosse per

venire altra legge più perfetta di quella dell'Evangelo, e che in quella guisa che la legge di di

Dio Padre,

Vangelo

il

la legge

così sarebbe apparsa la legge

Mosè

fu la legge

Dio Eigliuolo,

di

dello Spirito Santo, la

quale avrebbe dato perfezione alle leggi precedenti.

Sui quali principii che

si

è

fondato

VEvangelium jEternurn, medesimo Gio-

volle attribuii-e, fra gli altri, al

vanni

e che oggi si sa essere di Fi-a Gherardino da Borgo San Donnino, caldissimo giovachinista 2. Ma più autorevole maestro, che non i nominati, fu per il Nolano il cardinale da Cusa « degnissimo uomo (come lo chiama nella sua semplicità Vespasiano Bisticci

contemporaneo

di lui],

grandissimo

filosofo e teò-

logo, acutissimo disputatore, dotto in greco, tutto dato alle lettere, di

santissima vita e poverissimo cardinale

».

Questi fu senza dubbio uno dei più mostruosi ingegni,

per usare la frase del Baldi, del secolo decimoquinto \ 1)

Nicolai Eymeric, Directorium Inquisitionis.

2)

V. in proposito

il

dotto scritto del Tabarrini

rico pubblicato dal Vieusseux. 3)



Vespasiano de' Bisticci, Vita degli uomini

4) Baldi,

Cronica

de^

neW Archivio

Firenze. illustri.

matematici, pag. 475. Firenze 1859.

sto-



81



Figliuolo a Giovanni Krebbs, povero pescatore di

Cusa

0 Cussel, villaggio sopra la Mosella, si rendette

degno con

la virtù e

riche della gerarchia

con

delle più alte ca-

lo studio

ecclesiastica, nella quale

dopo essersi addottorato in legge. Intervenne

entrò>

al

Con-

cilio di Basilea per invito del cardinal Cesarini, che

aveva in grandissimo pregio, colà, la

sua opera

e diede alle

ic>

stampe, stando

De concordantia cafholica

scritta

con arditezza di concetti e libertà di linguaggio K

Nondimeno, come prima il Concilio Basilense insorse contro Eugenio IV, egli si pose dalla parte del pontefice e fu mandato ambasciatore a Costantinopoli per esortare i Greci a recarsi in Ferrara, sede del nuovo Concilio. Creato cardinale, oltre alle ambasciate di Ale-

magna,

di

Olanda, di Francia, ebbe altre onorevoli com-

missioni insino a che cessò di vivere in Todi. Il

Bruno

studiò accuratamente e profondamente le

opere del Cusano; ratore, e

non ne

si

amminome senza accompa-

professa suo discepolo ed

profferisce

il

gnarlo col titolo di divino e di sovrumano

Mentre

ci

serbiamo ad esaminare ampiamente in

altro luogo le dottrine filosofiche di questi

sentiamo

il

2.

due

scrittori,

debito di accennare fin da ora, che corre

stretta cognazione intellettuale tra di loro,

benché in-

tendano a diversa meta.

La largo

teorica del

campo

quelli del Cusa.

1)

De

massimo

e del

minimo, che tiene

si

nei libri Bruniani, già trovasi indicata in

Hanno comune Fuso

concordantia catliolica,

libri tres,

di accoppiare la

Patris Nicolai Dé" Cusa.

Basileae 1565. 2)

Bruno, Opere

italiane, pag. 154, 179. Il

eziandio spessissimo nelle opere latine. 6.



BertIj Giordano Bruno.

nome

del

Cusa

ricoiTC-

matematica

82

adoperare scambievol-

alla metafisica, di

mente gii argomenti tolti dalle due scienze, e di passare dairuna all'altra in modo repentino. Consentono del pali in ciò, che ciascuna cosa contenga tutte le altre e ne sia contenuta; che

il

massimo coincida

nimo, e che vi sia quindi medesimezza fra

Nel Cusa

infine vi

sono

i

col

mi-

contrari \

germi del razionalismo,

i

entrò si innanzi il Bruno -, e quelli della nuova od instaurata dottrina astronomica, in cui poggiò si alto il Copernico. Laonde il Nolano diceva, che il dotto cardinale con parole rimesse annuuziò un secolo prima quelle stesse verità, che furono con voce più solenne e forte promulgate un secolo dopo dal canonico di Thorn. Giova quindi conchiudere, che come al nel quale

Lullo fanno capo al

le

opere dialettiche del Bruno, cosi

Cusa quelle che appartengono I

stringono ai mentovati scrittori,

1)

alla metafisica.

suoi studi giovanili e di libera elezione non

Nel

libro

De

docta ignorantia

sario per cogliere l'intima essenza

più astratti e semplici delFintelIigenza

«linea

sit

triaugulus, circulus et

« et e converso; ubi accidens

« niotus 2) Il

sit

sit

il

rielle

ma

egli

si re-

coltivò ogni

Cusa afferma essere necescose innalzarsi ai principii

«ubi omnia sunt unum; ubi

sphaera; ubi unitas

sit

substantia; ubi corpus

trinitas,

sit spìritus;

quies et caetera huiusmodi ».

Cusa applicò

logia. Così la

le idee

sua opera

De

matematiche

metafisica fondata sopra l'idea del l'assoluta unità e l'assoluto

della filosofia spiegare

i

alla filosofìa

ed

alla teo-

sapientia, lihris tres, è un trattato di

maximum

assoluto^ che è eziandio

minimo. Laonde crede che

dogmi

della Religione ed

i

nità e della Eedenzione. I suoi libri sono scritti con

potrebbe dirsi poetico-matematìco, e del quale

si

sia ufficio

misteri della Tri-

uno

stile

che

incontrano fi:equen-

tissimi esempi nel Bruno. Di fatto leggiamo nel libro De triplici, .minimo etc, pag. 134: « e matematicis ad profundiorem natura« lium speculationem, et divinorum contemplationem adspiramus».

maniera

di disciplina,

8B

-

ed in particolar

modo

l'astro-

nomia, dandosi per tempissimo alla lettura delle opere del Copernico \

Le

non tornavano nuove

dottrine Copernicane

regno

Napoli così per

di

le

nel

antiche tradizioni Pitago-

come eziandio perchè correva fama ai tempi del Bruno che il calabrese Tallavia avesse insegnato il moto della terra un secolo prima del Copernico, nelle cui mani credevasi fossero venuti i manoscritti di lui Le discipline geometriche e matematiche, che già vol-

riche,

gevano

ed

alle pratiche applicazioni

al

progresso delle

scienze fìsiche, prenunziando Galileo, noveravano valenti cultori, fra tista

i

quali Tiberio Russiliano, Giambat-

da Capua, Marco Beneventano, Antonio Scatio,

Simone Porzio, Francesco nardino Telesio,

massima parte gorio XIII 1)

la

Patrizi,

Luigi Lillio,

e

Luca Gaurico, Ber-

al

quale è dovuta in

riforma del Calendario sotto Gre-

2.

ego

I-Ieic

te appello,

Ingenium cuius

Non

veneranda praedite mente.

obsciiri

infamia sedi

vox non est suppressa strepenti Murmure stultor'um, generose Copernice, cuius tetigit, et

Pulsano Lt nostram teaeros monumenia per anaos Mentem, cum sensu ac ratione aliena putarem Qnae manibus nunc attrecto, teneoque reperta: De Monade, etc, lib. III, cap. 9, pag. 327. 2)

«

Fama

est

Hieronymiim Tallaviaia Eheginuni plurima secum

«agitasse circa mundi structuram et nominila cjuoque de mobilitate « terrae scripsisse atqne «

manus

KELii Cosentini

gywnasma



illius

tandem

fato praerepti adversaria in

Eomae tum degentis pervenisse Progymnosmata i^ìiysica. Venetiis

Copernici

3, i:ag. 59. Il

y. intorno

ai

»

Thom.e Cor-

1863.

— Pro-

Tallavia nacque nel 1448 nelle Calabrie.

matematici napoletani Barbieri, Notizie istoriche

dei matematici e filosofi del

Regno di Napoli, ed anche

il

Colan-

GELO^ Storia dei filosofi e matematici napoletani. 3)

Veggasi intorno

alla

riforma del Calendario sotto Gregorio XIII



84



Le immagini vive e copiose, il calore e l'entusiasmo, il Bruno discorre del sistema Copernicano, la-

con cui

sciano quasi credere che egli abbracciasse quel sistema

più per impulso di fantasia o di poetica intuizione che

Eppure qui

per razionale processo di mente. di dire che

i

è

il

caso

grandi concetti sono più spesso opera del

lavoro e della meditazione che prodotto di spontaneità

Ed

naturale.

egli

infatti

ben ricevere

le

si

preparò a poco a poco a

dottrine Copernicane, dispogliando

il

suo intelletto dalle erronee dottrine peripatetiche, ed affrancandolo dai pregiudizi che

Per

ai sensi.

vere

il

a contemplarli in tutto

A

bellezza ^

'*«

guisa potè

tenevano avvinto,

lo

nostro filosofo rimuo-

velo, che copriva quei sublimi veri ed aprire

il

la via

tal

lo splendoi'e della loro

tener la dottrina, che ebbe

nome da Co-

pernico,

come certissima giunse per gradi

fessa:

alchuni anni à dietro la tenni semplicemente

((

«

nera: quando ero più giouane, et

«

uerisimile.

il

tomo IV

Quando

men

;

sauio, la stimai

ero più principiante

del Tirabosciii



infatti con-

cose

nelle

Guglielmo Libri, Storia

delle mate-

matiche in Italia, Voi IV. 1)

Nel

De Monade,

libro testé citato

tratti gli studi, che

egli

etc., il

suppone facesse

il

Bruno indica a grandi Copernico ed enumera

tutti gli scrittori, che anteriormente al Copernico

indirettamente

favellarono

assai più generoso verso

Campanella,

i

moto

del

della

terra.

suoi predecessori che

direttamente od Egli

mostra

si

non verso

di lui

il

quale nella sua apologia del Galileo [Apologia prò

il

lo rammenta sotto il nome di quidam Nolomis Bruno omette però il Calcagnini, il quale avanti an-

Galileo, pag. 52) e milla più. Il

cora che

il

Copernico pubblicasse

lutionibus orhium coelestimn, già insegnato

quod coelam

la celebre

libri

stat,

sua opera



VI. Norimbergae 1543

terra autem moveatur.

fondata la supposizione del Tiraboschi che

il

tale sistema dalle lezioni del Copernico in

De

revo-

— aveva

Non

ci

pare

Calcagnini abbia appreso

Koma.

-

-

85

«

speculatine, la tenni siffattamente falsa, che

((

rauigliauo d'Aristotele, che

«

di farne considerazione:

<(

«

non

non

solo

mi masdegnò

si

ma

ancho spese più della mittà del secondo libro del Cielo et Mondo, forzan-

non

dosi dimostrar che la terra

Dovette

infatti

si

muoua

i

».

durare non poca fatica per rendersi

capace della verità di una dottrina mal nota e talmente contrastata ai suoi giorni, che lo stesso Copernico, per placare alquanto

i

suoi oppositori, fu costretto nella

dedica al pontefice Paolo

invece di riprenderli dei

III,

loro errori, ad asserire quasi che forse erasi introdotta

mutazione nello stato del

E

a lui

persuasione profonda levare

nicana

tempi di Tolomeo

cielo dai

veramente non avrebbe potuto

e

combattere con tanta energia

Peripatetici.

Colombo

Bruno

Il

saluta nel

che ha ritrovato

di trapassare

il

modo

Bruno senza

i

Tolemaici ed

Copernico di

margini, di abbattere

i

il

bandiera Coper-

si alta la

il

montare

al cielo,

fantastiche

le

i

nuovo

mu-

raglie delle sfere, di sprigionare la nostra ragione dai

ceppi dei non filosofìa

1)

meno

Bruno,

La

cena de

mobili

fantastici

volgare ha inventato

le

'\

motori che

e

la

Mostravasi curiosissimo

ceneri, dialogo quarto, ed.

De Lagarde,

pag. 177. 2)

V. prefazione all'opera Copernicana sovracitata.

3) Riferisce in proposito

i

versi quasi sibillini di

una tragedia

Seneca:

........

Venient aimis SaeQula seris, quibus Oceanus Vincula rerum laxet et ingens Paieal tellus, Tiphysque novos Detegat orbes, nec sit terris

Ultima Thule

Medea, atto 4) Bruno, Opere

italiane,

pag. 129.

II,

v. 371.

di

-sedi tutto ciò che attenevasi all'astronomia

e leggeva attentamente quanto scrivevasi intorno ad essa. Ben pochi dotti nel secolo decimosesto seppero con uguale i,

si

come dall'esplicarsi dell'idea delmezzo della matematica e dell'astronomia, aprisse nuovo e più vasto campo alle scienze tutte.

Il

giudizio che egli profferisce intorno all'astronomo

di

Thorn merita per

chiarezza antivedere linfìnito per

rito.

Lui

«

(il

la

sua singolarità di essere

rife-

Copernico) hauea un grane, elaborato,

maturo ingegno; huomo che non

«

sollecito et

«

à nessuno astronomo, che

«

per luogo di successione et tempo, huomo, che, quanto

«

al giuditio naturale, è stato

«

lomeo, Hipparco, Eudoxo, et

«

caminato appo

«

nuto per essersi liberato da alchuni presuppositi

i

sii

e inferiore

stato auanti lui, se

non

molto superiore à Totutti

ch'han

gl'altri,

uestigii di questi:

che è doue-

al

falsi

«

de la comone et uolgar philosophia, non uoglo dir

«

cecità.

« lui, «

Ma

però non se n'è molto allontanato

:

perchè

più studioso de la mathematica che de la natura,

non hà possuto profondar

et

che potesse à fatto togler uia

penetrar

le radici

sin

tanto

de inconue-

«

nienti et nani principii, onde perfettamente scioglesse

((

tutte le contrarie dilFicultà, et venesse a liberar et sè,

da tante nane

«

et altri

rt

templatione ne

le

inquisitioni, et

fermar

la cou-

Con tutto ciò magnanimità di questo

cose costante et certo.

((

chi potrà a' pieno lodar la

«

Germano,

«

moltitudine, è stato si saldo contra

«

contraria fede ? et benché quasi inerme di uiue rag-

1)

Y.

il

quale, hauendo poco riguardo à la stolta

De monade,

nel suo tempo.



dove parla dei

libri

il

torrente de la

astronomici pubblicati



87



ripigliando quelli abietti et rugginosi fragmenti

«

gioiii,

«

ch'ha possuto hauer per le mani, da la antiquità; le

«



«

suo più Diathematico, che naturai discorso, ch'ha resa

«

la

«

pregiata, più uerisimile che la contraria; et certissi-

«

mamente

accozzati, et risaldati in tanto con qael

ripoliti,

causa già ridicola, abietta

piii

comoda

uilipesa, onorata:

et

et ispedita

per la theorica et

« raggione calculatoriat ». Dal clie ricavasi cjie il Bruno ad imitazione del Cnsa subordinava l'astronomia alla metafisica, apponendo a mancamento del Copernico il non essersi per soverchio amore della ^

matematica addentrato nello studio dell'intima essenza delle cose

da sciogliere

così

le

contrarle

difficoltà,

levandosi cioè al concetto metafìsico della identità del

tempo medesimezza dei

reale e dell'ideale, del finito e dello infinito, del e dell'eterno, ossia al concetto della contrarli. E,

come più

tardi

il

Campanella,

egli

pure

desiderava una innovazione nelle scienze matematiche, che sono fondamento delle metafisiche dottrina Copernicana con passione in tutti percorse, e

si

Insegnò i

mostrò equo estimatore di Ticho Brahe,

che appellava principe degli astronomi dei suoi tempi Il

Lullo,

il

Cusa,

sono adunque

1)

Bruno,

La

i

^.

Copernico ed anche l'abate Grioa-

il

dovremmo per

chino che

la

paesi che

ordine di tempo metter primo,

principali scrittori, intorno ai quali si

cena de

le

ceneri, dialogo primo, ediz. del

De La-

garde. pag. 124. 2)

«

Un

gran disegno nel campo della speculazione meditava

«

mento

della metafisica ».

nella. Napoli 1847, pag. 107. 3j

De immenso

et

il

matematiche sul fondaBaldacchini, Vita di Tommaso Campar

« Campanella, ed era d'innovare le scienze

innumerabili, etc, pag. 167.

— aggirano

liberi studii del

i

bella posta

i

giovane Nolano. Diciamo a

liheri studii per distinguerli

comune con

in



88

liberamente avanti di espatriare

da quelli

fatti

scuole conventuali.

gii altri frati nelle si

applicò pure alla

E

let-

tura dei frammenti di Parmenide, delle opere di Platone e dei neoplatonici di Alessandria, di quelle di Origene, di S. Agostino, del Ficino, di Pico della Mirandola, del

Cardano, del Fracastoro e del giudiziosissimo Telesio

Accoppiò

^-

inoltre all'amore della filosofia e delle scienze

quello dei poeti italiani ed in particolare dei latini, nei

quali dimostrasi esercitatissimo,

come

raccogliesi dalle

frequenti citazioni. Dettò versi in giovanissima età egli,

come

il

Ficino,

il

Pico,

Keplero,

il

il

;

ma

Campanella,

era poeta più nelle immagini e nei concetti, che non nel

numero

nella forma.

e

Rimase quindi molto

disotto

nella lingua e nello stile ai principali scrittori, che illu-

strarono in questo secolo quali furono stanzo.

È

il

da deplorare che

del Copernico,

troppo

si

l'Italia,

Sannazzaro,

i

il i

ed ai suoi compatrioti,

Tansillo,

libri

il

Rota,

il

Co-

def Lullo, del Cusa,

quali egli ebbe lungamente nelle mani,

discostassero dai nostri italiani nell'eleganza

e nella proprietà del dire. Egli poi non limava le cose sue, e dettava d'improvviso con tanta rapidità, che a

mala pena in

si

gli si

poteva tener dietro scrivendo

grande dispregio

i

Aveva

~.

pedanti, che, per timore di

cadere nella pedanteria, trascurava alcuna volta persino l'osservanza della grammatica e della misura nel

1)

Bruno, Opere

italiane,

Voi.

I,

pag. 250.



Be monade

etc,

pag. 70. 2)

V. la prefazione dell'EaLiNO all'opera postuma del Bruno

terminorum metìiaphysicorum.



:

Summa

— verso

1.

E



89

questa imperfezione del dire fu una delle

cause della poca fortuna che ebbero se

suo

il

i

suoi

libri.

ed irsuto, sentiva

stile ei-a scorretto

Ma,

egli,

ed

era vero, che avrebbe potuto ornarlo e renderlo più nitido e più chiaro:

'peramarunt altri pensò,

«

Me amarono

me Nymphce

Bruno avesse

1)

sacrificato

Mamiani, prefazione

voltato in italiano dalla 2) il

esclamava,

ma

alle ninfe del bello,

Gravina stesso diceva che

'-.

al Bruno, Dialogo di Federico Schelling, M. Florenzi WADDiNGroN. Firenze 1859.

Egli medesimo (Opere latine, pag. 624) chiama crasso ed irsuto

suo

stile.

Il

Gravina però, parlando delle poesie, che

sparse nelle opere italiane di

lui, le

mitiva maestà del linguaggio

men

il

le ninfe,

alludendo non già, come

ad amori antichi,

ossia alle muse, alle quali il

»,

italico.

Italiae reformatae, pag. 197.

si

trovano

loda perchè ritraggono la pri-



Danielis Gerdes, Speci-



90



CAPITOLO

V.

(1579)



SOMMARIO.

Il

Bruno a Ginevra

— Vita

Galeazzo Caracciolo rusciti Italiani

—I

fiiorusciti italiani evangelici

Bruno

il

in

Ginevra vestito da Domenicano,

ed andò alloggiare tutto solo in una osteria

prima cossi

gii

da esso

i

i.

Come

seppe della venuta di un frate italiano, re-

ivi si

lui

uno

fi-a i

più illustri suoi compatrioti

dopo essersi alquanto insieme trattenuti

fuoi'usciti, e

circa



colà, e sue relazioni coi fuo-

— Bruno e Calvinismo — Le dottrine di Calvino presso gli — Persecuzioni calviniane — Calvino e Lutero.

Bruno giunse

Il

del

motivi che lo avevano indotto a lasciare Tltalia,

domandò

se t'osse in pensiero di abbracciare la reli-

gione di Calvino. visitatore,

ma poi

rispose che

Il

Bruno diede contezza

di sè al

non intendeva « professare la religione di perchè non sapeva che religione fosse, e

»

essa

»

che perciò desiderava più presto di stare

»

in libertà e di essere sicuro, che per altro fine

città,

suo

entrato in sul discorso della religione,

li

per vivere -

».

Quegli, abbenchè non potesse rimanere soddisfatto della risposta,

non

insistè oltre su tale

argomento

tentò d'invitarlo a deporre l'abito monacale,

e si con-

non pa-

rendogli che esso fosse conveniente al luogo. Giordano

1)

Documento IX.

2)

Idem.

— Disi

acconciò senza indugio all'invito:

come comprarsi nuovi e si fece fare

italiani gli

abiti, pigliò

con essi un paio

donarono

il

ma non

avendo

panni che vestiva

i

I fuorusciti

di calze

cappello, la cappa e le altre cose

necessarie a compiuto abbigliamento. Ecco in qual il

Bruno depose

liere. I fuorusciti,

modo

ed assunse la spada di cava-

la tonaca

dei quali è cenno, appartenevano alla

Chiesa evangelica che

si

era istituita in Ginevra al-

quanti anni addietro. Esuli dalla patria formavano unacolonia 0 compagnia che intendeva in

comune

all'eser-

nuovo culto ed agli uffizi di beneficenza, segnatamente verso i compatrioti bisognosi che cercavano scampo sulle rive del Lemano contro le persecuzioni religiose Avevano a capo quello stesso personaggio che primo si abboccò col Bruno nell'osteria e che portava uno dei più splendidi nomi del patriziato napoletano, il celebre Galeazzo Caracciolo marchese di Vico, nato da Carlantonio e da una Carafa, nipote del poncizio del

''.

tefice

Paolo IV

Galeazzo ricevette alle

nuove dottrine

1)

Documento IX.

2)

La Chiesa

i

primi ammaestramenti intorno

religiose

da Giovanni Valdes

-\

con

italiana in Ginevra, fondata nel 1542, ebbe per suo

primo pastore Bernardino Ochino,

e

poscia Celso dei conti Martinengo

da Brescia, che morì nel 1557.

V. Lettres de 3)

quindi Lattanzio Eagnone, e

Jean Calvin, par Jules Bonnet,

Galeazzo Caracciolo non era pastore,

polizia della Chiesa ginevrina.

nesecchi.

Le

Fu

ma

la direzione della

anche amico di Mons, Pietro Car-

notizie intorno al Caracciolo sono

biografia latina, che trovasi nel

Voi. II, pag. 206.

aveva

tomo VIII

del

somministrate dalla

Museum Helveticum

tradotta dalla itaHana del Balbani di Lucca. 4) Il Valdes,

nato in

Cuen9a, venne in Italia probabilmente in

occasione delle persecuzioni che

si

mossero contro

la sètta degli J/-



92



cui si era legato in amicizia per

mezzo

giunto Gian Francesco Caserta

che lasciò più tardi

i,

del suo con-

la vita sul patibolo in Napoli. Il Caracciolo,

come

altri

suoi amici, non sarebbe ito oltre nelle dottrine della

Riforma

se agli

ammaesti'amenti del Valdes non

si fos-

sero aggiunti quelli più efficaci di Pietro Martire Ver-

commosse

migli, la cui eloquenza lo

modo

in

straordi-

nario la prima volta che lo udì leggere le epistole di

San Paolo ai Corinti in Napoli ed i cui colloqui lo espugnarono compiutamente quando egli si recò a visitarlo in Strasburgo-.

Reduce da questa

i

adoperò Ga-

città si

leazzo a tutta possa per trarre dalla sua

i

Valdessiani,

più de' quali, sebbene ammettessero la giustificazione

per mezzo della fede, erano tuttavia lontani dal procla-

mare

il

sacerdozio individuale e dal negare

luminati (Alumbrados),

e si stabilì in Napoli.

quentata da signore, da dotti

e

da giovani,

i

La sua

fra

i

casa era

fre-

quali molti appar-

tenenti a famiglie patrizie. Noverava fra' suoi intrinseci il

sacramenti.

il

Carnesecclii,

Bonfadio, Bernardino Ochino, Pietro Martire Vermigli, Francesco

il Vergerio, ed aveva grande autoMarchesana di Pescara, sulla Manrica, sopra la Gonzaga e sopra non poche di quelle educatissime donne della prima età del secolo decimosesto, che comproidevano il greco e scrivevano con eleganza la lingua latina e la italiana, la poesia e la prosa. V. Bohemer,

Caserta, Marcantonio Flaminio,

rità sulla

Introduzione alle cento ef.

anche

il

e dieci

considerazioni di Giovanni Valdesio;

nostro scritto sopra di lui letto all'Accademia dei Lincei,

1877. 1)

Pel Caserta, vedi Gerdesius. pag.

21L Era

egli

amico di Mar-

cantonio Flaminio, di cui v'ha una poesia la quale incomincia: tantis precibus Caserlae carum Vocas Flaminium, Caserta, in agros ì

Quid 2) Piero

Martire Vermigli, di patria fiorentino, nacque nel 1500.

Entrò nell'Ordine dei Canonici

regolari.

Fuggì

dall'Italia per le sue

opinioni religiose nel 1542. Professò prima in Strasburgo, poi in Inghilterra.

Morì

in

Zurigo nel 1562.

E

93

per vero Marc' Antonio Flaminio,

il

più grande poeta

latino di quel tempo, amicissimo del Caracciolo,

anche

egli

si

mostrò

alquanto proclive alla nebulosa dottrina Val-

dessiana della giustificazione senza procedere più in là negli altri capi delle opinioni dei riformatori, secondo raccogliesi dalle lettere piene di unzione e di affetto che

indirizzò al Caracciolo da Viterbo. Questi

vide che

si

av-

suoi amici, anziché andare avanti, tornavano

i

indietro, ripartissene sdegnato;

l'andata di Carlo

nevra

come

e quivi

straordinario

V

e,

colta f occasione del-

nei Paesi Bassi, si ridusse in Gi-

abiurò la religione cattolica.

rumore

nel

Regno

e fuori sì per

rità dell'uomo, si per la nobiltà del casato.

profondo dolore

gli

amici ed

i

Il fatto

suoi. Il

Ne

levò

Tauto-

sentirono

padre afflittissimo

tentò iteratamente di richiamarlo all'antica religione,

mandò

pregò, instò, figlio;

Ginevra un nipote carissimo

al

intraprese viaggi, venne due volte a colloquio

con esso

amico

in

lui,

l'una in

Verona presente

di casa, l'altra nelle terre

con l'intervento della moglie e dei

il

Fracastoro,

suo marchesato

del

figliuoli;

ma

tutto

fu indarno; Galeazzo perseverò costante nella dottrina della Chiesa evangelica insino a che

morì in Ginevra

in età avanzata senza più ricongiungersi alla famiglia.

Galeazzo contribuì colla sua autorità a tenere unita quella Chiesa

componendo

i

frequenti dissidi ai quali

andò particolarmente soggetta dopo tinengo. dicò,

Il

Calvino

lo

morte del Margli de-

con parole di grandissima lode, la ristampa dei

commentarii sulla prima lettera di

Era venuto

1)

la

ebbe talmente caro che

La

S.

Paolo

ai Corinti

^.

negli ultimi anni di sua vita in tanta e si

dedica del Calvino è del febbraio 1556.





94

universale estimazione che non passava cospicuo per-

sonaggio in Ginevra

come

quale non desiderasse vederlo,

il

don Francesco

fecero

duca di Ferrara,

telli del

Farnese duca

il

Parma

di

don Alfonso da Este

e

fra-

principe di Salerno, Ottavio

e

di Piacenza.

Menava

vita

frugale ed operosa; e quantunque fosse chiamato per

antonomasia tatevole.

il

marcilese,

era nulladimeno umile e cari-

Ecco adunque l'uomo che

osteria di Ginevra

visitò

il

Nolano nella

i.

Chi ora ben guarda

al

modo

pensare ed

di

alle abitu-

dini religiose delCaracciolo,alla sua illimitata devozione pel Calvino e pel Beza, l'indole del

Bruno

divario, perchè

il

comprende

di leggieri che

tra,

e quella del Caracciolo correva troppo

primo potesse ispirare simpatia

condo. Pel Caracciolo e per

gli

al se-

evangelici la riforma

mutamento nella sua costituzione gerarchica, innovazione nel dogma, ristaurazione del costume. Il Bruno invece considerava le Chiese, quali si fossero, semplicemente come simboli transitorii di

della Chiesa suonava

quella religione naturale, nella quale tutte le forme -erano destinate a sparire. Ond'egli, che per solito

menta

ne' suoi libri le

persone da

lui conosciute,

rampassa

la cui vita die'

pur

correttore delle prime stampe in

una

In silenzio questo suo compatriota, tanto da scrivere nel suo tempo.

Entrò

il

Bruno

delle tante tipografie di cui

Durò due mesi

e

mezzo

abbondava quella

ricavando di che vivere, nè dagli evangelici italiani

menti sussidiato, perchè 1)

Veggasi eziandio intorno

ei

non voleva seguire

al Caracciolo

De Thou,

Oerdesius, S]jecimen Italiae reformatae, pag. 205. Istoria di Napoli.



città.

in questo lavoro dal quale

lib.



non

altri-

la dot-

LXXXI



Giannone,

~



95

trina di Calvino, dovè senza piti partirsene a cercare,

altrove Il

il

suo sostentamento.

aveva costretto a spatriare

sospetti di eresia in

Ginevra

ciotti,

altri

Lucca contro

rigore usato dalla Repubblica di

i

Cattanei,

Cardoni,

i

molti

i,

tra

i i

i

Liena,

Trenta,

i

Pi uri amacchi,

i

lova,

i

i

e riparare

Mèi,

i

Fran-

Venturini ed

i

quali Nicola Balbani, che esercitò le

funzioni di pastore della Chiesa italiana dopo la morte del conte Celso

Ragnone da e

Martinengo da Brescia

Siena.

Il

ne volle narrare la

e di

Lattanzio

Bai bani fu amico del Caracciolo vita, affinchè

Ginevra sapesse

quali virtù

andavano adorni

dussero

vero fervore della pietà religiosa.

al

i

primi

fedeli,

di

che la ricon-

Bruno soggiunge ancora nel processo veneto che andava ad udir nella domenica il Balbani, il quale spiegava agli Italiani le epistole di san Paolo e predicava li evangelii. Che inoltre desiderando conoscere quale e Il

quanta fosse

la scienza

dei novatori che tenevano

campo

in quella città, interveniva eziandio ai

che

facevano da

si

Fin qui

i

testé pubblicati, ci

altri

documenti

il

sermoni

pastori in lingua francese. veneti.

Ma

quelli ginevrini

come già accennammo, dal

sig.

^

Dufour

obbligano a recare qualche mutamento nel primitivo

nostro racconto. Stando a questi ultimi

il

soggiorno del

Bruno in Ginevra si sarebbe passato nel modo seguente. Il Bruno giunse nella città di Calvino, e lo possiamo 1) Si ÌQ^gà, par rlspafcto ai

provvedifneiiti

intomo

alle eresie

in

Lucca, la storia di questa città di Girolamo Tornasi, pubblicata per



Archivio storico di ViEastomo X. 2) Giordano Bruno à Genèoe (1579). Dociments inédits publiés par Théophile Dufour, directeur des Archives de Genève, 1584.

cura di Carlo Muiutoìi. Firenze 1849. SEUX,

-

96

-

dire ora quasi con certezza, nell'anno 1579. gio

il

anzi, secondo

dello stesso in

Addì 20 mag-

suo nome già è inscritto nel libro del Rettore. P-àve il

Dufour, che questa iscrizione sia di pugno

Bruno, non essendovi ragione per metterne

dubbio Fautenticità. Egli prese adunque

per essere

ammesso a frequentare

la

matricola

le scuole dell'Acca-

Dufour afferma, e noi crediamo sia il nostro Nolano non avrebbe potuto conseguire quest'ammissione, se non avesse fatto

demia ginevrina.

Il

nel vero, che

affatto

adesione alla confessione di fede calvinistica imposta dai regolamenti del 1559.

Non si sia

vi è quindi a dubitare che

il

Bruno

dimostrato esternamente calviniano.

testanti che

il

Burlamacchi

lo

annovera ed

in

Ginevra

È

tra

i

pro-

è

come

tale

che è giudicato e condannato dai magistrati ginevrini nell'anno 1579 al quale alludiamo. Leggeva filosofia in

una

di

nissuna

delle scuole dell'Accademia

Bruno,

al

attitudine

quale

le

idee del

ben

Antonio de La P'aye,

speculazione

alla

filosofica. Il

La Faye non andavano

dando alle stampe una risposta od invettiva nella quale notava venti e più errori in una sola lezione. Questa invettiva, che non occupava a quanto pare più di un foglio di stampa, dovette essere scritta con parole vive, pungenti, e forse anche violenti, onde i magistrati diedero ordine che il Bruno fosse imprigionato e venisse medesimamente arrestato il signor Bergeon (o Berjon) che a versi, se la pigliò

tosto

con

lui,

ne era stato editore. Chiamati entrambi separatamente avanti

i

magistrati, al

ammonizione più evangelica ed

più

il

al

pagamento

Bruno venne

una grave comunione prigione per un giorno, inflitta

l'interdizione dalla Cena, o

Bergeon la di una multa.

La

interdizione dalia

è prova sicura che

-

97

Cena

cui fu

condannato

egli face vasi credere

Bruno

il

aderente alle

dottrine evangeliche contrariamente a quanto affermò di poi nel processo veneto.

L'interrogatorio del in questo

tempo

Bruno

fatto dai giudici ginevrini

e le parole di superlativo

pentimento

da lui profferite davanti al Consiglio nelle tornate del 17 e del 27 agosto rendono alquanto strana quella con-

Comunque

tesa.

Ma lasciando

sia,

dopo quest'ultimo giorno

egli è

i.

posto in libertà

ora da parte ogni giudizio snìYinveUiva

dobbiamo notare che insino ad ora il conteci è del tutto ignoto. Forse a rintracciarne un lievissimo cenno potranno giovare alcune parole che noi leggiamo in una copia che ci si inviò ora sono alcuni anni del registro della Compagnia dei pa« Il 20 distori negli anni 1577 e 1578. Ecco le parole « cembre 1577 la Compagnia essendo stata informata che « il De la Fave vorrebbe lasciare di leggere Aristotele per Alcinoo ha consigliato di non prendere Alcinoo.

del Bruno,

nuto della medesima

:

((

«

ma

«

qualche buona provigione e non essere sempre in fa-

nspì 'Ep[i.svàa;

,

e

che

e difficoltà circa

si

scriverà a Parigi per avere

De

la

Fave. Nell'anno se-

«

stidi

<(

guente vien di nuovo avanti alla Compagnia dei pa-

«

stori

«

di

il

De

non aver

la

FQ je,

accettato

il il

il

quale dichiara che era pentito

ministero

(di pastore)

quando

Iddio lo aveva voluto a quello chiamare e pregava «

la

Compagnia

«

di

Principale (del collegio)

dei pastori di esonerarlo dalla carica -

».

Da

questa dichiara-

Documenti Ginevrini, N. I.' Queste jlarole del De la Faye sono chiarite dalle seguenti che si leggono pure nel registro della Compagnia dei pastori sotto la data 1)

2)

7.



Berti, Giordano Bruno.

zione ben

si

vede che



98



il

De

la

Faye non aveva voca-

zione per la filosofìa e che per conseguenza non po-

teva troppo piacere a Giordano Bruno. Di qui quella

viva aggressione del Bruno che fu causa del suo arresto,

condanna e della sua partenza da Ginevra. Noi abbiamo detto che il Bruno esternamente poteva

della sua

far atto di adesione al Calvinismo,

certo che egli

ma

internamente

non aveva inclinazione alcuna per

è le

dottrine calvinistiche di Ginevra. Il

ai

linguaggio stesso che egli tenne in questa occasione

magistrati ginevrini dimostra che era ben lontano

dall'accogliere con

sebbene per

animo persuaso

finirla si

profferite. Si

le loro riprensioni,

chiamasse in colpa per

le

invettive

vede in fondo che questo di Ginevra

è

un

episodio che egli avrebbe voluto in parte sopprimere,

non simulava quando affermava che la riforma non gli andava a genio. Dopo il 27 agosto adunque del 1579 egli parti da Ginevra non troppo contento di sè e meno ancora dei filosofi dell'Accademia. Di due fatti dobbiamo prendere nota: 1° Che la dimora del Bruno in Ginevra fu di e che

di Calvino

circa cinque

indicata; 2°

mesi

Che

quindi più lunga di quella da lui

e

diè

cademia ginevrina,

il

suo assenso, entrando nell'Ac-

alle proposizioni

contenute nei re-

golamenti calviniani del 1559. « Le vendredì dernier de janvier a Compagnie ouiraient M, De la Faye de quoi il devrait ètre averti par la Com-

delfultimo di gennaio del 1578

:

été avisé que quelqnes-uns de la

en ses lefons pour voir pagnie en laquelle

il

a été rapporté

qu'il

délibérait

repos de la charge de principal et était marri de la

charge du ministère quand on

lui

dorénavant de mieux se ranger aux

de bonne jmrt

».

en avait parlé et

bons

avis.

de se donner

n'avoir pas repii qu'il désirait

Ce qui a

été pris

-

-

99

Questa dimora del Bruno in Ginevra, che a mala

pena offri

è ora nota ai biografi in alcuni suoi particolari,

larga presa alle conghietture, alle ipotesi ed ai rac-

conti fantastici.

E

Come

ciò era inevitabile.

parlare del

Bruno e di Ginevra nel secolo xvi senza evocare i nomi del Serveto, del Gruet, del Calvino, del Beza, e dei novatori italiani fuggenti (per usare una frase del Tasso) lo sdegno della fortuna

senza

e dei principi? e

ricordare quelle loro dispute teologiche e filosolìche che finivano col carcere e col sangue? Oltrecciò giova eziandio notare che le idee del

trapassavano di gran lunga

il

logiche del Calvino e del Beza;

mente

i

Bruno

segno delle dottrine teoegli

già volgeva in

concetti rudimentali della sua filosofia dell'In-

fmito e deirUno, fondata unicamente sulla signoria

Amava

della ragione.

insino da questo

larsi filosofo di professione,

creduto di ninna religione ei

confessa apertamente

egli

il

i.

appel-

Anzi nel processo veneto

suo disprezzo per quei, che

ma

chiama, non teologi,

tempo

ed era per la sua tolleranza

pedanti; e dichiara che

i

suoi ragionamenti e le sue dispute furono sempre di filosofìa, non di teologia; danna universalmente le

ai

e

procedendo più avanti, con-

religioni

« le

popoli a confidare senza l'opera

formi

le

riforme

»

religiose de'

dunque convenirsi

alla

Calviniani; nè egli dottrina, per

cui

»,

quali insegnano e

tempi suoi.

sua indole

il

chiama

Non

«

de-

poteva

fare assoluto dei

sapeva adagiarsi a quella loro

davasi facoltà allo Stato di punire

spada coloro che dissentivano dai dogmi approvati Sebbene le sue idee non consuonassero piecolla

2.

XIL

1)

Doc.

2)

In occasione

della

morte

di Serveto, Calvino pubblicò

un

libro:

-100namente con quelle del Gruet, giusta Fasserzione di un illustre prelato, il vescovo d'Annecyi, pure non erano del tutto contrarie. E certo egli non avrebbe esitato a ripetere con la vittima del Calvino, che questi

Bruno un ad grande avrebbe fatta sua uomo come Calvino conveniva piuttosto istituire una voleva per sè

la dignità di

supremo

pontefice. 11

l'ironia del Gruet, che

religione novella- che

baloccarsi a conservare

Cri-

il

stianesimo.

Dalle cose discorse

Wittemberga

lodasse

intende come Giordano in

si

pubblicamente

Eisleben senza far motto di Calvino, parte luterana alla calvinistica ^ che

mava Le

egli

il

il

monaco

e preferisse

di

la

Campanella chia-

pure per antonomasia laparte arrabbiata^

comune-

dottrine dei teologi di Ginevra erano

Fidelis expositio errorum Micliaelis Serveti et hrevis

eorumdem

refutatio, uhi docetur iure gladii coercendos esse haereticos. CalviNi,

Tractatus theologici, pag. 510.

blicò per contro sotto

il

nome

di

— Castalione Sebastiano pub-

Martino Bellio un

altro libro:

De non

puniendis gladio haereticis. 1) Il teologo Magnin, ora vescovo di Annecy, nel suo libro Histoire de V étahìissement de la Beforme a Genève, che si stampò nel 1844, dopo aver narrato come il Gruet fu tratto al patibolo ad istigazione del Calvino, che lo accusava di dire che i profeti non erano che persone fantastiche e visionarie, che l'Evangelo n'est que :

menterie;

qiie toute

VEcriture

a moins de sens qiCaux

est

fausse et méchante, et qii'ily

fables d'Esope, soggiunge che queste opi-

nioni farono pochi anni dopo professate in Ginevra

par un réfugié



Il Magnin qu'y vint emhrasser la Béforme, lordano Bruno. cade pur esso quanto al Bruno negli errori già da noi notati.

Vedi Storia citata, pag. 322. Vedi Oratio vaìedictoria. Nel Doc. IX dice che « a Wittem« berga vi erano due fationi, la calvinistica e la luterana », e che egh 2) 3)

era favorita dalla luterana. 4)

Della monarchia di Spagna, pag. 184;

ediz. di

Torino 1854.

— 101 — mente avversate dalla parte pensante italiani.

Essi filosofavano

e

dei fuorusciti

discutevano più che non

credessero, epperciò facevano miglior viso ai pronun-

non a

della ragione, che

ciati

quelli dei

lihri

sacri.

L'Arianesimo aveva seguaci in alquante delle nostre ed in Napoli

città; rosi,

secondo

di attecchire

in

Lo

i.

i

proseliti

erano talmente nume-

Balbani, che impedirono alla Riforma

il

stesso Serveto, dopo avere insegnato

Yittemberga ed in Cracovia, venne in

Italia,

ove

trovò terreno non del tutto disacconcio a ricevere

germi della sua dottrinai L'Arianesimo era entrato nelle opinioni dei fuorusciti

'Xiddentro

nevra, che

il

i



italiani in Gri-

Calvino fu costretto, per porre argine alla

sua diffusione,

di forzarli a sottoscrivere

un formulario

0 confessione di fede. Cotesto confessioni erano allora in uso anche presso 1

cattolici

;

ed

il

Sadoleto

,

alquanti anni prima, aveva

Modena

fatto sottoscrivere dalle più colte persone di

un elenco

di proposizioni dettate dal cardinale

rini, al fine di

rassicurare

il

Conta-

pontefice circa l'ortodossia

dei suoi Modenesi e di deviare dal loro capo

i

fulmini

deirinquisizio-ne l 1) « Infestabant eo

tempore regnum Neapolitanum Ariani passim

et Anahaptistae, qui haereses suas interpolatas multitudini propina-

bant. » Vedi 2)

libro

11

De

Museum

Helveticuni, Voi. Vili, pag. 534.

Serveto fu in Venezia quando già aveva fatto imprimere

Trinitatis erroribiis

;

il

percorse tutta l'Italia senza che fosse

molestato. Il

Melantone mostravasi spaventato del diffondersi dell'Arianesimo

e del Socinianismo in Italia, cosa che egli attribuiva al Platonismo.

Quando seppe che

il

Serveto era in Venezia, scrisse a quella serenis-

sima Eepubblica perchè non

lasciasse

propagare

gli errori dal

medesimo

professati. o]

Le

proposizioni sovraccennate

si

trovano nelle opere del Contarini.

— 102 — Calvino adunque, nel maggio dell'anno 1558, ra-

Il

dunò

assemblea generale

in

invitò a sottoscrivere lato

Tra

1.

i

il

i

fuorusciti italiani e

li

formulario che aveva compi-

come Va-

presenti, alcuni de' principali,

lentino Gentile da Cosenza^,

Biandrata da Saluzzo,

il

Filippo Rustici e Giovanni Paolo Alciati, ed

altri, ri-

nome. Siccome l'adesione non era sincera, così Valentino coi suoi non indugiò a disdirsi; onde fu imprigionato ed obbligato cusarono

dopo

;

poi per timore vi apposero

il

al Mauna pro-

con Calvino, di mandare

terribili contrasti

gistrato della città, dal fondo del suo carcere,

fessione di fede in favore della Trinità.



questa

riputandosi bastante, dovette ritrattarsi ad alta voce, gittando

al

fuoco

camminando

i

suoi

pubblica

scritti, e far

in pieno giorno a piedi

ammenda

nudi per

le

piazze

della città, spogliato dalle vesti fuorché della camicia,

con una fiaccola alla mano, a capo scoperto e col banditore innanzi l

1)

Dopo

Valentino

ciò

ricoverò nella

si

Vedi Lettres de Jean Calvin. Paris 1854, Voi. II, pag. 206. una lettera a Celso Molli, nega che il Va-

2) Il Quattromani, in

lentino fosse di Cosenza, senza arrecarne ragione. Il Calvino, che,

sebbene non italiano, doveva conoscere in fronte

ad un suo

la patria del Valentino,

scritto questo titolo:

De

— Vedasi Valen— — Gerdesius, Specimen Digli scrittori Cosentini — La Biblio-

Gentilis natione Itali, et patria Cosentini.

sul

Ital.

tino: Sennebier, Voi. II, pa?. 114.

March. Salvatore Spiriti,

mette

supplicio Valentini

teca degli Antitrinitarii. 3)

Eiferiamo testualmente

la

sentenza che fu contro di

nunciata dal Magistrato di Ginevra: « et

du Saint-Esprit, combien que

la

Au nom du

maUce

comme un

séducteur hérétique

la repentence, toy,

et

schismatique

pro-

méchanceté de

et la

quelle tu as use mérite bien que tu sois exterminé d'entre les

égard à

lui

Pére, du Eils

;

la-

hommes,

toutefois,

ayant

Valentin Gentilis, condamnons à devoir

estre dépouillé à la chemise,

les

pied nuds et la tète découverte.

- 103 Polonia abbandonando

le

infauste rive del

Lemano.

Ma

ritornato sventuratamente di poi in Isvizzera, perse-

guitato da Volfango Musco, accanitissimo calviniano,

patibolo in

finì sul Il

Berna

i.

Calvino non può comportare, esclamava

il

Gribaldi

da Padova, che vi sia in Ginevra un solo che da dissenta sulle materie religiose; ed infatti

il

lui

Gribaldi

che andava dicendo sommessamente, quando fu tratto a morte

il

non tardò ad Di che non ebbe a lagnarsi, salvo da ben maggiori pericoli l loco in Ginevra per i fuorusciti

Serveto, essere libera la fede^,

essere cacciato da Ginevra.

riputandosi con ciò

Non

vi era riposo o

che non sapessero rinchiudersi negli angusti confini della teologia di Calvino. Essi erano costretti per sotallo

trarsi

straniero, come lo chiamava un celebre

teologo polacco amico del Beza^, fuggire altrove. Ber-

nardino Ochino travagliato dal Beza, dovette, vecchio tenant en main une torche allumée;

et

que t'agenouillant devant

nous, tu demandes pardon à nous et à la justice, détestant les écrits, lesquels ordonnons

que de tes pvopres mains tu mettes dedans



allumé pour y estre réduits en cendre, comme pleins de mensonges pernicieux ». Magnin, Histoire de V étahlissement de la Bér

feu

ici

forme à Genève, pag. 398. 1) V. Bellarmino. 2)

tibus

«

Tantum

exigendas

non Ubera ciiique

aliquos sermones ferebat,

poenas, quia

esse de solis

dogma-

esset fides ». Calv.;,

Epist. 238. 3)

EucHAT, Histoire de la Uéformation de la Suisse, \l, 197.

Giovanni Lasicium scriveva a Beza da Cracovia addì 30 maggio 1566: « Posteaquam huc quidam Itali 4) Il celebre teologo polacco

commigrarunt, ea nobis ciani invexerunt dogmata, quae nunc paullatim exorientia universum perturbarunt religionis statum. Huc illud mali accessit quod Triteistae Serveti scripta ha-

isthinc exterminati

beant et ex

Musemn

eis monstruosissima quaeque dogmata exhauriantur ». Helveticum, tomo XIV, pag. 280.

— 104 — .

L

^

I

di circa settantasei anni, nel cnore del verno, cercarsi

un ricovero

in

Polonia

i.

Simone Simoni da Lucca

sostenuto due volte in Ginevra pei suoi al

dogma

della Trinità-. Dei due Socini, Lelio yisse

in Zurigo pel timore di Calvino, e

dove fondò scuole

in Polonia

L'Alciati,

seliti.

fu

sciitti contrari

Fausto andossene

e lasciò

amico del Valentino,

numerosi prolo precedette in

Polonia, e quindi se ne andò in Turchia.

Il

Biandrata

accompagnò alFAlciati nella fuga in Polonia; Gioseffo Venanzio Negro con altri discepoli del Valentino ripararono essi pure dapprima presso i Polacchi, ed indi in Transilvania. Si tennero lontani da Ginevra gli stessi fuorusciti che non erano male accetti ai calviniani. Il Vergerlo mori in Tubinga, lo Zanchi in Basi

silea,

Pietro Martire Vermigli in Zurigo.

La

magistra-

tura ginevrina ispirava alla maggior parte dei nostri altrettanta avversione quanto

tribunale dellTnquisi-

il

zione. AglTtaliani fuorusciti, nemicissimi della teocrazia

in senso assoluto,

non poteva piacere

la

Chiesa calvi-

niana fondata sul principio medesimo. Sotto questo rispetto, assai piìi si

luteranismo,

il

avvicinava

a'

loro

sentimenti

il

quale aveva concesso allo Stato sulla

Chiesa quella prevalenza che Calvino diè alla Chiesa sullo Stato. In

Germania era più

largo vivere che a

Ginevra, nè la ciiniinalità dell'eresia vi era professata così rigidamente.

Bruno

si

Non

è

quindi a meravigliare che

allontanasse immediatamente da quei

lidi,

il

e

che pensando a Ginevra sulle rive del Tamigi, egli che a

1)

TiRABOSCHi, Voi. VII, parte prima.

2) Scrisse

il

libro

De unione

Ohristo. Gerdesius, pag. 332.

naturali ,

,

et

duahus naturis in

— 105 — Wittemberga lodò Lutero, chiamasse deformi

forme

Calviniaìie, introdotte

a'

suoi tempi

le ri-

sponde

sulle

Lemano. Tornando ora al soggiorno del Bruno in Ginevra, ci preme dire che esso fu da noi posto dapprima sotto del

la data dell'anno 1577

ed indi sotto

il

1578 per

le

ragioni

che abbiamo accennate nel nostro opuscolo pubblicato

nove anni ora sono

Non

i.

le

ripetiamo perchè

i

nuovi

documenti prodotti dal Dufour tolgono di mezzo ogni quistione.

Riassumendo poi quanto dicemmo intorno

al

primo

viaggio del Bruno, è indubitato che nell'anno 1576, versa il

fine, è

del 1579

La

da fissare la sua partenza da Roma, il

peste che

travagliò nel 1576 la maggior parte

attraversare e le minacele di

delle terre che dovette

da valutarsi

peste che avvennei'o nel 1577 sono fatti

per misurare i

e in quello

suo arrivo in Ginevra.

il

tempo

delle

soste e per determinare

punti intermedii con approssimazione più o

cina al vero. Questo è

men

vi-

metodo che abbiamo seguito

il

nel tracciare le fermate di questa sua corsa.

La mancanza poi Bruno nei registri dei pastori di

di ogni

cenno che

del 1577 e 1578

Ginevi

a,

è

si

riferisca al

della

Compagnia

prova indiretta che

egli vi

sia proprio giunto soltanto nell'anno 1579 indicato dai

nuovi documenti.

1)

Documenti intorno a Giordano Bruno da Nola. Eoma, 1880.

— 106 —

CAPITOLO

VI.

(1579-1581).

Passaggio del Bruno per Lione Il Bruno a Tolosa — Il Bruno insegna priFrancesco Sanchez vatamente Legge filosofia nello Studio — Suoi libri Dell' Anima e Clavis Magna Lascia Tolosa. Dispute pubbliche

SOMMARIO.



Lo Studio

La

di Tolosa













sorte del Bruno, al partir da Ginevra,

divenuta migliore di quel che

si

non era

fosse allorquando vi

giunse. Povero e ramingo prendeva la via di Lione,

dove convenivano numerosi i

gli Italiani

ed in ispecie

Lucchesi per ragione della mercatura e delle

arti. Il

Magistrato della repubblica di Lucca vigilava, benché lontano, sopra questi ultimi;

e,

premendogli

di star

bene con Roma, loro ordinava, sotto pena di grave multa, di

comunicarsi

Pasqua

tutti

insieme nel giorno ordinario della

di Resiirretione

^.

La

qual cosa non impediva

che parecchi di loro favoreggiassero

le

dottrine reli-

giose della Riforma, e continuassero a

mandare coper-

tamente in Lucca, ravvolti nelle merci

e nel cotone,

libri dei

1)

i

novatori di Ginevra e di Germania'.

Mazzarosa, Storia di Lucca, Voi. IV, pag. 85; edizione

di

Lucca, 1842. 2)

Nel primo scorcio del secolo xvi

Kiformatori

si

la

maggior parte dei

introdussero per questa via in Italia.

di Lucca, pubblicatasi

yìqYC Archivio

libii dei

— Tomasi, Storia

di Vieusseux.

— 107 Forse

Bruno non parve

al

di stabilire

difficile

sua

in quella città, nella quale, oltre la frequenza

dimora

dei suoi compatrioti, erano fiorenti librerie ed operosi e riputatissimi tipografi,

guentans,

Frellons,

qualità di correttori,

ed

i

come

i

De

Tournes,

gli

Hu-

Boville, ed al di sopra di tutti

Presso cotesto stamperie avevano lavorato, in

Grifi.

i

i

altri

uomini

nualmente più

Dolet, l'Enrico Stefano, il Serveto,

il

di grido e di valore

libri

i.

Ne

uscivano an-

che non da quelle della stessa Parigi.

Bruno guadagnare tanto che gli baun mese ripartì in cerca di miLaonde mancano di fondamento le con-

Pure non potendo

il

stasse per vivere dopo glior fortuna.

i quali suppongono che egli una compagnia secreta di deisti o

ghietture di alcuni biografi,

partecipasse colà ad

di antitrinitarii^: chè se la cosa fosse stata in questi

termini avrebbe per un poco indugiato a partire, trattenuto dai legami contratti. Egli giunse in Lione da Ginevra forse non più tardi del

mese

che

si

di settembre dell'anno 1579,

sia fermato in

non constandoci

qualcuno dei paesi intermedia La

brevissima dimora che qui fece non è accennata da

nessun contemporaneo

Ma 1)

«

De

da nessun documento. i

suoi passi verso

Colonia, Histoire littéraire de la Ville de Lyon.

Nos imprimeurs

de

e

seguiamolo. Invece di volgere

la perfection ».

tipografie lionesi

conferma

si

Lyon 1728.

et nos libraires avaient porté leur art

Questo autore lasciassero

gli scrittori

si

lagna perchè

guadagnare

i

au comble

correttori delle

dalla Riforma, e cita

a

da noi mentovati.

2) Il Castelnau parla di una setta di deisti esistente in questo tempo in Lione. Il Bartholmèss, fondandosi su questa asserzione, aggiunge die è a credere che fra costoro vi fosse qualche amico del Bruno. V. Jordano Bruno, par Christian Bartholmèss,



Voi.

I,

pag. 68.

— 108 — Parigi, arena gladiatoria aperta a tutti logia e di filosofia, se ne lare in quello Studio

le

^

i

lettori di teo-

andò a Tolosa, quasi ad affisue armi e temperarle per le

future battaglie.

Questo Studio che

egli salutò nell'ottobre o nel

no-

vembre del 1579 era in singolare fiore e rinomanza 2, e noverava non meno di dieci mila scolari e non tutti disciplinatissimi

accadeva che

i

;

per la qual cosa spesse volte

professori dovessero irsene dalle scuole

senza terminare la lezione. Le scienze giuridiche erano specialmente onorate in quella [)erba di aver dato

città, la

quale andava su-

natali al grande instauratore di esse,

i

Cuiaccio ^ ed educato nel suo Studio

il

od

il

poi poggiarono

(;he

il

De

l'Hòpital

celebre autore della Rejntbhlica Giovanni Bodino,

Coltivavansi con amore

si alto.

le

scienze e le lettere; e nei giuochi floreali fondati da

Clemenza Isaura, udivasi ancora Feco

della libera ed

audace musa dei trovatori.

Bruno chiama quello Studio meritamente famoso^ non ostante che il suolo bagnato dalla Garonna fosse Il

ancora fumante pel sangue sparso nelle rinnovate

Documento IX. Levavano fama in questo tempo

1)

2)

il

Belloi,

poeta Nogeroles, e gli

il

e fra-

Bosquet, Francesco

Giovanni Daffis

di

Lestang,

0

Duranti che furono ammazzati nel 1589, come Giovanni Coras e Ludger lo erano stati nel 1572, cioè sette anni avanti la venuta

il

del

Bruno

3) Il

il

Pibrac,

in Tolosa.

il



V. Biographie Tholosaine.

Middentropio, parlando degli scolari di Tolosa, osserva

quoruudam petulantia

est,

difficulter docere possint

fessor abire cogetur ». V.

tomo 4)

infelici

II,

:

«

Tanta

ut professores prae strepitu eorum saepe »

Acad.

;

e per la insolenza di pochi « pro-

celeh.

Universi Terrarum orhis,

pag. 387.

Nacque

nel

1520

in Tolosa, e

morì nel 1590 in Bourges.

— 109 — tricide carneficine, che sotto

il

nome

di guerre religiose,

mettevano squallore e desolazione nella Francia. Poco tempo dopo al Bruno leggeva in Tolosa un gegno singolare,

quale facendo professione di scetticismo, ebbe

Nolano l'avversione per

col le

in-

portoghese Francesco Sanchez,

il

dommi

i

il

comune

scolastici e per

opinioni approvate dai più. Nel libro del Sanchez,

che porta per

titolo,

che nulla si sa (quod nihil scitur),

come

trovansi mentovate talune quistioni, pluralità dei mondi, le quali

scenza dell'insegnamento del Bruno professava

quelle della

direbbero una remini-

si

i.

E

di quei

tempo

Ferrier-Augier, noto per la sua opposi-

il

zione al Bodino2. Il

Bruno

in Tolosa pare

non

nei primi mesi per

non

del suo Ordine, che abitavano

mano,

il

primo

istituito

si

desse a conoscere

eccitare contro di sè il

i

convento di San Ro-

da san Domenico ^ Vi era ve-

scovo Paolo di Foix-Carmayag, seguace della

devoto

aristotelica,

al

l'uflicio di

correttore delle

o di scrittore, si diè a quello dello insegnare, più

confacente all'indole sua. letto

filosofìa-

Culaccio ed amico del nipote di

Nifo ^ Quivi lasciato da canto

stampe

religiosi

E come

privatamente a gentiluomini la

già in Noli aveva sfera, cosi

qui,/ato

erratica di persóne intelligenti'^, ripetè in privato a

un dipresso

1)

lo stesso

insegnamento diciamo a un ;

di-

Francisci Sanchez Doctoris medici et in Academia Tliolosana

professoris regii,

Tractatus philosophici. Kotterodami, an. 1649.

2)

Vedi

3)

In questo convento

la

polemica tra Ferrier-Aug-ier ed si

conservano

d'Aquino. 4)

Gcdlia Christiana, tomo XIII.

5)

Vedi Documento IX.

il

Bodino.

le reliquie

di

San Tommaso



— 110 — appena due

presso, perchè tra Noli e Tolosa corrono

anni di intervallo. Alle lezioni intorno alla sfera intra-

mezzava

altre di

argomento

filosofico, le quali,

diremo più

sotto,

sopra

metodica di Raimondo Lullo.

«

l'arte

come

dovevano, a parer nostro, versare

In questo mezzo (sono sue parole) essendo vacato

« il

luoco del lettor ordinario di filosofìa di quella

« il

quale luoco

come

si

dà per concorso, procurai

città,

di addotto-

per maestro delle arti e così mi

le

ranni,

«

presentai al detto concorso e fui admesso e appro-

«

bato Il

io feci,

».

1

Bruno adunque sostenne

esami dottorali in To-

gli

losa, e di poi, presentatosi al concorso, vinse nelle i

prove

suoi competitori, e fu perciò proclamato lettore ordi-

nario di filosofìa nella seconda Università di Francia,

quando non era per anco conosciuto fu trascorsi sei mesi, dacché

il

1)

Documento IX. Kendesi chiaro per

mamente cavasi.

i

titoli

Ciò

~.

le cose discorse

come

il

cammino

bat-

egli possedesse legitti-

di dottore e di professore coi quali spesso qualifi-

Sono quindi del tutto errate

osservazioni in proposito di

le

parecchi scrittori e di David Clément fra

Y

nome

aveva principiato ad inse-

gnare privatamente l Egli avea seguito

2)

suo

gH

altri, il

quale a carte 317

donne le titre de professeur, quoique on ne puisse nommer aucune Académie qui fait

del Voi.

dell'opera già citata, dice che «

honoré de ce caractère 3)

Le

il

se

».

nostre ricerche fatte in Tolosa riuscirono vane,

cogliesi dalla città al dotto

ed

illustre nostro

amico

il

comm.

«

rac-

Gorresio, prefetto della

BibHoteca dell'Università di Torino: « Toulouse, « Monsieur

come

seguente lettera del signor Pont, bibliotecario di quella

le bibliothécaire.

manda que vous m'avez



J'ai l'honneur

faite relativement à

« ne possédons dans notre Bibliothèque

le

21 juin 1865.

de répondre à

la de-

Giordano Bruno. Nous

aucun document

le

concer-

« nant. L'histoire de l'Uni versité de Toulouse n'a jamais été faite.

-

Ili



tuto e tradizionale nei nostri Studi, doA^e

il

libero in-

segnamento era scala all'insegnamento pubblico. Prese per testo delle sue lezioni, non, come suppose signor Debs, la vanità della filosofia peripatetica,

il

ma

semplicemente

scelta

appigliato

essersi

oltre

,

quanto già abbiamo detto, che giando apertamente

confermare

al

non esordi

egli

lo Stagirita,

al

Be anima

tre libri del trattato

Questa

Aristotele

di

i

osteg-

prova ad un tempo

tema intorno

al quale

ferveva

vivissima la discussione nelle scuole, e che offeriva

abbondevole materia di svariate considerazioni intramesso nelle scienze

L'anima

affini.

è

di

e

dessa so-

stanza 0 qualità; potenza o realtà compiuta; materia 0 spirito

È

?

dessa una per ciascun soggetto individuo

0 la stessa in tutti; mortale od immortale; meritevole di

premio o

di

pena? La

terra, la

luce,

il

sole

e gli

innumerevoli mondi rotanti nello spazio immenso hanno dessi l'anima?

Non hanno

e gli esseri tutti che

Quale sarà «

Deux

«

ils

« de

il

forse l'anima

altri

mondi? il

professeurs avaient réuni des matériaux pour l'écrire, mais

n'ont point continué. J'ai recherclié ce qui reste des registres

1577

1578;

et

ils

n'existent pas. Les plus anciens qui sont à

dano Bruno ne figure nulle part.

« à Toulouse « quelque

Fannée 1682. Le

,

mais on

document

n'

On

aucun détail sur

positif à cet égard^ vous étes

le

nom

de Gior-

croit bien ici qu'il est

venu

en a aucune preuve. Si vous connaissez

« que nous... Les diverses biographies «

sassi, le piante

corso futuro di queste anime, quale

« la faculté de droit appartiennent à «

i

sono nel nostro o negli

séjour de

que

j'ai

mieux renseigné

consultées ne donnent

Bruno à Toulouse. J'aurais

« pouvoir vous donner des reuseignements plus satisfaisants « tard je découvrais quelque chose à ce sujet^ je ne

;

désiré si

plus

manquerai pas

« de vous le faire connaitre. Veuillez agréer, monsieur, l'assurance « de 1)

ma

considération la plus distinguée ».

Debs, Jordani

Bruni Nolani

scripta et vita.

progresso o regresso? Quali

animai

i

sacruM

destini di questo

l'universo? Queste ed altre questioni, che già

sono più 0 meno trattate nei commenti ad Aristotele di

Alberto

il

Grande,

di Pietro

Lombardo,

di S.

maso, attiravano nel secolo xvi più che mai zione dei tilosolì e dei dotti. In Italia

disputava del-

si

l'anima nelle scuole, nei conventi e nelle chiese. dell'anima

»,

gridavano

Pisa

gli scolari di

Intorno alFanima dissertavano

i

Offredi, il

il

Nilo,

il

Contarini,

il

Silvestri

il

da Prierio,

Lucca, il Cremonini, ed

«

Diteci

al Porzio.

più celebri lettori delle

nostre Università, e di essa scrivevano

Pomponazzo,

Tom-

l'atten-

lavelli,

il

il

Flandino, l'Achilini, Apollinare Patrizi, il

il

Caietano,

Veniero,

il

Grattarola, fra Girolamo da

altri moltissimi,

i

libri dei quali

fanno parte di quel ricco sconosciuto tesoro, che è tuttora la filosofia e la letteratura filosofica in Italia.

Come

fossero accolte le lezioni del

mentovate quistioni, ignoriamo. lettera al senato di

resche, che

i

Ed

Bruno

abbenchè

Wittemberga ragioni ^

1)

11

egli nella

di ire scola-

suoi nemici gli suscitarono contro nelle

università di Tolosa, di Parigi, di Oxford

diamo che

circa le

;

tuttavia cre-

cotesto ire, anziché dal suo insegnamento

Bruno ammette che tutto

è

animato.

La

terra è per lui

il

sacrimi animai. 2) Ecco le parole clie si contengono nella lettera al Senato accademico di Wittemberga « lam quamvis ea in vestro proponi vide« retis auditorio, quae licet itidem in regiis Tolosae, Parisiorum, et :

«

Oxoniae auditoriis obstrepuerint prius (non prò more unius et alcuìusdam loci) nasum non intorcistis, non sannas exacuistis,

« terius

non strepuerunt, in me non est Comechè (egli aggiunge) voi solo accettiate in Wittemberga « tantum Phisices Matheseosque genus « quod cum catholica theologia consuevit esse coniunctum ». « buccae

non sunt

« scholasticus

inflatae, pulpita

furor excitatus, etc. ».

r

- 113 psicologico, fossero provocate dalle sue opinioni astro-

nomiche ed in ispecie dalla sua dottrina intorno pluralità dei

Chè

abitanti. il

mondi

alla

e alle condizioni e qualità dei loro

in fatto di arditezza filosofica

Sanchez,

il

professore tolosano, poteva stare quasi a paro del

Bruno avanti che questi toccasse le sponde del Tamigi nè vuoisi dimenticare che Raimondo Sebonde, del quale i, aveva un il Montaigne tradusse il libro De creaturis secolo prima dalla stessa cattedra in Tolosa professato ;

con facondia e dottrina opinioni innovatrici

Secondo

il

consueto

ad un tempo i^e frutto

il

Bruno insegnava

di questo

e libere.

e scriveva

insegnamento fu ap-

punto un libro intorno dlVanima, che dopo averlo creduto smarrito, apprendemmo dal Noroff che esso fa parte della collezione

dei

manoscritti bruniani, e

ci

venne

detto testé che verrà pubblicato prontamente a cura del Governo con altri scritti inediti. Se ciò accadrà, come pare, queste nuove opere del Bruno renderanno

a noi più facile e più sicura la esposizione delle dottrine di lui.

Oltre

libro dell'anima dettava la Clavis

il

magna,

primo dei composti da esso in ordine al Lullo. Ciò argomentiamo dal frequente suo riferirsi alla men-

che è

il

tovata Chiave nelle prime opere che pubblicò in Parigi. Il

che per fermo non avrebbe fatto ove essa non

fosse già stata scritta e forse anche nota agli amici. Si

proponeva

di aprire

con questa gran chiave

mettono nei penetrali Lulliani,

di abilitare

le i

porte che

dotti e gli

indotti a sbrogliare le cose intricate, a distinguere le

1)

Il libro

Montaigne 8.



De

creaturis di

Eaimondo de Sabundia

in lingua francese.

Berti, Giordano Bruno.

fu tradotto da

— 114 — confuse e dichiarare

E

agli umanisti,

ito

le occulte, dilucidare

con piglio beffardo

si

oscure ^

le

scusava di essere

a frugare Foro nella fanghiglia del Lullo. Non ostante

Fautore se ne prometteva, lieve è la perdita per

ciò che

realmente questo scritto andò perduto, non potendo, per essere il primo degli scritti Lulliani del Bruno, contenere una dottrina diversa da quella che venne poscia esplicando, essendosi sempre il Bruno la filosofia, se

dimostrato consenziente a se stesso circa

i

pensamenti

del Maioricano.

E

amasse conoscere quale ne fosse realmente contenuto, può leggere, oltre ciò che ne accenna chi

Bruno

Ombre

nelle

delle idee,

comblnatorna, che ne

come

zione, zioni,

ma

ancora

libro Della

il

lampada

è la totale o parziale riprodu-

non

ricavasi

il

il

solo dal riscontro delle cita-

dall' appellarlo

chiave unica della me-

todica Lui liana; la qual cosa esclude che altra ve ne fosse oltre la indicata-.

1)

« Difficilia enodabo, confusa distinguam, abdita aperiam, ob-

scura elucidabo».

umanisti

i

[De lampade combinatoria pag,

634).

Ed

agli

quali male comportavano che egli ricorresse al Lullo,

ri-

Malimus interdum velut et matris naturae manibus de limosa terra probatum aurum arripere, quam ad floridos tam fortiter affabreque intextos humanistarum calatlios, in quibus in pulverulentis Gymnasiis puerorumque culinis deprompta, parta, elabospondeva

:

«

ratoque stercore continentur, 2) Dalle parole

temente che

la

manus admovere,

che ne accompagnano

Lampada

combinatoria

il

altri suoi libri Lulliani.

Brunus Nolanus propositiones

iuxta

rum

et

de

(Ib.

Ecco

il

:

est et unica clavis

infinitas

augmentandum ad omnium LuUiana-

media invenienda ad dicendum

operimi intelligentiam conseqiiendam,

Gran

medesimo nella titolo lordanus

del

Lampade combinatoria LuUiana ad

modum habitum, etc.

636).

è lo stesso libro della

chiave, alquanto ridotto, essendosi già servito

composizione di

etc. ».

titolo, raccogliesi eviden-

etc.

et

Wittemberga 1587.

— 115 — Intanto che scriveva e leggeva

sentiva ancora

,

il

bisogno di disputare pubblicamente sopra proposizioni 0 tesi; le quali, secondo

costume

il

d'allora,

potevano

essere da chicchessia impugnate. Queste erano le prove

più faticose,

ma

ad un tempo

per

mezzo che offrivano

il

più splendide,

per



persone al cui cospetto aveano luogo,

la quantità delle si

le

agli atleti di far

mostra

del loro ingegno e della universalità del loro sapere. Il

Bruno aveva

tracciato a se stesso

alcune norme

{conditiones disputationis) per quelle dispute, togliendole dal Lullo

:

norme temperate

e prudenti, rivolte a

tener la quistione in giusti confini,

da scandali

l'

i

quali salvassero

uditorio e la cattedra. Leggendole

s'

in-

tende come l'insegnamento del Bruno in Tolosa, tuttoché liberissimo, non eccitasse gravi sospetti egli si affidasse di trasferirsi

cosi che

;

di là a Parigi: e

s'in-

tende anche com' egli dovesse in ciò por cura, se ram-

mentiamo che Tolosa pochi

lustri

dopo vide

le

fiamme

d'un rogo ereticale, quello del Vanini.

Dopo

sei

mesi

di

insegnamento libero

e

due anni

di lettura ordinaria, ei disse addio alla città di Tolosa.

È

da notare che mentre quivi dimorava conferì

scienza 0 altro il

modo

il

da

lui

pure riprese con altro Gesuita

non ebbero alcun

Nè mai tempo che

effetto.

suo ordine per tutto

il

per aver deposto l'abito monacale.

I

non erano a quella obbligati come

i

1)

si

accostò ai

Tonè mai assistè alla messa reputandosi scomunicato,

frati del

losa,

Queste conferenze o

di rientrare nell'Ordine

pratiche, che furono in Parigi,

(co-

muovesse) con un padre Gesuita circa

Documento XII.

stette in

lettori

ordinarli

lettori di Parigi.

-116 La niuna

potemmo avere

notizia che

giorno in Tolosa

ci

del

suo sog-

farebbe quasi dubitare che non fosse

stato in questa città, se

i

documenti veneti non ne

fa-

cessero cenno. Crediamo tuttavia che non sia stato due

anni

e

mezzo come egli afferma, sì bene un anno o ma non compiuti. E ciò per la ragione che

forse due,

nel 1582 egli già stava occupato nella pubblicazione di

quattro volumi che uscirono in quell'anno stesso. Egli dovette perciò essere nella capitale della Francia dal 1581, essendosi tutti in Parigi nell'anno 1582.

vrini dimostrano ch'ei

verso ci

il

i

fm

mentovati volumi pubblicati

Siccome poi

i

documenti gine-

non poteva essere

in Tolosa che

fine dell'anno 1579 o nel principio del 1580, così

pare evidente ch'ei sia partito da questa città non

A giustificazione poi del Bruno dobbiamo qui dire che egli poteva in tutta buona fede commettere uno sbaglio confessando in Venezia, dopo

più tardi del 1581.

che erano trascorsi undici o dodici anni, di essere stato in Tolosa due

anni e

mezzo, quando forse vi restò

per uno spazio di tempo alquanto minore. Infine ag-

giungiamo che non cuna del Gesuita

al

ci

accadde di scoprire traccia

al-

quale egli parve accostarsi negli

ultimi tempi che abitò in Tolosa. Nel silenzio e nel

mistero

si

ravvolgono molti degli

compieronsi nel secreto della sua

come

in altri paesi.

atti

anima

del

Bruno che

così-

in Tolosa

— 117 —

CAPITOLO

VII.

(1581-82).





Il Bruno Il Bruno a Parigi — Condizioni della Francia legge liberamente nella Sorbona Sue lezioni sugli Attributi di Dio Sue lezioni di ipnemonica e di metodica Lulliana Rifiuta la Chi esso fosse lettura ordinaria — È chiamato dal Re Enrico III Le Ombre delle idee Relazioni del Bruno con questo principe Il Canto Circeo Accetta la nomina di lettore straordinario Il Complemento dell'arte Lulliana Il Bruno tra i Francesi La Vita e pensieri di scolastica e la libertà filosofica nelle Università Giordano a quel tempo Il Candelaio.

SOMMARIO.





— —





Bruno giunse adunque nel fine quando i tempi volgevano gravi di Il

dei Navarra, dei

e di

leggi, e

:

emunto

Enrico

^

in Parigi

procelle; e le parti

III,

l'erario, negletta

apparecchiate

tristi le

al-

condizioni

l'osservanza delle

popolo inferocito nelle discordie

il



del 1581

guardavansi minacciose. Erano

dello Stato

il

Guisa









l'armi,





civili.

Anche

re era segno a pubbliche contumelie, e persino dalle

cattedre della Sorbona trarie alla

Non

Du

2)

annoveravano

ci

prima edizione ponemmo

i

nomi

illustri dei

Bodin,

la

data del 1-582. 1 documenti

obbligano di anticiparla, come obbiamo osservato.

Crevier, Histoire de

BOULAY.

^.

Bellay, dei Del'Hòpital, dei Desperrière, dei

1) Nella

ginevrini

bandivano proposizioni con-

ostante però tanto squallore e disordine le let-

tere e le scienze

dei

si

maestà del monarca

VUniversité de Paris.



Idem,

Du

,

— 118 — Montaigne

,

dei Charron, dei

dei Pasquier delle satire Il

La

Da-Barthas Menippee i. dei

,

Ronsard

Boétie, dei

e dei

mordaci

scrittori

soggiorno del Bruno a Parigi distinguesi in due

non

hanno a confondere in uno, come pressoché tutti i suoi biografi non senza turbare

periodi, che fecero

si

la verità dei fatti

primo periodo incomincia

Il

scorcio dell'anno

allo

1581, e termina oltre la

metà del 1583 con l'andata di lui in Londra"''; il secondo comprende il tempo che corse fra il suo ritorno da Londra nel novembre del 1585 e la sua partenza per la Germania dopo la Pentecoste dell'anno seguente.

Noi diremo partitamente

due diversi periodi; e

dei

fedeli all'ordine cronologico, fra l'uno e l'altro interpor-

remo

racconto di quanto fece sulle rive del Tamigi.

il

Dottore

Il titolo di

e di

Lettore ordinario

pubblicamente nello Studio di

1)

Fra

i

moltissimi scrittori che

durante

il

'';

quelli

ricordare, facciamo qui

che o ancora vivevano

soggiorno del Bruno, o la cui morte era di recente ac-

XVI

caduta. V. per gli scrittori del secolo di

Uni-

al

potremmo

soltanto menzione dei principali fra

dell'

Bruno d'insegnare Parigi ma sembra non

Tolosa dava facoltà

vei'sità di

Sainte-Beuve

Saint-Marc-Girardin

,

,

in Francia

Phil.

i

Chasles,

bei lavori

J.-P.

Char-

pentier, ecc. .2) Il

Bartholmèss

,

se

per

una parte distingue due

periodi nel

soggiorno del Bruno in Parigi, confonde per un'altra insieme

i

tatti

avvenuti nei medesimi. 3)

Non

v'è alcuno fra

i

biografi Bruniani che abbia saputo indi-

Bruno in Bruno fosse

care con precisione l'anno della venuta del 4)

Ignorando

il

Bartholmèss che

il

Parigi. stato

lettore

ordinario dello Studio di Tolosa, suppone senza fondamento che egli

avesse bisogno di

domandare

sione d'insegnare in pubblico.

al

rettore

dell'Università la permis-

.

— none usasse nei primi mesi del suo soggiorno, impedito forse dalla peste

che

travagliava quella metropoli ^

Passò adunque parecchi mesi dell'anno 1581 l'anno

1583

domestici

nel silenzio dei

ad apparecchiare ed ordinare

tutto

e

intento

lari,

materie delle sue

le

zioni e de' suoi scritti. Infatti tutti

libri

i

che

le-

Bruno

il

pubblicò in questa sua prima dimora in Parigi portano

Non

la data del 1582.

sua

ostante che fosse grandissima la

non avrebl^e potuto dare in luce un anno e mezzo non meno di quattro non fossero state da lui in parte composte

facilità di scrivere,

nello spazio di

opere, se già

od abbozzate precedentemente. Cessato

il

morbo,

egli

,

secondo

il

suo costume, per

farsi conoscere e dare saggio del suo sapere, cominciò a leggere è

il

una lezione straordinaria

quei tempi.

^.

Il

Bruno

nostro

il

vero ideale del professore libero di

Come

già in Tolosa così di poi in Parigi,

vero tipo,

in Londra, in Oxford, in

Wittemberga, in Praga, in

Zurigo, in Francoforte sale in cattedra e legge senza

mendicare protezione o favore da alcuno. Egli va versità in Università, aprendo e

non prima incontra qualche

burgo,

move sdegnoso

Fu buona È

altrove

ventura che

le

di

Uni-

scuola contro scuola; ostacolo, i

come

in

Mar-

suoi passi.

Università non fossero an-

quando crede che io affermi primo anno della sua venuta in Parigi, lo dissi e ripeto oggi ancora che mi sembra che non leggesse. Non appoggio quest'asserzione a documenti ma alle os1)

in

modo

in errore

il

diligente Sigwart

assoluto che

il

Bruno non

lesse nel

servazioni dello storico Du-Boulay. 2)

Kiportiamo

« Paris, dove

le

sue stesse parole dal

mi m^ssi a leggere una

« conoscere et far saggio di

me »

Documento IX

:

«

Andai a

letione straordinaria per farmi

— 120 — cora in que' tempi date in guardia od infeudate a pochi. II

Bruno ed

i

pari suoi potevano entrarvi liberamente,

sfidare a singoiar contesa gli insegnanti, e leggere e di-

sputare davanti a scolari di tutta Europa. Così colla

formarono que'

lotta e col contrasto si

lettori forti

operosi dei secoli decimoquinto e decimosesto le

,

ed

ai quali

nazioni moderne vanno debitrici dei loro avanza-

menti

letterarii e scientifici

Scelse

il

Bruno dapprima per tema

segnamento

del suo libero in-

in Parigi trenta attributi divini, leggendo

sopra ciascuno di essi nell'ordine in cui veggonsi buiti nella

prima parte

della

Somma di

distri-

San Tommaso

-

e nei libri dello stesso Lullo. Questo argomento, che tanto

addicevasi

all'

ingegno ed agli studii di

lui,

era pur

molto gradito all'Università parigina che aveva

il

Dot-

tore x\ngeIico in grande riverenza^.

Dovette

mosse

il

Bruno

nella sua trattazione pigliar le

dall'esistenza di Dio, e

mano mano

discorrere

della semplicità, della perfezione, dell' infinità, dell'ubiquità, della immutabilità, dell'eternità, conoscibilità e

degli altri attributi che fanno seguito nell'opera dello

Aquinate.

Nel ragionare

dei divini attributi,

il

suo potente e

vario ingegno intrometteva frequenti accenni ai principii cardinali della

1)

come

È

sua dottrina, di cui già sin da quel

bello udire Guicciardini raccontare, nella sua autobiografia,

egli desse principio alla

sua carriera di

uomo

di Stato

da una

lettura libera nell'Università di Bologna. 2) 3)

Vedi Documento IX. Confessa il Bruno nel processo

di aver studiato fin dalla

prima

gioventù San Tommaso, benché non fosse molto addentro nelle dottrine teologiche.

— 121 tempo

nome

scriveva, sotto

allegorico,

ad una donna:

«

Ricordatevi, signora, di quel che credo che non bisogna

«

insegnarvi.

«

muta. Nulla s'annichila:

«

tarsi,

un

«

è un solo che non può muperseverare eternamente può solo è eterno, et uno, simile et medesmo. Con questa fìlosophia Tanimo

«

mi

aggrandisse, et

E «

s'

altrove

mento

Il

Dìo

«

:

tempo

tutto togle et tutto dà; ogni cosa si

me

magnifica T intelletto^

si

è in ogni

».

luogo e in nessuno, fonda-

non inchiuso nel eccellenza e compren-

di tutto, di tutto governatore,

non escluso

«

tutto, dal tutto

«

sione egli

«

ratore del tutto, fine terminante

«

giunzione

«

fondo delle intime cose. Estremo assoluto, che misura

«

e

e di distinzione

conchiude

« bile,

,

di

tutto, di definito nulla, principio gene-

il

il

in cui è

il

tutto, egli

il

tutto.

Mezzo

di con-

a tutto, centro ognidove,

non misurabile nè pareggianon è in nessuno neanche

tutto, e che

«

in se stesso, perchè individuo e la semplicità niede-

«

sima,

ma

è sè

Siccome avea anche in Parigi

~

».

fatto in le

Nola ed

in

Tolosa, raccolse

proposizioni più spiccate di questo

suo insegnamento: e ne fece un libro col titolo: Dei predicamenti di Dio. Il qual libro conservò gelosamente manoscritto presso di sè, finché in Venezia non gli venne tolto dal suo denunziatore Giovanni Mocenigo. Esso, con gli altri documenti, forse giace ancora 1)

Lettera alla signora Morgana, premessa alla comedia II Can-

delaio.

Cade

in errore

il

Bartholmèss asserendo che

il

Bruno abbia

conosciuto Foratore veneto col mezzo di questa signora.

La

signora

Morgana, posto anco che non fosse una donna allegorica, era già nel seno cf Abramo o \\q\V Eterno Eliso quando il Bruno le indirizzava sua commedia.

la

2)



JoRDANus NoLANus,

Frane. 1591.

De

triplici,

minimo

et

mensura, pag.

17.

— 122 — in

Roma

nell'Archivio del Santo Ufficio, dove rimarrà

mano

benefica lo restituisca

alla luce della filosofìa italiana.

Sarebbe un prezioso

sep.olto sino al di

acquisto, perchè

che una

ci

darebbe riuniti

i

pensamenti del

Bruno intorno ad un argomento sopra

tutti

tissimo, vuoi

si

si

consideri in

ordine alle dottrine del Nolano

sè,

vuoi

Avvegnaché smarrito,

opiniamo tuttavia che buona parte

comporre con

i

importan-

consideri in

frammenti sparsi

di esso si

possa

ri-

ne' suoi scritti po-

steriori.

Dopo

le lezioni

intorno ai predlcamenti di Dio, tolse

a subbietto di nuovo insegnamento, nella qualità di professore libero

dapprima

e poi di lettore straordinario

provvisionato dal Re, l'arte della memoria e

le

dottrine

metodiche Lulliane

Pare che entrambi

gli

argomenti incontrassero

vore degli uditori parigini,

e

che tanto

il

le lezioni

fa-

sui

XJredlcamenti quanto quelle sul Lullo levassero assai rumore. Convenivano ad ascoltarlo numerosi scolari

tratti

dalla facilità e dall'impeto del dire e dalla pellegrinità delle sue idee.

Con molto accorgimento intercalava

alle

opinioni Lulliane le sue, faceva applicazioni ingegnose e

nuove, pi'ocedeva con rapidità dai particolari

rali

e

;

spesso dagli intricati laberinti dell'arte

nica, leva vasi nei

La sua parola ora correva chiara

L'esistenza di questo libro è provata dalla denuncia e consegna

die ne fece Giovanni Mocenigo sione del 2)

gene-

luminosi campi della metafìsica, della

fisica e dell'astronomia.

1)

ai

mnemo-

Bruno

al

padre inquisitore e dalla confes-

nel processo.

Alcune notizie intorno all'insegnamento Lulliano del Bruno in si trovano nel libro del suo discepolo Nostitz, da noi citato

Parigi

neirintroduzione.

— 123 — ed elegante, ora incolta ed stesso suo vero),

ma

irta di vocaboli astratti (lo

discepolo Nostitz gliene



bietto, che

muoveva rimpro-

maravigliosamente pronta in qualsiasi sub-

animi degli ascoltanti n'erano

gli

rapiti.

Usava a quando a quando motti arguti e vivaci; abbondava in comparazioni, in metafore, in citazioni curiose. Prometteva grandi cose, e le promesse accompagnava con parole vaghe e misteriose che eccitavano vivamente la curiosità e l'attenzione degli uditori. Insegnava con passione, ed amava dissertare all'improvviso sopra qualsiasi problema o questione.

Non solo non rifuggiva dalle dispute, ma le cercava, come quegli che aveva coscienza del suo valore ed ambiva di porre a prova e riprova

il

suo ingegno

e le

sue dottrine. Esponeva chiaramente pensieri e proposizioni trascendenti e difficili a

ramente osservazioni I vizii

che offendono

vano dall'abuso che

bene

significarsi, oscu-

e giudizii di poco

ei

i

momento.

suoi libri latini, e

che deri-

faceva del gergo e delle

filze di

elenchi Lulliani, sono quelli stessi che già notavano i

coetanei nel suo dire, quando leggeva dalla cattedra

in Parigi

i.

Qualunque

fosse

il

valore delle sue lezioni, è mani-

festo che gli procacciarono grandissima

fu offerta

una cattedra ordinaria 2, daini

Sorbona, e

il

fama onde ;

gli

ricusata, nella

re Enrico III mostrò desiderio di cono-

1) Il Nostitz stesso, che non era scrittore di gusto molto fino, se dobbiamo giudicarlo dalfintitolazione del suo libro, lamentava che il Bruno nel suo dire facesse uso di certi vocaboli di pessimo suono

e costruzione, fcome

conio. 2)

Doc. IX.

il

bonificativum, bonifìcahile ed

altri di simil

— 124 — Da

scerlo.

questo punto cominciano

Bruno con quel Principe Enrico

III, l'ultimo dei

madre Caterina

de'

Valois, rocchio destro di sua

Medici

mostra d'ingegno

bella

relazioni del

le

^.

~,

avea giovinetto fatto

e di coraggio nelle fazioni



mi-

che fu eletto re di Polonia.

litari,

Trovavasi in Cracovia, quando per tello si rese

vacante

il

la

morte del

fra-

trono di Francia, e non" appena

ricevutane la notizia, partì di nottetempo, lasciando in pericoloso

abbandono

quelli che colà lo

avevano accom-

pagnato. Tornava alla Senna desiderato dal popolo, che in lui

augurava

si

ma

di salutare e

un modello

riverire

Enrico non tardò molto a far dimenticare

di

Re;

le

virtù della sua giovinezza. Debole di animo e non

atto al

governo

di sè negli affari più importanti della

andava da un estremo all'altro senza mai appigliarsi ad una sicura e nobile determinazione ^.

vita e dello Stato,

sopraccarico di gioie e ricami, portava

Vestiva

attillato,

al collo

una doppia collana

geva gratissimo olezzo, anelli

*.

e gli

L'aspetto, l'incesso

d'oro e di

donna, sicché abbandonatosi

di

alla mollezza, trascurava

le

ambra che

all'affettata

eleganza ed

virtù virili che nobilitano

Gli atti del processo fanno per la prima volta manifesto

1)

spar-

pendevano orecchini a tre e le maniere in lui erano

il

modo

Bruno ebbe entratura presso Enrico III di Francia. 2) Alberi, Relazione degli ambasciatori veneti in Francia. 3) Anqùétil, Histoire de France, Voi. II, pag. 350. 4) V. Alberi, Relazione di Gerolamo Lippomano ambasciatore L'ambaV. Baschet, pag. 569. veneto in Francia, 1579. col quale

il





sciatore veneto Michiel

Ee

di

per

il

aggiunge che « per intervenire

Navarra comprò dal Gonella trentadue perle

alle

nozze del

di dodici carati,

prezzo di ventitremila scudi d'oro del sole ». Alberi citato,

Serie l\ Voi. IV, pag. 287.

— 125 — principi e capitani. Prestante della persona, era alieno

dai frequenti esercizi della cavalleria, e

non mescola-

yasi al consorzio degli uomini valenti nell'arte militare.

Invece suo sollazzo ed usata compagnia erano briosi giovani di gaio umore, coi quali largheggiava in dimostrazioni disdicevoli alla regale

dignità e dal popolo

avvertite e rimproverate. Basti ricordare che morto de' suoi favoriti, lo volle

uno

rimpiangere con principeschi

funerali, indossando egli stesso le gramaglie e in segno

chiome.

di corruccio recidendosi le

Superlativo in ogni cosa, passava dalle orgie alle chiese, dai canti osceni alla salmodia ed alla preghiera.

Faceva processioni divietando nirvi, perchè diceva: nofi è

alle

signore

amava

si

trovano

le

mascherate, dove spendeva persino

^;

e frattanto

interve-

vera divozione ove feste,

le

i

i

esse

banchetti,

quaranta

e

i

cinquanta mila franchi. Andava alla questua de' cani

con

la regina, e

spesso deponeva l'abito di gala e di

danza per indossare

il

lugubre saio dei

Confraternita della morte. la bella e

egli

E quando

fratelli della

cessò di vivere

tanto da lui amata Principessa di Condé,

ne significò pubblicamente

il

dolore, vestendo abiti

ricamati a piccole teste di morto. Ai suoi costumi effe-

minati e molli fa contrasto la colpevole gagliardia nell'uccisione del

Duca

Guisa 2.

di

Gli ambasciatori veneti, che dappresso studiavano particolari della sua vita, affermano tali vizi e stranezze,

Re sapeva

il

abile negli affari di Stato,

talvolta mostrarsi

usando eloquenza ed accor-

1)

Journal de sa

2)

Henry Martin, Hist. de France,

vie, pag.

i

che non ostante

342. Voi. IX, pag. 410.

,

— 126 — gimento, ed aggiungono che

((

dilettava assai nel par-

si

lare e sentir discoi-rere, introducendo perciò, stando

a,

tavola, dispute di dottori sopra diverse materie, stu-

diando volentieri,

le

morali ed

i

libri di storia

».

A

tali

relazioni corrispondono alcuni atti del Re, che fece in

Parigi sua principal sede, ampliandola ed ornandola di civili instituti, e si

mostrò zelante della pubblica

coll'aiutare la fondazione di

coltui-a

un'accademia intesa allo

studio delle lingue e delle scienze, e colTintrodurre in

Francia Il

le società letterarie già fiorenti in Italia

Bruno,

mirava

il

quale in Enrico più che

il

andava celebrando

e potente, tale

l'Europa

i.

am-

(la

magnanimo

«

che dal generosissimo petto del-

Francia) con la voce della sua fama fa

rintronare gli estremi cardini della terra

Queste

principe

discepolo confidente e desideroso del sapere,

enfaticamente lo

grande

il

lodi,

comecché esagerate

non dispiacevano agli animo una Corte

Italiani,

quali vedevano con

i

in cui erano onorati gli usi, gii

lieto

studi e l'idioma della loro patria,

Senna godere

»

e contrarie al vero,

potevano sulla

e

di sicuro e valido patrocinio.

E

per vero

della Penisola affluivano essi

dalle diverse provincie

in Parigi ad aprire case di commercio, ad insegnare

scherma

la

pedaggi ed

e

il

cavalcare, ed a prendere in appalto

altri pubblici servizii.

vita parigina s'incontravano Italiani.

Una compagnia

di essi nel gennaio 1579 tenne giuoco al

De

1)

nel

Pasquier, IX, 12.

1582 in Francia,



riferisce:

Lorenzo

i

In ogni classe della

Priuli,

«che Enrico

è

Louvre

e

gua-

ambasciatore veneto

amatore

delle arti e

delle scienze e si diletta principalmente della poesia e della eloquenza,

nella quale riesce per vero 2)

mirabilmente

Bruno, Opere italiane, Voi.

I,

».

pag. 122,

Cena de

le

Ceneri.

— 127 — dagnò

Re

al

trentamila scudi; un'altra compagnia in

quel tempo medesimo rappresentava in Parigi e nella Corte componimenti drammatici

ai quali

traevano in

tanta folla gli spettatori che uguale concorso non aveano tutti

insieme

i

quattro migliori predicatori della città

Gli ingegni ed

nomi

i

anda-

riveriti e desiderati, e nelle chiese frati italiani

vano a sermonare

in lingua francese

nomi

della Corte spiccavano

italiani

Tra

^.

;

!

erano colà

più cospicui d'Italia

i

famigliari

Enrico III aveva

a suo medico Francesco Bottalli astigiano. Caterina

promoveva alle prime cariche le italiane famiglie dei Gondi e degli Strozzi e credula nelle scienze occulte, visitava il fiorentino Cosimo Ruggieri, il filosofo epicureo, salito in fama di astrologo più che di astronomo ;

Non

è a

meravigliare che fra tanta italianità

il

vine ed ardito frate di Nola dovesse incontrare accoglienze. Il

Re

lo volle conoscere, e

quando

in suo cospetto gli

domandò

lui professata fosse

opera naturale o magica

1)

Appellavasi la

Compagnia

se l'arte

dei gelosi;

nire da Venezia ed aveva speso copiosa tarla dagli Ugonotti, 2)

Vedi

la lettera

i

il

somma

gioliete

lo vide

mnemonica da Poiché

Ee Faveva

fatta ve-

di danaro per riscat-

quali se ne erano impadroniti.

con cui fra Paolo da Salò significa

al

cardinale

Borromeo che egli ha incominciato a predicare per i villaggi in framese, ed è inteso. Aggiunge che « se in Francia vi è del cattivo, vi è anche del buono e assai più », Raccolta di cronisti e documenti storici inediti lombardi, per Giuseppe Muller, p. 259. 3) Cosimo Euggieri, accettissimo a Caterina de' Medici, tkava oroscopi, coltivava la magìa, pubblicava

almanacchi. Pensava a

vi-

vere allegramente, a far denari e burlavasi di Dio, della religione e di tutto. 4)

Ecco

le

parole del

Bruno

:

mi memoria che havevo

« Il re Henrico terzo

fece chia-

«

mare un


fessavo era naturale o pur per arte magica, al qual diedi sodisfatione,

giorno, ricercandomi se la

e che pro-

— 128 — il

Bruno ebbe

risposto essere frutto della scienza, andò

oltre nel discorso, e seppe così

Re

volle in se

bene ragionare che

esperimentare Y

stesso

il

efficacia tanto

commendata, della mnemonica. Ed a tal fine il Bruno compose un enigma ed un paradigma, per insegnare ad Enrico III la storia del Genesi; e tracciava pure per lui una figura circolare intercalata da lettere, da segni e da numeri, che intitolava figura feconda, con la quale a

suo avviso

a memoria con

si

somma

potevano imparare

e

mandare

facilità cose straordinarie

segnamento strano accomodato a stranissimo

In-

cervello.

Prima di conoscere Enrico, come già notammo, il Bruno ebbe l'offerta d'una lettura ordinaria. Ricusolla con rincrescimento, benché avesse fede nella sua scienza e desiderasse

grandemente

bliche disputazioni, egli

dice negli

di farne subbietto di

non per

atti del

altro se

pub-

non perchè, come

processo: «li lettori pubblici

«

vanno ordinariamente alla messa e alli altri divini offitii e io ho sempre fuggito questo, sapendo che ero scomunicato per essere uscito dalla reli-

«

gione, e haver deposto l'habito; che se bene in Tolosa

«

hebbi quella letione ordinaria, non ero però obbligato

«

«

di essa città

«

a questo, come sarei stato in detta città de Paris quando

((

havessi accettata la detta letion ordinaria ^

Lo Sdoppio

».

attribuisce pure alfobbligo della

messa

la cagione del rifiuto; e quest'obbligo che alcuni

« e con quello che dissi e feci provare a lui

ma per scientia libro De umhris.

« non era per arte magica,

sua vivace memoria nel 1) Bruno, Scripta Canto Circeo. 2) Documento IX.

latina, pag-. 406.



met-

medesimo conobbe che Bruno rammenta la

». Il

Kegnault, prefazione

al

— 129 — tevano in dubbio, pare conforme

alle prescrizioni adot-

tate dall'Università. Infatti nel 1568 questa chiese al

Re

che

le fosse

concesso di levare dalle loro cariche

professori e gli altri ufficiali dipendenti,

ressero discostarsi dalla Chiesa cattolica. la

Il

i

quando paRe approvò

proposta dell'Università; ed essendo nati dissidi!

per la registrazione del regio decreto,

ed ordinò che

lo fece suo,

i

il

professori di

assistere

insieme

Parlamento

nomina regia con

fossero

obbligati

membri

dell'Università agli atti cattolici del consorzio

di

altri

gli

accademico Il

Bruno

intitolò

sua dottrina

sua affettuosa riverenza,

e della

Ombre

delle

ad Enrico, come documento delia

delle idee

stanno accolti

i

risolse di darlo alla luce

in tutte le cose ai

libro

germi del suo sistema. Avanti di man-

darlo fuori tenzonò lungamente fra infine

il

{De timbris idearum), in cui

si

il

ed



,

no

il

osservando

,

;

ma

che se

dovesse por mente ai pericoli ed

mali che ne possono derivare, nessuno riuscirebbe

a creare opere buone ed egregie dicatoria, egli dice al giori che sapesse

Re

ideare.

Nella lettera de-

^.

questo libro essere dei mag«

Sacra Maestà

Chi non sa che

i

princi-

sono dovuti agii uomini


pali doni

<(

principali,

«

simi

«

st'opera

«

per la nobiltà del soggetto su che

(f

la singolarità dell'

«

la gravità della dimostrazione con che è esposta, ri-

i

,

i

,

più principali ai maggiori, e ai grandis-

,

da noverarsi certo fra

1)

Crevier, Voi. VI, pag. 224. «

Nemo unquam

grandissime si

Berti, Giordano Bruno.

».

,

si

aggira, si per

si

dig-na pertentasset opera nihil

atque egregium prodiisset in conspectum



le

invenzione su che

2)

9.

dunque perchè que-

principalissimi? Chiaro è

fonda,

si

per

unquam bonum

— 130 — «

volgasi a voi, egregio luminare de' popoli, per virtù

animo specchiatissimo

«

di prestante

«

ingegno celeberrimo,

(f

e a

buon

A

« dotti.

e

meritevole

diritto

per altezza di

,

però chiarissimo, magnanimo dell'

ossequio di tutti

voi sta accettarla graziosamente

i

patroci-

,

narla e con maturo giudizio esaminarla, così gene« roso,

potente e savio come apparite

Quest' opera

si

^

».

divide in tre parti. I.e due prime

contengono notizie rudimentali di ontologia; la terza alcune osservazioni psicologiche, seguite da precetti e da regole intorno

nWarte

della

memoria,

mente per il principe. Le massime razionalistiche

dettate special-

sono

panteistiche

e

le

più chiaramente espresse in tutta Fopera. Egli appella i

cristiani quasi col

steri

nome

debbono diradarsi

di setta, e asserisce che

duato della intelligenza, essendo gli occhi

umani a ben vedere

mi-

per abituare

istituiti

non

affinchè

i

progresso gra-

e dileguarsi col

li

offenda

il

repentino passaggio dalle tenebre alla luce.

Questi ed arditi,

altri

sono da

concetti

,

lui espressi

non meno

contrastati

ed

con lucidità di linguaggio,

comecché accompagnati da proposizioni

sibilline

ed in-

intelligibili, significanti precetti tulliani. Così che, egli

espone senza ambagi

i

pensieri

i

quali avrebbe inte-

con grandissima oscurità quelli che potrebbe impunemente proclamare di sui tetti. E nonresse di tacere;

dimeno

si

atteggia a persona che dice per

metà

le cose,

qui

viilt

capere

non a

tutti è

e a ogni piè sospinto esce nelle frasi

:

catinai; qui j^oferit elicere eliciat; chè

dato di entrare in Corinto.

1)

Epistola derlicatoria premessa al libro

De wnhris

idearum.

Bruno intromette adunque

Il

sizioni lulliane

abbia a dirsi che

Le

nel corpo delle propo-

principii della sua filosofia, senza che

i

si

valga del gergo lulliano per velarli.

misteriose e cabalistiche delle quali fa uso

frasi

qualche volta ne' suoi

libri latini

,

specialmente in

e

questi primi stampati in Parigi, servono più spesso a

dar risalto a concetti comuni e di poco momento che

non a

pensamenti profondi

significare

stretto senso

epistola dedicatoria

nella

e filosolìci nello

Quindi a l'agione diceva

della parola.

premessa

Cabala del

alla

cavallo Pegaseo, opera tutta diretta contro

nesimo

che

,

ombre venivano

le

il

Cristia-

quivi chiarite

allu-

,

dendo non alle proposizioni lullistiche, ma alle sue che si trovavano con quelle frammiste i. Non vuoisi però dimenticare che è uno dei primi suoi

non

è a meravigliare se

idee

non sempre

In testa alle

mico

che però

libri, e

dimostra mancanza di arte e

chiare.

Ombre

vi è

una poesia dedicata

alfa-

e studioso lettore e tre carrai intitolati a Merlino.

Vi sono poi nel esclama

due versi

frontispizio

coi

quali egli

:

Umbra profunda siwms ne nos veocetls, inepti: Non vos, sed doctos tmn grave quaerit opns-. :

1)

A

pag. 97 del libro

De imaginum, signorum

positione lascia quasi intendere che senso cabalistico 2)

i

libri

De umhris

Occorre notare che

i

fra le opere pubblicate dal

et

iclearum com-

abbiano ad interpretare in

si

Canto Circeo. mettono per prima, Parigi, la commedia II Can-

e del

bibliografi e biografi

Bruno

in

delaio, mentre essa è l'ultima.

Per chiarezza del discorso riferiamo^ l'ordine col quale videro la luce,

i

col titolo per esteso e

libri

secondo

dati alle stampe dal

Bruno

l'anno 1582, nel suo primo soggiorno in Parigi:

De

umhris idearum implicantibus artera quaerendi, inveniendi^

— 132L' insegnamento

Bruno,

del

fatto in

conformità o

ombre diede molto a Queste ombre spaventano le be-

colle stesse parole del libro delle

parlare in Parigi. «

stie (così

il

Bruno)

;

e

come fossero

diavoli danteschi,

fan rimanere gli asini lunghi a dietro

principali

». I

suoi avversarli, gli oppositori all'arte mnemonica, se-

devano nella Sorbona, ed sotto

i

nomi

dei maestri

facon, Berling,

Maines

,

egli si piace di

Bue

,

Anthoc

Scoppet

,

,

adombrarli

Rocco

Clyster

,

,

Phar-

Carpofago

,

Arnofago, Psicoteo.

Non

tenne dagli studiosi del Bruno bastante conto

si

veggono o meglio

si

intrav-

nessi e le affinità che passano tra

il

Nolano

di questo libro nel quale si

veggono e

i

Raimondo

Lullo. Ciò dimostreremo più avanti.

Re, in guiderdone

Il

dedicatogli, lo

che

il

dell'

nominava

insegnamento

e del libro

lettore straordinario; carica

Bruno accettò, perchè non congiunta messa ^

all'obbligo

di udire la

iudicandi, ordinandi et applicandi, ad internam scripturam et

vulgares per

memoriam

operationes

non

ad Henricum III, apud ^gid. Gorbinum,

explicatis

Gallorum Polonorumque regem, etc. Parisiis, sub insigne Spei, e regione gymnasi Cameracensis, 1582-8, cimi

privi-

legio regis.

Cantus

Circaeiis,

iiidiciariam appellat.

priorem.



ad eam memoriae praxim ordinatus qiiam ipse d'Angoulesme, magnum Galliaruni

Ad Henricum

Parisiis 1582.

compendiosa architectura et complemento artis Lullii. Ad illustrissimum D. D, Ioannem Morum prò Serenissima Venetorum Eep. apud cliristianissimum Gallorum et Polonorum regem Enricum III Parisiis apud iEgidium Gorbinum, sub insigne Spei, prope legatum.

De



collegium Cameracense^ 1582-12.

Il Candelaio, comedia del Bruno Nolano, achademico di nulla

achademia, detto tristis. 1)

il

Fastidito.

In

tristitia hilaris,

In Parigi appresso Guglielmo Giuliano, 1582.

Documento IX.

in liilaritate

-133Mentre si andava stampando il De Umhris, correvano già manoscritti alcuni esemplari del Canto Circeo. Giovanni Regnault amico del Bruno ebbe uno di quegli esemplari, e pregò Fautore a volerlo ritoccare;

vedendolo intento a più gravi

affali,

ma

poi

gravioribus ne-

gotiis intentus, cioè all'insegnamento del regale discepolo, egli

confuso.

stesso pubblicò quello

Lo

nobile

al bello,

intitolò

fratello naturale di

Enrico

III,

donzella Leviston,

scritto

sarcastico e

audace ed immaginoso nato da Enrico II e dalla

dama

di

Stuarda, ad Enrico d'Angoulème,

onore

di

Maria

magno Galliarum

priori, non sembrandogli di poterlo dedicare a perso-

naggio

meno

autorevole, poiché

il

De umbris

era de-

Canio Circeo è preceduto da un carme simbolico ed è formato da due dialoghi. Il primo è una satira non interrotta, dove, come nella Circe del Oelli, sono raffigurati uomini in diversi animali. Il secondo contiene considerazioni pratiche e teoretiche intorno alla memoria, con alcune norme non ispregevoli per il suo esercizio. Nel complesso quel libro è oscuro, nè ben si argomenta dove miri. La terza opera da lui pure pubblicata in Parigi nel 1582 ha per titolo De compendiosa architectura et dicato al re

i.

