EXBIBLIOTHECA
FRANCESA.YATES
VITA DI GIORDANO BRUNO
Digitized by the Internet Archive in
2014
https://archive.org/details7giordanobrunodan00bert
DOMENICO BERTI
GIORDANO BRUNO DA NOLA SUA VITA E SUA DOTTRINA
Nuova edizione riveduta
e
notaljiliiieiite
accresciuta
1889
DITTA
G.
B.
PARAVIA
E COMP,
(Figli di I. ViOIilAEDi)
Tipografi
-
Librai
-
Editori
T0K1N0-R0MA~M1LAN0-F]RENZE
PKOPRIETÀ LETTERARIA
Toiiiio
—
Stamperia Reale della Ditta G. 2583 (1200) 22- V-89.
B.
Paravia e C.
PROEMIO
Desideroso di far conoscere
quando
in Italia
ben poco
si
il
Bruno, pubblicai,
scriveva di
lui, la
sua
biografia confortandola con tutte le notizie che dalla storia
della
filosofia
accenni poco noti
si
da numerosi documenti ed
e
potevano
trarre.
Al laborioso
approvazione uomini auto-
scritto furono larghi di
revoli e competenti.
Tutti
compresero che
Italia pigliava
opera sua
si
la
filosofìa
scientifica in
cominciamento dal Bruno e che per
introduceva presso di noi un
modo
di
da quello del secolo decimo-
filosofare assai diverso
quinto. Ci piace notare che tita la
novità della sua
l'attenzione la rattere.
mentre non passò inavverfilosofia, fissò più che mai
straordinaria grandezza del suo ca-
La Storia rammenta ben pochi uomini
cui vita sia così singolare
la
e corra dall'adolescenza
sino agli anni della maturità col concatenamento di
un dramma lui
si
antico.
producono,
E vi
se nei fatti che in lui
o
da
sono talvolta contraddizioni,
—
~— VI
queste non tardano a dileguarsi e non impediscono
che
il
suo carattere ripigli la compiuta direzione di
sè e tutto
si
dia ai suoi convincimenti.
Morire per un convincimento anche quando questo
non
è
appoggiato
al vero, è fatto
che l'umanità non
cessa tuttavia di onorare ed apprezzare. Nel Bruno il
convincimento sorge col pensiero e va
con
esso.
ninno vi sia.
Vi sono momenti in cui
di questi Il
momenti
si
di
conserva
oscura,
si
ma
in
può dire che esso non
convincimento oppone così grande resi-
stenza ad ogni sorta di tirannia che senza di esso la libertà dispare e
sono
qu(^lli
cede ovunque.
cui
in
la
forza
del
I
popoli più saldi
convincimento
è
maggiore.
Poche nazioni possono
uomo
quale
è
il
otfrirci
l'esempio
di
un
Bruno. Ed è per questo che egli
avrà sempre un alto posto nella storia politica e
fi-
losofica dell'Italia.
È
debito per le nazioni di richiamare alla
delle giovani generazioni plari, sia
che tali.
di
si
che quelli
si
i
io
mi sono
avere scritto di
ed
i
mente
ricordi esem-
riferiscano al pensiero,
riferiscano alle opere.
Onde
fatti
E
sia
Bruno sono obbligo dopo
questi del
sentito quasi in
lui, di ritornarci sopra.
Oltre le addotte ragioni a ciò mi mossero e la figura
svariata del Bruno che vuole essere considerata lar-
gamente, e le edizioni anteriori esaurite e taluni documenti nuovamente scoperti che mi obbligano a temperare qualche giudizio. Potrei anche aggiungere che il tempo e le discussioni chiarirono meglio parecchi fatti e parecchi
— concetti.
tempo
Il
VII
—
strumento che affina
è
,
toglie
asperità e dà a molte cose intelligenza e perfezione.
Debbo però
difesa che
ho notabilmente
ed ampliato questo scritto senza mutarne
corretto
od
mia
dire a
emendarne
opinioni.
le
Queste rimasero inal-
terate.
Come nel
1868 così ora condussi
mente imparziale. La imparzialità
me
il
mio lavoro con
nei giudizii storici è talmente au-
non saprei in maniera alcuna allontanarmi da essa. La storia fatta secondo le passioni mutabili della politica non regge ma cade da
torevole in
che
io
se stessa.
In Italia se
Bruno
è sciolta
menti
si
disputato e quasi
è
si
disputa ancora
monumento. La quistione da tempo, perocché molti sono i monusia
alzati
decretargli
degno
qua e
di
là
in onore di lui.
un solenne monumento
fu
E primo il
a
Governo
coir assumere la pubblicazione di tutte le sue opere.
La
storia
ha oramai rivendicata
sona del Bruno. si
E
e fatta sua la per-
perchè dovrebbe escluderla? Chi
attenterà di sopprimere
come uomo
e
come
filosofo
l'insigne cittadino di Nola?
Quanti non sono
nostri tempi gli uomini che vennero per opera della storia alzati a grandezza pari alla depressione in cui prima giacevano sprofondati. Quanti monumenti in tutta Italia stati in questi
non onorano quei che caddero maledetti nei vari tentativi operati in prò del paese. La storia del rinnovamento Italico ci offre splendide testimonianze di giustizia date dalla generazione nuova alla vecchia,
— I
monumenti sono
vili
di
—
grandi
Vorrei che da questo del Bruno
cose insegnatori. i
giovani imparas-
sero quali e quanti sacrifizi occorrano per fedeltà alla propria coscienza.
ra^nmentare che
i
Tutti poi
mantenere dobbiamo
grandi ricordi non ^iinno perduti
e che le nobili nazioni
hanno
culto per tutti.
Domenico Berti.
INTEODUZIONE I.
vita di Giordano Bruno, da me scritta, uscì per prima volta nel 1867 nella Nuova Antologia diretta dal prof. Protonotari di cui lamentiamo con dolore la recente perdita ed un anno dopo fu pubblicata in un volume a parte con notevoli aggiunte dal Paravia in Torino. Essendomi nel 1870 pervenuti nelle mani nuovi ed importanti documenti inediti circa la prigionia del Bruno in Roma, io m'affrettai a darne notizia in un
La
la
discorso pronunciato nel 1873 titolo
Copernico
e le
^
vicende
e
stampato nel 1876 d.el
col
sistema Coperni-
cano in Italia nella seconda metà del secolo XVI. Alquanto tempo dopo misi mano ad una seconda edizione che dovetti interrompere per sopravvenute occupazioni.
Per riparare a questo indugio pubblicai raccolti mi venne fatto di mettere
nel 1880 quanti documenti
insieme ^
L'amore con cui i medesimi vennero ricercati mi mostrò che Bruno era ben lontano dall'essere obliato e presso la nostra e presso le altre nazioni. Desideroso di
dare sempre più chiarezza nel 1885 in
di
all'infelice
una pubblica conferenza
Nolano mi studiai in
Roma,
1)
Nel IV centenario del dì natalizio di Copernico.
2)
Documenti intorno a Giordano Bì^imo da Nola,
116 pagine. Eoma. 1.
—
Berti, Giordano Bruno.
di farne
opuscolo
— conoscere che di
il
2
—
carattere e grintendimenti e nella speranza
tempo non mi venisse meno
il
ripigliai
questa seconda edizione che ora presento
Più che
i
il
lavoro
al pubblico.
benevoli giudizi che profferirono uomini
autorevoli per dottrina sui nostri scritti bruniani, confortò a questa
nuova edizione
il
a che in una nazione avranno pregio e le alte speculazioni dottrinali,
il
mi
pensiero che insino i
nobili sentimenti
Bruno sarà sempre
grande, e come autore di parecchie opere filosofiche di singolarissimo merito, e come
mente
sul rogo per
uomo
mantener fede
che mori eroica-
ai suoi
convincimenti.
II.
Di due cose intendiamo dar contezza in questa in1° delle notizie a stampa che intorno al Bruno ci lasciarono i suoi contemporanei: 2" dei do-
troduzione:
cumenti che servii-ono ad illustrarne
la vita e gli scritti.
L'Acidalio in una sua epistola a Michele Forgatz ^ Nostitz^, in
il
un oscuro suo
libro,
Valens Acidalius, EpistoJarium a fratre
1)
il
Regnault \
editum.,]). 20.
Forgatz, al quale scriveva rAcidalio, aveva conosciuto
Wittemberga.
Cf.
Cristoforo Sigwart,
Doctoren welche die philosophische 2) Il
qui
il
Nostitz frequentò in Parigi
—
Bruno
Il
in
29; Verzeiclmiss der
facultàt, ecc. lezioni del
Bruno. Riferiamo
Artificium Aristotelico - Lulìio in quo per artem inteìligendi ìogicam, artem agendi pra-
titolo curioso del
Bameum,
le
pag.
il
i
suo libro
:
Topicam metliodo et Bameis Circulis modo Lulliano inclusis via
cticam, artis loquendi partem de Inventione
terminis Aristotelico
plura quam centies mille argumenta de quovis themate inveniendi cum usu conveniens ostenditiir ductu Io. a Nostitz Jordani Bruni genuiìii discipuli, elaboratum a Conrado Bergio. Bregae^ typis Sigfridianis, 1615, in-S". 3)
Giovanni Eegnault fu editore del libro del Bruno Cantus Circaeus.
— Wechel \ cui
—
l'Eglino ^ FAlstedio
Sdoppio* sono pressoché ne'
3
libri
Tacciono
si
(Enrico) ed infine lo
^
soli scrittori
contemporanei,
commemorazione
faccia
di lui le
i
Memorie'^
del Bruno.
di Michel de Castelnau,
ambasciatore di Enrico III presso la regina Elisabetta,
Londra
nella cui casa in
consecutivi. sir Filippo
Il
suo
il
Bruno
abitò per tre anni
nome non compare
Sidney, al quale
il
negli scritti di
Bruno dedicò
della Bestia trionfante e gli Eroici furori
sano del pari in silenzio Alberico Gentile
^,
Spaccio
lo ^.
Lo
pas-
che fu suo
amico e collega nello studio di Wittemberga e lo storico Andrea Morosini, che lo accolse alla sua conversazione
in Venezia.
registri delFordine
Il
suo
nome non
Domenicano,
è ricordato nei
in quelli dei profes-
sori dello studio di Tolosa e di Parigi, e
fu persino
Marburgo
cancellato dalla matricola degli studenti di
».
Solo documento contemporaneo che sia degno di speciale considerazione e nel quale si discorra
del
Bruno
è la celebre lettera dello
Gaspare Schopp, conosciuto 1) 1 fratelli Wechel, 2)
sotto
largamente
Sdoppio. il
nome
latino di
rinomati librai di Francoforte.
L'Eglino fu anche un editore del Bruno.
3) Così
pure Enrico Alstedio.
4) Lettera di Gaspare Scioppio a Corrado Eittershausen. 5)
Mémoires de
??^ess^>e
Michei. de Castelnau. Laboureur, Bruxelles,
1731. 6) Il
Sidney morì in Arnheim nel 1586 per una
ferita riportata nella
battaglia di Zutphen. 7) Cf. le varie opere di
Alberico Gentile, Helmstadt, 1669.
Bruno frequentò in Venezia le dotte conversazioni che si tenevano in casa di Andrea Morosini, alle quali interveniva pure il Sarpi. 8) Il
9)
Gli scrittori delFOrdine Domenicano,
Échard
Bruno abbia potuto appartenere Opere italiane, ediz. di Wagner, voi. I, pag.
rono che
il
al loro
xxvii.
e Qqétif, nega-
Ordine.
—
Cf.
-
4
-
Sdoppio, venne giovane in Roma, dove abiurò
il
pro-
testantesimo e fu fatto cavaliere di S. Pietro e conte del Sacro Palazzo da
Clemente Vili. Aveva ingegno
moltiforme, pieghevole,
facile,
contenzioso; onde non solo
tile,
nione,
ma si faceva volontario
come quasi
tutti
ed animo vano, versa-
mutava sovente
gladiatori letterari di quei tempi,
i
tale linguaggio nella
polemica da disgradarne qualunque
più sconcio scrittore!. Ebbe quindi acerrimi fra
i
nemici,
quali lord Digbdy, ambasciatore inglese presso
la Corte di e
di opi-
aggressore, ed adoperava,
Madrid, che, da
lui offeso, lo fece pigliare
bastonare fieramente. Nonostante queste brutture, era
valente nelle discipline filologiche, versatissimo
nelle
lingue greca e latina, e insigne cultore della filosofia stoica e degli studi di erudizione. tato, a titolo di lode,
del
Campanella dal
Vogliamo rammen-
che diede opera alla liberazione
carcere.
Di che questi
intitolandogli per segno di gratitudine, ~
il
lo ringraziò
libro
dello
A teismo Irionfaio Nell'anno 1600, epoca del famoso giubileo che lebrò sotto Clemente Vili, lo Sdoppio, stando in assistè,
addì 17 febbraio,
al
si ce-
Roma,
lugubre e spaventoso spetta-
colo delFabbruciamento del Bruno, intorno al quale egli
una
lettera a
Corrado Rittershausen, rettore dell'università
di Altorf,
stessa delF avvenimento
scrisse la sera
con cui era in frequente carteggio. In questa lettera egli
narra come
il
Bruno insino dall'anno
— Scaliger Hypobolimaeiis.
1)
Vedi
suo libro contro
lo
Scaligero
2)
Nella lettera di dedica
il
Campanella chiama
il
1582"^ inco-
lo
Scioppio hujits
saeculi aurora. 3)
Lo
Scioppio cade qui in errore circa
nei nostri documenti.
il
tempo come vedrassi
—
5
~
minciò a dubitare della transubstanziazioiie, poscia a negarla in un con la verginità di Maria; che
quindi
riparò in Ginevra e vi stette due anni \ donde cacciato
Londra; che
andossene a Lione, Tolosa, Parigi
e
quest'ultima città stampò
Lo spaccio
il
libro
in
della
Bestia trionfante, sotto la quale denominazione intendesi
papa-; che insegnò due anni in Wittemberga,
il
De immenso et infinito itemque de innumerahilibus, e l'altro Be umbris et
pubblicò in Praga
il
libro
Lesse in Brunswich, in Helmstadt, venne in
ideis^.
Francoforte per dare in luce alcuni
dopo qualche tempo
lungamente prigione \ Tradotto poscia
stato e tenuto
Roma
a
donde poi
scritti,
recò in Venezia, ove fu arre-
si
ed esaminato da quel tribunale
dell' Inquisi-
sizione e da diversi teologi, ora promise di ritrattarsi
;
ora cercò di difendersi; ora chiese tempo a risolvere;
ma
non cercava
passati due anni e veggendosi ch'ei
che deludere
giudici, addi 8^ febbraio del
i
condannato, degradato e consegnato Intanto che questi
atti
compievansi,
«
«
i
suoi giu-
Maggior timore provate voi nel pro-
nunziar la sentenza contro di me, che non
1)
del
È
errato pure
Bruno
2) il
disse:
che non
egli,
aveva mai parlato, guardò minaccievolmente dici e
1600 fu
al braccio secolare.
Da
tempo che qui viene assegnato
questo giudizio ben vedesi che il
soggiorno
lo
Sdoppio non aveva
letto
titolo.
Oltrecchè non v'ha opera del Bruno che
parlando
al
in Ginevra.
libro di cui cita 3)
il
nel
io
De immenso
et infinito,
si intitoli
veruna di quelle
il
propriamente cui
nome
qui
viene inesattamente riferito uscì in Praga. 4)
La
prigionia del
Bruno
in Venezia
non fu lunga come
trebbe argomentare da queste parole dello Sdoppio. 5)
V. Documenti Romani.
si
po-
— «
riceverla
del
1
—
Chiuso di nuovo in carcere
».
nove giorni
correre
6
non volendo
,
medesimo mese
fu condotto
dar segno di timore, e come
l'immagine di Gesù
crocifisso,
rogo.
al
gli
e
lasciati
ritrattarsi,
17
ai
Mori senza
venne posta innanzi
la
rimirò con
occhio
torvo, poi volse altrove lo sguardo.
In questa narrazione che scrisse appena udita la lettura della condanna, lo
memoria
non avendo
e
Sdoppio tradito da mal fida gli occhi il documento
sotto
cadde in gravi omissioni, inesattezze ed errori
reale,
ma
Copiò dal vero,
2.
infedelmente, e fu quindi cagione
che sin dal bel principio venisse alterato e guasto in
molte parti
racconto Braniano.
il
Onde
raccogliesi che,
sufficiente, e
Sdoppio benché pregevole, non che nuovi documenti occorrono,
riempiere
grandi lacune che
la lettera dello
le
fatti principali,
come per
si
è per sè
così per
interpongono tra
i
correggei'e gli errori e le ine-
sattezze che s'introdussero nella narrazione di quelli.
Come
già osservammo,
è così generale che
l'erudito
il
Bartholmèss
il
silenzio sui fatti del
più insigne fra ^,
i
Bruno
suoi biografi,
non seppe rinvenire una qua-
lunque testimonianza che confermasse
la lettera dello
Sdoppio in quella parte che si riferisce all'abbruciamento del Nolano, e noi stessi non fummo da principio più
felici di
« Majori forsan
1)
«
accipiam». 2)
questo dotto francese ^
cum
È
timore sententiam in
— V. Lettera
anzi a notare che
me
dicetis
quam
ego
Sdoppio al Bittershausen. verranno ampiamente confermate
dello
Queste nostre asserzioni
nel
corso di quest'opera. 3)
Jordano Bruno, par Christian Bartholmèss;
Paris,
1846^
voi. II.
4) Gli ambasciatori veneti, che discorrono nei loro carteggi della
morte
di
monsignor Carnesecchi
e degli altri eretici
condannati
al
\
la,
— lettera dello
7
Sdoppio, scritta
fu solo stampata per la
fin dal
febbraio del 1600,
prima volta nel 1621 nel
raris-
simo libro del Pazman \ da cui poi venne riprodotta da Enrico Ursini nel suo Zoroastre^. Dal libro dell' Ursini passò nella raccolta dello Struvio ^ ed in
altri libri
senza
che consti che nei venti anni che trascorsero avanti la
sua pubblicazione vi sia chi accenni a quel truce
fatto.
Gli errori e le inesattezze da noi riconosciute in
quella lettera ed
Bruno,
ci
il
silenzio
da
tutti serbato
intorno al
tennero alquanto sospesi circa l'autenticità
medesima e circa la fede che vi si potesse prestare. Pareva a noi cosa da non ammettersi che il Bruno montasse sul rogo in pien meriggio, al cospetto del] a
di affollatissimo popolo,
senza che per
lo spazio di
venti
anni se ne udisse parola nelle cronache, nei carteggi e negli scritti contemporanei.
rogo ed della
Per quanto fosse grande
al patibolo nello scorcio del secolo
decimosesto, nulla dicono
morte del nostro autore. Così pure I'Alfani
nella loro Storia degli
Anni
Santi, ed
altri scrittori di storie ecclesiastiche.
il
e
Ciacconio,
Uguale
Marco Manno il
Sandini ed
silenzio osservarono
cardinale d'Ossat, di cui abbiamo lettere date da
Koma due
il
giorni
dopo quella morte; monsignor Fabrizio Gallo, vescovo di Nola, che era in
Roma
tempo
nel
in cui quella avvenne, e gli scrittori del marti-
rologio protestante.
Macchiavellisatio qua uni1) Il Hbro del Pazman ò intitolato torum animos dissociare nitentihus respondetur, in gratiam domini :
Archiepiscopi castissimae vitae Petri
Pazman
succincte excerpta.
Saragossae, 1621.
De
Zoro-
Hermete Trismegisto ; Norimberga, 1661.
È
Enrico Ursini,
2) Il libro di
astre Bactriano,
al
quale
si
allude, è quello
—
d'uopo avvertire che in questo libro l'Ursini ristampa non la lettera dello Sdoppio,
pochi versi 3)
come affermano quasi
tolti
tutti
i
bibliografi,
ma
alcuni
da quella.
Struvius, Collectanea mamiscriptorum, pag. 64, fasc.V.
il
8
-
terrore ispirato dall'Inquisizione, questo
supporre tale da far ammutolire
convenuti in quell'anno in Roma.
di cattolici ciò
non vuoisi
migliaia e migliaia
le
Ed anche meno
qual fu la cagione del silenzio non
dato,
pure accorsero
universale di tutti
gli
in questa città
gran numero dalle varie contrade
in
accattolici che
d'Europa!
Non
ostante la ragionevolezza degli
dubbi
esposti
non sapevamo tuttavia acconciarci al pensiero che essa lettera fosse nulla più che una capricciosa invenzione. Perocché considerandola diligentemente nel suo tutto ci
vedevamo a
nosceva
chiari segni che chi l'aveva scritta co-
tenore della sentenza fulminata dall'Inqui-
il
sizione. Persuasi di ciò
verso
penetrare fatta «
dovemmo
volgemmo
Vaticano,
gli archivi del
ma
nostre ricerche in essi
contentarci della seguente risposta
da persona amica, cioè che
Uffizio,
le
non potendo
diligentemente
provano che
gli
«
Bruno
archivi del Santo
ed accuratamente
ricercati
fu a suo
tempo pro-
«
esplorati,
«
cessato,
«
qual sentenza venisse pronunciata a suo carico molto
«
meno adunque
«
stata eseguita
«
dall'accuratissimo investigatore di quei riservati vo-
«
lumi, che in più parti di quell'incarto
ma non
il
offrono alcun dato per dichiarare ;
((
processo)
((
fogli
si
si ».
può rilevare
Ed
se
una sentenza
indi soggiungevasi che
scorge consunto
si
sia
notò
(relativo
al
l'inchiostro, per cui più
presentano soltanto una tinta oscura dove una
« volta era stato scritto qualche cosa ». Questa risposta mentre non poteva gran che appagarci, lasciava però intravvedere che gli archivi del Sant'Uffizio dovevano
contenere, oltre la sentenza ed
documenti Bruniani.
Ma
il
processo, più altri
in quella che ci giunse la ri-
-
9
-
lenta risposta, ogni nostro dubbio fu dileguato e vinto
da una
contemporanea
eiFicacissima testimonianza
alla
pubblicazione della lettera dello Sdoppio. Il
Bruno era
Praga nel 1588 ed aveva
stato in
de-
dicato a quel singolare imperatore, che fu Rodolfo IL
centosessanta tesi di geometria
riportandone assai
,
generosa rimunerazione. Tre lustri dopo dimorava nella stessa città
il
più insigne matematico ed astronomo
dei tempi moderni, la
Keplero, dal cui
il
gran legge che misura
celesti. Il
Keplero
s'intitola
percorse dai corpi
le orbite
assomigliava
si
nome
Bruno
al
in molte
cose e segnatamente nella forza d'immaginazione, nell'intuizione poetica e nell'indipendenza dell'animo.
vero quanto
il
Nolano
e
come
Po-
questi travagiiatissimo,
seppe nulladimeno lottare coraggiosamente, contro ogni ostacolo e levarsi al disopra di tutto e di tutti. Stando in
Praga ebbe comodità
leggerne
di
le principali opere.
ragionare del Bruno e di
Onde non
convenientemente l'ingegno,
ma
seguace di taluna delle opinioni di
dubbio del suo amore per
il
solo ne estimava
professavasi altresì lui.
Bruno
è
Documento non una lettera con
cui Martino Hasdale, suo amico, significa a Galileo
€ome
il
Keplero
si
lagnasse che esso (Galileo) avesse
dimenticato di far lodevole commemorazione nel suo
Nunzio Sidereo Il
^
del Nolano.
dottore Brengger, decano del collegio dei medici
di Kaufburi, avendo intrattenuto per lettera
il
Keplero
una opinione del Bruno, quegli nel rispondere si lasciò sfuggire una frase per cui il Brengger rescrisse, addì 7 marzo 1608: Scrivi di Giordano Bruno abdi
((
1)
GrALiLEO Galilei, Opere compiute, voi. VITI, pag-. 59. ed. Albóri.
— loft
hrustolito (ijrunis tosttis)
«
abbruciato
;
,
che io intendo che fu
il
chiedo se c[uesto è certo, ed in qual
ti
tempo e per qual ragione siagli ciò accaduto: fammelo sapere, sento compassione di lui^ ». Il Keplero risponde « Seppi da Wacherio che il Bruno fu abbru«
«
:
Roma
e che sopportò
con costanza
sup-
«
ciato in
«
plicio,
«
che Iddio s'immedesima col mondo, col circolo e col
«
punto Il
asserendo che tutte
il
religioni sono
vane e
».
Brengger, ritornando sul doloroso argomento,
meraviglia «
le
ÒìQÌY
insania
di
Giordano
e scrive:
«
si
Qual
vantaggio ricavò dal sostenere così grandi tormenti ?
«
Se non esistesse alcun Dio vindice delle scellerag-
«
gini,
be
«
come egli credette, non avrebbe potuto impunemente simulare alcun che, per avere in questo modo salva la vita ^?
»
A
questo indegno consiglio
il
Bruno
rispose anticipatamente, laddove disse che la morte è
da anteporsi
alla
menzogna, comunque
il
volgo amente
possa altrui accusare di demenza. Vulgus te caecum dixerit: ergo Luce oculisque carens, sine menteque dixerit aniens.
Dopo
le
parole del Keplero,
dubbio intorno
al
le
quali tolgono ogni
genere di morte che toccò
al
Bruno^
e del quale si è tanto disputato dagli storici, novella
pi'ova fornisce di quella
1)
morte
lo
Sdoppio
JoANNis Kepleri, astroiiomì, Opera omnia,
stesso in
ediclit Frisch, voi. 11^
pag. 592.
Quid lucri acquisivit tantos crucìatus sustinendo? Si nullus. Deus scelerum vindex, ut ipse credidit, nunquid impune po« tuisset simulare quodvis, ut hac ratione yitam redimeret? ». 2)
«
« esset
— un suo
libro che si
11
—
stampò avanti che
la
sua lettera
Rittershausen comparisse in luce. In esso libro, di-
al
scorrendo di coloro che sopportano stoicamente la morte per odio derivante da pertinacia di animo, pone avanti l'esempio di Giordano Bruno, che a preferenza di ce-
amò meglio
dere
essere abbruciato vivo, com'egli
di
ebbe a vedere in Roma, or fanno dieci anni.
adopera qui
le stesse
Lo Sdoppio
parole che già aveva adoperato
nella lettera ^
Ma
a dissipare
nubi onde era ravvolta la vita del
le
le notizie monche ed venimmo ragionando. Imperocché
Bruno, non bastavano per fermo erronee delle quali
da queste non potevano
i
biografi determinare nè l'anno
della sua nascita, nè quello in cui vestì l'abito monacale,
nè
il
tempo che passò
studi giovanili
;
donò
;
di
la patria
in che
in convento
tempo
e
;
ignoravamo
i
suoi
per quali ragioni abban-
che operò nei paesi stranieri
;
perchè
Germania tornò nuovamente in Italia che si passò il Governo veneto, il quale lo arrestò lo tenne prigione; quando fu consegnato a Roma; ;
tra esso lui ed e
« «
«
1) « Pertinaciae ex odio profectae memorabile exemplum ante hos decem annos (il libro dal quale questo brano è levato, fu messo a stampa nel 1611) in lordano Bruno nolano Eomae videre me con* tigit. Is enim potius quam portenta et monstra, quae ab epicuraeis
genus philosophastris et haereticis didicerat, ac palam propugnaret, in primis auteni execrabiles in
« antiquis aliisque id
« libris « «
nonnullis
Christum et Apostolos contumelias ac blasphemias recantaret, seque, quod eos praestigiatores et magiae artifices dixisset, poenitentia duci
« fateretur, infelicibus sarmentis circumseptus, luculento igne vivus
Siamo stati i primi ad avvertire le riferite parole Georgius SchelorSdoppio riportate da Giorgio Schelorn.
« ustulari maluit ». dello Nius,
Commercìi epistolaris Uffenbachiani
Pars quinta, pag. 27.
—
seìecta;
Ulmae, 1756,
quanto tempo
12
-
stette nelle carceri di
questa
fosse l'indole dei vari suoi processi
;
od inediti da esso composti; quali menti?
Fortunatamente a stando
ai soli scritti
si
libri editi
i
suoi
domande
tutte queste
nulla 0 pressoché nulla
quali i
quale
città:
intendi-
quali
alle
avrebbe saputo rispondere,
a stampa, venne in aiuto un tesoro
prezioso di documenti intorno alla prigionia ed al processo del
Bruno
in Venezia,
il
quale era passato inos-
servato nel ricchissimo Archivio dei Frari.
Come prima avemmo nelle mani questi documenti pensammo ad illustrarli ed a condurre su di essi
noi
una nuova
biografìa. Il lavoro
durarono quattro fatti
e
più anni e
non si
Le
fu facile.
rammentati dai documenti, su
tutti
o
i
luoghi in
i
quelli accennati, su tutte le persone con le quali
era stato in relazione
ricerche
raggirarono su tutti
il
Bruno
che aveva semplicemente cono-
sciute.
Non
ci si
recherà a presunzione se diciamo che la
Nolano acquistò per tal modo vera luce non in tutti i fatti, certo nei
biografìa del
e fu essa chiarita, se
principali.
È
singolare che sebbene ai biografì del
Bruno
fosse
nota la sua prigionia in Venezia, tuttavia nessuno ne
rammenti
il
processo non eccettuato lo Sdoppio
silenzio forse distolse
i
sucessori dal ricercarne
il
cui
i
do-
cumenti. Il
dotto storico di Berlino Leopoldo
Ranke
diando anni sono, nel mentovato archivio in
una
si
stu-
abbattè
lettera che poteva metterlo sulla via della sco-
perta, perchè apparteneva al corpo dei
processo
;
ma
egli
occupato
in
documenti del
quel tempo
di
altre
— Nè
ricerche K
—
senza addentrarsi in ulteriori
pubblicò
indagini, la
13
toccò miglior sorte al signor Fulin altro
cultore insigne di storia
il
quale frugando nello stesso
incontrò pure in alcuni documenti
archivio
si
ma non
potè tuttavia scoprire
processo
si
le
^
bruniani
dove l'intiero
filze
accoglieva.
Nei documenti processuali veneti razione sommaria che fa di quello che
il
si
contiene la nar-
Bruno con rara chiarezza al mo-
operò dalla prima infanzia sino
mento dell'arresto. Dalle sue risposte riunite insieme esce una pellegrina autobiografìa che può andare fra prime che vanti
le
fica.
la nostra storia letteraria e fìloso-
Nella parola del Bruno luminosa di evidenza non
solo vedesi
come
in tersissimo specchio
il
giovane frate
che percorre l'Europa balestrato dagli eventi,
ma
an-
cora l'instauratore di una nuova fìlosofìa chiamata se-
condo
il
suo avviso, a distruggere la volgare, che tiene
menti nell'ignoranza. Nella pienezza del suo convin-
le
cimento esclama che
la dottrina
da esso insegnata non
muterà, comunque possano mutare i luoghi, le vicende 0 i tempi. Onde ringrazia Iddio che, accendendo perenne fìamma nel cuore umano, abbia voluto che il suo petto anelasse a tanta luce, ed ardesse di tanto calore
^.
E
quindi nel fervore poetico della ispirazione
prega di essere trasformato nell'uno, di
1)
essei-e
uno per
Questa lettera venne ristampata dal Bartholomèss. Voi.
I,
pa^
gina 320. 2)
nel 3)
Questi documenti furono pubblicati in un opuscolo che
1864
in occasione delle nozze Camillo Totto.
O tu qui flammas mortali in corde perennes Incendis, pectusque meum consurgere tanto Lumine iussisti tantoque calescere ab igne.
si
stampò
— vedere il
di sopra,
il
presente,
In queste risposte
non
egli
ma
—
di sotto,
il
futuro ed
il
14
il
il
di dentro,
il
di fuori,
passato K
alle interrogazioni dell'inquisitore,
solo narra,
come
già
notammo,
la
sua vita,
espone con maestria e con precisione la sua dot-
trina. Sotto questo aspetto
i
documenti veneti tornano
giovevolissimi alla intelligenza del sistema del
ed illustrano
la storia della filosofia del secolo
Osiam affermare che sono
sesto.
Bruno
decimo-
unici nel loro genere,
un pregio che non hanno i processi contemporanei di monsignor Carnesecchi e del Paleario e quelli posteriori del Campanella e del Vanini. I due primi non escono dai confini di speciali questioni teologiche, mentre il processo Bruniano spazia e conferiscono al processo
per tutto
il
campo
della metafisica.
Le
notizie che ci
restano dei processi del Campanella e del Vanini
vaghe, imperfette e pressoché estranee alla
Non che
è parimenti, a nostro avviso, di
il
Bruniano
cimosesto,
il
eguale
^
sono
filosofia.
momento
per la storia del pensiero nel secolo de-
processo di Michele Servet da Villanova
ha davanti a sè il terribile dittatore aveva risoluto la perdita assai tempo prima che venisse nelle sue mani ^ Egli è costretto dai suoi giudici, ben più ignari che non i Ve-
di Aragona. Questi
di Ginevra, che già ne
neti in materia di religione, a valersi nella sua difesa 1)
V.
De
minimo, pag.
2) Cf. circa
il
2.
Campanella,
i
voluminosi documenti che
si
pub-
blicarono in questi ultimi tempi e sui quali non intendiamo per ora
Vanini, quelli pubblicati da Vittorio Cousin. bue venire, sed a me accersitus. Ego autem « nunquam committam, ut fidem meam eatenus obstrictam habeat « jam enim constitutcm habeo si veniat nunquam pati ut salvus « EXEAT ». Lettera di Calvino citata dall' Allwoerden e dalMiGNET.
portar giudizio e circa 3)
il
« Servetus cupit
:
—
—
—
15
argomenti
delle sole Scritture sacre, rimossi tutti gii
da tutte
delle discipline razionali. Il Calvino lo serra le parti,
Magistrato ginevrino non solo non
il
cede un difensore che
lo aiuti,
essendo egli ignaro degli
usi e delle leggi di quella Repubblica e
con
difficoltà l'idioma francese
Oh
gli con-
ma
;
maneggiando ben anche
rifiuta
Gesù Cristo, egli dice, « non ricusate a me quello che non neghereste ad un « Turco, che venisse a domandarvi giustiziai » Laonde la difesa del Servet non è che un lungo e cupo gemito di udirlo
«
!
per l'amore di
della vittima al cospetto del suo carnefice: ((
salvate l'anima mia! o Gesù,
abbiate misericordia di
me!
~
:
il
Bruno risponde
cui crede, senza che gli sia fatta forza.
senso
le
si cavilli sulle
sue asserzioni.
sue parole e
Non
pensi a far note
suoi
libri.
è
il
contegno
le
si
nei termini in
Non mai
ac-
torcano a mal
è interrotto, e
giona con tanta quiete, che più che ei
Dio,
l'inquisitore generale interroga senza pas-
sione e insistenza, ed
cade che
0
».
Per contro nel processo veneto calmo dei giudici
«
figlio dell'eterno Iddio,
spesso ra-
al difendersi,
sembra
sue dottrine citando all'uopo
Quindi nel leggere
i
dianamente dal cancelliere, quasi stre ed infelice prigioniero,
il
i
verbali compilati quotisi
quale
dimentica che si
l'illu-
ode in essi discor-
non uscirà dal carcere che per entrare nel rogo. Dai documenti di cui discorriamo raccogliesi pure che
rere,
1) Je vous sappile pour l'amour de Jésu-Christ ne me refusez ce que vous ne refuseriez à un Ture, en vous demandant justice. Lettera che il Servet, addì 10 ottobre 1553 scrisse ai suoi giudici dalle
—
carceri di Ginevra. 2) pitié
0
Dieu, sauvez
de moli
mon àme!
o Jésus^
fils
du Dieu
éternel, ayez
— il
processo veneto è
processi contro in
tentati
il
il
—
16
quarto per ordine di tempo dei
Bruno.
I
due primi
gii
furono in-
Napoli, V uno mentre era ancora novizio
quando già celebrava la messa. Il una continuazione dei primi, intervenne nell'anno 1576 \ non più in Napoli, ma in Roma. Come vide il Bruno che questo processo pigliava
professo,
l'altro
terzo processo, che pare
mala piega, fuggi clandestinamente da essa città, e deposto l'abito, venne in Noli presso Savona, dove insegnò per cinque mesi ai putti: indi si internò nel Piemonte: visitò Toiino ed imbarcatosi sul Po toccò Venezia. Fermatosi quivi breve tempo percorse una parte della dall'Italia.
Lombardia ed usci sul finire dell'anno 1579^ Lo Sdoppio differendo all'anno 1582 questa
uscita 0 fuga (che
si
voglia chiamare), recò grave al-
terazione alla cronologia Bruniana. Questi tre processi ignoti ai biografi si trovano per
sommi
capi indicati nel
processo veneto, come in esso parimente
quale abbia potuto essere
il
si
intravvede
processo finale di
Roma.
Il
processo veneto rende adunque possibile la storia dei processi del Bruno, dai quali
non
come già abbiamo
detto
poca luce irradiasi sui suoi pensamenti filosofici.
Ma
alla serie dei
documenti del processo veneto se
ne aggiunse più tardi un" altra che essa pure è di grandissimo momento e della quale noi non potemmo servirci
quando pubblicammo
pei-
la
prima volta
la
vita del Bruno.
Sono pochi anni che un mio dottissimo amico il conte Giuseppe Manzoni, noto in Italia pei- il suo amore ai 1)
Documento VITI,
2)
Questa data può ora, dopo
ritenersi sicura.
la
scoperta dei documenti di Ginevra
•
libri rari e
mi
fece
-
17
per la sua dottrina storica e bibliografica
dono
di
nuovi documenti che riferendosi
alla prigionia del
Bruno
Roma
in
ci
tutti
consentivano di
spingere avanti lo sguardo e contemplare l'infelice pri-
Roma.
gioniero nel tetro carcere dell'inquisizione di
Tra la stampa dei documenti veneti e quella dei romani di cui discorriamo ed i quali videro pure la prima volta per opera nostra la luce, corsero otto anni.
veneti
si
pubblicarono nel 1868 coi
tipi del
—I
Paravia,
i
romani nel 1876 con quelli del Salviucci. Ma in questo intervallo non si scopersero che poche righe autografe del Bruno in Germania. Nulla in Inghilterra per quanto è a noi noto.
E non
se ci spiace altamente che le nostre occupazioni ci
abbiano consentito di fare ricerche negli archivi
dell'Università di Oxford dove egli disputò con tanta vi-
vacità contro quei dottori
,
speriamo tuttavia che queste
moveranno qualche dotto inglese a fare quello che noi non abbiamo potuto. E nulla parimenti si rinvenne in Tolosa altro luogo di dimora del Bruno. nostre parole
Ginevra
è la sola città nella quale si siano scoperti
insino ad ora nuovi documenti bruniani dopo
Alquanto tempo prima che
ciò accadesse,
persuasi che questi documenti vi fossero,
i
nostri.
essendo noi
avevamo
pre-
gato un nostro amico di Ginevra di farne ricerca, come
diremo più avanti. L'amico aderì stigazioni all'anno 1578 e
non
ma limitò
le
sue inve-
al seguente, sotto
il
quale
Dufour direttore degli archivi di Ginevra seppe, ampliando il campo delle sue indagini, aggiungere alle due serie dei documenti già noti una terza che non solo ci rende più chiaro il soggiorno del Bruno in quella città, ma ancora ci fa coquelli si trovavano. Il signor Teofilo
2.
—
Berti, Giordano Bruno.
V
— noscere
le
—
18
sue prime controversie con un professore
Tanno in cui abbandonò l'Italia. Comprendiamo infine fra i documenti di cui
calvinista e
vammo
ci gio-
in questa edizione, quelli del Codice Noroff di
Pietroburgo che io per primo mi
affrettai di far noti
in Italia, quantunque il loro contenuto serva piuttosto ad illustrare i pensamenti che non la vita del Nolano. Non ostante questa enumerazione assai lunga, mancano nondimeno al compimento della dolorosa raccolta: 1° Tutte le carte a lui tolte quando fu arrestato ;
2°
Alcuni suoi
annotati dal denunciatore e
libri
quindi trasmessi all'inquisitore generale a corredo delle
denunzie 3°
;
Una
notato tutti 4° il
Un
polizza di suo pugno, nella quale aveva i
libri
da esso
Mocenigo trovò fra 5°
scritti;
opuscolo, Libretto di congiurazioni, che le carte di lui;
La sua opera manoscritta
intitolata
Le
sette arti,
che egli dettò con l'intendimento di entrare nella grazia del pontefice regnante Clemente Vili, e di conseguire
una cattedra di filosofia in Roma, compiuta quando fu arrestato; 6"
La
8° Il
' .
opera era
Gli atti del processo fatto dall'inquisizione di
Roma che 7°
la quale
durò per otto anni sentenza che
lo
circa;
condannò
al rogo;
Mernor iale che presentò per sua difesa alla Con-
gregazione dell'inquisizione
Questo memoriale
e
che non fu da questa letto.
pare che debba contenere
ci
gli
ultimi pensieri del nostro filosofo.
Diremo ora che
oltre
i
documenti, furono per noi sor-
gente di copiose notizie circa suoi
libri, le lettere di
il
Bruno,
dedica ed
i
le
prefazioni dei
libri stessi.
Di talune
-
19
-
non poterono valersi i biografi che ci non intelligibili senza i documenti
di queste notizie,
precedettero, perchè, 0
veneti, o difficili a procacciarsi per la grande rarità dei
Bruniani. Avanti che
libri
Wagner
raccogliesse e pub-
blicasse in Lipsia, le opere italiane, queste erano oltre
ogni dire rarissime. si
Lo Spaccio
della Bestia trionfante
vendette in Inghilterra per trenta
Cabala del Cavallo Pegaseo, che
è
lire sterline, e la
un opuscoletto
di
quaranta pagine in ottavo, per cento sessanta franchi K più accurati bibliografi stranieri erano
I catalogi dei
monchi
difettivi, e
e
più monchi
ancora quelli dei
bibliografi italiani. Tiraboschi, che per consueto è di-
ligentissimo nella recensione delle opere degli scrit-
nostrani, confessa di non conoscere quelle del
tori
Bruno.
Nè
ciò
deve recare meraviglia ove
non potè procacciarsi
le principali
il
filosofia, il
Bruckero, cui erano aperte
protestanti.
Non
noi più vicini
Kant
il
si
pensi che
dotto storico della le biblioteche
sortirono migliore fortuna in tempi a
Leibnitz e l'Hamann, l'erudito amico di
e di Jacobi
Si
^.
durava or sono pochi anni ancora
fatica nel mettere insieme le opere latine, la cui ri-
stampa principiata dal Gfròrer era rimasta interrotta. SaV. David Clément, Bibliothèque curieuse, Tom. V, pag. 304. Brucherò dice che i libri del Bruno sono albis corvis rariores. In quest'anno 1888 una ristampa delle Opere italiane venne fatta con rarissima diligenza da Paolo De Lagarde e pubblicata in Gottinga. Noi ne rendiamo all'autore infinite grazie. Avremo d'ora in poi un testo
—
1)
sicuro per le citazioni.
La ristampa
delle
Opere italiane del Wagner
è molto scorretta, sebbene abbia essa assai contribuito a diffondere
Bruno.
la cognizione della filosofìa del
2) Leibnitz non potè leggere
Hamann e quelli
lo
Spaccio della Bestia trionfante;
cercò invano per tutta Italia
De
l'infinito,
universo
et
i
dialoghi
mondi.
De
la causa, etc,
—
—
20
rebbe oramai tempo, dicevamo giustamente, che
l'Italia
assumesse questo compito non solo per rispetto al Bruno, ma ben anco per rispetto a tutti i suoi magsi
giori filosofi, che
fiorirono nei secoli
decimosesto, imitando in ciò
i
decimoquinto e
nostri vicini,
i
quali con
lodevole zelo vanno da parecchi anni raccogliendo,
stampando, chiosando, illustrando tori.
Duole
il
dirlo
ma
libri del
i
i
ri-
precipui loro pensa-
Pomponazzi,
del
Cam-
panella, del Bruno, del Vanini e di altri nostri filosofi
non trovarono ancora etto in
un corpo
li
in Italia chi con diligenza ed af-
raccogliesse.
Da
questa trascuranza
deriva non mediocre detrimento al nostro patrimonio intellettuale ed alla tradizione del nostro pensiero.
A
queste parole che noi stampavamo venti anni or
sono diede ora eseguimento
Gro verno stesso in questi
il
ultimi tempi commettendo a Francesco Fiorentino darci
E
una edizione compiuta
delle opere
di
del Nolano. —
questi avrebbe per fermo condotta a termine l'opera
diffìcile e faticosa se la
morte immatura non
lo
avesse
a noi rapito quando erano appena usciti due volumi di opere latine.
Speriamo che
i
dotti continuatori del filosofo abbruz-
zese vorranno presto licenziare
il
terzo
vrebbe pure contenere qualcuno degli compresi nel Codice Noroff.
Ma
Fiorentino, la quale ha in sè
il
il
quale do-
scritti
inediti
forse la ristampa del difetto
di
non essere
stata condotta secondo l'ordine cronologico, obbligherà gli
accennati continuatori a ricominciare da capo, se
non vogliono
distribuire con poca armonia, o sopra
arbitrari giudizi gli scritti che sono blicare. Il
De Lagarde
italiane, di cui ci diede
ancora da pub-
nella sua edizione delle opere
con scrupolosa fedeltà e
somma
-
21
-
un primo volume, seppe
diligenza
evitare questo er-
rore del Fiorentino. Vi è però a temere che la pubbli-
cazione separata delle opere
latine
ed
italiane
JBruno possa dare origine a due categorie di
scritti
del
che
paiano appartenere a due diversi autori, anziché ad
un
solo.
Comunque
il
filosofo
come
il
teniamo a sufficienza paghi
sia ci
che dal tempo che usci
nostro
il
da Nola sia stato
Fiorentino ed
il
(1868) in poi
libro
illustrato
De Lagarde
da due editori
e fatto
segno a
tanti e sì diversi studi.
Alla vita del Nolano abbiamo aggiunto la esposizione della dottrina contenuta nei suoi libri.
E ssa benché abbia
avuto una quantità di espositori in questo ultimo periodo di
tempo, non é tuttavia di così
intelligenza
facile
Bruno ha scritto molto, in molti luoghi, in vario tempo e forse non sempre con 10 stesso intento. Esso come tutti gli uomini e specialmente come tutti i filosofi di valore, rappresenta nella sua vita concetti che non sono sempre collegati e successivi. Ci studieremo di esporre i medesimi con le quanto taluni immaginano.
Il
differenze che nascono dal tempo, dalla età e da certi
mutamenti progressivi che
la storia
non sempre avverte. un dipresso come
11
pensiero vuole essere narrato a
si
narrano
i
fatti e
non
dedotto. In questa nostra opera
dettata senz'odio e senza ira
quale
é,
e
non
vi sia
un
ci
Bruno esca per quanto minimo
pare che
solo fatto
il
che non poggi su qualche ricerca storica.
Non amo
quindi essere giudicato leggiermente o confuso con la
turba dei tumultuosi ammiratori del Nolano.
VITA DI GIORDANO IDA.
BRUNO
ISrOTuA.
—
—
25
CAPITOLO
I.
(1548-1563-64).
—
Bruno — Casato — Infanzia È minacciato Suo amore per Nola — Nolani illustri nel secolo XVI — Ambrogio Leone — Albertino Gentile — Pomponio Algério — Merliano soprannominato Giovanni da Nola — Albertino intagliatore — Costantino de Notariis — Antonio Stelliola — Bruno
SOMMARIO.
—
Natali del
da un grosso serpe
in Napoli
zioni del
—
—
— Suoi primi maestri nelle discipline filosofiche CondiNapoletano — Bruno entra nel convento di San Domenico.
Giordano Bruno o Bruni
^,
nacque in Nola Fanno
Ebbe che poi mutò
1548^ da Giovanni e da Fraulissa Savolinal fonte battesimale
nome
il
di Pllippo'',
Giordano vestendo
non
conto
ci sia
il
l'abito religioso.
al
in
Benché
suo casato, tuttavia, considerando che
padre era famigliare col poeta Tansillo^ ed eserci-
il
tava la professione di soldato, possiamo asserire, senza
tema
di errare, che
vanno
assai lontani dal vero coloro
Documento Vili.
1)
Wagner
nascere nella prima decade della seconda metà Bartholmèss nelFanno 1550. 3) È questa la prima volta che vien fatto palese il nome della madre. Manteniamo quanto fu da noi detto coirappoggio dei docu2) Il
lo fa
del secolo xvi; ed
il
menti. Talune censure di nissun conto che
da sè I
6'
non occorre perciò che
vi
ci
vennero fatte caddero
torniamo sopra (V. Documento VIII).
Savolini sono ricordati in più luoghi delle Opere del
uno
di
loro
è
introdotto
come interlocutore
nello
Bruno, ed
Spaccio della
Bestia trionfante.
Documento citato. Degli eroici furori, Bruno, Op. ital., Tansillo aveva fima di perfetto cavahere. 4)
5)
voi. II,
pag. 324.
—
Il
che
-
26
vogliono raffigurato in quel cotal poveraccio, del
lo
quale
De
favella nei dialoghi
si
mondlK E
poca cosa
(inaiiiuiique torni a
onde traesse
la
F Infinito, universo il
et
conoscere
sua origine, diremo non pertanto
di pas-
sata che egli s'intitola dalla famiglia dei Bruni-; che abitò
come gentiluomo vimuh^
in tale
dalla
In <M
qiiiil.'
lettei-a al
di
r.
ili n
torin
hili'
i)r..s;i|,i;(
è,
\
pi
osentato alla regina Elisabetta =\
"Ihk^iU*' accolto, c che in lino, nella
Scnah» accadcin
loiiil)«'i-,L:a.
cosa
in casa del signor Castelnau di
;imbasciatore di Knriro III a Londra; che
]\[;iiivissit'i t\
Li'lliiiiKi.
cIm"
M.i
stentamento
l;is,-i;i
per ri
del
Bruno
e
I
lettore del lo Si udio
De
IcuniJilde cont-
edere sè essere di no-
n plobeo che fosse"», certa
sempre
ii<
l
lungo e travaglioso
prdVNcdere
al
pi-(t])rio
so-
del MKi ingegno''.
1) Il celebre Fracastoro, clie è dialoirlii
;il
libro
ini r;i\
jirMji;i
cuiroiii'ia
ed
al
|i;iiri/i(.
(loN i'iic |)ui-
pellegi'inag;_:ÌM
i.-n
pi'ciiifssa
uno
ne rajjpresenta
(lenirli
la
interlocutori
persona
dall'aristotelico Burchio, altro interlocutore, per
,
viene
di
([Ucsti
(lualilicato
un imveraccio mi-
midrito di pane di miglio, morto di fame, fjenerato da un sarto, nato d'una ìavfindaria, nipote a Cecco ciabattino. Queste sconcie parole furono erroneamente applicate al Bruno.
serai) ile
,
Documento Vili. Documento IX. Nella Cena de le ceneri, scrive che in casa del Castelnau ehhe il hwr/o più eminente. 4) Jordani Bruni Nolani scripta. Gfrorer; Stuttgardiae, 1835, p. 026. Oratio valedictoria Jordani Bruni, etc. Brvckeìu, Historia pliilo^^ophiae. Lipsia, 1744, tomo V, pag. 15. 5) La particella de, levata al nome di Melabranche, non scemò 2)
3)
per fermo la sua reputazione. 6)
Nella lettera al Senato accademico di Wittemberga
il
Bruno
confessa che, se potè tener lungi da sè la povertà, ciò fu perchè gli
—
venne concesso d'insegnare privatamente. « recipere lectiones atque studia concessum
« ».
Ad
eas se privatas
— La
—
Ti
casa paterna, in cui fu allevato, era posta,
egli afferma, alle radici dei colli Cicala
come
rinomati per la
copia e bontà dei vini, per la feracità del suolo e per la dolcezza del
climax In una stanza di essa casa, mentre
era in fasce, poco e vecchio serpe,
mancò non il
nelle domestiche pareti, si lui culla.
A
fosse vittima di
un grosso
quale uscito improvviso da un buco
avviava
alla volta della di
quella vista egli diede in altissime strida,
articolando chiaramente
il
nome
non era come udì le
del padre, che
riuscito insino allora a profferire; questi,
grida del figliuolo, accorse con
casa dalla
gli altri di
vicina camera, a fugare quel terribile visitatore. Il
Bruno grandicello richiamava
poi
alla
memoria
questo fatto con meraviglia de' suoi, e soggiungeva che
aveva compreso
egli in quella occasione
zione di tutte
Non
ma
ci è
le
la significa-
parole che profferirono gli astanti.
dato sapere quale sia stata la sua infanzia;
non dovette correre molto lieta ove si si leggono in uno degli ultimi
certo essa
;
aggiusti fede ai versi, che
suoi scritti, e che paiono strappati a lui di bocca dal dolore,
onde fu negli anni appresso contristata la sua vita; versemur iniquis, luctamen adorsi
At nos quantamvis
fatis
Fortunae longum a
piieris
Il cielo di
Nola,
i
suoi
colli,
i
suoi campi, la festi-
vità degli abitanti sono le prime e
non più cancellate
reminiscenze della sua infanzia. Egli
mente questa sua terra
1)
natale, e
non
ama
sviscerata-
rifinisce di lodarla
Bruno, Spaccio della Bestia trionfante. Vedi anche Ambrosii
Leonis Nolani, Antiquitatum necnon historiaritm urbis ac agri
Nolae, libri 2)
tres.
— Lugduni
De Monade,
etc, cap.
Batavorum. Sumptibus Petri Vander. I,
pag.
3.
semprechè
28
-
viene in concio di favellarne. Inti-oduce
gii
rammenta con
nei suoi dialoghi interlocutori Nolani sarcastico sorriso
nomi
i
di tutte le persone, che abi-
tano nella via, in cui trovasi la sua casa
nome
principi delTuniverso col
appelhi Xohiiict
sua lìlosntia:
la
;
rivolgesi ai
Giordano Nolano
di
2;
ringrazia Michele di
Castelnau, signore di Mauvissiero, che abbia colla sua
graziosa ospitalità convertita Tlnghilterra in Italia e
Londra alcuni
Le metafore,
in Nola.
scrini
«le' sii.ii
bi-aiii
gione di credere, uxc ei
li
iv-ii in»'
'india
poli,
«
insieino tal\
«
vornaii-ice
M
da noi
((
le
:
<'
capu
(>lla
Spaccio
della
certo, che
•.
:
-radila dal Cielo, e posta ili
questo globo
,
gO-
genera/ioni, e sempre
Talii-e
stimata maestra e madre di tutte
m
vii'indi. discij)lin(\
Nola, città della
colorito di
Laonde non reca .'sclaniafc « Italia, Na-
e d.-sli-a
doniindcc de
aliri stata
l'I
non fosse
Nola
ndii-|M 'piasi nispirain
Nola
«
1)
in
il
[)orgerebbero quasi ra-
coiiiiario
il
componesse stando
sorpresa
esempi,
gli
ci
innaintadi
Campagna
l-'elice
—
Bestia trionfante.
».
'
fra le più antiche
Cabala del
Cavallo
Pegaseo. 2)
Bruno,
De
la
causa, principio,
et
uno,
ediz.
De Lagarde,
pag. 208. 3)
Eammenta
può competere e la
persiiiu
col
il
greco di
vino
di Xola, che a suo avviso
a>})riiiiu
Somma
insegna di un farmacista con
e Colla, la
malvagia di Candia,
la iscrizione:
—
Non
qualitas sed
Xel libro De Monade, quantitas [Scripta latina, pagina 357). descrive con vivi colori il Vesuvio ed il monte Cicala veduti da Nola, pag. 260. 4)
Questo amore per Nola
racconta che
un suo
è
comune
ai
giorni da Nola, vi ritornò in fretta quasi assenza, e
non potè
Nolani. Ambrogio Leone
nipote, dopo essersi allontanato per
tenersi,
due 0
tre
ammalato per questa sua
avvicinandosi alle porte di Nola, dal
prosternarsi davanti ad esse e baciare con indicibile gioia la terra.
dell'Italia,
-
29
sorge a uguale distanza da Napoli e da Ca-
una pianura, cui formano quasi corona San Essa guarda verso Elmo, San Paolo e Casamarciano
serta
in
^
mezzodì
Vesuvio, a settentrione
il
ad oriente
di Roccarainola,
i
anticamente dodici porte con
i
monti
Ebbe
mura magnifiche
torri elevate e forti, che tutta in giro la
per
Avella
di
Colli di Cicala.
e
già
con
e
cingevano ^
e
quali potè resistere a lunghi ed iterati assedi.
le
Dalle dodici porte uscivano altrettante strade, che met-
tevano nelle
luoghi circostanti. Noverava
città e nei
nel suo recinto stupendi templi, vasti anfiteatri e fastosi palagi appartenenti alle
Roma \ E
più insigni famiglie di
segno incontrastato di antica grandezza
coltura sono
i
vasi e
e
medaglie dalla testa di Pal-
le
lade e di Apollo protettore delle città Calcidiche, che
scavando nel suo agro in copia ancora
Ma
ai
tempi di Bruno
gli edifici
ed
i
si
discoprono.
monumenti
ro-
mani erano scomparsi ed i loi'o rottami avevano servito alla costruzione di una nuova città, importante anch'essa, abbenchè fosse
appena
la
dodicesima parte
della primitiva^'.
Non brati,
1)
pertanto
come
i
Nolani di questa stagione erano
cele-
già gli antichi, per la gentilezza de' costumi,
23 chilometri da una parte
e
23
dall'altra.
— La sua popola-
zione è ora di dodicimila abitanti. 2) Il
al
Bruno dedicò
il
suo libro della Cabala del Cavallo Pegaseo
vescovo di Casamarciano. 3) « 4)
Campo Nola
Fra
dello stesso DiNi, 5)
sedet crebris circumdata in
le quali, quelle di
orbem
— Turribus
Fabio Massimo, di Mario, di Pompeo
Augusto. Vedi Ambrogio Leone, Opera
Storia ecclesiastica di Nola. Napoli, 1757.
Ambrogio Leone, Opera
citata.
citata.
». e
— Eemon-
— per e
30
loro valore, per la prontezza del
il
Amavano
lilosofia.
la
in
testimonianza
figliuoli.
modo
più cospicui cittadini
i
delle belle
speciale l'agronomia,
maniere K ci fanno
come
Vestivano con eleganza,
stria si lalìbricavano in Nola.
vivevano lautamente, esercitavano con larghezza talità, le
donne facevaiKì pompa
non
la
Milla
La
loro
oi'igine
la
breve distanza che separava l'agro nolano (It'llf
de* niaii-inioiii.
persino nei
(ildlane'\ Nella celebrazione^
fdrolt'
n<';jli
vp.'Uacoli. nelle feste popolari e
riti i-oligiosi
nianlcnevansi gagliardi
antichi. Pei' lo che in Nola, pin
della
Magna
ilella
civiltà greco-latina.
Non
2.
forse più sciolta, che
convenisse, ricordava ad un tem|)o e
si
greca e ,
ai-giita. sai'castica e
l'ospi-
gemme
di collane e di
preziose, le case erano a(l(lol)l)ate con gusto
conversazione
mae-
sti'umenti rurali che con molta
gli
mer-
della loro fortuna. Si piacevano del
dire oi-nato e senza rusticità e
Coltivavano
i
lettere, le belle arti e la
lo
catura, alla (|uale non pochi fra
andavano debitori
ingegno
loro
per la diligenza e liberalità con cui educavano
gli usi
che nelle altre città
Grecia, sentivasi potente Talito e rinllusso
reca (juindi mei-avi^lia se
soggiorno di Nola
il
potesse tornare graditissimo in sul Unire del secolo de-
cimoquinto
al
al Caracciolo,
Fontano,
al
Valla (Lorenzo), all'Attaldo,
ad Aurelio Biennato,
al
Galateo
e
a più
altri valorosi cultori della filosofìa 0 delle lettere. Il solo
1)
« Nolani laudani
si
quid ornate dictum factum ve senserint:
« didos oderunt, castigant, ut quisque
« honestaeque vitae indulgeat ». 2)
Ambrogio Leone, Opera
3)
Le
—
quantum
Opera
fieri
sor-
possit eleganti
citata.
citata.
favole atellane pigliarono
il
nome da
a due miglia da Aversa, ora distrutta.
Atella, città osca posta
-
-
31
Sannazzaro dopo avervi fatta breve dimora ripartivasene sdegnato e la accusava di avere rifiutata l'acqua
a Virgilio
E
K
più che dalle cose avanti discorse trae meritato
Nola dai molti
lustro la città di
diede
e chiari
natali nel secolo xvi e che
i
uomini, ai quali
vogliamo qui som-
mariamente rammentare perchè si vegga come il Bruno non sortisse la culla in terra senza tradizione d'ingegni. Viene primo e per ordine di tempo e per eccellenza di ingegno Ambrogio Leone, intimo amico di Erasmo, del Musuro, degli Aldi e di altri dotti contemporanei ^. Era egli versato in ogni maniera di studi e specialmente nelle scienze filosofiche, come ci fa fede la lunga e
minuta confutazione, che intraprese delle dottrine avernoveravano ne' tempi di lui non pochi
roistiche, le quali
Andava innanzi
seguaci l
nelle lettere greche e latine
a moltissimi della sua età
mente fama
e si
era acquistato merita-
nelle scienze naturali e nella medicina, che
professò con splendore in Venezia riportandone
il
titolo
nomen male grata petenti opiatam Nola negavit aquani Idcirco nimirum hoc dieta es nomine Nola, Nolueris magnis qiiod j^laciiisse viris.
Infension musis
Ij
Virgilio
Al quale rimprovero rispondevano Virgilio Poìitani 2)
Per
le notizie
statuam
di Nola,
il
Tafuri,
voi. Ili,
napolitani, tom. 3)
Libri
Nolani che
la loro città:
clausit
aquarwn
vatis in arce tenet.
biografiche e bibliografiche intorno a questo scrit-
tore veggansi oltre le
CODEMO,
i
numqiiam sua munèra
Aggiunte alla Biblioteca Napolitana TiRABOSCHi,
il
il
del Ni-
Kemondini, Storia ecclesiastica
pag. 207, e specialmente Francesco Scria, Storici II,
pag. 347, ecc.
Ambrosii Leonis Nolani, Castigationum adversiis Averroem,
XLVI.
—
1517.
di
medico insigne.
bellissimo libro, che dettò in buon
Il
latino circa le Antichità e la Storia di Nola, è prege-
documento dell'amore che
vole
portava alla sua
egli
terra natale e della sua erudizione
nelle
cose patrie.
Gli vengono dietro Albertino Gentile S che lesse con
grande reputazione Napoli
'
e
da Nola
e
studi, per opinioni
Venezia,
dii-itto civile
il
[joi
religiose incarcerato e tradotto in
in Koiiia. v
plizio ^ L"Aigerio haltr (juale
il
sendo
Hi'uno doveva
stati
aiiiliiiliic
(
punito coll'estremo sup-
ini vi
primo
[m'I
in
soprannominato Giovanni
Ij
i
lui
quali
si
-li
massimamente per
col puttino in braccio, che è
Santa Maria delle Grazie
bei lavori che di giore, p'^v
medesimo consegnati
di grido, celebrato
Madonna
la statua della
anni dopo, es-
da (juesta condannati en-
e
ramili al rogo. Poi Merliano,
da Nola, scultore
dolorosa via, nella
por singolai-e conloi'inilà di casi
Roma,
air IiKiuisizione di
la
alcuni
liiiiarc
arrestati dal Goveriio veneto, dal
i
nella Università di
Pomponio Algerie ^ che partitosi giovanetto venuto in Padova fu, mentre attendeva agli
in
hanno tu
Napoli, e per in
coiiioi-ito
S. il
Ambrogio Leone ricorda che udì Albertino
molti
i
Domenico Magtitolo di Buo-
recitare in giovanis-
sima età un'orazione funebre. 2) Si
Nacque 3)
aggiungano nel
1489
e
gli ultimi lavori fatti su Albertino Gentile.
morì nel 1539.
Intorno a Pomponio Algerio
dotto G.
De
—
si
vegga
la bella
monografia del
Blasiis, professore di storia nella Piegia Università di
Napoli pubblicata teste
coi tipi del
Giannini di Napoli.
—
Cf.
Docu-
menti nostri pubblicati nella memoria su Giovanni Valdes. 4) Beza, Icoìies, Genevae, 1530.1^ martirologio dei inotestanti. Gerdesio, Speciuien Italiae reformatae, lo dice di Nola o di Capua.
—
— IMaccrie, Histoire
de la
Béforme
MONDiNi, Storia ecclesiastica di Nola.
en Italie, pag. 513.
—
Re-
naroiti napoletano
ed
-
33
suo amico Albertino, va-
il
lente incisore in oro ed in rame. P'igiiuolo di
leva dirsi
il
Nola
so-
poeta Tansillo perchè nolana ne era la
famiglia, sebbene avesse avuto
suoi natali in Venosa;
i
sono da aggiungersi ai nominati Costantino de Notariis, :
Antonio Santarelli
e
che fiorirono verso Il
Bruno
Stelliola, nolani essi
pure
finire del secolo
il
adunque fanciullo nella sua terra insigne per non interrotta coltura, l'aura delle
natale,
muse,
Antonio
respirò
e ricevette nelle scuole
paterna
i
pubbliche o nella casa
primi ammaestramenti,
e quelle
cognizioni
che apparecchiano l'animo a studi maggiori.
Verso Fanno decimo o undecimo della sua età venne di
Nola
Napoli per imparare
in
umane
le
lettere, la
logica, la dialettica S e quelle altre discipline che in-
segnavansi nelle scuole dei suoi tempi maestri nella lilosofia due uomini,
cui
il
Là ebbe per nome rimase
insino ad ora ignoto a quanti scrissei'o del Nolano.
Uno
è detto nei
Agostino
S.
primo non
c'è noto, se
2)
,
e leggeva
pure non
Archivio storico di Viesseux^
sue vicinanze
Di questi
—
tre
1845,
il
l'altro è Teofilo
l'ordine di
1)
documenti
nostri
geva pubblicamente;
voi.
i,
è
Sarnese,
Il
Vincenzo Colle da
— Na^joli
e
pag. 178.
più celebre ò Antonio Stelliola che lesse
il
del-
privatamente ^
IX, pag. 25.
voi.
e leg-
da Varrano,
i
libri
del Bruno. 3)
Nel 1560
i
Gesuiti fondarono
già trovavasi in Napoli.
Scarampo dei conti 4)
di Canelli. V.
un di
Collegio in Nola. Il
Nola
il
la
poesia,
Era il programma Documento Vili.
l'etica.
3.
—
Bruno
piemontese Antonio
Ughelli, Italia sacra.
Questo programma comprendeva l'aritmetica,
musica, la logica,
5)
Era vescovo
l'astrologia,
la
fisica,
la
del Trivio e del Quadrivio.
Berti, Giordano Briuio.
geometria, la
la metafisica e
,
— Sarno
—
34
autore di un libro che
,
avanti che
Bruno venisse
il
stampò pochi anni
si
in Napoli \ Il secondo
dopo avere insegnato più anni
in Napoli le dottrine nominato Rettore del Convento di Fiposcia, chiamato in Roma, lesse nuovamente
aristoteliche, fu
renze, e la
metafìsica eou
scritti citasi
un
favore degli uditori-. Fra suoi
-r;iii(le .
sopra
niiiiuento
Pì'cdicahili ed
i
i
Predicanicitti con altre sue operette teologiche \ Di passagf?io diremo, che ove avvenisse e
gionc.
iii.vassero e
si
(|Ui lli
uii.Ncrt'iilicro
donrÌ!i;i
tlcl
lilicraiiiciiic
iii;it'sii-M.
clic
per
L^uidii,
sii;i
lìlosolici,
die dicdciM
dire,
elio
faceva
olire
i
])ei-
dniuinc
le
da Alessano, del sopra
1)
i
«[uale
dello
Toppi, Bibliogr.
Studin
Nap.;
io
i
a
L'u-
lettori,
precoce amoi'e
reputo che
frc-
Storello
stampa un
libi'o
più
i-ino-
e (pielle di
lui.
))i-ivati
Francesco
di
abbiamo
vantaggi deUa logica
professori
luaii
(Jndc
l;i
pensamenti
niente di
diililiia di
Ic/.ioui
le
priiiii
i
;ill;i
(Ì!(>r
lilosofìche.
e/.iaudio
(pientasse
ed
iiiijiiiNd
piMNa uou
iiultlili'-i.
r.i-
giovanetto, elesso
jJiMino.
il
uiisiro
il
puhlìlica
di
conoscei'O t'ingegno e
f;ii-ci
:i
caso che queste
il
rendessero
si
dei
Intanto die
Xa|)oli.
edizione di Xiipoli, 167^, pag, 151.
—
Destr netto destructionum Baldovini, quas qnidem destructor adimplevit. Neap. apud Matthiaiii Questo
libro porta
il
curioso titolo
:
Cancer, 1554. 2) Magno audientium favore. Così TElissio, il quale, nel suo Encomiasticon Augustinianum lo appella filosofo prestantissiìno,
pag. 650. 3j si
Xella prima nostra edizione abbiamo asserito che questi
conservavano inediti nella Biblioteca Angelica
di
costretti a sopprimere questa nostra affermazione perchè
le
ricerche per trovarle in detta Biblioteca andarono pienamente 4j Toppi.
Opera
citata,
pag. 96.
scritti
Roma. Siamo nostre fallite.
egli
dava opera
studi
agli
-
35
napoletane
provincie
le
,
erano fieramente travagliate dai terremoti, dalla peste e da terribile carestia di grano, per cui la gente
stravasi par le vie macilenta e sparuta.
I
mo-
Turchi scen-
devano a predare sino nel borgo di Ghiaia, menando schiavi gli stessi cittadini. Un audace bandito, il cosentino Marco Bernardi, alla testa di molti fuorusciti, infestava le Calabrie, ed usurpate
vasi chiamare
il
Re Marcone.
le
regie insegne, face-
I Valdesi, che, fuggitivi
dal Piemonte, avevano cercato riparo nelle provincie
modi orrendi
della Calabria, venivano con
trucidati.
<(
Erano (dice una i-elazione contemporanea) serrati una casa, e veniva il boia e li pigliava a uno a uno, e gli legava una benda avanti agli occhi, e poi lo menava in un luogo spazioso poco distante da quella casa, e lo faceva inginocchiare e con un col-
<(
tello
<(
pigliava quella benda così insanguinata, e col coltello
«
sanguinato ritornava a pigliare
((
«
«
in
la gola
tagliava
gli
Ha
lo lasciava
e
1'
così; dipoi
altro e faceva
seguito quest'ordine sino al
simile.
<(
quale spettacolo quanto sia stato compassionevole
<(
lascio pensare e considerare a voi. I vecchi
<(
morire
a
ordine
«
ranno, e
<(
la strada
<(
Calabria
1)
allegri, e gli ,
e già si
metteranno il
;
lo
vanno a
giovani più impauriti. Si è dato
son qua
che fa ^
il
numero 88
«
le
carra
,
mano
di
procaccio
e
in
fino
tutti
si
mano
squarte-
per tutta
ai confini
della
».
Archivio storico
6?eZ
Viesseux,
voi.
IX. Questa relazione creduta
inedita fu pubblicata nell'anno stesso, in cui seguì l'orribile fatto, e
venne riprodotta in latino da molti,
fra
Specimen Italiae reformatae, pag. 134. Mont'Alto addì 11 giugno del 1561.
i
quali dal Gerdesio nel suo
I fatti narrati
accadevano in
Mentre
sì
36
-
dolorosi avvenimenti seguivano,
0 per disgusto
del
mondo
,
Bruno,
il
o per desiderio
di conti-
nuare con più ardore nella quiete del chiostro gli incominciati studi, 0 per momentaneo impulso di religione, 0 per giovanile leggerezza
convento di
S.
Domenico
in
quindicesimo della sua vita \
si
rendè frate nel
e vi fu
ricevuto e vestito
Ambrogio Pasqua, uomo virtuoso
dal priore
come
,
Napoli verso Fanno 1563,
fede la bella epigrafe incisa sopra
ci fa
e dotto,
il
marmo
Maria della
della sua sepoltura nella chiesa di Santa
Sanità
1)
—
Il
bene passasse 2)
vestì pure
Campanella
a tredici.
Tabito a quattordici anni, ed
Bruno non aveva ancora raggiunto
gli
il
il
Sarpi
terzo lustro seb-
anni quattordici.
Ecco l'epigrafe
:
D. 0. M.
Ambrosio Paschae Neapolitano, vita
« F. <<
memorando, omnium
«
ciali,
et
exemplo et doctrina
honorum gradibus
functo, provin-
publico lectori, arctioris observantiae Auctori, theologo collegii
« vicecancellario « annos
«bora
sui ordinis
LXV,
V
— Fratres S.Mariae Sanitatis, ob
obiit
noctis ».
Napoli, 1678.
viri
memoriam. Vixit
anno Domini 1594, mense februario, die XXIV^ V. Nicodemo, BiM. NapoUt., pag. 11, ediz. di
—
i
-
-
37
CAPITOLO
IL
(1564-76)
—
di S. Domenico in Napoli — Noviziato del un primo processo religioso — È trasferito nel Convento di S. Bartolomeo della Città di Campagna Bruno sacerdote — Suoi dubbi sopra alcuni dogmi — Secondo processo religioso — Fugge da Napoli e viene in Roma nel Convento della Minerva — Sue opinioni giovanili contrarie al dogma cristiano — (Jomponimenti da lui ideati — Prima sua opera VARCA DI NOÈ.
SOMMARIO.
—
Bruno
Il il
Il
Gli
Convento
si
intenta
convento di
Bruno,
è
uno
S.
—
Domenico Maggiore
in cui entrò
dei più vasti e ragguardevoli
religiosi della città di
poggio
,
Napoli.
edilìzi
Esso levasi sopra un
cui fanno ripido declivio tutte le vie che gli
,
stanno a fronte da
Benché chiuso tra
S.
Angelo a Nilo sino a
S. Chiara.
palagi, contiene tuttavia spaziosi e
profumati giardini di agrumi, e consta di più
chiostl'i,
cui corrono d'intorno ambulacri, archi e pilastri \
dato insino dall'ottavo secolo
2,
Fon-
porta nel suo aspetto
l'impronta di quella maestà antica, che opera sull'animo
Fra mente en-
e lo dispone al raccoglimento ed alla meditazione. le
molte ricordanze, che
si
risvegliano nella
trando in questo convento
,
la
più gloriosa è senza
dubbio quella dell'Aquinate, del cui 1)
nome sembra
Descrizione della città di Napoli, di Gaetano Nobile,
che
voi. I,
pag. 279. 2)
La
chiesa che ora appellasi di S.
Domenico Maggiore, deve
la
sua origine ad un voto, che Carlo duca di Calabria fece mentre era ritenuto prigioniero dal valoroso Euggiero di Loria.
•
ancora risuonino
38
-
le silenziose vòlte, e la cui
vi appare da per tutto
,
persona
tanto di sè riempie
il
santo
Qui infatti lesse teologia, quando TUniversità vi aveva sede ai numerosi scolari e uditori che pende-
loco.
,
vano
attenti
la cella
dalle sue labbra
E
i.
qui ancora vedesi
trasfoi'mata ora in cappelletta
,
dov' egli tra
,
la preghiera e lo studio cominciò a disegnare e colorire nella
sua mente
il
più compiuto sistema di
sofìa religiosa, che sia stato prodotto nel
La
filo-
Medio Evo ^
chiesa merita di essere annoverata tra le più
belle di Napoli, sì per
monumenti
opere di eminenti artisti, tra
istorici
per
e sì
primeggiano
quali
le
quelle di Agnello del Fiore e del suo celebre discepolo
Giovanni da Nola. Sono in essa
tombe
le
degli Ara-
gonesi, dei Carafa^ dei Capece, dei Pescara, dei Rota^,
1)
Venendo
dalla chiesa nel convento
della sala, in cai S.
Tommaso d'Aquino
si
trova a diritta, la porta
dettava teologia. Vicino alla
cattedra, da cui mostravasi l'angelico dottore,
si
legge:
gradum atque venerare hanc imaginem qua sedens magnus ille Thomas de Aquino de Nea-
« Viator liuc ingrediens siste « et catliedram in <.<
poli
cum
frequenti ut par erat auditorum concursu et
illius saeculi
« felicitate caeteros quampluriraos admirabih doctrina theologiam do« cebat, accersitus
jam
a rege Carolo I constituta
« unciae auri per singulos
menses
».
mercede unius
illi
E. F. V. C. in an. 1272. D.
F. F.
Vedi sull'insegnamento dato da
omnia Sancii Thomas Aquinatis JouRDAiN, 2)
La
S.
Tommaso
in Napoli
— Romae, 1570,
Philosophie de Saint Thomas,
voi. I,
voi. II,
Tommaso
Opera
pag.
9.
—
pag. 153.
Nel primo dei due spaziosi dormitori del convento
cella di S.
—
S. S.
si
vede questa
con molti ornamenti lavorati a disegno
dell'ar-
Muzio Nauclerio. 3) Nella cappella dei Eota giace su l'arca mortuaria la statua del celebre Bernardino Eota^ che moriva nel 1575, mentre il Bruno era
chitetto
ancora nel convento di Napoli.
— Vi
della gente d'Aquino.
—
39
pregevole
è l'antica e assai
tavola di quel grande crocefisso, che non isdegnò, se-
condo la leggenda, di scendere a colloquio
col
Dottore
angelico e di approvarne la dottrinai Si vede inoltre il
bel quadro,
Giordano in mostra
La
da Luca
in cui egli è rappresentato
atto di adorare
la
Madonna che
gli
si
monacale del Bruno che non potè essere
in
dall'alto.
vita
maniera alcuna
illustrata dagli scrittori che
dettero, per
mancanza assoluta
uno spazio
di tredici
ci
prece-
comprende può partire in due
di documenti,
anni 2, che
si
periodi, l'uno di noviziato, l'altro del sacerdozio^ con-
trossegnati da due processi religiosi, la origine e natura dei quali noi facciamo per la coll'aiuto dei
prima volta manifesta
documenti veneti.
Vestito che ebbe l'abito, passò secondo il
primo anno
quali
mette a prova la vocazione religiosa dei
si
cinanti.
consueto
il
di noviziato in quelle pratiche pie, colle
Non avendo
i
tiro-
suoi portamenti dato occasione
a lagnanze per parte dei superiori, egli fu in fine dell'anno
ammesso a
far professione solenne nello stesso
convento e davanti allo stesso priore^.
Christus per suae cujusdam imaginis ora, et bene de se scribendo
1) «
« meritum «
est...
«
tum 2)
fuga 3)
eum
»
qualenam pretium exigere
nobilis illa effigies
vellet percuctatiis
certissimum
rei
— Opera omnia Sancii Tliomae. Eoraae, 1570,
Dall'anno 1563 sin verso
il
fine dei
1576,
monumen-
voi. I, p. 11.
epoca
della
sua
dall'Italia.
Sotto
il
lo spazio di la
esse et
Durat adhuc
nome
di noviziato 0
tempo che
sua assunzione
si
primo periodo noi comprendiamo
interpone tra la vestizione del Bruno e
al sacerdozio;
sotto
il
nome
tempo che egli passò nei conventi napolitani 4) Documento Vili.
di secondo periodo
il
in qualità di sacerdote.
3*
— Ma
40
—
non aveva tempera d'animo acconcia
certo ei
e
pieghevole alle abitudini claustrali; e perciò indi a poco dalla professione, smessa la timidità del semplice no-
soverchiamente concedendo alla sua natura
vizio, e
fantastica, irrequieta, indocile \ usciva spesso in azioni
ed in parole repugnanti
Usava
frati.
al
comune modo
di sentire dei
nel conversare più libertà che noi
com-
portasse la sua condizione e sentenziava con arditezza
intorno alle cose religiose.
uno
Un
giorno incontratosi con
compagni, che stava leggendo
de' suoi
libro delle sette allegrezze della disse,
non
delle vite de' Santi
Padri?
cune sacre innnagini
Un
altro giorno
di santi e di sante, e
semplice crocefisso ^ Questi
il
indicavano all'occhio esperto quale fosse dell'animo
dell'ingegno di
e
scandalo nel convento. reputasse
i
1)
«
Onde
lui, il
modo
pareva proclive
Egli stesso
si
come un uomo
il
non
fatti,
al-
ritiene
che già
la inclinazione e
maestro dei novizi, o fossero, o cre-
argine ai trasmodamenti^ giovanetto,
compilò una
dipinge circa l'anno vigesinio secondo di sua vita
fastidito, restìo e bizzarro, che
« nulla, fantastico
dà via
levavano rumore
medesimi più gravi che non
desse di porre per tal ai (inali
gli
tornerebbe forse più fruttuosa la lettura
ti
per sè che
mistico
il
Madonna: E che?
come un cane che ha ricevuto
non
si
contenta di
mille speUicciate ».
Antiprologo alla comedia II Candelaio. 2)
mio Maestro quando era Novitio, per mettermi terrore, una scrittura perchè io havevo dato via alcune imagine de
« Il
« fece
« Santi che
mi
ricordo che erano di S. Catherina de Siena, et forsi
« de S. Antonin se ben «
cifisso,
et perche
mi
riccordo, et retenuto solamente
havevo detto a un Novitio che leggeva
un
cru-
la historia
« delle sette Alegrezze della Madonna, che cosa voleva legger quel « hbro, che era meglio che leggesse la Vita dei Santi Padri ». Do-
cumenti Vili
e
XIIL
—
41
—
doveva servire di fondamento ad un processo religioso. Ma poi, ripensando forse con più calma alla presa deliberazione ed all'età scrittura od atto di accusa, che
imberbe del Nolano, lacerò nascere
il
Sebbene
la scrittura e troncò in sul
minacciato processo la cosa
^.
non apparisse per
momento, porse tuttavia occasione e di
commenti, che, divulgandosi
se stessa di di
ai frati
al di fuori,
grande dicerie
diedero
origine a voci confuse e vaghe di prigionia e di persecu-
zione patita dal
Bruno
In questo, come in
ne' suoi
primi anni claustrali-.
altri fatti somiglianti, le conghiet-
ture arbitrarie oltrepassarono d'assai
termini della
i
verità e della storia. Si disse più che
non era
e
di-
versamente da quello che era^.
Composto
il
tervenuta, per
negozio del processo, pare non sia inil
restante
tempo che
egli
stette
sotto
maestro dei novizi, altra causa di dissidi, essen-
il
dogli stati conferiti gli Ordini sacri nei tempi debiti,
tuttavia
non
è a credere che cessasse dal
pensare libe-
ramente. Solo possiamo dire che non consta che fosse più segno a nuovi biasimi sin dopo l'assunzione sacerdozio, la quale pare avvenisse
non più
l'anno 1572, vigesimoquarto di sua
età"^.
Verso questo tempo
mandato
1)
in quello di
ei fu
dal convento di Napoli
San Bartolomeo
Documenti Vili e XIII. Bruno accenna vagamente a persecuzioni
2) Il
della
poli
et
città
di
in più luoghi delle
sue opere, e specialmente nella dedica del suo libro
principio
al
tardi del-
De
la causa,
uno, senza che mai alluda a prigionia sofferta in Na-
od altrove.
3)
In cjuesto errore caddero
4)
Documento IX.
gli stessi
ambasciatori veneti.
— Campagna,
42
—
quale forse era stato assegnato entrando
al
In questo convento cantò la sua
in religione
messa, essendo vescovo di quella
rampo, parente
di quello di Nola,
città
prima
Gerolamo Sca-
entrambi provenienti
dalla famiglia dei Cairo di Casal Monferrato-.
Da San Bartolomeo
di
Campagna
pellegrinò per altri
conventi del Napoletano, senza fare lunga dimora in
alcuno di
essi,
giacché tre anni dopo era nuovamente
nel convento di Napoli.
Come
fu sacerdote, diede libero sfogo al suo pensiero,
ideando e componendo alcuni che egli
si
era per
nato dalle credenze
un
tratto
nei quali
scritti,
immenso
si
l'eligiose della infanzia e del
vento, in cui viveva. Nei discorsi con
vede
di via allonta-
i
con-
suoi andavasi
scoprendo favorevole a talune opinioni eterodosse, in ispecie alle ariane e semi-ariane, che
noveravano non
pochi seguaci nel Regno. Trovandosi un giorno a colloquio con
un
Ordine, cadde
certo Montalcino, frate il
lombardo del suo
discorso sopra gli Ariani, che venivano
dal Montalcino qualilìcati ignoranti, perchè non sape-
vano
%
col linguaggio delle scuole significare
i
loro pen-
Bruno rispose ben tosto che gli Ariani quantunque non facessero uso del linguaggio scolastico,
samenti.