Anche

complemento

il

artis Lulli, nella quale l'autore

si

pro-

pone di dare semplicità e perfezione all'arte lulliana. Benché sia cosa di poco rilievo, risplendono nondimeno qua e là in essa pensieri profondi e particolari accenni alle dottrine dell'autore. Dobbiamo ancora ag-

giungere che è da 1)

lui

riguardata come

gioiello, e de-

Vedi su questo Duca d'Angoulème la Relazione di Luigi ContaTheiner, continuazione anno 1572.

rini. Alberi, Voi. IV, Serie 1*, al

un

Baronio, Voi.

I,

pag. 385.



-

— 134 — dicata all'ambasciatore della Repubblica veneta Gio-

vanni Moro Il

1.

nostro giovane frate, col grido delle lezioni e delle

opere pubblicate, attirò Fattenzione degli uomini più

Era

autorevoli in Parigi. lui,

cercata la conversazione di

che a svariata e profonda dottrina associava la

conoscenza liano,

di diverse favelle.

Parlava

il

latino, Fita-

francese e lo spagnuolo, ed aveva mediocre

il

Conobbe, oltre Enrico, Foratore ve-

notizia del greco

neto Griovanni Moro, Giovanni Regnault, che era segretario e consigliere del

Duca

in relazione o meglio

conobbe

di

Angoulème, i

e si strinse

più insigni professori

e dottori di quello Studio.

Egli loda

Francesi

i

;

una sua

e si piace, in

lettera

rettore dell'Università, ricordare la frequenza dei

al

professori parigini alle sue lezioni e le accoglienze

nissime che « « «

furono da questi prodigate.

gli

«

uma-

Più che

mi si conviene quello di citta dino in questa alma parente degli studii, nella quale io mi ebbi così grandi cortesie e benefizili ». E mentre il

titolo di straniero

lamentava

1) Giovanili

dei

dissidii e le guerre intestine che funesta-

i

Moro

della Repubblica,

Ebbe

uomo

di raro merito,

amante

della poesia e

Sostenne parecchie ambasciate per commissione

buoni studi.

del 1592.

fa

e

morì mentre era oratore in Roma, neiraprile

a successore

il

Paruta,

il

quale discorre di lui con

grandissima lode. Vedi Alberi, Belazione degli ambasciatori veneti.

Vedi eziandio Rolando Vinchelii, Oratio hahita in aede D. Marcia in funere Joannis Mauri oratoris veneti. Romae, apud Joannem Martinellum, mdxcii. 2)

Cena de

3)

Vedi

le-

Ceneri.

la lettera del

Bruno a Giovanni

niversità di Parigi, premessa tetici nel

latini in

alle tesi

Pilesac, rettore dell'U-

che sostenne contro

i

secondo suo soggiorno in Parigi, e pubblicata fra gU

un con

le tesi in

Wittemberga, 1588.

peripascritti

— 135 vano in quei tempi la Francia, apprezzava

il

valore,

chiamava animale hellissinio, lumi-

l'indole gaia, l'ingegno vivace de' suoi figli, e

nel (]anto Circeo

il

gallo

noso e quasi divino. Nel suo primo soggiorno sulla Senna non venne in forte contesa,

come erroneamente affermano

coi peripatetici;

ma

si

diverse, dichiarando

i

biografi,

mostrò tollerante delle dottrine

non amare

la

compagnia

di quei

un sistema da non sapere più apprezzare quanto v'ha di buono negli altri. « Noi, diceva, non abbiamo in ispregio i misterii de' « pitagorici, non la fede de' platonici, non i raziocinii « dei peripatetici, sempre quando son fondati sul reale ».

fìlosoiì la cui

mente

è così fìssa in

^

Il

Ramo

ed

il

Postel, ai tempi del Bruno, avevano

incominciato a bandire apertamente la guerra allo Stagirita in Parigi. Alle lezioni del Postel tant'era

il

con-

corso degli uditori e degli scolari che gii faceva

me-

stieri

leggere nel cortile. Questo mistico pensatore, che

credeva alle visioni della Vergine di Venezia, e che predicava che

il

regno evangelico non poteva più du-

una monarchia universale con un papa, che sarebbe egli stesso, e col re di Francia alla testa, moriva nel 1581 mentre appunto il Bruno forse già era in rare senza

Parigi 2.

Osserva giustamente

il

Crévier, nella sua Storia di

quella Università, che nel secolo decimosesto bene spesso 1)

V.

De

umhris idearum (Scripta

2) Curiosissimo

corse rOriente e libri.

uomo

latina, pag. 299).

Imparò più lingue, pertutta l'Europa. Pubblicò un numero stragrande di fu questo Postel.

Vestì l'abito del gesuita che poi depose, e morì nel monastero

di Saint-Martin des-Champs. In Venezia, sotto l'ispirazione di

donna

attempateUa, compose alcuni mistici

il

corpo

si

fosse

mutato

scritti,

e

credette che

in quello aereo e celeste della sua ispiratrice.

suo

— 136 — il

nome

di Aristotile era

adoperato non tanto per dare

autorità alle dottrine insegnate quanto per colorire idee

nuove. Nelle scuole della Sorbona, non

meno

cbè in

quelle di Bologna e di Padova, la libertà filosofica de' lettori

trovava scudo ed usbergo nello Stagirita/ Onde

nome del loro maestro, sostenevano arditamente cbe potevano tenere nella discussione e

molti di questi, in

nella esposizione delle dottrine

un linguaggio

che non sarebbe convenuto ai teologi. filosofia sotto

È

La

e

metodo

storia della

questo rispetto è in gran parte da

troppo contrario

ai fatti

che tutti

i

filosofi

rifare.

adope-

rassero due lingue e cercassero ipocritamente di in-

gannare

il

lettore con l'uso delle

niamo che non

vi fosse

medesime.

E

noi opi-

più a temere dal chiarirsi

avverso ad Aristotele, quando

il Cane già lo anatoquando il Copernico e il Tycho Brahe già avevano col ragionamento e colFosservazione dimostrati gli errori della scuola peripatetica, e quando il Collegio di Francia, sorto in opposizione alla Sorbona, già aveva

mizzava,

e

dato più libero e più largo indirizzo agli studii con

l'in-

segnamento delle lingue K Qualunque pertanto fosse l'indole della dottrina professata dal Nolano, egli non ebbe a soffrirne gravi inquietudini nel suo primo soggiorno in Parigi. È imlibri pubblicati portantissimo notare come in tutti nel 1582 in Parigi non compaia ancora nè il nome nè i

1) il

Clemente Marot, mentre commenda Francesco

Collegio di Francia con lo scopo di promuovere

I che istituiva lo

studio

dello

lingue ebraica, greca e latina, taccia di ignorante la Sorbona dei suoi tempi e la appunta di tenere le lingue mentovate in concetto di eretiche:

Disant que c'est -langage d'hérétiques O pauvres gens de savoir tout éthiques! ;

la dottrina di

campo

Copernico

la

quale dovrà pigliare



largo

nelle dispute di lui in Londra.

Dalle sponde della Senna volgeva spesso lo sguardo

sua Napoli, alla diletta Nola (che forse ancora acco-

alla

madre ed

glieva vivente la

a piè dei

San Giovanni

di

padre) ed alla sua casa

il

colli Cicala, nel piccolo

al

borgo ora distrutto

Pesco K In Napoli aveva lasciato

amici, ed avversarli che seguitavano a lacerarlo assente.

Contro questi ultimi da Parigi lanciava indignato motti amari, aspri e virulenti «

egli alla signora

:

«

et ossa, delle quali è detto che

sidebunt

«

dica la

«

di piè di porci et calci d'asini

et ditegli che

mia memoria, mozze

asini sono

decembre

me

parte, così

Regnum Dei non posnon goda tanto che costi si

« ((

« gli

mia

Salutate da

Morgana, quell'altro candelaio di carne

la

essere stata strapazzata a forza

le

;

per che a quest'ora a

orecchie, et

i

porci qualche

pagheranno. Et che non goda tanto

regionem longinquam ; i cieli mi concedano

«

con quel suo detto

«

per che se avverrà giammai, che


ch'io effettualmente possi dire

i<

vitello saginato

:

abili in

:

surgam

et ibo; cotesto

senza dubbio sarà parte de

la

nostra

«

Tra tanto viva, et si governo, et attenda a farsi più grasso che non è per che da l'altro canto io spero di ricovrare il lardo, dove hò persa l'erba, si non sotto un mantello: sotto un altro; si non in una, in un'altra

((

vita

« festa. <(

Ci

:

~

».

Sotto

il

napoletana da 1)

una 2)

Nota

Morgana forse celavasi una donna amata in gioventù, alla quale attri-

velo della lui

illustrativa I.

Appendice.

Il

Fiorentino dice che abitava

piccola contrada dove son quattro o cinque stanze.

Lettera alla signora Morgana premessa alla commedia lì Can-

delaio.

buiva

la coltura del

gliezza del suo

138

campo

-

del suo

stile: e forse

una

sotti-

sacri-

come puossi arguire

ficò nel bollore della giovinezza,

da alcune parole

anbuo e la muse cui

delle

della denunzia del

Mocenigo

e dalle

interrogazioni del -Padre Inquisitore

Fin da questo tempo

il

operoso che pochi Italiani

Bruno

si

mostrò talmente

potevano in ciò com-

gli si

parare. In Parigi dove anche l'Alighieri aveva, dice

il

Boccaccio,

«

come

frequentato lo Studio, e sostenute cou-

rt

clusioni sopra tutte le scienze centra tutti che seco vo-

«

levano disputare o fargli opposizione

che al poeta fiorentino

ancora suonante

Bruno insegnava, Reggia

si

»,

in quella città

ricordava \)QÌvico degli strami, di Sigieri

de' sillogismi

;



anche

il

scriveva, disputava alla Sorbona, alla

e nell'oscui'a

sua camera di studio.

scienza ch'ei non coltivasse, non

uomo

Non

vi era

di qualche leva-

tura col quale non cercasse di alfiatarsi; ambiva far proseliti,

nè da questo apostolato

difficoltà, gii odii,

pericoli,

i

lo

distoglievano le

come quegli che aveva

vissima fede di essere chiamato a cose grandi ((

e

vi-

nuove:

nulla intraprendiamo di volgare, nulla che già sia

stato da altri fatto

Non

,

.

ebbe in Parigi commercio di società segrete, nè

Atti del processo,

l)

2

DoclV

De umbris idearum [Scripta latina, pag. 292), che la provvidenza degli Dei ha fermato « statutìs quibusdam temporibus mittere hominibus mercuRios QUOSDAM^ etiamsi eosdem minime vel male receptum irì prae2j

Allude infatti a se stesso laddove afferma nel libro

cognoseant

».

In molti luoghi delle sue opere lascia intravvedere sè

uno degli uomini mercuriali, ai quali la Provvidenza commette una particolare missione. Il suo denunziatore Giovanni Mocenigo riferisce avergli detto il Bruno volere farsi autore di nuova essere

setta sotto

nome di nuova

filosofìa.

Doc.

I.

- 139 — appare che l'abbia avuto mai

;

ed in ogni caso, se ciò

accadde, certo non fu prima della sua pellegrinazione per la Germania. Non ostante le opinioni eterodosse,

da noi notate nei

libri

che pubblicò in questo suo primo

soggiorno, pur senti qualche desiderio di rivestire la

tunica domenicana, come diremo in altro capitolo.

Ma

non era fatto per confortarlo in questo desiderio lo spettacolo che aveva sotto gli occhi delle condizioni religiose della Francia. « I vescovi (così Lorenzo Friuli trovava nel 1582 in Parigi, e

«

oratore veneto che

«

che dieci anni dopo presiedè come patriarca di Ve-

«

nezia al tribunale dell'Inquisizione eretto per proces-

« « « «

«

donano indilTerentemente i priole quali poi sono vendute da loro pubblicamente e senza alcuna vergogna. E non è meraviglia se i poveri preti, che esercitano il sare

il

Bruno)

rati e le

e abati

cure ai loro servitori,

peso della cura delle anime, per vivere sono poi costretti

il

si

a farne ancora loro mercanzia pubblica

Bruno avvertiva

egli

pure che

i

Candelaio.

Dicemmo

».

Onde

preti parigini anda-

vano limosinando per le vie col messale Nell'anno 1582, come già notammo, usci il

i

mano

in la

2.

commedia

di parlare delle sue opere filo-

sofiche in fine della vita:

ma

di questa, trattandosi di

subbietto che è tutto letterario, faremo argomento del capitolo seguente.

1)

V. Alberi, Relazione di Lorenzo Friuli. Serie

2)

Doc. XII.

I,

Volume IV.





141)



CAPITOLO

Vili.

(1582).



SOMMARIO.



T.a Commedia II Candelaio Favola e caratteri: lo sciocco, l'alchimista, il pedante Teatro italiano del secolo xvi Letteratura e morale; arte e società Il Candelaio accanto alle altre commedie Il Bruno nel Candelaio.







Non

maraviglieranno

i

nostri lettori che

Bruno,

il

intento alle più sottili speculazioni della filosofia,

volgesse Tanimo eziandio a pubblicare commedie liane in Parigi, imperocché,

rid ionia e tropoli

il

di

come già notammo,

gli usi,

teatro d'Italia erano grato sollazzo alla

Francia ed alla sua

Corte.

A

ri-

ita-

me-

provare

il

diletto che traevasi dalle nostre sceniche rappresenta-

zioni

,

basti ricordare che a quei tempi la

del Bibbiena, magnifico spettacolo in

Leone

X

Italiani,

e in

Urbino

Roma

Calandra innanzi a

e in altre nostre città, fu

pure da

chiamati con regalo di ottocento doppie, rap-

presentata in Lione nel 27 settembre del 1533 nell'occasione che vi

si

festeggiavano

le

nozze di Caterina dei

Medici con Enrico, che fu poi secondo re di Francia di questo

nome.

La commedia

11

Candelaio S pubblicata in Parigi nel

1582, fu forse ideata e scritta quasi tutta in Italia

-,

come

1) Il Candelaio, comedia del Bruno Nolano, acliademico di nulla Parigi, appresso Guglielmo Giuliano, achademia detto il Fastidito. Essa è dedicata alla signora Morgana. 1582. 2) Noi siamo di parere che il Bruno portasse con se dltalia in





— 141 — appare manifesto dagli accenni

ai luoghi, ai tempi, alle

persone; dal colore e dall'ordito stesso della favola.

Meglio che in ogni altro componimento, dimostransi in questo

Bruno,

la

spontaneità e facilità

dell'

ingegno del

e quella precoce inclinazione ch'egli

ebbe a di-

scorrere senza misura e riserva, con impeto e con aucose

mettendo specialmente in

dacia,

di tutte

zone

credenze de' suoi compaesani.

«

le

,

Bei, chi vuol granelli benedetti

,

«

can-

Chi vuole agnus

chi vuole

acqua di

San Pietro martire la semenza di San Gianni la h manna di San Andrea, Foglio de lo grasso, la midolla « delle canne dell'ossa del corpo di San Piantorio ». Ora è Mefistofele che il Bruno ti mette dinanzi, ora è Don Giovanni, ora quello strano demone della epopea comica del secolo decimoquinto, che, a differenza di tutti i diavoli della leggenda, non solo non fugge davanti ((

al

,

,

segno della croce, Io I '

ma

esclama cinicamente:

non credo più al nero che all'azzurro,

Ma nel cappone, o lesso, o vuogli arrosto, E credo alcuna volta anche nel burro, Nella cervogia, e quando io n'ho, nel mosto:

Ma E

Tre sono tolomeo

e

sopra tutto nel buon vino ho fede,

credo che sia salvo chi gli crede. i

protagonisti della favola: Bonifacio, Bar-

Manfurio. Bonifacio,

uomo

sciocco ed avaro,

s'innamora di una certa Vittoria, donna di partito, Francia o tutto o buona parte del manoscritto. dal vero affermando che ei ponesse

mano

alla

Non andiamo

la

lontani

sua commedia verso

l'anno vigesimo primo della sua età. Ciò sembra potersi con probabilità arguire dalle parole,

con

le quali

Bruno rammenta una legge che Roma.

il

si

a carte 95 di essa commedia, pubblicò insino dal 1569 in

,

quale non

cura di

si

ranza di levargli

ma

lui,

amarlo nella spe-

fìnge di

di tasca qualche soldo. Egli fa mille

pazzie per tenersela avvinta; e credenzone com'è,

un

ri-

Scaramure che vantasi perito nei segreti della magia e nell'arte di espugnare ed ammollire i cuori più duri. Costui, da buon macorre

all'opera di

cotale

,

riuolo, comhicia con alleggerirgli la borsa, poi lo

per

dandogli ad intendere

l'aia

cantesimo la Vittoria

non potendo Bonifacio,

il

trai'

che in virtù

è cotta di lui.

mena

dell' in-

Questa per contro,

vino dalla j)Oìmce, cioè denari da

quale avea dato quel po' che aveva a Sca-

ramure perchè

lo

impiegasse nelle operazioni di magia

che dovean farlo pago del suo amore, divisò con altra

femmina d'attorno.

di fargli

E

il

una

modo

di tutto la Carubina

belTa e toglierselo per

sempre

della beffa fu (Questo: informare ,

moglie

di Bonifacio

,

e

indurla a

trovarsi, in luogo di essa, la Vittoria, e vestita degli abiti di fatto.

lei,

Ed

ad un segreto convegno

col marito.

Detto

ecco che mentre Bonifacio, travestito con gli

abiti del pittore

Bernardo, è fuor di sè dalla gioia cre-

dendo d'essere con

la Vittoria, vedesi dinanzi la pro-

pria moglie. In quella sopraggiungono alcuni mariuoli

capitanati dal pittore, ir quale spasimava da lunga

pezza per la Carubina. Fingendosi quelli e

Bernardo

il

capitano di esso

,

s'

il

bargello

impadroniscono

di

Bonifacio, lo chiudono in una camera; e la Carubina

riman sola

col pittore;

studiasi di persuadere

una mancia Il

al

intanto che l'infinto bargello il

travagliato Bonifacio a dare

capitano affinchè noi conduca in Vicarìa.

capitano dapprima ricusa

,

poi esita

,

perdono alla vengano in per-

accetta, a condizione che Bonifacio chieda

moglie e al pittore,

e questi e quella

e finalmente

-143sona a rimettergli V

imta la

facio,

mano

Come

offesa.

fu fatto

ciò

ai bi7vn, fu liberato

Boni-

,

per grazia

Madonna.

del Signore Iddio e de la

Bartolomeo, altro protagonista, mentre

piglia spasso

si

meno sciocco e credulo di modo di produr l'oro, e la-

dell'amore di Bonifacio, non



lui, si

alla ricerca dei

sciasi mettere in

perta

d'

mezzo da un

insegnargli a fare

il

truffatore, che sotto co-

denaro, gli va cavando di

tasca quel poco ch'egli ha. L'oro, l'oro (esclama Bar-

lolomeo) è la fonte di ogni cosa,

il

lume

dell'universo.

son materia di virtù à presso

«

Herbe, parole,

«

certi philosophi matti et insensati,

((

Dio, da la natura e dalla fortuna,

«

fame; lagnarsi senza un poverello quattrino in borsa;

«

per temprar

(<

cuniosi

«

quello

<(

cano pietre, herbe,

il

et pietre

A

li

quali odiati da

vedono morir

di

tossico dell'invidia ch'hanno verso pe-

biasimano

;

si

chi

1'

oro

argento et possessori di

,

mancha

il

et parole;

danaio non solo man:

ma

l'aria, la terra, l'a-

«

equa

«

temporale; et la eterna anchora, sapendosene servire,

,

fuoco et la vita istessa. Questo dà la vita

il

quar pm-e si deve fare con non senza saper il conto tuo devi borsa delV anima sua ». Dunque mano al-

«con. farne limosina; la ((

gran discrezione,

«

privar la

l'opera. Si

Ed

il

et

accendano

segreto

? Il

i

fornelli, si

segreto è trovato

preparino :

si

i

crogiuoli.

mescoli la pulvis

Christi con la polvere comune, e questa non tarderà sotto

il

fuoco

alchimico

a

trasformarsi

in metallo

prezioso.

Ma il

intanto che Bartolomeo

si

crede tenere in

mano

desiderato specifico, ecco che riconosce

come

la

ha

fatta

pagare

tata polvere di Cristo, che Cencio gli

ben seicento

scudi,

non

è che la polvere

van-

comune prepa-

- 144 — rata dal truffatore.

«

Oimè, che farò

io ? (grida egli allo

«

speziale presso cui Cencio l'aveva deposta)

«

cupererò

li

miei scudi ?»



«

Fate come ha

come

ri-

fatto lui

((

(risponde lo speziale, alludendo a Cencio), se possete

«

trovar un altro eh' abbia

«

borsa come la vostra

è

un

il

consiglio da vigliacco;

piglio a

un

fìnti birri,

come voi

lo speziale

mena

randello, e

cervello

,

e la

Bartolomeo grida che questo

».

offeso



di

bastonate da orbo. Qui

che già avean fatto

il

i

brutto tiro a Bonifacio,

pigliano e legano Bartolomeo e lo speziale; poi tolto

ad entrambi

i

denari e

le vesti, li

lasciano cosi legati

modo, che a stento riescono a ne van mogi mogi, a casa.

sulla via, per e se

Questi bini

commedia

,

che ad ogni

rendono piena

istante

sciogliersi,

compaiono nella

e perfetta

l'

immagine

di

quelle compagnie di malandrini e camorristi, di cui fin d'allora

non era penuria

Viene da ultimo del Bruno,

il

il

nella provincia di Napoli K

pedante, la creazione prediletta

tipo che incontrasi in tutte le sue opere,

ad un certo segno

la caricatura del secolo. Ei chiama Coribante nella Cabala del cavallo Pegaseo, Polinnio nel libro della Causa, principio et uno, Burchio nella Cena de le ceneri Manfurio nella Come lino si

,

media ^

Egli è un di que' tanti compositori di libri

benemeriti della Repubblica,

1)

Il

Bruno

suoi uditori

:

stesso

nel prologo

« In Sanguino, Barra,


postillatori

a questa sua

Marco

,

glosatori,

commedia

e Corcovizzo

dice

ai

contemplarete

« in parte la destrezza de la mariolesca disciplina ». V. pag. 13. 2)

Vedi eziandio intorno

^principio et uno. il

Mi

al

pedante

il

dialogo primo della Causa,

pare eccessiva Taffermazione di Alberto Errerà,

quale attribuisce un grande intendimento educativo al Bruno nel

muovere guerra

ai pedanti.

,

— 145 — costruttori, methodici,

interpreti

«

tori

«

apparitori con

« ((

,

addiutori, scoliatori, tradut-

compendiarii

,

novelli

dialetticarii

,

una grammatica nuova, un dizionario novo, un lexicon una varia lectio un approvator con epigrammi d'authori un approvato autentico ,

,

,

,

«

greci, ebrei, latini, italiani, spagnuoli, francesi, posti

«

in fronte a libri

«

l'uno

«

tori del presente seculo et futuri, obbligati per questo

onde l'uno et l'altro et l'altro et vengono consecrati all'immortalità come benefat,

,

«

a dedicarli statue et colossi ne' mediterranei mari, et

«

ne l'oceano

de la terra

et altri luochi inhabitabili

Manfurio parla a proposito per motti ed emistichii

e a spi'oposito

un

latini,

un

,

i

».

po'

po' in versi italiani,

ed usa parole e sintassi di suo

conio

,

infiorando

il

discorso di proverbii, di sentenze e di citazioni latine.

Sfoggia in sinonimie

,

in ricerche etimologiche

com-

,

pone epistole amatorie per Bonifacio, senza curarsi più che tanto dell'

amor

tolomeo. Insegna a mettere

rotondare

i

periodi

,

i

punti e

le virgole,

ad ar-

a pronunciare rettamente e a de-

slamare, dipingendo se stesso senza accorgersene

Huomo

Bar-

di costui e dell' alchimia di

di rude, e di crassa

:

Minerua,

Mente Offuscata, ignoranza proterua

A sello

auriculato, indocto al tutto.

In nullo ludo litterario instructo

-,

Manfurio entra in tutta la commedia, ma com'uomo non vede ciò che si passa d'intorno a lui e che

;he

ignora la parte che rappresenta. ia tutti, cade egli

1) Il

pure dopo vari

Candelaio, prologo, pag. 15.

2) Id., pag. 46. 10.



Berti^ Giordano Bruno.

Onde gabbato e

e deriso

complicati accidenti

— 146 — mani

nelle di

degl'inevitabili mariuoli,

palmate

gono

mantello, e

il

vuotano

e staffilate, gli

suo parlare tra

tasche, gli tol-

le

latino e l'italiano.

il

altri, tratteggiati

riesce alquanto fredda,

si

aggruppano ben

imperfettamente e quasi in

con iscapito della favola

fretta,

quali lo colmano

beffano de' suoi proverbi e del

si

Intorno ai detti tre personaggi quindici

i

;

la

quale nello insieme

comechè non vi manchino scene

animate, naturali, piacevoli, dove l'inlìmo popolo napoletano

ti

si

appresenta nel dialogo con quella pron-

tezza e copia di motti arguti e quella abbondanza di proverbi, di sentenze, d'invocazioni ai santi e di be-

stemmie, che sono una qualità particolare dell'indole e de' costumi di esso. Possono citarsi ad esempio tutte le

scene della compagnia de'

ispecie di

Marco

e

Barra, che

fìnti si

birri, e

quella in

raccontano a vicenda

operate nella osteria del Cerriglio in Napoli

le truffe

Pomigliano

ed in quella di

K

1) Eiferiamo per saggio le parole con cui

fatta all'oste di Pomigliano.

«

Ma

io

Marco racconta

la truffa

che non só tanto di Rettorica.

« Solo soletto senza compagnia. Taltr' hieri venendo da Nola per Pumi-

« giano

:

do poi cli'hebbi mangiato non liauendo tropo buona phantasia dissi al tauernaio. Mes. lioste uorrei giocare, a' qual gioco,

« di pagare « disse

lui,

;

uolemo giocare? equa hò de tarocchi. Risposi à questo

« maldetto gioco non posso vencere, perche hó vna pessima memoria. « disse lui, hò di carte ordinarie. Risposi saranno forse segnate, che « voi le conoscerete: hauetele che « lui rispose de non.

«sai? Di queste non «

mi

non

sijno state

Dunque pensiamo ad so'

nulla,



dumque



le tauole,

de scacchi, sai? questo gioco

farebbe rinegar Christo. All' bora gli venne

« a' qual

anchor adoperate?

altro gioco.

il

senapo in testa.

dianolo di gioco vorrai giocar tu ? proponi, dico

magio: disse egli come a' pali' e magio? ordegni? vedi luoco da posserui giocare? Dissi « a' la mirella? questo è gioco da fachinì, bifolchi, et guarda porci. « A' cinque dadi? che dianolo di cinque dadi? mai vdiui di tal gioco;

« io a' stracquare a' pali' e

«vedi tu equa

tali

i

— 147 — L'epigrafe della commedia. In tristitia hilaris^ in hilaritaie

rende pensoso

iristis,

giovane

lo stato dell'animo del

lettore e gli rivela

il

che

frate,

d'allora

fin

dipingeva se stesso con una di quelle pennellate tutte sue.

L'autore, se voi lo conoscete

((

direste

,

«

una fisionomia smarrita; par che sempre

«

templatione de

«

alla pressa

«

come fan

barrette

per

altri:

gli

non

il

un che

:

più

lo

stato

sii

:

le

have

in con-

sii

pene de l'inferno par che

le

come

eh'

ride, sol per far

vedrete fastidito,

contenta di nulla, ritroso

«

restìo e bizzarro:

«

come un vecchio

((

cane ch'ha ricevute molte spellicciate, pasciuto di

« polle

^

quando

».

E

egli

si

di ottant'anni

«

con ironia mefistofelica pone

notomia de si

vuoi giocamo

a' tre dadi.

nome

Io gli dissi che

è gioco

giocamo à

« gionsi Al

ci-

sangue

pagami;

da

correre. dell'

filosofi nel

putti,

Va

non

a' tre

dadi non posso

et

vuoi

lui) si

voi

et

io.

Gli

mi dai la vergogni? Hor su dumque

disse lui, chè tu

ti

Hor questa

fanno

fugge come cen-

che possiamo farlo

« dissi giocamo a spaccastrommola.

dissi,

i

cinquantamila dianoli (disse

di

« giocare, proponi vn gioco

c<

come un

col loro cervello

«

la ricchezza, la quale si

« hauer sorte. Al

«baia: questo

fantastico

vi è certo tristezza nella ilarità del Bruno,

novero di quelle persone che «

,

è

falsa disse

intemerata chè giocarai.

et io sog-

lui.

Vuoi

far

bene'

non vuoi andar con dio; va col prior de dia« uoli. Io dissi Al sangue de le scrofole che giocarai. et che non «gioco? diceua. et che giochi? Diceuo. et che mai mai vi giocai? et si

X

(disse)

«

et che vi giocarrai

adesso? et che non voglo? et che vorrai? In

||«

conclusione comincio io

jlc<

Et

m giurò ll«

j« K

a'

pagarlo co

le

calcagne^ ideste à correre.

ecco quel porco che poco fa diceua che

che non volea giocare; et giocò

lui,

non volea et

giocare, et

giocorno

dui altri

vn pezzo correndomi a' presso, mi arriuorno et giunsero, co le voci. Poi ti giuro per la tremenda piaga di S. Rocco, che ne io 1' hò più vditi; ne essi mi hanno più visto ». suoi guattari, di sorte che per

n

Candelaio, pag. 51, 1)

ediz.

Paolo de Lagarde.

V. Candelaio, pag. 12.

— 148 — forma che

«

tornila diavoli, per

«

mire, non potrebbero vomir altro che lo

«

l'anima

^

Ed

».

è

se loro toccasse di vospirito e

parimenti triste nella sua ilarità

laddove osserva che nel

mondo

nulla di buono, e chi

di tutti crede, più s'inganna,

e

ci

poco di bello e

è

regna l'amore universale degli scudi

2.

Questa favola, a chi ben guarda, non

è

senza scopo,

intendendo essa a deridere la magia in Bonifacio,

l'al-

chimia in Bartolomeo, la pedanteria in Manfurio.

primo mentre

si

propria moglie, e porta incantesimi.

11

affanna per la Vittoria, trascura la spese e

le

le beffe dei

comprati

secondo perde Toro che possiede, an-

Il

non ha, e compra con non accorgendosi che non la venderebbe per oro chi potesse con quella comporne a suo grado. Manfurio infine, il dirozzator dei pneruli^ dando in cerca

di

quello che

l'oro la ricetta per farlo,

ossia

il

pedante, è vittima egli pure della sua pedanteria,

fruttandogli voci, al

pugni

vero

il

il

suo parlare tra

e bastonature.

il

latino e l'italiano equi-

Noi crediamo che

è contrario

sostituire a questo scopo chiaro e netto

uno

scopo incerto e indeterminato di educazione sociale. Il

giovane frate domenicano esordì dal teatro in un

secolo in cui canonici, monsignori e cardinali

non isdegnavano anche

si

1) Il

3)

commedie

non solo

e tragedie,

ma

compiacevano a rappresentarle davanti a nu-

meroso pubblico

2) Id.,

di scriver

^.

In

Roma

si

recitava in latino

il

Candelaio, pag. 13. pag. 16.

Tomaso Inghirami canonico

di S. Pietro in

Eoma, valente oratore

e dotto professore di eloquenza, sostenne rìeW Ippolito di

grande plauso Libro XXIII).

il

personaggio

di

Seneca con

Fedra. (Erasmo, Lettera 25

del

— 149 — Penulo

di Plauto,

il

di Seneca. Il Benzi,

Formione il

di Terenzio, VIppolito

Jamberti,

Telesio (Antonio) scrivevano

Marso, FAcrisio,

il

drammi

il

latini; e Corio-

lano Martirano, vescovo di San Marco in Calabria, vol-

tava dal greco in latino buona parte delle opere di

Era

Eschilo, di Sofocle, di Euripide e di Aristofane.

pur questo

a

fiorire.

il

secolo in cui la tragedia italiana cominciò

Galeotto del Carretto de' marchesi di Savona

dettava la prima tragedia italiana, la Sofonisba

quale veniva appresso la

contemporanee a questa Martelli, di Luigi

omonima le

,

alla

del Trissino, e quasi

tragedie del Rucellai, del

Alamanni, del Giraldi, del Dolce, del

Paraboschi, del Cesare de' Cesari, dello Spinelli, del

La commedia noverava fra suoi

Tasso. il

Bibbiena,

il

Machiavelli,

Porta, l'Aretino,

il

il

Firenzuola,

cultori, l'Ariosto,

Bentivoglio, il

Lasca,

il

il

Gelli,

Contile,

Vignali, l'Annibal Caro, lo stesso Galileo e piìi tardi Cocchi, che in ragione di merito

La commedia

stare coi migliori

italiana a que' tempi,

la novella, era volta quasi i

può

il il il i.

non meno che

interamente a rappresentare

costumi non tanto del vero popolo quanto di un certo

consorzio di letterati laici ed ecclesiastici, spesso indocili,

sè e

più spesso i

servili, desiderosi

sempre

di divertire

grandi loro amici ed ammiratori. S'ingannerebbe

quindi a partito chi cercasse in questa specie di com-

ponimento

il

ritratto fedele ed intero della vita e dei

costumi degli Italiani del secolo decimosesto.

Una

li

grave macchia che deturpa

il

dramma ed

TiRABOSCHi, Storia della letteratura italiana, secolo

SiGNORETTi, Storia critica de' teatri antichi e moderni.



in ge-

xvi.



Vallauri

ÌTomaso, Il Piemonte e la poesia drammatica. Torino 1867.

— 150 — nere la nostra letteratura in quel secolo e nel precedente è l'oscenità. In Inghilterra la letteratura oscena del

secolo xvii ebbe origine dalla riazione contro

il

un portato

di

(Quaccherismo. In Italia pai*e fosse quasi eccessiva cultura, poiché

non

vi

ha

letterato di qualche

pregio che non abbia largamente contribuito ad acci'escerla.

Leonardo Bruni, insigne per dottrina

e per

le

cariche sostenute, è autore di un' allocuzione di Elio-

gabalo alle meretrici romane K Antonio Beccatelli, so-

pranominato dicò a si

il

Cosimo

Paiiormita, elegantissimo scrittore, de-

Medici uno dei

de'

libri

più osceni che

conoscano, VErìnafrodUo, che venne condannato nel

concilio di Ferrara ed abbruciato sulla pubblica piazza di questa città

'\

Il

Fontano, imitatore

felice di Catullo,

indirizzò laidissimi carmi agli uomini più segnalati dei

suoi tempi

Luigi Pulci

e

Matteo Franco carteggiavano

per sollazzo con versi licenziosi, gustati dai loro amici

romanorum imperatoris, liabita in quam a Leonardo Aretino compositam

Oratio Heliogahali

1)

clone ad meretrices,

rique credimi. Egli stesso vi premise

le

conpìe-

seguenti parole: « Leonardus

« Aretinus recreandi ingenii causa ludens ridensque dieta vit,

un de

« seniores rogat ne legant, urbaniores ne efferant ». 2) Sotto

il

Ermafrodito

titolo di

l'autore pubblicò

una copiosa

Concilio di Ferrara

raccolta di

epigrammi

che

abbruciare in piazza, Bernardino da Siena e Eoberto da

lo fece

latini lubricissimi. Oltre

il

Lucca lo lacerarono sul pergamo. In una lettera dell'autore al suo amico Bartolomeo Pontefice leggonsi le seguenti parole: « Mitto « igitur tibi meum Hermafroditum, libellum equidem lascivum, sed « ea lascivia, qua summi oratores, sanctissimi poetae, gravissimi phi« losophi, viri continentes et cliristiani deniquae praelucere » (Epistola 3)

XXVII,

II).

nomi

Marino Toraacello, di Attio Sincero, duca di Calabria, e di moltissimi. Nella prefazione i versi del Fontano sono raccoman-

di Pietro altri

lib.

Eitroviamo infatti

Summonte,

i

di

del Marnilo, di Alfonso

dati ai giovanetti studiosi.

— 151 — della brigata di

Firenze

i.

Medicea che pure erano i primi uomini Porcellio dettava epigrammi contro il

Il

buon costume; e Francesco non dava saggio certamente

De

suo libro

iocis et seriis

Filelfo, suo

^.

di castigatezza in alcuni loro scritti

Poliziano,

il

Poggio ^ ed

i

avversario,

pudibondo sentire nel Uscivano da ogni confine

di

il

Cornazzani,

poeti minori

i

il

cui carmi si

leggono nella raccolta che s'intitola dai giuochi di Ve-

Tengono a questi bordone

nere.

di novelle, di cui

Come

Roma i

la

ogni sorta di

la storia lette-

onde procedendo

ac-

È

scostumati.

conferita in

corona poetica a Fausto Andrelini di Forlì per

al religioso

Il

Bigi da Ferrara indirizza

conte Francesco della Mirandola

prima nocte nuptiali

il

carme Be

Nicolò Franco stampa la Pria-

K

V. I sonetti di Matteo Franco e di Luigi Pulci entrambi carissimi

al Magnifico. Il Palei

contrito

alquanto avanzato negli anni

a Maria Vergine perchè prieghi

si

il figliuol

volge

pio a

benignamente riguardare dall'alto ed a soccorrerlo affinchè d'ora in poi camminare sulla buona via. 2) Si vegga intorno al Porcellio ed al libro che ha per iocis et seriis di

Rosmini a

si

secolo decimosesto, e con

il

scritti

suoi quattro libri di amore.

1)

le

alle onde, cosi le novelle epicuree crescono

e si moltiplicano per tutto le novelle,

trenta e più facitori

va pur troppo ricca

raria di questo tempo.

cumulano

i

3) Il

Filelfo,

nella vita di quest'ultimo.

rammentare

uomo

Francesco

quanto scrive

Più

del Filelfo che per brevità

egli possa

titolo

De

dottissimo Carlo

altri scritti sconci

avremmo

ommettiamo.

Cornazzani ne' suoi proverhii dedicati

di Stato e ministro del

il

tutto volerlo

al

Simonetta, illustre

duca Francesco Sforza,

il

Poliziano

in parecchie delle sue poesie, fra le quali alcune inedite ancora;

il

Poggio segnatamente nelle sue invettive contro il Filelfo. 4) Ludovico Bigi Pittorio (o Pittori) che giovane sacrificò alla musa della voluttà, rivolsesi tutto alla scrisse orazioni e preghiere e

religione

commentò

il

negli

Pater.

ultimi

anni suoi,

— 152 — pela.

Bandelle ed

Il

Firenzuola mettono in luce

il

le

loro novelle. Fortunio Affaitati, che perì annegato nel il suo libro Be Androgyno a se ipso conPapa Paolo Terzo. Ed alla Venere impudica

Tamigi, dedica cijnenie a

br^iciarono incensi ne' loro scritti

biena,

Borni,

il

il

Casa,

il

Molza,

il

Franchini,

Caro,

il

Dolce,

il

Domenichi, Gerolamo Rucellai,

Lasca,

il

Salvetti,

il

tutti l'Aretino,

chi lo vinca per

fama

dissima che non

si

Il

Valla,

il

Filelfo,

Marnilo,

il

il

Beccatelli, il

i

vi è accusa lori

lette-

Poliziano, lo Scala,

il

nomi

il

Caro,

il

il

Bruni,

il

Castelvetro e gli

ladro, di truffatore, di

di

i.

fa quindi meraviglia se in Italia la letteratura,

morale e salubre scarseggi licenziosa e guasta.

nuto

Non

quale non ha

Galeotto Mai'zio,

Niccolò Niccoli,

lenone, di sodomita

Non

infame.

il

secoli nelle frequenti loro polemiche.

Morula,

scambiano

altri si

il

buttino a vicenda in faccia

Poggio,

il

il

due

il

Mauro,

Valeriani, lo Strascino da Siena,

il

Bembo. Sta sopra a

rati di questi

il

Bib-

il

Bino,

il

al

e vi

abbondi per contro la

Quanto vantaggio non sarebbe ve-

popolo nostro, se l'ingegno

e lo

studio posto

nel divertirlo e corromperlo fosse stato rivolto a for-

1)

Il

Poggio ad esempio accusa

di

sodomia

il

Filelfo, dice

che rubò

denari a Leonardo Giustiniani ed una ricca scatola a Lionardo Aretino nella quale questi custodiva molti cari anelli della moglie. Il Valla

chiama il Poggio lihidinis professor, adiiUer, falsarius, periurus. Il Merula versa a piene mani le ingiurie sul Galeotto Marzio da Narni, il quale a sua volta gliele restituisce ad usura. Il Poliziano taccia di ladro e di mentitore lo Scala, Niccolò Niccoli inveisce fu-

riosamente quasi contro tutti rebbero in

un volume, ove

le villanie di

mente

le

ogni sorta che

i

letterati del suo

volessimo, la

non

tempo.

Non

capi-

solo raccogliere, ricordare

polemica letteraria

nei secoli decimoquinto e decimosesto.

ci

offre

segnata-

— 153 — marne

mente ed

la

il

costume!

II

Decamerone

del

Boccaccio, e tutta la scuola dei novellieri che a lui fa

dando vita ad animo

capo, ritardarono l'educazione nazionale

una congerie

di libri scritti senza elevazione di

e senza nobiltà di dottrine, ai quali dovettero chiudersi

porte del santuario domestico.

le

come quella

lieri,

sesto,

La donna

dei novel-

dei comici dei secoli decimoquinto e

da rarissime eccezioni in

fuori, è

quanto

si

ha

di più abbietto e schifoso K Volgare nei modi, nel sen-

non senza grandissimo stento ritrocomponimenti usciti dalla penna di questi scrittori un modello di figlia, di madre, di sposa 0 di quella donna casalinga i cui uffici sono così

tire,

nelFoperare

viamo

:

negli innumeri

bene descritti dal Molière: Former aux bonnes moeurs Fesprit de Faire

allei*

ses enfants,

son ménage, avoli' Tceil sur ses gens,

Et régier la dépense avec écononiie, Doit étre son étude et sa pliilosophie.

A

questa letteratura contribuirono, più che non al-

trove,

preti epicurei, dei quali v'era copia in questi

i

tempi in

Italia.

Unico loro scopo

dell'arte per l'arte,

Andres per scusare tero plaudenti alla ciò era

il

sollazzo,

plagio degli antichi.

il

cardinali e

i

commedia

da attribuirsi

Leone

X

il

Onde

il

culto

buon

che assistet-

del Bibbiena, diceva che

al singolare

amore che portavano

all'arte antica-.

La donna

1)

terati scapoli e

è per lo più malmenata da buona parte dei nostri letvagabondi del tempo di cui discorriamo. È singolare

che parecchi fra quelli che

poi

la

levano alle stelle

in poesia, la

vituperano nelle loro prose. 2)

« e

i

Ecco

le

prelati

parole testuali di Giovanni Andres

non

si

:

« I papi,

i

cardinali

facevano scrupolo di assistere a quelle licenziosità

« di gusto antico, perchè consecrate quasi da greci e da latini ».

— 154 — A

conforto nostro, ed a giustificazione in parte di

quei tempi, giova notare che la società italiana d'allora era assai più casta della sua letteratura.

donne

descritte con tanta semplicità

sticci ci

le

savie

da Vespasiano Bi-

altra idea della santità del coniugio

costumi di Firenze, che non gV impuri componi-

e dei

menti Il

dànno ben

E

di molti de' suoi scrittori K

Candelaio del Bruno ricorda

l'Aretino, e particolarmente la

commedie

le

Cortigiana

del-

pedante

Il

Manfui'io rassomiglia di lontano ad Andrea

peda-

il

gogo. V'ha nell'uno e nell'altro ineguaglianza di stile e di pittura, miscela di cose sacre e profane,

danza

abbon-

di proverbi, di motti vivaci, pungenti, cinici. Il

linguaggio del popolo, o meglio della plebe, è maneggiato con più sicurezza dal Nolano, che

L'uno

tino.

sbozzano

Ma

rirli.

dall'Are-

disegnano a grandi pennellate e

e l'alti'o

personaggi senza bene individuarli

i

e colo-

Bruno procede con maniera più larga ed

il

ariostesca che

non

l'Aretino.

adopera sono

colori che

non

Non

pochi eziandio dei

tolti dalla ricca

tavolozza del

Tansillo, la cui poesia lesse e studiò così nella giovane,

come

1)

nella

V. fra

le

matura

altre la

età,

con particolare amore

Vita delV Alessandra

de'

^.

Ma

se

Bardi. Firenze,

Barbèra e Bianchi, 1859.

Leone Battista degli Alberti e del Pandolfinì dànno della donna fiorentina un concetto ben diverso da quello degli autori da noi accennati. 2) La Cortigiana dell'Aretino fu rappresentata in Bologna nella quaresima del 1572 dedicata dapprima al cardinale di Lorena ed indi al cardinale di Trento Cristoforo Madrucci. Le commedie dell'Aretino sono quasi tutte dedicate a personaggi illustri e contengono Gli scritti educativi di

ci

frequentissimi accenni ai fatti ed agli uomini del tempo. 3)

Vedi nota

illustrativa seconda.

Appendice.

— 155 — il

Bruno

fu pari al maestro negli scherzi inverecondi,

gli sottostà d'assai nella

scrivere.

E

grazia e nella pulitezza dello

non

se lo imitò nell'offesa fatta ai costumi,

seppe imitarlo nella espiazione \ Io credo inoltre che

commedia

II

udi fanciullo

egli

buona parte

dei dialoghi della

Candelaio siano foggiati su quelli che in

Nola dai suoi conterranei,

i

quali usare solevano ogni libertà di parlare nei tempi

vendemmia.

della

Era a costoro

«

su

di

lecito

l'alte

ad ogni più nobil dama, non che

scale ove erano, dire

a qualunque signore padrone o sacerdote, che di là passasse, con tutte

parola

2».

Ed

le

più sfacciate licenze, ogni oscena

esempi peggiori

di questi dialoghi

ebbe

davanti agli occhi quando fu mandato adolescente allo Studio in Napoli, dove nella grotta del Chiattamone vicino a Castel delFOvo luti

per sfogare

le

Questa commedia, recitò

si

adunavano

colo successivo se ne vide

Bonifacio ed

1)

Le

il

da Enrico III, non si non ebbe colà voga in nel primo scorcio del se-

letta forse

tuttavia in Francia e

questo tempo, perciocché solo

di

giovani disso-

i

nefande loro voglie

una imitazione

sotto

il

nome

pedante, più purgata e castigata

In espiazione de' versi lubrici compose

Tansillo

il

il

poemetto

lacrime di S. Pietro: Acciò che il mio fallii" crudele Più sovente mi rieda nel pensiero

E rimembrando Pianga 2) Eemondini,

— Ambrogio 3)

le

qicel ch'io

sempre

fui

colpe mie col pianto altrui.

Storia ecclesiastica di Nola. Voi.

Leone, Opere sovra

citate,

lib.

Ili,

Ili, pag-.

143.

cap. 14.

Scipione Miccio, Vita di D. Pietro da Toledo, stampata nel-

l'Archivio di Vieusseux, voi. IX^ pag. 22-23.

stimoni

falsi.



Id.,

Scuole dei

te-

— 156 — che non

il

La

modello.

rassomiglianza, che nell'ordi-

tura della favola e nella pittm-a de' principali persoil Bartholmèss ed altri scritPedante gabbato {Le pèdant joué) di Girano de Bergérac non appare dall'accurato raffronto delle due commedie. 11 Gr anger del Girano,

naggi credettero scorgere

tori tra

il

Candelaio ed

o rappresentasse

il

il

preside del collegio di Beauvais in

cui egli era stato educato, o quel tale pedante di To-

losa del quale è cenno nella lettera del Labret amico

non ha altro di comune col Manfurio del Bruno che le parole latine con le quali ingemma i suoi discorsi. Adombrò bene il Bergérac alcuni concetti del Bruno nel suo fantastico Viaggio nella Luna^, dove introduce Gassendi e Gampanella e discorre di un libro che è la grande opera dei filosofi, nel quale l'autore

del Girano,

intende di provare che tutte «

exemple que

«

qu'on peut ètre

cose sono vere,

pas en

et n'ètre

simpatia del Girano per larità del

le

blanc est noir, et que

le

suo ingegno

il

le

mème temps

Bruno, o meglio

e dei

suoi

libri,

«

par

noir est blanc; -

».

La

la singo-

fecero credere

che la sua commedia fosse foggiata su quella del Nolano.

La commedia

Ma 1)

un episodio negli

è

scritti del

Bruno.

essa è uno di quegli episodii che appalesano cosi

Histoire comique ou voyage dans la lune, per Girano de Bercomique des états et empires de la

gérac. V. eziandio VHistoire

lune

et

2) Il

du

soleil, dello stesso autore.

Girano conobbe

con ammirazione.

Da

il

Campanella presso Gassendi

ciò alcuni

argomentarono che

citate dovessero riferirsi al frate di Stilo e che la filosofi fosse la

Città del Sole.

Ma

le

e ne parla

parole sovra-

Grande opera

appunto perchè

il

dei

Girano aveva

contezza delle opere del Gampanella non poteva attribuirgli opinioni

che in quelle non con

si

ritrovano,

le stesse parole, si

mentre queste opinioni formolate quasi

leggono nelle opere del Bruno.

— 157 — i

difetti

ed

i

pregi del suo ingegno,

delle sue passioni giovanili.

E

come

crediamo

il

di

disordine

poter as-

severare senza esagerazione che in tutte le sue opere filosofiche v'è lo scrittore della

commedia l'autore degli scritti a meno, dando solo uno sguardo da

lui prodotte in questo

di

ammirare

la

commedia, come nella Non si può

filosofici K

alla varietà delle opere

primo periodo della sua

potenza del suo ingegno

Senza dire

col

la novità

pensamenti.

delle sue osservazioni e dei suoi

1)

e

vita,

[Histoire des sciences mathématiques,

Libri

Bruno nel Candelaio: « s'est montré Fémule des meilleurs auteurs dramatiques de son temps », si può tuttavia asserire col Mamiani che nel Candelaio « i caratteri tom. IV, pag. 143)

che

il

«

« riescono alquanto nuovi

:

l'intreccio vi

procede ingegnoso, e noi

« dehbe restituire a Terenzio ed a Plauto

commedie di quella età non lodevole a quella implicazione

« più parte delle « denza

:

come convien

si

fare per la

e già vi si scorge la tene varietà

« denti che toccò l'apice sulle scene spagnuole »

Le Mounier, 1859)

.

estreme di

— Vedi

acci-

la prefazione

di Terenzio

Mamiani

Schelling,

Bruno, voltato in italiano dalla marchesa Florenzi-Yad-

dington.

il

(ediz.

al dialogo di

Federico

— 158 —

CAPITOLO

IX.

(1583-1585)





Il Bruno a Londra Castelnuovo di Mauvissière — Maria Bochetel sua moglie Ospitalità cortese concessa al Bruno —La piccola Bruno e la Stuarda Bruno in famiglia Maria figlia di Castelnuovo Costumi inglesi del secolo xvi la plebe, i borghesi, le donne, i

SOMMARIO.









:





i cavalieri Il libro dei Trenta sigilli Il Bruno nello Solennità accademiche: feste studio di Oxford La sua filosofia I dialoghi della Cena de le ceneri Il libro Della causa, e dispute

dottori,











universo et mundi 'Lo Spaccio della bestia trionfante Razionalismo — La Cabala del cavallo Pcgaseo e l'Asino Cillenico— Gli Eroici furor i ~ Conoscenze illustri

principio

del

Bruno

et

uno:

e Dell' infinito^



in Inghilterra.

L'ale sicure a l'aria porgo,

Nè temo

Ma

intoppo di cristallo o vetro.

fendo

1

E mentre

E per

cieli,

dal

l'etereo

a l'infinito m'ergo.

mio globo agli altri sorgo, campo oltre penètro,

Quel ch'altri lungi vede, lascio al tergo'.

Giordano Bruno.

Verso

gli

ultimi mesi delFanno 1583

il

Bruno, per

desiderio di vedere nuova gente e nuove cose, pigliò licenza

da Parigi

e

venne

in

Londra con

lettere di

Enrico III per Michele Castelnuovo di Mauvissière suo ambasciatore presso la Corte della regina Elisabetta ^ Questi lo accolse umanissimamente e cortese ospitalità, tenendolo

1)

Vedi

2)

Atti del processo, Doc. IX.

la

gli

fu largo di

come gentiluomo

nota illustrativa di cui sopra.

in sua

i

— 159 — La

italiana va pertanto debitrice al Nolano potè attendere liberamente suoi studi sulle rive del Tamigi e stampare nel-

casa

1.

filosofia

Castelnuovo, se ai

l'idioma patrio

più bei libri che siano usciti dalla

i

Non

sua penna. appelli,

il

è

quindi a meravigliare che egli lo

suo usbergo, suo unico rifugio,

del favore di essere ricettato

,

nodrito

,

e che, grato

difeso

libe-

,

rato, ritenuto in salvo, mantenuto in porto, a lui dedichi quattro sue opere

mondo,

che è

per far testimonianza al

merito del Castelnuovo se la

filosofia

da nolana musa partorita non è morta entro le fasce ~. Alcuni lustri dopo il Campanella indirizzando in

Roma

al Noailles

suo gran libro della

,

altro ambasciatore francese

filosofìa,

<(

,

il

a te sono (diceva a lui

<(

con parole simili a quelle del Bruno) debitore, o ge-

«

neroso eroe, della libertà, dell'onore e della vita

^

».

Castelnuovo di Mauvissière, tanto insigne per virtù

1) Id. Il

primo

libro

così favella

:

Bruno nella dedica che fa a questo suo Mecenate del che stampò in Londra [ExpUcatio triginta sigilloì'um), « Musarura partus iste non ignobilis in tua celeberrima

« aula editus, tibi, illustrissime domine, sacratur

« musis debere

:

qui musis debent, et tibi

:

ut qui mihi debent,

earumdem perpetuo

fautori

« et protectori devinctos esse cognoscant. Ipsae etenim quibus «

omne

solum patria, ne alicubi haberentur peregrinae, seque extraneas esse

« comperirent

:

per italum alumnum, in seposita Britannia, gallicum

ipsumque regium, hospitium repperere. Vale illumque satis tibi « alhgatum scias cui Angliam in Italiani, Londinum in Nolani, to«

« toque orbe seiunctam doniuni in domesticos lares convertisti ». 2)

Vedi

le

prefazioni ai vari libri italiani del

Bruno dedicati

al

€astelnuovo. 3)

Campanella, cf Dedica àeìhi Filosofia razionale, 15 marzo 1635.

Francesco di Noailles ambasciatore francese presso il

Campanella a salvarsi in Francia,

in Parigi e gli ottenne

lo fece

il

Santo Padre aiutò

ospitare dalla sua famiglia

una pensione dal Governo

francese.

— 160 militare quanto per sapienza politica fu uno degli uomini più ragguardevoli del suo tempo. Visitò giovane ritalia, dimorò qualche anno in Roma, sostenne ,

ambasciate, e

Jarnac

di

segnalò nelle fazioni campali di Dreux,

si

e di Moiicontour,

accompagnò, dopo

la

morte

Maria Stuarda nella Scozia, si applicò e mostrò anche in mezzo alle feroci discordie civili animo nobile, temperato, osservante della giustizia. Venuto oratore di Francia in Francesco

di

II,

con profìtto agli studi

^

Inghilterra nel 1575, vi stette dieci anni con Fapprodel suo paese.

vazione

stere in tutto questo

E

benché abbia dovuto assi-

tempo

ai

rinnovati ed infruttuosi

tentativi che, spesso a sua insaputa,

si

fecero nel con-

tinente in prò della bella ed infelice Maria Stuarda,

tuttavia seppe portarsi in

contegno

Le

modo da non

lettere affettuose le quali si

e l'augusta captiva e lo avesse caro.

scambiarono tra esso

provano quanto questa Onde, quando

Enrico

III,

casato, fìglia a

1)

Fanno

i

servigi ricevuti,

di sincera lode alla

Caterina de' Medici, ed

Castelnuovo

pregiasse

essa, in segno di

,

gratitudine e di soddisfacimento per

raccomandò con parole

lo

^.

lui

Castelnuovo tolse

il

congedo per ritornare in Francia lo

eccitare col suo

sospetti della vigile e diffidente Elisabetta

i

al

duca

madre

di

di

Guisa l

si sposò a Maria Bochetel di illustre Giacomo signore de la Forest Brouilha-

di ciò bella testimonianza

scrisse per l'educazione di suo figlio

le lettere,

ed

coustumes des anciens Gauloys che

il

egli

le

Memorie che

Traicté des fagons et tradusse dal latino

di

Kamus. 2)

Questa regina

3} V.

lo vide

con rammarico partire da Londra. par Laboureur.

Mémoire de messire Michel de Castelnau

— Bruxelles

1731.

— 161 — menon, dalla quale ebbe due figliuoli, Edoardo e Giae due figliuole, Maria ed Elisabetta. La Bochetel, secondo il Bruno, « non solamente era dotata di cor-

como,

« <(

porale bellezza che le avvela ed

ma

ammanta T alma,

ancora di accorta modestia ed onestissima corper cui

indissolubil

«

tesia

«

r animo del suo consorte

«

chiunque

,

la conosce

Feducazione dei gliuole,

di

^

Poneva grande

».

sopravvedeva

alla casa, e

diligenza neldelle

fi-

curava che in questa

buon ordine ed

bene della

al

Gentile e cortese con quanti

miglia.

avvinto

a cattivarsi

modo

ed in special

figliuoli

tutto concordasse al

nodo tiene

è potente

et

le

si

fa-

avvicina-

al Bruno le amarezze dell'esilio, rendendimora in Londra quasi altrettanto cara sarebbe stata la dimora sotto il tetto paterno.

vano, mitigò dogli la sua

quanto

gli

Una

delle figliuoline del

toccava appena

il

Castelnuovo

anno

sesto

,

liana, la francese e la inglese così ,

care

«

se ella è

Era graziosa ((

i

,

da

Italia,

buona

,

,

la Maria, che

parlava la lingua

ita-

da non potersi giudi-

da Francia o da Inghilterra

e

».

suonava con tanta maestria

musici strumenti, da dubitar se fosse discesa dal

cielo 0

pur sortita dalla terra ^

».

Queste parole in

bocca del nostro Giordano, la cui vita non fu consolata

da

affetto di fratello o di sorella, respirano tanta

e sì verace soavità e dolcezza

,

che noi crediamo che

l'aspetto gentile ed innocente di questa fanciulletta ed i

suoi vivaci ed infantili coUoquii rallegrassero e ras-

serenassero non di rado l'animo di Ini travagliatissimo.

Questa piccola Maria ebbe a matrina 1)

Bruno, Opere

2) Id., voi.

I,

p.

italiane, voi. I, pag-. 267.

268.

Maria di Bochetel, come 11.



la Stuarda, dalla

— Rara

la

Maria

avis, esclamava

di Castelnuovo.

Berti, Giordano Bruno.

il

Bruno, come

la

— 162 — quale non solo è rammentata con tenerezza nelle sue

ma

lettere al padre,

è

ancora festeggiata nell'anniver-

sario della sua nascita con presenti di lavorucci fatti

mani

sue

colle

Stuarda

nella

prigione

di

Maria

Sheffield K

Bruno, l'una decapitata nel Castello di Fo-

e

theringay, dopo diciotto anni passati nelle prigioni di Carlisle,

abbruciato in

l'altro

di

Tutbury, Sheffield,

Campo

Chartley, di Tixal,

di

dei Fiori

cupo carcere in Venezia ed in

dopo

otto anni

Roma Quanta !

gran-

dezza e singolarità di memorie risvegliano in noi questi

nomi, che s'intrecciano a quello della fanciulletta Maria di Castelnuovo

Erano appena

!

trascorsi

due

lustri

da

questo tempo, e la piccola ed aerea Maria, l'angioletto che forse ancora nelle

lunghe

mano

di

si

presentava in visione

e dolorose ore

sposa e mutava

meno

quello non

Ma

Rochechouart

il

della prigione

nome

di

nobile e splendido

più che

il

al

Bruno dava

,

la

Castelnuovo in di

parentado

contessa

di

e le dovizie,

varrà a mantenere viva la memoria di questa liglioccia

Stuarda

della

il

fiore

che ella sparse

sulla via per-

corsa dal filosofo di Nola.

Bruno viveva adunque, come gentiluomo e come amico, in mezzo ai Castelnuovo ed ai loro figliuoli. Il

Egli lavorava con serenità, non distratto da incarico che

gii togliesse

bisogno di cercarsi

il

il

ufficio

od

tempo, non turbato dal

vitto. Il

Castelnuovo usava con

tanta liberalità verso di lui, che non l'obbligava ad intervenire alla messa che dicevasi in casa 1) Si

nuovo 2)

vegga

nelle

,

ed alla

Aggiunte del Laboureur alle Memorie del CastelStuarda alla piccola Maria, voi. Ili, pag. 108.

la lettera della

La Maria

di Castelnuovo

si

sposò nell'anno 1595 a Luigi di Eo-

chechouart di una delle prime famiglie di Francia.

— 163 — quale assisteva quotidianamente la famiglia

E

^.

benché

fosse sincerissimo cattolico ed avesse in Francia

battuto contro

i

Bruno disputasse liberamente ligiose.

La

qual liberalità

suo

il

sua di cose

il

re-

Castelnuovo

Bruno, quanto sapeva

dal

biasimasse

ospite

teologici che si

in casa

e tolleranza del

era tanto più apprezzata

come

com-

protestanti, lasciava tuttavia che

i

frequenti convegni

tenevano in quei tempi in Francia ed

altrove per comporre le controversie religiose, usando dire che la religione la fede e Il

non con

s'

insegnava con V umiltà

e

con

dispute l

le

Castelnuovo amava

egli

pure caldamente

lo studio,

e scriveva in questo

tempo, per l'educazione del

maggiore Giacomo

quelle sue

,

Memorie

figlio

della vita

pubblica, che sono a giusta ragione celebrate tra le migliori del secolo. Forse queste alla sera

versazione tivano

si

a mano a Memorie facevano argomento

in famiglia

Oltre le

scritte.

le

Memorie leggevansi mano che venivano di con-

vicende della Stuarda, per la quale sen-

nobile affetto

i

Castelnuovo.

E

in questo

al

quale alludiamo,

lo

ambasciatore e la regina prigioniera, perchè

il

tempo

carteggio era più frequente tra si

stava

trattando con Filippo II di Spagna, col duca di Guisa e

con Gregorio XIII l'invasione in Inghilterra per

1)

ri-

Atti del processo, Doc. IX.

2) Il

Castelnuovo nelle sue

al celebre

Memorie

Congresso di Passy che

si

(voi. I,

pag. 73) accennando

tenne in Francia nel 1561

alla

presenza di Caterina de' Medici e del Cardinal di Ferrara, deputato dal Pontefice, con l'intervento di Teodoro Beza, dell'italiano Pietro

Martire e di parecchi

altri

rappresentanti

della

Chiesa riformata,

diceva che la religione ne se peut hien entendre que

par humilité

e

che quindi non la

s'

par

la

hnparava dalle dispute.

foy

et

— 164 — staurarvi

Pure

cattolicismo ^

il

il

Bruno, o per osse-

quio ad Elisabetta ed ai suoi amici

inglesi

o

,

per

poca simpatia alla cattolica regina, non solamente non ne accennava

le

peripezie,

ma

neanche ne ricordava

nome. Ciò spettava al Campanella, che vedeva nella Stuarda il cattolicismo perseguitato e combattuto nel-

il

risola

^;

più tardi

e

all'Allìeri,

alla contessa d'Albany,

il

quale per osservanza

impalmata alTultimo

e

degenere

e

semplice

discendente, ne fece subbietto di tragedia.

Gli anni passati dal

Bruno

in questa

famiglia furono senza dubbio

non ostante gliarono

•\

molti e

i

Fu

più belli della sua vita,

nemici che pur colà

fieri

tra lui ed

i

buona

lo trava-

suoi ospiti sincera e costante

i

concordia, poiché lo ebbero

compagno

al loro ritorno in

Parigi e continuò ad essere in buone relazioni con loro nel secondo soggioi-no che egli fece in questa città

ben guardi

ai libri

da

lui scritti in

^.

Chi

questo tempo, e

li

paragoni con quelli pubblicati in Parigi, non potrà non

un grande miglioramento dovuto

riconoscere alla

mutata condizione

uomini

in parte

di vita ed alla conversazione con

chiari nelle lettere ed esperti negli affari ^

Quando

il

Bruno

Londra, questa era ben lungi

visitò

ancora da quella bellezza di strade, da quella pulizia,

da quel comodo 1)

di case

MiGNET, Marie Stuard,

2) Il

Campanella

nelle pao-ine

«

Mox

«

Mariae Scotorum reginae

,

voi.

da quelF urbanità II,

bontà

cap. 9.

che scrisse di se stesso così

in Calabria reversus, in patriae

e

meae

stylo

si

esprime

:

composui tragoediam

».

3) Allude a questi suoi nemici in più luoghi delle opere pubbhcate in

Londra ed altrove. Atti del processo, Doc. IX. 5) Se il Bruno avesse continuato a vivere 4)

in

Londra

forse avrebbe

dato opera più efficace di quella che diede allo studio delle scienze.

,

— 165 — da quell'armonia delle cose diverse, tutte

degli abitanti,

concordanti al massimo benessere universale, che ne

facevano ad Alfieri desideratissimo

il

soggiorno dipoi

i.

Bruno vi trovò strade buie, piene di fango, dalle quali non poteva ritrarre fuori le gambe, case manIl

canti dei sul

comodi che

Tamigi

avevano in

si

raglie vocali di Tebe, ed

«

Caronte

«

cimbe

,

ad ogni moto come

sciicchiolanti e risonanti

«

Italia, barcaroli

che rassomigliavano a

,

arteggiani, et bottegari,

che conoscendoti in qualche foggia forastiero:

ceno

musso,

il

ti

ridono,

ti

ghignano,

co la bocca

traditore, straniero, et questo

ti

titolo ingiuriosissimo, et pa(?e

«

quantosiuoglia

«

armato, nobile, ó gentil' huomo.

ad riceuere

tutti

i'

huomo

il

tor-

,

sia

pur

giouane, ó uecchio, togato, ó

Hor qua

se per

mala

che prendi cccasione di toccarne

sorte

«

vno, ó porre

((

uedrai, quanto é lunga la strada, in

fatto,

un

e'

supposito ca-

mondo

del

torti

«

ti

ti

petteggiano

appresso loro

che rende

((

«

uien

ti

chiamano in suo lenguaggio cane

«

((

,

mu-

le

mano

à Tarmi: ecco in vn punto

ti

mezzo d'uno

quali più di repente che (come

«

esercito di coteconi

«

fingono

«

risorsero tanti

«

la terra,

«

facendo vna honoratissima et gentilissima prospettiua

((

de vna selua de bastoni, pertiche lunghe, alebarde,

i

poeti)

ma

i'

da denti del drago seminati per lasone

huomini armati par che sbuchino da certissimamente esceno da le botteghe: et :

((

partesane

«

ad ottimo vso

«

per questa

((

chiate et pronte. Cossi

1)

,

et

forche gli

rugginenti

et simile occasioni

Alfjeri, Vita

;

e

quali

(

benché

siano state concesse dal prencipe)

han sempre apparec-

con vna rustica furia te

— Soggiorno

in

Londra.

le





166

«

vedrai auuentar sopra, senza guardare a

«

doue, et come, sanza ch'iin se ne referisca a l'altro,

«

ogn"uno sfogando quel sdegno naturale

((

il

((

sarà inipodito da la calca de gF altri

«

effetto

«

a prendere la misiiia dei sayo, et se

«A

forastiei'o

si

11 li

p(Misioro) et con

1

saldarti aiichnr;i

la

cli'a

mano

centra

non che poneno in

uerrà di sua propria

ti

perdi e,

chi,

(se

sua propria uerga

non

sai-ai

cauto

c-ippollo in tosta

il

((

«

<-

à

Imssate

di

fdiv.a

correrò, aggiiilaiiddl

laraii

ti

andar annuii con

lici

pugni

i

:

le

noli

li

«

liccato donlroiiiia pi'iggione, et (pia ine

A

iKiin

lasciin'aiiiio

(piesta plclic di

vari

oi'(liiii

(inauro

l;iiilo

che

.

i

de

(,)iifHi

.

hiic.

di

l;i

non fliabbiao

elio

o holtcgai

ligiani

scrviioi

di

cdUc

;ii

calci

mai. sin

lil)i

si

conicndo

aggiungono

parte in sorvitoi'i

ci

|iiiiiia

colla soli

i"

et bisognosi gonlil" linomini

«

robba,

«

et questi per

((

indignità seguitano

t(

uoriti da quelli. Quelli de la seconda cotta

«

o" di

li

qii.di

i

di

pouori

per dissogno di

«

:

ad

d'asino ó di mulo:

per «

Inssci'o

i

che mogio sarrehe

fannie, se riducono sol lo Tali di maggiori: il

mercantuzzi

pin non son tolti da sua casa, et senza

falliti,

i"

o"

suoi Milordi, son stimati et fa-

arteggiani,

o' (pielli

sono de

che senza

prolitto hall studiato à leggere scrinerò ó altra arte;

son

fuggiti

«

et questi

«

daco ó bottega. Quelli de

«

troni elle

tolti,

(3

per fuggir maggior

«

libero mestiere: et questi

((

tolti

((

gV

1)

da

battelli: o'

aratri. Gì' vltimi

Edizione

da qualche scuola, fun-

la terza cotta

De

o'

fatica,

han

son qué pollasciato più

son poltroni acquatici,

son poltroni

terrestri,

tolti

da

de la quarta cotta sono una me-

Lasrarde. Yol.

I, pag-.

144-145.

— 167 — scugia di desperati, di disgratiati da lor padroni, de fuor usciti da tempeste, de pelegrini. de disutili et inerti, di

qué che non han più comodità di rubbare,

qué che frescamente son scampati

di

quelli che

uiene

a'

di priggione, di

han disegno d' ingannar qualchuno, che le là. Et questi son tolti da le colonne

torre di

de la borsa, et da la porta di san Paolo. se ne uuoi

Parigi, ne trouarai quanti

à'

la

porta del palazzo. In Napoli à

in

Venezia,

De

le

le

Roma

Rialto, in

a'

grado

di

Campo

al

De ti

simili

piace a

san Paolo, di Flora.

son quei che per mostrar

tre ultime specie,

quanto siino potenti in casa sua,

et

che sono persone

buon stomacho, son buoni soldati, et hanno à diil mondo tutto ad uno che non fà mina di uolergli dar la piazza larga: gli donaranno con la spalla, come con un sprone di galera una spinta, che

di

spreggio

lo

:

faran uoltar tutto ritondo, facendogli ueder quanto

siino forti l'obusti et possenti, et

ad un bisognò buoni

per rompere un' armata. Et se costui che se farà incontro, sarà

un

di piazza, che

san fare

il

forestiero

donigli pur quanto

:

uuole per ogni

modo

Caesare, l'Anniballe,

1'

si

uogla

che sappia, quanto

Hettorre, et

un bue

che urta anchora

Cossi fanno anchora color che portan birra et hala, i'

quali facendo

te si

il

corso suo, se per sua inauertenza

auuentaranno sopra,

te faran sentir l'empito

de

non solamente son posspalli; ma anchora à buttar vna (se fusse un carro) anchora.

la carca che portano; et che

senti à portar su le

casa inante, et tirar

Accuso

(dico)

queir

.

altri

i'

.

.

quali tal uolta fìngendo di

.

uoler

fuggire, ò « «

alchuno, ó correre à

perseguitare

qualche negozio necessario: se spiccano da dentro vna bottega, et con quella furia

uer ranno da dietro ò

ti

un quando e' stizzalo, conio (pochi mesi fà) accadde « ad un pouero M. Alessandro Citolino, al quale iu cotal «modo, con i-iso ci plauso di tutta la piazza, tu rotto à doimr

«

da

«

toro

«

et fracassato

«

dere

«

hauesse possuto accadi

costa,

un inaccio.

sa[)c>s('

ci

piche

nc\ulen/a

clic

a

liissci d

ed era Iioppd line ()ss,t\

In

dire

Liliciic

\-crc.

(,>iia

<

liberamente, dona



il

il

essere.

])i-opi'io

al

iiiiiro

capo capo..

.

proprio .



gli

il

le

«

coltello et fuoco per coltello e fuoco

pei-

pei- filosofi, gli

Cena de

le

imposture,

Bernardi.

ceneri, edizione

Il Citolini

morì obliato

gli

natura il

vino

la

De

.

inganni per inganni, .

.

.

pedanti per pedanti,

intorno ad Alessandro Citolini

la

pane pane,

per prodezze e mci'aviglie



imposture

chi

nomina

miracoli per miracoli, le

prodezze

et incra\ i^lie

a

ikiiiic

chiama

.

«

1)

sera da

che valea per dieci.

(iiordaici parla per volgare,

«

vino:

aveva

pin clie alir
«

<(

ccLilicrc e l'itrai're

.tidi'e pel' ih Hi

clic \('(le\a. 'l'anlo pili clic

dare luralna

II'"

lii-liiliei ra

il

per pfccacciai'O be-

uoiiic da ikui tacei'e,

ci-a

ciiva spimi,. naie, nn.i delle (piali fu sì gentile

in

il

cose

costumi

flesso occasione di iÌscikiIim-c una

a\iilu r[A\

clic

le

cosa

tal

desci'izionc dei

la

simnicrd, pine

Ini

che

piazza^»'

(piella

in

pennellate inlciMKi agli animali

iiiulcsc. e le

gciiniiiaiiifiiie

\('iiii

re

cliiania urluliri.

clic ci

dn' uolendo poi proue-

al

magisiiatu; non tionò manco

il

llfuclh'

della

spinta che può donar

(jiiolla

Stima gli

.

il

gli filosofi

monachi per

Lag-arde, pag-. 146-147.

— Vedi

dotta monografia delFabate Jacopo

nacque in Serravalle

e forse travagliato dalla

delle Alpi, ora Città- Vittorio,

miseria in Londra.

— 169 — ((

monachi,

gli disutili,

montimbanchi,

ciarlatani, bagat-

barattoni, istrioni, papagalli, per quel che si

«

tellieri,

«

dicono, mostrano et sono

^

/*.

Alla pittura degli uomini succede quella delle donne

muse

0 delle

chiama, graziose, gen-

inglesi, com'ei le

pastose, morbide, giovani, belle, delicate, biondi

tili,

capelli,

bianche guancie, vermiglie gote, labbra suc-

Sono a un dipresso ì^nimphae

chiuse, occhi divini 2.

divinìs vuUihus, hlandae, faciles, con incontrato

ebbe



Erasmo

quali s'era

le

alcuni lustri prima, e dalle quali

soavi accoglienze che egli da buono epicureista

avrebbe voluto rimanersene pellegrino in Inghilterra per tutta la vita.

Arrivi, e tutti

«

licenziano coi baci; torni,

«

gono da

«

de' baci

te, ;

ti

recano de' baci

ti

baciano; parti,

rendono

ti si

partono,

;

v'incontrate, e vi baciate^».

Bruno non andasse a sangue mostrò tanto sjjasimare a

le

si

ti

ven-

scambiano

E comechè

al

culto della donna, e

il

quasi quasi tenesse per pazzo

de' baci;

il

tosco poeta che si

rive di Sorga per

una

di Valchiusa, tuttavia stimava degne di canto alcune signore inglesi, onore del sesso femminile e composte

di sostanza

celeste''.

2)

Spaccio della bestia trionfante, edizione De Lag-arde, pag. 406. Edizione De Lagarde, pag. 128.

3)

Erasmo scrivendo da Londra a Fausto Andrelino dice:«Sunt

1)

« hic

nympliae divinis vultibus, blandae,

« nienis facile anteponas. Sive

« discedas aliquo, osculis dimitteris «

ad

te,

propinantur suavia

;

4)

Ed

et

quas tu tuis Ca-

:

redis,

exciperis, sive

redduntur suavia

:

venitur

disceditur abs te, dividuntur basia

« curritur alicubi, basiatur affatim

« suaviorum piena sunt

faciles,

quo venias, oninius oscula

omnia

:

:

oc-

denique quocumque te moveas,

».

a scusa di aver detto male di alcune donne inglesi scriveva un

sonetto pieu di lodi

A le più virtuose e leggiadre dame

di Inghilterra.

— 170 — di

Dove aggrava più la mano è nell'abbozzo che traccia una parte dei dottori di Oxford, uomini di roba lunga, con catene d'oro lucenti

vestiti di velluto

mani preziose per due

da parere ricchissimi

dita,

E come i

Sllldii.

contrapposto

cavalieri, coi

T^uiìiiii r

pin riddile e

Nei per

praii/.i

L;i-a/ia

mano tolto di

liocca,

d^'i

(|U('lla

nsan/.a. di

ben

clic

i

Nala-

lo

non vide

ei

Ini

a

passare

lai-

couNiiaii

lascialoiii

ci

erano

liKiudo.

italiano di

mano

stesso orciuolo o

mena

dnp.i ipid clic

(pia!''

Ini

ciclo e in nnv/.o al

da ([Ucsii ca\alioi-i.

iilla

lii

ciaNciuiM il

dd

praticala

)io

I

secondo

iiiiiis^iiiK»

lialura

(laliuli

di

a

hiccliicrc «

soiin

l'icca

pai'cva sli'aiia c in

[xT l^iMìtilcZZa, COl flOre

:i

((lucali, clic

all('\'ati

nei buoni

versati

liKuli.

Tamigi.

sul

alihallt^ in

si

i)('i

(li

sl;ii-c

liill

poletani.

con maniere

<^ioiellieri,

dottori coloi'isce con bella

ai

«inali

IVaiK'lii.

l(\'ili.

lialiani

di'j^li

con

da bifolco K

scortesi e

tinta

al collo,

dodici anella che contengono in

le

'piella

il

ballo se

I

impaiiiialiira

per culla

lià

di

appresso

«

pinguedine

«

beue questo,

(.

(picir alti-o et

«

beue costui,

«

cossi con bel disordine gustandosi da tutti la beuanda,

clic et

i)U('i

ni

lascia

n" alligge

sei iiir

mica

vna

et ni scrolla

un

pelo

cortesia de le reliquie che tiene circa

che pur nondimeno si

avevano per segno

Edizione

De

Lao-arde, pag. 120.

2) Id., id., pag. 149.

il

mustaccio

e

in alcuni conviti, nei quali inter-

civiltà e cortesia

1)

de la barba: et

lanio malcreato, che non ni lasse qualche

nessuno

«

venne,

:

pane: beue

à Torlo un irisetto di carne:

«

é

di

di

massima

e

squisita

— 171 — Venendo

di Parigi,

teneva

suo forziere manoscritto trenta

sigilli,

pi'obabilmente, nel

già,

libro della

il

Spiegazione dei

che diè prontamente alle stampe in Londra

Castelnuovo e con una lettera

con una dedica

al

cancelliere, che

crediamo fosse Tobia Mathew, ed

tori di

Oxford, nella quale

al viceai dot-

annunzia dottore di una

si

una sapienza più pura che comunemente spacciasi.

teologia squisita, e professore di e pili

innocente di quella,

Soggiunge, con linguaggio vanaglorioso, che egli è risvegliatore dei dormienti ed

ranza presuntuosa

il

domatore

che non è italiano o

e caparbia;

britanno, maschio o femmina, vescovo o principe, di toga 0 di spada,

monaco

il

dell'igno-

o laico,

ma, come

uomo già

si

disse altrove, cittadino e domesiico del inondo, figlio

del

padre

sole e

Ei premise

madre

de la terra

al libro

^.

questa sti-ana apologia per far

parlare di sè e per ottenere che gli fossero aperte le

porte di quel claustro scientifico, che era lo Studio di

Oxford.

Il

che infatti conseguiva.

Non

indugiò pertanto

a recarsi da Londra all'Università di Oxford che sorge in

amena

gere

e ridente

campagna e mettersi quivi a legdelVanima e sulla quintuplice

^\\\V immortalità

sfera, e provocare ai consueti

duelli

delle

dispute

i

dottori oxfor densi.

Queste sue lezioni incontrarono tale

e

tanta oppo-

sizione per parte di quei dottori, che egli le dovette

interrompere

^.

E

per vero

ei

sosteneva

più erano in contraddizione con

1)

Vedi

la singolare lettera

Bruno, Opere

che

opinioni approvate

che egli con frasi iperboliche scrive

al vice-cancelliere dell' Università di

2)

le

le dottrine

Oxford.

italiane, Voi. I, p.

179.

|

— 172 — da quei maestri. L'anima ed e come iramcorpora,

immortali; (luella si

corpo sono enti'ambi

il

dissolve e ti'asforma, così

(luesto si

per vicenda inlinita agglome-

e

rando intorno a sè atomi ad atomi

si

forma

medesima

in

essenza specifica

novelli corpi.

L'anima

«

è

con quella delle mosche, ostriche marine

<(

e generica

«

e piante, e di qualsivoglia cosa

«

(I

;ihl)i;i

ddli'

sono

acct'iiiiale

Uno

è lo spii-ito

la

<

Se

d'ini scrpciiit' di

((

tila <[uaiiia

lesili

([u.'nIi.

si

i

li ii

)

(( .r| m

[.ossìImIc fa|Mi

il

s

in

ì

l'i

trovi animata

si dt'i

moderni sulla uni\orsale, già

s|)ii 'H(»

nniove

e

si niiiiciil

liissc

<(

nna

che anima di

((

sullo

Londi'a dal Jìruno.

libri [julilit'ali in

iii'i

df-li

di\('|->ila

che

()|iiiii(>iii

li'

s|M',-i('.

(Hi

rudiiKi.

l'aiido.

'rmic

iiiiiiiiii

trasiiiiU;i/.i(Uit'

V

e fabbiica

pianta, la bestia

la 1

(

s(

.

m o d

dei di cui laih»

iiiasse et

ì

1

vorsi per

vale ope-

si

trovasse che

si

stornasse in figura

busid crescesse in tanta (juanumana, f pun cniin'UiM -i nel jicriodo di cotal specie, il

«

se gli allargasse

«

gli

«

è lei-minala coda,

la

liii-ua. ainpiassero le spalle, se

ramilìcassero le braccia

appai

mani,

et

andassero ifel'iu-

a

el

luogo dove

al

ingeminarsi

sjjirai-ebbe

le

gambe,

parlerebbe,

«

intciiderel)lie.

«

oprarebbe

((

rumnii-. perc hè

«

per

«

pente, se venisse a contraere come denii o un ceppo

il


braccia et gambe,

«

mazione

«

tutte quelle

«

sioni.

una

non

,

altrimentc

nmi sarel)be altro che uomo.

contrario

di

.

camminaieblje

et

1"

uomo non sarebbe

alti'o

die

Come

che serle

et l'ossa tutte concorressero alla fors])ina, si

ligure

de'

incolubrasse et prendesse

membri

e

abiti

de comples-

Allora harcbl)e più o nien vivace ingegno, in

«

luogo di parlare sibilerebbe, in luogo di camminare serperebbe, in luogo di edificarsi palagio si cavarebbe

«

un pertuggio,

«

e

(

non

gli

converrebe la stanza

ma

la

-173 — «

buca; et come già era sotto quelle, ora è sótto queste

«

membra

instrumenti, potenze e atti... Quindi possete

possono aver

«

capire, esser possibile, che molti animali

«

più ingegno et molto maggior lume

«

l'uomo;

'<

essere inferiore,

«

medesimi

«

considera un poco

«

stesso quel che sarebbe, se posto che l'uomo avesse al

((

doppio d'ingegno che non bave:

«

splendesse tanto più chiaro che non

«

tutto ciò le

ma

per penuria di instrumenti

gli è

li

come quello per ricchezza

et

che

viene ad

dono dei

tanto superiore: et che ciò sia la verità,

mani

sottile, et

al

gii

esamina entro a

et l'intelletto gli

agente

te

li

splende et con :

venisser trasformate in forma di

«

due piedi rimanendogli tutto

«

intiero

;

d' intelletto

l'altro nel

suo ordinario

dimmi, dove potrebbe imperciò esser

la con-

«

versazione degli uomini, come potrebbero instituirsi

«

et

«

più che de' cavalli, cervi, porci, senza esserne devo-

«

rati

<(

tal

«

e

«

dottrine, le invenzioni di discipline, le oongregazioni

"

di cittadini, le strutture degli edifizii

«

assai,

«

umana,

durare

famigle et unioni di costoro parimenti o

le

da innumerabili specie

maniera soggetti a maggiore

et

più certa ruinaf

per conseguenza dove sarebbono

le instituzioni di

che et

significano

la

ed altre cose

grandezza ed eccellenza

fanno l'uomo trionfatore veramente invitto

«

sopra

<<

guardi,

<(

tato

e

degli organi

specie? Tutto questo, se oculatamente

l'altre

non tanto principalmente al detdell'ingegno, quanto a quello della mano, organo si

referisce

i

».

Poniamoci ora davanti

1)

di bestie, per essere in

al

pensiero

il

V. Cabala del cavallo Pegaseo, con l'agg-iunta

lenico, edizione

De Lagarde^

pag.^586.

Bruno

sulle

deW Asino

Cil-

— 174 — vecchie cattedre di Oxford, attorniato da ima folla di gente, nell'atto di tradurre in quel suo originale e scorretto latino tutte queste idee, di dar loro vita e colla voce, col gesto, con tutto

moto

forma

della sua pic-

avremo un' imperfetta immagine

cola persona; ed l'etìetto

il

del-

che dovea produrre e dei nemici che dovea

E maggiormente udendolo chiudere una lunga disputa su quest'anima immortale che assume ora un corpo ora un altro, che monade sempli-

contro sè eccitare.

cissima ora avvolge per agglomerazione intorno a sè

tomorum atonia,

ora per esgiomerazione

li

abbandona

verso

col

/ moie, stulte, mijias mortis

fatumque timeto

Oltre questa audace dottrina, egli professava nelle

sue lezioni sulla quintuplice sfera, con vigoria di ragioni le sue ardite induzioni fondate sul sistema co-

pernicano

e

derideva

il

sussiego dei peripatetici ber-

teggiandone l'ignoranza. Favellava degli abitanti degli

mondi come di gente non dissimile da noi, posta non peggiore del nostro. Migliaia e migliaia di mondi ei vedeva in quell'infinito numero di corpi fiammeggianti che come ambasciatori annunziano Veccellenza de la gloria e maestà di Dio e ci indialtri

in loco

cano

il

modo

di scoprire l'infinito effetto dell'infinita

causa. Iddio è cosi presso e dentro noi e dentro gii abitanti dei singoli

mava con la

sua

1)

:

come

e

filosofia

scioglie

l'anima

umana

è presso

quindi escla-

voce balda e con linguaggio

nuovo, che dal

carcere

Chi amasse pigliare notizia della dottrina del Bruno intorno

all'iramortalità dell'anima legga

nimo

astri

et mensiira.

il

capo 3 del libro

De

triplici, mi-

— 175 — in cui

è,

abilita a rimirare

lo

libera dai sedicenti « cielo,

l'infinito

universo, lo

Mercuri, et Appollini discesi dal

«

con moltiforme impostura han ripieno

mondo

il

come di tante smorzando quel lume

«

tutto d'infinite pazzie, bestialità, et uitii,

((

uertù, diuinità, et discipline:

«

che rendea diuini et heroichi gl'animi di nostri an-

«

tichi padri,

((

caliginose de sophisti et asini.

((

tempo l'humana raggione oppressa,

approuando,

et

conlìrmando

Per

lucido interuallo piangendo la sua «

alla diuina et

((

orecchio

li

Le sue

tenebre

[le

che già tanto

suo

tal uolta nel

bassa conditione,

prouida mente, che sempre ne l'interno

susurra,

si

« Chi salirà '

si

il

per

« A' riportarne

lezioni in

riuolge con simili accenti

me madonna il

i

in cielo,

mio perduto ingegno?

».

Oxford non continuarono

oltre

i

mesi e tenne l'ultima sua disputa nel dicembre

tre

dell'anno 1583 in

una grande solennità

cui egli si trovò

presente.

Venne a visitare lo Studio nel giugno di quell'anno un principe polacco, Alberto di Alasco, tratto specialmente dalla fama della regina Elisabetta e dal desiderio di far mostra virtù. Gli

delle

sue

ricchezze e delle sue

andarono incontro fuori della

cancelliere ed

i

il

vice-

dottori Unfredo, Arturo Yeldard,

Mar-

tino Culper, Erberto Westphaling;

quale ultimo fece

onori del ricevimento con una orazione latina, a

gli

cui pure in latino rispose lo

il

città

aspettavano

i

il

principe. Vicino alla città

Magistrati, col loro notaio che

li

sa-

lutava con un altro discorso latino; a ciascuno della

comitiva furono offerti in dono guanti. Giunti a porta

1)

Cena de

le

ceneri, edizione

De Lagarde,

pag-.

127.

— 176 — Orientale, entrarono accompagnati da suoni musicali

mezzo a

in

innumerevole d'ambo

folla

Alla chiesa della Vergine

i

lati disposta.

vice-cancelliere dello Studio

una Bibbia

principe

offrì al

il

gran prezzo,

di

e

alla

comitiva nuovamente guanti. Proseguirono sino alla chiesa del Gesù; dove accolti dal decano, dai canonici e dagli alunni furono condotti alle tavole imbandite per la

cena, rischiarate di luce singolare ottenuta da

polvere.

La domane

dispute

teologiche,

finì

si

passò in orazioni

mediche, giuridiche,

una

filosofiche, e

con la recita di una commedia. Nel mattino del dì

seguente

il

principe entrò nelle scuole ad ascoltarvi

prelezioni e dispute, e nel dopo pranzo (rallegrato il

certa

latine, in

giorno innanzi da poesie e da

come

esercizi) fu te-

altri

nuta nella chiesa della Vergine una disputazione vari argomenti, de' quali due furono se

i

più delle femmine

si),

ammettere

Dopo

(e fu

conchiuso che

di

maschi vivono e se si

possa

la divinazione astrologica, che fu negato.

di che si

cenò alla chiesa del Gesù, e fu rappresen-

tata con ingegnosi

meccanismi una tragedia,

la

Bidone.

Questa tragedia che vuole essere distinta dalla tragedia di

Giovanni Rightwise

e

da quella

Bidone regina di

di

Cartagine, lasciata incompiuta da Cristoforo Mario we

e

terminata dal poeta Nash, fu scritta in latino da Guglielmo Gager.

Il

terzo giorno

mattina una conclone, e poscia legi, accolto

rispondendo

uno il

dei dottori tenne di

principe visitò vari col-

per ogni dove da orazioni, poesie e dispute, egli

a tutto e ringraziando in più di una

lingua. Tornato a Londra,

empì

la Corte delle splen-

dide accoglienze ricevute in Oxford

;

delle quali la re-

gina ringraziò per lettera l'Accademia. Del resto, ag-

giunge

lo storico,

il

principe polacco in questo viaggio

— 177 — consumò, sebbene immense fossero,

le

sue ricchezze,

veduto in Cracovia in poverissimo stato

e fu poi

Ai molti nomi

di lettori e disputatori che ricorda lo

storico dello Studio oxfordense, nell'occasione dell'ac-

cennato ricevimento, è da aggiungere quello del Bruno, quale questionò pubblicamente

il

«

con quei dottori

«

in teologia in presenza del principe Alasco polacco

ed

de

de la nobiltà inglese »^ Così egli nella Cena

altri

le

ceneri; e ricorda piacevolmente quel

dottore (che dal

Wood

sappiamo essere

i(

moderatore della disputa), che come

«

Accademia ne puosero avanti

«

sione

((

volte qual pulcino entro la stoppa

paragona

«

Leyson,

corifeo della

in questa grave occa-

((

;

e più

irosamente

la inciviltà e discortesia di quel

porco

»

pazienza et amenità di quell'altro che in fatto mostrava essere napoletano, nato et allevato sotto

alla (f

povero

«

che restò per quindici sillogismi, quindici

e

,

il

il

((

più benigno cielo

^ ».

Notabile è questo fatto che negli Studi stranieri, dove occorre lotta e contrasto di dispute e di libere quistioni, ivi s'incontri

quasi sempre qualche

nome

italiano.

Non

molti anni innanzi, nel 1548, in quel medesimo Studio di

Oxford avea disputato

di teologia Pier Martire

Ver-

migli; e la sua prelezione era stata accompagnata da

tumulti e da pericoli, .audacemente sfidati dal nostro concittadino. Così l'Italia, dopo aver essa dato

all'Europa

gli

prima esempi della libera accademia, inviava,

quasi a rinfrescarne

1)

Vedi WooDE. Univ.

2)

Edizione

le

tradizioni,

et antiq.

De Lagarde,



suoi

figli,

Oxon., pag. 300.

pag. 176.

3) Id., pag. 177. 12.

i

Berti, Giordano Bruno.

che

le

— 178 — vicende politiche e religiose o l'amor della scienza allon-

tanavano dal suo seno.

Come

gli fu

chiusa la via al leggere ed all'argomentare

nelle pubbliche aule di Oxford, egli, per la

era venuto,

fama

in cui

diè a discutere in privato coi cavalieri,

si

amici, dottori, che desiderosi di udirlo in casa ora del

Sidney, ora di Folco Greville, ora in quella del Castel-

nuovo od si

in taluni de' circoli letterari di (^uel tempo,

radunavano.

Nel giorno chetto che

si

delle ceneri del 1584 in

un sontuoso ban-

tenne presso F'olco Greville, secondo

le

opere a stampa del Bruno, o presso l'oratore di Francia giusta quanto è detto nel processo \

il

Bruno

pigliò a

ragionare alla presenza de' convitati, che erano tutti dottori e gentiluomini inglesi, ad eccezione del Florio,

intorno alla dottrina Copernicana.

«

M. Florio

«

à uiso à viso d'vn caualliero, che sedeua

«

la tauola:

«

Nolano à

«

del

((

Hor

«

la persona,

«

mani su

al

sedde

capo de

M. Florio:

sign. Folco, à destra de

il

~

io et

il

M. Florio: il dottor Torquato à sinistra del Nolano. Il dottor Nundinio à uiso à uiso

1)

sinistra de

Nolano

^

dottor Nundinio dopo essersi posto in punto de

il

limonato un poco

Nel secondo dialogo

come- Folco Greville

della

lo invitò

delle Ceneri per intendere le

moversi.

la schena, poste le

la tauola, riguardatosi



a

un poco circum

Cena de convito

ragioni per

le

ceneri

il

Bruno narra

con altre persone le

due

circa,

la sera

quali stimava la terra

Per contro nel Documento XIII del processo Veneto

dice « che la

Cena de

le

ci

Ceneri si fece nella casa dell'ambasciatore

« di Francia ». 2)

Diremo più

sotto di Giovanni Florio che seppe acquistarsi sin-

golare fama alla corte della regina EHsahetta. 3)

Edizione

De Lagarde,

pag. 148.

— 179 « ((

accomodatosi alquanto la lingua in bocca, rasserenati gl'occhi al cielo, spiccato et sputato

una

volta;

»^

da

i'

denti

lano se intendeva la lingua inglese. «

non, et disse

«

perche benché

«

in questo paese

«

nariissime pareli;

((

«

delicato risetto,

«

al

No-

Questi rispose che

vero

il

appresso un anno che ha pratticato non intende più che due, 6 tre ordi-

sii ;

quali sà che sono salutationi,

le

ma

non già particolarmente quel che voglan dire. Et di quelle se lui ne volesse proferire una; non potrebbe ».

Richiesto perchè gua, rispose: «

un

comincia a domandare

clini

«

desse

si

Non

poco pensiero

si

di

questa

lin-

cosa che lo costringa, ò che Tin-

e'

à questo, perche coloro che son honorati, et genquali lui suol conuersare, tutti san

((

til'huomini co

«

parlare ó Latino, ó Francese, ó Spagnuolo, ó Italiano

«

i

« «

li

quali sapendo che la lingua Inglesa

non uiene

:

in uso

se non dentro quest'isola, se stimarebbero saluatici, non sapendo altra lingua che la propria naturale ))^. La

conversazione incominciò adunque in latino. I

dialoghi della

singolare

dove tutti

Cena de

le

ceneri descrivono con

vivacità questa curiosissima conversazione,

Bruno scavalca il suo avversario e fa tacere gli opponénti. Moto della terra, pluralità di soli, il

astri roteanti intorno ai e dei soli, corpi

medesimi, e abitabilità degli astri

opachi e lucidi, adombramento di una

sua teoria sull'abbassamento dei monti, plemento, riati ((

l'infinità dell'Universo,

argomenti. Sappiate

che quello costa

1)

Edizione

2) Id., pag.

d'

eccone

cotne com-

i

vasti e sva-

che L'universo é infinito. Et

una immensa etherea reggione. E'

De Lagarde, 150.

«

e,

pag. 149.

— 180«

veramente un

cielo

il

quale

detto spacio et seno, in

e'

hanno

«

cui sono tanti astri che

«

altrimente che la terra. Et cossi

sono

non

tissione in quello, la lun;i.

sole et altri

il

(juesta etherea reggione,

«

cor[)i

«

come ueggianio

«

dere altro iìi-nianiento. altra base, altro fundaniento,

«

Olle s"a|)|)oggiiio
«

alla consi

<'

materia

«'

bene ne

«

et discorso:

((

esseì-c nniiKTo do niiiiisn

<(

glaia do nii'jiaia ansivi,

«

glaia graiiiniinisi

"

do quali molli cun

«

'(

et inlinita

qua

lo lo diiiiiic reno];!

11

r;i

no.

Im-

i

,iin.

dol

d

(,»iio
A

ioni

t

('iic

dicono non

i

riiMclii. oi

sono

uli

come

il

i

li

dicevano di

«

Quanto

De

quali

i

la

terra, la

». il

dottore

tei'rogandolo circa

accordare quanto diceva con

usi ri [irima quello che poi.

('orpi dil-

sole et altri in-

;difo i^Tro iniiumerahili a lii'o c(Hnm(_'iisalé.

;i

i

([iiesto

egli rispon-

seguaci di Copernico

credetemi che se

'(

Deisifusserodegnati

«

della natura:

«

prattica di cose morali: io più tosto

i(

fede de

«

certezza de mie raggioni, et proprii sentimenti.

«

(come chiarissimamente ogn'uno

1)

le

mi-

(1(3

gr;indi animali

che da lor

Alni son iroddi. comò

culi |)oiesse

mi-

liissinio, al (|ualo

dnM'c ('(Miteiiaia

olii;ir(i luiiio

ef1(Miiialiiionic cildi

1

come

poiciiza attuale:

(iiiiina

inioiKl.ao laiiio la l'Ogolata, l'aggione

con cui

dieci

da cre-

che concorrono

NCro soggetto,

quanto veiii\a dalle Sacre Carte insegnato

deva

e'

raii
elicerà un

iiio(|(t

hmmiìIo.

iiiliniia

luna. N'ciioro, 1).

Et che non

ne sniio di n-ni conii.riio sensibili.

:

son

in

essere la terra.

ut ioli drl

ilolla

nunioraliili

Sniit il

il

lià

loiideiio

« alti'i (<

iiiiiii iiicr;i l)ili

gli

(riiisegiiarci latlicorica dellecose

come ne han

fatto tauore di proporci la

mi accostarci

loro reuelationi, che nuiouormi

[jiiiito

alla

della

Ma

\)uò uedei-e) nelli di-

Bruno^ edizione De Lagarde, pag. 175.

— 181 — «

nini libri in seriiitio del nostro intelletto,

«

tano

non

demostrationi, et speculationi, circa

le

come se fussephilosofia: ma

le

si trat-

cose na-

in gratia de la nostra

«

turali,

«

mente

«

le ationi

«

questo scopo auanti gl'occhii; nel resto non

«

parlar secondo quella uerità per la quale non prolitta-

"

rebbono

«

al

«

contemplatiui

«

condo

«

à capire quel eh 'e' pii nei pale

et affetto,

bene

morali.

i'

suo

il

le leggi si

ordina la prattica circa il

diuino legislatore si

cura di

volgari, per ritrarse dal male, et appiglarse

ma

:

per

Hauendo domque

di questo :

il

pensiero lascia à g-Phnomini

uolgo di maniera; che se-

et parla al

modo de

Le osservazioni ed

intendere, et di parlare, uenghi »

ragionamenti che

i

il

Galileo fa

in parecchi luoghi delle sue opere e delle sue lettere,

sono del tutto conformi a quelli che

si

Cena de

conferma sempre

le

ceneri del Bruno,

il

che

ci

leggono nella

più che Galileo pose diligente studio in alcuni libri del

Bruno sebbene non

ardisse citarli. In questo Keplero

andò assai più avanti

e

con lodevolissima schiettezza

seppe dimostrare a voce alta non solo affetto

ammirazione per

Ad

ma grande

Bruno.

il

ogni istante però

il

nostro Nolano nella conversa-

zione alle ragioni salde mescola frizzi e sarcasmi contro i

dottori oxfordensi, contro la plebe inglese, contro

i

pe-

danti. Intiora di sali e di osservazioni finissime, belle,

vere, tutto

il

zione, irride

contesto del suo discorso, fa i

grandi,

dabbene ed onorato,

non

«

i

di

rado

gli

preponga un

((

nel quale

noscere quanto l'autorità vale sopra

1)

Cena de

le

ceneri, edizione

erudi-

un uomo

faran tenere quel grado,

«

gli si

pompa di

quali se talvolta esaltano

che

tale,

De Lagarde,

i

gli faccia co-

meriti, e che

pig. 169,

i

— 182«

meriti non vagliono se non (luanto (luella permette e

«

dispensa

^

Raccomanda

».

la operosità e la perseve-

ranza, e con nobilissime parole encomia chi non s'arresta vinto

Poiché

dalla disperazione

Non

«

solo

e'

degno

di

meritato

«

si

«

de l'hauer meritato, benché non

«

cose pretiose son poste nel

Bruno, Cena

Scolpisce «

per

Ini si iiicomlx'.

rie

il

»

Tntte

Onde conclude

iiiiilà elio lo

riiiliiiii;!

suo pensiero

2.

ch'ha

et sufliciente

l'iiabbia uinto.

dilìicile

De Lagardc,

ceneri, e(li/i(3ne

le

maggiormente

cammino.

et qnell'altro

ben corso, ciré giudicato ancho degno,

che a

1)

palio:

il

honore (pieiruno ch'ha

ma anchor (Quello,

«

il

mezzo

a

avviva

141.

]yàg.

premettendo che

i



grandi

non esaltano per ordijiario degni e virtuosi, per che li pare, che non hanno occasione di renderli tante grazie, quanto un ag-

« quelli

« grandito iioltrone o feccia di forfanti ». 2) Id., pag. 141, o)

de

le

Mette

in bocca a Prudenzio,

uno degli interlocutori

ceneri, la seguente preghiera

« Io

ti

scongiuro Nolano Per

la

della

Cena

:

speranza, eh' hai

nell' altissima,

auuiua, et adori. Per gV eminenti numi,

« et infinita unita che

t'

« che ti protegeno, et

che honori, Per

il

diuino tuo Genio che

ti

« defende, et in cui ti fidi: che uogli guardarti di uile, ignobili, bar« bare, et

indegne conuersationi; à

fin

che non contraili per sorte

come un satyrico come un Misantropo Timon tra gP uomini: tanto appó l'illustrissimo et generosissimo animo del

« tal rabbia, et tanta ritrosia, che doucnghi forse «

]\

Ionio tra gli Dei, et

«Rimanti

tra

« sig. di Manvissiero (sotto l'auspicii del quale cominci à puljblicar

« tanto sollenne philosophia) che forse verrà qualche sufficientissimo « mezzo, per cui gì' astri, et potentissimi superi

ti

guidaranno à

ter-

onde da lungi possi riguardar simil brutagla. Et noi altri « assai nobili personaggi, siete scongiurati. Per il scettro del fulgo« raute Gioue, Per la ciuilità famosa di Priamidi. Per la magnani«

mine

tale;

« mità del Senato et Popolo Quirino, et

Per

il

nettareo conuito che

« sopra la Ethiopia bugiente fan gli Dei: che se per sorte un'altra

« uolta auuiene che «

il

Nolano, per farui seruitio, ò piacere, ò fauore,

ueughi à pernottar in uostre case: facciate

di

modo, che da uoi

- 183 di star

più che mai saldo ora che ha cominciato a pub-

blicare tanto solenne filosofìa sotto gli auspicii del

stelnuovo, al quale sono questi cinque dialoghi

Ca-

De

ceneri dedicati, confidando che verrà tempo in cui

modo

potentissimi superi gli daranno

termine Fopera del rinnovamento egli

di

le i

condurre a

filosofico, alla

quale

consacrò ingegno e vita.

È sempre questa la meta cui mirava e che sperava quando ancora era in Inghilterra di poter raggiungere. Egli si credeva sortito per un rinnovamento filosofico come Calvino, Lutero, Knox ed altri si credevano chiamati ad un l'innovamento delle idee religiose. Come prima si divulgarono le dottrine contenute nei dialoghi sulla Ceìia de le ceneri, fu un gran gridare in Londra contro il Bruno. I dottori di Oxford mandarono forti grida,

punti nel vivo dall'aspro e satirico suo lin-

guaggio. Gli altri moltissimi offesi dalla

stumi

come

si

inglesi.

Onde

il

Bruno, senza smettere

egli dice, credette

imo, di temperare

e di

le braccia,

conveniente, nel terzo suo scritto

pubblicato in Londra col titolo et

sentirono specialmente

poco piacevole pittura che egli fece dei co-

le

De

la causa,

jmncipio

censure dei mentovati dialoghi

correggere Finterpretazione che

si

volle dare alle

sue parole. Egli quindi non solamente protesta che mai Et douendo per roscuro cielo ritornar accompagnar con cinquanta « ó cento torchi (i quali, anchor che debba marciar di mezzo giorno, « non gli mancharanno, se gV atiuerrà dì morir in terra catliolica « Romana) fatelo almeno accompagnar con un di quelli, o' pur se « questo vi parrà troppo improntategli una lanterna, con un cande«

sii

difeso

da

simili rancontri.

« à la sua stanza

:

se

non

lo

uolete far

:

« lotto di seno dentro; à fin eh' habbiano faconda materia di parlar « della

sua buona uenuta da nostre case, della qual non

« lato bora ». Edizione

De Lagarde,

pag. 197.

si

é par-

-

-184 non

Oxford ed

intese di biasimare TUniversità di

ma è più

ingegni che la onorano,

belli

i

che qualsiasi altro per-

suaso della bontà degli ordini insegnativi di quella, e che

non ha perduta

mem(»ria

la

nelle altre pai

cuni

;l|)pn-^^.l.

un

pr(i\ incili. iiiiiM «

intesi

((

io

mai

coiiic

nc.uno

-

pensato, inteso 6

ingrossa l'c ed a

(

(t

/ 1

sf I

.

j

)

r

/'

//

r

/'

j

) / ( j

Liidr inMiiiciiid |irr la lildSdjia clic

e^^eniln

Ci'i/i'rl.

di' le

sgombrare

e ipielli a seminarlo. tra

i

«pii'^ti

1

mi.Lilinii clic culi

lilosolia sini

(il),

ne'suoi tempi

siano vilipesi,

i

e

\

componesse di

Demostene,

Bruno, Causa, iwincipio «

« vile da la

il

vero

et

'j

/

o

di

mag-

della

Cena

sono

ad apparecchiarlo, consi(b:'i'ati

con

del

sono

pii^i

ve-

mito tristezza perchè pei"

le

loro ignoi'anza,

specula-

scienze

pedanti che credono di aver Sallustio, «puitido

uno, ediz.

De Lagarde,

la famiglia dei filosofi è

(ibid.),

maggior parte

i

'i^nllio.

1)

dire

/

(|nelli

pensatore innamorato della

con loro

ilip.'sc

2)

A

/

e nei ipiali

per loro colpa,

tive-. Volgasi iroso contro

risuscitato

'

uou

ri-lie.

ind. Si dunosii'a

lilosi.ii

(

M'aimnaticamente

sua indole

rità l'ilratta la

Non

seguitarono ad

più specialmente rivolti a

trrivnn dalle male

il

fatto... ».