Il
,
tuttavia esprimevano con grande chiarezza la loro dottrina, la quale tutta finalmente consisteva
«
tere la generazione del Figliuolo per atto
nelFammetdi
natura,
* 1)
^
Ciascun novizio
al
tempo
Tina particolare famiglia o 2)
della professione veniva ascritto
ad
convento,
Gerolamo Scarampo, nominato vescovo nell'anno 1571, occupò
questa sede sino all'anno 1584. Era stato prima parroco nella città di
Carmagnola
e vicario generale dell'arcivescovo di Torino.
Italia sacra. Venezia, 1721; Voi. IX.
Ughelli,
e
non
43
-
Per questa difesa indiretta della un secondo processo
di volontà \
dottrina ariana fu sottoposto ad
assai più grave del primo, per l'intendimento del quale è
d'uopo seguire passo passo
il
Bruno
nelle sue con*
fessioni.
In sino da diciotto anni
dogmi
ei
cominciò' a dubitare dei
principali che la Chiesa propone
credenti, e particolarmente del mistero
fondamento ed origine
di tutti gli
alla fede dei
della Trinità,
altri. I
dubbi suoi
cadevano sulla distinzione reale delle persone, non
ammettendo
egli in
Dio altra distinzione che quella
razionale o logica de' suoi attributi. Nella persona del Figliuolo raffigurava Viìitelletio del padre, ed in quello dello Spirito
Santo Yaniore o l'anima delFunivef^so;
dictum Salomonis : i^piritus Domini replevit orhem terrarum et hoc quod contìnet omnia'\ iuocta illud
La
quale dottrina parevagli intieramente conforme alla
Pitagorica, ridotta in elegantissimi versi da Virgilio
:
Principio coelum ac terras camposqiie liquentes
Lucentemque globum lunae titaniaque astra Spiritus intus aiit, totamque infusa per artus Mens agitai molem, et toto se corpore miscet ^ e
soggiungeva:
Da
questo spirito, che è detto vita
mia filosofia provenire l'anima a ciascuna cosa che have animo e vita; la quale però intendo essere immortale come anco li corpi quanto alla loro substantia. E siccome delFuniverso, intendo nella la vita e
non poteva concepire 1)
Documento XIII.
2)
Queste parole
3) Virgilio,
si
«
che la divinità di sua natura
trovano nel libro della Sapienza, cap.
Eneide,
lib.
VI, verso 724 e seg.
I, v. 7.
—
—
44
un supposto
«
infinita potesse fare
«
che è di natura finita
perciò
»,
solo colla hunianità,
suo dubbio dal mi-
il
stero della Trinità estendevasi a quello deirincarna-
zione
Non
sembrava che
gli
convenirsi
al
che questo «
nome
nome non Per
«
antico,
appresso
ma
S.
Agostino è dichiarato
novo, e di suo tempo
venne ap|)arecchiando
condo processo, nel
rn.-ciisaiorc
maestro de' novizi, ma la
essendo
(^osa
si (l(.\f\
riiii|)iiiat()
sando rai'cusa dei
persona potesse
di
^
».
(pieste ed altre opinioni, discordanti dai dettati
della Chiesa, si
volta
nome
il
Figliuolo ed allo Spirito Santo, tanto più
circa
supremi dogmi
Se poi
si
guarda
1
del
fra
ikmi
padiv pi-ovinciale.
il
a
la tela
E
se-
piii
il
(pesta
raUaie ron severità maggiore,
già jjorvenuto al sacerdozio, e ver-
o la
diilihio
il
di
!
(
due
brani della comedia, che
ccrii
a
negazione
risiiaiiesimo.
forse già stava scrìvendct in '[ucsto tempo,
uopo
è con-
fessare che egli manifestasse con singolare audacia e
licenza le sue opinioni
1)
Doc. XIII.
'\
— Nel secondo dialogo De la causa, principio,
et
uno
espone, colle stesse parole quanto qui togliamo dal processo. 2) 11
Bruno allude evidentemente
nitate. In questo libro S. Agostino,
per qual motivo parlando di Dio
al libro
VII dell'opera
dopo aver posto a
si
De
Tri-
sè la questione:
dice che egli racchiude nella sua
essenza tre sostanze o persone, e non
si
usò
il
vocabolo di natura
come si farebbe allorquando si parlasse, per esempio di quello che hanno di comune tre uomini, risponde: « Hoc utcumque simile est, axtequam haberent ista noquae non diu est ut S. Aurelii Augu«IN usuM VENERUNT, pro his naturam dicebant ». 5TINI Opera omnia. Parisiis 1694; Voi. II, pag. 852. 3) La comedia JZ Candelaio, benché non sia stata pubblicata che « quia et veteres qui latine locuti sunt, <-<
MINA
(scilicet
personarum
vel substantiarum),
—
— Bruno, come udì che
Il
che
si
moria gli
—
45
procedeva contro di
si
riandava la sua vita e i
fatti
lui,
richiamavano alla medel noviziato per aggravare i carichi, che
venivano apposti, risolse
Napoli per evitare
il
si
di fuggire dal
convento di
carcere e le conseguenze che ne
potevano derivare. Partitosi dunque occultamente da ([uesta città, che più [jortò
non doveva rivedere, ed
ognora vivissimo
dove appena giunto
si
affetto,
alla quale
prese la via di
Roma,
presentò al convento della Mi-
nerva, che apparteneva al suo Ordine, ed era sotto l'ob-
bedienza di Sisto de Luca, e fu in quello ricevuto.
sua venuta in
Roma
Erano appena
La
forse accadde nel fine del 1576.
trascorsi pochi giorni che già gli amici
come da Napoli come inoltre si fosse rinvenuto dopo la sua partenza un libro di S. G-risostomo e di S. Gerolamo con gli scolii di suoi venivangli per lettere significando si
fossero
mandate a
Roma
le carte del
processo, e
Erasmo, che era stato da lui gittate via, pei-chè proibito Per le quali cose temendo egli che gravi pericoli '.
gli
soprastassero se là
si
fosse più a lungo trattenuto,
spiata l'occasione propizia, e deposto per maggior cautela Fabito di frate, fuggi di
Roma, volgendo
alla ven-
quasi dieci anni più tardi, cioè nel 1582 in Parigi, fu tuttavia,
meno
tale è
al-
nostro avviso, composta o tutta o parte nei primi anni
il
del sacerdozio. 1)
Il
libro
di S.
Gerolamo con
quello al quale questi
gli
scolii di
accenna nella lettera 73*
« commentarios paro », ed un'altra
:
« apparatur
Erasmo deve essere « In Hieronymum :
mox excudendus Hie-
«ronymus cum annotamentis et scholiis nostris ». Vedi Desideri! Erasmi Opera omnia. Lugduni Batavorum, 1705; Voi. Ili, pag. 59 e 1531. Quanto a San Grisostomo, forse il Bruno intende alludere all'altro libro di Erasmo, che contiene la traduzione di vari scritti del mentovato Padre della Chiesa. Vedi opera citata, Voi. Vili.
—
—
tura
i
fuga
il
E
suoi passi K
46
forse contribuì
ad accelerarne
la
doloroso spettacolo che avvenne alcuni mesi
prima dell'abiura
del celebre ed infelice arcivescovo di
Toledo dell'Ordine dei Domenicani, Bartolomeo Carranza Circa questo secondo processo del Bruno, che inti-
toliamo dal sacerdozio, per distinguerlo dal primo, quale seguì durante ziatore Giovanni
neto
:
«
Mi ha
Roma
noviziato, scrive
il
Mocenigo
detto
il
il
il
suo denun-
all'inquisitore generale ve-
Bruno
di avere
avuto altra volta
querele all'Inquisitione di cento et trenta
«
in
«
articuli et
«
perchè fu imputato di avere gettato in Tevere chi Fac-
((
cusò 0 chi
((
quisitione^
La fuga
1)
E
che se ne fuggì mentre era presentato;
credette lui che l'havesse accusato all'In-
si
».
del
Non avendo
i
giudici veneti tenuto conto
Bruno da Roma avvenne adunque nell'anno 1576.
ora aggiungiamo che essa dovette cadere nel fine del medesimo.
—
Ciò è fatto evidente dai nuovi documenti che
pubblicò circa
modo che
eterodossi. e per
gli fu
Uomo
il
signor Dufour
soggiorno di lui in Ginevra.
Bartolomeo Carranza
2)
per
il
si
era segnalato nel Concilio di Trento
commessa
compilazione dell'indice dei
la
libri
umilissimo e di costumi severi, accettò con ripugnanza l'arcivescovado di Toledo dopo
sola obbedienza a Filippo II
avere rifiutato onorevolissime cariche.
La dignità
alla quale fu ele-
vato gli attirò contro l'inimicizia di alcuni vescovi oltrapotenti nel tribunale dell'Inquisizione di Spagna. e
Venne
tenuto nelle prigioni di Valladolid sino
da Pio V,
il
quale volle avocare a sò
il
al
perciò arrestato nel
1565. Chiamato in
processo
,
1559
Roma
passò molti anni
chiuso nel Castel S. Angelo. Nell'aprile del 1576 fu condannato l'abiura:
morì nel maggio
nerva dei suoi Domenicani, dove le proposizioni
si
incriminate vi era quella « che
« dei santi è d'istituzione
umana
espagnols par Adolfo de Castro. 3)
Doc.
I.
al-
anno nel convento della Miera ritirato dopo l'abiura. Fra
dello stesso
».
il
culto delle reliquie
V. Histoire des protestants
—
—
47
di quest'ultima asserzione della denunzia, che per la sua
singolarità avrebbe dovuto chiamare a sè la loro attenzione, noi la crediamo senza fondamento.
Gli atti di
questo secondo processo passarono dall'archivio dell'Or-
Roma, poiché
dine a quello dell'Inquisizione di
gli
basciatori veneti nell'anno 1593 scrivono: constare giustificate
tiche
prove professare
non su
articuli leggeri,
il
Bruno
amper
dottrine here-
ma intorno
aWIncarna-
tione del Salvator nostro et alla Santissima Trinità ^
Consuonano eziandio in questa parte sostanzialmente un grave errore di tempo, le parole dello il quale, senza accennare al processo, che non Sdoppio, conosceva, scrive tuttavia che « il Bruno diciotto anni
col vero, salvo
«
avanti la sua morte, cioè nel 1582, era stato accusato
<(
di porre
<(
della transustanziazione di
((
Maria Santissima
prima in dubbio ^
e poi di
negare
il
dogma
Cristo e la verginità di
».
In questa narrazione
ci
siamo attenuti fedelmente
alla
confessione del Bruno, la quale concorda pienamente
come avremo occasione
coi fatti,
di dimostrare.
Insino adunque dalle sue giovanili meditazioni,
Bruno Il
atteggiasi ad ostilità verso
il
dogma
il
cristiano.
dubbio, che tenzona nella mente del novizio, conver-
tesi in
negazione nella mente del sacerdote. Davanti
ai
suoi giudici egli confessa senza reticenze di avere sin da' suoi primi anni tenuto, con inconstante fede, dot-
trine ed opinioni contrarie a quelle della Chiesa, ed in
genere a tutte
suo
modo
le religioni positive, le quali,
di vedere,
1)
Documento XXIII.
2)
Vedi
la
sua lettera
turbano
al
la
pace
Eittershausen.
umana
secondo
il
e la quiete,
— spengono
—
48
mente, senza recar giovamento
la luce della
costumi.
ai
Humanam turbant pacem seclique qùietem, Extinguunt mentis lucem neque moribus, prosunt'.
Onde
rapito dalFidea, che in tutte le sue opere tra-
una
luce, di
religione filosofica, la quale sovrasti a tutte
Je religioni positive,
esclama, che verrà
siderato secolo, in cui
i
Numi
un nuovo
e de-
saranno confinati nel-
E
l'Orco e cesserà la paura delle pene eterne
si
lagna
che insino dalla puerizia venga T animo dei fanciulli
imbevuto
Non per
ci
non
di insani sensi circa le cose della fede l
estendiamo in citazioni su questo argomento,
liferire
buona parte
de' suoi libri.
Perciò
i
suoi
primi dissensi coi frati dell'Ordine non procedettero,
come erroneamente affermano rito contrario
alcuni, dall'essersi chia-
ma
ad Aristotele,
dalle sue opinioni ete-
rodosse. Nell'Orazione consolatoria in morte del duca di ((
Brunswich,
patria per
1)
egli stesso confessa, che
non essere
De Monade,
espresse quasi colle
ecc.,
«
abbandonò
costretto di assoggettarsi ad
pag. 608,
32.
v.
medesime parole
Le
stesse idee
si
la
un
ritrovano
in altri luoglii delle sue opere.
Speratumque diu saeclum succedat in orbe hoc Nam relegata dabit tenebrarum numina in Orcum
2)
Nella Proemiale epistola al libro JDe la causa, jprincipio, et uno dice che la sua filosofia « togle
il
fosco uelo del pazzo sentimento,
« circa l'Orco, et auaro Caronte, onde
« ue 3)
si
il
più dolce della nostra uita
rape, et auelena ».
Non minus hic falso fidei fundamine sensus Imbuit insanos, primis suetudine ab annis, Quara santus habet ille Dei sub voce professus, [De
triplici
minimo
et
mensura, pag.
94).
49
«
culto superstizioso
^
».
Nè
-
per fermo fu primo
il
Bruno
a dichiarar la guerra in Italia ad Aristotele. Essa era stata bandita lungo
tempo addietro,
e gli avversari di
Aristotele incontravano oramai anzi favore che biasimo.
Principii della natura del Telesio, che videro la luce
I
mentre
il
Bruno era
novizio, riscossero universali ap-
plausi, quantunque l'autore fosse
ossequente allo Stagirita
ben lungi dal mostrarsi
D'altra parte
il
Bruno non
levò apertamente la bandiera contro Aristotele se non
più tardi, e ne impugnò
che
le
metafìsiche e
le dottrine naturali, piuttosto
le letterarie l
Dalla prefazione alle
tesi,
che contro gli Aristotelici
sostenne nella seconda sua dimora in Parigi, raccogiiesi che egli fu lungamente in forse avanti di aggredire
il
principe delle scuole K
1)
11
Bruno
mentre dimorava
in quest'orazione, che pronunciò
Helmstadt indirizza a
se stesso le seguenti parole
:
« In
mentem
in
revo
•
« cato (Itale) te a tua patria honestis tuis rationibus atque studiis « exulem,
civem. Ibi superstitioso insanissimoque
liic
cultui adstri-
—
ad reformatiores ritus adhortatum » Vedi questo passo citato dal Clément, Bibliothèque curieuse, Voi. V, pag. 321. 2) I primi due libri di quest'opera già erano stampati fin dal 1570 ed i rimanenti videro la luce alcuni anni dopo. Il Bruckero nota parimente, che anche in Francia gli avversari di Aristotele erano « ctum, hic
.
—
bene accetti in
mezzo ad
aristotelici
ai giovani. Il bizzarrissimo
tanto
«
«rem, accurrentium numero docuisse ut
3)
De
dogmi
auditorum^ quasi ad redivivum aetatis docto-
l'anno 1578. Bruckerus, Voi. V, pag. 18.
De
Guglielmo Postel predicava
affollatissimo concorso di uditori la distruzione dei
vix credi posset», e ciò nel-
— Si vegga anche
il
Launoy.
varia Aristotelis fortuna. Hagae-Comitum 1656.
Censura
l'idolatria di Aristotele
quanto a
le
cose naturali.
—
la causa, i^rincipio, et uno, dialogo terzo.
4) Egli stesso dice stotele, e così: «ora, 4.
—
che sosteneva dottrine simili a quelle di Ariche ho più visto e considerato, mutai d'avviso».
Berti, Giordano Bruno.
—
50
—
Mentre egli stette nel convento, tennero successivamente il governo di Napoli il duca d'Alcalà ed il cardinale di Granvela. Sotto il primo si rinnovarono i soliti tumulti per la paura che fosse introdotta la inquisizione spagnola nel Regno, senza che però venisse
impedire che
fatto alla città in rivolta di
tassero e poi
si
bruciassero
si
decapi-
due nobili Gian Fran-
i
cesco d'Alois della città di Caserta e Gian Bernardino di
Gargano
di
Aversa
\
Ai tumulti popolari succedetle rumorose contro-
tero pochi anni appresso (1567)
per la pubblicazione
versie
Domini,
della
In Caena Governo spa-
bolla
alla cui esecuzione rifiutavasi
il
gnolo 2. Questi avvenimenti davano stimolo ed alimento a quella libertà di pensare e di discutere, che appariva
molesta
ai
rappresentanti di Carlo
contro la quale tanti e
erano
fatti
Filippo
II,
da
Don
V
e di Filippo II, e
energici provvedimenti
sì
Pietro di Toledo
in
poi.
si
Sotto
Napoli, se non tacque, quietò alquanto, e
plaudì festante ai vascelli spagnoli, che ritornavano vittoriosi dalla
Bruno
grande battaglia
in quest'occasione
di
ammirare
Lepanto. Potè le eroiche
il
gesta
di
quel frà Mastrillo da Nola, che, fatto prigione da un brigantino turchesco,
si
sollevò con altri cristiani, che
su quello erano, ed ucciso il
menò
Rais, ne
il
vascello con alquanti dei nemici schiavi ^
indietro
Ma il
de-
siderio vivissimo della scienza aveva ben più efficacia
1)
Di questo tumulto discorrono a lungo tutte
le
cronache di quei
tempi. 2)
Vedi intorno a questa bolla
rolamo Catena. 3)
Roma
la
Vita di Pio V,
scritta
da Ge-
1586, pag. 87,
Compendio della Storia di Napoli con
Costo. Napoli 1771, Voi. Ili, pag. 201.^
le
annotazioni del
sull'animo del Bruno, che
-
51
non
gli
avvenimenti esterni
;
ond'è che in questo intervallo di tempo abbozzò e pre-
parò la materia di parecchi suoi
un breve poema,
libri e forse
compose
quale sembra che appartengano
al
i
pochi versi inseriti nella comedia II Candelaio. Cre-
diamo il
sia
pure da assegnarsi agli anni di cui parliamo,
libro intitolato
:
L'Arca di Noè, dedicato a quel
verissimo pontefice che fu Pio
V\
Questo
libro,
se-
non
ostante l'avviso contrario del dotto Brunhofer, vuol essere compreso nella categoria di quegli scritti Bruniani, che
quantunque sieno
opere da lui
citati,
ci
in più luoghi
delle
lasciano tuttavia in forse se
sieno stati condotti a compimento e pubblicati
àeWAfxa
L'argomento
sue
^.
di Noè, per quanto è lecito
conghietturare dalle parole vaghe e generiche dell'au-
pare debba consistere nella rappresentazione sim-
tore,
umana per mezzo degli animali. Diciamo pare, non osando affermare che le cose stieno
bolica della società
senz'altro in questi termini
seno al
si
^.
quale viene conferita dai
« di
1)
sedere in poppa alla
E
Quest'Arca, entro
il
cui
agitano tutti gli animali, è governata dall'asino,
Numi
medesima
ciò egli alferma nella lettera
«
la
* ».
preeminenza
L'asino, che è
proemiale alla Cabala del ca-
vallo Pegaseo. 2)
Non vogliamo
anticipare nei nostri giudizi
volendolo, senza esaminare
ad uno ad uno
i
e
singoli
non potremmo, libri
Bruniani
smarriti. II Codice NorolF potrà forse dare luce su questo libro del-
VArca di Noè. 3)
In questa conghiettura consentono anche
altri
scrittori.
Bar-
THOLMÈSS;, Voi. II, pag. 112. 4)
Prefazione alla Cabala del cavallo Pegaseo.
condo della Cena de il libro mentovato « :
le
Ceneri
Non
ti
si
leggono
ricordi.
le
Nel dialogo
se-
seguenti parole sopra
Nolano, di quel che è scritto
bestia simbolica e cabalistica per eccellenza, secondo il
Bruno, raffigura in sè la balordaggine,
la ipocrisia,
la falsa devozione, la stupida pazienza, la
Da
questa enumerazione
comprendere
in che
si
modo dovessero
animali che componevano
vano
alla loro testa
il
ignoranza ^
può sino ad un certo segno essere trattati gli
consorzio dell'Arca, e ave-
un tanto
principe.
Perciò io credo che questo libro non sia stato real-
mente presentato
al pontefice,
come parrebbe indicare
la dedica, e che le opinioni in esso contenute si riscon-
massima parte
trino in
nallo
con
Pegaseo,
Casamarciano
nel libro
La Cabala
e nel canto Circeo, in cui gli
-,
del ca-
dedica fantastica al vescovo di
uomini
sono figurati negli animali, fra cui primeggia l'asino
E
^.
qui giova per ultimo avvertire, che la maggior
parte dei libri giovanili Bruniani, che reputiamo per-
per
duti, servirono
Giacché brile
il
alla
Bruno,
opere che pubblicò più tardi.
le
il
quale intendeva con ardore feb-
divulgazione
delle
sue
opinioni,
avrebbe
incontrastabilmente in Inghilterra, ove era pienamente «nel tuo
libro
intitolato:
L'Arca di Noè?
luì
mentre
douean
si
« disponere questi animali per ordine, e doueasi terminar la lite nata in quanto pericolo è stato l'Asino di perdere le precedenze «preeminenza che consistea nel seder in poppa del' archa».
« per
1) .
:
Intitolava quindi all'asino
un sonetto che incominciava
la
sardo-
nicamente:
Oh santa asinità, santa ignoranza, Santa stoltizia, e pia devozione, Qual soia puoi far Tanime si buone, Ch'uman ingegno e studio non Tavanza! Spaccio della Bestia trionfante, dialogo 2)
V. più sopra.
È
certo che
scovo licenza di dedicarg-U 3)
il
il
Bruno non
chiese
a
terzo.
questo ve-
suo libro.
Philothei Jordani Bruni Nolani Cantus Circaeus. Parisiis
1.582.
-
53
-
libero, dato corso a que' suoi scritti che egli
stimasse
momento. Anzi diremo, che i molti libri, per la stampa con operosità straordibreve spazio di tempo, dimostrano quasi ad
di qualche
che
ei licenziò
naria in
evidenza, che alla loro celere composizione conferirono
largamente
i
cartacei,
come
ei li
chiama, che aveva altra
volta spiegati, e messi per coperture di altri scritti'. sulle quali
avremo
meno grave
la per-
Valgano queste poche osservazioni, occasione di ritornare, a renderci
deir^rm
dita
forse
1)
il
di Noè, che nell'ordine cronologico è
primo dei
libri scritti dal
Bruno.
Prefazione alla Cabala del cavallo Pegaseo.
,
—
54
-
CAPITOLO
III.
(1576-79).
SOMMARIO.
—
—
Bruno tocca il territorio genovese. Insegna nella repubblica di Noli la grammatica e la sfera Soggetto di questo insegnamento nel secolo xvi Dopo cinque mesi si reca in Torino, indi in Venezia Suo libro dei segni dei tempi La cattedra di filosofìa in Venezia Il Bruno lascia Lo studio di Padova
—
—
r
—
—
—
—
Italia.
Fuggito Bruno clandestinamente nel
Roma,
fine del 1576 di
svesti l'abito dell'Ordine, ripigliò
il
suo
nome
battesimale e andò errando non sappiamo bene per
quanto tempo, finché capitò nel territorio genovese
mentre ancora era doge ilFattinanti K Costeggiando indi il
mare a ponente giunse
da Savona
e quattro
trasse in Genova, nella
in Noli, distante sette miglia
da Finale.
Non
consta che en-
come erroneamente abbiamo affermato
prima nostra edizione
e ciò, o
perchè vi fossero
minacele di torbidi, o temesse di qualche caso di peste che qua e là ancora che
Genova non
dal suo lavoro,
mercato di
libri,
si
manifestava nel 1577 o pensasse
gli offriva
comodità
di trarre partito
non essendovi grandi
tipografie,
Questo Comune
,
di aspetto
pittoresco e leggiadro
siede in fondo del piccolo golfo che ne porta e trovasi col
1)
Il
nè
nè scuole di rinomanza.
suo territorio quasi appartato
dogato di Fattinanti
finì
con l'ottobre 1578.
il
nome,
dall'
Alta
—
—
55
Liguria e rinserrato tra due catene di montagne, che riuniscono agli Appennini verso
si
como,
da una parte
e confinano
dall' altra
Capo
col
di
Noli
È
rocca tagliata a picco \
mura con dall'altra,
piccole
sopra
colle di S. Gia-
il
col
Capo
di
Vado
e
dove terminano in una
,
circondato da alte e belle
torri poste
a breve distanza
1'
una
grandeggia, in cima della col-
le quali
lina, la bellissima del Castello.
Si
vedono ancora
l'interno della città alcuni dei molti
nel-
monumenti, che
già la adornavano, e fra questi la Chiesa di S. Para-
gono
,
fondata insino dal secolo ottavo
vescovo Leonardo Trucco d'Albenga,
il
^.
Era
allora
quale tenne
Comune, benché mantenne lunga pezza
quella Sede dal 1572 al 1588. Questo
quasi obliato dagli storici, fiorente e libero ^. per cittadini, sotto
la
si
la virtuosa operosità
protezione di Genova,
rimase costantemente fedele
;
de' suoi
alla
quale
e meritò, tre secoli
avanti
Bruno, d'accogliere l'Alighieri, mentre, esule dalla
il
terra natale, percorreva pensoso le sponde occidentali della Liguria. Vassi in San Leo e discendesi in Noli,
Montasi su Bismantova in cacume
Con esso
i
piè
!
Purgai. IV.
Dizionario geografico del prof. Casalis, Tomo XII. Torino, 1843. Vedi negli scritti letterari! di Tommaso Torteroli il bel capi-
1) 2)
Xoìi, ossia la Chiesa di S. Paragorio.
tolo:
3) Il Baretti, in
una sua
lettera (ediz. dei Classici di
Milano,
pag. 550), dice che la repubblica di Noli ha una entrata di 125 rini,
e che
manda
fio-
ogni anno a Genova TolFerta di cinque zecchini
per mantenersi sotto la protezione del suo gran scudo; aggiunge poi
che
i
redditi del vescovado
Sua Signoria vuole Nohni.
farsi
sono qualche poco accresciuti quando
maestro di scuola a benefizio dei
fanciulli
— Quivi 0
civile
si
fermò
—
56
Bruno, venendogli dal Magistrato
il
Vescovo commesso, con tenue retribu-
dal
zione, l'insegnamento pubblico della putti
Comecché questo umile
1.
tornare a sua satisfazione, vi dal bisogno
,
modo
di
in quella che attendeva ai putti,
e a' suoi studi,
L'insegnamento solo n^llo
il
consono
al
suo in-
\'à
Sfera'-.
come dispensavasi decimosesto, si aggirava non
intorno alla sfera,
secolo
movesse circolarmente, il
aridità dell' insegna-
leggendo privatamente ad alcuni
investigare se
costituissero
l'
altro più
gentiluomini della repubblica
nelle scuole del
acconciò, costrettovi
si
temperare
mento grammaticale con gegno
ai
non potesse
tenne cinque mesi non interrotti.
e lo
Per buona ventura, gii si offri
grammatica
ufficio
cielo fosse sferico
il
,
se la terra insieme coli'
globo perfetto^;
sito della regione celeste
quale la natura del moto;
,
ma
se
si
acqua
eziandio qual fosse
della terra
,
dell'
acqua
,
e poi, quale quella delle
intelligenze angeliche motrici dei cieli, quale l'idea o
tipo del
mondo
erano cercati
nella
mente divina
volgare; dedicati a signore, come a
Forteguerri dedicò alle giovinette,
il
1)
3)
4)
madonna Laudomia
suo, Alessandro Piccolomini; letti
come
Pier Vincenzo Danti
2]
I libri sulla sfera
e letti; tradotti dal greco e dal latino in
alla figliuola ^
Teodora
li
leggeva
della illustre famiglia perugina
Documento IX. Documento IX. Galileo, Opere complete. Firenze 1852^ Voi, IH. Della Sfera del mondo di Messer Alessandro Piccolobiini;
edi-
zione terza di Venezia, 1853. 5)
Abbiamo una versione
della
Sfera
del
Sacrobosco fatta da
Vincenzo Danti, fratello di Ignazio, ambidue valentissimi matematici.
—
57
cosmografi. Della sfera traducevano e dettavano, per
(li
tacer
d' altri
Fiorentino
,
,
Luca Gamico
Agostino Ricci
,
Trifone e Jacopo Gabrielli
Piccol omini, Niccolò di Naie
,
e della sfera
^ ;
,
Mauro
Alessandro leggevano
tempo che vedremo passar di là il Nores e Francesco Barozzi. Galileo compose egli pure in gioventù, quando non avea per anco fatto le sue grandi scoperte celesti, un trattato sulla sfera, nel quale seguitava la dottrina Tolemaica 2, e Bonaventura Cavalieri lesse, parimente ne' suoi primordi sulla sfera il cui insegnamento stima assai più facile che non quello del calcolo ^ Mentre il Bruno insegnava in Noli la sfera, pare che scrivesse intorno alla medesima un libro, che va tra gli
in
Padova
,
nel
Bruno, Giasone
di
,
,
inediti e smarriti.
Lo
dottrina Copernicana,
insegnamento
si
studio, che egli pose intorno alla ci
muove
a credere che nel suo
dilungasse dai consueti argomenti, per
ti-attar le questioni, allora
nuove
e peregrine, del
moto
della terra e delle stelle, della grandezza e distanza
Vincenzo fu eziandio scultore, ed Ignazio fu tra
Commissione per 1)
la
De Sphaerarum
Rico. Basilea, 1575.
i
principali della
riforma del Calendario. motti et qiiinque planetarum, di
— Agostino
Luca Gau-
Eicci di Casalmaggiore pubblicò un
Trattato sul moto dell'ottava sfera.
—
Mauro
Fiorentino, Trat-
— Trifoni Gabrielli, Nores, Venezia, 1545. — Giason
tato in volgare sulla Sfera. Venezia, 1537.
di Dialogo intorno alla Sfera. Nicolò di Nale, Tavole del Mondo e della Sfera. Padova, 1582. Veggasi anche in proDialogo sopra la Sfera. Venezia, 1579.
—
posito
capo 2)
il
TiRABOSCHi, Storia della letteratura, Voi. VII, libro
II,
II.
Questo trattato ritrovasi nel Voi. Ili delle opere di Galileo,
edizione citata. 3)
—
Opere di Galileo, Voi. IX.
—
58
—
infinita degli astri, della loro abitabilità, e della plu-
mondi;
ralità ed infinità dei
intorno alle quali cose
egli piacevasi di speculare liberamente. I dialoghi sulla
Cena
Londra in difesa del danno un'idea di quel che si
delle Ceneri, pubblicati a
sistema Copernicano,
ci
fosse questo insegnamento. Epperciò, se
ricordato
il
incontrò sorte pari a quella
Noè,\d, dottrina di esso, secondo noi,
zialmente riprodotta in quelli che
Dopo cinque
Arm
di
troverà sostan-
si
ci
libro dianzi
dell'
restano
2.
mesi, o sia che fosse fastidito della scuola
dei putti, 0 sia che fosse
mosso dal
desiderio, che in lui
era vivissimo, di vedere nuove cose e nuovi uomini, si
licenziò
venne in Savona. Ciò accadde verso
e
line del 1577.
In Savona
si
poi volgendo verso le Alpi,
il
trattenne quindici giorni, si
recava-
«
alla metropoli
Piemonte dove è la deliziosa città di Taurino ^ deliziosa veramente in quel tempo, in cui, oltre lo essere quasi sola non tocca dalla crudelissima peste S «
del
andavasi rimettendo dalle patite guerre per vide cure di quel saggio principe che fu Filiberto,
della
il
quale meritossi
il
titolo di
le
prov-
Emanuele
secondo padre
Monarchia Sabauda.
Le
industrie
Studio
,
le
,
erano fiorenti
per le riforme introdotte
coi migliori d' Italia e sì per
arti
la copia
,
si
Bruno accenna a questo
Il
2)
Leggasi specialmente,
;
lo
poteva competere
per la qualità dei professori
degli scolari,
1)
,
e favorite
che loro facevano in
libro nel processo.
— V. Documento IX.
oltre più altri suoi libri, la
Cena
delle
Ceneri. 3ì
Spaccio della Bestia trionfante, edizione
di
Wagner,
pag. 218. 4)
Ragionamento
di Agostino Eucci, Torino, 1577.
voi.
11^
-
59
-
questi anni insolita corona K Vi leggevano nel 1577
il
bresciano Lucilio Filalteo, uno degli uomini più dotti di queir età 2;
losofia
3;
Berga, assai lodato e valente nella
il
Vimercato
il
,
filosofo
anch'esso
e
fi-
profondo
criminalista, che insegnò di poi filosofìa in Parigi, ed
Agostino Bucci, peripatetico di vaglia ed amicissimo del
Tasso
che lo scelse per uno degli interlocutori
,
dei suoi dialoghi ^
che
il
Bruno
Nè
Tasso cercò pur
pare fuor di luogo notare
ci
egli
quasi ad un
,
tempo
col
riparo nella capitale delle Alpi. Presentavasi
,
alle porte di
essa colla tristezza e collo sconforto nel
cuore, colla febbre nelle viscere, col viso sparuto, con l'abito
stodi,
dimesso
e lacero, e
come sospetto
ne veniva ributtato dai cu*
di peste.
Benché
il
suo
nome
suo*
nasse celebrato e sul suo capo brillasse la duplice co-
rona della poesia forzato dalla sua
e della filosofìa, era cionondimeno mala sorte a mendicare ramingo un
tozzo di pane ^
Quanto
dissimili d' ingegno e di fortuna questi due^
benché fossero nati sotto fanciulli
1)
lo stesso
spirato le stesse aure!
Lo Studio
Il
cielo
ed avessero
Tasso cristiano
e
torinese fu riformato alcuni anni avanti (1571-72) la
venuta del Bruno. 2) Filalteo
stava allora dettando
blicò nell'anno 3)
il
trattato
De
anima, che
puìj-
1679.
Antonio Berga, dottore e professore
dello Studio torinese, so-
stenne lung-a ed acre disputazione col Bucci, come ricavasi dal suo libro a
stampa,
Abbiamo pure
Besponsum ad logicam Augustini Bucci,
etc.
—
un Commentario sopra la fisica di Aristotele. 4) Storia delle Università del Piemonte di Tommaso Vallauri, Voi. II, pag. 63. Bucci Letterato, Manoscritto di Vernazza nelV Archivio generale dello Stato. Dialoghi del Tasso. 5) Gazze RA, Proemio ad alcuni scritti inediti del Tasso. di lui
—
—
cantor della Croce;
il
60
—
Bruno avverso ad ogni simbolo mondo, finisce i
religioso. Quegli stanco e disilluso del
suoi giorni nella quiete del convento; questi comincia dal convento per morire sul rogo torcendo gli occhi dal crocifisso!
Non avendo ((
Bruno trovato
il
a sua satisfactione
in
sene a Venezia \ Questa splendida
vedeva per
ch'ei
la
Torino trattenimento
s'imbarcò sopra
»,
prima
e
Po
il
e
andos-
monumentale
città,
volta, dovette apparirgli oltre-
modo
squallida e deserta per la peste, che ancora rafflig-
geva
e
che già
abitanti
Lo
2.
le
avea
tolto straordinario
sconforto,
occupati gli animi di
numero
degli
timore e la tristezza tenevano
il
Ancoraché
tutti.
giosissimo e non paventasse la morte
egli fosse corag-
{mortem minime
exhorrescimits ipsam), non poteva non sentirsi com-
mosso dal
tristo stato della città e dalle
zioni di quei cittadini. officine tipografiche
Le
misere condi-
scuole avevano cessato ^ le
erano chiuse 0 lavoravano a rilento.
Dal che si raccoglie che il Bruno non dovette mente porre il piede in questa città che verso
certafine
il
del 1577, essendosi solo pubblicata libera dalla peste
nel luglio di quell'anno, secondo l'affermazione di
un
cronista contemporaneo, Cornelio Morello^.
1)
Documento IX.
2)
La
1577
peste
e nei
menò
orribile strage in
due anni precedenti.
Venezia nella prima metà del
I cronisti però, se
non concordano
sempre nel numero dei morti, pare che non mettano in dubbio che cessasse solo nel luglio del 1577. 3)
Andrea Morosini, Storia di Venezia,
— Vedi
Voi. VI,
Begli
Scrittori Veneti, p. 625. 4) Sebbene questa data non sia che congetturale essa tuttavia non può trarci lontano di molto dal vero. Nel principio quindi del 1578 il
Bruno
era ancora in Venezia.
— Il
Bruno
si
61
—
mise a dozzina con uno dell'Arsenale, che
abitava in Frezzeria, vi stette un mese e mezzo. Travagliato dal bisogno di
guadagnar qualche poco
di
danaro, secondo che egli dice, scrisse un libro intito-
Dei Segni dei Tempi K Come prima l'ebbe finito, presentò al padre Remigio da Fiorenza, domenicano,
lato lo
:
noto nella repubblica letteraria per la sua versione del Salterio Davidico e per altri pregiati lavori, affinchè lo
esaminasse avanti che fosse messo sotto
ai torchi
padre Remigio Bruno, il quale
lo restituì al
lo lesse,
ed approvatolo,
lo diè in luce
senza
nome
11
di autore o
con quello di Filippo Bruno. Sebbene non possa revocarsi in dubbio questa pubblicazione, affermata chiara-
mente dal Bruno nel processo ^ tuttavia il libro sfuggì insino ad ora alle nostre ricerche ed a quelle diligentissime fatte da due valenti bibliografi, nella storia patria veneta molto versati ^ Così, non senza nostro rammarico, ci è vietato di pigliare notizia di uno scritto Bruniano giudicato cattolico, o almeno non ripugnante alle dottrine cattoliche, dal religiosissimo padre Remigio.
Non
senza nostro rammarico, diciamo
fu veramente quale
cose dette che fosse,
1)
Doc. IX.
2)
Le
confessioni del
nezia dal 1556 sino all'anno 1578.
3)
Doc. IX.
4)
L'uno
è
il
11^
cav.
perchè, se esso
Bruno concordano pienamente il padre Remigio Fiorentino
vandosi dalla storia che
dicatormn, Voi.
;
abbiamo ragione di credere dalle non vi ^sarebbe speranza di poterne
— V. Scriptores
coi fatti rica-
stette in Ve-
Ordinis Prea-
pag. 259.
Emanuele Cicogna, che
illustrò
con lodevolis-
simi scritti la storia della sua terra natale; l'altro è l'egregio Valentininelli, bibliotecario della
Marciana.
— discoprire
62
—
lineamenti nei libri postumi, informati da
i
ben diversa dottrina K
Mentre geva
Bruno era
il
filosofìa in
in questo
convento
il
tempo
in Venezia, leg-
padre Paolo Sarpi,
una grande rinomanza
il
quale
si
era già acquistato
in
Mantova, in Venezia, benché giovanissimo d'anni.
Alla sua scuola accorrevano, oltre
i
frati
in Milano,
dell'Ordine,
appartenenti alle più cospicue famiglie pa-
molti laici
trizie, allettati
dall'eloquenza e dal vasto sapere di
lui,
che era in molte parti nuovo e profondo sebbene nella ;
filosofìa, si
secondo ciò che ne riferisce
Foscarini,
il
non
discostasse dall'analisi dei fatti della coscienza e della
Questo metodo non doveva piacere sover-
sensazione
^.
chiamente
al
Bruno;
il
quale o non udi fra Paolo,
o,
avendolo udito, non ne fece gran caso, perchè noi ram-
menta
ne' suoi scritti.
Insegnava pure
più rumore che non fra Paolo tedra istituita dalla Repubblica
,
e
con
famosa
cat-
fìlosofia
in quella
,
ed affidata senza inter-
ruzione a patrizi (per decreto espresso del Senato),
Luigi da Pesaro, che noverava in quel tempo uditori
1)
il
Questa opinione sembra suifragata dal silenzio, che
stesso serbò in tutte le sue opere a 2)
suoi
fra'
futuro istoriografo di Venezia, Andrea Moro-
stampa su questo
il
Bruno
libro.
Foscarini, Della letteratura veneziana. Padova, 1752, pag. 310.
— Secondo
il
Grisellini
i
veri studi del Sarpi e le sue stupende sco-
perte nelle scienze naturali incominciano da questo tempo. 3) Questa cattedra di filosofìa in Venezia, tenuta sempre da un gentiluomo nominato dal Senato, fu istituita insino dal secolo decimoquinto. Essa meriterebbe di essere illustrata unitamente alle cattedre
di letteratura
di giurisprudenza,
formanti insieme
istituto superiore d'insegnamento,
ad imitazione del
greca e latina
un corpo od un
e
quale Francesco I fondò in Parigi quelle scuole indipendenti dalla
Sorbona, che di poi
si
trasformarono nel Collegio di Francia.
-
63
-
Nicolò Contarini, che poi fu doge, e Cristoforo
sini,
Valliero K
Dopo due mesi
il
Bruno abbandonò Venezia, senza
avere, a quanto sembra,
con alcuno di quei
stretto particolare dimestichezza
letterati, o di
quei giovani, che poi
nel 1592 conobbe illustri; e si recò in Padova.
Leggevano
allora in quel celebratissimo Studio teo-
logia e metafisica, nel convento dei Domenicani,
Tommaso
e
Marziale Pellegrino; la
il
Petrella
stampe come per
il
chiari così per
3,
padri
filosofia e la logica,
nell'Università, Francesco Carlo Piccolomini^,
Zabarella ed
i
Giacomo
libri dati alle
i
loro insegnamento.
In Padova s'incontrò in alquanti frati suoi conoscenti, i
quali lo esortarono a vestir di
anche senza rientrare
nell'
nuovo Fabito
Ordine.
La
era nuova od insueta in que' tempi
un
dice
illustre storico,
,
religioso
qual cosa non
nei quali
più di quaranta mila
,
come
frati in
vivevano fuori del convento K Ei non fece dapprima buon viso al consiglio, che di poi accettò e mise ad esecuzione in Bergamo ^ Ritenendo ch'egli dimo-
Italia
1)
titolo
Abbiamo di Luigi da Pesaro un libro stampato in Padova col De priscontm Sapientum placitis, ac optimo philosophandi :
genere. 2)
Francesco Carlo Piccoìomini insegnò dal 1560 sino
secolo. Il suo intento era di
finchè
non
stare con
conciliare Aristotele
si corresse rischio,
un
eliminando l'uno o V altro, di
— Papadopoli, Historia Gymnasii Patavini, — Pacciolati, Fasta Gymnasii Patavini. 3)
Bernardino Petrella pubblicò: Libros et
re-
occhio solo, come egli diceva, a somiglianza dei Ci-
clopi
gicarum
al finire del
con Platone, af-
VII
Voi. I, pag. 339.
disputationus
lo-
commentarios in duos Aristotelis libros analiticos po-
steriores. 4)
Botta, Storia d'Italia, libro XII.
5)
Doc. IX.
-
64
—
rasse due mesi circa in Venezia ed alti-ettanti in Padova,
non dovette partire da quest' ultima città ciie verso il maggio 0 il giugno del 1578. La supposizione della dimora di due mesi in Padova è anch'essa più vicina al vero che non lontana, perchè una università quale Padova ed un uomo (juale il Bruno desiderosissimo di discutere di pensieri e di studi, due mesi non dovevano tornare lunghi.
Preso congedo da Padova, toccò Brescia, dove accadde un
laiio cuiioso.
[)i-ovvis;tini"iii(' pi-olela, iiii-iif.
prin(
1
Un monaco
ci'a
gi"an teologo
diventato im-
perito in tutte lo
coniijagni, attriljuendo quelle meraviglie a 1"
cattivo,
i|jio
avevano cacciato
naio asino
corpo
i
come
ijrima con
umori
inalili. Militi
una hevanda, che '.
In
Bergamo
gli
lare
una veste
che aveva hen conservato; e così, vestito da
venne
lama
in
in
Milano. Milano,
poco prezzo, vi pose sopra
Fu
allora, crediamo, che
coiiio
il
toi'-
levò
poi, fattasi
lare,
di
un
prigione,
in
Bruno con certa ironia racconta d'averlo guarito e
(li
gli
lo
scapuf/ 'ale,
conohbe per
egli stesso ci fa sapere, sir Fi-
lippo Sidney, col quale ebbe poi a trovarsi in grande
dimestichezza a Londra.
Il
gentiluomo di Elisabetta
era appunto in giro quelFanno, ambasciatore per la
sua regina presso Flmpero.
Da Milano
pare abbia ripigliato
la
via di Torino ^ e
giunto a questo estremo confine d'Italia, varcasse
il
Moncenisio e venisse in Chambéry, pigliando alloggio in
1)
Questo fatto viene
riferito dal
gina 578, edizione del GfrOrer. 2)
Documento IX.
Bruno
nei suoi scritti latini. V. pa-
un convento
65
-
del suo Ordine \ L'accoglimento, che ebbe
non
dai frati savoiardi,
fu quale
si
era ripromesso.
Un
non pigliare perchè, proseguendo il
frate italiano, che trovavasi colà, gii disse di
meraviglia o dispiacere di
ciò,
cammino, avrebbe incontrato nei conventi francesi minore gentilezza di quella che
gii
veniva dimostrata iu
Chambéry. Le quali parole, congiunte
colle fredde acco-
glienze, e col desiderio di vedere la città dei novatori,
furono cagione che egli quel convento, e tinuare
Ma
si
come pare avesse
divisato.
secondo la nostra supposizione, se egli nei mesi di
giugno del 1578 era ancora in Padova, do-
e
vette attraversare
mesi
congedasse prontamente da
viaggio per Lione,
il
maggio i
si
volgesse verso Ginevra invece di con-
le
Alpi in agosto, e passare quindi
inverno nel convento di Chambéry. Difatto
d'
documenti Ginevrini
ci
rendono prova che
egli nei
i
primi
mesi del 1579 era in riva del Lemano, come vedremo dal capitolo ([uinto. Italia
può
parti di
Per conseguenza questo suo viaggio
cosi tracciarsi nei suoi punti principali
Roma
:
in
egli
nell'anno dopo quello del Giubileo, cioè
nel 1576 e verso
il
fine.
NelFanno
1577,
se in principio od in fine, insegnò in Noli.
Venezia ed in Padova,
e nel line del
non sappiamo Nel 1578 è in
1578 è in
Cham-
béry. Nei primi mesi del 1579 è in Ginevra. Quest'ul-
come è certa quella della sua fuga — Le date intermedie sono solo approssimative, ma non distanti dal vero. Il Bruno adunque uscì d'Italia verso il fine del 1578, ed entrò in
tima data da
Roma
è certa,
nel 1576.
Ginevra nel principio del 1579.
1)
Cousideriamo
la
dimora fatta nel convento dei Domenicani in
Chambéry come dimora 5.
—
in terra straniera.
Berti, Giordano Bruno.
—
-
66
CAPi roii) SOMMARIU.
—
IV.
Hruuo per libera elezione Lascia il convento e compie lunglii e fortunosi viaggi per convertire crl'infedeli Insegnamento deWAi-te Mar/zia e grande efficacia ad essa attribuita Conformità I-'abate Gioadi alcune sentenze del Lullo con alcune «lei Hruno Suoi libri — X.'Krangelio eterno \\ Cardinale Niccolò da chino Applicazione della matematica alla metalisica studio in('usa defesso del sistema Copernicano per parte del Bruno (Giudizio studi letlerarii dol Uruno Difetti del suo intorno al Copernico rrinii autori che studiò
Raimondo I-uUo
—
il
—
Sue avventure
—
—
—
— —
—
—
—
—
—
stile.
Pl'iliia di accniii|»;i;4iKii<'
alcuni sciii negli
il
diamo
(»
l(
l'i
anni
clic
|)(»irc jjiii
(inali
non Aristotele
l>i'mH' nei suoi via^ii lìiori (liscoi-i-oi'c
i
«|ii;di
bi'cvcui(3ute di
atlestMÌa sè
c;^li
cIk- sh'l le iit'ir( )rdiiic.
^criiiori,
a
del suo in|ic.i:no ai
il
mio
I
assai
si
.a
n«»li/ia,
cli(3
dilìcrenziano
i<'iic\ano lo scciifo nelle scuole ai suoi
liiovcià
Copernico,
i
sindid dri -piali
ili.
di «[iic^ii
da quidli. Iciiipi,
opiMti
^liiniiiiiin
in
cliiain conic
conlciiidiKi si
i
aircducazione
alilo,
il
('usa,
il
noIsc jjcr libera elezione, che
'rmnnniso.
S.
il
cIk^ tidi
interpretare nel
convento. Rainioiido Lullo,
i
cui libri tnronu ira
Bi'uno leggesse, nacque \erso
la
metà
cimoterzo (1235) da nobile famiglia in lica.
Crebbe
(|uasi
digiuno
di
lettere e
i
del
primi che
il
secolo de-
Palma
di
Maio-
passò nella dis-
sipazione e nel vizio la sua giovinezza. Ma, pervenuto
alFanno trigesimo secondo di sua età ed annoiato dei piaceri
e sentitosi stanco
e delle vanità del
mondo,
di-
-
-
67
famiglia ed ai poveri
sti-ibui alla
suo;
il
e,
dato un
addio alla moglie, Caterina Labots, nobile e ricca donna,
aveva avuto due
dalla quale
visitò in abito di pellegrino 8.
indi
si
ritirò sulla
Randa.
A
cima
ed una
figliuoli
Giacomo
figliuola,
di Compostella,
monte
solitaria e deserta del
questo subitaneo mutamento di vita pare
abbia contribuito una violenta e non corrisposta passione, che dicono sentisse
da lungo tempo per una bel-
lissima e virtuosissima signora genovese.
Ambrosia
di
Castello, che abitava in Maiorica col proprio marito.
Passò sul Randa ben nove anni
una povera
in
|)anna costruita di sua mano, coperto
il
corpo di
ca-
cilicio
e tutto dedito alla vita romitica e contemplativa. Cre-
dendosi non pertanto eletto da Dio a propagare nel-
rOriente
Cristianesimo,
il
si
applicò allo studio con
grande intensità di mente, che in breve sussidio, la qua! cosa la
ha
del meraviglioso,
sì
senza altrui
e
imparò da
sè
lingua latina e l'araba, onde ebbe più tardi a dar prova
nel suo duplice apostolato dell'insegnamento
e
conversione degli infedeli. Disceso dal monte, a Montpellier ed a Parigi,
poi a
Roma
dove pubblicò varii
si
della
recò
scritti;
per conferire col papa intorno alla con-
versione degli infedeli; quindi nuovamente a Parigi, desideroso di
jnagna,
la
insegnare e di propagare la sua
sua grand'arte. L'intima voce
con tanta forza verso
i
lidi
Ars
spingeva
delFOriente, che non andò
molto, ch'egli lasciata la Francia ed
alla volta dell'AMca.
libero insegna-
il
mento, ritornò in Ralia ed a Roma,
Genova
lo
e
si
Ma quando
imbarcò in
era già sulla
nave, preso da paura, retrocesse invece di proseguire
il
viaggio; vergognatosi però ben tosto della sua debolezza, si
rimise in mare: sbarcò in Tunisi, e
si
diè a predicare
al
68
-
popolo ed a discutere coi sapienti intorno
ai principii
deirislamismo. Le sue parole, che furono in sulle prime accolte assai favorevolmente, indi a poco gli
suscita-
rono contro accaniti nemici; onde, accusato e messo in prigione, avrebbe corso pericolo della vita, se
un Reduce
fosse venuto in soccorso
prete ai-abo,
grande stima di
dall'Africa
lui.
quanto tempo in Napoli, dove
si
fermò
maestro
il
mia, e che stringesse dimestichezza col
promessa
gli
al-
leggenda dice che
la
incontrasse Arnaldo da Yillanova,
non
che faceva
di alchi-
quale, avuta
l'e, il
mise a parte delle arcane co-
di segreto, lo
gnizioni di alchimia che aveva ricevuto da Arnaldo K
Questi
leggendari
fatti
cetto che
insegnò
popolo
il
sua
la
si
ci
dimostrano quale fosse
formava
di quest'uomo. In
Nuova Introduzione
alle
il
con-
Napoli
scienze e
lasciò discepoli.
Pellegrinò dopo Napoli per altre contrade d'Europa, eccitando
principi
i
a fondare scuole per
orientali ed a procedere concordi contro
ripetutamente lo
e
con fortunose vicende
Islamismo innalzò
le
le
lingue
Turco. Toccò
il il
suolo, in cui
sue tende. Compose con istraor-
dinaria operosità in mezzo alle agitazioni ed a pericoli di
ogni sorta in Palestina, in Tunisi ed in altre
di quelle terre
battere
1)
le
Ea
«
sigillo,
de' suoi libri, intesi a
com-
dottrine giudaicó-arabiche. Grandi furono
Leggiamo
«
non pochi
infatti nel libro II
Testamento
di
i
Eaimondo Lullo:
accepi et habui a serenissimo rege Roberto Neapolis, sub secreti
quae quidem experimento ipse habuerat a peritissimo Arnaldo omnibus
« de Villanova, qui merito fons scientiae vocari debet, quia in
« scientiis prae caeteris hominibus floruit » Ora è provato dai diligenti .
studi che
si
fanno sulle opere di Raimondo Lullo che
mento è opera
di
un
falsario, e
che
il
Lullo non
sì
il
Hbro
il
Testa-
occupò di alchimia.
travagli, che
egli
-
69
durò in queste sue pellegrinazioni
senzachè l'animo rimanesse per nulla indebo-
orientali,
od affranto. Continuò insino all'ultimo ne' suoi nobili
lito
propositi,
e,
convinto che la sua
magna
ars potesse
meglio che qualsiasi altro metodo adoperarsi a difesa ed
a propagazione del Cristianesimo, instò presso ed
il
pontefice affinchè la pigliassero sotto
trocinio e ne consentissero l'insegnamento.
i
il
principi loro pa-
Nel che
i
suoi voti non furono senza effetto. Perocché, lui vivo, si
fondarono nella Francia, nella Spagna e nella stessa
Roma
venne insegnata I libri Europa, specialmente per opera dei Francescani, e ne fu si grande il scuole, in cui quella
di lui si diffusero eziandio per tutta
numero
e sì
vario l'argomento, che taluni avvisarono
che due e non uno fossero
i
Lulli.
CoU'animo ognora rivolto al medesimo scopo intervenne al Concilio di Vienna nel Dellìnato (1310) per impetrare che fossero ridotti in un solo
tutti gli
Or-
dini militari della Cristianità, affine di combattere
effi-
cacemente
i
Turchi
che fosse bandito dalle scuole lo
;
averroismo, e venissero con acconcio insegnamento delle lingue orientali e delle discipline teologiche pre-
parati
i
sacerdoti alle missioni in Oliente.
1) I frati
Francescani approvarono per
i
primi l'arte metodica del
Lullo e la insegnarono nelle loro scuole. Essi avevano in particolare affetto questo maiorchese che si era a loro affigliato sebbene
partenesse a nessun ordine religioso. Più tardi alla medesima
zarono due cattedre, una in Maiorica in proposito Pietro Berti
matio, ut etiam hodie
:
«
Huius
magno
viri
e l'altra in
1609.
innal-
Valenza. Aggiunge
tanta apud suos cives est
exti-
stipendio Lulliana philosophia ibi loco
Aristotelicae doceatur». Alstedio, Clavis artis rati,
non apsi
LulUanae. Argento-
Dopo
-
70
tante e così gravi fatiche, visto che c'era poco
a sperare
m Europa, si ripose in nave
ed approdò
alle
coste d'Africa nella avanzatissima età di anni ottanta. Ivi ripigliò col consueto zelo l'opera della conversione
degli infedeli, certo di incontrare
non
si
fece
dicava in Bugia, lo
il
martirio.
il
popolo se
gii
questo
levò contro a tumulto e
malmenò per modo che rimase come morto
Una nave
E
lungamente aspettare: poiché, mentre presul lido.
genovese che veleggiava per quelle
pietosamente presso la sua
teri-a natale, l'isola di
alla quale rendette l'anima a
Ecco quale fu l'uomo, che
il
parti,
agonizzante
lo raccolse e lo trasportò
fili
Maiorica, davanti
Dio K Bruno prendeva a guida
studi e che compiacevasi chiamare Incolto
dei suoi
eremita imp irato da un genio divino^. Nella sua mente e nella sua indole, ritraeva molto dalla
Spagna
in cui nacque. Il posto che egli prese nelle
non da Maimo-
lettere e nella filosofia del suo paese, eguaglia se
vince in altezza quello preso da Averroè e
nide nei popoli arahici e giudaici. Pare che alla cognizione delle dottrine professate dai medesimi unisse
È un uomo
eziandio quella delle scuole ebraiche.
tempo,
s'alza di assai sul suo
un impulso fìlosofìca si
1)
Non
ad un tempo.
Morì nell'anno 1315.
tombe
pella della
—
della tamìglia,
Il
fece scoperte durature,
ma
concorse tuttavia ad
non ali-
suo corpo che fu dapprima sepolto
venne indi levato
e
messo in una cap-
chiesa dei Francescani di Maiorica, dove onorasi
santo. 2)
che
persona parte
intellettuale di indole mistica ed idealistico-
avviò per sentieri nuovi,
nelle
e dalla cui
Divinus certe Genius radi incultoque insinuavit eremitae.
lampade combinatoria, pag. 634.
come
— Be
mentare
il
71
-
pensiero filosofico in Ispagna ed anche
iri
Italia.
È
originale e sino ad
un
nuovo nella vita come già notammo, mae-
certo segno
e nei pensieri. Oltre di essere,
stro di sè, scrive senza conoscere l'antichità e studiarla.
non
che
E
delle
Compone più
astrazioni metafisiche.
di trecento scritti
(e
non quattro mila come
affermato) intesi tutti più o
meno
sero
i
ci fa
mismo. Volendo giudicare i
i
con tanta libertà che spesso scrittore popolare ed
fos-
l'isla-
suoi libri bisogna sceverare
veri e originali dagli apocrifi e dai
rosi che sono tradotti dalla lingua materna,
Fu
Vaìwer-
meglio di ogni altro conoscere quali
pensamenti con cui sperava abbattere
con diligenza
ha
altri
allo stesso scopo.
suo libro Principii di filosofia contilo
Il
roismo
senza
psicologo, e fa più uso dell'osservazione
il
il
nume-
catalano,
senso ne riesce travisato.
anche poeta. Serbò nelle spe-
culazioni filosofiche grande indipendenza di mente, e seppe, benché mistico, procedere in quelle con forma sistematica. L'accurata pubblicazione che ora si sta fa-
cendo di tutte
uomo un
le
concetto
opere dal Rossello assai
quello che abbiamo K
ben dice filosofo,
il
II
ci
darà di questo
più compiuto Lullo
Weber, teologo
ci si
e
sincero
dimostrerà,
e naturalista,
di
come
missionario e
mistico e indipendente, poeta e scrittore cata-
lano popolai'e. L'arte Lulliana, che a detta del
Bruno
ci
diede la
metafisica dello Scoto- ed alcuni grandi pensamenti
1) in-8°.
2)
Ramon Lull. Palma editor 1886 e 1887. Crediamo siano già usciti tre volumi. De lampade combinatoria, pag. 627. « Unde Scotigena theo-
KossELLo, Obras de
da Cusa, fu nel secolo decimosesto professata ed illustrata da Cornelio Agrippa, dal Léfevre,
di Nicolò
dal Bouilly, dal Paracelso ^ dall'Ungherese principe della Scala-, dal Veneto Valerio dei Valerli dal Tolo-
da Giulio Faccio
sano
dall' Alstedio
^ dal Sanchez
Gerolamo' e da altri di minor nome. Nel medesimo secolo la dialettica LuUiana alternavasi nelle scuole germaniche con la logica del Ramo, e venivano entrambe con varia vicenda professate ». « logicam methapliysicam, vel iiietliaphysicam
(quam scholasticam
« appellant) theologiam cuni subtilibus aliis extraxisse constat ».
Intende di parlare del Dottore
sottile,
poraneo del Lullo. 1)
V. Bruno, Scripta latina, pag. 628.
di Nettesheim scrisse:
A
Liilli.
— Enrico Cornelio Agkippa
Commentar ia in artem brevem Maymundi
proposito di questi Commentarli
« illustrare
il
Bruno
dice: « Cornelius
Commentariis non tam Lullum quam se ipsum Del Léfevre (Paber stapulensis) di Carlo elabora vit ».
« Agrippa propriis
BouUy
—
Giovanni Duns-Scott, contem-
—
(Carolus BoulUius) e del Paracelso discorre parimenti
il
Bruno
nell'opera sovracitata. 2)
Paulus ScALicmus de Lika comes Hunnorum.
De
recolutione
alphabetaria sive perfecttssim.o ad omne genus scientiarum methodo. 3)
Valerii de Valer ris patrici
Opus aureum, in quo omnia omnium parens Raymundus quam arte generali tradidit.
vernati,
breviter explicantur, quae scientiarum
Lullus
tam
in scientiarum arbore
Pefrus Tholosanus, Sintaxis artis mirabilis. 5) JuLLius Paccius, Ars LuUiana emendata. Valentiae 1613. 6) Henr. Alstedius, opera citata. 7) Petrus Hieronymus Sanchez, Methodus generalis et admirabilis ad omnes scientias facilius addiscendas in qua Maymundi Omettiamo il Degardillo, il GueLulli ars brevis explicatur. 4)
—
dara, I'Herrera,
gono 8)
il
KiRCHERO,
il
XVII. V. intorno alllnsegnamento
cappuciuo IvoNE, che già apparten-
al secolo
Vie de Bamus.
—
del Bruno « Inter pag. 24).
..
.
della dialettica
Eamea Waddigton, :
Bruckero scrive che l'arte del Lullo ai tempi Germanos passim magnifice extollebatur » (Voi. V, Il
-
-
73
In Italia quella insegnavasi in alcuni conventi ed un ;
nostro italiano Domenico da Siena, frate dell'Ordine dei Minori, era chiamato in Ispagna per attendere alla
correzione e traduzione dell'Arte inventiva ^ e con-
temporaneamente parecchie opere del Lullo vedevano la luce coi tipi di Venezia e di Palermo. Enrico Alstedio, insigne LuUista ed editore di alcuni scritti del Bruno, non dubitava di asserire che in tutto il mondo non vi furono che tre grandi filosofi, i quali abbiano con
uomini
le
contribuito a dirozzare gli
ciclopici e belluini: Aristotele,
Reputavasi
di tale
che era avviso
tempo
loro opere
e
efficacia la dialettica
il
Ramo^
del Lullo,
potesse con quella in brevissimo
quasi senza fatica imparare tutto lo scibile e
conseguire qualsiasi
si
Lullo ed
il
dono
di dir
bene ed all'improvviso sopra
A
petto di quella in niun conto
argomento ^
erano da aversi
perciò crede vasi sortita
le altre arti;
da natura ad abbattere quante
la precedettero
senza che
tempo avvenire dovesse rimaner soprafatta da altra qualsiasi"'; potersi, mercè quella, con prontezza straordinaria trarre da un con-
fosse pericolo che a sua volta nel
cetto infiniti altri in virtù del principio che
1)
tiae,
Divi Raymundi Lulli,
etc.
Ars inventiva
il
tutto è
veritaiis.
Valen-
1815.
2) Aristoteles,
Raymundus LuUus
et Petrus
Eamus
multum manu quasi
in hoc
operae posuerunt ut homines prorsus feros et cyclopicos
ducerent in amoenissima scientiarum vireta. 3) « Quod magis admirandum, fere impuberes hac arte freti de omnibus rebus disseruerunt et hac arte paucisslmis mensibus doctis-
simi evaserunt », pag. 14.
che questi
si
—
Kechermann, avverso al Lullo, dice « concinnare artem generalem
propose per assunto
cuius ope possemus disserere de 4) JoRD.
omni
scibili».
Bruni, Scripta latina, pag. 628.
;
— iieirimo.
Mediato
Gominio.
quanto
t'osse
vano vera
era
essi
;ip.
Ccllcil/.a
e(|
'riamente eìic
:
clic
diii-er.'lili.'
i-jje
ess.i
ri\ t'Ia/ioiie e
clic'inindi niisici
i
l.i
1)
pa.o;.
i
1
non
':
(piai
r
1
ni.
sua
nias.siiua
1
1
l
(
lii
1
miivcrsale, e
clUcacia
na sentenza,
j
gli stessi
u ispecie
mentre
sim cocinneo i"A(piinate,
prediletta:
—
Bruno
Il
« In
unum
e>;t
;
cadi'ebbero
ac(piistava per
era
M Ut
di
in ec-
S. A<^"OStÌnO
i
;ilire
clie
Lullo
Sostene-
ivo a credere clie
il
del
sicut in oihuìImis allatuni
'Ss;
1 1
le
;dl;i
i
del
vinceva
l)io. l'si
di
so<j-<'H la
n
i
istiidin'i
p<'r
lede
;
1
V. Hexr. Alstkdius, opera citata.
omnia
Jiiesi^;
sapevauo
iiulla
l>iiHiaiia
1
d(Mi(i ,i:raiiiii..
discepoli
i
b'el'tLii
i
ni! e;iiile. a s(.inij^lian/.a
teiiieiite (jue.stji
sorella di
la
poclii
di
Inid maesti'O.
iu;!
d m ir
l;i
eccitò gravi sospciii o die
per
clic
|MTeiiiiciiieiiic.
;iiiil;i\ :iiiM
della
cli<'
ddiii
liuiil;!
111
ci;!
lede,
la
snpicii/a del
iifll;i
l<'i i]« »;_:ia
iiiicm
ili
spazio
lo
Daguino
Ttaliaiìi,
ivo IVatelli Caiiterii
dato luiiaiianiente iuipai-are.
(ìl'aiidissiiiia
ripone\aii
due
o di
a\('\aii(\
«piali
i
anni, appicso ciiiro
dieci
confeì'nia di questa e di
uan-a\'asi di
e (Tiaconio
di Goi'iiiaiii;).
A
unto'.
nel
Yi\]\()
ass(M/ioui
sifì^itto
—
74
».
uno
ripeto troi^uen-
er^^o
adferantur
— V. Scripta latina,
19:^.
2) V.
HuHLK. Storia (Mia
fazioni alle varie opere
—
V. anche le preVoi li. segnatamente quella ])remeKsa al-
filosofia,
LuUiane
e
Tedizione di Franeoforte, 159G. 3)
Quod
doetrina
Raymundi LuUi
exc^llit
omnium aliorum
—
Quod trinam in bonitate et veritate etiam Augustini. nostri temporis moderni nihil sciunt de vera theologia. omnes doctrinae destruentur,
—
{erpetuo remanebìt. tioni'S,
nisi
doetrina
V. Nicolai Eymkric,.
Raymundi
doc-
tlieologi
—
Lulli,
(^uod
quae
Directorium Inquisì-
edizione del Pegna.
4) (tenebrando, nel suo libro Iteci antitrinitarios,
volle fidei articulos
dice che
De Sancta il
ad natarales
Lullo
»i
Trinitate cantra huius
caduto in eresia perchè
denionstrationes explorare.
—
75
—
conferiva alla teologia la sovranità e Fimpero su tutte le facoltà o discipline,
per un altro glielo toglieva, sotto-
ponendola alla podestà illimitata dell'Arte magna. Per che sotto Gregorio
XI usci una
bivansi le opere Lulliane. l'autenticità è jivanti di
messa
il
con la quale proi-
questa bolla,
di cui
in dubbio, si inferisce che
condannarle ne commise l'esame
autore del Direttorio rico,
Da
bolla,
il
però
papa
al celebre
deW Inquisizione, Nicola Eyme-
commissario per
le eresie,
ed a Pietro vescovo
d'Ostia; poi per maggior cautela e sicurezza
nominò
con lo stesso incarico una Giunta di oltre venti maestri di teologia.
L'esame, secondo che narra l'Eymerico, non
tornò al Lullo favorevole
;
poiché furono levate dalle
sue opere ben duecento proposizioni giudicate ereticali'.
Lasciando ora
di cercare se quelle proposizioni si con-
tengano veramente negli
scritti del Lullo, o se la ri-
cordata bolla sia autentica, o se sia stata approvata postei'iormente la dotti-ina di hii^, certo è che parecchie di esse
sono pienamente ccMiformi
ai filosofemi dei ra-
zionalisti e dei panteisti, e ritrovansi
Nolano,
al
quale
il
libro dell'Eyinerico
nelle opere del
non era ignoto \
—
dairEvMERic, opera citata. La XI da lui riportata non trovasi nel bollarlo di questo pontelice. Il Fleury [Histoire, etc. Genova 1771, Voi. XII, pag. 242) afferma però che la bolla In questione fu da Gregorio XI mandata 1)
Questa
è la nai-razione dataci
bolla di Greg-orio
all'arcivescovo di Tarragona.
Bisogna andare cauti nell'accogllere
un postumo nemico del Lullo. Dottori convocato da D, Pietro d'Aragona,
le
asserzioni dell'Eymerico che è 2)
solse
una
Un
consigho di
da ogni censura bolla di Martino
levare dall'Indice
non ne S)
i
il
V
Lullo. Questa decisione fu
(U09j.
Il
libri del Lullo,
as-
confermata da
Concilio di Trento nel
abbenchè, secondo
il
1563
fece
Bellarmino,
fosse stato autorizzato.
Esso trova vasi in questo tempo nelle biblioteche della maggior
.
—
—
76
Dal che raccogliesi che il Bruno riprodusse dal Lullo non solo la dialettica od Ars magna, ma ben anche alcuni principii metafìsici; chè la dialettica sola non
sarebbe
stata
avvinto.
Appare
credere che
le
bastante
a
opere
per tanto
tenerlo
manifesto
inoltre
Lullo
del
tempo
com'egli potesse
fossero
proibite;
e
che, interrogato dai giudici veneti se leggesse o rite-
nesse libri proibiti, lispondesse averne i
letti assai, fra
quali quelli di Lutero, di Melantone, di Erasmo, di
Calvino,
ma
non serbare
di sè che quelli del
pi'esso
Lullo K
Le
Bruno intorno
varie opere del
all'arte Lulliana
sono spesso così ripiene di argutezze, di combinazioni arbitrarie di parole, e di vuote distinzioni, che
parte dei conventi, e che
che varie proposizioni di citato
si
o le religioni,
non men dotti che
religiosi
et
gU
sempre hanno fauorito
le
;
« che la fede si richiede « esser gouernati, et la
«
alle
le altre il
suo
scegliamo
modo
menti rozze quelle
sanno gouernar
neri, ciuili, et
>
stesse verità che :
« gli
religioni,
alla
bene accostumati Philosofi
perchè gl'uni et gl'altri sanno
per V institutione di rozzi popoli, che donno demonstratione per gli contemplai iui, che
sè et altri-».
De
V infinito, universo et mondi. Con-
del Lullo dalla Giunta soprannominata
,
seguente: che
Theologi giamai han pregiudicato
trapponiamo a questa massima del Bruno
>.
la
di dire, rappresentano
insegna con altro linguaggio agli uomini meditativi
« libertà de' Philosofi «
Tra
secondo
con linguaggio appropriato la filosofia
conoscesse è provato dal fatto
lo
sono identiche a quelle, che nel libro
lui
riferiscono al Lullo.
la religione
«
Bruno
il
non paiono
;
la
seguente posta a carico
« Fides est necessaria homi-
ammistralibus et non habentibus intellectum
«.
nibus
«'
elevatum, qui nesciunt cognoscere per rationem et diligunt cogno-
<.<
scere per fidem
« cilius
insciis,
rusticis,
:
et
quod homines
« cilius trahitur per rationem 1)
grossi ingenii et illiterati
trahuntur ad veritatem per fidem
Doc. veneti
XIL
quam
—
sed
per fidem »
homo
—
fa-
subtilis fa-
—
—
77
mente stessa che ideò e compose i libii causa principio et uno e Dell'universo infinito mondi. Onde mal sapendosi rendere ragione di tanta
uscite da quella
De et
la
discrepanza, conghietturarono alcuni che egli avesse quasi preso a prestito
il
linguaggio ed
metodo
il
Lullo per dare passo a quei principii della sua che non avrebbe potuto in altro
modo
in ciò sia qualche cosa di vero,
del
filosofìa,
insegnare. Benché
come diremo
in altra
parte di questo scritto, tuttavia è da notare sin d'ora
che
le dottrine
più
si
si i
più nuove ed audaci ed
discostano dal
modo
di
contengono precipuamente nei vestigi Lulliani sono più Il
Bruno insegnò
i
concetti, che
pensare del suo tempo, libri italiani, nei quali
scai'si.
in Parigi, in Zurigo, in Francoforte,
in Venezia, ora privatamente, ora pubblicamente, l'arte
Non
Lulliana.
si
sazia di parlarne:
si
emendata, corretta, pulita, semplificata,
gloria di averla e
vendicata dal
disprezzo, in che era caduta; crede che essa abbia per
opera sua raggiunto
la
perfezione e sia ora in istato di
servire acconciamente a quanti ricevettero da natura
qualche disposizione per la siano rese grazie a Dio per
Le
filosofìa. sì
Vuole quindi che
ragguardevole dono K
cose discorse ben provano quanto sia stato assiduo
—
Il Leibnitz, benché g-iudicasse 1) De lampade combinatoria. degne di stima alcune cose del Lullo, tuttavia dice, parlando del Bruno, che il donnait aussi dans les chimères de l'art de Ray-
mond
metodo cap. II).
del
—
—
V. Chauffeppié, Nouveau dictionnaire historique Amsterdam 1750. Bacone da Verolamio chiama il Lullo Methodus imposturae [De aug. Scient.j lib. VI, Lo Scioppio a sua volta chiama il Lullo liitulentum et
Lulle.
et critique.
—
ineptum scriptorem, sed tamen portentosi acunmiis historico).
(V.
De
stylo
— il
suo studio intorno
78
—
al Lullo, e
come anche
nella
matu-
rità dell'ingegno si professasse a lui devoto K
Di
altro scrittore
perocché
il
È
veneto
suo
dobbiamo
far parola alla sfuggita,
nome compare
esso pure nel processo
questi l'abate Gioachino, dotato, giusta
frase di Dante, di spirito profetico, di
divina intelligenza
secondo l'Ughelli,
^.
meno
L'abate Gioachino
e,
Li
filosofo del Lullo, al quale
però precede in ordine di tempo, ottenne eziandio grande
rinomanza. Esso
duodecimo
fiori
seconda metà del secolo
nella
spense nel marzo del 1202 dopo una
e si
vita assai lunga illustrata da svariate peregrinazioni.
Molti sono
i
che a lui come
libri apocrifi
attribuiscono, e molti
i
fatti
al
Lullo
parimenti leggendari.
mistico con inclinazioni popolari,
si
si
Uomo
mostrò sin dalla
sua giovinezza compreso dal sentimento dei mali del suo tempo e dalla necessità di introdurre una grande
1)
Noi abMamo qui
riferito quelle sole fra le opinioni del Lullo,
che sono acconcie a dar lume ai
fatti:
perocché la sua dottrina verrà
di proposito esposta, ed esaminata con quella del Bruno.
Lo
stesso
metodo seguiremo nel ragionare degli altri scrittori che hanno attinenza col nostro. Crediamo opportuno di fare questa dichiarazione, affinchè ninno cerchi in questo capitolo quello che non abbiamo voluto introdurvi. 2) 3)
Documento XIII. Dante, Paradiso, canto XII.
Ada
sanctorum.
—
Ughelli,
Italia sacra. 4)
Esso
seconda metà del secolo duodecimo. Veggasi su
fiorì nella
questo scrittore fra
i
molti che ne discorrono
:
NapoH,
Manrigue, Annali
ci-
— Memorie degli scrittori cosentini Salvatore 1750. — Toppi, Aggiunte al Nicodemo. — Papebrochio.
stercensi.
di
Spiriti.
Cf. specialmente il dotto e dihgente studio che a lui ha consacrato Felice Tocco nel suo Ubro L'Eresia nel Medio Evo, Firenze, 1881.
—
Cf.
anche Eousselot, Joachim de Flore.
riforma nei costumi delia Ctiiesa e della società cristiana.
Prima di essere prete incominciò a predicare qua e colà come il clero dovesse abbandonare le cose temporali, e come tutti dovessero ridursi a vita nuova e spirituale. Queste dottrine, messe avanti con linguaggio semplice e
.
ad un tempo imaginoso prima ancora che venissero
fatte
pubbliche nei suoi
rono
le
ma
libri,
non
solo
rimostranze dei pontefici sotto
non
gli attira-
quali visse,
i
ne ebbero l'assenso, come fa fede la lettera di
Clemente
quale è detto che
III, nella
le
opere di Gioa-
chino principiaronsi a scrivere da lui per incarico avutone da due
pontefici,
della necessità di
Lucio e Urbano K Egli parla
un rinnovamento
sociale con tuono
fatidico e col linguaggio dei mistici del
suo tempo, in-
culcando a tutti la pratica della comunanza e la re-
nunzia ceri che
alle ricchezze, alle cariche, alle dignità, ai pia-
non fossero
cenobitici, sostituendo
i
mendicanti
al clero secolare. I libri
dai
che a lui
attribuiscono sono molti.
si
medesimi eliminiamo
gli apocrifi, gli
Ma
se
autentici si
riducono ai seguenti. Cioè alla Concordia dell'antico e
nuovo Testamento,
al Salterio delle dieci
bondanza
al
Commento
corde o
al
di pensiero e novità nei
Salterio, cioè l'ultimo,
suir Apocalisse ed
Decacordo. Vi mentovati
menò forse più rumore
è ab-
libri. Il
degli altri
perchè in esso Gioachino impugnò più esplicitamente la dottrina della Trinità, quale veniva esposta dal novarese
Pietro Lombardo.
«
L'essenza divina è qualche cosa
«
di differente dalle persone, perchè l'essenza è
«
e le
1)
persone sono tre
».
unica
Questa dottrina che sembrava
Lucio III ed Urbano parimenti terzo.
—
—
80
ammettere una specie
di quaternità, cioè tre persone ed una essenza distinta dalle medesime, fu vivamente
combattuta da Gioachino.
buon viso a
Ma
il
Bruno il quale faceva nuovo in cotesto or-
tutto che sentiva di
dine di idee,
dovette mostrarsi particolarmente pro-
penso a quelle fra
della Trinità,
confessare davanti ai giudici
formi da' suoi
i
monaco calabrese, come ebbe poi a E foi-se non erano dis-
opinioni del
le
dogma
che riferivansi al
i.
sentimenti di Giovanni da
scepolo di Gioachino
,
Parma
di-
che atfermava come fosse per
venire altra legge più perfetta di quella dell'Evangelo, e che in quella guisa che la legge di di
Dio Padre,
Vangelo
il
la legge
così sarebbe apparsa la legge
Mosè
fu la legge
Dio Eigliuolo,
di
dello Spirito Santo, la
quale avrebbe dato perfezione alle leggi precedenti.
Sui quali principii che
si
è
fondato
VEvangelium jEternurn, medesimo Gio-
volle attribuii-e, fra gli altri, al
vanni
e che oggi si sa essere di Fi-a Gherardino da Borgo San Donnino, caldissimo giovachinista 2. Ma più autorevole maestro, che non i nominati, fu per il Nolano il cardinale da Cusa « degnissimo uomo (come lo chiama nella sua semplicità Vespasiano Bisticci
contemporaneo
di lui],
grandissimo
filosofo e teò-
logo, acutissimo disputatore, dotto in greco, tutto dato alle lettere, di
santissima vita e poverissimo cardinale
».
Questi fu senza dubbio uno dei più mostruosi ingegni,
per usare la frase del Baldi, del secolo decimoquinto \ 1)
Nicolai Eymeric, Directorium Inquisitionis.
2)
V. in proposito
il
dotto scritto del Tabarrini
rico pubblicato dal Vieusseux. 3)
—
Vespasiano de' Bisticci, Vita degli uomini
4) Baldi,
Cronica
de^
neW Archivio
Firenze. illustri.
matematici, pag. 475. Firenze 1859.
sto-
—
81
—
Figliuolo a Giovanni Krebbs, povero pescatore di
Cusa
0 Cussel, villaggio sopra la Mosella, si rendette
degno con
la virtù e
riche della gerarchia
con
delle più alte ca-
lo studio
ecclesiastica, nella quale
dopo essersi addottorato in legge. Intervenne
entrò>
al
Con-
cilio di Basilea per invito del cardinal Cesarini, che
aveva in grandissimo pregio, colà, la
sua opera
e diede alle
ic>
stampe, stando
De concordantia cafholica
scritta
con arditezza di concetti e libertà di linguaggio K
Nondimeno, come prima il Concilio Basilense insorse contro Eugenio IV, egli si pose dalla parte del pontefice e fu mandato ambasciatore a Costantinopoli per esortare i Greci a recarsi in Ferrara, sede del nuovo Concilio. Creato cardinale, oltre alle ambasciate di Ale-
magna,
di
Olanda, di Francia, ebbe altre onorevoli com-
missioni insino a che cessò di vivere in Todi. Il
Bruno
studiò accuratamente e profondamente le
opere del Cusano; ratore, e
non ne
si
amminome senza accompa-
professa suo discepolo ed
profferisce
il
gnarlo col titolo di divino e di sovrumano
Mentre
ci
serbiamo ad esaminare ampiamente in
altro luogo le dottrine filosofiche di questi
sentiamo
il
2.
due
scrittori,
debito di accennare fin da ora, che corre
stretta cognazione intellettuale tra di loro,
benché in-
tendano a diversa meta.
La largo
teorica del
campo
quelli del Cusa.
1)
De
massimo
e del
minimo, che tiene
si
nei libri Bruniani, già trovasi indicata in
Hanno comune Fuso
concordantia catliolica,
libri tres,
di accoppiare la
Patris Nicolai Dé" Cusa.
Basileae 1565. 2)
Bruno, Opere
italiane, pag. 154, 179. Il
eziandio spessissimo nelle opere latine. 6.
—
BertIj Giordano Bruno.
nome
del
Cusa
ricoiTC-
matematica
82
adoperare scambievol-
alla metafisica, di
mente gii argomenti tolti dalle due scienze, e di passare dairuna all'altra in modo repentino. Consentono del pali in ciò, che ciascuna cosa contenga tutte le altre e ne sia contenuta; che
il
massimo coincida
nimo, e che vi sia quindi medesimezza fra
Nel Cusa
infine vi
sono
i
col
mi-
contrari \
germi del razionalismo,
i
entrò si innanzi il Bruno -, e quelli della nuova od instaurata dottrina astronomica, in cui poggiò si alto il Copernico. Laonde il Nolano diceva, che il dotto cardinale con parole rimesse annuuziò un secolo prima quelle stesse verità, che furono con voce più solenne e forte promulgate un secolo dopo dal canonico di Thorn. Giova quindi conchiudere, che come al nel quale
Lullo fanno capo al
le
opere dialettiche del Bruno, cosi
Cusa quelle che appartengono I
stringono ai mentovati scrittori,
1)
alla metafisica.
suoi studi giovanili e di libera elezione non
Nel
libro
De
docta ignorantia
sario per cogliere l'intima essenza
più astratti e semplici delFintelIigenza
«linea
sit
triaugulus, circulus et
« et e converso; ubi accidens
« niotus 2) Il
sit
sit
il
rielle
ma
egli
si re-
coltivò ogni
Cusa afferma essere necescose innalzarsi ai principii
«ubi omnia sunt unum; ubi
sphaera; ubi unitas
sit
substantia; ubi corpus
trinitas,
sit spìritus;
quies et caetera huiusmodi ».