^

]acei"ai-lo.

J}^' /((

I

la/ionÌ

rei rat

nemici

suoi

i

al-

una mai pensai mai

Città, tutta

(,)ncsto

"

Icci: et se r liauessi

ostante (jueste i-agioni

una

iiiU;!

appareccliiahi a mille

s-AVcì

in prò

fiorissero

malignamente da

vcinic

,l:1ì

iii;^itii-iai-('

(li

quanto essa operò

Knropa. Aggiunge in fìne che non fu

di

ti

suo pensiero,

nini

di

prima che queste

delle discipline lilosolìche

mondo: che

la

hanno

pag. 217.

stimata più

famiglia de' capellani

« (allude specialmente ai cappellani inglesi che allora erano in gran« dissima disistima), per che non tanto quelli assunti da ogni spezie « di gentaglie « nominati

hanno messo

da ogni genere

« vilipendio ».

il

di

sacerdozio in dispregio, quanto questi

be>tiaU

hanno posto

la

filosofia in

— 185 — una

fatta

bella costruzione, prodotta

una

stolina, scroccata

una elegante

epi-

bella frase dalla popina cicero-

niana. Appalesasi più che mai compreso dal desiderio di ridurre tutte le discipline all'Uno, fuori di cui ogni

cosa è vanità, e senza del quale niun filosofo può dire di

aver ritrovata

la

sua amica Sofìa.

Quasi contemporaneamente nati, pubblicò

il

libro

che a giudizio del

Be

Bruno

sovraccen-

ai dialoghi

Vinfiniio,

stesso è

unwerso il

et

mondi,

più importante di

quanti ne avesse scritto insino a quel tempo, ed a giudizio nostro di quanti eziandio ne dettasse di poi. Egli

sua dottiina con più lar-

espone in questo libro

la

ghezza

non

con

e sufficienza che

in tutti gli altri ed

più rigore di dimostrazione.

tramesso,

idee incidentali

le

che non nella clpio

et

Cena de

le

anche

Gli episodii, le in-

occupano minore spazio

ceneri o nella Causa, iJrin-

uno. Si vede con chiarezza la meta cui mira

e la via per cui procede. Si

incontrano qua e là pa-

gine di maravigliosa bellezza filosofica, e

tali

da

indi-

care la sua i-arissima potenza d'ingegno speculativo.

L'idea

dell' infinito vi

campeggia

sola, raccogliendo in

sè tutta la varietà e verità de' suoi concetti. L'infinito è Dio, è

imperatore cui compete infinito soglio,

nita corte di esseri, perciocché egli glorificato in

non

in

una

un

sole unico,

terra, in

mila, in infiniti.

ma

un mondo,

L'uomo

infi-

non vuole essere

in soli innumerabili,

ma

in dieci, in cento

percorre l'infinita vicissitu-

dine degli esseri; e perciò non v'è male da cui non esca,

non

v'è

Non

vi è

morte per l'uomo

bene che quando che sia non consegua.

perchè nulla sostanzialmente

e per si

veruna sostanza,

sminuisce

per infinito spazio discorrendo cangia

il

,

ma

tutto

volto. Intorno

,

— 18G — a queste idee, delle quali giraiisi

i

cinque

dialoghi

riserbianio lo studio,

ci

di questo

mg-

preceduti

libro,

dal consueto sommario, in cui Fautore riassume tutti

argomenti che formano soggetto

gli

sponendoli in

modo

di trattazione, di-

che se ne vegga ben tosto la unità

loro e collegazione.

Introduce interlocutori iiiarclii.Liiiiiui

belìi,

i^iiiri^porito.

v.'ilciiic

amici

celebro Fracastoro ed

il

Alberico Gentil»^

iiniico

Whvo

del

^..-iiilori'

del Ib-mio e di altri

(•(Uiiuiii.

Questi tes|)i/,i()

cinio

ijli

(liiild-lii

nome

il

|)uri;iii(.

piii'iinciii

del Caslelnnovo,

era più clic mai

andava accrescendosi s.M-iui

cdnic

(la

cui valido patro-

il

mn-essario

le

poi'

cui

il

clic

ciù clic

innamora,

io

(lispi-c/./.ava

cLili

nioliiiudine,

sua aMiìia

rende tetragono,

vitù, contento in

Aveva

d' Ila

.|r|rniiic;i

a[)peiia

ire

mezzo

la

non

Sofia.

lo la

degli

volgo dei

il

;

che spar-

d'altro curan«

la

libei'O

ai dolori, ricco

alle

numero

così pei' la piibì)lica/ione

liiusoU, (quello dei doitnia. dei -fainmalici

lava dei teologi e

nel IVon-

st-i-iUo

i

era laiiu sciano da" siiui avvei'sai-i.

(piali

dosi

il

De jure

(juale lo

della ser-

nella povertà

».

terminalo «piesto scritto, che già po-

neva mano, senza perdere un minuto

di

tempo, allo

Spaccio della bestia irionfante.

il

Prima della ristampa che ne fece in questo secolo Wagner, era divenuta quest'opera per la sua rarità

anzi

soggetto

di favola

che

messa leggermente innanzi da

altri,

1)

che sotto

Diremo

di

in Wittemberga.

il

nome

di storia. L' asserzione

dallo

Sdoppio,

e ripetuta

della Bestia trionfante

il

Alberico Gentile favellando del soggiorno del Brnno

-187Brimo intendesse rappresentare

papa

il

i,

diede ori-

gine a travisamenti di ogni sorta, per cui fu creduto,

come già

altri

prima

di lui, autore del libro dei

inesattissime che

impostori. Alle notizie scrittori

i

Tre

più degli

ebbero di questo libro dello Spaccio sono da

attribuirsi

buona parte

di quei giudizi e racconti fan-

che servirono poi a comporre la vita leggen-

tastici

daria del Nolano.

La

Bestia trionfante non appartiene strettamente

mente mente

è

una confuta

è la

ma

bruniani,

ai libri metafisici

ai morali.

Apparente-

ma

sostanzial-

paganesimo

del

,

proclamazione della religione naturale

negazione di tutte

le religioni positive.

filosofica italiana, e

quasi

potremmo

La

e la

letteratura

dire le straniere,

non hanno componimento più imaginoso, più ricco di idee, più abbondante di osservazioni, più pellegrino di questo. È un poema ariostesco in prosa, in cui i nomi di Orlando, di Rinaldo, di Angelica, di Bradamante sono convertiti in quelli di Giove, di Marte, di Venere, di Giu-

none e

;

è

una vasta

commedia con

satira o

artificioso ordito

con dialogo vivo, svariato, pungente, singolarissimo.

Il

Bruno mette a

il

cristianesimo

,

fascio il

il

paganesimo,

il

giudaismo,

maomettismo. Egli chiama tutte

queste religioni al sindacato della ragione e tutte cen-

Non mostra di non vede differenza

sura, accusa, condanna, tutte ripudia.

capire l'essenza del Cristianesimo e tra questa e le altre religioni

1)

Ecco

« Postea

le

parole

della

lettera

dello

Londìnura profectus (Bruniis)

« irìumpliante , hoc est^ pajja,

2.

Sul serio e col riso Sdoppio

al

Eitheraiisen

libelliim illic edidit

:

de Bestia

qiiem vestri honoris causa bestiam

« appellare solent ». 2)

Il

Bruno che vide con

la

massima chiarezza quale

e

quanta

— 188 — umuinzialoi-e della poligamia, facendo facoltà ad

si fa

ogni rnascli io di a cere in conformità della legge

naturale quante raogli può nutrire; parendogli strano che

Questo suo

cose.

in

voce,

clic

]»;iii(lis;-c

/.iniM'

(Id

secolo.

qui'l

Al

nilh.

cilio degli

«

in nosti'o sfi'\

'<

mai vesiigid de

le

*

oramai vecchi;

eil

0

che conosce' di

<•

(conliiiua

«

si

c<'i-\i'l lo.

il

inora

«

(lenii.

«

ci

si

disieiidoiiu

«

ci

si

iiidcholisco

((

trema

«

L^liaiio

la

(,)ui

1)0110

il

si

di

polso,

gli

il

ci

ariiroli.

ci

si

ci

toh,

li

forza

coriio, ci

il

cascano

ci

inargenta si

i

crine,

il

contrae la vista,

rinforza

ci

la tosse, ci

ingi'ossano le gionture

si

Dei sono

gli e

della

loro

inaljili,

La

^

».

che deb-

presenza

Essi sono vecchi e stanno per cadere.

la

pili

sald;iiio le coste, ci si assotti-

congedarsi, spaccial

sarebbe stata

Dei sono

lardo cavallo

dissecca

si

liaio. ci si

che

ceiicliisioiie

ci

palhehre,

si

ci

1

Noi siamo vecchi

calci.

nascono

ciiiiie,

la 11'

gai^l

ora-

l'iuiane

che essi non haiiiio

pa;ja

la cessa-

rosto fatto

di

istilii/ZuMii.

iiiMmld. (piasi

il

(iiove) e (piimli

iiiiiellii

CI

nostre sante

il

liiiuo

aUari. e imui

gli

e s"acriir-('

iiiaiif.Li.Liiarlo.

più

ari i\a

da

i/.i<j

altri

una cupa

esco di dentro

naso (così Giove nel con-

ih'sii'o

unii

i>ci)

con

riscontri

poclii

\'i

caduta delle religioni,

l;i

<

«

ha

lil)r()

stampati

socialismo/

e del

possa usare in proprio delle

si

il

cielo.

sola verità

inutazioiiè iiitrudutta dal sisteiiia Copernicano nelle

scienze in genere, chiuse gli occhi alla dottrina cristiana e

non com-

prese che da c|iiesta dottrina era proceduto nell'ordine morale una ben più grande mutazione che non quella sovra accennata. In alcuni

luoghi delle sue opere e

trionfante

Opere 1)

mette

il

italiane, Voi. 11,

Bruno, Opere

specialmente nello Spaccio

paganesimo

della bestia

al di sopra del cristianesimo.

pag. 129).

italiane, Voi. 11^ pag.

129.

(V.

— 189 — non invecchia,

E

dura immancabile ed immortale.

e

se talvolta casca e si

sommerge, risorge pur sempre

la stessa, aiutata dalla

sua ancella

Dei possono tuttavia riparare

Questi

la filosofia.

loro caduta, tras-

alla

formandosi ed innalzando essi stessi

nume

altari al

universale, che è la ragione.

Quest'è ridea fondamentale, su cui, come su perno, lo Spaccio della bestia trionfante omaggio a Filippo Sidney ^

di

ragione giudica, compara, modifica, trasforma

le

poggia e gira cui volle far

La

non giungerà

religioni finché

tempo

il

in cui

essa

si

sostituirà a tutte e tutte raccoglierà nel suo seno, spo-

nomi

gliandole dei (piali

secoli. « ((

«

popoli

i

((

e delle

vestirono

le

forme individuate, delle lungo procedere dei

nel

Paulo Tarsense fu nomato Mercurio,

naba Galileo

et

Bar-

nomato Giove, non perchè fussero creduti essere que' medesimi Dei, ma perchè i popoli stimavano che quella virtù divina che si trovò in Mercurio et Giove in altri tempi, all'ora presente si trofu

«

vasse in questi, per relo(iuenza et persuasione ch'era

«

nelfuno, et per

"

faltro-

»,

gli utili effetti che procedevano da Ecco dunque, concludeva, come una sem-

plice divinità si

rinviene in tutte

diversi soggetti e prende

1)

la

nomi

le

cose e riluce in

diversi.

Nella dedica al Sidney dice che ha inteso con

bestia

trionfante « trattar

« interno che in lui

la

moral

filosofia

ha irradiato ed irradia

il

«

ombre come

« sitrici

;

a

quella i

pittori:

Spaccio de il

lume

divino sole intellet-

tuale » e che per conseguire questo suo intento fer precedere

Io

secondo

ha creduto bene

trattazione « certi confusi ordire e distendere certe

e gittar certi bassi, profondi e ciechi

di

delineamenti et file,

come

le tes-

fondamenti come

i

« grandi edificatori». Il che sembragli avere ottenuto col presente libro. 2)

Spaccio della bestia trionfante, edizione

De

Lagarde, pag. 531.

— 190 — Il

giudizio critico delle varie religioni

timidamente

nifesta

Boccaccio

che

,

ma-

si

favola del tre anelli

nella

del

diventa tema di trattazione lìlosofìca e

,

di

componimento drammatico nello Spaccio della bestia trionfanic. Cinquantanni dopo uno dei compatrioti del Bruno, illilosofo di Stilo, dettava

mm

Iriii iiij)lialu.s. ('\\o è

della tn'sHii il

I

nelle (ipere di ipli'^li

drl

(^aìxiìii

VdsìiKi

piidlo

eNso

(li

Si

i;i 1111(1.

(>

I \'(fi

i

'<('<

un libiicrino

e lo

tl(»pii

Tuno

SiìdCci 0 lU'xlid

1,1

|iiiu (luiiidi

dell'altro

lilosoli.

(
("lììc Ilici I

(li;il;iliienle

due

cattolicismo ed

11

ti-ovano a Ironie

si

libro IM/^c'/x-

contrapposto dello Spaccio

ridiifanie del Nolano.

i-a/.i(»iiali^iiio

i.a

il

il

I

coli

)

nielliamo innne-

elio

UOU

,

i-idii faille

applifare

del-

ra-;_;innta

è cllO

ìHì'.a

UU

Ca-

secondo

il

iuest'opei"etta (guanto

a «

(lelln

;|lilil;illl

(Il

s.>|i|

l'ironia e la

iiiniie

quesldroiiia

e

piii

;|

dello SjIllCrin. Col ([UalO Ila CO-

^aiira

coiilro

il

(M'isl ia

m.-ilimia. \('|-s;iiidn a

nosiino.-

Anzi

piene inani

la

derisione sopra rnniillà di (Mioro o di mente e sopra coloro che

Costoro,

si

ei dice

con sori

atti e

«

della beatitudine

«

vine

posto

A

Don

iso

la

per arrivare

predestinati

«

».

lanterna della fede. sarcastico « son veramente

fanno gnidai'o con

e

alla

(

lerusalennne

visione aperta delle verità di-

(juesto suo libro ciie è dedicato

Sapatino, vescovo di

ad un sup-

Casamarciano (paese

Nola), premette un sonetto in lode della santa asinità, la .piale sola può fnv'ranirne buone vicino

a

distogliendole dalle indebite curiosità e ricerche scientitiche.

Introduce interlocutore

lo stesso

Saul ino deììn Bestia

trionfante che forse era parente con lui per parte di cabalistica proponendosi di

madre; sfoggia erudizione

,

-191 dare una

filosofia di teologica cabalistica

logia di cabala filosofica

Pongono in

Londra,

fine alla serie dei libri gli

parte in versi,

termina con «

la

ed una teo-

i.

Bruniani stampati

Eroici furoìH, scritti parte in prosa e con dedica a Filippo Sidney, la quale seguente chiusa:

dumque ad

Forzatevi, forzatevi

uomini! et voi che siete già

((

siete

^

rate, adattatevi

essere asini, o voi che

asini, studiate,

procu-

a procedere sempre da bene in meglio,

((

à fin che perveniate à quel termine, à quella dignità,

((

la quale

((

« (.(

ma

non per scienze

et opre,

quantunque grandi

per fede s'acquista; non per ignoranza et misfatti,

quantunque enormi,

ma

per la incredulità (come di-

cono, secondo l'apostolo),

si

perde. Se €ossì vi dispor-

talmente vi governarete, vi tro-

«

rete, se tali sarete, e

«

varete scritti nel libro della vita, impetrarete la grazia

«

in questa militante, et otterrete la gloria in quella

«

trionfante ecclesia: ne la quale vive e regna

«

tutti secoli de' secoli. Il

libro degli

Cossi sia!

^

Dio per

».

Eroici furori rammenta in molte parti

la dottrina dell'amore e del furore poetico dei

tonici, e la ispirazione stici. Il

neopla-

ed esaltazione degli scrittori mi-

furore purifica l'animo eroico, e lo rende atto a

ricevere in sè la luce divina che lo innalza e lo converte

in Dio. Questa luce che splende permanentemente, i-adia

non

infonde

gami 1)

solo

le

facoltà

la vigoria necessaria

intellettuali,

ma

per iscioglierci dai

delle passioni volgari. Il furore eroico è

irci

le-

adunque

Dagli atti del processo rimane pienamente dimostrato che tutti

libri di cui

abbiamo ragionato in questo capitolo sono

Londra, sebbene alcuni 2)

nostre

si

stati

i

stampati a

dicano stampati a Venezia ed altri a Parigi.

Cabala del cavallo Pegaseo,

ediz.

De Lagarde,

pag. 572.

— 192 — strumento per cui

lo

1"

anima

bene, che sono operativa ed

vero ed

sommo

al

termini della vita contemplativa ed

i

line di tutti

il

leva con impeto e

si

sommo

quasi con rapimento di sò al

assensi

«^li

tutte le

e di

trasmutazioni.

Questo universo sia

1

vai'iauiciuc la

iiilV'i-idrc

ninnili e

pei'flii"

con

è

liltro l'I

iiiici-|)i-ci;ii;i

clic

lieiieiiaiidM Sdito iiieiiii

lielli

l'ii

che

chidse

«

;ippai'i

iene

le Il'ai-cie

l'ui elle

1)

e

.

Solio

ta

e

'r.-iijsilht

Davide Levi, che

che

scritto

si

abbia a scorgere

SUni.

||

t

(

11

1

SO-

delle SUO

>

l^'iorenliuo

de^'io »

veggono

Xon possiamo

tacere

oscura signilicanza

la

si

la descrizione di tutte le afflizioni e di tutti

i

il

il

liruno, velo dal

vita del nostro filosofo.

libro sia stato

frequenti accenni che ad esso carcere

composto nel carcere

trovano e più ancora per dolori materiali e morali

giace in questa misera condizione. Tanto nelle

opere in prosa quanto più ancora nelle poeticlie lo

e

pieno di affetto per

per

senz'accorgersi

II

Eroici furori, rimosso alquanto

suppone che questo

si

I

l..'l

e
egli quasi

che travagliano chi

)

in talniii altri si

Anzi i

<

'.

un suo

negli

quale sono ricoperti,

f.L:

iiicMiniiicia:

dulihia

di

duro

in

a

linea-

i

deiran1or(\

sempre

di so\ercliia iiniia/.iniie.

meti'o assai

è di avviso

c||e

si)iegatt lio l'ali al

che essi sono spesso e di

perchè non è adoperata

(|(itiriiie

siMiettn clie

il

;il

sin

.

delle

ilitl-inllice

ehe

uno,

può essere

sosiaii/a,

l;i

ricerca allìnchè l'occhio possa,

si

liiet;ili^iclie. IKUI

(liiiiMstiM

c

vclu del simbolo, scopriro

il

C(Miit»i-ni

i

\i

ne

clic

|t'-(

maestri;!

duo A' VinfiìiUo,

alti'i

In ciiz/sfi. iu-iiìci[)io et

il

Bruno spesso

ritrae

stato dell'animo suo e favella de' suoi affetti, delle

sue speranze, delle sue amarezze. Sotto questo aspetto g\ì Eroici furori c'è parte della vita

contengono una parte della sua vita intima, come

intima del Foscolo, del Leopardi, del Byron nelle loro poesie e nelle prose. Anzi il ritratto di sè è più perfetto ed i particolari che alla

l(n-o

— 198 — componimento che nasce da questa miscela

Il

di

poesia e prosa è più che mai disadatto all'esposizione

E

continuata dei concetti metafisici.

da questo imperfettissimo genere

lihri

solo

di vita

coi

il

componimento pregio

di poi

come diremo più

pubblicati in Francfort,

Non

di

che scemarono

derivino quei vizii

noi crediamo che

ai

sotto.

Bruno potè avviare più riposato tenore

Castelnuovo

,

ma

conversare

e

stringere

famigliarità coi più cospicui uomini di Stato inglesi e

con alcuni diplomatici di altre nazioni. Conobbe il Walsingham, gi'an segretario del regio Consiglio, Roberto Dudley conte di Leicester favorito di Eli,

sabetta e cancelliere nella Università di Oxford,

il

Daniel, valente poeta inglese e prefetto in quel tempo

nuovo dell'Università di Oxford, parente, come diremo, col Florio e lord Burgley gran tesoriere del Regno, il Guin che fu presente alla cena delle ceneri e in modo particolare il Sidney, di cui già parlammo, ed il Folco Gre ville, il fiero ed accorto Bernardino Mendel collegio

doca ambasciatore valieri. l)etta,

ma

Fu

ed

di Filippo II,

altri

nobilissimi ca-

dal Castelnuovo introdotto alla regina Elisa-

dalla quale

non

solo pai'e sia stato

ricevuto di poi quante volte

accompagnando come soleva

il

si

bene

accolto,

presentava o solo o

suo Mecenate di Corte.

Elisabetta era allora in sui cinquanta: non bella di volto,

ma

A^eneti, e

vita del

graziosa

,

come dicevano

gli

ambasciatori

ben formata della persona ^ Accoppiava a

Bruno

si

riferiscono, sono più

abbondanti nei

libri

Francoforte, che non in questo di cui parliamo. Quanto

stampati in

al

luogo della

pubblicazione non è dubbio che gli Eroici furori siano stati stampati in

Londra, e quindi sette anni prima che 1)

Il

il

Bruno entrasse

in carcere.

Michiel (vedi Alberi, Relazione degli ambasciatori veneti, 13.



Berti, Giordano Bruno.

— 194 — contegno maestosamente autorevole, modi che sape-

vano qualche volta Fingegno

riccamente fornita

Grande

di sovercliia famigliarità.

bramoso Taninio

e la passione;

di gloria; e

per co-

di tutte le virtù necessarie

mandare. Prudente, audace, conoscitrice del suo popolo e delle condizioni

sii'iiiiicri

pi-iiici|)i

(lai

dile/ione. A\('\;i

sapeva

e

sunici(Mi/.a |ii;ic('\

Micliicl. ainbasriaittrc

nostri

c(.iicii

av("va

vi

ladini

cogni/ionc delle

ani

(Kl'ord.

Tanto

voleva

inai

,

!<•

li

nella

c

perciu culai

dicc\a

il

nnii/ia \

com-

lingua- coi

iJianio clic

non

pareggiasse nella

clic la

icaiiieiiU,'

si

a detta del

ciicin. parhii'e alli'a

ra,L:i(mc

al

della lingua greca,

scienze e

debile

A\)\)c\\ìi\'d

grande

DiancL nuinc della lerra'^.

fiììfìlriU\

serie I, voi.

e

:

\

A

1.

dama

alii-a

delle liiigne

clic

la de-

ligliuola di pre-

dn potersene valere con

ai (loiidii di

ilaliaiia.

pregiata

suo nemico

siui

iK'ii/.ia

inutlit

in

(la\;iiili

nella

;i

V

che Sisto (liclii;ii';ii'I;i

iiii'dinci't'

hiiin.i

l;i

grande

in

e talmente

di Stato,

.

per

ciillnlic;!

si(l('r;i\;i

Era tenuta

del regno.

uomini

stima da' suoi

2**)

clic

no

la

il

ritratto,

quando Elisabetta ura

aiicoi'a

in

sul fiore della gioventù, dice: « che era piuttosto graziosa che bella,

«

ma


olivastra, begli occhi, e sopratutto

della persona è

È

grande

e

ben formata,

di bella carne, ancorcliè

mano, della quale ne

India

d'uno spirito ed ingegno mirabile,

professione.

«

molto ben dimostrare, con Tessersi saputa, nei sospetti

« (juali 1) ^<

si

è trovata,

così

ben governare

si

compiace tanto, che con

per ambizione non vuol mai parlare altrimenti »

Al segretario veneto Scaramelli Ehsabetta diceva: « « « di

e pericoli nei

».

« Parla la lingua italiana nella (piale

gli Italiani

il

fa

che ha saputo

^<

Xon

so se

(ibid.).

haverò

ben parlato in questa lingua italiana pur, perchè io la imparai da fanciulla, credo che sì, et non havermela scordata ». V. Il Saggio ;

Rawdon Brown

sull'Archivio di Venezia, pag. 214-233.



Id. 131.

Edizioni di Venezia e Torino, 1865. 2) Il

Bruno profonde

sperticate

lodi

ad Ehsabetta nella Cena

— 195-^ Nel

uomini

gli

Windsor Stato come

e nella Corte di

castello di di

il

Walsingham,

Londra il

tutti

Dudley,

il

Sidney \ il Greville, ed il fiore dei cavalieri che facevano corteo ad Elisabetta, parlavano essi pure la lingua ita-

non

liana, la quale serviva eziandio

di

rado

ai colloquii

Spagna e Lord Buckhurst era versatissimo nella lettura degli scrittori italiani. Poetava nelFidioma italico non senza eleganza il Daniel e dal romanzo di Eitpliues di John Lilly pigliava origine la parola cuflàmio che si usava appunto per qualificare (pel genere di comporre ammaniei'ato che non ispiaceva alla tra

i

ministri inglesi e gli ambasciatori di

Francia.

di

,

corte di Elisabetta e che giudicavasi imitazione degli, scrittori italiani. Kap])resentavasi

uditori

di

la

commedia

capitanata dal Drousiano

con molto concorso

italiana 2.

I nostri

da una compagnia comici dopo un'ora

meditazione recitavano improvvisando assai meglio

di

che non facessero

Ma

gli inglesi

dopo lunga preparazione.

più di tutto alfluivano in Inghilterra molti nostri

uomini

di dottrina, e molti fra

ai (juali la patria

siero.

i

nostri novatori religiosi

negava libertà

Basta ricordare

i

di coscienza e di pen-

nomi dell'Ochino,

del piemontese

Alessio, di Pietro Vermiglio Martire, del suo

de

le

De Lagarde, pag. 140, e nel libro della Causa, De Lagarde, voi. II, pag. 226. Sidney il Saggio citato di Rawdon Brown. Quasi

Ceneri^ edizione

principio 1) Cf.

et

uno, edizione

circa

il

tutti questi insigni personaggi

avevano viaggiato in

versati nelle lettere italiane. I discorsi

Mendo9a, Walsingham ben di spesso in

diplomatici

Italia,

tra



Mezières, Prédécesseurs

ed erano

Bernardino

e gli altri ministri di Elisabetta si

italiano.

tenevano

Mignet, Histoire de Marie Stuart,

Voi. II, pag. 136, edizione di Parigi. 2)

amico

et

1852.

contemporains de Shakespeare.

— 196 — Giulio Terenziano professore di divinità in Oxford, di

Paolo Fazio Tebraicista,

di

Alessandro

della Tijjocosmia, dell'Acontio

gegno

e

autore di

del Castiglione. la lingua

autore

Broccardo,

scritti singolarissimi, del

;

i

due primi

Curione ed

altri,

dedicarono, come

le

taluni

Sappiamo che fu medico fidatissimo dottore Gmlio Boi'gorucci da Urbino, si

Gitoli no

di singolare in-

Questo ultimo insegnò ad Elisabetta

italiana

pure Celio

uomo

d'e'

loro scritti

di

Elisabetta

e

valse dell'opera di Cesare Scacco da Chioggia

Pare che

il

Sakespeare

il

il

che essa pure 2.

quale capitò in Londra in

tempo ^ abbia come per eco udito il suono del nome •del Bruno e abbia letto qualcuna delle sue opere. Un dotto scrittore tedesco alcuni mesi prima che uscisse in luce questa biografìa del Bruno da me scritta pubblicava una sua versione tedesca deìVHamleto, alla quale faceva precedere una introduzione in cui con molto studio e dottrina fece notare non poche traccio di pensieri e di quel

frasi corrispondenti alle frasi ed ai pensieri delle opere

italiane del

Bruno ed

in ispecie a quella della

ceneri ^ Altri ripeterono

le

entrare in (questo vasto e

tema ci contentiamo Bruno ve ne ha uno che

difficile

indicare che tra gli amici del

1)

Cena de le Noi senza

stesse osservazioni.

L'Acontio dedicò ad Elisabetta

il

suo

libro

Strafagema tum

Sai ance; Celio Curione gli scritti di Olimpia Morata. 2) Vi ha una lettera di Elisabetta, addì 7 luglio 1576, con cui raccomanda al doge Luigi Mocenigo il medico Cesare Scacco da V. opera citata di Rawdon Brown, pag. 206. Chioggia. 3) Sakespeare venne per la prima volta in Londra Tanno in cui



il

Bruno 4)

usciva.

Shakfere, Forschungen von Benno Tscliisclwntz

Hamlet, Halle, 1868.



Bendo

dell'avermi gentilmente inviato

il

grazie

suo

a

libro,

questo

— Shakfere's

dotto

scrittore ,

— 197 — nella storia letteraria del

tempo

dell'autore deìV Amleto.

liari

è portato tra

E

questi

è

fami-

da noi più sopra rammentato.

P'iorio

Florio nato in Londra accidentalmente,

Il

i

Giovanni

oriundo della patria di Ochino e di

liano

rina, studiò nella università di

pure insegnò come maestro

ma

ita-

S. Catle-

Oxford nel 1576 dove

Barns vescovo e francese. Nel 1581 Collegio della Maddalena. al figlio di

di Durhani, la lingua italiana

nominato membro

fu

Sotto

Giacomo primo

per l'italiano ed

il

del

fu precettore del principe Enrico

Nominato poi

francese.

siglio privato del re,

dal Con-

segretario particolare della re-

gina Anna; a questa pure

insegnò l'italiano ed

il

francese.

Florio fu tenuto in grande stima dai suoi contem-

Il

poranei, per la sua erudizione, per la sua valentia

nell'insegnamento e nell'arte dello scrivere così liano

1

Florio.

come r

Ma

inglese.

qui



senza allungarci di troppo notiamo

solamente che esso era amico delle il

l'ita-

molto da dire in lode del di molti dei frequentatori

adunanze della taverna della Sirena nelle quali

Sakespeare interveniva. Era poi

ricercato da alcuni celebri

uomini

il

Florio protetto e

di lettere che pro-

teggevano pure Sakespeare. Il

Florio poi aveva sposato la sorella del poeta Sa-

muele Daniel che succedette come poeta aulico ad

Edmondo Spencer e Ben Jonson l'amico di Sakespeare. Ed è Ben Jonson che inviando al Florio una copia del suo dramma // Volpone scriveva — « al mio amato 1)

Pubblicò un dizionario della lingua italiana intitolato «

di parole ».

il

mondo

- 198 — padre

e

degno amico

Maestro Giovanni Florio questo

il

«

testimonio come suggello di amicizia e di amore pre-

»

senta Il

— Ben

Jonson

)>.

un sonetto che

Prof. Minto scoprì

a Sakespeare e nel quale

egli attribuisce

encomiato

è

Florio. Così

il

pure ab])iamo un esemplai'e dei saggi della traduzione di

Montaigne

dal Moi-io.

fall;i

Da

alle

col Florio,

sue oivcrliio

cipali

sudi

lii)i

l^olulo a\('iv

il

Ma

i.

ed anello

in

I lettei'ati

Bruno

Nolano

e quello dei prin-

gl'alidi'

andare in,ue;^iii

modo

di

Drammatui'go

in-

errali aTrcrniando che

dilTerenziano sti'aor-

si

concepire

il

mondo morale

(piello di esprimerlo.

inglesi ai «piali

fureiio

con pai'ole

del

sul

iKMi

questi due nuliili^sinii dinaiiaiiienie nel

fatto della

soii/a i-ircrcaro (pialo azione abbia

nruiio

il

glese. crcdiaiiiM di

il

Sakespeare udisse suonare

il

nome

se-

queste ed altre

ragioni non r sovcicliio [)rosuniere che per

sua amicizia

una

(juale porta

il

gnatui'a aiilogral;! di Sakespeare.

di

poeta

il

lode

di

e

si

^idne\.

diinosti-ò di

cui

accline

piii

parla

glande reverenza,

il

sempi'e e

Folco

Greville.

Filippo Sidney di nobilissimo casato, nipote ed erede

presuntivo dei conti di Leicester, educato nei buoni studi, sostenne adolescente impoi'tantissime tesi nella

Università di Oxfoi'd con meraviglia degli uomini

Venuto giovinetto alla strage di S.

in Francia, e

Bartolomeo, viaggiò quasi tutta Eu-

ropa, visitò per desiderio d'istruirsi e

quindi

Wechel mentore

la

Padova

e

Germania, dove conobbe, presso

di Francfort,

il

Languet che

e maestro. Restituitosi in

ad Elisabetta

le

dotti.

scampato a mala pena

lo

Venezia i

librai

ebbe poi quasi

Tngbilterra dedicò

primizie del suo ingegno,

The Lachj

— 199 — May S

of the

presenza di

che

lei.

rappresentò in Wanstead con la

si

Andò

oratore presso le Corti straniere,

ne tornò con gloria e soddisfacimento del suo go-

e

verno

quale fu in ogni tempo ca-

e della regina, alla

La

rissimo.

suo animo, la sua dottrina, la

nobiltà, del

sua fama di squisito, leale lo fecero

e coraggiosissimo cavaliere,

segno all'amore dei polacchi che

gli offrirono

corona di quel regno, cui rinunziò per non recare

la

dispiacere ad Elisabetta.

Il

Sidney pose grande

affetto

Piruno e fu a lui largo di cortesi accoglienze e lo

al

avrebbe ospitato in sua casa

s'egli

non avesse ricusato.

Di che questi gliene seppe non poco merito, e affetto dedicandogli, come abbiamo

cambiò con

lo ri-

detto,

impaccio della ì)esila irionfante e gli Eroici fu-

lo

rori ^ Folco Grevjlle, amicissimo del Sidney e quindi anche

come

del Bruno, e

armi

e dei viaggi,

Sidney amante degli

il

studi, delle

tenne giovane ancora FufFicio di se-

gretario del paese di Galles ed acquistossi grande autorità nella Corte e sulla regina. Offri egli al

Nolano,

amicizia non fosse stata

1)

V. ZoucH,

2) Nella

Sidney: «

« ciuilità, et

Memoirs

Cena de

Non

ti

momentaneamente turbata per

sir Philips Sidney.

ceneri

le

il

Bruno

così

si

esprime intorno

buona creanza di molti e'

cauallieri, et molti nobili

personaggi

tanto conosciuto, et a noi particolarissima-

mente, per fama prima, quando erauamo in Milano, et in Francia; et

« poi per esperienza, hor che

siamo ne

la

sua patria, manifesto,

il

« illustre, et eccellente caualliero Sig. Philippe Sidneo, di cui « sissimo « lare «

al

uiene à i)roposìto di riferire l'honesta conuersatione,

« del regno, tra quali «

pure ospitalità

quale Tavrebbe forse accettata, se la loro

il

:

ingegno

(oltre

i'

lodatissimi costumi)

e'



molto il

ter-

raro, et singo-

che difficilmente tra singolarissimi et rarissimi, tanto fuori

quanto dentro Itaha, ne trouarete vn simile

».

— 200 — opera di maligni

sua dedica, ed

il

Il

^.

Bruno non lo onorò non fa cenno di lui

di

vita del Sidney e negli altri suoi

alcuna

nella sua

Greville

scritti.

A

Bruno non furono ignoti Spenser, Guglielmo Tempie che tradusse la dialettica di Ramo 2, Harvey, Dier, e gli altri

cultori

amici del Sidney. asserisce

il

delle

e delle scienze,

lettere

Non appare

che frequentasse, come

Warton, compagnie secreto

facienti profes-

sioni di ateismo, perchè secondo che già

manifestava con tanta franchezza

i

dicemmo,

egli

suoi pensieri da

meritarsi piuttosto taccia di imprudente che non di 3.

È

Verulamio

il

simulato

incerto

se

abbia conosciuto Bacone da

quale già frequentava la Corte e stava

per entrare nel suo quinto lustro.

Che questi due uomini di tempra presso comuni amici

siano incontrati

abbia avuto sentore dei

può a

così

diversa si

0 che

libri pubblicati dal

pì'loì'i dirsi impossibile, (|uantun(iue

Bacone

Bruno non incliniamo

alla negativa.

Verso

il

fine del 1585

P3runo riparti per Parigi

il

con la ospitale famiglia dei Castelnuovo.

mezzo

1)

4

passati in

V. l'epistola

Londra

I

due anni

sono veramente degni

,

esplicatoria premessa

allo

Spaccio

della

e di

bestia

trionfante. 2)

Rami

Petri

Dialectica, libri duo, ScJioliis G. l'cmpelli

lustrati, quibus accessit

il-

eodem auctore de pliorphirianis praedi-

cabilibus disputatio. Francofurti, 1591. 3)

dirC; al

Nei

libri

stampati a Londra

anche quando ha

volgo

i

il

Bruno

dice tutto quel che vuol

l'aria di avvolgersi nel

mistero e di occultare

suoi pensamenti.

4) Il dottissimo

cumenti che

il

Sigwart crede che

Bruno

partisse di

giare con più efficacia la

io

Londra

non abbia dimostrato con do nel 1585.

mia asserzione che

— Non posso appog-

alle parole

del

Bruno

— 201 — essere ricordati così per la vita altamente operosa che

condusse come per

i

vigorosi libri che seppe nel suolo

straniero produrre.

La la

storia degli Italiani fuori

d'Italia

dovrebbe per

sua ampiezza ed importanza invogliare alcuno dei

nostri dotti giovani ad imprenderne la trattazione. I nostri esuli o pellegrini, particolarmente nel secolo de-

cimosesto e nel precedente, tengono un alto posto nelle

mondo I confini delsono immensamente piti estesi che

grandi opere della civiltà del l'

Italia intellettuale

non

quelli dell'Italia politica.

contenute nel documento nell'università di 1)

i.

TX

ed alla data dell'inimatricolazione sua

Marburgo.

I soli nostri lettori negli

olFrono copiosissima materia di

Studi

stranieri

uomini degni.

ed

i

nostri artisti

— 202-

CAPITOLO

X.

(1585-158G).



Secondo soggiorno a Parigi — Fabrizio Mordente ed il e Riga per la misura della terra — Conmiento De pliysico anclitu Disputa nella Sorbona — L'orazione dell' Hennequin Lascia Parigi Amicizie e titubanze.

SOMMARIO. suo

Compasso





Appena

il



Bruno riapprodò

alle dilette

Francia, tornossene in Parigi

i,

verso

gli

sponde della ultimi mesi

del 1585, e quivi stette sino al luglio del 1586 abitando

ora

presso persone che

propria Il

conosceva, ed

ora in casa

2.

primo lavoro

suo soggiorno

è

al

quale diè

rammentato dai 1)

Atti del processo, Dee. IX.

Mi

io conoscevo,

le

cioè



Nota

latino in dialogo,

illustrativa III.

parole trattenendomi con quelli signori che

non consentano

prima edizione,

secondo

in questo

non benché pubblicato in Pa-

bibliografi

2)

pare che

mano

un componimento

la

interpretazione che io

diedi nella

che visse una parte di tempo in questo suo

condo soggiorno con Castelnuovo ed una parte in casa propria, bensì che

si

trattenne per una parte di tempo

se-

ma

con signori o per-

sone che conosceva ed una parte in casa propria ed a sue spese. 3) Il rarissimo opuscolo di cui qui è

cenno porta

la

seguente

inti-

Jordani Bruni Nolani dialogi duo de Fahricii Mordentis Salernitani prope divina adinveoitione ad perfectam Cosmimetriae praxim. Parisiis, ex tjpographia Petri Chevillot, in vico Cf. la bella MoS. Joannis lateranensis sub Rosa rubra, 1586. nografia su Fabrizio Mordente di Michelangelo Testa. Essa venne pubblicata quando la nostra prima edizione del Bruno era già uscita. tolazione:



~20Bad un trovato per mi-

rigi coi tipi di Clievillot, intorno

surare con precisione la terra, del salernitano Fabrizio

Mordente, autore

di parecchi scritti pertinenti

a cose

matematiche.

Questo Fabrizio, rimasto in giovane età privo del padre, deliberò

«

come

Ulisse, Platone ed altri eroi,

«

di porsi in viaggio per vedere la varietà delle cose

«

che sono nel mondo, ed osservare

«

e leggi degli

«

dei poli dei loro paesi

poli nel 1552,

Goa

uomini ad anche andò

nell'India,

minutamente scritto

che

senza

anni osservando

credeva degno

di

essere

molte cose dette da Plinio,

e verificando

«

Na-

poscia nella città di

e

stette oltre tre

tutto ciò

diversi costumi

i

precise elevazioni

Partitosi pertanto da

».

in Egitto

dove

le

sua colpa

le

fanno vergogna. Di

((

quali

((

imbarcatosi sopra una nave portoghese, in quattro

«

mesi

«

gallo

in

e diciotto giorni

gli

approdò

là,

rive del Porto-

alle

donde poi passò in Inghilterra, in Francia, Germania e fmalmente in Italia. Fece breve dimora, »

;

in Napoli,

dove dato ordine

servazioni raccolte durante

alle cose il

viaggio,

sue ed alle osripigliò

le vie

Europa, stampò in Anversa (1584) e ristampò in Parigi (1585) il suo Coìupasso e riga, per misurare

di

la terra ^

1)

Abbiamo

sotto gli occhi

due stupende

e rarissime edizioni di

due

opuscoli di Fabrizio Mordente. Nel frontispizio dell'uno leggesi: « « quadratura del cerchio, la scienza de' residui, « Fabritio et di

Gaspare Mordente

« vigilia dell'Assumptione della

fratelli,

il

La

compasso et rigo, di

Salernitani. Impresso la

Vergine che tien del Ciel l'impero, in

« Anversa da Plits Galle, 1591 ». Quest'opuscolo fu stampato a spese del principe Alessandro Farnese, al quale è dedicato, ed al cui servizio

pare fossero in questo tempo tutti e due L'altro

ha per

titolo: «

Le

i

fratelli.

propositioni di Fabritio Mordente, Saler-

— 204 — Il

Bruno

,

che era curiosissimo di cose nuove,

bentosto in familiarità col Fabrizio, finato

ammiratore

e

si

legò

ne divenne scon-

e pubblico banditore

.di

sue virtù

Pare vagli che il Fabrizio fosse da riporre nel novero degli uoniini rnercuriali, che a quando a quando Iddio manda di cielo in terra per e dei suoi

sovvenire

pregi.

alle necessità nostre e

si

per provare che non

Sommi.

è interrotta la catena dei

E come

suoi divini trovali meccanici, così

i

il

Fabrizio

piaceva di spiegare graficamente e sperimentalmente il

Bruno

inter-

veniva assiduo a queste spiegazioni ed aveva frequenti colloqui col suo amico intorno al loro uso ed alla loro applicazione. Scrisse quindi finchè fosse

che sapeva instaurare

chiamare a nuova vita tile

i

mentovati Dialoghi,

at-

degnamente celebrato questo Salernitano meccaniche cadute,

arti

le le

morte, e perfezionare

le

ri-

mu-

ed imperfette. Soggiungeva che oltre alFessergli

« nitano, Matlieinatico della Sacra

Cesa Mtà dell'Imperatore Rodolfo II,

«

può sapere come da numero a due date specie di quantità continue fisiclie di un medesimo genere, Misurabili ò vero Pesabili dallTnitrino Creatore immediatamente create ò dalla Natura sua ministra prodotte ò veramente dall'Arte fabricate, et per conseguente, con dette propositioni si può anco sapere per numeri

«

precisamente

<<

mediante

«

numero,

«

« «

le

quali da liora inanzi

si

la proportione, eh' è fra qual si voglia

le

Radici quadre

Numeri non

« cube delli

delli

Numeri non

quadrati, et

le

Radici

cubi, le quali cose sono impossibili potersi sa-

modo, eccetto che

compasso inventato dal può conchiudere, che solo della Geometria concreta, ^< in questa Opera si trovi il vero Methodo « cotanto necessaria in questo Mondo sensibile, della quale ogni huomo, « in otto giorni facilissimamente, ne può restare del tutto possessore,

« pere per altro

«

medesimo

col mirabile

autore, là onde arditamente

si

« interato, et capacissimo. In Roma, 1598 ».

A

questo secondo opuscolo dedicato

al sig.

di Incisa e conte di Celano, va innanzi

dalla quale

togliemmo

i

brani virgolati.

Michele Peretti marchese

una singolarissima prefazione

- 205 questi sinceri encomii comandati dagli Dei, gli

rebbe apposto a grave colpa sì

all'obbligo

rispetto

di

il

patria

sa-

si

un tanto uomo

tacere di

altìnità

mutua

e di

benevolenza, come soprattutto per l'eccellenza, dignità e

maestà

delle invenzioni di lui.

Concludeva che

turi geometri avrebbero levato insino alle stelle

dente, e che la casa di lui ed

limpido

e

cielo salernitano col

suo

maestoso orizzonte avrebbero avuto maggiore

nominanza Grecia,

il

fur

i

Mor-

il

del

curioso

dell'operosa

e

magniloquente

della

Egitto,

Persia

della

Arabia

sottile

i.

In questi giudizii vi è certo esagerazione. Tuttavia il

Testa nella sua bella monografia su Fabrizio Mor-

dente, qui avanti citata, afferma che gli scritti di lui

palesano ingegno dettò in onore del

crescere a lui

però che

e studio. I dialoghi

Mordente non sono

fama

il

Bruno

di tal forza

e giovare alla scienza;

ma

da

poche

pagine incompiute fatte per occasione e nulla più. Entrano interlocutori nei medesimi

un

il

Fabrizio stesso ed

Bottero, intorno al quale nulla

tal

mi venne

fatto

di raccogliere, salvo

che però non è da confondere col

celebre autore della

Ragione di Stato

Ha

merito assai maggiore che non

mento intorno al libro che il Bruno pubblicò tipi di

aristotelico

nello stesso

i

dialoghi

De pliysico tempo

il

com-

auditu,

e colli stessi

Parigi e dedicò all'abate di Belleville, Pietro

Dalbene. Questo commento, che forse è un semplice sunto di lezioni date privatamente, benché manchi di sufficiente lucidità, ordine ed

1)

Quanto

è qui detto ò levato

ampiezza nell'esposizione

intieramente dalla

prefazione ai

mentovati Dialoghi. 2)

Ai Dialoghi vanno unite alcune parole di nissuna importanza

che portano per titolo Insomnium.

- 206 benché

delle idee, e

disadorno e scolorito,

lo stile sia

nondimeno vuol essere compreso tafìsici

Ma

tra

i

suoi libri

me-

1.

Bruno, travagliatissimo

il

(^uale

era dal desi-

derio di divulgare la sua dottrina, di contrapporla alla fìlosolìa dei suoi tempi, di acquistare seguaci, di

dare

sfogo alla sua inesauribile operosità, sentì la necessità

armato

di scendere

mente munita

campo

in

e

assaltare aperta-

di

Aristotile entro la ròcca della

più forte

e la

di

Sorbona

-,

la

più

quante ne avesse nel mondo

quel grande maestro di Alessandro Il

Bruno poteva

lottare o per via di lettura pubblica

0 di disputa; elesse questùiltima, perchè la

prima non

era forse consentita in quell'anno dalle turbolenze

gli

che affliggevano Parigi. Preparò a

tal fìne

centoventi

proposizioni, levate in gran parte dai libri pubblicati in Londra, versanti più o tati dallo

nell'altra

meno sugli argomenti tratBe phijsico audllu^ e

Stagirita nelFopera

De

ccelo et

niundo \

1) Jordani Bruni Nolani Figuratio aristotelici pliy sic i auditiis ad eiusdem ii iteli igentiam atqiie retentionem per quindecini imagines explicanda, ad illustrem admodum atque reverendum doPaiisiis, minum D. Petrum Dalbenium Abbatem Belleville.



ex

Petri Chevillot,

typografìa



Forma un Eosa rubra. 2) Nota illustrativa IV. 3)

Scrivendo

al

Eettore,

volume

sol

il

in vico S. Joaiinis coi dialoghi

Bruno osservava,

clie

lateranensis sub

mordenziani.

era più debitore

Aristotele all'Università parigina di quello che TUniversità parigina fosse debitrice 4)

Secondo

i

ad Aristotele. numeri romani

gli

articoli

sono solamente ottanta,

numeri arabi sono centoventi. Il libro è intitolato: Jordani Bruni Nolani Camoeracensis acrotisnms seu rationes articulorum physicorum adversus peripateticos Parisiis propositormn, etc. secondo

i

Vitebergce

apud Zachariam Cratonem, anno

mdlxxxviii.

— 207 — Sovraintendeva alla Sorbona titolo di rettore,

in questo tempo,

^

col

Giovanni Filesac, che fu più tardi

uomo

non comune Benché prima vietato ad un l'università avesse alcuni mesi frate italiano d'insegnare pubblicamente, ad altro frate pure italiano di stampare un libro contro il Papa -, non oppose tuttavia ostacoli alla disputa del Bruno.

confessore del regicida Ravaillac dottrina

ma

Nè avrebbe

di indole

;

di

irresoluta e mutabile.

potuto opporsi

senza violare

giacché

e contraddire alle consuetudini universitarie;

la qualità di dottore e professore di Tolosa,

tore straordinario di Parigi,

dava

abilità al

statuti

gli

e di let-

Bruno di come

tenere pubbliche dispute, senza che occorresse,

venne asserito dal Bartholmèss, atto alcuno di particolare favore. Quindi é che la sua lettera al rettore

uomo

Filesac è di

che chiede con convenienza quello

che ben sa competergli di diritto Il

Bruno

1) Il

^.

un

scelse per difensore delle sue tesi

Fiorentino crede die la disputa

del collegio di

Cambray

si

non in un' aula

e

sia

tenuta

in

della Sorbona.

gio-

un' aula

— Conf. a

questo riguardo la nota illustrativa accennata più sopra. 2)

Crevier, Hlstoire de V Université de Paris. Tom.

6, p.

377-78,

edizione 1761.

Ecco un brano

« Quis egregia? humaniDomine) quid officii in extraneum pliilosophum impendi possibilis est, quod pluribus abbine anuis per liuius universitatis tum rectores tum universum professorum collegium mihi non fuerit elfusissime elargitum? Dum non modo comuni quadam, qua erga omnes affecti estis huraanitate, veruni etiam certa haud vulgari ratione me vobis devinxistis, ubi tum 3)

questa lettera

di

:

« tatis actus (amplissime c<

« «

« «

« in

,

publicis,

« adsistentia

« de

me

tum

et

negotium

minus,

quam

in

privatis

studii

lectionibus

extranei, in liac

« tulus occurrere potuerit

continua doctiorum

mei concelebrastis, adeo ut uuUus mihi

unquam

».

alma literarum parente

ti-

— 208vane uomo Crevier

un nome

di

illustre, cosi

che certo apparteneva

^,

scolari od amici.

Secondo

consne.tudini

le

l'uomo principale delle dispute non era a

toccava

cui

quale teneva

La

bandita.

La

il

tattica degli

mezzo

contro

il

di

difensore tesi

il

ar-

gli

ma appena questi si senmeno, sottentrava il presidente.

argomentanti mirava tutta a levare

primo, per battersi con fierezza e ferocia

forma

la tesi.

qua

La

disputa

di duello a morte.

teggiava tumultuando

revano

suoi

allora,

difensore;

proponente

il

e pigliava

il

delle

s'impegnava dapprima tra

lotta

tiva scosso 0 veniva

di

Fautore

dei di

il

seggio nei giorni che la disputa era

il

gomentanti ed

ma

discorrere,

chiama

lo

noA^ero

al

i

;

Il

si

accalorava

pubblico par-

sillogismi e le sentenze scor-

impeto e con violenza.

e di là con

Non

s'interrompeva la disputa che a ora tarda e spesso si

ripigliava alla

tutte tutti

le i

ceti. Il

pagnato

domane. V'intervenivano uditori

vincitore era spesso acclamato e accom-

a casa con

ritornava scornato,

ovazioni;

ma

stato sconfìtto.

La

il

vinto non solo

si

doveva quasi sempre abban-

donare per un certo tempo

una

di

nazioni, frati di tutti gli ordini, curiosi di

lo

Studio nel quale era

disputa incominciava per lo più da

orazione, nella quale

il

difensoi-e

lucidare la dottrina contenuta nelle

prendeva a

tesi,

di-

ed a commen-

dare l'ingegno, l'animo e l'eloquenza del loro autore: e l'orazione era

ben sovente operà

comecché non scarseggiassero

1)

Il

Bruno

lo

appella

le

di questo secondo,

parole di lode in suo

dappriina semplicemente Giovanni Hen-

nequin, poi lo qualifica in appresso Henneqtiinus nohilis parisiensis.

— Conf.

Nota

illustrativa

V.

— 209 — favore. Nella disputa bandita dal

nequin

si fa

dunque anche

Bruno, Giovanni Hen-

cominciando dal

egli avanti

dire che è solo e tutto solo a difendere

suo maestro.

il

Non per questo si sente abbattuto o sconfortato, perchè ama meglio essere solo con la verità che accompagnarsi a molti neireri'ore. Egli si annunzia come un uomo che dopo maturo esame

si

fermamente

è

risolto

di

affrontare ogni sorta di pericoli per amore della dottrina che egli sostiene. Vuole

pozzo in cui giace, che la alla

meditazione di

tutti

;

che

sofìa volgare e sofìstica che si

si

tragga la verità dal

si

proponga senza ambagi si

dia lo sfratto alla

domina

filo-

nelle scuole; che

mettano avanti pensamenti nuovi, perchè non vita

idea antica che non sia stata nuova nel tempo suo; che

cedano

tradizioni e le credenze

le

ragione

che

;

si

ponga a fondamento

la dottrina delFinfìnito

secondo

nomici; che in una parola insino ad ora, e

si

si

i

il

campo

alla

di tutto lo scibile

recenti studi astro-

esca dalla via battuta

entri in quella che è indicata dalla

luce della risorgente fìlosofia. Gli è per siffatta ragione

che THennequin applica a sè

il

nome

eccitatore o sdormentatore, che se stesso in Londra, Il

1)

excubitore,

di

maestro diede a

il

i

Bruno aggiunge per bocca dell'Hennequin che

egli

« Excubitor seu Job. Hennequini apologetica declamatio habita

« in auditorio regio parisiensis Academioe in festo Pentec. anni 1586 « prò Nolani articulis ». Il

reali,

Bruno tenne

la

disputa nell'aula dove leggevano

appunto perchè aveva



dal Re.

titolo di lettore

Questo particolare dell'aula dove

fu notato dal Crevier e sfuggì al

si

Bartholmèss

tenne



Voi. 6, pag, 381), toghe ogni dubbio intorno al il

Bruno 14.

di disputare



Ber-TI,

i

professori

straordinario, nominato la

disputa (che

V. storia citata,

diritto

che aveva

pubblicamente nello Studio parigino.

Giordano Bruno.

— 210 — è disposto

a staccarsi dalla famiglia aristotelica, a se-

questrarsi dalla turba volgare dei

a procedere

filosofi,

senza compagnia, amando meglio di aver gloria senza

regno davanti a Dio che regno senza gloria davanti alla stoltissima moltitudine.

Egli è pieno di fede nel trionfo della verità, non ostante la guerra accanita che a

maligni, nonostante

che

egli

lei

sia

muovono

lasciato

i

geni

solo sulla

breccia a pugnare. Vi sono alcune pagine nell'orazione dell'

Hennequin,

le quali

uguagliano se non

vincono,

per l'altezza dei pensamenti, quanto abbiamo di meglio negli scritti filosofici del secolo decimosesto. Intravedesi in queste pagine un nuovo indirizzo hlosolìco ed una maniera nuova di porre e trattare le quistioni. Le censure contro Aristotele, espresse con formole e

modo

concetti generali, si distaccano assai dal

mulare

e concepire del suo tempo. Il

gli scrittori del secolo

più modernamente si

i

è fra tutti

decimosesto, quello che esprime

suoi pensieri.

trovano in copia

Bruno

di for-

le

massime

Onde e

nei suoi libri

sentenze che da

Cartesio in poi hanno acquistata evidenza ed elìicacia di assiomi. Ci*ede

temerariamente, dice

il

Nolano per

bocca dell'Hennequin, chi stima di poter credere senza ragione. Il

non

far uso della ragione nella ricerca del

vero è un dar prova di ingratitudine a Dio, che ce la

adoperassimo nel rintracciarlo. Chi si sofferma nella ricerca del vero mostra di temere che la verità e la luce possano opporsi alla vera verità

donò perchè

la

ed alla vera luce.

L'Hennequin, aprendo cenna cetto

gli infiniti

quello

le ali

all'immaginazione, ac-

mondi, e contrappone a questo con-

ristretto

e

meschino della

fisica

delle

— 211Noi crediamo che tanto

scuole ^

quanto

nelle dispute

nelle lezioni gli uditori o scolari del

fondamente scossi dal contrasto dei

Bruno erano promondi infiniti con

atomo sospeso nell'immensità dello L'astronomia nuova dava forma e colore vero

la terra, piccolo

spazio.

alla metafisica bruniana. In questo

accoppiamento della

metafìsica e dell'astronomia è tutto teresse che eccitava

Le non

tesi, si

come

il

il

segreto dell'in-

suo insegnamento.

già dicemmo, benché sostanzialmente

allontanino dalle dottrine che già conosciamo,

tuttavia

contengono qua e là pensieri espressi con

singolare nitidezza ed efficacia

Esse non potevano

2.

suonare gradite alla maggior parte dei dottori

però

parigini.

Quindi la disputa dovette essere vivissima

ed accanita perchè pochi stare col

Bruno

conosceva assai storici del

di

potevano contra-

loro

campo che meglio che non nel

egli i

aveva

scelto e che

suoi oppositori. Gli

tempo, mentre accennano alla disputa che

fu fissata per le feste di Pentecoste del 1586,

menzione

non fanno

del suo esito e dei dotti che v'intervennero.

Certo è che egli

si

parti da Parigi pochi giorni dopo,

senza mandare alle stampe le tesi^ Se vi furono rumori scolareschi questi dovettero rimanersi entro certi confini fuori d'ogni oltraggio 0 persecuzione, e

come affermano senza conforto

1)

di

non

documenti alcuni suoi

V. Scripta latina, e segnatamente

le

pag. 13 e 14.

2) Si leggano specialmente quelle segnate con

i

numeri romani

xrv, XXIII, Lxxii e la conclusione. 3)

che si

Debbo le

osservare, e ciò in risposta al Sigwart, che io

indicate tesi non siano state stampate,

stamparono nel torno

di

più tardi, in Vittemberga.

tempo

ma

non

dissi

sibbene che non

in cui ebbe luogo la disputa,

ma

- 212 biografi; perocché ove questo fosse accaduto,

per fermo

Bruno mancato

il

non avrebbe

di farne chiaro cenno,

nel licenziare che fece al pubblico in Wittembei'ga tesi

proposte in Parigi.

E

confermano anche

ci

in

questa

supposizione la dedica che vi premise ad Eniico

con

e le parole

III,

discorre dell' accoglimento

quali

le

favorevole che incontrò nella Sorbona. Di che è a

che egli

feiirsi

non

Parigi 0 di Francia,

e di questa, forse pei*

Non possiamo

come vogliono

fuggì,

ma

uscì libei-amente e di quella

cagione delle

però tacere che

discoi"die civili

Creviei- afferma che

il

Bruno vedendo che le sue opinioni erano prese mal senso, risolse di lasciai-e Parigi 2. fatto

importantissimo

l'abboccamento che

iii-

alcuni, di

il

Un

le

in

Bi-uno fu

nella vita del

ebbe in questo suo secondo

egli

soggiorno con monsignore di Bergamo allora nunzio apostolico in Parigi per opei*a di Bernai'dino

ambasciatore spagnuolo

^

Mendoca

da noi ricordato nel prece-

dente capitolo. Introdotto al nunzio, espose come desiderasse da indi in poi di vivere ci'istianamente e di

cessare da sè le

censure

instantemente

raccomandava perchè esso scrivesse

si

ecclesiastiche

al pontefice e gli ottenesse lo

1)

Ei venne via

pag. 624)

:

ciò

di

e

che quindi

grazia di essere ricevuto

Francia per scansare

i

tumulti {Scripta latina,

pure conferma nel processo.

2) Conf. Crevier,

Hisioire de V Université de Paris,

Tome

VI,

pagine 384-386. 8) Il

fu nel

Mendoza, conosciuto, come già dicemmo, dal Bruno in Londra, 1584 mandato da Filippo II di Spagna al re di Na varrà, di

poi accreditato ambasciatore presso Enrico

passò in Inghilterra mentre colà dimorava

Francia^ dove trova vasi nel 1586.

practica de guerra,

e tradusse la

Il

III. il

Collo

stesso

titolo

Bruno, ritornò indi in

Mendoza pubblicò Theorica y

Politica di Giusto Lipsio.

— 213 — nel

grembo

della Chiesa cattolica senza che però fosse

astretto di ritornare nell'Ordine K

11

nunzio udita

la

preghiera del Bruno rispose che quantunque non confidasse di potergli procacciare la grazia

plorava, tuttavia

si

venirgli in aiuto purché ei in convento.

E

lo indirizzò al

si

che egli im-

papa

scrivere al

offeriva di

e di

disponesse a rientrare

perchè avesse più conveniente consiglio

padre Alons gesuita spagnuolo,

secondo che narra

lo stesso

ancora nell'anno in cui

Bruno

egli

fu

il

quale

nel processo, viveva

imprigionato

e chia-

tribunale dell'Inquisizione. Venuto

il mato davanti Bruno a colloquio con questo padre ed avutane a un dipresso la stessa risposta che già dal nunzio, non procedette oltre nelle trattative, le quali però come ognun

al

vede provano che in fondo dell'animo suo

si

accoglieva

pur sempre un languido desiderio di vita più solitaria e quieta.

Ecco quale fu pel Bruno

il

secondo soggiorno di

Noi speriamo che questa nostra narrazione tolga di mezzo ogni ambiguità e dilegui in gran parte le nubi che i biografi vi avevano addensate intorno. Noi siamo parimente d'avviso che in questo secondo soggiorno il Bruno non pose più piede nella corte di Enrico 111 e non lesse pub])licamente nello Studio Parigi.

parigino.

Bruno non è pienamente concorde con sè circa la asserzione non nell'Ordine (Vedi Doc. XII e XVII). Consentono per contro con le asserzioni del Bruno le dichiarazioni de' testimoni 1) 11

dello rientrare o

circa

il

desiderio da esso manifestato di presentarsi

di essere

nuovamente ricevuto nel grembo

al

pontefice e

della Chiesa cattolica.

— 214 —

CAPITOLO

XI.

(1586 1588)

— Il

Bruno in Germania — Gli è negato di leggere in MarBruno in "Witteniberga — Suo insegnamento astronomico e lilosotìco — Scienza e religione; lil)ertà filosofica — Le lezioni sulr Organon e sulla lampada tulliana — All)erico Gentile — Bruno lascia Wittemberga — La Germania secondo il Bruno — Ricordi di

SOMMARIO. burgo



11

AVittemberga.

Dopo

la

Pentecoste del 1586,

il

Francia minacciata dalla guerra di

1

dove

si

Bruno abìjandonò

la

civile e prese la via

fermò circa 12

andò

giorni, indi

a Marburgo.

^

Questa piccola

città dell'Elettorato di

cui castello ancora e

Lutero

coi loro amici, fu

gei-maniche in cui

'



rammenta si

il

Assia Cassel,

il

colloquio tra Zwinglio

adunque

la

prima

delle terre

fermò Ferrante nostro

filosofo,

appena pose il piede fuori di Francia. NelFallontanarsi per sempre dal suolo di questa nobile nazione, ei non potè non sentire stringersi il cuore pensando ai numerosi

e

plaudenti

scolai'i,

alle

dotte

e

rumoreggianti

dispute della Sorbona, alla Corte di Enrico tutto all'ospitale famiglia dei Castelnuovo.

III, e

Addi 25

sopra1

uglio

dell'anno sopra rammentato,

si inscrisse tra gli scolari

di quello Studio col titolo di

Giordano Nolano Napo-

1)

ed

il

Non sappiamo

leggere la parola che qui è scritta.

Carrière opinano che sia

Mainz

o

Magonza.

Il

Sigwart

— 215 — tetano Dottore in teologia

romana,

domandò, senza

e

frapporre tempo in mezzo, al rettore Pietro che

concesso di leggere pubblicamente

gli fosse

Nigidio Questi,

^.

sopra avviso concorde del Consiglio accademico, avendo

non poteva per gravi ragioni aderire a quella domanda, il Bruno montò in tanta collera che portatosi a casa di lui gli rinfacciò con veementi parole risposto che

di operare

contrariamente

al

diritto

delle genti, alle

consuetudini delle università germaniche ed alla gentilezza delle

umane

lettere.

Dopo

di che dichiarò

non

intender più di appartenere a quel corpo accademico, e

partì

nome

più cortese Studio.

senz'altro in cerca di

del

Bruno, che fu allora di

mano

del

Il

Nigidio

cancellato dalla matricola degli scolari marburghesi, vi fu più tardi

restituito,

grande fama alla quale

mosso a di

poi

ciò il

lo

Studio dalla

Nolano

si

levò in

tutta Europa.

Vi

è stata e vi è

la

ancora disputa tra

i

biografi, per

gravi ragioni che indussero Facoltà accademica Marburghese a quel rifiuto.

sapere quali fossero

le

Alcuni opinarono che fossero

Bruno,

altri le

i

libri

sue lezioni, altri

potevano correre sul suo conto, ed

le

altri in fine

rispettoso giudizio che portò intorno

dottrine

erano

queste induzioni

ivi professate ci

pubblicati dal

voci sinistre che

al

il

Ramo

poco

le cui

con calore. Veruna di

pare cogliere nel vero.

Non

i

libri,

non le voci sparse, perchè dal modo con cui fu dapprima scritto e poi tolto dalla matricola il suo nome, appare chiaramente che egli non era co-

non

le

lezioni,

nosciuto dal Nigidio e dai suoi colleghi, e che perciò

1)

Varia. Documento A.

— 216 — non potevano lo Snell, il Treutler e gii Ramisti marburghesi apporgli a colpa

altri professori

giudizio che

il



leggesi nei suoi libri intorno al loro maestro.

conoscendolo,

si

sarebbero per

anche,

cagione appi-

lieve

si

gliati allo scortesissimo partito di rifiutargli la facoltà

di leggere, che per consueto si

concedeva con

facilità

a quanti la domandavano; tanto più che l'università Marburghese era assai lodata per la sua tolleranza Noi crediamo che la vera ragione del e larghezza rifiuto sia

da cercarsi nel

roììiana,

col

quale

egli

titolo di dottore in teologia

volle

facendosi

qualificarsi

inscrivere nella matricola. Questo titolo che giuridica-

mente

gli

competeva, avendo

egli conseguito

accademico di dottore nelf università

il

grado

di Tolosa,

non

poteva certamente tornargli favorevole in uno Studio protestante quale era

Bruno

il

Marburghese. Indi

come

il

stato

a suo riguardo violato

perchè, secondo

il

comprende

il

cUriUo

delle genti;

giure universitario dei tempi, la sua

qualità di dottore lo le università.

si

lamentasse col Nigidio, che fosse

si

abilitava ad insegnare in tutte

Nella lettera che scrisse

cademico di Wittemberga, alludendo

al ai

Senato ac-

Marburghesi

senza nominarli, rammenta come in altre università, egli,

contro

il

diritto

delle genti,

non

sia stato

am-

messo a leggere pubblicamente 2. Da Marburgo venne senza sostare per via, in Wittemberga ^ Quantunque la fama de' suoi libri e del suo inse1)

Veggasi intorno

a

questa

pag. 141-142, ecc. 2) 3)

Scripta latina, pag. 624. Atti del %wocesfio, Doc. IX.

Università:

Bartholmèss, Voi.

I,

— 217 — gnamento non

lo

avesse ancora preceduto, e quantun-

que entrando in Wittemberga

nella sede del

,

prote-

stantesimo, egli non portasse con sè lettere di principi

non professasse la religione non vestisse insegne onorifiche tut-

che lo raccomandassero

Lutero

di

il

;

;

;

non

tavia fu

venne

^

nome

suo

con

accolto

solo

inscritto

cortesi

maniere,

ma

nell'Albo accademico

il

Pietro Albino

20 agosto 1586

e sotto

con

parole

Jordanus Briinus Nolanus doctor

sopra

semplice

le

italus

,

il

rettorato

di

dichiarazione

che

egli

era

alunno delle muse ^ filantropo ed amico di tutti gli uomini, filosofo di professione ^. Di che provò grande contentezza; e contrapponendo a queste amorevoli

memoria ancor

niere la

toccò in Marburgo, sentissi più che

ce vasi

egli pia-

chiamare Y Atene della Germania \

Per tenere lontana

1)

mai compreso da

da gratitudine per Wittemberga, che

affetto e

ma-

fresca dell'inurbano tratto che

la povertà

che spesso batteva

Nella lettera [Scripta latina, pag. 624) die egli premise in forma

di prefazione al trattato

:

De lampade

combinatoria lulUana,

indirizzò ad amplissimum Witebergensis

che egli venne in Wittemberga come

e che

Aoademi^ Senatum, afferma

uomo nuìlius apud vos nominis,

fam(B aut valoris, nulla principum commendatione suffultum, nullis {qu(E vulyus suspicere solet) externis insignitum ornamentis, ncque

prohatum

in vestrce religionis dogmate

menti

di

Ginevra non concordano

vel interrogatimi. I docu-

appieno con tutte

le

affermazioni

accennate. 2) « In

musarum

curia

alumnus essem ......

3) Id., pag. 624. 4) Id., pag.

5) Eingrazia

625.

con

abbia concesso a

lui,

affettuose

lectiones atque studia

ctenus reppulisse

parole

quel Senato accademico che

ad quorum dumtaxat

esule e pellegrino,

licuit.



Id.,

eas se privatas recipere patjpertatts iniurta.s ha-

pag. 626.

1

alla

sua porta,

si

non per commissione

diè a leiggere,

ma

delle podestà pubbliche

liberamente, sopra materie

di vario argomento, ed ispecie sopra

la metafìsica in

ordine all'astronomia, alla fìsica ed alla matematica e

La sua

sopra V Organon di Aristotile-.

i,

scuola era

altrettanto frequentata quanto quella dei più insigni

professori ordinari, e lo

i

quali lo avevano in grande pregio

tenevano quasi come collega^

All' insegiiameato

astronomico-metafìsico servivano pi'ol)abilmente di testo gli articoli

intorno ai quali disputò in Parigi, e che

pubblicò per

1'

appunto in Wittemberga

ritoccandoli

forse in qualche parte.

Guardando

all'indole del

Bruno ed

alla qualità delle

quistioni trattate negli articoli accennati,

da imaginare che

tesse contenersi entro

avevano assegnato

i

amore

il

alle

e i-apire

^.

non

i

stelle, abitanti

mondi

4)

Vedi più sopra quanto noi diciamo

5)

Egli stesso così

insegna-

ma-

;

la

habiiistis ».

ragione-

atomo

terra



Id.,

pag. 624.

di questi articoli.

« His adde quod cum prò more amore mearum opinionum raptus, talia in lectionibus expromerem, qualia non vobis probatam

mei nimis illis

si

lasciava facilmente,

è dubbio.

3)

« publicis

Melanctone

quali fossero queste opinioni sulla

disseminati per tutti

« ingenii

e

che quivi

si

Scripta latina, pag-. 625. Atti del processo, Doc. IX. « Veluti colleg-am atque domesticum

1)

neanco

proprie opinioni, da queste signoreggiare

E

Miriadi di mondi, sinodo di

2)

è

costume del suo ingegno, per soverchio

teria in discorso,

voli

Lutero

limiti che

alle discipline

vano. Chè, come egli confessa,

secondo

non

sue lezioni sapesse o po-

egli nelle

si

esprime

:

forte

sed et pluribus steculis et quasi ubique terrarum receptam Scripta latina, pag. 625. « convellerent philosophiam ». «

modo



- 219 minimo e senza

lanciato nello spazio, senza importanza speciale

preminenza

come essa

sulle innumerabili altre terre, che,

movono

si

nello spazio etereo infinito

:

tutto

essere perfetto nell'ordine della metafisica e della natura, e tutto essere determinato

e

prodotto da leggi

uguali e costanti.

Quindi seguiva, secondo

lui,

doversi giudicare con-

traria alla scienza quella dottrina qualsiasi, la quale,

come

la cristiana,

conferisse

alla terra

una

speciale

pi-eminenza sulle altre terre, la facesse teatro della

redenzione della specie umana, e la costituisse fonda-

mento

di

un ordine sovrannaturale avente in Adamo il suo compimento in Gesti Cristo.

suo principio ed

il

Le

verità scoperte dal Copernico e contrastate

da parecchi teologi

e peripatetici,

Bi'uno, far capo ad

una

filosofìa

allora

dovevano, secondo

nova

e,

il

per necessaria

conseguenza, ad una teologia e religione, che concordasse con questa. Laonde nella sua lettera al Senato

Accademico

di

Wittemberga,egli afTerma che nelle pub-

bliche lezioni bandi dottrine, le quali sradicavano la losofìa ricevuta

da secoli in tutto

servò quella sobrietà la quale è

il

mondo, che non

norma

fi-

os-

ai lettori di quello

non si attenne nel suo insegnamento a quel genere di fisica e di matematica che mole andar congiunto con la cattolica teologia e che le scuole germaniche avvisano più accomodato ad una certa forma di pietà e di semplicità cristiana. Le Studio, e che infìne

i

1)

«

«Illud tantum physices mathematicesque geniis acceptatis, quod

cum

catliolica

theologia

consuevit esse coniunctuni, qiiodque ad

« certum pietatis genus condiicibilius videtur et adcomodatius, utpote « christianse

congruentiiis

« comprobatiir ».



Id.

illi

simplicitatì, qua3

apud vos maxime

— 220 — quali ultime parole,

non avvertite dai

biografi bruniani,

indicano con chiarezza quale fosse la natura del suo

ci

insegnamento astronomico-metafisico, che levò tumulti e

rumori nelle scuole

di Tolosa, di Parigi, di Oxford.

una

fisica ed asironoììiia nova, una matematica noìja, egli iteratamente ripeteva; dunque vi deve

Vi

è

una filosofia ed una teologia religiosa che alle medesime non contraddica; reputando egli perfette le mentovate scienze, comecché altre fossero appena in

essere

sul sorgere ed altre imperfettamente note. L'antinomia

adunque

o contrasto, per usare

tra la scienza e la religione, è

formavasi in

il

linguaggio moderno,

il

pensiero al quale in-

il

suo insegnamento astronomico-metafisico

Wittemberga. Fece grandissima impressione

sul

Bruno

contegno degli uditori che si affollavano zioni,

Perocché ogni

lui.

altre scuole di

Europa

siffatte

ghesi soli avevano saputo libertà filosofica, udirlo tare

banchi

i

denti,

gonfiare

i

gli

»;

e

libertà

pera forse per 1)

«Non

« vatis ».

,

.

,

illiì)aia

mascelle, far strepito nei

le

il

provvedere

di

libero insegnamento.

questa frase che

primo tra

non strepuerunt,

gii

scrittori

in

me non

egli

pag-.

724.

ado-

a lui coevi, biiccse

non sunt

est scholasticus furor in-

Interim et philosophicam lìbertatem illibatam

Scripta latina,

la

naso, arro-

il

iiasum iutorsistis, non sannas exacuistis,

« ìnflatae, pulpita « citatus

il

Wittember-

conservando

,

avevano conceduto

filosofica,

I

senza torcere

«

nelFesiglio alla sua povertà con

La

materie, ebbe

contrasti e clamori per

parte della scolaresca e dei professori.

«

le-

fiata che egli volle in

trattare

mai sempre a durare vivissimi

«

sue

tolleranza dei reggitori di quello Studio

la

e

inverso di

pacato

il

alle

conser-

- 221 un concetto quanto novo per il tempo tanto comune per il Bruno, cioè, che la filosofìa, la scienza non era sindacabile. Egli invoca la libertà filosofica come un diritto, mentre, così nelle università protestanti come nelle cattoliche, le opinioni erano materia del diritto penale, ed andavano tutte più o meno soggette al supremo giure della teologia. L'opinione è giudice di sè stessa; quindi può essere combattuta e disdetta, ma non sottoposta a magistratura giudicante qualsiasi. Ecco il nuovo diritto che è racsignificava

famigliare e

chiuso nella frase bruniana, e che, nel secolo decimosettimo, diviene

dapprima motto comune

dei liberi pensatori inglesi,

alla scuola

poi a tutte le scuole

filo-

sofiche in genere.

Durante

il

primo anno del suo soggiorno in Wit-

temberga, oltre l'insegnamento

egli attese

ancora alla

(ìoìld, Lampada comhinatorla lulliana ^ come già abbiamo accennato, non è che un riassunto od una parte della Chiave magna (clavis magna) che ei forse compose in Tolosa. In questo stesso tempo diè alla stampa l'opuscolo De ^yrogressu et lampade venatoria logìcorum che dedicò a Gioi'gio Mylius can-

pubblicazione che,

celliere di quello Studio.

Brunus Nolanus, De lampade combinatoria Lulliana, media invenienda, ad dicendum et argumentaridum iuxta modum habitus, quo saltem quispiam de quocumque suMecto descriptivam quamdam et qualemcumque quid 1)

ad

« JoRD.

infinitas propositiones et

noniinis liabeat rationem lucretur. Est et unica clavis ad

omnium

Lul-

lianorum (cuiuscumque generis) operum intelligentiam, et non minora plurima pythagoricorum cabalistorumque mysteria consequenda,

Ad Amplissimum Witebergensis Academi^ Senatum anno mdlxxxvii.

».

etc.

Witebergae,

— 222 — Nel secondo anno (1588) egli lesse più particolarmente intorno rìV Organon di Aristotile, a suggerimento di Alberico Gentile; col quale aveva fatto conoscenza, come già abbiamo detto, in Londra, e che per segno di stima aveva introdotto interlocutore nella Cena de ceneri.

le

Quest'uomo che seppe levarsi a singolare fama e la cui vita e le cui opere furono illustrate con ampiezza dopo prima edizione ^ nacque in Castel San Genesio nella Marca di Ancona, da parenti assai istruiti. Studiò neir Università di Perugia e per motivi di redi dottrina e con moltiplicate e diligenti ricerche

la nostra

ligione esulò dall'Italia col

padre, per darsi con più

libertà alla religione

riformata.

metà

in

dell'

anno 1580

Venuto insino

Inghilterra

presso la regina Elisabetta e

gli

Fu uomo

dottrina e di svariatissima erudizione,

De

iure

già

si

le altre

belli,

veggono

opere di

della natura e delle le

testimonianze degli

è certo

1)

uno

lui date

i

di

molta

come ne fanno

a stampa, quella

assai lodata dal Grozio, e tracciati

favore

acquistò

venne conferita una

cattedra di giurisprudenza in Oxford.

prova, fra

dalla

nella quale

primi lineamenti del diritto

genti.

Quest'Alberico che contro

storici,

troviamo in Wittemberga,

degli scrittori più operosi e novi di cose

Conf. intorno ad Alberico Gentile oltre gli scrittori da

me

in-

Telesforo Benigni, che nel secolo passato Studi pubblicò un volume sotto il titolo di Memorie Gentiliane dicati

nella

prima

ediz.





Tommaso su Alberico Gentile delfavv. Speranza, Eoma 1876. Erschine Holland, Conferenza sulla dimora in Londra di Alberico Gentile.

— Antonio Fiorini, traduzione — Pierantoni,

e discorso del diritto

di guerra di Alberico Gentile. ritto nella

R. Università di

II

Roma, ed

altri.

professore di di-

-223giuridiche del suo tempo.

simi uomini e tra questi

Ebbe per amici autorevolisDudley e l'Henningio, che

il

oltre di presentarlo alla corte, lo fece conoscere a molti

personaggi della nobiltà inglese. Pare che esso avesse

Bruno presso Filippo Sidney. Il Nolano lesse adunque per consiglio di Alberico V Organo di Aristotile. Ma non sappiamo a quale delle opere nel medesimo comprese ei desse la preferenza, cioè se alle Categorie, alFHermeneia, od ai primi Ana-

conosciuto

litici, ai

il

Topici od alla confuta dei

su tutte, 0 forse, sotto tile,

egli

nome

il

sofisti.

di

Forse dissertò

Organo

di Aristo-

insegnò a un dipresso quanto contiensi nelle

due operette poco anzi

citate, le quali

sono entrambe

hanno che analogo argomento editi

foggiate sopra la dialettica lulliana, e nulla

non si trovi nei libri di primo soggiorno di Parigi. Pai'e che il Bruno non avrebbe dovuto dipartirsi da Wittemberga, dove il libero insegnamento gli porgeva

già nel

comodità di vivere, docilità

degli

non bastò; col si

e

e

la

indulgenza dei rettori

scolari, libertà

di

e la

Pure

filosofare.

ciò

due anni incirca da poi che era venuto,

cuore amareggiato disse addio a quello Studio e rimise pellegrino in cerca di novello ospizio acca-

demico.

La causa

di questa

sua risoluzione, non ben

nota insino ad ora ai biografi, parole del

Quando

Bruno

egli nell'agosto del

Wittemberga, gusto,

ci è fatta

aperta dalle

nel processo veneto.

1586 poneva

il

piede in

AuVenuto

la Sassonia era retta dall' Elettore

uomo temperato

questi a morire,

salì

e

sul

fervente luterano.

trono Cristiano

per la sua ubbriachezza e per

I,

più noto

mancanza assoluta

di

energia che per attitudine e perizia nel governo della

— 224 cosa pubblica K

II

sopra di

uomo

suo cognato Casimiro,

prendente, ambizioso, acquistò cosi

che ben a ragione dicevasi che la

lui,

intra-

grande autorità Sas-

sonia era caduta nelle sue mani. Ora Casimiro, da

zelantissimo calvinista,

moveva guerra

parte luterana, tutto adoperandosi per

causa che più

gli

stava a cuore.

numero quando

scarsi di

il

accanita alla trionfo della

il

I calvinisti,

Bruno

comechè

principiò a leggere,

erano cresciuti in forze dopo la morte di Augusto.

Bruno, che aveva che

si

tutti

suoi amici fra

i

sosteneva principalmente con

mendo che per

il

i

luterani

Il

e

loro aiuto, te-

il

trionfo dei calvinisti gli si impedisse

leggere o che nuovi pericoli gli sovrastassero, risolse

il

di levarsi

da quello Studio.

Ma

avanti di partire, volle

dare novella prova di riverenza e di

gi-atitudine ai

Wittemberghesi, indirizzando loro un affettuoso

di-

scorso di addio

La

lettera, la

quale come più sopra dicemmo indi-

rizzò al Senato Accademico, e questo ultimo discorso

addio sono due documenti

di

pag. 146.

1)

Bartholmèss, Voi.

I,

2)

Ecco

Bruno una dei

le

parole del

« dove trovai due fationi,

storici, nei quali scor-

:

«

Andai a Wittemberga

filosofi,

che erano

« dei tlieologi, che erano lutherani, e in questa «

mava

Alberico Gentile, marchigiano,

« Inghilterra, professore di legge, che « leggere

una

il

mi

un dottore che



chia-

quale avevo conosciuto in favorì e

mi introdusse a

letione dell'Orbano di Aristotele, la qual lessi con altre

« letioni di filosofia due anni, nel qual «

il

in Sassonia,

calvinisti, e l'altra

figliuolo del vecchio,

tempo essendo successo Duca

che era calvinista, e

il

padre lutherano,

co-

« minciò a favorir la parte contraria a quelh che me favorivano, onde « mi partii e andai a Praga » [Atti del processo, Doc. IX). 3)

Oratio valedictoria a Jordano Bruno nolano doctore hahita et clarissimos professor es atque cmditores in Aca-

ad amplissimos

demia Witehergensi, anno 1588, 8 martii.

— 225 — giamo che fosse la Germania agli occhi del Bruno e il Bruno in (xermania. Questa apparisce per prima a lui come il suolo che diè vita ad Alberto Magno, al Cusa, al Copernico, al Paracelso \ e ad altri insigni instauratori della scienza e oppugnatori della filosofìa volgare. Egli vede dalle che fosse

varie contrade di

Europa

serva come in sicuro palladio

;

si

con-

una provincia il mondo. Germania de' suoi

dove, in

adunasi quanto di grande è sparso per

sola,

Osserva con molto acume che tempi

la

più volta agli studi che favoriscono la pietà

è

che non

ama

Ger-

affluire gli studiosi in

mania, dove la sapienza innalzò la sua casa e

che in quelli più che in questi

ai lilosofìci, e

soffermarsi;

ma

avranno conoscenza

vaticina che appena

Tedeschi

i

daranno a non twmùil'^. Afferma

delle proprie forze e si

cose alte, essi saranno Bel e

che un della

nuovo ordine di cose incominciò per opera Germania; che questa gente germanica è dotata Bruno mentre loda

1) Il

medicina,

lo

il

Paracelso per

senza citarlo. Lo chiama novus Paracelsus titolo di

le

tentate novità nella

biasima acremente perchè tolse molti concetti dal Lullo

merito per

il

Bruno.

E

:

la novità è quasi

sempre

per verità tornava assai difficile in

quei tempi trovare un ingegno più novo del Paracelso^ il quale leggendo neirUniversità di Basilea fece per prima cosa bruciare pubblicamente le opere di Galeno e di Avicenna^ dicendo con impudente audacia, che c'era più scienza nelle sue calze^ che non in quegli autori. Vedi Sprengel, Storia della medicina. 2) « Hic (in Germania) ergo sapientia sedificavit sibi domum. Adde,



« Jupiter, ut cognoscant (Germani) proprias vires, adde, ut studio rebus « maioribus adpellant, et capitolo,

come già

non erimt liomines, sed Dii

con tutta quella esattezza di cui siamo capaci riservando

ed

i

il



le

In questo

opinioni del Bruno,

nostro giudizio laddove piglieremo in esame

pensamenti 15.

».

nei primi ed in quelli che seguono, noi riferiamo

varii dell'autore.

Berti, Giordano Bruno.

le

dottrine

— 226 — un divinissimo ingegno,

di

tutti quegli studi ai quali

benché non ascritto

sortito a

primeggiare in

prende amore

e diletto;

che

alla religione riformata, considera

come liberatore degli ingegni, come un nuovo Ercole che seppe atterrare le porte di diamante tuttavia Lutero

che chiudevano Finferno e penetrare nella città supe-

rando

nove

le tre

giii dello Stige

una

in

cerchia di

la

circondano ed

propineranno

i

che l'avvolgono; che la Germania,

parola, è chiamata a preparare

Sofia, alla quale sola e

mura che

i

sacrifizi

il

regno alla

secoli futuri alzeranno templi ;

a quella Sofia, per cui non

gli

rincresce di sopportare fatiche, dolori ed esigilo, tanto

imparai In queste poche osservazioni del Bruno scorgesi meglio, che non nelle pagine le più profondamente pensate del suo tempo, tutta quanta la gravità del rivolgimento religioso della Germania. Egli avea compreso che l'opera di Wittemberga sarebbe stata più eiììcace che quella di Ginevra, e che Lutero avrebbe commosso più profondamente l'Europa cattolica che non Calvino,

più che faticando

Zwinglio

progredisce, esulando

e gli altri liformatori.

si

Vuoisi eziandio notare

Wittemberga di Lutero e di Melanctone, già saluti la Wittemberga della pura ragione; e

come egli

si

nella

come, mentre ancora la

mania,

egli

filosofìa era trascurata in

Ger-

pronunciava che l'ingegno germanico non

indugierebbe a fare buona prova di sè anche in questa disciplina, che a tutte sovrasta e

Come Wittemberga 1)

«Pro qua

incurrisse

è

per

non piget

il

onde tutte procedono.

Pjruno la città che più

labores, dolores, exilium; quia

« laborando profui, exulando didici. Quia inveni in brevi labore diu-

«

turnam requiem, in levi dolore immensum gaudium, in angusto exilio amplissimam ». Vedi Oratio vaìedictoria, opera citata.

« patriam

-227 — delle altre conferirà al trionfo della ragione, cosi

quello fra

è

i

sto trionfo. Perciò egli religiosi,

ma

per la

Roma. Questa

non

lo

loda per

guerra che mosse

clesiastiche ed al papato. di

Lutero

riformatori che più sgombrò la via a que-

Wittemberga

i

suoi concetti

alle

è

il

podestà ec-

contrapposto

è la città in cui tutto conservasi, quella

la città in cui tutto innovasi. Ecco

il

perchè egli facesse

tanto caso e tanto assegnamento sopra Wittemberga.

Le lodi il

prodigate a Lutero ed

i

biasimi lanciati contro

Papa, diedero occasione a credere che

fatto in

Wittemberga il panegirico

di

il

Bruno avesse

Satana in contrap-

posizione a Cristo ed al suo vicario. Nel secolo passato

questa diceria o leggenda era ancora così sparsa, che

Brukero vi spese molte parole per provare che essa non aveva fondamento di sorta; e non ne ha per senno, quantunque il Bruno in piti luoghi delle sue opere metta in canzonatura la paura dell'orco, e dica motteggiando nella co^mmedia, che, nei tempi della casta Diana e della pudica Minerva, non si aveva ancora memoria di quest'uomo da bene, cioè del Diavolo il

Egli tessè per contro

il

panegirico di quasi tutti

professori wittemberghesi che insegnavano con esso

Dispensa

maestro Otto ed

elogii al

al

i

lui.

maestro Griin,

sul cui volto traspira l'acume di Aristippo. Al maestro

Franckenberger ed

al

per

dire. All'Albinus,

Reichard, per la eloquenza nel il

suo valore nella poesia. Al

Theodene, perchè sa accoppiare agli olmi del Lazio viti della Grecia.

Al Schindlere, per

nelle sacre lettere.

Commenda

lo

la

Strubbio

perchè uniscono allo studio della medicina

1)

Opere

italiane, Voi. I, pag.

100.

le

sua erudizione e lo Scafo, ,

il

primo

-228quello dell'astronomia, ed

Leva

sofia. stri

alle stelle

il

il

secondo quello della

poeta Major; rammenta

i

filo-

mae-

Grroneberg, Espich, Faber, Salomon, Hegi,Rechbart,

Heberhart,

Weyhe, Limmer

e Pietro

Wesenbek, con-

giunto di sangue al celebre giurista di

vuole che siano passati sotto silenzio

Todoche

rum,

tal

nomi

nome.

Non

dei maestri

e Matthee, quello del Mylius, cancelliere del-

l'Università, al quale

peretta

i

De progressu

come già dicemmo intitolò l'oet lampade venatoria lògico-

ed infine quello di Giovanni Zanger, rettore dello

Studio.

Addì 10 marzo 1588

Poi

lesse questo suo discorso.

abbandonò il Wittemberga; pur sentendo il debito di dire che egli giammai dimenticherà gli alberi all'ombra dei quali spesso si riposò, e le sorgenti dove respirò la freschezza dell'aria, e che serberà perenne mecol cuore pieno di sì dolci reminiscenze,

suolo ed

il

cielo di

moria degli onori Del soggiorno

e delle grazie di cui fu quivi

del

Bruno

Wittembei-ga

in

ricolmo K ci

restò

un autografo che conservasi nella Biblioteca Stoccarda nel foglio 117 di un piccolo in-8°. Eccone

traccia in di

le parole:

Salomon Quid

et

est

Pytliagoras

quod est?

ipsum qiiod fuit fuit ? sole ;



ipsum quod

Quid

est



est

novum.

IordanusBrunusNolainus Wittembergae

— ex uinbris

1) Vedi De lampade combinatoria Lulliana. plissimum Witebergeiisis Academise Senatuiii.

2)

quod

Nihil sub

V. Nota illustrativa VI.

— Epistola ad am-

— 329La

partenza da Wittemberga tornò esiziale

al Bruno un centro di larghi studi e di vigorosa discussione. Egli però non solo comprese pienamente l'importanza di Wittem-

come quella che

gì'

impedi di

fissarsi in

berga e dei popoli germanici nel suo tempo,

ma previde

che la forza intellettuale e morale di questi ultimi andrà

immensamente crescendo

se

sapranno trarre partito dal-

l'indipendenza di mente acquistata nella speculazione e dalla forte tempra della loro natura. Questo giudizio, tutto suo e

novo seguito da più

che s'incontrano nei

uomo

di straordinario

libri del

altri

non meno singolari

Bruno,

lo

fanno vedere

ingegno e di grande meditazione.

L'addio a Wittemberga, quantunque di poche pagine, è

uno dei più bei brani

letteraria

della nostra storia filosofico-

— ^30 —

CAPITOLO

XII.

(1588-1590).



SOMMARIO.

Il

Bruno

in

Praga — La Corte di Rodolfo II. - La de— Bruno in Helmstadt — L'Accademia — Scomunica Evangelica.

dicatoria delle CLX tesi Il Giulia Un elogio funebre



Dopo

discorso di commiato

il

Wittemberga

in Praga, città

il

Bruno

non senza

vi giunse

riuniti insieme

De

(aprile

1588),

da

pericoli per lui,

perchè sede di Studio cattolico. Licenziò per

come prima

recò

si

le

stampe,

due opuscoletti

specierimi scrutinio

et

lampade

combinatoria, intitolandoli a don Guglielmo da San

Clemente ambasciatore spagnuolo presso Rodolfo è

imperatore l

II

un arido

II

primo

e oscuro riassunto o

di quei

sommario

la

Corte

di

due opuscoli del libro che

vide la luce in Parigi col titolo ^oiV Architettura Lui-

liana, ed

con

il

lo stesso

secondo una ristampa di quello che uscì

nome

in

Wittemberga. Pare che

egli si

risolvesse a questa pubblicazione, vuoi per cattivarsi

l'animo del mentovato ambasciatore, personaggio di autorità in

Praga

e nella Corte,

sussidio da Rodolfo,

vuoi per conseguire un

non potendo trarre quivi

dalle letture private o pubbliche. Ignoriamo 1;

JoRDANUS Brunus Nolanus,

combinatoria

pemodumque

Maymundi LulU divini. Prag^,

X

De

speciertim scrutinio et

partito se

già

lampade

doctoris Heremitce omniscii pro-

Juuii an. 1588.

— La lettera

di dedica

air eccellentissimo Guglielmo di S. Clemente è del 10 giugno 1588.

— 231-avesse conosciuto

Mendoza

del

il

non conoscendolo

con confidenza quale ammiratore e

vulgatore del Lullo, ^,

mezzo

in Parigi per

o dei Castelnovo, o se

siasi a lui volto

gna

San Clemente

nome

di-

caro all'ambasciatore di Spa-

0 quale cittadino appartenente a questa vasta e

sconfinata monarchia. 11

motivo, a nostro avviso, che forse mosse

a risalire l'Elba per venire in Praga fu dolfo

II,

nome

il

Bruno

il

nome

di

Ro-

che egli già aveva pronunciato con lode

nel discorso di addio

a'

Wittemberghesi

Rodolfo, principe di poco valore e di mediocre coltura, portava grande

amore

genere ed

alle scienze in

in ispecie alle occulte, verso le quali

il

Bruno

senti-

vasi pure a quando a quando inclinato. Nella Corte di

Praga fiorivano logia.

eccezioni,

tempo l'alchimia

in questo

Intorno a Rodolfo

si

l'astro-

e

raccoglievano, salve poche

uomini volgari ed impostori, o cervelli fanUno che entra nel novero di questi

tastici e strani.

Nolano in Londra,, è Giovanni De' e, favorito dapprima e poi abbandonato dalla regina Elisabetta \ amico del principe Alasco di cui sopra favellammo, autore di parecchi scritti non ultimi, e che forse si incontrò col

1)



Scripta latina, pag. 604.

2) Intorno a Eodolfo II, vedi

Annales Ferdinandei 1578

-

1637.

KuRz, Hìstoire d'Aittriche sous Bodolphe. 1821. 3)

que

Tomo III. NacDe'e in Londra. Insegnò geometria in Parigi nel Collegio di

Intorno a questo ingegno strano, vedi Nicéron, il

Rheims. Conobbe

la

regina Elisabetta, e fu da questa consultato in

varie occasioni. Strinse amicizia col principe Alasco. Viaggiò in varie parti insino a che ritornò

Abbiamo

poverissimo in

tra le altre sue opere quella

Inghilterra, dove

che ha per titolo:

Hieroglyphica, mathematica, magica, cabalistica,

et

explicata, che presentò nel 1584 a Rodolfo in Praga.

morì.

Monas

anagogice

-232ignoti al Bruno. Questo De' e era stato nel 1584 intro-

dotto alla Corte di

Praga

dallo stesso ambasciatore spa-

gnuolo Guglielmo di San Clemente, trodusse

il

buona. Basta dire che pietra filosofale.

Non

si

che Rodolfo di giorno at-

formava oroscopi. Un abbiamo fatto cenno, FaMordente, fregiavasi del titolo di astronomo di

amico del Bruno,

brizio

e di notte

di cui

Rodolfo perciò è a credere che ;

dano non suonasse forse del di cui due lustri più tardi

il

tutto

nome

del nostro Gior-

nuovo

in quella Corte,

rammentò

il

con reverenza

lo profferiva

Keplero ^ se prima T icone appena venne in Praga abban-

ed affetto quell'uomo divino che fu noi

quale ora forse in-

applicò con lui alla ricerca della

è ignoto

tendeva a questa ricerca altro

il

Bruno. L'accoglienza dell'imperatore fu assai

il

donando la solitaria sua torre di Uranisburgol Tre grandi nomi cinsero di luminosa aureola la fronte del superstizioso Rodolfo: Ticone, Bruno e Keplero. Quest' ultimo, comecché non fosse quasi mai pagato e non potesse, se non che con grandissimo stento 1)

Il

Keplero ricorda spesso



568, 592, ecc.



Edidit Frisck. il

Nunzio

il

— Voi,

Bruno.

II,

pag".

490^ 509,

Vedi Joannis Kepleri astronomi Opera omnia. Nella lettera che

il

Keplero scrive a Galileo sopra

sidereo, legg"onsi le seguenti parole

:,

«

Wacherio cantra

dubbia circa fixarum aliquos circumire novos hos « planetas (quale quid iam a multo tempore mihi ex cardinalis Cii« sani et .Jordaui Bruni speculationibus obiecerat) ». Voi. citato, pag. 568. L'inglese Bruzio scrivendo nel 1603 al Keplero, si chiarisce pure favorevole all'opinione del Bruno « Nam ego opinor mundos « visum, liaud



:

« esse infinitos 2) Il

Bruno

».

fa



Id. pag. 568.

ripetutamente menzione di Ticone Brahe, che chiama

principe degli astronomi del suo tempo, e dice che Ticone con esso lui s'accorda nel considerare le

Bruni Nolani, forte,

De monade

1591, pag. 167,

et

comete quali

numero,

etc.

astri o telluri.



Jordani

Edizione di Franco-

— 2aS cavare qualche soldo per provvedere alle più stringenti necessità

,

tuttavia stette in

Praga insino

Magini Il

gii

venne

morte del

offerta dallo Studio di Bologna^.

Bruno dovette

tezze,

termine

al

della sua vita, rifiutando la lettura che alla

Praga versare

in

in gravissime stret-

venendogli meno l'insegnamento, dal quale sempre

cavò di che vivere nelle altre università. Perciò, dopo avere messi alla meglio insieme sopra accennati i

matematici

2,

i

due opuscoli da noi

compilò cento e sessanta

e filosofi del

tesi

premettendovi una

in quell'anno stesso per le stampe,

non par-

lettera di dedica all'imperatore, della quale

che io sappia,

lano"^,

contro

suo tempo, che mandò pure

biografi bruniani, e che forse è

i

ed importante delle dediche scritte dal

la più singolare

Nolano S « ((

Se

« flitto «

ci

fosse,

egli dice,

zione tra la luce e

nota da natura la distin-

tenebre, cesserebbe l'antico con-

le

delle opinioni per cui le generazioni si

vicendevolmente, nè vi sarebbe

1)

L'Arago

offerta in

chi,

avversano

innalzando le mani

aiferaia che Keplero ricusò la

lettura che

Padova, allegando che egli non voleva esporsi

di essere abbruciato

stata offerta

la

come

lettura

Bruno.

il

di

Ci pare che

al

venne

Keplero

sia

non abbia ricusato per ragioni diverse da

Bologna

quella di Padova, e che egli



gli

al pericolo

alla

morte del Magini

e

— Tiraboschi, Storia della letteratura scrutinio — De lampade combinatoria.

quelle accennate dall'Arago.

ilaliana, Voi. VII, pag. 450, Venezia 1796. 2)

De

3)

Queste parole

specierum

si

riferiscono al

tempo

in

cui

pubblicammo

la

prima nostra edizione. 4) JoRDANi Bruni Nolani, Articuli centum et sexaginta adversus huius tempestatis mathematicos atque philosophos. Centum ìtem,



praxes ad totidem prohlemata. Pragge, apud Georgium Daczizenum, 1588. Nella lettera di dedica Eodolfo è qua-

et octoginta



lificato

divus.

,

— 234 — «

reputandosi egli solo in possesso del vero

al cielo e

«

credesse che Iddio fosse padre e datore di vita sempi-

«

terna a

«

crudele, vendicatore e punitore degli altri con la eterna.

((

sè, e

che per contro fosse giudice inesorabile,

Onde mentre

le

varie razze e sètte

tutte proprio culto e disciplina, ciascuna poi arroga a

primato ed ha in dispregio

«

se

((

delle altre. Quinci

«

dei vincoli naturali; quinci quegli

«

postura

il

si

procedono

levano in

le

il

culto e le discipline

guerre e lo scioglimento

uomini che con im-

dandosi nunzii della divinità;

alto,

quinci gli innumeri mali che travagliano «

morte

umane hanno

cui è a dire che

l'uomo

è

il

mondo, per

più nemico dell'uomo che non

amore non im-

«

di tutti gli altri animali

«

divulgata fra

«

«

pariamo a recare in atto quella generale filantropia che fa amare i nemici e ci assomiglia a Dio, il quale versa abbondante la luce del sole sopra i giusti e gli

;

e quinci la legge di

le genti si giace negletta, e noi

« ci

Questa

è la religione, egli dice, che

«

ingiusti.

((

cuna controvei'sia

«

per deliberato proposito dell'animo mio

e fuori d'ogni

senza

sd-

disputa io osservo, e si

si

per ragione

mia patria e delle genti. » Con le quali parole sembra quasi intenda di affermare esser egli cultore d'un Cristianesimo che non «

delle consuetudini della

esclude religione alcuna, perchè ritrovasi sostanzial-

mente

in tutte.

Rispetto poi alle filosofiche e liberali discipline egli

non ammette autorità

di parenti, di maestri, di tradi-

zioni, di consuetudini.

Reputa iniquo

dignità della libertà ragione. In filosofia

pitano che

sè,

umana

il

e contrario alla

sottomettersi all'altrui

non riconosce

giudicando stupido

altro duca, altro ca-

e vile

chiunque sente

diversamente, e non curandosi neanco di tutto ilmondo^

— 235 — quando questo per

cecità volesse

ad ogni costo stare che la asso-

sotto la signoria di Aristotile o di altri

migliasse. In filosofìa la verità vuol essere veduta coi

propri occhi

e nella città fìlosofica è nostro

;

dovere di

combattere contro la tirannide dei ]3adri o di chiun-

que voglia introdurla o conservarla ^ Alle libere are della filosofia


,

egli

soggiunge

,

io

«

cercai riparo dai fortunosi flutti, desideroso della sola

comandano non già di chiuA me non piace dissimu-

«

compagnia

<(

dere

«

lare la verità che veggo, nè

ma

di quelli

i

quali

di aprire gli occhi.

apertamente

;

e

ho timore

di professarla

siccome dappertutto e continuamente

partecipai alle guerre tra le tenebre e la luce, tra la «

scienza e l'ignoranza, così dappertutto fui segno agli

«

odii, ai

clamori ed agii insulti, ed esperimentai tanto

bruta stupida moltitudine, quanto quelle

«

le ire della

((

dei graduati

«

nostante uscii vincitore, sostenuto dalla verità e gui-

«

dato da un lume divino e superiore.

accademici padri

dedica dicendo che

non

ratore targli

,

è che

se' egli

il

uno

»

Pone

No-

Bruno trecento

libro che ora presenta all'impe-

dei molti che vorrebbe

il

presente, e diè in

presen-

compenso

quali potè sopperire alle

talleri, coi

spese del suo sostentamento ed apparecchiarsi a novello viaggio

La

1)

E

Praga tornò alquanto triste al Bruno, non trovò quivi conforto nella pubblica

città di

perchè egli

diffatto egli reputò

sempre

«

:

Iniquum prò

alieno obsequio

« sentire, mercenarium, servile, et contra Immanag libertatis digni« tatem, etc. ». 2)

Vedi

la lettera di

dedica all'opera citata.

Atti del processo, Doc. IX.

/

,

fine alla;

sarà per aggradire questo suo povero

dono. Rodolfo accettò al

dell'ignoranza.

.

— 236 — lettura, nell'affetto e nell'appi auso degli scolari. Perciò

dopo circa

Boema

sei

mesi

venne

e

di soggiorno

abbandonò

^

della casa BrunsAvich-Wolfenbiittel,

|)rotessori.

(li

Alcuni che

liio^r.ili, tra

llniiio

il

manda/ioiic ([HÌNi

e

i,

lidi

,i^iiidi/i(i.

mato ad

a

del

;i

che come

rtMlucazioiie del

duca dai

di ciò afjparisce

iiiilia

corr.'tlit

d.'lla

clic

1(

irò

asserzione,

Urano

il

^\\\

(

^uppnsi/ii ine

ii!i(M. iiMii

a

è,

tosse chia-

conobbe

Io

ci^li

TaNcsse conosciuto due o tre clic

siipfriiiic

si

quando

H mh.i

1

è disdetta

iina\

ia

Atti del processo^ Doe. IX:

«

parole

dalle

comijrendere come

cin ]inicss.> l'ii-iMiirN oliiiciitc s(^-iiire^

1)

racco-

lettera di

cdncai'c un ,uiM\aiicdi veni icin
prima I

con

Inuiswicl), e

!iiciiio\ali biograli pl'odotto

(l;ii

alleile NiippoiK'iidn clic

ìiìi'sì

I

(•.Miinicssii

iiii|iinl)aliilc

che già era saliin Fjì

di

(ilirtM-lir

iciK'

\

alciiiKi

ddciiiiit'iihi

nosti-o

tu

Ma

Bartholmèss, alfermano

il

Milita

1

('oitc

la

;^li

(iiiilid-.

simi nin


i

per copia o



di scolari.

iiiiniei-o

[)tM-

pai-iì

>i

pei-

,Liiiiiìsc

Imii'Ìco



era levata in

si

grande nominanza FAccademia Giulia, bontà

la capitale

in Helmstadt, dove, sotto la signoria



cou maggloro

Amlai a Praga

e stetti sei

« mesi » 2) Il priikip'-

1587

la

sua

i-jiric(t

itriiiui

(liuliu

moglie.

aveva già perduto addi

Lo Scioppio dice che

il

\'-)

febbraio

Bruno professò

in Elnistadt. 3)

Il

Bruno

maggio 1589,

Helmstadt, addi

recito in

zione consolatoria

in

1

luglio 1589, la sua

morte del duca Giulio,

la

Ora-

quale avvenne

il

3



quando già il figlio era salito sul trono. Vedi Leibniz, Scriptores rerum Brunsvicensium. 4) Nel proemio al suo Discorso consolatorio, egli non dice (ciò che non avrebbe certamente taciuto) di essere venuto in Helmstadt e quindi

per invito del principe od in altro

dono

della Provvidenza

« esse censeo

:

:

«

Non

modo

chiamatovi,

casu, sed Providentia

ma

per certo

quadam factum

ut nescio quo vento, seu tempestate ad regionem hanc,

— 237 — probabilità e fondamento asserirono gli stessi biografi,

che

il

Bruno

sia stato incaricato dall'accademia di

stadt del discorso per

gnante

1,

i

Helm-

funerali del padre del duca re-

rimasto quivi circa diciotto mesi

e che sia

tando contro Daniele Hoffmann

e gli

lot-

Hoffmanniani,

quali con la loro intolleranza lo obbligarono ad ab-

i

bandonare

la città e lo Studio.

Dappoiché queste asserzioni non sono suffragate,

come

già osservammo, da documenti, cosi noi, mante-

nendoci fedeli

remo

al

costume insino ad ora seguito,

contrapporre

racconto

il

ti-atto

per intiero dai libri del

Bruno e dal processo. Abbandonato dunque che ebbe Praga, stro

Giordano in Helmstadt, dove

il

si

celebi'assero

i

il

no-

^

prima che

funerali del duca'l Quivi, senza che

gli fosse fatta sollecitazione

od invito per parte o del-

compose una orazione in onore defunto, che poi lesse il primo luglio. Il principe

l'Accademia 0 di del

recò

13 gennaio 1589

è già matricolato nell'Albo dell'università si

sta-

contenti, senza diffonderci in parole superflue, a

« bisce

altri,

compulsus fuerim diebus quibus funeri celsitudiuis eminen-

« tissimi lumosissimique vestri principis interessem ». 1)

«

Nel processo

FAcademia Julia

« la

il

Bruno atferma che

di Brunsvich,

morte del Duca,

fece un'oratione

« con molti altri deirUniversità ». 2)



alle

al-

tempo

sue esequie in concorso

Vedi Doc. IX.

gli atti dell'Università. Ìo8.9

nolanus italus Grat. 3) Il 3 maggio morì dì

trattenne « un anno

Questa immatricolazione è ora nelfarchivio di Wolfenbiittel dove

sono serbati

il

si

dove, occorrendo in questo

il

11 di giugno 1589.

cospetto deirUniversità

il

Jan. 13 Jordanus Brunus

Duca. I funerali Il

Bruno

si

fecero tra

il

dì 8 ed

lesse un'orazione consolatoria al

primo giugno. Conf

particolarità del soggiorno di Giordano

Bruno

il

Sigwart su talune

in Helmstadt.

— 238 — regnante, duca Enrico Giulio, avendo trovata l'orazione di suo gusto, forse anche perchè era tutta ripiena delle

sue

pose affetto all'autore e

lodi,

lo

donò

di ottanta

scudi di quelle partii.

Bruno concepì

Il

per quest'atto di squisita libera-

.

vivissimo affetto verso

lità,

segno

animo grato

(li

principe; al

il

e sincero, volle,

da Helmstadt, dedicargli due opere

quale,

in

anche lontano

diremo più

di cui

avanti

Dopo venne

alcuni mesi che

;i

il

Bruno era

Helmstadt,

in

ave contesa con Boethius, forse per motivo

ui

pure

di opinioni manifestate nelle lezioni pubbliche, se

ebbe tempo ad insegnare, o forse per controversie reBoethius. come pastore e sovraintendente

ligiose. Il

della chiesa evangelica, a cui

(iincvra. lo sconnniicù

in

scomunica

Mentre l

•.

1

1

il

lìruno aveva aderito

Bruno protestò contro

la

e chiese di essere giudicato.

è

dubbio se

sia stata fatta

ragione ai suoi

ichiami, è certo però che egli parti indi a

non molto

Pare che nulla

Helmstadt

da quolla

città.

che accenni

venne

al

sia restato in

IJiuno, perocché

fatto di nulla ritrovare e

al

Sigwart non

neanche

le

gli

traccio della

di lui abitazione.

Dopo Elmstadt

il

Bruno

si

ridusse a Francoforte, dove

già era nell'anno 1590, senza fermarsi in altra città inter-

media. Su questa data non vi

1)

2)

è dubbio, solo potrebbesi

Atti del processo, Doc. IX. Vedi la lettera di dedica premessa a questo

libro dall'editore

Giovanni Wechel. 3)

Ci è fatta nota questa scomunica da una lettera che

scrisse A'^edi

addì 6 ottobre

al Pro-rettore deir Università di

Bartholmèss, Voi.

I,

pag. 174.

il

Bruno

Helmstadt.



- 239diibitare se la sua partenza

da Helmstadt per Franco-

forte avvenisse verso gli ultimi

Pasqua

la

del 1590.

Che poi

settembre del 1590, che è di quella città, è

il

fosse in Francoforte nel

tempo

scrittori che si

della seconda fiera

dimostrato dalle affermazioni di tutti

da quella del Bruno stesso.

e

mesi del 1589 o verso

Il

Sigwart che

è tra gli

occuparono della vita del Bruno in questi

nostri tempi con più perspicacia, con più dottrina e con

più attenzione, non tenne sempre conto del

memoria

la

assai fallace e

tempo

di

fatto,

che

uomini grandi e piccoli spesso che non di rado accade che un peiiodo negli

è

sia con la

massima

facilità fissato in

termini

più brevi o più lunghi di quelli che rispondano alla realtà delle cose. Il libraio

in cui

E

valga in ciò Tesempio.

Britanno di Venezia interrogato circa il tempo

conobbe

il

Bruno, risponde che

lo

vidde ora sono

domanda gli veniva mossa

nel magun anno il 1592 venivano in appresso il 1591 e poi il 1590. Con questa risposta il Britanno intendeva affermare che aveva conosciuto il Bruno nell'anno 1590 in Francoforte. Un altro libraio, il Ciotto, per contro attesta che Fha veduto dappoi due anni tre anni.

Siccome

la

gio 1592, così contando per

alla fine di

dente che

il

settembre pure in Francoforte. Ciotto contava

i

È

quasi evi-

cinque mesi dell'anno del

1592 in cui era interrogato, come la metà di un anno.

Poi aggiungeva Tanno 1591 del 1590

e

come un'altra metà

quindi di

gli

ultimi mesi

anno. Quindi anche

Fatfermazione del Ciotto concorda con quella del Britanno, cioè che secondo queste due affermazioni

Bruno era

il

in Francoforte nel 1590.

Finalmente

il

Bruno

stesso con più chiarezza di tutti

afferma che egli ricevette nel 1591 in Francoforte due

- 240 — da Giovanni Mocenigo,

lettei'e

il

Siccome per altro sappiamo che coforte,

come

suo fatale discepolo. il

Bruno

è certo che vi era nel 1590.

K

lii)i'i,

solamente nel gennaio del 1591 per pure

8eii/.;i

Taiuio

l.")!!).

bensì sni

'

([licsii

notare che

r

eh»'

alloL:;ji;il'

melitani,

Fran-

impossibile che volendo

stampai'e in Fi'ancoforte parecchi

braio.

lasciò

dii'emo, nel febbraio stesso del 1591, perciò

in

Kr;i

sci

ne tforto

nit'^i

(love n
\

i

lòitd. (l(i\c iniit»

non

sci

tosse ivi giunto

i-ipartii'iie il

mesi

pitssdno

nel feb-

Ihiino avendo frati

Car-

pigliai'si

sul-

coi

crM più sin dal febbraio, .•(mcdiTc a prtìxarci che

ma

c'ei'a.

— 241 —

CAPITOLO

XIII.

(1500-1591).



Bruno in Francoforte — I Wechel — Tipografi e librai — Le fiere di Francoforte — Il Bruno è invitato a De imaginum et ideaVenezia — I suoi tre libri francofordensi rum coiriiiositioiie — De triplici, minimo et mensura — De mo-

SOMMARIO.

11

XVI

del secolo

numero

nade,



et

figura

Fraiicoforte sul

— Una

Meno

visita a Zurigo.

era, nel

tempo

del Bruno, città

ricca e lìorente per industria e per commercio.

sendo abitata da

da viaggiatori

cattolici e

di tutti

i

da protestanti,

es-

paesi e di tutte le condizioni,

doveva a presidio della sua quiete rità

Ed

e visitata

sua prospe-

e della

usare larghezza e tolleranza particolarmente

materia di opinioni religiose.

Laonde

altre città del pai'i che in questa, si

in

ben poche

in

poteva liberamente

stampare ed insegnare.

scrivere,

Abbenchè

le

sue tipografìe fossero

meno

quelle di Basilea, di Lione, di Firenze, di

pregiate di

Roma

e di

Venezia, pur nondimeno godevano rinomanza in Ger-

mania,

e

mandavano anaiualmente

in luce

un numero

considerevole di lavori. Primeggiava fra esse quella,

condotta dai Gli Aldi,

nere

i

fratelli i

Wechel

Froben,

e

compagni.

gli Stefano,

i

Wechel, ed in ge-

più reputati librai del secolo decimosesto, non

solo sapevano far 16.



degna stima dei

Berti, Giordano Bruno.

dotti,

ma

li

acco-

— 242 — giievano presso di sè e

li

provvedevano

lavoro e

di

di denari senza guardare alle opinioni che professavano

od

paese da cui venivano.

al

per la libertà

Il rispetto

del pensiero è la virtù che più rifulge in questi diligenti, eruditi ed indefessi lavoratori. Nelle •

luii^i

liM

ili

rciiò

11.

1111(1.

Non

ed anche di opposto sentire.

havvi altro ordine

di cittadini che, (pianto (piesto dei efTicacia

cooperato a

vive

le

relazioni sciiMitiliclir ira paese e paese, tra po-

polo e popolo. asjiiM

U-u|)|i()

animi

gli

scienza, a mantenere

della

travagliati dei pellegrini

abbia con

liì)rai,

confortare

istoiarc e

l

loro case,

coabitavano uomini di diverso

('(1

nel

([Hello

die

iia/idiialo

che

iciiip.'iaro

;i

Sfili iiiiciiin

era di

vi

nianit'e-

si

stava con tanta energia nei po[)oli del centro di Europa. I

Ih il

AN'ecbel avevano, alcuni anni piiina della

iiiio.

ospitalo in

l

"i

aiicofoi'te

Languet

il

venuta del

e festeggiato

giovane Sidney nel suo |)assaggio per quelle

Ora accoglievano stampare due

lilji

i.

il

iJinno

uno

utero, iKOiiuiU' ci fi(jnr(i. e paro a[)peiia cimilo. litani,

pagandone

Benché

;i

il

parti.

(puUe veniva per

fai-

ihìiùhk) ^ l'altro

De mi-

W'echel misei'O

Bruno,

1

dozzina presso

i

il

irati

carme-

doi jjroprio le spese.

fosse coi frati viveva egli tuttavia in piena

libertà, praticava

con

(juelle

persone che più

gli

anda-

vano a grado e leggeva privatamente ad alcuni dottori i quali non si dimostravano per altro contenti del suo insegnamento. Il priore dei carmelitani, che lo aveva in conto di

li

uomo

Ti chiamiamo

tolo èli

numero

seguente

De

di bell'ingegno e di universale col-

così,

perchè egli così

triplici,

minimo

et

li

chiama.

mensura,

Il loro

l'altro

et figura, etc.

.1.

vero

ti-

De monade,

-



243

tura, diceva che impiegava quasi tutta la giornata, nello scrivere e

cose nuove

bastato

una

l'

»

«

andar chimerizzando

strologando

animo

che tutto

di fare

il

sarebbe

gli

mondo

fosse di

sola religione.

E

certo dovette con grande intensità di lavoro ap-

plicarsi allo scrivere se potè in questa

dimora, di non lunga durata, metter

taneamente e di altre,

stampa

alla

sua monastica

mano

quasi simul-

delle tre opere sovraccennate

come diremo. Notisi per aggiunta che per

alcune modellava ed eseguiva

gnavano per Il

e

per cui lo "udì asserire che

i

le incisioni

sue dimostrazioni

le

che

gli biso-

2.

soggiorno di Francoforte offriva occasione al Bruno

di conversare coi viaggiatori delle varie contrade d'Eu-

ropa, di aver contezza dei libri nuovi che

pubbli-

si

cavano, e sovratutto di abboccarsi con molti italiani, e

segnatamente

coi librai veneti che

convenivano

alle

fiere

che tenevansi due volte all'anno, cioè alla fine

della

quaresima ed a San Michele di settembre. Gli

scrittori del

tempo

maggiori che

ma «

in tutta

vantavano meritamente per

le

facessero

Europa.

«

ogni più rilevante

« cipali

non

solo nella

In queste fiere

ogni sorta di mercanzie,

« di

«

si

si

^

si

le

Germania, spacciano

girano partite di cambio

somma;

vi concorrono

i

prin-

negozianti d'Europa e mercanti forestieri di

ogni genere,

quali tengono botteghe espressamente

i

1)

Documento IX.

2)

Prefazione di Giovanni Wechel al libro

De

triplici,

minimo

et

mensura. 3)

Beìatione de la Corte

Maria

elettore di

et Stati del

Serenissimo Ferdinando

Baviera, descritta dal conte Galeazzo Gualdo

Priorato. Leyden 1668, pag. 101.

— 244 — «

per aprirle nel tempo delle dette

«

«

maggiore esito degli effetti che vi si portano, che non si farebbe in tutto il rimanente dell' anno. Il traffico maggiore consiste in drappi di seta che ven-

«

gono da tutte

i<

selli fabbricati

«

galanteiie di

«

di ogni sorta di metalli, in spezieiie e zucchei'i che

<(

tutti

«

minisi

«

ancora. S^pi-a n-ni

«

dorè

«

Il

si

(i[iiale

fa

le parti d'Italia, in fioretti ossia lìlu-

rai

i

a Zurigo in Isvizzera, in drappi e

(rOlaiida. e sono da (j^uesta città

alle

(piale a

(Mii

piiM

ra,L!Ìi'ih'

aliiiaiu dai

li(ir-(t

I

ci

modo naria

iol ccl ic

k

i

1

la

i,u

|

\

i

1

la rsi

li

si

.

la

arie lingue.

di libri,

esclamava:

«

l

parexa da sè

vedevano disposti

in bel

moderni det-

Enrico Stefano con accento di parzialità

e poi ci

«

altliiaiin

niiin

((

siano

alii'n


gano

i(

queste

hanno

lìere

la

muse ». solo una

licra delle

A petto di (questa mostra straordi-

Veggano

«

se

ve-

altì'O fiere,

in

queste attiche fiere;

gli Italiani

dicano se essi sono da lanio,

in

il

(plivi SÌ tl'O-

clic

Ialini o greci d'ogni sorta e libiù

liltri \

1|

liiTa

ia

i

iiiicriiiinal)ilc hililinifca.

tati nelle

-i

I

1

ipia^i

la

som-

altre parti

cosa c iiicraviglioSO

allra


^i

ad

incic di Alcnia.una e

|»r(t\

ila

la

\trv

Norimberga

in maiiiratture di

l-\;iiiri;i.

vengono

\aii(»: «

nel

fiere,

si

il

loro

iii.Li-'L^ni

>

Tedeschi

non

meccaniche; veg-

cosa in casa loro, che con

possa paragonare

soggiungeva con ingiusta

i

nelle dita e se

\aleiiii cìhì nelle arli (iii;ilelie

e se

».

Oh

certamente,

alterigia, gl'Italiani

aliquid

ostentare, sed nihll ostendere poterwtit^.

Merita di essere notato die in queste

vano uomini

1)

dotti

nella

matematica,

fiere

vi ave-

nella storia e

Veggasi Topuscoletto di Enrico Stefano (1574) intitolato nundiìiarum Francofordiensiim.

comiiini

.

.

:

En-

,

nelle altre parti dello scibile,

quali nelle botteghe

i

dei librai, circuiti da folla di uditori, dissertavano sulle

varie discipline e filosofavano

come

già Socrate e Pla-

tone in mezzo al liceo K Fra questi uomini dotti, che quivi affluivano dagli Studi di Vienna, Wittemberga, Lipsia, Heidelberga, Strasburgo, Padova, Oxford,

bridge,

il

Bruno non sarà

Cam-

stato fra gli ultimi a levar

cattedra nelle botteghe e disputare di metafisica o di

astronomia. I librai

veneti erano quelli che più degli altri ita-

frequentavano quelle

liani

come per vendere loghi che vi

e

fiere così

si

per avere notizia dei copiosi cata-

altri Stati della

introducevano con più

del

d'

Europa. Di Germania

trasportavano in Venezia a più discreto prezzo

che non negli si

libri,

distribuivano di tutti gli scritti che

si

uscivano nelle varie contrade poi

per comprare

Governo,

stesse del

le

Bruno

opere si

Penisola

facilità,

di

le

merci, e vi

stante la tolleranza

scrittori

sospetti

e quelle

vendevano pubblicamente.

Fra i librai veneti, che intervenivano assidui e quasi sempre a tutte e due queste fiere, erano Giambattista Ciotto e Giacomo Britanno, Funo da Siena, l'altro da Anversa, entrambi però residenti in Venezia. Questi

due

librai

presso

i

andando anch'essi quindi da esso

contezza dei suoi

libri e dei

servente dapprima e poi

1) «

Hic plerumque in

ipsis

« serio philosophantes audias, «

Socratem

et

Platonem

ad alloggiare

incontrarono col Bruno

frati carmelitani, si

ed ebbero

alle volte

lui

e dai suoi conoscenti

suoi portamenti.

libi-aio

Il

Ciotto,

esso stesso sotto Tin-

bibliopolarum tabernis aliquos non miniis

quam

olim philosophantes in medio lyceo

aiidisses ».

~

Opuscolo citato.

— 246 — segna della Minerva, aveva anni ventinove

mune

parecchi libri usciti dalla sua tipografia

un dipresso

era a

meno

uscita allora

Il

Britanno

una

libreria

il

illudi

(tiii

ma pei-

cMiirniiv

tu .'vv,,

CMii

;iiv;iiii

Sapendo

elir

e di

il

rlir

X'enezia,

di

tantastica e debole

m
duto questo lilno inceso slima deiraiiioiv.

lainiglic

ri

mciiic

di

(luale. ••nme

tempi, soleva usai-e

^^iKiiiiciin

Giovamìi Wechel

-.

degli snidi

animo,

opere del Bruno,

delle

di

lipi

giovane delle

amante

quaresima dell'anno

fiera di

ima

sr

:illoi-a

Pietro Fischer

di

i.

della stessa età, e teneva

1591, portarono con

di

co-

conosciuta di quella della Minerva del Ciotto.

Ritornando costoro dalla

Un

non

e

istruzione, se sono sue le dediche premesse a

Ciotto,

il

in

altissima

da vivo desiderio

;i\ere notizia degfinse-

(li

jiarevauo

llriiim ì'va

concepì

pi'eso

(|iiiiidi

Ini

dei tipografi, ve-

luttieglie

ilei

lilifo

Francolorte,

adombrati. si

volse al

Ciotto, con cni a\i \a dimesiichezza, e lo pregò di dare

recapito ad una ^ua lettera per

il

Bruno

della sua andata alla liera od in altro

accettò di

pena essa

Non

mandare gli venne consegnata

Il

Ciotto

dal Mocenigo.

era ancora <[uesta piima lettera pervenuta

Abbiamo

clie

il

patrizio,

impaziente

e

al

curiosissimo

fra le altre lettere di dedica del Ciotto quella al Vel-

sero premessa all'opera del

blica

'\

al Biauio la lettera e ciò fece ap-

suo indirizzo,

1)

o in occasione

modo

Venetonim, che

egli

Contarmi De Magistratihus et Bepustampò nel 1592 mentre il Bruno era :

in Venezia. 2)

nimo o)

Quest'opera pare sia et

mensura.

Vedi

il

(quella

— Conferisci

che ha per

titolo

De

triplici,

mi-

in proposito la nota illustrativa VII.

Capitolo seguente e V Appendice II in

fine.

— 247 — di

imparare

vantati secreti intorno alla

i

memoria

ed alle altre discipline, ne spediva una seconda, non

sappiamo se nuovamente per mezzo del Ciotto o di quale pare sia stata anch'essa consegnata

altri, la

Nolano. Questi,

al

al

doveva tornare assai caro

quale

rivedere dopo ben tre lustri l'Italia, e che avvisava

non

già di incontrare molestia in Venezia,

vare sicurezza e protezione nel

apparteneva

nome

giovane patrizio che

il

buon accoglimento

discepolo, fece

Avanti di indicare in qual modo che

il

Bruno

di tro-

gli si offeriva

a

alle proposte. ei

desse eseguimento

ai patti accettati, ci piace rilevare quali e stati gli scritti

ma

della famiglia cui

quanti siano

tempo condusse

in breve

a line in Francoforte. Il

lavoro è

dovere che tutto governa

il

obbedisce insino a che

egli vi

contrano

il

intento, che

sepolcro. il

A

gli

quello fu

Bruno ed

straordinariamente



suo viaggio, più che decennale, fuori dalla

terra che gli diè vita,

si

guardando semplicemente

può per

intiero descrivere

al frontespizio dei suoi libri.

Questi spuntano, per cosi dire, sotto

annunziano

il

stanchi piedi non in-

i

la pi-esenza in Parigi, in

suoi passi, e ne

Londra, in Wit-

temberga, in Praga, in Helmstadt, in Francoforte. Nel solo suo soggiorno in

quest' ultima città, che fu più

breve di quello di Wittemberga, egli stampò presso

Wechel

e Fischer, nell'anno 1591, tre

i

opere che per ra-

gione di tempo crediamo abbiano a distribuirsi nel

modo seguente De iì/iagmurn, signorum :

l*"

et

idearum compo-

sitione. 2" 3°

De triplici, minimo et mensiira. De monade, numero et figura.

— 248 — Questi tre

sopra alcuni punti

pongono

lingua latina, e raggiran-

libri dettati in

argomenti

sopra

tisi

metatisica, di cosmologia e

di

matematica

di

seconda serie dei

la

parallela a (quella che usci per le e Francoforte sono le

due

da un canto

^,

il

meditazione

alla

della

lisiclie e

seleni lidie clir i

londina

al

niciodo:

clic

volge per intiero Taninio suo

;iiisi

in

(

1

(Iciliili

cano

le

1

^;

1

1

1

(

1< >.

i

sono

(Iella SBrle

lilii'i

scritti

i

,

non solo

j)rimi,

ma ancora

,ui;i

:

eia

rispetto

notammo, prevale in (piesti, la. torma

primi so\ instano, a nostro

'[ih'lli

facoltà specidative

1

trniicorordense

conic

virtù di descrivere spesso di

1

;in;ilii ic;i

Onde in

1

secondi:

i

i[U('lli.

avviso, ai secondi, ed

\

fiii

la torma dimostrativa ed

sintetica e poetica.

ì

(l;ill;i

in

cni sono

in

latiiui

stampe inglesi. Londra, dove egli, lasciato quasi

applicazione alle nuove dottrine \

;i

disi ini^iioiio

si

città

com-

Bruno,

contemplazione delle verità meta-

e

loi'o

linguii

la

j)ei'

Lullo

e di geometria,

libri fìlosolìci del

pin clic in ([uesti spic-

del

lirunu,

con

cliiai-ezza

e la

ed

sua rara ettìcacia

parole, idee asir;iiiissime e di dilìicilissima signili-

cazione.

E

siccome

era ad un

egli

tempo dotato

di

niente robusta e di caldissima fantasia, perciò nei libri italiani

composti

ditori, gli

giovò

in prosa, il

ed in presenza di contrad-

sentirsi costretto a seguire

un

certo

procedimento dialettico ed a spiegare tutta la sua vigoria aggredendo o ribattendo il nemico; mentre nei essendo egli solo in presenza di sè, non

libri

latini

badò

a stare in guardia conti'o la sua stessa fantasia

1) Diciamo riuasi perchè il libro I)e imaginum, signomm et idearum compositioìie, come accenniamo più sotto, è ancora fatto ad imagine dei Liilliani. .< .

— 249 — ed a risecare dai medesimi quel soverchio di imagini

forma poetica maggiormente comporta. Quindi può convenevolmente dirsi col Mamiani, che

e di figure che la

sui pregi eminenti del fetti,

Bruno

gittano

e che alla virtù creatrice della

danno

la

immoderatezza

frequentemente

è

ombra molti

di-

sua fantasia recano

ridondanza dalle quali

e la

ingenerata la sazietà; oltreché l'uso

soverchio delle allegorie lo fa dar nel freddo e nell'oscuro

;

e

imo 0 due

non

di rado stanca

Per

inutile di figure e di favole

talune parti de' suoi e talune

i

anche

libri

lettori

un

concetti metafisici in

le

con avvolgere

intreccio lungo ed

quali ultime mende,

tVancofordensi riescono oscure,

inintelligibili.

Primo tra i francofordensi in ordine di tempo, come abbiamo notato di sopra, è il libro De imaginum, signorurn et idearum compodtionc dedicato a Gio,

vanni Enrico Hainzel, signore all'illusti'e

eruditi alle

famiglia

EUgau, appartenente

Hainzel, cotanto cara agli

degli

ed agli astronomi del secolo decimosesto. Se

prime pagine, profondamente pensate

precisione e nitidezza,

si

assomigliassero

questo libro potrebbe stare

Ma

di

sventuratamente

al

fi-a

i

e scritte le

con

seguenti,

migliori del Nolano.

magnifico peristilio tien dietro

una casa a disegno lulliano di non grande momento. Vien dopo lo scritto De triplici, minimo et mensura intitolato al duca Enrico Giulio con lettera del libraio Giovanni Wechel, scritta per incarico del Bruno il

quale partì in tutta fretta da Francoforte nel feb-

braio del 1591, e proprio

1)

dalla

Prefazione al dialogo II

quando

Bruno

marchesa Plorenzi-Waddington.

si

stava per tirare

di Schelling voltato in italiano

— 250 — De

rultimo foglio del

minimo

triplicL

questo libro non abbia tutto

eie.

Sebbene

^.

valore che alcuni gli

il

attribuiscono, esso è però ricco di concetti filosofici e pellegrini.

La terza opei'a mimerò et fi()i(ra

die

De monade,

pi-esenta è (piella

si

\ cIk'

pure neiranno 1591,

piiliblicò

si

con dedica allo stesso duca iùirico Giulio. Nella

espone

tera di dedica coiiUMiiiio

(lei

aspiri;iiii"

(mi

i-iccrcii

con

1

iiiinnid

lurno

il

\

in

"h;i

fin elle riiii;t

altlin/,/arc.

la

idi

di

duii rina

inipfdiiiK'iil'

I

lalimi

ii'a

laicrc/i(t.

questa sua opera

i

clic

De

delle IVancofoi-densi.

icr/.o

sik. di

un

intorno

xisaiueuto

iciiipi». in ([ue-

su,» disc^Liixi. clic

IìImsmH ;:li

secondo in-

il

il

aggira

si

'\

nirifica

l'Tiiia

la

il

;id

seuso, nel

il

primo

Il

jjrinio

ritroviamo

|(t

iini;ihi.

iasviinhTc

l

sii;i

Sen''. a lifii cn|(irirc

pei-

iciv..»

il

ne tacciamo



ti-iiiic,u,L:i;i

|

pel iKtsir.i iidiiM.

.piasi

e

sTopora. mila

di

lilifd

da imi hmn.h,.. Paté jn^sc

a ciò clic è

modo

Ufi

.

iiiin

Nel

divide.

let-

suo

tutto

scct nidi

h'i/.n In c
cÌm clif

!a/ÌMiif d;

si

ncim.

I

if(Mi

|ii

|i;irtila.

la ;i

1

Nel

;i

modo

in

cui

in

lilii'i

sdrc

ii'Mi

clii;ti-('//;i.

secondo

di

ir<'

Ici

Bruno

il

cl:

,^li

In di g|-ave

adottò ad imi-

li

aniiclii.

c(l

in

ispecial

era lamii^lia rissi ino. Perciò

///o/^ac/c',

comecché

nondimeno

sia la

sottostà

maggiore

alle italiane

molti rispetti, e specialmente nelFordine e chia-

rezza delFesposizione e nel vigore ed efiìcacia dei le-

gami

Va nondimeno

2)

« Cum ultimuiiì dmntaxat Nota iUustrativa Vili.

3)

In alcune pagine di quest'opera

1)

ì

dialettici.

libri

di

Londra.

adoi'na di singolarissimi

siiperesset operis folium ».

ei

verseggiò quasi letteralmente

— 251 non

pregi; e

si

può, leggendola, non sentirsi a luogo

a luogo sorpreso e profondità delle idee gini; ed egli

commosso. Ingenera sorpresa la e la ricchezza e copia delle ima;

linguaggio ed atteggiamento profetico che

il

assume annunziando, fondato non

altro che nella

piena fede delle sue dottrine, sicura e quasi prossima la

rinnovazione

scientifica, politica e religiosa delFtìrbe

Ingenerano commozione profonda

tellurico.

accenni al travagliato suo animo dei suoi affetti, che tutti

;

appuntano nella

si

De monade

verità: ond" è che Y opera

i

frequenti

la pittura vivissima Sofia, nella

si

può quasi

considerare una epopea metafisica e cosmologica, in-

tramezzata da episodi, ne' quali

egli si ritrae

con sin-

golare verità e precisione. Chi non ravvisa nel seguente

Bruno,

tratto tutta la vita del losofia, i

suo amore per la

il

suoi patimenti per essa,

i

viaggi intrapresi ed

i

lini

i

superati,

pericoli

propostisi?

fi-

Molti sono,

esclama, quei che aspirano alla filosolia, pochi quelli

che la cercano

;

ma

questi pochi

«

sciolgon la nave dal

affidano al mare, spiegan le vele, e in

«

patrio lido,

((

picciola barchetta s'avventurano in

«

con l'animo sospeso, che

«

gano a rovesciarsi loro addosso. Altri pericoli

«

parecchiano a sostenere in terra; passeranno monti,

«

fiumi e deserti, fantasticando

<(

dubitanti, male alloggiati o, peggio, sorpresi dalla

Per

si

«

notte.

(f

gendo inospitali

((

orsi.

i(

viaggio

((

le Alpi,

il

«

varrà e

i

valli

Tornati in :

i

profonde

,

mezzo

venti rabbiosi

insidie

e

a' flutti;

non

veii-

ap-

si

imboscate,

per selve inaccesse

,

fug-

abitanti, ripareranno nelle tane degli Italia,

lasciano

il

Rodano Pirenei

;

poco appresso tentano miglior

Tevere

e l'Arno e

il

Po passano ;

e la

Gai'onna; attraversano Na-

e le

superbe sponde del Tago ed ;

- 252 — neirOceano. oltre

<(

eccoli

le

colonne d'Ercole, navigare

«

verso popoli cui nasce

il

giorno dal nostro occidente

«

e dall'oriente

tramonta.

E

tutto,

«

di Sofia


terni, e

«

notti faticoso, e visiinuu

«

per invasai'si

«

fama

o

«loro i(

senno

dd

1

1| );i

sf|i|M'i-
(hirci.

Ntdr;iiiiiM

(dire

doUc

i

,

De

sidliu'


beni pa-

il

///

delle

Ihnm»

il

dtd suoi

di libri

diamo

([ui

».

^

che

suoi biograli

sono numerosis-

compiè ancora

l'Cìl'ì r(i

e poli;!

h'i

y^'y

(irli

eli' nn'iilìs

e (piello

('(XUSÌs.

in Francoforte

sndui già composti od

mane

Iricjinta

deWAnìnia,

ìihcr(di i'I

<|uello

data del luglio

«picllo

(/('//l'/w.

Si'/ft'

i

quali

i

hoporosità del Bruno,

h>sse \'eiiuio

tavia dovette lavorare da

forma

ed acquistar

[inii-cnmio citare;

ìli

iii.'diio

r///ro// lil)r(»

.\rs

()

le

onde poi venga

in l'^fniicororte,

rCi'i'm iirì iic'i pì'is (7

Benchò una parte

>

iiii;i;^iiif.

trnccji^ (h d

le

r"ci';i

sliitiHis (die c ;iiicnr;i h~>'.M

i

plauso del popolo,

il

iihri -i;ì iiiciitnv;iii ei

Ti-i'iil(i

forse aiiidie

favoiT.

(pi. '^1,

;i

i[iu'll;i

i.")',!!)-',)]

spcci.diiit'iiic incili

il

icii/c dcirillilc

siiiiili

lir;i!ii

Ini

siiiif.

^wcro furore poetico

r.iiit;!. ;i

rciidoiK. di

iinii

e

inoiiumcntì delFantichità,

i

splciidoiv di \evi sapienti;

hi

Aliri

pèrdono

miglior tempo della vita; e vegghiano

il

e le ;iiidiilf

ci

per attingere ai fonti

e dottrina. Cosi

a sera, per dare

ed accingersi a pubblicarli.

con

ideati, tut-

Non

loi'o

inten-

idsolvere la quistione sollevata dal Fioren-

tino, cioè se

i

principali di

essi

risalgano nella

Ioì'o

composizione ad un tempo anteriore. Ci contentiamo per ora di dire che continuiamo a chiamarli francofordensi, perchè in Francoforte ebbero l'ultima mano.

1)

T)e

monade, numero

et figura,

pag. 624.

Un

accidente singolare e di cui insino ad ora nis-

suno biografo seppe dare spiegazione, è

Bruno

improvvisa e precipitata del

partenza

la

nel febbraio del 1591

da Francoforte. Mentre stava rivedendo l'ultimo foglio

stampa del suo libro De triplici, minimo et menmixi, abbandona la tipografia e se ne va da Francoforte, dando incarico ai Wechel per lettera di premettere al libro che già stava per uscire una lettera di dedica di

egli

al principe

Enrico Giulio. Lo stesso desiderio espri-

meva

per quello

nelle

mani

dazione,

i

il

De monade,

di cui

Wechel dedicarono

mentovato Duca entrambi

Dove andò il Bruno abbandonò con tanta



i

dovuta a qualche

in

il

li

Bruno

al

quasi quasi potremo

non

ci

è

noto.

La

pensare che la medesima sia

Bruno il

del

quale sia la cagione per cui

fretta, e

ci fa

nome

fatto eccezionale e

Come mai

per uscire e trasmise

perchè

Wechel tenevano

libri.

dire per cui fuggì da Francoforte,

partenza istantanea

regolare.

i

manoscritto. Obbedienti alla raccoman-

lasciò

il

non ad un motivo libro che già stava

manoscritto di

altri ai

Wechel

stampasse subito come difatto avvenne, senza

qualche causa eccezionale? Circa questa partenza di Francoforte tre supposizioni

:



si

possono fare

che nel febbraio del 1591

dopo aver ricevute due

lettere

il

Bruno

da Giovanni Mocenigo

che lo invitavano a venire in Venezia, fosse

partito

senza più a quella volta. 2" gli

che dopo aver ricevuto

le lettere del

Mocenigo che

facevano premura di venire a Venezia, egli abbia

pensato di recarsi subitamente in Zurigo dove aveva amici e scolari, per poi movere per Venezia. S*"

che sia avvenuto qualche improvvisa delibera-

— 254 — zione per parte dei magistrati di Francoforte che l'ab-

biano necessitato a mettersi con tutta fretta in salvo per non cadere vittima

che mi-

di (gualche tentativo

nacciasse la sua libertà.

La prima ipotesi ci pare poco probabile. Egli non aveva bisogno per rispondere airinvito del Mocenigo allontanarsi in fretta c fm ia da Francofoi'te abbandonando

suoi la\ori

i

die orano

1>"

-radili.

[loi

le stiiinpc piii

.1^

cose più da lui predilette,

come potevano

i

Wechel

affermar." clic era stato per caso i-epeiiliiio loro tolto 0 strappato, se egli fosse parlilo

ptn-

un alto seniplice

volontà?

di

E

non

cal/.a

la

rigo per atto di propria

voleva

non

e

-li

Se c^li fosse partito per Zu-

s.-i-oiida. x

oldiità,

s.nvi.ii,'

I

tisi

poteva partire quando

>L;nato,

per compiere tale

atto, lascia ro in i-'raiicMr
casK

Ynrnlsiis

ri'iiCiiH iKi

per spiegare

La

senza dedica

incominriala. Inlino conio

piilililica/.ioiic

«pici la

(li

(Mii

si

spiega

si

\-algono

i

la il

Wechel

parloii/aT'

terza ipotesi pno meglio

clic

non

le

due prime

convenirsi alla supposizione di Carrière, la quale però

non

è

fondata sopra

fatti certi,

come ben osserva

Sigwart. Questa consisterebbe neirammettere che

Bruno

si tolse

colpito da

di (luella città

Forse 1) il

l'epentinamente a

bando o da atto

il

il

Erancoforte perchè

di espulsione del Consiglio

i.

alle ipotesi fatte si

potrebbe aggiungere che

il dì 2 luglio 1590 si legge, secondo Jordanus Brimus Nolanus supplici scripto a senatu

Negli atti del Consiglio sotto

Sigwart

:

«

« petiit, ut sibi liceat aliquot

septimanarum spacio

in sedibus

WecheK

« tipograplii commorari ». Questa notizia ^deue confermata dal libro del

Borgomastro

di Fra'ncoforte.

- 255 — le dottrine che il Bruno leggeva agli studiosi, che lo andavano ad udire presso i carmelitani, ed il suo libero

linguaggio, siano stati causa o per parte dei frati stessi dei magistrati di qualche azione che lo

0 per parte

abbia obbligato a partire subito subito.

Ma

quale possa essere la causa della partenza, è

certo che egli

andò a Zurigo dove dimorò qualche mese.

Questa sua andata a Zurigo se avanti certificata.

Ricordiamo

documenti ve-

pienamente dai me-

neti poteva essere dubbia, ora è

desimi

i

di passaggio che negli

accennati documenti è pure detto che egli quivi at-

tendeva a leggere privatamente. Quesf ultima asserzione

ci fa

come

eziandio manifesto

il

zurighese Ra-

Eglino potesse avere nelle sue mani l'opera bru-

faele

niana che poi pubblicò

col titolo:

Summa terminorum

metaphijsicorum Jordani Bruni Nolani forse raccolta dalla viva sua voce

prima edizione nel carcere di

dopo

la

mentre

si fece

Roma

(1595), e

sua morte (1609),

avendola

,

Quest'opera, la cui

i.

Bruno era ancora vivo

il

la

seconda nove anni

è scritta

con molta modera-

non pochi

zione, e contiene, a giudizio nostro,

concetti

che egli espose in Parigi mentre leggeva sui pì^edica-

menti di Dio,

Ed

e

che poi raccolse in

un

libro a parte.

infine è frutto eziandio dell'insegnamento privato

di Zurigo, 0 di Francoforte, l'altro suo libro che lullista

Enrico Alstedio mandò per

le

stampe

il

celebre

col titolo:

Artificium perorandi traditum a lordano Bruno, do-

li

L'Eglino, chiamato ad ordinare

gioni, ne fu cacciato dai cattolici. libro di cui è

cenno non

nel compilarlo

ci

ci

le

scuole nel

Cantone dei Gri-

Eitornò nel 1590 in Zurigo. Il

pare tutto del

mise qualche cosa del suo.

Bruno.

Forse F Eglino

anni dopo la sua morte. Esso è una specie di trat-

dici

tatello

de arte

Aveva forse un

il

Bruno un manipolo

altro

lìlosolia

in /uri<^o (idjMi

1)

;illa

liiv\

l-'i-;iiic(

pili

sino

ili

il

^ua

|)iii

nel

iiMii

lìlosofi, e di

per Venezia? o ritornò

ili

1

•'

iMi n.-issc.

libro in

L'Alstedio va tra

dilTondere con

ki ri fi i/,a

|

del

•; I

1

1

icol'o r 1 0

|mtc!i("'

lò'M

,^ia

ì*

Parc chea

iiclTagosto o al ca^a

in Italia.

molte parti con Aristotele.

Non osiamo

prima air ultima

sillaba opera

parimenti asseverare che esso del Bruno.

Ve-

da ogni legame. Stette

scUt'HilìiL"

Consuona questo

di procurarselo in

disegno di attorniarsi di

e sciolta

diiiKir;!

irif

lai-di

]i])ri-;i

per la

di discepoli in Zurigo,

manipolo sperava

pensatori lilosoli e puramente

una

si

filosolica.

nezia. Vaglieggiava quindi

ossi

poco momento

rlieloi ica^, di

storia letteraria, si pei- Ja

sia dalla i

più dotti se^-uaci del Lullo. Vi è chi

crede che <|uesto libro sia stato scritto in Wittemberga.

CAPITOLO XIV. (1591-1593). tipografie,

,

SOMMARIO.

-

cu lo Studio

vPTif zia nel secolo

..Vi XVI

coltura veueziaiia: - ^^oiuvi ^oceuigo •

-

sette ^^^^''^^^11 Bruno in Venezia ^^^^^^'^'^'ii^ j)eiie in --_i\^,,ovi libri, ed ^«P^^f.^.f^|,?eante Sec-

rhini, AuuioM,

e.a

uo

decimosesto, del secolo la città italiane e nei nelle industrie



P'^^'T; f comn

operosa

dentro :i.ole fuori e

rei, la

^^^^^^^

»t

più auto-

popolo e go-

«ovalmente.^ lettnalnieute e o evano si

.^^

^,,f,evvavano quivi P'-«-»^"« ? -^'^^^'.^io contro la signoria tutte Non e vigorosi potenti ancora ^ ed a conpatria, non

verno, die

le altre

^^'^

17.

-

l^nnWn^

Bruno. BERTI, Giordano

— 258 — rispettato e

il

mantenuta

santuario domestico, tutelata la proprietà la

concordia degli animi a fondamento

del civile consorzio. Effetto di queste virtù fu la lunga,

paziente ed eroica difesa, che essa fece contro dei paesi littorali che le

i

Tui-chi,

diedero spontaneamente. Tra

si

la caduta di Costantinopoli e la battaglia di

Lepanto

corrono più che cento vent'anni di nobilissime gesta militari marittime venete, degne di essere meglio nar-

rate che

non furono

in si no

ad ora,

più ancora che

e,

narrate, imitate.

La

debbono

ciAaltà e Fltalia

a.

Venezia più

di quello

E come

fu unico tra gli

Stati italici che abbia avuto virtù di

preservarsi dal

che comunemente

dominio straniero

mente

si

crede.

\ così fu

ritto e la libertà, e nel

e giuridici

pure quello che più

comprendere

degli altri seppe

quale

gli ordini

abbiano operato con più

più lungamente contro Furto dei

eminenti scrittori e personaggi colo decimosesto ne

non pochi

di loro

avevano

il

di-

amministrativi

efficacia e retto

secoli.

Onde

i

più

politici nello stesso se-

cosi

grande concetto, che

stimavano che per rinnovare

spingere nella via del perfezionamento italici,

lai"ga-

e praticare

gli

e so-

altri Stati

bisognasse foggiarli sul governo veneto e rin-

giovanirli

con l'introduzione di una parte di quegli

buone prove ~. questo tempo maggiormente

ordini che avevano in questo fatte cosi

Dove Venezia spiegò

in

sua libera operosità, fu nelFindustria tipografica

la

nel

commercio

dei libri.

Stando

e

alle notizie statistiche

1) Il Piemonte partecipò a questa bella gloria di Venezia, e so non andò immune dall'invasione straniera, seppe però sempre con

energia e costanza liberarsene. 2)

Donato Giannotti, Gerolamo Savonarola, ed

altri moltissimi.

— 259raccolte dall'Hallam, e che io credo al disotto del vero,

uscirono più libri dalle officine degli impressori veneti che non da quelle di tutte

le tipografìe di

Europa

sieme riunite. Dalle opere magistrali dei Greci

in-

e dei

Latini a quelle dei Santi Padri, e da queste sino agli ultimi libercoletti, non v'ha scritto che in

Venezia stampatori ed

editori.

non trovasse

Quivi

si

la pubblicazione degli epistolari italiani

quivi gli opuscoli dei riformatori

:

quivi

cominciò

dei viventi: i

po-

libri di

lemica, di viaggi: quivi gli scritti politici del tempo:

quivi

le

prime versioni della Bibbia nelle lingue mo-

derne: quivi

le

prime collezioni dei documenti: quivi

quanto di più curioso

e

di

più pellegrino di che

avesse contezza fuori e dentro

l'Italia.

È una

si

dovizia

questa delle tipografìe venete che è ben lungi ancora dall'essere

convenientemente apprezzata, dappoiché non

v'ha paese che possa vantare dei Baglioni, dei

le

stamperie degli Aldi,

Remondini, dei

dei Comini,

Gioliti,

non accennare che alle principalissime i. In Venezia non solo si stampava, ma si scriveva. Dopo Firenze, è la città d'Italia di cui maggiormente dei Zatta, per

si

onori la storia delle lettere, delle scienze e delle

Ed

in Venezia,

come

in Firenze, l'aristocrazia

arti.

non

ischifava di comporre e pubblicare libri proprii, di cu-

rare edizioni, di leggere dalle cattedre

1)

e

Come

già

si

~.

Centro di vi-

illustrarono con scritti iDarticolari alcune tipografie,

massime quella degli Aldi,

cosi tornerebbe

opportunissima una storia

generale delle tipografie venete. 2) Oltre alla scuola di filosofia, in cui era fatta facoltà ai soli patrizi

veneti di leggere, insegnarono in Venezia, ora liberamente, ora per

commissione del Governo, lelfo,

Lauro

Quirini, ecc.

i

più insigni uomini,

come

il

Guarini,

il

Fi-

— 260goroso lavorìo intellettuale era

lo

Studio di Padova,

con tanta liberalità da essa

cosi caro a Venezia, e

provveduto. Di quante aveva scuole

l'Italia nel secolo

decimosesto, ninna più che la padovana contribuì all'incremento del sapere.



da tener conto

è

se quivi

insegnasse ancora qualche averroista o tolemaico,

bene quale fu l'uomo



Europa che quivi non

di grido in

convenisse per leggere e per imparare, e se quivi così la filologia e la filosolìa i

Perocché salio, il

come

le

scienze non avessero

loro più celebrati cultori K tali

hanno a

dirsi sotto ogni aspetto

Realdo Colombo, l'Acquapendente,

il

Musuro,

castoro,

il

il

Pomponazzo,

Santorio,

della Scuola

il

Leonico Tomeo,

Panciroli,

Contarini (Gaspare),

Polo,

il

Patrizi (Francesco),

il

Campanella,

il

Tasso,

il

intellettuale

il

il

Bembo,

il

Languet,

il

il

Telesio,

Sidney,

il

il

Venezia

,

della

tempo

Valliero, il

Giovio,

De-Dominis,

Sagredo, e principi e cardinali di

Fra-

il

in questo

Longolio,

Ve-

Sui banchi

il (jralileo.

padovana sedettero pure

il

il

il

il

Falloppio,

il

La

storia

Scuola propriamente

detta veneziana, della sua Università prediletta di Pa-

dova

3,

della sua aristocrazia dotta e studiosissima, de-

sidera tuttavia chi la faccia nota in tutta la sua

1)

La

storia generale delle Università italiche è ancora

da

am-

farsi, co-

mecché vi sia dovizia di lavori particolari. 2) Vennero ad udire Galileo in Padova francesi, polacchi, tedeschi, danesi. Vedi Arturo Wolinski ed il nostro scritto Galileo e lo Studio di Padova. Conferisci specialmente i varii scritti di Antonio Favaro, al quale il Governo commise la pubblicazione delle opere di



Galileo, e

che noi noveriamo

tra

i

più dotti raccoghtori di cose

Galileiane. 3)

Conf. la bella

memoria di Pietro Ragnisco su Giacomo Zabareìla Labanca sulla scuola Padovana.

e quella di Baldassarre

piezza ed eccellenza

^

261

come



è tuttavia

da illustrare la

scuola dei suoi teologi del secolo decimosesto, che

si

adoperarono con cosi grande alacrità perchè fosse meno

meno dura

violenta e

la scissione religiosa

Venezia è più conosciuta,

se

d'Europa

ci è lecita la frase,

^;

nel

suo esterno che non nel suo interno, più nei suoi co-

stumi ed in alcuni

fatti politici,

che non nella sua vita

letteraria e scientifica.

Quando

nel 1494 Carlo Vili occupò Firenze, Pietro

da Bibbiena, segretario dapprima gnifico, poi segretario,

Lorenzo,

si

amico

di Loi*enzo

annebbiato da pregiudizi

da vicino e

Ma-

fuorusciti in Ve-

ricovrò con molti altri

nezia. Quivi osservando

il

e confidente del figlio di

con occhio non

e

da gelosie questa

città,

com-

mendava al Ficino la grande coltura dei veneti, notando come nelle scuole, dove si insegnava i primi rudimenti del leggere

mente

la

ai fanciulli, si

parlasse egregia-

lingua italiana, e come in quasi tutte queste

piccole scuole egli avesse veduto pendere dalle pareti i

ritratti di Il

Bruno

Dante e del Petrarca \ Venezia si pose attorno

in

discepolo

al

dal quale era stato con iterate lettere chiamato.

come abbiamo già

questi,

Mocenigo, e

1) Il

figlio del fu

dottissimo Foscarini

ratura veneta pregevoli simo lavoro. 2)

detto,

della nobil famiglia

clarissimo Marcantonio

ci lasciò

nella sua Storia

e copiosi materiali per

Intendiamo accennare

al

agli altri grandi teologi della

Contarini, al

della

Gio-

lette-

questo importantis-

Giberti da Verona ed

prima metà del secolo decimosesto.

3)

Catalogo della Laurenziana del Bandini.

4)

Non

ci

,

Era

fu dato ancora per quanto siano state insistenti le nostre

ricerche, di potere indicare la persona di

Mocenigo ed

il

suo casato.

-262vanni Mocenigo, storici

siamo

il

nome per

cui

doloroso ufficio di

costretti di trarre qui in luce, abitava in

via S. Samuele, ed era nel 1592 in sui trentaquattro anni. Dalle lettere di denunzia, che scrive al

uomo

quisitore, appare

di

Padre

poca levatura, di animo

in-

irre-

soluto e maligno, e di ingegno più alle cose curiose inclinato, che

non

alle scienze

ed alle dottrine speculative.

L'indole sua è affatto contraria a quella del Bi-uno

poi-

;

ché quanto questi è aperto, confidente, audace, tanto quegli è chiuso in

La

sè,

timido e diffidente.

qua] cosa faceva che tra l'uno e l'altro non corres-

sero vincoli di quella benevolenza e di quell'affetto che

spesso lega

il

maestro

al discepolo

anche quando non

è

piena l'unione della mente. Perciò egli divenne a poco a poco non solo freddo verso ostile

;

il

Bruno,

ma

per cui questi diceva che non v'era

palesemente

uomo che

l'a-

vesse cosi gravemente offeso, assassinandolo nella vita^

neWonore, 'propria

e nelle robe,

quanto aveva.

Il

reputava

scritture e

i

libri

Mocenigo era inoltre fantastico

dulo ad un tempo udite, e

carcerandolo nella sua casa

e togliendogli tutte le

;

il

per cui esagerava con facilità

suo maestro indemoniato

e

e cre-

le

cose

^.

Che potesse insegnare il Bruno ad un allievo di tal non è agevole il dire, tanto piti che l'insegnamento bruniano non ha confini definiti. Forse spiegava un po'

fatta

di tutto, e

segnatamente

termini pertinenti

Ed

venzione i

era quella

suoi discepoli,

1)

Dog.

2)

Doc. Vili.

I.

gli elenchi lulliani, o

diversi

memoria e dell'inla parte dove meno contentava

alla scienza della

come consta

dalle deposizioni del

li-

- 263 braio Ciotto \ e

come

è d'altronde dimostrato dalla in-

trinseca natura di esso insegnamento. egli principiasse

Con

tutto che

quasi sempre dagli elenchi lulliani,

doveva non pertanto prontamente abbandonarli

o

tem-

perarli con altre materie per cattivarsi scolari ed udi-

Ignoriamo se

tori.

sti fosse atto

Due

ciò praticasse col

a intendere

opere,

il

Bruno

per indicare solo

Mocenigo,

e se

que-

nelle altre discipline. le

principali,

aveva

mani il nostro Giordano, mentre insegnava al Mocenigo. L'una era quella dei Predicamenti di Dio,

per

le

ch'ei

veniva ritoccando per poi prestamente pubbli-

da

come

abbiamo detto, era stata composta nel primo anno di sua dimora in

carla l Quest'opera, lui

L'altra era quella delle Sette arti liberali,

Parigi.

affatto

scritto

già

nuovo, intorno

al

stava trava-

(j^uale

gliandosi con molto ardore. Pare che egli intendesse

riassumere in quest'opera tutta la sua dottrina, accen-

narne

le

applicazioni alle varie discipline,

ridurre a maggiore consonanza ed unità

i

emendare e pensamenti

già pubblicati rendendone forse più. chiara la esposizione. Divisava,

compiuta che essa

fosse, pigliarla (sono

mie altre opere stampate et che io approho citò alcune non approho, andarmi a presentare ali i p)iedi de Sua Beatitudine la qual ho sue parole) et con alcune

ama li virtuosi, et espo7^li il caso mio, et vedere di ottenere Vahsolutione di excessi et grafia di poter vivere in habito clericale, fuori della Reli-

inteso che

gione 1)

3.

Tenne ragionamento

con un

Doc. VI.

Quanto a quest'opera^ veggasi del Bruno in Parigi. 2)

3)

di questo suo libro

Doc. IX.

il

capitolo del primo soggiorno

— 2U — Domenico da Nocera deìFOrdine

frate

Domenicani, sembra che e' mancasse, quando fu arredei

col Ciotto libraio e con altre persone; e

l'avesse compiuto o poco gli stato e

messo

in prigione ^ 11 manoscritto di (quest'opera

fu adunque, con l'altro dei

PredicameyiH di Dìo

e

con

tutte le scrittuì'e e libri a lui tolti, trasmesso

al

padre

Gabriele da Saluzzo incpiisitore di Venezia;

il

(piale

non poco momento il conoscere ({uali temperamenti avesse il Bruno introdotti nelle sue dottrine, in questo che fu l'ultimo anno

imdò

tutto a

Roma. Tornerebbe

di sua vita pubblica.

La

Comecché

il

appagato di sero

canda dove

tempi diniegato

suo allievo non

lui,

(piieti e

storia della filosofìa forse potrà

di (questo confronto, che ci è ora

un giorno vantaggiarsi dalle condizioni dei

però

senza

era, e

di

i

due o

si

tenesse grandemente

tre

Anzi

dissidii.

venne ad abitare

a casa Mocenigo. Quivi

egli

confabulava col suo allievo,

e

primi mesi trascor-

Bruno lasciò la loin via San Samuele

il

attendeva

ai suoi lavori,

frequentava nelle ore

li-

botteghe dei librai e più specialmente quella del Ciotto, col (quale si intratteneva spesso discorrendo dei

bere

le

suoi libri e delle sue dottrine. Se

gli

veniva latto di

incontrarsi con altre persone, che occorreva di frequente, il nostro Giordano in discussione con loro e ne metteva a prova l'ingegno con la molta sua dottrina e con la facilità che aveva di obbiettare e di contraddire alle opinioni prevalenti. Ed in vero sappiamo che taluna Hata, per desiderio di opposizione o per intimo convin-

entrava

1)

Doc. X-XVI.

2)

Noi facciamo

voti perchè ciò presto succeda, e siamo persuasi delle Sette

che tanto lopera dei Predicamenti di Dio, quanto quella arti liberali, si trovano negli Archivi di Roma.

— 265cimento, tenne disputa presso

i

librai

con

uomini

frati e

di lettere, intorno a quistioni dottrinali pertinenti alla filosofìa

ed alla teologia

noscevano per uomo

di bello

ingegno

Le sue opere

riosa erudizione.

pubblicamente ed erano egli stesso

Passava presso quanti

i.

lette

lo co-

vasta e cu-

e di

latine si spacciavano

da molti. Delle

italiane, o

non ne faceva cenno od a pochissimi erano

note l

Come

in tutte la città di Italia, così particolarmente

in Venezia vi erano circoli, ritrovi o conversazioni letterarie presso le principali famiglie o presso que' cittadini, che

purè erano moltissimi,

di passare

buona parte

del loro

quali

i

tempo

cievole compagnia.

Due

giormente celebrati

e frequentati in

dilettavano

si

in dotta e so-

ritrovi erano

di questi

mag-

questo tempo. L'uno

tenevasi in casa dì l-Jernardo Secchini, mercante alFin-

segna della Nave d'oro, in Merceria

Andrea Morosini,

il

;

l'altro in

maggiore istoriografo

Nelle raunanze presso

di

casa di

Venezia

^.

Secchini convenivano parti-

il

colarmente que' forestieri

e cittadini

che

amavano

fa-

vellare dei commerci, dei viaggi, delle scoperte, delle scienze, dei costumi e delle leggi presso le varie zioni. Il

na-

Sarpi vi usava assiduo, come quegli che, oltre

all'essere inclinato

ad ogni ragione

di studi,

si

dilet-

tava singolarmente di cotali notizie. Qui fu che egli 1)

Queste notizie sono quasi tutte ricavate dalle deposizioni del

Ciotto. 2) Doc. VI.



Il

Ciotto confessa di aver veduto

il

libro italiano

degli Heroici furori e quello deWInfìnito, universo et 3) rini.

libro

mundi.

Facevansi pure adunanze presso Paolo Paruta e Nicola Conta-

Abbiamo un sonetto

agli

uomini del

circolo

Contarini in

un

stampatosi dal Ciotto per cura di un Giovanni Mocenigo nel

1592^ cioè nell'anno in cui

il

Bruno era

in Venezia.

- 266 — conobbe

dotto medico Asselinau d'Orléans,

il

gli restò

quale

il

affezionatissimo per tutta la vita, e che ebbe

dappoi a compagno nella sciagurata polemica teologica che tornò di



poco frutto ed alla scienza ed alla

li-

bertà politica religiosa.

Nel ritrovo

di

Andrea Morosini ragionavasi più par-

Lo

ticolarmente intorno alla filosofia ed alle lettere.

splendore del casato

quale apparteneva Andrea

al

suo ingegno, la sua vasta dottrina, corgimento, la sua liberalità ed

sommamente

facevano

10

anonimo

biografo

della nobiltà,

come

ma

e vi

concorrevano

(così

Paolo Sarpi) gran parte di

di fra

«

di lettere,

non

solo

ancora ogni sorta di virtuosi così che (-apitassero in Venezia, o

((

secolari

«

di Italia 0 di altre nazioni. Si stava alla

«

non vi aveva ingresso

«

vello dei più perspicaci e

((

modi Onde il

suoi urbanissimi

i

quelli che facevano professione «

il

suo squisito ac-

ricerco e desiderato.

suoaitrovo era frequentatissimo 11

il

,

religiosi,

la

buona, e

cerimonia che stanca

il

cer-

consuma vanamente tanto

tempo » ciascuno introduceva quei discorsi che più andavano a genio: si disputava con cortesia, con 1

:

gli

garbo, con franchezza.

merosa, tutti

si

E

benché

la brigata fosse

procedeva tuttavia con tanta creanza, che

potevano aver parte alla conversazione

diletto.

nu-

Qui pure primeggiava

il

Sarpi

2,

e pigliarne

che, a detta

del suo biografo, discorreva con rarissima felicità sopra

Biografia del Sarpi Fra Fulg-enzio, Le memorie aneddotiche del Grisellini e la Storia della letteratura veneziana di Marco Foscarini, p. 116. 2) Il Sarpi frequentò con Andrea Morosini la scuola del gentiluomo Luigi da Pesaro_, che leggeva la filosofia aristotelica in Venezia, come abbiamo accennato. 1)

Veg-g-ansi intorno a queste conversazioni la

attribuita a

.

.

— 267 campo;

qualsiasi materia venisse in

appresso lui

e

il

Morosini, Domenico Molino, Leonardo Donato, che fu poi doge, Lorenzo Giustiniani,

Giacomo Morosini, Nic-

colò Contarini; intervenivano assidui dotti frati di

amanti in

varii

Ordini

delle lettere

più

colti,

prelati ed altre persone

,

i.

Andrea Morosini come prima udì favellarsi del Bruno Venezia e commendarsene lo ingegno e gli scritti,

accettò con piacere che

a

librai

i

lui.

Venne quindi

compagnia 2.

libraio Ciotto lo introducesse

Bruno per

prima volta in

la

del Ciotto in casa del Morosini,

gentilmente accolto ritrovo

il

il

e

da cui fu

presentato ai frequentatori del

Vi ritornò da poi più

volte, ed

secondo la testimonianza che ne rendè al tribunale dell'Inquisizione,

il

i

suoi discorsi,

Morosini stesso

da cui fu chiamato a de-

porre con giuramento ^ addi 23 giugno 1592, versarono

su argomenti

filosofici e letterarii e

consta di relazioni particolari tra

argomentarono alcuni fra

i

il

non

religiosi.

Sarpi e

suoi biografi ed

il

lui,

Non

come

Barthol--

il Brano entrò in faminon potè non trovare nel valente

inès fra questi. Certo che se gliarità col Sarpi,

Servita

un uomo dottissimo

nelle scienze naturali, in-

tendentissimo nelle matematiche e favorevole alle dottiine intorno al

moto

della terra.

Nondimeno

chi

ben

considera la diversa tempera di questi due ingegni è costretto di astenersi

mutue 1)

da ogni conghiettura intorno

loro relazioni che

Più tardi

il

non abbiano fondamento

alle

in

Nunzio apostolico OlFredo Offredi accusava il Sarpi Accademia contro l'immortalità dell'anima.

di tenere disputa in questa 2)

Doc. XVII.

3) Il Morosini per

del processo e della

non violare il giuramento tacque compiutamente morte del Bruno nella sua Storia di Venezia.

-268documenti autorevoli. Pare eziandio non confortata da prova l'asserzione che

il

Sarpi, o alcuni suoi amici del

Nolano quando questi fu posto in carcere i. Poiché negli atti del processo non vi compare altro nome che quello di Andrea Morosini, a cui lode è a dire, che i termini nei

ritrovo Mauroceno, assumessero la difesa del

quali è espressa la sua testimonianza sono tali da scol-

pare

il

Non

Bruno davanti

al tribunale.

ebbe quindi

nostro Giordano amici presso

il

quel tribnnale dell'Inquisizione

;

non poteva averne,

e

essendo egli da poco tempo in Venezia ed avendo contro sè

un giovane

anche

il

patrizio di grande casato.

Il

Ranke ed

Bartholmèss giudicarono maggiore che non

fosse l'autorità del ritrovo Morosini,

vando che passarono più che due quasi tutti sero contro

i

non bene osserprima che

lustri,

personaggi di questo ritrovo

Roma

schieras-

si

sotto la bandiera del Sarpi.

In questo frattempo

il

sovente nello Studio di

Bruno da Venezia recavasi Padova, dove dava a quando

a quando lezioni private ad alcuni scolari tedeschi. forse non insegnò pubblicamente e

non potè

lezioni di Galileo Galilei; chè (questi auspicò

«juando già

il

Ma

assistere alle

suo corso

il

PJruno era da alcuni mesi in carcere. Si

occupò in Padova di astrologia giudiziaria

e fece co-

piare per conto suo da uno scolaro tedesco, certo Bislero

1)

2,

Il

un

Bruno

libro che

stesso

ha per

titolo

non ìndica amici

è d'uopo aver presente, che

il

nome

De

sigillis

Hermelis

Senza che Nolano non suonava in quel

speciali in Venezia.

del

modo che suona in questo nostro. Brunnhofer crede che si debba attribuire a sbaglio mio lo scrivere che io feci Bisìero e non Beslero. lo ho riprodotto questo nome con tutta fedeltà. Esso si legge cosi e non diversamente nei documenti tempo 2)

Il

al

- 269 Ptolomei, che egli trovò commendato nelle opere di Alberto

Magno ^

Il

dova non andò gono

soggiorno più lungo che fece in Pa-

oltre


tre mesi; e perciò

i

male

che asserirono avere

il

si

appon-

Bruno

fatto

quivi una lunga dimora e durate persecuzioni per parte del clero.

E vanno non meno

errati coloro che conget-

turarono che egli fosse stato, come

Pomponio

suo compatriotta

il

Algerio, quivi arrestato

di poi tradotto

e

prigioniero in Venezia. Bastò tuttavia la breve dimora del

Bruno

in

Padova a

far sì che Valente Acidalio lo

segnalasse ai suoi amici e se ne mostrasse meravigliato,

non parendogli che

il

Bruno potesse starsene quivi senza

correre gravissimi pericoli-.

Sospinto pur sempre dalla necessità

di lavorare,

con-

dusse a compimento, in questo suo breve ed interrotto soggiorno di Padova,

fummo

il

libro

Triginta statuar um che

primi ad avvertire che

di'

esso fanno cenno le

notizie del Noroff^, e che questo verrà in luce tra gli scritti inediti

originali.

Non

che ora sta pubblicando

oso impugnare,

Bislero di cui qui è parola sia 1)

2)

ma il

il

Governo.

non sono del tutto

sicuro, che

il

Beslero del Brunnhofer.

Doc. xr.

Valente Acidalio addì 21 gennaio 1592

Bruno fosse adhuc fìdem

in quel

tempo

in

si

meravigliava che

il

Padova, miror, miror, nee rumori

liabeo.

De monade et figura, a carte 128, il Bruno rammentando questo Ubro delle Trenta statue, dice che era già scritto, ma non pubblicato. Il libraio Tross di Parigi, quando io era presso 3) Nell'opera

al

termine della prima edizione della biografia bruniana, avendo an-

nunciato che ne possedeva io

scrissi subito

per averlo

il :

manoscritto con

ma mi

la

data di Padova 1591,

venne risposto dall'egregio com-

mendatore Costantino Nigra, ambasciatore d'Italia in Parigi, che il medesimo era stato acquistato dal signor Noroff, già ministro dell'istruzione pubblica in Eussia, con altri autografi inediti del

Bruno.

— 270 Tra Venezia

e

Padova

otto mesi, durante i

ritrovi, le

frati del

i

quali

botteghe dei

suo Ordine

(i

trascorsero il

Bruno

librai, si

adunque

oltre al frequentare

abboccò con parecchi

il

dandosi a conoscere, senza che per

Capitolo generale) ciò gliene venisse

molestia o fosse posto in sospetto presso

Uno

dei frati che il

si

od

quali dalle provincie napoletane

erano convenuti in Venezia per

generale era

sette

il

Governo.

trovava presente a questo Capitolo

padre Ippolito Maria Beccaria da Mon-

dovì, del quale discorreremo più avanti.

Notiamo

fin

d'ora che è questo padre che ebbe di poi larga parte ,

col Bellarmino nel processo

romano condotto contro

il

Bruno. Mi

rincresce vivamente che le persone da più anni incaricate della

pubblicazione delle opere edite ed inedite del Bruno, non

ancor dato la stampa dei manoscritti di

ben quattro

lustri.

Questa mancanza

lui

accennati da

ci

me

è stata la principale

abbiano or fanno

causa del

Bruno da noi promessa. Ci parve poco conveniente parlare dei pensamenti filosofici del Bruno senza conoscere appieno il libro deW Anima da lui scritto assai tempo avanti che entrasse nelle prigioni di Eoma. ritardo della esposizione della dottrina del

- 271

-

CAPITOLO XV. (15921593).

SOMMARIO.





Dalla casa Mocenigo alle prigioni del Sant' Ulficio. Il processo: denuncia, testimoni, Tribunale veneto d'inquisizione Indipendenza della filosofia dalla teologia Interrogaaccusato Pratiche di Ultime parole in Venezia di Giordano Bruno torio Roma ed estradizione.



— —





Il

il Bruno in casa, cominciò mal viso ed a lamentarsi che insegnasse quanto aveva promesso. Al

Mocenigo, come ebbe

dopo breve tempo a

fargli

esso non gli Bruno per contro veniva a noia nella persuasione

di

adempiuto con esso

Fallievo, sendochè era

avere più che siifficientemente

lui

agli obblighi che

vano. Si guardavano quindi

Tun

gF incombe-

Faltro di traverso, e

Funo mostravasi scontento e diffidente delFaltro^ Le cose procedettero di questo passo, insino a che il

Mocenigo per ordine del suo confessore

di coscienza

spite e

denunziò

al

e

per obbligo

tribunale dell'Inquisizione

maestro con cui conviveva.

Il

l'o-

Bruno, o avesse

avuto sentore di qualche cosa, o gli premesse veramente di ritornare a Francoforte per mandare alle stampe gli scritti che già erano in parte compiuti o

1) I fatti

narrati in questo capitolo, essendo essi pure per intiero

tolti dai Costituti del

ogni passo

le

Bruno, non crediamo

citazioni dello stesso

sia mestieri ripetere

documento.

ad

- 272 — ad esserlo, diede sesto

vicini

alle cose

sue e pigliò addi

21 maggio 1592 congedo dal suo discepolo.

Questi che già aveva concepito sito di

il

consegnarlo all'Inquisizione,

deliberato propogli fu

attorno per

prima con istanze poi con minacele. Ma le une e le altre sortivano inellìcaci, entrò che veduto la notte del venerdì 22 maggio nella stanza dove dormiva il Bruno, ed essendo accompagnato da un suo

trattenerlo

,

servitore Bartolo e da cinque o sei gondolieri, di quelli

che costumavano soggiornare davanti casa Mocenigo,

con pretesto di volergli parlare

lo

condussero sopra

un solavo

e lo chiusero quivi strettamente a

In questa,

il

mandò

al

chiave.

Santo Ufficio, informato dal Mocenigo,

mattino un capitano in via

quale fece discendere

il

Bruno

S.

Samuele il un magaz,

dal solare in

zino da basso della stessa casa; indi nelhx notte del

sabato 23 maggio fu da Matteo d'Avanzò, altro capitano, tolto di là e tradotto nelle prigioni del

Santo

tribunale dell'Inquisizione, secondo lo

Il

componevasi

del

Padre inquisitore sotto

il

nome

di

Nunzio

Ufficio.

veneto,

apostolico, del Patriarca, del assistenti, designati

e di tre nobili

i>avu

stile

aW eresia,

la cui

chiedevasi alla validità del processo. I

presenza

ri-

Savli, nominati

in ogni anno e dipendenti dal Governo, avevano obbligo di non celare al doge ed al senato cosa alcuna che

si

facesse dal Santo Ufficio, e di sospenderne le

deliberazioni quando alle

le

giudicassero contrarie alle leggi,

consuetudini dello Stato ed alle istruzioni secreto

che avevano ricevute ^



RoMANiN, Storia documentata di Venezia, Voi. VITI, p. 349. Sarpi, Storia delVInFerro, Dizionario amministrativo.

1)



Confoi-me a questi provvedimenti, entrarono a costiil tribunale eretto contro il Bruno,

tuire

Monsignor TaLorenzo Friuli patriarca =, Giovanni Gabriele daSaluzzo dell'Ordine dei Domenicani, Padre inquisitore, e Luigi Foscan assistente nelle prime tornate (chè sempre non berna Nunzio apostolico in Venezia', Monsignor

erano presenti tutti e tre) ed in appresso Sebastiano Barbarigo e Tomaso Morosini. Addi 26 maggio (1592), giorno di martedì i giudici presa notizia delle lettere di denunzia del Mocenigo' chiamai'ono

il

stesso giorno

il

libraio

Ciotto, e quindi sempre nello libraio Britanno o Bertano, invitandoli

a deporre quanto sapessero del prigioniero. È pure nel di 26 che compare davanti agli stessi guidici un uomo che nell'aspetto non palesa più che quarant'anni, di statura comune e con barba color castagno. Gli SI presentano le sacre pagine, perchè vi quisiHone di governo

Il

Ve>,c,ia.

-

0.4^x0

lasciarono cadere

sempre mostrasse

eretici—

avere in nel caso del povero Eicetto da gondole unite, le quali separandosi lo

pregio la giustizia e l'umanità, V ccnza, che posto sopra due

m

di

come

mare, fu tuttavia il più delle volte giusto ed ante che di rado consentiva che'si adoperasse la' tortuil

umano

m

Zltt alla

Storia cUgli

Veneto, abbenchè non

f

'

f

' ^^Sione che questa aveva

pnateria degl, Uscocchi contro

il volere di Clemente Vili Lorenzo Friuli nel 1582, mentre il Bruno era in Parigi trovavasi pure ambasciatore colà. Mori cardinale in Soma l'anno' st lso in CUI il Nolano venne abbruciato,

2)

defS P™?,,"' la

di

de,

18.

%q



'

1

'3»»>"^ntì ^'

P""«

Berti, Giordano Bruno.

riferentisi

alla

deposizione

Bruno, portano

— 274 — apponga sopra di dire

vero.

il

mani, obbligandosi con giuramento

le

Mentre i giudici con ammonizioni a non lasciandoli finire e senza aspet-

ciò lo esortano, egli

rompe

tare interrogazioni,

silenzio e dice per quali

il

ragioni e con quale intendimento fosse venuto di Francoforte in Venezia. Quest'uomo, la cui pittura è copiata

parola per parola dal processo, è Giordano Bruno da

Nola.

In questo primo interrogatorio che durò non solo Fin-

ma

domani,

ancora

a raccontare

la

posti da canto

(juali,

giorno 2 di giugno, egli

il

sua vita ed a rispondere i

fatti della vita,

si fece

ai giudici,

lo

i

interrogano

pubblicamente o privatamente, nelle lettoni che

«

se

((

egli

«

unto

«

alla fede

«

Santa

ha

ha mai insegnato, teo repugnante

fatto in diversi fuochi,

disputato

0

contrario

articulo

cattolica et secondo

Romana

Chiesa

le

termi nationi della

Qui incomincia per parte

».

del tribunale Tesarne delle

opinioni e

delle

dottrine

del Bruno.

Insino dalla seconda metà del secolo e durante tutto

il

decimoquinto

decimosesto, in Italia, più che nelle

scuole francesi di questo tempo, la filosofia

si

separa

dalla teologia e primeggia nelle nostre Università per

mancanza stri

di grandi scuole teologiche. In

ninno dei no-

Studi queste pervennero all'altezza della Scuola

teologica parigina o di quelle di ordine

mezzano che

pur levarono tanto rumore in Francia. I nostri massimi luminari di teologia, come San Bonaventura, San Anselmo, Pietro Lombardo

fama

San Tomaso, acquistai'ono

e proseliti più fuori che dentro l'Italia.

filosofìa

sotto

e

Quindi

la

appresso di noi tenne scettro di sovrana; e

nome, ora

di Aristotile

ed ora

di

Platone, levò

— 275 — cattedra e tribunale senza che altra cattedra o tribu-

nale scientifico con severo sindacato la governasse. I nostri filosofi, pur sempre al

dogma con

tavia che

pronunciati

i

mostrando di prestare omaggio

espresse dichiarazioni, aftermarono tutfilosofici si

potessero difendere

anche quando a questo contraddi vano. Nella disputa intorno all'immortalità delfanima, che

Pom-

incomincia cinquant'anni avanti il celebre libro del

ponazzo

e

che

prolunga per tutto

si

secolo decimo-

il

non da uno, ma da molti nostri impugnare l'immortalità secondo Aii-

sesto, sostenevasi fìlosotì,

potersi

stotile 0 la filosofia, doversi credere il

dogma.

E

comecché

il

secondo la fede ed

Concilio di Laterano, nel prin-

cipio del secolo decimosesto, si chiarisse risolutamente

contrario e riprovasse colfanatema questo gionare,

nondimeno

e lettori e scrittori vi

con tanta ostinazione che

il

modo

di ra-

perseverarono

Cremonini, in sul

finire di

esso secolo, bandiva pubblicamente dalla cattedra di

Padova che i

egli seguitava le dottrine di Aristotile

dettami della

filosofìa,

benché non

che quelli e questi diparti vansi dal

gli

dogma ^

Ammettendosi adunque, per una specie cademico

ed

fosse ignoto

e scientifico, che potesse la

di

gim^e ac-

filosofìa libera-

mente spaziare senza obbligo di conformarsi al dogma, il Bruno rispose a' suoi giudici che quantunque la sua filosofìa

repugnasse indirettamente alla fede, in quella

guisa che vi repugnava quella di Aristotile e di Platone, egli tuttavia

1)

non aveva mai né insegnato, né

Di queste asserzioni

e del significato

scritto

che convenga loro

buire nella storia della filosofia italiana del secolo

attri-

XVI, daremo

gione in un nostro scritto di prossima pubblicazione.

ra-

— 276 — cosa che a quella direttamente

opponesse. Fatta que-

si

sta dichiarazione, egli prese a esporre le proposizioni

fondamentali del suo sistema

nuarne

filosofico

od occultarne

la significazione

senza atte-

,

conseguenze.

le

Disse nettamente che egli credeva in un universo finito in

grandezza ed

infinito per moltitudine di

in-

mondi

;

che questi mondi particolari sono simili al nostro: che

questo universo è governato da una legge generale e

chiama Provvidenzap in virtù della quale ogni cosa vive, vegeta e si move, e sta nella sua costante, che egli

perfezione.

Che

la Divinità

ha

tre principali attributi

:

potenza, sapienza e bontà, ovvero mente, intelletto ed

amore, per l'essere,

i

quali attributi le

cose

per ragione della mente

hanno dapprima

dappoi l'ordinato es-

;

sere e distinto per ragione dell'intelletto; terzo, la con-

cordia e simmetria, per ragione dell'amore. Che

cabolo creazione esprime la dipendenza del

prima causa,

sia che si giudichi

il

mondo

il

vo-

mondo dalla

eterno ovvero

prodotto. Confessò di avere, nei termini della ragione naturale, dubitato

deWincarnaHone

dai filosofi è chiamato

del Verbo,

intelletto o figlio

il

quale

della mente.

Così pure lo Spirito divino, o terza persona della Trinità,

secondo

i

teologi,

non

fa

da

lui altrimenti tenuto

che come l'anima dell'universo, conformemente alla dottrina espressa da Virgilio in quei versi: Spiritus inius

Mens 0

come

alit,

agitat ?nolern

lo spirito del

ioiamque infusa per artus ;

Signore secondo

il

detto di

Sa-

lomone: spiritus Domini replevit orberà terrarum.

I giudici, 0

non trovassero bastantemente chiare que-

ste parole intorno al mistero della Trinità, o amassero

— 277 — insistere sopra questo capo che era

vono nuove domande,

principale,

il

muo-

risponde a un di

alle quali egli

presso nello stesso tenore. Se non che sapendo di essere sospetto di arianesimo, piglia di qui occasione a

ben potè qualche volta in private conver-

dire che egli

manco

sazioni affermare che l'opinione di Ario era niciosa di quello

stimasse volgarmente

si

,

per-

senza che

però egli avesse inteso farla sua.

Premesso che pone

il

suo sistema indirettamente

alle verità della fede, e

confessati

intorno al mistero della Trinità,

il

dottrina cattolica

si

,

gli si

fanno sulle

afferma che egli

tenne e tiene quanto la Chiesa insegna e comanda

chiama

in colpa per

op-

suoi dubbi

Bruno rispondendo

con precisione alle interrogazioni che altre parti della

i

non averne osservato

i

;

si

precetti;

promette di volere d'ora in poi ravvedersi ed emendarsi. Interrogato che opinione abbia intorno ai miracoli,

risponde

che

ha sempre creduto che i miracoli di non apparenti, consua divinità, come maggior testimonio

Cristo siano divini, veri, reali e

seguenza della

n'è la legge evangelica.

Crede nella transubstanzazione

del pane e de] vino in corpo e sangue di Cristo realmente e substanzialmente. Solo si scusa di non avere

frequentata la messa, per rispetto dell'impedimento della

scomunica in cui era caduto. Parimente per questo impedimento

è

da sedici anni che

egli

non

si

presenta

al

Sacramento

tribunale di penitenza, benché tenga che

il

della penitenza sia ordinato a purgare

nostri peccati,

e creda che

li

vada dannato chiunque muoia in peccato

mortale; aggiungendo che quando ha peccato ne ha

sempre domandato perdono a Dio tieri

confessato se avesse potuto.

e si

sarebbe volen-

— 278 — non conoscevano

I giudici

ignoravano forse

nome

il

dei suoi libri avanti che egli

ne somministrasse l'elenco loro interrogazioni

lettei'e,

scritto di proprio

pugno.

non sono quindi ricavate che in quelli

cipii e dalle asserzioni

bensì dalle

opinioni del Bruno, ed

le

nelle

(j^uali il

si

contengono,

Mocenigo, oltre

già da noi notate, gli apponeva audaci sentenze essere stato

un

tristo, e

di essere impiccato facendo opere

animo

le :

ma

cose

Gesù

che molto bene poteva predire

quelle di sedur popoli: che fu coli apparènti, e cosi

I^e

dai prin-

pure

gli

quali erano

tristi

un mago

e

fece

mira-

Apostoli: che lui avrebbe

di far tanto e più di loro: che

non

vi è puni-

anime passano da un corpo come tutti gii altri animali: che la nostra fede è tutta piena di bestemmie: che i frati sono asini che San Tommaso e tutti i dottori non hanno saputo niente, e che egli si sentirebbe che vodi far ammutolire tutti i teologi del mondo zione di peccati: che all'altro e

nascono

le

di corruzione

:

:

leva darsi all'arte divinatoria e far correre dietro sè tutte le genti

:

che

il

procedere che usa adesso la Chiesa

non è quello che usavano gii impostoli che questo mondo non poteva durar così: che era necessaria una riforma :

generale

:

che sperava su questo proposito grandi cose

dal re di Navarra: che egli si affrettava quindi a mettere in luce le sue opere ed a farsi credito, pei-chè con-

Mava

porsi alla testa di questa riforma e di godere

tesori degli altri: che gii piacevano le

donne

e

i

che non

vi era peccato a servire alla natura.

A

tutte queste accuse del Mocenigo, sulle quali ver-

sano quasi per intiero

le

interrogazioni dei giudici,

il

Bruno oppone una negazione recisa. Nell'udire taluna delle principali di esse, come quella che Cristo fosse

un

tristo e facesse

gli si

opere

tristi,

lentissimo

'plurlmuni

,

non sa come

replica che

possano imputare queste cose

e se

ne mostra do-

Quando

se contrhtavit.

poi

viene appuntato di avere proferito che Cristo fu mago,

avrebbe bastato Fanimo di fare

e che a lui

che Cristo e

coli stessi

lora egli alz'a al cielo

cosa è questo

?

gii

Apostoli avrebbero

ambe

le

mani ed esclama

chi è stato che

non ho mai detto

,

mira-

i

fatti, al-

Che

:

ha trovato queste dia-

Nè mai mi passò Oh Dio che cosa è

«

volerle? Io

«

per l'immaginatione tal cosa.

n

questo

((

stata proposta questa cosa^). Circa l'accusa che si rife-

t

tali cose.

!

Io vorrei essere piuttosto morto che

mi

fosse

riva al peccato della carne, egli confessa d'essersi lasciato sfuggire per leggerezza e per ischerzo qualche parola in alleviamento di questo pecato, senza che però egli si sia

mai

restato dal pensare e tenere che fosse peccato

mortale. I giudici

non insistono soverchiamente, nè mai

cer-

cano di contrapporre una risposta ad un'altra, anche

quando

le

due risposte non sembrano perfettamente

concordare. In ciò che ha attinenza ai propria, là di

il

Bruno non

quanto dagli

fatti della vita

solo nulla occulta,

stessi

giudici

è

ma

richiesto.

va

al di

Favella

delle sue relazioni con la regina d'Inghilterra, e si scusa

diva conformandosi all'usanza che ultimamente delFa^ strologia giiicUziaria, per vedere quanto in essa vi fosse di vero e che non ha conoscenza del re di Navarra e dei suoi ministri. Entra poi nei particolai'i che già ci son di averla appellata

là correva: dice che si è occupato

:

noti de' suoi processi giovanili. Confessa suoi tutti

i

libri

che sono indicati nella polizza ch'egli consegnò al tribunale scritta di proprio pugno, e rende ragione perchè al-

— 280 — il nome di Venezia e di Pamentre furono stampati in Londra. Aggiunge che quanto ha palesato e quanto ha espresso ne' suoi scritti di-

culli

portino nel frontispizio

rigi,

mostra sufficientemente Viniportantia e che quindi, per quanto lo

del suo eccesso,

esamini, non

si

si

disco-

prirà che /labbia aruto in dispregio la religione calo! ic a.

Alle paini.'

dolo

rlie,

conoscere

iJruiio

(It'l

da[>p(Ucli.'

gli eriori siidi.

e a dir

la

sorla di

aiii(>r<'\

\'('l-ila.

della Sania iinMih' di

se

(

aggiiinla e

Nel

idh

\

che

r In aiiiii a

Chiesa,

'^la

.piaiila

narrale,

vcrilà

la

le ricoiiteriiia

con

;

c>

rila-

([ualclie

di

imm-o

S(ip|-;i

ai

sikh ddii. r^^W l'ipete coii ca-

ii'iiai'e

\t)rrehhe che

vivere e riposare.

\

(•! ai

;.:li

\

iik iliieillo.

li;i

sei iiio

ed operato con-

prcceili della l'eligione, nella

Insse d'ora in pei concesso di

sii-i-Minc

i

pn-sia conlessioiie è cosa

di gl'alide int>iiieni<' nella ^na

il

grembo

aria/.i< 'iic

irariaincute ai do-iiii

<-lie

usi Ogni

ridiirare nel

hriiim protesta nuova-

il

lore che è peniii'i di 'luanin


irihiiiialo ^li

il

|)alcN;ii;i

feiidnsi sulle cnsc

rispondono esortan-

(HU inni a scai-icarsi hi coscienza

(

iKilr

.|
.Ma
aX'T

\

,L;iiiilifi

i

iim^ifaio in alcuno cose di ri-

lia

ne seguiamo [jassn passo

l,i

vila, così

è

necessario

niaiiifestazione in tutto

[processo. l-dn

4?gli

secondo suo iiiierrogatorio del

dal

mostra

disapprovare

di

^M)

maggio

aver discorso nei suoi

troppo filosoficamente, dislionestamente, et non Irdppo da J)uo/( eh rixliaiio, e lascia intravvedere che

liìu'i

se ne duole. Neil" interrogatorio del di o giugno, coti

parole vive e caldissime cosi risponde ai suoi giudici: detesto et

abborro

tutti

li

errori che io ho commessi

sino al ]> resente giorno pertinenti alla

trita

catholica,

.

— 281 — et tutte le heresie,

che

io

ho

tenute, et

dubbi che ho

li

avuti intorno alla fede cathoUca, et alle cose determinate dalla Santa Chiesa, soggiungendo abhorrisco :

ne sono pentito di havei fatto, tenuto, detto, creduto 0 dubitato di cosa, che non fosse catholica; et prego

et



le mie infirSanta Chiesa,

questo Sacro Tribunale, che conoscendo ìnità vogli al)bracciarnii nel grernio di

provedendomi di riiiiedij opportuni usandomi miser eco -d ia.

mia

alla

salute,

ì

A

questo interrogatorio ne succedono due altri

due giugno, indi un altro il

quatti'o

onde,

Bruno

il

come

si

il

tre

lasciato

è

esprimono

ed

quattro.

il

il

Dopo

quasi due mesi a

sé,

giudici, avesse comodità di

i

ripensare alle cose dette, e di esaminare se la sua coscienza non gli suggerisse nulla più di quello che già

aveva confessato. Trascorsi questi due mesi, fu ricondotto, addi iicio,

o^)

Santo Uf-

luglio, avanti al tribunale del

dove profferì

ultime

le

parole di pentimento;

ultime parole veramente autentiche che

ci

restino del

processo di Venezia. «

Può

esser (disse ai giudici) eh' io in tanto corso di

«

tempo habbi ancor errato

«

in altre

«

ancora illaqueato in altre censure;

«

pensato molto sopra, non però

«

sato et confesso bora

n

qui nelle mani delle Signorie Vostre Illustrissime per

((

ricever remedio alla mia salute, del pentimento de miei

«

mesfatti non poti*ei dir tanto quanto

(f

cacemente come desiderarei, Tanimo mio

maniere

nunciate queste parole «

et deviato dalla

di (luelle

li

si

ho esposto

le

et

Santa Chiesa che

mi

ma se bene

trovi

io ci

ho

riconosco, ho confes-

errori miei prontamente, et son

è,

nè esprimere ».

Dopo

effi-

pro-

prostra genuflesso e continua:

Domando humilmente perdono

al

Signore Iddio

et alle

- 282 — ((

Signorie Vostre Illustrissime de tutti

«

commessi, et

li

errori

da

me

pronto per esse(iuire quanto dalla

soii (^ui

«

loro prudentia sarà

«

diente alFanima mia, et di più

«

più tosto castigo che ecceda più tosto nella gravità del

«

castigo, che in

«

(lalhi ([uale

((

abito della i-eligione che ho portato, et se dalla miseri-

«

cordia di Iddio

deliberato, et si giudicarli espe-

della

«

dato

Con

dimostrationo tido pul)blicamente,

fai-

}4l-all(li Jlia (

h-a

iia. pi

eli-'

clic

pnù

ih

l

si

Ila

per

h()

come

leiiia S( 'C(

)]

il

lino

il

pi'ologo

dei più

O (leciuiOSestO.

adeiiipiiino airiillicio di storici, nar-

proci^sso

veneto

il

Bruno

dappi'inia

fosse in sulla cattedra e

noli da\"aiiii a L^iiidici. poi confessi di

avere praticamente

molli capi della dottrina cattolica, respingendo

sdegnosamente si

scandalo che

».

chiude s(Mi/a giudizio

liluvdii (lei

e^-pniiLia la Sila lildsoiia. (piasi

teiiiiid a

il

coiisidei-ai si

clic

pili illtell<-i

;ilil.iaiih>

cdiiir

sacro

duetto far riforma notabile

lania cdilicationo

(ifaiiiiiia

dei

i

ninpciisciù

i-ii

(pn'sic SdltMiiii pai-ole

Ici'j-ibilc

raiidu

\

\

culi altro et

al

delle X'osti'e Signorie Illustrissime

et

proc^^sso veneto, del

supplico che mi diano,

potesse ridondai'e alcun disonhore

mi sarà concessa la mia ita, che

rt

«

le

le

accuse appostegli dal Mocenigo, in line

chiarisca desideroso di purgarsi dalle censure in cui è

incorso, e di riformare la sua vita, e di terminare in pace i

suoi giorni,

cai-attere

1

clie ci

Fu

egli

resta a concludere intorno al suo

concorde o discorde da sèf

timento fu esso sincero f che

si

A

saranno già elevate nella mente del

proveremo a rispondere dopo prigionia in

Roma

II

suo pen-

tutte queste interrogazioni, lettore, ci

la narrazione della

sua

coronata tristamente dal rogo.

Terminato Tultimo esame che fu addì trenta, come abbiamo poc'anzi detto, il Bruno venne ricondotto nel

- 283 — carcere senza che fosse profferita sentenza contro di

lui.

Il

tribunale veneto partecipò all'Inquisizione generale

di

Roma

gli atti del

municati durante

processo, se già

non erano

stati co-

lungo intervallo (cinquantacinque

il

giorni), che corse tra

penultimo esame

il

e l'ultimo. Il

cardinale Sanseverina scrisse prontamente addì 12 set-

tembre (1592) al Santo Uffizio in Venezia di mandare con prima sicura occasione di buon passaggio Giordano Bruno al governatore di Ancona, di dove sarebbe

Roma. Appena

stato subito inviato a

ordine,

vicario

il

inquisitore ed

signori

il

Patriarca di Venezia,

del

clàrissimo

assistenti

ricevettero questo

Tomaso

Santo Tribunale, vennero addì

al

28 settembre nel Collegio (Pregadi) e fecero nota la

padre

il

Morosini, uno dei

al

doge

domanda non senza informarlo sommariamente

processo del Bruno.

avrebbe

fatto

Il

doge rispose che

il

del

Collegio vi

sopra la conveniente consideraiione, ed

avrebbe in appresso significata loro

la

risoluzione

adottata.

Nel dopo pranzo

dell'istesso giorno ritornarono

i

già

nominati

al Collegio,

liberato,

aggiungendo che havevano una barca che

per intendere quello che

stava per partire per Ancona.

Il

si

era de-

Collegio replicò che

momento non si haveva per ancora potuto farne risolutione, e che perciò li consi-

la cosa essendo di

gliava a licenziare la barca.

mandò, come era suo uso, copia addì ti e ottobre della domanda all'ambasciatore Donato in Roma, significandogli ad un tempo facesse presente, ove di ciò si fosse colà discorso, che apporterebbe pregiudizio aìVautorità del Tribunale veneto e danno Intanto

grande

il

Collegio

ai sudditi, se si

dovessero inviare a

Roma

quelli

;

— 284 — che sono ritenuti e processati in Venezia.

Il

Donato era

succeduto a Giovanni Moro, che cessò di vivere in quell'anno stesso, ed al quale

Bruno dedicò in Parigi il Anche questa

il

Compendiosa

libro della

aì'chiieitiu'a.

morte tornò a sventura del nostro Nolano. Il Nunzio apostolico in Venezia, eccitato da Uonia, ridomandò in persona, addì 22 dicembre, T infelice

prigioniero

Collegio

il

;

che sono nel dispaccio

schermi allegando

si

al

dole Tambasciatore osi^oste a

era

allora aciiuiciaia.

pei-

pace;

ma

poletano

(•

processato

che

pili ('

conti'

Koiiia.

11. -Il

Napoli ed

in

(li

(ì'ti

(j/n'sfn

i-a|»o

siuldiin

(li

si

erano l:1i

al

Bruno era nagià era stato

lìoma per gravissime rolir in casi

niaii(iati ;

non

li

rei al

clic iiiline si

il

col[)e

sh-aordinari tribunale di

Bruno essendo

poteva non consegnare

Collegio alqnaiiio scosso da ([uesle ragioni, chiamò

[)idcuratore Federigo Conlarini, addi sette gennaio

159o per ndii

venuto

alla

e (piale fosse

disse

«

esser

il

suo avviso.

Il

Contarini

presenza deireccellentissimo Collegio, ed

accennati sommariamente

«

il

[toiitcticc. il

il

Santità, questa se ne

N'enezia. die


in

aliri

frate e frate /irrcsicu-cd,

ragioni

Nim/.io non ne restò cadisse che

dozene dì

tiiui

Sua

Il

in inah-i ia e

('iiii(')

le

Donato, ed aggiunse che aven-

le

di heresie, se

i

fatti del

processo del Bruno,

colpe di costui gravissime in proposito

ben per altro uno

de'

più eccellenti et

possine desiderare

et di

esquisita

«

rari ingegni che si

«

dottrina e sapere. Che per essere questo caso princi-

«

piato a Napoli, et in

«

quel fòro, che a questo, et per la gravità estraordinaria

«

delle colpe, aggiunto anco, che egli è forestiei'o et

«

suddito, crederla che fosse conveniente satisfar a Sua

Roma, onde par più

spettante a

non

— 285 — ((

Santità,

«

glianti

come

». Il

nazione che si

si è fatto

anco altre volte in casi simi-

Collegio che già inclinava ad

gli cattivasse la

una determi-

gratitudine del Pontefice,

diè per vinto alle ragioni del Contarini, e deliberò in

quel giorno stesso fosse fatto sapere al Nunzio apostolico in

Venezia ed all'ambasciatore in

Roma

che

il

Col-

come segno della continuata prontezza della Repuhlica in far cosa grata al Pontefice, consentiva alla domanda di estradizione del Bruno. Addì 9 gennaio già si dava partecipazione della deliberazione al

legio,

celebre Paolo Paruta, ambasciatore veneto in

E

questi

il

1(3

dello

stesso

Roma.

mese già rescriveva

alla

Doge che questa cosa era tornata gratisPapa, il quale ne lo aveva con parole molto

Serenità del sirna al

cortesi et iiffitiose ringraziato.

Bruno adunque

Nunzio pontifìcio metà di gennaio 1593. Addì 27 febbraio dello stesso anno già è nelle carceri deir Inquisizione in Roma, come ne rendono fede i documenti romani ^ Gli atti del processo veneto e tutte le carte nel medesimo allegate, pare siano stati col prigioniero trasmessi da Venezia all'Inquisizione romana. Il

fu consegnato al

residente in Venezia circa la

1)

Circa r origine di questi documenti

conferisci

mio opuscolo

Documenti intorno a Giordano Bruno da Nola. Koma, 1880.

:

CAPITOLO XVI. (1593-1000).





lU'uno prigioniero in Roma — Clemente Vili Il carsanseverina — Prestezza con cui conducevansi i processi nel santo Ufficio — Ritardo avvenuto in quello del Bruno Considerazioni su questo ritardo — Stato deiranimo del P.runo— Lotta clie dovette sostenere Ira se e sè Kresie che pare sieno state le prime ad essere notate dal sunt" Cflizio.

iSOMMAKlo. dinale

(li





L;i

|)ii;^iniii;t

del

UniiK.

anni, che mettono capo,

Konia comprende sette

in

come

già

dicemmo,

alla

metà

gennaio dei mille cin
11

decreto di estradi/ione con cui

lo

consegnò

al

il

Nunzio apostolico,

quello stesso doge i*a.s(|uale

(Toveriio fu

veneto

sottoscritto

da

Cicogna che pochi mesi

avanti chiamò a leggere matematiche Galileo Galilei nello Studio di

Sedeva

in

Padova

Roma

sul

trono

pontificio

il

figlio dei

toscano fuoruscito Silvestro Aldobrandini, che pigliò

cingendo

1)

La

la tiara

il

nome

di

lettura di niatematiche in

Clemente ottavo. Questi

Padova essendo da qualche tempo

vacante perchè non trovavasi soggetto bastantemente

26 settembre 1592

il

degno, addi

doge Pasquale Cicogna scriveva: « Ora che

si

domino Galileo Galilei, che legge in Pisa con sua grandissima laude, e si può dire che sia il principale di questa professione, il qual si contenta di venire quanto prima nel predetto Studio no-

ritrova

stro a leggere detta lectione, è a

proposito di nominarlo ».

-287 — era

uomo

di

animo elevato,

risoluto,

prudente e così

instancabile nel lavoro, che attendeva egli stesso con

grandissima diligenza alla spedizione degli

affari,

ogni cosa voleva vedere ed esaminare con

gli

proprii

^.

Studiava quindi da sè la più parte dei ne-

gozi attinenti alla

tuate al

Chiesa ed allo

Stato,

non

eccet-

ardue quistioni intorno alla grazia, in

le

ed

occhi

pubblicarsi

del

libro

del

Molina, ruppero

provviso domenicani e gesuiti.

Pieno

di pietà,

cui,

d'

im-

con-

fessavasi quasi quotidianamente dal celebre annalista

Bai'onio

;

vestiva

cessioni del

il

cilicio

ed andava talvolta

Giubileo a piedi nudi.

alle pro-

Largheggiava in

elemosine, e f^iceva desinare in una tavola accanto alla

sua altrettanti poverelli quanti tificato.

Comecché avvezzo per

quistate neirollìcio di

gli le

anni del suo pon-

abitudini curiali, ac-

Auditore di Kuota, a

con soverchia minutezza

gli affari

ti'attare

comuni, aveva non

pertanto in politica un vedere più largo, che non molti dei cardinali e dei personaggi

Al che

è

coetanei più reputati.

dovuto se seppe con opportuno accorgimento

mala via dove era entrato, non solo cessando dal parteggiare contro Enrico IV, ma ricongiungendolo alla Chiesa ed assolvendolo da ogni scomunica. E die' prova di coraggio mantenendo virilmente questa ritrarsi dalla

sua determinazione, non ostante che con gagliardia si opponessero la Spagna e la parte della lega cat-

vi

tolica fi-ancese, le quali

intendevano con ogni studio a

Veggansi specialmente intorno a questo pontefice

le Memorie, Diario del cardinale Bentivoglio, che fu suo cameriere secreto; Amsterdam, 1648. Id. la Storia di Venezia di Andrea Morosini, Lib. XVI.

1)

ovvero

il



— 288 — contrastare

trono al Navarrese col pretesto che

il

egli

perseverasse nell'eresia. Con questo ardito suo procedere riusci Clemente a staccar la Francia dall'Inghilterra e porre argine al trasmodare di

che mutarono di assai

ropa

venne

e

le

Spagna

^.

Pei*

anni dopo

egli in tanto credito, che tre

potè insignorirsi di Ferrara senza che vi

il

Eu-

condizioni politiche di

si

intromet-

tessero quelle nazioni, le quali insino allora avevano

sempre impedito che nulla si operasse in Italia senza loro consenso. Nei primordi del suo pontificato, come non si diedero provvedimenti di rigore contro i novail

in

religiosi

toi'i

contì'o

il

genere,

così

neanco in particolare

Bruno. Peraltro dei documenti processuali

che lo riguardavano, Clemente di certo dovette pren-

derne contezza, come era

solito

leggere

i

processi di

quanti languissero nelle carceri dell'Inquisizione.

Ma

più che da Clemente, pendevano

le sorti del

stro filosofo dal cardinale di Sanseverina, che

sommi

di giungere ai

no-

prima

onori del sacerdozio fu giudice

dell'Inquisizione e vicario generale del cardinale Al-

fonso Caralfa in Napoli, dove infierì siffattamente contro

i

novatori, che corse più volte pericolo nella vita ^

Aveva fama

di

celebre giorno

uomo

seveiissimo, e usava chiamare

San

e Uetissinio ai cattolici quello di

Tre memorabili azioni hanno particolarmente segnalato il pontiClemente « con la prima riunì la Francia alla Santa Sede; con la seconda pacificò insieme le due corone (Francia e Spagna) con la terza ricongiunse lo Stato di Ferrara alla Sede Apostolica ». Diario 1)

ficato di

;

citato, pag. 45.

2)

Notiamo con

piacere che quanto dicevamo circa

rina, senza ancora conoscere

i

il

card. Sanseve-

documenti romani^ concorda

medesimi, come verrà dimostrato.

affatto coi

-289Bartolommeo si

di truce

grande autorità in

memoria Roma, che

i.

Era non pertanto fu adorato

e

di

preco-

nizzato pontefice nello stesso conclave da cui usci vittorioso

Clemente.

Per

quale

la

sua

fallita elezione

sentì sì vivo e si grave dispiacere, che nella notte se-

guente

si

trovò tutta la persona ricoperta da

dore di sangue.

Il

un

su-

Sanseverina univa a grande ambi-

i poveri. Reputava uoandavano a verso, e troppo coloro che gli si opponevano 2. Il suo

zione straordinaria carità per

mini dappoco coloro che liberi

ed arditi

gli

coraggio e la gagliardia de' suoi convincimenti lo ren-

devano duro ed irremobile ne avevano spavento

neva a

tutti colla

;

gli

ne' suoi propositi. I

amici timore. Egli

si

nemici

impo-

sua ferrea volontà; ed era oracolo

nella Congregazione del Sant'Uffizio alla quale

parteneva l'esame ed

il

si

^

ap-

giudizio del Bruno.

I processi dei novatori religiosi spedivansi comunemente con prestezza dal tribunale del Sant'Uffizio, benché non si seguisse una regola costante. La prontezza maggiore 0 minore nella spedizione dipendeva da accidenti e da cagioni di varia natura. Aonio Paleario, elegante scrittore, fu incarcerato nel 1566 in Faenza ed indi tradotto in Roma, ove dopo

quattro anni di prigionia, gli venne letta la sentenza,

impiccato e bruciato sulla pubblica piazza. Monsignor Carnesecchi, famigliare del granduca di Toscana, già segretario di Clemente VII, amico di



1) Il

molti cardinali

Histoire de la Papauté par Léopold Eanke, Voi. cardinale Benti voglio dice che

volte del suo santo zelo.



Id.,

il

pag, 62.

2)

Padre Paolo Sarpi, Opere, Voi.

3)

Pag. 62, Memorie del Card. Bentivoglio. 19.



Berti, Giordaìio Brwio.

Ili, pag.

309.

Sanseverina abusò troppo alle

I,

pag. 12.

-290e fra gli altri del Polo, del Contarini, del

Morone, dei

più eminenti uomini di lettere e dei principali novareligiosi

tori

italiani

e

fu arrestato nella

stranieri,

Roma,

stanza stessa del granduca, poi condotto legato in

processato e decapitato. Questo processo che avrebbe

dovuto richiedere lungo tempo per

la estesa clientela

del Carnesecchi e per la qualità delle

accuse e della

compiè nel breve spazio

di circa dodici

persona, mesi.

Il

si

processo del cardinale Morone durò due anni,

meno

mesi fu sbrigato quello

di Gaprimo scorcio del secolo decimosettimo. Misurando il processo del Bruno dalla durata della

ed in

di quattro

lileo nel

sua prigionia in Roma, esso fu

di sette anni, cioè,

quasi tre più di quello del Paleario, che va tra

i

lunghi.

Sdoppio insino al Bartholmèss, credendo erroneamente che si fosse solamente

Se

i

biografi bruniani, dallo

indugiato due anni

i

a profferire la sentenza, reputa-

vano tuttavia soverchio questo tempo, che dobbiamo conchiudere ora che è indubitato

non due, e

ma sette?

gli inquisitori?

queste

gli

anni essere

Che intervenne adunque a che

domande che

si

è

tra

il

stati

Bruno

dovuta tanta lentezza?

A

offrono spontanee alla mente,

possono dare qualche chiarimento

le

seguenti osser-

vazioni. Il Sant'Uffizio, il

com'ebbe nelle sue carceri in

Roma

povero Nolano, dovette avanti ogni altra cosa pren-

dere notizia dei documenti che a lui

si

che non erano sventuratamente scarsi. dell'Inquisizione

1)

Vedi in

si

trovavano di

fine di questo

di Gaspare Seioppio.

riferivano e

Nell'archivio

fatto le carte di quattro

volume V Appendice

J intorno

alla lettera

— 291 processi: quelle dei due che gli poli: del terzo in

Roma,

nel 1576

si

intentarono in Na-

ed infine del quarto di

;

Venezia. Comparare questi processi tra loro, e segnatamente con quest'ultimo, al fine di conoscere dove tornassero conformi e dove disformi, dovette essere una delle prime azioni informative inquisitoriali per l'avviamento del nuovo processo. Ma ai documenti andando uniti i libri che si erano a lui tolti quando fu arrestato in casa Mocenigo, dovettero questi farsi argomento di attenta lettura e di riscontri con le opinioni manifestate

Venezia

nelle sue risposte in

Noi sappiamo che veneti una polizza si

descrivevano

le

scritta

di

ai giudici

suo pugno, nella quale

Ora

ci

pare di non disco-

vero conghietturando che nè tutte

opere in essa polizza notate

nè segnatamente

esami anteriori.

opere tutte che egli pubblicò nelle

varie contrade di Europa. starci troppo dal

e negli

Bruno aveva trasmesso

il

le italiane

si

conoscessero in

le

Roma,

stampate in Londra, quan-

tunque a queste, più che non

alle altre, si

rivolgere l'attenzione dei giudici, cosi per

i

avesse a titoli sin-

come per le voci confuse andavano dattorno. Alla lettura dei

golari di cui erano fregiate, e sinistre che ne libri

aggiungersi per parte dell'Inquisizione

dovette

quella delle due opere manoscritte, l'una intitolata:

predicamenti di Dio,

e l'altra

:

Le

I

sette arti liberali,

che stavano pure nel suo archivio in compagnia delle altre carte ricevute eziandio

vi erano indubbiamente

da Venezia. Tra

frammenti

le

quali

dei molteplici scritti

del Bruno, note e sunti delle sue lezioni e lettere d'altri

a di

lui indirizzate.

tutto

lettura,

Ma

se era mestieri

questo lavoro per

ed

il

confronto

all'

Inquisizione

condurre a termine la

dei processi, dei libri e dei

- 292 manoscritti, ai sette

medesimo non

è tuttavia proporzionato impiegarono per venirne a capo K primieramente a quanti hanno pratica dei il

anni che

Perocché

e

si

procedimenti del Sant' Uffizio non cipiati gli esami, questi

non

in rarissimi casi, insino a che

terminato.