Cusa applicò
logia. Così la
le idee
sua opera
De
matematiche
metafisica fondata sopra l'idea del l'assoluta unità e l'assoluto
della filosofia spiegare
i
alla filosofìa
ed
alla teo-
sapientia, lihris tres, è un trattato di
maximum
assoluto^ che è eziandio
minimo. Laonde crede che
dogmi
della Religione ed
i
nità e della Eedenzione. I suoi libri sono scritti con
potrebbe dirsi poetico-matematìco, e del quale
si
sia ufficio
misteri della Tri-
uno
stile
che
incontrano fi:equen-
tissimi esempi nel Bruno. Di fatto leggiamo nel libro De triplici, .minimo etc, pag. 134: « e matematicis ad profundiorem natura« lium speculationem, et divinorum contemplationem adspiramus».
maniera
di disciplina,
8B
-
ed in particolar
modo
l'astro-
nomia, dandosi per tempissimo alla lettura delle opere del Copernico \
Le
non tornavano nuove
dottrine Copernicane
regno
Napoli così per
di
le
nel
antiche tradizioni Pitago-
come eziandio perchè correva fama ai tempi del Bruno che il calabrese Tallavia avesse insegnato il moto della terra un secolo prima del Copernico, nelle cui mani credevasi fossero venuti i manoscritti di lui Le discipline geometriche e matematiche, che già vol-
riche,
gevano
ed
alle pratiche applicazioni
al
progresso delle
scienze fìsiche, prenunziando Galileo, noveravano valenti cultori, fra tista
i
quali Tiberio Russiliano, Giambat-
da Capua, Marco Beneventano, Antonio Scatio,
Simone Porzio, Francesco nardino Telesio,
massima parte gorio XIII 1)
la
Patrizi,
Luigi Lillio,
e
Luca Gaurico, Ber-
al
quale è dovuta in
riforma del Calendario sotto Gre-
2.
ego
I-Ieic
te appello,
Ingenium cuius
Non
veneranda praedite mente.
obsciiri
infamia sedi
vox non est suppressa strepenti Murmure stultor'um, generose Copernice, cuius tetigit, et
Pulsano Lt nostram teaeros monumenia per anaos Mentem, cum sensu ac ratione aliena putarem Qnae manibus nunc attrecto, teneoque reperta: De Monade, etc, lib. III, cap. 9, pag. 327. 2)
«
Fama
est
Hieronymiim Tallaviaia Eheginuni plurima secum
«agitasse circa mundi structuram et nominila cjuoque de mobilitate « terrae scripsisse atqne «
manus
KELii Cosentini
gywnasma
—
illius
tandem
fato praerepti adversaria in
Eomae tum degentis pervenisse Progymnosmata i^ìiysica. Venetiis
Copernici
3, i:ag. 59. Il
y. intorno
ai
»
Thom.e Cor-
1863.
— Pro-
Tallavia nacque nel 1448 nelle Calabrie.
matematici napoletani Barbieri, Notizie istoriche
dei matematici e filosofi del
Regno di Napoli, ed anche
il
Colan-
GELO^ Storia dei filosofi e matematici napoletani. 3)
Veggasi intorno
alla
riforma del Calendario sotto Gregorio XIII
—
84
—
Le immagini vive e copiose, il calore e l'entusiasmo, il Bruno discorre del sistema Copernicano, la-
con cui
sciano quasi credere che egli abbracciasse quel sistema
più per impulso di fantasia o di poetica intuizione che
Eppure qui
per razionale processo di mente. di dire che
i
è
il
caso
grandi concetti sono più spesso opera del
lavoro e della meditazione che prodotto di spontaneità
Ed
naturale.
egli
infatti
ben ricevere
le
si
preparò a poco a poco a
dottrine Copernicane, dispogliando
il
suo intelletto dalle erronee dottrine peripatetiche, ed affrancandolo dai pregiudizi che
Per
ai sensi.
vere
il
a contemplarli in tutto
A
bellezza ^
'*«
guisa potè
tenevano avvinto,
lo
nostro filosofo rimuo-
velo, che copriva quei sublimi veri ed aprire
il
la via
tal
lo splendoi'e della loro
tener la dottrina, che ebbe
nome da Co-
pernico,
come certissima giunse per gradi
fessa:
alchuni anni à dietro la tenni semplicemente
((
«
nera: quando ero più giouane, et
«
uerisimile.
il
tomo IV
Quando
men
;
sauio, la stimai
ero più principiante
del Tirabosciii
—
infatti con-
cose
nelle
Guglielmo Libri, Storia
delle mate-
matiche in Italia, Voi IV. 1)
Nel
De Monade,
libro testé citato
tratti gli studi, che
egli
etc., il
suppone facesse
il
Bruno indica a grandi Copernico ed enumera
tutti gli scrittori, che anteriormente al Copernico
indirettamente
favellarono
assai più generoso verso
Campanella,
i
moto
del
della
terra.
suoi predecessori che
direttamente od Egli
mostra
si
non verso
di lui
il
quale nella sua apologia del Galileo [Apologia prò
il
lo rammenta sotto il nome di quidam Nolomis Bruno omette però il Calcagnini, il quale avanti an-
Galileo, pag. 52) e milla più. Il
cora che
il
Copernico pubblicasse
lutionibus orhium coelestimn, già insegnato
quod coelam
la celebre
libri
stat,
sua opera
—
VI. Norimbergae 1543
terra autem moveatur.
fondata la supposizione del Tiraboschi che
il
tale sistema dalle lezioni del Copernico in
De
revo-
— aveva
Non
ci
pare
Calcagnini abbia appreso
Koma.
-
-
85
«
speculatine, la tenni siffattamente falsa, che
((
rauigliauo d'Aristotele, che
«
di farne considerazione:
<(
«
non
non
solo
mi masdegnò
si
ma
ancho spese più della mittà del secondo libro del Cielo et Mondo, forzan-
non
dosi dimostrar che la terra
Dovette
infatti
si
muoua
i
».
durare non poca fatica per rendersi
capace della verità di una dottrina mal nota e talmente contrastata ai suoi giorni, che lo stesso Copernico, per placare alquanto
i
suoi oppositori, fu costretto nella
dedica al pontefice Paolo
invece di riprenderli dei
III,
loro errori, ad asserire quasi che forse erasi introdotta
mutazione nello stato del
E
a lui
persuasione profonda levare
nicana
tempi di Tolomeo
cielo dai
veramente non avrebbe potuto
e
combattere con tanta energia
Peripatetici.
Colombo
Bruno
Il
saluta nel
che ha ritrovato
di trapassare
il
modo
Bruno senza
i
Tolemaici ed
Copernico di
margini, di abbattere
i
il
bandiera Coper-
si alta la
il
montare
al cielo,
fantastiche
le
i
nuovo
mu-
raglie delle sfere, di sprigionare la nostra ragione dai
ceppi dei non filosofìa
1)
meno
Bruno,
La
cena de
mobili
fantastici
volgare ha inventato
le
'\
motori che
e
la
Mostravasi curiosissimo
ceneri, dialogo quarto, ed.
De Lagarde,
pag. 177. 2)
V. prefazione all'opera Copernicana sovracitata.
3) Riferisce in proposito
i
versi quasi sibillini di
una tragedia
Seneca:
........
Venient aimis SaeQula seris, quibus Oceanus Vincula rerum laxet et ingens Paieal tellus, Tiphysque novos Detegat orbes, nec sit terris
Ultima Thule
Medea, atto 4) Bruno, Opere
italiane,
pag. 129.
II,
v. 371.
di
-sedi tutto ciò che attenevasi all'astronomia
e leggeva attentamente quanto scrivevasi intorno ad essa. Ben pochi dotti nel secolo decimosesto seppero con uguale i,
si
come dall'esplicarsi dell'idea delmezzo della matematica e dell'astronomia, aprisse nuovo e più vasto campo alle scienze tutte.
Il
giudizio che egli profferisce intorno all'astronomo
di
Thorn merita per
chiarezza antivedere linfìnito per
rito.
Lui
«
(il
la
sua singolarità di essere
rife-
Copernico) hauea un grane, elaborato,
maturo ingegno; huomo che non
«
sollecito et
«
à nessuno astronomo, che
«
per luogo di successione et tempo, huomo, che, quanto
«
al giuditio naturale, è stato
«
lomeo, Hipparco, Eudoxo, et
«
caminato appo
«
nuto per essersi liberato da alchuni presuppositi
i
sii
e inferiore
stato auanti lui, se
non
molto superiore à Totutti
ch'han
gl'altri,
uestigii di questi:
che è doue-
al
falsi
«
de la comone et uolgar philosophia, non uoglo dir
«
cecità.
« lui, «
Ma
però non se n'è molto allontanato
:
perchè
più studioso de la mathematica che de la natura,
non hà possuto profondar
et
che potesse à fatto togler uia
penetrar
le radici
sin
tanto
de inconue-
«
nienti et nani principii, onde perfettamente scioglesse
((
tutte le contrarie dilFicultà, et venesse a liberar et sè,
da tante nane
«
et altri
rt
templatione ne
le
inquisitioni, et
fermar
la cou-
Con tutto ciò magnanimità di questo
cose costante et certo.
((
chi potrà a' pieno lodar la
«
Germano,
«
moltitudine, è stato si saldo contra
«
contraria fede ? et benché quasi inerme di uiue rag-
1)
Y.
il
quale, hauendo poco riguardo à la stolta
De monade,
nel suo tempo.
là
dove parla dei
libri
il
torrente de la
astronomici pubblicati
—
87
—
ripigliando quelli abietti et rugginosi fragmenti
«
gioiii,
«
ch'ha possuto hauer per le mani, da la antiquità; le
«
hà
«
suo più Diathematico, che naturai discorso, ch'ha resa
«
la
«
pregiata, più uerisimile che la contraria; et certissi-
«
mamente
accozzati, et risaldati in tanto con qael
ripoliti,
causa già ridicola, abietta
piii
comoda
uilipesa, onorata:
et
et ispedita
per la theorica et
« raggione calculatoriat ». Dal clie ricavasi cjie il Bruno ad imitazione del Cnsa subordinava l'astronomia alla metafisica, apponendo a mancamento del Copernico il non essersi per soverchio amore della ^
matematica addentrato nello studio dell'intima essenza delle cose
da sciogliere
così
le
contrarle
difficoltà,
levandosi cioè al concetto metafìsico della identità del
tempo medesimezza dei
reale e dell'ideale, del finito e dello infinito, del e dell'eterno, ossia al concetto della contrarli. E,
come più
tardi
il
Campanella,
egli
pure
desiderava una innovazione nelle scienze matematiche, che sono fondamento delle metafisiche dottrina Copernicana con passione in tutti percorse, e
si
Insegnò i
mostrò equo estimatore di Ticho Brahe,
che appellava principe degli astronomi dei suoi tempi Il
Lullo,
il
Cusa,
sono adunque
1)
Bruno,
La
i
^.
Copernico ed anche l'abate Grioa-
il
dovremmo per
chino che
la
paesi che
ordine di tempo metter primo,
principali scrittori, intorno ai quali si
cena de
le
ceneri, dialogo primo, ediz. del
De La-
garde. pag. 124. 2)
«
Un
gran disegno nel campo della speculazione meditava
«
mento
della metafisica ».
nella. Napoli 1847, pag. 107. 3j
De immenso
et
il
matematiche sul fondaBaldacchini, Vita di Tommaso Campar
« Campanella, ed era d'innovare le scienze
innumerabili, etc, pag. 167.
— aggirano
liberi studii del
i
bella posta
i
giovane Nolano. Diciamo a
liheri studii per distinguerli
comune con
in
—
88
liberamente avanti di espatriare
da quelli
fatti
scuole conventuali.
gii altri frati nelle si
applicò pure alla
E
let-
tura dei frammenti di Parmenide, delle opere di Platone e dei neoplatonici di Alessandria, di quelle di Origene, di S. Agostino, del Ficino, di Pico della Mirandola, del
Cardano, del Fracastoro e del giudiziosissimo Telesio
Accoppiò
^-
inoltre all'amore della filosofia e delle scienze
quello dei poeti italiani ed in particolare dei latini, nei
quali dimostrasi esercitatissimo,
come
raccogliesi dalle
frequenti citazioni. Dettò versi in giovanissima età egli,
come
il
Ficino,
il
Pico,
Keplero,
il
il
;
ma
Campanella,
era poeta più nelle immagini e nei concetti, che non nel
numero
nella forma.
e
Rimase quindi molto
disotto
nella lingua e nello stile ai principali scrittori, che illu-
strarono in questo secolo quali furono stanzo.
È
il
da deplorare che
del Copernico,
troppo
si
l'Italia,
Sannazzaro,
i
il i
ed ai suoi compatrioti,
Tansillo,
libri
il
Rota,
il
Co-
def Lullo, del Cusa,
quali egli ebbe lungamente nelle mani,
discostassero dai nostri italiani nell'eleganza
e nella proprietà del dire. Egli poi non limava le cose sue, e dettava d'improvviso con tanta rapidità, che a
mala pena in
si
gli si
poteva tener dietro scrivendo
grande dispregio
i
Aveva
~.
pedanti, che, per timore di
cadere nella pedanteria, trascurava alcuna volta persino l'osservanza della grammatica e della misura nel
1)
Bruno, Opere
italiane,
Voi.
I,
pag. 250.
—
Be monade
etc,
pag. 70. 2)
V. la prefazione dell'EaLiNO all'opera postuma del Bruno
terminorum metìiaphysicorum.
•
:
Summa
— verso
1.
E
—
89
questa imperfezione del dire fu una delle
cause della poca fortuna che ebbero se
suo
il
i
suoi
libri.
ed irsuto, sentiva
stile ei-a scorretto
Ma,
egli,
ed
era vero, che avrebbe potuto ornarlo e renderlo più nitido e più chiaro:
'peramarunt altri pensò,
«
Me amarono
me Nymphce
Bruno avesse
1)
sacrificato
Mamiani, prefazione
voltato in italiano dalla 2) il
esclamava,
ma
alle ninfe del bello,
Gravina stesso diceva che
'-.
al Bruno, Dialogo di Federico Schelling, M. Florenzi WADDiNGroN. Firenze 1859.
Egli medesimo (Opere latine, pag. 624) chiama crasso ed irsuto
suo
stile.
Il
Gravina però, parlando delle poesie, che
sparse nelle opere italiane di
lui, le
mitiva maestà del linguaggio
men
il
le ninfe,
alludendo non già, come
ad amori antichi,
ossia alle muse, alle quali il
»,
italico.
Italiae reformatae, pag. 197.
si
trovano
loda perchè ritraggono la pri-
—
Danielis Gerdes, Speci-
—
90
—
CAPITOLO
V.
(1579)
—
SOMMARIO.
Il
Bruno a Ginevra
— Vita
Galeazzo Caracciolo rusciti Italiani
—I
fiiorusciti italiani evangelici
Bruno
il
in
Ginevra vestito da Domenicano,
ed andò alloggiare tutto solo in una osteria
prima cossi
gii
da esso
i
i.
Come
seppe della venuta di un frate italiano, re-
ivi si
lui
uno
fi-a i
più illustri suoi compatrioti
dopo essersi alquanto insieme trattenuti
fuoi'usciti, e
circa
—
colà, e sue relazioni coi fuo-
— Bruno e Calvinismo — Le dottrine di Calvino presso gli — Persecuzioni calviniane — Calvino e Lutero.
Bruno giunse
Il
del
motivi che lo avevano indotto a lasciare Tltalia,
domandò
se t'osse in pensiero di abbracciare la reli-
gione di Calvino. visitatore,
ma poi
rispose che
Il
Bruno diede contezza
di sè al
non intendeva « professare la religione di perchè non sapeva che religione fosse, e
»
essa
»
che perciò desiderava più presto di stare
»
in libertà e di essere sicuro, che per altro fine
città,
suo
entrato in sul discorso della religione,
li
per vivere -
».
Quegli, abbenchè non potesse rimanere soddisfatto della risposta,
non
insistè oltre su tale
argomento
tentò d'invitarlo a deporre l'abito monacale,
e si con-
non pa-
rendogli che esso fosse conveniente al luogo. Giordano
1)
Documento IX.
2)
Idem.
— Disi
acconciò senza indugio all'invito:
come comprarsi nuovi e si fece fare
italiani gli
abiti, pigliò
con essi un paio
donarono
il
ma non
avendo
panni che vestiva
i
I fuorusciti
di calze
cappello, la cappa e le altre cose
necessarie a compiuto abbigliamento. Ecco in qual il
Bruno depose
liere. I fuorusciti,
modo
ed assunse la spada di cava-
la tonaca
dei quali è cenno, appartenevano alla
Chiesa evangelica che
si
era istituita in Ginevra al-
quanti anni addietro. Esuli dalla patria formavano unacolonia 0 compagnia che intendeva in
comune
all'eser-
nuovo culto ed agli uffizi di beneficenza, segnatamente verso i compatrioti bisognosi che cercavano scampo sulle rive del Lemano contro le persecuzioni religiose Avevano a capo quello stesso personaggio che primo si abboccò col Bruno nell'osteria e che portava uno dei più splendidi nomi del patriziato napoletano, il celebre Galeazzo Caracciolo marchese di Vico, nato da Carlantonio e da una Carafa, nipote del poncizio del
''.
tefice
Paolo IV
Galeazzo ricevette alle
nuove dottrine
1)
Documento IX.
2)
La Chiesa
i
primi ammaestramenti intorno
religiose
da Giovanni Valdes
-\
con
italiana in Ginevra, fondata nel 1542, ebbe per suo
primo pastore Bernardino Ochino,
e
poscia Celso dei conti Martinengo
da Brescia, che morì nel 1557.
V. Lettres de 3)
quindi Lattanzio Eagnone, e
Jean Calvin, par Jules Bonnet,
Galeazzo Caracciolo non era pastore,
polizia della Chiesa ginevrina.
nesecchi.
Le
Fu
ma
la direzione della
anche amico di Mons, Pietro Car-
notizie intorno al Caracciolo sono
biografia latina, che trovasi nel
Voi. II, pag. 206.
aveva
tomo VIII
del
somministrate dalla
Museum Helveticum
tradotta dalla itaHana del Balbani di Lucca. 4) Il Valdes,
nato in
Cuen9a, venne in Italia probabilmente in
occasione delle persecuzioni che
si
mossero contro
la sètta degli J/-
—
92
—
cui si era legato in amicizia per
mezzo
giunto Gian Francesco Caserta
che lasciò più tardi
i,
del suo con-
la vita sul patibolo in Napoli. Il Caracciolo,
come
altri
suoi amici, non sarebbe ito oltre nelle dottrine della
Riforma
se agli
ammaesti'amenti del Valdes non
si fos-
sero aggiunti quelli più efficaci di Pietro Martire Ver-
commosse
migli, la cui eloquenza lo
modo
in
straordi-
nario la prima volta che lo udì leggere le epistole di
San Paolo ai Corinti in Napoli ed i cui colloqui lo espugnarono compiutamente quando egli si recò a visitarlo in Strasburgo-.
Reduce da questa
i
adoperò Ga-
città si
leazzo a tutta possa per trarre dalla sua
i
Valdessiani,
più de' quali, sebbene ammettessero la giustificazione
per mezzo della fede, erano tuttavia lontani dal procla-
mare
il
sacerdozio individuale e dal negare
luminati (Alumbrados),
e si stabilì in Napoli.
quentata da signore, da dotti
e
da giovani,
i
La sua
fra
i
casa era
fre-
quali molti appar-
tenenti a famiglie patrizie. Noverava fra' suoi intrinseci il
sacramenti.
il
Carnesecclii,
Bonfadio, Bernardino Ochino, Pietro Martire Vermigli, Francesco
il Vergerio, ed aveva grande autoMarchesana di Pescara, sulla Manrica, sopra la Gonzaga e sopra non poche di quelle educatissime donne della prima età del secolo decimosesto, che comproidevano il greco e scrivevano con eleganza la lingua latina e la italiana, la poesia e la prosa. V. Bohemer,
Caserta, Marcantonio Flaminio,
rità sulla
Introduzione alle cento ef.
anche
il
e dieci
considerazioni di Giovanni Valdesio;
nostro scritto sopra di lui letto all'Accademia dei Lincei,
1877. 1)
Pel Caserta, vedi Gerdesius. pag.
21L Era
egli
amico di Mar-
cantonio Flaminio, di cui v'ha una poesia la quale incomincia: tantis precibus Caserlae carum Vocas Flaminium, Caserta, in agros ì
Quid 2) Piero
Martire Vermigli, di patria fiorentino, nacque nel 1500.
Entrò nell'Ordine dei Canonici
regolari.
Fuggì
dall'Italia per le sue
opinioni religiose nel 1542. Professò prima in Strasburgo, poi in Inghilterra.
Morì
in
Zurigo nel 1562.
E
93
per vero Marc' Antonio Flaminio,
il
più grande poeta
latino di quel tempo, amicissimo del Caracciolo,
anche
egli
si
mostrò
alquanto proclive alla nebulosa dottrina Val-
dessiana della giustificazione senza procedere più in là negli altri capi delle opinioni dei riformatori, secondo raccogliesi dalle lettere piene di unzione e di affetto che
indirizzò al Caracciolo da Viterbo. Questi
vide che
si
av-
suoi amici, anziché andare avanti, tornavano
i
indietro, ripartissene sdegnato;
l'andata di Carlo
nevra
come
e quivi
straordinario
V
e,
colta f occasione del-
nei Paesi Bassi, si ridusse in Gi-
abiurò la religione cattolica.
rumore
nel
Regno
e fuori sì per
rità dell'uomo, si per la nobiltà del casato.
profondo dolore
gli
amici ed
i
Il fatto
suoi. Il
Ne
levò
Tauto-
sentirono
padre afflittissimo
tentò iteratamente di richiamarlo all'antica religione,
mandò
pregò, instò, figlio;
Ginevra un nipote carissimo
al
intraprese viaggi, venne due volte a colloquio
con esso
amico
in
lui,
l'una in
Verona presente
di casa, l'altra nelle terre
con l'intervento della moglie e dei
il
Fracastoro,
suo marchesato
del
figliuoli;
ma
tutto
fu indarno; Galeazzo perseverò costante nella dottrina della Chiesa evangelica insino a che
morì in Ginevra
in età avanzata senza più ricongiungersi alla famiglia.
Galeazzo contribuì colla sua autorità a tenere unita quella Chiesa
componendo
i
frequenti dissidi ai quali
andò particolarmente soggetta dopo tinengo. dicò,
Il
Calvino
lo
morte del Margli de-
con parole di grandissima lode, la ristampa dei
commentarii sulla prima lettera di
Era venuto
1)
la
ebbe talmente caro che
La
S.
Paolo
ai Corinti
^.
negli ultimi anni di sua vita in tanta e si
dedica del Calvino è del febbraio 1556.
—
—
94
universale estimazione che non passava cospicuo per-
sonaggio in Ginevra
come
quale non desiderasse vederlo,
il
don Francesco
fecero
duca di Ferrara,
telli del
Farnese duca
il
Parma
di
don Alfonso da Este
e
fra-
principe di Salerno, Ottavio
e
di Piacenza.
Menava
vita
frugale ed operosa; e quantunque fosse chiamato per
antonomasia tatevole.
il
marcilese,
era nulladimeno umile e cari-
Ecco adunque l'uomo che
osteria di Ginevra
visitò
il
Nolano nella
i.
Chi ora ben guarda
al
modo
pensare ed
di
alle abitu-
dini religiose delCaracciolo,alla sua illimitata devozione pel Calvino e pel Beza, l'indole del
Bruno
divario, perchè
il
comprende
di leggieri che
tra,
e quella del Caracciolo correva troppo
primo potesse ispirare simpatia
condo. Pel Caracciolo e per
gli
al se-
evangelici la riforma
mutamento nella sua costituzione gerarchica, innovazione nel dogma, ristaurazione del costume. Il Bruno invece considerava le Chiese, quali si fossero, semplicemente come simboli transitorii di
della Chiesa suonava
quella religione naturale, nella quale tutte le forme -erano destinate a sparire. Ond'egli, che per solito
menta
ne' suoi libri le
persone da
lui conosciute,
rampassa
la cui vita die'
pur
correttore delle prime stampe in
una
In silenzio questo suo compatriota, tanto da scrivere nel suo tempo.
Entrò
il
Bruno
delle tante tipografie di cui
Durò due mesi
e
mezzo
abbondava quella
ricavando di che vivere, nè dagli evangelici italiani
menti sussidiato, perchè 1)
Veggasi eziandio intorno
ei
non voleva seguire
al Caracciolo
De Thou,
Oerdesius, S]jecimen Italiae reformatae, pag. 205. Istoria di Napoli.
•
città.
in questo lavoro dal quale
lib.
—
non
altri-
la dot-
LXXXI
—
Giannone,
~
—
95
trina di Calvino, dovè senza piti partirsene a cercare,
altrove Il
il
suo sostentamento.
aveva costretto a spatriare
sospetti di eresia in
Ginevra
ciotti,
altri
Lucca contro
rigore usato dalla Repubblica di
i
Cattanei,
Cardoni,
i
molti
i,
tra
i i
i
Liena,
Trenta,
i
Pi uri amacchi,
i
lova,
i
i
e riparare
Mèi,
i
Fran-
Venturini ed
i
quali Nicola Balbani, che esercitò le
funzioni di pastore della Chiesa italiana dopo la morte del conte Celso
Ragnone da e
Martinengo da Brescia
Siena.
Il
ne volle narrare la
e di
Lattanzio
Bai bani fu amico del Caracciolo vita, affinchè
Ginevra sapesse
quali virtù
andavano adorni
dussero
vero fervore della pietà religiosa.
al
i
primi
fedeli,
di
che la ricon-
Bruno soggiunge ancora nel processo veneto che andava ad udir nella domenica il Balbani, il quale spiegava agli Italiani le epistole di san Paolo e predicava li evangelii. Che inoltre desiderando conoscere quale e Il
quanta fosse
la scienza
dei novatori che tenevano
campo
in quella città, interveniva eziandio ai
che
facevano da
si
Fin qui
i
testé pubblicati, ci
altri
documenti
il
sermoni
pastori in lingua francese. veneti.
Ma
quelli ginevrini
come già accennammo, dal
sig.
^
Dufour
obbligano a recare qualche mutamento nel primitivo
nostro racconto. Stando a questi ultimi
il
soggiorno del
Bruno in Ginevra si sarebbe passato nel modo seguente. Il Bruno giunse nella città di Calvino, e lo possiamo 1) Si ÌQ^gà, par rlspafcto ai
provvedifneiiti
intomo
alle eresie
in
Lucca, la storia di questa città di Girolamo Tornasi, pubblicata per
—
Archivio storico di ViEastomo X. 2) Giordano Bruno à Genèoe (1579). Dociments inédits publiés par Théophile Dufour, directeur des Archives de Genève, 1584.
cura di Carlo Muiutoìi. Firenze 1849. SEUX,
-
96
-
dire ora quasi con certezza, nell'anno 1579. gio
il
anzi, secondo
dello stesso in
Addì 20 mag-
suo nome già è inscritto nel libro del Rettore. P-àve il
Dufour, che questa iscrizione sia di pugno
Bruno, non essendovi ragione per metterne
dubbio Fautenticità. Egli prese adunque
per essere
ammesso a frequentare
la
matricola
le scuole dell'Acca-
Dufour afferma, e noi crediamo sia il nostro Nolano non avrebbe potuto conseguire quest'ammissione, se non avesse fatto
demia ginevrina.
Il
nel vero, che
affatto
adesione alla confessione di fede calvinistica imposta dai regolamenti del 1559.
Non si sia
vi è quindi a dubitare che
il
Bruno
dimostrato esternamente calviniano.
testanti che
il
Burlamacchi
lo
annovera ed
in
Ginevra
È
tra
i
pro-
è
come
tale
che è giudicato e condannato dai magistrati ginevrini nell'anno 1579 al quale alludiamo. Leggeva filosofia in
una
di
nissuna
delle scuole dell'Accademia
Bruno,
al
attitudine
quale
le
idee del
ben
Antonio de La P'aye,
speculazione
alla
filosofica. Il
La Faye non andavano
dando alle stampe una risposta od invettiva nella quale notava venti e più errori in una sola lezione. Questa invettiva, che non occupava a quanto pare più di un foglio di stampa, dovette essere scritta con parole vive, pungenti, e forse anche violenti, onde i magistrati diedero ordine che il Bruno fosse imprigionato e venisse medesimamente arrestato il signor Bergeon (o Berjon) che a versi, se la pigliò
tosto
con
lui,
ne era stato editore. Chiamati entrambi separatamente avanti
i
magistrati, al
ammonizione più evangelica ed
più
il
al
pagamento
Bruno venne
una grave comunione prigione per un giorno, inflitta
l'interdizione dalla Cena, o
Bergeon la di una multa.
La
interdizione dalia
è prova sicura che
-
97
Cena
cui fu
condannato
egli face vasi credere
Bruno
il
aderente alle
dottrine evangeliche contrariamente a quanto affermò di poi nel processo veneto.
L'interrogatorio del in questo
tempo
Bruno
fatto dai giudici ginevrini
e le parole di superlativo
pentimento
da lui profferite davanti al Consiglio nelle tornate del 17 e del 27 agosto rendono alquanto strana quella con-
Comunque
tesa.
Ma lasciando
sia,
dopo quest'ultimo giorno
egli è
i.
posto in libertà
ora da parte ogni giudizio snìYinveUiva
dobbiamo notare che insino ad ora il conteci è del tutto ignoto. Forse a rintracciarne un lievissimo cenno potranno giovare alcune parole che noi leggiamo in una copia che ci si inviò ora sono alcuni anni del registro della Compagnia dei pa« Il 20 distori negli anni 1577 e 1578. Ecco le parole « cembre 1577 la Compagnia essendo stata informata che « il De la Fave vorrebbe lasciare di leggere Aristotele per Alcinoo ha consigliato di non prendere Alcinoo.
del Bruno,
nuto della medesima
:
((
«
ma
«
qualche buona provigione e non essere sempre in fa-
nspì 'Ep[i.svàa;
,
e
che
e difficoltà circa
si
scriverà a Parigi per avere
De
la
Fave. Nell'anno se-
«
stidi
<(
guente vien di nuovo avanti alla Compagnia dei pa-
«
stori
«
di
il
De
non aver
la
FQ je,
accettato
il il
il
quale dichiara che era pentito
ministero
(di pastore)
quando
Iddio lo aveva voluto a quello chiamare e pregava «
la
Compagnia
«
di
Principale (del collegio)
dei pastori di esonerarlo dalla carica -
».
Da
questa dichiara-
Documenti Ginevrini, N. I.' Queste jlarole del De la Faye sono chiarite dalle seguenti che si leggono pure nel registro della Compagnia dei pastori sotto la data 1)
2)
7.
—
Berti, Giordano Bruno.
zione ben
si
vede che
—
98
—
il
De
la
Faye non aveva voca-
zione per la filosofìa e che per conseguenza non po-
teva troppo piacere a Giordano Bruno. Di qui quella
viva aggressione del Bruno che fu causa del suo arresto,
condanna e della sua partenza da Ginevra. Noi abbiamo detto che il Bruno esternamente poteva
della sua
far atto di adesione al Calvinismo,
certo che egli
ma
internamente
non aveva inclinazione alcuna per
è le
dottrine calvinistiche di Ginevra. Il
ai
linguaggio stesso che egli tenne in questa occasione
magistrati ginevrini dimostra che era ben lontano
dall'accogliere con
sebbene per
animo persuaso
finirla si
profferite. Si
le loro riprensioni,
chiamasse in colpa per
le
invettive
vede in fondo che questo di Ginevra
è
un
episodio che egli avrebbe voluto in parte sopprimere,
non simulava quando affermava che la riforma non gli andava a genio. Dopo il 27 agosto adunque del 1579 egli parti da Ginevra non troppo contento di sè e meno ancora dei filosofi dell'Accademia. Di due fatti dobbiamo prendere nota: 1° Che la dimora del Bruno in Ginevra fu di e che
di Calvino
circa cinque
indicata; 2°
mesi
Che
quindi più lunga di quella da lui
e
diè
cademia ginevrina,
il
suo assenso, entrando nell'Ac-
alle proposizioni
contenute nei re-
golamenti calviniani del 1559. « Le vendredì dernier de janvier a Compagnie ouiraient M, De la Faye de quoi il devrait ètre averti par la Com-
delfultimo di gennaio del 1578
:
été avisé que quelqnes-uns de la
en ses lefons pour voir pagnie en laquelle
il
a été rapporté
qu'il
délibérait
repos de la charge de principal et était marri de la
charge du ministère quand on
lui
dorénavant de mieux se ranger aux
de bonne jmrt
».
en avait parlé et
bons
avis.
de se donner
n'avoir pas repii qu'il désirait
Ce qui a
été pris
-
-
99
Questa dimora del Bruno in Ginevra, che a mala
pena offri
è ora nota ai biografi in alcuni suoi particolari,
larga presa alle conghietture, alle ipotesi ed ai rac-
conti fantastici.
E
Come
ciò era inevitabile.
parlare del
Bruno e di Ginevra nel secolo xvi senza evocare i nomi del Serveto, del Gruet, del Calvino, del Beza, e dei novatori italiani fuggenti (per usare una frase del Tasso) lo sdegno della fortuna
senza
e dei principi? e
ricordare quelle loro dispute teologiche e filosolìche che finivano col carcere e col sangue? Oltrecciò giova eziandio notare che le idee del
trapassavano di gran lunga
il
logiche del Calvino e del Beza;
mente
i
Bruno
segno delle dottrine teoegli
già volgeva in
concetti rudimentali della sua filosofia dell'In-
fmito e deirUno, fondata unicamente sulla signoria
Amava
della ragione.
insino da questo
larsi filosofo di professione,
creduto di ninna religione ei
confessa apertamente
egli
il
i.
appel-
Anzi nel processo veneto
suo disprezzo per quei, che
ma
chiama, non teologi,
tempo
ed era per la sua tolleranza
pedanti; e dichiara che
i
suoi ragionamenti e le sue dispute furono sempre di filosofìa, non di teologia; danna universalmente le
ai
e
procedendo più avanti, con-
religioni
« le
popoli a confidare senza l'opera
formi
le
riforme
»
religiose de'
dunque convenirsi
alla
Calviniani; nè egli dottrina, per
cui
»,
quali insegnano e
tempi suoi.
sua indole
il
chiama
Non
«
de-
poteva
fare assoluto dei
sapeva adagiarsi a quella loro
davasi facoltà allo Stato di punire
spada coloro che dissentivano dai dogmi approvati Sebbene le sue idee non consuonassero piecolla
2.
XIL
1)
Doc.
2)
In occasione
della
morte
di Serveto, Calvino pubblicò
un
libro:
-100namente con quelle del Gruet, giusta Fasserzione di un illustre prelato, il vescovo d'Annecyi, pure non erano del tutto contrarie. E certo egli non avrebbe esitato a ripetere con la vittima del Calvino, che questi
Bruno un ad grande avrebbe fatta sua uomo come Calvino conveniva piuttosto istituire una voleva per sè
la dignità di
supremo
pontefice. 11
l'ironia del Gruet, che
religione novella- che
baloccarsi a conservare
Cri-
il
stianesimo.
Dalle cose discorse
Wittemberga
lodasse
intende come Giordano in
si
pubblicamente
Eisleben senza far motto di Calvino, parte luterana alla calvinistica ^ che
mava Le
egli
il
il
monaco
e preferisse
di
la
Campanella chia-
pure per antonomasia laparte arrabbiata^
comune-
dottrine dei teologi di Ginevra erano
Fidelis expositio errorum Micliaelis Serveti et hrevis
eorumdem
refutatio, uhi docetur iure gladii coercendos esse haereticos. CalviNi,
Tractatus theologici, pag. 510.
blicò per contro sotto
il
nome
di
— Castalione Sebastiano pub-
Martino Bellio un
altro libro:
De non
puniendis gladio haereticis. 1) Il teologo Magnin, ora vescovo di Annecy, nel suo libro Histoire de V étahìissement de la Beforme a Genève, che si stampò nel 1844, dopo aver narrato come il Gruet fu tratto al patibolo ad istigazione del Calvino, che lo accusava di dire che i profeti non erano che persone fantastiche e visionarie, che l'Evangelo n'est que :
menterie;
qiie toute
VEcriture
a moins de sens qiCaux
est
fausse et méchante, et qii'ily
fables d'Esope, soggiunge che queste opi-
nioni farono pochi anni dopo professate in Ginevra
par un réfugié
—
Il Magnin qu'y vint emhrasser la Béforme, lordano Bruno. cade pur esso quanto al Bruno negli errori già da noi notati.
Vedi Storia citata, pag. 322. Vedi Oratio vaìedictoria. Nel Doc. IX dice che « a Wittem« berga vi erano due fationi, la calvinistica e la luterana », e che egh 2) 3)
era favorita dalla luterana. 4)
Della monarchia di Spagna, pag. 184;
ediz. di
Torino 1854.
— 101 — mente avversate dalla parte pensante italiani.
Essi filosofavano
e
dei fuorusciti
discutevano più che non
credessero, epperciò facevano miglior viso ai pronun-
non a
della ragione, che
ciati
quelli dei
lihri
sacri.
L'Arianesimo aveva seguaci in alquante delle nostre ed in Napoli
città; rosi,
secondo
di attecchire
in
Lo
i.
i
proseliti
erano talmente nume-
Balbani, che impedirono alla Riforma
il
stesso Serveto, dopo avere insegnato
Yittemberga ed in Cracovia, venne in
Italia,
ove
trovò terreno non del tutto disacconcio a ricevere
germi della sua dottrinai L'Arianesimo era entrato nelle opinioni dei fuorusciti
'Xiddentro
nevra, che
il
i
sì
italiani in Gri-
Calvino fu costretto, per porre argine alla
sua diffusione,
di forzarli a sottoscrivere
un formulario
0 confessione di fede. Cotesto confessioni erano allora in uso anche presso 1
cattolici
;
ed
il
Sadoleto
,
alquanti anni prima, aveva
Modena
fatto sottoscrivere dalle più colte persone di
un elenco
di proposizioni dettate dal cardinale
rini, al fine di
rassicurare
il
Conta-
pontefice circa l'ortodossia
dei suoi Modenesi e di deviare dal loro capo
i
fulmini
deirinquisizio-ne l 1) « Infestabant eo
tempore regnum Neapolitanum Ariani passim
et Anahaptistae, qui haereses suas interpolatas multitudini propina-
bant. » Vedi 2)
libro
11
De
Museum
Helveticuni, Voi. Vili, pag. 534.
Serveto fu in Venezia quando già aveva fatto imprimere
Trinitatis erroribiis
;
il
percorse tutta l'Italia senza che fosse
molestato. Il
Melantone mostravasi spaventato del diffondersi dell'Arianesimo
e del Socinianismo in Italia, cosa che egli attribuiva al Platonismo.
Quando seppe che
il
Serveto era in Venezia, scrisse a quella serenis-
sima Eepubblica perchè non
lasciasse
propagare
gli errori dal
medesimo
professati. o]
Le
proposizioni sovraccennate
si
trovano nelle opere del Contarini.
— 102 — Calvino adunque, nel maggio dell'anno 1558, ra-
Il
dunò
assemblea generale
in
invitò a sottoscrivere lato
Tra
1.
i
il
i
fuorusciti italiani e
li
formulario che aveva compi-
come Va-
presenti, alcuni de' principali,
lentino Gentile da Cosenza^,
Biandrata da Saluzzo,
il
Filippo Rustici e Giovanni Paolo Alciati, ed
altri, ri-
nome. Siccome l'adesione non era sincera, così Valentino coi suoi non indugiò a disdirsi; onde fu imprigionato ed obbligato cusarono
dopo
;
poi per timore vi apposero
il
al Mauna pro-
con Calvino, di mandare
terribili contrasti
gistrato della città, dal fondo del suo carcere,
fessione di fede in favore della Trinità.
Nè
questa
riputandosi bastante, dovette ritrattarsi ad alta voce, gittando
al
fuoco
camminando
i
suoi
pubblica
scritti, e far
in pieno giorno a piedi
ammenda
nudi per
le
piazze
della città, spogliato dalle vesti fuorché della camicia,
con una fiaccola alla mano, a capo scoperto e col banditore innanzi l
1)
Dopo
Valentino
ciò
ricoverò nella
si
Vedi Lettres de Jean Calvin. Paris 1854, Voi. II, pag. 206. una lettera a Celso Molli, nega che il Va-
2) Il Quattromani, in
lentino fosse di Cosenza, senza arrecarne ragione. Il Calvino, che,
sebbene non italiano, doveva conoscere in fronte
ad un suo
la patria del Valentino,
scritto questo titolo:
De
— Vedasi Valen— — Gerdesius, Specimen Digli scrittori Cosentini — La Biblio-
Gentilis natione Itali, et patria Cosentini.
sul
Ital.
tino: Sennebier, Voi. II, pa?. 114.
March. Salvatore Spiriti,
mette
supplicio Valentini
teca degli Antitrinitarii. 3)
Eiferiamo testualmente
la
sentenza che fu contro di
nunciata dal Magistrato di Ginevra: « et
du Saint-Esprit, combien que
la
Au nom du
maUce
comme un
séducteur hérétique
la repentence, toy,
et
schismatique
pro-
méchanceté de
et la
quelle tu as use mérite bien que tu sois exterminé d'entre les
égard à
lui
Pére, du Eils
;
la-
hommes,
toutefois,
ayant
Valentin Gentilis, condamnons à devoir
estre dépouillé à la chemise,
les
pied nuds et la tète découverte.
- 103 Polonia abbandonando
le
infauste rive del
Lemano.
Ma
ritornato sventuratamente di poi in Isvizzera, perse-
guitato da Volfango Musco, accanitissimo calviniano,
patibolo in
finì sul Il
Berna
i.
Calvino non può comportare, esclamava
il
Gribaldi
da Padova, che vi sia in Ginevra un solo che da dissenta sulle materie religiose; ed infatti
il
lui
Gribaldi
che andava dicendo sommessamente, quando fu tratto a morte
il
non tardò ad Di che non ebbe a lagnarsi, salvo da ben maggiori pericoli l loco in Ginevra per i fuorusciti
Serveto, essere libera la fede^,
essere cacciato da Ginevra.
riputandosi con ciò
Non
vi era riposo o
che non sapessero rinchiudersi negli angusti confini della teologia di Calvino. Essi erano costretti per sotallo
trarsi
straniero, come lo chiamava un celebre
teologo polacco amico del Beza^, fuggire altrove. Ber-
nardino Ochino travagliato dal Beza, dovette, vecchio tenant en main une torche allumée;
et
que t'agenouillant devant
nous, tu demandes pardon à nous et à la justice, détestant les écrits, lesquels ordonnons
que de tes pvopres mains tu mettes dedans
lé
allumé pour y estre réduits en cendre, comme pleins de mensonges pernicieux ». Magnin, Histoire de V étahlissement de la Bér
feu
ici
forme à Genève, pag. 398. 1) V. Bellarmino. 2)
tibus
«
Tantum
exigendas
non Ubera ciiique
aliquos sermones ferebat,
poenas, quia
esse de solis
dogma-
esset fides ». Calv.;,
Epist. 238. 3)
EucHAT, Histoire de la Uéformation de la Suisse, \l, 197.
Giovanni Lasicium scriveva a Beza da Cracovia addì 30 maggio 1566: « Posteaquam huc quidam Itali 4) Il celebre teologo polacco
commigrarunt, ea nobis ciani invexerunt dogmata, quae nunc paullatim exorientia universum perturbarunt religionis statum. Huc illud mali accessit quod Triteistae Serveti scripta ha-
isthinc exterminati
beant et ex
Musemn
eis monstruosissima quaeque dogmata exhauriantur ». Helveticum, tomo XIV, pag. 280.
— 104 — .
L
^
I
di circa settantasei anni, nel cnore del verno, cercarsi
un ricovero
in
Polonia
i.
Simone Simoni da Lucca
sostenuto due volte in Ginevra pei suoi al
dogma
della Trinità-. Dei due Socini, Lelio yisse
in Zurigo pel timore di Calvino, e
dove fondò scuole
in Polonia
L'Alciati,
seliti.
fu
sciitti contrari
Fausto andossene
e lasciò
amico del Valentino,
numerosi prolo precedette in
Polonia, e quindi se ne andò in Turchia.
Il
Biandrata
accompagnò alFAlciati nella fuga in Polonia; Gioseffo Venanzio Negro con altri discepoli del Valentino ripararono essi pure dapprima presso i Polacchi, ed indi in Transilvania. Si tennero lontani da Ginevra gli stessi fuorusciti che non erano male accetti ai calviniani. Il Vergerlo mori in Tubinga, lo Zanchi in Basi
silea,
Pietro Martire Vermigli in Zurigo.
La
magistra-
tura ginevrina ispirava alla maggior parte dei nostri altrettanta avversione quanto
tribunale dellTnquisi-
il
zione. AglTtaliani fuorusciti, nemicissimi della teocrazia
in senso assoluto,
non poteva piacere
la
Chiesa calvi-
niana fondata sul principio medesimo. Sotto questo rispetto, assai piìi si
luteranismo,
il
avvicinava
a'
loro
sentimenti
il
quale aveva concesso allo Stato sulla
Chiesa quella prevalenza che Calvino diè alla Chiesa sullo Stato. In
Germania era più
largo vivere che a
Ginevra, nè la ciiniinalità dell'eresia vi era professata così rigidamente.
Bruno
si
Non
è
quindi a meravigliare che
allontanasse immediatamente da quei
lidi,
il
e
che pensando a Ginevra sulle rive del Tamigi, egli che a
1)
TiRABOSCHi, Voi. VII, parte prima.
2) Scrisse
il
libro
De unione
Ohristo. Gerdesius, pag. 332.
naturali ,
,
et
duahus naturis in
— 105 — Wittemberga lodò Lutero, chiamasse deformi
forme
Calviniaìie, introdotte
a'
suoi tempi
le ri-
sponde
sulle
Lemano. Tornando ora al soggiorno del Bruno in Ginevra, ci preme dire che esso fu da noi posto dapprima sotto del
la data dell'anno 1577
ed indi sotto
il
1578 per
le
ragioni
che abbiamo accennate nel nostro opuscolo pubblicato
nove anni ora sono
Non
i.
le
ripetiamo perchè
i
nuovi
documenti prodotti dal Dufour tolgono di mezzo ogni quistione.
Riassumendo poi quanto dicemmo intorno
al
primo
viaggio del Bruno, è indubitato che nell'anno 1576, versa il
fine, è
del 1579
La
da fissare la sua partenza da Roma, il
peste che
travagliò nel 1576 la maggior parte
attraversare e le minacele di
delle terre che dovette
da valutarsi
peste che avvennei'o nel 1577 sono fatti
per misurare i
e in quello
suo arrivo in Ginevra.
il
tempo
delle
soste e per determinare
punti intermedii con approssimazione più o
cina al vero. Questo è
men
vi-
metodo che abbiamo seguito
il
nel tracciare le fermate di questa sua corsa.
La mancanza poi Bruno nei registri dei pastori di
di ogni
cenno che
del 1577 e 1578
Ginevi
a,
è
si
riferisca al
della
Compagnia
prova indiretta che
egli vi
sia proprio giunto soltanto nell'anno 1579 indicato dai
nuovi documenti.
1)
Documenti intorno a Giordano Bruno da Nola. Eoma, 1880.
— 106 —
CAPITOLO
VI.
(1579-1581).
Passaggio del Bruno per Lione Il Bruno a Tolosa — Il Bruno insegna priFrancesco Sanchez vatamente Legge filosofia nello Studio — Suoi libri Dell' Anima e Clavis Magna Lascia Tolosa. Dispute pubbliche
SOMMARIO.
—
Lo Studio
La
di Tolosa
—
—
—
—
—
—
sorte del Bruno, al partir da Ginevra,
divenuta migliore di quel che
si
non era
fosse allorquando vi
giunse. Povero e ramingo prendeva la via di Lione,
dove convenivano numerosi i
gli Italiani
ed in ispecie
Lucchesi per ragione della mercatura e delle
arti. Il
Magistrato della repubblica di Lucca vigilava, benché lontano, sopra questi ultimi;
e,
premendogli
di star
bene con Roma, loro ordinava, sotto pena di grave multa, di
comunicarsi
Pasqua
tutti
insieme nel giorno ordinario della
di Resiirretione
^.
La
qual cosa non impediva
che parecchi di loro favoreggiassero
le
dottrine reli-
giose della Riforma, e continuassero a
mandare coper-
tamente in Lucca, ravvolti nelle merci
e nel cotone,
libri dei
1)
i
novatori di Ginevra e di Germania'.
Mazzarosa, Storia di Lucca, Voi. IV, pag. 85; edizione
di
Lucca, 1842. 2)
Nel primo scorcio del secolo xvi
Kiformatori
si
la
maggior parte dei
introdussero per questa via in Italia.
di Lucca, pubblicatasi
yìqYC Archivio
libii dei
— Tomasi, Storia
di Vieusseux.
— 107 Forse
Bruno non parve
al
di stabilire
difficile
sua
in quella città, nella quale, oltre la frequenza
dimora
dei suoi compatrioti, erano fiorenti librerie ed operosi e riputatissimi tipografi,
guentans,
Frellons,
qualità di correttori,
ed
i
come
i
De
Tournes,
gli
Hu-
Boville, ed al di sopra di tutti
Presso cotesto stamperie avevano lavorato, in
Grifi.
i
i
altri
uomini
nualmente più
Dolet, l'Enrico Stefano, il Serveto,
il
di grido e di valore
libri
i.
Ne
uscivano an-
che non da quelle della stessa Parigi.
Bruno guadagnare tanto che gli baun mese ripartì in cerca di miLaonde mancano di fondamento le con-
Pure non potendo
il
stasse per vivere dopo glior fortuna.
i quali suppongono che egli una compagnia secreta di deisti o
ghietture di alcuni biografi,
partecipasse colà ad
di antitrinitarii^: chè se la cosa fosse stata in questi
termini avrebbe per un poco indugiato a partire, trattenuto dai legami contratti. Egli giunse in Lione da Ginevra forse non più tardi del
mese
che
si
di settembre dell'anno 1579,
sia fermato in
non constandoci
qualcuno dei paesi intermedia La
brevissima dimora che qui fece non è accennata da
nessun contemporaneo
Ma 1)
«
De
da nessun documento. i
suoi passi verso
Colonia, Histoire littéraire de la Ville de Lyon.
Nos imprimeurs
de
e
seguiamolo. Invece di volgere
la perfection ».
tipografie lionesi
conferma
si
Lyon 1728.
et nos libraires avaient porté leur art
Questo autore lasciassero
gli scrittori
si
lagna perchè
guadagnare
i
au comble
correttori delle
dalla Riforma, e cita
a
da noi mentovati.
2) Il Castelnau parla di una setta di deisti esistente in questo tempo in Lione. Il Bartholmèss, fondandosi su questa asserzione, aggiunge die è a credere che fra costoro vi fosse qualche amico del Bruno. V. Jordano Bruno, par Christian Bartholmèss,
—
Voi.
I,
pag. 68.
— 108 — Parigi, arena gladiatoria aperta a tutti logia e di filosofia, se ne lare in quello Studio
le
^
i
lettori di teo-
andò a Tolosa, quasi ad affisue armi e temperarle per le
future battaglie.
Questo Studio che
egli salutò nell'ottobre o nel
no-
vembre del 1579 era in singolare fiore e rinomanza 2, e noverava non meno di dieci mila scolari e non tutti disciplinatissimi
accadeva che
i
;
per la qual cosa spesse volte
professori dovessero irsene dalle scuole
senza terminare la lezione. Le scienze giuridiche erano specialmente onorate in quella [)erba di aver dato
città, la
quale andava su-
natali al grande instauratore di esse,
i
Cuiaccio ^ ed educato nel suo Studio
il
od
il
poi poggiarono
(;he
il
De
l'Hòpital
celebre autore della Rejntbhlica Giovanni Bodino,
Coltivavansi con amore
si alto.
le
scienze e le lettere; e nei giuochi floreali fondati da
Clemenza Isaura, udivasi ancora Feco
della libera ed
audace musa dei trovatori.
Bruno chiama quello Studio meritamente famoso^ non ostante che il suolo bagnato dalla Garonna fosse Il
ancora fumante pel sangue sparso nelle rinnovate
Documento IX. Levavano fama in questo tempo
1)
2)
il
Belloi,
poeta Nogeroles, e gli
il
e fra-
Bosquet, Francesco
Giovanni Daffis
di
Lestang,
0
Duranti che furono ammazzati nel 1589, come Giovanni Coras e Ludger lo erano stati nel 1572, cioè sette anni avanti la venuta
il
del
Bruno
3) Il
il
Pibrac,
in Tolosa.
il
—
V. Biographie Tholosaine.
Middentropio, parlando degli scolari di Tolosa, osserva
quoruudam petulantia
est,
difficulter docere possint
fessor abire cogetur ». V.
tomo 4)
infelici
II,
:
«
Tanta
ut professores prae strepitu eorum saepe »
Acad.
;
e per la insolenza di pochi « pro-
celeh.
Universi Terrarum orhis,
pag. 387.
Nacque
nel
1520
in Tolosa, e
morì nel 1590 in Bourges.
— 109 — tricide carneficine, che sotto
il
nome
di guerre religiose,
mettevano squallore e desolazione nella Francia. Poco tempo dopo al Bruno leggeva in Tolosa un gegno singolare,
quale facendo professione di scetticismo, ebbe
Nolano l'avversione per
col le
in-
portoghese Francesco Sanchez,
il
dommi
i
il
comune
scolastici e per
opinioni approvate dai più. Nel libro del Sanchez,
che porta per
titolo,
che nulla si sa (quod nihil scitur),
come
trovansi mentovate talune quistioni, pluralità dei mondi, le quali
scenza dell'insegnamento del Bruno professava
quelle della
direbbero una remini-
si
i.
E
di quei
tempo
Ferrier-Augier, noto per la sua opposi-
il
zione al Bodino2. Il
Bruno
in Tolosa pare
non
nei primi mesi per
non
del suo Ordine, che abitavano
mano,
il
primo
istituito
si
desse a conoscere
eccitare contro di sè il
i
convento di San Ro-
da san Domenico ^ Vi era ve-
scovo Paolo di Foix-Carmayag, seguace della
devoto
aristotelica,
al
l'uflicio di
correttore delle
o di scrittore, si diè a quello dello insegnare, più
confacente all'indole sua. letto
filosofìa-
Culaccio ed amico del nipote di
Nifo ^ Quivi lasciato da canto
stampe
religiosi
E come
privatamente a gentiluomini la
già in Noli aveva sfera, cosi
qui,/ato
erratica di persóne intelligenti'^, ripetè in privato a
un dipresso
1)
lo stesso
insegnamento diciamo a un ;
di-
Francisci Sanchez Doctoris medici et in Academia Tliolosana
professoris regii,
Tractatus philosophici. Kotterodami, an. 1649.
2)
Vedi
3)
In questo convento
la
polemica tra Ferrier-Aug-ier ed si
conservano
d'Aquino. 4)
Gcdlia Christiana, tomo XIII.
5)
Vedi Documento IX.
il
Bodino.
le reliquie
di
San Tommaso
—
— 110 — appena due
presso, perchè tra Noli e Tolosa corrono
anni di intervallo. Alle lezioni intorno alla sfera intra-
mezzava
altre di
argomento
filosofico, le quali,
diremo più
sotto,
sopra
metodica di Raimondo Lullo.
«
l'arte
come
dovevano, a parer nostro, versare
In questo mezzo (sono sue parole) essendo vacato
« il
luoco del lettor ordinario di filosofìa di quella
« il
quale luoco
come
si
dà per concorso, procurai
città,
di addotto-
per maestro delle arti e così mi
le
ranni,
«
presentai al detto concorso e fui admesso e appro-
«
bato Il
io feci,
».
1
Bruno adunque sostenne
esami dottorali in To-
gli
losa, e di poi, presentatosi al concorso, vinse nelle i
prove
suoi competitori, e fu perciò proclamato lettore ordi-
nario di filosofìa nella seconda Università di Francia,
quando non era per anco conosciuto fu trascorsi sei mesi, dacché
il
1)
Documento IX. Kendesi chiaro per
mamente cavasi.
i
titoli
Ciò
~.
le cose discorse
come
il
cammino
bat-
egli possedesse legitti-
di dottore e di professore coi quali spesso qualifi-
Sono quindi del tutto errate
osservazioni in proposito di
le
parecchi scrittori e di David Clément fra
Y
nome
aveva principiato ad inse-
gnare privatamente l Egli avea seguito
2)
suo
gH
altri, il
quale a carte 317
donne le titre de professeur, quoique on ne puisse nommer aucune Académie qui fait
del Voi.
dell'opera già citata, dice che «
honoré de ce caractère 3)
Le
il
se
».
nostre ricerche fatte in Tolosa riuscirono vane,
cogliesi dalla città al dotto
ed
illustre nostro
amico
il
comm.
«
rac-
Gorresio, prefetto della
BibHoteca dell'Università di Torino: « Toulouse, « Monsieur
come
seguente lettera del signor Pont, bibliotecario di quella
le bibliothécaire.
manda que vous m'avez
—
J'ai l'honneur
faite relativement à
« ne possédons dans notre Bibliothèque
le
21 juin 1865.
de répondre à
la de-
Giordano Bruno. Nous
aucun document
le
concer-
« nant. L'histoire de l'Uni versité de Toulouse n'a jamais été faite.
-
Ili
—
tuto e tradizionale nei nostri Studi, doA^e
il
libero in-
segnamento era scala all'insegnamento pubblico. Prese per testo delle sue lezioni, non, come suppose signor Debs, la vanità della filosofia peripatetica,
il
ma
semplicemente
scelta
appigliato
essersi
oltre
,
quanto già abbiamo detto, che giando apertamente
confermare
al
non esordi
egli
lo Stagirita,
al
Be anima
tre libri del trattato
Questa
Aristotele
di
i
osteg-
prova ad un tempo
tema intorno
al quale
ferveva
vivissima la discussione nelle scuole, e che offeriva
abbondevole materia di svariate considerazioni intramesso nelle scienze
L'anima
affini.
è
di
e
dessa so-
stanza 0 qualità; potenza o realtà compiuta; materia 0 spirito
È
?
dessa una per ciascun soggetto individuo
0 la stessa in tutti; mortale od immortale; meritevole di
premio o
di
pena? La
terra, la
luce,
il
sole
e gli
innumerevoli mondi rotanti nello spazio immenso hanno dessi l'anima?
Non hanno
e gli esseri tutti che
Quale sarà «
Deux
«
ils
« de
il
forse l'anima
altri
mondi? il
professeurs avaient réuni des matériaux pour l'écrire, mais
n'ont point continué. J'ai recherclié ce qui reste des registres
1577
1578;
et
ils
n'existent pas. Les plus anciens qui sont à
dano Bruno ne figure nulle part.
« à Toulouse « quelque
Fannée 1682. Le
,
mais on
document
n'
On
aucun détail sur
positif à cet égard^ vous étes
le
nom
de Gior-
croit bien ici qu'il est
venu
en a aucune preuve. Si vous connaissez
« que nous... Les diverses biographies «
sassi, le piante
corso futuro di queste anime, quale
« la faculté de droit appartiennent à «
i
sono nel nostro o negli
séjour de
que
j'ai
mieux renseigné
consultées ne donnent
Bruno à Toulouse. J'aurais
« pouvoir vous donner des reuseignements plus satisfaisants « tard je découvrais quelque chose à ce sujet^ je ne
;
désiré si
plus
manquerai pas
« de vous le faire connaitre. Veuillez agréer, monsieur, l'assurance « de 1)
ma
considération la plus distinguée ».
Debs, Jordani
Bruni Nolani
scripta et vita.
progresso o regresso? Quali
animai
i
sacruM
destini di questo
l'universo? Queste ed altre questioni, che già
sono più 0 meno trattate nei commenti ad Aristotele di
Alberto
il
Grande,
di Pietro
Lombardo,
di S.
maso, attiravano nel secolo xvi più che mai zione dei tilosolì e dei dotti. In Italia
disputava del-
si
l'anima nelle scuole, nei conventi e nelle chiese. dell'anima
»,
gridavano
Pisa
gli scolari di
Intorno alFanima dissertavano
i
Offredi, il
il
Nilo,
il
Contarini,
il
Silvestri
il
da Prierio,
Lucca, il Cremonini, ed
«
Diteci
al Porzio.
più celebri lettori delle
nostre Università, e di essa scrivevano
Pomponazzo,
Tom-
l'atten-
lavelli,
il
il
Flandino, l'Achilini, Apollinare Patrizi, il
il
Caietano,
Veniero,
il
Grattarola, fra Girolamo da
altri moltissimi,
i
libri dei quali
fanno parte di quel ricco sconosciuto tesoro, che è tuttora la filosofia e la letteratura filosofica in Italia.
Come
fossero accolte le lezioni del
mentovate quistioni, ignoriamo. lettera al senato di
resche, che
i
Ed
Bruno
abbenchè
Wittemberga ragioni ^
1)
11
egli nella
di ire scola-
suoi nemici gli suscitarono contro nelle
università di Tolosa, di Parigi, di Oxford
diamo che
circa le
;
tuttavia cre-
cotesto ire, anziché dal suo insegnamento
Bruno ammette che tutto
è
animato.
La
terra è per lui
il
sacrimi animai. 2) Ecco le parole clie si contengono nella lettera al Senato accademico di Wittemberga « lam quamvis ea in vestro proponi vide« retis auditorio, quae licet itidem in regiis Tolosae, Parisiorum, et :
«
Oxoniae auditoriis obstrepuerint prius (non prò more unius et alcuìusdam loci) nasum non intorcistis, non sannas exacuistis,
« terius
non strepuerunt, in me non est Comechè (egli aggiunge) voi solo accettiate in Wittemberga « tantum Phisices Matheseosque genus « quod cum catholica theologia consuevit esse coniunctum ». « buccae
non sunt
« scholasticus
inflatae, pulpita
furor excitatus, etc. ».
r
- 113 psicologico, fossero provocate dalle sue opinioni astro-
nomiche ed in ispecie dalla sua dottrina intorno pluralità dei
Chè
abitanti. il
mondi
alla
e alle condizioni e qualità dei loro
in fatto di arditezza filosofica
Sanchez,
il
professore tolosano, poteva stare quasi a paro del
Bruno avanti che questi toccasse le sponde del Tamigi nè vuoisi dimenticare che Raimondo Sebonde, del quale i, aveva un il Montaigne tradusse il libro De creaturis secolo prima dalla stessa cattedra in Tolosa professato ;
con facondia e dottrina opinioni innovatrici
Secondo
il
consueto
ad un tempo i^e frutto
il
Bruno insegnava
di questo
e libere.
e scriveva
insegnamento fu ap-
punto un libro intorno dlVanima, che dopo averlo creduto smarrito, apprendemmo dal Noroff che esso fa parte della collezione
dei
manoscritti bruniani, e
ci
venne
detto testé che verrà pubblicato prontamente a cura del Governo con altri scritti inediti. Se ciò accadrà, come pare, queste nuove opere del Bruno renderanno
a noi più facile e più sicura la esposizione delle dottrine di lui.
Oltre
libro dell'anima dettava la Clavis
il
magna,
primo dei composti da esso in ordine al Lullo. Ciò argomentiamo dal frequente suo riferirsi alla men-
che è
il
tovata Chiave nelle prime opere che pubblicò in Parigi. Il
che per fermo non avrebbe fatto ove essa non
fosse già stata scritta e forse anche nota agli amici. Si
proponeva
di aprire
con questa gran chiave
mettono nei penetrali Lulliani,
di abilitare
le i
porte che
dotti e gli
indotti a sbrogliare le cose intricate, a distinguere le
1)
Il libro
Montaigne 8.
—
De
creaturis di
Eaimondo de Sabundia
in lingua francese.
Berti, Giordano Bruno.
fu tradotto da
— 114 — confuse e dichiarare
E
agli umanisti,
ito
le occulte, dilucidare
con piglio beffardo
si
oscure ^
le
scusava di essere
a frugare Foro nella fanghiglia del Lullo. Non ostante
Fautore se ne prometteva, lieve è la perdita per
ciò che
realmente questo scritto andò perduto, non potendo, per essere il primo degli scritti Lulliani del Bruno, contenere una dottrina diversa da quella che venne poscia esplicando, essendosi sempre il Bruno la filosofia, se
dimostrato consenziente a se stesso circa
i
pensamenti
del Maioricano.
E
amasse conoscere quale ne fosse realmente contenuto, può leggere, oltre ciò che ne accenna chi
Bruno
Ombre
nelle
delle idee,
comblnatorna, che ne
come
zione, zioni,
ma
ancora
libro Della
il
lampada
è la totale o parziale riprodu-
non
ricavasi
il
il
solo dal riscontro delle cita-
dall' appellarlo
chiave unica della me-
todica Lui liana; la qual cosa esclude che altra ve ne fosse oltre la indicata-.
1)
« Difficilia enodabo, confusa distinguam, abdita aperiam, ob-
scura elucidabo».
umanisti
i
[De lampade combinatoria pag,
634).
Ed
agli
quali male comportavano che egli ricorresse al Lullo,
ri-
Malimus interdum velut et matris naturae manibus de limosa terra probatum aurum arripere, quam ad floridos tam fortiter affabreque intextos humanistarum calatlios, in quibus in pulverulentis Gymnasiis puerorumque culinis deprompta, parta, elabospondeva
:
«
ratoque stercore continentur, 2) Dalle parole
temente che
la
manus admovere,
che ne accompagnano
Lampada
combinatoria
il
altri suoi libri Lulliani.
Brunus Nolanus propositiones
iuxta
rum
et
de
(Ib.
Ecco
il
:
est et unica clavis
infinitas
augmentandum ad omnium LuUiana-
media invenienda ad dicendum
operimi intelligentiam conseqiiendam,
Gran
medesimo nella titolo lordanus
del
Lampade combinatoria LuUiana ad
modum habitum, etc.
636).
è lo stesso libro della
chiave, alquanto ridotto, essendosi già servito
composizione di
etc. ».
titolo, raccogliesi eviden-
etc.
et
Wittemberga 1587.
— 115 — Intanto che scriveva e leggeva
sentiva ancora
,
il
bisogno di disputare pubblicamente sopra proposizioni 0 tesi; le quali, secondo
costume
il
d'allora,
potevano
essere da chicchessia impugnate. Queste erano le prove
più faticose,
ma
ad un tempo
per
mezzo che offrivano
il
più splendide,
per
sì
persone al cui cospetto aveano luogo,
la quantità delle si
le
agli atleti di far
mostra
del loro ingegno e della universalità del loro sapere. Il
Bruno aveva
tracciato a se stesso
alcune norme
{conditiones disputationis) per quelle dispute, togliendole dal Lullo
:
norme temperate
e prudenti, rivolte a
tener la quistione in giusti confini,
da scandali
l'
i
quali salvassero
uditorio e la cattedra. Leggendole
s'
in-
tende come l'insegnamento del Bruno in Tolosa, tuttoché liberissimo, non eccitasse gravi sospetti egli si affidasse di trasferirsi
cosi che
;
di là a Parigi: e
s'in-
tende anche com' egli dovesse in ciò por cura, se ram-
mentiamo che Tolosa pochi
lustri
dopo vide
le
fiamme
d'un rogo ereticale, quello del Vanini.
Dopo
sei
mesi
di
insegnamento libero
e
due anni
di lettura ordinaria, ei disse addio alla città di Tolosa.
È
da notare che mentre quivi dimorava conferì
scienza 0 altro il
modo
il
da
lui
pure riprese con altro Gesuita
non ebbero alcun
Nè mai tempo che
effetto.
suo ordine per tutto
il
per aver deposto l'abito monacale.
I
non erano a quella obbligati come
i
1)
si
accostò ai
Tonè mai assistè alla messa reputandosi scomunicato,
frati del
losa,
Queste conferenze o
di rientrare nell'Ordine
pratiche, che furono in Parigi,
(co-
muovesse) con un padre Gesuita circa
Documento XII.
stette in
lettori
ordinarli
lettori di Parigi.
-116 La niuna
potemmo avere
notizia che
giorno in Tolosa
ci
del
suo sog-
farebbe quasi dubitare che non fosse
stato in questa città, se
i
documenti veneti non ne
fa-
cessero cenno. Crediamo tuttavia che non sia stato due
anni
e
mezzo come egli afferma, sì bene un anno o ma non compiuti. E ciò per la ragione che
forse due,
nel 1582 egli già stava occupato nella pubblicazione di
quattro volumi che uscirono in quell'anno stesso. Egli dovette perciò essere nella capitale della Francia dal 1581, essendosi tutti in Parigi nell'anno 1582.
vrini dimostrano ch'ei
verso ci
il
i
fm
mentovati volumi pubblicati
Siccome poi
i
documenti gine-
non poteva essere
in Tolosa che
fine dell'anno 1579 o nel principio del 1580, così
pare evidente ch'ei sia partito da questa città non
A giustificazione poi del Bruno dobbiamo qui dire che egli poteva in tutta buona fede commettere uno sbaglio confessando in Venezia, dopo
più tardi del 1581.
che erano trascorsi undici o dodici anni, di essere stato in Tolosa due
anni e
mezzo, quando forse vi restò
per uno spazio di tempo alquanto minore. Infine ag-
giungiamo che non cuna del Gesuita
al
ci
accadde di scoprire traccia
al-
quale egli parve accostarsi negli
ultimi tempi che abitò in Tolosa. Nel silenzio e nel
mistero
si
ravvolgono molti degli
compieronsi nel secreto della sua
come
in altri paesi.
atti
anima
del
Bruno che
così-
in Tolosa
— 117 —
CAPITOLO
VII.
(1581-82).
—
—
Il Bruno Il Bruno a Parigi — Condizioni della Francia legge liberamente nella Sorbona Sue lezioni sugli Attributi di Dio Sue lezioni di ipnemonica e di metodica Lulliana Rifiuta la Chi esso fosse lettura ordinaria — È chiamato dal Re Enrico III Le Ombre delle idee Relazioni del Bruno con questo principe Il Canto Circeo Accetta la nomina di lettore straordinario Il Complemento dell'arte Lulliana Il Bruno tra i Francesi La Vita e pensieri di scolastica e la libertà filosofica nelle Università Giordano a quel tempo Il Candelaio.
SOMMARIO.
—
—
— —
—
—
Bruno giunse adunque nel fine quando i tempi volgevano gravi di Il
dei Navarra, dei
e di
leggi, e
:
emunto
Enrico
^
in Parigi
procelle; e le parti
III,
l'erario, negletta
apparecchiate
tristi le
al-
condizioni
l'osservanza delle
popolo inferocito nelle discordie
il
—
del 1581
guardavansi minacciose. Erano
dello Stato
il
Guisa
—
—
—
—
l'armi,
—
—
civili.
Anche
re era segno a pubbliche contumelie, e persino dalle
cattedre della Sorbona trarie alla
Non
Du
2)
annoveravano
ci
prima edizione ponemmo
i
nomi
illustri dei
Bodin,
la
data del 1-582. 1 documenti
obbligano di anticiparla, come obbiamo osservato.
Crevier, Histoire de
BOULAY.
^.
Bellay, dei Del'Hòpital, dei Desperrière, dei
1) Nella
ginevrini
bandivano proposizioni con-
ostante però tanto squallore e disordine le let-
tere e le scienze
dei
si
maestà del monarca
VUniversité de Paris.
—
Idem,
Du
,
— 118 — Montaigne
,
dei Charron, dei
dei Pasquier delle satire Il
La
Da-Barthas Menippee i. dei
,
Ronsard
Boétie, dei
e dei
mordaci
scrittori
soggiorno del Bruno a Parigi distinguesi in due
non
hanno a confondere in uno, come pressoché tutti i suoi biografi non senza turbare
periodi, che fecero
si
la verità dei fatti
primo periodo incomincia
Il
scorcio dell'anno
allo
1581, e termina oltre la
metà del 1583 con l'andata di lui in Londra"''; il secondo comprende il tempo che corse fra il suo ritorno da Londra nel novembre del 1585 e la sua partenza per la Germania dopo la Pentecoste dell'anno seguente.
Noi diremo partitamente
due diversi periodi; e
dei
fedeli all'ordine cronologico, fra l'uno e l'altro interpor-
remo
racconto di quanto fece sulle rive del Tamigi.
il
Dottore
Il titolo di
e di
Lettore ordinario
pubblicamente nello Studio di
1)
Fra
i
moltissimi scrittori che
durante
il
'';
quelli
ricordare, facciamo qui
che o ancora vivevano
soggiorno del Bruno, o la cui morte era di recente ac-
XVI
caduta. V. per gli scrittori del secolo di
Uni-
al
potremmo
soltanto menzione dei principali fra
dell'
Bruno d'insegnare Parigi ma sembra non
Tolosa dava facoltà
vei'sità di
Sainte-Beuve
Saint-Marc-Girardin
,
,
in Francia
Phil.
i
Chasles,
bei lavori
J.-P.
Char-
pentier, ecc. .2) Il
Bartholmèss
,
se
per
una parte distingue due
periodi nel
soggiorno del Bruno in Parigi, confonde per un'altra insieme
i
tatti
avvenuti nei medesimi. 3)
Non
v'è alcuno fra
i
biografi Bruniani che abbia saputo indi-
Bruno in Bruno fosse
care con precisione l'anno della venuta del 4)
Ignorando
il
Bartholmèss che
il
Parigi. stato
lettore
ordinario dello Studio di Tolosa, suppone senza fondamento che egli
avesse bisogno di
domandare
sione d'insegnare in pubblico.
al
rettore
dell'Università la permis-
.
— none usasse nei primi mesi del suo soggiorno, impedito forse dalla peste
che
travagliava quella metropoli ^
Passò adunque parecchi mesi dell'anno 1581 l'anno
1583
domestici
nel silenzio dei
ad apparecchiare ed ordinare
tutto
e
intento
lari,
materie delle sue
le
zioni e de' suoi scritti. Infatti tutti
libri
i
che
le-
Bruno
il
pubblicò in questa sua prima dimora in Parigi portano
Non
la data del 1582.
sua
ostante che fosse grandissima la
non avrebl^e potuto dare in luce un anno e mezzo non meno di quattro non fossero state da lui in parte composte
facilità di scrivere,
nello spazio di
opere, se già
od abbozzate precedentemente. Cessato
il
morbo,
egli
,
secondo
il
suo costume, per
farsi conoscere e dare saggio del suo sapere, cominciò a leggere è
il
una lezione straordinaria
quei tempi.
^.
Il
Bruno
nostro
il
vero ideale del professore libero di
Come
già in Tolosa così di poi in Parigi,
vero tipo,
in Londra, in Oxford, in
Wittemberga, in Praga, in
Zurigo, in Francoforte sale in cattedra e legge senza
mendicare protezione o favore da alcuno. Egli va versità in Università, aprendo e
non prima incontra qualche
burgo,
move sdegnoso
Fu buona È
altrove
ventura che
le
di
Uni-
scuola contro scuola; ostacolo, i
come
in
Mar-
suoi passi.
Università non fossero an-
quando crede che io affermi primo anno della sua venuta in Parigi, lo dissi e ripeto oggi ancora che mi sembra che non leggesse. Non appoggio quest'asserzione a documenti ma alle os1)
in
modo
in errore
il
diligente Sigwart
assoluto che
il
Bruno non
lesse nel
servazioni dello storico Du-Boulay. 2)
Kiportiamo
« Paris, dove
le
sue stesse parole dal
mi m^ssi a leggere una
« conoscere et far saggio di
me »
Documento IX
:
«
Andai a
letione straordinaria per farmi
— 120 — cora in que' tempi date in guardia od infeudate a pochi. II
Bruno ed
i
pari suoi potevano entrarvi liberamente,
sfidare a singoiar contesa gli insegnanti, e leggere e di-
sputare davanti a scolari di tutta Europa. Così colla
formarono que'
lotta e col contrasto si
lettori forti
operosi dei secoli decimoquinto e decimosesto le
,
ed
ai quali
nazioni moderne vanno debitrici dei loro avanza-
menti
letterarii e scientifici
Scelse
il
Bruno dapprima per tema
segnamento
del suo libero in-
in Parigi trenta attributi divini, leggendo
sopra ciascuno di essi nell'ordine in cui veggonsi buiti nella
prima parte
della
Somma di
distri-
San Tommaso
-
e nei libri dello stesso Lullo. Questo argomento, che tanto
addicevasi
all'
ingegno ed agli studii di
lui,
era pur
molto gradito all'Università parigina che aveva
il
Dot-
tore x\ngeIico in grande riverenza^.
Dovette
mosse
il
Bruno
nella sua trattazione pigliar le
dall'esistenza di Dio, e
mano mano
discorrere
della semplicità, della perfezione, dell' infinità, dell'ubiquità, della immutabilità, dell'eternità, conoscibilità e
degli altri attributi che fanno seguito nell'opera dello
Aquinate.
Nel ragionare
dei divini attributi,
il
suo potente e
vario ingegno intrometteva frequenti accenni ai principii cardinali della
1)
come
È
sua dottrina, di cui già sin da quel
bello udire Guicciardini raccontare, nella sua autobiografia,
egli desse principio alla
sua carriera di
uomo
di Stato
da una
lettura libera nell'Università di Bologna. 2) 3)
Vedi Documento IX. Confessa il Bruno nel processo
di aver studiato fin dalla
prima
gioventù San Tommaso, benché non fosse molto addentro nelle dottrine teologiche.
— 121 tempo
nome
scriveva, sotto
allegorico,
ad una donna:
«
Ricordatevi, signora, di quel che credo che non bisogna
«
insegnarvi.
«
muta. Nulla s'annichila:
«
tarsi,
un
«
è un solo che non può muperseverare eternamente può solo è eterno, et uno, simile et medesmo. Con questa fìlosophia Tanimo
«
mi
aggrandisse, et
E «
s'
altrove
mento
Il
Dìo
«
:
tempo
tutto togle et tutto dà; ogni cosa si
me
magnifica T intelletto^
si
è in ogni
».
luogo e in nessuno, fonda-
non inchiuso nel eccellenza e compren-
di tutto, di tutto governatore,
non escluso
«
tutto, dal tutto
«
sione egli
«
ratore del tutto, fine terminante
«
giunzione
«
fondo delle intime cose. Estremo assoluto, che misura
«
e
e di distinzione
conchiude
« bile,
,
di
tutto, di definito nulla, principio gene-
il
il
in cui è
il
tutto, egli
il
tutto.
Mezzo
di con-
a tutto, centro ognidove,
non misurabile nè pareggianon è in nessuno neanche
tutto, e che
«
in se stesso, perchè individuo e la semplicità niede-
«
sima,
ma
è sè
Siccome avea anche in Parigi
~
».
fatto in le
Nola ed
in
Tolosa, raccolse
proposizioni più spiccate di questo
suo insegnamento: e ne fece un libro col titolo: Dei predicamenti di Dio. Il qual libro conservò gelosamente manoscritto presso di sè, finché in Venezia non gli venne tolto dal suo denunziatore Giovanni Mocenigo. Esso, con gli altri documenti, forse giace ancora 1)
Lettera alla signora Morgana, premessa alla comedia II Can-
delaio.
Cade
in errore
il
Bartholmèss asserendo che
il
Bruno abbia
conosciuto Foratore veneto col mezzo di questa signora.
La
signora
Morgana, posto anco che non fosse una donna allegorica, era già nel seno cf Abramo o \\q\V Eterno Eliso quando il Bruno le indirizzava sua commedia.
la
2)
—
JoRDANus NoLANus,
Frane. 1591.
De
triplici,
minimo
et
mensura, pag.
17.
— 122 — in
Roma
nell'Archivio del Santo Ufficio, dove rimarrà
mano
benefica lo restituisca
alla luce della filosofìa italiana.
Sarebbe un prezioso
sep.olto sino al di
acquisto, perchè
che una
ci
darebbe riuniti
i
pensamenti del
Bruno intorno ad un argomento sopra
tutti
tissimo, vuoi
si
si
consideri in
ordine alle dottrine del Nolano
sè,
vuoi
Avvegnaché smarrito,
opiniamo tuttavia che buona parte
comporre con
i
importan-
consideri in
frammenti sparsi
di esso si
possa
ri-
ne' suoi scritti po-
steriori.
Dopo
le lezioni
intorno ai predlcamenti di Dio, tolse
a subbietto di nuovo insegnamento, nella qualità di professore libero
dapprima
e poi di lettore straordinario
provvisionato dal Re, l'arte della memoria e
le
dottrine
metodiche Lulliane
Pare che entrambi
gli
argomenti incontrassero
vore degli uditori parigini,
e
che tanto
il
le lezioni
fa-
sui
XJredlcamenti quanto quelle sul Lullo levassero assai rumore. Convenivano ad ascoltarlo numerosi scolari
tratti
dalla facilità e dall'impeto del dire e dalla pellegrinità delle sue idee.
Con molto accorgimento intercalava
alle
opinioni Lulliane le sue, faceva applicazioni ingegnose e
nuove, pi'ocedeva con rapidità dai particolari
rali
e
;
spesso dagli intricati laberinti dell'arte
nica, leva vasi nei
La sua parola ora correva chiara
L'esistenza di questo libro è provata dalla denuncia e consegna
die ne fece Giovanni Mocenigo sione del 2)
gene-
luminosi campi della metafìsica, della
fisica e dell'astronomia.
1)
ai
mnemo-
Bruno
al
padre inquisitore e dalla confes-
nel processo.
Alcune notizie intorno all'insegnamento Lulliano del Bruno in si trovano nel libro del suo discepolo Nostitz, da noi citato
Parigi
neirintroduzione.
— 123 — ed elegante, ora incolta ed stesso suo vero),
ma
irta di vocaboli astratti (lo
discepolo Nostitz gliene
sì
bietto, che
muoveva rimpro-
maravigliosamente pronta in qualsiasi sub-
animi degli ascoltanti n'erano
gli
rapiti.
Usava a quando a quando motti arguti e vivaci; abbondava in comparazioni, in metafore, in citazioni curiose. Prometteva grandi cose, e le promesse accompagnava con parole vaghe e misteriose che eccitavano vivamente la curiosità e l'attenzione degli uditori. Insegnava con passione, ed amava dissertare all'improvviso sopra qualsiasi problema o questione.
Non solo non rifuggiva dalle dispute, ma le cercava, come quegli che aveva coscienza del suo valore ed ambiva di porre a prova e riprova
il
suo ingegno
e le
sue dottrine. Esponeva chiaramente pensieri e proposizioni trascendenti e difficili a
ramente osservazioni I vizii
che offendono
vano dall'abuso che
bene
significarsi, oscu-
e giudizii di poco
ei
i
momento.
suoi libri latini, e
che deri-
faceva del gergo e delle
filze di
elenchi Lulliani, sono quelli stessi che già notavano i
coetanei nel suo dire, quando leggeva dalla cattedra
in Parigi
i.
Qualunque
fosse
il
valore delle sue lezioni, è mani-
festo che gli procacciarono grandissima
fu offerta
una cattedra ordinaria 2, daini
Sorbona, e
il
fama onde ;
gli
ricusata, nella
re Enrico III mostrò desiderio di cono-
1) Il Nostitz stesso, che non era scrittore di gusto molto fino, se dobbiamo giudicarlo dalfintitolazione del suo libro, lamentava che il Bruno nel suo dire facesse uso di certi vocaboli di pessimo suono
e costruzione, fcome
conio. 2)
Doc. IX.
il
bonificativum, bonifìcahile ed
altri di simil
— 124 — Da
scerlo.
questo punto cominciano
Bruno con quel Principe Enrico
III, l'ultimo dei
madre Caterina
de'
Valois, rocchio destro di sua
Medici
mostra d'ingegno
bella
relazioni del
le
^.
~,
avea giovinetto fatto
e di coraggio nelle fazioni
sì
mi-
che fu eletto re di Polonia.
litari,
Trovavasi in Cracovia, quando per tello si rese
vacante
il
la
morte del
fra-
trono di Francia, e non" appena
ricevutane la notizia, partì di nottetempo, lasciando in pericoloso
abbandono
quelli che colà lo
avevano accom-
pagnato. Tornava alla Senna desiderato dal popolo, che in lui
augurava
si
ma
di salutare e
un modello
riverire
Enrico non tardò molto a far dimenticare
di
Re;
le
virtù della sua giovinezza. Debole di animo e non
atto al
governo
di sè negli affari più importanti della
andava da un estremo all'altro senza mai appigliarsi ad una sicura e nobile determinazione ^.
vita e dello Stato,
sopraccarico di gioie e ricami, portava
Vestiva
attillato,
al collo
una doppia collana
geva gratissimo olezzo, anelli
*.
e gli
L'aspetto, l'incesso
d'oro e di
donna, sicché abbandonatosi
di
alla mollezza, trascurava
le
ambra che
all'affettata
eleganza ed
virtù virili che nobilitano
Gli atti del processo fanno per la prima volta manifesto
1)
spar-
pendevano orecchini a tre e le maniere in lui erano
il
modo
Bruno ebbe entratura presso Enrico III di Francia. 2) Alberi, Relazione degli ambasciatori veneti in Francia. 3) Anqùétil, Histoire de France, Voi. II, pag. 350. 4) V. Alberi, Relazione di Gerolamo Lippomano ambasciatore L'ambaV. Baschet, pag. 569. veneto in Francia, 1579. col quale
il
—
—
sciatore veneto Michiel
Ee
di
per
il
aggiunge che « per intervenire
Navarra comprò dal Gonella trentadue perle
alle
nozze del
di dodici carati,
prezzo di ventitremila scudi d'oro del sole ». Alberi citato,
Serie l\ Voi. IV, pag. 287.