Non

è ignoto

che prin-

interrompevano, salvo

si

il

processo non fosse

ostante quindi gli indugi che poterono

occorrere per le informazioni all'Inquisizione, siccome il

Bruno era però

uomini che

di que' tali

si

vedere quali sono, a prima giunta perciò esso

danno a mostrò

si

aveva detto più del

tosto quale era. Della sua vita

sognevole non aveva occultata la sua dottrina, e ;

mancamenti verso

le

leggi della Chiesa;

non

i

la

bi-

suoi

sua

condizione di frate e quindi la sua apostasia.



poteva parimenti venire intoppo

ciò che bisognassero

od intorno

alla

al

processo da

minute indagini intorno

sua partecipazione

alle

agli amici

opinioni dei

novatori religiosi italiani. I primi erano scarsi e vive-

vano quasi tutti fuori d'Italia ^ coi secondi nulla aveva di comune. Ed a fare capaci della verità anche i più restii, bastava osservare non esservi ne' suoi libri una :

sola parola che

si riferisse ai

più cospicui novatori di

Lucca (Vermiglio MarVenezia (Vergerlo), 0 di Napoli (Valdes), o dei molti e non ben noti che si presumono appartenere alla supposta comSiena (Ochino

tire), 0 di

pagnia

e Soccino), o di

Firenze (Carnesecchi), o di

di Vicenza.

1) Potevano anche essere causa di ritardo le informazioni che il Santo Uffizio avesse stimato opportuno di prendere nei paesi dove il Bruno dimorò e lesse. 2) Non sappiamo di alcun suo amico che fosse in Italia.

- 293 ^ Gli ostacoli che per consueto di

un processo quale fu

si

incontrano nel corso

quello del Bruno,

non rendendo

ragione dello indugio della condanna, è d'uopo ricorrere a motivi speciali per spiegare

Benché

tribunale del

il

il

fatto.

Sant'Uffizio

procedesse

«

«

contro ogni sorta di persone,, o vili e plebei, o grandi

((

e potenti,

<(

contro gli ecclesiastici, e non pure contra

«

eziandio contrai morti

non

e

solo contro

i

che siasi

vivi,

i

ma

»,

A

vestivano non pochi dei suoi giudici. ghiettura danno forza e Quétif,

cesse, che

motivo

anche

non pertanto noi pensiamo esso dimostro alquanto più ritenuto col Bruno ^

per la sua qualità di frate domenicano,

Echard

ma

secolari,

uno

i

domenicano mal sopportando che si di-

dei loro era stato tratto

sul rogo per

miserrima

fine-.

Forse contribuì anche a trattenere nire a pronta sentenza nifestò in

Venezia

con quelli fra ripudiando

i

sicurtà che

avrebbe continuato ad esserlo,

se fosse stato dei loro sì

cui abito

cronisti dell'Ordine

i

quali

di eresia, lo rinnegarono, facendo

nè avrebbe incorsa

il

questa con-

il

i

proposito che

di volersi presentare a

giudici dal veil

Bruno ma-

Clemente Vili,

suoi libri che meritavano approvazione,

gli altri, e di

dedicare a lui la sua opera

manoscritta delle Sette arti liberali, essendogli stato detto

che

lettere.

il

pontefice pregiasse

assai gli

uomini

Queste parole che caddero forse sotto

di

gli occhi

stessi di Clemente, trovandosi introdotte nei Costituti

veneti,

1)

parevano pronunziate per disporre a mitezza

Sacro Arsenale, ovvero Pratica delV Officio della Santa In-

quisizione, di Eliseo Masini 2)



Bologna, 1665, pag. 16.

Vedi introduzione a questo volume.

— 294 — l'animo di lui non ancora esacerbato dai luttuosi av-

venimenti dei Cenci, dei Santacroce, dei Massimi

^

non

dispute intorno alla grazia, non vinto

ratti'istato dalle

dai severi consigli ai quali piegò nelF ultimo periodo del suo pontificato

E

2.

forse fu anche ragione al soprastare del Sant'Uf-

ritrattazione

fìzio

la

come

già

si è

del

accennato

Bruno

nell'

in Venezia. Questi,

ultimo suo costituto,

si

inginocchiò davanti a quei giudici e ritrattò quanto

venne

gli

scritto

ed operato contro

alle verità

tenute

ed insegnate dalla Chiesa, promettendo di fare am-

menda Ora

delle sue colpe e di vivere

da buon

cattolico.

non è improbabile che i giudici, terminati gli esami, prima divenire alla sentenza volessero sottoporre r imputato a mezzi ordinari di correzione. « Noi seguendo (citiamo testualmente la Pratica del Santo « Offizio) le pedate del Signore, che non vuole la morte « del peccatore, ma che egli si converta e viva, abbiamo egli


ogni opra per correggerti e ridurti alla vera

«

fatto

a

strada della salute, con esporti per noi stessi, e per

<.(

mezzo

d'altri ancora,

chiaramente la dottrina evan-

«

gelica e la purità della santa fede cristiana, quale

«

tiene, predica

«

stolica

e spesso

ed insegna la santa, cattolica ed apo-

romana Chiesa 3 anche

i

I consultori

componenti

la

ed

i

qualificatori,

suprema Congregazione

del Sant' Uffizio, si travagliavano in privati colloqui i

Tre processi per parricidio avvenuti quasi contemporaneamente. primo e più famoso è quello della famiglia Cenci per la pietà che

1) Il

destò la morte della sventurata Beatrice. 2) Bartholmèss, Voi. I, pag. 221. 3)

Vedi pag. 294 del Sacro Arsenale, ovvero Pratica delVOf Bologna 1665.

fido della Santa Inquisizione, di Eliseo Masini



— 295 — a lasciare e detestare

col prigiooiero per indurlo

E

eresie che gli venivano imputate.

Senza che

è noto,

che quando

dubbio se la ritrattazione ed

ciò certo il

Sant'Uffìzio

era

ravvedimento dell'im-

il

putato fossero sinceri e pieni, allora

un

le

avvenne.

gli si

prefìggeva

certo termine, affìnchè egli deliberasse su se stesso

e sul suo stato e si pentisse di

buon

Quando, come nel caso del Bruno,

cuore. il

S. Uffìzio scor-

geva pertinacia nell'imputato, spesso non veniva subito alla sentenza,

simi.

ma

indugiava in procedimenti lunghis-

Era l'imputato non

rado mutato di carcere e

di

Non

tenuto con più rigore.

consentivasi che fosse vi-

abboccavano con lui separatamente e talvolta tutti insieme ponendo in opera ogni mezzo per persuaderlo. Continuando nella pertinacia sitato. Gl'inquisitori si

lo

interrogavano per udh-e su quali ragioni e su quali

autorità

si

fondasse, e gli assegnavano dieci o dodici

informatori scelti tra

i

ordini, perchè vedessero

sacerdoti ed

modo

i

frati dei vari

di convincerlo.

Qualche

volta ancora cercavano di piegarlo con maniere cortesi

ed anche con promesse. I particolari

circa

il

narrati dallo

Sdoppio nella sua

non siano

forse esatti,

S. Offìzio e ci

rappresen-

giudici nel condannarlo, ancorché

sono però consoni agli usi del tano

lettera

temporeggiare del Bruno nel ritrattarsi e dei

lo stato di incertezza

per cui l'animo del Bruno

prima che con energia indomabile Non c'è uomo, per quanto sicuro e fermo, il quale non sia assalito spesso da dubbii e da incertezze. Questa è la natura a cui dovette passare

tutto

si

tutti gli

fissasse nel partito fìnale.

umani più

o

meno

partecipano.

Senza che giova avvertire che

i

germi deposti nel

— 296 — cuore daireducazione, se possono talvolta nelle varie e terribili

è che

umana

vicende della vita

muoiano.

Il

illanguidire, raro

Bruno benché abbia insino

dai suoi

giovani anni anteposto alla dottrina cristiana quella dei filosofi greci, tuttavia serbò pur

sempre nella paVte

più intima di sè alcuni di quei sentimenti cristiani che

furono inspirati nell'infanzia e nell'adolescenza

gli

e che pur tralucono

sue

dalle stesse

contemplazioni

metafìsiche dell'essere infinito e di Dio. Obbediva egli

ad uno

operavano quasi

di questi sentimenti che

consciamente

in' lui

o

la fragilità

la

in-

a Venezia, o non lo vinse piuttosto

debolezza umana, come ne fu vinto

Galileo, professando con la bocca quello che disappro-

vava col cuore? Noi crediamo che

così in

Venezia come

Roma,

nei primi anni del carcere in in cui

il

Bruno ondeggiò

tra

il

vi fu

fors'

anche

un periodo

desiderio di trarsi da

quello e vivere vita quieta, e la forza prepotente dei

Non

suoi convincimenti.

vi

è

gliardo, che nella separazione

dubiti di sé, e quasi quasi

animo, comecché ga-

da tutto

non

si

e

da

abbandoni

degli avvenimenti, reputandoli invincibili.

tutti

non

alla balia

Non

vi è

parimente animo degno di tanto titolo, che abdichi per lungo tempo alla signoria di sé ed ai pensieri nei quali ha fede. Se questa non fa sempre prova della verità delle cose credute, rende sempre però testimonianza grandezza morale dell'animo. Ecco

della

maestà

e della

come

potè

Bruno dopo

il

le

incertezze pigliare quel-

r atteggiamento risoluto che poi mantenne insino al rogo, e che dai suoi giudici era considerato non quale ossequio alla propria credenza,

nazione

e pertinacia.

i

ma

quale satanica osti-



- 297 Le prime menti ce

eresie che

Sant'Uffizio, sebbene

il

i

docu-

dicano con parole non chiaramente espresse,

lo

fm'ono quelle che

si

apposero

al

Bruno

nei tre processi

che precedettero la sua fuga dall'Italia. Noi crediamo che egli prima di ogni altra cosa sia stato ritenuto col-

pevole di professare opinioni contrarie al

dogma

della

verginità di Maria ed a quello della transubstanzia-

zione K Chi

si

contenta di stare

a'

suoi libri stampati

può

ciò

negare perchè non se ne trova cenno nei medesimi,

ma

chi

va addentro nelle sue confessioni non può non

iscorgere che egli è oppositore e diremo anche gagliardo

a quei dogmi. Epperciò quale fosse

sua difesa, certo è che

la

il

il

suo contegno e

Sant' Uffìzio lo giudicò

per primo colpevole delle medesime.

Ben più

copioso

fu

il

catalogo

delle proposizioni

eretiche che gli inquisitori levarono dai libri che por-

tavano



vi

il

suo

nome

e che egli

aveva riconosciuti

suoi.

bisognavano faticose indagini per discoprirle,

avendole egli seminate con profusione. Gli esami per questa parte non concedevano al Bruno altra difesa che quella di confessare quanto leggevasi stampato in

termini chiarissimi. Perciò dovette essere convinto dal

anime passano da uno in che la stessa anima può informare due corpi; che la magia è buona e lecita; che lo Spirito Santo è un medesimo con F anima del mondo, e che ciò volle significare Mosè dove disse che Sant'Uffìzio di sostenere: che le altro corpo,

lo Spirito

1)

da uno in altro mondo

Santo

Che queste

si

:

diffuse sulle acque a

fossero sostanzialmente le accuse che

nei processi cominciati contro

il

Bruno

fecondarle si

;

contenevano

in Napoli e continuati in

Koma

avanti la sua fuga dall'Italia, appare manifestissimo così dalla lettera dello Scioppio^

come anche dal Documento XIII.

-298che

il

mezzo

mondo

Egiziani

gli

è eterno; che

Mosè operò miracoli per

della magìa, nella quale

le sacre

;

andava avanti a

che egli stesso inventò

le

;

che

i

soli

tutti ;

che

un sogno che il diavolo Ebrei hanno per padre Adamo

Lettere non sono che

andrà salvo

sue leggi ;

;

uomini traggono la loro origine dai progenitori che Iddio creò prima di Adamo che Cristo non è Dio, che fu insigne mago, e che avendo gabbati gli uomini, meritamente fu impiccato e non crocifisso;

che

gli altri

;

che

i

profeti e gli apostoli furono

uomini

e che molti di loro furono pure appesi

tristi,

maghi,

i.

Tutte queste proposizioni, singolarmente enumerate nella sentenza, sono tolte dalle opere di

zione di tre sole che accusatore,

si

Mocenigo.

Come ognun

era piuttosto abbondante che scarsa.

potevasi

lui,

ad ecce-

trovano nelle denunzie del suo vede, la materia

Onde ben

dire

dai giudici e dallo Sdoppio, che non v' era

non fosse Bruno affermata. Proseguiamo nell'esame di questa irta materia e vediamo se il Sant'Uffizio fermò la sua attenzione su altre proposizioni, che solo vennero col Bruno qualificate eresia gravissima, vecchia o nuova, la quale

dal

eretiche.

1) Il catalogo di queste proposizioni è quasi tutto compilato sui libri pubblicati in

et

mensura,

Francofbrte, l'uno col titolo

l'altro

conseqiiens, etc.

col titolo

De

De

monade, numero

iriplici,

due

minimo

et figura, liher

- 299 —

CAPITOLO —

SOMMARIO.

La

eresia e la scienza



XVII.

Bruno

e Galileo



Come Ga-

difendere con parole temperate i diritti della scienza La condanna del Bruno sarebbe avvenuta anche senza la eresia nuova.

lileo si studii di



Tra

le

sentenza

proposizioni giudicate assurde, empie, nella

ve ne ha una contro cui non sta articolo

^

di fede, e la

quale comecché contenga un'opinione o

dottrina semplicemente scientifica, t'Offizio

nondimeno

non pure pone a pari con

le altre

il

ma

le

Sancon-

cede la preminenza quasi che in quella avessero queste il

loro fondamento.

Essa

è qualificata eresia

viene per la prima volta appellata nei giosi del secolo

La

pluralità

aspetti sotto di sè nei

i

XVI, eresia della pluralità dei mondi. mondi non è che uno dei molti

dei

quali la scienza faceva manifestazione

tenevano dietro

i

primi moti di separazione

delle discipline morali dalle fìsiche

quali

ultime

si

erano

nel

1)

Vedi lettera

delle scuole che



Il Bruno, Conrado Eittersusio. Horrenda prorsusque absurdissima docet, ut

dello Scioppio a

lo Scioppio, «

ed astronomiche.

medio evo legate con

così strettissimi vincoli alla teologia

secondo

e

tempi del Bruno. Al risorgimento letterario

e filosofico

Le

nuova

processi reli-

« qui MUNDOS ESSE INNUMERABILES,

etc. ».

-300si

era formata mia astronomia teologica ed una teo-

logia astronomica. L'insegnamento della

in molte parti

La

altre.

il

prima tornava

medesimo che l'insegnamento

quale comunanza più che in

altri

delle

da ve-

è

dersi in Dante, laddove ragiona nel Convito delle at-

tinenze varie dell'astronomia con

suo tempo. Nel che dottrina

quale

si

di

il

le idee religiose del

procedeva conformemente alla

San Tommaso ed a quella

intendeva e

Onde, se ben

tumi

egli

si

si

di

Tolomeo,

chiosava nelle scuole cristiane.

mira, non

poteva ridurre a fran-

si

sistema tolemaico teologico, senza annullare

l'empireo

«

questo quieto e pacifico cielo (così Dante)

«

luogo di quella

somma

(f

mente vede

senza distruggere

^

Deità che sè sola compiuta-

atterrare l'ottavo cielo, abbattere

il

il

tire l'ordine dei pianeti, e levare la

del

mondo

che

si

togliendole

scettro

e

primo mobile,

firmamento, inverterra dal centro

corona. Ogni colpo

portava sul sistema tolemaico spezzava alcuno

de' suoi

legami con

le idee teologiche delle scuole.

reva che quindi con l'astronomia antica avesse a

Padi-

scendere nel sepolcro, avvolta nel lenzuolo funereo, tutta la dottrina teologica ond'esso era rivestito. Il Bruno bandi con forza, per primo, la dottrina dei mondi innumerabili, ne parlò come di cosa scientificamente certa, la immedesimò col sistema copernicano, la

ampliò con

l'idea metafisica dell'infinito e

infiniti sistemi planetaria

plero

si fa

con quella di

Di quest'ultima idea

rivendicatore in

nome

il

Ke-

del Bruno,- e vuole

che a lui se ne renda merito e lode".

Ma

il

Nolano

'

1)

Convito, Trattato secondo, cap.

2) Keplero, nella lettera

da noi

piìi

iv.

volte citata intorno al

Nunzio

andava

oltre, ed

301



affermava con la sola speculazione,

che gli infiniti sistemi planetarii facevano capo ad un solo sistema,

mavano un

come

mondi forOnde poneva

gli abitanti degli infiniti

solo universo intellettuale K

due universi, l'uno materiale

e l'altro spirituale

posti, quello di infiniti

mondi

mondi

quali due universi

e

di intelligenze

;

i

:

com-

questo di infiniti si

riunivano

congiungevano nel pianeta dei pianeti, nel sole dei

soli, in

Bruno

seguirono

le

v'ha filosofo nel

ponga altrettanta cura quanto somiglianze ed attinenze

nella ricerca delle

che corrono fra 10

Non

Dio, nell'essere infinito.

secolo decimosesto che il

fisici,

varie cose. In questa luminosa via

dappoi insigni

filosofi

sovratutto

e

come

Leibnitz che va eziandio debitore al Bruno, già osservato, del concetto della

Le conseguenze

monade

il

fu

universale.

contrarie alla dottrina religiosa pro-

clamate dal Bruno eccitarono grandissimo sospetto sulla teoria di Copernico, in cui egli fondavasi e con la quale

intendeva avvalorare la sua. Quindi è che nel processo del Bruno si contiene virtualmente quello di Galileo. Più che contro il moto della terra, erano le armi del-

l'Inquisizione rivolte contro gì' infiniti sistemi mondiali

che intravvedevansi comparire con quel moto, e che

sembravano sfuggire 11

dall'orbita della scienza cristiana.

padre Caccini, denunziatore

discepoli di questo della terra, quanto

i

i

libri sì

del

si

Galileo, scorge nei

non tanto

compiace ricordare

di lui

De

allo stesso Galileo

Bruno accennata taluna monade, numero

moto

ed ammiratore, come

si

et figura, pag.

515.

;

lo

trovi nei

di quelle verità che quegli

bella luce nel suo Saggiatore. 1)

del

seguaci di opinioni panteistiche

monsignor Ciampoli, amico Sidereo,

di

sostenitori

mise in

— 302 — non oltrepassare

esorta a

limiti fisici o

i

matematici,

perchè vi è sempre chi amplifica e tramuta:

mi

ed

so quel che

«

(scrive a Galileo)

pone qualche similitudine tra

«

globo terrestre ed

il

«

che pone

dico

;

io

perchè mentre la sua opinione

<-i

un

lunare,

altro cresce

il

e dice

«

uomini abitatori della luna, e quell'altro comincia a disputare come possano essere usciti da

«

Adamo,

«

stravaganze che non sognò mai

gli

o usciti

dall'Arca

Noè, con molte altre

di

questo baiardo di Galileo, che

si

^

».

Campanella,

Il

offre, uscito dal car-

cere, di difenderlo davanti all'Inquisizione, e

carcere in

mezzo

ai

dolori

che nel

ogni sorta lo difende

di

tuttavia con acutezza di argomenti e con rara erudizione, accenna

plures esse in

appunto come dalla dottrina

stimassero

alcuni

mundos

maria

et tellures et

quod Christus mortuus

nibus etiam in

aliis stellis

E

^.

sit

inferire

homines

et

habitantes e più specie di uomini,

eis

l'eresia

di Galileo

necessariamente

doversi

prò

quindi

e

homi-

illis

congratulandosi con

Galileo della pubblicazione dei dialoghi sopra

massimi sistemi

del

mondo

chiudeva la sua lettera dicendogli:

«

nuove

verità antiche, di nuovi mondi,

«

sistemi sono principio di secol novo: farà

«

chi guida

«

diamo

^

tutto.

due

queste novità di

i(

il

i

tolemaico e copernicano,

Noi per

stelle, il

nuovi resto

la parte nostra assecon-

».

1)

Lettera di monsignor Ciampoli a Galileo, addì 28 febbraio 1615.

2)

Thomae Campanella Apologia prò Galileo mathematica

rentino pag. 51

— Francofurti, 1622, a pag. — In 8.

il

Campanella afferma che mondi.

il

dogma

cristiano

non

è contrario

alla pluralità dei

3) Lettera di

Campanella a

Galileo,

fio-

questo stesso libro a

Eoma, 5 agosto 1632.

Il

cardinale Barberino, conversando con l'ambascia-

tore toscano,

singolare

Niccolini, gli diceva stimar per

il

Galileo,

il

ma

terra poteva introdurre qualche

mondo moto

dogma

e particolarmente in Firenze,

sono assai

Qui battevano

sottili.

fantastico nel

dove

tutti.

La

gli

ingegni

dottrina del

della terra, già esaltata in Copernico, che in

era stato festeggiato

uomo

che la dottrina del moto della

Roma

dal pontefice, dai cardinali, de-

stava ora scandalo; chiamavasi sovvertitrice e nemica del cristiano in quella

L'Inquisizione ravvisava

incivilimento.

vaso di Pandora che scoperchiato o rove-

il

sciato infettava la terra

merabili, dei nuovi quelli di quaggiù,

con

con

la

le eresie dei

mondi innu-

meno

somiglianti a

conversione

del magnifico

più o

celiceli

nostro pianeta in atomo impercettibile, in granello di

sabbia lanciato nello confini.

spazio

senza margini e senza

Le menti rimanevano come

esterrefatte davanti

a tanta grandiosità, non comprendendo che cristiani si

pernico, di Keplero e di Galileo che il

quale,

ai concetti

conveniva assai meglio l'universo di Co-

giusta

il

sarcastico

detto

non

il

tolemaico;

del Bruno, tutto

racchiudevasi nello stretto cervello di Aristotile.

Roma

che

si

astenne dal profferire giudizio intorno

non ostante che S. AgoCampanella S credesse che la loro esistenza necessitasse una doppia morte di Gesù Cristo,

alla scoperta degli antipodi, stino,

secondo

Roma

che

il

accolse

esultante

Colombo, fece mal viso nicani.

Indarno

si

il

mondo

ai meravigliosi

ritrovato

mondi

dal

coper-

affaticava Galileo per dimostrare

che nulla vi era di più degno di Dio e della sua in-

1)

Apologia

sovracitata.

— 304 — finita potenza,

bontà

parte di creazione i

;

Bruno

concetti del

sapienza che tanta e

e

non era

egli



egli asseriva che gli orbi celesti

(riferendosi alla luna) potevano capire esseri

movendo

«

adornino, operando e

«

modo

«

la

«

rettore, e

«

e

«

scrittori sacri affermato, cioè,

<(

zione di tutte le

La

vivendo

«

che

e forse

li

con

;

mondo

e bellezza del

suo facitore e ;

quello tanto frequentemente dagli

una perpetua occupacreature a laudare Dio ». L'Inqui-

mise sulla via falsa

si

e del

con encomi continui cantando la sua gloria

insomma facendo

scienza

e

diversissimo dal nostro veggendo e ammirando

grandezza

sizione

immensa

ascoltato. Rettificando

;

chiamò a sindacato

la

fu vinta.

;

scienza assumendo con Copernico la figura di

persona,

si

costituì

corpo autorevole, e cominciò

in

prima sommessamente, poi a voce aperta e sonora, a proclamare in forma di magistrato infallibile i suoi giudizi,

i

La

suoi oracoli.

lettera di Galileo al

padre

monsignor Dini e l'altra alla Toscana non sono che una ripetizione,

Castelli \ di cui quella a

granduchessa

di

è la più concisa, la

saggia

dichiarazione

scienza

2.

1)

La

dei

Questa lettera

della filosofìa

moderna,

più pensata e

energica, la

pii^i

diritti

uno

è e

che competono

dei più bei

alla

monumenti

racchiude nella sua brevità

lettera di Galileo al padre Benedetto Castelli è del 21 di-

cembre 1613. Quella a monsignor Dini è addi 16 febbraio 1614, ed un anno dopo (juella alla granduchessa Cristina di Lorena. è offizio de' saggi 2) « Due verità non possono mai contrariarsi :

« espositori affaticarsi per trovare

i

veri sensi de' luoghi sacri, con-

« cordanti con quella conclusione naturale, della quale prima « manifesto e

le

dimostrazioni necessarie

Lettera sovracitata.

ci

avevano

il

senso

resi certi e sicuri».

— 305 — i

principii fondamentali

Altri

ninno

potè li

tutta la

di

adombrare taluno

di questi

critica.

concetti,

ma

seppe esprimere con più chiarezza, con più

precisione, ed applicare

con più universalità, mante-

nendo però sempre inalterata discipline.



dottrina

La

la concordia tra tutte le

secondo Galileo, comanda

scienza,

dove essa giunge con

fin

sue dimostrazioni; ed es-

le

sendo la sua sovranità assoluta ed universale, ninno

può pretendere che anzi ad una che ad altra disciplina si pieghi, anzi ad uno che ad altro intelletto. Le stesse Sacre Scritture debbono accomodarsi alla scienza, e non la scienza alle Sacre Scritture, perchè non ogni « detto della Scrittura è legato ad obblighi cosi severi come ogni effetto della natura, essendo questa ineso((

rabile

ed immutabile e nulla curante che

condite ragioni e

modi

di

esposti alla capacità degli

le

sue re-

operare siano o non siano

uomini

^

».

Con queste parole Galileo escludeva

dalla cerchia,

in cui si esercitava la sovranità della scienza, qualsiasi

Questa separazione dei

sovranità di natura diversa. diritti

della scienza

da quelli della religione,

fondava sull'armonia che vi

per mezzo della natura, e Dio dettante, secondo linguaggio, per

mezzo

ei la

è tra Dio, manifestantesi

dello Spirito Santo.

di Galileo, educata nei severi studi delle

il

suo

La mente

matematiche,

della geometria ed in quelli della filosofìa naturale e della sana metafìsica,

vedeva

le

attinenze ed armonie

nei varii ordini di veri, ed in queste

1)

Non

c'è cultore della teologia,

sioma questi

principii

che furono

al

il

20.



quale non

tempo

tante censure e di tanti contrasti. Berti, Qiordano Bruno.

si

compiaceva e

ammetta come

del Galileo

argomento

as-

di

— 306 — La

posava.

limpidezza di quel

profondità e

ingegno

si fa

de' suoi

componimenti, nella

immagini

sommo

tutta palese nel suo stile, nel magistero

e delle

e

felicità

vaghezza delle

comparazioni, ne' suoi giudizii mo-

derati e pesati, nell'ordinato contesto de' suoi ragiona-

non affermazioni audaci, non negazioni spavalde od impudenti. Prevedendo quanto detrimento avrebbe arrecato, nonché alla religione, ma a tutto il complesso delle In

menti.

non^ dissonanze, non paradossi,

lui

nostre cognizioni, egli

contrasto tra la scienza e la fede,

il

adoperò con insistente studio, non

si

affermano leggermente e falsamente alcuni

dogma

dichiarasse

la

nuova

la si giudicasse erronea:

«

dottrina,

lo

non

ma

già, i,

come

perchè

si

perchè non

fo altro

che escla-

«

mare che

si

esamini

i(

ponderino

le

sue ragioni da persone cattolicissime,

<(

che

«

rienze sensate, ed

«

non si trova falso, se è vero che una proposizione non possa essere vera ed erronea - ». Il Galileo ebbe certamente notizia del Bruno dal

«

si

la

dova

si

riscontrino le sue proposizioni con le espe-

insomma che non

Keplero nelle sue lettere ^

dottrina di Copernico e

dove

egli

si

dànni se prima

e dagli stessi

amici di Pa-

inaugurò la sua pubblica

lettura

1) La strana asserzione che Galileo pretendesse che fosse dichiarato dogma il moto della terra, cominciò a pigliar radice in tempi più

vicini a noi, e fu

suo inesattissimo

Roma

non senza malizia riaffermata da mons. Marini nel Galileo e V Inquisizione, che si pubbKcò in

libro,

nel 1850.

granduchessa Cristina di Lorena.

2)

Lettera

3)

Galileo fu nei primi tempi di sua dimora in

alla

Padova ospitato

dal celebre Pinelli Gian Vincenzo, alla cui casa convenivano fessori deir Università,

i

dotti e gli stranieri illustri che colà

i

procapi-

— 307 — alquanto tempo

dopo che

Bruno aveva

il

Non

stessa città letto privatamente. di Galileo ricordato

attribuirsi alla

il

nome

è

in quella

però nelle opere

del Nolano.

tema che Galileo aveva che

Il

che è da

il

nome

nostro filosofo potesse esacerbare gli animi in rendergli più

difficile il

conseguimento del

i

del

Roma

e

fine cui egli

Ed

ancorché consentisse col Bruno intorno

alla dottrina

copernicana e intorno a molte conseguenze

mirava.

di questa dottrina, dissentiva

cazioni

al

dogma

religioso.

nondimeno

nelle appli-

L'Inquisizione non fece

tuttavia miglior viso alla lettera che Galileo scrisse al Castelli

di

quello

bruniana dei

alla dottrina

facesse

mondi innumerabili. Riconfermò quindi nella persona di Galileo la condanna di quest'ultima dottrina sotto la forma del moto della terra, abbenchè egli Y avesse con diverso intendimento propugnata e svolta. Onde si può dire che il sistema copernicano fu dapprima condannato nel Bruno, poscia nel più grande dei pensatori moderni, in Galileo.

Ma anche senza l'eresia nova dei mondi

innumerabili,

sarebbe tuttavia stata pronunciata sentenza di morte contro Giordano Bruno. Egli era presso

macchiato

di

ben

colpe che

altre

il

quale fu tuttavia strozzato ed arso, ed

il

che fu esso pure punito

Il

prima

di tutto apostata,

colla

morte.

Il

Paleario,

il

Carnesecchi,

Bruno era

avendo disertato l'Ordine nel

quale era stato consacrato sacerdote tavano.

Sant'Uffizio

il

non

Bruno non potè quindi non

essere

^ ;

relapso, per

conosciuto da questo

generoso ospite ed amico del Galileo. 1) Il

Bruno

è qualificato

della luna. Quest'opera fu 2) Il

Carena nel suo

ateo nell'opera del Lugalla sui

fenomeni

stampata con quelle del GalUeo.

libro

De

officio

sanctissimae Inquisttionis

— 808 — essere stato più volte processato senza che tuttavia si fosse ridotto a

mostrava

di ravvedersi,

condannato

al carcere

i,

e

il

relapso^ anche

fatto atto di

quando

veniva nondimeno pur sempre

perpetuo e conceduto al braccio

Accadeva talvolta che anche

secolare.

avevano

buona vita

relapsi, che

i

pentimento, fossero nondimeno

puniti con la pena capitale. Concorreva finalmente nel

Bruno

la più

grave delle colpe

nitenza, punita quasi

sempre

e

;

questa era T impefuoco.

col

L' heretico

«

«

pertinace cui non avrà ufficio alcuno di Christiana

«

pietà potuto indurre a convertirsi, dovrà

ci

mente

«

vivo abbruciarsi

al braccio secolare rilasciarsi,

Cosi

»,

il

omettendo

,

ripetere le parole del Farinacci coetaneo «

quando

rum

«

asiantes impiis

isti

le

hlasphemiis

gli

«

di

Bruno

si libere

:

loqui p)ossint,

off'endant

^ ».

impenitenti non solo spesso

Nella si ta-

parole riferite dallo Sdoppio di punirli sine

sanguinis effusione,

pena

del

periinaces vivo igne creraantur, eo-

lingua alliganda est ne

sentenza contro

cevano

sola-

anche vivo

Masini nel suo Sacro

Arsenale o Pratica del San f Ufficio

«

non

ma

del fuoco,

ma

come

faceva esplicito cenno della

si

nel seguente

modulo

«

:

Tu

dato

già in reprobo senso, ed affatto sedotto ed indurato

i(

negli errori ed eresie, eleggesti piuttosto di essere e

(c

qui dal temporale e dopo morte dal sempiterno fuoco

«

miseramente abbruciato,

«

attenendoti, ritornare al

numera quattro sorta tia; a religione. 1)

La

che,

grembo ed

di apostati

parola relapso

si

a più sano consiglio

:

a

fide ;

alla misericordia

ab ordine

;

ab obedien-

adoperava più specialmente per indicare

coloro che ricadevano nelle eresie già abiurate. 2)

Prospero Farinaccii,

De ha eresi.



Francfort, 1618, p. 364.

-309«

dì S.

<(

che

Madre Chiesa sperare dalla

:

laonde non havendo noi più

tua persona...

«

foro nostro ecclesiastico e

((

corte secolare

secondo

1)

il

^

».

Si

ti

ti

discacciamo dal

rilasciamo al braccio e

aveva dunque ampia materia,

Sant'Uffizio, per

condannare

Arsenale o pratica del Sanf Offizio

il

Bruno.

sovracitata.

— 310 —

CAPITOLO

XVIII.

— La narrazione da noi fatta prima della scoperta dei documenti romani è conforme a questi documenti stessi — Esposizione di questi documenti — Parere circa i Cardinali ed i Teologi che parteciparono al giudizio contro il Bruno erettosi in Roma — Distinzione di due sorta di eresie nei processi e nei libri del Bruno Conseguenze provenienti da questa distinzione Carattere teo-

SOMMARIO.





logico-scientifico del processo tenutosi in

La

Roma.

narrazione che abbiamo sin qui fatta del pro-

Bruno con l'aiuto della sola induzione sembra dopo che già avemmo notizia dei documenti romani e non assai tempo prima ^ I fatti da noi in quella

cesso del scritta

accennati, salvo le lievissime differenze procedenti da

poco o niun momento, riscontransi in

particolari di

tutto e per tutto conformi. Questo che già è chiaro per le cose dette, lo

diverrà maggiormente, pigliando ora a

guida di quanto diremo,

gli stessi

Questi documenti, benché non spazio di

un

solo

comprendano che

lo

anno, perocché cominciano dal 14

gennaio 1599 e finiscono con tuttavia a spargere

documenti romani.

l'S

nuova luce

febbraio 1600, bastano sulle pagine tristissime

dell'ultimo periodo della travagliata vita del Nolano.

1)

Fu

fatta insino dal 1868. 1

noti che nel 1873.

mio

discorso:

Eoma

1876.

— Io

Copernico

documenti romani non mi furono

ne diedi notizia e

le

al

pubblico nel 1876 nel

vicende del sistema

Copernicano,

-siiuna

li!

ebbe

ciie

lista di carcerati fatta

luogo

il

dell'Inquisizione di

quella lista cui

è

ci

sette

per servire alla visita

cinque aprile 1599 nelle prigioni

Roma,

Bruno compare primo in lui venti compagni di nome. Di questi venti compagniil

Stanno chiusi con

conservato

sono preti e

il

frati

ed

i

rimanenti

laici.

Gli uni e

gli altri

però provengono da diverse provincie italiane

e taluni

da P^rancia, da Spagna e da Grecia. Ciascun

prigioniero porta nel

documento

scritto

l'anno in cui

Di questi venti compagni, il Bruno è da sei anni, mentre gli altri carcerati, dal Rota in fuori, non contano che mesi. La prigione in cui nel 1599 lo troviamo giacente, non è forse la prima e certo non sarà l'ultima. Nei sei anni quante volte non avrà mutato la tetra stanza, quanti compagni non stettero per breve ora con lui, di quanti non conobbe la storia, le opinioni ed i dolori. Quanti non uscirono condannati alla morte od anche alla più atroce di tutte, al rogo. Da quanti nel carcere non udì discorrere del medesimo, e quante volte nelle ore pensose e di tristi reminiscenze non rammentò egli stesso il Pomponio d'Algerio, nolano esso pure, che venne nelincarcerato.

fu

quello che è rinchiuso

l'agosto del 1556 in

Roma

^

arso vivo

giovane

nella

età di cinque lustri.

Componevano giudicò

il

la congregazione dell'Inquisizione, che

Bruno, sette cardinali ed otto

qui ricordare brevemente

i

Giova

teologi.

primi e quelli fra

i

secondi

che ebbero più larga parte nel giudizio di cui discorriamo.

1)

2)

Documenti romani. Lettera 2'^. Varia. Documento B. Morte di Pomponio

di Algerio.

20*

- 312 Clemente YIII che stesso in cui e

il

sul trono pontifìcio

sali

Bruno entrò

Tanno

nel carcere (1593) di Venezia

mori nell'anno 1605, cioè cinque anni dopo il Bruno, alle adunanze della

Clemente intervenne quasi sempre

Congregazione, come ne fanno fede

i documenti. Noi ampio giudizio e quindi non vi torniamo sopra. Nelle adunanze della Congregazione deirinquisizione, oltre il Pontefice, erano quasi sempre presenti gii infrascritti otto Cardinali, dei quali diamo qui il nome, togliendolo appunto dai documenti romani: Santorio Giulio AnCardinale Mandruzzi Lodovico Deza Pietro Pinelli tonio cardinale di Sansevérina Sfondrati Paolo Domenico Bernerio Girolamo Borghese Camillo Emilio e Arrigoni Pompeo. I teologi che assistevano come consultori erano quasi Ippolito Maria sempre i seguenti Anselmo Dandini

abbiamo già dato

di lui

— —













:

Beccaria



Roberto Bellarmino Monterensi.

come notaio



Pietro Millini



^



Alberto Fragagliolo

Marcello Filonardo





Giulio

Yi intervenne pure Flaminio Adriani

dell'Inquisizione.

Camillo Borghese, che fu poi papa col nome di Paolo V,

aveva certa energia ed

autorità,

grande intolleranza, come

lo

ma

poca prudenza e

dimostrò di poi la contesa

contro Venezia e la sua lotta contro Giacomo I d'Inghilterra.

La sua avversione

per

fu scelto a formare parte di

gli eretici

era così nota, che

una Commissione

incaricata

di procurare la conversione di quelli che accorrevano

1)

Eoberto Bellarmino, mentre attendeva

fu promosso al Cardinalato. Quindi

il

suo

al

nome

processo del Bruno, figura nelle ultime

tornate della Congregazione tra quelli dei Cardinali e non tra quelli dei teologi consultori del S. Uffizio.

- 313 in

Roma

l'anno

nel Giubileo ciie celebravasi appunto in quel-

La

1.

entrata del Borghese nella

accadeva cinque o

sei

mesi dopo che

Commissione

egli già

aveva dato

voto favorevole per la condanna al rogo del Bruno.

Pare che egli spiegasse in questa Commissione cosi grande zelo, che nel solo mese di luglio abiurarono ben cinquanta eretici. Dal che raccogliesi che il Borghese non doveva essere tra quelli che potessero inclinare a mitezza verso Il

il

Nolano.

cardinale Lodovico Mandruzzi,

compagno

al

Bor-

ghese nella Congregazione, era di lui più temperato e più prudente.

Roma non

si

Chè

lasciò

in

Germania dove

portare

fu spedito

da

È da

a trasmodamenti.

notare però che di poco giovamento poteva essere al

Bruno, perocché professava dottrine ed opinioni che

non

consentivano di comprendere come la libertà

gli

umana. Accenniamo di pasBruno sentì forse come per eco nella capitale della Boemia risuonare il nome del Mandruzzi il
fosse diritto della persona

sata che

il

gnai-e l'imperatore

Rodolfo alla dieta d'Augusta.

Santorio Giulio Antonio cardinale di di cui già

gegno

,

Sanseverina,

abbiamo sopra parlato, eccelleva per

per la dottrina

Ma

zioni sociali.

,

per l'autorità e per

le

l'in-

cogni-

era più del Borghese e più di tutti

che componevano la Congregazione terribilmente contrario agli eretici. Poco incline ai consigli di prudenza ed ai sentimenti di compassione, corse più volte per questa sua animosità pericolo di vita. Fin gli altri

dal processo veneto egli già chiese che gli fosse con-

1)

Iritendesi

Fanno del 1600

fatale per

il

Bruno.

— 814 — segnato l'ebbe

suo

il

Bruno. Si può dire che esso come prima,

nelle

mani, più non l'abbandonò

per tutto

Roma

il

al rogo. Il

ribile a tutti.

e fu giudico

tempo che corse dalla prigionia di nome del Sanseverina suonava ter-

Queste tetre tradizioni basterebbero solo

a farci conoscere l'atteggiamento che egli assunse verso

Bruno

il

^

Sfondrati Paolo, nipote di Gregorio lo

ricolmò di cariche, aveva

di

un

e

santo. Maceravasi

frequentava

sacco.

le

il

chiese

quale

il

mistiche

corpo con astinenze e vigilie di

Di poca indipendenza

telletto,

XIV,

inclinazioni

le

Roma e di

vestito di ruvida

poca vigoria di in-

era impenetrabile a qualunque idea che per

essere accettata avesse richiesto

un lavoro raziocinativo

mentale.

Non meno

ristretto e rigido era giudicato

tutto esaltazione per

il

Deza,,

il

culto di Maria. In lui

il

Bruno

dovette incontrare uno dei suoi più acerrimi nemici,

come quegli che per ninna ragione pativa che

il

culto-

delia Vergine potesse soffrire detrimento. I cardinali

Bernerio

e Arrigoni,

non

si

distinguono i

mentovati

ve ne fosse qualcuno che mostrasse novità

di pensieri

per note speciali, ed ignoriamo se tra tutti

0 inclinazione per quelle dottrine scientifiche che già

cominciavano ad apparire sull'orizzonte.

Passando dai cardinali cui

nome più risuona

polito

1) Il

De

Maria Beccaria

ai teologi,

i

due uomini

nel processo, sono e

il

il

padre Ip-

Roberto Bellarmino.

Sanseverina fu autore di molte opere; citeremo qui quella

moribus haereticorum e l'altra tificum super Franciae regnum.

De

potestate

romanorum Pon-

— 315 — Francesco Ippolito Beccaria dell'

Mondovì, generale

di

Ordine dei Domenicani e commissario generale

Bruno per

dell'Inquisizione, ebbe molti colloquii col

incarico della Congregazione. Esso, forse per singolare

coincidenza,

l'aveva conosciuto in Venezia nel 1592

dove era intervenuto

Domenicani

al capitolo dei frati

che tenevasi in quei giorni.

Di questo Monregalese non ci sono note le opinioni sebbene abbiamo a stampa due libri suoi, che noi non potemmo rinvenire nelle nostre biblioteche di Roma. Essi dal titolo hanno l'aria di appartenere alle dottrine aristoteliche di quel tempo K II e le inclinazioni,

Beccaria però Pontefice

Bruno

i

abiurare. tivi

fallì

suoi

Ma

più volte negli incarichi avuti dal

Congregazione

e ^.dalla

errori se

i

di

e

fatti ci

di

far conoscere al

indurlo ad emendarsi ed

dimostrano che

i

suoi tenta-

ci pare però che non si sia comBruno con malevolenza. Ma aristotelico

andarono vani,

portato contro

il

e forse intieramente

avverso alla dottrina copernicana

ed esagerato teologo, non potè mostrare verchia arrendevolezza.

Nolano sonon che non sapecol

I teologi e gli aristotelici

avevano presa sul Bruno come quelli vano intendere con larghezza le dottrine

di lui e quelle

degli altri. Il

teologo che su tutti primeggiò, e quello al quale

cardinali e teologi e persino

il

Papa

s'inchinavano, è

Roberto Bellarmino. Egli aveva credito di persona fallibile,

conosceva altamente la teologia

rava nessuno degli spedienti dei teologi. singolarissimo tenne in

1)

Roma

In odo Ubros physicoriim

in-

non ignoQuest'uomo

e

lo scettro della teologia

et in tres

de anima.

— 316 — per tutto

tempo che

il

come con

visse,

tutta chiarezza

ed amplitudine notammo nel nostro discorso che ha per

titolo

Copernico ed il sistema Cojjernicano nel possiamo però non osservare che il

XVI Non

secolo

.

nome

compare nel processo del Bruno Galileo, cioè nei due più grandi pro-

del Bellarmino

e in quello del cessi che

XVI

siano stati eretti contro la scienza nel se-

XVII. Il Bellaruna specie di dittatura. Clemente Vili dipende da lui, come da lui pur dipende Urbano Vili. L'eresia che piglia nome dal Copernico è quasi per intero un parto del giudizio del colo

mino

e nel principio

del

teologo di Montepulciano.

Bruno

nel

pure

dovuta

È

è

Il

rogo che

non

innalza al

la proibizione contro Galileo, nel 1615.

più che mai degno di nota che

compreso

si

teologo; ad esso

1600 è dovuto a questo

quale ebbe a fronte

e

secolo

esercita nell'uno e nell'altro

Bruno

il

il

Bellarmino,

non

e Galileo,

il

sia stato

di riverenza dall'ingegno dell'uno e dell'altro

vi sia

una parola

ne' suoi libri

che rammenti

l'altezza di entrambi. I teologi consultori

non

si

levavano certo

del padre Beccaria e del Bellarmino.

Non

ve

al di

sopra

n'è alcuno

che siasi acquistata rinomanza speciale in alcune parti dello scibile e nella stessa teologia

Essi forse ebbero e filosofici col

tutti o

Bruno.

I

da loro professata.

quasi tutti colloqui! teologici

due però che più volte vennero il padre Beccaria

a ragionamento con lui furono certo ed

il

padre Bellarmino. Noi presumiamo che la sen-

tenza di condanna sia opera del teologo di Montepulciano coadiuvato dal padre Beccaria.

Premesse le mentovate notizie circa i giudici, veniamo alla storia delle deliberazioni della Congrega-

- 317 zione, prese nelle

adunanze che sono indicate nei nostri

documenti.

Addì 14 gennaio 1599 si aduna la Congregazione Vi sono davanti ad essa otto propo-

dell'Inquisizione.

sizioni eretiche raccolte per opera del padre Bellarmino e del padre commissario, dai libri e dal processo del

Bruno. Esse vengono

ed

lette

che se ne desse

ordinò

il

papa dopo

comunicazione

la lettura

Bruno

al

se

voleva abiurarle come eretiche.

Non è

vi è la risposta del

ma

monco,

Bruno perchè

dell'abiura fu ripetuta in tutte le Il

che implicava che

Giova

il

di passagio ricordare che

merose eresie

si

ritrovano nel processo e nei

seconda tornata, che

1599 ed alla presenza

degli il

e la

teologi consultori,

i

avvertono che altre e nu-

stessi teologi, si legge

Bruno,

domanda

adunanze successive.

rifiuto fosse stato costante.

oltre le otto proposizioni, ci

Ad una

documento

il

essa fu certo negativa perchè la

si

tiene

cardinali e degli

stessi

processo formato contro

Congregazione diligentemente

mente considerata ogni

libri.

4 febbraio

il

cosa, e uditi

i

il

maturata-

e

voti dati a voce

e per iscritto dei padri teologi, delibera.

Questo decreto

È

di deliberazione è

pure desso monco.

importante perchè da esso (anche monco come

noi apprendiamo che addi 4 febbraio 1599 era tutto formato, o con più esattezza che nel principio di febbraio del 1599 era finito.

che dal contesto delle parole era lìnito da poco tempo.

A

si inferisca

processo

il

processo

Pare anche

eziandio che

questo decreto ne va con-

giunto un altro che non è compiuto esso pure, a

Santo Padre

del quale

il

Bruno

proposizioni

le

è)

il

ordina che

eretiche

,

si

norma

intimino al

lo si esorti

ad abiu-

— 318 — rarle, dandogli, se l'abiura è accettata,

quaranta giorni

di tempo.

i

Dopo questa

tornata del 4 febbraio 1599

verbali delle

tornate della Congregazione dei mesi

di

marzo,

di aprile

i

di

maggio, di giugno,

di agosto, di settembre, di ottobre, di

che

si sia

passato negli accennati mesi non sappiamo.

coir idea

avrebbe abiurato. ponio Algerio

2

formata contro qui

si

di luglio,

novembre. Quello

Forse saranno state date nuove proroghe

sempre

mancano

ci

che

egli

Due proroghe

di 70 giorni

furono date

Funa quando

lui la sentenza. I

concedono

E

al

al

Bruno

sarebbe ravveduto

si

al

ed

Pom-

già era stata

quaranta giorni che

Bruno sono dessi conceduti per ciò è, come mai potè avvenire che

la

prima volta?

si

aspettassero sei anni per fare questa concessione?

E

se concessioni identiche e frequenti

se

accordate prima, come mai

si

tenne

il

per tanto tempo senza sperimentare

non fossero state Bruno in carcere le

sue intenzioni

con la domanda dell'abiura?

Queste domande potrebbero dar luogo noi escludemmo da principio

porre che .Totto, e

il

,

che

all'ipotesi

che

consiste nel sup-

processo sia stato per lungo tempo inter-

che perciò l'abiura non sia stata messa avanti

che nei mesi del 1598 e 1599 ai quali hanno

i

nostri

documenti riferimento. Addì 21 dicembre (sempre nell'anno 1599) il Bruno che in questa adunanza è dalla Congregazione della

c'è il documento che si riferisce alla lista dei carcerati. Di Blasus, la monografìa già citata: Pomponio de Algerio Nolano arso in Boma per condanna del S. Offitio

1)

2)

In aprile Confr.

nel 1556, Napoli, 1888.

— 319 — Inquisizione

maestro di Sacra teologia, è

appellato

fatto uscire dal carcere e condotto nell'Aula della

gregazione

al cospetto dei Cardinali,

ed interrogano intorno

i

sue necessità e meriti

alle

Con-

quali lo visitano {sic).

Rimosso indi dall'aula, i Cardinali che erano presenti alla adunanza della Congregazione, commettono al padre Ippolito Beccaria generale dell' ordine de' Do,

Paolo Vicario, di trattenersi

menicani, ed al padre

con

lui, e di fargli

vedere

storico,

il

minuta

di

proposizioni incriminate,

emendi

si

disponga

In questa tornata che è di grande

momento

affinchè conosca gli all'abiura.

le

Bruno

errori,

profferì,

si

come

e

leggesi nell' abbozzo o

Flaminio Adriani notaio

dell'

Inquisizione,

quelle parole che dimostrano quanta forza vi fosse nel

suo animo inasprito dai lunghi patimenti lotta,

per serbare fede a se stesso:

e dalla

Non

«

lunga

debbo, nè

non ho materia per ciò, e non perchè debba ravvedermi ». Queste parole rispondono sostanzialmente a ciuelle, che lo Sdoppio gli mette in bocca quando già era al cospetto del rogo. voglio ravvedermi,

so

La

risposta cosi recisa

,

e diciamolo

romani lunque nuova interrogazione. Vi serbataci

nei documenti

sione di tanto e

si

,

anche così

fiera,

fuori

qua-

tagliò

è in

essa la espres-

individuo animo, che nulla più

l'eguaglia. I Cardinali intervenuti alla

adunanza con-

sentirono tuttavia ancora, forse senza speranza alcuna,

Commissario facesse vedere al Bruno la sua sua falsa dottrma. In questa tornata del 21 dicembre si parla di cardinali che visitarono carceche

il

cecità e la

i

rati infrascritti, senza che al documento vada unita la lista dei prigionieri visitati.

Dal 21 dicembre 1599 saltiamo all'anno

fatale del 1600.

— 320 — Siamo ai venti di gennaio. La Congregazione si raduna nuovo in questo giorno. Il padre Ippolito Maria,

di

generale dell'Ordine

dei predicatori, ed il R. padre Paolo Vicario dello stesso ordine, riferiscono che Giordano Bruno al quale fu chiesto di abiurare le

frate

,

proposizioni

nunquam

ricusò

,

di

acconsentire

propositiones

,

affermando se

hcereticas protulisse

sed

male exceptas a ministris sancti officii. Contemporaneamente al rifiuto indirizzò un suo memoriale al Papa che fu aperto e non letto, e nel quale egli adduce va forse le ragioni di quella sua asserzione.

La mancanza ratamente

di questo

memoriale

ben comprendere

di

Bruno attribuiva

ci

vieta sventu-

significato

il

che

il

alle proposizioni eretiche di cui ve-

niva imputato. In questo stesso giorno, 20 gennaio 1600, il

Papa deposta

la

speranza che

Bruno

il

si

potesse

piegare all'abiura, decretò che fosse data la sentenza e

consegnato alla curia secolare.

E

così fu.

Nel

dì 8

medesima letta nell'adunanza della Sacra Congregazione. Il Bruno era dichiarato apostata

febbraio venne la

dell'Ordine de' predicatori, eretico impenitente e perti-

Lo si dava alla curia secolare ed al governatore Roma, che era presente alla tornata. Con quest'ul-

nace. di

che ha suo esplicamento e compimento

timo decreto

nella sentenza, si chiude la terribile serie dei giudizi

contro

il

Prima

Bruno.

è degradato.

est

1)

TiNi,

'

che fosse consegnato alla curia secolare egli «

Degradandus

est

tradendus curiae saeculari

i

oninis clericus, qui ».

Leggiamo

di fatto

Praxis iudiciaria inquisitorum F. Umberti Locati Placenex Venetiis apud

Damianum Zenarium

1583.

— 321 — nel Registro

dell'

entrata ed uscita

depositeria

della

generale pontificia (amministrata dal signor Giuseppe Giustiniani

pagò fra

al

Cipriano

aprile 1599 al 3 luglio 1600) che si

de' Cruciferi

eretico, scudi I



dal

vescovo di Sidonia, per la degradazione di e

di

fra

Giordano Brano

due di oro per ciascuno ^

documenti romani che noi abbiamo, come

si è detto,

pubblicato insino dal 1873, ben esaminati, possono porgerci

il

modo

di

comprendere quello che

si

passò tra

il

Bruno ed i gioni di Roma. Un processo per eresia che durò per più di sette anni è certo un processo non ordinario. E ci pare che tale non possa essere e che i documenti stessi

teologi e cardinali dell'Inquisizione nelle pri-

debbano lasciarcene vedere via di scoprirla. Sant'Uffizio

i

Il

la ragione o metterci sulla

Bruno ebbe

soliti colloquii

eresie comuni, o

non corsero

egli

che hanno tra lui e

coi teologi del gli

imputati di

quelli conver-

sazioni 0 conferenze che uscissero fuori dalle eresie

comuni f

E

difficile

zione.

E

rispondere a priori a questa interroga-

noi non

ci

proveremo. Chè

niamo nel ragionare innanzi

care

ipotesi,

del se

il metodo che teBruno non ci consente di i-equeste non abbiano la loro

ragione in qualche fatto ben accertato.

Osserviamo però che la durata eccezionale del propuò essere derivata da tre cause. O fu incominciato appena il Bruno nel 1593 fu tratto in Roma e cesso

poi interrotto, o non cominciò subito

ma

con lungo

ritardo, 0 incominciò subito e si tirò avanti senza in-

terromperlo, pigliando

1)

i

teologi ad esaminare a lunghi

Notizia tratta dal Registro della depositeria generale, carte 69. 21.



Berti, Giordano Bruno.

— 322con ampie discussioni

intervalli e

eresie bruniane

le

che erano moltissime e di svariatissima natura. Ci alle

si

consenta di mettere da parte la ricerca intorno

due prime cause per

appoggiate a

fatti, e di

le quali

non abbiamo prove

soffermarci sulla terza che ha

secondo noi fondamento ne' documenti. Otto sono il

le

proposizioni eretiche con cui terminò

processo del Bruno. Queste proposizioni eretiche

raccolsero

suoi

dai

contro di lui

libri

si

e dai costituti dei processi

eretti.

Oltre queste otto proposizioni eretiche la suprema

Inquisizione aveva indicato che ancora molte altre se

ne contenevano. In

tutti

ì

verbali

eretiche apposte al processi.

Da ciò

dai libri

si

dell'Inquisizione

proposizioni

le

Bruno hanno per origine

è facile rilevare

i

libri

distinguono da quelle dei processi. Nei

non v'ha parola contro verginità di Maria,

od

i

che l'eresie provenienti libri

la transubstanziazione, contro la

ecc.,

perciò queste eresie

hanno loro hanno le

origine nei processi.

Per contro nei

affermazioni circa

sistema copernicano, circa l'iden-

tità del

male

esseri, circa la

il

e del bene, circa le

libri vi

trasformazioni degli

trasmigrazione delle anime e va dicendo.

Queste seconde proposizioni formano un gruppo speciale di eresìe più o

quali

si

meno

alcune delle

scientifiche e

potevano chiamare eresie nuove.

discussione del

Bruno

coi teologi, dovette

versare su queste eresie nuove.

E

Dunque

ben

la

di spesso

dovette essere ezian-

medesime che ei si mostrava più restio alPer poco che si conosca il carattere del Bruno nei suoi libri e nella sua vita, si può quasi affermare con sicurezza che egli non avrebbe disdetto mai la dotdio sulle l'abiura.

— 323-trina copernicana e

non mai avrebbe affermato

l'intimo di se e nella sua coscienza che lo

nel-

spazio ed

tempo non fossero infiniti e che il principio deh mondi non fosse uno. La abiura delle

il

l'universo et tesi

fondamentali che

si

navagii più dura e più tesi

che procedevano

trovavano nei suoi difficile

libri tor-

assai dell'abiura delle

mentovati dogmi. Questa

dai

Nel

verità è confermata dal seguente documento.

4 febbraio 1599 al

i

il

Papa con un suo

padre Bellarmino ed

la difficoltà che l'abiura

che

si

padre commissario (vista

al

incontrava presso

Bruno)

il

contentassero di intimargli quelle proposizioni

eretiche che

ma



decreto ordinò

quelle

non erano

che

tali

tali

erano

dichiarate solo' al presente

^

dichiarate da antichissimi

padri, dalla Chiesa e dalla Sede apostolica. Questa di-

stinzione registrata nel verbale dell'Inquisizione è

un

lampo

La

di luce che irradia

distinzione che fa qui

Bellarmino ed

al

il

il

processo del Bruno.

Papa

nell'incarico

padre Beccaria,

ci è

prova

che dà al e

non

solo

indizio che erano soggetto di discussione le eresie an-

denominate nuove o più recenti. Che il Bruno mostrava più tenacia nell'abbandoimre le eresie nuove che non le antiche. Che infine queste eresie nuove che uscivano dai libri del Bruno non potevano

tiche e quelle

essere che le eresie che

6

tali

il

Bellarmino chiamava

pure venivano appellate dai teologi come

della terra, la

pluralità

dei

mondi

o la

il

tali,

moto

identità del

finito e dell'infinito.

Nella lettera dello Sdoppio la distinzione fra

1)

Vedi Documenti romani. Lettera

2)

Cioè che erano state dichiarate

le eresie

1^.

tali

solo

da poco tempo.

— 324 — che noi chiamiamo ora nuove e recenti, e quelle an-

Tra

tiche, è netta e chiara.

le

prime vi era

stanziazione, la verginità di Maria,

oltre parecchie altre, quella or'renda et

la transub-

tra le seconde

ecc.,

assurdissima^

mondi innumerevoli e dell'anima corpo e di mondo in mondo.

egli dice, dei di corpo in

Queste due sorta di eresie recente

grandemente mino.

Non

specialmente quella

e

sistema copei-nicano

del

i

doveva interessare

specialmente l'abate Bellar-

teologi e

sarebbe presumere troppo

ne conosciamo la

il

dire

ora che

doveva intrattenersi

che egli

vita,

che va

assai più del solito e con più interesse

del solito col

nuove scientifiche. Le discussioni circa questo punto hanno dovuto essere lunghe e ripetute. Le molte cognizioni del Bruno su questo

Bruno intorno

tema dovettero logo di

alle dottrine

eccitare

il

Montepulciano.

I

più vivo interesse nel teomolti

che questi

colloquii

ebbe col frate da Nola sull'argomento indicato furono

È

forse più volte interrotti e più volte ripresi.

che

si

Bellarmino intorno forse in questi

era e pieno di

Bellarmino

al

sistema copernicano.

colloquii che

marsi

mente il

Anzi è

Bruno, schietto come

il

imaginazione, andava dimostrando al

le infinite

conseguenze che potevano deri-

vare da quel sistema. Forse nella

in essi

deve cercare l'origine di molte cognizioni del

è

da questo tempo che

del Bellarmino cominciò a sorgere e for-

concetto dell'eresia

nuova su

di cui lo stesso

Clemente Vili non avrebbe voluto che venisse chiesta l'abiura a Giordano Bruno.

Dal che

si

raccoglie che

anzi è a questa conforme,

non il

è

alieno

supporre che

dare pi'oroghe sopra proroghe

al

dalla verità,, si

potessero

Bruno perchè abiu-

— 325 — rasse e che le

non potendo

medesime non ottenessero effetto alcuno, Bruno specialmente adattarsi a con-

il

traddirà la dottrina copernicana.

A

noi pare eziandio

che forse anche nel suo memoriale egli pensasse a giustificarsi più delle eresie

nuove che non delle antiche non aveva prof-

e che potesse con verità dire che egli

ma

gli fossero

apposte

più che altro dalla mala volontà dei ministri

dell'In-

ferite eresie,

che queste eresie

quisizione.

È

infine

da notare che secondo

nel suo processo

si

accusa. Di questi biografi.

e il

non

E

i

documenti romani

recarono innanzi

atti di

accusa non

taluni atti di si

occuparono

i

sebbene non siano nominati nella sentenza

influirono in essa, quali poterono essere? Forse

calvinismo professato in Ginevra, forse

€on Enrico IV, quando minacciava la Chiesa,

forse

l'aver

vero) chi lo denunziò in

nulla sappiamo.

gettato in

Roma. Di

le relazioni

di rivoltarsi contro

Tevere

(se

pure è

tutte queste accuse

.

- 326 -

CAPITOLO XIX. — Lettura della sentenza — Parole del Bruno — Esecuzione — Testimonianza che ne fanno gli Avvisi di Roma — Unità della vita del Bruno — Campanella — Difetto fondamentale della filosofìa del Bruno — Dal Bruno a Kant— Filosofìa italiana — Rosmini — Gioberti — Il velo della sfìnge,

SOMMARIO. della

La

medesima

sentenza fu profferita nel palazzo del

Supremo

Inquisitore alla presenza dei cardinali del S. Uffizio, dei teologi

magistrato

consultori, del

governatore della

città.

Bruno

Il

pacato e meditabondo e senza dar

commovimento. Solo quando voltò

al

secolare e del

l'ascoltò

con Yolto

segno di interno

la lettura fu

terminata

si

consesso che l'aveva condannato a morte e

proferì con

accento

minaccevole

sicuro e con piglio

quelle parole scultorie che cotanto ancoraci

benché ripetute a 300 anni di distanza,

commovono, quali

e dalle

Maggior timore provate voi nel pronunciar la sentenza contro di me che non ». Tra la consegna al magistrato seio nel riceverla

traspare viva la sua effigie

:

«

^

1)

In un manoscritto del capitano Mancini, posseduto dal profes-

sore Pierantoni, leg-gonsi riferite a

un

dipresso le stesse parole del

conte di Ventimiglia, che fu discepolo del Bruno e che fu presente all'abbruciamento.

Aggiunge

il

conte di Ventimiglia che

gridò ai Giudici: « Voi mi sentenziate più paurosi che

Bruna

il

io,

che

mi

sento condannato .... » e prima di morire raccomandò al conte di

Ventimigha «

di

seguire

« giudizi e gli errori ».

le

sue gloriose pedate e di fuggire

i

pre-

— 327 — colare e la esecuzione della sentenza si lasciavano

giorni d'intervallo, talvolta tro,

ma

due

meno, talvolta anche quateccezione non si an-

in generale e per sola

dava che a otto. Se in questo intervallo il' condannato a morte pentivasi, altra fiata gli si commutava la pena nel carcere perpetuo ed altra fiata non gli si commutava che il genere di supplizio. Quando il condannato era già stato tradotto nel carcere dello Stato

non

si

poteva più vedere o visitare, epperciò lasciavasi intiera-

mente a se stesso. Al Bruno furono concessi non solo otto ma nove giorni nel carcere secolare. Pare che questi passassero senza che il suo animo si fosse in alcuna parte mutato 0 volesse mutarsi. La certezza e la prossimità della morte non lo spaventavano, e non lo spaventava del pari la tremenda immagine del rogo. Egli sentiva oramai profondo disgusto per un mondo troppo diverso da quello che gli occupava la mente ed al quale aspirava. Oramai vedeva nella morte il fine di tanti contrasti e di tanti e si dolorosi travagli. Più volte aveva seco stesso ragionato della probabilità che ei dovesse

quella incontrare per

le

sue opinioni, e più volte aveva

detto a sè stesso che bisognava aspettarla ed affrontarla

Quando mi troverò

impavido..

nelle difficoltà e nei peri-

un giorno in Londra), tuo vivace fervore, non mancar so-

tu, 0 animo^sità (profferì

coli «

con la voce del

«

vento di intonarmi a l'orecchio quella sentenza: Tu ne

1)

malis, sed cantra aiidentior

cecie

Nella prefazione

elle egli

« stimo

amò sempre

al

ito!.... »^

librone V infinito, universo

la verità «

et

mondi

dica

per che ogni riputazio]ie et vittoria

nemica a Dio, vilissima et senza punto d'onore, dove non

« è la verità

:

ma

per

amor de

« contemplatione m'affatico,

la

mi

vera sapienza et studio de la vera cruccio et

mi tormento

».

,

— B28 — Siamo

/ ultimo dei nove giorni

al diciassette febbraio,

Roma non meno

assegnatigli: sono presenti in

quanta cardinali,

di cin-

e le sue vie, per cagione del Giabileo,

sono gremite di popolo. Ovunque appariscono lunghe e fìtte schiere di

pellegrini

varie e strane foggio

in

che vanno di chiesa in chiesa imploi'ando per-

vestiti,

dono dei loro

peccati.

Procedono a loro frammisti prin-

personaggi eminentissimi e viene dietro non di

cipi e

rado, esultante nel cuore, cessioni,

si

il

Si fanno pro-

pontefice.

intuonano laudi,

elevano preghiere a

si

Dio ^ Mentre sembrerebbe che

tutti

cuori dovessero

i

inclinare a misericordia e tutti congiungersi amorevoli

nel Redentore pacifico delFumanità,

da Nola, preceduto

da

e seguito

compagnato da sacerdoti

col

scortato da soldati in armi,

move

il

povero

folla di

crocefisso fra le mani,

legato verso

di Fiora, presso l'antico teatro fabbricato da

dopo

la

guerra con Mitridate, dove sta per

rata un'antenna o palo circuito da legna.

quivi giunge, lo si

dà fuoco

si

prende

alla catasta.

e lo

1)

il

campo

Pompeo

lui

prepa-

Appena

egli

lega all'antenna e

un momento senza neanco mandare

tutt'intorno le fiamme, ed egli

uno

si

Divampano

in

di quei gemiti e di que' sospiri che

fragile carne, rende l'anima a

filosofo

popolo ed ac-

ricordano la

Dio avvolto

nelle tetre

Eoma, delVanno 1600 narra che nel mese Gesuiti istituirono le quarant'ore e che Clemente Vili

Il celebre

cardinale Agostino Yalliero, che allora era in

nella sua Storia del Giuhileo

di febbraio

i

celebrò messa nella loro chiesa assistito dai cardinali Baronio e Bel-

larmino.



Giovanni

Stringa,

ascendere a tre milioni

il

in occasione di questo giubileo.

nezia 1730, pag. 686.

nella

numero

Vita

di Clemente Vili, fa

delle persone



V.

le

convenute in

Eoma

Vite de' Fontefìci. Ve-

— 329 — spire

1.

Le sue

ceneri andarono poscia disperse al vento

perchè nulla restasse di più che mai I libri di

avvisi e di ritorni che facevano allora

sarcastico la morte del povero frate di Nola. «

Campo

fu abbrugiato vivo in

Domenico

le

annunziano con tuono che ha del

giornali

veci dei

Feroce giudizio cui oggidì

lui.

ribella la pubblica coscienza!

si

«

Giovedì

di Fiore quel frate di

di Nola, heretico pertinace,

«

S.

«

gua

«

senza voler ascoltare nè confortatoi'i nè

in giova, per le bruttissime

con la

lin-

parole che diceva,

Era

altri.

<(

stato dodici anni prigione al S. Uffizio, dal quale fu

«

un'altra volta liberato

In un altro avviso di

Roma

addi 19 febbraio era detto con linguaggio non

meno

truce del primo.

^ ».

Giovedì mattina in

«

((

fu abbrugiato vivo quello

«

chino da Nola, di che

mato

1)

che il

frate

domeni-

scellerato

scrisse con le passate: he-

dogmi contro Santa Fede

diversi

Gerolamo Huss ed

€lie loro

di Fiore

obstinatissimo et havendo di suo capriccio for-

« retico «

si

Campo

strappò

gli uscisse di

il

Serveto non poterono trattenere

dolore. Il

il

et in par-

Bruno vinse

bocca un sospiro.

La

la natura,

e

già più volte

a

citato.

lui



pubblicati

Sotto

il

gTÌdo

stessa forza mostrò nel rogo

suo contemporaneo Pomponio Algerie come ne fanno fede

documenti intorno

il

morì senza

dal

suo storico

il

De

i

nuovi

Blasiis

non

regno di Clemente benché

Atti di fede per motivo di eresia, si bruciò tuttavia vivo uno scozzese perchè aveva insultato al Sacramento dando col

siansi eseguiti

pugno nel tabernacolo dove si custodiva. Vi furono alcuni scrittori (Hayra e Quadrio

fra

gli altri)

i

quali

affermarono che fu abbruciata la sola effigie del Bruno. Quest'asserzione è contradetta dagli antichi e nuovi argomenti da noi addotti. 2) Il giornalista

qui erra perocché la prigionia del Bruno non

trepassò gli otto anni.

La

all'imputato e spesso così

pedire che

il

medesimo

ol-

lingua in giova o legata, cresceva la pena si

faceva,

parlasse.

come

dice

il

Farinacci^, per

im-

— 330 — contro

Santissima Vergine

«

ticolare

«

volse obstinatamente morire in qnelli lo scelerato

«

et

la

et

i

Santi

,

;

diceva che moriva martire et volentieri et che se

«

ne sarebbe la sua anima ascesa con quel fumo

«

paradiso

«

verità

Era

^

il

;

ma

ora egli

^

in

ne avede se diceva la

se

».

Bruno

piccolo di statui'a e svelto di persona,

esile di corpo, faccia

scarna e pallida, fisionomia me-

sguardo vivo e melanconico ^ capelli e barba nero ed il castagno; pai'ola pronta, rapida, im-

ditativa,

tra

il

maginosa, accompagnata da gesti vivaci

bane

e gentili. Socievole,

conversare,

come

pieghevolezza

amabile del

Italiani

gli

ai gusti, agli

usi,

•Aperto e franco con gli amici

e.

;

maniere ur-

giocondo nel suo

e

mezzodì; di

alle

facile

abitudini altrui.

nemici, e quanto pronto

alla collera tanto alieno dal rancore e dalla vendetta.

Questo

ritratto che è

da noi formato sopra

i

contras-

vengono dati dal processo veneto, non risponde pienamente a quello che ci venne conservato dal Wirtmann e che torna di ornamento all'edizione segni che

ci

di Lipsia. Nella fisionomia della bella statua che splen-

derà sul monumento, Ettore Ferrari tradusse molta parte dei lineamenti bruniani raccolti dal processo veneto. Certo, quella del

Bruno

1) Nell'A demollo si legge assisa

2)

è

una

delle

fisionomie

con quel premio.

Pare morisse sotto quella casa che

fa

cantonata in

Fiori col vicolo dei Balestrari sulla di cui facciata

si

Campo

lapide con versi latini posti nel 1483 dai curatori delle strade G.

6 L. Morgani come memorie per 3)

Noi crediamo che questo

la via

delle

Opere

italiane.

B

Florea in lode di Sisto IV.

ritratto cavato dai

risponda al vero che non quello con cui

dei

vede una grande

il

documenti meglio

Wagner

ornò

la

ristampa

- 331 più rispondenti

al

grado della sua intellettualità e della

sua forza morale. Gli uomini grandi

si

distinguono dai volgari in quanta

quelli obbediscono alla coscienza

e

sanno sopportare

le afflizioni, lo spregio, le contrarietà,

abbandonano

vigliacchi

E

volta loro, le spalle.

il il

laddove questi

campo non appena la sorte Bruno seppe pigliare ben di

spesso

nuova lena da quello che sarebbe

altri di

impedimento, più pensando ad imprimere

un

terra

i

piaceri.

Le sue

sulla,

non a usu-

vestigio durevole e glorioso che

fruttuarne

stato agli

azioni considerate nel loro

complesso rendono immagine di una forza unica che

va svolgendo senza interruzione insino

si

Il

Bruno

anticipò

il

giudizio di

sè.

E

al

rogo^

questo è indizia

di saldissima fede nelle sue dottrine e di sincerità nei

non vuoisi confondere con

suoi convincimenti. Quindi

quegli ingegni varii, instabili, che tutto ricevono dal di fuori, e

che operano più per impulso di fantasia che per

forza di ragione. In lui la signoria del pensiero è co-

sua vita

stante, e la

è in

armonia

benché qualche volta precipiti in

col pensiero stessa

falli,

vinto da impe-

tuosi affetti. Insino dall'adolescenza spiegò quell'energia

non

di volere che

cui sono evidente

gli

documento

sue letture assidue, tazioni. giati,

Usò

il

le

del

gli

far niente, che spesso

uomini si

privile-

le loro forze.

applica quasi

L'unità di vita nel Bruno non fu sempre bene avvertita dai eccettuarne

Brukero. Quindi è assai inesatto

nel

suoi studi indefessi, la

tempo come l'usano

suoi biografi, senza neanco il

i

la vita, e di

sue frequenti ed infuocate dispu-

che sanno con quest'uso moltiplicare

La trista frase 1)

venne meno per tutta

tomo quinto

della sua storia.

il

il

dotto storico della

filosofia^

giudizio che egli porta sul

Nolano

-332esclusivamente a noi Italiani, indica pur troppo Tintervallo

immenso che

nati.

Essi grandeggiano ben più che noi nella nostra

ci

separa dagli operosi nostri ante-

storia delle idee e del lavoro.

E

che siamo noi con la

nostra mollezza, con la disarmonia tra

pensare ed

il

il

fare? Che siamo noi verso questi eroi che salgono

filo-

sofando sul rogo, e che hanno in

loro

pregio

sì alto

il

pensiero e la loro parola da dare in olocausto la vita

anzi che mancare a questa o disdire a quello? Il

Bruno

tiene lo stesso linguaggio con Enrico III,

€on Castelnovo

di Mauvissière,

con Filippo Sidney, con

Mendoza, con Don Clemente di Spagna, con Rodolfo II, €ol duca Enrico Giulio, con Haincel e con i lettori, dottori e scolari delle

maggiori università di Europa.

E

se

nelle lettere di dedica dispensa talvolta lodi smisurate

ai personaggi che lo favoriscono,

sempre

dettati

alle dottrine che egli

adulare

i

propugna.

le

suoi libri sono però

Non

suoi mecenati; non tace

ne attenua

Ee

i

con la massima libertà

i

con reverenza

e

inventa teorie per suoi principi!,

non

deduzioni, non cavilla sul loro significato.

stesse sue iattanze nascono piuttosto

da natura im-

maginosa 0 subita che non dal desiderio di procacciarsi ^li onori e la fama che comparte il volgo. Perseverò costante nel predicare la riforma della filosofìa, quantunque questa costanza

gli

venisse spesso contraccam-

biata da ingratitudine e da travagli. Perseverò solo,

senza amici, senza conforto. Di che

sommamente

ci

piace lodarlo e

lodarlo in questi tempi e in questi giorni.

Nelle nazioni come negli individui è non dubbio segno di

scadimento la menomata reverenza a noi

stessi, ai

nostri pensieri, alla nostra dottrina.

La melanconia,

che appalesa pur sempre un desi-

derio del meglio od

cedente

il

un doloroso

stato dell'animo, pro-

più spesso da volontà che non sa rassegnarsi

all'andamento generale delle cose, traluce come nella scritti. Nel secolo XVI abbiamo pochi esempi di mestizia simile alla sua che gli fece dire: Io vivo morto; morto sono vivo. Il Tasso si lamenta degli uomini in particolare: il Bruno dei-

sua fisionomia, così nei suoi

Tumanità. Quindi quel suo prorompei'e in

atti

subitanei

di sdegno; quel rifugiarsi in sè e cercare nel proprio

animo

la virtù per reggere contro le forze che lo op-

primono; quindi que' suoi impeti di orgoglio

e

quei

suoi trasmodamenti che tolgono talvolta pregio alle

sue scritture e talvolta ne scemano la

La morte

incontrata per

la

efficacia.

propria fede,

per la

propria dottrina, ha una grande attrattiva anche quando

questa fede e dottrina non è la vostra.

non vince

glia se

mezza

tutti

i

Il

Bruno egua-

suoi contemporanei per fer-

e vigoria di indole.

Nulla ha

quei letterati vagabondi del

secolo

di

comune con

decimoquinto,

i

quali a tutto tenevano fuorché alla propria coscienza.

La sua secchi esigli si

morte, come quella del Paleaiio, del e

di

altri

moltissimi, del pari che

i

Carnediversi

per cagioni religiose, sono prova che in Italia

incominciava ad ascriversi a debito una fede, l'ob-

bedire ad

un

pensiero.

Immenso progresso non apprez-

zato neanco dagli storici moderni

Fra

gli scrittori

coevi al

i.

Bruno che possano venire

con lui in comparazione, non per rispetto alle qualità

ed indirizzo dell'ingegno, 1)

Nel secolo decimosesto

in Italia ricorda

proprie opinioni.

ma rispetto

la storia delle

non pochi uomini che

alle

lettere

soffersero e

vicende della e

della

filosofia

morirono per le

-334forza dell'animo, dell' immaginazione e

vita, alla

spetto all'amore della verità, gli è certo

Entrambi vestono giovanetti

1'

il

ri-

Campanella.

abito di frati

dome-

nicani, entrambi desiderosi di novità, e restii alla disciplina,

entrambi altamente invaghiti delle scienze

entrambi d' animo Bruno generosissimo ed audace. e Campanella non nascono nella scuola, non sono figli dell' Università,

matematiche

e

delle

speculative

ma

del suolo della

La

riforma delle scienze, della

magna Grecia

e fors'anco dello Stato, è

,

e dei proprii studi.

filosofìa, della religione

meta comune 1' uno

culazioni sebbene non vi sia tra

alle

e

loro spe-

Y altro con-

formità di pensiero intorno a questo stesso argomento.

Sono entrambi creatori di quella poesia filosofica che non ha riscontro nel centro e nel settentrione dell'Italia. E se nel Campanella maggiore è la vivacità e varietà delle immagini, e l' armonia del verso, nel Bruno il concetto è più profondo e spesso anche più pellegrino.

La

vita dell'uno e dell'altro corre pur troppo piena

di inaudite

nella

ambascio

e di dolorose vicende. Il

Campa-

trascinato in giovane età per più. di cinquanta

prigioni, torturato sette volte con strazi

orribili e

da

non potersi descrivere, giacente quasi nudo e ricoperto di vermi nel profondo di un carcere, non si perde d'animo, non si avvilisce, ma medita e compone con la mente, e quando può con la penna, come se fosse tranquillo nella sua cella, e come se le piaghe del corpo non lo toccassero ^

1) Il povero Campanella nella prefazione al suo libro Atheismus triumphatus dice di sè: « Vide quaeso sim ne asinus ipsorum, qui quidem iam i)i quin-

V

— 335 — Socrate passeggia nel carcere, sciolto da

In Atene

catene, scevro da strazii, discute con gli amici, insegna discepoli

-ai

,

muore

piglia la cicuta, e

confortato dal-

Bruno è preceanima e del corpo.

l'affetto e dalla stima. Il sacrifizio di

duto dai più duri patimenti Nella sua lunga prigionia

dell'

non

è

consolato da visita

amico o da parola e presenza di discepolo. Non vi che lo accompagni al rogo. Eg]i muore

di

è persona

oscuro

Quanta non dovette essere animo per assoggettarsi a si

e quasi spregiato.

grandezza del suo

la

straordinario sacrifizio

!"

Bruno, Campanella, Vannini

sono tre uomini che a

^

breve distanza rappresentano con vera forza d'animo il

pensiero filosofico del mezzodì d'Italia

La come

dottrina del

novo.

La

Bruno

è

manchevole

2.

in molte parti,

diremo, sebbene abbia in sè del grande e del

morale

teorica dell'essere

monca, incerta,

è

« quag-inta carceribus hucusque clausus afflictusque •«

septies tor-

fui

mento durissimo examinatus. Postremumque perduravi

horis qua-

« draginta funiculis arctissimis ossa usque secantibus ligatus, pendens

« manibus

«

retro contortis de fune

super acutissimum lignum^ qui

carnis sextertium in posterioribus mihi

devoravit

« guinis libras tellus ebibit ». Struvius, Collectanea

rum. Jenae 1713, sono

io

fasciculus secundus, pag. 71.

già affermassi del Campanella quanto

Tolume, tuttavia vi fu chi studiassi di sofo 1)

malmenare

da Stilo Di questo

il

si

et

decem

san-

manuscripto-

— Benché vent'anni

si

contiene in questo

credette in debito di dire che io

carattere e travisare le dottrine del

mi filo-

!

filosofo parlerò

lungamente nel II volume del Bruno,

di questo

accompagnerà quella dei principali pensatori del Mezzodì contemporanei.

scritto, in cui,

2)

Non

ci

alla esposizione della

pare esatto

il

filosofia

paragone che

la vita di Fichte e quella del Bruno,

THejdenreich tra

il

Nolano

e

e lo Spinosa.

fa

il

Buhle tra

neppure

il

si

l'indole e

paragone

del-

-

-336 nebbiosa, ed appena è che vi brate

possano vedere adom-

si

grandi quistioni che

le

riferiscono alla crea-

si

zione, alla libertà, al dovere, al diritto, alla sanzione,

conservazione ed esplicamento del consorzio

alla

La sua mente, mondo,

civile.

tutta assorta nella contemplazione del

della necessità metafisica e nel concetto dell'es-

mondo

sere impersonale, sorvola sul

non

libero e

si

addentra nel concetto dell'essere personale. concetto dell'essere morale, non trattato dal Bruno^

Il

è quello intoi'no al quale si aggirano

i

sistemi di pa-

recchi dei maggiori filosofi del secolo che la

morte

non

di lui. Cartesio

stesso, che già si slancia sulle ali del

Iddio, la cui veracità

si

apre con

prima affermato

lia



pensiero verso

pone a fondamento di tutto lo verace. Se Dio è verace, veraci

scibile.

Dio

sono

pensieri o meglio le idee evidenti delle cose

i

è:

Dio

è

quindi veraci e certe

lìnite, e

pensieri rispondono. Cartesio

le

cose stesse che a questi

non

solo

non deduce

l'esi-

stenza di Dio, come alcuni affermano, dal proprio pensiero,

ma

riconosce l'esistenza e la veracità di questo

dagli attributi morali della divinità. intinito è

cartesiana.

branche;

perno della metafìsica

il

Se Dio

ma

esemplari per cui

nostro intelletto. Dio

dunque

la nostra

quale crea lo

Dio in quel modo che conviene. Egli ha in sè

tutto è in

infinita perfezione si gli

le

guida con

cosmogonia

Dio, continua Male-

tutto è in

è,

L' essere morale

e della

le

è,

mente

cose

si

rendono

iielon, Leibnitz,

i

sua

tipi

o

visibili al

sclama a sua volta Bossuet è

un raggio

della divinità la

cose e le illustra, governa

mano

alla

il

mondo e

sicura verso la meta. Arnaud, Fé-

Newton, Clarke

e

Vico

si

travagliano

con diverso metodo e con diverso intendimento sopra

— 337 — questo grande concetto

;

onde la

filosofia è

considerata

da questi sonimi uomini come una vasta teologia naturale, cui fanno capo direttamente

od indirettaniente

tutte le scienze.

secolo di cui discorriamo si chiude tuttavia con

Il

una dottrina propugnata da uno gegni

ha più analogia con

la

Questa dottrina Bruniana che non con quella

dei filosofi poc' anzi accennati. infinito,

più profondi in-

dei

da Benedetto Spinosa

filosofici,

Se

l'

i.

infinito

è,

tutto è

per la ragione che non vi possono essere due

sostanze, senza che l'una distrugga

l'

altra. L' infinito

uno e molteplice, modo, attributo e sostanza, non ha volontà, non coscienza, ma è natura natitrantesi, che obbedisce nel suo esplicamento ad una legge di necessità intrinseca. Laonde due opposte e contrarie dottrine si manifestano intorno all'infinito. L'una è la dottrina della filosofia di

Spinosa che

è

materia e

spirito,

che tutta sgorga dal concetto

cristiana,

dell'essere

morale, l'altra è la dottrina della filosofia che non ha

un nome

solo,

ma

molti, e che,

come quella

Spinosa (benché non sia in entrambi

e dello

del

Bruno

la stessa),

tutta si racchiude nel concetto dell'essere metafisico o della

pura necessità metafisica.

Uno

dei più grandi filosofi del secolo trascorso, at-

teggiandosi quasi ad arbitro tra

forma

sotto altra

tomettendo discutendone

ad acuta analisi i

i

combatf enti, ripiglia

le quistioni di cui

discorriamo, sot-

le facoltà della

titoli di credibilità.

Pochi

mente

lìlosofi

e

posson

pareggiarsi al K(]enisbergense nell'altezza dell'ingegno,

1)

Conferisci gli scritti di Ch. Sigwart sulle relazioni di Giordano

Bruno con Spinosa. 22.



Berti, Giordano Bruno.

nella vastità della dottrina, nella pellegrinità dei con-

nel magistero metodico e nella

cetti, l'

massima

Egli ebbe

analisi.

pi'ofondità

del-

autorità sul suo secolo,

quasi tutta la filosofia germanica moderna non solo

ma

piglia da lui lo mosso, i

sati^lliii

Due

granili

\<'>\

preesistono alFespeiienza

questa dorivai'si

una,

od idee

piiiicipii

rispondano

senton/iaro so (piosli principii od idee

alla vei-ità elìV'ttiva dello cose, i-a\a

\ìO\'

stMiiprc

via allo scoli a-a.vvisa

1(1.

comunan/a

col sapere. L'essere

ma non

sfugge alla

r.

scien/.a.

!•

di

sere è fuori di mo.

•conosce,

ra

Tessere od

sorta.

il

I^a scion/a

non

L'essere ed

si

il

non

coltà della scien/.a,

è.

sa|)Oi-e

nno

I

e' si

e fissa la sua attenzione sopra

momento, quale realtà di noi

,

è

la

fede

si

conosce,

teoretica, o fa-

fenomeno

o le appa-

Pervenuto

ripiega sovra se stesso,

un

del

dei nostri simili

in lotta

dello scetticismo

renze che sono Tobbietto delle sue illusioni.

Kant a questa conclusione

si

sono adunque

dei Persiani.

olti-e il

sapere

il

ò la realtà, la realtà

La ragione

non va

cbe fare

lia

riduce a «pioslo: ciò che è non

ciò che si conosce

la

sapere è in me, Tes-

Il

TOromaze e oolTaltro. Dnnque rnhinia conclusione kantiano

attoi--

sapere Kant non

Dunque Tessere jnilla (\ ma non si conosce,

TArimano

-<:ome

Kant

jii-inia

sensismo: colla seconda api-iva

il

icisii

(illa

(

quali

nostro non

rinlelletto

<-lh'

clie vi

le

non possono da

e

seiisil)ilo

Talira.

:

campo.

in

inis»'

<'i

lianno nel nosiiu iiilelloUo

può

come

gl'avita intorno a lui,

iiiionin al uìaggi(tr piaiiota.

,

fatto di

genere delle

grandissimo

umano

cose che

nella ci cir-

condano, la fede nel giusto e nelT onesto. Egli non sentesi da tanto per negare questo fatto, e però conchiude che la realtà, la quale sfugge alla ragione teo-

— BB9 — appresa dalla ragione pratica. Io credo nel dunque devo governarmi a norma di questa

retica, è

reale,

credenza.

La mentovata

confessione è

una protesta

scienza di Kant contro la sua scienza.

È

il

della cofatto che

sorge gigante davanti al suo sovrano ingegno e

intima di riconoscerlo.

È

il

senso comune che

si

gli

ven-

con un audace colpo la scienza tra-

dica, atterrando

scendentale.

Ma

la

ragione pratica non avendo titolo legittimo

per essere nel sistema kantiano, fu ben presto dai discepoli ripudiata e tolta di

mezzo quale inane superfeta-

zione. Ciò fece Fichte, spingendo alle ultime conseguenze il

sistema del maestro, ed affermando che se la mente

è creatrice del sapere, deve pure essere creatrice delle cose.

La

storia della filosofìa

non licorda più audace

e più paradossale affermazione.

Perocché se nel pan-

teismo delle scuole orientali tutto deducevasi

r

che crea

dall' infi-

necessaria emanazione, con Fichte è

nito per via di

l'infinito

stesso

e

trae dalle proprie

viscere tutto l'universo.

Giorgio Hegel, che dopo Kant va incontrastabilmente tra

i

primi

filosoli

germanici, aggrandì

il

concetto di

Fichte e pose a fondamento di tutta quanta l'enciclo-

pedia scientifica,

il

principio della identità o medesi-

mezza dell'essere e del sapere. Le menti in Germania si mostrarono vivamente commosse dalfapparimento di questa dottrina, e più ancora dal modo nuovo con cui veniva esposta, e dalle svariate applicazioni che ne faceva l'autoi'e. Pochi dap-

prima valenti

gli oppositori,

nelle

molti

i

seguaci, fra

scienze fìsiche e

i

naturali.

quali alcuni

Ma

a breve

- 340 andare crebbero di

utììcio

primi e

i

come accade

quali

diminuirono

secondi,

i

i

di consueto, si ridussero alio sterile

chiosatori, senza aggiungere

dramma

alle

dottrine del maestro, e senza quasi avvedersi che

il

pensiero pigliava diverso indirizzo così in Germania

come

nel resto di Europa.

Questo nuovo indirizzo straordinario ardore nella

quanto più

s'

moderna Europa. Le

levano arditamente

più

leggi

generali.

si

come Minerva secondo

i

ai principii

ed alle

dal cervello di Giove, armata di

canoni della

non

della responsabilità dei suoi

astratta o fenomepanteistica,

filosofìa

concreta e viva colla coscienza di

mazione

quali ^

Dalle viscere della storia e del giure

tutto punto la persona morale, nica,

alle disci-

coltivate con

scientifiche

addentrano nello studio dei particolari,

tanto

esce,

dovuto

è in parte

pline storiche, giuridiche e

atti.

sè,

La

del suo

ma

fine e

storia è un'affer-

effettiva e continua del graduale

affrancarsi

della persona nei vari ordini economici, giuridici, politici e religiosi. I

dizii

storici

grandi mutamenti avvenuti nei giu-

sono non tanto

effetto della scoperta di

nuovi documenti, quanto della nuova luce che in quelli si

deriva

dal

concetto più chiaro che è in noi della

persona morale e dei suoi rapporti

colle istituzioni

giuridiche e religiose.

La dottrina che ammette principii inconciliabili colfumana personalità, esclude se stessa dal giro della storia,

ed è costretta di procedere a ritroso delle idee Questa è la ragione per cui

e dei grandi fatti morali.

panteismo viene declinando mano a mano che la fìlosofìa storica progredisce. Il panteismo non può dare

il

la metafisica della storia, perchè esso

si

svolge fuori

— 341 — dell' orbita

morale.

storica

,

ossia del concetto

Kant

sistemi filosofici da

I

persona

della

in poi, discostan-

dosi intieramente dal fatto della storia, terminarono'

quasi

tutti nella

come

quello

negazione dell'essere pei'sonale,

unicamente sovra

edificato

assoluta

ma

è perchè

non

ossia per necessità morale. L'ordine storico

senza

concetto della libertà che

il

in quello del diritto, e

collega

si

non è

storia

della

perchè debba necessariamente essere,

telligibile

finito,

logico,

principio della necessità

il

mondo

metafisica. Il

o

mondo

che non trova posto nel

si

traduce

concetto

col

è,

è in-

della

legge morale e della sua sanzione, della provvidenza, della perfettibilità e con tutti gli altri concetti da cui

è governata la filosofia storica.

Laonde questa simo per

movesi verso

filosofìa

il

Cristiane-

la legge di attrazione, alla quale obbediscono

come

così le idee morali

simo contiene

mente non può

storico dello spirito

immaginare

umano è in

si

possa. Perciò

se

non

coll'aiuto delle idee

rendono compiuta ragione.

una parola

tono ed a cui convergono storica. I tentativi

Cristiane-

Il

morale più vasta, più per-

afferrare la legge del procedimento

ciistiane le quali sole ne

La persona morale

forze fìsiche.

le

la dottrina

fetta e più organica che

la

-

i

vari che

il

foco da cui par-

raggi tutti della filosofìa si

fecero e che si fanno

per costruire una metafìsica fuori del giro delle idee cristiane andarono finora

falliti.

Per quanto

sia

grande

l'ingegno posto dagli autori nella costruzione dei loro sistemi, essi

non riuscirono a preservarli dal germe

della morte

il

,

quale dispiegasi

dalla

loro

tendenza

contraria alla storia ed alla vera e larga esperienza

giacché

le

idee della giustizia, del dovere, di

;

Dio sono

— 343

-

altrettanto sperimentali e sensibili nella storia e nella

coscienza quanto

i

sale

l'moi-a

è quella che i-endt'

,

più avverati. Quindi la

fatti tisici

sola lilosotia che possa

i

dii'si

storica ed univer-

morale

asione delF ordine

t'ondato sulla persona. I sistemi che a questa filosofia si

()j)p()S(^r(). ni

lascia roiK) vestigio protondo, e

111

più che dalle conriita/i( mi speculative, loj^ica e dal



osano

In

llalia

C(.lo.

le

e

ri/./,<»

iie,^aiiii

imii

Imi-s,'

mia

dalle

II.

dell,'

l.a-M

gust() s.piisiin dei

ritalia. il

li

|mt

ma

Che

\

epiav

,i,.|

ie si

ìli

(pU'sto nosli'o se-

liloviili;!

la

pi-liamiK»

p!-(i\aniiie

di 'jindi/io.

ridiropa iniaa-a laai


di\('i'sa ra-

senso morah,' deliea'o,

lidio, iirdiiie. i

l;i

intorno allo stesso

armonia i

nelle'

pregi elle

ma

ì^m ammira.

ha quasi idscoutro nel secolo in cui

a (piaraiit'anni di

ben anco

palli

non solo

distanza da noi, ITtalia (ad

eccezione d(d (Talluppi) scarseggiava non solo di soli,

Ìll({Ì-

Dasti raiiiiiieiitaro

diNcrsc fecondo

ifo cniiipi iniineiii

Itosmiiii

sorse.

altrove. r

(aa
concetto, ic'iiiiiidine

\-arie

doUi'iiia morale, con-

per lam rieei'dare die
IiImniiIì. clic

^L^ieri

gione

-.Idl'ia

e

(iiul)crli

('la»

[lii'i

|;i

come

a|>giungere a quella una sola

s;ip,.i-e

lrll,av.

i-liai'c se in (picsia nosti'a

Crl^liaia'siiihi (•(line doi^ina. noti

il

apri iaiiK'iih'

(li-(tiii(i (li

perciò meraN

r

coImim che

fessando

dalla

senso praiicu uk naie dciruiuanità progre-

Noli

diciiit'.

furono

altl)aftiiti

di

C()ltura tilosofica.

filo-

Disegnare un

compiuto sistema, colorire le linee primarie, applicarlo con maestria alle molte discipline in cui si parte il gruppo delle scienze filosofiche ecco Tardua opera che ;

seppe condurre a compimento, comecché essa sembrasse sovrastare al fattibile. Egli è senza dubbio uno ei

'

- 343 degli ingegni più vasti, più profondi, più dotti del secolo.

Non

solo rimise in onore,

ma

rinnovò, dilatò

le

scienze psicologiche colla teoria del sentimento fonda-

mentale, e con abbondevole e pellegrina copia di negletti o toccati di volo il

sensismo dalle nostre scuole

seguenze del sistema kantiano,

opponendovi ([uale

per

fatti

dai filosofi anteriori. Bandì ;

ed atterrito dalle consi

adoperò a rifiutarlo

la dottrina dell'obbiettività delle idee, la

l'efficacia degli

argomenti con che fu da

lui

illustrata e confortata, acquistò dignità e chiarezza di

assioma. Considerando

nano

le

verità naturali che illumi-

mente e la coscienza di tutti gli uomini quale abbozzo o schema di cristianesimo naturale, intese con tutte le forze dell' animo a far procedere di conserva

i

la

pronunciati

Questo

è

l'illustre

il

della filosofia

con quelli del Vangelo.

carattere vero delle dottrine filosofiche del-

Roveretano.

Vincenzo Gioberti che viene subito dopo

ha

lui

stra-

come scrittore. Egli si separa dai suoi un modo tutto suo di porre e risolvere le

ordinari pregi

coetanei per

questioni, e per l'incredibile rapidità con cui

gegno riunisce insieme in altra idea, dai

fatti e principii, e

sommi

scienza.

Ninno meglio

piegare

la

astratte.

Maneggia

la filosofia

mezzo

sintetica

il

espressione

all'

pensiero e delle

idee

con maravigliosa disin-

alle questioni

parecchi del procedimento analitico

gante.

suo in-

veri alle ime applicazioni della

di Ini sa scolpire

nostra lingua

voltura, si gitta in

il

passa da una

,

senza

gli ap-

e la risoluzione

spesso riassume con formola nitida ed ele-

Uomo

del suo

corpo a corpo con

tempo quant' altri mai,

le opinioni,

colo, e queste e quelle

rannoda

con

le

si

piglia

dottrine del se-

e connette alle antiche

— 344 — per

modo

proprio

che

che

,

i

suoi libri acquistano uno stampo tutto

distingue da quanti di simile natura

li

annali della nostra storia lilosolica ricordano.

gli

Come

Rosmini contro Kant, cosi il Gioberti armi contro Hegel. 1 due capi della scuola italiana moderna si trovano a tVonto dei due capi della pensiero cristiano da una il scuohi modci'na Icdesc;! già

il

rivolse le sue

:

pwi'ie, I

dilli" ;ilt

r;i

-eri

il

liidi/iniie rrÌNii;i!i;i:

liviià delle idee

tività del rintliiii".

(

zionale.

.

scevi'o

li;di;i.

1

iiii;i

lorin;!

|»;nviiiei;i

i

pronunciati

e colorito na-

cerio (die egli

clic

non

altro intese

che Tltalia è cristiana

(hd

suo pensiei'O. Nelle

liloscdia.

rale,

sono necessitati

rendono ragione del mondo modi aggirarsi nel circolo ideale

viene loro tracciato dalTautore, rinnovando

Saturno che distrugge

i

proprii

appunto in Germania, dove ]"altro 1

[)ortare SÌ

cliiai-anieiile iiidiealo Idiidirizzo della

sistemi che non

1

che

subbiet-

relazione tra la

(.

giudizio

latiiL cioè

hi

(eoricM dell" intuito

siiii il

manit'estazioni

\ iciit'

delTobbiet-

linito e del-

del

l)atlagli;i

iielhi

(,)u;ile si;i

ciò, » pei u

indie svai'iate

scioUo dalla

e

la tooi-ia

medesimezza

contiene

che di esprimere un

sua

ico

spl.'iidid.i

scorge si

voglia sopra

<[uali [)ai"uli'

1

Torinese piendoiK.

I^uli

e

1

della ci-oazione, dall'altro

questa

In

(InUriiia elle ci-cativo.

i;i

daH un cauto

Miioscere e la

del

lilosoliei

i'

i

i

figli.

E

il

ciò

che

mito di accadde

sistemi divoraronsi Tun

con rapidità straordinaria.

grandi progressi delle scienze la filosofia

piti

non consentono

ricominci incessantemente da capo, nè

che essa spazii per tutto lo scibile, senza spiegare

mondo ed

morale, ossia

il

gran mondo

infinita. Il rimettere del

il

della persona finita

continuo in dubbio o Tesi-

stenza nostra, o quella delle cose, o la corrispondenza delle cose con le idee, è puerile ed assurdo.

gionamento può dimostrare meglio

Quale ra-

più efficacemejite

e

Tobbiettività del nostro conoscere quanto tutte le leggi

meccanica celeste? Le divine escogitazioni di

della

Copernico, di Keplero, di Galileo, di Newton, di Leibnitz

non sono elleno prove tanto concludenti

della

nostra esistenza, di quella dei corpi e di quella delle

E

idee quanto

Fentimema cartesiano

forse che

Tam-

mettere un

mondo morale senza persona non

torna

?

medesimo che ammettere una meccanica celaste ? E come rendere ragione della persona con una metafisica che si fondi sopra Tessere impersonale, sopra la divinità senza Dio, o sopra Tumanità senza Tuomo ? Ci pare che non pochi filosofi moderni abbiano soverchia paura di Dio i^ersona, e quasi non

egli

il

senza corfd

ardiscano rappresentarselo sotto questo aspetto. Noi,

come non partecipiamo a questa paura, cosi non crediamo punto che il Dio dei cristiani abbia già compiuto

il

suo corso e sia per cedere

al

Dio impersonale

scettro e corona.

Non

senza ragione diceva non ha guari un egregio

pensatore, che le porte della scienza sono guardate da

una

armata

sfinge

dente

che

L'enigma

di

ai-disce

la scienza, o, se

tiano, della

Ecco

il

il

velo

è la conciliazione del

tafisico, della libertà

con

un enigma che divora Fimpru-

alzare

ragion

senza indovinarlo.

mondo morale

col

me-

con la necessità, della coscienza

vogliamo usare pratica

il

linguaggio kan-

con la ragione teoretica.

capo fondamentale di dissenso tra noi e Gior-

dano Bi'uno.

— 846 —

CAPITOLO XX. T

SOMMARIO. nella





che ragionarono del Bruno: CampaTomaso — Nicolò Toppi — Nicodemo Leonardo — Vincenzo— Apostolo Zeno — Capasse — MatTei — Kiccoboni Scrittori italiani

I.

Cornelio

(bravina Ma/.zucheJli

— Agatopisto Cromaziano — Tiraboschi — Reinoiulini — — Giannone — Barbieri — Boccanera — Colangelo — Libri Guglielmo — Botta — Sarpi — Rosmini — Majniani — Spaventa P.ertrando — —

Fiorentino II.

Davide Levi.







lleumann SteTolland Principali scrittori stranieri Lacroze Chaufe})iè Lessmann Kindervater Christian! fano .lordai! :





— — —

Bruker



Nicéron







.lacobi



Fulleborn



Tennemann — Schelling — Rixner— Clemens Cousin — Frank — Débs — Bartholinèss.

Tiedemann Buhle — Sigwari — Lange

1.

Benché

il

numero

degli scrittori italiani che l'agiona-

rono del Bruno sia assai scarso ^ tuttavia giova enumerarli a compimento

Uno

Ira

i

come seguace lebre

1)

di'

questo lavoro

primi a ricordarlo, non come filosofo, della dottrina copernicana,

è

il

ma

suo ce-

compatriota da Stilo nel libro apologetico che

In questi ultimi anni

le

cose

mutarono ed

il

Bruno

incuiniucia.

a divenire soggetto di studi molteplici e profondi. 2) Il

Bruno

visse,

stampò, insegnò fuori

meravigliare se per queste cagioni e per

nate

siasi

mantenuto intorno ad

esso

d'Italia,

quelle

già

non è quindi a da noi accen-

un troppo lungo

silenzio.

scrisse nel carcere in difesa di Galileo K Forse

il

Cam-

panella non conosceva per anco in questo tempo (1622)

opere del Bruno e non sapeva di lui che

le principali

quello che gliene aveva riferito lo Sdoppio

quando venne

a visitarlo nell'oscura fossa in cui giaceva in Napoli

Bruno

Il

è introdotto interlocutore

Trusiano nel bel dialogo proemiale

liola^, e

Proginnasmi

dei

fisici

Tomaso

di

2.

con Antonio Stelal libro

Cornelio da Co-

senza \ Questo dotto ed elegante scrittore versato nello scienze

caldo

fautore

trovano nei

parimenti

il

sentenze che

si

se

letto

Londra, non

il

Cornelio

eziandio lo

non dimostra

la dottrina filosofica e

ne giudica

opinioni astronomiche.

le

oltre

libri

i

che

quelli

il

al

rappresenta

egli

alcune

progresso,

del

con soverchia leggerezza avesse

persona

libri di P^rancoforte, tuttavia

comprenderne

di l)en

benché ponga in bocca

e razionali,

fisiche

filosofo di Nola, nella cui

E

francofordensi

Bruno stampò

in

avrebbe per fermo chiamato ignorante

delle belle lettere'*.

1)

Thomas CampanelLxV, Apologia prò Galileo matheinatico

rentino. Fraucofort 1622. 2)

« In

fossam demersus

sum

smiis tviumphatus, pas:. 71.



».



Campanella Thomas,

Struvius^

Ada

litteraria,

fio-

Atlieifasci-

cnlus seciindus. Iena 1705. 3)

Lo

autore 4)

nelio

Stelliola di cui

(\.q\V

abbiamo alcune

Enciclopedia pittarjorea

nacque quattordici anni dopo

nome da

« tesius,

nam

Cartesio.

« In

innumerabiles

la



confortata con prove.

da

Cor-

teoria dei vortici che prese difficultates delabitur Car-

vortices ex

quibus

mundum

« mentari voluit, Bruni sistematibus respondere videntur ». st'asserzione fu ripetuta

Il

morte del Bruno.

Bruno la easdem fere illi

Galilei è

lettere a Galileo

dello Specillo celeste.

Thomas Coknelius, Frofjymnasmata pliysica, 1667.

5) Il Cornelio attribuisce al

poi

e

altri moltissimi_,

coag-

— Que-

senza che alcuno l'abbia

- 348 Toppi nella sua Biblioteca Napoletana lo qualiingegno grande e filosofo insigne senza far parola

Il

iica

della sua vita e delie sue opere

Nicodemo,

Il

Biblioteca,

Addizioni

nelle sue

passa

i.

alla

mentovata

])ure sotto silenzio la vita e le

c^^li

ci

dà delle

all'etto di Ini in

una sua

dottrino, o nel r.-itulnMo assai imperfetto die opei'e.

(iiiiK'iit ica

(ira\

tlnllo

Il

lettera da

le

iiia

llnina.

ne connnenda

SjKiccio

lo

aliane

~.

cmi

sci-ivc

accamandone

(mì

consacrano Apostolo Zeno, cui fu

gli

(It'Ihi /j('s//(i

nel suo asfiullo compendi»»

V (piale sri iiioie di

od

niiT.iliolii

il

Non

|iriiui

i

studi


dtdle o|iclv piv.-rdeiii

1)

i.

Nicolò

mini

illustri

Toppi

si

tolato:

laiii di'!

;\la

commedie

in

/

/'(//t

fante'',

ed

ììC'àY>cLSSO

i-ammentano

lo

^ci-isse

l'opi-i.

si

d:i,i:li

il

si

liaii.i

lli iiiKi

il

Matrei

ra

1

1

debito Mazzuchelli''^

il

valse con discernimento

i.TÌ.

e

compilò»un Catalogo

al.|ilaldM pili (-(fliipiutO

Che DOn

.Ma/./uclicHi Doli aveiido iiello

Biblioteca Napoletana

et

maiu

Ì

le

apparato agli uo-

Napoli e del Regno. Napoli 1678. 11 che il Bruno è autore di un libro inti-

in lettere di

contenta di dire

De

/

della storia della filosofìa,

•'.

sen/.a diliu.Mi/a

Iv^li IVa

di volo le dottrine,

poesie italiane

lu siile delle

Alcune parole noto

il

specierum scrutinio.

Nicodemo Leonardo, Addizioni copiose alla Biblioteca Napoletana di Nicolò Toppi. Napoli 1688. 2)

3)

Questa lettera fu dapprima stampata dal Cliaufepiè nelle sue

Aggiunte al Dizionario di Bayle, indi dal Gerdes nel suo Specimen ItalicR reformatcB. Lugduni Batavorum 1765. 4)

5) J50NI,

Apostolo Zeno, Lettere, Voi, II, pag. 340; 1752. Maffei, Osservazioni letterarie, Tom. II, pag. 171. Storia del teatro italiano, Tom.