— 125 — principi e capitani. Prestante della persona, era alieno
dai frequenti esercizi della cavalleria, e
non mescola-
yasi al consorzio degli uomini valenti nell'arte militare.
Invece suo sollazzo ed usata compagnia erano briosi giovani di gaio umore, coi quali largheggiava in dimostrazioni disdicevoli alla regale
dignità e dal popolo
avvertite e rimproverate. Basti ricordare che morto de' suoi favoriti, lo volle
uno
rimpiangere con principeschi
funerali, indossando egli stesso le gramaglie e in segno
chiome.
di corruccio recidendosi le
Superlativo in ogni cosa, passava dalle orgie alle chiese, dai canti osceni alla salmodia ed alla preghiera.
Faceva processioni divietando nirvi, perchè diceva: nofi è
alle
signore
amava
si
trovano
le
mascherate, dove spendeva persino
^;
e frattanto
interve-
vera divozione ove feste,
le
i
i
esse
banchetti,
quaranta
e
i
cinquanta mila franchi. Andava alla questua de' cani
con
la regina, e
spesso deponeva l'abito di gala e di
danza per indossare
il
lugubre saio dei
Confraternita della morte. la bella e
egli
E quando
fratelli della
cessò di vivere
tanto da lui amata Principessa di Condé,
ne significò pubblicamente
il
dolore, vestendo abiti
ricamati a piccole teste di morto. Ai suoi costumi effe-
minati e molli fa contrasto la colpevole gagliardia nell'uccisione del
Duca
Guisa 2.
di
Gli ambasciatori veneti, che dappresso studiavano particolari della sua vita, affermano tali vizi e stranezze,
Re sapeva
il
abile negli affari di Stato,
talvolta mostrarsi
usando eloquenza ed accor-
1)
Journal de sa
2)
Henry Martin, Hist. de France,
vie, pag.
i
che non ostante
342. Voi. IX, pag. 410.
,
— 126 — gimento, ed aggiungono che
((
dilettava assai nel par-
si
lare e sentir discoi-rere, introducendo perciò, stando
a,
tavola, dispute di dottori sopra diverse materie, stu-
diando volentieri,
le
morali ed
i
libri di storia
».
A
tali
relazioni corrispondono alcuni atti del Re, che fece in
Parigi sua principal sede, ampliandola ed ornandola di civili instituti, e si
mostrò zelante della pubblica
coll'aiutare la fondazione di
coltui-a
un'accademia intesa allo
studio delle lingue e delle scienze, e colTintrodurre in
Francia Il
le società letterarie già fiorenti in Italia
Bruno,
mirava
il
quale in Enrico più che
il
andava celebrando
e potente, tale
l'Europa
i.
am-
(la
magnanimo
«
che dal generosissimo petto del-
Francia) con la voce della sua fama fa
rintronare gli estremi cardini della terra
Queste
principe
discepolo confidente e desideroso del sapere,
enfaticamente lo
grande
il
lodi,
comecché esagerate
non dispiacevano agli animo una Corte
Italiani,
quali vedevano con
i
in cui erano onorati gli usi, gii
lieto
studi e l'idioma della loro patria,
Senna godere
»
e contrarie al vero,
potevano sulla
e
di sicuro e valido patrocinio.
E
per vero
della Penisola affluivano essi
dalle diverse provincie
in Parigi ad aprire case di commercio, ad insegnare
scherma
la
pedaggi ed
e
il
cavalcare, ed a prendere in appalto
altri pubblici servizii.
vita parigina s'incontravano Italiani.
Una compagnia
di essi nel gennaio 1579 tenne giuoco al
De
1)
nel
Pasquier, IX, 12.
1582 in Francia,
—
riferisce:
Lorenzo
i
In ogni classe della
Priuli,
«che Enrico
è
Louvre
e
gua-
ambasciatore veneto
amatore
delle arti e
delle scienze e si diletta principalmente della poesia e della eloquenza,
nella quale riesce per vero 2)
mirabilmente
Bruno, Opere italiane, Voi.
I,
».
pag. 122,
Cena de
le
Ceneri.
— 127 — dagnò
Re
al
trentamila scudi; un'altra compagnia in
quel tempo medesimo rappresentava in Parigi e nella Corte componimenti drammatici
ai quali
traevano in
tanta folla gli spettatori che uguale concorso non aveano tutti
insieme
i
quattro migliori predicatori della città
Gli ingegni ed
nomi
i
anda-
riveriti e desiderati, e nelle chiese frati italiani
vano a sermonare
in lingua francese
nomi
della Corte spiccavano
italiani
Tra
^.
;
!
erano colà
più cospicui d'Italia
i
famigliari
Enrico III aveva
a suo medico Francesco Bottalli astigiano. Caterina
promoveva alle prime cariche le italiane famiglie dei Gondi e degli Strozzi e credula nelle scienze occulte, visitava il fiorentino Cosimo Ruggieri, il filosofo epicureo, salito in fama di astrologo più che di astronomo ;
Non
è a
meravigliare che fra tanta italianità
il
vine ed ardito frate di Nola dovesse incontrare accoglienze. Il
Re
lo volle conoscere, e
quando
in suo cospetto gli
domandò
lui professata fosse
opera naturale o magica
1)
Appellavasi la
Compagnia
se l'arte
dei gelosi;
nire da Venezia ed aveva speso copiosa tarla dagli Ugonotti, 2)
Vedi
la lettera
i
il
somma
gioliete
lo vide
mnemonica da Poiché
Ee Faveva
fatta ve-
di danaro per riscat-
quali se ne erano impadroniti.
con cui fra Paolo da Salò significa
al
cardinale
Borromeo che egli ha incominciato a predicare per i villaggi in framese, ed è inteso. Aggiunge che « se in Francia vi è del cattivo, vi è anche del buono e assai più », Raccolta di cronisti e documenti storici inediti lombardi, per Giuseppe Muller, p. 259. 3) Cosimo Euggieri, accettissimo a Caterina de' Medici, tkava oroscopi, coltivava la magìa, pubblicava
almanacchi. Pensava a
vi-
vere allegramente, a far denari e burlavasi di Dio, della religione e di tutto. 4)
Ecco
le
parole del
Bruno
:
mi memoria che havevo
« Il re Henrico terzo
fece chia-
«
mare un
fessavo era naturale o pur per arte magica, al qual diedi sodisfatione,
giorno, ricercandomi se la
e che pro-
— 128 — il
Bruno ebbe
risposto essere frutto della scienza, andò
oltre nel discorso, e seppe così
Re
volle in se
bene ragionare che
esperimentare Y
stesso
il
efficacia tanto
commendata, della mnemonica. Ed a tal fine il Bruno compose un enigma ed un paradigma, per insegnare ad Enrico III la storia del Genesi; e tracciava pure per lui una figura circolare intercalata da lettere, da segni e da numeri, che intitolava figura feconda, con la quale a
suo avviso
a memoria con
si
somma
potevano imparare
e
mandare
facilità cose straordinarie
segnamento strano accomodato a stranissimo
In-
cervello.
Prima di conoscere Enrico, come già notammo, il Bruno ebbe l'offerta d'una lettura ordinaria. Ricusolla con rincrescimento, benché avesse fede nella sua scienza e desiderasse
grandemente
bliche disputazioni, egli
dice negli
di farne subbietto di
non per
atti del
altro se
pub-
non perchè, come
processo: «li lettori pubblici
«
vanno ordinariamente alla messa e alli altri divini offitii e io ho sempre fuggito questo, sapendo che ero scomunicato per essere uscito dalla reli-
«
gione, e haver deposto l'habito; che se bene in Tolosa
«
hebbi quella letione ordinaria, non ero però obbligato
«
«
di essa città
«
a questo, come sarei stato in detta città de Paris quando
((
havessi accettata la detta letion ordinaria ^
Lo Sdoppio
».
attribuisce pure alfobbligo della
messa
la cagione del rifiuto; e quest'obbligo che alcuni
« e con quello che dissi e feci provare a lui
ma per scientia libro De umhris.
« non era per arte magica,
sua vivace memoria nel 1) Bruno, Scripta Canto Circeo. 2) Documento IX.
latina, pag-. 406.
—
met-
medesimo conobbe che Bruno rammenta la
». Il
Kegnault, prefazione
al
— 129 — tevano in dubbio, pare conforme
alle prescrizioni adot-
tate dall'Università. Infatti nel 1568 questa chiese al
Re
che
le fosse
concesso di levare dalle loro cariche
professori e gli altri ufficiali dipendenti,
ressero discostarsi dalla Chiesa cattolica. la
Il
i
quando paRe approvò
proposta dell'Università; ed essendo nati dissidi!
per la registrazione del regio decreto,
ed ordinò che
lo fece suo,
i
il
professori di
assistere
insieme
Parlamento
nomina regia con
fossero
obbligati
membri
dell'Università agli atti cattolici del consorzio
di
altri
gli
accademico Il
Bruno
intitolò
sua dottrina
sua affettuosa riverenza,
e della
Ombre
delle
ad Enrico, come documento delia
delle idee
stanno accolti
i
risolse di darlo alla luce
in tutte le cose ai
libro
germi del suo sistema. Avanti di man-
darlo fuori tenzonò lungamente fra infine
il
{De timbris idearum), in cui
si
il
ed
sì
,
no
il
osservando
,
;
ma
che se
dovesse por mente ai pericoli ed
mali che ne possono derivare, nessuno riuscirebbe
a creare opere buone ed egregie dicatoria, egli dice al giori che sapesse
Re
ideare.
Nella lettera de-
^.
questo libro essere dei mag«
Sacra Maestà
Chi non sa che
i
princi-
sono dovuti agii uomini
pali doni
<(
principali,
«
simi
«
st'opera
«
per la nobiltà del soggetto su che
(f
la singolarità dell'
«
la gravità della dimostrazione con che è esposta, ri-
i
,
i
,
più principali ai maggiori, e ai grandis-
,
da noverarsi certo fra
1)
Crevier, Voi. VI, pag. 224. «
Nemo unquam
grandissime si
Berti, Giordano Bruno.
».
,
si
aggira, si per
si
dig-na pertentasset opera nihil
atque egregium prodiisset in conspectum
—
le
invenzione su che
2)
9.
dunque perchè que-
principalissimi? Chiaro è
fonda,
si
per
unquam bonum
— 130 — «
volgasi a voi, egregio luminare de' popoli, per virtù
animo specchiatissimo
«
di prestante
«
ingegno celeberrimo,
(f
e a
buon
A
« dotti.
e
meritevole
diritto
per altezza di
,
però chiarissimo, magnanimo dell'
ossequio di tutti
voi sta accettarla graziosamente
i
patroci-
,
narla e con maturo giudizio esaminarla, così gene« roso,
potente e savio come apparite
Quest' opera
si
^
».
divide in tre parti. I.e due prime
contengono notizie rudimentali di ontologia; la terza alcune osservazioni psicologiche, seguite da precetti e da regole intorno
nWarte
della
memoria,
mente per il principe. Le massime razionalistiche
dettate special-
sono
panteistiche
e
le
più chiaramente espresse in tutta Fopera. Egli appella i
cristiani quasi col
steri
nome
debbono diradarsi
di setta, e asserisce che
duato della intelligenza, essendo gli occhi
umani a ben vedere
mi-
per abituare
istituiti
non
affinchè
i
progresso gra-
e dileguarsi col
li
offenda
il
repentino passaggio dalle tenebre alla luce.
Questi ed arditi,
altri
sono da
concetti
,
lui espressi
non meno
contrastati
ed
con lucidità di linguaggio,
comecché accompagnati da proposizioni
sibilline
ed in-
intelligibili, significanti precetti tulliani. Così che, egli
espone senza ambagi
i
pensieri
i
quali avrebbe inte-
con grandissima oscurità quelli che potrebbe impunemente proclamare di sui tetti. E nonresse di tacere;
dimeno
si
atteggia a persona che dice per
metà
le cose,
qui
viilt
capere
non a
tutti è
e a ogni piè sospinto esce nelle frasi
:
catinai; qui j^oferit elicere eliciat; chè
dato di entrare in Corinto.
1)
Epistola derlicatoria premessa al libro
De wnhris
idearum.
Bruno intromette adunque
Il
sizioni lulliane
abbia a dirsi che
Le
nel corpo delle propo-
principii della sua filosofia, senza che
i
si
valga del gergo lulliano per velarli.
misteriose e cabalistiche delle quali fa uso
frasi
qualche volta ne' suoi
libri latini
,
specialmente in
e
questi primi stampati in Parigi, servono più spesso a
dar risalto a concetti comuni e di poco momento che
non a
pensamenti profondi
significare
stretto senso
epistola dedicatoria
nella
e filosolìci nello
Quindi a l'agione diceva
della parola.
premessa
Cabala del
alla
cavallo Pegaseo, opera tutta diretta contro
nesimo
che
,
ombre venivano
le
il
Cristia-
quivi chiarite
allu-
,
dendo non alle proposizioni lullistiche, ma alle sue che si trovavano con quelle frammiste i. Non vuoisi però dimenticare che è uno dei primi suoi
non
è a meravigliare se
idee
non sempre
In testa alle
mico
che però
libri, e
dimostra mancanza di arte e
chiare.
Ombre
vi è
una poesia dedicata
alfa-
e studioso lettore e tre carrai intitolati a Merlino.
Vi sono poi nel esclama
due versi
frontispizio
coi
quali egli
:
Umbra profunda siwms ne nos veocetls, inepti: Non vos, sed doctos tmn grave quaerit opns-. :
1)
A
pag. 97 del libro
De imaginum, signorum
positione lascia quasi intendere che senso cabalistico 2)
i
libri
De umhris
Occorre notare che
i
fra le opere pubblicate dal
et
iclearum com-
abbiano ad interpretare in
si
Canto Circeo. mettono per prima, Parigi, la commedia II Can-
e del
bibliografi e biografi
Bruno
in
delaio, mentre essa è l'ultima.
Per chiarezza del discorso riferiamo^ l'ordine col quale videro la luce,
i
col titolo per esteso e
libri
secondo
dati alle stampe dal
Bruno
l'anno 1582, nel suo primo soggiorno in Parigi:
De
umhris idearum implicantibus artera quaerendi, inveniendi^
— 132L' insegnamento
Bruno,
del
fatto in
conformità o
ombre diede molto a Queste ombre spaventano le be-
colle stesse parole del libro delle
parlare in Parigi. «
stie (così
il
Bruno)
;
e
come fossero
diavoli danteschi,
fan rimanere gli asini lunghi a dietro
principali
». I
suoi avversarli, gli oppositori all'arte mnemonica, se-
devano nella Sorbona, ed sotto
i
nomi
dei maestri
facon, Berling,
Maines
,
egli si piace di
Bue
,
Anthoc
Scoppet
,
,
adombrarli
Rocco
Clyster
,
,
Phar-
Carpofago
,
Arnofago, Psicoteo.
Non
tenne dagli studiosi del Bruno bastante conto
si
veggono o meglio
si
intrav-
nessi e le affinità che passano tra
il
Nolano
di questo libro nel quale si
veggono e
i
Raimondo
Lullo. Ciò dimostreremo più avanti.
Re, in guiderdone
Il
dedicatogli, lo
che
il
dell'
nominava
insegnamento
e del libro
lettore straordinario; carica
Bruno accettò, perchè non congiunta messa ^
all'obbligo
di udire la
iudicandi, ordinandi et applicandi, ad internam scripturam et
vulgares per
memoriam
operationes
non
ad Henricum III, apud ^gid. Gorbinum,
explicatis
Gallorum Polonorumque regem, etc. Parisiis, sub insigne Spei, e regione gymnasi Cameracensis, 1582-8, cimi
privi-
legio regis.
Cantus
Circaeiis,
iiidiciariam appellat.
priorem.
—
ad eam memoriae praxim ordinatus qiiam ipse d'Angoulesme, magnum Galliaruni
Ad Henricum
Parisiis 1582.
compendiosa architectura et complemento artis Lullii. Ad illustrissimum D. D, Ioannem Morum prò Serenissima Venetorum Eep. apud cliristianissimum Gallorum et Polonorum regem Enricum III Parisiis apud iEgidium Gorbinum, sub insigne Spei, prope legatum.
De
—
collegium Cameracense^ 1582-12.
Il Candelaio, comedia del Bruno Nolano, achademico di nulla
achademia, detto tristis. 1)
il
Fastidito.
In
tristitia hilaris,
In Parigi appresso Guglielmo Giuliano, 1582.
Documento IX.
in liilaritate
-133Mentre si andava stampando il De Umhris, correvano già manoscritti alcuni esemplari del Canto Circeo. Giovanni Regnault amico del Bruno ebbe uno di quegli esemplari, e pregò Fautore a volerlo ritoccare;
vedendolo intento a più gravi
affali,
ma
poi
gravioribus ne-
gotiis intentus, cioè all'insegnamento del regale discepolo, egli
confuso.
stesso pubblicò quello
Lo
nobile
al bello,
intitolò
fratello naturale di
Enrico
III,
donzella Leviston,
scritto
sarcastico e
audace ed immaginoso nato da Enrico II e dalla
dama
di
Stuarda, ad Enrico d'Angoulème,
onore
di
Maria
magno Galliarum
priori, non sembrandogli di poterlo dedicare a perso-
naggio
meno
autorevole, poiché
il
De umbris
era de-
Canio Circeo è preceduto da un carme simbolico ed è formato da due dialoghi. Il primo è una satira non interrotta, dove, come nella Circe del Oelli, sono raffigurati uomini in diversi animali. Il secondo contiene considerazioni pratiche e teoretiche intorno alla memoria, con alcune norme non ispregevoli per il suo esercizio. Nel complesso quel libro è oscuro, nè ben si argomenta dove miri. La terza opera da lui pure pubblicata in Parigi nel 1582 ha per titolo De compendiosa architectura et dicato al re
i.
Anche
complemento
il
artis Lulli, nella quale l'autore
si
pro-
pone di dare semplicità e perfezione all'arte lulliana. Benché sia cosa di poco rilievo, risplendono nondimeno qua e là in essa pensieri profondi e particolari accenni alle dottrine dell'autore. Dobbiamo ancora ag-
giungere che è da 1)
lui
riguardata come
gioiello, e de-
Vedi su questo Duca d'Angoulème la Relazione di Luigi ContaTheiner, continuazione anno 1572.
rini. Alberi, Voi. IV, Serie 1*, al
un
Baronio, Voi.
I,
pag. 385.
—
-
— 134 — dicata all'ambasciatore della Repubblica veneta Gio-
vanni Moro Il
1.
nostro giovane frate, col grido delle lezioni e delle
opere pubblicate, attirò Fattenzione degli uomini più
Era
autorevoli in Parigi. lui,
cercata la conversazione di
che a svariata e profonda dottrina associava la
conoscenza liano,
di diverse favelle.
Parlava
il
latino, Fita-
francese e lo spagnuolo, ed aveva mediocre
il
Conobbe, oltre Enrico, Foratore ve-
notizia del greco
neto Griovanni Moro, Giovanni Regnault, che era segretario e consigliere del
Duca
in relazione o meglio
conobbe
di
Angoulème, i
e si strinse
più insigni professori
e dottori di quello Studio.
Egli loda
Francesi
i
;
una sua
e si piace, in
lettera
rettore dell'Università, ricordare la frequenza dei
al
professori parigini alle sue lezioni e le accoglienze
nissime che « « «
furono da questi prodigate.
gli
«
uma-
Più che
mi si conviene quello di citta dino in questa alma parente degli studii, nella quale io mi ebbi così grandi cortesie e benefizili ». E mentre il
titolo di straniero
lamentava
1) Giovanili
dei
dissidii e le guerre intestine che funesta-
i
Moro
della Repubblica,
Ebbe
uomo
di raro merito,
amante
della poesia e
Sostenne parecchie ambasciate per commissione
buoni studi.
del 1592.
fa
e
morì mentre era oratore in Roma, neiraprile
a successore
il
Paruta,
il
quale discorre di lui con
grandissima lode. Vedi Alberi, Belazione degli ambasciatori veneti.
Vedi eziandio Rolando Vinchelii, Oratio hahita in aede D. Marcia in funere Joannis Mauri oratoris veneti. Romae, apud Joannem Martinellum, mdxcii. 2)
Cena de
3)
Vedi
le-
Ceneri.
la lettera del
Bruno a Giovanni
niversità di Parigi, premessa tetici nel
latini in
alle tesi
Pilesac, rettore dell'U-
che sostenne contro
i
secondo suo soggiorno in Parigi, e pubblicata fra gU
un con
le tesi in
Wittemberga, 1588.
peripascritti
— 135 vano in quei tempi la Francia, apprezzava
il
valore,
chiamava animale hellissinio, lumi-
l'indole gaia, l'ingegno vivace de' suoi figli, e
nel (]anto Circeo
il
gallo
noso e quasi divino. Nel suo primo soggiorno sulla Senna non venne in forte contesa,
come erroneamente affermano
coi peripatetici;
ma
si
diverse, dichiarando
i
biografi,
mostrò tollerante delle dottrine
non amare
la
compagnia
di quei
un sistema da non sapere più apprezzare quanto v'ha di buono negli altri. « Noi, diceva, non abbiamo in ispregio i misterii de' « pitagorici, non la fede de' platonici, non i raziocinii « dei peripatetici, sempre quando son fondati sul reale ».
fìlosoiì la cui
mente
è così fìssa in
^
Il
Ramo
ed
il
Postel, ai tempi del Bruno, avevano
incominciato a bandire apertamente la guerra allo Stagirita in Parigi. Alle lezioni del Postel tant'era
il
con-
corso degli uditori e degli scolari che gii faceva
me-
stieri
leggere nel cortile. Questo mistico pensatore, che
credeva alle visioni della Vergine di Venezia, e che predicava che
il
regno evangelico non poteva più du-
una monarchia universale con un papa, che sarebbe egli stesso, e col re di Francia alla testa, moriva nel 1581 mentre appunto il Bruno forse già era in rare senza
Parigi 2.
Osserva giustamente
il
Crévier, nella sua Storia di
quella Università, che nel secolo decimosesto bene spesso 1)
V.
De
umhris idearum (Scripta
2) Curiosissimo
corse rOriente e libri.
uomo
latina, pag. 299).
Imparò più lingue, pertutta l'Europa. Pubblicò un numero stragrande di fu questo Postel.
Vestì l'abito del gesuita che poi depose, e morì nel monastero
di Saint-Martin des-Champs. In Venezia, sotto l'ispirazione di
donna
attempateUa, compose alcuni mistici
il
corpo
si
fosse
mutato
scritti,
e
credette che
in quello aereo e celeste della sua ispiratrice.
suo
— 136 — il
nome
di Aristotile era
adoperato non tanto per dare
autorità alle dottrine insegnate quanto per colorire idee
nuove. Nelle scuole della Sorbona, non
meno
cbè in
quelle di Bologna e di Padova, la libertà filosofica de' lettori
trovava scudo ed usbergo nello Stagirita/ Onde
nome del loro maestro, sostenevano arditamente cbe potevano tenere nella discussione e
molti di questi, in
nella esposizione delle dottrine
un linguaggio
che non sarebbe convenuto ai teologi. filosofia sotto
È
La
e
metodo
storia della
questo rispetto è in gran parte da
troppo contrario
ai fatti
che tutti
i
filosofi
rifare.
adope-
rassero due lingue e cercassero ipocritamente di in-
gannare
il
lettore con l'uso delle
niamo che non
vi fosse
medesime.
E
noi opi-
più a temere dal chiarirsi
avverso ad Aristotele, quando
il Cane già lo anatoquando il Copernico e il Tycho Brahe già avevano col ragionamento e colFosservazione dimostrati gli errori della scuola peripatetica, e quando il Collegio di Francia, sorto in opposizione alla Sorbona, già aveva
mizzava,
e
dato più libero e più largo indirizzo agli studii con
l'in-
segnamento delle lingue K Qualunque pertanto fosse l'indole della dottrina professata dal Nolano, egli non ebbe a soffrirne gravi inquietudini nel suo primo soggiorno in Parigi. È imlibri pubblicati portantissimo notare come in tutti nel 1582 in Parigi non compaia ancora nè il nome nè i
1) il
Clemente Marot, mentre commenda Francesco
Collegio di Francia con lo scopo di promuovere
I che istituiva lo
studio
dello
lingue ebraica, greca e latina, taccia di ignorante la Sorbona dei suoi tempi e la appunta di tenere le lingue mentovate in concetto di eretiche:
Disant que c'est -langage d'hérétiques O pauvres gens de savoir tout éthiques! ;
la dottrina di
campo
Copernico
la
quale dovrà pigliare
sì
largo
nelle dispute di lui in Londra.
Dalle sponde della Senna volgeva spesso lo sguardo
sua Napoli, alla diletta Nola (che forse ancora acco-
alla
madre ed
glieva vivente la
a piè dei
San Giovanni
di
padre) ed alla sua casa
il
colli Cicala, nel piccolo
al
borgo ora distrutto
Pesco K In Napoli aveva lasciato
amici, ed avversarli che seguitavano a lacerarlo assente.
Contro questi ultimi da Parigi lanciava indignato motti amari, aspri e virulenti «
egli alla signora
:
«
et ossa, delle quali è detto che
sidebunt
«
dica la
«
di piè di porci et calci d'asini
et ditegli che
mia memoria, mozze
asini sono
decembre
me
parte, così
Regnum Dei non posnon goda tanto che costi si
« ((
« gli
mia
Salutate da
Morgana, quell'altro candelaio di carne
la
essere stata strapazzata a forza
le
;
per che a quest'ora a
orecchie, et
i
porci qualche
pagheranno. Et che non goda tanto
regionem longinquam ; i cieli mi concedano
«
con quel suo detto
«
per che se avverrà giammai, che
ch'io effettualmente possi dire
i<
vitello saginato
:
abili in
:
surgam
et ibo; cotesto
senza dubbio sarà parte de
la
nostra
«
Tra tanto viva, et si governo, et attenda a farsi più grasso che non è per che da l'altro canto io spero di ricovrare il lardo, dove hò persa l'erba, si non sotto un mantello: sotto un altro; si non in una, in un'altra
((
vita
« festa. <(
Ci
:
~
».
Sotto
il
napoletana da 1)
una 2)
Nota
Morgana forse celavasi una donna amata in gioventù, alla quale attri-
velo della lui
illustrativa I.
Appendice.
Il
Fiorentino dice che abitava
piccola contrada dove son quattro o cinque stanze.
Lettera alla signora Morgana premessa alla commedia lì Can-
delaio.
buiva
la coltura del
gliezza del suo
138
campo
-
del suo
stile: e forse
una
sotti-
sacri-
come puossi arguire
ficò nel bollore della giovinezza,
da alcune parole
anbuo e la muse cui
delle
della denunzia del
Mocenigo
e dalle
interrogazioni del -Padre Inquisitore
Fin da questo tempo
il
operoso che pochi Italiani
Bruno
si
mostrò talmente
potevano in ciò com-
gli si
parare. In Parigi dove anche l'Alighieri aveva, dice
il
Boccaccio,
«
come
frequentato lo Studio, e sostenute cou-
rt
clusioni sopra tutte le scienze centra tutti che seco vo-
«
levano disputare o fargli opposizione
che al poeta fiorentino
ancora suonante
Bruno insegnava, Reggia
si
»,
in quella città
ricordava \)QÌvico degli strami, di Sigieri
de' sillogismi
;
là
anche
il
scriveva, disputava alla Sorbona, alla
e nell'oscui'a
sua camera di studio.
scienza ch'ei non coltivasse, non
uomo
Non
vi era
di qualche leva-
tura col quale non cercasse di alfiatarsi; ambiva far proseliti,
nè da questo apostolato
difficoltà, gii odii,
pericoli,
i
lo
distoglievano le
come quegli che aveva
vissima fede di essere chiamato a cose grandi ((
e
vi-
nuove:
nulla intraprendiamo di volgare, nulla che già sia
stato da altri fatto
Non
,
.
ebbe in Parigi commercio di società segrete, nè
Atti del processo,
l)
2
DoclV
De umbris idearum [Scripta latina, pag. 292), che la provvidenza degli Dei ha fermato « statutìs quibusdam temporibus mittere hominibus mercuRios QUOSDAM^ etiamsi eosdem minime vel male receptum irì prae2j
Allude infatti a se stesso laddove afferma nel libro
cognoseant
».
In molti luoghi delle sue opere lascia intravvedere sè
uno degli uomini mercuriali, ai quali la Provvidenza commette una particolare missione. Il suo denunziatore Giovanni Mocenigo riferisce avergli detto il Bruno volere farsi autore di nuova essere
setta sotto
nome di nuova
filosofìa.
Doc.
I.
- 139 — appare che l'abbia avuto mai
;
ed in ogni caso, se ciò
accadde, certo non fu prima della sua pellegrinazione per la Germania. Non ostante le opinioni eterodosse,
da noi notate nei
libri
che pubblicò in questo suo primo
soggiorno, pur senti qualche desiderio di rivestire la
tunica domenicana, come diremo in altro capitolo.
Ma
non era fatto per confortarlo in questo desiderio lo spettacolo che aveva sotto gli occhi delle condizioni religiose della Francia. « I vescovi (così Lorenzo Friuli trovava nel 1582 in Parigi, e
«
oratore veneto che
«
che dieci anni dopo presiedè come patriarca di Ve-
«
nezia al tribunale dell'Inquisizione eretto per proces-
« « « «
«
donano indilTerentemente i priole quali poi sono vendute da loro pubblicamente e senza alcuna vergogna. E non è meraviglia se i poveri preti, che esercitano il sare
il
Bruno)
rati e le
e abati
cure ai loro servitori,
peso della cura delle anime, per vivere sono poi costretti
il
si
a farne ancora loro mercanzia pubblica
Bruno avvertiva
egli
pure che
i
Candelaio.
Dicemmo
».
Onde
preti parigini anda-
vano limosinando per le vie col messale Nell'anno 1582, come già notammo, usci il
i
mano
in la
2.
commedia
di parlare delle sue opere filo-
sofiche in fine della vita:
ma
di questa, trattandosi di
subbietto che è tutto letterario, faremo argomento del capitolo seguente.
1)
V. Alberi, Relazione di Lorenzo Friuli. Serie
2)
Doc. XII.
I,
Volume IV.
—
—
141)
—
CAPITOLO
Vili.
(1582).
—
SOMMARIO.
—
T.a Commedia II Candelaio Favola e caratteri: lo sciocco, l'alchimista, il pedante Teatro italiano del secolo xvi Letteratura e morale; arte e società Il Candelaio accanto alle altre commedie Il Bruno nel Candelaio.
—
—
—
Non
maraviglieranno
i
nostri lettori che
Bruno,
il
intento alle più sottili speculazioni della filosofia,
volgesse Tanimo eziandio a pubblicare commedie liane in Parigi, imperocché,
rid ionia e tropoli
il
di
come già notammo,
gli usi,
teatro d'Italia erano grato sollazzo alla
Francia ed alla sua
Corte.
A
ri-
ita-
me-
provare
il
diletto che traevasi dalle nostre sceniche rappresenta-
zioni
,
basti ricordare che a quei tempi la
del Bibbiena, magnifico spettacolo in
Leone
X
Italiani,
e in
Urbino
Roma
Calandra innanzi a
e in altre nostre città, fu
pure da
chiamati con regalo di ottocento doppie, rap-
presentata in Lione nel 27 settembre del 1533 nell'occasione che vi
si
festeggiavano
le
nozze di Caterina dei
Medici con Enrico, che fu poi secondo re di Francia di questo
nome.
La commedia
11
Candelaio S pubblicata in Parigi nel
1582, fu forse ideata e scritta quasi tutta in Italia
-,
come
1) Il Candelaio, comedia del Bruno Nolano, acliademico di nulla Parigi, appresso Guglielmo Giuliano, achademia detto il Fastidito. Essa è dedicata alla signora Morgana. 1582. 2) Noi siamo di parere che il Bruno portasse con se dltalia in
—
—
— 141 — appare manifesto dagli accenni
ai luoghi, ai tempi, alle
persone; dal colore e dall'ordito stesso della favola.
Meglio che in ogni altro componimento, dimostransi in questo
Bruno,
la
spontaneità e facilità
dell'
ingegno del
e quella precoce inclinazione ch'egli
ebbe a di-
scorrere senza misura e riserva, con impeto e con aucose
mettendo specialmente in
dacia,
di tutte
zone
credenze de' suoi compaesani.
«
le
,
Bei, chi vuol granelli benedetti
,
«
can-
Chi vuole agnus
chi vuole
acqua di
San Pietro martire la semenza di San Gianni la h manna di San Andrea, Foglio de lo grasso, la midolla « delle canne dell'ossa del corpo di San Piantorio ». Ora è Mefistofele che il Bruno ti mette dinanzi, ora è Don Giovanni, ora quello strano demone della epopea comica del secolo decimoquinto, che, a differenza di tutti i diavoli della leggenda, non solo non fugge davanti ((
al
,
,
segno della croce, Io I '
ma
esclama cinicamente:
non credo più al nero che all'azzurro,
Ma nel cappone, o lesso, o vuogli arrosto, E credo alcuna volta anche nel burro, Nella cervogia, e quando io n'ho, nel mosto:
Ma E
Tre sono tolomeo
e
sopra tutto nel buon vino ho fede,
credo che sia salvo chi gli crede. i
protagonisti della favola: Bonifacio, Bar-
Manfurio. Bonifacio,
uomo
sciocco ed avaro,
s'innamora di una certa Vittoria, donna di partito, Francia o tutto o buona parte del manoscritto. dal vero affermando che ei ponesse
mano
alla
Non andiamo
la
lontani
sua commedia verso
l'anno vigesimo primo della sua età. Ciò sembra potersi con probabilità arguire dalle parole,
con
le quali
Bruno rammenta una legge che Roma.
il
si
a carte 95 di essa commedia, pubblicò insino dal 1569 in
,
quale non
cura di
si
ranza di levargli
ma
lui,
amarlo nella spe-
fìnge di
di tasca qualche soldo. Egli fa mille
pazzie per tenersela avvinta; e credenzone com'è,
un
ri-
Scaramure che vantasi perito nei segreti della magia e nell'arte di espugnare ed ammollire i cuori più duri. Costui, da buon macorre
all'opera di
cotale
,
riuolo, comhicia con alleggerirgli la borsa, poi lo
per
dandogli ad intendere
l'aia
cantesimo la Vittoria
non potendo Bonifacio,
il
trai'
che in virtù
è cotta di lui.
mena
dell' in-
Questa per contro,
vino dalla j)Oìmce, cioè denari da
quale avea dato quel po' che aveva a Sca-
ramure perchè
lo
impiegasse nelle operazioni di magia
che dovean farlo pago del suo amore, divisò con altra
femmina d'attorno.
di fargli
E
il
una
modo
di tutto la Carubina
belTa e toglierselo per
sempre
della beffa fu (Questo: informare ,
moglie
di Bonifacio
,
e
indurla a
trovarsi, in luogo di essa, la Vittoria, e vestita degli abiti di fatto.
lei,
Ed
ad un segreto convegno
col marito.
Detto
ecco che mentre Bonifacio, travestito con gli
abiti del pittore
Bernardo, è fuor di sè dalla gioia cre-
dendo d'essere con
la Vittoria, vedesi dinanzi la pro-
pria moglie. In quella sopraggiungono alcuni mariuoli
capitanati dal pittore, ir quale spasimava da lunga
pezza per la Carubina. Fingendosi quelli e
Bernardo
il
capitano di esso
,
s'
il
bargello
impadroniscono
di
Bonifacio, lo chiudono in una camera; e la Carubina
riman sola
col pittore;
studiasi di persuadere
una mancia Il
al
intanto che l'infinto bargello il
travagliato Bonifacio a dare
capitano affinchè noi conduca in Vicarìa.
capitano dapprima ricusa
,
poi esita
,
perdono alla vengano in per-
accetta, a condizione che Bonifacio chieda
moglie e al pittore,
e questi e quella
e finalmente
-143sona a rimettergli V
imta la
facio,
mano
Come
offesa.
fu fatto
ciò
ai bi7vn, fu liberato
Boni-
,
per grazia
Madonna.
del Signore Iddio e de la
Bartolomeo, altro protagonista, mentre
piglia spasso
si
meno sciocco e credulo di modo di produr l'oro, e la-
dell'amore di Bonifacio, non
dà
lui, si
alla ricerca dei
sciasi mettere in
perta
d'
mezzo da un
insegnargli a fare
il
truffatore, che sotto co-
denaro, gli va cavando di
tasca quel poco ch'egli ha. L'oro, l'oro (esclama Bar-
lolomeo) è la fonte di ogni cosa,
il
lume
dell'universo.
son materia di virtù à presso
«
Herbe, parole,
«
certi philosophi matti et insensati,
((
Dio, da la natura e dalla fortuna,
«
fame; lagnarsi senza un poverello quattrino in borsa;
«
per temprar
(<
cuniosi
«
quello
<(
cano pietre, herbe,
il
et pietre
A
li
quali odiati da
vedono morir
di
tossico dell'invidia ch'hanno verso pe-
biasimano
;
si
chi
1'
oro
argento et possessori di
,
mancha
il
et parole;
danaio non solo man:
ma
l'aria, la terra, l'a-
«
equa
«
temporale; et la eterna anchora, sapendosene servire,
,
fuoco et la vita istessa. Questo dà la vita
il
quar pm-e si deve fare con non senza saper il conto tuo devi borsa delV anima sua ». Dunque mano al-
«con. farne limosina; la ((
gran discrezione,
«
privar la
l'opera. Si
Ed
il
et
accendano
segreto
? Il
i
fornelli, si
segreto è trovato
preparino :
si
i
crogiuoli.
mescoli la pulvis
Christi con la polvere comune, e questa non tarderà sotto
il
fuoco
alchimico
a
trasformarsi
in metallo
prezioso.
Ma il
intanto che Bartolomeo
si
crede tenere in
mano
desiderato specifico, ecco che riconosce
come
la
ha
fatta
pagare
tata polvere di Cristo, che Cencio gli
ben seicento
scudi,
non
è che la polvere
van-
comune prepa-
- 144 — rata dal truffatore.
«
Oimè, che farò
io ? (grida egli allo
«
speziale presso cui Cencio l'aveva deposta)
«
cupererò
li
miei scudi ?»
—
«
Fate come ha
come
ri-
fatto lui
((
(risponde lo speziale, alludendo a Cencio), se possete
«
trovar un altro eh' abbia
«
borsa come la vostra
è
un
il
consiglio da vigliacco;
piglio a
un
fìnti birri,
come voi
lo speziale
mena
randello, e
cervello
,
e la
Bartolomeo grida che questo
».
offeso
dà
di
bastonate da orbo. Qui
che già avean fatto
il
i
brutto tiro a Bonifacio,
pigliano e legano Bartolomeo e lo speziale; poi tolto
ad entrambi
i
denari e
le vesti, li
lasciano cosi legati
modo, che a stento riescono a ne van mogi mogi, a casa.
sulla via, per e se
Questi bini
commedia
,
che ad ogni
rendono piena
istante
sciogliersi,
compaiono nella
e perfetta
l'
immagine
di
quelle compagnie di malandrini e camorristi, di cui fin d'allora
non era penuria
Viene da ultimo del Bruno,
il
il
nella provincia di Napoli K
pedante, la creazione prediletta
tipo che incontrasi in tutte le sue opere,
ad un certo segno
la caricatura del secolo. Ei chiama Coribante nella Cabala del cavallo Pegaseo, Polinnio nel libro della Causa, principio et uno, Burchio nella Cena de le ceneri Manfurio nella Come lino si
,
media ^
Egli è un di que' tanti compositori di libri
benemeriti della Repubblica,
1)
Il
Bruno
suoi uditori
:
stesso
nel prologo
« In Sanguino, Barra,
postillatori
a questa sua
Marco
,
glosatori,
commedia
e Corcovizzo
dice
ai
contemplarete
« in parte la destrezza de la mariolesca disciplina ». V. pag. 13. 2)
Vedi eziandio intorno
^principio et uno. il
Mi
al
pedante
il
dialogo primo della Causa,
pare eccessiva Taffermazione di Alberto Errerà,
quale attribuisce un grande intendimento educativo al Bruno nel
muovere guerra
ai pedanti.
,
— 145 — costruttori, methodici,
interpreti
«
tori
«
apparitori con
« ((
,
addiutori, scoliatori, tradut-
compendiarii
,
novelli
dialetticarii
,
una grammatica nuova, un dizionario novo, un lexicon una varia lectio un approvator con epigrammi d'authori un approvato autentico ,
,
,
,
«
greci, ebrei, latini, italiani, spagnuoli, francesi, posti
«
in fronte a libri
«
l'uno
«
tori del presente seculo et futuri, obbligati per questo
onde l'uno et l'altro et l'altro et vengono consecrati all'immortalità come benefat,
,
«
a dedicarli statue et colossi ne' mediterranei mari, et
«
ne l'oceano
de la terra
et altri luochi inhabitabili
Manfurio parla a proposito per motti ed emistichii
e a spi'oposito
un
latini,
un
,
i
».
po'
po' in versi italiani,
ed usa parole e sintassi di suo
conio
,
infiorando
il
discorso di proverbii, di sentenze e di citazioni latine.
Sfoggia in sinonimie
,
in ricerche etimologiche
com-
,
pone epistole amatorie per Bonifacio, senza curarsi più che tanto dell'
amor
tolomeo. Insegna a mettere
rotondare
i
periodi
,
i
punti e
le virgole,
ad ar-
a pronunciare rettamente e a de-
slamare, dipingendo se stesso senza accorgersene
Huomo
Bar-
di costui e dell' alchimia di
di rude, e di crassa
:
Minerua,
Mente Offuscata, ignoranza proterua
A sello
auriculato, indocto al tutto.
In nullo ludo litterario instructo
-,
Manfurio entra in tutta la commedia, ma com'uomo non vede ciò che si passa d'intorno a lui e che
;he
ignora la parte che rappresenta. ia tutti, cade egli
1) Il
pure dopo vari
Candelaio, prologo, pag. 15.
2) Id., pag. 46. 10.
—
Berti^ Giordano Bruno.
Onde gabbato e
e deriso
complicati accidenti
— 146 — mani
nelle di
degl'inevitabili mariuoli,
palmate
gono
mantello, e
il
vuotano
e staffilate, gli
suo parlare tra
tasche, gli tol-
le
latino e l'italiano.
il
altri, tratteggiati
riesce alquanto fredda,
si
aggruppano ben
imperfettamente e quasi in
con iscapito della favola
fretta,
quali lo colmano
beffano de' suoi proverbi e del
si
Intorno ai detti tre personaggi quindici
i
;
la
quale nello insieme
comechè non vi manchino scene
animate, naturali, piacevoli, dove l'inlìmo popolo napoletano
ti
si
appresenta nel dialogo con quella pron-
tezza e copia di motti arguti e quella abbondanza di proverbi, di sentenze, d'invocazioni ai santi e di be-
stemmie, che sono una qualità particolare dell'indole e de' costumi di esso. Possono citarsi ad esempio tutte le
scene della compagnia de'
ispecie di
Marco
e
Barra, che
fìnti si
birri, e
quella in
raccontano a vicenda
operate nella osteria del Cerriglio in Napoli
le truffe
Pomigliano
ed in quella di
K
1) Eiferiamo per saggio le parole con cui
fatta all'oste di Pomigliano.
«
Ma
io
Marco racconta
la truffa
che non só tanto di Rettorica.
« Solo soletto senza compagnia. Taltr' hieri venendo da Nola per Pumi-
« giano
:
do poi cli'hebbi mangiato non liauendo tropo buona phantasia dissi al tauernaio. Mes. lioste uorrei giocare, a' qual gioco,
« di pagare « disse
lui,
;
uolemo giocare? equa hò de tarocchi. Risposi à questo
« maldetto gioco non posso vencere, perche hó vna pessima memoria. « disse lui, hò di carte ordinarie. Risposi saranno forse segnate, che « voi le conoscerete: hauetele che « lui rispose de non.
«sai? Di queste non «
mi
non
sijno state
Dunque pensiamo ad so'
nulla,
hò
dumque
Hò
le tauole,
de scacchi, sai? questo gioco
farebbe rinegar Christo. All' bora gli venne
« a' qual
anchor adoperate?
altro gioco.
il
senapo in testa.
dianolo di gioco vorrai giocar tu ? proponi, dico
magio: disse egli come a' pali' e magio? ordegni? vedi luoco da posserui giocare? Dissi « a' la mirella? questo è gioco da fachinì, bifolchi, et guarda porci. « A' cinque dadi? che dianolo di cinque dadi? mai vdiui di tal gioco;
« io a' stracquare a' pali' e
«vedi tu equa
tali
i
— 147 — L'epigrafe della commedia. In tristitia hilaris^ in hilaritaie
rende pensoso
iristis,
giovane
lo stato dell'animo del
lettore e gli rivela
il
che
frate,
d'allora
fin
dipingeva se stesso con una di quelle pennellate tutte sue.
L'autore, se voi lo conoscete
((
direste
,
«
una fisionomia smarrita; par che sempre
«
templatione de
«
alla pressa
«
come fan
barrette
per
altri:
gli
non
il
un che
:
più
lo
stato
sii
:
le
have
in con-
sii
pene de l'inferno par che
le
come
eh'
ride, sol per far
vedrete fastidito,
contenta di nulla, ritroso
«
restìo e bizzarro:
«
come un vecchio
((
cane ch'ha ricevute molte spellicciate, pasciuto di
« polle
^
quando
».
E
egli
si
di ottant'anni
«
con ironia mefistofelica pone
notomia de si
vuoi giocamo
a' tre dadi.
nome
Io gli dissi che
è gioco
giocamo à
« gionsi Al
ci-
sangue
pagami;
da
correre. dell'
filosofi nel
putti,
Va
non
a' tre
dadi non posso
et
vuoi
lui) si
voi
et
io.
Gli
mi dai la vergogni? Hor su dumque
disse lui, chè tu
ti
Hor questa
fanno
fugge come cen-
che possiamo farlo
« dissi giocamo a spaccastrommola.
dissi,
i
cinquantamila dianoli (disse
di
« giocare, proponi vn gioco
c<
come un
col loro cervello
«
la ricchezza, la quale si
« hauer sorte. Al
«baia: questo
fantastico
vi è certo tristezza nella ilarità del Bruno,
novero di quelle persone che «
,
è
falsa disse
intemerata chè giocarai.
et io sog-
lui.
Vuoi
far
bene'
non vuoi andar con dio; va col prior de dia« uoli. Io dissi Al sangue de le scrofole che giocarai. et che non «gioco? diceua. et che giochi? Diceuo. et che mai mai vi giocai? et si
X
(disse)
«
et che vi giocarrai
adesso? et che non voglo? et che vorrai? In
||«
conclusione comincio io
jlc<
Et
m giurò ll«
j« K
a'
pagarlo co
le
calcagne^ ideste à correre.
ecco quel porco che poco fa diceua che
che non volea giocare; et giocò
lui,
non volea et
giocare, et
giocorno
dui altri
vn pezzo correndomi a' presso, mi arriuorno et giunsero, co le voci. Poi ti giuro per la tremenda piaga di S. Rocco, che ne io 1' hò più vditi; ne essi mi hanno più visto ». suoi guattari, di sorte che per
n
Candelaio, pag. 51, 1)
ediz.
Paolo de Lagarde.
V. Candelaio, pag. 12.
— 148 — forma che
«
tornila diavoli, per
«
mire, non potrebbero vomir altro che lo
«
l'anima
^
Ed
».
è
se loro toccasse di vospirito e
parimenti triste nella sua ilarità
laddove osserva che nel
mondo
nulla di buono, e chi
di tutti crede, più s'inganna,
e
ci
poco di bello e
è
regna l'amore universale degli scudi
2.
Questa favola, a chi ben guarda, non
è
senza scopo,
intendendo essa a deridere la magia in Bonifacio,
l'al-
chimia in Bartolomeo, la pedanteria in Manfurio.
primo mentre
si
propria moglie, e porta incantesimi.
11
affanna per la Vittoria, trascura la spese e
le
le beffe dei
comprati
secondo perde Toro che possiede, an-
Il
non ha, e compra con non accorgendosi che non la venderebbe per oro chi potesse con quella comporne a suo grado. Manfurio infine, il dirozzator dei pneruli^ dando in cerca
di
quello che
l'oro la ricetta per farlo,
ossia
il
pedante, è vittima egli pure della sua pedanteria,
fruttandogli voci, al
pugni
vero
il
il
suo parlare tra
e bastonature.
il
latino e l'italiano equi-
Noi crediamo che
è contrario
sostituire a questo scopo chiaro e netto
uno
scopo incerto e indeterminato di educazione sociale. Il
giovane frate domenicano esordì dal teatro in un
secolo in cui canonici, monsignori e cardinali
non isdegnavano anche
si
1) Il
3)
commedie
non solo
e tragedie,
ma
compiacevano a rappresentarle davanti a nu-
meroso pubblico
2) Id.,
di scriver
^.
In
Roma
si
recitava in latino
il
Candelaio, pag. 13. pag. 16.
Tomaso Inghirami canonico
di S. Pietro in
Eoma, valente oratore
e dotto professore di eloquenza, sostenne rìeW Ippolito di
grande plauso Libro XXIII).
il
personaggio
di
Seneca con
Fedra. (Erasmo, Lettera 25
del
— 149 — Penulo
di Plauto,
il
di Seneca. Il Benzi,
Formione il
di Terenzio, VIppolito
Jamberti,
Telesio (Antonio) scrivevano
Marso, FAcrisio,
il
drammi
il
latini; e Corio-
lano Martirano, vescovo di San Marco in Calabria, vol-
tava dal greco in latino buona parte delle opere di
Era
Eschilo, di Sofocle, di Euripide e di Aristofane.
pur questo
a
fiorire.
il
secolo in cui la tragedia italiana cominciò
Galeotto del Carretto de' marchesi di Savona
dettava la prima tragedia italiana, la Sofonisba
quale veniva appresso la
contemporanee a questa Martelli, di Luigi
omonima le
,
alla
del Trissino, e quasi
tragedie del Rucellai, del
Alamanni, del Giraldi, del Dolce, del
Paraboschi, del Cesare de' Cesari, dello Spinelli, del
La commedia noverava fra suoi
Tasso. il
Bibbiena,
il
Machiavelli,
Porta, l'Aretino,
il
il
Firenzuola,
cultori, l'Ariosto,
Bentivoglio, il
Lasca,
il
il
Gelli,
Contile,
Vignali, l'Annibal Caro, lo stesso Galileo e piìi tardi Cocchi, che in ragione di merito
La commedia
stare coi migliori
italiana a que' tempi,
la novella, era volta quasi i
può
il il il i.
non meno che
interamente a rappresentare
costumi non tanto del vero popolo quanto di un certo
consorzio di letterati laici ed ecclesiastici, spesso indocili,
sè e
più spesso i
servili, desiderosi
sempre
di divertire
grandi loro amici ed ammiratori. S'ingannerebbe
quindi a partito chi cercasse in questa specie di com-
ponimento
il
ritratto fedele ed intero della vita e dei
costumi degli Italiani del secolo decimosesto.
Una
li
grave macchia che deturpa
il
dramma ed
TiRABOSCHi, Storia della letteratura italiana, secolo
SiGNORETTi, Storia critica de' teatri antichi e moderni.
—
in ge-
xvi.
—
Vallauri
ÌTomaso, Il Piemonte e la poesia drammatica. Torino 1867.
— 150 — nere la nostra letteratura in quel secolo e nel precedente è l'oscenità. In Inghilterra la letteratura oscena del
secolo xvii ebbe origine dalla riazione contro
il
un portato
di
(Quaccherismo. In Italia pai*e fosse quasi eccessiva cultura, poiché
non
vi
ha
letterato di qualche
pregio che non abbia largamente contribuito ad acci'escerla.
Leonardo Bruni, insigne per dottrina
e per
le
cariche sostenute, è autore di un' allocuzione di Elio-
gabalo alle meretrici romane K Antonio Beccatelli, so-
pranominato dicò a si
il
Cosimo
Paiiormita, elegantissimo scrittore, de-
Medici uno dei
de'
libri
più osceni che
conoscano, VErìnafrodUo, che venne condannato nel
concilio di Ferrara ed abbruciato sulla pubblica piazza di questa città
'\
Il
Fontano, imitatore
felice di Catullo,
indirizzò laidissimi carmi agli uomini più segnalati dei
suoi tempi
Luigi Pulci
e
Matteo Franco carteggiavano
per sollazzo con versi licenziosi, gustati dai loro amici
romanorum imperatoris, liabita in quam a Leonardo Aretino compositam
Oratio Heliogahali
1)
clone ad meretrices,
rique credimi. Egli stesso vi premise
le
conpìe-
seguenti parole: « Leonardus
« Aretinus recreandi ingenii causa ludens ridensque dieta vit,
un de
« seniores rogat ne legant, urbaniores ne efferant ». 2) Sotto
il
Ermafrodito
titolo di
l'autore pubblicò
una copiosa
Concilio di Ferrara
raccolta di
epigrammi
che
abbruciare in piazza, Bernardino da Siena e Eoberto da
lo fece
latini lubricissimi. Oltre
il
Lucca lo lacerarono sul pergamo. In una lettera dell'autore al suo amico Bartolomeo Pontefice leggonsi le seguenti parole: « Mitto « igitur tibi meum Hermafroditum, libellum equidem lascivum, sed « ea lascivia, qua summi oratores, sanctissimi poetae, gravissimi phi« losophi, viri continentes et cliristiani deniquae praelucere » (Epistola 3)
XXVII,
II).
nomi
Marino Toraacello, di Attio Sincero, duca di Calabria, e di moltissimi. Nella prefazione i versi del Fontano sono raccoman-
di Pietro altri
lib.
Eitroviamo infatti
Summonte,
i
di
del Marnilo, di Alfonso
dati ai giovanetti studiosi.
— 151 — della brigata di
Firenze
i.
Medicea che pure erano i primi uomini Porcellio dettava epigrammi contro il
Il
buon costume; e Francesco non dava saggio certamente
De
suo libro
iocis et seriis
Filelfo, suo
^.
di castigatezza in alcuni loro scritti
Poliziano,
il
Poggio ^ ed
i
avversario,
pudibondo sentire nel Uscivano da ogni confine
di
il
Cornazzani,
poeti minori
i
il
cui carmi si
leggono nella raccolta che s'intitola dai giuochi di Ve-
Tengono a questi bordone
nere.
di novelle, di cui
Come
Roma i
la
ogni sorta di
la storia lette-
onde procedendo
ac-
È
scostumati.
conferita in
corona poetica a Fausto Andrelini di Forlì per
al religioso
Il
Bigi da Ferrara indirizza
conte Francesco della Mirandola
prima nocte nuptiali
il
carme Be
Nicolò Franco stampa la Pria-
K
V. I sonetti di Matteo Franco e di Luigi Pulci entrambi carissimi
al Magnifico. Il Palei
contrito
alquanto avanzato negli anni
a Maria Vergine perchè prieghi
si
il figliuol
volge
pio a
benignamente riguardare dall'alto ed a soccorrerlo affinchè d'ora in poi camminare sulla buona via. 2) Si vegga intorno al Porcellio ed al libro che ha per iocis et seriis di
Rosmini a
si
secolo decimosesto, e con
il
scritti
suoi quattro libri di amore.
1)
le
alle onde, cosi le novelle epicuree crescono
e si moltiplicano per tutto le novelle,
trenta e più facitori
va pur troppo ricca
raria di questo tempo.
cumulano
i
3) Il
Filelfo,
nella vita di quest'ultimo.
rammentare
uomo
Francesco
quanto scrive
Più
del Filelfo che per brevità
egli possa
titolo
De
dottissimo Carlo
altri scritti sconci
avremmo
ommettiamo.
Cornazzani ne' suoi proverhii dedicati
di Stato e ministro del
il
tutto volerlo
al
Simonetta, illustre
duca Francesco Sforza,
il
Poliziano
in parecchie delle sue poesie, fra le quali alcune inedite ancora;
il
Poggio segnatamente nelle sue invettive contro il Filelfo. 4) Ludovico Bigi Pittorio (o Pittori) che giovane sacrificò alla musa della voluttà, rivolsesi tutto alla scrisse orazioni e preghiere e
religione
commentò
il
negli
Pater.
ultimi
anni suoi,
— 152 — pela.
Bandelle ed
Il
Firenzuola mettono in luce
il
le
loro novelle. Fortunio Affaitati, che perì annegato nel il suo libro Be Androgyno a se ipso conPapa Paolo Terzo. Ed alla Venere impudica
Tamigi, dedica cijnenie a
br^iciarono incensi ne' loro scritti
biena,
Borni,
il
il
Casa,
il
Molza,
il
Franchini,
Caro,
il
Dolce,
il
Domenichi, Gerolamo Rucellai,
Lasca,
il
Salvetti,
il
tutti l'Aretino,
chi lo vinca per
fama
dissima che non
si
Il
Valla,
il
Filelfo,
Marnilo,
il
il
Beccatelli, il
i
vi è accusa lori
lette-
Poliziano, lo Scala,
il
nomi
il
Caro,
il
il
Bruni,
il
Castelvetro e gli
ladro, di truffatore, di
di
i.
fa quindi meraviglia se in Italia la letteratura,
morale e salubre scarseggi licenziosa e guasta.
nuto
Non
quale non ha
Galeotto Mai'zio,
Niccolò Niccoli,
lenone, di sodomita
Non
infame.
il
secoli nelle frequenti loro polemiche.
Morula,
scambiano
altri si
il
buttino a vicenda in faccia
Poggio,
il
il
due
il
Mauro,
Valeriani, lo Strascino da Siena,
il
Bembo. Sta sopra a
rati di questi
il
Bib-
il
Bino,
il
al
e vi
abbondi per contro la
Quanto vantaggio non sarebbe ve-
popolo nostro, se l'ingegno
e lo
studio posto
nel divertirlo e corromperlo fosse stato rivolto a for-
1)
Il
Poggio ad esempio accusa
di
sodomia
il
Filelfo, dice
che rubò
denari a Leonardo Giustiniani ed una ricca scatola a Lionardo Aretino nella quale questi custodiva molti cari anelli della moglie. Il Valla
chiama il Poggio lihidinis professor, adiiUer, falsarius, periurus. Il Merula versa a piene mani le ingiurie sul Galeotto Marzio da Narni, il quale a sua volta gliele restituisce ad usura. Il Poliziano taccia di ladro e di mentitore lo Scala, Niccolò Niccoli inveisce fu-
riosamente quasi contro tutti rebbero in
un volume, ove
le villanie di
mente
le
ogni sorta che
i
letterati del suo
volessimo, la
non
tempo.
Non
capi-
solo raccogliere, ricordare
polemica letteraria
nei secoli decimoquinto e decimosesto.
ci
offre
segnata-
— 153 — marne
mente ed
la
il
costume!
II
Decamerone
del
Boccaccio, e tutta la scuola dei novellieri che a lui fa
dando vita ad animo
capo, ritardarono l'educazione nazionale
una congerie
di libri scritti senza elevazione di
e senza nobiltà di dottrine, ai quali dovettero chiudersi
porte del santuario domestico.
le
come quella
lieri,
sesto,
La donna
dei novel-
dei comici dei secoli decimoquinto e
da rarissime eccezioni in
fuori, è
quanto
si
ha
di più abbietto e schifoso K Volgare nei modi, nel sen-
non senza grandissimo stento ritrocomponimenti usciti dalla penna di questi scrittori un modello di figlia, di madre, di sposa 0 di quella donna casalinga i cui uffici sono così
tire,
nelFoperare
viamo
:
negli innumeri
bene descritti dal Molière: Former aux bonnes moeurs Fesprit de Faire
allei*
ses enfants,
son ménage, avoli' Tceil sur ses gens,
Et régier la dépense avec écononiie, Doit étre son étude et sa pliilosophie.
A
questa letteratura contribuirono, più che non al-
trove,
preti epicurei, dei quali v'era copia in questi
i
tempi in
Italia.
Unico loro scopo
dell'arte per l'arte,
Andres per scusare tero plaudenti alla ciò era
il
sollazzo,
plagio degli antichi.
il
cardinali e
i
commedia
da attribuirsi
Leone
X
il
Onde
il
culto
buon
che assistet-
del Bibbiena, diceva che
al singolare
amore che portavano
all'arte antica-.
La donna
1)
terati scapoli e
è per lo più malmenata da buona parte dei nostri letvagabondi del tempo di cui discorriamo. È singolare
che parecchi fra quelli che
poi
la
levano alle stelle
in poesia, la
vituperano nelle loro prose. 2)
« e
i
Ecco
le
prelati
parole testuali di Giovanni Andres
non
si
:
« I papi,
i
cardinali
facevano scrupolo di assistere a quelle licenziosità
« di gusto antico, perchè consecrate quasi da greci e da latini ».
— 154 — A
conforto nostro, ed a giustificazione in parte di
quei tempi, giova notare che la società italiana d'allora era assai più casta della sua letteratura.
donne
descritte con tanta semplicità
sticci ci
le
savie
da Vespasiano Bi-
altra idea della santità del coniugio
costumi di Firenze, che non gV impuri componi-
e dei
menti Il
dànno ben
E
di molti de' suoi scrittori K
Candelaio del Bruno ricorda
l'Aretino, e particolarmente la
commedie
le
Cortigiana
del-
pedante
Il
Manfui'io rassomiglia di lontano ad Andrea
peda-
il
gogo. V'ha nell'uno e nell'altro ineguaglianza di stile e di pittura, miscela di cose sacre e profane,
danza
abbon-
di proverbi, di motti vivaci, pungenti, cinici. Il
linguaggio del popolo, o meglio della plebe, è maneggiato con più sicurezza dal Nolano, che
L'uno
tino.
sbozzano
Ma
rirli.
dall'Are-
disegnano a grandi pennellate e
e l'alti'o
personaggi senza bene individuarli
i
e colo-
Bruno procede con maniera più larga ed
il
ariostesca che
non
l'Aretino.
adopera sono
colori che
non
Non
pochi eziandio dei
tolti dalla ricca
tavolozza del
Tansillo, la cui poesia lesse e studiò così nella giovane,
come
1)
nella
V. fra
le
matura
altre la
età,
con particolare amore
Vita delV Alessandra
de'
^.
Ma
se
Bardi. Firenze,
Barbèra e Bianchi, 1859.
Leone Battista degli Alberti e del Pandolfinì dànno della donna fiorentina un concetto ben diverso da quello degli autori da noi accennati. 2) La Cortigiana dell'Aretino fu rappresentata in Bologna nella quaresima del 1572 dedicata dapprima al cardinale di Lorena ed indi al cardinale di Trento Cristoforo Madrucci. Le commedie dell'Aretino sono quasi tutte dedicate a personaggi illustri e contengono Gli scritti educativi di
ci
frequentissimi accenni ai fatti ed agli uomini del tempo. 3)
Vedi nota
illustrativa seconda.
Appendice.
— 155 — il
Bruno
fu pari al maestro negli scherzi inverecondi,
gli sottostà d'assai nella
scrivere.
E
grazia e nella pulitezza dello
non
se lo imitò nell'offesa fatta ai costumi,
seppe imitarlo nella espiazione \ Io credo inoltre che
commedia
II
udi fanciullo
egli
buona parte
dei dialoghi della
Candelaio siano foggiati su quelli che in
Nola dai suoi conterranei,
i
quali usare solevano ogni libertà di parlare nei tempi
vendemmia.
della
Era a costoro
«
su
di
lecito
l'alte
ad ogni più nobil dama, non che
scale ove erano, dire
a qualunque signore padrone o sacerdote, che di là passasse, con tutte
parola
2».
Ed
le
più sfacciate licenze, ogni oscena
esempi peggiori
di questi dialoghi
ebbe
davanti agli occhi quando fu mandato adolescente allo Studio in Napoli, dove nella grotta del Chiattamone vicino a Castel delFOvo luti
per sfogare
le
Questa commedia, recitò
si
adunavano
colo successivo se ne vide
Bonifacio ed
1)
Le
il
da Enrico III, non si non ebbe colà voga in nel primo scorcio del se-
letta forse
tuttavia in Francia e
questo tempo, perciocché solo
di
giovani disso-
i
nefande loro voglie
una imitazione
sotto
il
nome
pedante, più purgata e castigata
In espiazione de' versi lubrici compose
Tansillo
il
il
poemetto
lacrime di S. Pietro: Acciò che il mio fallii" crudele Più sovente mi rieda nel pensiero
E rimembrando Pianga 2) Eemondini,
— Ambrogio 3)
le
qicel ch'io
sempre
fui
colpe mie col pianto altrui.
Storia ecclesiastica di Nola. Voi.
Leone, Opere sovra
citate,
lib.
Ili,
Ili, pag-.
143.
cap. 14.
Scipione Miccio, Vita di D. Pietro da Toledo, stampata nel-
l'Archivio di Vieusseux, voi. IX^ pag. 22-23.
stimoni
falsi.
—
Id.,
Scuole dei
te-
— 156 — che non
il
La
modello.
rassomiglianza, che nell'ordi-
tura della favola e nella pittm-a de' principali persoil Bartholmèss ed altri scritPedante gabbato {Le pèdant joué) di Girano de Bergérac non appare dall'accurato raffronto delle due commedie. 11 Gr anger del Girano,
naggi credettero scorgere
tori tra
il
Candelaio ed
o rappresentasse
il
il
preside del collegio di Beauvais in
cui egli era stato educato, o quel tale pedante di To-
losa del quale è cenno nella lettera del Labret amico
non ha altro di comune col Manfurio del Bruno che le parole latine con le quali ingemma i suoi discorsi. Adombrò bene il Bergérac alcuni concetti del Bruno nel suo fantastico Viaggio nella Luna^, dove introduce Gassendi e Gampanella e discorre di un libro che è la grande opera dei filosofi, nel quale l'autore
del Girano,
intende di provare che tutte «
exemple que
«
qu'on peut ètre
cose sono vere,
pas en
et n'ètre
simpatia del Girano per larità del
le
blanc est noir, et que
le
suo ingegno
il
le
mème temps
Bruno, o meglio
e dei
suoi
libri,
«
par
noir est blanc; -
».
La
la singo-
fecero credere
che la sua commedia fosse foggiata su quella del Nolano.
La commedia
Ma 1)
un episodio negli
è
scritti del
Bruno.
essa è uno di quegli episodii che appalesano cosi
Histoire comique ou voyage dans la lune, per Girano de Bercomique des états et empires de la
gérac. V. eziandio VHistoire
lune
et
2) Il
du
soleil, dello stesso autore.
Girano conobbe
con ammirazione.
Da
il
Campanella presso Gassendi
ciò alcuni
argomentarono che
citate dovessero riferirsi al frate di Stilo e che la filosofi fosse la
Città del Sole.
Ma
le
e ne parla
parole sovra-
Grande opera
appunto perchè
il
dei
Girano aveva
contezza delle opere del Gampanella non poteva attribuirgli opinioni
che in quelle non con
si
ritrovano,
le stesse parole, si
mentre queste opinioni formolate quasi
leggono nelle opere del Bruno.
— 157 — i
difetti
ed
i
pregi del suo ingegno,
delle sue passioni giovanili.
E
come
crediamo
il
di
disordine
poter as-
severare senza esagerazione che in tutte le sue opere filosofiche v'è lo scrittore della
commedia l'autore degli scritti a meno, dando solo uno sguardo da
lui prodotte in questo
di
ammirare
la
commedia, come nella Non si può
filosofici K
alla varietà delle opere
primo periodo della sua
potenza del suo ingegno
Senza dire
col
la novità
pensamenti.
delle sue osservazioni e dei suoi
1)
e
vita,
[Histoire des sciences mathématiques,
Libri
Bruno nel Candelaio: « s'est montré Fémule des meilleurs auteurs dramatiques de son temps », si può tuttavia asserire col Mamiani che nel Candelaio « i caratteri tom. IV, pag. 143)
che
il
«
« riescono alquanto nuovi
:
l'intreccio vi
procede ingegnoso, e noi
« dehbe restituire a Terenzio ed a Plauto
commedie di quella età non lodevole a quella implicazione
« più parte delle « denza
:
come convien
si
fare per la
e già vi si scorge la tene varietà
« denti che toccò l'apice sulle scene spagnuole »
Le Mounier, 1859)
.
estreme di
— Vedi
acci-
la prefazione
di Terenzio
Mamiani
Schelling,
Bruno, voltato in italiano dalla marchesa Florenzi-Yad-
dington.
il
(ediz.
al dialogo di
Federico
— 158 —
CAPITOLO
IX.
(1583-1585)
—
—
Il Bruno a Londra Castelnuovo di Mauvissière — Maria Bochetel sua moglie Ospitalità cortese concessa al Bruno —La piccola Bruno e la Stuarda Bruno in famiglia Maria figlia di Castelnuovo Costumi inglesi del secolo xvi la plebe, i borghesi, le donne, i
SOMMARIO.
—
—
—
—
:
—
—
i cavalieri Il libro dei Trenta sigilli Il Bruno nello Solennità accademiche: feste studio di Oxford La sua filosofia I dialoghi della Cena de le ceneri Il libro Della causa, e dispute
dottori,
—
—
—
—
—
universo et mundi 'Lo Spaccio della bestia trionfante Razionalismo — La Cabala del cavallo Pcgaseo e l'Asino Cillenico— Gli Eroici furor i ~ Conoscenze illustri
principio
del
Bruno
et
uno:
e Dell' infinito^
—
in Inghilterra.
L'ale sicure a l'aria porgo,
Nè temo
Ma
intoppo di cristallo o vetro.
fendo
1
E mentre
E per
cieli,
dal
l'etereo
a l'infinito m'ergo.
mio globo agli altri sorgo, campo oltre penètro,
Quel ch'altri lungi vede, lascio al tergo'.
Giordano Bruno.
Verso
gli
ultimi mesi delFanno 1583
il
Bruno, per
desiderio di vedere nuova gente e nuove cose, pigliò licenza
da Parigi
e
venne
in
Londra con
lettere di
Enrico III per Michele Castelnuovo di Mauvissière suo ambasciatore presso la Corte della regina Elisabetta ^ Questi lo accolse umanissimamente e cortese ospitalità, tenendolo
1)
Vedi
2)
Atti del processo, Doc. IX.
la
gli
fu largo di
come gentiluomo
nota illustrativa di cui sopra.
in sua
i
— 159 — La
italiana va pertanto debitrice al Nolano potè attendere liberamente suoi studi sulle rive del Tamigi e stampare nel-
casa
1.
filosofia
Castelnuovo, se ai
l'idioma patrio
più bei libri che siano usciti dalla
i
Non
sua penna. appelli,
il
è
quindi a meravigliare che egli lo
suo usbergo, suo unico rifugio,
del favore di essere ricettato
,
nodrito
,
e che, grato
difeso
libe-
,
rato, ritenuto in salvo, mantenuto in porto, a lui dedichi quattro sue opere
mondo,
che è
per far testimonianza al
merito del Castelnuovo se la
filosofia
da nolana musa partorita non è morta entro le fasce ~. Alcuni lustri dopo il Campanella indirizzando in
Roma
al Noailles
suo gran libro della
,
altro ambasciatore francese
filosofìa,
<(
,
il
a te sono (diceva a lui
<(
con parole simili a quelle del Bruno) debitore, o ge-
«
neroso eroe, della libertà, dell'onore e della vita
^
».
Castelnuovo di Mauvissière, tanto insigne per virtù
1) Id. Il
primo
libro
così favella
:
Bruno nella dedica che fa a questo suo Mecenate del che stampò in Londra [ExpUcatio triginta sigilloì'um), « Musarura partus iste non ignobilis in tua celeberrima
« aula editus, tibi, illustrissime domine, sacratur
« musis debere
:
qui musis debent, et tibi
:
ut qui mihi debent,
earumdem perpetuo
fautori
« et protectori devinctos esse cognoscant. Ipsae etenim quibus «
omne
solum patria, ne alicubi haberentur peregrinae, seque extraneas esse
« comperirent
:
per italum alumnum, in seposita Britannia, gallicum
ipsumque regium, hospitium repperere. Vale illumque satis tibi « alhgatum scias cui Angliam in Italiani, Londinum in Nolani, to«
« toque orbe seiunctam doniuni in domesticos lares convertisti ». 2)
Vedi
le
prefazioni ai vari libri italiani del
Bruno dedicati
al
€astelnuovo. 3)
Campanella, cf Dedica àeìhi Filosofia razionale, 15 marzo 1635.
Francesco di Noailles ambasciatore francese presso il
Campanella a salvarsi in Francia,
in Parigi e gli ottenne
lo fece
il
Santo Padre aiutò
ospitare dalla sua famiglia
una pensione dal Governo
francese.
— 160 militare quanto per sapienza politica fu uno degli uomini più ragguardevoli del suo tempo. Visitò giovane ritalia, dimorò qualche anno in Roma, sostenne ,
ambasciate, e
Jarnac
di
segnalò nelle fazioni campali di Dreux,
si
e di Moiicontour,
accompagnò, dopo
la
morte
Maria Stuarda nella Scozia, si applicò e mostrò anche in mezzo alle feroci discordie civili animo nobile, temperato, osservante della giustizia. Venuto oratore di Francia in Francesco
di
II,
con profìtto agli studi
^
Inghilterra nel 1575, vi stette dieci anni con Fapprodel suo paese.
vazione
stere in tutto questo
E
benché abbia dovuto assi-
tempo
ai
rinnovati ed infruttuosi
tentativi che, spesso a sua insaputa,
si
fecero nel con-
tinente in prò della bella ed infelice Maria Stuarda,
tuttavia seppe portarsi in
contegno
Le
modo da non
lettere affettuose le quali si
e l'augusta captiva e lo avesse caro.
scambiarono tra esso
provano quanto questa Onde, quando
Enrico
III,
casato, fìglia a
1)
Fanno
i
servigi ricevuti,
di sincera lode alla
Caterina de' Medici, ed
Castelnuovo
pregiasse
essa, in segno di
,
gratitudine e di soddisfacimento per
raccomandò con parole
lo
^.
lui
Castelnuovo tolse
il
congedo per ritornare in Francia lo
eccitare col suo
sospetti della vigile e diffidente Elisabetta
i
al
duca
madre
di
di
Guisa l
si sposò a Maria Bochetel di illustre Giacomo signore de la Forest Brouilha-
di ciò bella testimonianza
scrisse per l'educazione di suo figlio
le lettere,
ed
coustumes des anciens Gauloys che
il
egli
le
Memorie che
Traicté des fagons et tradusse dal latino
di
Kamus. 2)
Questa regina
3} V.
lo vide
con rammarico partire da Londra. par Laboureur.
Mémoire de messire Michel de Castelnau
— Bruxelles
1731.
— 161 — menon, dalla quale ebbe due figliuoli, Edoardo e Giae due figliuole, Maria ed Elisabetta. La Bochetel, secondo il Bruno, « non solamente era dotata di cor-
como,
« <(
porale bellezza che le avvela ed
ma
ammanta T alma,
ancora di accorta modestia ed onestissima corper cui
indissolubil
«
tesia
«
r animo del suo consorte
«
chiunque
,
la conosce
Feducazione dei gliuole,
di
^
Poneva grande
».
sopravvedeva
alla casa, e
diligenza neldelle
fi-
curava che in questa
buon ordine ed
bene della
al
Gentile e cortese con quanti
miglia.
avvinto
a cattivarsi
modo
ed in special
figliuoli
tutto concordasse al
nodo tiene
è potente
et
le
si
fa-
avvicina-
al Bruno le amarezze dell'esilio, rendendimora in Londra quasi altrettanto cara sarebbe stata la dimora sotto il tetto paterno.
vano, mitigò dogli la sua
quanto
gli
Una
delle figliuoline del
toccava appena
il
Castelnuovo
anno
sesto
,
liana, la francese e la inglese così ,
care
«
se ella è
Era graziosa ((
i
,
da
Italia,
buona
,
,
la Maria, che
parlava la lingua
ita-
da non potersi giudi-
da Francia o da Inghilterra
e
».
suonava con tanta maestria
musici strumenti, da dubitar se fosse discesa dal
cielo 0
pur sortita dalla terra ^
».
Queste parole in
bocca del nostro Giordano, la cui vita non fu consolata
da
affetto di fratello o di sorella, respirano tanta
e sì verace soavità e dolcezza
,
che noi crediamo che
l'aspetto gentile ed innocente di questa fanciulletta ed i
suoi vivaci ed infantili coUoquii rallegrassero e ras-
serenassero non di rado l'animo di Ini travagliatissimo.
Questa piccola Maria ebbe a matrina 1)
Bruno, Opere
2) Id., voi.
I,
p.
italiane, voi. I, pag-. 267.
268.
Maria di Bochetel, come 11.
—
la Stuarda, dalla
— Rara
la
Maria
avis, esclamava
di Castelnuovo.
Berti, Giordano Bruno.
il
Bruno, come
la
— 162 — quale non solo è rammentata con tenerezza nelle sue
ma
lettere al padre,
è
ancora festeggiata nell'anniver-
sario della sua nascita con presenti di lavorucci fatti
mani
sue
colle
Stuarda
nella
prigione
di
Maria
Sheffield K
Bruno, l'una decapitata nel Castello di Fo-
e
theringay, dopo diciotto anni passati nelle prigioni di Carlisle,
abbruciato in
l'altro
di
Tutbury, Sheffield,
Campo
Chartley, di Tixal,
di
dei Fiori
cupo carcere in Venezia ed in
dopo
otto anni
Roma Quanta !
gran-
dezza e singolarità di memorie risvegliano in noi questi
nomi, che s'intrecciano a quello della fanciulletta Maria di Castelnuovo
Erano appena
!
trascorsi
due
lustri
da
questo tempo, e la piccola ed aerea Maria, l'angioletto che forse ancora nelle
lunghe
mano
di
si
presentava in visione
e dolorose ore
sposa e mutava
meno
quello non
Ma
Rochechouart
il
della prigione
nome
di
nobile e splendido
più che
il
al
Bruno dava
,
la
Castelnuovo in di
parentado
contessa
di
e le dovizie,
varrà a mantenere viva la memoria di questa liglioccia
Stuarda
della
il
fiore
che ella sparse
sulla via per-
corsa dal filosofo di Nola.
Bruno viveva adunque, come gentiluomo e come amico, in mezzo ai Castelnuovo ed ai loro figliuoli. Il
Egli lavorava con serenità, non distratto da incarico che
gii togliesse
bisogno di cercarsi
il
il
ufficio
od
tempo, non turbato dal
vitto. Il
Castelnuovo usava con
tanta liberalità verso di lui, che non l'obbligava ad intervenire alla messa che dicevasi in casa 1) Si
nuovo 2)
vegga
nelle
,
ed alla
Aggiunte del Laboureur alle Memorie del CastelStuarda alla piccola Maria, voi. Ili, pag. 108.
la lettera della
La Maria
di Castelnuovo
si
sposò nell'anno 1595 a Luigi di Eo-
chechouart di una delle prime famiglie di Francia.
— 163 — quale assisteva quotidianamente la famiglia
E
^.
benché
fosse sincerissimo cattolico ed avesse in Francia
battuto contro
i
Bruno disputasse liberamente ligiose.
La
qual liberalità
suo
il
sua di cose
il
re-
Castelnuovo
Bruno, quanto sapeva
dal
biasimasse
ospite
teologici che si
in casa
e tolleranza del
era tanto più apprezzata
come
com-
protestanti, lasciava tuttavia che
i
frequenti convegni
tenevano in quei tempi in Francia ed
altrove per comporre le controversie religiose, usando dire che la religione la fede e Il
non con
s'
insegnava con V umiltà
e
con
dispute l
le
Castelnuovo amava
egli
pure caldamente
lo studio,
e scriveva in questo
tempo, per l'educazione del
maggiore Giacomo
quelle sue
,
Memorie
figlio
della vita
pubblica, che sono a giusta ragione celebrate tra le migliori del secolo. Forse queste alla sera
versazione tivano
si
a mano a Memorie facevano argomento
in famiglia
Oltre le
scritte.
le
Memorie leggevansi mano che venivano di con-
vicende della Stuarda, per la quale sen-
nobile affetto
i
Castelnuovo.
E
in questo
al
quale alludiamo,
lo
ambasciatore e la regina prigioniera, perchè
il
tempo
carteggio era più frequente tra si
stava
trattando con Filippo II di Spagna, col duca di Guisa e
con Gregorio XIII l'invasione in Inghilterra per
1)
ri-
Atti del processo, Doc. IX.
2) Il
Castelnuovo nelle sue
al celebre
Memorie
Congresso di Passy che
si
(voi. I,
pag. 73) accennando
tenne in Francia nel 1561
alla
presenza di Caterina de' Medici e del Cardinal di Ferrara, deputato dal Pontefice, con l'intervento di Teodoro Beza, dell'italiano Pietro
Martire e di parecchi
altri
rappresentanti
della
Chiesa riformata,
diceva che la religione ne se peut hien entendre que
par humilité
e
che quindi non la
s'
par
la
hnparava dalle dispute.
foy
et
— 164 — staurarvi
Pure
cattolicismo ^
il
il
Bruno, o per osse-
quio ad Elisabetta ed ai suoi amici
inglesi
o
,
per
poca simpatia alla cattolica regina, non solamente non ne accennava
le
peripezie,
ma
neanche ne ricordava
nome. Ciò spettava al Campanella, che vedeva nella Stuarda il cattolicismo perseguitato e combattuto nel-
il
risola
^;
più tardi
e
all'Allìeri,
alla contessa d'Albany,
il
quale per osservanza
impalmata alTultimo
e
degenere
e
semplice
discendente, ne fece subbietto di tragedia.
Gli anni passati dal
Bruno
in questa
famiglia furono senza dubbio
non ostante gliarono
•\
molti e
i
Fu
più belli della sua vita,
nemici che pur colà
fieri
tra lui ed
i
buona
lo trava-
suoi ospiti sincera e costante
i
concordia, poiché lo ebbero
compagno
al loro ritorno in
Parigi e continuò ad essere in buone relazioni con loro nel secondo soggioi-no che egli fece in questa città
ben guardi
ai libri
da
lui scritti in
^.
Chi
questo tempo, e
li
paragoni con quelli pubblicati in Parigi, non potrà non
un grande miglioramento dovuto
riconoscere alla
mutata condizione
uomini
in parte
di vita ed alla conversazione con
chiari nelle lettere ed esperti negli affari ^
Quando
il
Bruno
Londra, questa era ben lungi
visitò
ancora da quella bellezza di strade, da quella pulizia,
da quel comodo 1)
di case
MiGNET, Marie Stuard,
2) Il
Campanella
nelle pao-ine
«
Mox
«
Mariae Scotorum reginae
,
voi.
da quelF urbanità II,
bontà
cap. 9.
che scrisse di se stesso così
in Calabria reversus, in patriae
e
meae
stylo
si
esprime
:
composui tragoediam
».
3) Allude a questi suoi nemici in più luoghi delle opere pubbhcate in
Londra ed altrove. Atti del processo, Doc. IX. 5) Se il Bruno avesse continuato a vivere 4)
in
Londra
forse avrebbe
dato opera più efficace di quella che diede allo studio delle scienze.
,
— 165 — da quell'armonia delle cose diverse, tutte
degli abitanti,
concordanti al massimo benessere universale, che ne
facevano ad Alfieri desideratissimo
il
soggiorno dipoi
i.
Bruno vi trovò strade buie, piene di fango, dalle quali non poteva ritrarre fuori le gambe, case manIl
canti dei sul
comodi che
Tamigi
avevano in
si
raglie vocali di Tebe, ed
«
Caronte
«
cimbe
,
ad ogni moto come
sciicchiolanti e risonanti
«
Italia, barcaroli
che rassomigliavano a
,
arteggiani, et bottegari,
che conoscendoti in qualche foggia forastiero:
ceno
musso,
il
ti
ridono,
ti
ghignano,
co la bocca
traditore, straniero, et questo
ti
titolo ingiuriosissimo, et pa(?e
«
quantosiuoglia
«
armato, nobile, ó gentil' huomo.
ad riceuere
tutti
i'
huomo
il
tor-
,
sia
pur
giouane, ó uecchio, togato, ó
Hor qua
se per
mala
che prendi cccasione di toccarne
sorte
«
vno, ó porre
((
uedrai, quanto é lunga la strada, in
fatto,
un
e'
supposito ca-
mondo
del
torti
«
ti
ti
petteggiano
appresso loro
che rende
((
«
uien
ti
chiamano in suo lenguaggio cane
«
((
,
mu-
le
mano
à Tarmi: ecco in vn punto
ti
mezzo d'uno
quali più di repente che (come
«
esercito di coteconi
«
fingono
«
risorsero tanti
«
la terra,
«
facendo vna honoratissima et gentilissima prospettiua
((
de vna selua de bastoni, pertiche lunghe, alebarde,
i
poeti)
ma
i'
da denti del drago seminati per lasone
huomini armati par che sbuchino da certissimamente esceno da le botteghe: et :
((
partesane
«
ad ottimo vso
«
per questa
((
chiate et pronte. Cossi
1)
,
et
forche gli
rugginenti
et simile occasioni
Alfjeri, Vita
;
e
quali
(
benché
siano state concesse dal prencipe)
han sempre apparec-
con vna rustica furia te
— Soggiorno
in
Londra.
le
—
—
166
«
vedrai auuentar sopra, senza guardare a
«
doue, et come, sanza ch'iin se ne referisca a l'altro,
«
ogn"uno sfogando quel sdegno naturale
((
il
((
sarà inipodito da la calca de gF altri
«
effetto
«
a prendere la misiiia dei sayo, et se
«A
forastiei'o
si
11 li
p(Misioro) et con
1
saldarti aiichnr;i
la
cli'a
mano
centra
non che poneno in
uerrà di sua propria
ti
perdi e,
chi,
(se
sua propria uerga
non
sai-ai
cauto
c-ippollo in tosta
il
((
«
<-
à
Imssate
di
fdiv.a
correrò, aggiiilaiiddl
laraii
ti
andar annuii con
lici
pugni
i
:
le
noli
li
«
liccato donlroiiiia pi'iggione, et (pia ine
A
iKiin
lasciin'aiiiio
(piesta plclic di
vari
oi'(liiii
(inauro
l;iiilo
che
.
i
de
(,)iifHi
.
hiic.
di
l;i
non fliabbiao
elio
o holtcgai
ligiani
scrviioi
di
cdUc
;ii
calci
mai. sin
lil)i
si
conicndo
aggiungono
parte in sorvitoi'i
ci
|iiiiiia
colla soli
i"
et bisognosi gonlil" linomini
«
robba,
«
et questi per
((
indignità seguitano
t(
uoriti da quelli. Quelli de la seconda cotta
«
o" di
li
qii.di
i
di
pouori
per dissogno di
«
:
ad
d'asino ó di mulo:
per «
Inssci'o
i
che mogio sarrehe
fannie, se riducono sol lo Tali di maggiori: il
mercantuzzi
pin non son tolti da sua casa, et senza
falliti,
i"
o"
suoi Milordi, son stimati et fa-
arteggiani,
o' (pielli
sono de
che senza
prolitto hall studiato à leggere scrinerò ó altra arte;
son
fuggiti
«
et questi
«
daco ó bottega. Quelli de
«
troni elle
tolti,
(3
per fuggir maggior
«
libero mestiere: et questi
((
tolti
((
gV
1)
da
battelli: o'
aratri. Gì' vltimi
Edizione
da qualche scuola, fun-
la terza cotta
De
o'
fatica,
han
son qué pollasciato più
son poltroni acquatici,
son poltroni
terrestri,
tolti
da
de la quarta cotta sono una me-
Lasrarde. Yol.
I, pag-.
144-145.
— 167 — scugia di desperati, di disgratiati da lor padroni, de fuor usciti da tempeste, de pelegrini. de disutili et inerti, di
qué che non han più comodità di rubbare,
qué che frescamente son scampati
di
quelli che
uiene
a'
di priggione, di
han disegno d' ingannar qualchuno, che le là. Et questi son tolti da le colonne
torre di
de la borsa, et da la porta di san Paolo. se ne uuoi
Parigi, ne trouarai quanti
à'
la
porta del palazzo. In Napoli à
in
Venezia,
De
le
le
Roma
Rialto, in
a'
grado
di
Campo
al
De ti
simili
piace a
san Paolo, di Flora.
son quei che per mostrar
tre ultime specie,
quanto siino potenti in casa sua,
et
che sono persone
buon stomacho, son buoni soldati, et hanno à diil mondo tutto ad uno che non fà mina di uolergli dar la piazza larga: gli donaranno con la spalla, come con un sprone di galera una spinta, che
di
spreggio
lo
:
faran uoltar tutto ritondo, facendogli ueder quanto
siino forti l'obusti et possenti, et
ad un bisognò buoni
per rompere un' armata. Et se costui che se farà incontro, sarà
un
di piazza, che
san fare
il
forestiero
donigli pur quanto
:
uuole per ogni
modo
Caesare, l'Anniballe,
1'
si
uogla
che sappia, quanto
Hettorre, et
un bue
che urta anchora
Cossi fanno anchora color che portan birra et hala, i'
quali facendo
te si
il
corso suo, se per sua inauertenza
auuentaranno sopra,
te faran sentir l'empito
de
non solamente son posspalli; ma anchora à buttar vna (se fusse un carro) anchora.
la carca che portano; et che
senti à portar su le
casa inante, et tirar
Accuso
(dico)
queir
.
altri
i'
.
.
quali tal uolta fìngendo di
.
uoler
fuggire, ò « «
alchuno, ó correre à
perseguitare
qualche negozio necessario: se spiccano da dentro vna bottega, et con quella furia
uer ranno da dietro ò
ti
un quando e' stizzalo, conio (pochi mesi fà) accadde « ad un pouero M. Alessandro Citolino, al quale iu cotal «modo, con i-iso ci plauso di tutta la piazza, tu rotto à doimr
«
da
«
toro
«
et fracassato
«
dere
«
hauesse possuto accadi
costa,
un inaccio.
sa[)c>s('
ci
piche
nc\ulen/a
clic
a
liissci d
ed era Iioppd line ()ss,t\
In
dire
Liliciic
\-crc.
(,>iia
<
liberamente, dona
dà
il
il
essere.
])i-opi'io
al
iiiiiro
capo capo..
.
proprio .
Uà
gli
il
le
«
coltello et fuoco per coltello e fuoco
pei-
pei- filosofi, gli
Cena de
le
imposture,
Bernardi.
ceneri, edizione
Il Citolini
morì obliato
gli
natura il
vino
la
De
.
inganni per inganni, .
.
.
pedanti per pedanti,
intorno ad Alessandro Citolini
la
pane pane,
per prodezze e mci'aviglie
(«
imposture
chi
nomina
miracoli per miracoli, le
prodezze
et incra\ i^lie
a
ikiiiic
chiama
.
«
1)
sera da
che valea per dieci.
(iiordaici parla per volgare,
«
vino:
aveva
pin clie alir
«
<(
ccLilicrc e l'itrai're
.tidi'e pel' ih Hi
clic \('(le\a. 'l'anlo pili clic
dare luralna
II'"
lii-liiliei ra
il
per pfccacciai'O be-
uoiiic da ikui tacei'e,
ci-a
ciiva spimi,. naie, nn.i delle (piali fu sì gentile
in
il
cose
costumi
flesso occasione di iÌscikiIim-c una
a\iilu r[A\
clic
le
cosa
tal
desci'izionc dei
la
simnicrd, pine
Ini
che
piazza^»'
(piella
in
pennellate inlciMKi agli animali
iiiulcsc. e le
gciiniiiaiiifiiie
\('iiii
re
cliiania urluliri.
clic ci
dn' uolendo poi proue-
al
magisiiatu; non tionò manco
il
llfuclh'
della
spinta che può donar
(jiiolla
Stima gli
.
il
gli filosofi
monachi per
Lag-arde, pag-. 146-147.
— Vedi
dotta monografia delFabate Jacopo
nacque in Serravalle
e forse travagliato dalla
delle Alpi, ora Città- Vittorio,
miseria in Londra.
— 169 — ((
monachi,
gli disutili,
montimbanchi,
ciarlatani, bagat-
barattoni, istrioni, papagalli, per quel che si
«
tellieri,
«
dicono, mostrano et sono
^
/*.
Alla pittura degli uomini succede quella delle donne
muse
0 delle
chiama, graziose, gen-
inglesi, com'ei le
pastose, morbide, giovani, belle, delicate, biondi
tili,
capelli,
bianche guancie, vermiglie gote, labbra suc-
Sono a un dipresso ì^nimphae
chiuse, occhi divini 2.
divinìs vuUihus, hlandae, faciles, con incontrato
ebbe
sì
Erasmo
quali s'era
le
alcuni lustri prima, e dalle quali
soavi accoglienze che egli da buono epicureista
avrebbe voluto rimanersene pellegrino in Inghilterra per tutta la vita.
Arrivi, e tutti
«
licenziano coi baci; torni,
«
gono da
«
de' baci
te, ;
ti
recano de' baci
ti
baciano; parti,
rendono
ti si
partono,
;
v'incontrate, e vi baciate^».
Bruno non andasse a sangue mostrò tanto sjjasimare a
le
si
ti
ven-
scambiano
E comechè
al
culto della donna, e
il
quasi quasi tenesse per pazzo
de' baci;
il
tosco poeta che si
rive di Sorga per
una
di Valchiusa, tuttavia stimava degne di canto alcune signore inglesi, onore del sesso femminile e composte
di sostanza
celeste''.
2)
Spaccio della bestia trionfante, edizione De Lag-arde, pag. 406. Edizione De Lagarde, pag. 128.
3)
Erasmo scrivendo da Londra a Fausto Andrelino dice:«Sunt
1)
« hic
nympliae divinis vultibus, blandae,
« nienis facile anteponas. Sive
« discedas aliquo, osculis dimitteris «
ad
te,
propinantur suavia
;
4)
Ed
et
quas tu tuis Ca-
:
redis,
exciperis, sive
redduntur suavia
:
venitur
disceditur abs te, dividuntur basia
« curritur alicubi, basiatur affatim
« suaviorum piena sunt
faciles,
quo venias, oninius oscula
omnia
:
:
oc-
denique quocumque te moveas,
».
a scusa di aver detto male di alcune donne inglesi scriveva un
sonetto pieu di lodi
A le più virtuose e leggiadre dame
di Inghilterra.
— 170 — di
Dove aggrava più la mano è nell'abbozzo che traccia una parte dei dottori di Oxford, uomini di roba lunga, con catene d'oro lucenti
vestiti di velluto
mani preziose per due
da parere ricchissimi
dita,
E come i
Sllldii.
contrapposto
cavalieri, coi
T^uiìiiii r
pin riddile e
Nei per
praii/.i
L;i-a/ia
mano tolto di
liocca,
d^'i
(|U('lla
nsan/.a. di
ben
clic
i
Nala-
lo
non vide
ei
Ini
a
passare
lai-
couNiiaii
lascialoiii
ci
erano
liKiudo.
italiano di
mano
stesso orciuolo o
mena
dnp.i ipid clic
(pia!''
Ini
ciclo e in nnv/.o al
da ([Ucsii ca\alioi-i.
iilla
lii
ciaNciuiM il
dd
praticala
)io
I
secondo
iiiiiis^iiiK»
lialura
(laliuli
di
a
hiccliicrc «
soiin
l'icca
pai'cva sli'aiia c in
[xT l^iMìtilcZZa, COl flOre
:i
((lucali, clic
all('\'ati
nei buoni
versati
liKuli.
Tamigi.
sul
alihallt^ in
si
i)('i
(li
sl;ii-c
liill
poletani.
con maniere
<^ioiellieri,
dottori coloi'isce con bella
ai
«inali
IVaiK'lii.
l(\'ili.
lialiani
di'j^li
con
da bifolco K
scortesi e
tinta
al collo,
dodici anella che contengono in
le
'piella
il
ballo se
I
impaiiiialiira
per culla
lià
di
appresso
«
pinguedine
«
beue questo,
(.
(picir alti-o et
«
beue costui,
«
cossi con bel disordine gustandosi da tutti la beuanda,
clic et
i)U('i
ni
lascia
n" alligge
sei iiir
mica
vna
et ni scrolla
un
pelo
cortesia de le reliquie che tiene circa
che pur nondimeno si
avevano per segno
Edizione
De
Lao-arde, pag. 120.
2) Id., id., pag. 149.
il
mustaccio
e
in alcuni conviti, nei quali inter-
civiltà e cortesia
1)
de la barba: et
lanio malcreato, che non ni lasse qualche
nessuno
«
venne,
:
pane: beue
à Torlo un irisetto di carne:
«
é
di
di
massima
e
squisita
— 171 — Venendo
di Parigi,
teneva
suo forziere manoscritto trenta
sigilli,
pi'obabilmente, nel
già,
libro della
il
Spiegazione dei
che diè prontamente alle stampe in Londra
Castelnuovo e con una lettera
con una dedica
al
cancelliere, che
crediamo fosse Tobia Mathew, ed
tori di
Oxford, nella quale
al viceai dot-
annunzia dottore di una
si
una sapienza più pura che comunemente spacciasi.
teologia squisita, e professore di e pili
innocente di quella,
Soggiunge, con linguaggio vanaglorioso, che egli è risvegliatore dei dormienti ed
ranza presuntuosa
il
domatore
che non è italiano o
e caparbia;
britanno, maschio o femmina, vescovo o principe, di toga 0 di spada,
monaco
il
dell'igno-
o laico,
ma, come
uomo già
si
disse altrove, cittadino e domesiico del inondo, figlio
del
padre
sole e
Ei premise
madre
de la terra
al libro
^.
questa sti-ana apologia per far
parlare di sè e per ottenere che gli fossero aperte le
porte di quel claustro scientifico, che era lo Studio di
Oxford.
Il
che infatti conseguiva.
Non
indugiò pertanto
a recarsi da Londra all'Università di Oxford che sorge in
amena
gere
e ridente
campagna e mettersi quivi a legdelVanima e sulla quintuplice
^\\\V immortalità
sfera, e provocare ai consueti
duelli
delle
dispute
i
dottori oxfor densi.
Queste sue lezioni incontrarono tale
e
tanta oppo-
sizione per parte di quei dottori, che egli le dovette
interrompere
^.
E
per vero
ei
sosteneva
più erano in contraddizione con
1)
Vedi
la singolare lettera
Bruno, Opere
che
opinioni approvate
che egli con frasi iperboliche scrive
al vice-cancelliere dell' Università di
2)
le
le dottrine
Oxford.
italiane, Voi. I, p.
179.
|
— 172 — da quei maestri. L'anima ed e come iramcorpora,
immortali; (luella si
corpo sono enti'ambi
il
dissolve e ti'asforma, così
(luesto si
per vicenda inlinita agglome-
e
rando intorno a sè atomi ad atomi
si
forma
medesima
in
essenza specifica
novelli corpi.
L'anima
«
è
con quella delle mosche, ostriche marine
<(
e generica
«
e piante, e di qualsivoglia cosa
«
(I
;ihl)i;i
ddli'
sono
acct'iiiiale
Uno
è lo spii-ito
la
<
Se
d'ini scrpciiit' di
((
tila <[uaiiia
lesili
([u.'nIi.
si
i
li ii
)
(( .r| m
[.ossìImIc fa|Mi
il
s
in
ì
l'i
trovi animata
si dt'i
moderni sulla uni\orsale, già
s|)ii 'H(»
nniove
e
si niiiiciil
liissc
<(
nna
che anima di
((
sullo
Londi'a dal Jìruno.
libri [julilit'ali in
iii'i
df-li
di\('|->ila
che
()|iiiii(>iii
li'
s|M',-i('.
(Hi
rudiiKi.
l'aiido.
'rmic
iiiiiiiiii
trasiiiiU;i/.i(Uit'
V
e fabbiica
pianta, la bestia
la 1
(
s(
.
m o d
dei di cui laih»
iiiasse et
ì
1
vorsi per
vale ope-
si
trovasse che
si
stornasse in figura
busid crescesse in tanta (juanumana, f pun cniin'UiM -i nel jicriodo di cotal specie, il
«
se gli allargasse
«
gli
«
è lei-minala coda,
la
liii-ua. ainpiassero le spalle, se
ramilìcassero le braccia
appai
mani,
et
andassero ifel'iu-
a
el
luogo dove
al
ingeminarsi
sjjirai-ebbe
le
gambe,
parlerebbe,
«
intciiderel)lie.
«
oprarebbe
((
rumnii-. perc hè
«
per
«
pente, se venisse a contraere come denii o un ceppo
il
braccia et gambe,
«
mazione
«
tutte quelle
«
sioni.
una
non
,
altrimentc
nmi sarel)be altro che uomo.
contrario
di
.
camminaieblje
et
1"
uomo non sarebbe
alti'o
die
Come
che serle
et l'ossa tutte concorressero alla fors])ina, si
ligure
de'
incolubrasse et prendesse
membri
e
abiti
de comples-
Allora harcbl)e più o nien vivace ingegno, in
«
luogo di parlare sibilerebbe, in luogo di camminare serperebbe, in luogo di edificarsi palagio si cavarebbe
«
un pertuggio,
«
e
(
non
gli
converrebe la stanza
ma
la
-173 — «
buca; et come già era sotto quelle, ora è sótto queste
«
membra
instrumenti, potenze e atti... Quindi possete
possono aver
«
capire, esser possibile, che molti animali
«
più ingegno et molto maggior lume
«
l'uomo;
'<
essere inferiore,
«
medesimi
«
considera un poco
«
stesso quel che sarebbe, se posto che l'uomo avesse al
((
doppio d'ingegno che non bave:
«
splendesse tanto più chiaro che non
«
tutto ciò le
ma
per penuria di instrumenti
gli è
li
come quello per ricchezza
et
che
viene ad
dono dei
tanto superiore: et che ciò sia la verità,
mani
sottile, et
al
gii
esamina entro a
et l'intelletto gli
agente
te
li
splende et con :
venisser trasformate in forma di
«
due piedi rimanendogli tutto
«
intiero
;
d' intelletto
l'altro nel
suo ordinario
dimmi, dove potrebbe imperciò esser
la con-
«
versazione degli uomini, come potrebbero instituirsi
«
et
«
più che de' cavalli, cervi, porci, senza esserne devo-
«
rati
<(
tal
«
e
«
dottrine, le invenzioni di discipline, le oongregazioni
"
di cittadini, le strutture degli edifizii
«
assai,
«
umana,
durare
famigle et unioni di costoro parimenti o
le
da innumerabili specie
maniera soggetti a maggiore
et
più certa ruinaf
per conseguenza dove sarebbono
le instituzioni di
che et
significano
la
ed altre cose
grandezza ed eccellenza
fanno l'uomo trionfatore veramente invitto
«
sopra
<<
guardi,
<(
tato
e
degli organi
specie? Tutto questo, se oculatamente
l'altre
non tanto principalmente al detdell'ingegno, quanto a quello della mano, organo si
referisce
i
».
Poniamoci ora davanti
1)
di bestie, per essere in
al
pensiero
il
V. Cabala del cavallo Pegaseo, con l'agg-iunta
lenico, edizione
De Lagarde^
pag.^586.
Bruno
sulle
deW Asino
Cil-
— 174 — vecchie cattedre di Oxford, attorniato da ima folla di gente, nell'atto di tradurre in quel suo originale e scorretto latino tutte queste idee, di dar loro vita e colla voce, col gesto, con tutto
moto
forma
della sua pic-
avremo un' imperfetta immagine
cola persona; ed l'etìetto
il
del-
che dovea produrre e dei nemici che dovea
E maggiormente udendolo chiudere una lunga disputa su quest'anima immortale che assume ora un corpo ora un altro, che monade sempli-
contro sè eccitare.
cissima ora avvolge per agglomerazione intorno a sè
tomorum atonia,
ora per esgiomerazione
li
abbandona
verso
col
/ moie, stulte, mijias mortis
fatumque timeto
Oltre questa audace dottrina, egli professava nelle
sue lezioni sulla quintuplice sfera, con vigoria di ragioni le sue ardite induzioni fondate sul sistema co-
pernicano
e
derideva
il
sussiego dei peripatetici ber-
teggiandone l'ignoranza. Favellava degli abitanti degli
mondi come di gente non dissimile da noi, posta non peggiore del nostro. Migliaia e migliaia di mondi ei vedeva in quell'infinito numero di corpi fiammeggianti che come ambasciatori annunziano Veccellenza de la gloria e maestà di Dio e ci indialtri
in loco
cano
il
modo
di scoprire l'infinito effetto dell'infinita
causa. Iddio è cosi presso e dentro noi e dentro gii abitanti dei singoli
mava con la
sua
1)
:
come
e
filosofia
scioglie
l'anima
umana
è presso
quindi escla-
voce balda e con linguaggio
nuovo, che dal
carcere
Chi amasse pigliare notizia della dottrina del Bruno intorno
all'iramortalità dell'anima legga
nimo
astri
et mensiira.
il
capo 3 del libro
De
triplici, mi-
— 175 — in cui
è,
abilita a rimirare
lo
libera dai sedicenti « cielo,
l'infinito
universo, lo
Mercuri, et Appollini discesi dal
«
con moltiforme impostura han ripieno
mondo
il
come di tante smorzando quel lume
«
tutto d'infinite pazzie, bestialità, et uitii,
((
uertù, diuinità, et discipline:
«
che rendea diuini et heroichi gl'animi di nostri an-
«
tichi padri,
((
caliginose de sophisti et asini.
((
tempo l'humana raggione oppressa,
approuando,
et
conlìrmando
Per
lucido interuallo piangendo la sua «
alla diuina et
((
orecchio
li
Le sue
tenebre
[le
che già tanto
suo
tal uolta nel
bassa conditione,
prouida mente, che sempre ne l'interno
susurra,
si
« Chi salirà '
si
il
per
« A' riportarne
lezioni in
riuolge con simili accenti
me madonna il
i
in cielo,
mio perduto ingegno?
».
Oxford non continuarono
oltre
i
mesi e tenne l'ultima sua disputa nel dicembre
tre
dell'anno 1583 in
una grande solennità
cui egli si trovò
presente.
Venne a visitare lo Studio nel giugno di quell'anno un principe polacco, Alberto di Alasco, tratto specialmente dalla fama della regina Elisabetta e dal desiderio di far mostra virtù. Gli
delle
sue
ricchezze e delle sue
andarono incontro fuori della
cancelliere ed
i
il
vice-
dottori Unfredo, Arturo Yeldard,
Mar-
tino Culper, Erberto Westphaling;
quale ultimo fece
onori del ricevimento con una orazione latina, a
gli
cui pure in latino rispose lo
il
città
aspettavano
i
il
principe. Vicino alla città
Magistrati, col loro notaio che
li
sa-
lutava con un altro discorso latino; a ciascuno della
comitiva furono offerti in dono guanti. Giunti a porta
1)
Cena de
le
ceneri, edizione
De Lagarde,
pag-.
127.
— 176 — Orientale, entrarono accompagnati da suoni musicali
mezzo a
in
innumerevole d'ambo
folla
Alla chiesa della Vergine
i
lati disposta.
vice-cancelliere dello Studio
una Bibbia
principe
offrì al
il
gran prezzo,
di
e
alla
comitiva nuovamente guanti. Proseguirono sino alla chiesa del Gesù; dove accolti dal decano, dai canonici e dagli alunni furono condotti alle tavole imbandite per la
cena, rischiarate di luce singolare ottenuta da
polvere.
La domane
dispute
teologiche,
finì
si
passò in orazioni
mediche, giuridiche,
una
filosofiche, e
con la recita di una commedia. Nel mattino del dì
seguente
il
principe entrò nelle scuole ad ascoltarvi
prelezioni e dispute, e nel dopo pranzo (rallegrato il
certa
latine, in
giorno innanzi da poesie e da
come
esercizi) fu te-
altri
nuta nella chiesa della Vergine una disputazione vari argomenti, de' quali due furono se
i
più delle femmine
si),
ammettere
Dopo
(e fu
conchiuso che
di
maschi vivono e se si
possa
la divinazione astrologica, che fu negato.
di che si
cenò alla chiesa del Gesù, e fu rappresen-
tata con ingegnosi
meccanismi una tragedia,
la
Bidone.
Questa tragedia che vuole essere distinta dalla tragedia di
Giovanni Rightwise
e
da quella
Bidone regina di
di
Cartagine, lasciata incompiuta da Cristoforo Mario we
e
terminata dal poeta Nash, fu scritta in latino da Guglielmo Gager.
Il
terzo giorno
mattina una conclone, e poscia legi, accolto
rispondendo
uno il
dei dottori tenne di
principe visitò vari col-
per ogni dove da orazioni, poesie e dispute, egli
a tutto e ringraziando in più di una
lingua. Tornato a Londra,
empì
la Corte delle splen-
dide accoglienze ricevute in Oxford
;
delle quali la re-
gina ringraziò per lettera l'Accademia. Del resto, ag-
giunge
lo storico,
il
principe polacco in questo viaggio
— 177 — consumò, sebbene immense fossero,
le
sue ricchezze,
veduto in Cracovia in poverissimo stato
e fu poi
Ai molti nomi
di lettori e disputatori che ricorda lo
storico dello Studio oxfordense, nell'occasione dell'ac-
cennato ricevimento, è da aggiungere quello del Bruno, quale questionò pubblicamente
il
«
con quei dottori
«
in teologia in presenza del principe Alasco polacco
ed
de
de la nobiltà inglese »^ Così egli nella Cena
altri
le
ceneri; e ricorda piacevolmente quel
dottore (che dal
Wood
sappiamo essere
i(
moderatore della disputa), che come
«
Accademia ne puosero avanti
«
sione
((
volte qual pulcino entro la stoppa
paragona
«
Leyson,
corifeo della
in questa grave occa-
((
;
e più
irosamente
la inciviltà e discortesia di quel
porco
»
pazienza et amenità di quell'altro che in fatto mostrava essere napoletano, nato et allevato sotto
alla (f
povero
«
che restò per quindici sillogismi, quindici
e
,
il
il
((
più benigno cielo
^ ».
Notabile è questo fatto che negli Studi stranieri, dove occorre lotta e contrasto di dispute e di libere quistioni, ivi s'incontri
quasi sempre qualche
nome
italiano.
Non
molti anni innanzi, nel 1548, in quel medesimo Studio di
Oxford avea disputato
di teologia Pier Martire
Ver-
migli; e la sua prelezione era stata accompagnata da
tumulti e da pericoli, .audacemente sfidati dal nostro concittadino. Così l'Italia, dopo aver essa dato
all'Europa
gli
prima esempi della libera accademia, inviava,
quasi a rinfrescarne
1)
Vedi WooDE. Univ.
2)
Edizione
le
tradizioni,
et antiq.
De Lagarde,
—
suoi
figli,
Oxon., pag. 300.
pag. 176.
3) Id., pag. 177. 12.
i
Berti, Giordano Bruno.
che
le
— 178 — vicende politiche e religiose o l'amor della scienza allon-
tanavano dal suo seno.
Come
gli fu
chiusa la via al leggere ed all'argomentare
nelle pubbliche aule di Oxford, egli, per la
era venuto,
fama
in cui
diè a discutere in privato coi cavalieri,
si
amici, dottori, che desiderosi di udirlo in casa ora del
Sidney, ora di Folco Greville, ora in quella del Castel-
nuovo od si
in taluni de' circoli letterari di (^uel tempo,
radunavano.
Nel giorno chetto che
si
delle ceneri del 1584 in
un sontuoso ban-
tenne presso F'olco Greville, secondo
le
opere a stampa del Bruno, o presso l'oratore di Francia giusta quanto è detto nel processo \
il
Bruno
pigliò a
ragionare alla presenza de' convitati, che erano tutti dottori e gentiluomini inglesi, ad eccezione del Florio,
intorno alla dottrina Copernicana.
«
M. Florio
«
à uiso à viso d'vn caualliero, che sedeua
«
la tauola:
«
Nolano à
«
del
((
Hor
«
la persona,
«
mani su
al
sedde
capo de
M. Florio:
sign. Folco, à destra de
il
~
io et
il
M. Florio: il dottor Torquato à sinistra del Nolano. Il dottor Nundinio à uiso à uiso
1)
sinistra de
Nolano
^
dottor Nundinio dopo essersi posto in punto de
il
limonato un poco
Nel secondo dialogo
come- Folco Greville
della
lo invitò
delle Ceneri per intendere le
moversi.
la schena, poste le
la tauola, riguardatosi
—
a
un poco circum
Cena de convito
ragioni per
le
ceneri
il
Bruno narra
con altre persone le
due
circa,
la sera
quali stimava la terra
Per contro nel Documento XIII del processo Veneto
dice « che la
Cena de
le
ci
Ceneri si fece nella casa dell'ambasciatore
« di Francia ». 2)
Diremo più
sotto di Giovanni Florio che seppe acquistarsi sin-
golare fama alla corte della regina EHsahetta. 3)
Edizione
De Lagarde,
pag. 148.
— 179 « ((
accomodatosi alquanto la lingua in bocca, rasserenati gl'occhi al cielo, spiccato et sputato
una
volta;
»^
da
i'
denti
lano se intendeva la lingua inglese. «
non, et disse
«
perche benché
«
in questo paese
«
nariissime pareli;
((
«
delicato risetto,
«
al
No-
Questi rispose che
vero
il
appresso un anno che ha pratticato non intende più che due, 6 tre ordi-
sii ;
quali sà che sono salutationi,
le
ma
non già particolarmente quel che voglan dire. Et di quelle se lui ne volesse proferire una; non potrebbe ».
Richiesto perchè gua, rispose: «
un
comincia a domandare
clini
«
desse
si
Non
poco pensiero
si
di
questa
lin-
cosa che lo costringa, ò che Tin-
e'
à questo, perche coloro che son honorati, et genquali lui suol conuersare, tutti san
((
til'huomini co
«
parlare ó Latino, ó Francese, ó Spagnuolo, ó Italiano
«
i
« «
li
quali sapendo che la lingua Inglesa
non uiene
:
in uso
se non dentro quest'isola, se stimarebbero saluatici, non sapendo altra lingua che la propria naturale ))^. La
conversazione incominciò adunque in latino. I
dialoghi della
singolare
dove tutti
Cena de
le
ceneri descrivono con
vivacità questa curiosissima conversazione,
Bruno scavalca il suo avversario e fa tacere gli opponénti. Moto della terra, pluralità di soli, il
astri roteanti intorno ai e dei soli, corpi
medesimi, e abitabilità degli astri
opachi e lucidi, adombramento di una
sua teoria sull'abbassamento dei monti, plemento, riati ((
l'infinità dell'Universo,
argomenti. Sappiate
che quello costa
1)
Edizione
2) Id., pag.
d'
eccone
cotne com-
i
vasti e sva-
che L'universo é infinito. Et
una immensa etherea reggione. E'
De Lagarde, 150.
«
e,
pag. 149.
— 180«
veramente un
cielo
il
quale
detto spacio et seno, in
e'
hanno
«
cui sono tanti astri che
«
altrimente che la terra. Et cossi
sono
non
tissione in quello, la lun;i.
sole et altri
il
(juesta etherea reggione,
«
cor[)i
«
come ueggianio
«
dere altro iìi-nianiento. altra base, altro fundaniento,
«
Olle s"a|)|)oggiiio
«
alla consi
<'
materia
«'
bene ne
«
et discorso:
((
esseì-c nniiKTo do niiiiisn
<(
glaia do nii'jiaia ansivi,
«
glaia graiiiniinisi
"
do quali molli cun
«
'(
et inlinita
qua
lo lo diiiiiic reno];!
11
r;i
no.
Im-
i
,iin.
dol
d
(,»iio
A
ioni
t
('iic
dicono non
i
riiMclii. oi
sono
uli
come
il
i
li
dicevano di
«
Quanto
De
quali
i
la
terra, la
». il
dottore
tei'rogandolo circa
accordare quanto diceva con
usi ri [irima quello che poi.
('orpi dil-
sole et altri in-
;difo i^Tro iniiumerahili a lii'o c(Hnm(_'iisalé.
;i
i
([iiesto
egli rispon-
seguaci di Copernico
credetemi che se
'(
Deisifusserodegnati
«
della natura:
«
prattica di cose morali: io più tosto
i(
fede de
«
certezza de mie raggioni, et proprii sentimenti.
«
(come chiarissimamente ogn'uno
1)
le
mi-
(1(3
gr;indi animali
che da lor
Alni son iroddi. comò
culi |)oiesse
mi-
liissinio, al (|ualo
dnM'c ('(Miteiiaia
olii;ir(i luiiio
ef1(Miiialiiionic cildi
1
come
poiciiza attuale:
(iiiiina
inioiKl.ao laiiio la l'Ogolata, l'aggione
con cui
dieci
da cre-
che concorrono
NCro soggetto,
quanto veiii\a dalle Sacre Carte insegnato
deva
e'
raii
elicerà un
iiio(|(t
hmmiìIo.
iiiliniia
luna. N'ciioro, 1).
Et che non
ne sniio di n-ni conii.riio sensibili.
:
son
in
essere la terra.
ut ioli drl
ilolla
nunioraliili
Sniit il
il
lià
loiideiio
« alti'i (<
iiiiiii iiicr;i l)ili
gli
(riiisegiiarci latlicorica dellecose
come ne han
fatto tauore di proporci la
mi accostarci
loro reuelationi, che nuiouormi
[jiiiito
alla
della
Ma
\)uò uedei-e) nelli di-
Bruno^ edizione De Lagarde, pag. 175.
— 181 — «
nini libri in seriiitio del nostro intelletto,
«
tano
non
demostrationi, et speculationi, circa
le
come se fussephilosofia: ma
le
si trat-
cose na-
in gratia de la nostra
«
turali,
«
mente
«
le ationi
«
questo scopo auanti gl'occhii; nel resto non
«
parlar secondo quella uerità per la quale non prolitta-
"
rebbono
«
al
«
contemplatiui
«
condo
«
à capire quel eh 'e' pii nei pale
et affetto,
bene
morali.
i'
suo
il
le leggi si
ordina la prattica circa il
diuino legislatore si
cura di
volgari, per ritrarse dal male, et appiglarse
ma
:
per
Hauendo domque
di questo :
il
pensiero lascia à g-Phnomini
uolgo di maniera; che se-
et parla al
modo de
Le osservazioni ed
intendere, et di parlare, uenghi »
ragionamenti che
i
il
Galileo fa
in parecchi luoghi delle sue opere e delle sue lettere,
sono del tutto conformi a quelli che
si
Cena de
conferma sempre
le
ceneri del Bruno,
il
che
ci
leggono nella
più che Galileo pose diligente studio in alcuni libri del
Bruno sebbene non
ardisse citarli. In questo Keplero
andò assai più avanti
e
con lodevolissima schiettezza
seppe dimostrare a voce alta non solo affetto
ammirazione per
Ad
ma grande
Bruno.
il
ogni istante però
il
nostro Nolano nella conversa-
zione alle ragioni salde mescola frizzi e sarcasmi contro i
dottori oxfordensi, contro la plebe inglese, contro
i
pe-
danti. Intiora di sali e di osservazioni finissime, belle,
vere, tutto
il
zione, irride
contesto del suo discorso, fa i
grandi,
dabbene ed onorato,
non
«
i
di
rado
gli
preponga un
((
nel quale
noscere quanto l'autorità vale sopra
1)
Cena de
le
ceneri, edizione
erudi-
un uomo
faran tenere quel grado,
«
gli si
pompa di
quali se talvolta esaltano
che
tale,
De Lagarde,
i
gli faccia co-
meriti, e che
pig. 169,
i
— 182«
meriti non vagliono se non (luanto (luella permette e
«
dispensa
^
Raccomanda
».
la operosità e la perseve-
ranza, e con nobilissime parole encomia chi non s'arresta vinto
Poiché
dalla disperazione
Non
«
solo
e'
degno
di
meritato
«
si
«
de l'hauer meritato, benché non
«
cose pretiose son poste nel
Bruno, Cena
Scolpisce «
per
Ini si iiicomlx'.
rie
il
»
Tntte
Onde conclude
iiiiilà elio lo
riiiliiiii;!
suo pensiero
2.
ch'ha
et sufliciente
l'iiabbia uinto.
dilìicile
De Lagardc,
ceneri, e(li/i(3ne
le
maggiormente
cammino.
et qnell'altro
ben corso, ciré giudicato ancho degno,
che a
1)
palio:
il
honore (pieiruno ch'ha
ma anchor (Quello,
«
il
mezzo
a
avviva
141.
]yàg.
premettendo che
i
—
grandi
non esaltano per ordijiario degni e virtuosi, per che li pare, che non hanno occasione di renderli tante grazie, quanto un ag-
« quelli
« grandito iioltrone o feccia di forfanti ». 2) Id., pag. 141, o)
de
le
Mette
in bocca a Prudenzio,
uno degli interlocutori
ceneri, la seguente preghiera
« Io
ti
scongiuro Nolano Per
la
della
Cena
:
speranza, eh' hai
nell' altissima,
auuiua, et adori. Per gV eminenti numi,
« et infinita unita che
t'
« che ti protegeno, et
che honori, Per
il
diuino tuo Genio che
ti
« defende, et in cui ti fidi: che uogli guardarti di uile, ignobili, bar« bare, et
indegne conuersationi; à
fin
che non contraili per sorte
come un satyrico come un Misantropo Timon tra gP uomini: tanto appó l'illustrissimo et generosissimo animo del
« tal rabbia, et tanta ritrosia, che doucnghi forse «
]\
Ionio tra gli Dei, et
«Rimanti
tra
« sig. di Manvissiero (sotto l'auspicii del quale cominci à puljblicar
« tanto sollenne philosophia) che forse verrà qualche sufficientissimo « mezzo, per cui gì' astri, et potentissimi superi
ti
guidaranno à
ter-
onde da lungi possi riguardar simil brutagla. Et noi altri « assai nobili personaggi, siete scongiurati. Per il scettro del fulgo« raute Gioue, Per la ciuilità famosa di Priamidi. Per la magnani«
mine
tale;
« mità del Senato et Popolo Quirino, et
Per
il
nettareo conuito che
« sopra la Ethiopia bugiente fan gli Dei: che se per sorte un'altra
« uolta auuiene che «
il
Nolano, per farui seruitio, ò piacere, ò fauore,
ueughi à pernottar in uostre case: facciate
di
modo, che da uoi
- 183 di star
più che mai saldo ora che ha cominciato a pub-
blicare tanto solenne filosofìa sotto gli auspicii del
stelnuovo, al quale sono questi cinque dialoghi
Ca-
De
ceneri dedicati, confidando che verrà tempo in cui
modo
potentissimi superi gli daranno
termine Fopera del rinnovamento egli
di
le i
condurre a
filosofico, alla
quale
consacrò ingegno e vita.
È sempre questa la meta cui mirava e che sperava quando ancora era in Inghilterra di poter raggiungere. Egli si credeva sortito per un rinnovamento filosofico come Calvino, Lutero, Knox ed altri si credevano chiamati ad un l'innovamento delle idee religiose. Come prima si divulgarono le dottrine contenute nei dialoghi sulla Ceìia de le ceneri, fu un gran gridare in Londra contro il Bruno. I dottori di Oxford mandarono forti grida,
punti nel vivo dall'aspro e satirico suo lin-
guaggio. Gli altri moltissimi offesi dalla
stumi
come
si
inglesi.
Onde
il
Bruno, senza smettere
egli dice, credette
imo, di temperare
e di
le braccia,
conveniente, nel terzo suo scritto
pubblicato in Londra col titolo et
sentirono specialmente
poco piacevole pittura che egli fece dei co-
le
De
la causa,
jmncipio
censure dei mentovati dialoghi
correggere Finterpretazione che
si
volle dare alle
sue parole. Egli quindi non solamente protesta che mai Et douendo per roscuro cielo ritornar accompagnar con cinquanta « ó cento torchi (i quali, anchor che debba marciar di mezzo giorno, « non gli mancharanno, se gV atiuerrà dì morir in terra catliolica « Romana) fatelo almeno accompagnar con un di quelli, o' pur se « questo vi parrà troppo improntategli una lanterna, con un cande«
sii
difeso
da
simili rancontri.
« à la sua stanza
:
se
non
lo
uolete far
:
« lotto di seno dentro; à fin eh' habbiano faconda materia di parlar « della
sua buona uenuta da nostre case, della qual non
« lato bora ». Edizione
De Lagarde,
pag. 197.
si
é par-
-
-184 non
Oxford ed
intese di biasimare TUniversità di
ma è più
ingegni che la onorano,
belli
i
che qualsiasi altro per-
suaso della bontà degli ordini insegnativi di quella, e che
non ha perduta
mem(»ria
la
nelle altre pai
cuni
;l|)pn-^^.l.
un
pr(i\ incili. iiiiiM «
intesi
((
io
mai
coiiic
nc.uno
-
pensato, inteso 6
ingrossa l'c ed a
(
(t
/ 1
sf I
.
j
)
r
/'
//
r
/'
j
) / ( j
Liidr inMiiiciiid |irr la lildSdjia clic
e^^eniln
Ci'i/i'rl.
di' le
sgombrare
e ipielli a seminarlo. tra
i
«pii'^ti
1
mi.Lilinii clic culi
lilosolia sini
(il),
ne'suoi tempi
siano vilipesi,
i
e
\
componesse di
Demostene,
Bruno, Causa, iwincipio «
« vile da la
il
vero
et
'j
/
o
di
mag-
della
Cena
sono
ad apparecchiarlo, consi(b:'i'ati
con
del
sono
pii^i
ve-
mito tristezza perchè pei"
le
loro ignoi'anza,
specula-
scienze
pedanti che credono di aver Sallustio, «puitido
uno, ediz.
De Lagarde,
la famiglia dei filosofi è
(ibid.),
maggior parte
i
'i^nllio.
1)
dire
/
(|nelli
pensatore innamorato della
con loro
ilip.'sc
2)
A
/
e nei ipiali
per loro colpa,
tive-. Volgasi iroso contro
risuscitato
'
uou
ri-lie.
ind. Si dunosii'a
lilosi.ii
(
M'aimnaticamente
sua indole
rità l'ilratta la
Non
seguitarono ad
più specialmente rivolti a
trrivnn dalle male
il
fatto... ».
^
]acei"ai-lo.
J}^' /((
I
la/ionÌ
rei rat
nemici
suoi
i
al-
una mai pensai mai
Città, tutta
(,)ncsto
"
Icci: et se r liauessi
ostante (jueste i-agioni
una
iiiU;!
appareccliiahi a mille
s-AVcì
in prò
fiorissero
malignamente da
vcinic
,l:1ì
iii;^itii-iai-('
(li
quanto essa operò
Knropa. Aggiunge in fìne che non fu
di
ti
suo pensiero,
nini
di
prima che queste
delle discipline lilosolìche
mondo: che
la
hanno
pag. 217.
stimata più
famiglia de' capellani
« (allude specialmente ai cappellani inglesi che allora erano in gran« dissima disistima), per che non tanto quelli assunti da ogni spezie « di gentaglie « nominati
hanno messo
da ogni genere
« vilipendio ».
il
di
sacerdozio in dispregio, quanto questi
be>tiaU
hanno posto
la
filosofia in
— 185 — una
fatta
bella costruzione, prodotta
una
stolina, scroccata
una elegante
epi-
bella frase dalla popina cicero-
niana. Appalesasi più che mai compreso dal desiderio di ridurre tutte le discipline all'Uno, fuori di cui ogni
cosa è vanità, e senza del quale niun filosofo può dire di
aver ritrovata
la
sua amica Sofìa.
Quasi contemporaneamente nati, pubblicò
il
libro
che a giudizio del
Be
Bruno
sovraccen-
ai dialoghi
Vinfiniio,
stesso è
unwerso il
et
mondi,
più importante di
quanti ne avesse scritto insino a quel tempo, ed a giudizio nostro di quanti eziandio ne dettasse di poi. Egli
sua dottiina con più lar-
espone in questo libro
la
ghezza
non
con
e sufficienza che
in tutti gli altri ed
più rigore di dimostrazione.
tramesso,
idee incidentali
le
che non nella clpio
et
Cena de
le
anche
Gli episodii, le in-
occupano minore spazio
ceneri o nella Causa, iJrin-
uno. Si vede con chiarezza la meta cui mira
e la via per cui procede. Si
incontrano qua e là pa-
gine di maravigliosa bellezza filosofica, e
tali
da
indi-
care la sua i-arissima potenza d'ingegno speculativo.
L'idea
dell' infinito vi
campeggia
sola, raccogliendo in
sè tutta la varietà e verità de' suoi concetti. L'infinito è Dio, è
imperatore cui compete infinito soglio,
nita corte di esseri, perciocché egli glorificato in
non
in
una
un
sole unico,
terra, in
mila, in infiniti.
ma
un mondo,
L'uomo
infi-
non vuole essere
in soli innumerabili,
ma
in dieci, in cento
percorre l'infinita vicissitu-
dine degli esseri; e perciò non v'è male da cui non esca,
non
v'è
Non
vi è
morte per l'uomo
bene che quando che sia non consegua.
perchè nulla sostanzialmente
e per si
veruna sostanza,
sminuisce
per infinito spazio discorrendo cangia
il
,
ma
tutto
volto. Intorno
,
— 18G — a queste idee, delle quali giraiisi
i
cinque
dialoghi
riserbianio lo studio,
ci
di questo
mg-
preceduti
libro,
dal consueto sommario, in cui Fautore riassume tutti
argomenti che formano soggetto
gli
sponendoli in
modo
di trattazione, di-
che se ne vegga ben tosto la unità
loro e collegazione.
Introduce interlocutori iiiarclii.Liiiiiui
belìi,
i^iiiri^porito.
v.'ilciiic
amici
celebro Fracastoro ed
il
Alberico Gentil»^
iiniico
Whvo
del
^..-iiilori'
del Ib-mio e di altri
(•(Uiiuiii.
Questi tes|)i/,i()
cinio
ijli
(liiild-lii
nome
il
|)uri;iii(.
piii'iinciii
del Caslelnnovo,
era più clic mai
andava accrescendosi s.M-iui
cdnic
(la
cui valido patro-
il
mn-essario
le
poi'
cui
il
clic
ciù clic
innamora,
io
(lispi-c/./.ava
cLili
nioliiiudine,
sua aMiìia
rende tetragono,
vitù, contento in
Aveva
d' Ila
.|r|rniiic;i
a[)peiia
ire
mezzo
la
non
Sofia.
lo la
degli
volgo dei
il
;
che spar-
d'altro curan«
la
libei'O
ai dolori, ricco
alle
numero
così pei' la piibì)lica/ione
liiusoU, (quello dei doitnia. dei -fainmalici
lava dei teologi e
nel IVon-
st-i-iUo
i
era laiiu sciano da" siiui avvei'sai-i.
(piali
dosi
il
De jure
(juale lo
della ser-
nella povertà
».
terminalo «piesto scritto, che già po-
neva mano, senza perdere un minuto
di
tempo, allo
Spaccio della bestia irionfante.
il
Prima della ristampa che ne fece in questo secolo Wagner, era divenuta quest'opera per la sua rarità
anzi
soggetto
di favola
che
messa leggermente innanzi da
altri,
1)
che sotto
Diremo
di
in Wittemberga.
il
nome
di storia. L' asserzione
dallo
Sdoppio,
e ripetuta
della Bestia trionfante
il
Alberico Gentile favellando del soggiorno del Brnno
-187Brimo intendesse rappresentare
papa
il
i,
diede ori-
gine a travisamenti di ogni sorta, per cui fu creduto,
come già
altri
prima
di lui, autore del libro dei
inesattissime che
impostori. Alle notizie scrittori
i
Tre
più degli
ebbero di questo libro dello Spaccio sono da
attribuirsi
buona parte
di quei giudizi e racconti fan-
che servirono poi a comporre la vita leggen-
tastici
daria del Nolano.
La
Bestia trionfante non appartiene strettamente
mente mente
è
una confuta
è la
ma
bruniani,
ai libri metafisici
ai morali.
Apparente-
ma
sostanzial-
paganesimo
del
,
proclamazione della religione naturale
negazione di tutte
le religioni positive.
filosofica italiana, e
quasi
potremmo
La
e la
letteratura
dire le straniere,
non hanno componimento più imaginoso, più ricco di idee, più abbondante di osservazioni, più pellegrino di questo. È un poema ariostesco in prosa, in cui i nomi di Orlando, di Rinaldo, di Angelica, di Bradamante sono convertiti in quelli di Giove, di Marte, di Venere, di Giu-
none e
;
è
una vasta
commedia con
satira o
artificioso ordito
con dialogo vivo, svariato, pungente, singolarissimo.
Il
Bruno mette a
il
cristianesimo
,
fascio il
il
paganesimo,
il
giudaismo,
maomettismo. Egli chiama tutte
queste religioni al sindacato della ragione e tutte cen-
Non mostra di non vede differenza
sura, accusa, condanna, tutte ripudia.
capire l'essenza del Cristianesimo e tra questa e le altre religioni
1)
Ecco
« Postea
le
parole
della
lettera
dello
Londìnura profectus (Bruniis)
« irìumpliante , hoc est^ pajja,
2.
Sul serio e col riso Sdoppio
al
Eitheraiisen
libelliim illic edidit
:
de Bestia
qiiem vestri honoris causa bestiam
« appellare solent ». 2)
Il
Bruno che vide con
la
massima chiarezza quale
e
quanta
— 188 — umuinzialoi-e della poligamia, facendo facoltà ad
si fa
ogni rnascli io di a cere in conformità della legge
naturale quante raogli può nutrire; parendogli strano che
Questo suo
cose.
in
voce,
clic
]»;iii(lis;-c
/.iniM'
(Id
secolo.
qui'l
Al
nilh.
cilio degli
«
in nosti'o sfi'\
'<
mai vesiigid de
le
*
oramai vecchi;
eil
0
che conosce' di
<•
(conliiiua
«
si
c<'i-\i'l lo.
il
inora
«
(lenii.
«
ci
si
disieiidoiiu
«
ci
si
iiidcholisco
((
trema
«
L^liaiio
la
(,)ui
1)0110
il
si
di
polso,
gli
il
ci
ariiroli.
ci
si
ci
toh,
li
forza
coriio, ci
il
cascano
ci
inargenta si
i
crine,
il
contrae la vista,
rinforza
ci
la tosse, ci
ingi'ossano le gionture
si
Dei sono
gli e
della
loro
inaljili,
La
^
».
che deb-
presenza
Essi sono vecchi e stanno per cadere.
la
pili
sald;iiio le coste, ci si assotti-
congedarsi, spaccial
sarebbe stata
Dei sono
lardo cavallo
dissecca
si
liaio. ci si
che
ceiicliisioiie
ci
palhehre,
si
ci
1
Noi siamo vecchi
calci.
nascono
ciiiiie,
la 11'
gai^l
ora-
l'iuiane
che essi non haiiiio
pa;ja
la cessa-
rosto fatto
di
istilii/ZuMii.
iiiMmld. (piasi
il
(iiove) e (piimli
iiiiiellii
CI
nostre sante
il
liiiuo
aUari. e imui
gli
e s"acriir-('
iiiaiif.Li.Liiarlo.
più
ari i\a
da
i/.i<j
altri
una cupa
esco di dentro
naso (così Giove nel con-
ih'sii'o
unii
i>ci)
con
riscontri
poclii
\'i
caduta delle religioni,
l;i
<
«
ha
lil)r()
stampati
socialismo/
e del
possa usare in proprio delle
si
il
cielo.
sola verità
inutazioiiè iiitrudutta dal sisteiiia Copernicano nelle
scienze in genere, chiuse gli occhi alla dottrina cristiana e
non com-
prese che da c|iiesta dottrina era proceduto nell'ordine morale una ben più grande mutazione che non quella sovra accennata. In alcuni
luoghi delle sue opere e
trionfante
Opere 1)
mette
il
italiane, Voi. 11,
Bruno, Opere
specialmente nello Spaccio
paganesimo
della bestia
al di sopra del cristianesimo.
pag. 129).
italiane, Voi. 11^ pag.
129.
(V.
— 189 — non invecchia,
E
dura immancabile ed immortale.
e
se talvolta casca e si
sommerge, risorge pur sempre
la stessa, aiutata dalla
sua ancella
Dei possono tuttavia riparare
Questi
la filosofia.
loro caduta, tras-
alla
formandosi ed innalzando essi stessi
nume
altari al
universale, che è la ragione.
Quest'è ridea fondamentale, su cui, come su perno, lo Spaccio della bestia trionfante omaggio a Filippo Sidney ^
di
ragione giudica, compara, modifica, trasforma
le
poggia e gira cui volle far
La
non giungerà
religioni finché
tempo
il
in cui
essa
si
sostituirà a tutte e tutte raccoglierà nel suo seno, spo-
nomi
gliandole dei (piali
secoli. « ((
«
popoli
i
((
e delle
vestirono
le
forme individuate, delle lungo procedere dei
nel
Paulo Tarsense fu nomato Mercurio,
naba Galileo
et
Bar-
nomato Giove, non perchè fussero creduti essere que' medesimi Dei, ma perchè i popoli stimavano che quella virtù divina che si trovò in Mercurio et Giove in altri tempi, all'ora presente si trofu
«
vasse in questi, per relo(iuenza et persuasione ch'era
«
nelfuno, et per
"
faltro-
»,
gli utili effetti che procedevano da Ecco dunque, concludeva, come una sem-
plice divinità si
rinviene in tutte
diversi soggetti e prende
1)
la
nomi
le
cose e riluce in
diversi.
Nella dedica al Sidney dice che ha inteso con
bestia
trionfante « trattar
« interno che in lui
la
moral
filosofia
ha irradiato ed irradia
il
«
ombre come
« sitrici
;
a
quella i
pittori:
Spaccio de il
lume
divino sole intellet-
tuale » e che per conseguire questo suo intento fer precedere
Io
secondo
ha creduto bene
trattazione « certi confusi ordire e distendere certe
e gittar certi bassi, profondi e ciechi
di
delineamenti et file,
come
le tes-
fondamenti come
i
« grandi edificatori». Il che sembragli avere ottenuto col presente libro. 2)
Spaccio della bestia trionfante, edizione
De
Lagarde, pag. 531.
— 190 — Il
giudizio critico delle varie religioni
timidamente
nifesta
Boccaccio
che
,
ma-
si
favola del tre anelli
nella
del
diventa tema di trattazione lìlosofìca e
,
di
componimento drammatico nello Spaccio della bestia trionfanic. Cinquantanni dopo uno dei compatrioti del Bruno, illilosofo di Stilo, dettava
mm
Iriii iiij)lialu.s. ('\\o è
della tn'sHii il
I
nelle (ipere di ipli'^li
drl
(^aìxiìii
VdsìiKi
piidlo
eNso
(li
Si
i;i 1111(1.
(>
I \'(fi
i
'<('<
un libiicrino
e lo
tl(»pii
Tuno
SiìdCci 0 lU'xlid
1,1
|iiiu (luiiidi
dell'altro
lilosoli.
(
("lììc Ilici I
(li;il;iliienle
due
cattolicismo ed
11
ti-ovano a Ironie
si
libro IM/^c'/x-
contrapposto dello Spaccio
ridiifanie del Nolano.
i-a/.i(»iiali^iiio
i.a
il
il
I
coli
)
nielliamo innne-
elio
UOU
,
i-idii faille
applifare
del-
ra-;_;innta
è cllO
ìHì'.a
UU
Ca-
secondo
il
iuest'opei"etta (guanto
a «
(lelln
;|lilil;illl
(Il
s.>|i|
l'ironia e la
iiiniie
quesldroiiia
e
piii
;|
dello SjIllCrin. Col ([UalO Ila CO-
^aiira
coiilro
il
(M'isl ia
m.-ilimia. \('|-s;iiidn a
nosiino.-
Anzi
piene inani
la
derisione sopra rnniillà di (Mioro o di mente e sopra coloro che
Costoro,
si
ei dice
con sori
atti e
«
della beatitudine
«
vine
posto
A
Don
iso
la
per arrivare
predestinati
«
».
lanterna della fede. sarcastico « son veramente
fanno gnidai'o con
e
alla
(
lerusalennne
visione aperta delle verità di-
(juesto suo libro ciie è dedicato
Sapatino, vescovo di
ad un sup-
Casamarciano (paese
Nola), premette un sonetto in lode della santa asinità, la .piale sola può fnv'ranirne buone vicino
a
distogliendole dalle indebite curiosità e ricerche scientitiche.
Introduce interlocutore
lo stesso
Saul ino deììn Bestia
trionfante che forse era parente con lui per parte di cabalistica proponendosi di
madre; sfoggia erudizione
,
-191 dare una
filosofia di teologica cabalistica
logia di cabala filosofica
Pongono in
Londra,
fine alla serie dei libri gli
parte in versi,
termina con «
la
ed una teo-
i.
Bruniani stampati
Eroici furoìH, scritti parte in prosa e con dedica a Filippo Sidney, la quale seguente chiusa:
dumque ad
Forzatevi, forzatevi
uomini! et voi che siete già
((
siete
^
rate, adattatevi
essere asini, o voi che
asini, studiate,
procu-
a procedere sempre da bene in meglio,
((
à fin che perveniate à quel termine, à quella dignità,
((
la quale
((
« (.(
ma
non per scienze
et opre,
quantunque grandi
per fede s'acquista; non per ignoranza et misfatti,
quantunque enormi,
ma
per la incredulità (come di-
cono, secondo l'apostolo),
si
perde. Se €ossì vi dispor-
talmente vi governarete, vi tro-
«
rete, se tali sarete, e
«
varete scritti nel libro della vita, impetrarete la grazia
«
in questa militante, et otterrete la gloria in quella
«
trionfante ecclesia: ne la quale vive e regna
«
tutti secoli de' secoli. Il
libro degli
Cossi sia!
^
Dio per
».
Eroici furori rammenta in molte parti
la dottrina dell'amore e del furore poetico dei
tonici, e la ispirazione stici. Il
neopla-
ed esaltazione degli scrittori mi-
furore purifica l'animo eroico, e lo rende atto a
ricevere in sè la luce divina che lo innalza e lo converte
in Dio. Questa luce che splende permanentemente, i-adia
non
infonde
gami 1)
solo
le
facoltà
la vigoria necessaria
intellettuali,
ma
per iscioglierci dai
delle passioni volgari. Il furore eroico è
irci
le-
adunque
Dagli atti del processo rimane pienamente dimostrato che tutti
libri di cui
abbiamo ragionato in questo capitolo sono
Londra, sebbene alcuni 2)
nostre
si
stati
i
stampati a
dicano stampati a Venezia ed altri a Parigi.
Cabala del cavallo Pegaseo,
ediz.
De Lagarde,
pag. 572.
— 192 — strumento per cui
lo
1"
anima
bene, che sono operativa ed
vero ed
sommo
al
termini della vita contemplativa ed
i
line di tutti
il
leva con impeto e
si
sommo
quasi con rapimento di sò al
assensi
«^li
tutte le
e di
trasmutazioni.
Questo universo sia
1
vai'iauiciuc la
iiilV'i-idrc
ninnili e
pei'flii"
con
è
liltro l'I
iiiici-|)i-ci;ii;i
clic
lieiieiiaiidM Sdito iiieiiii
lielli
l'ii
che
chidse
«
;ippai'i
iene
le Il'ai-cie
l'ui elle
1)
e
.
Solio
ta
e
'r.-iijsilht
Davide Levi, che
che
scritto
si
abbia a scorgere
SUni.
||
t
(
11
1
SO-
delle SUO
>
l^'iorenliuo
de^'io »
veggono
Xon possiamo
tacere
oscura signilicanza
la
si
la descrizione di tutte le afflizioni e di tutti
i
il
il
liruno, velo dal
vita del nostro filosofo.
libro sia stato
frequenti accenni che ad esso carcere
composto nel carcere
trovano e più ancora per dolori materiali e morali
giace in questa misera condizione. Tanto nelle
opere in prosa quanto più ancora nelle poeticlie lo
e
pieno di affetto per
per
senz'accorgersi
II
Eroici furori, rimosso alquanto
suppone che questo
si
I
l..'l
e
egli quasi
che travagliano chi
)
in talniii altri si
Anzi i
<
'.
un suo
negli
quale sono ricoperti,
f.L:
iiicMiniiicia:
dulihia
di
duro
in
a
linea-
i
deiran1or(\
sempre
di so\ercliia iiniia/.iniie.
meti'o assai
è di avviso
c||e
si)iegatt lio l'ali al
che essi sono spesso e di
perchè non è adoperata
(|(itiriiie
siMiettn clie
il
;il
sin
.
delle
ilitl-inllice
ehe
uno,
può essere
sosiaii/a,
l;i
ricerca allìnchè l'occhio possa,
si
liiet;ili^iclie. IKUI
(liiiiMstiM
c
vclu del simbolo, scopriro
il
C(Miit»i-ni
i
\i
ne
clic
|t'-(
maestri;!
duo A' VinfiìiUo,
alti'i
In ciiz/sfi. iu-iiìci[)io et
il
Bruno spesso
ritrae
stato dell'animo suo e favella de' suoi affetti, delle
sue speranze, delle sue amarezze. Sotto questo aspetto g\ì Eroici furori c'è parte della vita
contengono una parte della sua vita intima, come
intima del Foscolo, del Leopardi, del Byron nelle loro poesie e nelle prose. Anzi il ritratto di sè è più perfetto ed i particolari che alla
l(n-o
— 198 — componimento che nasce da questa miscela
Il
di
poesia e prosa è più che mai disadatto all'esposizione
E
continuata dei concetti metafisici.
da questo imperfettissimo genere
lihri
solo
di vita
coi
il
componimento pregio
di poi
come diremo più
pubblicati in Francfort,
Non
di
che scemarono
derivino quei vizii
noi crediamo che
ai
sotto.
Bruno potè avviare più riposato tenore
Castelnuovo
,
ma
conversare
e
stringere
famigliarità coi più cospicui uomini di Stato inglesi e
con alcuni diplomatici di altre nazioni. Conobbe il Walsingham, gi'an segretario del regio Consiglio, Roberto Dudley conte di Leicester favorito di Eli,
sabetta e cancelliere nella Università di Oxford,
il
Daniel, valente poeta inglese e prefetto in quel tempo
nuovo dell'Università di Oxford, parente, come diremo, col Florio e lord Burgley gran tesoriere del Regno, il Guin che fu presente alla cena delle ceneri e in modo particolare il Sidney, di cui già parlammo, ed il Folco Gre ville, il fiero ed accorto Bernardino Mendel collegio
doca ambasciatore valieri. l)etta,
ma
Fu
ed
di Filippo II,
altri
nobilissimi ca-
dal Castelnuovo introdotto alla regina Elisa-
dalla quale
non
solo pai'e sia stato
ricevuto di poi quante volte
accompagnando come soleva
il
si
bene
accolto,
presentava o solo o
suo Mecenate di Corte.
Elisabetta era allora in sui cinquanta: non bella di volto,
ma
A^eneti, e
vita del
graziosa
,
come dicevano
gli
ambasciatori
ben formata della persona ^ Accoppiava a
Bruno
si
riferiscono, sono più
abbondanti nei
libri
Francoforte, che non in questo di cui parliamo. Quanto
stampati in
al
luogo della
pubblicazione non è dubbio che gli Eroici furori siano stati stampati in
Londra, e quindi sette anni prima che 1)
Il
il
Bruno entrasse
in carcere.
Michiel (vedi Alberi, Relazione degli ambasciatori veneti, 13.
—
Berti, Giordano Bruno.
— 194 — contegno maestosamente autorevole, modi che sape-
vano qualche volta Fingegno
riccamente fornita
Grande
di sovercliia famigliarità.
bramoso Taninio
e la passione;
di gloria; e
per co-
di tutte le virtù necessarie
mandare. Prudente, audace, conoscitrice del suo popolo e delle condizioni
sii'iiiiicri
pi-iiici|)i
(lai
dile/ione. A\('\;i
sapeva
e
sunici(Mi/.a |ii;ic('\
Micliicl. ainbasriaittrc
nostri
c(.iicii
av("va
vi
ladini
cogni/ionc delle
ani
(Kl'ord.
Tanto
voleva
inai
,
!<•
li
nella
c
perciu culai
dicc\a
il
nnii/ia \
com-
lingua- coi
iJianio clic
non
pareggiasse nella
clic la
icaiiieiiU,'
si
a detta del
ciicin. parhii'e alli'a
ra,L:i(mc
al
della lingua greca,
scienze e
debile
A\)\)c\\ìi\'d
grande
DiancL nuinc della lerra'^.
fiììfìlriU\
serie I, voi.
e
:
\
A
1.
dama
alii-a
delle liiigne
clic
la de-
ligliuola di pre-
dn potersene valere con
ai (loiidii di
ilaliaiia.
pregiata
suo nemico
siui
iK'ii/.ia
inutlit
in
(la\;iiili
nella
;i
V
che Sisto (liclii;ii';ii'I;i
iiii'dinci't'
hiiin.i
l;i
grande
in
e talmente
di Stato,
.
per
ciillnlic;!
si(l('r;i\;i
Era tenuta
del regno.
uomini
stima da' suoi
2**)
clic
no
la
il
ritratto,
quando Elisabetta ura
aiicoi'a
in
sul fiore della gioventù, dice: « che era piuttosto graziosa che bella,
«
ma
olivastra, begli occhi, e sopratutto
della persona è
È
grande
e
ben formata,
di bella carne, ancorcliè
mano, della quale ne
India
d'uno spirito ed ingegno mirabile,
professione.
«
molto ben dimostrare, con Tessersi saputa, nei sospetti
« (juali 1) ^<
si
è trovata,
così
ben governare
si
compiace tanto, che con
per ambizione non vuol mai parlare altrimenti »
Al segretario veneto Scaramelli Ehsabetta diceva: « « « di
e pericoli nei
».
« Parla la lingua italiana nella (piale
gli Italiani
il
fa
che ha saputo
^<
Xon
so se
(ibid.).
haverò
ben parlato in questa lingua italiana pur, perchè io la imparai da fanciulla, credo che sì, et non havermela scordata ». V. Il Saggio ;
Rawdon Brown
sull'Archivio di Venezia, pag. 214-233.
—
Id. 131.
Edizioni di Venezia e Torino, 1865. 2) Il
Bruno profonde
sperticate
lodi
ad Ehsabetta nella Cena
— 195-^ Nel
uomini
gli
Windsor Stato come
e nella Corte di
castello di di
il
Walsingham,
Londra il
tutti
Dudley,
il
Sidney \ il Greville, ed il fiore dei cavalieri che facevano corteo ad Elisabetta, parlavano essi pure la lingua ita-
non
liana, la quale serviva eziandio
di
rado
ai colloquii
Spagna e Lord Buckhurst era versatissimo nella lettura degli scrittori italiani. Poetava nelFidioma italico non senza eleganza il Daniel e dal romanzo di Eitpliues di John Lilly pigliava origine la parola cuflàmio che si usava appunto per qualificare (pel genere di comporre ammaniei'ato che non ispiaceva alla tra
i
ministri inglesi e gli ambasciatori di
Francia.
di
,
corte di Elisabetta e che giudicavasi imitazione degli, scrittori italiani. Kap])resentavasi
uditori
di
la
commedia
capitanata dal Drousiano
con molto concorso
italiana 2.
I nostri
da una compagnia comici dopo un'ora
meditazione recitavano improvvisando assai meglio
di
che non facessero
Ma
gli inglesi
dopo lunga preparazione.
più di tutto alfluivano in Inghilterra molti nostri
uomini
di dottrina, e molti fra
ai (juali la patria
siero.
i
nostri novatori religiosi
negava libertà
Basta ricordare
i
di coscienza e di pen-
nomi dell'Ochino,
del piemontese
Alessio, di Pietro Vermiglio Martire, del suo
de
le
De Lagarde, pag. 140, e nel libro della Causa, De Lagarde, voi. II, pag. 226. Sidney il Saggio citato di Rawdon Brown. Quasi
Ceneri^ edizione
principio 1) Cf.
et
uno, edizione
circa
il
tutti questi insigni personaggi
avevano viaggiato in
versati nelle lettere italiane. I discorsi
Mendo9a, Walsingham ben di spesso in
diplomatici
Italia,
tra
—
Mezières, Prédécesseurs
ed erano
Bernardino
e gli altri ministri di Elisabetta si
italiano.
tenevano
Mignet, Histoire de Marie Stuart,
Voi. II, pag. 136, edizione di Parigi. 2)
amico
et
1852.
contemporains de Shakespeare.
— 196 — Giulio Terenziano professore di divinità in Oxford, di
Paolo Fazio Tebraicista,
di
Alessandro
della Tijjocosmia, dell'Acontio
gegno
e
autore di
del Castiglione. la lingua
autore
Broccardo,
scritti singolarissimi, del
;
i
due primi
Curione ed
altri,
dedicarono, come
le
taluni
Sappiamo che fu medico fidatissimo dottore Gmlio Boi'gorucci da Urbino, si
Gitoli no
di singolare in-
Questo ultimo insegnò ad Elisabetta
italiana
pure Celio
uomo
d'e'
loro scritti
di
Elisabetta
e
valse dell'opera di Cesare Scacco da Chioggia
Pare che
il
Sakespeare
il
il
che essa pure 2.
quale capitò in Londra in
tempo ^ abbia come per eco udito il suono del nome •del Bruno e abbia letto qualcuna delle sue opere. Un dotto scrittore tedesco alcuni mesi prima che uscisse in luce questa biografìa del Bruno da me scritta pubblicava una sua versione tedesca deìVHamleto, alla quale faceva precedere una introduzione in cui con molto studio e dottrina fece notare non poche traccio di pensieri e di quel
frasi corrispondenti alle frasi ed ai pensieri delle opere
italiane del
Bruno ed
in ispecie a quella della
ceneri ^ Altri ripeterono
le
entrare in (questo vasto e
tema ci contentiamo Bruno ve ne ha uno che
difficile
indicare che tra gli amici del
1)
Cena de le Noi senza
stesse osservazioni.
L'Acontio dedicò ad Elisabetta
il
suo
libro
Strafagema tum
Sai ance; Celio Curione gli scritti di Olimpia Morata. 2) Vi ha una lettera di Elisabetta, addì 7 luglio 1576, con cui raccomanda al doge Luigi Mocenigo il medico Cesare Scacco da V. opera citata di Rawdon Brown, pag. 206. Chioggia. 3) Sakespeare venne per la prima volta in Londra Tanno in cui
—
il
Bruno 4)
usciva.
Shakfere, Forschungen von Benno Tscliisclwntz
Hamlet, Halle, 1868.
—
Bendo
dell'avermi gentilmente inviato
il
grazie
suo
a
libro,
questo
— Shakfere's
dotto
scrittore ,
— 197 — nella storia letteraria del
tempo
dell'autore deìV Amleto.
liari
è portato tra
E
questi
è
fami-
da noi più sopra rammentato.
P'iorio
Florio nato in Londra accidentalmente,
Il
i
Giovanni
oriundo della patria di Ochino e di
liano
rina, studiò nella università di
pure insegnò come maestro
ma
ita-
S. Catle-
Oxford nel 1576 dove
Barns vescovo e francese. Nel 1581 Collegio della Maddalena. al figlio di
di Durhani, la lingua italiana
nominato membro
fu
Sotto
Giacomo primo
per l'italiano ed
il
del
fu precettore del principe Enrico
Nominato poi
francese.
siglio privato del re,
dal Con-
segretario particolare della re-
gina Anna; a questa pure
insegnò l'italiano ed
il
francese.
Florio fu tenuto in grande stima dai suoi contem-
Il
poranei, per la sua erudizione, per la sua valentia
nell'insegnamento e nell'arte dello scrivere così liano
1
Florio.
come r
Ma
inglese.
qui
Cè
senza allungarci di troppo notiamo
solamente che esso era amico delle il
l'ita-
molto da dire in lode del di molti dei frequentatori
adunanze della taverna della Sirena nelle quali
Sakespeare interveniva. Era poi
ricercato da alcuni celebri
uomini
il
Florio protetto e
di lettere che pro-
teggevano pure Sakespeare. Il
Florio poi aveva sposato la sorella del poeta Sa-
muele Daniel che succedette come poeta aulico ad
Edmondo Spencer e Ben Jonson l'amico di Sakespeare. Ed è Ben Jonson che inviando al Florio una copia del suo dramma // Volpone scriveva — « al mio amato 1)
Pubblicò un dizionario della lingua italiana intitolato «
di parole ».
il
mondo
- 198 — padre
e
degno amico
Maestro Giovanni Florio questo
il
«
testimonio come suggello di amicizia e di amore pre-
»
senta Il
— Ben
Jonson
)>.
un sonetto che
Prof. Minto scoprì
a Sakespeare e nel quale
egli attribuisce
encomiato
è
Florio. Così
il
pure ab])iamo un esemplai'e dei saggi della traduzione di
Montaigne
dal Moi-io.
fall;i
Da
alle
col Florio,
sue oivcrliio
cipali
sudi
lii)i
l^olulo a\('iv
il
Ma
i.
ed anello
in
I lettei'ati
Bruno
Nolano
e quello dei prin-
gl'alidi'
andare in,ue;^iii
modo
di
Drammatui'go
in-
errali aTrcrniando che
dilTerenziano sti'aor-
si
concepire
il
mondo morale
(piello di esprimerlo.
inglesi ai «piali
fureiio
con pai'ole
del
sul
iKMi
questi due nuliili^sinii dinaiiaiiienie nel
fatto della
soii/a i-ircrcaro (pialo azione abbia
nruiio
il
glese. crcdiaiiiM di
il
Sakespeare udisse suonare
il
nome
se-
queste ed altre
ragioni non r sovcicliio [)rosuniere che per
sua amicizia
una
(juale porta
il
gnatui'a aiilogral;! di Sakespeare.
di
poeta
il
lode
di
e
si
^idne\.
diinosti-ò di
cui
accline
piii
parla
glande reverenza,
il
sempi'e e
Folco
Greville.
Filippo Sidney di nobilissimo casato, nipote ed erede
presuntivo dei conti di Leicester, educato nei buoni studi, sostenne adolescente impoi'tantissime tesi nella
Università di Oxfoi'd con meraviglia degli uomini
Venuto giovinetto alla strage di S.
in Francia, e
Bartolomeo, viaggiò quasi tutta Eu-
ropa, visitò per desiderio d'istruirsi e
quindi
Wechel mentore
la
Padova
e
Germania, dove conobbe, presso
di Francfort,
il
Languet che
e maestro. Restituitosi in
ad Elisabetta
le
dotti.
scampato a mala pena
lo
Venezia i
librai
ebbe poi quasi
Tngbilterra dedicò
primizie del suo ingegno,
The Lachj
— 199 — May S
of the
presenza di
che
lei.
rappresentò in Wanstead con la
si
Andò
oratore presso le Corti straniere,
ne tornò con gloria e soddisfacimento del suo go-
e
verno
quale fu in ogni tempo ca-
e della regina, alla
La
rissimo.
suo animo, la sua dottrina, la
nobiltà, del
sua fama di squisito, leale lo fecero
e coraggiosissimo cavaliere,
segno all'amore dei polacchi che
gli offrirono
corona di quel regno, cui rinunziò per non recare
la
dispiacere ad Elisabetta.
Il
Sidney pose grande
affetto
Piruno e fu a lui largo di cortesi accoglienze e lo
al
avrebbe ospitato in sua casa
s'egli
non avesse ricusato.
Di che questi gliene seppe non poco merito, e affetto dedicandogli, come abbiamo
cambiò con
lo ri-
detto,
impaccio della ì)esila irionfante e gli Eroici fu-
lo
rori ^ Folco Grevjlle, amicissimo del Sidney e quindi anche
come
del Bruno, e
armi
e dei viaggi,
Sidney amante degli
il
studi, delle
tenne giovane ancora FufFicio di se-
gretario del paese di Galles ed acquistossi grande autorità nella Corte e sulla regina. Offri egli al
Nolano,
amicizia non fosse stata
1)
V. ZoucH,
2) Nella
Sidney: «
« ciuilità, et
Memoirs
Cena de
Non
ti
momentaneamente turbata per
sir Philips Sidney.
ceneri
le
il
Bruno
così
si
esprime intorno
buona creanza di molti e'
cauallieri, et molti nobili
personaggi
tanto conosciuto, et a noi particolarissima-
mente, per fama prima, quando erauamo in Milano, et in Francia; et
« poi per esperienza, hor che
siamo ne
la
sua patria, manifesto,
il
« illustre, et eccellente caualliero Sig. Philippe Sidneo, di cui « sissimo « lare «
al
uiene à i)roposìto di riferire l'honesta conuersatione,
« del regno, tra quali «
pure ospitalità
quale Tavrebbe forse accettata, se la loro
il
:
ingegno
(oltre
i'
lodatissimi costumi)
e'
sì
molto il
ter-
raro, et singo-
che difficilmente tra singolarissimi et rarissimi, tanto fuori
quanto dentro Itaha, ne trouarete vn simile
».
— 200 — opera di maligni
sua dedica, ed
il
Il
^.
Bruno non lo onorò non fa cenno di lui
di
vita del Sidney e negli altri suoi
alcuna
nella sua
Greville
scritti.
A
Bruno non furono ignoti Spenser, Guglielmo Tempie che tradusse la dialettica di Ramo 2, Harvey, Dier, e gli altri
cultori
amici del Sidney. asserisce
il
delle
e delle scienze,
lettere
Non appare
che frequentasse, come
Warton, compagnie secreto
facienti profes-
sioni di ateismo, perchè secondo che già
manifestava con tanta franchezza
i
dicemmo,
egli
suoi pensieri da
meritarsi piuttosto taccia di imprudente che non di 3.
È
Verulamio
il
simulato
incerto
se
abbia conosciuto Bacone da
quale già frequentava la Corte e stava
per entrare nel suo quinto lustro.
Che questi due uomini di tempra presso comuni amici
siano incontrati
abbia avuto sentore dei
può a
così
diversa si
0 che
libri pubblicati dal
pì'loì'i dirsi impossibile, (|uantun(iue
Bacone
Bruno non incliniamo
alla negativa.
Verso
il
fine del 1585
P3runo riparti per Parigi
il
con la ospitale famiglia dei Castelnuovo.
mezzo
1)
4
passati in
V. l'epistola
Londra
I
due anni
sono veramente degni
,
esplicatoria premessa
allo
Spaccio
della
e di
bestia
trionfante. 2)
Rami
Petri
Dialectica, libri duo, ScJioliis G. l'cmpelli
lustrati, quibus accessit
il-
eodem auctore de pliorphirianis praedi-
cabilibus disputatio. Francofurti, 1591. 3)
dirC; al
Nei
libri
stampati a Londra
anche quando ha
volgo
i
il
Bruno
dice tutto quel che vuol
l'aria di avvolgersi nel
mistero e di occultare
suoi pensamenti.
4) Il dottissimo
cumenti che
il
Sigwart crede che
Bruno
partisse di
giare con più efficacia la
io
Londra
non abbia dimostrato con do nel 1585.
mia asserzione che
— Non posso appog-
alle parole
del
Bruno
— 201 — essere ricordati così per la vita altamente operosa che
condusse come per
i
vigorosi libri che seppe nel suolo
straniero produrre.
La la
storia degli Italiani fuori
d'Italia
dovrebbe per
sua ampiezza ed importanza invogliare alcuno dei
nostri dotti giovani ad imprenderne la trattazione. I nostri esuli o pellegrini, particolarmente nel secolo de-
cimosesto e nel precedente, tengono un alto posto nelle
mondo I confini delsono immensamente piti estesi che
grandi opere della civiltà del l'
Italia intellettuale
non
quelli dell'Italia politica.
contenute nel documento nell'università di 1)
i.
TX
ed alla data dell'inimatricolazione sua
Marburgo.
I soli nostri lettori negli
olFrono copiosissima materia di
Studi
stranieri
uomini degni.
ed
i
nostri artisti
— 202-
CAPITOLO
X.
(1585-158G).
—
Secondo soggiorno a Parigi — Fabrizio Mordente ed il e Riga per la misura della terra — Conmiento De pliysico anclitu Disputa nella Sorbona — L'orazione dell' Hennequin Lascia Parigi Amicizie e titubanze.
SOMMARIO. suo
Compasso
—
—
Appena
il
—
Bruno riapprodò
alle dilette
Francia, tornossene in Parigi
i,
verso
gli
sponde della ultimi mesi
del 1585, e quivi stette sino al luglio del 1586 abitando
ora
presso persone che
propria Il
conosceva, ed
ora in casa
2.
primo lavoro
suo soggiorno
è
al
quale diè
rammentato dai 1)
Atti del processo, Dee. IX.
Mi
io conoscevo,
le
cioè
—
Nota
latino in dialogo,
illustrativa III.
parole trattenendomi con quelli signori che
non consentano
prima edizione,
secondo
in questo
non benché pubblicato in Pa-
bibliografi
2)
pare che
mano
un componimento
la
interpretazione che io
diedi nella
che visse una parte di tempo in questo suo
condo soggiorno con Castelnuovo ed una parte in casa propria, bensì che
si
trattenne per una parte di tempo
se-
ma
con signori o per-
sone che conosceva ed una parte in casa propria ed a sue spese. 3) Il rarissimo opuscolo di cui qui è
cenno porta
la
seguente
inti-
Jordani Bruni Nolani dialogi duo de Fahricii Mordentis Salernitani prope divina adinveoitione ad perfectam Cosmimetriae praxim. Parisiis, ex tjpographia Petri Chevillot, in vico Cf. la bella MoS. Joannis lateranensis sub Rosa rubra, 1586. nografia su Fabrizio Mordente di Michelangelo Testa. Essa venne pubblicata quando la nostra prima edizione del Bruno era già uscita. tolazione:
—
~20Bad un trovato per mi-
rigi coi tipi di Clievillot, intorno
surare con precisione la terra, del salernitano Fabrizio
Mordente, autore
di parecchi scritti pertinenti
a cose
matematiche.
Questo Fabrizio, rimasto in giovane età privo del padre, deliberò
«
come
Ulisse, Platone ed altri eroi,
«
di porsi in viaggio per vedere la varietà delle cose
«
che sono nel mondo, ed osservare
«
e leggi degli
«
dei poli dei loro paesi
poli nel 1552,
Goa
uomini ad anche andò
nell'India,
minutamente scritto
che
senza
anni osservando
credeva degno
di
essere
molte cose dette da Plinio,
e verificando
«
Na-
poscia nella città di
e
stette oltre tre
tutto ciò
diversi costumi
i
precise elevazioni
Partitosi pertanto da
».
in Egitto
dove
le
sua colpa
le
fanno vergogna. Di
((
quali
((
imbarcatosi sopra una nave portoghese, in quattro
«
mesi
«
gallo
in
e diciotto giorni
gli
approdò
là,
rive del Porto-
alle
donde poi passò in Inghilterra, in Francia, Germania e fmalmente in Italia. Fece breve dimora, »
;
in Napoli,
dove dato ordine
servazioni raccolte durante
alle cose il
viaggio,
sue ed alle osripigliò
le vie
Europa, stampò in Anversa (1584) e ristampò in Parigi (1585) il suo Coìupasso e riga, per misurare
di
la terra ^
1)
Abbiamo
sotto gli occhi
due stupende
e rarissime edizioni di
due
opuscoli di Fabrizio Mordente. Nel frontispizio dell'uno leggesi: « « quadratura del cerchio, la scienza de' residui, « Fabritio et di
Gaspare Mordente
« vigilia dell'Assumptione della
fratelli,
il
La
compasso et rigo, di
Salernitani. Impresso la
Vergine che tien del Ciel l'impero, in
« Anversa da Plits Galle, 1591 ». Quest'opuscolo fu stampato a spese del principe Alessandro Farnese, al quale è dedicato, ed al cui servizio
pare fossero in questo tempo tutti e due L'altro
ha per
titolo: «
Le
i
fratelli.
propositioni di Fabritio Mordente, Saler-
— 204 — Il
Bruno
,
che era curiosissimo di cose nuove,
bentosto in familiarità col Fabrizio, finato
ammiratore
e
si
legò
ne divenne scon-
e pubblico banditore
.di
sue virtù
Pare vagli che il Fabrizio fosse da riporre nel novero degli uoniini rnercuriali, che a quando a quando Iddio manda di cielo in terra per e dei suoi
sovvenire
pregi.
alle necessità nostre e
si
per provare che non
Sommi.