6) Mazzdchelli,

I,

pag. 144,

Gli scrittori d'Italia. Brescia 1763.



liicco-

— 349 — principali opere di lui, nulla

ci

seppe dire intorno alle

dottrine, e cadde senza accorgersi

ne' consueti errori.

quale per ragione del proprio assunto

Il solo, al

apparteneva di narrarne la vita,

si

darne contezza,

e di

Cromaziano (Appiano Buonafede) Fautore della Restaurazione di ogni filosofiaK. delle opinioni è Agatopisto

Ma

egli invece di ciò fare, si

contentò di raccogliere

alcune sentenze e proposizioni dai brani dei

Bruno

riferiti

da

altri scrittori, di

con poco giudizio e senza riscontrarle con originali.

Onde

libri del

accozzarle insieme

opere

le

ripetè cose già dette, errori già corretti

ed emendati, ne qualilicò con epigrammi e con di cattivo gusto

della vita

nomia 1)

E

fisica e

e

il

i

fatti

ritrarne volendo poeticamente la fisio-

morale, compose un prosaico sonetto

XVI, XVII e XVIIL

Dice che

epiteti:

ne narrò malamente

Agatopisto Cromaziano, Della restaurazione di ogni

nei secoli 2)

2.

Tingegno

Bruno gettò

il

\

filosofia-

Venezia 1785.

capuccio alle ortiche,

lo

cliiama

Kavagliacco in religione, illustre fanatico, ecc. 3)

Questo sonetto ritrovasi nell'opera dello

lata: Ritratti poetici, storici e critici de' varii

Venezia 1796. Ecco

il

stesso

autore intito-

moderni uomini,

Sonetto:

BRUNO GIORDANO. Non

sol di

mare

in

mar, di terra in terra

Questo incostante viaggiator trapassa. Ma d'ombra in ombra ancor valica ed erra, E d'errore in error si aggira e y assa. Spirti e larve in ciel finge e sotterra; Vortici e mondi, e abitatori ammassa Col ver, co' saggi e seco stesso è in guei-ra :

E

;

orna e sorpassa. Da questi semi e da queste altre forme Un mostro nasce, orror d'uomini e Dei, Più d' idra e più di cerbero deforme. Ben arde il mostro in sacra liamma ultrice. Ma cento versa ancor mostri più rei Dal fumo e dalla cenere infelice. gli antichi delirii

ecc..

-

-350 nel quale plaude cioè

lìamina che divora

alla

A

nostro filosofo.

il

maziano

è

che

ben poco conosceva

egli

Va

da dire che appare dalle sue osservazioni

memorati,

da

stranici-i

latti

insiuo

suoi

a'

con

ne tratteggiò

,

a tutti

gli

Tiraboschi. Egli fece suo

il

prò di (punito venne scritto e

Bruno.

gli scritti del

innanzi per esattezza e copia di

scrittori sin qui

italiani

Mostro^

il

scusa od a condanna del Cro-

estensione la vita registrandone, con

tem])i

da

sufficiente

(pu'lla diligenza

elio ])olr maLiuioro. lo opci'o. 'rir;il)usclii

Il

o.-clii

imn

(iMitninniiiii'

)Ìccm|Ìsviiii;i

fili'

avnto sotto

;iltl»i;i

dei iiin'idcl

|.;iri('

I

imno

gli

tut"

I

iih'jlid

sc|)|,('

gi ildicart'


Lo

(••HI

storico

dimostra

si

ciii'

digiuno

tnlio

di

di

Nda.

il

Giannone

TiRAHOSCHi

1)

nella sua

Gkrolamo

VII, dairanno

2) L'Archivio del

due

mi

lustri, si

riferisce al la

Koma

2.

6*/r«7^ se

.S7r>»r/«

MD

,

Stoì'ìa

fino all'anno

della

'\

ne sbriga con e

con cenni

letteratura

;MDC. Venezia 179G,

Vescovado di Xola,

clie io visitai

italiana, pag-.

si

registri dei libri battesimali di

civile.

Non

conservavano lettere di monsignor

Roma, dove

Nola

della

egli erasi recato nel-

Mancavano pure

prima metà del secolo de-

<;imosesto e quello del censimento dei fuochi. (V.

Giannole, Storia

441.

or fanno quasi

trova vasi in tale disordine da non potersi consultare.

seppe indicare se per caso

Gallo, vescovo di Nola, scritte da

3)

suo

morte osserva

l'anno 1600 per assistere alle funzioni del Giubileo. i

Kenujiidini,

il

,

si

poche parole appellandolo visionario

Tom.

pregi

(jualc ti'ovavasi foi'se presente

snpjjlizio del Jh'iuio in il

i

dovette tornare assai dolorosa a monsignor

Gallo vescovo al

clic

lamentandone

illnstre contei-ranco, e clic (piesta

not.-irnc

.iliri

r;iiil
(•ccU'sidslicd

lla

(li

-li

11(111

iiiiji;it /i;ilil;i

Nota

illustrativa

IX)

— 351 — scarsissimi e superficiali

il

Barbieri ragionò di lui nelle

Notizie istoriche dei matematici Il

cantore di

Ugo Baswille

con la ragione

fetto che

nioni che

Nolano taluna

trovarono di poi nei

si

del Leibnitz K

E

amore

libri

ma

delle

1'

af-

opi-

del Cartesio e

quasi contemporaneamente

francese di origine, e per

al

e filosofi napoletani.

rivendica più con

il

Ginguené

italiano per ragione di studio

ne discorse senza nulla aggiun-

all'Italia,

gere alle cose dette dal Tiraboschi^.

Nella Biografia degli uomini illustri di Napoli il Boccanera ne compendiò in poche pagine e con molti
Non pure non diligenza

prova

die'

di

maggiore esattezza o

Colangelo nella Storia dei matematici

il

napolitani,

ma

opinioni del

Bruno intorno all'astronomia ed

del Il

tempo

nè anco curò

di

mettere in mostra

K

matematiche

Libri nella sua dotta Storia delle

in Italia non esaminò con quella larghezza che

veniva

le

alle scienze

gli studi

matematici del Bruno

e

si

con-

rinnovò nel

racconto della vita taluni errori che dai suoi predecessori erano già stati ribattuti ^ Il Botta ed fra

1)

Paolo Sarpi ed

altri

il

biografo di

ne diedero cenno alla sfuggita.

Monti Vincenzo, Prolusione, I primi scopritori del Le Monnier, voi. IV.

vero. Fi-

renze, edizione 2)

Ginguené, Storia della letteratura italiana.

3)

Biografìa degli uomini illustri del Regno di Napoli; 1813.

Vedi 4)

articolo

Giordano Bruno.

Colangelo, Storia dei matematici napoletani.

tore ripete eziandio

lanciarono contro 5) Libri,

GioviNi,

il

senza

discernimento

le

— Questo

si

Bruno.

Histoire des mathématique en Italie, Voi. IV.

Vita di

scrit-

accuse volgari che

Fra Paolo

Sarpi.

— Bianchi

- 352lu (]uesti ultimi tempi cominciarono però a studiarsi in Italia le dottrine filosofiche del Bi'uno. Il

Spaventa insino dal 'furiiio <

ne

iniaiii

esame neirAccademia

Federigo

di

Ih'


iiiui

Im'1

coli

e

Oli! iisia
iif

viM'sione del

ragionò

t'd

piiMiliraia

pr< 'cisi,

l'i'ino^Hodi aln prinia

di Napoli. Il

Ma-

con eleganza e con

s.iluo

X.'

di lìlosolìa

Bruno

distesamente

il

ne lece largo comio Albei-lo Errerà^

^iia iiiMii, .-ralla

eli ia rc/./.a

iilo

[.ro.'iiiio alla

Hing.

S.li.

!-'ior«'ni ilio,

pi'iif.

suo

;il

cliiare/za nel sim

ncirisnl

|fMÌ

r.-iNcllù

Bertrando ne lece argomento di parti-

1<S51

colare esposizione ed italica in

Rosmini

sno Rinnocaynenio.

toccò di volo nel

le

ii

a H\,'tlt)

[ìiglicronio

in

con molta

K'alìaolo MariaiK).

n

lorremo parola come

ivcciiii lavori

i

Davide Levi

in 'i'oi'ino, e

esame

in

dotti'ine.

le

11.

(ili

stranieri e ina^^iine

iniorno ilaliaiii.

tiiui

al

assai

llriiiio

l-"aronnno opora

i-aniiii('iiiai"e

;

e pin

doci pi'esso che tutti

sua dotta

la<_),ui"alia

l'Huet,

il

I

l

tedesclii spesero per siiidio e fatica

oppo unga ove 1

flif

Jnii.ua,

re.Ljisirali

del

Lasciando adun([ue

i

piii

dal

fermo

che non

li

gli

volessimo

superllna. trovanJjartlìol inèss Jiella

Bruno.

in disparte

il

Mersenne,

il

Sorel^

Buddeo,

cappuccino Zaccaria

di

Lisieux,

Reiinann,

il

Morolio, TArnold,

e lo stesso Bayle,

il

Leibnitz, diremo che le

il

sue opere cominciarono a farsi

note per la polemica che sorse fra

Augusto Heumann ed

il

i

il

Lacroze,

il

Toland,

due Zimmermann intorno

— 353 — all'ateismo del

Bruno

vita fu illustrata dai

i

contemporaneamente

e

lavori del

dotti

la

sua

Chaufepiè, del

Brukero e del Nicéron 2. E non senza profitto si adoperarono eziandio intorno al Bruno, Stefano Jordan che gli dedicò una monografia

;

danese Christiani

il

^

che lo pigliò a conside-

rare rispetto alla matematica; raccolse

le

tratteggiò

il

notizie dei viaggi;

romanzescamente

che ne

Kindervater il

Lessmann^ che ne

l'infanzia e l'adolescenza

;

l'Adelung^ che ne narrò la vita; e David Clément che illustrò le principali edizioni delle sue opere

dottrina e con

acume

8.

Ma

mentato Brukero, perchè Bartholmèss non solo è il

sta sopra tutti

si

il

può

il

con molta già

ram-

che avanti

dire

più accurato biografo,

più chiaro espositore delle sue dottrine.

analitico die ei diede del libro

De

triplici,

Il

il

ma

sunto

minirao

et

1) La Crozk, JEntretiens sur cìioers snjets cV Histoire. John Tolland, A collection y several pieces. Heumann, Ada philosophoritm, p. XI. ZiMMKRMANN GiAN GiACJOMO (del Wurteiiiberg), Scriptìira Sancta Copeniicans. ZiMMERMANN GiAN GiAOOMo (dì Zurigo, Opuscilìa tlieoìogici, Ili-

storici et philosophici arrjumenti,

Tom.

II, pas^.

1128. Zurici 1759.

Bruker, Historia philosophióB, Tom. V, Lipsia, 1744. Nicéron, Mémoires pour servir à V Histoire des Hommes stres, Tom. XVII. 2)

iìlii-

Chaufepiè, Aggiunta al Dizionario di Bayle.

Bruno nolano. Bruni noi. mathe-

•3)

Car. Steph. Iordani, Disquisitio de lordano

4)

GuiL.

Fra

Christiani,

De

studiis Iordani

maticis. 5)

KiNDERVATER, Bcitraege zur LehensgescJiiclite des lord. Br.

{Cfcsar's DenJcwurdigJc atis der pliilos. Welt. Leipz. 1788). 6)

D. Lessmann, Giord. Bruno, in Cisalpinische Bldtter, Tom.

7)

Adelung, Gescli. der Menschl. Narrheit. (Lips. 1785).

8)

Clément, Biblioth. curieuse, Tom. VII. 23.



Berti, Giordano Bruno.

I.

ìnemura

contribuì etlicacemente a chiamare

l'atten-

zione sopra la lìlosoììa bruniana.

Da

indi in poi le opere del

di essere

e la Il

le

Il

maggior parte

libro

il

Un raonadc

delle italiane ^

fama

levossi a più grande

nriiii.i

d-'l

uno, e Fiilleborn e

ci

opere latine e massime

nome

prese a dichiarare

.Tacobi

Causa, principio

libro della

Buhle

Bruno più non cessarono esame dei migliori

diligente

di

Germania.

della

lilosotì il

argomento

sue opere di\ ciiiicrn a poco a poco notissime in iiosti'i

tempi

liiaiili.

|)iT

patico

d-'lla

\n-v

il

(

del l-'cvcriia.-li

ifriiiaiii,!

iiiuilcnia.

roi'igiii''

("il^a.

.piclla a

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di'lla

'[iiflla

iispdii

del

c.l:.

ri

;jc|-iii;i iiii-i.

sua

Si-warl

.IcIIm

llavr.

l;i

dd ò

il

p»'r

.uli

va

del

Erdmann,

pi-rsciitato

(M'a

in

sim-

pili

sri-itti

(anke, delT

'rcsic

.'Miisiili-ra .mI

lilosotn

di'lio Scaila/./ini e di

(Iniiriiia

Spiim/;!.

1

il

Siellcns, deiriiegel,

(Iclin

Sii)ci-.

d,.l

«l.'ir

.

svai-iaii

sci-iiinri

'riodemanii. di Tenne-

(li

Sfliclliii;^,

drU rbcrw

del C'arriò're,

Sotto

-iiiili/i

di

PiixntT. (ìcITAsi.

dagli

i

dialML!.»

e le

«piesti

il

alli-i.

Kruno

(Memens cercava del

(pi<'lla liei

il

cardinale

suoi rapporti COU

Laiig-' (Alberto) in

ordine

luah'rial isiiio luodoruo

1) FiiLLEiJORN,

lìcitraecje

Buhle, La storia della

zar Geschtdite der

filosofia,

pliilos. (1706).

ina specialmente la monografia che

ha per titolo: « Commentatio de ortu et progressu iiantlieismi, inde a Xenophone Coìoplionio primo eiuft authore tisque ad Spi-

nozam

».

2) Clemexs,

Giordano Bruno und

NiJcoIaiis de Cusa.

Bonn 1847.

— SiGwxRT, Spinoza s neuentdeckter Tractat von Goti, ecc. [Trattato nuovamente scoperto di Spinoza, sopra Bio, Vuomo e la sua feliLange, Geschichte des Macità). Gotha 1866. V. pag. 107 a 138.



terialismus [Storia del materialismo,

ecc.).

1866,

p.

108-111.

— 355 — E

neppure in Francia fu trascurato in questi ultimi

tempi

lo studio del

fanno

le

Debs

1,

Bruno: poiché,

oltre

i

cenni che ne

opere del Cousin, dell'Arago, del Frank, del

Bartholmèss pigliò a ragionare distesamente

il

modo

di lui in

dotto ed

il

che non esitiamo a chiamarlo

il

più

più accurato dei suoi biografi antichi e

Dopo il lavoro del Bartholmèss non avremmo messo mano a questo scritto se i documenti veneti non moderni.

ce ne avessero fatto obbligo; chè

largomento da

il

Bartholmèss trattò

da uomo versatissimo nella

lìlosofo e

storia della filosolìa e delle lettere italiane

2.

come da Cartesio in poi nazioni d'Europa attendano con opera

Ci piace intanto osservare le

più

civili

indefessa a raccogliere

tradizioni e tessere la storia

le

La

del loro pensiero filosofico.

detrimento della sua coltura

sola Italia, con grande

e del

suo patrimonio in-

non partecipa vivamente a questo lavoro ^ Pur nondimeno la storia della filosolia sì per la natellettuale

,

tura del suo soggetto,

per

si

quella che meglio abilita

il

modo

trattarlo, è

di

una nazione a comprendere

sè stessa e l'indole della sua civiltà, ed a usufruttare

convenientemente

1)

le

sue ricchezze intellettuali.

Jordani Bruni Nolani vita

et

scritta

— A. Debs

Non

pliilosophiae

professor. Aniiens 1844. 2]

Bartholmèss superò

Il

chiarire 3j le

il

Brukero,

comecché per mancanza di

biografi, i

altri

il Nicéron e tutti gli altri documenti non abbia potuto

fatti principali della vita del nostro filosofo.

Agli stessi uomini dotti in Itaha riesce

opere compiute dei nostri principali

filosofi.

difficile

il

procacciarsi

— E come già in Mi-

lano ultimamente vennero ristampati alcuni degli scritti italiani del

Bruno,

così sarebbe

imprendesse pensatori e

la

d'uopo che sorgesse finalmente presso di noi chi

stampa

filosofi

delle copiosissime ricchezze

italiani.

dei

più grandi

— 856 — prometta

sia chi si

non

E

ristoramento delle

il

riiiorisca anzi tutto

non

e

lettere,

dove

ristori la lìlosofia.

si

nulla tanto giova alla restaurazione delle discipline (pianto

lilosofìche,

studio

lo

degli sparsi

frammenti

della storia del nostro pensiero. Occorre aduncpie che

ora più

«-11*'

mai

guendo almeno

dedichiamo a cotesto studio,

ci

di precedere) degli insigni stranieri, che da molti si

IravagliaiKt

iiilonid alle

se-

non ahbiamo forza

traccie (poiché

lo

anni

opere lilosoliche dei nostri

SiMllllli.

l'iht 1

iiiag-itiri

liei

(nomini,

sunin.

lili»s(»li

me gioNane

a

sono

(ira

\(>l;_:t'\a.

die mi tiirono

siiniol*

i

ad

lavori sulla slui-ia della «

mi

Si, egli

diare,

«

l'ignavia e la

«

(piesto appuiiiM

«

si

«

bero crescere? Tutto

e

rilevareC(

in

ii/,i(

mi.'

cogliere: volea dire da

da

«

Bardano

d'Elea!

si

«

modo lare,

«

alla

1)

altri

deve stuper

drl

pi>i)olo italiano,

che per

non come potreb-

imslre ricchezze

le

si

deve rac-

Pitagora in
a noi, e se

può andar più su

si

vada. Quante ricchezze nella sola scuola

Non

«tu arricchita «

lino

italiana si

pensiero italiano

il

«

ancora,

ed

Italia.

in

irallicano, e perciò

«

«

alcune parole (picsto

disistima dov'è caduta

popolo

si

impari alTas-

lustri,

Jil(K(»lia

dalla

imn

conoscono, non

molli

inti'a[)riaiili_'rc

lil()Solia

(licc\ a. la

«

Antonio

ctiiiteiiipoi'aiiei,

tirocinante ed

sono comparabili se non a quelle di cui 1"

Italia

al

tempo

die. la tilosofìa italiana,

degli Scolastici

:

di

a propriamente par-

non ha che due grandi corsi, dalFantica, italica, scolastica da questa a noi dopo la scolastica si :

;

Queste parole sono state scritte prima

l'Italia in nazione.

dell'

ordinamento

del-

.

— B57 — non

parlò più, o

parlò qualche sillaba

<(

balbettò,

«

di quel

«

a malgrado

di ciò si faccia conto di tutto: si raccolga

«

e s'apprezzi

ogni

si

monumento

secolo egli sia, di qualunque

frammenti

« i

^

rendo degli

Bruno

pubblico;

gli

qualunque

apprezzino anche

stile, si

è

recensione storica discor-

la

che uscirono

scritti


italiano di

E

»

Potremmo continuare

mento.

si

molto ch'era stato detto da secoli prima.

Ma

intorno al

Bruno

in

questo non è nel nostro intendi-

ora entrato nel compiuto dominio del

esami

e le discussioni

più non mancano.

Le sue opere che venti anni fa non si trovavano, si ristampano ora in Germania ed in Italia; la sua vita se non è appieno nota ancora in tutti i suoi pai'ticolari, è già talmente chiarita che di pochi altri uomini si conoscono cosi bene Egli è ora

meno

il

le incliucizioni e

i

fatti.

hlosofo di cui rendono contezza

di quindici volumi.

sono molte ed abbondanti

Le pagine a ;

le

effemeridi le più insigni

ne fanno da assai tempo larghe menzioni effemeridi,

si

pubblicarono e

numerosi opuscoli

i

quali ne

non

lui consacrate

si

2.

Ed

oltre le

pubblicano in Italia

commemorano

la vita e

le dottriue.

Tra questi opuscoli ve ne sono parecchi eleganza di Il

Bruno

d'

Europa.

le

è

stile e

scritti

con singolare pellegrinità di concetti.

adunque entrato

affatto nella lettei-atura

1)

Lettere di Antonio Rosmini al prof. Michele Tarditi.

2)

Dovremmo

citare troppe effemeridi se volessimo

principali che di lui parlano.

ricorda.

con



Conf.

il

nominare

solo

Fritz che parecchie ne

(

— 358Ma che

mettendo da parte

Due

Sigwait

del

ri'iiiiiir)

;iiiclii'

Arrau

-':

del

Si accdiiipa^uiiaiK

ma

ricche/./a

diic

(lire

uim

con grande diligenza e con

latti

e

siiigoliire cliiai-czz;!

di

diedero pa-

ci

momento.

recchi lavori di

t

accennati opuscoli, è certo

gli

ultimi dieci anni testé trascorsi

gli

del

I

;

rm

1

Uno

critica \

di 1

1

1

k

iotecai-io

>t(

l-'fiili

minor molo

iinMildNaii allri di

ai



omettiamo

nnii di miiiniv (Iniirin.i e clic noi per ora

mi

di accciiiiart'. imhi

e po-

m

senza spe-

mIm d si-orrcrc di essi i

|

che

manca

ciali

riserve e itsi

Ma

ani ii-ipatanuMiii' all'a-mianin clic

i

i/i<

nMii np'n/.ÌMii;tii.

lii-i

ampic/./.a

Se

di

\-\

agli .sUidi

ila

menln

li|-uniaiii

delle (ipcj-c dai

,'

dindin

»l(

|

il

i-a

i

tempo

di fare.

gli sciùtti ita-

nidn del

Nolano

e

cniisiilcra/ÌM]ii.

edizione d(dle opei-e (pi.

iii i.

ci

accennali

italiane di

Ialine

clic

dise.'p,,|i

si

aggiunga

bella

la

Paolo de Lagarde e

sarà condotta a compi-

|-'ini-cntin
non

poti'à

si

a

1) Skìwart (Ch.), Trattato ultimamente scoperto da Spinoza sopra Dio, Vuomo, la sua felicità, esaminato e spnegato nel suo significato ed a scopo di comprendere lo Spinozismo. 8°. Gotha 1866, \)2Lg. 107-lo4, Sulle relazioni di Spinoza colle o^jere di Giordano

Bruno.



Piccoli scritti. 2

voi., 8".

Friburgo 1881.

A'ol. I,

pag.

49-l.'")l,

Giordano Bruno innanzi al tribunale delV Inquisizione. 2) Giordano Brunó's Weltanschawing und Verhiingniss. Aus (leu quellen dargestellt von Dr. Hkrmaxn Brunnhofer, Kanonsbibliothekar in Aarau.

— GoKTUE, Aìinali

7""'

volume,

8°,

editi per

cura di Luigi Geiger. Vrdnkfovt 1886. Bruno su

pag. 241-250. H. Brunxher, Influenza di

Goethe. 3)

Life of Giordano Bruno The Kolan by Frith, revised by proCarrière. London. Triibner et Co., Ludgate hill 1887.

fessor MoRiz.

ragione affermare che non

si

è fatto

molto per

il

Bruno.

A

questi lavori aggiungiamo pure, per far numero,

prima parte che ora compare seguirà ben tosto la seconda, in cui i pensamenti bruniani ed i principii della lilosofia scientifica ai quali si collegano, verranno esposti e criticamente (Questa nostra scrittura, di cui alla

discussi, e

si

sarà persuasi che la storia non fu in

questo tempo scarsa di studio del Bruno.

NOTE ILLUSTRATIVE

24



Berti,

Giordano Bruno.

NOTE ILLUSTRATIVE

Sarò sobrio e nel numero Esse

note illustrative.

estensione delle

sono qui poste coirunico in-

tendimento di evitare che si

e nella

il

testo della narrazione

non

amplii di troppo e che talune censure siano rimosse. Ci siamo in questo nostro lavoro

altri

tenuti lontani dalle polemiche.

profitto

e

come

E

ciò

già in

più

con nostro

senza nostro pentimento. Perciò continuiamo

battendo la stessa

via.

Nota illustrativa

1,

pag. 137.

CASA DEL BRINO. » Il Fiorentino pone egli pure la casa del Bruno radici del monte Cicala. Se il casale di Santo Paolo da lui allegato coincida col borgo di S. Giovanni al Pesco ora

« Gasa.

a

le

distrutto ignoriamo.

Nota illustrativa

II,

pag. 154 conferisci ancJte pag. 158.

IL

Bruno

POETA TANSILLO.

Tansillo ad Ogni pié sospìnto e fa suoi

non Le poesie del Tansillo pubblicate dal Fiorentino stesso, milpare facciano ampia prova della simpatia che correva tra il Bruno ed il Il

solo taluni

Tansillo.

cita

il

versi di

lui

ma

intieri

sonetti.

— 364 — Nota illustrativa III, pag. 202. IiIT(»U.N(> I»KL

r.lU

NO

IN l'AlilGI.

Bruno preparò meutre era

in Parigi le tesi che egli diPentecoste del 1^86 col sussidio di Giovanni Kennequin. In questa preparazione mise non meno di quattro 0 cinque mesi. Perciò egli nel Decembre del loH.") doveva già essere in Parigi di ritorno dall'Inghilterra Al Sigwart non parrà soverchiu il tempo che io dò al Bruno per la coraposizione delle sue tesi. Il

scusse

nella

Nota illustrativa IV, poji. 206. coi.l.Kc.io 11

Di

Bruno abbia tenuto la sua non nella Università Padetta. E ciò egli argomenta dal

Fiorentiiid ò di ]tarere che

disjnita nel

(;(ill('gi(»

di

(;\mi;i;av il

Cambray

e

So /-Oo/i/ic COSÌ iKcracemifi acrotlsìnufi che dà alle tesi proposte, lo non so se al tempo a cui si riferisce la disputa del Bruno

rigina



titolo di

nella C
esistesse ancora

il

c-tdlegio di

Cambray

o se esistessero speciali

il nome, ma quello che so, Bruno dice e ripete non una ma più volte per la bocca di Hennequin che egli è desideroso che le sue tesi si discutano nella prima ibdlc Vitircrsiiii. Li Jiac (tlma ìilcrarum parente. Aggiuii::'' <'lic ji;ti'l;i!idM in una tanta ['iiiNcrsità non gli uscirà ch'Ita una pai'olachc non sia degna di (fucila grande

sale le quali ne ritenessero ancora é che

il

accademia. L'Henne({uin recita la sua orazione o declamazione in auditorio regio Parisiensis accadetniae. Basta leggere le dieci o dodici prime pagine di quelle tesi per incontrare quattro o cinque volte il nome dell' Università Huius unirersitatis e la sua bella sentenza « che Aristotele deve più a questa Università., ossia all'Università di Parigi, che non l'Università ad Aristotele.

Nota illustrativa T, pag. 208. GIOVANNI HKNNEQLIN.

Noi abbiamo fatto passare tutti gli Hennequin che sotto il di Giovanni sono registrati nelle intricate genealogie del jMoreri. Dobbiamo confessare con nostro dispiacere che a nissuno dei medesimi calzano i caratteri che contrassegnano

nome

.

,

- 365 — l'Hennequin del Bruno. Né ci pare che questi possa essere lascierebbe supporre il Brunnhofer Autore del libro Guldon Général des financcs, etc. di cui l'Hoefer ci dà parecchie notizie biografiche perocché se egli nel 1584 aveva già pubblicato il mentovato libro noi saremmo sicurissimi che il Brund l'avrebbe accennato ed avrebbe da quello preso motivo per segnalare il suo discepolo. Dunque Giovanni Hennequin insino ad ora resta quale Bruno e quale noi lo abbiamo qualificato cioè giovane di nobile famiglia e studioso della filosofia Bruniana.

come

:

Nota illustrativa VI, pag. 228. MANOSr.lUlTl NOKOl'F

f Autografi del Brunoj.

Gli autografi bruniani i più sicuri sono quelli del libro del Rettore di Ginevra, e della matricola di Marpurgo. Non osiamo dire se gli autografi del Norofl' da noi riprodotti siano veramente tali e ciò per la ragione che non potemmo coi nostri occhi esaminare i medesimi. Se le parole da noi riferite nel testo a pag. 228 sono autografe, avremmo fatto con la .scoperta di quelle un grande passo perché ci tornerebbe più facile formarci un'idea della scrittura del Bruno. Noi attendiamo che i commissari i governativi incaricati di pubblicare i manoscritti delNoroff,ci introducano nella scrittura bruniana.

Nota illustrativa VII,

%>ag. 246.

GIOVANNI MOCENIGO.

primi libri che il jMocenigo lesse del Bruno ? E difficile rispondere con esattezza a questa domanda. Il Mocenigo secondo confessa il Giotto che non aveva interesse a mentire conobbe le opere del Bruno comperando il libro Quali furono

i

:

De

triplici

minimo

et

mensura

A me pare che questo libro poteva già essere giunto a Venezia nel mese di Maggio o Giugno del 1591. Dopo questo altri libri del Bruno dovettero pure essere conosciuti dal Giotto ed anche dal Mocenigo. E tra questi gli Eroici furori. Pare quindi che si possa affermare che il primo libro del Bruno conosciuto dal Mocenigo sia quello De triplici minimo et 7nensura.CìvQ,2i questo Giovanni Mocenigo y eòi Appendice II. \)

Prima

il

CioUo avea indicalo

gli

Heroici furori^ poi

si coi-resse.

— 366 — Nota illustrativa Vili, pag. SI

I,

I.IDHO

«

250.

DE MOy-iDK INUMERÒ ET FIGURA

»,

che noi continuiamo a citare sotto il titolo De Monade da quello De ììienso et inniunerabiìibus. Noi senza fare disputa per questo distacco diremo però cIk^ 1" invertire l'ordine di questi due iriOl libri che neir edizione del vendono distribuiti l'uno prima, l'.ilti-n ddpd ci porta a ])i,i:iiarri più aiì)itrio die li11

Fiorentino stimò utile separare

bertà nella

i)iililiIica/.ione.

non

In secondo luogo

modo

assoluto

é lasciare

il

il

\

a

di

dai'-li

hi

ragione per dctcrminaiY^ in

è

i

ibd secondo sul primo.

la pi'cinincii/.a

decider<'

dioso che non In tìne

libro

il

ipn'vta

cn^a

d.'ci-;a.

zione. Perché Tacendo precedere

itrauìnerabUihiis a quello De

De ìiioridde. A noi i)are che stampe anzi

aKerare

l-'ior^nlino ( (iIiMìlmIo di

nazione del De iìnmenso

il

Aolume

Ik'

Ja

impagina-

iinnieuso et

momKU'

bisoiiiia elie l'impagiindip-Midcntemeidc da ({nella

sia latta

convciitra costantemente

segnii-'-

ndle

l'ordine indicato <ìalh' eili/idni principi che

mutarle con poco prolitto di lutti. E poi perchè chiamare De maciino cui quattro

Meglio

preminenza a ciascun stu-

si

intit(dano:

Nota

De

]\,

il!iis1rativ:i I

wii'.i.i

\

et

ina. rimo et

ni

i,

iniuieuso 8

ri-

non

li])ri

di

iuui'merabUibus?

p/uj. 3.10. \o.

Non era ancora uscita tntta la prima <''ii/.ion<' ddla mia Biogratia del Bruno, che un mio amico il conte di TourneIbrt piemontese mi scrisse significandomi che vi era luogo a credere che Giordano provenisse dai Bruno o Bruni patrizi della repubblica di Asti di parte Ghibellina per gl'infrascritti argomenti

:

Nel 1435 Ludovico Bruno del ramo dei Conti di Roccaverano e Cassinasco era Consigliere dell'Imperatore Federico indi di Massimiliano IL Poi Legato Pontitìcio di Alessandro VI presso quasi tutte

le corti Cristiane,

in Sant'Agostino in

come porta

la

Roma.

Y. Biorci, ]\Ioriondo, Vallauri, Rossetto, Casalis.

sua lapide

-

— 367 — 1500. Enrico Bruno, Arcivescovo di Taranto, e poi Cardipone nale, ministro di finanze, segretario del Concistoro fabrica e dota la Ciiiesa di Roccavela lapide al Ludovico rano feudo della famiglia, come dichiaravano sei grandi iscrizioni appostevi. Dapprima era stato Vescovo di Feltro.



;

1505. Paolo Emilio Bruno Vescovo di Nepi e prima Vigiensein Dalmazia, nepote delFEnrico. Un ramo di questa famiglia stabilissi a Manduria (o Casal novo) presso Taranto ai tempi dell'Enrico, dal quale nacque Antonio Bruno Poeta distintissimo circa il 1600.

V. Rossotto, Vallauri, etc.

1848. Monsignor Francesco Bruno di Ugento pari del Regno interviene al convegno di Roma 1854 per il dogma della immacolata. La famiglia Scarampi della quale troviamo un Vescovo di Nola contemporaneo al Giordano é pure Astigiana, e troviamo quest' agnazione soventissimo mescolata coi Bruni a partire dal 1273. Nel qual tempo furono uno Scarampi poi un Bruno successivamente podestà di Genova. Nella facciata della Chiesa di Roccaverano un'iscrizione porta: '(

Johannes Franciscus Brunus Episcopus Nolanus , oh

mortcm Henrtci Bruni Archiepiscopi

Tarentini, Patrui sui,

hoc opus perfecil.

Sembra quindi al Tournefort che anche i Brwii di Nola provengano dallo stipite di Asti, e che vi si stabilissero circa al tempo del Vescovo Giovanni Francesco. Le riferite citazioni parendomi poca cosa misi senza più da parte l'origine Astense del Bruno. Fanno ora sette anni incirca che il Fiorentino credette di aver trovato nel censimento dei fuochi di Nola bastanti notizie per far conoscere la famiglia del nostro Giordano. E certo che mancando i libri battesimali dei quali fln dal 1866 noi avevamo invano fatto ricerca nell' archivio Vescovile, le tavole del censimento potevano offrire fatti ed indizii di singolare

A

momento.

consultò non già in Nola, ma in Napoli il 128 dove le medesime si contengono e venne nelle

tal fine egli

volume

seguenti conclusioni:

— 368 — l«

Brano Giordano non

Il

è

menzionato nel censimento

dei fuochi dei 1563 perchè in questo Nola ed a studio in Napoli.

tempo era assente da

2'' Ohe nella numerazione dei fuochi del i54ìi vi è la miglia di Geronimo Bruno con molti tìgliuoli di cui ecco Geronimo di 40 anni la moglie Mariella, di 41: il nomi tiglio Nocenzio, di 25, ammogliato con una Fiorenza di 21 anno: un figliuolo Giovanni di 20 anìii, die dovrebbe essere i



il

:

padre di Giordano; un

altro

figliuolo

Felice,

chierico

a 18 anni: un altro Marco Antoni^

  • rosa famiglia Bruno, secondo il Fiorentino Non faremo
    .

    i

    I

    sono

    Nel volunio quali figura Anno 1522 Foglio 12 lo

    3.

    n.

    la

    so\-t'rcliia

    i'.'::i-t

    rati

    i

    \i\«'/za di fantasia.

    censimenti

    sc-iiciiti

    famiglia Biini'i o JW'uni.

    Caradonid .

    om

    iiinal/atM

    quesf'i'il li/iu

    ,

    PeUenrini Brvni

    r.a

    a



    50

    .

    a

    lacohìi.x fil/cs

    Xalalis

    a

    >'

    Nel margine esterno

    si

    legge

    di

    alti-o

    RefecLus in meliori forma

    carattere:

    in sequenli

    folio.

    Nel margine interiore

    si

    legge:

    Lderrof/ata lìaiq^er ex inquisii ione.

    NB.

    l'articolo è cassato.

    Inventa

    est

    domus novUer evacuala

    focolari in inis (sic) et

    cuni

    quo de recenti factus est per ispectionem oculoi'um

    judicatur foculare defraudatuìn Regie Curie tanto magis quod dederunt Apriìem Brunum cum duobus fìUis prò eu-stinclo qui est numeralus in antiqua. 445. Foglio 12 lo Num. lOS

    a

    Nardus Brunus „ Santa uxor



    ,

    Sebastianus fdius

    a

    .......

    a

    — — —

    35 on oO 12

    nei

    — 369 — Nicolaus fdius

    a

    Santlllus

    »

    -

    5

    Antonius Laureto

    »

    a a a

    -

    3 13

    Paulijia filia

    a

    -

    10

    Clarella

    a

    -

    5

    »

    »

    -

    -

    Anno 1522 Anno 1522 Foglio 13

    Numero 110

    Foglio 13 111

    Isaraero

    BevardÀìius Brunus ^ jilius loannes Ioannella uxor

    a

    70

    a

    40

    a

    30

    -

    Silvester filius

    a

    -

    6

    Lucianus » lacobus Antonius

    a

    -

    4

    filius

    ....

    lacotms de Pellegrino Bruno ,

    .

    ,

    Angelus filim Francìscus » Caradonia Noverca

    Nel margine interiore

    .

    .

    .

    .

    50

    a a

    v.^

    2

    a

    12

    -

    a

    6

    a

    50

    legge:

    si

    Abfis Neap. ut dixit

    Dal 1522 bisogna venire sino per trovare il nome di Bruno. Anno 1563 Anno 1564

    m— m=

    Foglio 57

    Numero 513

    al

    censimento 1563

    a

    -

    46

    Mariella uxor Nocentius filius

    a

    -

    41 cum

    25

    uxor

    a

    -

    Hìeronimus Brunus

    .

    .

    .

    a

    '

    Floreìitia

    m= m—

    Martia filia lóannes filius Felix

    »

    clericus

    Marms

    m =

    Antonius Augustinus Prudentia filia Isabella

    a a

    »

    .

    filius »

    .

    a

    .

    a

    .a a a

    » Camilla a » a Caiainna Fabius filius supradicto a Nocentio

    21

    3

    20 18 11

    9 19

    -

    14

    -

    4

    6

    In veteri

    No 263 Nioolao cognato et in

    precedenti

    numeratur No 379 in 2 casella folio primo.

    ^ 370 Nel margine esterno

    si

    Hieronymum

    legge: dixit

    moìHuum ab annis

    Idem de uxore ab annis

    iV^'

    2.

    '^aiiiato^^ fi.

    1247.

    relieta filia.

    Maria Marocta vidua quoyidam Fabi commorante hic cimi Sanlillo elatis

    annorum 9 cwn Francisco elatis annorum 3 filiis numerala tantum Maria

    cum

    Nel margine interiore

    ^loamies)"

    filiis.

    si

    legge:

    Martiam dixit mortuam ab annis 5 in capHUs scparatus quia costai per informalionem oretenus captam vivere seorsum a patre Felicem dixit mortuum ab annis 20. Augustinus Neapoli ah annis 6, et tessetore de velluto absque uxore in catasto n. 132 addilus N" 7897. Isabellam mortuam ab annis 2 et relieto viro Santolo Tir ietto Sellaro com-

    morante numerato N° 3540. Camillam niortua,m ab annis 20 in capillis Caterina idem ab annis 10. Fabius numerandus ìiumeraius numero

    '

    690. Foglio 58

    Numero 521

    Nicolaus Antonius Brunus , -7 ^ Prudentia uxor gravida Oratius filius

    .

    .

    -

    Julia

    »

    Nel margine interiore

    si

    .

    .

    — 34 — 26 a — a — 7 a

    a

    o/-

    1

    legge:

    Nicolaum Antonium ab annis 20 ìnortuum.

    Prudentiam ab annis

    22.

    reiicto

    Fabio 699. in Hnea dì

    .

    Prudentiam dixit mortuuni ab annis 2

    N"" 109

    ai di sopra

    a Mariella

    Innocentium dixit mortuam ab annis , Idem de uxore ab annis 2. Ioannes numeì^atus N" 650. Marcus Antonius numerandus cum ,

    4.

    25.

    aFiorentia.

    .

    -371



    HoìxUium mortuum ab annis 25. luliam Neapoli ab annis 20 ad serviiia meretricium absque bonis et ìieredibus^ in supro diclo folio 134 addita iV* 2901. Nel margine esteriore

    legge:

    si

    In velcri A"" 257 cum quondam Polissena maire, et in precedenti numerato N"" 373 in casella 2 folio

    3.

    Anno 1526 \

    — 40 — 40lA ... a — 9 ... a — 5 .a — 15

    Natalis de Pelleqrino Bruno 11 uxor Mariella

    Foglio 144 lo no 1422

    Ioannes Leonardus

    fllius

    Andreas

    »

    Victoria fdia

    Nel margine interiore

    Invenimus

    in

    .

    a a

    legge:

    si

    Rare Magnifici lacobi An-

    tonii de Cesarinis.

    Anno

    ,

    1545.

    Nell'anno 1545 ossia nel censimento del 1545 che è quello il Fiorentino ritrova tutta la famiglia del Bruno, non vi ha ombra di questa. E ciò per la semplice ragione che nell'anno 1545 non è descritta nel censimento alcuna famiglia che porti il nome del Bruno. in cui

    Il

    Commendatore Bartolomeo Gapasso

    dell'Archivio di Napoli, da

    rispose

    :

    «

    Direttore Generale

    me

    interrogato circa l'argomento Nella numerazione del 1545 non ligura la famiglia

    Bruno. » E con rara cortesia e lucidità confermava il detto con le seguenti parole: « La numerazione più antica di Nola é, come rileverà^ del 1522, ma doveva esservene una antecedente, perché qualche in antiqua ( num. ) ponilur volta in margine si nota N" 147, ecc. Questa andò smarrita. Posso poi assicurarla che nel 1526 un solo fuoco Bruno ritrovasi, E NEL 1545, NESSUNO. » .

    :

    -I)

    11

    Direttore dell'Archivio scrive in nota le seguenti parole:

    merazione dell'anno ^526 è posta fuori luogo, tra del 1503. »

    cjuella del

    «

    .

    La nu-

    1545 e quella

    — 372 — Anno 1563-G4. Ora per mostrare che

    famiglia Rruiio o Bruni che

    si trova dà ^er la vera l"ami
    la

    nel censimento 1563-64, che

    il

    Fiorentino

    ci

    i

    sè,

    perchè sono gettate

    in

    aria senza l)ase.

    DOCUMENTI

    ^,l|||^WMIira«l.|||||l,|„(||||||l..».U,,«lm,l,|||„||||„|,

    f"l""",|j|n|||[iT|][-||m7ÌM,,6,Trm„||||,,|||„|||fIippiJ^

    ''"""UlffpllilMlpi"

    ,

    VENETI

    Documenti

    intorno

    trascritti

    a

    Bruno

    Giordano

    dagli

    da

    Nola

    Archivi Veneti.

    Trocesso erettosi dal

    Tribunale delV Inquisizione in Venezia

    contro

    manoscritto di questo processo che noi facemmo

    Il

    per

    Giordano Bruno da Nola.

    i

    primi

    di

    pubblica

    ragione

    ^

    e

    che

    trovasi

    R. Archivio di Stato (già dei Frari) in Venezia

    pone di due

    fascicoli e di

    un

    foglio staccato. Il

    fascicolo contiene tre denunzie: la

    gio

    1592,

    stesso di

    la seconda addì

    25

    si

    nel

    comprimo

    prima addi 23 mag-

    e la terza

    addi 29 dello

    mese. Tutte e tre queste denunzie pare che siano

    mano

    dello stesso

    Mocenigo. La seconda denunzia

    porta a tergo due note del padre inquisitore Giovanni

    'l)

    Vedi: Fila di Giordano Bruno da Nola. Torino -I8G8, presso

    grafia Paravia.

    la

    Upo-

    - 376 Gabrielli

    da Saluzzo.

    documenti

    1

    scicolo corrispondono a quelli

    nostra stampa Il

    secondo

    i

    numeri

    fascicolo

    vili, IX, X, XI, XII,

    i,

    n,

    ili,

    contiene

    xiii,

    XIV, XV,

    staccato vi è la deposizione di Fra

    questo primo fa-

    di

    clie

    portano in questa

    iii'"'

    i

    iv e y.

    rimanenti

    XVI, XVII.

    vi,

    vii,

    Nel foglio

    Domenico da Nocera,

    che noi crediamo autografa. Essa è segnata in questa

    stampa

    col

    n.

    x.

    Nel Verso dell'ultimo mezzo foglio del secondo fascicolo

    sta

    scritto

    ' "

    :

    2o maij 1592 Centra Jordanum brununi

    Nolanum Fuit trasmissus ad

    Urbem 19.

    DOCUMENTI

    '

    I Giovanni Mocenigo donunzia Giordano Bruno al

    padre inquisitore di Venezia. 23 maggio •1592.

    Mollo Reverendo Padre

    et

    signore osservandissimo.

    Io Zuane Mocenigo fò del Clarissimo messer Marcoantonio dinuntio a Y. Paternità Molto Reverenda, per obligo della mia conscientia, et per ordine del mio Confessor, haver

    sentito a dire a giordano bruno nolano, alcune volte che ha ragionato meco in casa mia, che é biastemia grande quella de cattolici il dire, che il Pane si transustantii in carne, che lui é nemico della Messa, che niuna religione gli piace, che Christo fù un tristo et che se faceva opere triste di sedur populi, poteva molto ben predire di dover essere impicato. che, non vi é distintioni in dio di persone, et che questo sarebbe imperfetion in dio, che il mondo é eterno, et che sono infiniti mondi, et che Dio ne fa infiniti continuamente, perché dice. che vuole quanto che può. che christo faceva miracoli apparenti et che era un mago, et così gì' appostoli, et che a lui darla l'animo di far tanto, et più di loro, che christo mostrò di morir mal volentieri, et che la fuggì quanto che puotè. ,

    -f)

    (|ui

    Hi produciamo in

    quesla stampa l'orlografìa del manoscritto.

    — Diremo

    per una voKa sempre clie e>sa e perfettamente conforme alla stampa

    nostro opuscolo che

    lia

    per

    titolo':

    Nola. Uoma, Salviucci ^880. 25,



    BERTf,

    del,

    Documenti intorno a Giordano Bruno da

    Giordano Bruno.

    - 378-. che non vi é punitione di peccati et che le anime create per opera della natura passano d'un' animai in un'altro, et che come nascono gli animali brutti di cnirutione cosi nascono anco pfli huomini, quando doppo diluvij ritornano a nasser. Ila inostrato disse^^nar di voU'r l'arsi autor di nuova setta sotto nome di nnM\;i lilosoiia. lia detto, che la Verfiine non può liaver parliiriti'. r\ die la nosti-a le(h' cattholica é piena tutta (li hestfiiiii' (hiiIim la Maestà di dio. che lìiso^iuai'obbe Ic'Nar la disjnita et le ondale alli frati, ])('rehè imbratano il nion(kì. che Sdnii (ulti a^mi. <•! clic jc niKirc (ipinioni sono i

    iicii liaM'iaiiiu inuva. clic l.i nostra lede che M mai lar ad alln .|ucllu cIh' non VO|ic|- Immi i.iit,, ||,,| |,a-ta \ ci'c. et \ die se altri iicccati. et die v| iii('ravi<;lia come

    (lotriiic d'asini,

    clic

    meriti

    d

    che

    rcssiiiKi

    n'aiid''

    Iik..

    (.n

    "

    -u|i|Ma

    (li'i

    ;i

    liilli

    ili

    ;-'li

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    li

    all'arie

    di\ iiia|n|

    nii'iidd.

    clic s.

    niente liei

    par

    a

    |m,

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    di

    dell,,

    iiT Ili

    aT impilali te\erc chi i

    ,||

    clic

    si

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    Ini. I

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    uni

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    i

    lutti

    i

    jn

    iiiii

    il

    sajinlo

    tlieologhi

    xadte in Kdina (juerelle

    arliciili, et

    In iiiip'datn

    ó dii cred(de

    hanno

    nuli

    a ni ere.

    ii - pi

    Illa

    volci' att<'ndor

    di


    lar cdrii'r didi'o lutto

    Iia\iiln altre

    c|-

    l'elite,

    l'accusi"», I

    n

    die chiarii

    e| a

    calldrici.

    tiitli

    c|M picMMitatii, perdi.'

    iiieiiirc

    al'

    lid c^jc

    la.

    tmiia^d.

    eh''

    i

    Ini

    e|ie

    clic se n<'

    ddiaver

    l'U'i'i

    ffettato in

    Tliavesse accusato

    Ielle.

    ho detto a bocca, havendo notato tutte queste cose per darne conto a V. P. M. Reverenda quando ho dnhitato, che se ne possi partire, come lui diceva lio serrato in una camera à requisitione sua. di \ (der laia'. et perdiù io lo ten^^'O per inch'inoniato, la i)re^ro far rissolnin

    di-<euiia\

    Il

    non sajMMido die

    d'iiiiparai- da Ini.ciniie

    l'ossi^

    cosi ii-i>to c(nn«' e et

    ,

    I

    tione presta di

    hii.

    p(jtrà dir in conformità al

    6'.

    Ofjìtio^ il

    Ciotto libraro^

    Messer giacomo bertano pur libraro^ il qual bertano mi ha parlato particularmente di lui, et mi disse che era nemico di christo, et della nostra fede, e che gl' haveva sentito a dire di gran heresie. Mando ancora a V. P. M. Reverenda tre libri del medesimo à stampa dove sono state notate alcune cose da me alla sfugita, et insieme un' opereta di sua mano di dio, per la dedutione di certi suoi predicati universali, dove potrà mettervi il suo giuditio. ha praticato anco questo in una acadcmia del Ser An-

    et

    -

    370

    -

    drea Moresini del Clarissimo ser giacomo, dove praticano molti gentil' huomini, i quali haveranno, per aventura, sentitogli dire qiialclie cosa delle sue. Quelle fatichete che costui ha fatto per me, che non sono di alcun rilievo, le darò volentieri alla censura sua, desiderando io in ogni Conto di esser vero figliuolo d'ubbidienza alla santa chiesa.

    Et col fine a V. P. M. Reverenda, bascio riverentemente le

    mani. Di casa.

    alli. 23.

    Mazo {maggio)

    1592.

    Di V. P. M. Reverenda Servitor obi."*''

    ZUANE MOCENIGO.

    '

    II.

    Seconda

    deii:

    ncia di Giovanni Morenigo a carico del Firuno. 2.3

    Molto Reverendo P. In quel giorno, che io

    et

    maggio Vòd2.

    sigs mio osservandissiìno.

    tenni serrato lordano bruno, di-

    mandandogli io, se quello che non haveva voluto insegnarmi, siccome m'havea promesso à forza di tante cortesie et di tanti doni, che io gl'havevo fatti, gli pareva di farlo almeno, perché io non lo accusassi di tante scellerate parole che mi haveva detto, et contra nostro Signor giesù christo et contra la santa chiesa catholica; mi rispose, che non temeva del'inquisitione, perché non offendeva alcuno à viver à suo modo et poi che non si riccordava d'havermi detto cosa alcuna cattiva, et che se pur Fhavea detta, Thavea detta à me solo, et che però non poteva temere, che io gli nocessi per questa via. et che anco quando fosse andato in mano della inquisitione, al più riiaveria

    \

    ha

    il

    potuto astringere a rivestir Thabito dismesso.

    Questa denuncia strilla sollo forma di lellera è di cinque facciale ed se;^uenle indirizzo: AH II. Kdo p. el sig. mio Oss^o il p. Inquisitore

    di Venezia.

    - 380Adunque

    sete stato religioso

    gli

    dissi io!

    mi

    rispose, io

    primi ordeni, et però in ogni Caso potrò sempre accomodar facilmente le cose mie. gli soggionsi, et come po-

    bobbi solo

    i

    cose vostre, se non credete nella saiiti:^male di N. Signor giesiì dirislo se havete le anime nostre i^er latN' di laiigo, et die tutte l'operationi del mondo siano guidale dal latto, come altre volte m'avete detto! bisogna prima, die voi vi accommodate d'opinioni, et poi vi sarà facile l'accomodarla del resto, et se volete io ^ i otTerisco, quanto agiuto in ciò posso darvi, perche conosciate, clieseliene, vi siete dimostrato tanto mancatore della vostra parola con me, et tanto ingratto alle Corlisic, che vi h(i usate, ad (i;j!iì modi» in ditte, le cose vi voglio esser amico, à questo non un i-im-r .ilhd, se non che mi pregava a lasciarlo libero, et che se bene ba\'ea prciiarato le sue robbe, et dettitmi de voler pai'tire, die lo bavea latto non con pen-

    trete

    accomodar

    sima

    trinità, se ditte tanto

    le

    l

    siero di etVettuarlu l'esser insegnato,

    \u'r r-iIreiLir

    :

    con

    la

    (juale

    io

    I;i

    l'alligeNo

    iiiipalieidia del(K'I

    coiitiiiuo. et

    mettevo in libertà, mi lia\erebbe insegnato ({uanto sapeva, et che a me solo sanano stati scoperti i secreti di quante opere havesse mai fatto, che pur intendeva di farne di Indie, et l'arre, et che mi sarebbe stato schiavo senza aiiei igiiit inno, che io gl'havessi dato, et ira che se io volevo tutto quello elie egi'havea iidla mia casa, me lo lasciava; perchè in ogni modo have\a liaMito ogni cosa da me, et che gli liastava solo, che io gli desse almeno Copia d'un libretto di ooncjiurationi che io ho trovato tra certe sue carte scritte ; di tutto questo ho voluto dar conto à V. P. M. R'', perchè accompagnandolo con il resto, giudichi del fatto, secondo la prudentia del suo giuditio, et della sua santa mente, vi sono alcuni danari, robbe, carte, et libri suoi de quali le piacerà ordinare, et siccome ella mi ha favorito con molta carità di perdonarmi l'error mio nella dilatione di che se

    lo

    l

    questa accusa; cosi la supplico che li piacia di scusarlo appresso quei signori Illustrissimi con il rispetto della mia buona intentione, et col non haver potuto cavar in una sol volta tutte le cose, oltre che io non ho conosciuto la pravità di Costui, se non dappoi, cbe l'ho tenuto in casa che possono essere circa doi mesi, perché doppo che venne qui^ è stato parte à camera locanda in questa città, ma per la maggior parte à Padoa. et poi desideravo di levargli il buono, et per potevo anche assicurare. il procieder, che tenevo seco, mi

    -381 che non sarebbe partito da

    me

    senza prima farmene motto, di poterlo far capitare

    mi ho promesso sempre

    intantoclié

    censura di quel Santo offitio. ottenuto con grandissimo obligo alla P, V. M. Reverenda per la diligentissima cura, che ha avuta, et col line le bascio riverentemente le mani. alla

    Come ho

    Di casa

    alli. 25.

    mazo

    1592.''

    Di Y. P. M. R^ia Sevitor obl.'"°

    ZUANE MOCENIGO.

    Ili padi-e iiKiuisilofo pi-csenla al

    Sanlo

    Uffizio la

    denunzia

    coiilro (jioixlano Bruno,

    Die XXV maii ^'j92.

    Fuit presentata mihi Fratri Johanni Gabrielli Salutiensi, S.'" officio, si et in quantum, ut supra dieta denunciatio. Interrogato ipso denuntiante supra generalibus, ad quae

    Inquisitori Veneto, et acceptata prò

    recte respondit.

    annorum

    et est jetatis

    34.

    Nobilis Venetus.

    omnia contenta in hac presente denunciatione, et in alia per ipsummet mihi porrecta die sabbati proxime preterito,

    ([ui

    proprio luramento Gonfirmavit tactis sacris litteris, et sic dimissus fuit imposito ei silentio sub eodom (sic) Juramento. ubtenta illius subscriptione Io

    di propria

    4)

    K pure di cinque pagine ed

    Oss.mo vi è

    ZUANE MOGENIGO,

    mano affermo

    il

    il

    p.

    Incfuisitore di Venezia.

    indirizzata al

    è

    Sull'ultimo

    sigillo dello scrivente, leggendovisi

    Le parole comprese sotto questo denunzia avanti riferita. 2)

    q/o di sopra

    il

    n. ni si

    mollo K. p

    Verso di ques'.a

    cognome

    et

    signore

    denunzia"

    di lui.

    trovano sul terzo Verso della

    -



    382

    IH

    '

    l

    i

    Die Marlis 2G mensis maij ^502.

    Assistente clarissimo Aloysio l'ascari.

    Contra Jordamim Bninum Nolaniiin, presentata in fitio ])er inuKunì R. T. IiKjuisitorein.

    Nuova deposizione il)

    Moccnifio a carico del

    (iioN.inni

    di

    coiiliiiuazioiic

    ;illc

    (Icmiiizii;

    sovra

    l'crcli.'

    iiinlld

    Sdii

    scrilh' a

    non

    l

    I'.

    Mdlto

    {M iisamlii

    Ih'Ii

    giordano

    mi

    1.1

    \'.



    Iv.'"

    tulio

    1'.

    iiriia

    (luello,

    rnidato (rhav(Tffli

    W

    Sifiiior

    M.

    i;''',cli<'

    il

    S(>ntito

    pn h'-'<|.'|\ -1'

    mio

    V.m).

    oss.^"»

    imposto, che io vadi che io havessi udito da

    clic lacesse coiitfo la

    Ih iiik», ii

    et

    l'i'iino

    rifcrilc. (2'J ma,-jj;io

    Mallo Reverendo Padre

    S*" 01-

    nostra fede catholica: le cose giù

    dire, oltre di''

    usa adesso

    la

    chiesa

    perché quelli con h; predicatioiii. ri iNiii ('<('iii|ii (li laiuna vita convertivano la genti'; ma dir lioia dii ikmi wìoì essere Catholico, bisogna |M-!ia: perché si usa la forza, et clic piMNi il ra-tÌjo. et la Moli l'amore. cIh' ({mv^to mondo non poteva durar cosi, perché noli \'era se non ignoranza, et ninna religione, che l'osse buona: che la Cattolica gli piaceva ben più dell'altre, ma che questa ancora haveva bisogno di gran regole, et che non stava bene cosi, ma che presto presto il mondo haverebbe veduto una riforma generale di se stesso; perché era impossibile che durassero tante corruttele: et che sperava gran cose su '1 Re di Navara. et che però voleva afrettarsi a metter in luce le sue opere, et farsi credito per questa via, perché quando fosse et che non sarebbe stato stato tempo voleva esser Capitano e lincilo, di.'

    iisaxaiio

    \|'ov|,,]i-

    :

    Que>(a noia o documento

    Verso della denunzia cui 2)

    n.

    Questo documento

    si

    clie

    eh:' si

    voglia cliiamare

    ritrovasi nel quarto

    allude nella nota anlecedenle

    ora ha

    il

    n.

    iv nella

    prima

    e
    viu essendo in ordine di tempo posteriore alle altre denunzie.

    il

    ^

    — 383sempre povero, perché liaveria goduto i thesori degl'altri. Mi disse anche in proposito del non saper di questi tempi che adesso che fiorisce la maggior ignoranza, che habbi havuto mai il mondo, si gloriano alcuni di haver hi maggior cognitione che sia mai stata perché dicono di saper quello che non intendono, che è che dio sia uno et trino, et che ,

    queste sono impossibilità, ignoranze, et bestemie grandissime contra la Maestà di dio. Et dicendogli io che tacesse, et che di gratia si espedisse di quello che egli liavea da làr per me, perché essendo io catholico, et lui pegio che luterano non lo potevo sopportare, mi disse. Oli vederete quello che avanciarete del vostro credere! et ridendo mi diceva aspettate il giuditio, quando tutti ressussiteranno, che vederete all'hora il premio del vostro merito. Et in altro proposito mi disse, che sicome reputava per altro savijssima questa Repub])iic-a così non poteva lare che, non la dannasse à lasciar cosi richi i IVatti, et che doveriano fare, come hanno fatte in Francia, che le entrate dei monasterij se le godano i nobili et li fratti mangiano un pecco di prode, et die cosi sta bene, perché quelli, che entrono frati al di d'iioggi sono tutti asini, à quali il lasciar goder tanto bene é grandissimo peccato. Oltre di questo mi disse, che gli piacevano assai le donne, et che non havea arivato ancora al numero di quelle de Salamene, et che la chiesa faceva un gran peccato, nel far peccato quello, con che si serve cosi bene alla natura, et che lui lo liavea per grandissimo merito. Et questo é quanto che di novo mi son ariccordato havergli sentito dire. Il

    che tutto affermo alla P. V.

    JM.

    R.J% con

    mio giuramento humilmente le mani. detto giordano, dove ho

    esser verissimo, et col line le bascio

    Le mando ancora un

    libro

    di

    notato un passo cattivo, come ella potrà vedere, et lo potrà far considerare come gl'altri. pi casa. alli. 29. mazo 1592.

    Di V. P. M. R.^^ Servitor humilissimo

    ZUANE MOCENIGO J)

    Porta

    Conslu di qualli'O pagine, più quaf Irò righe compresala sotloscrizione. s'il

    Verso dell'ulUaio mezzo foglio Al mollo

    H'io et

    s.

    mio oss.mo

    p. fnquisitore di Venezia.

    A

    S,

    DQmeniCo*

    il

    — 384V. Giordano Bruno

    è arrcsialo d'ordine del

    Santo Tribunale.

    Die IMarlis 2G niensis mail 1592.

    Assistente Clarissinio Doni ino Alu\>:io Coiiip.iiMiit in Saiicti»

    Capitaiieiis

    l'.x"

    d

    Cdii-..

    iviulit

    priuit

    Sabbato su le M Imre di ik.IIc da noia, ([ual In. rilnixalo in una nella (jual

    1i;iìmI;i

    il

    (

    Mai'issinio

    del

    carcerato nelle carceri ordine di questo santo

    l

    i

    s.i

    i'iiscari.

    l)(»niiims Mattlieiis

    >iliili(t

    (

    Giordan lirnno de S. Samuel,

    ca.sa in conti'à

    Zuane

    S<.'i'

    ufi

    ictcniito

    h.»

    de Avantio

    infra Videlieet.

    MoecniiJ^o, et

    e ciò

    )|jitio,

    l'Iio

    ho csseuilu

    di

    ibunale.

    TI. Il

    libraio ('.ianibaUisla

    (

    iotlo r

    del Sanili

    l

    t-ilalit

    fli/io.



    a

    i

    (»mj)a;

    \ùv Marlis

    Assistente Illustri-ssimo

    i

    re avanli

    il

    'J'rilmnale

    Sua deposizioni'. 2(i '

    inaii

    ni('n->i>

    Domino Aloysio

    l.")1(2.

    Fuscari.

    Corani llìustrissùnis ci Uecerendlssimis Dominis Ludovico Taberna muilio aposlolico.Laurentio Priolo^ Patriarcha Yenctiaruìn et mullum Revereìido Palre Mar/istro Jo. Gabriele de Saluliis Inquisitore cilaliis comparuil Doìuinus Joannes baptisla Ciollus iSenensis librar ius ad insigne Minerva'^ Venetiis liabitalor in confìnio Sancii Julia// i, delalo sihi lur amento de ver itale dicenda'^. Ii(terro(j((tus

    :

    — Se conosce

    un certo lordano bruni. No-

    lano, che cognitione ha de lui, et che

    homo

    é,

    et

    de che pro-

    fessione \)

    Avevamo

    data del dì pag.

    'IS

    nella edizione dei

    2!).



    Se

    il

    documenli slampali

    al

    testo posta la

    come

    si

    vede a

    di questi documenti, la data del dì 30, (piella del martedì antece-

    dente al sabato non poteva avere cbe quella del 2)

    uniti

    sabato del mese di maggio porla,

    2
    Per dare più chiarezza alla nostra stampa adoperiamo

    Per la sfessa

    contenuto

    il

    il

    carattere cor-



    documenli ed in talune frasi .speciali ragione premettiamo a tutti i documenti il sommario del loro quale non si trova negli atti originali.

    sivo nell introduzione de' singoli

    — 385 — —

    Reapondit. Io conosco questo Giordano bruni da nola^ o napoletano, et é un homo piccolo scanno con un poco di ])av'ba nera de età de circa 40 anni, et la prima volta ch'io viddi costui fa a Francforte in Germania dove ero andato alla fiera del mese di Settembre, che questo Settembre prossimo, saran doi anni, che allogiando io secondo il solito quando vado à quella città nel convento de' frati Carmelitani, vi trovai allogiato questo .lordano ancora, col qual parlai et raggionai diverse volte, mentre che io stetti ivi circa quindeci giorni facendo egli professione de filosofo et mostrando d'haver lettere, et letto molte cose et doppo l'ho anco conosciuto in questa città essendo venuto diverse volte alla mia bottega a veder, et comprai- liliri. Sabclens ad Interrogai or liun: Questo Jordani é venuto in questa città per quello, ch'io so, perché un giorno il Signor Zuane Mocenigq gentiluomo Venetiano comprando un libro dato fuori dal detto .lordano intitolato Heroici furori ^ me domandò, se io conoscevo costui, et se sapevo dove egli era all' bora, lo gli dissi, che si, e che io l'avevo visto in Francoforte et che credevo, che fosse tuttavia lì, et il detto S/ Mocenigo soggionse lo vorrei che egli venisse a Yenetia per insegnarmi li secreti della memoria, et li altri, che egli professa, come si vede in questo suo libro, et io a questo risposi, credevo che se sarà ricercato, venirà, et così doppo alcuni giorni esso ser Mocenigo mi portò una littera direttiva al detto -lordano con farmi istantia che io glila mandasse come feci dicendomi che gli scriveva per veder se voleva venir a Venetia. et doppo comparve egli qui, saranno circa sette mesi, o otto, et stette qui non so quanti giorni a camera locanda come io credo et doppo andò a Padoa dove stette forsi tre mesi andando però, e venendo spesso da Padoa a qui, et ultimamente venne a star in casa del detto S/ Gioanne Mocenigo, dove credo che vi stia ancora Interrofjatus. Se sa , che cosa egli fac' esse et babbi fatto a Padoa mentre, che é stato lì, et che cosa anco faceva in casa del detto S/ Gioanni. Respondit. lo non so, che egli facesse altro, se non che diceva lui medesimo che scriveva per servitio del detto ,



    ,

    ,

    ,



    ,



    \

    )

    I.c

    iniiiiino

    parole

    li

    Heroici furori s,om cancellate ed in margine è scritto

    inagno et mensura

    ».

    «

    de

    386-

    --

    S/ Gioanni per insegnarli la memoria, ed altre scientie et il medesimo credo che habbi fatto, et l'acci bora in casa sua Interrofjatus. Se sa, che detto .lordano habbi dato l'uori altro libro, chel suddetto per lui nominato, et che libri, et de che materia, et in che loco sono stampati RespondU. Oltra il sudetto ho visto un altro libro intitolato li heroici furori sotto il nome del detto .lordano stampato a Parisi, et un altre» intitolato BelV infinito universo, ci mundi, stam])ato' in lii.LihiKt'na, conie io credo, se ben dice ,





    in

    \"<'[i('tia,



    CI' se.

    Siiljiìciis

    ma<^n.i

    i

    de Fi'ancidnil»'

    mandato

    s-'

    >.i

    ddlo

    lud

    i

    d

    sta((j,

    ho

    in (h)-

    calholirct

    sia

    ,liird;iiio

    - (iiiaiid.. hw parlalo, r|

    ìlrsinnulil. ,l(,rilaii(i

    ([Ili

    liniain.

    llera

    di

    Ser,

    (il.

    l-'ra

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    Ili» .

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    le.

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    ran.-i.lMrl,.

    mie spese, intendendc

    tirar a

    .1

    .n.'l ii-

    1.

    .iic

    .

    ho

    la

    (piai.'

    Iialihi

    l'a-.pia

    la

    mi

    .

    ni.'

    n.l.

    .

    .l.d

    insc^Miarmi ((naiitità da m-'

    ju'omesso de

    (•din.'

    iMimi .•liri^liaiK»

    l'I

    M.m-.hil.'..

    Iraltalo

    ,

    («•

    aii.lar.'

    n.l.. !•

    »,

    alla detta liera, rispond.

    in

    a

    'l'i

    dir ci^a, p.-r

    ca

    >ia

    iil.'

    a

    l'I

    a

    ii
    (Innari

    sono

    da ('hri-liaim

    et \i\'e

    a

    io

    d(d detto (iioi'daiio

    lnterr()(l((ltis.

    mai

    jicrsoiK^ sciicdari

    piiì

    d(i\t'

    b'tto

    lia

    dÌNcrsi Inochi di Aie-

    in

    dir -,

    iiiicso

    lio

    <(

    l';in-i

    ili

    iiitrxi

    l'Im

    ([ih -ti»

    |

    (lucile part(;

    eh.'

    Cd^tni per

    jtuMic.iiiii'iitc

    liiost)Ii;i

    .

    .

    a

    (.mr.laii...

    cose, et ha a\ ii..ii

    -la

    li.

    iil-

    pa--ala alla

    d.dlo

    il

    andar.'

    cosini

    li.,

    (piale iit(.)

    non

    .picsfo conto,

    diil.iP.. cir.-uli

    dubitar clic

    \..|.'\()

    il

    ddlo non è

    dillo

    'jK.riK. io

    m. mi di-.-,

    Ir'

    d. ll..

    in. .Il'-

    mi

    ii
    il

    ('l'Ii

    Iicin',

    p.

    dir.'.

    pr..-
    (r..\.'.

    .h 'iin

    .•..ii

    dclli»,

    .ino

    ({ui

    me

    robl)e

    ha ,

    et

    posso da bene, lo

    Kianclortc lia\"cr<'i a cai-o, et ini Jarete piacere di tar qualche diligentia per saper se è persona da potersi fidar di lui, et se attenderà a quel che lui mi ha promesso. Onde quando fui a Francoforte parlai con diversi scholari , che erano andati alla sua lettione in quella città mentre è stato li et che havevano havuto sua prattica et conversatione da quali mi iu detto in summa, chel detto Jordano faceva ben professione de memoria, et d'aver altri j)er('»

    aiidanilo

    a

    ,

    ,

    -1)

    Dopo

    la

    parola stampato vengono

    le .seguenti

    terra se bene dice le qua'i sono cancellale. 2)

    Vi sono

    le

    parole in casa cancellale,

    come

    io

    credo in

    Ip.tjliil-

    ,

    - 38" — ma che non si era mai visto, che egli havesse opera con alcuno, anci, che tutti coloro ehe havevano havuto a far seco per simili cose erano restati mal satisfatti, dicendome di più non so, come egli stia in Venetia, perchè qui è tenuto per homo che non habbi alcuna religione^ et questo è quanto so, et ho inteso di lui il che havendo refferto al detto Ser Gioanni quando fui ritornato dalla fiera mi rispose, anch' io vo dubitando di questo ma voglio veder che cosa posso cavar delle cose che egli mi ha promesso per non perdere in tutto quello che gli Irò dato, et poi lo voglio remetter alla censura del Sant' offizio et questo é quanto io so et che posso dir del detto Jordano et se io sapesse secreti simili,

    fatto

    ,

    ,

    ,

    più

    lo direi

    Super genera li bus recte, aetatis et annorum 29. R. C. et fuit sibi dclatum iuramentum de silentio

    YIT. Esame

    del

    (eslimon'o (liacomo Boriano lib aio da An\er.sa ahilanli! in Venezia.

    Die die! a.

    Corani sopnuìicl ìk rilnhi^ comparull dominns Jacobus Briclanus de Anlaerpia, libraruts Veuelils habitans in confinlo S. Marimp ; deìalo sibi iaraìncnto de veritate dicenda

    Ad opportunam

    interrogalionem dixit.



    Io

    conosco

    il

    detto Giordano bruni Nolano et V ho conosciuto prima a Franeoforte già tre anni sono, et doppo à Surigo in terra dei Sguizzeri, et ultimamente qui a Venetia et Toccasione è stata ,

    che trovandome

    a Franeoforte alla fiera tre anni sono non so se fosse alla fiera de pasqua o de Settembre ed intendendo

    Jordano era là allogiato nel convento de frati Carmelitani, havendo visto prima alcune sue opere stampate et curiose, mi venne desiderio di vederlo et parlarli, et cusi elici dett(»

    \] Le letlere R.

    zione.

    ,

    C. [relecium

    confìrmuvil)

    non

    ai

    trovano nella prima edi-

    — 388incontrandolo un giorno per strada, che

    accompagnai

    seco, et parlai

    con

    lui

    mi

    fu mostrato,

    me

    un gran pezzo, doman-.

    come

    stava in quella città, et che cosa faceva, et sue opere, come erano anco laudate da molti et doppo in Sorigo lo trovai per passagio a caso et li parhii, come quello, che Thavevo conosciuto prima et doppo che é stato qui a Venetia T ho visto diverse volte et incontrato, et salutato e raggionato di diverse cose 11 detto Giordano, per Subdens ad iììlerrogationem. ({uanto me disse il Pi-inr de quel convento in Franco torte se occupava per il più in scriver, et andar diinierizando et stro legando cose nove. Lcgiicva In rcìalione infcrrofinln.'^ dirli dottoi'i liorctici jX'iTli/' liilti di' l'ittà sono lirrcli.-j p.irlando universalmente et in Surigci leggeva per ({uanto lui mi disse à

    xlandoli

    laudando

    le

    ,





    certi dottori (.

    non so che

    d'alti-a scieiilia,

    da

    Ini.

    Meda

    a

    1

    (

    iM

    rt

    i

    1

    j

    de filosofia, lum glilo domandai ne me Indetto imn SO che cosa egli s'iiahhi latto, se

    lettioni se l'ossero lettioni

    i)ereh(' ,

    ;i

    1

    i

    detto alcune volte, che lui taceva elicerà se sarebbe visto in esso tutte le seientie, à l'adua per quel tempo che vi è stato, leggeva a certi scholari Tetleschi, non so maneo che lettioni. limi

    un

    (

    Ile

    lil'io.

    lui iiicdc-iiin» ih" lia il

    quale

    lìiterroQdtus.

    liniln



    se sa

    ,

    clnd

    detto

    r.iordano

    sia

    buon

    Christiano, o no



    Con meco il d' Ilo (iiordanij non ha detto Respoadit. ne mi son accorto de cosa alcuna, che non sia da christiano. Me disse bene quel Padre Prior del Carmine de Francoforte, domandandoli, che homo era il detto Giordano, che egli ha\e\ a bel ingegno, et d^dle lillere, et era lioiiio universale, ma ehe non haveva religione alcuna per quanto lui credeva, soggiungendo, egli dice, che sa più che non sapevano li Apostoli, et che gli bastava l'animo de far se liavesse voluto che tutto il mondo sarebbe stato de una religione, fuori di questo non so altro del detto Giordano per coxito delle cose che toccano al Sant'OlRtio, ne manco nel resto più de quel che ho detto Io non so il nome de quel Dicem ad interrogalionem. Prior de Carmini, ma hora e pur li a Francoforte, et é Prior tuttavia, et credo che sia perpetuo, perché sono sedeci anni, che io ho pratticato in quella città, et in quel convento, et ho sempre visto questo Padre, Prior di esso Convento. Et per quanto il medesimo Giordano ha detto a me in Francoforte et qui ancora, è stato in diverse Città di Germania et



    ,

    - 380 di Francia, et in particulare a Paris, Tolosa, altri lochi

    come ho



    detto

    Vitimbergh,

    et

    ^

    laferrocjatus. Se sa esso Testimonio ch'el detto Giordano hahbi intrinseca amicitia in qnesta città de alcnno, che possi esser informato della sna vita et costumi et che in sumnia saprebbe dar conto di lui delle cose pertinenti al S. Offltio, et se ha visto et letto tutte le sue opere, et che g'iuditio ne fa, et che opere sono, et dove sono stampate ResxJOìicUt. — Io non vi saprei dir chi sia amico intrinseco de detto Giordano qui ne de chi sia stato fuori de qui, fuori del detto Padre Prior, che sapesse dar conto de lui, ho visto diversi - libri suoi, uno intitolato Cantus Circeus stampato in Parisi, un altro de ?7^e;/ior/a stampato in Parisi, un altro et altri , che (le lampade combinatoria stampato in Praga bora non mi riccordo, li quali pero non ho letto, ma quando alcuno Ila raggionato delle opere di costui, ho sentito a dir et di beli' ingegno, et credo a tutti che sono opere curiose di ha ver un policino de tutte le opere del detto Jordano datomi da lui medesimo il quale cercarò et trovandolo lo ,

    ,

    ,

    ,

    ,

    portare subito al S. Ollltio Super generalibus recte, etatis sibi

    delatum iuramentum del

    annorum

    37 R. G. et fuit

    silentio.

    YIII. Primo consliluto del in Venezia

    l>i'una.

    — Rende

    — Comincia

    iMgione ai giudici

    pei-cliè

    sia

    vernilo

    a narrare sonnr.ariamenle la sua vita.

    Die et assistente supradicto.

    Coram supradiciis conduclus quidam vi?^ comunis staimele cum barba castanea^ aetatis el aspeclu annorum quadraginta circiler^ cui delalo iuramento de verilate dicenda^ qui laclis scipiuris iuravit. Et cium moneretur ad dicendiwi veritatcm antequam ulterius interrogarctur dixit ex se,

    (Giordano Bruno) Io dirò la verità più volte mi é stato minacciato de farmi venire a questo Santo ofhtio, et sempre rho tenuto per burla, perché io sono pronto a dar conto di me. ,

    1)

    Tra questa linea

    2)

    Invece della parola diversi c'era prima

    e la segu n'e leggonsi cancellate le parole la pai ola Ire clie fu

    sup generali.

    poi rancellala,

    — 390 —

    Suhdcm ad interrogafioncm. Trovandomi a Francoforte l'anno passato hebbi due littere dal signor Gioanni Mocenigo gentilhuomo \'enetiano, con le quali me invitò a venir a Vedesiderando secondo chemi scriveva, che io li iiis<';iii;ìsse memoria, et inventiva promettendomi de Iratlarmi bene, et che io mi saria contentato de lui, et cusì venni, saiMimo 7. (I s!. nn'si al (piale ho insegnato diversi termini <|ii<'>t(" (lue scicntic stando prima fuori di casa [)< riiii' iili sua, iilliiii.iiii.Mitr n<'lla sua projyria casa, et parendomi d'aver r;illM, insegnato bastava, et dovevo rispetbi ;tlli' cdvi- eh,' lui nn' i-iccrcnto deliberando netia,

    l'arte della

    ;i

    <

    |

    (

    |

    i

    pri'cin di' ii|(irii;ir

    L'inNedi

    |ML'IÌ;il

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    ca^a

    di

    jinì

    s'-ii'iilic

    ,

    i|ii<'-l'i.

    j)r<'-lii

    tdie

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    |i;i-^.it(> <

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    nix'-

    r||e

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    ii.i

    in

    dii

    iii-laiitia pi'r r'-riiianni, -!

    Il

    liivv,.

    MI

    \al.i elle

    il

    III

    priuiiesso, (4

    li

    J)(pÌ

    a

    \.-(|eiir|d

    u

    1

    1

    liinia

    sarei d'-taln

    \' iier,ri,

    rrv\r ii

    |i

    1

    '1

    \(,|cx>i'

    11.

    ii

    mie

    (»pere

    il

    (piale

    .

    pactir

    ixirsone

    alti-c

    ni-laiiiln tiitla\ ia

    \mIuIo restar d^

    iiiM,|(. i-h(>

    1;

    ,

    le

    l'iKiri

    istess(»

    a lui il altre, che andai' a e\a, un fu a biriid foli molta

    (•'iiuinrÌM pi'iiiia a d'd'T-i. di'- im'U

    lia\i\,i

    1

    iii>(';jiiati'

    i'raiieolurte secdiidii clie

    il

    s|;i|ii|i;il-

    Ini

    I

    (Iiiliil.iiidii,

    pi'i-

    lia\i'\(i

    1

    Ih-. •liti

    d

    de

    \

    (dd' partii',

    |ia\e\(» iiiM'Liiialo

    |i

    quanto

    dirmi, che se Mddulà, che haverebbe trola iiiilt<'d<'l Lfioriio seguente, 1

    laccia nii

    (ledo

    >ei-

    i

    coii

    (ii(iaiiiii

    io jiersl-

    eli.'

    d" pirdriiii e| die |,, lia\e\'0 dato già ordine alle eOSe mie, et lai In pia II ica di- iiiaiidar le ndjbe Ito -otto pretesto di voa Krancolòrte, \cniie che io era in nella ressoliiliniu'

    s!('\n

    l'

    lerme i»arlar, et doppo che fo entr.ito lui sopraggionsero il suo servitore chiamato l^ortolo con cinque o sei altri salvo il vero, che erano secondo io credo, et al mio giuditio gondi' (pielli che stanno \ ieiiii, et mi fecero levar de letto, didi' et me eondussero sopra un stdaio, et ine serrorno nel detto solaro dicendo esso ser Gioanni, che se volevo fermarmi, et i

    i

    li termini della memoria delle parole, et li termini della Geometria, che me haveva ricercato jjrima che me haverebbe fatto metter in libertà, altrimenti me sarebbe successa cosa despiacevole et io rispondendoli sempre, che me pareva di averli insegnato à bastanza, et più de quello ch'io dovevo, et che non meritavo di esser trattato a quella maniera me lascio li sino il giorno seguente che venne uno

    insegnarli

    ,

    '

    cancellate <) Si leggono mi venne poi un cnpKa'W.

    le

    seguen'i

    pai'olt;

    la

    no

    sin

    la

    sera^

    die

    — 391 capitanio accompagnato con certi homeni, che non conobbi, et mi fece condur da loro lì da basso nella casa in un magazen terreno, dove mi lasciorno fino la notte, che venne un altro capitanio con li suoi ministri, e me condussero alle preggioni di questo S. officio, dove credo sia stato condutto per opera del detto ser Gioanni, il qual sdegnato, per quel che ho già detto, credo, che bavera denontiato qualche cosa di

    me.

    Interrogalo : - Come ha nome esso constituto. et qual é suo cognome, de chi é stato, o è figliuolo, de che patria, suo padre. et natione, et de che professione é stato esso et Respondil: - Io ho nome Giordano della famiglia di bruni, della città de Nola vicina a Napoli dodeci miglia, nato, e allevato in quella città, et la professione mia é stata et é di littere, et d'ogni scientia mio padre liaveva nome Gioanni, e mia madre Fraulissa Savolina, et la professione di mio padre era di soldato, il (piale è morto insieme anco con mia madre. Subdens ad inierrogalioneìii : Io son de età de anni (juarantaquattro incirca, et nacqui per quanto ho inteso dalli mei, dell'anno 48 (1548). Et sono stato in napoli a imparar littere de humanita, logica, et dialettica sino a 14 anni, et solevo sentir^ le lettioni publiche d'uno che si chiamava il Sarnese, et andavo à sentir privatamente la logica da un padre Augustiniano chiamato Fra Theofilo da Vairano, che doppo lesse la metafisica in Roma, et de 14 anni, o 15. incirca pigliai riiabito de San Dominico nel Monasterio, o Convento de S. Dominico in Napoli, et fui vestito da un Padre, che era alfhora Prior de quel Convento nominato Maestro Ambrosio Pasqua, et finito l'anno della probatione fui admesso da lui medesmo alla professione, la quale feci solennemente nel medesimo Convento, et non credo che altri alfhora facesse professione, se non un converso, et doppo fui promosso alli ordini il

    ,



    sacri, e al sacerdotio alli

    messa

    in

    Campagna

    debiti, et cantai la mia prima medesimo regno, lontana da un convento del medesimo ordine

    tempi

    città del

    Napoli, stando all'ora in de S. Bartholomeo, et contini^ai in/^uesto habito della religione de S. Dominico celebrando messa et li divini

    sotto titolo

    \)

    Le seguenti parole in corsivo non

    lettioni pubbliche

    d'uno che

    si

    chiamava

    si il

    trovano nel!

    Samae

    et

    prima edizione andavo a sentir. i

    le

    -392Tobedienza de superiori (loU'istessa religione, de monasteri et conventi, dove son stato sino Tanno del 76 (1576) che fu l'anno seguente doppo T imo (1<'1 Giubileo, che trovandomi in Roma nel Convento della MiiicrN a sotto Fobedienza de Maestro Sisto de Luca procuralo!' (b ll'ordine, dove era andato à presentarmi lìerchè a napoli ero stato processato due volte i»rima per haver dato via certe ligure et imagine de Santi, et retenuto un crucifisso solo, essendo per questa imputato de sprezzar le imagini de Saldi, et .iiKo liaver detto à un Novitio, che leggeva la historia del II' st'ltc allegrezze in versi, che cosa voleva i'ar de quel libro, che lo gettasse via, et leggesse più presto qualche a Uro libro come è la vita de Santi Padri, il (piai ])rocesso Cu riimi ,ilh ;ito n« (ciii])!'. che io andai a Roma articuli, ch'io non so. ]){ il che uscii dalla Religione et de])osto 1' habito. andai a N(di territorin (n iiovese, dove mi tratteni ((u;ittro ó cinque mesi a insegnar la grammatica a putti. Qnihus ìiahifis^ cuni Itord esse( Idrda^ full rennssus ad locuiii suuni, aldino runi inonilionc.olfitii,

    et sotto

    et delti Priori

    i

    i

    <

    |

    !•

    IX. Secondo cosliUlto dd s!i'a.si

    al

    lliiiin)



    (Icsiilcroso di riloriiair

    l'oiilcruc

    il

    Coiiliiiiia

    a naiiarc la Mia

    nel groml)o della Chiosi

    c

    vila

    di



    llimo-

    lìio^ciilare

    libro delle Selle arti liberali.

    nic

    sal)l)a(i

    30 niensis

    niaii

    -I."j02.

    Assislcnle Cìar. Doni. Aloisio Fnscari c-oram mìdlvm Rer,. Livio Pcmcro. Patre Inqinsitore, ac Rcv° et e-rccl.'^ Andilore Illus.*^ D. Nunlij Ap.i consliiu.las supradictus Jor-

    danus Brunus educius de carceribus menlo de ver ila te dicenda.

    ^

    delato sibi iura-

    Eidem diclo, che dica et narri dove andò quando se parti da Noli, et in che parte, et paese, città et luochi é stato dalriiora in qua, et in che cosa s' é occupato et che cosa ha latto.



    Resp. Io stetti in Noli come ho detto di sopra circa quattro mesi insegnando la grammatica a ligliuoli, et leggendo

    -

    - soset doppoi me parti de là et ia sfera a certi g-entilhomini andai prima a Savona, dove stetti circa quindici giorni, et da Savona, a Turino, dove non trovando trattenimento a mia satislattione venni a Venetia per il Po, dove stetti un mese e mezzo in Prezzari a a camera locante in casa de uno dell'Arsenale, che non so il nome et mentre stetti qui feci stampar quest'opera per metter insieme un pocco de danari per potermi sustentar, la (^ual opera feci veder prima al Rev. Padre Maestro Remigio de Fiorenza, et partendomi de qui, io andai a Padoa, dove trovando alcuni padri dell'ordine di S. Dominico, mei conoscenti, li quali me persuadettero a ripigliar riiabito quando bene non havesse voluto tornar alla Religione parendoli che era più conveniente andar con l'habito, che senza, et con questo pensiero andai a Bergamo, et mi feci far una vesta di panno bianco di buon mercato, et sopra essa vi posi il scapulare, che io havevo conservato quando parti da Roma et con quest'habito me inviai alla volta de lione et quando fui a Cliiamberi andando à logiar al Convento dell'ordine et vedendomi trattato molto sobriamente et discorrendo sopra questo con un Padre Italiano, che era lì, me disse avertite, che non trovarete in queste parti amorevolezza de sorte alcuna, et come più andarete inanzi, ne trovarete manco, onde voltai alla volta de Genevre, et arrivato la, andai adallogiar all'hosteria , et pocco doppo il Marchese de Vico napolitano me domandò chi ero, et se era che stava in quella città andato li per fermarmi et professar la religione di quella città al quale doppo che hebbi dato conto di me et della causa perche ero uscito dalla Religione, soggionsi, ch'io non intendevo di profesar quella di essa città perché non sapevo che Religione tosse, et che perciò desideravo più presto de star li per viver in libertà, et di esser sicuro, che per altro line, et persuadendomi in ogni* caso a demetter quell'habito , che io havevo, pigliai quei panni, et me feci far un paro di calce, et altre robbe, et esso Marchese con altri Italiani mi diedero spada, capello, cappa, et altre cose necessarie per vestirme et procurorno acciò potesse intertenermi de mettermi alla correttione delle prime stampe, dove stetti in queir esercitio circa doi mesi andando però alle volte alle prediche e sermoni cusi de Italiani come de Francesi che leggevano et predicavano in quella città fra li altri ascoltai più volte le lettioni et prediche de Nicolo Balbani luchese che leggeva l'Epistole de S. Paulo, et predicava li Evangelij, ma essen,

    ,

    ,

    2fì



    BiLRTi,

    Giordano Bruno.

    — 394 dome (letto, che mi rissolvevo de

    io

    non potevo

    star

    longo tempo,

    li

    non

    s'io

    accettar la Reliirione di essa città, altrimenti, haverei havuto sussidio alcuno da loro, mr ìsmìIsì

    che non de partir,

    i

    andai a lione, lìoxq stetti un mese, et non tiovando commodità de guadagnar tanto che mi bastasse di i)oter vivere, e per li mei bisogni, di k andai à Tolosa, dove et

    un studio famoso,

    é

    l;i

    havcudo

    latto prattica de jjersone leggere a diversi scolari la sfera, i|iial lessi C(mi .iltiv h ltinui de filosolìa l'orsi sei mesi et <|ii.'v|,, UIC//,, cssi'iKld \;ic;iln il liKico (jf'l l(»ttor ordinario iil
    intelligente, fui

    et

    a

    iIl^•it;lt()

    ,

    111



    ì'<

    mi pi-cseutai

    ,

    trenta

    nuiteria

    prima

    ),;.rlii

    et

    ,|c

    aiid.ii

    ii

    et

    b-vi trenta

    mi si

    et ap))robato il

    lilosoiia

    a

    '

    l'ai-is,

    Testo de e| do|»i)OÌ

    doM'

    me

    imoi di naria iierlarmi conoscer,

    leti

    attributi

    admesso.

    ini

    doi anni (•ontiniii

    allr.' |c||i,,iii

    me

    -

    -(

    i,

    (I..I)|mii

    Aristot(d(' (ìe Ahììiki, ed

    per le guerre ei\ili messi à legger una et far saggio di ine

    |'

    m,-, ,|^,

    ,

    in (jucdla (alla

    lessi

    i^t

    i|cit,i

    al

    di\iiii

    IcMioiii,

    da

    tolti

    S.

    el

    |)igliai

    per

    Tlioinaso dalla

    doppoi essendo sta iceicato à |)igliar una r<-stai «d non \ol-i acccitarla per(!hé li lettoi'i publici ,Ii cvv;, cida vanii,, oi-.j iia ria imMite a Messa et alli altri dixini oHlti.i, ed io ho semjtre liigito (pK.'sto sapendo che erti >.oiiiiiiniii(\ito per esser uscito dalla K(digione et liaver deposto riiabito, che so l)ene in Tolosa liebbi <{uella lettionc ordinaria, non ero però obliiiato à (jiicsto come sarei stato j»ai1e, et

    lettioiic

    l

    oi'dinai'ia

    i

    detta

    ip

    città

    de l'aris

    lettion ordinai'ia,

    <|iiando

    havesse acc(dtata

    la

    detta

    e leggendo ([nella estraordinaiàa a(|uistai

    nome

    tale, che il Re Henrico terzo mi fece chiamare un giorno ricercandomi, se la memoria, che havevo, et che professava era naturale, o pur per arte jnagica,alqual diedi sodisfattione, et con quello, che li dissi, et feci provare a lui medesmo colio] ,]„ che non era per arte magica ma per scientia et doppo questo feci stampar un libro de rneinoria sotto titolo de Unibrls ìdeanoa il quale dedicai à sua Maestà, et con ([uesta occasione mi fece lettor straordinario, et Provisionato et seguitai in quella città a legger come ho detto torsi cinq'anni. ,

    ,

    ,

    •I)

    e

    Sono cancellalo

    le

    parole

    ma

    occorrendo in certe dispute che diedi fuori

    proposi conclusioni. 2) Si

    legge qui

    la

    parola privatamente

    ma

    e

    cancellala.

    — 395-che per

    li

    tumulti che nacquero doppo pigliai licentia e con

    lettere dell'istesso re andai in Inghilterra a star <ìon

    sciator di sua Maestà che

    si

    chiamava

    il

    S.

    Famba-

    della Malviciera

    de Castelnovo, in casa del qual non faceva non che stava per suo gentilhomo, et me fermai in Inghilterra doi anni, et mezzo, ne in questo tempo ancora che si dicesse la messa in casa non andavo ne fuori a messa,

    nome Michel

    per

    altro, se

    ne à prediche per la causa sudetta, et tornando il detto Ambasciator in Francia alla Corte l'accompagnai h Paris, dove stetti un'altro anno trattenendomi con quelli signori, che io conoscevo a spese però mie la maggior parte del tempo, et partito de Paris per causa di tumulti me ne andai in Germania e feci prima recapito à Mez' alias Magonza che è una il primo elettor dell'Imperio, dove non trovando ne qui, ne in Vispure luocho poco lontano de li trattenimento à mio modo, andai a Vittinberg in Sassonia dove trovai due fattioni una de fi-

    città

    Archiepiscopale, et ó

    stt^tti

    fino \2 giorni, et

    losofi,

    che erano Calvinisti, et

    l'altra di

    theologi, che erano

    uno Dottore^, diesi chiamava Alberigo gentile Marchegiano, il quale havevo conosciuto in Inghil-

    lutherani, et in questi

    terra, professor di legge che me favori et me introdusse a legger una lettione dell'organo di Aristotele, la qual lessi con altre lettioni de filosofia dui anni, nel qual tempo essendo successo Duca il figliuolo del Vecchio, che era calvinista, et il padre lutherano cominciò a favorir la parte contraria a quelli, clic me favorivano me, onde me parti, et andai à Praga, et stetti sei mesi, et mentre che mi trattenni la feci stampar un libro di Geometria il qual presentai all' Imperatore, dal qual hebbi in dono trecento talari e con questi dinari partito di Praga, me trattenni un'anno all' Academia lulia in Bronsavicli, dove occorrendo in questo tempo la morte del Duca {maroine : quale era heretico) feci un' oratione alle sue essequie in concorso con molti altri della Università per la qual il figliuolo successore mi donò ottanta scudi de quelle parti, et me parti et andai a Francoforte a far ,

    ,

    ,

    stampar doi libri uno de Minimo et l'altro de numero^ monade et figura ecc. Et in Francforte sono stato da sei mesi in circa allogiando nel convento de Carmelitani

    'l)

    Conf. pag. 2fi del testo.

    2)

    Tra

    la

    luogo

    parola mio e doUorè leggesi la parola inglese cancellala.

    assi-

    -

    — 396 gnatomi dal stampator,

    il

    ([ualc era obbligato

    darmi

    staiìtia,

    da Francoibrte invitato come ho detto nell'altro mio co usti tato dal ser Ziiane Mocenigo venni sette o otto mesi sono a Venetia, dove iwì successe quel che lio raccontato nel altro mio constituto, et andavo à Francibrte di novo partendomi de ({ui per lar stami)are altre mie oi)ere et una in particulare delle 7 arte libei'ali con inteiitioni de pigliar (|ne>;te, et alcune mie altre opere stampate, et .-Ip' io ;i]»])r()])o, clic ,ilcmie non approbo, et andarmi a prescnlar alli piedi de Sii;i licililudine, la
    '

    ,

    \i\ «!

    ili

    li.il'il

    (]ai)il('hi

    l'alili

    erano

    nielli

    .

    eh ricali' II II

    !

    l'adri

    lÌKiri

    iiiaiiiciil

    i

    N

    (|iii

    Napulitani

    I

    la

    ii:

    I

    (|ii.-(i

    ioi ic,

    del (die à ([iieslo passati

    ijionii

    dell', n-dinc.

    ,

    dove

    ne ho li'attatocoii

    ile loi'o, d in parliciilaiv cd] 'adi'c reggente fra Donimicd da Nocera, l'adic Ira Scialino baccilier da Nocera so de die loco sia, ma é del et con Ira (iioaniu, die Regno de Napoli, d nn allro, die Ini ancora era uscito rlalla lieligi(»n(', ma pocco là ha jìigliato Thabito, che e da Atri-

    alcuni

    l

    ,

    palda

    ,

    clic

    d

    io

    non so

    il

    iioiue in religione

    cliiama dixit

    si

    ne ho parlato ci>l s.-r /nane Mocenigo, il «{ual anco mi prometteva de ainlarmi in tutto ipn che Tosse stato buono. E/ ad i/Ucr»"it dLcil ho detto, che me vedevo i)resentar alli i)iedi de sua ISeatitudine con alcune mie opere approbate, lia\ ciidóne alcune altre, che non approbo ha\"endo voluto dir, che Ihi alcune mie opere compunte d;i me e( date alla stampa le quali non approbo, perche in esse ho parlato et discorso troppo lilosohcamente, dishouestamente et non troppo da buon christiano, et in particular so, che in alcune de queste opere ho insegnato, et tenuto lllosolicaniente le cose, che se doveriano attribuir alla potentia, sapientia, et bontà de Dio secondo la lede Christiana l'ondando la mia dottrina sopra il senso, et la raggione, et non sopra la fede, et questo quanto al generale, et quanto al particulare me rimetto alli scritti, che adesso non mi soviene articulo preciso o dottrina particulare, che babbi insegnato, ma risponderò secondo sarò domandato, et Felice

    Ira'

    olirà (|ncv(i

    l'adi-i

    1



    mi

    sovenirà. Qaibus habitis cu ni liora esset

    loci'.m

    ^) Si

    suum animo

    etc.

    romums ad

    tarda fu.U

    cum monitione

    eie.

    leggono cancellale prima della parola alcune

    le

    .

    .

    seguenti tutte

    le.

    — 397 -

    X Deposizione del lesle fra DonienUo da Nocera'.

    fra

    Io

    Domenico da nocera

    dell'

    ordine de' predicatori:

    della provincia del regno: e regente nel studio di

    Domi-

    S.

    nico da naprdi: per la presente dico: come liogi 31 di magio 15'.)^ nel giorno di S. ioanne e polo incontratomi con il m. r. p. Inquisitore di vengia mi chiamò: e nella presenta del m. r. provinciale di terra santa e del m. r. provinciale di venetia: e d'altri padri mi fa un precetto: che io dovesse pore in carta si io havesse parlato ad un fra iordano di noia qui in venegia. e che mi havesse decto, Al che io volenno hobedire rispondo e dico, che un giorno di questo mese di magio proximo alla S" Festa della Pentecoste: oscianno da la sacrestia in la chiesa di ioanni e polo mi vedi fare reverenza da un secolaro quale io prima fronte non ben cognobi, poi al ragionarme venni in sicortà: che l'era un che lo frate nostro in la provincia del regno, licterato e che si dimannava fra iordano di noia: e cossi ci ritirassimo in un loco della chiesa sodecta: ove mi narro la causa dela sua partenza dala nostra provincia e dello haversi levato riiabito. a causa che ne fosse stato privato, da un p. fra Domenico vita: allora proviciale: per quello che si diceva con dirmi, di tanta regni che liaveva camminato e corte regale, .

    :

    :

    :

    :

    :

    ;

    :

    con

    li

    exerciti.)

    importanti in

    le

    lectere

    :

    ma

    che sempre ha-

    veva vissuto cactolicamente. Et io dimannannole. che faceva in vengia. e come viveva, mi dixe: che pochissimi giorni lera gionto in venegia. e che dase haveva da vivere comodo: e che teneva pensiero risoluto ([uetarsi e dar opera, a compore un libro, che teneva in mente. E quello poi con mezzi inìportanti di favore accompagnato: appresentarlo a sua beatitudine: e da quella octiner gratia di quanto l'havesse expresso per quiete di sua consciencia, e vedere al flne; di posserse ristare in roma, et ivi darsi all'exercitio licterale. e mostrare :

    :

    :

    'l)

    la

    Noi poniamo

    (|uale,

    parte dei

    come due

    già

    qui per seguire

    accennammo,

    fascicoli di cui si

    1'

    ordine del lempo cfuesta deposizione

    trovasi sopra

    compone

    il

    un foglio separato

    processo.

    e

    non

    fa

    — 398 — la sua virtù e di accapare forsi. alcuna lectura ». Questo le quanto in conclosione mi raj^ionò, e tanto io anco dico, e confesso: per la presente: scriptura e soctoscripta de mia propria mano: die et anno ut supra. Io fra DdiiKMiifo

    iiocora:

    confc^siì

    ((uanto

    soju'a

    di

    :

    XI. Viiovi

    inloiToqalorii

    il

    o.

    lanino

    iilic.ili

    «l<'L'iiM

    (1(11

    1

    nuove rispos!»* dcll'acc usalo Sua dotlrina lilosolìca





    Iriiiil,!.

    che

    n>iii

    le

    M.u'lis

    i)i('

    Assislciit(^

    111.'"^

    I).

    di

    (>|iini(iiii



    Lisia

    iloi

    libri

    pul>-

    Suo modo d inlcudcir Ario e Salicliio.

    2 iiifn>i.s juiiii

    l'iitli.

    Sclia^tiaiKi r.arliadicii.

    Corani I/lus.*n,s r/ y.v /-.".'^ />. yi'niio AposloUco, Palriarcha Vencliarmn et m alluni Rcrdu j'alre Jnqtiisilore consliluius supradiclus JonUuim Brunus educlus de ccwceriOus, dolalo siiti iurdììienlò de rcrilate dicenda. Inter.

    stampa,



    Se

    iiiciin n

    et comiK'-li.

    d

    i.i

    fiitli

    li

    liln

    ncoida

    -c

    i

    clic

    dell.-

    <'!iii

    lia

    nialcrio

    dato

    in

    dot-

    et

    trina loro. lU'sj,.

    -

    Io In.

    latte

    ini;i

    li<(a

    «le

    lutti

    li

    lil.ri

    clic

    io

    lio

    stampare, et di ancora, die ho coiniiosti, et che n(»ii sono ancora stanijìati. et clic andavo rc\cdcndo per darli alla stampa subito che io ne avevo commodità o in Francoforte, o in altro luocho, la (jual nota et lista è questa, el illam evliihnil rnanu eiusdam ut ipm dixit^ e prolenlabis fatti

    ,

    ,

    fuit scriplau), ci subscrijìtaia leuorts ut in ea, incipicns ìWm varii nostri impressi in diverse parti, et tlniens de sifjiUis

    hermetis plolomei, et aliorum, quarti sanctus Trifmnal davit regislrari in hoc proccssu K

    Non andandovi niamo che

    unita la

    lista

    dei

    libi'i

    man-

    dei (juali < cenno, noi suppo-

    sia stala trasmessa dall inquisizione di

    Venezia a quella di Honia.

    -399 liiler. il

    suo



    nome

    che sono

    stampati sotto contiene nella sucomposti da lui, et se é tutta sua

    Se tutti quelli

    libri,

    mano secondo

    et scritti a

    detta sua lista sono stati

    dottrina

    stati

    si



    tutti sono stati composti da me, et quel che si Resp. salvo l'ultimo in lista che non é contiene é mia dottrina stampato, intitolato, Be slgilUs Itermelis ptolomei^ et aliorum non é mia dottrina, ma io Fho fatto trascrivere da un' altro libro scritto a mano, che era appresso de un mio scolaro Alemano de Norimberga, che si chiama Hieronimo bislero, et che stava poco fa in Padoa m' ha servito per scrittor forsi dui mesi. Inter. Se li libri stampati sono in effetto stati stampati nelle città e luochi secondo V impressione loro, o pur ,

    ,



    altrove.



    Resp. tutti quelli che dicono nella impression loro, che sono stampati in Venetia, sono stati stampati in Inghilterra et fu il stampator, che volse metterve che erano stampati in Venetia per venderli più facilmente et acciò havessero maggior esito , perché quando s'havesse detto , che fossero stampati, in Inghilterra più difficilmente se haveriano venduti in quelle parti, et quasi tutti li altri ancora sono stampati in Inghilterra, ancor che dicano a Parisi, o ,

    altrove.

    Suhclens

    parlando tulation

    in



    ad inier.'>^ la materia de tutti questi libri generale é materia hlosohca, et secondo l' inti-

    diversa, come si può veder in essi, sempre ho difflnito fllosotìcamente et seprincipij et lume naturale, non havendo riguardo

    de. detti

    libri

    nelli quali tutti io

    condo

    li

    principal à quel che secondo la fede deve essere tenuto, et credo che in essi non si ritrova cosa per la quale possa esser giudicato, che de professo più tosto voglia impugnar la Religione che essaltar la filosofìa, quantonque molte cose impie fondate nel lume mio naturale possa haver esplicato Inter. Se pubblicamente, o privatamente nelle lettioni, che egli ha fatto in diversi luochi sebondo ha detto di sopra nelli altri suoi constituti , ha mai insegnato tenuto, 0 disputato articulo contrario, o repugnante alla fede e secondo la termination della Santa Romana Gatholica Chiesa



    ,

    ,



    Resp. direttamente non ho insegnato cosa centra la Religione catholica Christiana benché indirettamente, come

    — 400 — é stato giiidicalo

    dove pur

    Tarisi,

    in

    me

    permesso

    fu

    trat-

    de cento viuti articuli contra li Peripatetici, et altri voljjari lilosolì stampati con permissione de superiori coinè liisse lecito trattarne secondo la via (le pi-incipii naturali, n^n ]>rein(licando alla verità \\<'\ secniidd il liniic i|iial lo si possono legger et insegnare li liliri d" Ansidiclf d di l'iatone, che nel medesimo modo indirettamente sono (.idr irii alla fede, an( tare certe disputatioui sotto

    il

    titolo

    i

    (

    iiKdto

    coidi'ai'i

    jiiiì

    r dille-i. fin-

    llilildlatl

    (die

    Ilo

    unn

    cr-M.

    t'-iiiitii.

    i[ii,d

    1,1

    ri

    soiiiiiia,

    ili

    (|llev|(»

    iideiidii

    l'iairdi. et

    dl\

    liKHido

    (lue. li

    cMlil -HIP'

    11

    si

    iiii'i

    Astro

    H U

    1

    1

    1

    i

    ,

    ti'iiLio

    di\iiia

    Illa

    e|

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    1

    et SCU Za

    un

    iiiliiiilo

    n

    1

    i.

    |iole|||i;i, ,die

    et

    alili

    iiili-

    ho diehiaralo

    didla terra

    mmki

    pendi.'

    |io|ci)lia,

    >iiiiile alla

    -Ielle, le (jual

    ;i||i-e

    eli" io

    -imili a (|uevfo

    jiarl iciilaii

    l'illauuia

    altri

    ('•

    iiiliiiila

    iiide-iia della

    mondi

    et in (jiie-

    ])nò xt'dcr l'intcntion mia,('t(iu(d

    producesse un mondo Unito

    liiiili ('"Il

    si

    d.lla

    lì'.llo

    jiovscildo pro(lur o|(|;i niti,

    da (jiKd

    (•(.iiosciiili

    de coniposil ione J iiKUjiHtint,

    in j)arte

    et


    io

    |)ii^v,,|io

    liilli

    isolicaniente ])ro-

    hl<

    in

    jìaidicnlai'inente

    lil»i'i

    arficnii da ine

    li

    questi nltinii lihri Ialini da Fraiicororlc MiiliiKO^ de M(J/iad.', (/< nnniriiso^ ci '.inninic-

    rah/Uhas^ sti

    clir

    quali

    Il

    stampato

    I'

    I.

    la

    ([iiale <

    iu-

    (piale

    luna

    la

    iiiliiiite, et (die dilli

    llUllier,,,

    ipi.ili

    Il

    eosliliii-

    scono poi la unixersità inlinita in uno spazio inlinito, et questo se chiama universo inlinito, nel quale sono mondi iiiiiiiiiieialiili, di <(u-te che è doppia sorte de in[initiidin(Mle \ crso, i:iaiide/,/.;i didl'u et de moltitudine de inondi', onde iiidiri ttamente s"iiit'iid'' essere repULinata la \erila secondo 11

    la

    lede.

    in

    \'\v\\\

    Di più in (juesto nnivei so metto una previdenza universal dell;i (|uale ogni rosa \ i\"e, vegeta, et si mox'c et sta

    nella -Ila

    nei

    i

    j

    mm

    modo con

    f,

    1

    1

    i(

    me^

    ,t

    la

    intendo

    in

    due maniere,

    runa

    cui presente e l'anima nel corpo tutta in tutto,

    et tutta in qualsivoglia parte, et

    questo chiamo natura,

    bra, et vestigio della divinità, l'altro nel

    modo

    om-

    inelfahile col

    quale Iddio per essentia, presentia, et poteutia e in tutto et sopra tutto, non come parte, non come Anima, ma in modo inesplicabile

    Doppoi

    'i)

    Si

    nella divinità intendo tutti

    leggono cancellale

    le pai-oL'

    li

    attributi esser

    da quali indircUam

    .

    una

    — 401 medesma cosa insieme con tlieologi, et più grandi fllosoli, capisco tre attributi, potentia, sapientia et bontà, overamente mente, intelletto, et amore col quale le cose hanno prima Tessere, raggion della mente, doppoi l'ordinato essere et distinto per raggione deirintelletto, terzo la concordia, et simitria per raggione dell'amore, ([uesto intendo essere in tutto et sopra tutto, come lìessuiia cosa é senza participatione dell'essere, et Tessere non é senza Tessentia, come nessuna cosa é bella senza la beltà presente cusi dalla divina presentia niuna cosa può esser esenta, et in (f uesto modo per via di raggione, et non per via di substantiale verità intendo distin tione nella divinità Ponendo j)oi il mondo causato, et produtto intendeva, che secondo tntto Tessere e dependente dalla prima causa, di sorte, che non al)bhori-i\a dal nome della creatione, la quale intendo, che anco Aristotele habbia espressa, dicendo Dio essere, dal quale il Mondo, et tutta la natura depende, sì che secondo Tesplicatione de S. Thomaso, o sia eterno, o sia in tempo secondo tutto lo essere suo, è dependente dalla prima causa, et niente é in esso independentemente. Quanto poi à quel che appartiene alla fede non parlando fi losohca mente per venir alTindividuo circa le divine persone, (jncMa sapienza et ([nel tiglio della mente chiamato da (ilosoli uih'Ui'Ilo, et da Theologi rsrho, il quale se deve cre'

    dere haver preso carne humana,

    lo

    stando nelli termini della

    non Tho inteso, ma - dubitato, et con incostante fede tenuto, non già che mi riccordi de haverne mostrato segno lilosolla,

    in iscritto, né in ditto, eccetto si come nelle altre cose indirettamente alcuno ne potesse raccogliere come da ingegno (?t professione che riguarda a quello, che si può provar per raggion et conchiudere per lume naturale: così quanto allo spiì'ito divino per una terza persona non ho possuto capire secondo il modo, che si deve credere, ma secondo il modo pittagorico conforme a quel modo che mostra Salomone," ho inteso come anima delTuniverso, overo assistente all'universo, iuxta illud dictum sap. Salomonis, Spiritus Domini replevit orbem terrarum, et hoc quod continet omnia, che tutto con-

    \)

    Lc^gonsì cancellale

    le

    seguenti

    paroL

    moìià'ifo. 2)

    Vi è l'avvei'ljio solamenle cancellalo.