è interrotta la catena dei
E come
suoi divini trovali meccanici, così
i
il
Fabrizio
piaceva di spiegare graficamente e sperimentalmente il
Bruno
inter-
veniva assiduo a queste spiegazioni ed aveva frequenti colloqui col suo amico intorno al loro uso ed alla loro applicazione. Scrisse quindi finchè fosse
che sapeva instaurare
chiamare a nuova vita tile
i
mentovati Dialoghi,
at-
degnamente celebrato questo Salernitano meccaniche cadute,
arti
le le
morte, e perfezionare
le
ri-
mu-
ed imperfette. Soggiungeva che oltre alFessergli
« nitano, Matlieinatico della Sacra
Cesa Mtà dell'Imperatore Rodolfo II,
«
può sapere come da numero a due date specie di quantità continue fisiclie di un medesimo genere, Misurabili ò vero Pesabili dallTnitrino Creatore immediatamente create ò dalla Natura sua ministra prodotte ò veramente dall'Arte fabricate, et per conseguente, con dette propositioni si può anco sapere per numeri
«
precisamente
<<
mediante
«
numero,
«
« «
le
quali da liora inanzi
si
la proportione, eh' è fra qual si voglia
le
Radici quadre
Numeri non
« cube delli
delli
Numeri non
quadrati, et
le
Radici
cubi, le quali cose sono impossibili potersi sa-
modo, eccetto che
compasso inventato dal può conchiudere, che solo della Geometria concreta, ^< in questa Opera si trovi il vero Methodo « cotanto necessaria in questo Mondo sensibile, della quale ogni huomo, « in otto giorni facilissimamente, ne può restare del tutto possessore,
« pere per altro
«
medesimo
col mirabile
autore, là onde arditamente
si
« interato, et capacissimo. In Roma, 1598 ».
A
questo secondo opuscolo dedicato
al sig.
di Incisa e conte di Celano, va innanzi
dalla quale
togliemmo
i
brani virgolati.
Michele Peretti marchese
una singolarissima prefazione
- 205 questi sinceri encomii comandati dagli Dei, gli
rebbe apposto a grave colpa sì
all'obbligo
rispetto
di
il
patria
sa-
si
un tanto uomo
tacere di
altìnità
mutua
e di
benevolenza, come soprattutto per l'eccellenza, dignità e
maestà
delle invenzioni di lui.
Concludeva che
turi geometri avrebbero levato insino alle stelle
dente, e che la casa di lui ed
limpido
e
cielo salernitano col
suo
maestoso orizzonte avrebbero avuto maggiore
nominanza Grecia,
il
fur
i
Mor-
il
del
curioso
dell'operosa
e
magniloquente
della
Egitto,
Persia
della
Arabia
sottile
i.
In questi giudizii vi è certo esagerazione. Tuttavia il
Testa nella sua bella monografia su Fabrizio Mor-
dente, qui avanti citata, afferma che gli scritti di lui
palesano ingegno dettò in onore del
crescere a lui
però che
e studio. I dialoghi
Mordente non sono
fama
il
Bruno
di tal forza
e giovare alla scienza;
ma
da
poche
pagine incompiute fatte per occasione e nulla più. Entrano interlocutori nei medesimi
un
il
Fabrizio stesso ed
Bottero, intorno al quale nulla
tal
mi venne
fatto
di raccogliere, salvo
che però non è da confondere col
celebre autore della
Ragione di Stato
Ha
merito assai maggiore che non
mento intorno al libro che il Bruno pubblicò tipi di
aristotelico
nello stesso
i
dialoghi
De pliysico tempo
il
com-
auditu,
e colli stessi
Parigi e dedicò all'abate di Belleville, Pietro
Dalbene. Questo commento, che forse è un semplice sunto di lezioni date privatamente, benché manchi di sufficiente lucidità, ordine ed
1)
Quanto
è qui detto ò levato
ampiezza nell'esposizione
intieramente dalla
prefazione ai
mentovati Dialoghi. 2)
Ai Dialoghi vanno unite alcune parole di nissuna importanza
che portano per titolo Insomnium.
- 206 benché
delle idee, e
disadorno e scolorito,
lo stile sia
nondimeno vuol essere compreso tafìsici
Ma
tra
i
suoi libri
me-
1.
Bruno, travagliatissimo
il
(^uale
era dal desi-
derio di divulgare la sua dottrina, di contrapporla alla fìlosolìa dei suoi tempi, di acquistare seguaci, di
dare
sfogo alla sua inesauribile operosità, sentì la necessità
armato
di scendere
mente munita
campo
in
e
assaltare aperta-
di
Aristotile entro la ròcca della
più forte
e la
di
Sorbona
-,
la
più
quante ne avesse nel mondo
quel grande maestro di Alessandro Il
Bruno poteva
lottare o per via di lettura pubblica
0 di disputa; elesse questùiltima, perchè la
prima non
era forse consentita in quell'anno dalle turbolenze
gli
che affliggevano Parigi. Preparò a
tal fìne
centoventi
proposizioni, levate in gran parte dai libri pubblicati in Londra, versanti più o tati dallo
nell'altra
meno sugli argomenti tratBe phijsico audllu^ e
Stagirita nelFopera
De
ccelo et
niundo \
1) Jordani Bruni Nolani Figuratio aristotelici pliy sic i auditiis ad eiusdem ii iteli igentiam atqiie retentionem per quindecini imagines explicanda, ad illustrem admodum atque reverendum doPaiisiis, minum D. Petrum Dalbenium Abbatem Belleville.
—
ex
Petri Chevillot,
typografìa
—
Forma un Eosa rubra. 2) Nota illustrativa IV. 3)
Scrivendo
al
Eettore,
volume
sol
il
in vico S. Joaiinis coi dialoghi
Bruno osservava,
clie
lateranensis sub
mordenziani.
era più debitore
Aristotele all'Università parigina di quello che TUniversità parigina fosse debitrice 4)
Secondo
i
ad Aristotele. numeri romani
gli
articoli
sono solamente ottanta,
numeri arabi sono centoventi. Il libro è intitolato: Jordani Bruni Nolani Camoeracensis acrotisnms seu rationes articulorum physicorum adversus peripateticos Parisiis propositormn, etc. secondo
i
Vitebergce
apud Zachariam Cratonem, anno
mdlxxxviii.
— 207 — Sovraintendeva alla Sorbona titolo di rettore,
in questo tempo,
^
col
Giovanni Filesac, che fu più tardi
uomo
non comune Benché prima vietato ad un l'università avesse alcuni mesi frate italiano d'insegnare pubblicamente, ad altro frate pure italiano di stampare un libro contro il Papa -, non oppose tuttavia ostacoli alla disputa del Bruno.
confessore del regicida Ravaillac dottrina
ma
Nè avrebbe
di indole
;
di
irresoluta e mutabile.
potuto opporsi
senza violare
giacché
e contraddire alle consuetudini universitarie;
la qualità di dottore e professore di Tolosa,
tore straordinario di Parigi,
dava
abilità al
statuti
gli
e di let-
Bruno di come
tenere pubbliche dispute, senza che occorresse,
venne asserito dal Bartholmèss, atto alcuno di particolare favore. Quindi é che la sua lettera al rettore
uomo
Filesac è di
che chiede con convenienza quello
che ben sa competergli di diritto Il
Bruno
1) Il
^.
un
scelse per difensore delle sue tesi
Fiorentino crede die la disputa
del collegio di
Cambray
si
non in un' aula
e
sia
tenuta
in
della Sorbona.
gio-
un' aula
— Conf. a
questo riguardo la nota illustrativa accennata più sopra. 2)
Crevier, Hlstoire de V Université de Paris. Tom.
6, p.
377-78,
edizione 1761.
Ecco un brano
« Quis egregia? humaniDomine) quid officii in extraneum pliilosophum impendi possibilis est, quod pluribus abbine anuis per liuius universitatis tum rectores tum universum professorum collegium mihi non fuerit elfusissime elargitum? Dum non modo comuni quadam, qua erga omnes affecti estis huraanitate, veruni etiam certa haud vulgari ratione me vobis devinxistis, ubi tum 3)
questa lettera
di
:
« tatis actus (amplissime c<
« «
« «
« in
,
publicis,
« adsistentia
« de
me
tum
et
negotium
minus,
quam
in
privatis
studii
lectionibus
extranei, in liac
« tulus occurrere potuerit
continua doctiorum
mei concelebrastis, adeo ut uuUus mihi
unquam
».
alma literarum parente
ti-
— 208vane uomo Crevier
un nome
di
illustre, cosi
che certo apparteneva
^,
scolari od amici.
Secondo
consne.tudini
le
l'uomo principale delle dispute non era a
toccava
cui
quale teneva
La
bandita.
La
il
tattica degli
mezzo
contro
il
di
difensore tesi
il
ar-
gli
ma appena questi si senmeno, sottentrava il presidente.
argomentanti mirava tutta a levare
primo, per battersi con fierezza e ferocia
forma
la tesi.
qua
La
disputa
di duello a morte.
teggiava tumultuando
revano
suoi
allora,
difensore;
proponente
il
e pigliava
il
delle
s'impegnava dapprima tra
lotta
tiva scosso 0 veniva
di
Fautore
dei di
il
seggio nei giorni che la disputa era
il
gomentanti ed
ma
discorrere,
chiama
lo
noA^ero
al
i
;
Il
si
accalorava
pubblico par-
sillogismi e le sentenze scor-
impeto e con violenza.
e di là con
Non
s'interrompeva la disputa che a ora tarda e spesso si
ripigliava alla
tutte tutti
le i
ceti. Il
pagnato
domane. V'intervenivano uditori
vincitore era spesso acclamato e accom-
a casa con
ritornava scornato,
ovazioni;
ma
stato sconfìtto.
La
il
vinto non solo
si
doveva quasi sempre abban-
donare per un certo tempo
una
di
nazioni, frati di tutti gli ordini, curiosi di
lo
Studio nel quale era
disputa incominciava per lo più da
orazione, nella quale
il
difensoi-e
lucidare la dottrina contenuta nelle
prendeva a
tesi,
di-
ed a commen-
dare l'ingegno, l'animo e l'eloquenza del loro autore: e l'orazione era
ben sovente operà
comecché non scarseggiassero
1)
Il
Bruno
lo
appella
le
di questo secondo,
parole di lode in suo
dappriina semplicemente Giovanni Hen-
nequin, poi lo qualifica in appresso Henneqtiinus nohilis parisiensis.
— Conf.
Nota
illustrativa
V.
— 209 — favore. Nella disputa bandita dal
nequin
si fa
dunque anche
Bruno, Giovanni Hen-
cominciando dal
egli avanti
dire che è solo e tutto solo a difendere
suo maestro.
il
Non per questo si sente abbattuto o sconfortato, perchè ama meglio essere solo con la verità che accompagnarsi a molti neireri'ore. Egli si annunzia come un uomo che dopo maturo esame
si
fermamente
è
risolto
di
affrontare ogni sorta di pericoli per amore della dottrina che egli sostiene. Vuole
pozzo in cui giace, che la alla
meditazione di
tutti
;
che
sofìa volgare e sofìstica che si
si
tragga la verità dal
si
proponga senza ambagi si
dia lo sfratto alla
domina
filo-
nelle scuole; che
mettano avanti pensamenti nuovi, perchè non vita
idea antica che non sia stata nuova nel tempo suo; che
cedano
tradizioni e le credenze
le
ragione
che
;
si
ponga a fondamento
la dottrina delFinfìnito
secondo
nomici; che in una parola insino ad ora, e
si
si
i
il
campo
alla
di tutto lo scibile
recenti studi astro-
esca dalla via battuta
entri in quella che è indicata dalla
luce della risorgente fìlosofia. Gli è per siffatta ragione
che THennequin applica a sè
il
nome
eccitatore o sdormentatore, che se stesso in Londra, Il
1)
excubitore,
di
maestro diede a
il
i
Bruno aggiunge per bocca dell'Hennequin che
egli
« Excubitor seu Job. Hennequini apologetica declamatio habita
« in auditorio regio parisiensis Academioe in festo Pentec. anni 1586 « prò Nolani articulis ». Il
reali,
Bruno tenne
la
disputa nell'aula dove leggevano
appunto perchè aveva
—
dal Re.
titolo di lettore
Questo particolare dell'aula dove
fu notato dal Crevier e sfuggì al
si
Bartholmèss
tenne
—
Voi. 6, pag, 381), toghe ogni dubbio intorno al il
Bruno 14.
di disputare
—
Ber-TI,
i
professori
straordinario, nominato la
disputa (che
V. storia citata,
diritto
che aveva
pubblicamente nello Studio parigino.
Giordano Bruno.
— 210 — è disposto
a staccarsi dalla famiglia aristotelica, a se-
questrarsi dalla turba volgare dei
a procedere
filosofi,
senza compagnia, amando meglio di aver gloria senza
regno davanti a Dio che regno senza gloria davanti alla stoltissima moltitudine.
Egli è pieno di fede nel trionfo della verità, non ostante la guerra accanita che a
maligni, nonostante
che
egli
lei
sia
muovono
lasciato
i
geni
solo sulla
breccia a pugnare. Vi sono alcune pagine nell'orazione dell'
Hennequin,
le quali
uguagliano se non
vincono,
per l'altezza dei pensamenti, quanto abbiamo di meglio negli scritti filosofici del secolo decimosesto. Intravedesi in queste pagine un nuovo indirizzo hlosolìco ed una maniera nuova di porre e trattare le quistioni. Le censure contro Aristotele, espresse con formole e
modo
concetti generali, si distaccano assai dal
mulare
e concepire del suo tempo. Il
gli scrittori del secolo
più modernamente si
i
è fra tutti
decimosesto, quello che esprime
suoi pensieri.
trovano in copia
Bruno
di for-
le
massime
Onde e
nei suoi libri
sentenze che da
Cartesio in poi hanno acquistata evidenza ed elìicacia di assiomi. Ci*ede
temerariamente, dice
il
Nolano per
bocca dell'Hennequin, chi stima di poter credere senza ragione. Il
non
far uso della ragione nella ricerca del
vero è un dar prova di ingratitudine a Dio, che ce la
adoperassimo nel rintracciarlo. Chi si sofferma nella ricerca del vero mostra di temere che la verità e la luce possano opporsi alla vera verità
donò perchè
la
ed alla vera luce.
L'Hennequin, aprendo cenna cetto
gli infiniti
quello
le ali
all'immaginazione, ac-
mondi, e contrappone a questo con-
ristretto
e
meschino della
fisica
delle
— 211Noi crediamo che tanto
scuole ^
quanto
nelle dispute
nelle lezioni gli uditori o scolari del
fondamente scossi dal contrasto dei
Bruno erano promondi infiniti con
atomo sospeso nell'immensità dello L'astronomia nuova dava forma e colore vero
la terra, piccolo
spazio.
alla metafisica bruniana. In questo
accoppiamento della
metafìsica e dell'astronomia è tutto teresse che eccitava
Le non
tesi, si
come
il
il
segreto dell'in-
suo insegnamento.
già dicemmo, benché sostanzialmente
allontanino dalle dottrine che già conosciamo,
tuttavia
contengono qua e là pensieri espressi con
singolare nitidezza ed efficacia
Esse non potevano
2.
suonare gradite alla maggior parte dei dottori
però
parigini.
Quindi la disputa dovette essere vivissima
ed accanita perchè pochi stare col
Bruno
conosceva assai storici del
di
potevano contra-
loro
campo che meglio che non nel
egli i
aveva
scelto e che
suoi oppositori. Gli
tempo, mentre accennano alla disputa che
fu fissata per le feste di Pentecoste del 1586,
menzione
non fanno
del suo esito e dei dotti che v'intervennero.
Certo è che egli
si
parti da Parigi pochi giorni dopo,
senza mandare alle stampe le tesi^ Se vi furono rumori scolareschi questi dovettero rimanersi entro certi confini fuori d'ogni oltraggio 0 persecuzione, e
come affermano senza conforto
1)
di
non
documenti alcuni suoi
V. Scripta latina, e segnatamente
le
pag. 13 e 14.
2) Si leggano specialmente quelle segnate con
i
numeri romani
xrv, XXIII, Lxxii e la conclusione. 3)
che si
Debbo le
osservare, e ciò in risposta al Sigwart, che io
indicate tesi non siano state stampate,
stamparono nel torno
di
più tardi, in Vittemberga.
tempo
ma
non
dissi
sibbene che non
in cui ebbe luogo la disputa,
ma
- 212 biografi; perocché ove questo fosse accaduto,
per fermo
Bruno mancato
il
non avrebbe
di farne chiaro cenno,
nel licenziare che fece al pubblico in Wittembei'ga tesi
proposte in Parigi.
E
confermano anche
ci
in
questa
supposizione la dedica che vi premise ad Eniico
con
e le parole
III,
discorre dell' accoglimento
quali
le
favorevole che incontrò nella Sorbona. Di che è a
che egli
feiirsi
non
Parigi 0 di Francia,
e di questa, forse pei*
Non possiamo
come vogliono
fuggì,
ma
uscì libei-amente e di quella
cagione delle
però tacere che
discoi"die civili
Creviei- afferma che
il
Bruno vedendo che le sue opinioni erano prese mal senso, risolse di lasciai-e Parigi 2. fatto
importantissimo
l'abboccamento che
iii-
alcuni, di
il
Un
le
in
Bi-uno fu
nella vita del
ebbe in questo suo secondo
egli
soggiorno con monsignore di Bergamo allora nunzio apostolico in Parigi per opei*a di Bernai'dino
ambasciatore spagnuolo
^
Mendoca
da noi ricordato nel prece-
dente capitolo. Introdotto al nunzio, espose come desiderasse da indi in poi di vivere ci'istianamente e di
cessare da sè le
censure
instantemente
raccomandava perchè esso scrivesse
si
ecclesiastiche
al pontefice e gli ottenesse lo
1)
Ei venne via
pag. 624)
:
ciò
di
e
che quindi
grazia di essere ricevuto
Francia per scansare
i
tumulti {Scripta latina,
pure conferma nel processo.
2) Conf. Crevier,
Hisioire de V Université de Paris,
Tome
VI,
pagine 384-386. 8) Il
fu nel
Mendoza, conosciuto, come già dicemmo, dal Bruno in Londra, 1584 mandato da Filippo II di Spagna al re di Na varrà, di
poi accreditato ambasciatore presso Enrico
passò in Inghilterra mentre colà dimorava
Francia^ dove trova vasi nel 1586.
practica de guerra,
e tradusse la
Il
III. il
Collo
stesso
titolo
Bruno, ritornò indi in
Mendoza pubblicò Theorica y
Politica di Giusto Lipsio.
— 213 — nel
grembo
della Chiesa cattolica senza che però fosse
astretto di ritornare nell'Ordine K
11
nunzio udita
la
preghiera del Bruno rispose che quantunque non confidasse di potergli procacciare la grazia
plorava, tuttavia
si
venirgli in aiuto purché ei in convento.
E
lo indirizzò al
si
che egli im-
papa
scrivere al
offeriva di
e di
disponesse a rientrare
perchè avesse più conveniente consiglio
padre Alons gesuita spagnuolo,
secondo che narra
lo stesso
ancora nell'anno in cui
Bruno
egli
fu
il
quale
nel processo, viveva
imprigionato
e chia-
tribunale dell'Inquisizione. Venuto
il mato davanti Bruno a colloquio con questo padre ed avutane a un dipresso la stessa risposta che già dal nunzio, non procedette oltre nelle trattative, le quali però come ognun
al
vede provano che in fondo dell'animo suo
si
accoglieva
pur sempre un languido desiderio di vita più solitaria e quieta.
Ecco quale fu pel Bruno
il
secondo soggiorno di
Noi speriamo che questa nostra narrazione tolga di mezzo ogni ambiguità e dilegui in gran parte le nubi che i biografi vi avevano addensate intorno. Noi siamo parimente d'avviso che in questo secondo soggiorno il Bruno non pose più piede nella corte di Enrico 111 e non lesse pub])licamente nello Studio Parigi.
parigino.
Bruno non è pienamente concorde con sè circa la asserzione non nell'Ordine (Vedi Doc. XII e XVII). Consentono per contro con le asserzioni del Bruno le dichiarazioni de' testimoni 1) 11
dello rientrare o
circa
il
desiderio da esso manifestato di presentarsi
di essere
nuovamente ricevuto nel grembo
al
pontefice e
della Chiesa cattolica.
— 214 —
CAPITOLO
XI.
(1586 1588)
— Il
Bruno in Germania — Gli è negato di leggere in MarBruno in "Witteniberga — Suo insegnamento astronomico e lilosotìco — Scienza e religione; lil)ertà filosofica — Le lezioni sulr Organon e sulla lampada tulliana — All)erico Gentile — Bruno lascia Wittemberga — La Germania secondo il Bruno — Ricordi di
SOMMARIO. burgo
—
11
AVittemberga.
Dopo
la
Pentecoste del 1586,
il
Francia minacciata dalla guerra di
1
dove
si
Bruno abìjandonò
la
civile e prese la via
fermò circa 12
andò
giorni, indi
a Marburgo.
^
Questa piccola
città dell'Elettorato di
cui castello ancora e
Lutero
coi loro amici, fu
gei-maniche in cui
'
•
rammenta si
il
Assia Cassel,
il
colloquio tra Zwinglio
adunque
la
prima
delle terre
fermò Ferrante nostro
filosofo,
appena pose il piede fuori di Francia. NelFallontanarsi per sempre dal suolo di questa nobile nazione, ei non potè non sentire stringersi il cuore pensando ai numerosi
e
plaudenti
scolai'i,
alle
dotte
e
rumoreggianti
dispute della Sorbona, alla Corte di Enrico tutto all'ospitale famiglia dei Castelnuovo.
III, e
Addi 25
sopra1
uglio
dell'anno sopra rammentato,
si inscrisse tra gli scolari
di quello Studio col titolo di
Giordano Nolano Napo-
1)
ed
il
Non sappiamo
leggere la parola che qui è scritta.
Carrière opinano che sia
Mainz
o
Magonza.
Il
Sigwart
— 215 — tetano Dottore in teologia
romana,
domandò, senza
e
frapporre tempo in mezzo, al rettore Pietro che
concesso di leggere pubblicamente
gli fosse
Nigidio Questi,
^.
sopra avviso concorde del Consiglio accademico, avendo
non poteva per gravi ragioni aderire a quella domanda, il Bruno montò in tanta collera che portatosi a casa di lui gli rinfacciò con veementi parole risposto che
di operare
contrariamente
al
diritto
delle genti, alle
consuetudini delle università germaniche ed alla gentilezza delle
umane
lettere.
Dopo
di che dichiarò
non
intender più di appartenere a quel corpo accademico, e
partì
nome
più cortese Studio.
senz'altro in cerca di
del
Bruno, che fu allora di
mano
del
Il
Nigidio
cancellato dalla matricola degli scolari marburghesi, vi fu più tardi
restituito,
grande fama alla quale
mosso a di
poi
ciò il
lo
Studio dalla
Nolano
si
levò in
tutta Europa.
Vi
è stata e vi è
la
ancora disputa tra
i
biografi, per
gravi ragioni che indussero Facoltà accademica Marburghese a quel rifiuto.
sapere quali fossero
le
Alcuni opinarono che fossero
Bruno,
altri le
i
libri
sue lezioni, altri
potevano correre sul suo conto, ed
le
altri in fine
rispettoso giudizio che portò intorno
dottrine
erano
queste induzioni
ivi professate ci
pubblicati dal
voci sinistre che
al
il
Ramo
poco
le cui
con calore. Veruna di
pare cogliere nel vero.
Non
i
libri,
non le voci sparse, perchè dal modo con cui fu dapprima scritto e poi tolto dalla matricola il suo nome, appare chiaramente che egli non era co-
non
le
lezioni,
nosciuto dal Nigidio e dai suoi colleghi, e che perciò
1)
Varia. Documento A.
— 216 — non potevano lo Snell, il Treutler e gii Ramisti marburghesi apporgli a colpa
altri professori
giudizio che
il
Nè
leggesi nei suoi libri intorno al loro maestro.
conoscendolo,
si
sarebbero per
anche,
cagione appi-
lieve
si
gliati allo scortesissimo partito di rifiutargli la facoltà
di leggere, che per consueto si
concedeva con
facilità
a quanti la domandavano; tanto più che l'università Marburghese era assai lodata per la sua tolleranza Noi crediamo che la vera ragione del e larghezza rifiuto sia
da cercarsi nel
roììiana,
col
quale
egli
titolo di dottore in teologia
volle
facendosi
qualificarsi
inscrivere nella matricola. Questo titolo che giuridica-
mente
gli
competeva, avendo
egli conseguito
accademico di dottore nelf università
il
grado
di Tolosa,
non
poteva certamente tornargli favorevole in uno Studio protestante quale era
Bruno
il
Marburghese. Indi
come
il
stato
a suo riguardo violato
perchè, secondo
il
comprende
il
cUriUo
delle genti;
giure universitario dei tempi, la sua
qualità di dottore lo le università.
si
lamentasse col Nigidio, che fosse
si
abilitava ad insegnare in tutte
Nella lettera che scrisse
cademico di Wittemberga, alludendo
al ai
Senato ac-
Marburghesi
senza nominarli, rammenta come in altre università, egli,
contro
il
diritto
delle genti,
non
sia stato
am-
messo a leggere pubblicamente 2. Da Marburgo venne senza sostare per via, in Wittemberga ^ Quantunque la fama de' suoi libri e del suo inse1)
Veggasi intorno
a
questa
pag. 141-142, ecc. 2) 3)
Scripta latina, pag. 624. Atti del %wocesfio, Doc. IX.
Università:
Bartholmèss, Voi.
I,
— 217 — gnamento non
lo
avesse ancora preceduto, e quantun-
que entrando in Wittemberga
nella sede del
,
prote-
stantesimo, egli non portasse con sè lettere di principi
non professasse la religione non vestisse insegne onorifiche tut-
che lo raccomandassero
Lutero
di
il
;
;
;
non
tavia fu
venne
^
nome
suo
con
accolto
solo
inscritto
cortesi
maniere,
ma
nell'Albo accademico
il
Pietro Albino
20 agosto 1586
e sotto
con
parole
Jordanus Briinus Nolanus doctor
sopra
semplice
le
italus
,
il
rettorato
di
dichiarazione
che
egli
era
alunno delle muse ^ filantropo ed amico di tutti gli uomini, filosofo di professione ^. Di che provò grande contentezza; e contrapponendo a queste amorevoli
memoria ancor
niere la
toccò in Marburgo, sentissi più che
ce vasi
egli pia-
chiamare Y Atene della Germania \
Per tenere lontana
1)
mai compreso da
da gratitudine per Wittemberga, che
affetto e
ma-
fresca dell'inurbano tratto che
la povertà
che spesso batteva
Nella lettera [Scripta latina, pag. 624) die egli premise in forma
di prefazione al trattato
:
De lampade
combinatoria lulUana,
indirizzò ad amplissimum Witebergensis
che egli venne in Wittemberga come
e che
Aoademi^ Senatum, afferma
uomo nuìlius apud vos nominis,
fam(B aut valoris, nulla principum commendatione suffultum, nullis {qu(E vulyus suspicere solet) externis insignitum ornamentis, ncque
prohatum
in vestrce religionis dogmate
menti
di
Ginevra non concordano
vel interrogatimi. I docu-
appieno con tutte
le
affermazioni
accennate. 2) « In
musarum
curia
alumnus essem ......
3) Id., pag. 624. 4) Id., pag.
5) Eingrazia
625.
con
abbia concesso a
lui,
affettuose
lectiones atque studia
ctenus reppulisse
parole
quel Senato accademico che
ad quorum dumtaxat
esule e pellegrino,
licuit.
—
Id.,
eas se privatas recipere patjpertatts iniurta.s ha-
pag. 626.
1
alla
sua porta,
si
non per commissione
diè a leiggere,
ma
delle podestà pubbliche
liberamente, sopra materie
di vario argomento, ed ispecie sopra
la metafìsica in
ordine all'astronomia, alla fìsica ed alla matematica e
La sua
sopra V Organon di Aristotile-.
i,
scuola era
altrettanto frequentata quanto quella dei più insigni
professori ordinari, e lo
i
quali lo avevano in grande pregio
tenevano quasi come collega^
All' insegiiameato
astronomico-metafìsico servivano pi'ol)abilmente di testo gli articoli
intorno ai quali disputò in Parigi, e che
pubblicò per
1'
appunto in Wittemberga
ritoccandoli
forse in qualche parte.
Guardando
all'indole del
Bruno ed
alla qualità delle
quistioni trattate negli articoli accennati,
da imaginare che
tesse contenersi entro
avevano assegnato
i
amore
il
alle
e i-apire
^.
non
i
stelle, abitanti
mondi
4)
Vedi più sopra quanto noi diciamo
5)
Egli stesso così
insegna-
ma-
;
la
habiiistis ».
ragione-
atomo
terra
—
Id.,
pag. 624.
di questi articoli.
« His adde quod cum prò more amore mearum opinionum raptus, talia in lectionibus expromerem, qualia non vobis probatam
mei nimis illis
si
lasciava facilmente,
è dubbio.
3)
« publicis
Melanctone
quali fossero queste opinioni sulla
disseminati per tutti
« ingenii
e
che quivi
si
Scripta latina, pag-. 625. Atti del processo, Doc. IX. « Veluti colleg-am atque domesticum
1)
neanco
proprie opinioni, da queste signoreggiare
E
Miriadi di mondi, sinodo di
2)
è
costume del suo ingegno, per soverchio
teria in discorso,
voli
Lutero
limiti che
alle discipline
vano. Chè, come egli confessa,
secondo
non
sue lezioni sapesse o po-
egli nelle
si
esprime
:
forte
sed et pluribus steculis et quasi ubique terrarum receptam Scripta latina, pag. 625. « convellerent philosophiam ». «
modo
—
- 219 minimo e senza
lanciato nello spazio, senza importanza speciale
preminenza
come essa
sulle innumerabili altre terre, che,
movono
si
nello spazio etereo infinito
:
tutto
essere perfetto nell'ordine della metafisica e della natura, e tutto essere determinato
e
prodotto da leggi
uguali e costanti.
Quindi seguiva, secondo
lui,
doversi giudicare con-
traria alla scienza quella dottrina qualsiasi, la quale,
come
la cristiana,
conferisse
alla terra
una
speciale
pi-eminenza sulle altre terre, la facesse teatro della
redenzione della specie umana, e la costituisse fonda-
mento
di
un ordine sovrannaturale avente in Adamo il suo compimento in Gesti Cristo.
suo principio ed
il
Le
verità scoperte dal Copernico e contrastate
da parecchi teologi
e peripatetici,
Bi'uno, far capo ad
una
filosofìa
allora
dovevano, secondo
nova
e,
il
per necessaria
conseguenza, ad una teologia e religione, che concordasse con questa. Laonde nella sua lettera al Senato
Accademico
di
Wittemberga,egli afTerma che nelle pub-
bliche lezioni bandi dottrine, le quali sradicavano la losofìa ricevuta
da secoli in tutto
servò quella sobrietà la quale è
il
mondo, che non
norma
fi-
os-
ai lettori di quello
non si attenne nel suo insegnamento a quel genere di fisica e di matematica che mole andar congiunto con la cattolica teologia e che le scuole germaniche avvisano più accomodato ad una certa forma di pietà e di semplicità cristiana. Le Studio, e che infìne
i
1)
«
«Illud tantum physices mathematicesque geniis acceptatis, quod
cum
catliolica
theologia
consuevit esse coniunctuni, qiiodque ad
« certum pietatis genus condiicibilius videtur et adcomodatius, utpote « christianse
congruentiiis
« comprobatiir ».
—
Id.
illi
simplicitatì, qua3
apud vos maxime
— 220 — quali ultime parole,
non avvertite dai
biografi bruniani,
indicano con chiarezza quale fosse la natura del suo
ci
insegnamento astronomico-metafisico, che levò tumulti e
rumori nelle scuole
di Tolosa, di Parigi, di Oxford.
una
fisica ed asironoììiia nova, una matematica noìja, egli iteratamente ripeteva; dunque vi deve
Vi
è
una filosofia ed una teologia religiosa che alle medesime non contraddica; reputando egli perfette le mentovate scienze, comecché altre fossero appena in
essere
sul sorgere ed altre imperfettamente note. L'antinomia
adunque
o contrasto, per usare
tra la scienza e la religione, è
formavasi in
il
linguaggio moderno,
il
pensiero al quale in-
il
suo insegnamento astronomico-metafisico
Wittemberga. Fece grandissima impressione
sul
Bruno
contegno degli uditori che si affollavano zioni,
Perocché ogni
lui.
altre scuole di
Europa
siffatte
ghesi soli avevano saputo libertà filosofica, udirlo tare
banchi
i
denti,
gonfiare
i
gli
»;
e
libertà
pera forse per 1)
«Non
« vatis ».
,
.
,
illiì)aia
mascelle, far strepito nei
le
il
provvedere
di
libero insegnamento.
questa frase che
primo tra
non strepuerunt,
gii
scrittori
in
me non
egli
pag-.
724.
ado-
a lui coevi, biiccse
non sunt
est scholasticus furor in-
Interim et philosophicam lìbertatem illibatam
Scripta latina,
la
naso, arro-
il
iiasum iutorsistis, non sannas exacuistis,
« ìnflatae, pulpita « citatus
il
Wittember-
conservando
,
avevano conceduto
filosofica,
I
senza torcere
«
nelFesiglio alla sua povertà con
La
materie, ebbe
contrasti e clamori per
parte della scolaresca e dei professori.
«
le-
fiata che egli volle in
trattare
mai sempre a durare vivissimi
«
sue
tolleranza dei reggitori di quello Studio
la
e
inverso di
pacato
il
alle
conser-
- 221 un concetto quanto novo per il tempo tanto comune per il Bruno, cioè, che la filosofìa, la scienza non era sindacabile. Egli invoca la libertà filosofica come un diritto, mentre, così nelle università protestanti come nelle cattoliche, le opinioni erano materia del diritto penale, ed andavano tutte più o meno soggette al supremo giure della teologia. L'opinione è giudice di sè stessa; quindi può essere combattuta e disdetta, ma non sottoposta a magistratura giudicante qualsiasi. Ecco il nuovo diritto che è racsignificava
famigliare e
chiuso nella frase bruniana, e che, nel secolo decimosettimo, diviene
dapprima motto comune
dei liberi pensatori inglesi,
alla scuola
poi a tutte le scuole
filo-
sofiche in genere.
Durante
il
primo anno del suo soggiorno in Wit-
temberga, oltre l'insegnamento
egli attese
ancora alla
(ìoìld, Lampada comhinatorla lulliana ^ come già abbiamo accennato, non è che un riassunto od una parte della Chiave magna (clavis magna) che ei forse compose in Tolosa. In questo stesso tempo diè alla stampa l'opuscolo De ^yrogressu et lampade venatoria logìcorum che dedicò a Gioi'gio Mylius can-
pubblicazione che,
celliere di quello Studio.
Brunus Nolanus, De lampade combinatoria Lulliana, media invenienda, ad dicendum et argumentaridum iuxta modum habitus, quo saltem quispiam de quocumque suMecto descriptivam quamdam et qualemcumque quid 1)
ad
« JoRD.
infinitas propositiones et
noniinis liabeat rationem lucretur. Est et unica clavis ad
omnium
Lul-
lianorum (cuiuscumque generis) operum intelligentiam, et non minora plurima pythagoricorum cabalistorumque mysteria consequenda,
Ad Amplissimum Witebergensis Academi^ Senatum anno mdlxxxvii.
».
etc.
Witebergae,
— 222 — Nel secondo anno (1588) egli lesse più particolarmente intorno rìV Organon di Aristotile, a suggerimento di Alberico Gentile; col quale aveva fatto conoscenza, come già abbiamo detto, in Londra, e che per segno di stima aveva introdotto interlocutore nella Cena de ceneri.
le
Quest'uomo che seppe levarsi a singolare fama e la cui vita e le cui opere furono illustrate con ampiezza dopo prima edizione ^ nacque in Castel San Genesio nella Marca di Ancona, da parenti assai istruiti. Studiò neir Università di Perugia e per motivi di redi dottrina e con moltiplicate e diligenti ricerche
la nostra
ligione esulò dall'Italia col
padre, per darsi con più
libertà alla religione
riformata.
metà
in
dell'
anno 1580
Venuto insino
Inghilterra
presso la regina Elisabetta e
gli
Fu uomo
dottrina e di svariatissima erudizione,
De
iure
già
si
le altre
belli,
veggono
opere di
della natura e delle le
testimonianze degli
è certo
1)
uno
lui date
i
di
molta
come ne fanno
a stampa, quella
assai lodata dal Grozio, e tracciati
favore
acquistò
venne conferita una
cattedra di giurisprudenza in Oxford.
prova, fra
dalla
nella quale
primi lineamenti del diritto
genti.
Quest'Alberico che contro
storici,
troviamo in Wittemberga,
degli scrittori più operosi e novi di cose
Conf. intorno ad Alberico Gentile oltre gli scrittori da
me
in-
Telesforo Benigni, che nel secolo passato Studi pubblicò un volume sotto il titolo di Memorie Gentiliane dicati
nella
prima
ediz.
—
—
Tommaso su Alberico Gentile delfavv. Speranza, Eoma 1876. Erschine Holland, Conferenza sulla dimora in Londra di Alberico Gentile.
— Antonio Fiorini, traduzione — Pierantoni,
e discorso del diritto
di guerra di Alberico Gentile. ritto nella
R. Università di
II
Roma, ed
altri.
professore di di-
-223giuridiche del suo tempo.
simi uomini e tra questi
Ebbe per amici autorevolisDudley e l'Henningio, che
il
oltre di presentarlo alla corte, lo fece conoscere a molti
personaggi della nobiltà inglese. Pare che esso avesse
Bruno presso Filippo Sidney. Il Nolano lesse adunque per consiglio di Alberico V Organo di Aristotile. Ma non sappiamo a quale delle opere nel medesimo comprese ei desse la preferenza, cioè se alle Categorie, alFHermeneia, od ai primi Ana-
conosciuto
litici, ai
il
Topici od alla confuta dei
su tutte, 0 forse, sotto tile,
egli
nome
il
sofisti.
di
Forse dissertò
Organo
di Aristo-
insegnò a un dipresso quanto contiensi nelle
due operette poco anzi
citate, le quali
sono entrambe
hanno che analogo argomento editi
foggiate sopra la dialettica lulliana, e nulla
non si trovi nei libri di primo soggiorno di Parigi. Pai'e che il Bruno non avrebbe dovuto dipartirsi da Wittemberga, dove il libero insegnamento gli porgeva
già nel
comodità di vivere, docilità
degli
non bastò; col si
e
e
la
indulgenza dei rettori
scolari, libertà
di
e la
Pure
filosofare.
ciò
due anni incirca da poi che era venuto,
cuore amareggiato disse addio a quello Studio e rimise pellegrino in cerca di novello ospizio acca-
demico.
La causa
di questa
sua risoluzione, non ben
nota insino ad ora ai biografi, parole del
Quando
Bruno
egli nell'agosto del
Wittemberga, gusto,
ci è fatta
aperta dalle
nel processo veneto.
1586 poneva
il
piede in
AuVenuto
la Sassonia era retta dall' Elettore
uomo temperato
questi a morire,
salì
e
sul
fervente luterano.
trono Cristiano
per la sua ubbriachezza e per
I,
più noto
mancanza assoluta
di
energia che per attitudine e perizia nel governo della
— 224 cosa pubblica K
II
sopra di
uomo
suo cognato Casimiro,
prendente, ambizioso, acquistò cosi
che ben a ragione dicevasi che la
lui,
intra-
grande autorità Sas-
sonia era caduta nelle sue mani. Ora Casimiro, da
zelantissimo calvinista,
moveva guerra
parte luterana, tutto adoperandosi per
causa che più
gli
stava a cuore.
numero quando
scarsi di
il
accanita alla trionfo della
il
I calvinisti,
Bruno
comechè
principiò a leggere,
erano cresciuti in forze dopo la morte di Augusto.
Bruno, che aveva che
si
tutti
suoi amici fra
i
sosteneva principalmente con
mendo che per
il
i
luterani
Il
e
loro aiuto, te-
il
trionfo dei calvinisti gli si impedisse
leggere o che nuovi pericoli gli sovrastassero, risolse
il
di levarsi
da quello Studio.
Ma
avanti di partire, volle
dare novella prova di riverenza e di
gi-atitudine ai
Wittemberghesi, indirizzando loro un affettuoso
di-
scorso di addio
La
lettera, la
quale come più sopra dicemmo indi-
rizzò al Senato Accademico, e questo ultimo discorso
addio sono due documenti
di
pag. 146.
1)
Bartholmèss, Voi.
I,
2)
Ecco
Bruno una dei
le
parole del
« dove trovai due fationi,
storici, nei quali scor-
:
«
Andai a Wittemberga
filosofi,
che erano
« dei tlieologi, che erano lutherani, e in questa «
mava
Alberico Gentile, marchigiano,
« Inghilterra, professore di legge, che « leggere
una
il
mi
un dottore che
sì
chia-
quale avevo conosciuto in favorì e
mi introdusse a
letione dell'Orbano di Aristotele, la qual lessi con altre
« letioni di filosofia due anni, nel qual «
il
in Sassonia,
calvinisti, e l'altra
figliuolo del vecchio,
tempo essendo successo Duca
che era calvinista, e
il
padre lutherano,
co-
« minciò a favorir la parte contraria a quelh che me favorivano, onde « mi partii e andai a Praga » [Atti del processo, Doc. IX). 3)
Oratio valedictoria a Jordano Bruno nolano doctore hahita et clarissimos professor es atque cmditores in Aca-
ad amplissimos
demia Witehergensi, anno 1588, 8 martii.
— 225 — giamo che fosse la Germania agli occhi del Bruno e il Bruno in (xermania. Questa apparisce per prima a lui come il suolo che diè vita ad Alberto Magno, al Cusa, al Copernico, al Paracelso \ e ad altri insigni instauratori della scienza e oppugnatori della filosofìa volgare. Egli vede dalle che fosse
varie contrade di
Europa
serva come in sicuro palladio
;
si
con-
una provincia il mondo. Germania de' suoi
dove, in
adunasi quanto di grande è sparso per
sola,
Osserva con molto acume che tempi
la
più volta agli studi che favoriscono la pietà
è
che non
ama
Ger-
affluire gli studiosi in
mania, dove la sapienza innalzò la sua casa e
che in quelli più che in questi
ai lilosofìci, e
soffermarsi;
ma
avranno conoscenza
vaticina che appena
Tedeschi
i
daranno a non twmùil'^. Afferma
delle proprie forze e si
cose alte, essi saranno Bel e
che un della
nuovo ordine di cose incominciò per opera Germania; che questa gente germanica è dotata Bruno mentre loda
1) Il
medicina,
lo
il
Paracelso per
senza citarlo. Lo chiama novus Paracelsus titolo di
le
tentate novità nella
biasima acremente perchè tolse molti concetti dal Lullo
merito per
il
Bruno.
E
:
la novità è quasi
sempre
per verità tornava assai difficile in
quei tempi trovare un ingegno più novo del Paracelso^ il quale leggendo neirUniversità di Basilea fece per prima cosa bruciare pubblicamente le opere di Galeno e di Avicenna^ dicendo con impudente audacia, che c'era più scienza nelle sue calze^ che non in quegli autori. Vedi Sprengel, Storia della medicina. 2) « Hic (in Germania) ergo sapientia sedificavit sibi domum. Adde,
—
« Jupiter, ut cognoscant (Germani) proprias vires, adde, ut studio rebus « maioribus adpellant, et capitolo,
come già
non erimt liomines, sed Dii
con tutta quella esattezza di cui siamo capaci riservando
ed
i
il
—
le
In questo
opinioni del Bruno,
nostro giudizio laddove piglieremo in esame
pensamenti 15.
».
nei primi ed in quelli che seguono, noi riferiamo
varii dell'autore.
Berti, Giordano Bruno.
le
dottrine
— 226 — un divinissimo ingegno,
di
tutti quegli studi ai quali
benché non ascritto
sortito a
primeggiare in
prende amore
e diletto;
che
alla religione riformata, considera
come liberatore degli ingegni, come un nuovo Ercole che seppe atterrare le porte di diamante tuttavia Lutero
che chiudevano Finferno e penetrare nella città supe-
rando
nove
le tre
giii dello Stige
una
in
cerchia di
la
circondano ed
propineranno
i
che l'avvolgono; che la Germania,
parola, è chiamata a preparare
Sofia, alla quale sola e
mura che
i
sacrifizi
il
regno alla
secoli futuri alzeranno templi ;
a quella Sofia, per cui non
gli
rincresce di sopportare fatiche, dolori ed esigilo, tanto
imparai In queste poche osservazioni del Bruno scorgesi meglio, che non nelle pagine le più profondamente pensate del suo tempo, tutta quanta la gravità del rivolgimento religioso della Germania. Egli avea compreso che l'opera di Wittemberga sarebbe stata più eiììcace che quella di Ginevra, e che Lutero avrebbe commosso più profondamente l'Europa cattolica che non Calvino,
più che faticando
Zwinglio
progredisce, esulando
e gli altri liformatori.
si
Vuoisi eziandio notare
Wittemberga di Lutero e di Melanctone, già saluti la Wittemberga della pura ragione; e
come egli
si
nella
come, mentre ancora la
mania,
egli
filosofìa era trascurata in
Ger-
pronunciava che l'ingegno germanico non
indugierebbe a fare buona prova di sè anche in questa disciplina, che a tutte sovrasta e
Come Wittemberga 1)
«Pro qua
incurrisse
è
per
non piget
il
onde tutte procedono.
Pjruno la città che più
labores, dolores, exilium; quia
« laborando profui, exulando didici. Quia inveni in brevi labore diu-
«
turnam requiem, in levi dolore immensum gaudium, in angusto exilio amplissimam ». Vedi Oratio vaìedictoria, opera citata.
« patriam
-227 — delle altre conferirà al trionfo della ragione, cosi
quello fra
è
i
sto trionfo. Perciò egli religiosi,
ma
per la
Roma. Questa
non
lo
loda per
guerra che mosse
clesiastiche ed al papato. di
Lutero
riformatori che più sgombrò la via a que-
Wittemberga
i
suoi concetti
alle
è
il
podestà ec-
contrapposto
è la città in cui tutto conservasi, quella
la città in cui tutto innovasi. Ecco
il
perchè egli facesse
tanto caso e tanto assegnamento sopra Wittemberga.
Le lodi il
prodigate a Lutero ed
i
biasimi lanciati contro
Papa, diedero occasione a credere che
fatto in
Wittemberga il panegirico
di
il
Bruno avesse
Satana in contrap-
posizione a Cristo ed al suo vicario. Nel secolo passato
questa diceria o leggenda era ancora così sparsa, che
Brukero vi spese molte parole per provare che essa non aveva fondamento di sorta; e non ne ha per senno, quantunque il Bruno in piti luoghi delle sue opere metta in canzonatura la paura dell'orco, e dica motteggiando nella co^mmedia, che, nei tempi della casta Diana e della pudica Minerva, non si aveva ancora memoria di quest'uomo da bene, cioè del Diavolo il
Egli tessè per contro
il
panegirico di quasi tutti
professori wittemberghesi che insegnavano con esso
Dispensa
maestro Otto ed
elogii al
al
i
lui.
maestro Griin,
sul cui volto traspira l'acume di Aristippo. Al maestro
Franckenberger ed
al
per
dire. All'Albinus,
Reichard, per la eloquenza nel il
suo valore nella poesia. Al
Theodene, perchè sa accoppiare agli olmi del Lazio viti della Grecia.
Al Schindlere, per
nelle sacre lettere.
Commenda
lo
la
Strubbio
perchè uniscono allo studio della medicina
1)
Opere
italiane, Voi. I, pag.
100.
le
sua erudizione e lo Scafo, ,
il
primo
-228quello dell'astronomia, ed
Leva
sofia. stri
alle stelle
il
il
secondo quello della
poeta Major; rammenta
i
filo-
mae-
Grroneberg, Espich, Faber, Salomon, Hegi,Rechbart,
Heberhart,
Weyhe, Limmer
e Pietro
Wesenbek, con-
giunto di sangue al celebre giurista di
vuole che siano passati sotto silenzio
Todoche
rum,
tal
nomi
nome.
Non
dei maestri
e Matthee, quello del Mylius, cancelliere del-
l'Università, al quale
peretta
i
De progressu
come già dicemmo intitolò l'oet lampade venatoria lògico-
ed infine quello di Giovanni Zanger, rettore dello
Studio.
Addì 10 marzo 1588
Poi
lesse questo suo discorso.
abbandonò il Wittemberga; pur sentendo il debito di dire che egli giammai dimenticherà gli alberi all'ombra dei quali spesso si riposò, e le sorgenti dove respirò la freschezza dell'aria, e che serberà perenne mecol cuore pieno di sì dolci reminiscenze,
suolo ed
il
cielo di
moria degli onori Del soggiorno
e delle grazie di cui fu quivi
del
Bruno
Wittembei-ga
in
ricolmo K ci
restò
un autografo che conservasi nella Biblioteca Stoccarda nel foglio 117 di un piccolo in-8°. Eccone
traccia in di
le parole:
Salomon Quid
et
est
Pytliagoras
quod est?
ipsum qiiod fuit fuit ? sole ;
—
ipsum quod
Quid
est
—
est
novum.
IordanusBrunusNolainus Wittembergae
— ex uinbris
1) Vedi De lampade combinatoria Lulliana. plissimum Witebergeiisis Academise Senatuiii.
2)
quod
Nihil sub
V. Nota illustrativa VI.
— Epistola ad am-
— 329La
partenza da Wittemberga tornò esiziale
al Bruno un centro di larghi studi e di vigorosa discussione. Egli però non solo comprese pienamente l'importanza di Wittem-
come quella che
gì'
impedi di
fissarsi in
berga e dei popoli germanici nel suo tempo,
ma previde
che la forza intellettuale e morale di questi ultimi andrà
immensamente crescendo
se
sapranno trarre partito dal-
l'indipendenza di mente acquistata nella speculazione e dalla forte tempra della loro natura. Questo giudizio, tutto suo e
novo seguito da più
che s'incontrano nei
uomo
di straordinario
libri del
altri
non meno singolari
Bruno,
lo
fanno vedere
ingegno e di grande meditazione.
L'addio a Wittemberga, quantunque di poche pagine, è
uno dei più bei brani
letteraria
della nostra storia filosofico-
— ^30 —
CAPITOLO
XII.
(1588-1590).
—
SOMMARIO.
Il
Bruno
in
Praga — La Corte di Rodolfo II. - La de— Bruno in Helmstadt — L'Accademia — Scomunica Evangelica.
dicatoria delle CLX tesi Il Giulia Un elogio funebre
—
Dopo
discorso di commiato
il
Wittemberga
in Praga, città
il
Bruno
non senza
vi giunse
riuniti insieme
De
(aprile
1588),
da
pericoli per lui,
perchè sede di Studio cattolico. Licenziò per
come prima
recò
si
le
stampe,
due opuscoletti
specierimi scrutinio
et
lampade
combinatoria, intitolandoli a don Guglielmo da San
Clemente ambasciatore spagnuolo presso Rodolfo è
imperatore l
II
un arido
II
primo
e oscuro riassunto o
di quei
sommario
la
Corte
di
due opuscoli del libro che
vide la luce in Parigi col titolo ^oiV Architettura Lui-
liana, ed
con
il
lo stesso
secondo una ristampa di quello che uscì
nome
in
Wittemberga. Pare che
egli si
risolvesse a questa pubblicazione, vuoi per cattivarsi
l'animo del mentovato ambasciatore, personaggio di autorità in
Praga
e nella Corte,
sussidio da Rodolfo,
vuoi per conseguire un
non potendo trarre quivi
dalle letture private o pubbliche. Ignoriamo 1;
JoRDANUS Brunus Nolanus,
combinatoria
pemodumque
Maymundi LulU divini. Prag^,
X
De
speciertim scrutinio et
partito se
già
lampade
doctoris Heremitce omniscii pro-
Juuii an. 1588.
— La lettera
di dedica
air eccellentissimo Guglielmo di S. Clemente è del 10 giugno 1588.
— 231-avesse conosciuto
Mendoza
del
il
non conoscendolo
con confidenza quale ammiratore e
vulgatore del Lullo, ^,
mezzo
in Parigi per
o dei Castelnovo, o se
siasi a lui volto
gna
San Clemente
nome
di-
caro all'ambasciatore di Spa-
0 quale cittadino appartenente a questa vasta e
sconfinata monarchia. 11
motivo, a nostro avviso, che forse mosse
a risalire l'Elba per venire in Praga fu dolfo
II,
nome
il
Bruno
il
nome
di
Ro-
che egli già aveva pronunciato con lode
nel discorso di addio
a'
Wittemberghesi
Rodolfo, principe di poco valore e di mediocre coltura, portava grande
amore
genere ed
alle scienze in
in ispecie alle occulte, verso le quali
il
Bruno
senti-
vasi pure a quando a quando inclinato. Nella Corte di
Praga fiorivano logia.
eccezioni,
tempo l'alchimia
in questo
Intorno a Rodolfo
si
l'astro-
e
raccoglievano, salve poche
uomini volgari ed impostori, o cervelli fanUno che entra nel novero di questi
tastici e strani.
Nolano in Londra,, è Giovanni De' e, favorito dapprima e poi abbandonato dalla regina Elisabetta \ amico del principe Alasco di cui sopra favellammo, autore di parecchi scritti non ultimi, e che forse si incontrò col
1)
—
Scripta latina, pag. 604.
2) Intorno a Eodolfo II, vedi
Annales Ferdinandei 1578
-
1637.
KuRz, Hìstoire d'Aittriche sous Bodolphe. 1821. 3)
que
Tomo III. NacDe'e in Londra. Insegnò geometria in Parigi nel Collegio di
Intorno a questo ingegno strano, vedi Nicéron, il
Rheims. Conobbe
la
regina Elisabetta, e fu da questa consultato in
varie occasioni. Strinse amicizia col principe Alasco. Viaggiò in varie parti insino a che ritornò
Abbiamo
poverissimo in
tra le altre sue opere quella
Inghilterra, dove
che ha per titolo:
Hieroglyphica, mathematica, magica, cabalistica,
et
explicata, che presentò nel 1584 a Rodolfo in Praga.
morì.
Monas
anagogice
-232ignoti al Bruno. Questo De' e era stato nel 1584 intro-
dotto alla Corte di
Praga
dallo stesso ambasciatore spa-
gnuolo Guglielmo di San Clemente, trodusse
il
buona. Basta dire che pietra filosofale.
Non
si
che Rodolfo di giorno at-
formava oroscopi. Un abbiamo fatto cenno, FaMordente, fregiavasi del titolo di astronomo di
amico del Bruno,
brizio
e di notte
di cui
Rodolfo perciò è a credere che ;
dano non suonasse forse del di cui due lustri più tardi
il
tutto
nome
del nostro Gior-
nuovo
in quella Corte,
rammentò
il
con reverenza
lo profferiva
Keplero ^ se prima T icone appena venne in Praga abban-
ed affetto quell'uomo divino che fu noi
quale ora forse in-
applicò con lui alla ricerca della
è ignoto
tendeva a questa ricerca altro
il
Bruno. L'accoglienza dell'imperatore fu assai
il
donando la solitaria sua torre di Uranisburgol Tre grandi nomi cinsero di luminosa aureola la fronte del superstizioso Rodolfo: Ticone, Bruno e Keplero. Quest' ultimo, comecché non fosse quasi mai pagato e non potesse, se non che con grandissimo stento 1)
Il
Keplero ricorda spesso
—
568, 592, ecc.
—
Edidit Frisck. il
Nunzio
il
— Voi,
Bruno.
II,
pag".
490^ 509,
Vedi Joannis Kepleri astronomi Opera omnia. Nella lettera che
il
Keplero scrive a Galileo sopra
sidereo, legg"onsi le seguenti parole
:,
«
Wacherio cantra
dubbia circa fixarum aliquos circumire novos hos « planetas (quale quid iam a multo tempore mihi ex cardinalis Cii« sani et .Jordaui Bruni speculationibus obiecerat) ». Voi. citato, pag. 568. L'inglese Bruzio scrivendo nel 1603 al Keplero, si chiarisce pure favorevole all'opinione del Bruno « Nam ego opinor mundos « visum, liaud
—
:
« esse infinitos 2) Il
Bruno
».
fa
—
Id. pag. 568.
ripetutamente menzione di Ticone Brahe, che chiama
principe degli astronomi del suo tempo, e dice che Ticone con esso lui s'accorda nel considerare le
Bruni Nolani, forte,
De monade
1591, pag. 167,
et
comete quali
numero,
etc.
astri o telluri.
—
Jordani
Edizione di Franco-
— 2aS cavare qualche soldo per provvedere alle più stringenti necessità
,
tuttavia stette in
Praga insino
Magini Il
gii
venne
morte del
offerta dallo Studio di Bologna^.
Bruno dovette
tezze,
termine
al
della sua vita, rifiutando la lettura che alla
Praga versare
in
in gravissime stret-
venendogli meno l'insegnamento, dal quale sempre
cavò di che vivere nelle altre università. Perciò, dopo avere messi alla meglio insieme sopra accennati i
matematici
2,
i
due opuscoli da noi
compilò cento e sessanta
e filosofi del
tesi
premettendovi una
in quell'anno stesso per le stampe,
non par-
lettera di dedica all'imperatore, della quale
che io sappia,
lano"^,
contro
suo tempo, che mandò pure
biografi bruniani, e che forse è
i
ed importante delle dediche scritte dal
la più singolare
Nolano S « ((
Se
« flitto «
ci
fosse,
egli dice,
zione tra la luce e
nota da natura la distin-
tenebre, cesserebbe l'antico con-
le
delle opinioni per cui le generazioni si
vicendevolmente, nè vi sarebbe
1)
L'Arago
offerta in
chi,
avversano
innalzando le mani
aiferaia che Keplero ricusò la
lettura che
Padova, allegando che egli non voleva esporsi
di essere abbruciato
stata offerta
la
come
lettura
Bruno.
il
di
Ci pare che
al
venne
Keplero
sia
non abbia ricusato per ragioni diverse da
Bologna
quella di Padova, e che egli
—
gli
al pericolo
alla
morte del Magini
e
— Tiraboschi, Storia della letteratura scrutinio — De lampade combinatoria.
quelle accennate dall'Arago.
ilaliana, Voi. VII, pag. 450, Venezia 1796. 2)
De
3)
Queste parole
specierum
si
riferiscono al
tempo
in
cui
pubblicammo
la
prima nostra edizione. 4) JoRDANi Bruni Nolani, Articuli centum et sexaginta adversus huius tempestatis mathematicos atque philosophos. Centum ìtem,
—
praxes ad totidem prohlemata. Pragge, apud Georgium Daczizenum, 1588. Nella lettera di dedica Eodolfo è qua-
et octoginta
—
lificato
divus.
,
— 234 — «
reputandosi egli solo in possesso del vero
al cielo e
«
credesse che Iddio fosse padre e datore di vita sempi-
«
terna a
«
crudele, vendicatore e punitore degli altri con la eterna.
((
sè, e
che per contro fosse giudice inesorabile,
Onde mentre
le
varie razze e sètte
tutte proprio culto e disciplina, ciascuna poi arroga a
primato ed ha in dispregio
«
se
((
delle altre. Quinci
«
dei vincoli naturali; quinci quegli
«
postura
il
si
procedono
levano in
le
il
culto e le discipline
guerre e lo scioglimento
uomini che con im-
dandosi nunzii della divinità;
alto,
quinci gli innumeri mali che travagliano «
morte
umane hanno
cui è a dire che
l'uomo
è
il
mondo, per
più nemico dell'uomo che non
amore non im-
«
di tutti gli altri animali
«
divulgata fra
«
«
pariamo a recare in atto quella generale filantropia che fa amare i nemici e ci assomiglia a Dio, il quale versa abbondante la luce del sole sopra i giusti e gli
;
e quinci la legge di
le genti si giace negletta, e noi
« ci
Questa
è la religione, egli dice, che
«
ingiusti.
((
cuna controvei'sia
«
per deliberato proposito dell'animo mio
e fuori d'ogni
senza
sd-
disputa io osservo, e si
si
per ragione
mia patria e delle genti. » Con le quali parole sembra quasi intenda di affermare esser egli cultore d'un Cristianesimo che non «
delle consuetudini della
esclude religione alcuna, perchè ritrovasi sostanzial-
mente
in tutte.
Rispetto poi alle filosofiche e liberali discipline egli
non ammette autorità
di parenti, di maestri, di tradi-
zioni, di consuetudini.
Reputa iniquo
dignità della libertà ragione. In filosofia
pitano che
sè,
umana
il
e contrario alla
sottomettersi all'altrui
non riconosce
giudicando stupido
altro duca, altro ca-
e vile
chiunque sente
diversamente, e non curandosi neanco di tutto ilmondo^
— 235 — quando questo per
cecità volesse
ad ogni costo stare che la asso-
sotto la signoria di Aristotile o di altri
migliasse. In filosofìa la verità vuol essere veduta coi
propri occhi
e nella città fìlosofica è nostro
;
dovere di
combattere contro la tirannide dei ]3adri o di chiun-
que voglia introdurla o conservarla ^ Alle libere are della filosofia
,
egli
soggiunge
,
io
«
cercai riparo dai fortunosi flutti, desideroso della sola
comandano non già di chiuA me non piace dissimu-
«
compagnia
<(
dere
«
lare la verità che veggo, nè
ma
di quelli
i
quali
di aprire gli occhi.
apertamente
;
e
ho timore
di professarla
siccome dappertutto e continuamente
partecipai alle guerre tra le tenebre e la luce, tra la «
scienza e l'ignoranza, così dappertutto fui segno agli
«
odii, ai
clamori ed agii insulti, ed esperimentai tanto
bruta stupida moltitudine, quanto quelle
«
le ire della
((
dei graduati
«
nostante uscii vincitore, sostenuto dalla verità e gui-
«
dato da un lume divino e superiore.
accademici padri
dedica dicendo che
non
ratore targli
,
è che
se' egli
il
uno
»
Pone
No-
Bruno trecento
libro che ora presenta all'impe-
dei molti che vorrebbe
il
presente, e diè in
presen-
compenso
quali potè sopperire alle
talleri, coi
spese del suo sostentamento ed apparecchiarsi a novello viaggio
La
1)
E
Praga tornò alquanto triste al Bruno, non trovò quivi conforto nella pubblica
città di
perchè egli
diffatto egli reputò
sempre
«
:
Iniquum prò
alieno obsequio
« sentire, mercenarium, servile, et contra Immanag libertatis digni« tatem, etc. ». 2)
Vedi
la lettera di
dedica all'opera citata.
Atti del processo, Doc. IX.
/
,
fine alla;
sarà per aggradire questo suo povero
dono. Rodolfo accettò al
dell'ignoranza.
.
— 236 — lettura, nell'affetto e nell'appi auso degli scolari. Perciò
dopo circa
Boema
sei
mesi
venne
e
di soggiorno
abbandonò
^
della casa BrunsAvich-Wolfenbiittel,
|)rotessori.
(li
Alcuni che
liio^r.ili, tra
llniiio
il
manda/ioiic ([HÌNi
e
i,
lidi
,i^iiidi/i(i.
mato ad
a
del
;i
che come
rtMlucazioiie del
duca dai
di ciò afjparisce
iiiilia
corr.'tlit
d.'lla
clic
1(
irò
asserzione,
Urano
il
^\\\
(
^uppnsi/ii ine
ii!i(M. iiMii
a
è,
tosse chia-
conobbe
Io
ci^li
TaNcsse conosciuto due o tre clic
siipfriiiic
si
quando
H mh.i
1
è disdetta
iina\
ia
Atti del processo^ Doe. IX:
«
parole
dalle
comijrendere come
cin ]inicss.> l'ii-iMiirN oliiiciitc s(^-iiire^
1)
racco-
lettera di
cdncai'c un ,uiM\aiicdi veni icin
prima I
con
Inuiswicl), e
!iiciiio\ali biograli pl'odotto
(l;ii
alleile NiippoiK'iidn clic
ìiìi'sì
I
(•.Miinicssii
iiii|iinl)aliilc
che già era saliin Fjì
di
(ilirtM-lir
iciK'
\
alciiiKi
ddciiiiit'iihi
nosti-o
tu
Ma
Bartholmèss, alfermano
il
Milita
1
('oitc
la
;^li
(iiiilid-.
simi nin
i
per copia o
sì
di scolari.
iiiiniei-o
[)tM-
pai-iì
>i
pei-
,Liiiiiìsc
Imii'Ìco
sì
era levata in
si
grande nominanza FAccademia Giulia, bontà
la capitale
in Helmstadt, dove, sotto la signoria
Nè
cou maggloro
Amlai a Praga
e stetti sei
« mesi » 2) Il priikip'-
1587
la
sua
i-jiric(t
itriiiui
(liuliu
moglie.
aveva già perduto addi
Lo Scioppio dice che
il
\'-)
febbraio
Bruno professò
in Elnistadt. 3)
Il
Bruno
maggio 1589,
Helmstadt, addi
recito in
zione consolatoria
in
1
luglio 1589, la sua
morte del duca Giulio,
la
Ora-
quale avvenne
il
3
—
quando già il figlio era salito sul trono. Vedi Leibniz, Scriptores rerum Brunsvicensium. 4) Nel proemio al suo Discorso consolatorio, egli non dice (ciò che non avrebbe certamente taciuto) di essere venuto in Helmstadt e quindi
per invito del principe od in altro
dono
della Provvidenza
« esse censeo
:
:
«
Non
modo
chiamatovi,
casu, sed Providentia
ma
per certo
quadam factum
ut nescio quo vento, seu tempestate ad regionem hanc,
— 237 — probabilità e fondamento asserirono gli stessi biografi,
che
il
Bruno
sia stato incaricato dall'accademia di
stadt del discorso per
gnante
1,
i
Helm-
funerali del padre del duca re-
rimasto quivi circa diciotto mesi
e che sia
tando contro Daniele Hoffmann
e gli
lot-
Hoffmanniani,
quali con la loro intolleranza lo obbligarono ad ab-
i
bandonare
la città e lo Studio.
Dappoiché queste asserzioni non sono suffragate,
come
già osservammo, da documenti, cosi noi, mante-
nendoci fedeli
remo
al
costume insino ad ora seguito,
contrapporre
racconto
il
ti-atto
per intiero dai libri del
Bruno e dal processo. Abbandonato dunque che ebbe Praga, stro
Giordano in Helmstadt, dove
il
si
celebi'assero
i
il
no-
^
prima che
funerali del duca'l Quivi, senza che
gli fosse fatta sollecitazione
od invito per parte o del-
compose una orazione in onore defunto, che poi lesse il primo luglio. Il principe
l'Accademia 0 di del
recò
13 gennaio 1589
è già matricolato nell'Albo dell'università si
sta-
contenti, senza diffonderci in parole superflue, a
« bisce
altri,
compulsus fuerim diebus quibus funeri celsitudiuis eminen-
« tissimi lumosissimique vestri principis interessem ». 1)
«
Nel processo
FAcademia Julia
« la
il
Bruno atferma che
di Brunsvich,
morte del Duca,
fece un'oratione
« con molti altri deirUniversità ». 2)
—
alle
al-
tempo
sue esequie in concorso
Vedi Doc. IX.
gli atti dell'Università. Ìo8.9
nolanus italus Grat. 3) Il 3 maggio morì dì
trattenne « un anno
Questa immatricolazione è ora nelfarchivio di Wolfenbiittel dove
sono serbati
il
si
dove, occorrendo in questo
il
11 di giugno 1589.
cospetto deirUniversità
il
Jan. 13 Jordanus Brunus
Duca. I funerali Il
Bruno
si
fecero tra
il
dì 8 ed
lesse un'orazione consolatoria al
primo giugno. Conf
particolarità del soggiorno di Giordano
Bruno
il
Sigwart su talune
in Helmstadt.
— 238 — regnante, duca Enrico Giulio, avendo trovata l'orazione di suo gusto, forse anche perchè era tutta ripiena delle
sue
pose affetto all'autore e
lodi,
lo
donò
di ottanta
scudi di quelle partii.
Bruno concepì
Il
per quest'atto di squisita libera-
.
vivissimo affetto verso
lità,
segno
animo grato
(li
principe; al
il
e sincero, volle,
da Helmstadt, dedicargli due opere
quale,
in
anche lontano
diremo più
di cui
avanti
Dopo venne
alcuni mesi che
;i
il
Bruno era
Helmstadt,
in
ave contesa con Boethius, forse per motivo
ui
pure
di opinioni manifestate nelle lezioni pubbliche, se
ebbe tempo ad insegnare, o forse per controversie reBoethius. come pastore e sovraintendente
ligiose. Il
della chiesa evangelica, a cui
(iincvra. lo sconnniicù
in
scomunica
Mentre l
•.
1
1
il
lìruno aveva aderito
Bruno protestò contro
la
e chiese di essere giudicato.
è
dubbio se
sia stata fatta
ragione ai suoi
ichiami, è certo però che egli parti indi a
non molto
Pare che nulla
Helmstadt
da quolla
città.
che accenni
venne
al
sia restato in
IJiuno, perocché
fatto di nulla ritrovare e
al
Sigwart non
neanche
le
gli
traccio della
di lui abitazione.
Dopo Elmstadt
il
Bruno
si
ridusse a Francoforte, dove
già era nell'anno 1590, senza fermarsi in altra città inter-
media. Su questa data non vi
1)
2)
è dubbio, solo potrebbesi
Atti del processo, Doc. IX. Vedi la lettera di dedica premessa a questo
libro dall'editore
Giovanni Wechel. 3)
Ci è fatta nota questa scomunica da una lettera che
scrisse A'^edi
addì 6 ottobre
al Pro-rettore deir Università di
Bartholmèss, Voi.
I,
pag. 174.
il
Bruno
Helmstadt.
—
- 239diibitare se la sua partenza
da Helmstadt per Franco-
forte avvenisse verso gli ultimi
Pasqua
la
del 1590.
Che poi
settembre del 1590, che è di quella città, è
il
fosse in Francoforte nel
tempo
scrittori che si
della seconda fiera
dimostrato dalle affermazioni di tutti
da quella del Bruno stesso.
e
mesi del 1589 o verso
Il
Sigwart che
è tra gli
occuparono della vita del Bruno in questi
nostri tempi con più perspicacia, con più dottrina e con
più attenzione, non tenne sempre conto del
memoria
la
assai fallace e
tempo
di
fatto,
che
uomini grandi e piccoli spesso che non di rado accade che un peiiodo negli
è
sia con la
massima
facilità fissato in
termini
più brevi o più lunghi di quelli che rispondano alla realtà delle cose. Il libraio
in cui
E
valga in ciò Tesempio.
Britanno di Venezia interrogato circa il tempo
conobbe
il
Bruno, risponde che
lo
vidde ora sono
domanda gli veniva mossa
nel magun anno il 1592 venivano in appresso il 1591 e poi il 1590. Con questa risposta il Britanno intendeva affermare che aveva conosciuto il Bruno nell'anno 1590 in Francoforte. Un altro libraio, il Ciotto, per contro attesta che Fha veduto dappoi due anni tre anni.
Siccome
la
gio 1592, così contando per
alla fine di
dente che
il
settembre pure in Francoforte. Ciotto contava
i
È
quasi evi-
cinque mesi dell'anno del
1592 in cui era interrogato, come la metà di un anno.
Poi aggiungeva Tanno 1591 del 1590
e
come un'altra metà
quindi di
gli
ultimi mesi
anno. Quindi anche
Fatfermazione del Ciotto concorda con quella del Britanno, cioè che secondo queste due affermazioni
Bruno era
il
in Francoforte nel 1590.
Finalmente
il
Bruno
stesso con più chiarezza di tutti
afferma che egli ricevette nel 1591 in Francoforte due
- 240 — da Giovanni Mocenigo,
lettei'e
il
Siccome per altro sappiamo che coforte,
come
suo fatale discepolo. il
Bruno
è certo che vi era nel 1590.
K
lii)i'i,
solamente nel gennaio del 1591 per pure
8eii/.;i
Taiuio
l.")!!).
bensì sni
'
([licsii
notare che
r
eh»'
alloL:;ji;il'
melitani,
Fran-
impossibile che volendo
stampai'e in Fi'ancoforte parecchi
braio.
lasciò
dii'emo, nel febbraio stesso del 1591, perciò
in
Kr;i
sci
ne tforto
nit'^i
(love n
\
i
lòitd. (l(i\c iniit»
non
sci
tosse ivi giunto
i-ipartii'iie il
mesi
pitssdno
nel feb-
Ihiino avendo frati
Car-
pigliai'si
sul-
coi
crM più sin dal febbraio, .•(mcdiTc a prtìxarci che
ma
c'ei'a.
— 241 —
CAPITOLO
XIII.
(1500-1591).
—
Bruno in Francoforte — I Wechel — Tipografi e librai — Le fiere di Francoforte — Il Bruno è invitato a De imaginum et ideaVenezia — I suoi tre libri francofordensi rum coiriiiositioiie — De triplici, minimo et mensura — De mo-
SOMMARIO.
11
XVI
del secolo
numero
nade,
—
et
figura
Fraiicoforte sul
— Una
Meno
visita a Zurigo.
era, nel
tempo
del Bruno, città
ricca e lìorente per industria e per commercio.
sendo abitata da
da viaggiatori
cattolici e
di tutti
i
da protestanti,
es-
paesi e di tutte le condizioni,
doveva a presidio della sua quiete rità
Ed
e visitata
sua prospe-
e della
usare larghezza e tolleranza particolarmente
materia di opinioni religiose.
Laonde
altre città del pai'i che in questa, si
in
ben poche
in
poteva liberamente
stampare ed insegnare.
scrivere,
Abbenchè
le
sue tipografìe fossero
meno
quelle di Basilea, di Lione, di Firenze, di
pregiate di
Roma
e di
Venezia, pur nondimeno godevano rinomanza in Ger-
mania,
e
mandavano anaiualmente
in luce
un numero
considerevole di lavori. Primeggiava fra esse quella,
condotta dai Gli Aldi,
nere
i
fratelli i
Wechel
Froben,
e
compagni.
gli Stefano,
i
Wechel, ed in ge-
più reputati librai del secolo decimosesto, non
solo sapevano far 16.
—
degna stima dei
Berti, Giordano Bruno.
dotti,
ma
li
acco-
— 242 — giievano presso di sè e
li
provvedevano
lavoro e
di
di denari senza guardare alle opinioni che professavano
od
paese da cui venivano.
al
per la libertà
Il rispetto
del pensiero è la virtù che più rifulge in questi diligenti, eruditi ed indefessi lavoratori. Nelle •
luii^i
liM
ili
rciiò
11.
1111(1.
Non
ed anche di opposto sentire.
havvi altro ordine
di cittadini che, (pianto (piesto dei efTicacia
cooperato a
vive
le
relazioni sciiMitiliclir ira paese e paese, tra po-
polo e popolo. asjiiM
U-u|)|i()
animi
gli
scienza, a mantenere
della
travagliati dei pellegrini
abbia con
liì)rai,
confortare
istoiarc e
l
loro case,
coabitavano uomini di diverso
('(1
nel
([Hello
die
iia/idiialo
che
iciiip.'iaro
;i
Sfili iiiiciiin
era di
vi
nianit'e-
si
stava con tanta energia nei po[)oli del centro di Europa. I
Ih il
AN'ecbel avevano, alcuni anni piiina della
iiiio.
ospitalo in
l
"i
aiicofoi'te
Languet
il
venuta del
e festeggiato
giovane Sidney nel suo |)assaggio per quelle
Ora accoglievano stampare due
lilji
i.
il
iJinno
uno
utero, iKOiiuiU' ci fi(jnr(i. e paro a[)peiia cimilo. litani,
pagandone
Benché
;i
il
parti.
(puUe veniva per
fai-
ihìiùhk) ^ l'altro
De mi-
W'echel misei'O
Bruno,
1
dozzina presso
i
il
irati
carme-
doi jjroprio le spese.
fosse coi frati viveva egli tuttavia in piena
libertà, praticava
con
(juelle
persone che più
gli
anda-
vano a grado e leggeva privatamente ad alcuni dottori i quali non si dimostravano per altro contenti del suo insegnamento. Il priore dei carmelitani, che lo aveva in conto di
li
uomo
Ti chiamiamo
tolo èli
numero
seguente
De
di bell'ingegno e di universale col-
così,
perchè egli così
triplici,
minimo
et
li
chiama.
mensura,
Il loro
l'altro
et figura, etc.
.1.
vero
ti-
De monade,
-
—
243
tura, diceva che impiegava quasi tutta la giornata, nello scrivere e
cose nuove
bastato
una
l'
»
«
andar chimerizzando
strologando
animo
che tutto
di fare
il
sarebbe
gli
mondo
fosse di
sola religione.
E
certo dovette con grande intensità di lavoro ap-
plicarsi allo scrivere se potè in questa
dimora, di non lunga durata, metter
taneamente e di altre,
stampa
alla
sua monastica
mano
quasi simul-
delle tre opere sovraccennate
come diremo. Notisi per aggiunta che per
alcune modellava ed eseguiva
gnavano per Il
e
per cui lo "udì asserire che
i
le incisioni
sue dimostrazioni
le
che
gli biso-
2.
soggiorno di Francoforte offriva occasione al Bruno
di conversare coi viaggiatori delle varie contrade d'Eu-
ropa, di aver contezza dei libri nuovi che
pubbli-
si
cavano, e sovratutto di abboccarsi con molti italiani, e
segnatamente
coi librai veneti che
convenivano
alle
fiere
che tenevansi due volte all'anno, cioè alla fine
della
quaresima ed a San Michele di settembre. Gli
scrittori del
tempo
maggiori che
ma «
in tutta
vantavano meritamente per
le
facessero
Europa.
«
ogni più rilevante
« cipali
non
solo nella
In queste fiere
ogni sorta di mercanzie,
« di
«
si
si
^
si
le
Germania, spacciano
girano partite di cambio
somma;
vi concorrono
i
prin-
negozianti d'Europa e mercanti forestieri di
ogni genere,
quali tengono botteghe espressamente
i
1)
Documento IX.
2)
Prefazione di Giovanni Wechel al libro
De
triplici,
minimo
et
mensura. 3)
Beìatione de la Corte
Maria
elettore di
et Stati del
Serenissimo Ferdinando
Baviera, descritta dal conte Galeazzo Gualdo
Priorato. Leyden 1668, pag. 101.
— 244 — «
per aprirle nel tempo delle dette
«
«
maggiore esito degli effetti che vi si portano, che non si farebbe in tutto il rimanente dell' anno. Il traffico maggiore consiste in drappi di seta che ven-
«
gono da tutte
i<
selli fabbricati
«
galanteiie di
«
di ogni sorta di metalli, in spezieiie e zucchei'i che
<(
tutti
«
minisi
«
ancora. S^pi-a n-ni
«
dorè
«
Il
si
(i[iiale
fa
le parti d'Italia, in fioretti ossia lìlu-
rai
i
a Zurigo in Isvizzera, in drappi e
(rOlaiida. e sono da (j^uesta città
alle
(piale a
(Mii
piiM
ra,L!Ìi'ih'
aliiiaiu dai
li(ir-(t
I
ci
modo naria
iol ccl ic
k
i
1
la
i,u
|
\
i
1
la rsi
li
si
.
la
arie lingue.
di libri,
esclamava:
«
l
parexa da sè
vedevano disposti
in bel
moderni det-
Enrico Stefano con accento di parzialità
e poi ci
«
altliiaiin
niiin
((
siano
alii'n
gano
i(
queste
hanno
lìere
la
muse ». solo una
licra delle
A petto di (questa mostra straordi-
Veggano
«
se
ve-
altì'O fiere,
in
queste attiche fiere;
gli Italiani
dicano se essi sono da lanio,
in
il
(plivi SÌ tl'O-
clic
Ialini o greci d'ogni sorta e libiù
liltri \
1|
liiTa
ia
i
iiiicriiiinal)ilc hililinifca.
tati nelle
-i
I
1
ipia^i
la
som-
altre parti
cosa c iiicraviglioSO
allra
^i
ad
incic di Alcnia.una e
|»r(t\
ila
la
\trv
Norimberga
in maiiiratture di
l-\;iiiri;i.
vengono
\aii(»: «
nel
fiere,
si
il
loro
iii.Li-'L^ni
>
Tedeschi
non
meccaniche; veg-
cosa in casa loro, che con
possa paragonare
soggiungeva con ingiusta
i
nelle dita e se
\aleiiii cìhì nelle arli (iii;ilelie
e se
».
Oh
certamente,
alterigia, gl'Italiani
aliquid
ostentare, sed nihll ostendere poterwtit^.
Merita di essere notato die in queste
vano uomini
1)
dotti
nella
matematica,
fiere
vi ave-
nella storia e
Veggasi Topuscoletto di Enrico Stefano (1574) intitolato nundiìiarum Francofordiensiim.
comiiini
.
.
:
En-
,
nelle altre parti dello scibile,
quali nelle botteghe
i
dei librai, circuiti da folla di uditori, dissertavano sulle
varie discipline e filosofavano
come
già Socrate e Pla-
tone in mezzo al liceo K Fra questi uomini dotti, che quivi affluivano dagli Studi di Vienna, Wittemberga, Lipsia, Heidelberga, Strasburgo, Padova, Oxford,
bridge,
il
Bruno non sarà
Cam-
stato fra gli ultimi a levar
cattedra nelle botteghe e disputare di metafisica o di
astronomia. I librai
veneti erano quelli che più degli altri ita-
frequentavano quelle
liani
come per vendere loghi che vi
e
fiere così
si
per avere notizia dei copiosi cata-
altri Stati della
introducevano con più
del
d'
Europa. Di Germania
trasportavano in Venezia a più discreto prezzo
che non negli si
libri,
distribuivano di tutti gli scritti che
si
uscivano nelle varie contrade poi
per comprare
Governo,
stesse del
le
Bruno
opere si
Penisola
facilità,
di
le
merci, e vi
stante la tolleranza
scrittori
sospetti
e quelle
vendevano pubblicamente.
Fra i librai veneti, che intervenivano assidui e quasi sempre a tutte e due queste fiere, erano Giambattista Ciotto e Giacomo Britanno, Funo da Siena, l'altro da Anversa, entrambi però residenti in Venezia. Questi
due
librai
presso
i
andando anch'essi quindi da esso
contezza dei suoi
libri e dei
servente dapprima e poi
1) «
Hic plerumque in
ipsis
« serio philosophantes audias, «
Socratem
et
Platonem
ad alloggiare
incontrarono col Bruno
frati carmelitani, si
ed ebbero
alle volte
lui
e dai suoi conoscenti
suoi portamenti.
libi-aio
Il
Ciotto,
esso stesso sotto Tin-
bibliopolarum tabernis aliquos non miniis
quam
olim philosophantes in medio lyceo
aiidisses ».
~
Opuscolo citato.
— 246 — segna della Minerva, aveva anni ventinove
mune
parecchi libri usciti dalla sua tipografia
un dipresso
era a
meno
uscita allora
Il
Britanno
una
libreria
il
illudi
(tiii
ma pei-
cMiirniiv
tu .'vv,,
CMii
;iiv;iiii
Sapendo
elir
e di
il
rlir
X'enezia,
di
tantastica e debole
m
duto questo lilno inceso slima deiraiiioiv.
lainiglic
ri
mciiic
di
(luale. ••nme
tempi, soleva usai-e
^^iKiiiiciin
Giovamìi Wechel
-.
degli snidi
animo,
opere del Bruno,
delle
di
lipi
giovane delle
amante
quaresima dell'anno
fiera di
ima
sr
:illoi-a
Pietro Fischer
di
i.
della stessa età, e teneva
1591, portarono con
di
co-
conosciuta di quella della Minerva del Ciotto.
Ritornando costoro dalla
Un
non
e
istruzione, se sono sue le dediche premesse a
Ciotto,
il
in
altissima
da vivo desiderio
;i\ere notizia degfinse-
(li
jiarevauo
llriiim ì'va
concepì
pi'eso
(|iiiiidi
Ini
dei tipografi, ve-
luttieglie
ilei
lilifo
Francolorte,
adombrati. si
volse al
Ciotto, con cni a\i \a dimesiichezza, e lo pregò di dare
recapito ad una ^ua lettera per
il
Bruno
della sua andata alla liera od in altro
accettò di
pena essa
Non
mandare gli venne consegnata
Il
Ciotto
dal Mocenigo.
era ancora <[uesta piima lettera pervenuta
Abbiamo
clie
il
patrizio,
impaziente
e
al
curiosissimo
fra le altre lettere di dedica del Ciotto quella al Vel-
sero premessa all'opera del
blica
'\
al Biauio la lettera e ciò fece ap-
suo indirizzo,
1)
o in occasione
modo
Venetonim, che
egli
Contarmi De Magistratihus et Bepustampò nel 1592 mentre il Bruno era :
in Venezia. 2)
nimo o)
Quest'opera pare sia et
mensura.
Vedi
il
(quella
— Conferisci
che ha per
titolo
De
triplici,
mi-
in proposito la nota illustrativa VII.