    :

    De quel che me

    è

    sialo

    dl-

    — 402 — forme pare

    alla dottrina Pittagoriea esplicata

    da Vergilio nel

    testo deiri^neida ipio cuoliiin, ci

    l'i'iiK

    terrns.

    Luccntcmque plohuni

    caniposciiu'

    Spiriliis inltis alil (olam([nc INlens ajiilal

    I-In-

    el

    I'MkIm

    IP

    (•ia,sciiiia

    11,1

    -|iin(M

    ella

    i

    a

    tutti

    dixi-HHic.

    -olio

    i

    in \

    1

    et

    luit.



    ima cssentia.

    ma

    ri

    alli

    y

    ^

    alla loro snb-

    altro morte, che [);in'

    -uh' iio\ imi. quid

    espressa <'st

    ([tiod

    >o-l|||,i.

    ha tennto, Santo secondo cIk;

    in elletto

    ccdi.'^titnto

    Fiirlinolo, et Spirito

    distinti pcr.'i

    |H



    rarl.iiido

    i'-oii;iliiiciit('

    di

    i

    i
    et

    secondo

    la

    deve credi persona del 11der, ho in eiìetto dubitato cii< a gliindo et del spirito santo non intendendo (pieste due persone distinte dal F'adre, se non nella maniera, cln^ ho detto de soj)ra parlando lilosoiieamente, et assiemando lo intelhdto del Padre per il IlL-'tincdo, et l'amore per il spirito santo senza cono,'>Jcer (inesto nome Persone, che appresso Sant'Agustinoé dechiarato nome non antico ma novo, et de suo tempo, et questa ojtinione l'ho tenuta da disdotto anni della mia età .sino adesso, ma in elletto mpii ho mai però negato, ne insegnato, ne scritto, ma sol dubitato tra me come ho detto rlii'i-ti.iiio '

    **

    ([iiaiilit

    o
    inse^Mialo, et «'l'cdnlo dalla citliolici cliicsa

    Ji'c'.yjondit.

    '



    intendo

    i-iM-pi

    ilottiMiia

    PadiN'

    theologia et che o^nii red
    ^

    iii-

    l'aninìa

    iicrò

    -iili

    l'Ili'

    Se esso

    d

    \i|;i, I,t(|ii,il

    la

    (|l|i'l

    (|r|riiiii\-('i'S()

    \ 1,1

    \it,i.

    noli

    .

    mini

    et ci'ede la Trinità,

    ion<'

    i

    iiii-c

    .

    iii.i.

    i

    an<-ii

    «liri'.

    Iiilerragcitus. ii.-,

    ii

    riiii-|-i"_Mt loiii-,

    et

    est ipSUni (fllod

    tn

    |ir(i\

    ni ni"i'l,i

    neiriOcck'Sia-l''

    r (IctNi

    eh,'

    |)(,|,

    |i1m<(i|ì;i

    iiii.i

    essere ininmrlak. cimih' .^tantia

    infusa per arclus

    l.'ii)

    -l'Ullil,!

    (|ii<--t(>

    It.i

    mt

    li(|ii('nto.s

    Tilaniaque astra

    liinae,

    Li(eì\



    il

    .

    t

    catliolico

    i

    Se esso constituto ha creduto

    et

    crede tutto

    Madre chiesa Catholica insegna, crede et tiene della prima persona, et se mai ha dubitato in cosa alcuna concernente alla prima persona Re!ipondit. Ho creduto, et tenuto indubitatamente tutto quello che la santa



    che ogni ledei christiano prima persona ijuello,

    Leggonsi cancellale

    le

    parole

    le

    deve creder

    due persone.

    et tener della

    — 403 — Ad

    interrogationem dixit quanto alla seconda persona che realmente ho tenuto essere in essentia una con la prima, et cusi la terza, perché essendo indistinte in essentia non possono patire inequalità perché tutti li attributi che convengono al Padre convengono anco al flgliuol et Spirito Santo: solo ho dubitato, come questa seconda persona se sia incarnata, come ho detto de sopra, et babbi patito, ma non ho però mai ciò negato, ne insiegnato, et se ho detto qualclie cosa de questa seconda persona, lio detto per refferir 10 dico,

    l'opinione d'altri, come é chi Ario, et SabeUio, et altri seguaci, et dirò quello che devo haver detto, et che abbi potuto

    dar scandalo, come suspico, che sia notato dal primo prosecondo ho detto nel primo mio constituto, cioè, che dechiaravo l'opinione d'Ario, mostrava esser manco perniciosa di quello, che era stimata, et intesa volgarmente, perche volgarmente é intesa, che Ario babbi voluto dire, che il Verbo sia prima creatura del Padre, et io dechiaravo che Ario diceva, che il Verbo non era creatore, ne creatura, ma medio intra il Creatore, et la Creatura, come 11 Verbo e mezzo intra il dicente, et il detto, et però èssere detto primogenito avanti tutte le creature, non dal quale; ma per il quale e stato creato ogni cosa, non al quale,' ma per il quale si refferisce, et ritorna ogni cosa all'ultimo fine, che é il Padre, essagerandomi sopra questo per il che fui tolto in suspetto, et processato tra le altre cose forse de questo ancora ma l'opinione mia é come ho detto de sopra, et qua a Venetia mi riccordo anco haver detto, che Ario non haveva intentione de dir che christo, cioè il verbo fosse creatura, ma mediator nel modo, che ho detto, ma non mi riccordo il cesso fatto in Napoli

    loco i^reciso se me rhal)bi detto in una spetiaria, o libraria, ma so che l'ho detto in una (h? queste botteghe raggionando

    con certi preti, che facevan profession de theok)gia, li quali non conosco, ne se li vedesse non li conoscerei, refferendo però simplicemente quel che io dicevo esser opinion de *

    Ario.

    Quibus habitis

    cum suum, animo

    'l)

    Vi é

    la

    cum bora

    esset tarda fuit remissus

    etc

    parola V opinion cancellala.

    ad

    lo-



    XII. CoiiliiiiM

    l'i



    ('<.nn,'

    l

    ^lii

    ii'io

    I



    leri/i

    liicsi di

    (

    S

    iMiliii

    S.

    llriino iiilurno



    airincariiazionc del Verbo

    li'ansuhslaiilialione

    liella

    (iiov.inni e l'aolo



    — Ki-e(|uenza

    sacramonlo della

    del

    Meiulo/a

    Studi leolo^ii

    i

    — Libri

    terano ne calvinista

    Peccalo carna'e

    — (ipiiiione di



    eretici

    l'overlà

    — l'ropone

    dicla in ilotiKt

    jiic

    Cordili ìindliini

    da

    Tilaiiora circa Ini lelli

    del

    (

    lero



    in

    al.'a



    l'eni-

    — —

    non

    lu-

    Dimoslra

    l'arijii

    — del

    (rasmifirazione

    desiderio di ravvedersi in 'l'olosa ed in l'arici


    Ilernar.iiiK»

    del

    (.n^'t)

    'li

    (lesuili

    clic

    Dei^li

    e n

    "

    \po.stoli

    di ravvedersi. ci

    !o(0 (lirccri.ni San

    J*alrc I/K/uifiS'' ci

    (illilii.

    li

    Doiiij'

    Audilore

    D. Nioilif Aposlolici ci Vicario Palriarcali .Vcncliarum hnhilo vcrha, ci ciun licenlid Clffr.'"i D. SehffIllusi.'»'

    i D(trh(i(lir-() co?isliliflu<( sìiprad Iclufi Jorddiiits del (do si hi JurauiJ'^ de ver ila la dicenda

    slidit

    I/dcr.'"^

    u

    scritti,



    'So

    olii-.'

    l'a^^iriDiiaiiK'iili

    IcciKi' dcltcì,

    (1,1

    o

    lui

    li.il.liia

    alcuna

    sci-illo

    h?'/(//H.\'^

    ilei

    alti-a

    suoi co.sa

    contra le deterniiiiationi Catliolice, et die dipettaiiienti', (j iiidiivttainente s'oppon frano alla S.i^ Sede, t (jiiaii. Respoifd'l. h» credo, elle iKdlc iiiir npi-i-.-


    I

    molte cose, (inali saranno conli-.ii i.' ,ij|,i l-'cde catlioliea, et che parimente nelli raggionanp iili liaNcrò detto cose c'iiaveranno potuto apportar scandalo, ma però io non ho detto, ne scritte queste cose, c.r jiro/esso, ne per impugnar direttamente la fede catholica, ma fondandomi solamente nelle ra giri» ini lilosotìche. o recitanrlo le opinion de heretici Ld -rr. * S.' Ini habhia scritto, o detto alcuna cosa intttrno rinraniat ione della seconda persona, et che opinione scritte

    liaMii

    in ciò

    lia\ Ilio

    --Io non ho scritto, ne meno so di ha ver mai raggionato alcuna cosa della Incarnatione della seconda persona, ma in quanto al mio credere, ho ben dubitato tra me stesso, come ho già detto nel precedente mio constituto, Uexiiuud.il

    come

    il

    Ad

    .

    verbo se sia incarnato iiderrofjalioìiem coiup-uam Respond.il

    per maggior quanto ho detto questa mattina Io dico d'haver tenuto, et creduto che vi sia un Dio distinto in Padre,

    decliiaratione

    di

    -405



    Verbo, et in amore, che é il Spirito Divino, et sono tutti un Dio in essentia, ma non ho potuto capir, et ho dubitato, che queste tre possino sortir nome di persone, poiché non mi pareva, che questo nome di persona convenisse alla divinità confortandome a questo le parole di S. Agustino che dice cum formldine xwofcrimus hoc nomea personae^ quando loquimur de diri/iis, et necessitate coacti utiniuì\ oltra che nel testamento vecchio, et novo non ho trovato, ne letto questa voce, ne forma de parlar Havendo a'oì dubitato deirincarnatione lateiTOf/atus. del Verbo, che opinione havete havuto di Ghristo? Rrspoiid'i. Io ho stimato, che la divinità del Verbo assistesse à (juciriiumanità de Ghristo individuamente, et non ho possuto capire^, che l'osse una unione c'havesse similitudine de anima et de corpo, ma una assistentia tale, per la quale veramente si potesse dire di questo huomo, che fosse Dio, et di questa divinità, che fosse liomo, et la causa é stata perche tra la substantia infinita, et divina, et Anita, et humana non é proportione alcuna come e tra l'anima, et il corpo, 0 qualsivoglian due altre cose, le quali possono fare uno subsistente, et per questo credo, che Sant' Agustino ancora temesse di proferir quel nome persona in questo caso che bora non mi riccordo in che loco S. Agustin lo dica, si che per conclusione quanto al dubio dell'Incarnatione credo haver vacillato nel modo inefabile di quella ma non già contra Tauttorità della divina scrittura, la quale dice Verbum caro factum est, et nel Simbolo, et Incarnatus est etc. Ei dictum rispondete precisamente, che opinione havete havuto, et tenete di Ghristo, poiché di sopra dite di credere di haver vacillato nel modo, et havete ancor detto già di esser stato molto tempo in dubio intorno la Incarnain

    questi tre







    tione del Verbo Resj3ondit.



    Glie il dubio, che ho havuto intorno all'Incarnatione è stato, che me pareva non tenere theologicamente dicendo ^ che la divinità fosse con la humanità in altra forma che per modo di assistentia, come ho detto già, dal che non

    inferiva cosa contra la divinità de Ghristo, et del supposito divino che si chiama Ghristo Inter Ghe opinione babbi havuto intorno li Mira-



    ^)

    Si

    leggono cancellate

    le

    parole per

    modo

    di assistentia.

    —m morte de Chi'isto, et se di ciò liabbi mai raggioiiato alcuna cusa contra le determiuationi catholice.

    culi, attioni, et



    RespoìuUt.

    Madre Chiesa

    1(1

    ho

    Gatholica,

    tciiuld si

    bene

    ([nello

    che tiene

    la Santa Miracoli ho detto maggior testimonio

    ([uaiilo alli

    che sono testimononio della divinitii, ma de essi é la legge Evangelica appresso di me, perche delli Miracoli disse il Signore et nmiora hic facleìit, et in questo me occorse ancora che benché altri fanno li Miracoli come Apostoli quelli sono in virtù de Christo, di sorte ben clie li ([ii iiilo ;iir»'sterno ellVtto pare medesimo miracolo de Christo, <

    t

    ih

    ll"

    (jucllo

    \postc»lo,

    (>

    Santo, tutta

    per altrui virlu.

    (Christo l'ussero

    diNiiii

    ho pensato, hmh

    r\\r

    d

    ]^^,'[;^

    wii, .h ltc.

    volta (jucsto jio

    i^mIi,

    d

    la p(>r pro])ria,

    li Mimcoli di non api)arenti, ne mai

    Icmii,,

    che

    n- d-.'^hilo cosa

    in

    conli*aria di

    questo

    Ei dicluni — havete ragli ioiiato mai iiiloi'iio il Sacrilicio Santa Messa e d.-H" iicMìainl.' h Mii>iiii.v|aidiatione del Corpo, <•( sangue di Chn^lo. eh,- m ([uclla si la sotto spetie della



    li

    [laiie. et villo, et cip' «'osa

    a\ ch' h mit,,.

    d

    cri'diilo in (piesto

    |iro].o>it()



    lo non ho mai jìarlato del Sacrilìcicj della Rcapondil. Messa, ne di ([nota transubstantialione, se non nel modo, che tiene la Santa chiesa, et ho iiiprc tenuto, et creduto, come tengo, et civmIo che si l'accia la ti-aiisubstantiatione del p;iii<'. et \iiio in (di'p((, et sangue di Christo realmente, et sulistantialmeiite, c(Mne tiene la Chiesa, et io non son stato alla messa per rispetto dell'impedimento della scommunica per esser apostata come ho già detto, son però stato alli vesperi, et prediche fuori del choro, et questa quadragesima ancora ho frequentato la chiesa de S. Zuane e Paulo, et de S. Steffano, et se l)ene per molti anni io ho pratticato con Calvinisti, lutherani, et altra sorte de heretici, non però ho dubitato, ne tenuto contra la trassubstantiatione del Sacramento deirAltiìr(\ ne tenuto altre opinioni loro contro li altri sacramenti, et quanto ho peccato intorno alla fede l'ho detto di sopra da me stesso spontaneamente, senza che altro me lo improperi, perché non so d'haver raggionato con alcuno queste opinioni, che ho detto di sopra, et il pratticar che ho fatto con heretici leggendo, raggionando, et disputando sempre ho trattato di materie lìlosotiche, ne mai ho comportato, che da loro me sia trattato da altro anci che per questo son stato ben visto da Calvinisti, da lutherani, et da altri bere-

    — 407 perche me tenevano da filosofo et vedeva che non me impacciava^ ne me intrometteva nelle loro opinioni anci che da loro era tenuto più tosto de nessuna religione, piutostoche io credesse quanto tenevano loro, il che concludevano perche sapevano, che io ero stato in diverse parti senza haver communicato, ne accettato la Religione di alcuni di loro Inter^i-^ — Se ha mai raggionato contra le cose da lui hora deposte, cioè, che Chisto non fosse Dio, ma un tristo, et facendo opere triste poteva ancor predire la sua morte,

    tici,

    se

    ben poi mostrò llespondil.



    di

    Io

    morire malvolontieri.

    mi meraviglio, che

    se

    mi

    facci questa

    interrogatione, non havendo mai havuto simil opinioni, ne detto tal cosa, ne pensato contra quello, che ho detto pocco (a della persona de Ghristo, che é, ch'io tengo quello che tiene

    Santa Madre Chiesa. El cum haec cliceret plurimum se conirlslavit^ repplicando, non so come se me imputano queste cose. Ei diclum havendo voi raggionato dell' Incarnatione del Verbo, che cosa havete tenuto intorno il parto della Vergine Maria del detto Verbo. RespoHcllt. Io ho tenuto che sia concetto di Spirito Santo, nato di Maria sempre Vergine et quando si trovarà, ch'io babbi detto, o tenuto contrario a questo, mi sottopongo a ogni pena. Ei cUctum. Sapete quanto importi, et di che effetto sia il sacramento della penitenza Rcspondìt. Io so, che il sacramento della penitenza e ordinato per purgar li peccati nostri ne mai mai mai di questa materia ho parlato, et ho sempre tenuto, che chi more in peccato mortale va dannato. Et ad irderrogalioneìn dixit. — Sono da sedeci anni in circa che io non mi sono mai presentato al confessore eccetto due volte una volta in Tolosa da un Jesuito, et un'altra volta in Parisi à un altro Jesuito mentre trattavo per mezzo di Mons. Vescovo di Bergomo all' hora nontio in Paris et di Don Bernardin di Mendoza et de ritornar nella Religione, con intentione di confessarmi et loro me dissero che non potevano assolverme per esser Apostata, et che non potevo andar alti divini offitij, et per questo son poi restato de con-

    la

    — —

    ^



    ~

    ,

    'l)

    Cancellate le parole qadle

    eì.

    -

    408



    lessarmi et de andar a messa con intentione però di nscire una volta da queste censure et de viver eliristianamente, et da Religioso, et quando peccavo, ho sempre domandato perdono al Sig. Iddio et me sarei anco confessato volentieri se liavesse potuto, perche di questo sacramento, come de tutti li altri non ho mai dubitato cosa alcuna tenendo lermamente rln* li Peccatori impenitenti sono (hinnati, et vanno all'inlerno.

    El dicliim mortali, et clic

    ha



    adiMKiiic ahi ici^^iiio

    11(111

    inlni'iiialidiie clic lx'sj)(),i
    immortali,

    et

    .

    li.iM.ialc

    — lo ho die siano

    I.

    tt'iiclc,

    .j"

    .1(1

    siano im-

    uir;il(ro

    come

    si

    uia dello.

    Millo,

    ci

    siili.vl;iiilie

    intellettive, et clie catiiolicamciitc

    nn corpo

    clic l'aiiinic

    -(ii-iMi

    ramine siano

    IdiLio. che Mihvi.-vt.iilc

    .

    (^(m''

    pailando non

    r;iiiiiiie

    |i;i>siiio

    da

    ma

    \adiiioo in paiadi-o, o in pui'^atorio o in liiloi'ii", ma ho hcn rau-ionatn d -c-iicndo le i"ao, ;ill

    nllro,

    '

    ,

    et

    ilicxislelite nel

    coi-po

    p..- a

    cui

    niedeiiio iinnio che e in

    un corpo essere in un'altro, ci jta-^-ar de un corpo in nn'alli-o, il che se non è vero, ])ar almeno \eri
    'illaij-ora

    Ei

    (ì«:liiin



    liavete voi Nci'salo ne slndi.j theolo;^ici, (d

    sette instrutto delle catholiche rissolutioni



    Respoiidil. Non molto, havendo atteso alla lilosofia, che questa è stata la mia prolessione FA (liclum hav(de \ (H mai \ itn])erat() li tln^jlo^'i et le determinationi da loro latle, dic ndo che la dottrina'' loi'o -

    ,

    sia vanità e simil altre }>arole oppi-obriose

    — Parlando

    de theologi c'hanno interpretato, Sacra Scrittura secondo la determinationo della Santa .Madre Chiesa; io non ne ho mai parlato, se non bene, posso bene haver detto qualcosa de alcuno particulare, et biasmato, come sarebbe a dir qualche Theologo lutherano, o d'altri heretici, ma de theologi catholici io ne ho sempre fatto stima, et particularmente di San Thomaso, le cui opere le ho sempre tenute appresso di me, lette, et studiate et reputatole, et al presente ne ho, et le tengo molto care UespoitfUt.

    et intei-pretano la

    {)

    Nella prima eJi/.ione

    2) Si 3)

    leggono cancellate

    si

    legge ineautenfe.

    le sillabe seco.

    Leggesi cancellala la parola fede.

    — 409 — Ei

    — qualB havete voi stimato per Tlieologi He— Tutti quelli quali fanno professione di

    dicluììi

    retici.

    Respondit. theologia, ma non convengono però con la Chiesa io

    ho tenuti, Ei dicium

    et

    li

    tici,

    et quali



    Romana,

    tengo per heretici havete letto libri de simili theologi here-



    Io ho letto libri di Melanthone, di Luthero, Respondit. Calvino, et de altri heretici oltramontani, non già per imparar la loro dottrina, ne per valermene^ stimandoli io più di

    ignoranti di me, ma li ho letti per curiosità, et questi libri li ho tenuti appresso di me, intendendo de quelli, che ex professo trattano de materie contrarie, et repugnante alla fede catholica, che bene ho tenuto appresso di me altri libri de Auttori dannati, come di Raimondo LuUio, et altri, che

    mai

    hanno

    trattato de materie fllosotlclic Et ad inierrofjatioaeni respondet.



    pradetti heretici, et dottrine loro, perche

    Io disprezzo

    li

    so-

    non meritano nome

    ma de pedanti, ma de dottori Ecclesiastici Cane fo quella stima, che devo, et particularmente di San Thomaso, che ho sempre come ho detto di sopra stimato, come l'anima mia, et che sia la verità ecco et amato da me che nel mio libro intitolado de Monade, numero, et figura, carte, o pagine. 89. dico in lode de S. Thomaso, quanto potete vedere, ostendens in dicto libro infrascripta verba videlicet ille oinìiis cuiuscumque Tlieologantium generis et Peripatheticoì'uin, in spctie phÀlosophaniiun honor, atque lux Thodi theologi,

    tholici io

    '

    mas Aquinas omnem. Ei dietimi

    minar



    come havete havuto donque ardire

    la lede catholica

    piena

    di

    di no-

    biasteme, et de nissun me-

    appresso Iddio Respondit. Mai ho detto tal cosa ne in scrittura, ne in voce, ne in pensamento Tnier.ii^^ Quante cose sono necessarie alla salute Respondit. La fede, speranza et charità. Ei dicium Saranno necessarie per la salute le buone opere, overo bastarà non far ad altri quel che non vorressimo, che fosse fatto a noi, et vivere moralmente Respondit. Io ho sempre tenuto, et tengo, che siano rito







    — —

    ^) Leggesi cancellato

    27



    BcRTr,

    più

    deW

    Giordano Bruno.

    — 410 — necessarie per la salute gasi

    il

    mio

    buone opere et che ciò sia vero legDe causa, principio, et uno, overo mondo Ibi. IV) Dial. primo che se ve-

    le

    libro intitolato

    de intìnito, universo, et derà, che io dico in particular queste parole olti';i multe altre cose per comproliatione, che le opere oltra la l'ode >i;in(» neces« questa spelie di Jù l/i/iosi, il sarie alla salute, dove dico, quali ime(/ nano lijjojioli a con fidare senza l'opera^ la <jtu/le u è fine de luU.e le Religioni, essere più degna di essere c.sV/r«pata dalla ierra^ die serpi^ draghi, el altri ani)nali2)ernitiosi «alla natura huìnana, perchè li poj^oli barbari per tal coniifìdenza dei^engono più barbari, el quelli die sono natural« niente buoni devengono cattivi^ cos'i persuasi, volendo io intendere qn;niri(> dico Religiosi, tali Religiosi, che cusi si cliiamano tra l-Md. lirligioiic relbrmata, essendo diibrniatissima Se «b- Religiosi Catholici babbi mai raggioInter."" nato vituj)erandnli ])ar(icuiarmente ({uando tengono entrab^ Resjìfmdit. Io non solamente non lio vituperato in modo alcuno li Religiosi per conto alcuno, et nemeno in particulare, ])ei*c'lie non liabbino entrate, anzi per il contrario Ilo biasmato quando li Religiosi pern(»nhaver entrata sono Ibrciati a mendicar, et mi xmì maravigliato in Francia bavendo veduto certi saeerdcdi andai' per le strade con li Mes-



    ^<





    mendicare Se ha mai detto che il viver delli Religiosi 11(111 sia conforme a quello delli apostoli Respondit. b» mai Ini detto tal cosa, ne tenuta, etcuiii hoc diceret elevabat inaini-, «-t ailmirabatur exagerendo, quod de bis et aliis buiusmodi interrogaretur Inter, "j Se ha mai detto, che per la mala vita dei Religiosi il Mondo non poteva durare cusi, et che ninna Religione era buona, et che ciascaduna haveva bisogno de gran regula particularmente la catliolica dando ad intendere, che l)resto si sarebbe veduto una relbrma generale Respondit. lo non ho mai detto cosa alcuna in questo proposito, ne tenuto Inter. ius Se ha mai biasmato l'uso, che tiene la Santa Madre Chiesa per conservare il Popolo che stiano nella via del Signore, et quando procede centra quelli, che se desviano dalla lede catholica, dicendo, che li Apostoli, con le predicationi, et essempij di buona vita convertivano le genti, et che bora chi non vuole esser catholico, bisogna che provi il castigo perehe si procede contra de lui non con amor, ma con torcia sali aperti à

    Inter.









    _

    ,

    — 411 — —

    È vero, che io me riccordo d'haver detto Respondit. li Apostoli facevano più con la loro predicatione, buona vita, essempi et miracoli, che con la forcia, che si possa far hoggi, non negando però per questo qualsivoglia remedio, che usi la Santa Chiesa contra li heretici, et mali Ghristiani, et da quel che ho detto de sopra, et mostrato nel mio libro, dove dico, che bisognarebbe estirpar costoro che, sotto pretesto di Religione, et riforma levano le opere et in molti altri luochi delle mie opere si può far giuditio se ho biasmato, et biasmd questa sorte de rimedij di proceder con li debiti castighi contra li ostinati ho voluto dir quanto ho Subdens ad interrogationem detto che li Apostoli operavano più con le loro predicationi, bona vita, essempi, et miracoli che non opera la forcia, che s'usa contra quelli che non vogliono esser catholici che non riprobando questo modo, approbo Faltro. Et et dicto^ Che questa risposta forsi procederebbe se a questi tempi ancora la santa chiesa havesse tanti miracoli come haveva al tempo de Apostoli, et nel suo primiero stato, ma poiché la bontà del Sig. Iddio non permette, che adesso se vedano miracoli se non di raro et persone anco tanto ritirate, che se possano parangonar alli Apostoli, non segue quel che egli ha detto per risposta conveniente però dica in (affetto, che cosa in somma ha voluto, et vuol dire lìespondit. Io credo potersi far comparatione dal presente stato al passato, et dico che quelli operavano quello, tal modo et in che et in qual modo non si opera hoggi, si bene non mancano predicatori, et persone essemplari, che con la loro bona vita, et dottrina possono facilmente indur la gente a imitarli, et credere, ma forsi é per la malignità del Mondo, et di questi tempi. Inter tus se esso constituto ha mai detto, che li miracoli che faceva Giesù Ghristo , et li Apostoli erano Miracoli apparenti, et fatti per arte magica et non veri, et che a esso constituto sarebbe bastato l'animo di far li medesimi et maggiori, et che voleva all'ultimo farsi correr dietro tutto che





    ,

    ,



    ^

    ,

    _

    il

    Mondo. Respondit.

    \) In

    luogo di

    — tal

    Extollendo ambas

    prima era

    scritto quel;

    manus

    prima di

    quello; queste Ire parole sono però cancellate.

    ,

    et

    c/te,

    dicendo che

    il;

    dopo

    di

    cìie^

    — 412cosa é questo chi é stato che ha trovato queste Diavolarie^ Io non ho mai detto tal cosa, ne mai mi passo per V imagi natione tal cosa; ò Dio, che cosa é questa, io vorria esser più tosto morto, che mi fosse sta proposto questa cosa InierMis Se parlando della dottrina di Apostoli et delU Dottori della chiesa, et del creder della fede nostra ha detto, vederete quel che avanciarete con questo vostro credere aspettate il iiimlitin. ohe ;iir liora ^•0(l(M•('t(' il premio delli vostri meriti



    liespUiuUi. — Io iKni Im iii;ii .lette (lue-tc cose, Signor mio, vedasi li mei ii|.i die heiie xmo jìi-olano non ho però, m;ii .|e|t... iw |i.Mi-;it>> tal et .lalli mei libri si può veder, elle Udii Ih. mai liaxuto tal jx'usiero J/i/c/-.'"die ojiiiiKnie ha esso constitut»» del peccato i

    -^i

    .

    ,



    della carne Inori del volta,

    Sacramento del matrimonio Quanto a questo Io ne ho parlato qualche dicendo, che il peccato d(dla Carne parlando in genere

    era

    minoi- jie.-cato delti altri,

    Ilespondit.

    il

    l'adulterio era

    — il

    maggior

    et

    in

    spetie

    peccato delcarne le-

    il

    jieccato didli altri della

    vato il peccato contro natnra, et ho fatto, che il ])eecato della semplice lòrnicatione sia tanto h-g-ieio, che lusse vicino al ])eccato veniale, (juesto si. che ho detto (|iialclie volta, et so, et conosco de a^eI fletto errori', |M'rclie mi ricordo eh'' San l'aulo dice, (|nod lornicari.i non ])os-~iileliunt Kegnnm l)ei l'ho ])erò detto per leggerezza, et troSiddeiis ex se, \andomi in compagnia et raggionando di cose otiose, o



    mondane



    InterMs mai ha detto, che la chiesa ha fatto gran peccato a constitnir jieccato (juesto della Carne col quale si serve così bene alla natui-a, et che ha i)er grandissimo merito usar con donne, o parole simili



    Io non ho mai detta tal cosa Respondit. che ben so, che è peccato qualsivoglia atto carnale, dal matrimonio in e secondo la legge Christiana, poi, parlando è moralmente et se ho detto, che la fornicatione si può parangonare al peccato veniale per vicinanza et ho allegerito questo peccato più di quel che dovevo, é stato come ho detto per leggerezza, et per trastullo della compagnia che perche non babbi creduto, et credi, che non sii peccato mortale Ei dicentihus Bominis che esso constituto non si deve maravigliare, che gli siano fatte queste interroganze, perche oltra che ve n' é al Santo Olfitio informatione essendo esso ,

    ,

    ,

    ,

    €onstituto stato

    in

    tanti paesi

    città e luoclii d'heretici

    ,

    et

    con loro, et essendo stato alle sue prediche, si può creder per le cose , che lui ha confessato che possa haver detto, et tenuto, che Ghristo non sia figliuolo de Iddio, ne se sia incarnato, et nato della beata Vergine, et che la humanità, et divinità fosse nella sola Ippostase, et <3h'habhi detto che era un Mago, et che li suoi miracoli, erano apparenti, et che non era maraviglia che predicesse la morte sua opprobriosa facendo opere male, et che la fede de Ghristo é piena de biasteme et che le Religione non son buone, ma bisognarebbe levarle, et levarli anco 1' entrate negando la transsubstantiatione del pane et vino nel corpo e sangue del Nostro Signore, et la virtù delli altri sacramenti, et che babbi no havuto efficacia dalla passione di esso Giesù Ghristo, et che la penitencia sia superflua per la salute dell' anime, et chel peccato della carne non sia peccato, et che la chiesa babbi fatto grand'errore a prohibirlo essendo tant' utile alla natura, et che insomma babbi detto, tenuto, et creduto tutto quello di che é stato interrogato, et delato a questo Sant'Offitio, però si vuol pregar et supplicar con ogni atfetto che ritornato a se, poiché ha mostrato in alcune cose di voler pratticato, et conversato

    ,

    ,

    ,

    li errori suoi, continuar a scaricarsi la conscientia, a dir la verità potendosi persuader che da esso Tribunal haverà ogni sorte di amorevolezza possibile necessaria et

    riconoscer

    -et

    espediente per la salute dell'anima sua et sopra il tutto confessi precisamente, et distintamente li errori et heresie detti tenuti et creduti contra la fede catholica , et se altre '

    ,

    volte é

    mai

    da simil Tribunali,

    condannato, una destesa confessione chiara, vera et aperta de tutta la vita sua cosi mentre che é stato nella Religione come fuori a fine, che possa consequir l'intento, et scoppo, che deve esser il fine di ogni sua operatione, et pensiero, che é di esser ricevuto nel gremio della santa Madre chiesa et fatto membro di Giesù 'Ghristo non lasciando de dirli, che se persevererà ostinatamente in negar cosa della quale siate poi convento pertinente alla fede catholica, et contra la determinatione di Santa chiesa non ve haverete da maravigliare se il santo Offltio procederà contra di voi con quelli termini di justitia, che suol et può stato inquisito

    et

    et da quale, et dove, et sopra quali articuli facendo

    ,

    -1)

    Prima diceva indistintamente^

    ma Vin

    fu cancellato.

    -414 — usare centra li impenitenti et che non vogliono riconoscer la misericordia del Signor Iddio, et quanto questo Santo Oftìtio Ila à caro di ridur con pietà, et ciu\rità Ciiristiana quelli die si ritrovano nelle tenebre alla luce et fuori della via retta al camino de vita eterna. llespoiidil. Così Iddio mi perdoni li mei peccati come ho detto la verità in tutte le cose che mi sono state dimanma ])(M' maggior mia condate et che lììi sono i-iccordato



    ,

    tentezza, et sodivi-ittiiMM' aiidan'' aiicn [xMisaiKlo

    maggiormente

    miei, et se mi occorrerà aUa memoria cosa alcuna che halihi detto 0 latto contra la fede Christiana et catholica la a'iatti

    dirò

    protesto de haver detto il giusto et de dirlo per l'avenir, -et confido di non esser mai

    lil"M aiii«Mde et cosi

    vero,

    t

    t

    convinto in altro l-:t

    cum

    liora

    aniuK)

    riiiu

    iiK'iiitione eie.

    esset tarda

    fuit

    remissus ad locum

    suum

    xiir Sogue

    inlcrro^'aforio di

    l

    Giordano

    iiruiio



    dusse* in paesi crelifi, senza alibracciarne

    praliclie



    pn»i)one di lii>ro

    il (l

    della

    Cena



    delle Ceneri

    — —

    vita ,

    the Cfili cono seguirne ]t;

    (ierolamo, eon

    li



    s-olii di

    Krasmo





    Si scusa delle

    Knrieo IV re di Navarra Libro Ario Suoi primi professi

    lngliillerra



    — —

    incarnazione del

    ;:enerazione e Si

    la

    religione

    la

    nuovamente in che senso ahhia dello di aver Verbo Sua opinione intorno alla Libro delle congiurazioni concezione delle anime Spiega perchè compose studiar Pas'r dogia giudiziaria

    hicliiara

    (hd)ilaU) dell

    Narra





    di

    lodi dalc alla regina

    Druno San Filippo avanti che

    liilinllazione del

    San

    Suo noinc

    (.lisostoriio di

    e di

    veslisse l'abito. |)ic

    Mci-(

    in

    maìlam

    iii-ii

    S

    ]oc-(j

    iiinisis Junii

    supradicto.

    Patre Inquisitore et liev^^ts dS Nuntii apostolici et Vicario Patriarcali Yenet. habito verbo et de licealia Claris, domini Sebastiani Barbadico constitutus supiradiclus Jordanus Brunus eductus de carceribus, delato sibi iuramento de veritate dicenda

    Coram

    supradictis

    domiais Auditore

    Rev.
    Illasir}

    _

    Se habbi considerato Tinterrogationi ultimarispondere per la verità se si conosca colpevole. interrogationi dette de alcuna ad Inter

    mente

    fattegli, et sia rissoluto di

    — 415 — Et fuit sibi lectum precedens interrogatorium liesterna die factum Quo intellecto. Resp. È vero ch'io son stato in loco de heretici come ho già detto , et in questo mi rimetto alli

    mei essamini;, et conversato con loro , et vivendo come facevano loro nel mangiar, et bever cibi d'ogni sorte in ogni tempo come facevano loro cioè Venerdì, et Sabato, quadragesime et altri tempi prohibiti mangiando carne come facevano loro et molte volte non sapevo se fosse ne quadragesima, ne venere ne sabbato, non havendo nel viver distintion alcuna, se non quando pratticava tra catholici, vero é che io ne haveva scropolo, ma perche pratticavo con loro, et mangiava con loro per non parer scropoloso, et farmi burlar da essi. Inter tus ~ Quid sentiat de delectu ciborum, et de praeceptis Ecclesiae circa observationem ieiuniorum et abstinentiae carnium certis diebus ResponclU. Io tengo cosa pia, et santa quanto è ordinato dalla chiesa circa Fobservantia de jeiuni, et d'abstenersi (laUa carne et cibi prohibiti nelli giorni determinati da essi, et tengo che ogni lidel christiano catholico sia obbligato airobservation di essi, il che haverei anco fatto, se non fosse stato per il rispetto detto di sopra e Dio m'aiuti, se ho mai mangiato carne per disprezzo, et quanto alle prediche di esser stato a sentir lieretici a predicar, o legger o disputar vi sono andato più volte più tosto per curiosità, et per veder il loro modo, et elo([uentia sua, che per diletto, ne contento, che vi havesse, anzi, die doppo la lettione, o sermone, nell'hora che distribuivano il pane al modo della loro cena mi partivo, et andavo per li fatti miei ne mai ho pigliato del suo pane, ne observato questi suoi riti Et dicentibus dominis, che non é verisimile, che trovandosi in fatti in diverse occasioni et luochi non babbi lui ancora fatto il medesimo che facevano loro di pigliar quel pane, se non per altro, per non disgustar, si come ha detto d'haver per questa causa mangiato carne nelli giorni prohibiti, però che dica la verità RespondU. In quello che ho peccato ho detto la verità elle in questo non ho peccato, et non si troverà mai, oltra che in simili lochi sono sempre delli catnolici, che non observano manco l'uso di essi heretici. Che Ghristo sia figliuol di Dio, et nato della beata sempre Vergine, et tutto il resto pertinente alla persona di esso Giesù Ghristo non ho dubitato, ,

    ,



    ,





    ,

    — 416né tenuto più di quello che ho detto uelli altri mei constituti et di questo so certo di non haver ra gii- io nato mai con alcuna jjersona, ma per sgravar la mia conscientia ho dotto d'aver dubitato circa Tlncarnatione divina sopra che so io non son stato ben inteso, o non l'ho ben esplicato, tornerò a dirlo un'altra volta, et é, che per esser la divinità natura inlinita, e la Immanità Unita, quella eterna, et questa tempoi'ale, non mi pareva ])roportione tale, che facesse si fattamente un snpposito, che la Immanità cosi fosse irionta alla divinità alla

    humana

    costitutione d'nn su-rirctto coni' è gfionta l'anima

    corpo proportii

    iii;i!ni''iifr

    Trinità eteriu»

    et

    ,

    in

    una

    t

    <

    in

    >i»innia (loxc se

    col

    parla della

    sini])licità aj[)])r('lKMisibile la detta

    Immanità intendeva come una cosa addita di sorte che fosse^ come un (juarto subsistente al Modo che l'Abbate Ioachino

    me

    par habld inteso, il che stante me riniclli» i)oi à (|uel tanto che ne crede la santa Madre Chiesa, et in ({uesta maniera intende\ a che la Divinità assistesse all' hnmanita de C.hristo, ne j)erò cjMichidcroi (juatcrnità con l'Abbate Ioacthino ,

    parendomi cosa indeg^na la

    di motti r in

    numero cosa

    finita

    con

    Inlinita.



    che da (piesta sua esj)licati()ne ne segue un graxe, che è che in (]iiristo vi fosse la i)erso-

    E( dicluiii altro errore

    humana. UcspoìuUL

    nalità



    Conosco, et concedo che questi et altri inconvenienti possono seguire, et non ho relferito questa opinione per deflenderla, ma solamente per esplicarmi, et confessar il mio errore tale, et tanto, quale, et ({uanto é, et s'io liavesse applicato l'animo a questo inconveniente addutto et altri che ne possono seguire, non haverei dedutto queste conclusioni, perchè posso haver errato nelli i)rincipij ma non già nelle conclusioni Quanto alti miracoli de Ghristo e delti Apostoli credo di haver risposto a bastanza, tuttavia vi giongo anco questo, che repugneria questo a quello, che intendo di esser stato denuntiato, che li Apostoli con loro essempij de bona vita predicationi, et miracoli operavano più, et facevano maggior frutto nella chiesa di quel che se vede alti tempi presenti perché lodando li ^Miracoli et Vita di Apostoli per consequenza non posso dir mal della vita, et miracoli de Ghristo suo capo, et però non ho mai detto male de Ghristo, ne della fede catholica Christiana, et manco ho detto, ne tenuto che le Religioni non siano buone, anzi le ho tenute, et tengo ,

    ,

    ,

    ,

    ,

    ,

    ,

    — 417 — per buone, et ho lodato, che liabbino entrate, et magnificato la dignità sacerdotale in tanto, clie babbi à preceder la regale come si può veder nella epistola dedicatoria nel mio libro intitolato de Monade, et numero Et circa li Sacramenti, et in particulare dell'Altare et della penitentia, non ho mai detto cosa alcuna ne tenuto opinione contraria alla terminazione sopra di ciò della Santa Madre chiesa, ne in conto alcuno ho dubitato Della fornication i)oi, et altri peccati della carne mi refferisco a quanto ho detto nell'altro mio constituto, non havendo che giongere, et se havesse detto, tenuto, o dubitato qualche cosa di più lo direi, essendo intention mia di espurgarmi la conscientia

    mia

    — Se esso constituto babbi avuto alcuna opinione intorno la creatione dell'anime et la generatione degli huomeni, et quale RcsponcUL Io ho tenuto intorno a questi particulari quella opinione, che si tiene catliolicamente. Ei dicium Raccordatevi se havete mai detto, tenuto, o creduto che le huominl ^ si creino di corruptione come gli altri Animali, et che ciò è stato dal diluvio in qua Respoìidlt. Credo che questa sia l'opinione di lucretio, et io ho letto quest' opinione, et sentitone parlar, ma non so d'haverla mai rellerita per mia opinione, ne meno l'ho mai tenuta ne creduta, et quando ne ho raggionato hò letto e stato reperendo 1' opinione di lucretio et Epicuro et altri simili et questa oi)inione non é manco conforme ne possibile à tirarsi dalli principi], et conclusione della mia filosofia, corno a chi la legge appar facilmente. lìilerr.^'^^ Se babbi mai havuto et tenuto alcun libro di coniurationi et d'altri simili arte superstitiosi , o vero babbi detto di voler attender all'arte divinatoria et altre su dette RespondiL Quanto alli libri di coniurationi , et altri simili io sempre li lio disprezzati, et mai li ho avuti appresso di me, ne li lio attribuito efficacia alcuna, quanto poi alla divinatione particularmente quella che é dalla astrologia giuditiaria ho detto, et havuto ancora proposito di studiarla per vedere se haveva verità, o conformità alcuna, et questo mio InierrJ'"'







    ,

    ,

    ,

    ,



    ,



    \)

    Dopo

    si

    legge cancellalo Anime.

    ,

    -418 — proponimento

    l'ho communicato a diversi dicendo liaver atteso a tutte quante le parti della lilosotìa , et d' esser stato curioso in tutte le scientie eccetto che nella fjiuditiaria et

    che havendo comniodità

    et otio voleva attendere a quella trovando loco solitario, et quieto, il che non lio latto ancora, et <:iamai proposto di fare se non a questi tempi incirca Liler."^ Se ha tenuto, over detto che Toperationi del Mdiido, sono guidate dal Iato, noc^ando la provvidentia di ,

    ,



    RcfipoiuUI.

    ne

    meno



    Questo non

    mie

    si

    truvarà mai neUe mie parole^

    non ho mai detto, nò che Tattioni dei Mondo si governino dal lato, et non dalla providentia divina, anzi ritrovarete nei mei libri, che io pongo la providentia et il libero arbitrio, da che se comprende come si (hi il libero arliiti'io, se opjiugna il lato I/i/cr."^ — Se nelli suoi scritti lacci alcuna iilmiIìoik^ della cena delle ceneri, e ({naie sia la sua intcntioiif UcspdmUl Io ho composto mi liliro iiititnl.itd la cena
    scritture, perche

    scritto,



    a ({ueste niateri»'.



    ln(er."'

    Se babbi mai

    cipi heretici, poiché tanto

    che

    di

    li

    liabbi lodati

    ,

    lodato alcuno heretico o Prin-

    tempo ha conversato con

    et

    qua!

    sia

    stata

    sua

    la

    essi loro,

    int(^ntione

    in ciò.

    RcspondU. cipi heretici,

    mente per lodati

    — Io ho lodato molti heretici, et anco Prinma non li ho lodati come heretici ma sola,

    virtù morali che loro havevano, ne li ho mai Religiosi, et pii ne usato simil sorte di voce di

    le

    come

    Religione, et in particulare nel mio libro della causa, principio et uno io lodo la Regina de Inghilterra, et la nomino

    I)

    Lei.'gonsi cancellale Je seguenti parole

    che Iddio.

    maravigliandosi parlicularmenle

    '

    .

    ,



    .

    — 419 Diva non per attributo di Religione, ma per un certo epiche li antichi ancora solevano dare a Principi, et in Inghilterra, dove all' hora io mi ritrovava et composi quel libro, se suole dar questo titolo de Diva alla Regina et tanto più me indussi a nominarla cusi^, perche ella me conosceva andando io continuamente * con 1' Ambasciator in corte et conosco di haver errato in lodare questa donna essendo heretica e massime attribuendoli la voce de Diva. Inter."Se babbi havuto conversatione con il re di Navarra, et confidato in lui promettendosi da lui aiuto et favore ResponcUl. — Io non conosco ne il Re di Navarra, ne li suoi Ministri ne mai l'ho veduto, et di lui occorrendomene a parlar ho detto, che non lo tenevo per Calvinista, et heretico, se non per necessità di regnare, che se non professassi l'eresia non haveria chi lo seguitasse, dicendo di più, che speravo, che ottenendo lui pacifico il Regno di Francia, haveria confirmati li ordini del Re passato et io haveria havuto da lui quelli favori, che io havevo havuti dal Re passato circa tlieto,

    ,



    lettioni publiche.

    le



    Inter. Se parlando del Re di Navarra ha detto in particular, che sperava gran cose da lui, et che il Mondo liaveva bisogno di molte riforme inferendo che la Religion Christiana li piaceva bensì più delle altre ma che aveva bisogno di gran riforma, et che non sapeva come il Signor Iddio sopportasse tante heresie de catholici. ,



    Io non ho detto tal cosa, et quando ho lodato Navarra, io non 1' ho lodato, perche fosse aderente alli heretici: ma perle cause, che ho dette di sopra, tenendo che egli non sia altramente heretico, ma che viva hereticalmente per desiderio di regnar, et io credo che sieno heresie

    ResponcUt.

    il

    Re

    di

    de catholici. later.^'-^ — Se lui hà detto di voler esser capitanio, et godere li thesori d'altri, et de chi babbi voluto intender Respondlt. Io non mi riccordo di haver detto tal cosa, ne mai havuto desiderio di voler essere soldato, ne di voler far altra professione, che di filosofo, ed attender ad altre scientie





    IrUer.'^^ Se li occorse alcuna cosa intorno le deposizioni da lui fatte, et vogli aggiongere o minuire cosa alcuna. Respondlt. A me non occorre dir altro, et mi reflferisco intorno a questo a quel che ho detto.



    \)

    Cancellata la parola anda

    a.

    -420 —



    Et cUctum Li errori, et lieresie da Voi commesse et confessate sono pur tuttavia da Voi liora abbracciate, overo le detestate.



    Respondil. Tutti li errori, che io ho commessi lino al presente giorno pertinenti aUa vita catholica, et professione re.iruhire. come io sono et tutte h' lieresie, che io ho tenute hu li;i\ iiti inforiin ;ill;i UmIc catiiolica, et alle .-II.' (^t li «lulii.i cose (Iclcrininatr dalla Santa (]liii'>a liora io le (h'testo ^ et aborrisco et ne sono [Hutito -riiavcr latto, tenuto, detto, creduto, o dubitatu di c.isa, clu' non fosse catholica, et prego (pic^td Sacro Ti lui naie i-li.' conoscendo le mie inllrmità \o.L'-li alil>racciaiaiii n-d ^mvuiìo di S. Chiesa prove
    i

    l'A

    (Ucluiii



    I'.

    o impul.dM che teinpo,

    iiniuisito,

    loco,

    ili

    lia\iiti

    --i

    pi-

    li

    ni'cc^vario sajxM' se altre ,ii

    di

    cwv,. .|„.t|;inti cii,-

    lalti.

    artiiMili.

    mai

    (•(

    d

    \

    (dte sete stato

    ^anta fede, in die

    alla

    clic

    lia\(de

    line lialdiiiio poi

    abiurato

    alcuna

    iierc>ia. U''^j,(,,i(ì /I

    tuto che

    il

    .



    (Iredo liaNcr

    mio piamo CoustiNo\ilio, pei' mettermi

    detto ind

    mi(» .Maestro (juando eia

    terrore, fece una scrittura peivlié io liavcvo dato via alcune imagine de Santi che mi riccordo che erano di S. Gatherina

    Siena, et forsi de S. Antonin se ben mi riccordo, et retenuto solamente un Crucilisso, et perche havevo detto a un Novitio che leggeva la historia d(dle sette Alegrezze della Ma•lonna, che cosa voleva legger ipe he ei'a meglio che libi ,., leggesse - la Vita dei Santi l'adri, o altro libro, ma questa scrittura il detto Maestro la stracciò poi anco l'istesso giorno et per conto di queste cose non so, che se ne sia fatto altro processo, ne scrittura e credo d'aver anco detto, che prima ch'io andasse a Roma l'anno 1576, se l)en mi riccordo, e che io deposi l'habito et usci della Religione, il Provinciale fece processo contro di me sopra alcuni articuli, eh' io non so realmente, sopra quali articuli, ne de che in particular, se non che me fu detto, che si faceva processo contra di me di heresia nel quale si trattava di questa cosa del Novitiato, et altro,
    (

    |

    *

    \) Si

    2)

    3)

    leggono cassale

    le

    parole

    et

    abiuro,

    et

    maledico.

    Seguono ma cancellate le parole altro libro. Son© cancellate le parole «7 l»rco (giorno).

    — 421 — per

    il

    che dubitando di esser messo preggione, me parti da Roma, et segui poi quello che ho detto

    Napoli, et andai a nelli altri

    mei

    constituti



    Inter."'' Io non saprei imaginarmi de che processassero, se non è che raggionando un giorno con Mont'alcino, che era un Irate del nostro ordine lombardo in presentia de alcuni altri padri, et dicendo egli, che questi heretici erano ignoranti, et che non havevano termini scliolastici, diss'io, che sibene non procedevano nelle loro dechiarationi scholasticamente, che dichiaravano però la loro

    Subdens ad

    articuli

    mi

    intentione

    commodamente,

    della Santa Chiesa,

    et

    come facevano

    li

    Padri antichi

    dando l'essempio della l'orma dell'heresie

    d'Ario, ch'egli scolastici dicono, che intendeva la generatione

    del figlio per atto di natura, et

    può dire con termini gostino, cioè che non si

    altro,

    non

    di volontà,

    che scholastici

    il

    che medesimo da Sant'A-

    riflferiti

    è di medesima substantia il figliuolo Padre, et che proceda come le creature dalla volontà sua, onde saltorno quelli Padri con dire, che io deffendevo et

    il

    che volevo che l'ossero dotti, altro non so, ne posso imaginar che sia stato processato' et fuggi di Roma, perché hebbi lettere da Napoli, et fui avisato, che doppo la partita mia da Napoli erano stati trovati certi libri delle opere di S. Crisostomo, et di S. Hieronimo con li scholij di Erasmo scancellati, delle quali mi servivo occultamente, et li gettai nel necessario quando mi parti da Napoli, acciò non si trovassero, perche erano libri suspesi per rispetto de detti li

    heretici, et

    jui

    ben erano scancellati, ma ne per questi processi, ne per altra cosa ho mai abiurato ne privatamente, ne publicamente, ne son mai stato avanti altro Tribunale del S. Olfitio, se non questo Dicens ex se facilmente si potranno haver questi processi, perché restorno imperfetti, et credo che fossero mandati all'hora al Procurator dell' Ordine à Roma, nelli quali non credo manco, che si trovarà cosa d'importantia scholij, se



    Che nome haveva esso constituto prima che Inter.'^^ entrasse nella Religione et mentre che é stato in essa Religione, et se doppo che é uscito ha sempre in tutti li luochi retenuto il nome che si chiama bora.



    Prima che entrasse nella Religione II mio era fllippo, et questo nome mi fu posto a battesmo, et nella Religione ero domandato Fra lordano bruno, il qual nome ho sempre retenuto doppo in tutti li luochi, et tempi,, RespondU.

    nome

    .

    -422 — eccetto che nel principio quando fuggi da Roma, che io ripigliai il nome de Filippo et con esso passai li Monti. Quibus habitis cum bora esset tarda fuit remissus ad locuni suuiii. ;)iiini() oto. cum moiiitioiìo etc.

    XIV.



    l'roseguo l'esame dell impiil.-ilo

    I

    iliro

    (!<•

    Sigillis Hcrnielis

    I>it'

    Assistente ClarisviiiK.

    <>l

    rtolDiiiei



    .Mocfiii^o.

    (iii»\aniii

    lidiiiiiio

    .i<'\ is

    'i

    iiicnsis jniiii

    Scli^viiaiio narbadico,

    C<jr(iiii Illi's/.f»i^ ci Rcr.'xi^ 2)."is

    Kc/ilio Apostolico Palrun-cìia Patrc Inquisitore fuit coiidnctv.fi supradicius Jordanus hrciuis educius de carceriljus^ cui fucruid relecta omnia constitula (d) ipso

    YencUarum,

    multum

    et

    licv.d''

    postqucun fneì^ud ab deldlmn In rainentiim.

    ìiabitd qìi(ie^ sihi



    ],,i, r:'^

    Havendo

    i2Jso ^ intellecta^

    inteso la rclfltinn.'

    tutti

    li

    fuil

    Aosti'i

    occorse aggiongere, o niiiiuif' alcuna cosa, o vero sete disposto approbarli, et Cduiirniai li nel modo che

    <'(instituti



    s'attrovano.

    Respondit.



    io

    Ik»

    udit"

    tutti

    li

    non voglio aggionger ma quelli approbo, et confermo nel et che mi sono stati l^-tti

    avete

    letti, et

    - Se intt»riio

    Inter.""

    coiiiurationi ha])bi

    «la

    uid conati tuti, U''

    clic

    mi

    miuuii- aiiuina cosa,

    1110.!.),

    die s'attrovano,

    l'artirulo drirai-t»' (liviiiatoria et

    dire altro



    Respondit. Io ho fatto trascrivere a Padoa un liljro Hermetis, et Ptolomei, et altri, nel quale non so se oltra la divinatione naturale vi sia alciln'altra cosa dannata, et io l'ho fatto trascrivere per servirmene nella giuditiaria, ma ancor non 1' ho letto, et lio procurato d' haverlo, perché Alberto ]\Iagno nel suo libro de Mineralibus ne fa

    de

    sigillis

    \)

    Leggonsi cancellale

    2j

    Vi sono

    le

    le

    parole

    seguenti parole

    ijis'

    ma

    confi.

    cancellate relecta^

    et

    confirm.

    — 423lo loda nel loco dove tratta de Imaginibus laho fatto trascriver a Padoa, come ho detto di sopra, et hora si trova in mano del Claris. Mocenigo Ei óÀciam In queste parti havete voi alcun inimico, o altra persona malevole et qual, et per che causa. Reapondit. lo non tengo per Nimico in queste parti alcun altro, se non il ser Gioanni Mocenigo, et altri suoi seguaci, et servitori, dal quale son stato più gravemente offeso, che da homo vivente, perche lui me ha assassinato nella

    mentione, et

    pidum,

    et

    1'

    — —

    robhe, havendomi lui carcerato occupandomi tutte le mie scritture, questo ha fatto perche non solamente

    Vita, nello honore, et nelle

    nella sua casa propria, et

    robbe, et voleva, che io li insegnasse tutto quello che io sapevo, ma voleva, che io non potesse insegnarlo ad alcun' altro et me ha sempre minacciato nella vita e nell'honore se io non li insegnavo quello che io sapevo Quibus habitis illus."' et Rev.^ì Domini mandarunt ipsum libri, et altre

    suum animo

    reponi ad locum

    etc.

    XV. Audizione del Icslimonio Andrea Morosini. Die Marlis 23 niensis junii \o^2.

    Assistente Glarissimo

    Corani

    domino Thonia Mauroceno.

    Rev»'" B. D. Palriarcha Yenetiarum Inquisitore ac Reverendo et ExAuditore 111.'"^ et R."'^ D. D. Nuntii Apo-

    IUustris.'"'> et

    multam RevAo Paire cellJ^

    domino

    stolici

    Yenet.

    dom. Andreas Mauroceno dom. Jacobi habitans in confinio S. Lucae, delato iuramento de veritate dicenda Inter."^ Se conosce un certo Giordano bruno Nolano^ Citatus comparuit Glarissimus

    f.

    Claris.»!'

    sibi



    che sati

    che alli giorni pasera qui in Venetia et pratticava in casa del Claris.™" ser

    fa professione di fllosofla et littere,

    Zuane Mocenigo \ \)

    Cancellalo

    et

    nella Acca.

    — 424 —

    Respondlt. ' Dirò a Vostre Signorie quanta cognitione, che io babbi liavuto di questo, che Vostra Sig.» mi nomina, la qual é, che già alcuni mesi essendosi sparsi per le librarie di Venetia certi libri di lilosoria sotto nome di questo (TÌordano bruno, et essendo molto nominato per homo di varia letteratura, capitò per quanto intendo qui in Venetia, et Gio. battista Siotti libraro

    disse a diversi

    gentilhuoniini, era qui, et che se voviMiire a casa nostra dove spesso

    me

    et a

    in particulare, che ({uesto

    homo

    levimo lo averebbe l'atto sono soliti ridursi diversi gcntilliuoiiiiiii, ot anco Prelati à trattenersi in raggioiiamcnti di littcro, d principalmente di Ilio so ti a

    volte

    :

    io

    li

    dove che

    dissi

    lo

    cìn-

    lacesse venire,

    rag^rioiiò di varie cose,

    onde

    come

    si

    vi fu diverse^

    costuma, però

    di lettere, etc.



    Suhdciis ad ndcr.'" Io non ho mai possuto sotrarre dalli suoi raggionamenti che lui liavesse ninna (q)inione contro la fede-, et in (guanto a m*- i(» l'ho seinpi-e tenuto per catliolico, et (fuando liavessc li;i\ iito un iiiiiiiiiK» suspetto del con,

    trario, et io

    non

    rilavera

    i

    mai

    iiciiiiesso,

    che egli IbsSe en-

    trato in casa nostra

    Super generalihus

    reete, aelalis

    ;iiui.

    '.)~).

    H. G.

    XVI \;;,r,r

    ,

    I

    icl ii r:i/ ,

    i

    .n,

    i

    r|,.|

    |,..|,.

    (,i

    im!.;i!!i<'a

    Ciollo. (licla.

    Corani siqjradicds cilai.us coìnparuii doniinm Jo. Bapla Ciùtliis q. d. AnloniJ Senensis Ubrarius ad imigne Minervae, de co/i/ìnio S. Bartholomei^ delalo sibi lurjo aie.



    Se si raccorda, che pochi giorni sono é stato In/er."^' essaminato à questo Tribunale, se si ri ccorda sopra che fu essaminato Rcspoiidit. Deve essere circa un mese, che mi riccordo, che fui domandato qui, et fui essaminato sopra un certo Gior-



    gi

    Cancellato Io conosso.

    2)

    Cancellalo perchè non

    si

    e.

    — 425 — dano bruni clic ha in stampa diversi libri de tìlosofia, et mi domandato in particulare alcune cose pertinenti alla fede et alla Vita, et costumi de detto Giordano, et dissi insomma quello che io sapeva, come si potrà veder dal detto mio es-

    fu

    samine, al qual mi rimetto. Ei cllcium^ se vole aggionger, o minuire, o se gli é sovenuto cosa particulare circa la Vita, et costumi de detto Giordano. Rcf^pondit. Io non ho da dir altro, se non che un giorno dimandando io nella mia bottega nel principio del mese di Maggio a detto (Giordano, che ojiere che laceva, mi rispose, che l;ire\ un liliro delle sette arti, l'omito questo, voleva fare un lil)i(), et poitarln à presentar a sua Santità, ma non mi disse, che libro voleva che fosse ne a che ti ne né à che etietto volesse far questo, solo me disse, so che sua Santità si diletta di littere, et voglio far questo libro,- et andar a presentarglielo Supra geiieralibus prout alias etc.



    ;i

    XYir. S'in'eiTOga ancora il

    il

    Bruno; sue ultime

    tlelinitive

    desiderio manifeslalo di ritornare in

    Sue relazioni col Vescovo di Bergamo Col p;ulf.' Mons gcstiila pure spagnuolo

    perdono

    ;ii

    risposte



    Riconferma



    grembo alla Chiesa Caltolica Con l'amlxiscìatore spagnuolo Accademia Morosini Chiede

    — —



    suni linidiei.

    Die lovis 30 ììicmis Julii 1592 assistcntlbus Cfar.'"^'' Dominis loannc Sajjcranllo, et Thoina Mauroceni. Coraiìi

    r/lifs."i^

    llcrjio

    et Rev."'o j)^ x).

    Palriarcha

    Yenel.,

    pdJi'e Inquisitore et Rev/io ac excclj^

    muUum

    D.'"^

    Audi-

    tore et locunitenente Illus:»^ et Rev."'^ D. D. Nimtii Apost.

    constitatus supradictus

    Jordanas edactus de carceribus, dicenda etc. tactis

    delato sibi innimenAo de veritate jjrout etc.



    Se havendo havuto commodità di pensare se meglio la verità raccordandosi facilmente meglio bora di quello che si é riccordato nelli altri suoi Inter.

    sia rissoluto di dire

    constituti. 28



    BiiRrr,

    Giordano Brune,

    i

    — 426 — —

    Respondit. Signori Io ho pensato, et certo non mi occorse altro di dire o di aggiùngere aili mei constituti, perche

    secondo l'ordine delli luochi, nelii quali sono stato, et le atche io ho fatte in qiu'sto tempo della mia apostasia mi pare a pieno secon
    mei

    constituti.

    Ei



    dfc-tìun

    de

    tanti anni vi rende molto disprezzato cos'i longamente le ceii-iiK'. l'iide potrebe esser, chi' havesti havuto sinistra opinione in altri aith iili, <'li'' «li Hi avete deposto, però remosso ogni i-ispt ito jintrcl.', ri duNictt' ora espurgare la vostra conscientia

    suspettu

    l'Apostasia

    Fede havendo

    s.

    rlrll.i



    Respondit. A me pare, che li johculi che ho confesquel ta!it(» he jio espresso nelh' mie sei-ilhire soili-

    sati, et

    eiefiteniente

    «

    r

    j

    tanto

    i

    .

    n

    l'

    i-t i;i

    m

    1(

    1

    1

    1<

    >

    mpni-fnnt

    Ti

    i-(Mil''--<

    I.

    ia

    de]

    min eccesso, et per,|(. non haver (lata

    et ric iMinv,-,,

    medidcre sospitione de hei-esia ipiesto ancoi'a dico che e la verità, che sempre l)^ ulo rimorso n(dla conilni-m.ii mi, henelie c(M'cava ccd ])in scientia, et intentioiie di ilettiiai- questo, )'ifug(^ndo ancora d facile modo et sicmo di ,

    <

    \

    ((liei

    i

    '

    -tietlma (hdl^dtedienza regulare, etcirca (luesfi cose ])er Ianni grato a Sua Santità, onde potesse impetral e di x ix .'repin liberamente, che si potesse in stato catindico, et i-(di;:ioso, di s(»rte die per le cose allegate, et altre, che si potrebbono conoscere tegno per fermo, die non si di<e(.pi-ii'à di^preggif) della Religion Catholiea pili tnvtn ,-||,. d' riL'oi' d.d s. nilitio, (4 amoi-e de liberta Noli pare, che simil dispositioiie di tornar Ei dicivììì. alla Santa Fede sia stata in \ oi, p(dche in Francia, et in alti luochi .catlKdici dove per molti anni sette stato non havete procurato di trattare con alcun f'relato di Santa Chiesa di ritornare aHV)b(^dienza, et alla verità della fede catholica, et tanto pili die ^('nuto in \enetia non solo non havete scoperto siniil dispositione, ma insegnato ancora dogmi, etdoti-itoi'iiare alla

    tem])i lo inettexa in ordine alcune

    I



    i

    ,

    trine false, et eretiche.



    Reapoadit. Io già ho detto nelli mei constituti, che del mio ne raggionai con .Monsignor Vescovo di Bergamo Nontio in Francia, al qual fui introdutto da Don Bernardin ]\Iendoza Ambasciator Catholico conosciuto dame nella corte d'Inghilterra, et non solamente raggionai con Monsignor Nontio del caso mio, ma soggiongo bora, che l'ho pregato, et ricercaso

    j

    -427 — Roma a sua Beatitudine, ricevuto nel gremio della chiesa catholica, et che non fosse astretto à ritornar nella Religion, et vivendo alFhora Sixto. V. il nuntio diffidava di ottenere questa gratia et non volse scriver, offerendoce però, che volendo io tornar nella Religione haveria scritto, et aiutattomi, et poi m'indricciò ad un F*adre Jesuito, che mi son ricordato che ha nome il Padre Alons Spagnol il qual vivendo ve ne potrà far fede, et con esso trattai il caso mio, et lui me ressolse, che era necessario ch'io procurasse l'assolutione dalle censure dal Papa, et che non si poteva far di meno, ch'io non tornasse nella Religione, et fui ancora avertilo da lui, che essendo scomunicato non potevo assister alli divini Offitij, ma che potevo bene andar a udir le prediche, et dir le mie Orationi in Chiesa. cato istantemente, che ne scrivesse a et

    impetrarmi

    gratia, che

    fosse

    In Venetia poi doppo ciie son venuto non ho mai insegnato dottrine, ne dogmi lieretici, ma solamente ho discorso con molti gentilliomini di cose di hlosolia come da loro medesimi si potrà haver inlbi'matioue anci quando è occorso raggionare di Germania, o d'Inghilterra io ho biasmato il stato (hUla Religione loro come profano, ignorante, et pernitios(j alla Republica, et ancora ne ho scritto in diversi mei ,

    ti-attati

    come

    veder in

    lio

    detto

    nelli

    altri

    mei

    constituti, et

    si

    può

    bene a Yenetia non lio procurato l'absolutione dalle censure, io non era però lontano dalla dispositione, che ho sempre havuto di ritornar alla chiesa catholica, ma dissegnava di ritornare in Francolbrte per far stampar alcune mie opere delle 7 arti liberali, et 7 altre arti inventive, et dedicar queste opere al Papa, et così gratificarmi, et operar che con qualche modo straordinario fosse ricevuto nel gremio di S. Chiesa in modo che potesse ancor viver nel seculo religiosamente extra claustra, acciò ritornando tra Regulari nella mia Provincia, non mi fosse rinfaciato che io quelli, et se

    fosse stato Apostata, et cosi disprezzato tra tutti.

    El

    diclìiììi.



    Voi

    che se pigli infbrmatione dadinon si trovarà che voi habbiate ma solamente discorso di materie

    dite,

    versi gentilliomini, perclK»

    ,

    insegnato dogmi heretici, fllosoflche, et pur consta dalla depositione d'alcuni, che havete fatto il contrario insegnando dottrina falsa. ResponcUt. Dall'accusator in poi, che credo é il Sig. Zuane Mocenigo figlio del Claris." mes."- Antonio, non crederò, che si trovarà alcuno, che possa dire ch'io habl)i insegnato



    dottrina falsa, et lieretica, ne Ho suspitioiic che aleuii altro possa dir cosa alcuna contra di me in materia della Santa lede. Ei dtchim. In clie lochi, et con quali ^ciitilnonìini liavete voi trattati! «Iella professione de littere





    Rcapoiidll.

    che

    si

    fa in casa

    In

    dd

    Imi

    de littere neirAccadeniia Andrea Moresini, che credo

    ra«r;2:ionat(»

    Claris.» Si^^

    -npra Canal Crande, ipd ipial (•(tn\-eiii\ aii(> molti litlcrali,el Im i-;i:ìhÌ,i]i;,(i, ;iiic(ira in alcune ,'t mu-ci nl( le jier-diH- jiailieulari. perche libi'ai'ie, ma imn non ho conosciuto, ehi los^ei-o a S. f.iica

    stia

    «j'eiit

    i

    111

    iiwiii

    i

    111,

    (•(

    Ki (liclmn.



    i

    K necessario che

    in"ll«i

    vi l'accordiate d(d stato vosti'o, p
    et

    heiie consideriate

    lie p, r

    loiiiiO

    spatio di

    anni <elc stato AjH.-lala -(.Ihipo-to a censure, et pratlieato jxT lochi ili liei-riici, l'iid'' laeilmeiiie jiotreste esser innlti

    Reo

    in altri artii uli, et atlioni idtra ([mdli espressi nelli altri

    \osfri coiivtitnti, l'ilani'Mile i;<

    jiei'ò

    \(i-(ra

    1,1

    >:iiOn(l ti

    .

    dispone!. 'NÌ

    farlo )»er esj>ur;^-ar de-

    a

    cnii-ci-'iilia

    iMh'i

    c^ser cll'io

    tanto

    ìn

    c((r
    tempo

    ancor errato, et de\ialo dalla S. (Ihie-a in altre maniei'e di ([nelle ho «'Sposto, et che me rovi ancora ilhnjuealo in altre censure, ma se bene io ci Im jn-ir^alo molto sopra eoii!'e-
    t

    .

    miei pronlane'iite, et son (jui -Ire lllu-ti'i<
    iielb'

    t

    m.ini delle Siji-noiàe

    remedio alla mia salute, del pentimento de mei mesfatti non jxdrei dir tanto ([iianlo e, ne esprimere efricacemente come desitlerarei. animo mio. P()s(rfii((,/t f/ena/lexHs dicU. Domando humilinentc prrdoiio al sii:. Dio, et alle Sifrnorie Vostre lllus.""^ ih' lutti li errori da me commessi, et son qui pi'onto per e>se([uirc quanto dalla loro prudentia sarà delil)erato, et si giudicarà l



    espediente alTAnima mia Et di più le supplico, che mi diano, i)iu tosto casti^-o che ecceda più tosto nella «iravità del castigo, che in far dimostratione tale publica dalla ([uale potesse ridondare alcun dishonore al sacro abito della Religione, che ho portato, et se dalla misericordia d'Iddio, et delle Vostre Sig. 111us.'"miiì sarà concessa la Vita prometto far riforma notabile della mia Vita, che ricompenserò il scandalo, che ho dato con altro et '

    tanta editlcatione.

    'I)

    ranc(.'lla[o

    rjruve.

    — 429 — Postquam Sanctum Tribunal eidem iniunxit, ut elevetur postquam pluries eidem iniunctum luit

    a terra,



    Vi occorre per bora dir alcun' altra cosa No mi occorre dir altro Tunc Sanctum Tribunal acceptatis et mandavit ipsum reponi ad locum suum animo, etc. Relectum confirmavit' Inter

    Hesponclit.



    Pratiche dì lìoma coi Governo veneto

    V estradizione

    per

    Giordano Bruno.

    di

    XVIII Letloia del cardinale di si

    ordina

    la

    S. Severiiia al

    consegiia di Gioi'dano

    Sanlo Tribunale di Venezia, con cui al governatore di Ancona.

    Bruno Die

    Assistente Glar.mo

    Sanctum Tribunal gregationis Gardinalis

    in S.

    ,lo\is

    M

    scpiembris '1392,

    d Tboma Mauroceno.

    executionem litterarum Illus.™e ConSeverinae diei 12 mensis supradicti

    nomine Sacrae Gongregationis Supremi Tribunalis

    S.

    Oflìtii

    Romae mandavit dictum Jordanum brunum quam primum transmitti ad Rev.

    Gubernatorem Anconae ad

    mittendi postea ipsnm ad S. Tribunal iuxta formam dictarum litterarum Con questo documento termina

    il

    secondo

    efltectum trans-

    Inquisitionis.

    fascicolo

    degli

    atti

    Romae del

    pro-

    cesso.

    'i)

    Con quello documento il processo finisce. Noi applichiamo pure ai doillustrativi che seguono il numero progressivo per facilità di citazione.

    cumenti

    i

    - 430 —

    xrx. (Archivio

    Il

    Slald

    di

    hnsla

    paliiaiiM coi

    irli,

    '

    \<'n(

    iiicniln'i

    <.o||i-i,,

    in

    in

    Salilo

    zi;i.

    I

    lli/j.»

    pi-oci^^d

    .

    anni

    r>92-f.')
    fiM).

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    .

    r.

    -iai.a

    I

    >v| laili/ionc drl

    Oiicxia

    -

    Saiiscvciina

    ai(l.

    (

    iriliiinalc licll hn|iiisl/ionc in

    ilei

    (Imiiandano

    e



    «

    (Iciin.inda Il

    i|ic

    |iiiii

    i

    cinvia \('n;ion()

    N

    llniuo conic aillorc di

    lilu'i

    per ordine spedilo da

    illa

    l

    linieri

    rlic

    |-i.s|>o,sf

    ci a\ l'clilic

    prli^alo vu|„M.

    2S s.-llniihrc

    \'i'imt(t tl<

    l

    ndl"

    et

    •luisitiii-

    il

    >;iii(u

    al

    t'|-diiic

    (li

    (li'lln

    uiilo a

    lai-

    sti'issinii

    li

    indie

    \ai"si

    Venezia

    Chii-.'"

    as
    C()llo^no

    I"A'C('ll(Mitissinio

    l'atriai'ca di

    l;."

    Tli(iiii;i-M

    vi--.

    Ti-iliunale di'lla

    .M(iiisÌL'-!iiii-

    >a])t'ri' t,n(»riii

    a

    di

    (jiiesta

    città

    drpulatr da .\'(da,

    ,

    libri, nei

    e[

    pai

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    ,

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    \

    r-

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    al

    s<'i-\iti(t

    iiii|iiilal(»

    lia\ e!id(»

    di

    iii.ii

    eoiiij)ost(

    Ke-iiia di in;i-hilten-a,

    iirimdpi iieretiid, sci'iveva alcune eo.se concernenti il della reli^none , che non convenivano, seljen e^li

    (ilar

    ])ai'la\a stattt

    (jiiali

    diedi

    era

    (iiLtavia tro-

    initn

    rit-

    Si^'iiOfi

    Disse

    :

    l'alriarc.i

    (jm-ti

    a

    et

    dello Santo Utìieio, (iioi'daiK» lli'Uie. Sdid di li'Tetici» ma alien di liei-esiarea iii\ t'r>i

    min dei

    liii|iii-iliiiiic

    passati esser stato

    iJi-i;.''ioiii

    H.'" l'adi'e Iii-

    il

    Mmin-vÌhì

    Hev.™^' M'Mi-.

    Sua Serenità

    Moiisi^^nioi' \'icari()

    con

    iiisieiiìe

    i:,!)2.

    lilostdicanieiite

    prima

    ;

    et

    che

    costili

    era Apostata, essendo

    Irate i)t»minicano, (die era vissuto inolt' anni in

    (ienevre et In^diilterra, stato in((ui
    et

    ehe

    medesima

    in

    \a]M.li, et

    altri

    Inochi era

    che (èssendosi lllii-lris-iiiio Santa

    imjtutatiniie. et

    saputa a {{olila la pri^iuiiia tli costui lo Severina su[tremo Inquisitore haveva si-ritto, et dato ordine, che lasse inviato a Roma et lesse un capitolo di lettere del detto R.'">^ Cardinale scritte airinquisitore in questa città, con ordine che (|uesto Reo sia mandato con prima sicura occasione d" buon passajrgio in Ancona, di dove quel Governatore haverà poi pensiero d'inviarlo a Roma. Soii"giongendo esso M(jnsi^Tior Vicario, che ciò non si era voluto lare senza prima darne parte a Sua Serenità et a questi Sij^nori Eccellentissimi, alTineche diano quell'ordine, che stimeranno a proposito, et che staranno aspettando di ,

    -431sapere ciò che doveraiino rispondere a Roma, pregando di questa espeditione, poi ché vi era pronta la occasione di mandarlo sicuramente. Le fu dal Serenissimo Principe risposto, che si era inteso quanto haveva esposto, et che questi Signori Eccellentissimi la qual vi haveriano sopra la conveniente consideratione gli haria poi fatta sapere, con che partirono K ;

    XX (Roma Il

    padn»

    ritorna

    In(|iii.siloi'e

    Qiie.slo

    Fs^iosizioni ])('r

    ^o80-^39i,

    sapere

    risponde die nidia ancora

    si

    la

    filza

    3).

    fleliberazione del



    Collegio

    era deliberalo.

    Venuto poi l'istesso giorno il dopo disnare il sopradetto Padre Inquisitore alti Eccell.™' Sig.""' Savii, che stavano consigliaiKh), disse alle loro Signorie lìì.^^ che era venuto per intender quello che si era risoluto sopra il negotio trattato mattina di mandar quell'hoino a Roma, perché havevano una barca, che stava per partire. Fu dimandato dalli Sig.'' Savii al Padre Inquisitor quanti giorni erano che haveva quest'ordine Rispose che la lettera era dell'ordinario passato, non di

    la

    quest'ultimo.

    Et fu soggionto dalli Sig.''' Savii, che essendo la cosa di et consideratione, et le occupationi di questo Stato molte, et gravi, non si haveva per ancora potuto farne risolutione et che Sua Reverentia poteva per hora licentiar la barca. Rispose che così fòria come era il volere delle Loro

    momento,

    ,

    Sig."-"-

    ,

    lllus.'"« Al niai'gine

    :

    .lordano

    E più sotto:

    'I)

    « Vicario di Monsignor Palriarcha per mandar a Roma Bruno ricevuto ali Inquisilione ». «

    Leda

    Leopoldo Ranke fu

    il

    Rogalis die 3 odobris Vó92

    primo che annunziò quesla serie di documenti, due primi, che poi \ennero ripi'odotti da

    e ne fece di pubblica ragione

    i

    Cristiano Hartliolmèss, nella sua biografìa del Bruno, li.

    Kulin credendoli

    ».

    infditi

    li

    ristampò con quelli

    eccezione del Documento vigesimo secondo.

    l

    Itimamente

    il

    signor

    che qui s.'guono

    ,

    ad

    — 432 -

    XXI (\r(lii\i.i Il

    Senato di*i

    s

    'J

    sl.i'd

    (li

    in

    llidua

    \ciit/.i;i.

    riliiiiialc

    \

    eliclo se si

    lUnitilo

    (<

    ^

    IIK

    i

    lattaci

    JHT

    I

    ^.

    l'art'

    por occasione

    di

    i)n';;iiuli/.io

    airaiilorilà

    concodossc rcsiradizionc del Hruno. Vó'.i'l.

    AlV Amhnscinltir

    'liiSO-I.SMi, filza 3).

    i;>j)i)si/.ioiii

    iinhasrialore che (omcn'blic di

    ri\c

    3

    olloliic in

    l'iciiatli.

    a lioind.

    niiiiii.ssis)

    rifli icsla

    ill^trilttinlic \(i
    tlcirimpii-ilicii''

    Ti'iliiiiiali'

    lia\

    l('lt«'i-t'

    iil<'

    dairill.'""

    «li

    (|ii.'-|a

    >aiila

    cilla

    Si'\criiia

    porcile sia iiiaiidatii a Ivoiiia uiiu (iidrdaiiti lii iiiin ritcìnild in quosto pri^noiii di (»i'diii(* di esso 'rril>uiial<-. i:t pi icIk' ijiirsia intrtidu ttitmo di

    esser ositediti

    mandar

    i»«'r

    (t<:ni

    di



    li

    ritenuti de qui, elio de\en(j

    ra^nono da

    (|uost(»

    istesso Tribunah^

    dove si riteii^nMio, et si IVii-inano li j)r(icessi apjxn-tarebbe molto pre^Mudieio all'autorità dei iiiedesinìo 'rribunale, con un cattivo essenijiio

  • I'

    nostri: sono stati considerati al l'adie liKjui-itor questi nostri il qual ha diniM-li'ato di restarne capace deverà scriverne da sé a lémi.i et coiisideiai- hillo ciò al sopradetto Cardinale por larld acquetare. Del he lutto lial)biamo voluto intbrmarvi alìine che so e ne i'h^m- ])arlato,

    giustissimi rispetti,

    et

    .

    \

    ,

    possiate l'ispondor

    opportunamente

    nella istessa sostanza, di-

    lendendo la iriurisdittione del Tribunale forme a quanto è sopradotto. 4-

    117



    0 Al basso

    :

    E prima:

    o

    Cazzadi papalisU

    di questa città con-

    -i

    Le?la Collegio die 3

    oc'.ol.>i-is

    ^o92

    »

    -

    433

    -

    XXII. (Roma Delihorazioni

    tiel

    Senalo Vò^2,

    filza ^o).

    (Oiiìniissis).

    Di.spaccio

    Aml)ascialoi'i a

    degli

    l{oma

    'lo!l2,

    iil/.a

    30, carU' TI

    t.

    (Onimissis).

    Di

    -io

    lioiiia

    o(lol)re ^1592.

    Quello, che la Serenità Vostra commanda, che si dica circa di Giordano Bruno ritenuto per la Inquistione di Venetia, si lascierà (jui in mano delTAmbasciator ordinario,

    la

    persona

    dimandato risponda conforme al volere della Serenità Vostra. Et in evento, che a noi estraordinarii fusse detto alcuna cosa che non credemo, si risponderà in conforaccioclie essendo

    mità.

    XXIII [1

    Niin/io di Sua Santità capono coni' gravi carichi

    — Il

    Aggiunge

    clic

    Colhv^io difende

    pi'sinj sopra

    il

    Bruno

    gindi/io di liu è di sp-llanza della Inqiii.slzion:^

    il

    i

    diritti del

    i

    rihiinalt;



    veneto.

    22 decembre

    'i;;02.

    Venuto nello Eccellentissimo Collegio Monsignor Nontio Sua Santità... Passò poi a trattar del frate Giordano Bruno da Napoli che si trova qui retento per la Inquisitione, esponendo le sue colpe, che sono Tesser Apostata, haver scritto et publicati libri Heretici, con haverne stampati alcuni che parevano stampati in Venetia, seben erano stampati in luoghi di

    Heretici, fuggito prima di qua, poi da Napoli come inquirito. L'esser stato in Ginevra, in Francia et in Inghilterra, conver-

    sando con Heretici sempre,

    et facendone aperta professione, et publico Heresiarca, et non già intorno ad articoli leggieri ma intorno alla Incarnatione del Salvator nostro, et alia Santissima Trinità, che constando ciò chiaro

    Tesser in

    somma ,

    -434per giustitìcate prove et volendo S. Santità liaverlo di là a Roma, per espedire il processo che é stato l'ormato in quella Santa Inriiiisitioiic coiitra di lui, prega Sua S(M'enità ad esser :

    content.i di

    jici-iiirllci-,

    la

    li.iMiia

    che costui sia cdiidiithi a Uoma, acciò suo luoi,i!iniri Ambasciatori. Disse il Clariss.iuo Sig.r Procurator Donato, die liebbe oriliiii' (lairKccellentissimo Senato di parlarne con Sua Santità, '•(line lece, adduccndole la osservanza di ijiicslo Santo Triijius(iti;i



    bunale, elio li

    i-ti'aiidM

    <'

    stata

    liii(in;i

    nicdcvi ma,

    s«'ini)i*('

    -inv(iti;i.

    il

    (naa

    di,,

    iriudicar

    di

    che


    cim

    «li

    (jiia

    ])rcseiitc a ({ucsti

    l'ci

    li

    ran(|(.i-ila

    (Il

    S.

    ,

    aduliSantità

    giudicii et iu-

    Nnntid. insieme con gli altri del Santo Ti'ibnnalc: nnn |iarcn
    rillu-t.iia.

    ,

    (

    >

    ;

    che

    atdiidine restasse ))ei- alPliora (luieta, se ben dapoi ricorib'' di (piemia cd-a alli A iiTnasciatori avanti (die Jiartissei-c da lenna, (d (die la cova >la\ a in (jiiesti termini, ikui essendo-i lino bora l'alio altr(.. (d

    tdie pai-se

    di

    qiie-t(i

    i;i-]io>.e

    S.

    l^

    Ndiilio. (die c(i>tiii e

    il

    >tato. (die

    Koina per

    le

    Na poi prima

    i

    fa lu

    in

    ».

    (

    d iKiii

    suddito

    NajKdi, et poi a

    sopra (bdte c(dpe. (die j)in dì due cstraord iiaid i, c()ine (jiieslo, si erano

    t:ra\i>siiiie

    \(d(e

    (lo/eiie di

    ]H"Ocessat(»

    In

    ili

    l'asi

    i

    Santo Tribunal di Roma, capo et snperior a tutti i:li altri. Cile se costui l'osse semplice frate, et che il Papa lo Volesse a Rnma lum si doverebbe negarglielo; et tanto manco essendd jmldico leresiarca convinto, et imbrattato aneli di molte altre pessime ({ualità, delle quali jicrò non parlava: pertliè parlaNa solo delle cose concernenti la fede.

    mandati

    li

    r(d

    al

    ,

    1

    Non

    esser dubbici (die urlìi casi ordinarli, quando s'iuquirisce, forma processo ([uì si de^ello li rei spedir qui. ma non in un caso simile di tanto momento, nel (|uale la Inquisitione ha cominciato a formar processo in Napoli, et poi in Roma. Essendoli risposto in line che questi Eccell.™i Signori sarebbono insieme et che si desiderava di dar sempre a S. Santità et

    ,

    ;

    ogni possibile satisfattione Dopo che il Nontio prese licentia (Ksposizioni

    .

    lilza

    3).

    et

    si

    parti.

    - 435 —

    XXIV. Ferino rontai'ini procuiMtoi'f è

    clii

    imato

    in Collegio

    o non concedere l'estradizione del Brano



    per

    l'iferirp se si

    doveva

    Inclina perchè sia questa

    accordala. 1^)03.

    7 gennaro.

    Il Clarissiiìio sìg. Ferigo Gontarini procurator fatto venir neir Eccellentissimo Collegio di ordine di Sua Serenità per liaver intbrnìatione intorno a fra Giordano Bruno, che si trova retento per il Santo Olficio della Inquisitione, et che é stato ricercato da Monsig. Nontio, per mandarlo a Roma, ha esposto questa mattima a Sua Serenità Che questo frate fu prima inquisito, et retento a Napoli per grave colpa di Heresia. Donde poi scampato, et andato a :

    Roma,

    fu

    anche

    ivi et

    per

    le

    prime,

    et

    per altre imputationi

    carcerato, et processato et che scampando anco la seconda volta da quelle prigioni, si transfer! in Inghilterra, dove A'isse secondo fuso di quelflsola , et poi venne in Ginevra, :

    tenendo parimente quella vita licentiosa et diabolica per qualche tempo; et di là finalmente partito, se ne venne a Venetia ricoverandosi in casa di un gentilhuomo il quale per pagare il debito della sua Christiana conscientia, lo manifestò al Santo Tribunale, onde fu preso et carcerato qui. f^sser le colpe di costui gravissime in proposito di Heresie, se ben per altro uno dei più eccellenti, et rari ingegni, che si possano desiderare, et di esquisita dottrina, et sapere. Che per esser (juestu caso principiato a Napoli, et in Roma, onde par più spettante a quel foro, che a questo, et per la gravità estraordinaria delle colpe, aggiunto anco, che egU é ferestiero, et non suddito crederla che fosse conveniente satisfar a Sua Santità, come si è fatto anco altre volte in casi simiglianti riportandosi nondimeno alla summa prudentia di Sua Serenità. Ma che non voleva restar di dire che essendo stato intimato a questo reo, che dovesse, se pretendeva dir, 0 dedur ciò che li paresse, perché si voleva espedirlo che intendeva di presentar una scrittura egli ha risposto nella quale, per quanto si era potuto sottragger per buona ,

    :

    :

    ;

    ,

    ,

    ,

    :

    - 430 via, 'Il

    é per dire,

    c
    uinstitia

    (li

    iiM'ìt'M'

    <|iia

    Roma

    ;

    che

    caro esser l'i messo alla da lui, per vedere dilatidiu' allt) essi-r spedito di sarà

    et ciò Ibrse esser latto

    fra tanto

    t('in])(i.

    lidia Jiiaiiiera, elle

    et

    eiili

    tfiii''.

    Ma

    clic

    ciili

    e in siciii'a

    prigione: et che Sua Serenila (Ictcniiini ciò clic le i)arc in tal materia, perché sarà esse(inito il vider di lei. Ciin-iderando Sua Signoria (Carissima che (jucsta sua relationc si dovei'ia tener secretissima, così ])er ]iiililico, come ,

    per suo jìrivato

    ri-jii'ito.

    nondimeim

    dieciidd

    cIh' >ai'à

    sempre

    senza alcuna re]dica di aiitcponcr il ci.iiiniaiidamento di >iia Serenità et in ser\ iliii della ]iatria, ad ogni altra cosa di (juesto inondo. i:t dajìoi si liceiitiò laudalo dal Sereniss.>no IM-encipe della sua nndta diligentia et prontezza nel servitio ])r(into

    piiMico.

    \\v. 1

    si

    j1«'1Ì

    Itera

    di

    >ia i-iiiic^^ti

    ii/.i

    «(iildisl.iif al

    I

    iìImiii

    ii.

    II. .111,1.

    alle li.-

    hi>, r,.ii.iiic

    (liun.ilul.

    (lilla

    I

    min

    «li

    llnina. di

    r;o3. daiiild N

    iirdim'

    l'iic/ia.

    clii'

    )).'iclii-

    li»

    il

    l'.itlUO iiivii

    a

    Molli. 1.

    7

    gl'Ili!

    lIa\.Mido Nhmsig. Nonlio fatto in-taiilia alla

    in

    l'rc;:adi.

    Sig.»"'» Nostra iiordano Hruno NaItolitaiio. jirocessato et carcerato prima in .Najioli et poi in Roma jKM- gravissime imjmtationi di Heresia, et scampato di prigione (hdrano, et dall'altro luogo, et ultimamente accusato anco et retento per l'oliicio della IiKjuisitione di questa Città, sia inandato a Roma, acciò quel Santo Trihunale possa proseguire a far la debita giustitia contra di lui: et essendo conveniente, et massime in un caso sì estraordinario, dar satistattione a Sua Beatitudine Lauderà parte, che in gratiflcatione del Pontefice il detto Fra Giordano Bruno sia rimesso al Tribunale della Inquisitione di Roma: dovendosi consegnare a Monsig. Nontio, acciò possa inviarlo con quella custodia, et modo, che a S. S. Reverend.ma meglio parerà. Il che sia latto sapere domani al detto Nontio nella sua audientia, o le sia mandato a dire a casa

    pel' iioiiic del

    Sommo

    l'ontilice.

    che Fra

    (

    — 437 per un Nodaro della Cancelleria nostra. Et ne sia dato anco aviso all' Ambasciator nostro in Roma per rappresentarlo a S, Santità come segno della continuata prontezza della Repuhlica in farle cosa grata. 142.

    -^-

    — —

    10.

    20.

    (Senalo, Dc'liberazioni lloiiia

    1592, liJza lo).

    XXVI. Si

    fl;t

    parlecipiizioiie della (Iclihcrazione falta. lo!)3.

    All' Ainòascia far

    !)

    gennaro in Pregadi.

    Parula a Ronia^

    (Oniniissi.s).

    riavendoci Mons. Nontio, siccome vederete dalla inclusa copia della sua espositionc latto instantia per nome di Sua Santità di permetter, clic sia mandato al Santo Tribunale della In([uisitione di Roma ¥\'[\ (ìiordano Bruno, che si trova carcerato di qua per questo Ollicio della Inquisitione, ci siamo prontamente mossi a grati ticar Sua Beatitudine in tal dimanda, rimettendolo alla giustisia di Roma. 11 quale sarà inviato da Mons. Nontio con quella sicurtà et modo che meglio parerà. Il che avendo noi fatto saper a S. S. Rev."'.i, ne

    li

    diamo aviso anche

    a \ oi acciò lo rappresentiate al Ponteproceduto dal riverente, et filiale ossequio nostro verso Sua Beatitudine^ con la quale vi doterete in nome nostro della sua indispositione et trovandosi ella, all'arrivo delle presenti nel l)uon termine di salute, che con la gratia del signor Dio speriamo, ve ne rallegrerete con lei. fice

    come

    ;

    etìetto

    :

    151.



    0.

    (Leda Collegio. Filza suddella).

    -438-

    XXVII Dopo

    espi iiiirni|ii_ii

    iii|i( ('>sa^li

    osliM/ioiic iki

    L'iiml>a.scia(ore scrive ila Hoina al
    |

    l'olili lìce pt-i-

    1.1

    lUuiio.

    Honia IO gemiaro

    Ili

    lj'J3.

    Prin cipe.

    Sereni issùn o

    Un

    x(n|(l|>|,,/i()iie

    i.i

    -apere a Sua S.mtit.ì ([n.inlM di ^(.vtl•,| Sn-ciiità un messo noi pro|)(i-it(/ .li i|m'l IimI'' .iMnl.m,) hnino. IMplUCSClltaiKlolc ((UCSf.l sua dflili. ;it 1m|m |.i (|I1;i1,'. iiii div.,-, iinii liavri' prima da allri infera (|ii. ||,' ciridvt.in/,. eh,, mi |tai*v«'rt» poter lai* niafi^ricrc l.i diiim-tr.it mip' i|.||;i Minuta di \. Serenità ìlei Care a lei cu-;! l:i;iI,i: cnnic \ .r.inpMlr ha

    mi

    l';ift
    \

    i

    .

    i

    \

    ii|iiit.itM

    innllu

    \-(iri'eM'e

    rudere; sposi

    ii.t

    e<'li

    i:i-at i-^^i

    ma,

    unila

    mai che

    !'•

    lla

    i

    i

    (.

    m

    ii

    1



    1

    r\\<-

    ;i,

    di'-i|mt(">

    dure da idaceialo, che .iltriii--''

    \l

    cIk-

    in

    eoiTI-

    altre jiarnle irullieioa ma;j;:i(i|- ev|ii-cv
    (Ollilllivsi

    (Ilispatt

    i

    |iiiMh

    ].(MÌa\a.

    jr

    servan/a della Kepuliliea verso di lei; !<' poiig»»iio cosa alcuna iu esser, non starò

    I

    i

    iiiii,in/i

    esser

    altri

    lllMMe ,die

    ra idi

    l'

    i;i

    In>^er(»

    da

    airall'-

    iph

    cini

    pandc^

    ha (•(.iiì-iki-o

    el

    ullieid^e, diccndunii. chi'

    iii>ii

    (rn|ij„,

    JuiiSSe

    et

    sempre

    (lera di star

    non

    CM-a

    i|ii'-t.i

    (-(.rte^i,

    lini^ciiiin

    (l(';;li

    i

    i

    Ami aM

    (iiiciiiiK

    III

    i

    \

    ÌaN>ri

    (

    iif'i.

    <|ii

    a

    di,

    niìei

    iH.iche

    u

    lc

    ).

    Nciieli

    a

    liciiia.

    filza

    30).

    -

    non

    ROMANI Documenti intorno alla prigionia

    trascritti

    11



    7

    Roma

    Giordano Bruno in

    di

    dagli

    deirinquisizione

    archivi

    gennaio del 1593 fu deliberata in Senato

    l'estradizione

    del

    Bruno.

    Addi

    9

    Nunzio

    deir Inquisizione i

    nuovi

    in

    ci

    quando

    lo

    che

    di lettere.

    furo!)o

    mandati

    già noi

    avevamo dato

    da

    bene per soverchia modestia rivelare

    il

    suo

    a

    consegnato

    27 feb-

    troviamo nelle carceri

    Koma come

    documenti

    chiamo sotto forma essi

    esso

    pontificio residente in Venezia; addì

    braio dello stesso anno già

    nianza

    partecipata

    fu

    Eoma. Qualche giorno dopo veniva al

    Roma.

    di

    ne

    qui

    fanno

    testimo-

    appresso

    pubbli-

    Diciamo nuovi

    perchè

    un

    illustre

    alle

    stampe

    egli

    nome non possiamo

    ci

    nostro amico primi. Seb-

    i

    abbia proibito di

    tuttavia trattenerci

    dal dire che esso è persona autorevolissima e dottissima e

    tutta dedita a raccogliere

    libri,

    codici

    e

    documenti

    che per la loro rarità e pellegrinità meglio valgano a illustrare la storia patria.

    -440



    Del questi nuovi docuniciiti resta coiifeniuito iiuanto

    noi

    avevamo

    pi r

    induzione stabilito avanti che

    ci

    fossero

    1593

    il

    Bruno

    cioè 1" che

    noti:

    fosse ritenuto

    già

    sottoposto a un

    andasse per ([uella

    che

    1" 1

    ravve(h'rsi dei

    di

    inia.

    (

    <

    '">"

    (d

    tutti

    i

    titolo

    ':ii'diii;ilr

    elie ([uesto i)rocesso

    li"

    c-lie

    induire

    di

    JJruno a

    il

    giudici jìresero notizia

    i

    ^uoi seritti;

    ili

    e venisse quivi

    ragioni e spceialmente per

    piii

    sperava

    ntjuisizione

    lioma

    di

    nuovo processo;

    liinirlic jier

    > di

    liliii

    di febbraio

    He carceri

    ni

    ritrattarsi:

    e

    llariiiiiiit

    lli

    lii

    li'

    mese

    nv\

    teologo

    ih

    elicil

    -1

    '11

    dappoi ebbe

    i

    in

    Cardinale

    ui^i/ione

    [

    dap-

    pr^ripua parte nel

    processo.

    Ecco ora

    le

    lettere dell

    annco con

    gli alligati

    do-

    cumenti.

    Lkttkra I*iuma L'inn li»»

    (Iella il

    (lato,

    o

    (i.iili'u^

    almeno jiarmi

    romana Inquisizione

    j:i(»riio

    -.


    rf'lali\

    certo del supplizio

    i

    a

    di Ini.

    r

    iliie'

    il;il

    .inidaiM.

    (

    <•

    I

    ;i

    ;ii

    imo.

    immolando

    (l<M r<'li

    Sapendo

    alloi'a (IH'iO)

    S. UfineominciaL dajrli ultimi deci-eti e l'isalii aj.di 11 no\emiu'e del l.V.is. La mia partenza per riii;-^lultei'ra trono<S quello spo;ilio, elle lu l'ultimo di più e più incomiueiati e compiuti prima. Né altri lo sef?uitò, ancorclió inculcassi a parecelii cult(U'i degli studii stijrici di copiare e pubblicare

    non

    elio

    rìzio,

    il

    «riornct,

    lamio

    r|i

    Ini

    earceraziono nel ,

    i

    preziosissimi doeumenti di (piello e deirArcliivio secreto Va-

    \)

    Tra suoi guuiici non sedcl'e come noi aneniiamnio

    il

    Cardinale Haronio.

    Ques!a e le lellere seguenU \ennero da noi pui)l)licale per la prima voUa nelle noie illusUalive al nosU'O discorso che lia per Ulolo Coj'tHMCU E LE VlCENHE DEI. SISTEMA COPERMCAM) I.M ITAI.IA. Uoma ^87G. 2)

    :

    — 441 — ticano. La politica allora e poi ingoiò tutto e tutti, con grande vergogna e danno di noi italiani che, soccorrendo la volontà, avreuimo ingegno agile e pronto a più e variatissime cose. In ordine di tempo adunque il primo decreto da me copiato relativo al Bruno é delli 14 gennaio del 1599. Alla Congregazione di quel giorno intervennero i Cardinali Ma-

    drucci Lodovico, Santorio Giulio Antonio (é VE^iiscoims Prae» nestinus Ululi S. Severinae della visita 21 dicembre dello stesso anno), Deza Pietro, Pinelli Domenico, Berneri Girolamo, Sfondrati Paolo Emilio, Borghese Camillo, e Arigoni Pompeo, assistiti dai R.' Sig.-^i Consultori Anselmo Dandini (nipote del celebre Cardinal Girolamo Vescovo d'Imola), Ippolito Maria Beccaria, Pietro IMillini, Alberto Fragagliolo, Roberto Bellarmino, Marcello Filonardo, Giulio MoiitcìvMi/.i e Flaminio Adriani notaio della romana e universale Impiisizione. « Die xiiii mensis Januarii, leria v. mdxcix. « Fratris Jordani Bruni de Nola apostatae, ordinis fra« trum Praedicatorum carcerati in carceribus S. Officii luerunt lectae octo propositiones haereticae collectae ex eius « libris et processu a RR. PP. Commissario et Bellarminio. Ordinatum l'uit quod exliibeantur eidem propositiones ex« cerptae ad elVectuin ddibcrandi an illas velit abiurare tan'(

    '(

    quam

    liaercticas. Videantur aliae propositiones haereticae ex processu rt libris ». II secondo decreto è delli 4 di febbraio dello stesso anno. Alla Congregazione tenutasi in quel giorno intervennero i Cardinali Madrucci, Santorio, Deza, Pinelli, Borghese e Arigoni , assistendoli i consultori Dandini. Beccaria, Millino Fragagliolo, Bellarmino, Filonardi, Monterenzi e il notare «

    «

    '

    Adriani. « Die

    iiTi

    mensis Februarii, feria v mdxcix. (In

    curallerc chiarissimo delI'Adi'iani).

    «

    Fratris Jordani, q. Joannis Bruni de Nola presbyteri professi ordinis fratrum Praedicatorum, et ab eo apostatae, carcerati in carceribus dictae sanctae Inquisitionis, ac in-

    «

    quisiti et processati de, et

    <<

    que

    «

    «

    -1)

    aliis

    super haeretica pravitate, rebusin actis causae hujusmodi latius deductis, et il-

    Avvertiamo per una voUa (anlo clie nel riprodurre questo ed i sucatteniamo fedelmente al lesto ed all'ortogralia che trovasi

    cessivi (leoreli ci

    nelle lettere dell'amico.

    29



    Berti,

    Giordano Bruno.

    — 442 « «

    lorum occasione lectu processa contra eum formato, et ilio mature atque dilijrenter considerato, ac auditis votis Rev/"-" Theolo^oriim dictae sanctae

    "

    P;it! niìi

    "

    t'

    «

    voce datis:

    "

    jrulis

    u n

    quae

    ì\rr

    ikmi

    Aid^ ihla

    \

    .

    f

    « S."!"^ D. N, d('c!v\

    «

    Consul-

    interesseutiuin scripto et isis et consideratis omnilms et sincoiisideranda erat

    (h'allro caiMllcrf

    «

    Inquisitioiiis

    in eadciìi Cnn<:i'egatione

    III

    t

    altli

    oii

    •cvialmr

    e vrorrt-zioiii^.

    .'i iiitimentura Fatribus Tlieolo^ris \ii|r|i, rt a l'ahv licllaniiiiio et Coinmissario jn-i ']iMMtiMiM'< iste (sic) {o ìUe) (sic)l:u\\\\\\\ liacr.

    «

    ticac: et

    «

    ab

    «

    (sir):

    «

    figatiir

    II. 'Il

    -i

    -iIm

    Sdpra

    l'aii

    t;iii(|ii,iiii (i

    i

    nrdiii.iNit

    rt

    liacreticae

    t.iiitiiiii

    aliti. luiv-iiiiiv

    •(

    it

    ibus in

    modo

    ita

    dcclai'.ilac,

    xd

    Kccb'sia et Sede apostolica

    a;jrii(iscerit

    t.il''<

    iiiiiiiiv

    al>

    dicnnn

    bene, sin miiins

    ]ir('-

    ').

    ora tirata per il luii^jd nna Iìikm, ni;i che ciò accadesse n
    (lut'-to dccrrtii

    ritcn^^u

    Vo
    Lettera seconda.

    Carissimo amico. Il

    friorno preciso e indubitato dell'entrata del

    carceri

    dell'Inquisizione

    di

    Roma

    lisnlta

    Bruno

    dalla

    nelle

    se^ruente

    Ojp'-n, falla, lunedi a 5 aprile « Lisl((, dei carcerali nel S. 1599 xjer la risila Cotesta lista Tu da me coiiiata n(drarchi\ io d''lla Inquisizione dagli originali dei decreti, quali erano scritti so]ira carta in l'orma di fo^ilio, piegata per la sua lunghezza a maniera di vacchetta, come ora si direbbe. Tali quinterni non avevano più la cucitura propria originale, ma erano stati ricuciti insieme contusamente, sovraponendoii l'uno all'altro, e facendone degli ammassi cosi enormi, che in una carta Idanca dei decreti delia line dei secolo xvi trovai i

    — 443 — Luigi Palombini per cocire questo quinterno ci n" 3, questo di 7 maggio 1789 ». Per poterli leggere mi convenne scucirli, e allora^ dopo Lisia ecc., copiai: « 1. Fra' Giordano, tìglio del q. Giovanni Bruni da Nola, apostata dell' ordine de' Irati Predicatori, cart.'» (carcerato) 27 febbraio 1503. " 2. Ercole tìglio del q. (quondam) Bartolomeo Rota da Bologna car.'» 29 luglio 1597. « 3. Alessandro tìglio del q. Perdicco Moscoleo dalla scritto:

    «

    rompè aghi

    città di e

    Lepanto

    cart.^"

    P. Pietro figlio di

    4.