Capitolo seguente e V Appendice II in
fine.
— 247 — di
imparare
vantati secreti intorno alla
i
memoria
ed alle altre discipline, ne spediva una seconda, non
sappiamo se nuovamente per mezzo del Ciotto o di quale pare sia stata anch'essa consegnata
altri, la
Nolano. Questi,
al
al
doveva tornare assai caro
quale
rivedere dopo ben tre lustri l'Italia, e che avvisava
non
già di incontrare molestia in Venezia,
vare sicurezza e protezione nel
apparteneva
nome
giovane patrizio che
il
buon accoglimento
discepolo, fece
Avanti di indicare in qual modo che
il
Bruno
di tro-
gli si offeriva
a
alle proposte. ei
desse eseguimento
ai patti accettati, ci piace rilevare quali e stati gli scritti
ma
della famiglia cui
quanti siano
tempo condusse
in breve
a line in Francoforte. Il
lavoro è
dovere che tutto governa
il
obbedisce insino a che
egli vi
contrano
il
intento, che
sepolcro. il
A
gli
quello fu
Bruno ed
straordinariamente
sì
suo viaggio, più che decennale, fuori dalla
terra che gli diè vita,
si
guardando semplicemente
può per
intiero descrivere
al frontespizio dei suoi libri.
Questi spuntano, per cosi dire, sotto
annunziano
il
stanchi piedi non in-
i
la pi-esenza in Parigi, in
suoi passi, e ne
Londra, in Wit-
temberga, in Praga, in Helmstadt, in Francoforte. Nel solo suo soggiorno in
quest' ultima città, che fu più
breve di quello di Wittemberga, egli stampò presso
Wechel
e Fischer, nell'anno 1591, tre
i
opere che per ra-
gione di tempo crediamo abbiano a distribuirsi nel
modo seguente De iì/iagmurn, signorum :
l*"
et
idearum compo-
sitione. 2" 3°
De triplici, minimo et mensiira. De monade, numero et figura.
— 248 — Questi tre
sopra alcuni punti
pongono
lingua latina, e raggiran-
libri dettati in
argomenti
sopra
tisi
metatisica, di cosmologia e
di
matematica
di
seconda serie dei
la
parallela a (quella che usci per le e Francoforte sono le
due
da un canto
^,
il
meditazione
alla
della
lisiclie e
seleni lidie clir i
londina
al
niciodo:
clic
volge per intiero Taninio suo
;iiisi
in
(
1
(Iciliili
cano
le
1
^;
1
1
1
(
1< >.
i
sono
(Iella SBrle
lilii'i
scritti
i
,
non solo
j)rimi,
ma ancora
,ui;i
:
eia
rispetto
notammo, prevale in (piesti, la. torma
primi so\ instano, a nostro
'[ih'lli
facoltà specidative
1
trniicorordense
conic
virtù di descrivere spesso di
1
;in;ilii ic;i
Onde in
1
secondi:
i
i[U('lli.
avviso, ai secondi, ed
\
fiii
la torma dimostrativa ed
sintetica e poetica.
ì
(l;ill;i
in
cni sono
in
latiiui
stampe inglesi. Londra, dove egli, lasciato quasi
applicazione alle nuove dottrine \
;i
disi ini^iioiio
si
città
com-
Bruno,
contemplazione delle verità meta-
e
loi'o
linguii
la
j)ei'
Lullo
e di geometria,
libri fìlosolìci del
pin clic in ([uesti spic-
del
lirunu,
con
cliiai-ezza
e la
ed
sua rara ettìcacia
parole, idee asir;iiiissime e di dilìicilissima signili-
cazione.
E
siccome
era ad un
egli
tempo dotato
di
niente robusta e di caldissima fantasia, perciò nei libri italiani
composti
ditori, gli
giovò
in prosa, il
ed in presenza di contrad-
sentirsi costretto a seguire
un
certo
procedimento dialettico ed a spiegare tutta la sua vigoria aggredendo o ribattendo il nemico; mentre nei essendo egli solo in presenza di sè, non
libri
latini
badò
a stare in guardia conti'o la sua stessa fantasia
1) Diciamo riuasi perchè il libro I)e imaginum, signomm et idearum compositioìie, come accenniamo più sotto, è ancora fatto ad imagine dei Liilliani. .< .
— 249 — ed a risecare dai medesimi quel soverchio di imagini
forma poetica maggiormente comporta. Quindi può convenevolmente dirsi col Mamiani, che
e di figure che la
sui pregi eminenti del fetti,
Bruno
gittano
e che alla virtù creatrice della
danno
la
immoderatezza
frequentemente
è
ombra molti
di-
sua fantasia recano
ridondanza dalle quali
e la
ingenerata la sazietà; oltreché l'uso
soverchio delle allegorie lo fa dar nel freddo e nell'oscuro
;
e
imo 0 due
non
di rado stanca
Per
inutile di figure e di favole
talune parti de' suoi e talune
i
anche
libri
lettori
un
concetti metafisici in
le
con avvolgere
intreccio lungo ed
quali ultime mende,
tVancofordensi riescono oscure,
inintelligibili.
Primo tra i francofordensi in ordine di tempo, come abbiamo notato di sopra, è il libro De imaginum, signorurn et idearum compodtionc dedicato a Gio,
vanni Enrico Hainzel, signore all'illusti'e
eruditi alle
famiglia
EUgau, appartenente
Hainzel, cotanto cara agli
degli
ed agli astronomi del secolo decimosesto. Se
prime pagine, profondamente pensate
precisione e nitidezza,
si
assomigliassero
questo libro potrebbe stare
Ma
di
sventuratamente
al
fi-a
i
e scritte le
con
seguenti,
migliori del Nolano.
magnifico peristilio tien dietro
una casa a disegno lulliano di non grande momento. Vien dopo lo scritto De triplici, minimo et mensura intitolato al duca Enrico Giulio con lettera del libraio Giovanni Wechel, scritta per incarico del Bruno il
quale partì in tutta fretta da Francoforte nel feb-
braio del 1591, e proprio
1)
dalla
Prefazione al dialogo II
quando
Bruno
marchesa Plorenzi-Waddington.
si
stava per tirare
di Schelling voltato in italiano
— 250 — De
rultimo foglio del
minimo
triplicL
questo libro non abbia tutto
eie.
Sebbene
^.
valore che alcuni gli
il
attribuiscono, esso è però ricco di concetti filosofici e pellegrini.
La terza opei'a mimerò et fi()i(ra
die
De monade,
pi-esenta è (piella
si
\ cIk'
pure neiranno 1591,
piiliblicò
si
con dedica allo stesso duca iùirico Giulio. Nella
espone
tera di dedica coiiUMiiiio
(lei
aspiri;iiii"
(mi
i-iccrcii
con
1
iiiinnid
lurno
il
\
in
"h;i
fin elle riiii;t
altlin/,/arc.
la
idi
di
duii rina
inipfdiiiK'iil'
I
lalimi
ii'a
laicrc/i(t.
questa sua opera
i
clic
De
delle IVancofoi-densi.
icr/.o
sik. di
un
intorno
xisaiueuto
iciiipi». in ([ue-
su,» disc^Liixi. clic
IìImsmH ;:li
secondo in-
il
il
aggira
si
'\
nirifica
l'Tiiia
la
il
;id
seuso, nel
il
primo
Il
jjrinio
ritroviamo
|(t
iini;ihi.
iasviinhTc
l
sii;i
Sen
''. a lifii cn|(irirc
pei-
iciv..»
il
ne tacciamo
•
ti-iiiic,u,L:i;i
|
pel iKtsir.i iidiiM.
.piasi
e
sTopora. mila
di
lilifd
da imi hmn.h,.. Paté jn^sc
a ciò clic è
modo
Ufi
.
iiiin
Nel
divide.
let-
suo
tutto
scct nidi
h'i/.n In c
cÌm clif
!a/ÌMiif d;
si
ncim.
I
if(Mi
|ii
|i;irtila.
la ;i
1
Nel
;i
modo
in
cui
in
lilii'i
sdrc
ii'Mi
clii;ti-('//;i.
secondo
di
ir<'
Ici
Bruno
il
cl:
,^li
In di g|-ave
adottò ad imi-
li
aniiclii.
c(l
in
ispecial
era lamii^lia rissi ino. Perciò
///o/^ac/c',
comecché
nondimeno
sia la
sottostà
maggiore
alle italiane
molti rispetti, e specialmente nelFordine e chia-
rezza delFesposizione e nel vigore ed efiìcacia dei le-
gami
Va nondimeno
2)
« Cum ultimuiiì dmntaxat Nota iUustrativa Vili.
3)
In alcune pagine di quest'opera
1)
ì
dialettici.
libri
di
Londra.
adoi'na di singolarissimi
siiperesset operis folium ».
ei
verseggiò quasi letteralmente
— 251 non
pregi; e
si
può, leggendola, non sentirsi a luogo
a luogo sorpreso e profondità delle idee gini; ed egli
commosso. Ingenera sorpresa la e la ricchezza e copia delle ima;
linguaggio ed atteggiamento profetico che
il
assume annunziando, fondato non
altro che nella
piena fede delle sue dottrine, sicura e quasi prossima la
rinnovazione
scientifica, politica e religiosa delFtìrbe
Ingenerano commozione profonda
tellurico.
accenni al travagliato suo animo dei suoi affetti, che tutti
;
appuntano nella
si
De monade
verità: ond" è che Y opera
i
frequenti
la pittura vivissima Sofia, nella
si
può quasi
considerare una epopea metafisica e cosmologica, in-
tramezzata da episodi, ne' quali
egli si ritrae
con sin-
golare verità e precisione. Chi non ravvisa nel seguente
Bruno,
tratto tutta la vita del losofia, i
suo amore per la
il
suoi patimenti per essa,
i
viaggi intrapresi ed
i
lini
i
superati,
pericoli
propostisi?
fi-
Molti sono,
esclama, quei che aspirano alla filosolia, pochi quelli
che la cercano
;
ma
questi pochi
«
sciolgon la nave dal
affidano al mare, spiegan le vele, e in
«
patrio lido,
((
picciola barchetta s'avventurano in
«
con l'animo sospeso, che
«
gano a rovesciarsi loro addosso. Altri pericoli
«
parecchiano a sostenere in terra; passeranno monti,
«
fiumi e deserti, fantasticando
<(
dubitanti, male alloggiati o, peggio, sorpresi dalla
Per
si
«
notte.
(f
gendo inospitali
((
orsi.
i(
viaggio
((
le Alpi,
il
«
varrà e
i
valli
Tornati in :
i
profonde
,
mezzo
venti rabbiosi
insidie
e
a' flutti;
non
veii-
ap-
si
imboscate,
per selve inaccesse
,
fug-
abitanti, ripareranno nelle tane degli Italia,
lasciano
il
Rodano Pirenei
;
poco appresso tentano miglior
Tevere
e l'Arno e
il
Po passano ;
e la
Gai'onna; attraversano Na-
e le
superbe sponde del Tago ed ;
- 252 — neirOceano. oltre
<(
eccoli
le
colonne d'Ercole, navigare
«
verso popoli cui nasce
il
giorno dal nostro occidente
«
e dall'oriente
tramonta.
E
tutto,
«
di Sofia
terni, e
«
notti faticoso, e visiinuu
«
per invasai'si
«
fama
o
«loro i(
senno
dd
1
1| );i
sf|i|M'i-
(hirci.
Ntdr;iiiiiM
(dire
doUc
i
,
De
sidliu'
beni pa-
il
///
delle
Ihnm»
il
dtd suoi
di libri
diamo
([ui
».
^
che
suoi biograli
sono numerosis-
compiè ancora
l'Cìl'ì r(i
e poli;!
h'i
y^'y
(irli
eli' nn'iilìs
e (piello
('(XUSÌs.
in Francoforte
sndui già composti od
mane
Iricjinta
deWAnìnia,
ìihcr(di i'I
<|uello
data del luglio
«picllo
(/('//l'/w.
Si'/ft'
i
quali
i
hoporosità del Bruno,
h>sse \'eiiuio
tavia dovette lavorare da
forma
ed acquistar
[inii-cnmio citare;
ìli
iii.'diio
r///ro// lil)r(»
.\rs
()
le
onde poi venga
in l'^fniicororte,
rCi'i'm iirì iic'i pì'is (7
Benchò una parte
>
iiii;i;^iiif.
trnccji^ (h d
le
r"ci';i
sliitiHis (die c ;iiicnr;i h~>'.M
i
plauso del popolo,
il
iihri -i;ì iiiciitnv;iii ei
Ti-i'iil(i
forse aiiidie
favoiT.
(pi. '^1,
;i
i[iu'll;i
i.")',!!)-',)]
spcci.diiit'iiic incili
il
icii/c dcirillilc
siiiiili
lir;i!ii
Ini
siiiif.
^wcro furore poetico
r.iiit;!. ;i
rciidoiK. di
iinii
e
inoiiumcntì delFantichità,
i
splciidoiv di \evi sapienti;
hi
Aliri
pèrdono
miglior tempo della vita; e vegghiano
il
e le ;iiidiilf
ci
per attingere ai fonti
e dottrina. Cosi
a sera, per dare
ed accingersi a pubblicarli.
con
ideati, tut-
Non
loi'o
inten-
idsolvere la quistione sollevata dal Fioren-
tino, cioè se
i
principali di
essi
risalgano nella
Ioì'o
composizione ad un tempo anteriore. Ci contentiamo per ora di dire che continuiamo a chiamarli francofordensi, perchè in Francoforte ebbero l'ultima mano.
1)
T)e
monade, numero
et figura,
pag. 624.
Un
accidente singolare e di cui insino ad ora nis-
suno biografo seppe dare spiegazione, è
Bruno
improvvisa e precipitata del
partenza
la
nel febbraio del 1591
da Francoforte. Mentre stava rivedendo l'ultimo foglio
stampa del suo libro De triplici, minimo et menmixi, abbandona la tipografia e se ne va da Francoforte, dando incarico ai Wechel per lettera di premettere al libro che già stava per uscire una lettera di dedica di
egli
al principe
Enrico Giulio. Lo stesso desiderio espri-
meva
per quello
nelle
mani
dazione,
i
il
De monade,
di cui
Wechel dedicarono
mentovato Duca entrambi
Dove andò il Bruno abbandonò con tanta
—
i
dovuta a qualche
in
il
li
Bruno
al
quasi quasi potremo
non
ci
è
noto.
La
pensare che la medesima sia
Bruno il
del
quale sia la cagione per cui
fretta, e
ci fa
nome
fatto eccezionale e
Come mai
per uscire e trasmise
perchè
Wechel tenevano
libri.
dire per cui fuggì da Francoforte,
partenza istantanea
regolare.
i
manoscritto. Obbedienti alla raccoman-
lasciò
il
non ad un motivo libro che già stava
manoscritto di
altri ai
Wechel
stampasse subito come difatto avvenne, senza
qualche causa eccezionale? Circa questa partenza di Francoforte tre supposizioni
:
1°
si
possono fare
che nel febbraio del 1591
dopo aver ricevute due
lettere
il
Bruno
da Giovanni Mocenigo
che lo invitavano a venire in Venezia, fosse
partito
senza più a quella volta. 2" gli
che dopo aver ricevuto
le lettere del
Mocenigo che
facevano premura di venire a Venezia, egli abbia
pensato di recarsi subitamente in Zurigo dove aveva amici e scolari, per poi movere per Venezia. S*"
che sia avvenuto qualche improvvisa delibera-
— 254 — zione per parte dei magistrati di Francoforte che l'ab-
biano necessitato a mettersi con tutta fretta in salvo per non cadere vittima
che mi-
di (gualche tentativo
nacciasse la sua libertà.
La prima ipotesi ci pare poco probabile. Egli non aveva bisogno per rispondere airinvito del Mocenigo allontanarsi in fretta c fm ia da Francofoi'te abbandonando
suoi la\ori
i
die orano
1>"
-radili.
[loi
le stiiinpc piii
.1^
cose più da lui predilette,
come potevano
i
Wechel
affermar." clic era stato per caso i-epeiiliiio loro tolto 0 strappato, se egli fosse parlilo
ptn-
un alto seniplice
volontà?
di
E
non
cal/.a
la
rigo per atto di propria
voleva
non
e
-li
Se c^li fosse partito per Zu-
s.-i-oiida. x
oldiità,
s.nvi.ii,'
I
tisi
poteva partire quando
>L;nato,
per compiere tale
atto, lascia ro in i-'raiicMr
casK
Ynrnlsiis
ri'iiCiiH iKi
per spiegare
La
senza dedica
incominriala. Inlino conio
piilililica/.ioiic
«pici la
(li
(Mii
si
spiega
si
\-algono
i
la il
Wechel
parloii/aT'
terza ipotesi pno meglio
clic
non
le
due prime
convenirsi alla supposizione di Carrière, la quale però
non
è
fondata sopra
fatti certi,
come ben osserva
Sigwart. Questa consisterebbe neirammettere che
Bruno
si tolse
colpito da
di (luella città
Forse 1) il
l'epentinamente a
bando o da atto
il
il
Erancoforte perchè
di espulsione del Consiglio
i.
alle ipotesi fatte si
potrebbe aggiungere che
il dì 2 luglio 1590 si legge, secondo Jordanus Brimus Nolanus supplici scripto a senatu
Negli atti del Consiglio sotto
Sigwart
:
«
« petiit, ut sibi liceat aliquot
septimanarum spacio
in sedibus
WecheK
« tipograplii commorari ». Questa notizia ^deue confermata dal libro del
Borgomastro
di Fra'ncoforte.
- 255 — le dottrine che il Bruno leggeva agli studiosi, che lo andavano ad udire presso i carmelitani, ed il suo libero
linguaggio, siano stati causa o per parte dei frati stessi dei magistrati di qualche azione che lo
0 per parte
abbia obbligato a partire subito subito.
Ma
quale possa essere la causa della partenza, è
certo che egli
andò a Zurigo dove dimorò qualche mese.
Questa sua andata a Zurigo se avanti certificata.
Ricordiamo
documenti ve-
pienamente dai me-
neti poteva essere dubbia, ora è
desimi
i
di passaggio che negli
accennati documenti è pure detto che egli quivi at-
tendeva a leggere privatamente. Quesf ultima asserzione
ci fa
come
eziandio manifesto
il
zurighese Ra-
Eglino potesse avere nelle sue mani l'opera bru-
faele
niana che poi pubblicò
col titolo:
Summa terminorum
metaphijsicorum Jordani Bruni Nolani forse raccolta dalla viva sua voce
prima edizione nel carcere di
dopo
la
mentre
si fece
Roma
(1595), e
sua morte (1609),
avendola
,
Quest'opera, la cui
i.
Bruno era ancora vivo
il
la
seconda nove anni
è scritta
con molta modera-
non pochi
zione, e contiene, a giudizio nostro,
concetti
che egli espose in Parigi mentre leggeva sui pì^edica-
menti di Dio,
Ed
e
che poi raccolse in
un
libro a parte.
infine è frutto eziandio dell'insegnamento privato
di Zurigo, 0 di Francoforte, l'altro suo libro che lullista
Enrico Alstedio mandò per
le
stampe
il
celebre
col titolo:
Artificium perorandi traditum a lordano Bruno, do-
li
L'Eglino, chiamato ad ordinare
gioni, ne fu cacciato dai cattolici. libro di cui è
cenno non
nel compilarlo
ci
ci
le
scuole nel
Cantone dei Gri-
Eitornò nel 1590 in Zurigo. Il
pare tutto del
mise qualche cosa del suo.
Bruno.
Forse F Eglino
anni dopo la sua morte. Esso è una specie di trat-
dici
tatello
de arte
Aveva forse un
il
Bruno un manipolo
altro
lìlosolia
in /uri<^o (idjMi
1)
;illa
liiv\
l-'i-;iiic(
pili
sino
ili
il
^ua
|)iii
nel
iiMii
lìlosofi, e di
per Venezia? o ritornò
ili
1
•'
iMi n.-issc.
libro in
L'Alstedio va tra
dilTondere con
ki ri fi i/,a
|
del
•; I
1
1
icol'o r 1 0
|mtc!i("'
lò'M
,^ia
ì*
Parc chea
iiclTagosto o al ca^a
in Italia.
molte parti con Aristotele.
Non osiamo
prima air ultima
sillaba opera
parimenti asseverare che esso del Bruno.
Ve-
da ogni legame. Stette
scUt'HilìiL"
Consuona questo
di procurarselo in
disegno di attorniarsi di
e sciolta
diiiKir;!
irif
lai-di
]i])ri-;i
per la
di discepoli in Zurigo,
manipolo sperava
pensatori lilosoli e puramente
una
si
filosolica.
nezia. Vaglieggiava quindi
ossi
poco momento
rlieloi ica^, di
storia letteraria, si pei- Ja
sia dalla i
più dotti se^-uaci del Lullo. Vi è chi
crede che <|uesto libro sia stato scritto in Wittemberga.
CAPITOLO XIV. (1591-1593). tipografie,
,
SOMMARIO.
-
cu lo Studio
vPTif zia nel secolo
..Vi XVI
coltura veueziaiia: - ^^oiuvi ^oceuigo •
-
sette ^^^^''^^^11 Bruno in Venezia ^^^^^^'^'^'ii^ j)eiie in --_i\^,,ovi libri, ed ^«P^^f.^.f^|,?eante Sec-
rhini, AuuioM,
e.a
uo
decimosesto, del secolo la città italiane e nei nelle industrie
—
P'^^'T; f comn
operosa
dentro :i.ole fuori e
rei, la
^^^^^^^
»t
più auto-
popolo e go-
«ovalmente.^ lettnalnieute e o evano si
.^^
^,,f,evvavano quivi P'-«-»^"« ? -^'^^^'.^io contro la signoria tutte Non e vigorosi potenti ancora ^ ed a conpatria, non
verno, die
le altre
^^'^
17.
-
l^nnWn^
Bruno. BERTI, Giordano
— 258 — rispettato e
il
mantenuta
santuario domestico, tutelata la proprietà la
concordia degli animi a fondamento
del civile consorzio. Effetto di queste virtù fu la lunga,
paziente ed eroica difesa, che essa fece contro dei paesi littorali che le
i
Tui-chi,
diedero spontaneamente. Tra
si
la caduta di Costantinopoli e la battaglia di
Lepanto
corrono più che cento vent'anni di nobilissime gesta militari marittime venete, degne di essere meglio nar-
rate che
non furono
in si no
ad ora,
più ancora che
e,
narrate, imitate.
La
debbono
ciAaltà e Fltalia
a.
Venezia più
di quello
E come
fu unico tra gli
Stati italici che abbia avuto virtù di
preservarsi dal
che comunemente
dominio straniero
mente
si
crede.
\ così fu
ritto e la libertà, e nel
e giuridici
pure quello che più
comprendere
degli altri seppe
quale
gli ordini
abbiano operato con più
più lungamente contro Furto dei
eminenti scrittori e personaggi colo decimosesto ne
non pochi
di loro
avevano
il
di-
amministrativi
efficacia e retto
secoli.
Onde
i
più
politici nello stesso se-
cosi
grande concetto, che
stimavano che per rinnovare
spingere nella via del perfezionamento italici,
lai"ga-
e praticare
gli
e so-
altri Stati
bisognasse foggiarli sul governo veneto e rin-
giovanirli
con l'introduzione di una parte di quegli
buone prove ~. questo tempo maggiormente
ordini che avevano in questo fatte cosi
Dove Venezia spiegò
in
sua libera operosità, fu nelFindustria tipografica
la
nel
commercio
dei libri.
Stando
e
alle notizie statistiche
1) Il Piemonte partecipò a questa bella gloria di Venezia, e so non andò immune dall'invasione straniera, seppe però sempre con
energia e costanza liberarsene. 2)
Donato Giannotti, Gerolamo Savonarola, ed
altri moltissimi.
— 259raccolte dall'Hallam, e che io credo al disotto del vero,
uscirono più libri dalle officine degli impressori veneti che non da quelle di tutte
le tipografìe di
Europa
sieme riunite. Dalle opere magistrali dei Greci
in-
e dei
Latini a quelle dei Santi Padri, e da queste sino agli ultimi libercoletti, non v'ha scritto che in
Venezia stampatori ed
editori.
non trovasse
Quivi
si
la pubblicazione degli epistolari italiani
quivi gli opuscoli dei riformatori
:
quivi
cominciò
dei viventi: i
po-
libri di
lemica, di viaggi: quivi gli scritti politici del tempo:
quivi
le
prime versioni della Bibbia nelle lingue mo-
derne: quivi
le
prime collezioni dei documenti: quivi
quanto di più curioso
e
di
più pellegrino di che
avesse contezza fuori e dentro
l'Italia.
È una
si
dovizia
questa delle tipografìe venete che è ben lungi ancora dall'essere
convenientemente apprezzata, dappoiché non
v'ha paese che possa vantare dei Baglioni, dei
le
stamperie degli Aldi,
Remondini, dei
dei Comini,
Gioliti,
non accennare che alle principalissime i. In Venezia non solo si stampava, ma si scriveva. Dopo Firenze, è la città d'Italia di cui maggiormente dei Zatta, per
si
onori la storia delle lettere, delle scienze e delle
Ed
in Venezia,
come
in Firenze, l'aristocrazia
arti.
non
ischifava di comporre e pubblicare libri proprii, di cu-
rare edizioni, di leggere dalle cattedre
1)
e
Come
già
si
~.
Centro di vi-
illustrarono con scritti iDarticolari alcune tipografie,
massime quella degli Aldi,
cosi tornerebbe
opportunissima una storia
generale delle tipografie venete. 2) Oltre alla scuola di filosofia, in cui era fatta facoltà ai soli patrizi
veneti di leggere, insegnarono in Venezia, ora liberamente, ora per
commissione del Governo, lelfo,
Lauro
Quirini, ecc.
i
più insigni uomini,
come
il
Guarini,
il
Fi-
— 260goroso lavorìo intellettuale era
lo
Studio di Padova,
con tanta liberalità da essa
cosi caro a Venezia, e
provveduto. Di quante aveva scuole
l'Italia nel secolo
decimosesto, ninna più che la padovana contribuì all'incremento del sapere.
Nè
da tener conto
è
se quivi
insegnasse ancora qualche averroista o tolemaico,
bene quale fu l'uomo
sì
Europa che quivi non
di grido in
convenisse per leggere e per imparare, e se quivi così la filologia e la filosolìa i
Perocché salio, il
come
le
scienze non avessero
loro più celebrati cultori K tali
hanno a
dirsi sotto ogni aspetto
Realdo Colombo, l'Acquapendente,
il
Musuro,
castoro,
il
il
Pomponazzo,
Santorio,
della Scuola
il
Leonico Tomeo,
Panciroli,
Contarini (Gaspare),
Polo,
il
Patrizi (Francesco),
il
Campanella,
il
Tasso,
il
intellettuale
il
il
Bembo,
il
Languet,
il
il
Telesio,
Sidney,
il
il
Venezia
,
della
tempo
Valliero, il
Giovio,
De-Dominis,
Sagredo, e principi e cardinali di
Fra-
il
in questo
Longolio,
Ve-
Sui banchi
il (jralileo.
padovana sedettero pure
il
il
il
il
Falloppio,
il
La
storia
Scuola propriamente
detta veneziana, della sua Università prediletta di Pa-
dova
3,
della sua aristocrazia dotta e studiosissima, de-
sidera tuttavia chi la faccia nota in tutta la sua
1)
La
storia generale delle Università italiche è ancora
da
am-
farsi, co-
mecché vi sia dovizia di lavori particolari. 2) Vennero ad udire Galileo in Padova francesi, polacchi, tedeschi, danesi. Vedi Arturo Wolinski ed il nostro scritto Galileo e lo Studio di Padova. Conferisci specialmente i varii scritti di Antonio Favaro, al quale il Governo commise la pubblicazione delle opere di
—
Galileo, e
che noi noveriamo
tra
i
più dotti raccoghtori di cose
Galileiane. 3)
Conf. la bella
memoria di Pietro Ragnisco su Giacomo Zabareìla Labanca sulla scuola Padovana.
e quella di Baldassarre
piezza ed eccellenza
^
261
come
—
è tuttavia
da illustrare la
scuola dei suoi teologi del secolo decimosesto, che
si
adoperarono con cosi grande alacrità perchè fosse meno
meno dura
violenta e
la scissione religiosa
Venezia è più conosciuta,
se
d'Europa
ci è lecita la frase,
^;
nel
suo esterno che non nel suo interno, più nei suoi co-
stumi ed in alcuni
fatti politici,
che non nella sua vita
letteraria e scientifica.
Quando
nel 1494 Carlo Vili occupò Firenze, Pietro
da Bibbiena, segretario dapprima gnifico, poi segretario,
Lorenzo,
si
amico
di Loi*enzo
annebbiato da pregiudizi
da vicino e
Ma-
fuorusciti in Ve-
ricovrò con molti altri
nezia. Quivi osservando
il
e confidente del figlio di
con occhio non
e
da gelosie questa
città,
com-
mendava al Ficino la grande coltura dei veneti, notando come nelle scuole, dove si insegnava i primi rudimenti del leggere
mente
la
ai fanciulli, si
parlasse egregia-
lingua italiana, e come in quasi tutte queste
piccole scuole egli avesse veduto pendere dalle pareti i
ritratti di Il
Bruno
Dante e del Petrarca \ Venezia si pose attorno
in
discepolo
al
dal quale era stato con iterate lettere chiamato.
come abbiamo già
questi,
Mocenigo, e
1) Il
figlio del fu
dottissimo Foscarini
ratura veneta pregevoli simo lavoro. 2)
detto,
della nobil famiglia
clarissimo Marcantonio
ci lasciò
nella sua Storia
e copiosi materiali per
Intendiamo accennare
al
agli altri grandi teologi della
Contarini, al
della
Gio-
lette-
questo importantis-
Giberti da Verona ed
prima metà del secolo decimosesto.
3)
Catalogo della Laurenziana del Bandini.
4)
Non
ci
,
Era
fu dato ancora per quanto siano state insistenti le nostre
ricerche, di potere indicare la persona di
Mocenigo ed
il
suo casato.
-262vanni Mocenigo, storici
siamo
il
nome per
cui
doloroso ufficio di
costretti di trarre qui in luce, abitava in
via S. Samuele, ed era nel 1592 in sui trentaquattro anni. Dalle lettere di denunzia, che scrive al
uomo
quisitore, appare
di
Padre
poca levatura, di animo
in-
irre-
soluto e maligno, e di ingegno più alle cose curiose inclinato, che
non
alle scienze
ed alle dottrine speculative.
L'indole sua è affatto contraria a quella del Bi-uno
poi-
;
ché quanto questi è aperto, confidente, audace, tanto quegli è chiuso in
La
sè,
timido e diffidente.
qua] cosa faceva che tra l'uno e l'altro non corres-
sero vincoli di quella benevolenza e di quell'affetto che
spesso lega
il
maestro
al discepolo
anche quando non
è
piena l'unione della mente. Perciò egli divenne a poco a poco non solo freddo verso ostile
;
il
Bruno,
ma
per cui questi diceva che non v'era
palesemente
uomo che
l'a-
vesse cosi gravemente offeso, assassinandolo nella vita^
neWonore, 'propria
e nelle robe,
quanto aveva.
Il
reputava
scritture e
i
libri
Mocenigo era inoltre fantastico
dulo ad un tempo udite, e
carcerandolo nella sua casa
e togliendogli tutte le
;
il
per cui esagerava con facilità
suo maestro indemoniato
e
e cre-
le
cose
^.
Che potesse insegnare il Bruno ad un allievo di tal non è agevole il dire, tanto piti che l'insegnamento bruniano non ha confini definiti. Forse spiegava un po'
fatta
di tutto, e
segnatamente
termini pertinenti
Ed
venzione i
era quella
suoi discepoli,
1)
Dog.
2)
Doc. Vili.
I.
gli elenchi lulliani, o
diversi
memoria e dell'inla parte dove meno contentava
alla scienza della
come consta
dalle deposizioni del
li-
- 263 braio Ciotto \ e
come
è d'altronde dimostrato dalla in-
trinseca natura di esso insegnamento. egli principiasse
Con
tutto che
quasi sempre dagli elenchi lulliani,
doveva non pertanto prontamente abbandonarli
o
tem-
perarli con altre materie per cattivarsi scolari ed udi-
Ignoriamo se
tori.
sti fosse atto
Due
ciò praticasse col
a intendere
opere,
il
Bruno
per indicare solo
Mocenigo,
e se
que-
nelle altre discipline. le
principali,
aveva
mani il nostro Giordano, mentre insegnava al Mocenigo. L'una era quella dei Predicamenti di Dio,
per
le
ch'ei
veniva ritoccando per poi prestamente pubbli-
da
come
abbiamo detto, era stata composta nel primo anno di sua dimora in
carla l Quest'opera, lui
L'altra era quella delle Sette arti liberali,
Parigi.
affatto
scritto
già
nuovo, intorno
al
stava trava-
(j^uale
gliandosi con molto ardore. Pare che egli intendesse
riassumere in quest'opera tutta la sua dottrina, accen-
narne
le
applicazioni alle varie discipline,
ridurre a maggiore consonanza ed unità
i
emendare e pensamenti
già pubblicati rendendone forse più. chiara la esposizione. Divisava,
compiuta che essa
fosse, pigliarla (sono
mie altre opere stampate et che io approho citò alcune non approho, andarmi a presentare ali i p)iedi de Sua Beatitudine la qual ho sue parole) et con alcune
ama li virtuosi, et espo7^li il caso mio, et vedere di ottenere Vahsolutione di excessi et grafia di poter vivere in habito clericale, fuori della Reli-
inteso che
gione 1)
3.
Tenne ragionamento
con un
Doc. VI.
Quanto a quest'opera^ veggasi del Bruno in Parigi. 2)
3)
di questo suo libro
Doc. IX.
il
capitolo del primo soggiorno
— 2U — Domenico da Nocera deìFOrdine
frate
Domenicani, sembra che e' mancasse, quando fu arredei
col Ciotto libraio e con altre persone; e
l'avesse compiuto o poco gli stato e
messo
in prigione ^ 11 manoscritto di (quest'opera
fu adunque, con l'altro dei
PredicameyiH di Dìo
e
con
tutte le scrittuì'e e libri a lui tolti, trasmesso
al
padre
Gabriele da Saluzzo incpiisitore di Venezia;
il
(piale
non poco momento il conoscere ({uali temperamenti avesse il Bruno introdotti nelle sue dottrine, in questo che fu l'ultimo anno
imdò
tutto a
Roma. Tornerebbe
di sua vita pubblica.
La
Comecché
il
appagato di sero
canda dove
tempi diniegato
suo allievo non
lui,
(piieti e
storia della filosofìa forse potrà
di (questo confronto, che ci è ora
un giorno vantaggiarsi dalle condizioni dei
però
senza
era, e
di
i
due o
si
tenesse grandemente
tre
Anzi
dissidii.
venne ad abitare
a casa Mocenigo. Quivi
egli
confabulava col suo allievo,
e
primi mesi trascor-
Bruno lasciò la loin via San Samuele
il
attendeva
ai suoi lavori,
frequentava nelle ore
li-
botteghe dei librai e più specialmente quella del Ciotto, col (quale si intratteneva spesso discorrendo dei
bere
le
suoi libri e delle sue dottrine. Se
gli
veniva latto di
incontrarsi con altre persone, che occorreva di frequente, il nostro Giordano in discussione con loro e ne metteva a prova l'ingegno con la molta sua dottrina e con la facilità che aveva di obbiettare e di contraddire alle opinioni prevalenti. Ed in vero sappiamo che taluna Hata, per desiderio di opposizione o per intimo convin-
entrava
1)
Doc. X-XVI.
2)
Noi facciamo
voti perchè ciò presto succeda, e siamo persuasi delle Sette
che tanto lopera dei Predicamenti di Dio, quanto quella arti liberali, si trovano negli Archivi di Roma.
— 265cimento, tenne disputa presso
i
librai
con
uomini
frati e
di lettere, intorno a quistioni dottrinali pertinenti alla filosofìa
ed alla teologia
noscevano per uomo
di bello
ingegno
Le sue opere
riosa erudizione.
pubblicamente ed erano egli stesso
Passava presso quanti
i.
lette
lo co-
vasta e cu-
e di
latine si spacciavano
da molti. Delle
italiane, o
non ne faceva cenno od a pochissimi erano
note l
Come
in tutte la città di Italia, così particolarmente
in Venezia vi erano circoli, ritrovi o conversazioni letterarie presso le principali famiglie o presso que' cittadini, che
purè erano moltissimi,
di passare
buona parte
del loro
quali
i
tempo
cievole compagnia.
Due
giormente celebrati
e frequentati in
dilettavano
si
in dotta e so-
ritrovi erano
di questi
mag-
questo tempo. L'uno
tenevasi in casa dì l-Jernardo Secchini, mercante alFin-
segna della Nave d'oro, in Merceria
Andrea Morosini,
il
;
l'altro in
maggiore istoriografo
Nelle raunanze presso
di
casa di
Venezia
^.
Secchini convenivano parti-
il
colarmente que' forestieri
e cittadini
che
amavano
fa-
vellare dei commerci, dei viaggi, delle scoperte, delle scienze, dei costumi e delle leggi presso le varie zioni. Il
na-
Sarpi vi usava assiduo, come quegli che, oltre
all'essere inclinato
ad ogni ragione
di studi,
si
dilet-
tava singolarmente di cotali notizie. Qui fu che egli 1)
Queste notizie sono quasi tutte ricavate dalle deposizioni del
Ciotto. 2) Doc. VI.
—
Il
Ciotto confessa di aver veduto
il
libro italiano
degli Heroici furori e quello deWInfìnito, universo et 3) rini.
libro
mundi.
Facevansi pure adunanze presso Paolo Paruta e Nicola Conta-
Abbiamo un sonetto
agli
uomini del
circolo
Contarini in
un
stampatosi dal Ciotto per cura di un Giovanni Mocenigo nel
1592^ cioè nell'anno in cui
il
Bruno era
in Venezia.
- 266 — conobbe
dotto medico Asselinau d'Orléans,
il
gli restò
quale
il
affezionatissimo per tutta la vita, e che ebbe
dappoi a compagno nella sciagurata polemica teologica che tornò di
sì
poco frutto ed alla scienza ed alla
li-
bertà politica religiosa.
Nel ritrovo
di
Andrea Morosini ragionavasi più par-
Lo
ticolarmente intorno alla filosofia ed alle lettere.
splendore del casato
quale apparteneva Andrea
al
suo ingegno, la sua vasta dottrina, corgimento, la sua liberalità ed
sommamente
facevano
10
anonimo
biografo
della nobiltà,
come
ma
e vi
concorrevano
(così
Paolo Sarpi) gran parte di
di fra
«
di lettere,
non
solo
ancora ogni sorta di virtuosi così che (-apitassero in Venezia, o
((
secolari
«
di Italia 0 di altre nazioni. Si stava alla
«
non vi aveva ingresso
«
vello dei più perspicaci e
((
modi Onde il
suoi urbanissimi
i
quelli che facevano professione «
il
suo squisito ac-
ricerco e desiderato.
suoaitrovo era frequentatissimo 11
il
,
religiosi,
la
buona, e
cerimonia che stanca
il
cer-
consuma vanamente tanto
tempo » ciascuno introduceva quei discorsi che più andavano a genio: si disputava con cortesia, con 1
:
gli
garbo, con franchezza.
merosa, tutti
si
E
benché
la brigata fosse
procedeva tuttavia con tanta creanza, che
potevano aver parte alla conversazione
diletto.
nu-
Qui pure primeggiava
il
Sarpi
2,
e pigliarne
che, a detta
del suo biografo, discorreva con rarissima felicità sopra
Biografia del Sarpi Fra Fulg-enzio, Le memorie aneddotiche del Grisellini e la Storia della letteratura veneziana di Marco Foscarini, p. 116. 2) Il Sarpi frequentò con Andrea Morosini la scuola del gentiluomo Luigi da Pesaro_, che leggeva la filosofia aristotelica in Venezia, come abbiamo accennato. 1)
Veg-g-ansi intorno a queste conversazioni la
attribuita a
.
.
— 267 campo;
qualsiasi materia venisse in
appresso lui
e
il
Morosini, Domenico Molino, Leonardo Donato, che fu poi doge, Lorenzo Giustiniani,
Giacomo Morosini, Nic-
colò Contarini; intervenivano assidui dotti frati di
amanti in
varii
Ordini
delle lettere
più
colti,
prelati ed altre persone
,
i.
Andrea Morosini come prima udì favellarsi del Bruno Venezia e commendarsene lo ingegno e gli scritti,
accettò con piacere che
a
librai
i
lui.
Venne quindi
compagnia 2.
libraio Ciotto lo introducesse
Bruno per
prima volta in
la
del Ciotto in casa del Morosini,
gentilmente accolto ritrovo
il
il
e
da cui fu
presentato ai frequentatori del
Vi ritornò da poi più
volte, ed
secondo la testimonianza che ne rendè al tribunale dell'Inquisizione,
il
i
suoi discorsi,
Morosini stesso
da cui fu chiamato a de-
porre con giuramento ^ addi 23 giugno 1592, versarono
su argomenti
filosofici e letterarii e
consta di relazioni particolari tra
argomentarono alcuni fra
i
il
non
religiosi.
Sarpi e
suoi biografi ed
il
lui,
Non
come
Barthol--
il Brano entrò in faminon potè non trovare nel valente
inès fra questi. Certo che se gliarità col Sarpi,
Servita
un uomo dottissimo
nelle scienze naturali, in-
tendentissimo nelle matematiche e favorevole alle dottiine intorno al
moto
della terra.
Nondimeno
chi
ben
considera la diversa tempera di questi due ingegni è costretto di astenersi
mutue 1)
da ogni conghiettura intorno
loro relazioni che
Più tardi
il
non abbiano fondamento
alle
in
Nunzio apostolico OlFredo Offredi accusava il Sarpi Accademia contro l'immortalità dell'anima.
di tenere disputa in questa 2)
Doc. XVII.
3) Il Morosini per
del processo e della
non violare il giuramento tacque compiutamente morte del Bruno nella sua Storia di Venezia.
-268documenti autorevoli. Pare eziandio non confortata da prova l'asserzione che
il
Sarpi, o alcuni suoi amici del
Nolano quando questi fu posto in carcere i. Poiché negli atti del processo non vi compare altro nome che quello di Andrea Morosini, a cui lode è a dire, che i termini nei
ritrovo Mauroceno, assumessero la difesa del
quali è espressa la sua testimonianza sono tali da scol-
pare
il
Non
Bruno davanti
al tribunale.
ebbe quindi
nostro Giordano amici presso
il
quel tribnnale dell'Inquisizione
;
non poteva averne,
e
essendo egli da poco tempo in Venezia ed avendo contro sè
un giovane
anche
il
patrizio di grande casato.
Il
Ranke ed
Bartholmèss giudicarono maggiore che non
fosse l'autorità del ritrovo Morosini,
vando che passarono più che due quasi tutti sero contro
i
non bene osserprima che
lustri,
personaggi di questo ritrovo
Roma
schieras-
si
sotto la bandiera del Sarpi.
In questo frattempo
il
sovente nello Studio di
Bruno da Venezia recavasi Padova, dove dava a quando
a quando lezioni private ad alcuni scolari tedeschi. forse non insegnò pubblicamente e
non potè
lezioni di Galileo Galilei; chè (questi auspicò
«juando già
il
Ma
assistere alle
suo corso
il
PJruno era da alcuni mesi in carcere. Si
occupò in Padova di astrologia giudiziaria
e fece co-
piare per conto suo da uno scolaro tedesco, certo Bislero
1)
2,
Il
un
Bruno
libro che
stesso
ha per
titolo
non ìndica amici
è d'uopo aver presente, che
il
nome
De
sigillis
Hermelis
Senza che Nolano non suonava in quel
speciali in Venezia.
del
modo che suona in questo nostro. Brunnhofer crede che si debba attribuire a sbaglio mio lo scrivere che io feci Bisìero e non Beslero. lo ho riprodotto questo nome con tutta fedeltà. Esso si legge cosi e non diversamente nei documenti tempo 2)
Il
al
- 269 Ptolomei, che egli trovò commendato nelle opere di Alberto
Magno ^
Il
dova non andò gono
soggiorno più lungo che fece in Pa-
oltre
tre mesi; e perciò
i
male
che asserirono avere
il
si
appon-
Bruno
fatto
quivi una lunga dimora e durate persecuzioni per parte del clero.
E vanno non meno
errati coloro che conget-
turarono che egli fosse stato, come
Pomponio
suo compatriotta
il
Algerio, quivi arrestato
di poi tradotto
e
prigioniero in Venezia. Bastò tuttavia la breve dimora del
Bruno
in
Padova a
far sì che Valente Acidalio lo
segnalasse ai suoi amici e se ne mostrasse meravigliato,
non parendogli che
il
Bruno potesse starsene quivi senza
correre gravissimi pericoli-.
Sospinto pur sempre dalla necessità
di lavorare,
con-
dusse a compimento, in questo suo breve ed interrotto soggiorno di Padova,
fummo
il
libro
Triginta statuar um che
primi ad avvertire che
di'
esso fanno cenno le
notizie del Noroff^, e che questo verrà in luce tra gli scritti inediti
originali.
Non
che ora sta pubblicando
oso impugnare,
Bislero di cui qui è parola sia 1)
2)
ma il
il
Governo.
non sono del tutto
sicuro, che
il
Beslero del Brunnhofer.
Doc. xr.
Valente Acidalio addì 21 gennaio 1592
Bruno fosse adhuc fìdem
in quel
tempo
in
si
meravigliava che
il
Padova, miror, miror, nee rumori
liabeo.
De monade et figura, a carte 128, il Bruno rammentando questo Ubro delle Trenta statue, dice che era già scritto, ma non pubblicato. Il libraio Tross di Parigi, quando io era presso 3) Nell'opera
al
termine della prima edizione della biografia bruniana, avendo an-
nunciato che ne possedeva io
scrissi subito
per averlo
il :
manoscritto con
ma mi
la
data di Padova 1591,
venne risposto dall'egregio com-
mendatore Costantino Nigra, ambasciatore d'Italia in Parigi, che il medesimo era stato acquistato dal signor Noroff, già ministro dell'istruzione pubblica in Eussia, con altri autografi inediti del
Bruno.
— 270 Tra Venezia
e
Padova
otto mesi, durante i
ritrovi, le
frati del
i
quali
botteghe dei
suo Ordine
(i
trascorsero il
Bruno
librai, si
adunque
oltre al frequentare
abboccò con parecchi
il
dandosi a conoscere, senza che per
Capitolo generale) ciò gliene venisse
molestia o fosse posto in sospetto presso
Uno
dei frati che il
si
od
quali dalle provincie napoletane
erano convenuti in Venezia per
generale era
sette
il
Governo.
trovava presente a questo Capitolo
padre Ippolito Maria Beccaria da Mon-
dovì, del quale discorreremo più avanti.
Notiamo
fin
d'ora che è questo padre che ebbe di poi larga parte ,
col Bellarmino nel processo
romano condotto contro
il
Bruno. Mi
rincresce vivamente che le persone da più anni incaricate della
pubblicazione delle opere edite ed inedite del Bruno, non
ancor dato la stampa dei manoscritti di
ben quattro
lustri.
Questa mancanza
lui
accennati da
ci
me
è stata la principale
abbiano or fanno
causa del
Bruno da noi promessa. Ci parve poco conveniente parlare dei pensamenti filosofici del Bruno senza conoscere appieno il libro deW Anima da lui scritto assai tempo avanti che entrasse nelle prigioni di Eoma. ritardo della esposizione della dottrina del
- 271
-
CAPITOLO XV. (15921593).
SOMMARIO.
—
—
Dalla casa Mocenigo alle prigioni del Sant' Ulficio. Il processo: denuncia, testimoni, Tribunale veneto d'inquisizione Indipendenza della filosofia dalla teologia Interrogaaccusato Pratiche di Ultime parole in Venezia di Giordano Bruno torio Roma ed estradizione.
—
— —
—
—
Il
il Bruno in casa, cominciò mal viso ed a lamentarsi che insegnasse quanto aveva promesso. Al
Mocenigo, come ebbe
dopo breve tempo a
fargli
esso non gli Bruno per contro veniva a noia nella persuasione
di
adempiuto con esso
Fallievo, sendochè era
avere più che siifficientemente
lui
agli obblighi che
vano. Si guardavano quindi
Tun
gF incombe-
Faltro di traverso, e
Funo mostravasi scontento e diffidente delFaltro^ Le cose procedettero di questo passo, insino a che il
Mocenigo per ordine del suo confessore
di coscienza
spite e
denunziò
al
e
per obbligo
tribunale dell'Inquisizione
maestro con cui conviveva.
Il
l'o-
Bruno, o avesse
avuto sentore di qualche cosa, o gli premesse veramente di ritornare a Francoforte per mandare alle stampe gli scritti che già erano in parte compiuti o
1) I fatti
narrati in questo capitolo, essendo essi pure per intiero
tolti dai Costituti del
ogni passo
le
Bruno, non crediamo
citazioni dello stesso
sia mestieri ripetere
documento.
ad
- 272 — ad esserlo, diede sesto
vicini
alle cose
sue e pigliò addi
21 maggio 1592 congedo dal suo discepolo.
Questi che già aveva concepito sito di
il
consegnarlo all'Inquisizione,
deliberato propogli fu
attorno per
prima con istanze poi con minacele. Ma le une e le altre sortivano inellìcaci, entrò che veduto la notte del venerdì 22 maggio nella stanza dove dormiva il Bruno, ed essendo accompagnato da un suo
trattenerlo
,
servitore Bartolo e da cinque o sei gondolieri, di quelli
che costumavano soggiornare davanti casa Mocenigo,
con pretesto di volergli parlare
lo
condussero sopra
un solavo
e lo chiusero quivi strettamente a
In questa,
il
mandò
al
chiave.
Santo Ufficio, informato dal Mocenigo,
mattino un capitano in via
quale fece discendere
il
Bruno
S.
Samuele il un magaz,
dal solare in
zino da basso della stessa casa; indi nelhx notte del
sabato 23 maggio fu da Matteo d'Avanzò, altro capitano, tolto di là e tradotto nelle prigioni del
Santo
tribunale dell'Inquisizione, secondo lo
Il
componevasi
del
Padre inquisitore sotto
il
nome
di
Nunzio
Ufficio.
veneto,
apostolico, del Patriarca, del assistenti, designati
e di tre nobili
i>avu
stile
aW eresia,
la cui
chiedevasi alla validità del processo. I
presenza
ri-
Savli, nominati
in ogni anno e dipendenti dal Governo, avevano obbligo di non celare al doge ed al senato cosa alcuna che
si
facesse dal Santo Ufficio, e di sospenderne le
deliberazioni quando alle
le
giudicassero contrarie alle leggi,
consuetudini dello Stato ed alle istruzioni secreto
che avevano ricevute ^
—
RoMANiN, Storia documentata di Venezia, Voi. VITI, p. 349. Sarpi, Storia delVInFerro, Dizionario amministrativo.
1)
—
Confoi-me a questi provvedimenti, entrarono a costiil tribunale eretto contro il Bruno,
tuire
Monsignor TaLorenzo Friuli patriarca =, Giovanni Gabriele daSaluzzo dell'Ordine dei Domenicani, Padre inquisitore, e Luigi Foscan assistente nelle prime tornate (chè sempre non berna Nunzio apostolico in Venezia', Monsignor
erano presenti tutti e tre) ed in appresso Sebastiano Barbarigo e Tomaso Morosini. Addi 26 maggio (1592), giorno di martedì i giudici presa notizia delle lettere di denunzia del Mocenigo' chiamai'ono
il
stesso giorno
il
libraio
Ciotto, e quindi sempre nello libraio Britanno o Bertano, invitandoli
a deporre quanto sapessero del prigioniero. È pure nel di 26 che compare davanti agli stessi guidici un uomo che nell'aspetto non palesa più che quarant'anni, di statura comune e con barba color castagno. Gli SI presentano le sacre pagine, perchè vi quisiHone di governo
Il
Ve>,c,ia.
-
0.4^x0
lasciarono cadere
sempre mostrasse
eretici—
avere in nel caso del povero Eicetto da gondole unite, le quali separandosi lo
pregio la giustizia e l'umanità, V ccnza, che posto sopra due
m
di
come
mare, fu tuttavia il più delle volte giusto ed ante che di rado consentiva che'si adoperasse la' tortuil
umano
m
Zltt alla
Storia cUgli
Veneto, abbenchè non
f
'
f
' ^^Sione che questa aveva
pnateria degl, Uscocchi contro
il volere di Clemente Vili Lorenzo Friuli nel 1582, mentre il Bruno era in Parigi trovavasi pure ambasciatore colà. Mori cardinale in Soma l'anno' st lso in CUI il Nolano venne abbruciato,
2)
defS P™?,,"' la
di
de,
18.
%q
—
'
1
'3»»>"^ntì ^'
P""«
Berti, Giordano Bruno.
riferentisi
alla
deposizione
Bruno, portano
— 274 — apponga sopra di dire
vero.
il
mani, obbligandosi con giuramento
le
Mentre i giudici con ammonizioni a non lasciandoli finire e senza aspet-
ciò lo esortano, egli
rompe
tare interrogazioni,
silenzio e dice per quali
il
ragioni e con quale intendimento fosse venuto di Francoforte in Venezia. Quest'uomo, la cui pittura è copiata
parola per parola dal processo, è Giordano Bruno da
Nola.
In questo primo interrogatorio che durò non solo Fin-
ma
domani,
ancora
a raccontare
la
posti da canto
(juali,
giorno 2 di giugno, egli
il
sua vita ed a rispondere i
fatti della vita,
si fece
ai giudici,
lo
i
interrogano
pubblicamente o privatamente, nelle lettoni che
«
se
((
egli
«
unto
«
alla fede
«
Santa
ha
ha mai insegnato, teo repugnante
fatto in diversi fuochi,
disputato
0
contrario
articulo
cattolica et secondo
Romana
Chiesa
le
termi nationi della
Qui incomincia per parte
».
del tribunale Tesarne delle
opinioni e
delle
dottrine
del Bruno.
Insino dalla seconda metà del secolo e durante tutto
il
decimoquinto
decimosesto, in Italia, più che nelle
scuole francesi di questo tempo, la filosofia
si
separa
dalla teologia e primeggia nelle nostre Università per
mancanza stri
di grandi scuole teologiche. In
ninno dei no-
Studi queste pervennero all'altezza della Scuola
teologica parigina o di quelle di ordine
mezzano che
pur levarono tanto rumore in Francia. I nostri massimi luminari di teologia, come San Bonaventura, San Anselmo, Pietro Lombardo
fama
San Tomaso, acquistai'ono
e proseliti più fuori che dentro l'Italia.
filosofìa
sotto
e
Quindi
la
appresso di noi tenne scettro di sovrana; e
nome, ora
di Aristotile
ed ora
di
Platone, levò
— 275 — cattedra e tribunale senza che altra cattedra o tribu-
nale scientifico con severo sindacato la governasse. I nostri filosofi, pur sempre al
dogma con
tavia che
pronunciati
i
mostrando di prestare omaggio
espresse dichiarazioni, aftermarono tutfilosofici si
potessero difendere
anche quando a questo contraddi vano. Nella disputa intorno all'immortalità delfanima, che
Pom-
incomincia cinquant'anni avanti il celebre libro del
ponazzo
e
che
prolunga per tutto
si
secolo decimo-
il
non da uno, ma da molti nostri impugnare l'immortalità secondo Aii-
sesto, sostenevasi fìlosotì,
potersi
stotile 0 la filosofia, doversi credere il
dogma.
E
comecché
il
secondo la fede ed
Concilio di Laterano, nel prin-
cipio del secolo decimosesto, si chiarisse risolutamente
contrario e riprovasse colfanatema questo gionare,
nondimeno
e lettori e scrittori vi
con tanta ostinazione che
il
modo
di ra-
perseverarono
Cremonini, in sul
finire di
esso secolo, bandiva pubblicamente dalla cattedra di
Padova che i
egli seguitava le dottrine di Aristotile
dettami della
filosofìa,
benché non
che quelli e questi diparti vansi dal
gli
dogma ^
Ammettendosi adunque, per una specie cademico
ed
fosse ignoto
e scientifico, che potesse la
di
gim^e ac-
filosofìa libera-
mente spaziare senza obbligo di conformarsi al dogma, il Bruno rispose a' suoi giudici che quantunque la sua filosofìa
repugnasse indirettamente alla fede, in quella
guisa che vi repugnava quella di Aristotile e di Platone, egli tuttavia
1)
non aveva mai né insegnato, né
Di queste asserzioni
e del significato
scritto
che convenga loro
buire nella storia della filosofia italiana del secolo
attri-
XVI, daremo
gione in un nostro scritto di prossima pubblicazione.
ra-
— 276 — cosa che a quella direttamente
opponesse. Fatta que-
si
sta dichiarazione, egli prese a esporre le proposizioni
fondamentali del suo sistema
nuarne
filosofico
od occultarne
la significazione
senza atte-
,
conseguenze.
le
Disse nettamente che egli credeva in un universo finito in
grandezza ed
infinito per moltitudine di
in-
mondi
;
che questi mondi particolari sono simili al nostro: che
questo universo è governato da una legge generale e
chiama Provvidenzap in virtù della quale ogni cosa vive, vegeta e si move, e sta nella sua costante, che egli
perfezione.
Che
la Divinità
ha
tre principali attributi
:
potenza, sapienza e bontà, ovvero mente, intelletto ed
amore, per l'essere,
i
quali attributi le
cose
per ragione della mente
hanno dapprima
dappoi l'ordinato es-
;
sere e distinto per ragione dell'intelletto; terzo, la con-
cordia e simmetria, per ragione dell'amore. Che
cabolo creazione esprime la dipendenza del
prima causa,
sia che si giudichi
il
mondo
il
vo-
mondo dalla
eterno ovvero
prodotto. Confessò di avere, nei termini della ragione naturale, dubitato
deWincarnaHone
dai filosofi è chiamato
del Verbo,
intelletto o figlio
il
quale
della mente.
Così pure lo Spirito divino, o terza persona della Trinità,
secondo
i
teologi,
non
fa
da
lui altrimenti tenuto
che come l'anima dell'universo, conformemente alla dottrina espressa da Virgilio in quei versi: Spiritus inius
Mens 0
come
alit,
agitat ?nolern
lo spirito del
ioiamque infusa per artus ;
Signore secondo
il
detto di
Sa-
lomone: spiritus Domini replevit orberà terrarum.
I giudici, 0
non trovassero bastantemente chiare que-
ste parole intorno al mistero della Trinità, o amassero
— 277 — insistere sopra questo capo che era
vono nuove domande,
principale,
il
muo-
risponde a un di
alle quali egli
presso nello stesso tenore. Se non che sapendo di essere sospetto di arianesimo, piglia di qui occasione a
ben potè qualche volta in private conver-
dire che egli
manco
sazioni affermare che l'opinione di Ario era niciosa di quello
stimasse volgarmente
si
,
per-
senza che
però egli avesse inteso farla sua.
Premesso che pone
il
suo sistema indirettamente
alle verità della fede, e
confessati
intorno al mistero della Trinità,
il
dottrina cattolica
si
,
gli si
fanno sulle
afferma che egli
tenne e tiene quanto la Chiesa insegna e comanda
chiama
in colpa per
op-
suoi dubbi
Bruno rispondendo
con precisione alle interrogazioni che altre parti della
i
non averne osservato
i
;
si
precetti;
promette di volere d'ora in poi ravvedersi ed emendarsi. Interrogato che opinione abbia intorno ai miracoli,
risponde
che
ha sempre creduto che i miracoli di non apparenti, consua divinità, come maggior testimonio
Cristo siano divini, veri, reali e
seguenza della
n'è la legge evangelica.
Crede nella transubstanzazione
del pane e de] vino in corpo e sangue di Cristo realmente e substanzialmente. Solo si scusa di non avere
frequentata la messa, per rispetto dell'impedimento della
scomunica in cui era caduto. Parimente per questo impedimento
è
da sedici anni che
egli
non
si
presenta
al
Sacramento
tribunale di penitenza, benché tenga che
il
della penitenza sia ordinato a purgare
nostri peccati,
e creda che
li
vada dannato chiunque muoia in peccato
mortale; aggiungendo che quando ha peccato ne ha
sempre domandato perdono a Dio tieri
confessato se avesse potuto.
e si
sarebbe volen-
— 278 — non conoscevano
I giudici
ignoravano forse
nome
il
dei suoi libri avanti che egli
ne somministrasse l'elenco loro interrogazioni
lettei'e,
scritto di proprio
pugno.
non sono quindi ricavate che in quelli
cipii e dalle asserzioni
bensì dalle
opinioni del Bruno, ed
le
nelle
(j^uali il
si
contengono,
Mocenigo, oltre
già da noi notate, gli apponeva audaci sentenze essere stato
un
tristo, e
di essere impiccato facendo opere
animo
le :
ma
cose
Gesù
che molto bene poteva predire
quelle di sedur popoli: che fu coli apparènti, e cosi
I^e
dai prin-
pure
gli
quali erano
tristi
un mago
e
fece
mira-
Apostoli: che lui avrebbe
di far tanto e più di loro: che
non
vi è puni-
anime passano da un corpo come tutti gii altri animali: che la nostra fede è tutta piena di bestemmie: che i frati sono asini che San Tommaso e tutti i dottori non hanno saputo niente, e che egli si sentirebbe che vodi far ammutolire tutti i teologi del mondo zione di peccati: che all'altro e
nascono
le
di corruzione
:
:
leva darsi all'arte divinatoria e far correre dietro sè tutte le genti
:
che
il
procedere che usa adesso la Chiesa
non è quello che usavano gii impostoli che questo mondo non poteva durar così: che era necessaria una riforma :
generale
:
che sperava su questo proposito grandi cose
dal re di Navarra: che egli si affrettava quindi a mettere in luce le sue opere ed a farsi credito, pei-chè con-
Mava
porsi alla testa di questa riforma e di godere
tesori degli altri: che gii piacevano le
donne
e
i
che non
vi era peccato a servire alla natura.
A
tutte queste accuse del Mocenigo, sulle quali ver-
sano quasi per intiero
le
interrogazioni dei giudici,
il
Bruno oppone una negazione recisa. Nell'udire taluna delle principali di esse, come quella che Cristo fosse
un
tristo e facesse
gli si
opere
tristi,
lentissimo
'plurlmuni
,
non sa come
replica che
possano imputare queste cose
e se
ne mostra do-
Quando
se contrhtavit.
poi
viene appuntato di avere proferito che Cristo fu mago,
avrebbe bastato Fanimo di fare
e che a lui
che Cristo e
coli stessi
lora egli alz'a al cielo
cosa è questo
?
gii
Apostoli avrebbero
ambe
le
mani ed esclama
chi è stato che
non ho mai detto
,
mira-
i
fatti, al-
Che
:
ha trovato queste dia-
Nè mai mi passò Oh Dio che cosa è
«
volerle? Io
«
per l'immaginatione tal cosa.
n
questo
((
stata proposta questa cosa^). Circa l'accusa che si rife-
t
tali cose.
!
Io vorrei essere piuttosto morto che
mi
fosse
riva al peccato della carne, egli confessa d'essersi lasciato sfuggire per leggerezza e per ischerzo qualche parola in alleviamento di questo pecato, senza che però egli si sia
mai
restato dal pensare e tenere che fosse peccato
mortale. I giudici
non insistono soverchiamente, nè mai
cer-
cano di contrapporre una risposta ad un'altra, anche
quando
le
due risposte non sembrano perfettamente
concordare. In ciò che ha attinenza ai propria, là di
il
Bruno non
quanto dagli
fatti della vita
solo nulla occulta,
stessi
giudici
è
ma
richiesto.
va
al di
Favella
delle sue relazioni con la regina d'Inghilterra, e si scusa
diva conformandosi all'usanza che ultimamente delFa^ strologia giiicUziaria, per vedere quanto in essa vi fosse di vero e che non ha conoscenza del re di Navarra e dei suoi ministri. Entra poi nei particolai'i che già ci son di averla appellata
là correva: dice che si è occupato
:
noti de' suoi processi giovanili. Confessa suoi tutti
i
libri
che sono indicati nella polizza ch'egli consegnò al tribunale scritta di proprio pugno, e rende ragione perchè al-
— 280 — il nome di Venezia e di Pamentre furono stampati in Londra. Aggiunge che quanto ha palesato e quanto ha espresso ne' suoi scritti di-
culli
portino nel frontispizio
rigi,
mostra sufficientemente Viniportantia e che quindi, per quanto lo
del suo eccesso,
esamini, non
si
si
disco-
prirà che /labbia aruto in dispregio la religione calo! ic a.
Alle paini.'
dolo
rlie,
conoscere
iJruiio
(It'l
da[>p(Ucli.'
gli eriori siidi.
e a dir
la
sorla di
aiii(>r<'\
\'('l-ila.
della Sania iinMih' di
se
(
aggiiinla e
Nel
idh
\
che
r In aiiiii a
Chiesa,
'^la
.piaiila
narrale,
vcrilà
la
le ricoiiteriiia
con
;
c>
rila-
([ualclie
di
imm-o
S(ip|-;i
ai
sikh ddii. r^^W l'ipete coii ca-
ii'iiai'e
\t)rrehhe che
vivere e riposare.
\
(•! ai
;.:li
\
iik iliieillo.
li;i
sei iiio
ed operato con-
prcceili della l'eligione, nella
Insse d'ora in pei concesso di
sii-i-Minc
i
pn-sia conlessioiie è cosa
di gl'alide int>iiieni<' nella ^na
il
grembo
aria/.i< 'iic
irariaincute ai do-iiii
<-lie
usi Ogni
ridiirare nel
hriiim protesta nuova-
il
lore che è peniii'i di 'luanin
irihiiiialo ^li
il
|)alcN;ii;i
feiidnsi sulle cnsc
rispondono esortan-
(HU inni a scai-icarsi hi coscienza
(
iKilr
.|
.Ma
aX'T
\
,L;iiiilifi
i
iim^ifaio in alcuno cose di ri-
lia
ne seguiamo [jassn passo
l,i
vila, così
è
necessario
niaiiifestazione in tutto
[processo. l-dn
4?gli
secondo suo iiiierrogatorio del
dal
mostra
disapprovare
di
^M)
maggio
aver discorso nei suoi
troppo filosoficamente, dislionestamente, et non Irdppo da J)uo/( eh rixliaiio, e lascia intravvedere che
liìu'i
se ne duole. Neil" interrogatorio del di o giugno, coti
parole vive e caldissime cosi risponde ai suoi giudici: detesto et
abborro
tutti
li
errori che io ho commessi
sino al ]> resente giorno pertinenti alla
trita
catholica,
.
— 281 — et tutte le heresie,
che
io
ho
tenute, et
dubbi che ho
li
avuti intorno alla fede cathoUca, et alle cose determinate dalla Santa Chiesa, soggiungendo abhorrisco :
ne sono pentito di havei fatto, tenuto, detto, creduto 0 dubitato di cosa, che non fosse catholica; et prego
et
•
le mie infirSanta Chiesa,
questo Sacro Tribunale, che conoscendo ìnità vogli al)bracciarnii nel grernio di
provedendomi di riiiiedij opportuni usandomi miser eco -d ia.
mia
alla
salute,
ì
A
questo interrogatorio ne succedono due altri
due giugno, indi un altro il
quatti'o
onde,
Bruno
il
come
si
il
tre
lasciato
è
esprimono
ed
quattro.
il
il
Dopo
quasi due mesi a
sé,
giudici, avesse comodità di
i
ripensare alle cose dette, e di esaminare se la sua coscienza non gli suggerisse nulla più di quello che già
aveva confessato. Trascorsi questi due mesi, fu ricondotto, addi iicio,
o^)
Santo Uf-
luglio, avanti al tribunale del
dove profferì
ultime
le
parole di pentimento;
ultime parole veramente autentiche che
ci
restino del
processo di Venezia. «
Può
esser (disse ai giudici) eh' io in tanto corso di
«
tempo habbi ancor errato
«
in altre
«
ancora illaqueato in altre censure;
«
pensato molto sopra, non però
«
sato et confesso bora
n
qui nelle mani delle Signorie Vostre Illustrissime per
((
ricever remedio alla mia salute, del pentimento de miei
«
mesfatti non poti*ei dir tanto quanto
(f
cacemente come desiderarei, Tanimo mio
maniere
nunciate queste parole «
et deviato dalla
di (luelle
li
si
ho esposto
le
et
Santa Chiesa che
mi
ma se bene
trovi
io ci
ho
riconosco, ho confes-
errori miei prontamente, et son
è,
nè esprimere ».
Dopo
effi-
pro-
prostra genuflesso e continua:
Domando humilmente perdono
al
Signore Iddio
et alle
- 282 — ((
Signorie Vostre Illustrissime de tutti
«
commessi, et
li
errori
da
me
pronto per esse(iuire quanto dalla
soii (^ui
«
loro prudentia sarà
«
diente alFanima mia, et di più
«
più tosto castigo che ecceda più tosto nella gravità del
«
castigo, che in
«
(lalhi ([uale
((
abito della i-eligione che ho portato, et se dalla miseri-
«
cordia di Iddio
deliberato, et si giudicarli espe-
della
«
dato
Con
dimostrationo tido pul)blicamente,
fai-
}4l-all(li Jlia (
h-a
iia. pi
eli-'
clic
pnù
ih
l
si
Ila
per
h()
come
leiiia S( 'C(
)]
il
lino
il
pi'ologo
dei più
O (leciuiOSestO.
adeiiipiiino airiillicio di storici, nar-
proci^sso
veneto
il
Bruno
dappi'inia
fosse in sulla cattedra e
noli da\"aiiii a L^iiidici. poi confessi di
avere praticamente
molli capi della dottrina cattolica, respingendo
sdegnosamente si
scandalo che
».
chiude s(Mi/a giudizio
liluvdii (lei
e^-pniiLia la Sila lildsoiia. (piasi
teiiiiid a
il
coiisidei-ai si
clic
pili illtell<-i
;ilil.iaiih>
cdiiir
sacro
duetto far riforma notabile
lania cdilicationo
(ifaiiiiiia
dei
i
ninpciisciù
i-ii
(pn'sic SdltMiiii pai-ole
Ici'j-ibilc
raiidu
\
\
culi altro et
al
delle X'osti'e Signorie Illustrissime
et
proc^^sso veneto, del
supplico che mi diano,
potesse ridondai'e alcun disonhore
mi sarà concessa la mia ita, che
rt
«
le
le
accuse appostegli dal Mocenigo, in line
chiarisca desideroso di purgarsi dalle censure in cui è
incorso, e di riformare la sua vita, e di terminare in pace i
suoi giorni,
cai-attere
1
clie ci
Fu
egli
resta a concludere intorno al suo
concorde o discorde da sèf
timento fu esso sincero f che
si
A
saranno già elevate nella mente del
proveremo a rispondere dopo prigionia in
Roma
II
suo pen-
tutte queste interrogazioni, lettore, ci
la narrazione della
sua
coronata tristamente dal rogo.
Terminato Tultimo esame che fu addì trenta, come abbiamo poc'anzi detto, il Bruno venne ricondotto nel
- 283 — carcere senza che fosse profferita sentenza contro di
lui.
Il
tribunale veneto partecipò all'Inquisizione generale
di
Roma
gli atti del
municati durante
processo, se già
non erano
stati co-
lungo intervallo (cinquantacinque
il
giorni), che corse tra
penultimo esame
il
e l'ultimo. Il
cardinale Sanseverina scrisse prontamente addì 12 set-
tembre (1592) al Santo Uffizio in Venezia di mandare con prima sicura occasione di buon passaggio Giordano Bruno al governatore di Ancona, di dove sarebbe
Roma. Appena
stato subito inviato a
ordine,
vicario
il
inquisitore ed
signori
il
Patriarca di Venezia,
del
clàrissimo
assistenti
ricevettero questo
Tomaso
Santo Tribunale, vennero addì
al
28 settembre nel Collegio (Pregadi) e fecero nota la
padre
il
Morosini, uno dei
al
doge
domanda non senza informarlo sommariamente
processo del Bruno.
avrebbe
fatto
Il
doge rispose che
il
del
Collegio vi
sopra la conveniente consideraiione, ed
avrebbe in appresso significata loro
la
risoluzione
adottata.
Nel dopo pranzo
dell'istesso giorno ritornarono
i
già
nominati
al Collegio,
liberato,
aggiungendo che havevano una barca che
per intendere quello che
stava per partire per Ancona.
Il
si
era de-
Collegio replicò che
momento non si haveva per ancora potuto farne risolutione, e che perciò li consi-
la cosa essendo di
gliava a licenziare la barca.
mandò, come era suo uso, copia addì ti e ottobre della domanda all'ambasciatore Donato in Roma, significandogli ad un tempo facesse presente, ove di ciò si fosse colà discorso, che apporterebbe pregiudizio aìVautorità del Tribunale veneto e danno Intanto
grande
il
Collegio
ai sudditi, se si
dovessero inviare a
Roma
quelli
;
— 284 — che sono ritenuti e processati in Venezia.
Il
Donato era
succeduto a Giovanni Moro, che cessò di vivere in quell'anno stesso, ed al quale
Bruno dedicò in Parigi il Anche questa
il
Compendiosa
libro della
aì'chiieitiu'a.
morte tornò a sventura del nostro Nolano. Il Nunzio apostolico in Venezia, eccitato da Uonia, ridomandò in persona, addì 22 dicembre, T infelice
prigioniero
Collegio
il
;
che sono nel dispaccio
schermi allegando
si
al
dole Tambasciatore osi^oste a
era
allora aciiuiciaia.
pei-
pace;
ma
poletano
(•
processato
che
pili ('
conti'
Koiiia.
11. -Il
Napoli ed
in
(li
(ì'ti
(j/n'sfn
i-a|»o
siuldiin
(li
si
erano l:1i
al
Bruno era nagià era stato
lìoma per gravissime rolir in casi
niaii(iati ;
non
li
rei al
clic iiiline si
il
col[)e
sh-aordinari tribunale di
Bruno essendo
poteva non consegnare
Collegio alqnaiiio scosso da ([uesle ragioni, chiamò
[)idcuratore Federigo Conlarini, addi sette gennaio
159o per ndii
venuto
alla
e (piale fosse
disse
«
esser
il
suo avviso.
Il
Contarini
presenza deireccellentissimo Collegio, ed
accennati sommariamente
«
il
[toiitcticc. il
il
Santità, questa se ne
N'enezia. die
in
aliri
frate e frate /irrcsicu-cd,
ragioni
Nim/.io non ne restò cadisse che
dozene dì
tiiui
Sua
Il
in inah-i ia e
('iiii(')
le
Donato, ed aggiunse che aven-
le
di heresie, se
i
fatti del
processo del Bruno,
colpe di costui gravissime in proposito
ben per altro uno
de'
più eccellenti et
possine desiderare
et di
esquisita
«
rari ingegni che si
«
dottrina e sapere. Che per essere questo caso princi-
«
piato a Napoli, et in
«
quel fòro, che a questo, et per la gravità estraordinaria
«
delle colpe, aggiunto anco, che egli è forestiei'o et
«
suddito, crederla che fosse conveniente satisfar a Sua
Roma, onde par più
spettante a
non
— 285 — ((
Santità,
«
glianti
come
». Il
nazione che si
si è fatto
anco altre volte in casi simi-
Collegio che già inclinava ad
gli cattivasse la
una determi-
gratitudine del Pontefice,
diè per vinto alle ragioni del Contarini, e deliberò in
quel giorno stesso fosse fatto sapere al Nunzio apostolico in
Venezia ed all'ambasciatore in
Roma
che
il
Col-
come segno della continuata prontezza della Repuhlica in far cosa grata al Pontefice, consentiva alla domanda di estradizione del Bruno. Addì 9 gennaio già si dava partecipazione della deliberazione al
legio,
celebre Paolo Paruta, ambasciatore veneto in
E
questi
il
1(3
dello
stesso
Roma.
mese già rescriveva
alla
Doge che questa cosa era tornata gratisPapa, il quale ne lo aveva con parole molto
Serenità del sirna al
cortesi et iiffitiose ringraziato.
Bruno adunque
Nunzio pontifìcio metà di gennaio 1593. Addì 27 febbraio dello stesso anno già è nelle carceri deir Inquisizione in Roma, come ne rendono fede i documenti romani ^ Gli atti del processo veneto e tutte le carte nel medesimo allegate, pare siano stati col prigioniero trasmessi da Venezia all'Inquisizione romana. Il
fu consegnato al
residente in Venezia circa la
1)
Circa r origine di questi documenti
conferisci
mio opuscolo
Documenti intorno a Giordano Bruno da Nola. Koma, 1880.
:
CAPITOLO XVI. (1593-1000).
—
—
lU'uno prigioniero in Roma — Clemente Vili Il carsanseverina — Prestezza con cui conducevansi i processi nel santo Ufficio — Ritardo avvenuto in quello del Bruno Considerazioni su questo ritardo — Stato deiranimo del P.runo— Lotta clie dovette sostenere Ira se e sè Kresie che pare sieno state le prime ad essere notate dal sunt" Cflizio.
iSOMMAKlo. dinale
(li
—
—
L;i
|)ii;^iniii;t
del
UniiK.
anni, che mettono capo,
Konia comprende sette
in
come
già
dicemmo,
alla
metà
gennaio dei mille cin
11
decreto di estradi/ione con cui
lo
consegnò
al
il
Nunzio apostolico,
quello stesso doge i*a.s(|uale
(Toveriio fu
veneto
sottoscritto
da
Cicogna che pochi mesi
avanti chiamò a leggere matematiche Galileo Galilei nello Studio di
Sedeva
in
Padova
Roma
sul
trono
pontificio
il
figlio dei
toscano fuoruscito Silvestro Aldobrandini, che pigliò
cingendo
1)
La
la tiara
il
nome
di
lettura di niatematiche in
Clemente ottavo. Questi
Padova essendo da qualche tempo
vacante perchè non trovavasi soggetto bastantemente
26 settembre 1592
il
degno, addi
doge Pasquale Cicogna scriveva: « Ora che
si
domino Galileo Galilei, che legge in Pisa con sua grandissima laude, e si può dire che sia il principale di questa professione, il qual si contenta di venire quanto prima nel predetto Studio no-
ritrova
stro a leggere detta lectione, è a
proposito di nominarlo ».
-287 — era
uomo
di
animo elevato,
risoluto,
prudente e così
instancabile nel lavoro, che attendeva egli stesso con
grandissima diligenza alla spedizione degli
affari,
ogni cosa voleva vedere ed esaminare con
gli
proprii
^.
Studiava quindi da sè la più parte dei ne-
gozi attinenti alla
tuate al
Chiesa ed allo
Stato,
non
eccet-
ardue quistioni intorno alla grazia, in
le
ed
occhi
pubblicarsi
del
libro
del
Molina, ruppero
provviso domenicani e gesuiti.
Pieno
di pietà,
cui,
d'
im-
con-
fessavasi quasi quotidianamente dal celebre annalista
Bai'onio
;
vestiva
cessioni del
il
cilicio
ed andava talvolta
Giubileo a piedi nudi.
alle pro-
Largheggiava in
elemosine, e f^iceva desinare in una tavola accanto alla
sua altrettanti poverelli quanti tificato.
Comecché avvezzo per
quistate neirollìcio di
gli le
anni del suo pon-
abitudini curiali, ac-
Auditore di Kuota, a
con soverchia minutezza
gli affari
ti'attare
comuni, aveva non
pertanto in politica un vedere più largo, che non molti dei cardinali e dei personaggi
Al che
è
coetanei più reputati.
dovuto se seppe con opportuno accorgimento
mala via dove era entrato, non solo cessando dal parteggiare contro Enrico IV, ma ricongiungendolo alla Chiesa ed assolvendolo da ogni scomunica. E die' prova di coraggio mantenendo virilmente questa ritrarsi dalla
sua determinazione, non ostante che con gagliardia si opponessero la Spagna e la parte della lega cat-
vi
tolica fi-ancese, le quali
intendevano con ogni studio a
Veggansi specialmente intorno a questo pontefice
le Memorie, Diario del cardinale Bentivoglio, che fu suo cameriere secreto; Amsterdam, 1648. Id. la Storia di Venezia di Andrea Morosini, Lib. XVI.
1)
ovvero
il
—
— 288 — contrastare
trono al Navarrese col pretesto che
il
egli
perseverasse nell'eresia. Con questo ardito suo procedere riusci Clemente a staccar la Francia dall'Inghilterra e porre argine al trasmodare di
che mutarono di assai
ropa
venne
e
le
Spagna
^.
Pei*
anni dopo
egli in tanto credito, che tre
potè insignorirsi di Ferrara senza che vi
il
Eu-
condizioni politiche di
si
intromet-
tessero quelle nazioni, le quali insino allora avevano
sempre impedito che nulla si operasse in Italia senza loro consenso. Nei primordi del suo pontificato, come non si diedero provvedimenti di rigore contro i novail
in
religiosi
toi'i
contì'o
il
genere,
così
neanco in particolare
Bruno. Peraltro dei documenti processuali
che lo riguardavano, Clemente di certo dovette pren-
derne contezza, come era
solito
leggere
i
processi di
quanti languissero nelle carceri dell'Inquisizione.
Ma
più che da Clemente, pendevano
le sorti del
stro filosofo dal cardinale di Sanseverina, che
sommi
di giungere ai
no-
prima
onori del sacerdozio fu giudice
dell'Inquisizione e vicario generale del cardinale Al-
fonso Caralfa in Napoli, dove infierì siffattamente contro
i
novatori, che corse più volte pericolo nella vita ^
Aveva fama
di
celebre giorno
uomo
seveiissimo, e usava chiamare
San
e Uetissinio ai cattolici quello di
Tre memorabili azioni hanno particolarmente segnalato il pontiClemente « con la prima riunì la Francia alla Santa Sede; con la seconda pacificò insieme le due corone (Francia e Spagna) con la terza ricongiunse lo Stato di Ferrara alla Sede Apostolica ». Diario 1)
ficato di
;
citato, pag. 45.
2)
Notiamo con
piacere che quanto dicevamo circa
rina, senza ancora conoscere
i
il
card. Sanseve-
documenti romani^ concorda
medesimi, come verrà dimostrato.
affatto coi
-289Bartolommeo si
di truce
grande autorità in
memoria Roma, che
i.
Era non pertanto fu adorato
e
di
preco-
nizzato pontefice nello stesso conclave da cui usci vittorioso
Clemente.
Per
quale
la
sua
fallita elezione
sentì sì vivo e si grave dispiacere, che nella notte se-
guente
si
trovò tutta la persona ricoperta da
dore di sangue.
Il
un
su-
Sanseverina univa a grande ambi-
i poveri. Reputava uoandavano a verso, e troppo coloro che gli si opponevano 2. Il suo
zione straordinaria carità per
mini dappoco coloro che liberi
ed arditi
gli
coraggio e la gagliardia de' suoi convincimenti lo ren-
devano duro ed irremobile ne avevano spavento
neva a
tutti colla
;
gli
ne' suoi propositi. I
amici timore. Egli
si
nemici
impo-
sua ferrea volontà; ed era oracolo
nella Congregazione del Sant'Uffizio alla quale
parteneva l'esame ed
il
si
^
ap-
giudizio del Bruno.
I processi dei novatori religiosi spedivansi comunemente con prestezza dal tribunale del Sant'Uffizio, benché non si seguisse una regola costante. La prontezza maggiore 0 minore nella spedizione dipendeva da accidenti e da cagioni di varia natura. Aonio Paleario, elegante scrittore, fu incarcerato nel 1566 in Faenza ed indi tradotto in Roma, ove dopo
quattro anni di prigionia, gli venne letta la sentenza,
impiccato e bruciato sulla pubblica piazza. Monsignor Carnesecchi, famigliare del granduca di Toscana, già segretario di Clemente VII, amico di
—
1) Il
molti cardinali
Histoire de la Papauté par Léopold Eanke, Voi. cardinale Benti voglio dice che
volte del suo santo zelo.
—
Id.,
il
pag, 62.
2)
Padre Paolo Sarpi, Opere, Voi.
3)
Pag. 62, Memorie del Card. Bentivoglio. 19.
—
Berti, Giordaìio Brwio.
Ili, pag.
309.
Sanseverina abusò troppo alle
I,
pag. 12.