    25 giugno 1598.

    Giovanni Battista Orlandini da

    Lucca, sacerdote e dottore di

    11

    (leggi)

    car.^'^

    6 luglio 1598.

    Francesco Maria Caini, detto Caccia la vacca, tìglio di Luccliino Caini da Alessandria della paglia. Bargello del S. Otììcio et della Corte Yescovale di d.^ città, car.'o 26 «

    5.

    ottobre 98. « 6. Giovanni tìglio del q. Ottaviano Sellitti, prete sacerdote vec.^o dalla Sapona.ja, diocese di Martino novo, car.'o 26 ottobre 1598. « 7. Fra Bartolomeo tìglio del q. Matteo Vite da Castrano, diocesi (rAgob.o prete e predica dell'ordine de' frati Predic." car.^*' 18 no\ embre 1598,

    Orintliio figlio del q. Camillo Acquarelli da Riete, 1598.

    « 8.

    car.'o

    20 «

    novembre 9. CI."

    (Clerico?)

    Horatio

    dal Castello Vitolano dioceso

    dicembre

    figlio di

    Geronimo Mesillo

    Benevento,

    rli

    cart.t'

    a 14 di

    15'.)S.

    « 10. Fra Giovanni figlio del q. Giovanni Bosso dalla terra di Pobleda diocese di Terragona nella Prov.^ di Catalogna car.'o 25 gennaio 1599.

    Claudio del

    Giannardo dalla città di gennaro. " 12. Pi'ctc
    Troja

    11.

    q.

    Clodio

    in Ciani paglia car.'" 28

    di Bisenzone, car.^^ '(

    a di 11 lebbra io 1599.

    14. Fi-aiiccsco

    Antonio

    figlio di

    (iioandomenico Ce-

    raso da Najioli, a di 15 Icbbraio 1599. '(

    15.

    18 anni da

    cense, car.'»

    Guglielmo Coclieles liglio del q. Henrico di età un luogo detto Sincliortonio della diocese ebora10

    marzo

    1599.

    — « car.t'5

    17 -

    'li

    16. E*ridio

    marzo

    17 Pr. (Prete?)

    18.

    del q. Fi-nnrcsoo Caniliij

    li<xIio

    (Galeazzo Porta

    '2(\

    marzo

    V.K

    (".lemeiite

    1-ra

    liiiiio

    drl

    in

    q.

    ([.

    uca llniiio dalla

    l

    car.''^

    nur/n.

    Geronimo

    Mauriiii

    Naiioli,

    del

    del Q. HalTacle

    l.V.Ki.

    Mniiiii

    Fi'aFicoscM

    città della (]ava lialiilaute «

    lìorontino,

    1508.

    Milaii'i, car.i" a dì «



    444

    «lalla

    condotto ila Naitoli. " 2". l-"i';it\\iit


    a

    -.^C»

    marze»

    lìi

    1

    1

    1

    i

    ii

    i

    (

    -.'<'

    i'.)'.)

    l

    III. //li ct<\

    (i/'ff(/iai'crt//(l

    quod

    /idi cc/u/Kf/n'la (tu./'aht

    et o/'/Kila ji/'o ro/if/rc


    ;i

    dal K<ìta in luoi'i,

    tutti

    .ì:1ì

    altri

    ei-ano

    earceiali

    da

    ine rel="nofollow">i,

    menti'e Fi-a (iiordano era carcerato da tdti-e sei ;inni. (](de
    ci(Miza di pri>ve,

    sarà provenuta dalla (pialità del

    soj:f<ett(», o lors'anco dalla speranza iper quanto poca e lontanajdi ridurlo ad ahiurare, rincrescendo fortemente lo scandalo di un padre predicatore apostata e impenitente, o l'orse da ra{rioni a jnc i
    Vostro X. N.

    Lettera Terza. Caro Mi viene del

    a/nicOy

    mani una seconda visita fatta ai carcerati quale parmi non meno importante di quella

    alle

    S. Olìizio, la

    che vi mandai dalla

    — 445 un abbozzo o minuta

    111

    l'Inquisizione

    (e

    particolarità) lessi « Gong.»'o-

    di

    Flaminio Adriani, notaio deldonde ho rilevate coleste

    in seguito vedrete :

    lnq."'s. lacta in S. Olflcio

    « Die XXI

    men.

    corani Ul^'s.

    mdxcix. « 1. Fra Giordano del q. Giovanni Bruno da Nola prete professo deirOrd. de' frati pred.'i, maestro in sacra Theologia vix.-bris, feria

    iii

    sitatus. « Dixit (juod non debet nec vult rescipiscere et non habet quid rescipiscat, nec habet niateriam rescipiscendi, et ,

    nescit super

    R.mus

    quo debet

    '

    (lieti

    rescipisci.

    lUmi ordinaverunt quod

    ordinis Predicatorum ut acqui

    '-^

    .

    .

    .

    .

    cecitatem et suani falsam doctrinam ». Come ho detto, questa é la minuta del notaio del S. Offì/io. Floscia l'it l'Ovai nello stesso carattere il verbale di quella visita, redatto in assai miglior l'orina (ancorché in alcune parti niello conipinlo della luiiiuta), coi nomi di tutti gli interve-

    atque ostendat

    illi

    nuti a (jiiella (^)iigrega/i()!ie, e cioè:

    Congregatio

    Sanctae

    Romanae

    Universalis apud S. Petrum corani lUmis et Rmis liominis Canlinalibus Generalibus Inquisitoribus, in qua iiiterliieruiit omiies infrascripti. « Die XXI nieiisis decembris, feria iii, mdxcix. « lUnius et Umus D. Ludovicus Episcopus sabinensis Gardinalis Mandrutius. « Illmus et Rmus D. Julius Antonius Episcopus praenestiiius Clai'diiialis S. Seuerinae, « lUmiis et Rinus D.Petrus tituli D. Laurenti in Lucina prcsb\ ter Cardinalis Deza. « lUinus et Rmus 1). Dominicus tituli S. Chrysogoni presbyter Cardinalis Pineilus. «

    Ollici)

    et

    liiquisitionis habita in palatio dictae Iiiqnisitionis

    « Illmus et Rmus D. frater Hieronymus Bernerius tituli S Mariae supra Minervam presbyter Cardinalis Asculanus. « Illmus et Rmus D. Paulus tituli S. Caeciliae presbyter Cardinalis Slbndratus. « Illmus et Rmus D. Gamillus tituli SS. Joannis et Pauli presbyter Cardinalis Burghesius.

    'I)

    dica 2)

    Per inclno>lro versalo a il

    Padre Generale.

    Id.

    caso non

    si

    può leggere

    ,

    ma sembra

    che

    si

    — 446 — « Illmus et Rmus D. Gardinalis Arigoiiius.

    Pompeius

    titoli S.

    Balbinae presbyter

    « Illmus et Rmiis D. Robertus titilli S. Mariae in Via presbyter Gardinalis Bellarminiis {fatto allorct). « R. P. D. fr. Albertus Fragagliolus Episcupus Thermolensis Gommissarius generalis sancii Offici). « R. P. D. Petrus Millinus Romanus utriusque signaturae S.ra' referendarius ». ,« R. D. fr. Paulus Isaresius de Mirandula vicarius generalis Ordinis Predicatorum. « R. D. Marcellus Filonardus J. U. V. Doctor Assessor S. Officij.

    «

    R

    P.

    Ir.

    Franciscus Petrasancta ordinis Praedicatorum

    socius Gommissarij. « R. D.

    Julius

    Monterensius

    J.

    U. D. procurator

    fìscalis

    S. Officij.

    «

    Ego Flaminius Adrianus Sanctae Romanae

    et

    Univer-

    salis Inquisitionis Notarius.

    « In

    qua quidem congregatione

    l'uerunt

    visitati

    omnes

    infrascripti carcerati. « Fr.

    Jordanus

    q.

    Joannis Bruni de Givitate Nolae Regni

    Neapolitani, presbyteri professi ordinis fratrum Praedicatorum, ac ab eo ordine apostatae , sacrae Tlieologiae Doctoris carcerati in carceribus dicti S. Offlcj ac inquisiti et processati de et super baeretica prauitate. « Rebusque alijs etc. eductus e dictis carceribus et ad aulam Gongregationis corani eisdem lUmis etc. presentatus ac ab eisdem visitatus, et auditus fuit super universis eius pretensionibus ac meritis eius causae ac necessitatibus tam victus quam corporis {sic) aliis etc. ac ilio postea amoto ab '

    aula Gongregationis per lU.mos D.nos Gardinales praesentes decretum fuit quod R. P. Hippolytus Maria generalis, ac supradictus R. P. fr. Paulus Vicarius dicti ordinis Praedicatorum cum eodem fratre -lordano agant, eique ostendant propositiones abiurandas ut agnoscat errores, se emendet, ac

    disponat ad abiurandum expediri ».

    ,

    ipsumque

    lucri faciant

    ut

    possit

    Vostro N. N.

    'I)

    La parola corporis

    è cancellata.

    ^

    — 447-

    Lettera Quarta. Caro amico decreti che seguono furono da

    I

    me

    copiati

    1849 nel-

    il

    romana da un volume cartaceo pergamena e portante sul dorso Decreta

    l'archivio dell'Inquisizione in foglio, legato in

    1000-1601

    un cartellino incollato sopra esso dorso volume non era del tempo, e alla scrittura seconda metà del secolo xviii. Il copista a più

    in

    e

    :

    Cotesto

    L. 5100.

    parvemi della luoghi non intese

    la scrittura degli originali (da

    me

    cercati

    invano e forse in parte corrosi dall'inchiostro onde la necessità di copiarli) e ad arbitrarie sostituzioni preferii frequenti punteggiature, raramente riempiute di altro carattere. ,

    A or.

    4

    verso.

    «

    Dopo

    verso^ e

    a ce.

    «

    « « «

    v.

    20 januarii

    -17

    de' quali

    mdc coram si

    riferisce a

    SS."'" ».

    Gaspare

    Stoppius (yc)

    redo.

    Jordani Bruni carcerati

    in S. Officio. Memoriale diapertum, non tamen lectum. « In causa ejusdem F.'-'s Jordani de Nola ordinis F.rum Praedicatorum, et ab eo apostatae facta relatione per R. P. Pr.e^, Hyppolitum Mariani, Generalem dicti ordinis: quod de mandato Hl.morum etc, una cum Procuratore Gen dicti ordinis alloquutus fuit eundem F.'S'n Jordanum, qua-

    « F.ns

    «

    Feria

    molli decreti uno

    rectum

    SS."™», fuit

    i'

    «

    tenus vellet propositiones haereticas in suis scriptis, et abiurare quodque consentire noluit, asserens se nunquam propositiones haereticas protulisse, sed male exceptas fuisse a Ministris S. Offlcii, et SS.i^i's j)_nus Noster auditis votis eorumdem IUn'o^um^ (jecrevit, ut procedatur in causa ad ulteriora, servatis servandis, ac proferatur sententia, et dictus F.^ Jordanus tradatur Guriae Saeculari ».

    A

    ce.

    «

    « constitutis prolatas agnoscere, et « «

    « «

    «

    33 redo.

    «

    Feria

    iii,

    vili Febì^uarii

    Dopo parecchi
    Contra

    ¥.^^^

    mdc coram

    111.»'^^

    DD."'*' »

    decreti a ce. 37 redo.

    Jordanum Brunum de Nola apostatam

    - 448 praedicatorum

    « ordinis «

    nacem,

    Saeculari R. 1*. « gregatione ». «

    L.

    iiìipenitentem, et perti-

    liaei'oticiiiiì

    luil ivlaxatns Curiae Guhoriiatoris jn-aociitis in oadcni Coii-

    luit lata sententia.

    iih|ii<'

    Ìi1<

    Vostro N. K.

    (^hio-ti

    oltro

    aicliivi

    (l»'ir (i)

    e

    che fu

    1

    processo

    (l(d

    iKjuisizionc^

    Dirmorifi/t

    ma

    npiM'fo

    />)

    il

    I

    Il

    lilu

    i.

    (lovrel)ì)(>

    die

    attribuisse

    egli

    opponesse alle eresie

    speriamo

    ancora

    un giorno

    a

    im))aiv.iale

    la

    \

    clic

    cadere (piale

    il

    tutte

    che

    eiiczia.

    sciitto

    cii-tianee

    di cui

    veniva

    mentovato

    maid

    iciida

    cai te

    le

    di

    di

    M

    i:

    (l(d

    r.iMiuo

    si^nillcazione

    ricavai'si (jualc

    nelle lo

    c

    c riiltimo

    alle dottrine

    ei^li

    jìapa

    ;il

    letto:

    no^ti'o avviso

    a

    r.riuio indiii//n

    il

    iiiai!o-crilti

    ìiicììicr itili

    clie

    negli

    lìonia:

    iii

    ikui

    i

    trovare

    (lel)1)ono

    si

    clic

    r.nino aveva con se in

    Pai

    diinostrano adunque

    (loi'uiiiouti

    iiiinvi

    atti

    f^li

    (piali

    lasposte

    imjìutato. \ioi; ia

    (pialclie

    piiljl)lica

    i.i:

    Noi

    althia

    persona

    ragione.

    GINEVRINI

    '

    I.

    Giordano Bruno

    à

    Genève.

    (1579)

    Giordano Bniiio,

    le

    grand pensciir

    italien, a

    mone une

    vie

    plupart de ceux qui, jadis, ne pouvaient se résoudre à accepter, en religion ou en philosophie, les systèmes re(;iis et les dogmes traditionnels. Né en 1548 à Nola, près de Naples, et entré de bonne lieure dans l'ordre des doniinicains, il quitta son pays, à l'àge d'environ trente ans, et rèsida siiccessivenient en France, en Angleterre, en AUemagne, enseignant sans cesse par la parole et la piume, apòtre entliousiaste et convaincu d'une philosophie de la nature. On connaìt la lugubre tragèdie qui eut son dénouement dans la derniere annèe du siécle. Revenu en Italie et dénoncé par l'éiéve mènie qui l'y avait attirò, le maitre audacieux qui avait osé prefórer la science à la Ibi, rejeter la messe, trailer d'ànes les moiiies de son temps et surtout combattre les idèes d'Aristote, l'ut livró par le tribunal vénitien de Finquisition à rinquisitioii l'omaine. Aprés avoir languì sept ans dans les cachots pontitlcaux et refusè de se soustraire par une rétraetation à la sentence capitale qui l'attendait, il monta stoierrante, cornine^

    la

    quement les marches du biìcher, le 17 février 1600. Son martyre couronne dignement un siécle que les dissensions relìgieuses avaient rempli de supplices, de massacres et dliorreurs. H)

    Conf. inlorno

    oriiiine

    la

    rapitolo V noi quale

    si

    e

    la

    pul)l)licazione

    di

    qiiesli

    documenli

    il

    discorre della venula e del sos^tioi-iio di Giordano

    l!rnno in (line\ra. A questi documenli che riproduciamo nel testo francese

    pubblicalo dal Dulour, agginn^iamo per rendere compiuta la serie dei do-

    cumenti originali,

    il

    seguente che segniamo col N.

    II.

    I

    — 450Le.s act('< 1!^(>S

    partii'

    l."»02,

    est d('\

    ini

    l

    suuret*

    (irdre.

    (!.'

    bery, cu

    l'iijV-

    sul»it à

    a\;iit

    il

    IN'U ai)rès. dit

    dans octtr

    le

    >ni\ail.

    .le

    per-iHiih' e[

    ri.-

    \ ic(.

    de

    ('liaui-

    m-di't',

    \iiit

    il

    -,

    N.ipdlit.iiii, (|ui

    (jui .i*('tais, >i )".'t;ii^

    de

    taire ]»r(d«'ssi()n

    «d

    i|iic

    soii

    li.d.'lli'nc:

    demanda

    à ses (pie-licii-

    !'."-p(inilis

    eomide des

    i-endis

    lui

    iiiif

    ui;ii-
    nir

    m\\ ai-rrtcr

    à (iciiÓNc ]»(>ur \

    i!,

    Hruiio cxpliiiu»'

    im CMinnit de

    daiiv

    \ ilit',

    seni ("'pisude dcii ikmis occupei'

    l'ii

    d'Ita lii\

    à (itMieVf et dr-c('ii.iit d;iii-

    ([u'(in

    a fait

    deux prcMniers interro\'eni.so los 2*.) ot 'M) mai

    les

    rcr toutos les circonstances do sa vie et ce rècit jMMirsa Itiographie, jusquo-là trés peu couuue, une (l."'])arl

    <

    Dans

    ii.ii

    lei. Ra*-
    sidait

    publio-s eii

    l'èrudit distinguo qui

    Berti

    prisounier

    \>'

    <|ii.'

    (hit

    il

    iMuiiiiiqu,.

    I

    iniiiistèrc italicn.

    fili

    gatoir»'^

    du procos de Hruiio ont etò

    ^ i'iiitii'ii<

    par M.

    l'i

    Uhilils

    l.i

    ieliiji,,||

    un .rnant

    nTa

    (pn

    i'.'-

    Ncnu iii.i

    \ ;i

    icii

    (juitter le idoilre; J'ajoutai (pie je ira\ai> jias riuteiitiou

    d'emlirassei-

    rtdigion de cette eit»\ jtarec qiic

    la

    pas ce qu'i'tait (ienève pour \

    m'ayant tais,

    eett.\

    conseill.'-

    i'(digi<»ii

    re

    i\

    de

    je le quittai et

    eii

    r[

    Idute

    i\<

    .je

    ttml ea>

    laire des

    \

    m'. laldir

    l'iial.it

    etemeid-,

    ne savais

    je

    d(*sii-ai-

    lilu-rt»' et m'-cui-ìIc.

    d.'-pox'i- eii

    me

    que

    à

    Le mai'tpiis (pie jf jxiraiii-i (pi'uiie

    paire de souliers. Lui «-l (ju-d^ues aiitres llalieii- me (h.iirnrent une ('qK^'e. un chapeau, uu manteau et le> dixci- (d>ie|^ nécessaire^; puis ils nu* jjrocuréi'ent du tra\ail ei.miiic coirecteur d'imprimerie, alin (piej'eusse les moyens d»' sul)\ cuir UKui entretien. .le passai deux mois ainsi occupa, trequenil eii italieii et cell. 's en frantaiit t«'iii' a tour le- piV-d icat i( cai-: elitre autre>, .i'elltelidi- à jdu>Ìe||i'S l'epriscs |e> lecOUS

    sermons de Nicolas Halhani ^, Luc(|uuis, qui pn-cliait sur les évan^nles et laisait des lectures sur les èpitres de St-l'aul. Mais lorsqu'on m eut déclarè que, je ne pouvais l'aire un l<jng séjour dans la \ ili.*, >i Je ne me decidais à en embrassei- la et les



    h

    l'ita di

    l.cs

    a\ec

    Ciordutìo llruno da .Sola.

    qiiel(|iie.s

    Iniino iSdS

    iti-S'

    de

    lenniiii'iit cr vuliiiiic oiil cU' r('impriiiiéN

    docunieiils

    aJdilions. soii» ce litre

    :

    II"*

    par M.

    Documenti intorno a Giordano llruno

    da Nola. Koma, <SSO. iii-S' de [{V]-H:i p. ci i pianelle. 2) Sur Galéas (^araceiolo, marqiiis de Vico, ^oy. la Note de M. piibli«'e

    dans

    Méinoires et Docuinents de

    les

    logie de Genève, 3| Pasteur -IjST, auleiir

    de

    t. l

    la

    Sorieft^

    d'hìMoire

    'I

    II.

    He\er,

    et d^archdo-

    IK. p. fìS-SO.

    éfili-^

    d'une

    p.

    l'erti,

    ilalienne à

    biojjr.ipliie

    Genève des \'MA. mori à

    de Galéas Caracciolo (\o%').

    Gfi

    ans

    le 3

    aoùt

    .

    — 451 — religion, et qu'autremeiit je

    ne recevrais aucuii secours, je

    pris la l'ésolutioii de partir».

    A

    quelle epoque le jacobiu t'ugitif était-il à Genève? Une de G. Scioppius à Conrad Rittershnys, écrite de Rome lo jour mème du supplice de Bruno, prètend qu'il y resta deux ans, mais ne donne aucune date. On a en general indiqué celle de Ì5S0 et aussi celle de 1582. M. Berti après s'ètre prononct! pour la fin de l'annèe 1576, a placè ensuite ^ en 1578» ce st^our à Genève; il lui assigne une durée, non plus de deux ans, comme le disait Scioppius, mais de deux mois, conformiMnent au\ dèclarations que Bruno fit à ^'enise. C'est également « au printemps de 1578 » qu'il laudrait rapporter cet èpisode, d 'après le livre rècent de M. Hermann Brunnhofer, bibliothécaire cantonal à Aarau \ Quelques documents, jusqu'ici (lemeurès inconnus, que j'ai trouvès dans Ics Arcliives de l'Ktat et dans celles du Gonsistoire \ jettent sur ce moment de la vie du philosoplie un )(»ur tout nouveau. Transcrivons-les intégralement: ((OHI ioTO. « Pili lippe Jordan, dit Brunus, Italien, JeìuU (K'tenu pour avoir faiet imprimer certaines responses et invcetives contre M.'de la Fave, cottans 20 erreurs d'iceluy en une de ses lec^-ons. A estè arrestè qu'on l'ouye après disner (MI i)rèsence de savans et de M.^ le secrétaire Ghevalier ^ ». « Jean Bergeon, dètenu pour avoir imprimé lesdictes invelettre

    '

    ,

    <'

    (')

    amii'i'

    V.w

    «

    ^)

    linino IVancliil-il

    lions «'chaii^» es sur ce poiiil.

    [lordano linino, 2)

    nta,

    3)

    Documenti,

    pai"

    (

    hrisl.

    le

    l!arlholm('>s.

    nionls

    (.

    i

    ?

    Api-ès tanf de disserta-

    iii|>()>si lilc

    I,

    p.

    (e fui en

    ;

    'I.jSO,.. »

    '>'t).

    TC.

    p.

    7T.

    p.

    T!».

    C'inrdnno lirtmo^s fi tUanschauviì(j

    t)

    Iin

    dolile sciiildc

    nnd ferhangnìss. Leipzig,

    -1882,

    in-S". p. 'I(i-I8.

    M.

    '>)

    llruno

    [:'i

    (ìeuève]?

    reclierches li

    iI)!o

    ile

    disail

    nai-llioliiièss

    ks

    en ISU;

    l'oini

    de

    plus assidue>

    (t.

    p.

    :ii>)

    :

    «

    Quelle fut rallilude de

    anv Ai-chives de Genève.

    ((ue ces reclierclie-; n'avaient pas

    l'Iiilippe,

    f,

    réponse préci-ie à celle question en dépit

    donne à Druno par nos

    porte sur l'année

    »



    'l'iTO.

    Hegistres, a peut-è(re aiissl

    11

    est pro-

    Le prénom déroulé le?

    in\o-;ligakMirs. (i)

    Paul, (ilievalier

    seil -l.-JTS-i.-iSd,

    ,

    seigneur de Fernev, du

    CC

    -l'JTS,

    conselller V.iHl, syndic juillet V.iSl, VòHS,

    secrétaire

    du Con-

    ^:m, V.m,

    lieu-

    lenant novemlire ^')00. fut à plusieurs reprises député par la Seigneurie de

    GencNe en Suisse Paris, pend.inl

    1

    .

    en Allemagne et auprès du roi de France.

    une de ecs missions diplomaticfv.ev

    le 6

    il

    niourut à

    mai VòO"

    -

    4:)-2

    -

    etives à rinrluction dudict Italien, qui luy affirma n'y avoir quc de pliilosophie. A este a'-resté qu'il soit prison jus-

    rieii

    ques à demaiti et cundainnc à eimiiiaiitc (Idriiis (raiiUMide^ Yeadredi 7 (loàl. « Jean Herjoii iiii|ii iintMii-, a presente reqneste tendante à luy pardoner la laiilte ({u'il a conimis (Tavoii' imprinìti une leuille ealoiiìniatoire eontre Mr. de la Faye. icm- laqih'l!.' il c-t dr-t.'iiii ayaiit e-ti- a e. 'la iiidiiiet 11.'. (|ui par le iiiaiiitcìiuil (jn'il a\()il ricii «le Dieii, .

    .

    \

    \\

    \\\

    A

    iiia-i-lfat.


    salir qiiant

    d"liyei-.

    arresi.'

    est.'

    raineinle.

    à

    moyens

    os^'ard de ses petis

    -

    j)ivsence des

    t'ii

    este arresi""'

    qu'il

    justiee et aiidid jiiiiir

    soil

    de

    ri'ed^rnoislre

    \

    iiii.'l.

    l'ari-est

    à

    ,^-)

    à

    en

    II.,

    i-axc.

    iiiij)riiiii.r

    |;,|,.(

    rer(i.>:ii.

    en et

    >a

    ii

    d

    sidl

    Nai io

    dii

    en

    rciiMii"' et

    (•()iitr(»

    xciidrcdi

    laiiilc

    nicicy

    ei-iaiil

    anssy sa lanlle,

    l'cspondii

    italien. a\aiil

    niinisli-o

    S*-*

    «'laiiii

    la

    iiiudrri'

    i|tr(iii

    >\

    Lundi \(J noni « IMiilippe iJi en prisdli sus hvs cal.'Hiiii.'v M- Aiittiiiie de la Fa\i', ayant il-'iiii.-r

    lidil

    (jit'oii

    aii^^y

    hieii

    à ( !(

    (|iril

    daniiK' à rcnnjn'e et lae»''rer lediet libel diiì.uiialMiif

    a

    d

    >nsisli

    .i

    à

    re

    --oit

    coii-

    aii

    l'esle

    :

    qn'on luy d<Mine ses despens *. » Jeudi l.'i (i<ml. « Dl'IJ'ciicl' de la cr/w. l'iiilipix' Urini a eomparu en Ct>ncist(tyre pous ivco^nioistre sa lanlle, d'aiiltaiit qu'il aumyt erre en la doctrine et ai)pellés li'< iiiinislics de rcL'-lise de Genève jM'ddf/Of/uex, alNVanl ijii' la n il ne se \ enlt exenser ny anssy se eondanmcr. car cela n a pas oste rai)i)«>rt»' en vèrite, cdmliien ((ii'il cstinie (jne nn^^ Sp. Anllioyne de la Faye ayt lait tei rajqjorl. IiKjuis (juelz il nuninie pèda^'-Ofrnes, a diet par plusieiirs exeiisfs el alli'-





    Ta persèentè, alli'^Miit jdiisiciirs cdnjeetiii'es, nsant de plusienrs anltres aceusalioiis d neaiilinoin^s a conlessè avoyr icy CDUiparn pcmr recuji-noistre sa l'anlte, laquelle il a eonimise en blasonnant les ministres en plusienrs iratiiMis (jue (»n

    ;

    4) Regisires 2] Registre

    3)

    da Conseil, voi. 71. du Cavseiì. f" v

    .Michel Vairo.

    ilii

    conseillcr V.n",, sxnilic iO ans.

    »

    Il

    f"

    C.C \'M\H. aiiilileiir \' ~,2

    V.'M;.

    'I.ÌS2.

    a\ail «'iudi»'

    l»-

    dioit.

    de

    mori mais

    qiies et malliémaliqiies. (ni

    a

    vevenux

    de molti

    I.

    Star, Vò^'u 4)

    C. el cos.

    de

    ^M>.

    ".

    ord.

    IT pr.-l.

    Reg. da Conseil, voi. 7

    5,

    et f'

    lui

    secrétaire

    le S oclolu-e

    s'o:-ciipajl

    du Conseii

    WìWk

    aiissi

    un opn>cale intitulé

    ifi

    •ISS.

    e

    àf^é

    -l.'iTS-TO,

    d>ii\iron

    de sciences ph\siM. rarronis Ce-

    :

    traclalus. Genevae, ex officina Jacobi p.

    - 453 et diversses

    doctrine.

    A

    larons. dict

    atteiidu qn'il a

    A

    qu'ii

    estó

    calompnié

    admonesté de suyvre prest de recepvoyr

    est

    ledict de la

    Faye

    la

    vraye

    censsure. Et

    et dict et acusé

    iceluy d'avoyr dict une chose qui n'a pas esté diete aussy dict qu'il ne se veult pas excuser de sa procédure, mais qu'il à dlieu layro co qu'il a iaict, advis quo oii luy lasse bonnes rcmou^ti'.incc^, et qu'il aye à recognoistre sa faulte, et que on luy dellciidc la céne en cas qu'il ne veuUie recognoistre sa laulte, et en oultre renvoyé à Noz Seigneurs \ lesquelz sont ,

    priez de n'endurer aulcunement

    ung telpersonnage,qui pourra

    troubler l'escolle; et présentement

    A respondu

    dclìvra

    recognoistre sa

    repend d'avoyr laict telle faulte, de laquelle il fera amendement par une mellieure conversation, eten oultre a con fesse avoyr usé de calompnié envers hniict. Sp. de la Fa\<'. Lcsdictcs remonstrances et deft'ence de la céne luy a estée faicte et renvoyé avecq remonstranlaulte.

    ces

    qu'il se

    ».

    JeucU 27 aoàl.

    Absolallon do la deffence avccq renionGoncistoyre Philippe Brun, estudiant, lia])itant en ceste cité, lequel requiert la céne à luy deflendue luy estro remise, à luy deffendue pour avoyr usé de propos calompnieux à l'encontre des ministres et d' ung régent du collège nommé Me Antlioyne de la Faye, recognoissant en ce avoyr faict grande faulte, advis que bonnes rejn()nstr;iiic(>s luy debvront estro iaictcs ri libere à pouvoyr pai'ti('i])i)('i' à la céne: lesquelles renionsti-ances aussy libération de ladicte delTence , luy a estée faicte, ce qu'il a remercié avecq action de grà co ^ ». A ces piéces, il faut joindre une mention du Livre du RecLeur. Sur cotte listo des étudiants de nostre Académie, on tmuve, à la date du 20 mai 1579 (p. 23): « PliiUppus Brunus^ Nolanus, sacr(r. lìt.colofjiac professor. » C(\s doux lignos du volume imprimé en 1860 n'ont été utilisées ni par M. Berti, ni par M. Brunnhofer, auxquels slranfc^.



    «

    A comparu en

    ,

    -1)

    lion

    Lcs IlegisU'cs du (le

    Cous

    il

    ne meulioniient pas une nouvelle conipara-

    Hi'uno.

    2)

    Rerfislres

    3)

    lòid.



    du

    Consììloìrc^ voi. de

    Les Hegislfes

    ^

    577-79.

    de la Compagnie des pasteui's

    pcnl-f'U-e U-ouvé d'auti-es détails sur cette ailaire

    nccs 'l571)-lo8 5)

    Elles

    ,

    où Fon aurait manquent pour les an,

    i.

    avaien!

    élé

    pourlanl signalcos

    ,

    mais saus

    conimeli (aires

    ,

    par

    —454en revanche un éclaircissement nécessaire: le bardi Nolain avait recu au baptème le pronom de Philippe et ce fut seulement en entrant chez les dominicains qii'il

    .iVinpriiiite,

    ,

    Giordano,

    prit celui de

    dópart qui

    d'Italie,

    lui

    mais rcpi

    adìli.itioii

    soli

    l'.ippi'l.iit

    (N'\;iit

    Ih'

    il

    C'-'-t à

    porter aveo. oci daf-'

    \ (i\ a;.--!'^,

    a

    a

    la

    dut •tr<' un p 11 partcut ad'ijìtei-,

    ^er,

    met à

    s»'

    di'

    |ilus


    Kid<''I<'

    |(iii;j.

    ;:u»'ri"oyer

    nn\ali'ur, virliui-'

    M. Ilamis prciHtm niit^i

    :

    .

    (le

    à

    der

    '2\

    I

    l

    \

    (:ias.<.e

    du

    juìii

    la

    l'ave,

    e(dlé;:e

    de

    (

    V.'>i<\.

    <\r

    la

    de

    pridessetir

    -l'jSd-S'i.

    geuis de (ieneve en i'MiU.

    Tli. 3)

    l!éze,

    i'-'

    ipi'i

    allail

    1

    Tt'li'aii-

    -

    «'tunrc

    W

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    V.iH'i.

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    recUMir lìoiir-

    .seplendire UìV'».

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    j)liilMM,p|iic |:»7S, pa.sleiir à la \ilJe -ioSO,

    plu.sieurs oiivra^i-^

    de

    1

    /Iruuus .\olnnus

    aiidnii.

    li.ili

    de rAcudéinie

    de

    1

    aria\<' à

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    p.

    pi iin ipal l"iT.">, prdfcvsetii-

    lui doil

    mai.»

    ,

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    p.

    Antoine de I'

    il

    edv au

    ipiì nrruur de pliildsuphie. \ <e< preiiiiiTs l'crits qu ii

    (ìeaclhvlKifl

    \
    mi Docuniend,

    l'a

    ;i

    culUirliisIdrisclicii

    l'IiilippU'

    bòhmisclien

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    <S(;2, Jaiinar-luni.

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    il

    s'cdorriT de di-edu

    laiidi'a

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    inoi^ ilont

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    i

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    .

    l'diitrc

    pait aloi's dans noti-e Acadc'iiiii' rette oceasjim,

    une

    S(''JnUl-

    re\-(i(imiiiii';iiii

    se-

    s"a|iplii|iii'iit

    daiis

    (ii-iiÒNc

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    ('.(mióm' et eette

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    il

    (Irsurmais rap-

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    1

    iiio,liiici'

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    prèobeurs,

    Fi-(M'('s

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    ilaii<

    Jonldnus

    vifid de

    Les textes qu'on nients prècieu.x.

    Ics

    |);ii']ni

    ]i''r-i
    ])iontol lo luviiulll di'

    it

    Rome

    de sa fuite de

    t.ors

    abandonna pendant quelque temps

    il

    il

    Vun V .4 re Ile de

    n'a\ait encore fait paraiire (pie deii\ (ip'i.seides, inAot-',

    laiilre

    relrOLivt'S (l]ninnliofer, op. cit.^

    n aurail pas élé imprimée.

    p.

    /- rel="nofollow">es .v/V/rje.v

    V'>\.



    Sr

    des temps, lnn M.

    rpii

    i;cj li.

    noni pas

    V Arrìic de

    ('ti-

    A'oe

    — 455veux dire une édition complète et critique de ses oeuvres. Enfìn et surtout, lorsque Bruno dit qu'à Genève il ne

    droit, je

    put se rèsoudre à embrasser la religion qui y était professée, son assertion ne cadre pas avec les faits que les documents nous révèlent. En parlant ainsi devant les inquisiteurs vcnitiens était-il animé du désir bien excusable qu'il eut dans les premiers temps de sa détention d'écliapper aux griffes du terrible tribunal ? Ses souvenirs pouvaient-ils d'ailleurs ótre bien prècis après treize ans écoulés et de nombreuses pérègrinations à Lyon, Toulouse, Paris, Londres Oxford, Marbourg, Wittenberg, Fraglie, Helmstedt, Francfort, Ziiricli ? Dans Tètat actuel de nos connaissances, il serait mala isé de répondre à ces questions. Ce qu'il y a de certain, c'est que, pour ètre admis comme étudiant dans rAcadémie londée par Calvin, Bruno avait dùaccepter et signer la confession de foi imposèe par les règlements de 1559, et que le Consistoire lui ayaat « défendu la céne » pour la « grande laute » qu'il avait commise en « errant dans la doctrine » et en se permettant avec irrévèrence d'appeler les ministres des « pédagogues, » il s'enipressa, quinze jours plus tard, de soUiciter la levée de cette interdiction. 11 était donc alors, au moins à l'extèrieur, aussi protestant qu'on pouvait le désirer: aucun doutc no saurait désormais s'élever à ce sujet. Nous posscdoiis une aiitrc prcuve que Bruno a fait partie de l'égliso protestaiilo ilali<'nne de Genève. En 1650, Vincent ,

    ,

    ,

    ^

    ,

    Burlamaclii - lìt, d'aprós ics arcliives, aujourd'hui perdues, de cette cglisc un relevc fles rérugiés italiens depuis 1550, avec rindication des ministres, anciens et diacres. Dans ce travail, qui Torme un cahier de 70 feuillets, conservè aux arcliives d'État (P. H., n" 1477 bis), on trouve (f". 23) le noni de Filippo Bnino^ del ì^egno di Napoli. Burlamachi s'est l)ornc à mettre une seule date d'année au liaut de chaque page de son manuscrit et ce millèsime doit èvidemment se rapporter aux premiers noms de la page, qui en contient en ,

    \)

    Kn

    (|iiiUan(

    à liomr, licncs, le

    clicinin 2)

    \v

    a

    dans

    dès

    WòZ.

    iples,

    }3i"iino

    Venise

    et

    a\ai(,

    résklé successivenient

    Pallone, avant de pi'enJre

    de (irncNC. (IciK'Nc

    M'inbre 1(131, fui,

    son couvent de N

    Noli, S ivone, Ti'iin,

    cu

    l.")!>8,

    nieiiil)re

    dii

    l'cglise ilalienne, 11

    mourut

    le -18

    admis

    gi'alinlemenl, à la bourgeoisie le

    Coiìseil des

    diacre de

    CC depuis

    -1033,

    ^G26à^052,

    TéNrier -1682.

    Vincent,

    Irésorier

    H

    9

    no-

    Burlamachi

    027-37, ancien

    ,

    — 456 — tout vin«rtcinq à treiite;

    de

    Vai tòte

    et eii tctc

    'II'

    sultòes ]iar <|i'

    li<'iiii<'

    pa.L^c

    la

    I

    1.1

    :ii



    iii.u-h

    l'iitrr

    (icii<''\('

    llriiiio

    ,

    i

    l.'iTT.'t

    de

    a\<'c la date cxach'

    tciiifiit

    Livre da Recl.car

    ^

    les

    lìiit

    les derniers. date de 1577, .Taprès Ics pieces oon-

    on

    Aiii
    -iii\;iiit<',

    rl.i

    pour

    n'est plus vrai

    il

    tinnire Hruiìo

    lit la

    ITiT'.),

    de

    iikmiiIu'c

    ir.s,!^ e,, ([ui

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    1

    I

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    ita-

    jtaiMai-

    luiii'iiissciit

    \\<\\\<

    Registres du Coiiscil

    r(\

    icoi'(

    1

    le

    Ics Rej^istres

    et

    Coiisi^toirc.

    dii

    et [diis iiìat"''i'icl Ics dcux mai ir>7'.), aii iiioiiiciit de soii iiiimatrieiilalion daiis rAcadi'inic de (leiiéve, pri'senteiit ciicoi'c 1111 i'<'el iiit("'i'èt. On ne (•(iiinait aneline b'Kre inaiiii^erite de HiMiiio: les rceliei'clies ciiti-cpi-iscs pmn- cu
    A

    1111

    pniiit (|c

    ((.ut

    \

    aliti'*'

    li;:ncs «'rritcs pai- Hniiio le

    ,

    "Jn

    \

    le

    laisait elle/,

    nuserit

    jietit

    ÌIK'mIÌIs dll

    liiiraire Tross, à

    iii-i",

    de

    18'i

    Paris-,

    lcuillet<,

    Ndlaill. ("e ]U-<'cÌ<'ll\

    i'aeipiisi

    t

    i(

    m

    iilerinant

    iv

    recuejl

    ('•lait

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    iil

    \''lldll

    ma

    liait''-

    eiuiiiiie

    M. de NdrolV. daii< le calalo-iie iiii|ii iiin' di sa liildiotliéqne, lui a !nai!i(<'iiu ce cai-aclére, eii rallirmaiil de la laecui la |ilii< <'at<''i.Mriiiiie et eii ])nblianl eii lac-simile dc^ aiito^rraplie.

    rra,i:ineiil< d-'

    ces dillV'reiiH <»j)iisculcs.

    .M.

    Hcrli a

    lait

    rein-o-

    Jdindre à ses Docictuoi/i. l/<'< riliirc en <'st l'xtrciiicnieiit line et iiienuc. Si on la e(Hììi)are avec la souseriptidii autoiiraplic - de Hriiiio sur le Ltrrc fin lìcCh'iir de (ieiiève OM s'apeivoit aiseiiiciit ipi'rdlc ifa a\ e(^ celle-ei aneline espèce de rapport, niènie lointain. il lant necossairement en conciare qiie les traites aclietés en 1H(56 ne sont pas autugraplies ils aiirunt été probablement dictcs par Brnno à nn élève ou transcrits par C(dni-ci. On doit pent-ètre l'aire un pas de plus. I/nn de ces traites est date de Fa
    ,

    :

    -1)

    Le (jiiatorzirme, sur 11

    iionis.

    tn Irouvcra plus

    un

    2) Oli

    3) Berli,

    m/,

    p. 3o2.

    Joiii

    fac-.>inii'e.

    trop téméraire en peiisant que récriture des nenf traités manuscrits attribuee par erreur à Bruno , n'est autre que celle de Jerome Besler '. La souscription du 20 mai 1579 ressemblerait davantage à ,

    tracée à Francfort celle que Bruno aurait, dit-on volume des oeuvres de Raymond Lulle et dont le ,

    ^

    sur un

    fac-simile

    également reproduit par M. Berti. Bien que cette dernière présente avec la nutre des dillérences essentielles dans la l'orme de plusieurs lettres (telles que les h, /, /", etc.), il n'est pas impossible qu'elle émane de Bruno, mais l'on peut à cet égard conserver des doutes légitimes et, sauf le cas de decouvertes nouvelles, la souscription du Livre du Recieur, dont Tautlienticité est absolument incontestable, constitue le Seul monument certain qui nous soit reste de l'ècriture de n l'or t u n è 1)1 osop h e. 1 1571) à 1592, Giordano Bruno a Un vd'U pour terminer. liabitè une douzaine de villes. l*eut-ètre de recherelies entrea ètè

    '

    1

    i

    i

    1

    (];iiis leui's ai'cli vcs, dans celles du moins qui n'ont pas ('licore siillisaminciit explorées, amèneraient-elles la mise au jour d'autres documents, qui permetteraient de compléter la biographie, singulièrement attachante, de Tancétre spirituel de Descartes, de Spinoza et de Leibnitz.

    pi'iscs

    i

    (''t("'

    11.

    Noi omettiamo per brevità

    di far seguire a questo

    documento un quinterno manoscritto della Compagnia dei Pastori di

    del di

    1577

    Ginevra. Esso

    sino al

    16 pagine

    di

    si

    estende dal settembre

    novembre del 15 78, ed scrittura fitta

    e

    densa.

    è Il

    composto

    nome

    del

    Sur ce personnagc, voy les délails réiinis pai- p. Bi'unnhofer, (p. 32'(). uccompagnée d'un monogi'amme l'orme des letU-es G, I, B [Giovdano Z?riino): j'admetlrais plus aisémenl qii'il esl de la raain de Bruno. Qiiant au monogramme accolé à l'un des opuscules conservés en Russie, il esl d'une slructure loute di/I'érenle et ne présente que les lettres G. B. Bien m'empècherait de supposer qu'il a été trace par Besler. \)

    2)

    Elle est

    30

    -

    Berti,

    Giordano Bruno.

    De

    la

    ^^58



    Fave cade più volte sotto

    gli

    occhi,

    lo

    credo

    che questo quinterno, che ha certa importanza per la storia religiosa di

    Ginevra, sia l'originale stesso stac-

    cato da un registro più esteso e non una copia. Del 1)111110

    vi

    ii'iii

    (

    ]i;n
    (Jiiesto

    ferma quanto noi dicemmo a nel

    1577

    e

    1578

    iicii

    era

    silenzio

    }iag.

    aiicoi-a

    assoluto con-

    105, che in

    il

    (nncvra.

    Bruno

    -459 -

    VAEIA Documento A (confronta pag.

    215).

    STUDIO DI MARBURGO. per il primo un brano del DocuIl Wagner pubblicò mento intorno a questo dissidio. Noi riferiamo qui anche la parte omessa dal Wagner, essendoci stato cortesemente trasmesso l' intero documento dal dotto nostro amico cava-

    Eugenio Ferrai, professore di lettere greche nello Studio Padova, che lo copiò dagli annali manoscritti dell' Acca-

    liere di

    demia

    di

    Marburgo: A\\() l'is

    (

    lllilS

    ll()^ll•L

    l

    l

    SAL\ A'IO-

    MjJLXX.vvi Cak'iìdis oiiinirmi

    \iia?iiiiii

    Mp:idiiis,

    Uns

    pi"of(!.s oiuiii

    lulii,

    (onsciisQ Pcìfrfis

    Docloi-, el nioralis pliilosopliia'

    ^.

    oc linarius lleclor Acadeniia' IMarpiu'yeiisul) ciiiiis nia.iiislralQ sequentia stù(lio^onim nomine in niad'idila Acailemiie relala sunt. Clirislianus ahcr Madchacl.cnsis 2 lulii aó 80

    8.

    .loi'daiius

    pf()|'(!SM)r

    sis clci liis csl,

    l

    \()I,iiiun

    \('a|)olilaniis

    'J

    licoloiiia'

    Doclor Uo-

    Ca'leruiu cum eipolestas pu])li(e prolìlendi pliilosophiam per

    iiianonsis

    26

    lulii

    anno

    8().

    dem me (um con^ensu

    facuKalis |)lii]osophi(a' oh arJùas denegarci ui', adeo exc andriil, \ niihi in meis a'dil)u,s pcorai itc)- insuilarel ((iiasi \ero in hac re conila ifis genliiim et (onsùcludinem omnium Vniuer .silalum Gcrmanijc el conlra omnia studia hùmanitalis a^erem ac propicrca prò membro Academifc ampliiìs haheri noJùerit. Vnde facile voti sui compos l'actùs, rursus e\ albo Vniucrsitalis per me exaiiloratus est, Hffec sunt qua? Nigidius de Joidano Nolano in albo Acad. niarpvrgensis marni propria inscripsit. Tempore aliquo praeterlapso, prima ista verba .lordanus \olanus Neapolitanus, Tbeologiae cafis.'-as

    I,

    ,

    ;

    »

    8.

    Doclor Romancnsis

    »

    Nigidivs ipse crasso pennte ductu obliterasse videtur;

    quod

    ila

    factum

    est,

    adhuc leeadem verl a per

    ut originales lilera3 bene gi possint. Postea vero

    »

    alium scribam versui deleto superscripta sunt. Eadem aulem manus quatuor isla vocabula cum consensu fai^ultatis pliilosophi'_a3 » videlur obliterasse

    Documento B (con fr o ul a

    MuiriL

    ruMl'(JM0 XUWAW.

    1)1

    Sinnmarii delle cose notabili successe

    1050 a «

    Uno

    lutto

    III. -liti

    il

    Hìinoso lieretico

    (Iella

    (Jiialf

    era

    cliic^a, di'l

    alli

    is

    ti'

    arrosto

    Odiifcssioiìc

    la

    raiil(.!-ità

    Ue;.'-|i(»

    (lai jirincipio (V(ii>rile

    J.'.IT.

    (jiu(ji((i

    Ritma: perche nc^/ava

    ^Ul).

    piiy.

    «lei

    In

    .u

    juir-ati.i

    l'aj.a:

    Napuli

    di

    il

    altri

    .'l

    li.-in-ii;! |m.

    .|i

    so vi\

    i.i,

    li

    (>

    m

    sacia-

    jia liic. .Iai-i

    :

    anni,

    ,(,! di

    eccellente filosofo et teolofro, veiintu ulhinaìih-nli' (h'INi -IikIk» et essendo mandato a lloma in mano delli liKjiiine volendo mntare le false opinionj conforme alla sua sentenza lo condeiinarono al fuoco, lia\ <'iid( ili jxm'O dato, doj)p(i la sentenlia, dna tei-min.i di 70 «jiorni da ixdt-i-si senza jn-c^nuditio mutare, ma stando ej/li sempi"- ov(iii;ii(, ndif sue

    Padova

    di

    sitori,

    lieresie,

    non ostante che da

    fusse tentato con ragioni

    tutti

    fu

    :

    li

    'Icol";ji

    \al-'iili

    condcdto

    linalmciiti.'

    di

    IJoma

    in

    ])iaza

    nauona dove era una caldaia ItoUente di olio, pece, et termentina, alla quale spontaneamente si oHerse il corpo, con allegra faccia, alzando le man.) al cielo

    et

    dicendo,

    susclpc

    domine Deus ineusJantuluiK ci marlireni /^/^(/r< C(jntinuando il medesimo nel mezo delle liamme et «h- toi iiienti per spatio ;

    di

    '

    .i

    d'

    hora che vi visse.

    B. Archivio di Stato di Firinee

    »

    - Sii

    oeziane Filza 840

    -

    2^ quattmo

    p.

    242-25.

    APPENDICE 1.

    LETTERA Conrado

    DI

    GASPARE SCIOPPIO

    Bittej shusio suo G.

    Schopphis Fr. S.

    Quas ad nuperam tuani expostulatoriam Epistolam rescripsi, non jani dubito quia tibi sint redditae, quibus me tibi de vulgato responso meo satis purgatnm confido K Ut vero nunc etiam scriberem, hodierna ipsa dies me instigat, qua lordanus Brunus propter haeresin visus vidensque publice in Campo Florae ante Theatrum Pompeii est combustus. Existimo enim et boc ad extremam impressae epistolae meae partem, qua de haereticorum poena egi, pertinere. Si enim nunc llomae esses, ex plerisque omnibus Italis audires Lutberanum esse combustum, et ita non mediocriter iu opinione tua de saevitia nostra conlirmaveris. At semel scire debes ,

    ,

    mi

    Rittershusi, Italos nostros inter haereticos alba linea

    non

    signare, neque discernere novisse, sed quicquid est haereti-

    cum

    Lutheranum esse putant^ in qua simplicitate ut conservet precor, ne sciant unquam, quid haeresis alia ab aliis discrepet. Vereor enim ne alioquin ista discernendi scientia nimis caro ipsis constet. Ut autem veritatem ipsam ex me accipias narro tibi idque ita esse fidem do

    Deus

    ,

    illud

    illos

    ,

    ,

    'l)

    Gaspare Scioppio scrisse parecdiie let'ere in

    suo llillierausen, che, indispellilo contro di l'.cargliene

    lui,

    questo (empo

    riliuiavasi

    ricevimenlo. Questa lettera è ora assai più corretta

    menle che nclhi prima edizione. Omettiamo che si riferisce ad Antonio Fuher.

    la postilla

    all'

    amico

    oramai di signiortogralìca-

    che porla in line e

    .

    testem iiiilliim prorsus Lutlioraniim aiit Calviniannm, nisi relapsuin V(?l pnlilieo scandalosuiiì, ullo modo Roniae pori:

    nodiini ut

    clitai'i.

    mcns

    nostri

    morte piiniatur'.

    commealiis,

    llaoo sanctissinii lìoinini

    Komam

    omniluis LullK^raiiis

    est, ut ul(|U(' a

    (lardiiialilm^

    l'i-arlalis

    paliMl

    lilx-r

    Cni iaf iinslrao

    omnis ^^('iicris litMi<'\'(t|t'ii(i;iiii .-l liiiiii;iiii(;tl<'iii ex piTi.inl mAtque utiuani liic ('v
    :

    multis Catliolicis iiuiotuit,

    cis Cardinali Haroiiio, f[ui cuiu

    ctiam Coiilessarii l'niilililiumanissimc e\c«']iit. d.'

    rcdigiom*

    cirit,

    Is

    j>i*(trsus ciini

    iiiliil

    ij)si

    i

    ^

    «'<»

    ({ikmI

    iiisi

    adhortatiis est ad \critatem iiivcslii^aiidaiii. sit

    eum

    s]tai-S(»

    sua esse secui-issiuniui

    tìde

    scandalum

    hi'

    diim

    ,

    n-'

    I

    (dtit<'i-

    (

    ]i<'riculn (|ii(id

    nm iiis-

    iiuMicc

    Ac mansissct ille iKdiisciim diu(iiis, iiisi rumore de Anglis (juibusdam in l'alatiiim linjuisitioprael)eret.

    uis deduetis

    perteri'itus

    ,

    metuisset.

    siiti

    non eraut, quod vu1{j:u al) Italis dicuuliii-, l.iised Puritani et de sacrilega venerabilis sacramcidi

    At Au^^li tlieraiii,

    illi

    percussione Anglis usitata suspecti ipse Similiter lursan rumori vulgari crederem, lirunum istum luisse (•!• Liitlicranismum cdiubustum, nisi Sancta iiKiuisitionis ollieio iiit< rni<sem, dum seiiteiitia cuntra eum est lata, et sic scii m, i|iiaiii nani ille liaeresin jjrofessus luerit. Fuit euim Hrunus ille Patria Nfdanus ex regno Neapuiitano, pndessione Dominieanus: (

    <

    i

    '

    qui, culli

    iam

    aiiiiis abliiiic

    octodeclm

    '

    d«'

    Ti aiisubstaiilial ione

    Pare che Sdoppio iii'cmla con (jucs « sue paroh- alludere

    4)

    lificalo di Clenienle \ 2) Infatli

    molli eiviiti coiiveiiuli in iSonia cliiran e

    i

    al

    solo p ui-

    111. il

    (iiiil)ileo

    non

    el)-

    bcro a patire molestie o persecuzioni. ledesclii die in

    .Vecaddero pareeelii faUi di IngleNi ed anclie di

    3)

    InsuUarono Ire .stava

    al

    esposto nella

    uno Scczze

    t

    Illesa.

    Sotto Clemente Vili, come già abbiamo dello,

    e fu ab' rucciato vivo per avere penos-so

    parole dello

    ll(Miia

    Sacramen'o menire era periato da sacerdoti od anche nien-

    Sdoppio

    si

    riferiscono od

    al

    fallo

    il

    Sacramento. Ques

    da noi accennalo o ad

    e

    allri

    consimili. Ks.se .sono quindi in ludo conformi alla sloria. -4)

    Qui lo Scioppio erra credendo che

    -1308,

    noi

    ci

    mentre

    vi

    era venuto nel Vód3.

    troviamo precisamente a un

    condo processo che

    gli si fece a

    il

    Bruno

    — Se dal

    dipres.so al

    -1

    fos.se

    venuto

    in Uoiiia nel

    592 o 03 togliamo 'ISanni,

    Vòld

    Napoli ed in Roma.

    ,

    cioè all'epoca del se-

    -463 — nhnirum, ut Ghrysostomus tuus clocet, repiignante) imo eain prorsus negare, et statini virginìtatem H. Marine (qua ni idem Glirysostomus omnibus Clierubin et Serapliin pui-ioHMn ait), in dubium vocare coepisset, Genevani abiit, et istliic- l)ienniuni cominoi'atus tandemque quod ad

    (rationi

    (lubit;ii'e,

    Calviiiismum, ducit, per

    tanion

    ({ua

    niagis ad Atiieismum

    ivcta

    niiiil

    omnia non probaret, inde

    Lugdunum, inde

    eieetus

    Tliolosam, bine Parisios devenit, ibique extraordinarium Pro-

    iessorem egit, cum vìderet ordinarios cogi Missae sacro interesse -. Postea Londinum profectus, li])elluni isthic edit de Bestia triumpbante, b. c. de Papa, quem vcstri honoris causa bestiam ai)pellare solent^'. Inde Wittcltergam abiit, ibique publicc prolessus est biennium, nisi lallor. Hinc Pragam delatus libruni edit, de immenso et inllnito, itemque de innunierabilibus (si titulorum sat recte niemini: nani libros ipsos Pragae habui''), et rursus aliuni de umbris et idaeis -^, in quibus borrenda prorsusque absurdissima docet, ut q. niundos esse innumerabiles, animam de corpore in corpus, imo et al inni in niundum migrare, unani animam bina corpora informare posse, magiani esse rem bonam, et licitam, Spiri-

    Sanetum non

    tuni

    Il

    -1)

    IJ.uno

    non

    iliiiiorò

    Quc.s'e p;u'ol(!

    2)

    sono

    dal

    mi due

    in (iinevni chtc anni,

    confofmi

    (e-;liialmenle

    IJruno davanli ai giudici veneli. lezza che

    animam mundi,

    esse aliud nisi

    a

    mesi.

    (luelle

    processo o dalla senlenza. Cosi pure dai

    straordinario

    hoc vo-

    pronunciale dal

    Lo Scioppio non poU' quindi averne con-

    processo o della senlenza egli rica\ò (he ullicio di professore

    et

    nell

    il

    Bruno

    Universilà

    soli

    documenti del

    aveva avuto

    di Parigi.



    lilolo ed

    La confor-

    mila di tulle queste asserzioni coi noslri dociunenli confermano pienamente

    quanto già abbiamo dello cloì che

    Scioppio copiò, come notammo, dal

    lo

    vero. 3)

    Lo Spaccio

    4)

    Il

    lilolo il

    Bestia Irionfonle

    della

    De immenso

    et

    De monade, numero

    menso, ecc. Francofort ìi)

    ma

    in et

    Viììfinito^

    Londra, e con figura

    ,

    ecc.,

    Scioppio accenni col

    aliro

    1'

    e(, mondi che De innumerabiUbua

    universo

    item De innumerahilibus

    ^

    im-

    \'òd\.

    Tulle queste sentenze non nelle d posizioni del

    si

    con'.engono nel

    Mocenigo.

    Scioppio corrisponde pienamente tenticità della lettera.

    fu letto dallo Scioppio.

    Pare che lo

    De

    inpnilo al libro

    Bruno pubblicò nel ^o8^

    (|uello

    non

    li;olo di quesli libri è si)ag!ia:o.

    ai



    L'

    lil)ro

    De umbris idearum

    enumerazione che qui

    nocumenti



    novella

    ne

    fa

    Ij

    prova delT au-

    -

    -

    464

    luisse Moysen, dum scribit, eum fovisse aquas mundum esse ab aeterno. Moysen niiracula sua per magnani operatimi esse, in qua plus profecerat, quaiu reli(|ui Alvuyptii: eum lejxes ;

    suas conllnxisse, sacras litteras ess(» somniuiii Diabolos saliri, solos Aebraeos ah AiI.iuki i:va oriirinem dueert\ ,

    vatuni

    <

    t

    iis duobus, quos Deus jnidic fecerat Christum non esse Deum, sed fuisse magum insi^niem et ominibus illu-

    reliquos ab sisse

    ,

    ,

    ac propterea inerito suspensuni

    non crucilixuni esse, ffirct

    ,

    viva voce

    assciMiit.

    nci'Iki

    l'iu»

    ICtliniforum l'hihtscqiliis

    \<'l

    ut

    dicam

    a

    ii(i-ti'i<

    i|iiic(|iiiil

    ,

    Tra^M Hrunsvi^Min diu,

    j)roI('SSiis

    H<'Iiiist.iiliiiiii

    <'t

    dicilur.

    Imi--

    jumm

    l-'raiic(.riii

    |

    aliiit,tand('m(iU(' Ncnctiis in ln(|uisiti(>ni.s

    diu satis ,

    eum

    U<»mam

    luissi't,

    qudd voc-ant,

    iiìi,

    iim

    in-niiui^n.iN ilii

    .-t

    lilii-iiin

    nianus

    iiii(|u;iiii

    rcrcii-

    ;nilii|iii<

    tioi'ibus liaeretieis est assi-rluin, ni oiiiik' ipsr

    ncio

    lioniines

    magos et pk-roscpie suspensos, dcuiquc iiiliiiiluin omnia, cius portcìita rcccnsero, qu.t<' i])S(> d lilii'iv et

    n('({uain

    ali

    impiccalo^),

    italice

    pi'ui»lietas et A]H.vf,ii(,s l'uisse

    iis

    ,

    t.

    clitiii'iis

    jx-rvciiil, ulii

    niissus est, et sa('i)ius a

    liujuisilionis exaiiiiiiat

    i

    ;ili(|u,iii-

    d

    a

    S.

    (

    li-

    siiiniiiis

    mudo (piadi'apiiila di^s (.Minuit, ({uilius modo promisit l'alinodiam, imnìa dciiuo suas delendit, mudo alios (luadra.irinta dics iiiii»<'tiavit; sed

    Tliedlo^Ms convietus,

    deliberaret, nujras

    tandem

    niliil

    eirit

    aliud, nisi ut l'ontilic<'m et InquisitioiHMii

    deluderet.

    Fere ijritur bionnio- i»ost, (juain liic in Iiniui-itidiicin di-xciiit, nupera, die nona Kebruarii in -ii]ii<'nii Inijuisitoris l'alalio praesentibus illustrissimis Cai-dinaliltus S. Ollicii In(|uisitiouis (qui et senio et rerum uso et Tlieolo^'iae lurisqiie praestant) et

    scientia

    reliquis

    seeulari

    .Ma^ristratu,

    Urbis

    consultoi'ibiis

    (iubornatore:

    luit

    Thcolof.ns,

    Brunus

    et ille

    in loeum Inquisitionis introdiictus, ibi(iue genibus flexis sententiam contra se pronunciari audiit. Ea autem fuit huiusmodi: Narrata fuit eius vita, studia et dominata, et qualem Inquisitio diligentiam in convertendo ilio et fraterne monendo adhibuit, qualemque ille pertinaciam et impietatem osten-

    -I)

    \edi Documenlo

    2)

    È sempre

    stalo Iradollo

    i.



    da Venezia

    in

    dovano

    Si

    lo slesso errore

    :

    le slesse parole.

    cioè lo Scioppio credei le clic

    Ilenia nel ^oDi».

    il

    lìruuo fosse

    — 465 — eum

    degradarunt, ut dicimus, prorsusque excomMagistratui eum tradiderunt punieiidum, rogantes, ut quam clementissime et siiie sanguinis ef-

    derit: inde

    municarunt,

    et seculari

    eum ita essent peracta, nihil ille respondit aliud, nisi minabundus. Maiori forsan cum timore fusione puniretur. Haec

    sententiam in me fertis, quam ego accipiam. Sic a lictoribus Gubernatoris in carcerem deductus, ibique octiduo asservatus fuit, si vel nunc errores suos revocare vellet, sed frustra. Hodie igitur ài rogum sive piraili deductus, cum Salvatoris crucilìxi imago ei iam morituro ostenderetur, torvo eam vultu aspernatus reiecit, sicque ustulatus misere periit, renuMciattirus credo in reliquis iliis, quos finxit, mundis, quonam pacto homines l)lasphomi et impii a Romanis tractari soleant. Hic itaque, mi Rittershusi, modus est, quo contra homines, im(| monstra huiusmodi a nobis procedi solet, Scire nunc ex te spudeam^ is ne modus tibi probetur: an vero velis licere unicuilpie quidvis et credere et proliferi? Equidem existimo, te non posse eum non probare. Sed illud fortem addendum putal)is: Lutlieranos talia non docere ncque credere, ac proludei aliter tractandos esse. Assentimur ergo tibi, et nuUnm jrorsus Lutheranum coml)urimus. Sed de ipso F^rophcta vèstro Luthero aliam forte rationem iniremus. Quid n. dicit, Rittershusi, si asseram et probare tibi possi m, Lutlierim non eadem quidem, quae Brunus, sed vel absurdi(.)ra maii-isque horrenda non dico in convivaIibus,sed in iis, quos viVus edidit libris, tanquam sententias, dogmata et oracula docjiisse? quid tu hoc non credis? Mone quaeso, si nondum satìs novisti eum, qui veritatem tot seculis sepultam vobis eruitJet faciam ipsa tibi loca indicentur, in quibus succum quiliti istius Evangeli deprehendas, quamvis isthic Anatomiam Lutheri a Pistorio habere possitis. Nunc si Lutherus Bru^ius est, quid eo fieri debere censes ? nimirum i

    dandum,

    infelicibus ustulandum lignis. Quid prò Evangelista, Propheta, tertio Elia habent? hqp tibi cogitandum potius relinquo: tantum ut hoc mihi cred)s, Romanos non ea severitate erga Haereticos experiri, qUa creduntur, et qua debebant forte erga illos, qui scientes vqlentes pereunt. Sed de bis satis. Quae nuper a te petii, rogrj prò veteri nostra amicitia cures diligenter: qiii si tuo nomine similiter quid facere poterò, faciam ncque tardi pedi l|eo illis postejj,

    qui

    eum

    — 460 fldem neque industriam in me desiderarvi, queas. Sulpitii vitam cum acceperis, quaero quando editioneni sis auspicatiu'us, et hoc te amice moneo, apud doctos potins, quani apud iuvenes rei vulgariter eruditos landem ex ea quaerere cogites, Satis iam datimi anrae isti. Nimc solis maiorimi gentium litteratis plaeendnm, quod tìet, si non omnia, quae in Scholiis dici possunt, attuleris, sed ea, quae velles ab alio magno viro tibi proposita esse. Deinde ne appareat affectatio aliqua multae Lectionis vel scientiae, ut q. cum in Gunthero annotas Ghaos ab Hebraeo dici: quod postea putant alii de industria esse positum, ne liebraearum litterarum rudis videaris. Tertio, ne quicquam contra Ghatolicos, maxime de industria arrepta occasione, atTeras, non qucd putem esse, cur Catliolici sibi a te metuant, (erunt n. illi cum tu non eris), sed quod nolim libris et nomini tuo aditiim Italiae et Hispaniae et forte brevi Galliae ipsi intercludas. Si enim GonTridentinum, velut nuper se laboraturum Pontitìci Rex Gristianissimus promisit, in Gallia recipiatur: aetum erit de libris vestris, Et quando tandem, mi Rittersliusi, serio sapere incipies, ut quanto cum anima e corporisque periculo inter Novatores, vivas, intelligas'^ Gede sodes, mi car ssime, cede inquam tantis doctoribus, et puta eos melius Biblia intelleciliuni

    xisse.

    Gasaubonus noster,

    uti

    video,

    bonum

    tibi

    exemplum

    praeire incipit, qui nuper modestissimam in hoc genere Epistolam ad Gard. Baronium perscripsit. Deus illuni iiiagis illustre!,

    De

    teque

    illi

    secutorem

    studiis tuis quid

    faciat.

    nunc prae

    iiianibus liabeas vel confe-

    ctum, vai adfectum, scire velini: iteni legere coeperis, postquam a vobis

    num

    Pandectas praetuus

    discessit vapiilatur

    Wesembecius. Ego sub flnem superioris

    et

    anni

    et

    seculi

    Gommentarium de indulgentiis absolueraiii, qui ia Germania impriiiietur. Nuc spicilegium Apuleianarum Lectionum absolui. Mox editioni epistolae cuiusdam Dionysii Alessmdrini accingar. Inde novam Agellii editionem (ne vide) cogto, invito, quamvis Fiannio, qui adeo quoque sordeat, qui iisdem

    in aula felix esse incipit, ut dediti litteris

    illis

    humanionbus, quid

    futuruiii? Francisci Schotti Ilinerarium Italicum vidistine? Si non vidisti, autor siili isthie ut emas. JMittam ego prima occasione Roiiiae antiquae et novae delineationes magno tibi usui futuras in scriptoribus interpre-

    credis propedieiii

    — 467 — tandis.Wackerius noster ait\ se humanissime et prolixissime ad te scripsisse, sed a te ne ypv quidem Lucillii accipere adliuc potiiisse. Unde, iiiquit, piane suspicor ipsum nobiscum stomacliari, et cum liomini])us Idolatris rem amplius habere nolle:

    quod nobis ferendum

    video qnid

    tibi

    liumanitate,

    mi

    Ego,

    est.

    non

    Rittershusi,

    amicitia tanti viri nocere possit. Noli queso ab

    quam

    profltemnr, tam Mlienus esse, nt illnd accu-

    quod innuere, quam dicere nimio malo. Sed fortassis litterae eius tibi non sunt reddite: id quod ego suspicari malo, et hoc etiam modo ipsi te nunc purgo. Tu si me audis, nullam tibi liebdomadam elabi flnes, qua niliil ad ipsum scribas, praesertini de litteris nostris. Milli crede, vir est ille tui cupidissimus, quique te, quamvis non Ghatolicum iuvare et velit et possit. Lipsius noster, sedsecundus, ubi gentium est? quid eius Sallustius, quid liber de comisari in te forte queat,

    tibus, ubi liaerent? Guidi nastus

    quorsum

    Hubnerus, Ignatius? quaeso

    Kiiclielius,

    quorsum

    pervenit,

    mecum communices,

    si quid de illis certi liabes. Uxorem tuam liberosque: D. Queccium, Sclierbiumque salvere iubeo.Roma, ut solco, raptim

    d.

    a.

    17 Febr.

    Anno

    1600.

    Tuus ex animo G.

    'I)

    che

    et

    nunc

    Questo particolare del Wacliei'io è una delle prove si

    olim

    et

    ScHOPPius Fr.

    possa addurre della auleniicJlà della lettera

    dello

    più

    inconU'aslale

    Sdoppio.

    Il

    Ke-

    plero interrogalo dal Brengger (vedi la nostra avvertenza in queslo volume, pag. 9) intorno la morte del Bruno, risponde assai tempo prima che il documento sdoppiano si pubblicasse: « Seppi da JFarherio che il Bruno fu

    abbruciato in che tutte

    le

    Roma

    e che soppor.ò

    religioni

    circolo e col punto

    sono vane

    ».

    e

    con

    coslanza

    che Iddio

    Facciamo qui

    (ine,

    cadere dubbio intorno alla presenza dello tenza ed alFabbruciamenlo del Bruno.

    si

    il

    supplicio

    immedesima

    col

    ,

    asserendo

    mondo,

    col

    non sembrandoci che possa più Sdoppio alla lettura della sen-

    II.

    GIOVANNI MOCENIGO

    ^ che noverava quattro dogi alla venuta del Bruno iu Venezia ebbe parecchi de' suoi nel secolo decimosesto che sortirono nel battesimo il nome di Giovanni e che meritaronsi, ad eccezione del nostro, onorata ricordanza negli scritti di qnesto tempo. Di un primo Giovanni Mocenigo trovasi menzione che andò oratore in Francia nel 1558'^ e che fu tenuto in grande stima per la sua eloquenza e facondia. Vi fu un secondo Giovanni Mocenigo uomo di singolare valore che avanti l'anno 1594 già era de' tre inquisitori di armata e provveditore in Gandia e che poi sostenne l'am-

    La

    ai)

    I

    illustre famiglia Moceiiigo

    qruliro elogi sono: Tomaso, nel Vtì't

    vanni, nel 1478





    Pietro,

    nel



    l'tlA

    Gio-

    Alvise, 'ioTO.

    Vedi intoi'no a questa famiglia De Domo 3Jocenica^ opera nianoscrIUa ossia rinomanza di non ho potuto consuHare. Corona di Rose

    che

    ^

    alcuni

    famosi soggetli

    cenigo^

    da

    raccolta

    azioni illustri

    Venezia,

    Fam,

    de''

    che

    più

    hanno

    celebri

    resa

    la

    ^1072.

    — Quadri

    A.,

    In

    esso

    trovasi

    la

    azioni della famiglia Mocenigo dell'abate Morlopino.

    Bertanum,

    famiglia



    Mo-

    Le Mocenigo dell'abate Morlopino. Serto de'' Dogi Mocenigo per le nozze ,

    1720.

    principi della famiglia

    FiuiNCiscus, Oratio de laudibus familice Mocenicoe. -1072, in 4°.

    — Vedi

    eziandio

    opera Delle inscrizioni veneziane^ nuele Antonio Cicogna.

    la dolta

    2)

    gloriosa

    Maldura

    Venezia,

    autori.

    Mocenigo. Spaur. Venezia, ^1840, in-8". illustri

    illustre

    FiORiiLLi Giacomo, Lib. IV, cap. 179.

    olire

    le

    raccolte

    Venetiis.

    ristampa delle



    De Rubeis

    apud. Io. Ant.

    varie storie di Venezia

    ed

    illustrate

    da Ema-

    — 470 Roma

    basciata di Parigi, indi quelle di

    e di Costantinopoli,

    nuovamente di Roma dove si trovava ancora nell'anno in cui fu il Bruno tratto al supplizio 11 primo non é certo il Giovanni del processo perchè questi era appena nato quando l'altro già andava oratore in Francia, e così pure non vuoisi con lui confondere il e

    secondo perché Tufflcio di provveditore in Candia, di cui era investito avanti l'anno 1594, ci induce nella credenza che non solo non si trovasse in Venezia nell' anno 1592, ma che neanco fosse uomo da desiderare di farsi discepolo del Bruno.

    Le cronache ricordano eziandio ed un Giovanni Mocenigo più giovane di quello del processo di sei anni, che prese in moglie la figlia di Alessandro Loredan, e due altri ai quali non si confanno le condizioni del nostro. Ben guardando ora alle note caratteristiche che lo contrassegnano nel processo ci pare che egli sia il Giovanni Mocenigo che nel 1592 si fece editore presso il libraio Giotto delle lettere del famoso Giambattista Leoni ^ in queste lettere è appunto 11 Giovanni di cui é cenno che muore nell' anno 1585 figlio di un Marcantonio '*

    -1)

    Abbiamo diqueslo Mocenigo una relazione cbe non venne Ed é quegli stesso cbe lvovando«i oraloi'e

    Eaccolla deirAlben.

    'KilO scriveva aJdì 10 luglio, cbe l'infelice frate Fulgentio

    dotto a buonissima bora in

    Campo

    di

    Fiore

    palo, al quale poi fu anco abbrugiato

    un

    ».

    Roma

    Manfredi

    «

    nel

    con-

    impiccato per la gola

    fu



    insella nella in

    atl

    Cicouna, Inscrizioni venete^

    Voi. V, pag. o8'(. 2)

    Ledere famigliari

    Gìo.

    di

    cui

    abbiamo

    Leoni. Venezia, appresso Giovanni

    Battista

    Battista Ciotti senese, al segno della

    favellato nel capitolo

    Minerva.

    XV

    di

    Di

    quedo

    queslo volume,

    libraio Ciotti, di si

    fa

    pure men-

    zione nelle lettere scritte da monàgnor Berlingberio Gessi al cardinal Borgbe^e nel tempo della sua nunziatura in Venezia. Veli ClCou^A, Inscrizioni venete, 3)

    Tom.

    Ecco

    il

    V, pag. 611. titolo delle lettere al

    Mocenigo

    :

    «

    Al signor

    Giovanni Moce-

    nigo fa del clarissimo signor Marco Antonio ». Questo Marcantonio non vuole essere confuso con quegli cbe le se lìlosolia in Venezia. Da una nota comunicatami dal dotto bibliotecario della Marciana ricavo che nel Campidoglio veneto si fa cenno di un Giovanni Mocenigo nato nel 1558 addì C luglio da Marcantonio.

    tamente -'()

    all'età del

    Vedi lettere

    11

    tempo della nascita risponderebbe

    esat-

    Giovanni del processo.

    citate;

    in questo secolo vi fu pure

    un Marcontonio Mo-

    — Ali — cioè incirca sette anni avanti che incominciasse

    Bruno in Venezia. Questo

    il

    processo

    Marcantonio appare dalle lettere del Leoni di età corrispondente a quella del Mocenigo del processo. E si appalesa ad un tempo giovane incostante e superlativo clie ora si dimostra entusiasta del Leoni e gli prodiga lodi sconfinate, ora si bi11 Leoni lo colma anch'egli qualche volta sticcia con lui. di carezze e per solleticarne la vanità, che doveva essere grandissima, rammenta al Mocenigo come usasse con lui confabulare in Venezia di cose letterarie e massime delle egloghe del Caro passeggiando trasversalmente la Camera K Le insipide lettere del Leoni pubblicate dal Mocenigo fanno chiarissima testimonianza del poco suo discernimento e della del

    figliuolo di



    sua vanità puerile. Ciò nondimeno dalle mentovate lettere fassi manifesto che nel 1583 Giovanni Mocenigo venne eletto dei Savii e che più tardi gli fu conferito altro onorevole ufficio ^ La sua casa era a San Samuele, dove la famiglia Mocenigo possedeva altri palazzi che si succedevano senza interruzione e che tutti davano sul Canal grande.

    cenigo che lesse con onore

    filo ofìa in

    clusioni da lui soslenute in

    Padova col

    talo teologico e iìlosofieo lellerali, 1)

    Tom.

    stesso

    il

    e dié

    De

    hominis ad

    eo

    alle

    quod

    Deum.

    slampe le coned un trat-

    est^



    Giornale dei

    '(8.

    Giovanni



    è fallo del Saviato; così il Leoni. Nello Leoni rallegrasi con Giovanni della nascila di una bambina.

    pag. 57.

    anno

    transitai

    lilolo

    V, pag. 37o.

    Lellere citale, pag.

    2) Id.,

    De

    Venezia

    Non

    so jìorre fine a questo lavoro senza signi-

    mia gratitudine a Cesake Foucaed, al Conte Giuseppe Manzoni, al Prof. Alberto Errerà, al Prof. Gar per le cure date a qupsf opera. Mi professo poi singolarmente obbligato al Prof. Isidoro del Lungo 2^er Vaiiito clic mi prestò nelle correzioni del testo, al Prof. Boera che si assunse di riscontrare tutti i ficare la

    documenti veneti

    coi

    fogli originali,

    ed

    al Dottor

    Cecchetti, direttore deìV Archivio Veneto, rapito

    con dolore della scienza ai ziente diligenza

    le

    vivi,

    testé

    che rivide con pa-

    bozze dei medesimi.

    BIBLIOGRAFIA.

    DELLE OPERE EDITE ED INEDITE DI

    31.



    Berti, Giordano Bruno,

    OPERE EdlTE ED INEDITE

    DI

    1570 0

    GIORDAl BRUNO'

    71.



    * L'arca di Noè. Questo libro è rammentato dal Bruno nella Cena de le Ceneri, e nella prefazione alla Cabala del Cavallo Pegaseo. Argomentiamo dalla dedica al pontefice Pio Y, che esso sia stato scritto nel 1570 o 71, quando il nome di Pio era cele-

    T.

    brato in tutto

    il

    mondo per



    la vittoria delle Curzolari.

    Inedito.

    1570-71.



    IL

    *PoEMA incominciato ed

    ferire dalle parole che si

    interrotto come si può inleggono nel principio della comedia

    // Candelaio.

    1577 IIL



    2,

    De sphaera.

    Bruno dettò questa operetta mentre leggeva privatamente della città di Noli presso Savona. Documenti veneti. Il



    Inedita e smarrita''^.

    .

    ..."

    '

    ^

    1)

    .

    Queste opere sono distribuite secondo l'ordine nel quale pre-

    sumiamo

    sieno state composte. L'asterisco indica quelle che furono da noi ricordate per la prima volta. Con la parola inedito intendiamo accennare ai libri insino ad ora smarriti.



    2)

    Abbiamo mutato

    la

    data di qualcuna

    per la ragione che rivedendo tutte

    le

    delle

    opere.

    vato che alcune nostre previsioni non rispondevano ai 3) Il

    Bruno dovette

    come venne dimostrato

    essere

    in Noli

    dal racconto.



    E

    ciò

    date dei viaggi abbiamo tro-

    non nel 1576

    fatti.

    ma

    nel 1577,

    - 476 1578.



    IV. Dei segni dei tempi. Nel Doc. IX del processo veneto leggiamo: «Feci stam« pare (in Venezia) un certo libretto intitolato Dei segni dei « tempi, e feci stampare quest'operetta per mettere insieme « un poco di danaro per potermi sostentare, la qual opera « feci vedere prima al rev. padre maestro Remigio di Fio"« renza ». Essa si stampò, o senza nome di autore, o con (juello di Filippo Bruno o Bruni. Furono vane le nostre ri*

    cerche per ritrovarla. 1579.

    Invettive contro La Fate, professore di filosofia nel Ginnasio Calviniano di Ginevra. Queste invettive sono state stampate. Vedi il nostro Capitolo sul Bruno in Ginevra ed documenti del Dufour. i

    1579-SO.



    V. De anima. Questo libro è l'orse fruito dell'insegnamento fatto dal Bruno in Tolosa. Nel 1577 e 78 non era ancora in Tolosa. Idem.



    Clavis magna. Libro forse esso ])ure composto in Tolosa, come si può inferire dalla frequente commemorazione che fa del medesimo l'autore nei suoi primi scritti che stampò in Parigi appena abbandonò Tolosa. *Dei predicamenti di Dio. VII. Operetta che si ritrovò fra le carte del Bruno tutta scritta di sua mano. Essa venne dal denunciatore Mocenigo consegnata all'inquisitore generale di Venezia. VI.



    1582.





    De umbris idearum VIII. .Jordanus Brunus nolanus implicantibus artem quaerendi, inveniendi, iudicandi, ordinandi et applicando Ad internam scripturam et non vulgares per memoriam operationes explicatis.

    -

    Ad Henricum regem

    III,

    Sereniss.

    Gallorumque Polonoramqae

    Protestatio.

    etc.

    Umbra profunda sumus, ne nos vos, sed doctos

    tam grave quaerit

    vexetis

    inepti.



    Non

    opus.

    Parisii's apucl Aegìcliiim Gorbinmn, subinsigne Spei, e regione gymnasii Cameracensis, 1582-8, cuni privilegio regis. In-S" piccolo con due tavole, Tuna: Typus umbrarum, l'altra: Ti/pus idealium intentionem. Ars memoriae Jordan! Bruni (senza frontispizio, ma evidentemente della stessa tipografia; e dello stesso anno, in-S" piccolo, con molte piccole figure intercalate nel testo. Unita all'opera precedente). Vi è nell'edizione del Fiorentino. Un bello esemplare del libro De umhris si ha nel Museo Britannico Esso è legato secondo lo stile del secolo XA^I e porta il giglio e le margherite di Margherita di Valois..





    1582.



    IX. Philothei Jordani Bruni Nolani. Cantus Circaeus, ad eam memoriae praxim ordinatus quam ipse iudiciariam appellai Ad Altissimum principem Henricum d'Angoulesme, magnum Galliarum priorem, in provinciae regis Locum tenentem etc. Parisiis apnd aegidium gorbinum siae S. Joannis Lateranensis, sub triuni Coronarum signo 1582. In-8" piccolo con due figure intercalate nel testo, unito alle precedenti due opere, legate in un sol volume. Vi è nell'edizione del Fiorentino. 158?.

    X. artis



    De compendiosa architectura et complemento Lullii. Ad illustrissimum D. D. Joannem Morum prò

    serenissima Venetorum Rep. apud christianissimum Galloet Polonorum regem Henricum III legatum. Parisiis apud Aegidium Gorbinum, sub insigne Spei prope collegium Cameracense, 1582-12.

    rum

    1582.

    XI.

    — Candelaio. Comedia del Bruno Nolano, achademico

    di nulla achademia, detto il Fastidito. In tristitia hilaris, in hilaritate tristis. In Pariggi appresso Guglielmo Giuliano,

    Al segno de

    l'amicizia, 1582,

    — 478In quasi tutti i catalogi bibliobrafìci questa comedia viene posta fra le prime opere stampate in Parigi, mentre essa è posteriore alle avanti ricordate. Edizione De Lagarde.

    1582.



    Purgatorio dell'inferno. Bruno rammenta questo libro nella Cena de le Ceneri: A voi, Smito, manderò quel dialogo del Nolano, che si Xir.

    *

    li

    «

    «chiama Purgatorio de l'Inferno; « de la redenzione

    ».



    È

    et ivi vedrai il frutto a presumere che esso fosse com-

    piuto prima della venuta del Bruno in Londra. e smarrito.



    Inedito

    1583.



    Xirr. EXPLICATIO TRIGINTA SIGILLORUM ad omuiuni scientiarum et artium inventionem, dispositionem et memoriam. Quibus adiectus est sigillus sigillorum ad omnes animi operationes comparandas et earundem rationes habendas maxime conducens. Et non temere ars artium nuncupatur. Hic enim facile inveniens quidquid per logicam, metaphjsicam, cabalam, naturalem magiam, artes magnas atque breves theorice inquiritur. Senz'anno e luogo. Il AVagner avvisa che quest'opera siasi stampata in Londra



    la



    Noi consentiamo col Wagner e crediamo prima opera del Bruno data alle stampe in quella

    nell'anno 1583.

    che sia



    città.

    Va

    medesima in forma d'introduzione: completa ars reminiscendi et in phantastico campo exarandi: ad plurima in 30 sigillis inquirendi, disponendi atque retinendi implicatas novas rationes et artes inavanti alla

    Recens

    et

    troductoria.

    1584.

    XIV.



    La cena de le

    ceneri, descritta in cinque

    dia-

    logi per quattro interlocutori; con tre considerazioni circa

    doi suggetti; all'unico refugio de le Muse, l'illustriss. Michel

    Castelnovo, signor di Mauuissier Concressalto et di Joncavalier dell'ordine del re Cristianiss., et consiglier nel suo privato conseglo, capitano di L uomini d'arme, governator et capitano di S. Desiderio, et ambasciator a la di

    villa,

    Sereniss. regina d'Inghilterra. L'universale intentione è deeliiarata nel

    A

    proemio, 1584.

    Parigi 1584-8.

    A^i

    è nell' edi-

    De Lagarde.

    zione

    Alcuni valenti bibliografi, fra il quali, il Fabricius, FHajm, Beyer ed il Nicóron, dall'esame della carta e dei caratteri giudicarono che questo libro fosse uscito dalle stampe il

    di

    Londra

    e

    non da quelle

    blicato realmente in

    di

    Parigi.

    I

    lodati bibliografi col-

    Bruno confessa che esso Londra. Vedi Doc. veneti XL

    sero nel segno, giacché

    il

    fu pub-

    1584.



    XV. Giordano Bruno Nolano. De la causa, principio ET UNO. A l'illustrissimo signor di Mauuissiero. Stampato in Venetia anno 1584. Dai Documenti veneti risulta pure stampato in Londra. V. Edizione De Lagarde.



    158é.



    XVL Giordano Bruno Nolano. De l'infinito, universo ET mondl All'illustrissimo signor di Mauuissiero. Stampato in Venezia 1584. Idem in Londra. Id.



    1584.

    XVIL

    — Spaccio

    de la Bestia trionfante, proposto da

    Giove, effettuato dal Conseglo, revelato da Mercurio, recitato da Sophia, udito da Saulino, registrato dal Nolano. Diviso in tre dialogi, subdivisi in tre parti. Consecrato al

    molto rigi

    ili.

    et eccell. cavalliero signor Philippo Sidneo. Pa-

    1584. Id.

    1585.

    XVIII.



    Cabala del Cavallo Pegaseo, con l'aggiunta

    De l'Asino

    Cillenico, descritto dal Nolano, dedicato al vescovo di Casamurciano, Par. 1585. Parimentiin Londra. Questo libro è pieno di sarcasmi contro la religione cristiana. In un luogo della sua opera, De compositioìie idearuyn, pagina 137, Francfort, 1591, dice che ha soppresso l'Asino Cillenico: Quia vulgo displicuit et sapientibus propter sini-



    strum sensum non placuit.

    Id.

    1585.



    XIX.

    De

    gli heroici furori. Al molto ili. et eccell. Cav. Sigr. Fil. Sidneo. Parigi appresso Ant. Baio 1585-8.



    Londra.

    Id.

    ^ 1586.



    XX. .Jordani Bruni Nolani. Figura^tio Aristotelici PHYSici AUDiTus, ad eiusdem intelli^entiam atque retentionem per imagines explicanda. Ad illustrem admodum atque reverendum Dominum D. petrum Dalbeniura abbatem Belleville, Parisiis ex Tjpographia Petri Cheviilot in vico S. Joannis Lateranensis sub Rosa Rubra. Senz'anno ma legata coU'opera precedente.

    XV

    1580.

    XXI.

    Jordani Bruni Nolani dialogi duo de Fabbricii Mordentis Salernitani prope divina adinventione ad perfectam Cosmimetrine praxim. Parisiis 1586, Petri Che*

    villot, in vico S.

    Joannis Lateranensis, sub Rosa Rubea 1586,

    in-S" piccolo.

    1580.



    XXII. * .ToRDANi Bruni iNSOMNiUM. Parisiis, ut supra. Son poche pagine che si stamparono unite all'opei'etta sovranotata. 1587.

    XXIII.



    De lampade combinatoria Lulliana. Ad

    in-

    media invenienda ad dicendum et argumentandum iuxta modum habitas, quo saltem quispiam de quocumque subiecto descriptivam quamdam et ad quafinitas propositiones et

    lemcumque quid nominis'babeat rationem. Est et unica clavis ad omnia LuUianorum cuiuscumque generis operum et non minora plurima Pythagoricorum Cabalista rumque mysteria consequenda etc. Ad amplissimum Yitebergensis academ. Senatum. Yitebergae

    1587.

    1587.

    XXIV. — De progressu et lampade venatoria logicoRUM. Ad prompte atque copiose de quocumque proposito problemate disputandum. Vitebergae

    1587-8.

    -4811587.

    XXV. —: AcROTiSMUs Camoeracensis seu rationes artiCULORUM PHYSICORUM ADVERSUS ArISTOTELICOS 1586, COmposto a Parigi, stampato a Wittemberga 1588. Vi è nella edizione del Fiorentino. 1588.

    XXVI.



    Oratio valedictoria, Vitebergae habita 1588, apud Zach. Cratonem 1588-8. Vi è nell'edizione del Fiorentino. 1588.



    De specierum scrutinio et lampade combiXXVII. natoria Raim. Lullii doctoris Heremitae omniscii, prodivini. Ad excell. Guil. de S. Clemente, regis Hispan. in aula imperai legatmn. Pragae, excud. Georgi Nigrinus 1588-8.

    pemodumque

    1588.



    XXVIII. JoRDANi Bruni Nolani centum et sexaCxINta ARTICULI ADVERSUS HUIUS TEMPESTATIS MATHEMATICOS ATQUE PHiLosoPHOs. Centum item et octoginta praxes ad totidem problemata. Pragae, apud Georgium Daczizenum 1588, in-8". E dedicato all'imperatore Rodolfo II. 1589.

    XXIX.

    --

    Oratio consolatoria habita in illustr. celeberrimaque acad. Julia in fine solemnissimarum exequiarum in obitum illustr. et potentiss. principis .Julii Brunsvicensium ducis. Prima mens. Jul. 1589-4. Helmstadii apud Job.



    Lucium. Vi

    è nell'edizione del Fiorentino.

    1591.

    XXX.



    De imaginum, signorum et idearum

    composiTioNE, ad omnia inventionum, dispositionum et meinoriae genera, libri tres. Ad illustriss. et generosiss. Jo. Henr. Haincellium, Elcoviae dominum. Credite et intelUgetis. Francofurti

    apud Joan. Wechelium

    a, 1591-8,

    et

    P. Fischerum consortes

    ;

    15f)l.

    XXXI



    JoRDANi Bulini Nolani de triplici minimo et illustrativa Vili) ad trium speculatimiiltaruin activarum artium principia,

    MENSURA (vedi Nota varum scientiarum et

    V. Ad ili. et rever. principem Heuricum Juliain BruiisHalberstadensiuni vicensium et Luneburgentiuin ducem episcopum Francofurti apud Joannem Wecheiium et Petrum Fisclierum consortes 1591-8.

    libri

    ,

    1591.



    JoRDANi Bruni Nolani de monade, numero ET FiCxURA, liber conse(|uens quinque de minimo, 'magno et mensura. Item de innunierabilibus, immenso et intigurabili

    XXXII.

    seu de universo et mundis, libri octo. Ad illustrissimum et Reverendiss. principem Henricum Julium, Brunsvicensium et Lunebugensium ducem, Halberstadensium episcopum Fran-

    apud Joan. Wecheiium sortes 1591-8. Vi è nell'edizione

    cofurti

    Petrum Fischerum

    et

    con-

    del Fiorentino.

    1591.



    *De rerum imaginibus. Questo libro è dal Bruno ricordato a carte 33 De monade, numero etc, colle seguenti parole: «In libro de rerum ima-

    XXXIII.

    ^

    «ginibus (volente Deo) explicabimus, ut quselibet res duos «liabeat destrum sinistrumque genios, eosque active vel « passive et secundum plurimas in prima entis divisione et «I)iadis ordine, dilferentias

    ».

    Le prime parole fanno manifesto che il libro era forse già scritto, ma non pubblicato. Non ci consta che ne facciano cenno

    i

    bibliografi.



    Inedito e smarrito. 1591.

    XXXIV.



    Libro delle sette arti liberali. Questo libro era già tutto composto quando il Bruno *

    fu



    Inedito e giace forse negli arrestato nel 1591 in Venezia. archivii del Sani' Uffizio di Roma. -

    1)

    Edizione

    Francoforte.

    «De

    monade, numero

    et

    figura » dei Wechcl, 1591,

    — 483 — il tempo in cui furono composte essere tutte considerate vogliono opere intVascritie, che

    Non sappiamo le

    come

    indicare

    inedite e smarrite.



    XXXY.

    LiBER TRUtINTA statuarum. Questo libro ei'a già composto nel 1501. In libro triginta stataarwn non edito sed scritto. \. De Monade, edizione più sopra citata, p. 128.



    XXXA'l.

    Templum Mnemosines.

    Libro citato dal Bruno in molti luoghi delle sue opere. Xoi crediamo che esso sia stato riprodotto o tutto o parte nell'opera De coinpositione iman 'ni' m, signoruni eie. Bartholinèss (pag. 6(J, voi. iij, opina che sia una raccolta di poesie latine.



    XXXYII.

    De

    MULTiPLici

    mundi vita



    Inedito

    o

    smarrito.

    — De naturae gestibus. — De principiis veri.

    XXX^'III.

    XXXIX.

    — De astrologia. — Idem. XLI. — De magia physica.

    XL.

    Bruno si propone di dimostrare che « ani« mani ubique suam agnoscit materiani ». Y. De triplici minimo, pag. 74. In (|uest"opera

    il





    * XLIl. De physica. Y. Nella pag. 12 del libro De

    il

    Bruno

    dice velut in pìv/sicis

    triplici minimo et mensura ampie patefecimus. Non



    possiamo ben ricavare da queste parole se intendesse alludere ai libri di fisica o semplicemente alla scienza della fisica. Cotesto libro non è rammentato dal Y'agner e dal Bartholmèss, se già Tuno e l'altro non lo scambiano con quello

    De magia



    physica.

    * XLIII. Libretto di congiurationi. Questo libretto trovato dal Mocenigo fra le carte del Bruno fu dal medesimo consegnato all'inquisitore generale di Yenezia. Y. Doc. II.



    - 484 — OPERE DEL BRUNO CHE

    SI

    PUBBLICARONO QUANDO GIÀ ERA MORTO.

    XLIV. — SUMMA TERMINORUM METAPHYSICORUM JoRDANI Bruni Nolani-. Accessit ejusdeni praxis descensus, seu explicatio eniis ex Msto per Raphaelem Ef^linnm Iconiam Ti^urinnm. Marpurgi Cattor. Ex officina Rud. Hundtwelkeri a.

    1609-8.

    XLV. — Artificium perorandi traditum a Bruno Nolano Italo, communicatiim ab Henr. In gratiam

    eorum

    .Tordano Alstedio.

    qui eloquenliae vini et rationem

    scere cupiiint. Francofurti, prostatapud

    Antonium

    cogno-

    Hummium

    a. 1612-8.

    SCRITTI VARI INEDITI appartenenti al codice manoscritto

    di

    Abram Noroff.

    Nel Do2. XI il Bruno rammenta il libro: De sigillis Hermetis et aliorum, cbe trova vasi indicato fra' suoi nella pop]gli dichiara che questo non lizza presentata ai giudici. gli apparteneva, ma era stato semplicemente fatto da lui' copiare in Padova da uno scuolaro tedesco.



    Non enumeriamo

    i

    libri

    accennati nello scritto del Noroff.

    Essi, speriamo, saranno descritti e pubblicati per cura del

    Governo. Nelle citazioni noi non dell'edizione

    De Lagarde

    ci

    siamo serviti esclusivamente

    o di

    quella del

    Fiorentino, spe-

    cialmente perchè la prima non l'avemmo sotto le mani che tardi, e quella del Fiorentino non contiene sinora che una parte delle opere latine.

    Proemio Introduzione .

    Capitolo

    .

    .......

    -

    I.





    — —

    Casato

    Suo amore per Nola

    brogio Leone



    Nolani



    tino de Nolariis

    Antonio

    entra nel C nvento di S

    si

    S.

    Convento



    illustri



    Domenico

    Roma

    Napoli e viene in





    Capitolo III. il



    Bruno

    Noviziato del Bruno

    — Gli

    trasferito nel



    Secondo processo religioso



    Convento



    Bruno sacerdote



    Eugge da

    Sue

    Componimenti da

    di

    Suoi

    opinioni

    lui ideati



    (1576-79)

    e la sfera

    »

    genovese

    territorio





    Insegna nella repubblica

    Soggetto di questo insegnamento



    libro dei

    studio di

    Padova





    È



    Dopo cinque mesi si reca in segni dei tempi La cattedra Il

    Bruno

    di

    Noli

    nel

    se-

    Torino, indi in Venezia di filosofia in

    Venezia

    — Suo —

    .

    il

    — Sue avventure —

    tunosi

    viaggi per

    Magna

    e grande efficacia

    Bruno per libera elezione

    Lascia

    convertire

    Lo

    lascia l'Italia.

    IV

    Primi autori che studiò Lullo



    nel Convento della Minerva

    dogma cristiano. Prima sua opera VArca di Noè.

    Capitolo

    Am-

    »



    in Napoli

    giovanili contrarie al

    grammatica

    _

    nel secolo xvi

    Condizioni del Napoletano

    Bartolomeo della Città di Campagna

    colo XVI

    grosso

    (1564-76)

    di S.

    dubbi sopra alcuni dogmi

    la

    È minacciato da un

    Domenico.

    intenta un primo processo religioso

    Bruno tocca



    — Pomponio Algerie — Merliano Nola — Albertino intagliatore — CostanStelliola — Bruno in Napoli — Suoi primi

    maestri nelle discipline filosofiche

    Il

    »

    .

    Infanzia

    Albertino Gentile

    soprannominato Giovanni dn

    Capitolo II.

    »

    (1548-64)

    Natali del Bruno

    serpe

    Pag.

    .-

    .

    il



    .

    Raimondo

    Convento e compie lunghi e for-

    gl'infedeli



    ad essa attribuita

    sentenze del Lullo con alcune del Bruno



    Insegnamento



    à^\i'

    Arte

    Conformità di alcune

    L'abate Gioachino

    — Suoi

    »

    -486 ~ —

    libri



    'L'Evangelio eterno

    stema Copernicano per parte del Bruno



    nico



    Caracciolo



    Bruno e

    Calvinismo

    il

    — Studio — Giudiz'o

    indefesso

    intorno



    Difetti del suo stile.

    I fuorusciti

    italiani

    sue

    e

    Le dottrine



    Persecuzioni calviniane

    si-

    Coper-

    al

    Pag,

    .

    Vita del Bruno colà,



    Appli-

    del

    (1579)

    Bruno o Ginevra

    Il



    Studi letterarii del Bruno

    Capitolo V,



    Cardinale Niccolò da Cusa

    Il

    cazione della matematica alla metafìsica



    evangelici

    relazioni

    Galeazzo

    fuorusciti

    coi

    di Calvino presso gli Italiani

    — —

    Calvino e Lutero.

    Capitolo VI. (1579-1581)



    Passaggio del Bruno per Lione



    di Tolosa

    Legge



    Francesco Sancliez studio

    filosofia nello

    Capitolo VII.



    Il



    Brano a Tolosa

    Il

    Lascia Tolosa.



    (1581-82)

    »

    106

    »

    117

    ))

    140

    »

    158

    Lo studio

    Bruno insegna privatamente

    Suoi libri Dell' Anima e Clavis



    Dispute pubbliche

    90

    Magna

    — —



    Bruno a Parigi — Condizioni della Francia Il Bruno legge liberamente nella Sorbona Sue Sue lezioni sugli Atlnbati di Dio 11



    mnemonica

    lezioni di





    nomina

    È chiamato

    Lulliana



    — —

    tempo



    Francesi



    La

    Accetta

    la

    Complemento

    Il

    scolastica e la li-

    Vita e pensieri di GiorJano a

    quel

    Il Candelaio.



    Capitolo Vili. La commedia chimista,

    il

    II

    (1582)

    Candelaio



    pedante

    morale: arte e società



    Favola e caratteri



    Il Crndeliio

    sciocco,

    lo

    :

    Teatro italiano del secolo xvi



    1'

    al-

    Letteratura e

    accanto alle altre commedie



    Bruno nel Candelaio.

    Il

    Il



    IX.

    Capitolo

    (1583-85)

    Bruno a Londra

    sua moglie figlia di





    Castelnuovo



    tori,



    i

    cavalieri



    Oxford



    Bruno e

    uno:

    Il libro dei

    La sua

    I dialoghi della

    — Maria Bochetel — La piccola Mar'a — Bruno in famiglia —

    Castelnuovo di Mauvissière

    Ospitalità cortese concessa al

    Costumi inglesi del secolo xvi:

    ti

    i



    or-

    — Relazioni





    Canto Circeo

    Il

    Brnno tra

    Il

    bertà filosofica nelle Università

    et

    Rifiata la lettura

    dal

    di lettore straordinario

    dell'arte

    di



    metodica Lullima

    Re Enrico III — Chi esso fosse Bruno con questo principe Le Ombre delle idee

    dinaria del

    e di

    filosofia

    Cena de

    — le

    la

    Bruno

    Stuarda

    la plebe,

    Trenta

    i

    borghesi, le donne,

    sigilli



    Il

    Solennità accademiche ceneri



    Il libro

    dot-

    :

    feste e dispute

    Della causa, principio

    mundi — Lo spaccio della bestia — Razionalismo — La Cabala del cavallo Pegaseo e l'Asino del Bruno in — Gli Eroici furori — Conoscenze

    e Dell'infinito, universo

    et

    ionfante

    alien co

    i

    Bruno nello studio

    Inghilterra.

    illustri

    ~



    Capitolo X. Riga per

    la



    Fabrizio Mordente ed



    misura della terra



    Disputa nella Sorbona



    Pag. 202

    (1585-1586)

    Secondo soggiorno a Parigi e

    -

    487

    suo Compasso

    il

    Commento De Physico audìtu



    L' orazione dell' Hennequin



    Lascia Parigi

    Amicizie e titubanze.



    Capitolo XI.

    (1586 1588)

    »

    214

    »

    230

    »

    241

    »

    257

    »

    271

    »

    286

    Bruno in Germania — Gli è negato di leggere in Marburgo — — Bruno in Wittemberga — Suo insegnamento astronomico e Il

    Il

    filosofico

    Scienza e religione



    lampada lulliana

    Il

    CLX

    Bruno



    Praga

    in

    Bruno

    Le

    Bruno

    m\V Organon

    e sulla

    Wittemberga

    lascia



    Ricordi di Wittemberga.

    (1588-1590)



    La Corte



    di Rodolfo I!.

    La

    dedicatoria delle

    11



    Capitolo XIII.





    Bruno

    lezioni

    — Bruno in Helmstadt — L'Accademia Giulia — Un elogio — Scomunica Evangelica.

    tesi

    funebre

    11

    il

    Le



    Gentile

    Alberico

    La Germania secondo

    Capitolo XII.



    libertà filosofica

    ;

    (1590-1591)

    — Francoforte —

    in Francoforte

    fiere di

    minimo

    et

    Wechel

    — Tipografi e librai del secolo xvi

    Il Bruno è invitato a Venezia — De imaginum et ideurnm compositione mensura De monade, numero et fgura

    I suoi

    — De — Una



    tre libri francofordensi triplici,

    I



    visita a Zurigo.

    — (1591-1592)

    Capitolo XIV.

    Venezia nel secolo

    Padova -mento privato di

    rali, e

    Bruno

    Il





    XVI in

    Nuovi

    nuovi propositi



    Morosini, fra Paolo Sarpi



    Venezia

    libri,

    veneziana

    Coltura

    tipografie, lo Studio

    :

    Giovanni

    Mocenigo

    ed in ispecie quello Delle il

    Padova

    Bruno

    in

    Insegna-

    mercante Secchini, Andrea

    Circoli veneti:



    11



    sette arti libe-

    — Liber

    iriginta sia-

    tuarum.

    — (1592-1593)

    XV.

    Capitolo

    Dalla casa Mocenigo alle prigioni neto d'inquisizione



    Indipendenza della

    filosofia

    Il

    processo: dalla

    del

    Sant'Ufficio

    denuncia,



    teologia

    parole in Venezia di Giordano Bruno





    Tribunale ve-

    testimoni,

    accusato

    Interrogatorio

    Praticlie



    Roma ed

    di



    Ultime estra-

    dizione.

    XVI.

    Capitolo

    — (1593-1600)

    Bruno prigioniero severina





    in

    Roma



    Clemente VIII

    Prestezza con cui conducevansi

    Ritardo avvenuto in quello del Bruno

    ritardo



    tra sè e sè

    Stato dell'animo del Bruno



    Eresie

    dal Sant'Uffizio.

    clie



    pare sieno state

    i





    II

    cardinale di San-

    processi nel Santo Ufficio

    Considerazioni su questo

    Lotta che dovette sostenere le

    prime ad

    essere

    notate

    — 488 — XVII

    Capitolo La

    Pag. 299



    eresia e la scienza

    di difendere con parole

    Bruno

    temperato



    e Galileo

    Come

    diritti della scienza

    i

    del Bruno sarebbe avvenuta anche senza la eresia

    ~

    studii

    si

    La condanna

    nuova.

    XVIII

    Capitolo

    »

    La narrazione da mani

    Galileo

    prima

    noi fatta



    è conforme a questi documenti stessi



    cumenti

    Parere circa

    Cardinali ed

    i

    i

    Esposizione di questi do-

    che parteciparono al

    Teologi

    in

    Roma



    Distinzione di due sorta

    di eresie nei processi e nei libri del

    Bruno



    Conseguenze provenienti

    giudizio contro

    Bruno

    il

    erettosi



    da questa distinzione

    Carattere teologico-scientifìco del processo te-

    Roma.

    nutosi in

    XIX

    Capitolo



    Lettura della sentenza



    desima

    Parole del Bruno

    Testimonianza che ne fanno



    Avvisi di

    gli

    Gioberti

    Roma





    nelio





    Tomaso



    chelli



    Barbieri



    CorBruno: Campanella Gravina VinNicodemo Leonardo



    Boccanera

    -

    II. Principali scrittori stranieri

    Bruker



    Cousiu



    Christiani

    Nicéron

    Tennemann











    Débs

    Note Illustrative Docamenti Veneti Id.

    Romani

    Id.

    Ginevrini

    Varia.

    Documeato A B Id.

    Appendice Id.

    I

    II

    Bingraziameuto. Biblioorrafia

    .



    Riccoboni



    :



    Sarpi



    Da

    -

    ToUand — Heumann — — Lessmann — Chaufepiè — Fiilleborn — Buhle — Tiedemann Lacroze



    Kindervater

    Jacobi

    Schelling

    Frank



    — Libri Guglielmo - Botta Spaventa Bertrando — Fiorentino

    vide Levi.

    — —

    Maffei

    Colangelo



    Mamiani

    Stefano Jordan



    — Mazzu— Tiraboschi — Remondini — Giannone

    Capasso

    Agatopisto Cromaziano







    Nicolò Toppi

    Apostolo Zeno

    — Rosmini —

    Id.

    34G



    XX

    cenzo

    »

    Unità

    velo della sfinge.

    Il

    Scrittori italiani che ra,'ionarono del

    I.

    32G





    losofia del

    Capitolo

    ))

    Esecuzione della me-

    Bruno — Campanella Difetto fondamentale della fiRosmini Bruno Dal Bruno a Kant Filosofia italiana

    della vita del



    310

    scoperta dei documenti ro-

    della

    Rixner

    — Clemens

    - Sigwart



    Lange

    Bartholméss.

    »

    363

    »

    375

    »

    439

    »

    449 459

    .........•)) .

    »

    460

    »

    461

    >^

    469

    »

    472

    »

    475

    /

    Prezzo

    L.

    5.

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