-290e fra gli altri del Polo, del Contarini, del
Morone, dei
più eminenti uomini di lettere e dei principali novareligiosi
tori
italiani
e
fu arrestato nella
stranieri,
Roma,
stanza stessa del granduca, poi condotto legato in
processato e decapitato. Questo processo che avrebbe
dovuto richiedere lungo tempo per
la estesa clientela
del Carnesecchi e per la qualità delle
accuse e della
compiè nel breve spazio
di circa dodici
persona, mesi.
Il
si
processo del cardinale Morone durò due anni,
meno
mesi fu sbrigato quello
di Gaprimo scorcio del secolo decimosettimo. Misurando il processo del Bruno dalla durata della
ed in
di quattro
lileo nel
sua prigionia in Roma, esso fu
di sette anni, cioè,
quasi tre più di quello del Paleario, che va tra
i
lunghi.
Sdoppio insino al Bartholmèss, credendo erroneamente che si fosse solamente
Se
i
biografi bruniani, dallo
indugiato due anni
i
a profferire la sentenza, reputa-
vano tuttavia soverchio questo tempo, che dobbiamo conchiudere ora che è indubitato
non due, e
ma sette?
gli inquisitori?
queste
gli
anni essere
Che intervenne adunque a che
domande che
si
è
tra
il
stati
Bruno
dovuta tanta lentezza?
A
offrono spontanee alla mente,
possono dare qualche chiarimento
le
seguenti osser-
vazioni. Il Sant'Uffizio, il
com'ebbe nelle sue carceri in
Roma
povero Nolano, dovette avanti ogni altra cosa pren-
dere notizia dei documenti che a lui
si
che non erano sventuratamente scarsi. dell'Inquisizione
1)
Vedi in
si
trovavano di
fine di questo
di Gaspare Seioppio.
riferivano e
Nell'archivio
fatto le carte di quattro
volume V Appendice
J intorno
alla lettera
— 291 processi: quelle dei due che gli poli: del terzo in
Roma,
nel 1576
si
intentarono in Na-
ed infine del quarto di
;
Venezia. Comparare questi processi tra loro, e segnatamente con quest'ultimo, al fine di conoscere dove tornassero conformi e dove disformi, dovette essere una delle prime azioni informative inquisitoriali per l'avviamento del nuovo processo. Ma ai documenti andando uniti i libri che si erano a lui tolti quando fu arrestato in casa Mocenigo, dovettero questi farsi argomento di attenta lettura e di riscontri con le opinioni manifestate
Venezia
nelle sue risposte in
Noi sappiamo che veneti una polizza si
descrivevano
le
scritta
di
ai giudici
suo pugno, nella quale
Ora
ci
pare di non disco-
vero conghietturando che nè tutte
opere in essa polizza notate
nè segnatamente
esami anteriori.
opere tutte che egli pubblicò nelle
varie contrade di Europa. starci troppo dal
e negli
Bruno aveva trasmesso
il
le italiane
si
conoscessero in
le
Roma,
stampate in Londra, quan-
tunque a queste, più che non
alle altre, si
rivolgere l'attenzione dei giudici, cosi per
i
avesse a titoli sin-
come per le voci confuse andavano dattorno. Alla lettura dei
golari di cui erano fregiate, e sinistre che ne libri
aggiungersi per parte dell'Inquisizione
dovette
quella delle due opere manoscritte, l'una intitolata:
predicamenti di Dio,
e l'altra
:
Le
I
sette arti liberali,
che stavano pure nel suo archivio in compagnia delle altre carte ricevute eziandio
vi erano indubbiamente
da Venezia. Tra
frammenti
le
quali
dei molteplici scritti
del Bruno, note e sunti delle sue lezioni e lettere d'altri
a di
lui indirizzate.
tutto
lettura,
Ma
se era mestieri
questo lavoro per
ed
il
confronto
all'
Inquisizione
condurre a termine la
dei processi, dei libri e dei
- 292 manoscritti, ai sette
medesimo non
è tuttavia proporzionato impiegarono per venirne a capo K primieramente a quanti hanno pratica dei il
anni che
Perocché
e
si
procedimenti del Sant' Uffizio non cipiati gli esami, questi
non
in rarissimi casi, insino a che
terminato.
Non
è ignoto
che prin-
interrompevano, salvo
si
il
processo non fosse
ostante quindi gli indugi che poterono
occorrere per le informazioni all'Inquisizione, siccome il
Bruno era però
uomini che
di que' tali
si
vedere quali sono, a prima giunta perciò esso
danno a mostrò
si
aveva detto più del
tosto quale era. Della sua vita
sognevole non aveva occultata la sua dottrina, e ;
mancamenti verso
le
leggi della Chiesa;
non
i
la
bi-
suoi
sua
condizione di frate e quindi la sua apostasia.
Nè
poteva parimenti venire intoppo
ciò che bisognassero
od intorno
alla
al
processo da
minute indagini intorno
sua partecipazione
alle
agli amici
opinioni dei
novatori religiosi italiani. I primi erano scarsi e vive-
vano quasi tutti fuori d'Italia ^ coi secondi nulla aveva di comune. Ed a fare capaci della verità anche i più restii, bastava osservare non esservi ne' suoi libri una :
sola parola che
si riferisse ai
più cospicui novatori di
Lucca (Vermiglio MarVenezia (Vergerlo), 0 di Napoli (Valdes), o dei molti e non ben noti che si presumono appartenere alla supposta comSiena (Ochino
tire), 0 di
pagnia
e Soccino), o di
Firenze (Carnesecchi), o di
di Vicenza.
1) Potevano anche essere causa di ritardo le informazioni che il Santo Uffizio avesse stimato opportuno di prendere nei paesi dove il Bruno dimorò e lesse. 2) Non sappiamo di alcun suo amico che fosse in Italia.
- 293 ^ Gli ostacoli che per consueto di
un processo quale fu
si
incontrano nel corso
quello del Bruno,
non rendendo
ragione dello indugio della condanna, è d'uopo ricorrere a motivi speciali per spiegare
Benché
tribunale del
il
il
fatto.
Sant'Uffizio
procedesse
«
«
contro ogni sorta di persone,, o vili e plebei, o grandi
((
e potenti,
<(
contro gli ecclesiastici, e non pure contra
«
eziandio contrai morti
non
e
solo contro
i
che siasi
vivi,
i
ma
»,
A
vestivano non pochi dei suoi giudici. ghiettura danno forza e Quétif,
cesse, che
motivo
anche
non pertanto noi pensiamo esso dimostro alquanto più ritenuto col Bruno ^
per la sua qualità di frate domenicano,
Echard
ma
secolari,
uno
i
domenicano mal sopportando che si di-
dei loro era stato tratto
sul rogo per
miserrima
fine-.
Forse contribuì anche a trattenere nire a pronta sentenza nifestò in
Venezia
con quelli fra ripudiando
i
sicurtà che
avrebbe continuato ad esserlo,
se fosse stato dei loro sì
cui abito
cronisti dell'Ordine
i
quali
di eresia, lo rinnegarono, facendo
nè avrebbe incorsa
il
questa con-
il
i
proposito che
di volersi presentare a
giudici dal veil
Bruno ma-
Clemente Vili,
suoi libri che meritavano approvazione,
gli altri, e di
dedicare a lui la sua opera
manoscritta delle Sette arti liberali, essendogli stato detto
che
lettere.
il
pontefice pregiasse
assai gli
uomini
Queste parole che caddero forse sotto
di
gli occhi
stessi di Clemente, trovandosi introdotte nei Costituti
veneti,
1)
parevano pronunziate per disporre a mitezza
Sacro Arsenale, ovvero Pratica delV Officio della Santa In-
quisizione, di Eliseo Masini 2)
—
Bologna, 1665, pag. 16.
Vedi introduzione a questo volume.
— 294 — l'animo di lui non ancora esacerbato dai luttuosi av-
venimenti dei Cenci, dei Santacroce, dei Massimi
^
non
dispute intorno alla grazia, non vinto
ratti'istato dalle
dai severi consigli ai quali piegò nelF ultimo periodo del suo pontificato
E
2.
forse fu anche ragione al soprastare del Sant'Uf-
ritrattazione
fìzio
la
come
già
si è
del
accennato
Bruno
nell'
in Venezia. Questi,
ultimo suo costituto,
si
inginocchiò davanti a quei giudici e ritrattò quanto
venne
gli
scritto
ed operato contro
alle verità
tenute
ed insegnate dalla Chiesa, promettendo di fare am-
menda Ora
delle sue colpe e di vivere
da buon
cattolico.
non è improbabile che i giudici, terminati gli esami, prima divenire alla sentenza volessero sottoporre r imputato a mezzi ordinari di correzione. « Noi seguendo (citiamo testualmente la Pratica del Santo « Offizio) le pedate del Signore, che non vuole la morte « del peccatore, ma che egli si converta e viva, abbiamo egli
ogni opra per correggerti e ridurti alla vera
«
fatto
a
strada della salute, con esporti per noi stessi, e per
<.(
mezzo
d'altri ancora,
chiaramente la dottrina evan-
«
gelica e la purità della santa fede cristiana, quale
«
tiene, predica
«
stolica
e spesso
ed insegna la santa, cattolica ed apo-
romana Chiesa 3 anche
i
I consultori
componenti
la
ed
i
qualificatori,
suprema Congregazione
del Sant' Uffizio, si travagliavano in privati colloqui i
Tre processi per parricidio avvenuti quasi contemporaneamente. primo e più famoso è quello della famiglia Cenci per la pietà che
1) Il
destò la morte della sventurata Beatrice. 2) Bartholmèss, Voi. I, pag. 221. 3)
Vedi pag. 294 del Sacro Arsenale, ovvero Pratica delVOf Bologna 1665.
fido della Santa Inquisizione, di Eliseo Masini
—
— 295 — a lasciare e detestare
col prigiooiero per indurlo
E
eresie che gli venivano imputate.
Senza che
è noto,
che quando
dubbio se la ritrattazione ed
ciò certo il
Sant'Uffìzio
era
ravvedimento dell'im-
il
putato fossero sinceri e pieni, allora
un
le
avvenne.
gli si
prefìggeva
certo termine, affìnchè egli deliberasse su se stesso
e sul suo stato e si pentisse di
buon
Quando, come nel caso del Bruno,
cuore. il
S. Uffìzio scor-
geva pertinacia nell'imputato, spesso non veniva subito alla sentenza,
simi.
ma
indugiava in procedimenti lunghis-
Era l'imputato non
rado mutato di carcere e
di
Non
tenuto con più rigore.
consentivasi che fosse vi-
abboccavano con lui separatamente e talvolta tutti insieme ponendo in opera ogni mezzo per persuaderlo. Continuando nella pertinacia sitato. Gl'inquisitori si
lo
interrogavano per udh-e su quali ragioni e su quali
autorità
si
fondasse, e gli assegnavano dieci o dodici
informatori scelti tra
i
ordini, perchè vedessero
sacerdoti ed
modo
i
frati dei vari
di convincerlo.
Qualche
volta ancora cercavano di piegarlo con maniere cortesi
ed anche con promesse. I particolari
circa
il
narrati dallo
Sdoppio nella sua
non siano
forse esatti,
S. Offìzio e ci
rappresen-
giudici nel condannarlo, ancorché
sono però consoni agli usi del tano
lettera
temporeggiare del Bruno nel ritrattarsi e dei
lo stato di incertezza
per cui l'animo del Bruno
prima che con energia indomabile Non c'è uomo, per quanto sicuro e fermo, il quale non sia assalito spesso da dubbii e da incertezze. Questa è la natura a cui dovette passare
tutto
si
tutti gli
fissasse nel partito fìnale.
umani più
o
meno
partecipano.
Senza che giova avvertire che
i
germi deposti nel
— 296 — cuore daireducazione, se possono talvolta nelle varie e terribili
è che
umana
vicende della vita
muoiano.
Il
illanguidire, raro
Bruno benché abbia insino
dai suoi
giovani anni anteposto alla dottrina cristiana quella dei filosofi greci, tuttavia serbò pur
sempre nella paVte
più intima di sè alcuni di quei sentimenti cristiani che
furono inspirati nell'infanzia e nell'adolescenza
gli
e che pur tralucono
sue
dalle stesse
contemplazioni
metafìsiche dell'essere infinito e di Dio. Obbediva egli
ad uno
operavano quasi
di questi sentimenti che
consciamente
in' lui
o
la fragilità
la
in-
a Venezia, o non lo vinse piuttosto
debolezza umana, come ne fu vinto
Galileo, professando con la bocca quello che disappro-
vava col cuore? Noi crediamo che
così in
Venezia come
Roma,
nei primi anni del carcere in in cui
il
Bruno ondeggiò
tra
il
vi fu
fors'
anche
un periodo
desiderio di trarsi da
quello e vivere vita quieta, e la forza prepotente dei
Non
suoi convincimenti.
vi
è
gliardo, che nella separazione
dubiti di sé, e quasi quasi
animo, comecché ga-
da tutto
non
si
e
da
abbandoni
degli avvenimenti, reputandoli invincibili.
tutti
non
alla balia
Non
vi è
parimente animo degno di tanto titolo, che abdichi per lungo tempo alla signoria di sé ed ai pensieri nei quali ha fede. Se questa non fa sempre prova della verità delle cose credute, rende sempre però testimonianza grandezza morale dell'animo. Ecco
della
maestà
e della
come
potè
Bruno dopo
il
le
incertezze pigliare quel-
r atteggiamento risoluto che poi mantenne insino al rogo, e che dai suoi giudici era considerato non quale ossequio alla propria credenza,
nazione
e pertinacia.
i
ma
quale satanica osti-
—
- 297 Le prime menti ce
eresie che
Sant'Uffizio, sebbene
il
i
docu-
dicano con parole non chiaramente espresse,
lo
fm'ono quelle che
si
apposero
al
Bruno
nei tre processi
che precedettero la sua fuga dall'Italia. Noi crediamo che egli prima di ogni altra cosa sia stato ritenuto col-
pevole di professare opinioni contrarie al
dogma
della
verginità di Maria ed a quello della transubstanzia-
zione K Chi
si
contenta di stare
a'
suoi libri stampati
può
ciò
negare perchè non se ne trova cenno nei medesimi,
ma
chi
va addentro nelle sue confessioni non può non
iscorgere che egli è oppositore e diremo anche gagliardo
a quei dogmi. Epperciò quale fosse
sua difesa, certo è che
la
il
il
suo contegno e
Sant' Uffìzio lo giudicò
per primo colpevole delle medesime.
Ben più
copioso
fu
il
catalogo
delle proposizioni
eretiche che gli inquisitori levarono dai libri che por-
tavano
Nè
vi
il
suo
nome
e che egli
aveva riconosciuti
suoi.
bisognavano faticose indagini per discoprirle,
avendole egli seminate con profusione. Gli esami per questa parte non concedevano al Bruno altra difesa che quella di confessare quanto leggevasi stampato in
termini chiarissimi. Perciò dovette essere convinto dal
anime passano da uno in che la stessa anima può informare due corpi; che la magia è buona e lecita; che lo Spirito Santo è un medesimo con F anima del mondo, e che ciò volle significare Mosè dove disse che Sant'Uffìzio di sostenere: che le altro corpo,
lo Spirito
1)
da uno in altro mondo
Santo
Che queste
si
:
diffuse sulle acque a
fossero sostanzialmente le accuse che
nei processi cominciati contro
il
Bruno
fecondarle si
;
contenevano
in Napoli e continuati in
Koma
avanti la sua fuga dall'Italia, appare manifestissimo così dalla lettera dello Scioppio^
come anche dal Documento XIII.
-298che
il
mezzo
mondo
Egiziani
gli
è eterno; che
Mosè operò miracoli per
della magìa, nella quale
le sacre
;
andava avanti a
che egli stesso inventò
le
;
che
i
soli
tutti ;
che
un sogno che il diavolo Ebrei hanno per padre Adamo
Lettere non sono che
andrà salvo
sue leggi ;
;
uomini traggono la loro origine dai progenitori che Iddio creò prima di Adamo che Cristo non è Dio, che fu insigne mago, e che avendo gabbati gli uomini, meritamente fu impiccato e non crocifisso;
che
gli altri
;
che
i
profeti e gli apostoli furono
uomini
e che molti di loro furono pure appesi
tristi,
maghi,
i.
Tutte queste proposizioni, singolarmente enumerate nella sentenza, sono tolte dalle opere di
zione di tre sole che accusatore,
si
Mocenigo.
Come ognun
era piuttosto abbondante che scarsa.
potevasi
lui,
ad ecce-
trovano nelle denunzie del suo vede, la materia
Onde ben
dire
dai giudici e dallo Sdoppio, che non v' era
non fosse Bruno affermata. Proseguiamo nell'esame di questa irta materia e vediamo se il Sant'Uffizio fermò la sua attenzione su altre proposizioni, che solo vennero col Bruno qualificate eresia gravissima, vecchia o nuova, la quale
dal
eretiche.
1) Il catalogo di queste proposizioni è quasi tutto compilato sui libri pubblicati in
et
mensura,
Francofbrte, l'uno col titolo
l'altro
conseqiiens, etc.
col titolo
De
De
monade, numero
iriplici,
due
minimo
et figura, liher
- 299 —
CAPITOLO —
SOMMARIO.
La
eresia e la scienza
—
XVII.
Bruno
e Galileo
—
Come Ga-
difendere con parole temperate i diritti della scienza La condanna del Bruno sarebbe avvenuta anche senza la eresia nuova.
lileo si studii di
—
Tra
le
sentenza
proposizioni giudicate assurde, empie, nella
ve ne ha una contro cui non sta articolo
^
di fede, e la
quale comecché contenga un'opinione o
dottrina semplicemente scientifica, t'Offizio
nondimeno
non pure pone a pari con
le altre
il
ma
le
Sancon-
cede la preminenza quasi che in quella avessero queste il
loro fondamento.
Essa
è qualificata eresia
viene per la prima volta appellata nei giosi del secolo
La
pluralità
aspetti sotto di sè nei
i
XVI, eresia della pluralità dei mondi. mondi non è che uno dei molti
dei
quali la scienza faceva manifestazione
tenevano dietro
i
primi moti di separazione
delle discipline morali dalle fìsiche
quali
ultime
si
erano
nel
1)
Vedi lettera
delle scuole che
—
Il Bruno, Conrado Eittersusio. Horrenda prorsusque absurdissima docet, ut
dello Scioppio a
lo Scioppio, «
ed astronomiche.
medio evo legate con
così strettissimi vincoli alla teologia
secondo
e
tempi del Bruno. Al risorgimento letterario
e filosofico
Le
nuova
processi reli-
« qui MUNDOS ESSE INNUMERABILES,
etc. ».
-300si
era formata mia astronomia teologica ed una teo-
logia astronomica. L'insegnamento della
in molte parti
La
altre.
il
prima tornava
medesimo che l'insegnamento
quale comunanza più che in
altri
delle
da ve-
è
dersi in Dante, laddove ragiona nel Convito delle at-
tinenze varie dell'astronomia con
suo tempo. Nel che dottrina
quale
si
di
il
le idee religiose del
procedeva conformemente alla
San Tommaso ed a quella
intendeva e
Onde, se ben
tumi
egli
si
si
di
Tolomeo,
chiosava nelle scuole cristiane.
mira, non
poteva ridurre a fran-
si
sistema tolemaico teologico, senza annullare
l'empireo
«
questo quieto e pacifico cielo (così Dante)
«
luogo di quella
somma
(f
mente vede
senza distruggere
^
Deità che sè sola compiuta-
atterrare l'ottavo cielo, abbattere
il
il
tire l'ordine dei pianeti, e levare la
del
mondo
che
si
togliendole
scettro
e
primo mobile,
firmamento, inverterra dal centro
corona. Ogni colpo
portava sul sistema tolemaico spezzava alcuno
de' suoi
legami con
le idee teologiche delle scuole.
reva che quindi con l'astronomia antica avesse a
Padi-
scendere nel sepolcro, avvolta nel lenzuolo funereo, tutta la dottrina teologica ond'esso era rivestito. Il Bruno bandi con forza, per primo, la dottrina dei mondi innumerabili, ne parlò come di cosa scientificamente certa, la immedesimò col sistema copernicano, la
ampliò con
l'idea metafisica dell'infinito e
infiniti sistemi planetaria
plero
si fa
con quella di
Di quest'ultima idea
rivendicatore in
nome
il
Ke-
del Bruno,- e vuole
che a lui se ne renda merito e lode".
Ma
il
Nolano
'
1)
Convito, Trattato secondo, cap.
2) Keplero, nella lettera
da noi
piìi
iv.
volte citata intorno al
Nunzio
andava
oltre, ed
301
—
affermava con la sola speculazione,
che gli infiniti sistemi planetarii facevano capo ad un solo sistema,
mavano un
come
mondi forOnde poneva
gli abitanti degli infiniti
solo universo intellettuale K
due universi, l'uno materiale
e l'altro spirituale
posti, quello di infiniti
mondi
mondi
quali due universi
e
di intelligenze
;
i
:
com-
questo di infiniti si
riunivano
congiungevano nel pianeta dei pianeti, nel sole dei
soli, in
Bruno
seguirono
le
v'ha filosofo nel
ponga altrettanta cura quanto somiglianze ed attinenze
nella ricerca delle
che corrono fra 10
Non
Dio, nell'essere infinito.
secolo decimosesto che il
fisici,
varie cose. In questa luminosa via
dappoi insigni
filosofi
sovratutto
e
come
Leibnitz che va eziandio debitore al Bruno, già osservato, del concetto della
Le conseguenze
monade
il
fu
universale.
contrarie alla dottrina religiosa pro-
clamate dal Bruno eccitarono grandissimo sospetto sulla teoria di Copernico, in cui egli fondavasi e con la quale
intendeva avvalorare la sua. Quindi è che nel processo del Bruno si contiene virtualmente quello di Galileo. Più che contro il moto della terra, erano le armi del-
l'Inquisizione rivolte contro gì' infiniti sistemi mondiali
che intravvedevansi comparire con quel moto, e che
sembravano sfuggire 11
dall'orbita della scienza cristiana.
padre Caccini, denunziatore
discepoli di questo della terra, quanto
i
i
libri sì
del
si
Galileo, scorge nei
non tanto
compiace ricordare
di lui
De
allo stesso Galileo
Bruno accennata taluna monade, numero
moto
ed ammiratore, come
si
et figura, pag.
515.
;
lo
trovi nei
di quelle verità che quegli
bella luce nel suo Saggiatore. 1)
del
seguaci di opinioni panteistiche
monsignor Ciampoli, amico Sidereo,
di
sostenitori
mise in
— 302 — non oltrepassare
esorta a
limiti fisici o
i
matematici,
perchè vi è sempre chi amplifica e tramuta:
mi
ed
so quel che
«
(scrive a Galileo)
pone qualche similitudine tra
«
globo terrestre ed
il
«
che pone
dico
;
io
perchè mentre la sua opinione
<-i
un
lunare,
altro cresce
il
e dice
«
uomini abitatori della luna, e quell'altro comincia a disputare come possano essere usciti da
«
Adamo,
«
stravaganze che non sognò mai
gli
o usciti
dall'Arca
Noè, con molte altre
di
questo baiardo di Galileo, che
si
^
».
Campanella,
Il
offre, uscito dal car-
cere, di difenderlo davanti all'Inquisizione, e
carcere in
mezzo
ai
dolori
che nel
ogni sorta lo difende
di
tuttavia con acutezza di argomenti e con rara erudizione, accenna
plures esse in
appunto come dalla dottrina
stimassero
alcuni
mundos
maria
et tellures et
quod Christus mortuus
nibus etiam in
aliis stellis
E
^.
sit
inferire
homines
et
habitantes e più specie di uomini,
eis
l'eresia
di Galileo
necessariamente
doversi
prò
quindi
e
homi-
illis
congratulandosi con
Galileo della pubblicazione dei dialoghi sopra
massimi sistemi
del
mondo
chiudeva la sua lettera dicendogli:
«
nuove
verità antiche, di nuovi mondi,
«
sistemi sono principio di secol novo: farà
«
chi guida
«
diamo
^
tutto.
due
queste novità di
i(
il
i
tolemaico e copernicano,
Noi per
stelle, il
nuovi resto
la parte nostra assecon-
».
1)
Lettera di monsignor Ciampoli a Galileo, addì 28 febbraio 1615.
2)
Thomae Campanella Apologia prò Galileo mathematica
rentino pag. 51
— Francofurti, 1622, a pag. — In 8.
il
Campanella afferma che mondi.
il
dogma
cristiano
non
è contrario
alla pluralità dei
3) Lettera di
Campanella a
Galileo,
fio-
questo stesso libro a
Eoma, 5 agosto 1632.
Il
cardinale Barberino, conversando con l'ambascia-
tore toscano,
singolare
Niccolini, gli diceva stimar per
il
Galileo,
il
ma
terra poteva introdurre qualche
mondo moto
dogma
e particolarmente in Firenze,
sono assai
Qui battevano
sottili.
fantastico nel
dove
tutti.
La
gli
ingegni
dottrina del
della terra, già esaltata in Copernico, che in
era stato festeggiato
uomo
che la dottrina del moto della
Roma
dal pontefice, dai cardinali, de-
stava ora scandalo; chiamavasi sovvertitrice e nemica del cristiano in quella
L'Inquisizione ravvisava
incivilimento.
vaso di Pandora che scoperchiato o rove-
il
sciato infettava la terra
merabili, dei nuovi quelli di quaggiù,
con
con
la
le eresie dei
mondi innu-
meno
somiglianti a
conversione
del magnifico
più o
celiceli
nostro pianeta in atomo impercettibile, in granello di
sabbia lanciato nello confini.
spazio
senza margini e senza
Le menti rimanevano come
esterrefatte davanti
a tanta grandiosità, non comprendendo che cristiani si
pernico, di Keplero e di Galileo che il
quale,
ai concetti
conveniva assai meglio l'universo di Co-
giusta
il
sarcastico
detto
non
il
tolemaico;
del Bruno, tutto
racchiudevasi nello stretto cervello di Aristotile.
Roma
che
si
astenne dal profferire giudizio intorno
non ostante che S. AgoCampanella S credesse che la loro esistenza necessitasse una doppia morte di Gesù Cristo,
alla scoperta degli antipodi, stino,
secondo
Roma
che
il
accolse
esultante
Colombo, fece mal viso nicani.
Indarno
si
il
mondo
ai meravigliosi
ritrovato
mondi
dal
coper-
affaticava Galileo per dimostrare
che nulla vi era di più degno di Dio e della sua in-
1)
Apologia
sovracitata.
— 304 — finita potenza,
bontà
parte di creazione i
;
Bruno
concetti del
sapienza che tanta e
e
non era
egli
sì
egli asseriva che gli orbi celesti
(riferendosi alla luna) potevano capire esseri
movendo
«
adornino, operando e
«
modo
«
la
«
rettore, e
«
e
«
scrittori sacri affermato, cioè,
<(
zione di tutte le
La
vivendo
«
che
e forse
li
con
;
mondo
e bellezza del
suo facitore e ;
quello tanto frequentemente dagli
una perpetua occupacreature a laudare Dio ». L'Inqui-
mise sulla via falsa
si
e del
con encomi continui cantando la sua gloria
insomma facendo
scienza
e
diversissimo dal nostro veggendo e ammirando
grandezza
sizione
immensa
ascoltato. Rettificando
;
chiamò a sindacato
la
fu vinta.
;
scienza assumendo con Copernico la figura di
persona,
si
costituì
corpo autorevole, e cominciò
in
prima sommessamente, poi a voce aperta e sonora, a proclamare in forma di magistrato infallibile i suoi giudizi,
i
La
suoi oracoli.
lettera di Galileo al
padre
monsignor Dini e l'altra alla Toscana non sono che una ripetizione,
Castelli \ di cui quella a
granduchessa
di
è la più concisa, la
saggia
dichiarazione
scienza
2.
1)
La
dei
Questa lettera
della filosofìa
moderna,
più pensata e
energica, la
pii^i
diritti
uno
è e
che competono
dei più bei
alla
monumenti
racchiude nella sua brevità
lettera di Galileo al padre Benedetto Castelli è del 21 di-
cembre 1613. Quella a monsignor Dini è addi 16 febbraio 1614, ed un anno dopo (juella alla granduchessa Cristina di Lorena. è offizio de' saggi 2) « Due verità non possono mai contrariarsi :
« espositori affaticarsi per trovare
i
veri sensi de' luoghi sacri, con-
« cordanti con quella conclusione naturale, della quale prima « manifesto e
le
dimostrazioni necessarie
Lettera sovracitata.
ci
avevano
il
senso
resi certi e sicuri».
— 305 — i
principii fondamentali
Altri
ninno
potè li
tutta la
di
adombrare taluno
di questi
critica.
concetti,
ma
seppe esprimere con più chiarezza, con più
precisione, ed applicare
con più universalità, mante-
nendo però sempre inalterata discipline.
là
dottrina
La
la concordia tra tutte le
secondo Galileo, comanda
scienza,
dove essa giunge con
fin
sue dimostrazioni; ed es-
le
sendo la sua sovranità assoluta ed universale, ninno
può pretendere che anzi ad una che ad altra disciplina si pieghi, anzi ad uno che ad altro intelletto. Le stesse Sacre Scritture debbono accomodarsi alla scienza, e non la scienza alle Sacre Scritture, perchè non ogni « detto della Scrittura è legato ad obblighi cosi severi come ogni effetto della natura, essendo questa ineso((
rabile
ed immutabile e nulla curante che
condite ragioni e
modi
di
esposti alla capacità degli
le
sue re-
operare siano o non siano
uomini
^
».
Con queste parole Galileo escludeva
dalla cerchia,
in cui si esercitava la sovranità della scienza, qualsiasi
Questa separazione dei
sovranità di natura diversa. diritti
della scienza
da quelli della religione,
fondava sull'armonia che vi
per mezzo della natura, e Dio dettante, secondo linguaggio, per
mezzo
ei la
è tra Dio, manifestantesi
dello Spirito Santo.
di Galileo, educata nei severi studi delle
il
suo
La mente
matematiche,
della geometria ed in quelli della filosofìa naturale e della sana metafìsica,
vedeva
le
attinenze ed armonie
nei varii ordini di veri, ed in queste
1)
Non
c'è cultore della teologia,
sioma questi
principii
che furono
al
il
20.
—
quale non
tempo
tante censure e di tanti contrasti. Berti, Qiordano Bruno.
si
compiaceva e
ammetta come
del Galileo
argomento
as-
di
— 306 — La
posava.
limpidezza di quel
profondità e
ingegno
si fa
de' suoi
componimenti, nella
immagini
sommo
tutta palese nel suo stile, nel magistero
e delle
e
felicità
vaghezza delle
comparazioni, ne' suoi giudizii mo-
derati e pesati, nell'ordinato contesto de' suoi ragiona-
non affermazioni audaci, non negazioni spavalde od impudenti. Prevedendo quanto detrimento avrebbe arrecato, nonché alla religione, ma a tutto il complesso delle In
menti.
non^ dissonanze, non paradossi,
lui
nostre cognizioni, egli
contrasto tra la scienza e la fede,
il
adoperò con insistente studio, non
si
affermano leggermente e falsamente alcuni
dogma
dichiarasse
la
nuova
la si giudicasse erronea:
«
dottrina,
lo
non
ma
già, i,
come
perchè
si
perchè non
fo altro
che escla-
«
mare che
si
esamini
i(
ponderino
le
sue ragioni da persone cattolicissime,
<(
che
«
rienze sensate, ed
«
non si trova falso, se è vero che una proposizione non possa essere vera ed erronea - ». Il Galileo ebbe certamente notizia del Bruno dal
«
si
la
dova
si
riscontrino le sue proposizioni con le espe-
insomma che non
Keplero nelle sue lettere ^
dottrina di Copernico e
dove
egli
si
dànni se prima
e dagli stessi
amici di Pa-
inaugurò la sua pubblica
lettura
1) La strana asserzione che Galileo pretendesse che fosse dichiarato dogma il moto della terra, cominciò a pigliar radice in tempi più
vicini a noi, e fu
suo inesattissimo
Roma
non senza malizia riaffermata da mons. Marini nel Galileo e V Inquisizione, che si pubbKcò in
libro,
nel 1850.
granduchessa Cristina di Lorena.
2)
Lettera
3)
Galileo fu nei primi tempi di sua dimora in
alla
Padova ospitato
dal celebre Pinelli Gian Vincenzo, alla cui casa convenivano fessori deir Università,
i
dotti e gli stranieri illustri che colà
i
procapi-
— 307 — alquanto tempo
dopo che
Bruno aveva
il
Non
stessa città letto privatamente. di Galileo ricordato
attribuirsi alla
il
nome
è
in quella
però nelle opere
del Nolano.
tema che Galileo aveva che
Il
che è da
il
nome
nostro filosofo potesse esacerbare gli animi in rendergli più
difficile il
conseguimento del
i
del
Roma
e
fine cui egli
Ed
ancorché consentisse col Bruno intorno
alla dottrina
copernicana e intorno a molte conseguenze
mirava.
di questa dottrina, dissentiva
cazioni
al
dogma
religioso.
nondimeno
nelle appli-
L'Inquisizione non fece
tuttavia miglior viso alla lettera che Galileo scrisse al Castelli
di
quello
bruniana dei
alla dottrina
facesse
mondi innumerabili. Riconfermò quindi nella persona di Galileo la condanna di quest'ultima dottrina sotto la forma del moto della terra, abbenchè egli Y avesse con diverso intendimento propugnata e svolta. Onde si può dire che il sistema copernicano fu dapprima condannato nel Bruno, poscia nel più grande dei pensatori moderni, in Galileo.
Ma anche senza l'eresia nova dei mondi
innumerabili,
sarebbe tuttavia stata pronunciata sentenza di morte contro Giordano Bruno. Egli era presso
macchiato
di
ben
colpe che
altre
il
quale fu tuttavia strozzato ed arso, ed
il
che fu esso pure punito
Il
prima
di tutto apostata,
colla
morte.
Il
Paleario,
il
Carnesecchi,
Bruno era
avendo disertato l'Ordine nel
quale era stato consacrato sacerdote tavano.
Sant'Uffizio
il
non
Bruno non potè quindi non
essere
^ ;
relapso, per
conosciuto da questo
generoso ospite ed amico del Galileo. 1) Il
Bruno
è qualificato
della luna. Quest'opera fu 2) Il
Carena nel suo
ateo nell'opera del Lugalla sui
fenomeni
stampata con quelle del GalUeo.
libro
De
officio
sanctissimae Inquisttionis
— 808 — essere stato più volte processato senza che tuttavia si fosse ridotto a
mostrava
di ravvedersi,
condannato
al carcere
i,
e
il
relapso^ anche
fatto atto di
quando
veniva nondimeno pur sempre
perpetuo e conceduto al braccio
Accadeva talvolta che anche
secolare.
avevano
buona vita
relapsi, che
i
pentimento, fossero nondimeno
puniti con la pena capitale. Concorreva finalmente nel
Bruno
la più
grave delle colpe
nitenza, punita quasi
sempre
e
;
questa era T impefuoco.
col
L' heretico
«
«
pertinace cui non avrà ufficio alcuno di Christiana
«
pietà potuto indurre a convertirsi, dovrà
ci
mente
«
vivo abbruciarsi
al braccio secolare rilasciarsi,
Cosi
»,
il
omettendo
,
ripetere le parole del Farinacci coetaneo «
quando
rum
«
asiantes impiis
isti
le
hlasphemiis
gli
«
di
Bruno
si libere
:
loqui p)ossint,
off'endant
^ ».
impenitenti non solo spesso
Nella si ta-
parole riferite dallo Sdoppio di punirli sine
sanguinis effusione,
pena
del
periinaces vivo igne creraantur, eo-
lingua alliganda est ne
sentenza contro
cevano
sola-
anche vivo
Masini nel suo Sacro
Arsenale o Pratica del San f Ufficio
«
non
ma
del fuoco,
ma
come
faceva esplicito cenno della
si
nel seguente
modulo
«
:
Tu
dato
già in reprobo senso, ed affatto sedotto ed indurato
i(
negli errori ed eresie, eleggesti piuttosto di essere e
(c
qui dal temporale e dopo morte dal sempiterno fuoco
«
miseramente abbruciato,
«
attenendoti, ritornare al
numera quattro sorta tia; a religione. 1)
La
che,
grembo ed
di apostati
parola relapso
si
a più sano consiglio
:
a
fide ;
alla misericordia
ab ordine
;
ab obedien-
adoperava più specialmente per indicare
coloro che ricadevano nelle eresie già abiurate. 2)
Prospero Farinaccii,
De ha eresi.
—
Francfort, 1618, p. 364.
-309«
dì S.
<(
che
Madre Chiesa sperare dalla
:
laonde non havendo noi più
tua persona...
«
foro nostro ecclesiastico e
((
corte secolare
secondo
1)
il
^
».
Si
ti
ti
discacciamo dal
rilasciamo al braccio e
aveva dunque ampia materia,
Sant'Uffizio, per
condannare
Arsenale o pratica del Sanf Offizio
il
Bruno.
sovracitata.
— 310 —
CAPITOLO
XVIII.
— La narrazione da noi fatta prima della scoperta dei documenti romani è conforme a questi documenti stessi — Esposizione di questi documenti — Parere circa i Cardinali ed i Teologi che parteciparono al giudizio contro il Bruno erettosi in Roma — Distinzione di due sorta di eresie nei processi e nei libri del Bruno Conseguenze provenienti da questa distinzione Carattere teo-
SOMMARIO.
—
—
logico-scientifico del processo tenutosi in
La
Roma.
narrazione che abbiamo sin qui fatta del pro-
Bruno con l'aiuto della sola induzione sembra dopo che già avemmo notizia dei documenti romani e non assai tempo prima ^ I fatti da noi in quella
cesso del scritta
accennati, salvo le lievissime differenze procedenti da
poco o niun momento, riscontransi in
particolari di
tutto e per tutto conformi. Questo che già è chiaro per le cose dette, lo
diverrà maggiormente, pigliando ora a
guida di quanto diremo,
gli stessi
Questi documenti, benché non spazio di
un
solo
comprendano che
lo
anno, perocché cominciano dal 14
gennaio 1599 e finiscono con tuttavia a spargere
documenti romani.
l'S
nuova luce
febbraio 1600, bastano sulle pagine tristissime
dell'ultimo periodo della travagliata vita del Nolano.
1)
Fu
fatta insino dal 1868. 1
noti che nel 1873.
mio
discorso:
Eoma
1876.
— Io
Copernico
documenti romani non mi furono
ne diedi notizia e
le
al
pubblico nel 1876 nel
vicende del sistema
Copernicano,
-siiuna
li!
ebbe
ciie
lista di carcerati fatta
luogo
il
dell'Inquisizione di
quella lista cui
è
ci
sette
per servire alla visita
cinque aprile 1599 nelle prigioni
Roma,
Bruno compare primo in lui venti compagni di nome. Di questi venti compagniil
Stanno chiusi con
conservato
sono preti e
il
frati
ed
i
rimanenti
laici.
Gli uni e
gli altri
però provengono da diverse provincie italiane
e taluni
da P^rancia, da Spagna e da Grecia. Ciascun
prigioniero porta nel
documento
scritto
l'anno in cui
Di questi venti compagni, il Bruno è da sei anni, mentre gli altri carcerati, dal Rota in fuori, non contano che mesi. La prigione in cui nel 1599 lo troviamo giacente, non è forse la prima e certo non sarà l'ultima. Nei sei anni quante volte non avrà mutato la tetra stanza, quanti compagni non stettero per breve ora con lui, di quanti non conobbe la storia, le opinioni ed i dolori. Quanti non uscirono condannati alla morte od anche alla più atroce di tutte, al rogo. Da quanti nel carcere non udì discorrere del medesimo, e quante volte nelle ore pensose e di tristi reminiscenze non rammentò egli stesso il Pomponio d'Algerio, nolano esso pure, che venne nelincarcerato.
fu
quello che è rinchiuso
l'agosto del 1556 in
Roma
^
arso vivo
giovane
nella
età di cinque lustri.
Componevano giudicò
il
la congregazione dell'Inquisizione, che
Bruno, sette cardinali ed otto
qui ricordare brevemente
i
Giova
teologi.
primi e quelli fra
i
secondi
che ebbero più larga parte nel giudizio di cui discorriamo.
1)
2)
Documenti romani. Lettera 2'^. Varia. Documento B. Morte di Pomponio
di Algerio.
20*
- 312 Clemente YIII che stesso in cui e
il
sul trono pontifìcio
sali
Bruno entrò
Tanno
nel carcere (1593) di Venezia
mori nell'anno 1605, cioè cinque anni dopo il Bruno, alle adunanze della
Clemente intervenne quasi sempre
Congregazione, come ne fanno fede
i documenti. Noi ampio giudizio e quindi non vi torniamo sopra. Nelle adunanze della Congregazione deirinquisizione, oltre il Pontefice, erano quasi sempre presenti gii infrascritti otto Cardinali, dei quali diamo qui il nome, togliendolo appunto dai documenti romani: Santorio Giulio AnCardinale Mandruzzi Lodovico Deza Pietro Pinelli tonio cardinale di Sansevérina Sfondrati Paolo Domenico Bernerio Girolamo Borghese Camillo Emilio e Arrigoni Pompeo. I teologi che assistevano come consultori erano quasi Ippolito Maria sempre i seguenti Anselmo Dandini
abbiamo già dato
di lui
— —
—
—
—
—
—
—
:
Beccaria
—
Roberto Bellarmino Monterensi.
come notaio
—
Pietro Millini
—
^
—
Alberto Fragagliolo
Marcello Filonardo
—
—
Giulio
Yi intervenne pure Flaminio Adriani
dell'Inquisizione.
Camillo Borghese, che fu poi papa col nome di Paolo V,
aveva certa energia ed
autorità,
grande intolleranza, come
lo
ma
poca prudenza e
dimostrò di poi la contesa
contro Venezia e la sua lotta contro Giacomo I d'Inghilterra.
La sua avversione
per
fu scelto a formare parte di
gli eretici
era così nota, che
una Commissione
incaricata
di procurare la conversione di quelli che accorrevano
1)
Eoberto Bellarmino, mentre attendeva
fu promosso al Cardinalato. Quindi
il
suo
al
nome
processo del Bruno, figura nelle ultime
tornate della Congregazione tra quelli dei Cardinali e non tra quelli dei teologi consultori del S. Uffizio.
- 313 in
Roma
l'anno
nel Giubileo ciie celebravasi appunto in quel-
La
1.
entrata del Borghese nella
accadeva cinque o
sei
mesi dopo che
Commissione
egli già
aveva dato
voto favorevole per la condanna al rogo del Bruno.
Pare che egli spiegasse in questa Commissione cosi grande zelo, che nel solo mese di luglio abiurarono ben cinquanta eretici. Dal che raccogliesi che il Borghese non doveva essere tra quelli che potessero inclinare a mitezza verso Il
il
Nolano.
cardinale Lodovico Mandruzzi,
compagno
al
Bor-
ghese nella Congregazione, era di lui più temperato e più prudente.
Roma non
si
Chè
lasciò
in
Germania dove
portare
fu spedito
da
È da
a trasmodamenti.
notare però che di poco giovamento poteva essere al
Bruno, perocché professava dottrine ed opinioni che
non
consentivano di comprendere come la libertà
gli
umana. Accenniamo di pasBruno sentì forse come per eco nella capitale della Boemia risuonare il nome del Mandruzzi il
fosse diritto della persona
sata che
il
gnai-e l'imperatore
Rodolfo alla dieta d'Augusta.
Santorio Giulio Antonio cardinale di di cui già
gegno
,
Sanseverina,
abbiamo sopra parlato, eccelleva per
per la dottrina
Ma
zioni sociali.
,
per l'autorità e per
le
l'in-
cogni-
era più del Borghese e più di tutti
che componevano la Congregazione terribilmente contrario agli eretici. Poco incline ai consigli di prudenza ed ai sentimenti di compassione, corse più volte per questa sua animosità pericolo di vita. Fin gli altri
dal processo veneto egli già chiese che gli fosse con-
1)
Iritendesi
Fanno del 1600
fatale per
il
Bruno.
— 814 — segnato l'ebbe
suo
il
Bruno. Si può dire che esso come prima,
nelle
mani, più non l'abbandonò
per tutto
Roma
il
al rogo. Il
ribile a tutti.
e fu giudico
tempo che corse dalla prigionia di nome del Sanseverina suonava ter-
Queste tetre tradizioni basterebbero solo
a farci conoscere l'atteggiamento che egli assunse verso
Bruno
il
^
Sfondrati Paolo, nipote di Gregorio lo
ricolmò di cariche, aveva
di
un
e
santo. Maceravasi
frequentava
sacco.
le
il
chiese
quale
il
mistiche
corpo con astinenze e vigilie di
Di poca indipendenza
telletto,
XIV,
inclinazioni
le
Roma e di
vestito di ruvida
poca vigoria di in-
era impenetrabile a qualunque idea che per
essere accettata avesse richiesto
un lavoro raziocinativo
mentale.
Non meno
ristretto e rigido era giudicato
tutto esaltazione per
il
Deza,,
il
culto di Maria. In lui
il
Bruno
dovette incontrare uno dei suoi più acerrimi nemici,
come quegli che per ninna ragione pativa che
il
culto-
delia Vergine potesse soffrire detrimento. I cardinali
Bernerio
e Arrigoni,
non
si
distinguono i
mentovati
ve ne fosse qualcuno che mostrasse novità
di pensieri
per note speciali, ed ignoriamo se tra tutti
0 inclinazione per quelle dottrine scientifiche che già
cominciavano ad apparire sull'orizzonte.
Passando dai cardinali cui
nome più risuona
polito
1) Il
De
Maria Beccaria
ai teologi,
i
due uomini
nel processo, sono e
il
il
padre Ip-
Roberto Bellarmino.
Sanseverina fu autore di molte opere; citeremo qui quella
moribus haereticorum e l'altra tificum super Franciae regnum.
De
potestate
romanorum Pon-
— 315 — Francesco Ippolito Beccaria dell'
Mondovì, generale
di
Ordine dei Domenicani e commissario generale
Bruno per
dell'Inquisizione, ebbe molti colloquii col
incarico della Congregazione. Esso, forse per singolare
coincidenza,
l'aveva conosciuto in Venezia nel 1592
dove era intervenuto
Domenicani
al capitolo dei frati
che tenevasi in quei giorni.
Di questo Monregalese non ci sono note le opinioni sebbene abbiamo a stampa due libri suoi, che noi non potemmo rinvenire nelle nostre biblioteche di Roma. Essi dal titolo hanno l'aria di appartenere alle dottrine aristoteliche di quel tempo K II e le inclinazioni,
Beccaria però Pontefice
Bruno
i
abiurare. tivi
fallì
suoi
Ma
più volte negli incarichi avuti dal
Congregazione
e ^.dalla
errori se
i
di
e
fatti ci
di
far conoscere al
indurlo ad emendarsi ed
dimostrano che
i
suoi tenta-
ci pare però che non si sia comBruno con malevolenza. Ma aristotelico
andarono vani,
portato contro
il
e forse intieramente
avverso alla dottrina copernicana
ed esagerato teologo, non potè mostrare verchia arrendevolezza.
Nolano sonon che non sapecol
I teologi e gli aristotelici
avevano presa sul Bruno come quelli vano intendere con larghezza le dottrine
di lui e quelle
degli altri. Il
teologo che su tutti primeggiò, e quello al quale
cardinali e teologi e persino
il
Papa
s'inchinavano, è
Roberto Bellarmino. Egli aveva credito di persona fallibile,
conosceva altamente la teologia
rava nessuno degli spedienti dei teologi. singolarissimo tenne in
1)
Roma
In odo Ubros physicoriim
in-
non ignoQuest'uomo
e
lo scettro della teologia
et in tres
de anima.
— 316 — per tutto
tempo che
il
come con
visse,
tutta chiarezza
ed amplitudine notammo nel nostro discorso che ha per
titolo
Copernico ed il sistema Cojjernicano nel possiamo però non osservare che il
XVI Non
secolo
.
nome
compare nel processo del Bruno Galileo, cioè nei due più grandi pro-
del Bellarmino
e in quello del cessi che
XVI
siano stati eretti contro la scienza nel se-
XVII. Il Bellaruna specie di dittatura. Clemente Vili dipende da lui, come da lui pur dipende Urbano Vili. L'eresia che piglia nome dal Copernico è quasi per intero un parto del giudizio del colo
mino
e nel principio
del
teologo di Montepulciano.
Bruno
nel
pure
dovuta
È
è
Il
rogo che
non
innalza al
la proibizione contro Galileo, nel 1615.
più che mai degno di nota che
compreso
si
teologo; ad esso
1600 è dovuto a questo
quale ebbe a fronte
e
secolo
esercita nell'uno e nell'altro
Bruno
il
il
Bellarmino,
non
e Galileo,
il
sia stato
di riverenza dall'ingegno dell'uno e dell'altro
vi sia
una parola
ne' suoi libri
che rammenti
l'altezza di entrambi. I teologi consultori
non
si
levavano certo
del padre Beccaria e del Bellarmino.
Non
ve
al di
sopra
n'è alcuno
che siasi acquistata rinomanza speciale in alcune parti dello scibile e nella stessa teologia
Essi forse ebbero e filosofici col
tutti o
Bruno.
I
da loro professata.
quasi tutti colloqui! teologici
due però che più volte vennero il padre Beccaria
a ragionamento con lui furono certo ed
il
padre Bellarmino. Noi presumiamo che la sen-
tenza di condanna sia opera del teologo di Montepulciano coadiuvato dal padre Beccaria.
Premesse le mentovate notizie circa i giudici, veniamo alla storia delle deliberazioni della Congrega-
- 317 zione, prese nelle
adunanze che sono indicate nei nostri
documenti.
Addì 14 gennaio 1599 si aduna la Congregazione Vi sono davanti ad essa otto propo-
dell'Inquisizione.
sizioni eretiche raccolte per opera del padre Bellarmino e del padre commissario, dai libri e dal processo del
Bruno. Esse vengono
ed
lette
che se ne desse
ordinò
il
papa dopo
comunicazione
la lettura
Bruno
al
se
voleva abiurarle come eretiche.
Non è
vi è la risposta del
ma
monco,
Bruno perchè
dell'abiura fu ripetuta in tutte le Il
che implicava che
Giova
il
di passagio ricordare che
merose eresie
si
ritrovano nel processo e nei
seconda tornata, che
1599 ed alla presenza
degli il
e la
teologi consultori,
i
avvertono che altre e nu-
stessi teologi, si legge
Bruno,
domanda
adunanze successive.
rifiuto fosse stato costante.
oltre le otto proposizioni, ci
Ad una
documento
il
essa fu certo negativa perchè la
si
tiene
cardinali e degli
stessi
processo formato contro
Congregazione diligentemente
mente considerata ogni
libri.
4 febbraio
il
cosa, e uditi
i
il
maturata-
e
voti dati a voce
e per iscritto dei padri teologi, delibera.
Questo decreto
È
di deliberazione è
pure desso monco.
importante perchè da esso (anche monco come
noi apprendiamo che addi 4 febbraio 1599 era tutto formato, o con più esattezza che nel principio di febbraio del 1599 era finito.
che dal contesto delle parole era lìnito da poco tempo.
A
si inferisca
processo
il
processo
Pare anche
eziandio che
questo decreto ne va con-
giunto un altro che non è compiuto esso pure, a
Santo Padre
del quale
il
Bruno
proposizioni
le
è)
il
ordina che
eretiche
,
si
norma
intimino al
lo si esorti
ad abiu-
— 318 — rarle, dandogli, se l'abiura è accettata,
quaranta giorni
di tempo.
i
Dopo questa
tornata del 4 febbraio 1599
verbali delle
tornate della Congregazione dei mesi
di
marzo,
di aprile
i
di
maggio, di giugno,
di agosto, di settembre, di ottobre, di
che
si sia
passato negli accennati mesi non sappiamo.
coir idea
avrebbe abiurato. ponio Algerio
2
formata contro qui
si
di luglio,
novembre. Quello
Forse saranno state date nuove proroghe
sempre
mancano
ci
che
egli
Due proroghe
di 70 giorni
furono date
Funa quando
lui la sentenza. I
concedono
E
al
al
Bruno
sarebbe ravveduto
si
al
ed
Pom-
già era stata
quaranta giorni che
Bruno sono dessi conceduti per ciò è, come mai potè avvenire che
la
prima volta?
si
aspettassero sei anni per fare questa concessione?
E
se concessioni identiche e frequenti
se
accordate prima, come mai
si
tenne
il
per tanto tempo senza sperimentare
non fossero state Bruno in carcere le
sue intenzioni
con la domanda dell'abiura?
Queste domande potrebbero dar luogo noi escludemmo da principio
porre che .Totto, e
il
,
che
all'ipotesi
che
consiste nel sup-
processo sia stato per lungo tempo inter-
che perciò l'abiura non sia stata messa avanti
che nei mesi del 1598 e 1599 ai quali hanno
i
nostri
documenti riferimento. Addì 21 dicembre (sempre nell'anno 1599) il Bruno che in questa adunanza è dalla Congregazione della
c'è il documento che si riferisce alla lista dei carcerati. Di Blasus, la monografìa già citata: Pomponio de Algerio Nolano arso in Boma per condanna del S. Offitio
1)
2)
In aprile Confr.
nel 1556, Napoli, 1888.
— 319 — Inquisizione
maestro di Sacra teologia, è
appellato
fatto uscire dal carcere e condotto nell'Aula della
gregazione
al cospetto dei Cardinali,
ed interrogano intorno
i
sue necessità e meriti
alle
Con-
quali lo visitano {sic).
Rimosso indi dall'aula, i Cardinali che erano presenti alla adunanza della Congregazione, commettono al padre Ippolito Beccaria generale dell' ordine de' Do,
Paolo Vicario, di trattenersi
menicani, ed al padre
con
lui, e di fargli
vedere
storico,
il
minuta
di
proposizioni incriminate,
emendi
si
disponga
In questa tornata che è di grande
momento
affinchè conosca gli all'abiura.
le
Bruno
errori,
profferì,
si
come
e
leggesi nell' abbozzo o
Flaminio Adriani notaio
dell'
Inquisizione,
quelle parole che dimostrano quanta forza vi fosse nel
suo animo inasprito dai lunghi patimenti lotta,
per serbare fede a se stesso:
e dalla
Non
«
lunga
debbo, nè
non ho materia per ciò, e non perchè debba ravvedermi ». Queste parole rispondono sostanzialmente a ciuelle, che lo Sdoppio gli mette in bocca quando già era al cospetto del rogo. voglio ravvedermi,
so
La
risposta cosi recisa
,
e diciamolo
romani lunque nuova interrogazione. Vi serbataci
nei documenti
sione di tanto e
si
,
anche così
fiera,
fuori
qua-
tagliò
è in
essa la espres-
individuo animo, che nulla più
l'eguaglia. I Cardinali intervenuti alla
adunanza con-
sentirono tuttavia ancora, forse senza speranza alcuna,
Commissario facesse vedere al Bruno la sua sua falsa dottrma. In questa tornata del 21 dicembre si parla di cardinali che visitarono carceche
il
cecità e la
i
rati infrascritti, senza che al documento vada unita la lista dei prigionieri visitati.
Dal 21 dicembre 1599 saltiamo all'anno
fatale del 1600.
— 320 — Siamo ai venti di gennaio. La Congregazione si raduna nuovo in questo giorno. Il padre Ippolito Maria,
di
generale dell'Ordine
dei predicatori, ed il R. padre Paolo Vicario dello stesso ordine, riferiscono che Giordano Bruno al quale fu chiesto di abiurare le
frate
,
proposizioni
nunquam
ricusò
,
di
acconsentire
propositiones
,
affermando se
hcereticas protulisse
sed
male exceptas a ministris sancti officii. Contemporaneamente al rifiuto indirizzò un suo memoriale al Papa che fu aperto e non letto, e nel quale egli adduce va forse le ragioni di quella sua asserzione.
La mancanza ratamente
di questo
memoriale
ben comprendere
di
Bruno attribuiva
ci
vieta sventu-
significato
il
che
il
alle proposizioni eretiche di cui ve-
niva imputato. In questo stesso giorno, 20 gennaio 1600, il
Papa deposta
la
speranza che
Bruno
il
si
potesse
piegare all'abiura, decretò che fosse data la sentenza e
consegnato alla curia secolare.
E
così fu.
Nel
dì 8
medesima letta nell'adunanza della Sacra Congregazione. Il Bruno era dichiarato apostata
febbraio venne la
dell'Ordine de' predicatori, eretico impenitente e perti-
Lo si dava alla curia secolare ed al governatore Roma, che era presente alla tornata. Con quest'ul-
nace. di
che ha suo esplicamento e compimento
timo decreto
nella sentenza, si chiude la terribile serie dei giudizi
contro
il
Prima
Bruno.
è degradato.
est
1)
TiNi,
'
che fosse consegnato alla curia secolare egli «
Degradandus
est
tradendus curiae saeculari
i
oninis clericus, qui ».
Leggiamo
di fatto
Praxis iudiciaria inquisitorum F. Umberti Locati Placenex Venetiis apud
Damianum Zenarium
1583.
— 321 — nel Registro
dell'
entrata ed uscita
depositeria
della
generale pontificia (amministrata dal signor Giuseppe Giustiniani
pagò fra
al
Cipriano
aprile 1599 al 3 luglio 1600) che si
de' Cruciferi
eretico, scudi I
1°
dal
vescovo di Sidonia, per la degradazione di e
di
fra
Giordano Brano
due di oro per ciascuno ^
documenti romani che noi abbiamo, come
si è detto,
pubblicato insino dal 1873, ben esaminati, possono porgerci
il
modo
di
comprendere quello che
si
passò tra
il
Bruno ed i gioni di Roma. Un processo per eresia che durò per più di sette anni è certo un processo non ordinario. E ci pare che tale non possa essere e che i documenti stessi
teologi e cardinali dell'Inquisizione nelle pri-
debbano lasciarcene vedere via di scoprirla. Sant'Uffizio
i
Il
la ragione o metterci sulla
Bruno ebbe
soliti colloquii
eresie comuni, o
non corsero
egli
che hanno tra lui e
coi teologi del gli
imputati di
quelli conver-
sazioni 0 conferenze che uscissero fuori dalle eresie
comuni f
E
difficile
zione.
E
rispondere a priori a questa interroga-
noi non
ci
proveremo. Chè
niamo nel ragionare innanzi
care
ipotesi,
del se
il metodo che teBruno non ci consente di i-equeste non abbiano la loro
ragione in qualche fatto ben accertato.
Osserviamo però che la durata eccezionale del propuò essere derivata da tre cause. O fu incominciato appena il Bruno nel 1593 fu tratto in Roma e cesso
poi interrotto, o non cominciò subito
ma
con lungo
ritardo, 0 incominciò subito e si tirò avanti senza in-
terromperlo, pigliando
1)
i
teologi ad esaminare a lunghi
Notizia tratta dal Registro della depositeria generale, carte 69. 21.
—
Berti, Giordano Bruno.
— 322con ampie discussioni
intervalli e
eresie bruniane
le
che erano moltissime e di svariatissima natura. Ci alle
si
consenta di mettere da parte la ricerca intorno
due prime cause per
appoggiate a
fatti, e di
le quali
non abbiamo prove
soffermarci sulla terza che ha
secondo noi fondamento ne' documenti. Otto sono il
le
proposizioni eretiche con cui terminò
processo del Bruno. Queste proposizioni eretiche
raccolsero
suoi
dai
contro di lui
libri
si
e dai costituti dei processi
eretti.
Oltre queste otto proposizioni eretiche la suprema
Inquisizione aveva indicato che ancora molte altre se
ne contenevano. In
tutti
ì
verbali
eretiche apposte al processi.
Da ciò
dai libri
si
dell'Inquisizione
proposizioni
le
Bruno hanno per origine
è facile rilevare
i
libri
distinguono da quelle dei processi. Nei
non v'ha parola contro verginità di Maria,
od
i
che l'eresie provenienti libri
la transubstanziazione, contro la
ecc.,
perciò queste eresie
hanno loro hanno le
origine nei processi.
Per contro nei
affermazioni circa
sistema copernicano, circa l'iden-
tità del
male
esseri, circa la
il
e del bene, circa le
libri vi
trasformazioni degli
trasmigrazione delle anime e va dicendo.
Queste seconde proposizioni formano un gruppo speciale di eresìe più o
quali
si
meno
alcune delle
scientifiche e
potevano chiamare eresie nuove.
discussione del
Bruno
coi teologi, dovette
versare su queste eresie nuove.
E
Dunque
ben
la
di spesso
dovette essere ezian-
medesime che ei si mostrava più restio alPer poco che si conosca il carattere del Bruno nei suoi libri e nella sua vita, si può quasi affermare con sicurezza che egli non avrebbe disdetto mai la dotdio sulle l'abiura.
— 323-trina copernicana e
non mai avrebbe affermato
l'intimo di se e nella sua coscienza che lo
nel-
spazio ed
tempo non fossero infiniti e che il principio deh mondi non fosse uno. La abiura delle
il
l'universo et tesi
fondamentali che
si
navagii più dura e più tesi
che procedevano
trovavano nei suoi difficile
libri tor-
assai dell'abiura delle
mentovati dogmi. Questa
dai
Nel
verità è confermata dal seguente documento.
4 febbraio 1599 al
i
il
Papa con un suo
padre Bellarmino ed
la difficoltà che l'abiura
che
si
padre commissario (vista
al
incontrava presso
Bruno)
il
contentassero di intimargli quelle proposizioni
eretiche che
ma
dì
decreto ordinò
quelle
non erano
che
tali
tali
erano
dichiarate solo' al presente
^
dichiarate da antichissimi
padri, dalla Chiesa e dalla Sede apostolica. Questa di-
stinzione registrata nel verbale dell'Inquisizione è
un
lampo
La
di luce che irradia
distinzione che fa qui
Bellarmino ed
al
il
il
processo del Bruno.
Papa
nell'incarico
padre Beccaria,
ci è
prova
che dà al e
non
solo
indizio che erano soggetto di discussione le eresie an-
denominate nuove o più recenti. Che il Bruno mostrava più tenacia nell'abbandoimre le eresie nuove che non le antiche. Che infine queste eresie nuove che uscivano dai libri del Bruno non potevano
tiche e quelle
essere che le eresie che
6
tali
il
Bellarmino chiamava
pure venivano appellate dai teologi come
della terra, la
pluralità
dei
mondi
o la
il
tali,
moto
identità del
finito e dell'infinito.
Nella lettera dello Sdoppio la distinzione fra
1)
Vedi Documenti romani. Lettera
2)
Cioè che erano state dichiarate
le eresie
1^.
tali
solo
da poco tempo.
— 324 — che noi chiamiamo ora nuove e recenti, e quelle an-
Tra
tiche, è netta e chiara.
le
prime vi era
stanziazione, la verginità di Maria,
oltre parecchie altre, quella or'renda et
la transub-
tra le seconde
ecc.,
assurdissima^
mondi innumerevoli e dell'anima corpo e di mondo in mondo.
egli dice, dei di corpo in
Queste due sorta di eresie recente
grandemente mino.
Non
specialmente quella
e
sistema copei-nicano
del
i
doveva interessare
specialmente l'abate Bellar-
teologi e
sarebbe presumere troppo
ne conosciamo la
il
dire
ora che
doveva intrattenersi
che egli
vita,
che va
assai più del solito e con più interesse
del solito col
nuove scientifiche. Le discussioni circa questo punto hanno dovuto essere lunghe e ripetute. Le molte cognizioni del Bruno su questo
Bruno intorno
tema dovettero logo di
alle dottrine
eccitare
il
Montepulciano.
I
più vivo interesse nel teomolti
che questi
colloquii
ebbe col frate da Nola sull'argomento indicato furono
È
forse più volte interrotti e più volte ripresi.
che
si
Bellarmino intorno forse in questi
era e pieno di
Bellarmino
al
sistema copernicano.
colloquii che
marsi
mente il
Anzi è
Bruno, schietto come
il
imaginazione, andava dimostrando al
le infinite
conseguenze che potevano deri-
vare da quel sistema. Forse nella
in essi
deve cercare l'origine di molte cognizioni del
è
da questo tempo che
del Bellarmino cominciò a sorgere e for-
concetto dell'eresia
nuova su
di cui lo stesso
Clemente Vili non avrebbe voluto che venisse chiesta l'abiura a Giordano Bruno.
Dal che
si
raccoglie che
anzi è a questa conforme,
non il
è
alieno
supporre che
dare pi'oroghe sopra proroghe
al
dalla verità,, si
potessero
Bruno perchè abiu-
— 325 — rasse e che le
non potendo
medesime non ottenessero effetto alcuno, Bruno specialmente adattarsi a con-
il
traddirà la dottrina copernicana.
A
noi pare eziandio
che forse anche nel suo memoriale egli pensasse a giustificarsi più delle eresie
nuove che non delle antiche non aveva prof-
e che potesse con verità dire che egli
ma
gli fossero
apposte
più che altro dalla mala volontà dei ministri
dell'In-
ferite eresie,
che queste eresie
quisizione.
È
infine
da notare che secondo
nel suo processo
si
accusa. Di questi biografi.
e il
non
E
i
documenti romani
recarono innanzi
atti di
accusa non
taluni atti di si
occuparono
i
sebbene non siano nominati nella sentenza
influirono in essa, quali poterono essere? Forse
calvinismo professato in Ginevra, forse
€on Enrico IV, quando minacciava la Chiesa,
forse
l'aver
vero) chi lo denunziò in
nulla sappiamo.
gettato in
Roma. Di
le relazioni
di rivoltarsi contro
Tevere
(se
pure è
tutte queste accuse
.
- 326 -
CAPITOLO XIX. — Lettura della sentenza — Parole del Bruno — Esecuzione — Testimonianza che ne fanno gli Avvisi di Roma — Unità della vita del Bruno — Campanella — Difetto fondamentale della filosofìa del Bruno — Dal Bruno a Kant— Filosofìa italiana — Rosmini — Gioberti — Il velo della sfìnge,
SOMMARIO. della
La
medesima
sentenza fu profferita nel palazzo del
Supremo
Inquisitore alla presenza dei cardinali del S. Uffizio, dei teologi
magistrato
consultori, del
governatore della
città.
Bruno
Il
pacato e meditabondo e senza dar
commovimento. Solo quando voltò
al
secolare e del
l'ascoltò
con Yolto
segno di interno
la lettura fu
terminata
si
consesso che l'aveva condannato a morte e
proferì con
accento
minaccevole
sicuro e con piglio
quelle parole scultorie che cotanto ancoraci
benché ripetute a 300 anni di distanza,
commovono, quali
e dalle
Maggior timore provate voi nel pronunciar la sentenza contro di me che non ». Tra la consegna al magistrato seio nel riceverla
traspare viva la sua effigie
:
«
^
1)
In un manoscritto del capitano Mancini, posseduto dal profes-
sore Pierantoni, leg-gonsi riferite a
un
dipresso le stesse parole del
conte di Ventimiglia, che fu discepolo del Bruno e che fu presente all'abbruciamento.
Aggiunge
il
conte di Ventimiglia che
gridò ai Giudici: « Voi mi sentenziate più paurosi che
Bruna
il
io,
che
mi
sento condannato .... » e prima di morire raccomandò al conte di
Ventimigha «
di
seguire
« giudizi e gli errori ».
le
sue gloriose pedate e di fuggire
i
pre-
— 327 — colare e la esecuzione della sentenza si lasciavano
giorni d'intervallo, talvolta tro,
ma
due
meno, talvolta anche quateccezione non si an-
in generale e per sola
dava che a otto. Se in questo intervallo il' condannato a morte pentivasi, altra fiata gli si commutava la pena nel carcere perpetuo ed altra fiata non gli si commutava che il genere di supplizio. Quando il condannato era già stato tradotto nel carcere dello Stato
non
si
poteva più vedere o visitare, epperciò lasciavasi intiera-
mente a se stesso. Al Bruno furono concessi non solo otto ma nove giorni nel carcere secolare. Pare che questi passassero senza che il suo animo si fosse in alcuna parte mutato 0 volesse mutarsi. La certezza e la prossimità della morte non lo spaventavano, e non lo spaventava del pari la tremenda immagine del rogo. Egli sentiva oramai profondo disgusto per un mondo troppo diverso da quello che gli occupava la mente ed al quale aspirava. Oramai vedeva nella morte il fine di tanti contrasti e di tanti e si dolorosi travagli. Più volte aveva seco stesso ragionato della probabilità che ei dovesse
quella incontrare per
le
sue opinioni, e più volte aveva
detto a sè stesso che bisognava aspettarla ed affrontarla
Quando mi troverò
impavido..
nelle difficoltà e nei peri-
un giorno in Londra), tuo vivace fervore, non mancar so-
tu, 0 animo^sità (profferì
coli «
con la voce del
«
vento di intonarmi a l'orecchio quella sentenza: Tu ne
1)
malis, sed cantra aiidentior
cecie
Nella prefazione
elle egli
« stimo
amò sempre
al
ito!.... »^
librone V infinito, universo
la verità «
et
mondi
dica
per che ogni riputazio]ie et vittoria
nemica a Dio, vilissima et senza punto d'onore, dove non
« è la verità
:
ma
per
amor de
« contemplatione m'affatico,
la
mi
vera sapienza et studio de la vera cruccio et
mi tormento
».
,
— B28 — Siamo
/ ultimo dei nove giorni
al diciassette febbraio,
Roma non meno
assegnatigli: sono presenti in
quanta cardinali,
di cin-
e le sue vie, per cagione del Giabileo,
sono gremite di popolo. Ovunque appariscono lunghe e fìtte schiere di
pellegrini
varie e strane foggio
in
che vanno di chiesa in chiesa imploi'ando per-
vestiti,
dono dei loro
peccati.
Procedono a loro frammisti prin-
personaggi eminentissimi e viene dietro non di
cipi e
rado, esultante nel cuore, cessioni,
si
il
Si fanno pro-
pontefice.
intuonano laudi,
elevano preghiere a
si
Dio ^ Mentre sembrerebbe che
tutti
cuori dovessero
i
inclinare a misericordia e tutti congiungersi amorevoli
nel Redentore pacifico delFumanità,
da Nola, preceduto
da
e seguito
compagnato da sacerdoti
col
scortato da soldati in armi,
move
il
povero
folla di
crocefisso fra le mani,
legato verso
di Fiora, presso l'antico teatro fabbricato da
dopo
la
guerra con Mitridate, dove sta per
rata un'antenna o palo circuito da legna.
quivi giunge, lo si
dà fuoco
si
prende
alla catasta.
e lo
1)
il
campo
Pompeo
lui
prepa-
Appena
egli
lega all'antenna e
un momento senza neanco mandare
tutt'intorno le fiamme, ed egli
uno
si
Divampano
in
di quei gemiti e di que' sospiri che
fragile carne, rende l'anima a
filosofo
popolo ed ac-
ricordano la
Dio avvolto
nelle tetre
Eoma, delVanno 1600 narra che nel mese Gesuiti istituirono le quarant'ore e che Clemente Vili
Il celebre
cardinale Agostino Yalliero, che allora era in
nella sua Storia del Giuhileo
di febbraio
i
celebrò messa nella loro chiesa assistito dai cardinali Baronio e Bel-
larmino.
—
Giovanni
Stringa,
ascendere a tre milioni
il
in occasione di questo giubileo.
nezia 1730, pag. 686.
nella
numero
Vita
di Clemente Vili, fa
delle persone
—
V.
le
convenute in
Eoma
Vite de' Fontefìci. Ve-
— 329 — spire
1.
Le sue
ceneri andarono poscia disperse al vento
perchè nulla restasse di più che mai I libri di
avvisi e di ritorni che facevano allora
sarcastico la morte del povero frate di Nola. «
Campo
fu abbrugiato vivo in
Domenico
le
annunziano con tuono che ha del
giornali
veci dei
Feroce giudizio cui oggidì
lui.
ribella la pubblica coscienza!
si
«
Giovedì
di Fiore quel frate di
di Nola, heretico pertinace,
«
S.
«
gua
«
senza voler ascoltare nè confortatoi'i nè
in giova, per le bruttissime
con la
lin-
parole che diceva,
Era
altri.
<(
stato dodici anni prigione al S. Uffizio, dal quale fu
«
un'altra volta liberato
In un altro avviso di
Roma
addi 19 febbraio era detto con linguaggio non
meno
truce del primo.
^ ».
Giovedì mattina in
«
((
fu abbrugiato vivo quello
«
chino da Nola, di che
mato
1)
che il
frate
domeni-
scellerato
scrisse con le passate: he-
dogmi contro Santa Fede
diversi
Gerolamo Huss ed
€lie loro
di Fiore
obstinatissimo et havendo di suo capriccio for-
« retico «
si
Campo
strappò
gli uscisse di
il
Serveto non poterono trattenere
dolore. Il
il
et in par-
Bruno vinse
bocca un sospiro.
La
la natura,
e
già più volte
a
citato.
lui
—
pubblicati
Sotto
il
gTÌdo
stessa forza mostrò nel rogo
suo contemporaneo Pomponio Algerie come ne fanno fede
documenti intorno
il
morì senza
dal
suo storico
il
De
i
nuovi
Blasiis
non
regno di Clemente benché
Atti di fede per motivo di eresia, si bruciò tuttavia vivo uno scozzese perchè aveva insultato al Sacramento dando col
siansi eseguiti
pugno nel tabernacolo dove si custodiva. Vi furono alcuni scrittori (Hayra e Quadrio
fra
gli altri)
i
quali
affermarono che fu abbruciata la sola effigie del Bruno. Quest'asserzione è contradetta dagli antichi e nuovi argomenti da noi addotti. 2) Il giornalista
qui erra perocché la prigionia del Bruno non
trepassò gli otto anni.
La
all'imputato e spesso così
pedire che
il
medesimo
ol-
lingua in giova o legata, cresceva la pena si
faceva,
parlasse.
come
dice
il
Farinacci^, per
im-
— 330 — contro
Santissima Vergine
«
ticolare
«
volse obstinatamente morire in qnelli lo scelerato
«
et
la
et
i
Santi
,
;
diceva che moriva martire et volentieri et che se
«
ne sarebbe la sua anima ascesa con quel fumo
«
paradiso
«
verità
Era
^
il
;
ma
ora egli
^
in
ne avede se diceva la
se
».
Bruno
piccolo di statui'a e svelto di persona,
esile di corpo, faccia
scarna e pallida, fisionomia me-
sguardo vivo e melanconico ^ capelli e barba nero ed il castagno; pai'ola pronta, rapida, im-
ditativa,
tra
il
maginosa, accompagnata da gesti vivaci
bane
e gentili. Socievole,
conversare,
come
pieghevolezza
amabile del
Italiani
gli
ai gusti, agli
usi,
•Aperto e franco con gli amici
e.
;
maniere ur-
giocondo nel suo
e
mezzodì; di
alle
facile
abitudini altrui.
nemici, e quanto pronto
alla collera tanto alieno dal rancore e dalla vendetta.
Questo
ritratto che è
da noi formato sopra
i
contras-
vengono dati dal processo veneto, non risponde pienamente a quello che ci venne conservato dal Wirtmann e che torna di ornamento all'edizione segni che
ci
di Lipsia. Nella fisionomia della bella statua che splen-
derà sul monumento, Ettore Ferrari tradusse molta parte dei lineamenti bruniani raccolti dal processo veneto. Certo, quella del
Bruno
1) Nell'A demollo si legge assisa
2)
è
una
delle
fisionomie
con quel premio.
Pare morisse sotto quella casa che
fa
cantonata in
Fiori col vicolo dei Balestrari sulla di cui facciata
si
Campo
lapide con versi latini posti nel 1483 dai curatori delle strade G.
6 L. Morgani come memorie per 3)
Noi crediamo che questo
la via
delle
Opere
italiane.
B
Florea in lode di Sisto IV.
ritratto cavato dai
risponda al vero che non quello con cui
dei
vede una grande
il
documenti meglio
Wagner
ornò
la
ristampa
- 331 più rispondenti
al
grado della sua intellettualità e della
sua forza morale. Gli uomini grandi
si
distinguono dai volgari in quanta
quelli obbediscono alla coscienza
e
sanno sopportare
le afflizioni, lo spregio, le contrarietà,
abbandonano
vigliacchi
E
volta loro, le spalle.
il il
laddove questi
campo non appena la sorte Bruno seppe pigliare ben di
spesso
nuova lena da quello che sarebbe
altri di
impedimento, più pensando ad imprimere
un
terra
i
piaceri.
Le sue
sulla,
non a usu-
vestigio durevole e glorioso che
fruttuarne
stato agli
azioni considerate nel loro
complesso rendono immagine di una forza unica che
va svolgendo senza interruzione insino
si
Il
Bruno
anticipò
il
giudizio di
sè.
E
al
rogo^
questo è indizia
di saldissima fede nelle sue dottrine e di sincerità nei
non vuoisi confondere con
suoi convincimenti. Quindi
quegli ingegni varii, instabili, che tutto ricevono dal di fuori, e
che operano più per impulso di fantasia che per
forza di ragione. In lui la signoria del pensiero è co-
sua vita
stante, e la
è in
armonia
benché qualche volta precipiti in
col pensiero stessa
falli,
vinto da impe-
tuosi affetti. Insino dall'adolescenza spiegò quell'energia
non
di volere che
cui sono evidente
gli
documento
sue letture assidue, tazioni. giati,
Usò
il
le
del
gli
far niente, che spesso
uomini si
privile-
le loro forze.
applica quasi
L'unità di vita nel Bruno non fu sempre bene avvertita dai eccettuarne
Brukero. Quindi è assai inesatto
nel
suoi studi indefessi, la
tempo come l'usano
suoi biografi, senza neanco il
i
la vita, e di
sue frequenti ed infuocate dispu-
che sanno con quest'uso moltiplicare
La trista frase 1)
venne meno per tutta
tomo quinto
della sua storia.
il
il
dotto storico della
filosofia^
giudizio che egli porta sul
Nolano
-332esclusivamente a noi Italiani, indica pur troppo Tintervallo
immenso che
nati.
Essi grandeggiano ben più che noi nella nostra
ci
separa dagli operosi nostri ante-
storia delle idee e del lavoro.
E
che siamo noi con la
nostra mollezza, con la disarmonia tra
pensare ed
il
il
fare? Che siamo noi verso questi eroi che salgono
filo-
sofando sul rogo, e che hanno in
loro
pregio
sì alto
il
pensiero e la loro parola da dare in olocausto la vita
anzi che mancare a questa o disdire a quello? Il
Bruno
tiene lo stesso linguaggio con Enrico III,
€on Castelnovo
di Mauvissière,
con Filippo Sidney, con
Mendoza, con Don Clemente di Spagna, con Rodolfo II, €ol duca Enrico Giulio, con Haincel e con i lettori, dottori e scolari delle
maggiori università di Europa.
E
se
nelle lettere di dedica dispensa talvolta lodi smisurate
ai personaggi che lo favoriscono,
sempre
dettati
alle dottrine che egli
adulare
i
propugna.
le
suoi libri sono però
Non
suoi mecenati; non tace
ne attenua
Ee
i
con la massima libertà
i
con reverenza
e
inventa teorie per suoi principi!,
non
deduzioni, non cavilla sul loro significato.
stesse sue iattanze nascono piuttosto
da natura im-
maginosa 0 subita che non dal desiderio di procacciarsi ^li onori e la fama che comparte il volgo. Perseverò costante nel predicare la riforma della filosofìa, quantunque questa costanza
gli
venisse spesso contraccam-
biata da ingratitudine e da travagli. Perseverò solo,
senza amici, senza conforto. Di che
sommamente
ci
piace lodarlo e
lodarlo in questi tempi e in questi giorni.
Nelle nazioni come negli individui è non dubbio segno di
scadimento la menomata reverenza a noi
stessi, ai
nostri pensieri, alla nostra dottrina.
La melanconia,
che appalesa pur sempre un desi-
derio del meglio od
cedente
il
un doloroso
stato dell'animo, pro-
più spesso da volontà che non sa rassegnarsi
all'andamento generale delle cose, traluce come nella scritti. Nel secolo XVI abbiamo pochi esempi di mestizia simile alla sua che gli fece dire: Io vivo morto; morto sono vivo. Il Tasso si lamenta degli uomini in particolare: il Bruno dei-
sua fisionomia, così nei suoi
Tumanità. Quindi quel suo prorompei'e in
atti
subitanei
di sdegno; quel rifugiarsi in sè e cercare nel proprio
animo
la virtù per reggere contro le forze che lo op-
primono; quindi que' suoi impeti di orgoglio
e
quei
suoi trasmodamenti che tolgono talvolta pregio alle
sue scritture e talvolta ne scemano la
La morte
incontrata per
la
efficacia.
propria fede,
per la
propria dottrina, ha una grande attrattiva anche quando
questa fede e dottrina non è la vostra.
non vince
glia se
mezza
tutti
i
Il
Bruno egua-
suoi contemporanei per fer-
e vigoria di indole.
Nulla ha
quei letterati vagabondi del
secolo
di
comune con
decimoquinto,
i
quali a tutto tenevano fuorché alla propria coscienza.
La sua secchi esigli si
morte, come quella del Paleaiio, del e
di
altri
moltissimi, del pari che
i
Carnediversi
per cagioni religiose, sono prova che in Italia
incominciava ad ascriversi a debito una fede, l'ob-
bedire ad
un
pensiero.
Immenso progresso non apprez-
zato neanco dagli storici moderni
Fra
gli scrittori
coevi al
i.
Bruno che possano venire
con lui in comparazione, non per rispetto alle qualità
ed indirizzo dell'ingegno, 1)
Nel secolo decimosesto
in Italia ricorda
proprie opinioni.
ma rispetto
la storia delle
non pochi uomini che
alle
lettere
soffersero e
vicende della e
della
filosofia
morirono per le
-334forza dell'animo, dell' immaginazione e
vita, alla
spetto all'amore della verità, gli è certo
Entrambi vestono giovanetti
1'
il
ri-
Campanella.
abito di frati
dome-
nicani, entrambi desiderosi di novità, e restii alla disciplina,
entrambi altamente invaghiti delle scienze
entrambi d' animo Bruno generosissimo ed audace. e Campanella non nascono nella scuola, non sono figli dell' Università,
matematiche
e
delle
speculative
ma
del suolo della
La
riforma delle scienze, della
magna Grecia
e fors'anco dello Stato, è
,
e dei proprii studi.
filosofìa, della religione
meta comune 1' uno
culazioni sebbene non vi sia tra
alle
e
loro spe-
Y altro con-
formità di pensiero intorno a questo stesso argomento.
Sono entrambi creatori di quella poesia filosofica che non ha riscontro nel centro e nel settentrione dell'Italia. E se nel Campanella maggiore è la vivacità e varietà delle immagini, e l' armonia del verso, nel Bruno il concetto è più profondo e spesso anche più pellegrino.
La
vita dell'uno e dell'altro corre pur troppo piena
di inaudite
nella
ambascio
e di dolorose vicende. Il
Campa-
trascinato in giovane età per più. di cinquanta
prigioni, torturato sette volte con strazi
orribili e
da
non potersi descrivere, giacente quasi nudo e ricoperto di vermi nel profondo di un carcere, non si perde d'animo, non si avvilisce, ma medita e compone con la mente, e quando può con la penna, come se fosse tranquillo nella sua cella, e come se le piaghe del corpo non lo toccassero ^
1) Il povero Campanella nella prefazione al suo libro Atheismus triumphatus dice di sè: « Vide quaeso sim ne asinus ipsorum, qui quidem iam i)i quin-
V
— 335 — Socrate passeggia nel carcere, sciolto da
In Atene
catene, scevro da strazii, discute con gli amici, insegna discepoli
-ai
,
muore
piglia la cicuta, e
confortato dal-
Bruno è preceanima e del corpo.
l'affetto e dalla stima. Il sacrifizio di
duto dai più duri patimenti Nella sua lunga prigionia
dell'
non
è
consolato da visita
amico o da parola e presenza di discepolo. Non vi che lo accompagni al rogo. Eg]i muore
di
è persona
oscuro
Quanta non dovette essere animo per assoggettarsi a si
e quasi spregiato.
grandezza del suo
la
straordinario sacrifizio
!"
Bruno, Campanella, Vannini
sono tre uomini che a
^
breve distanza rappresentano con vera forza d'animo il
pensiero filosofico del mezzodì d'Italia
La come
dottrina del
novo.
La
Bruno
è
manchevole
2.
in molte parti,
diremo, sebbene abbia in sè del grande e del
morale
teorica dell'essere
monca, incerta,
è
« quag-inta carceribus hucusque clausus afflictusque •«
septies tor-
fui
mento durissimo examinatus. Postremumque perduravi
horis qua-
« draginta funiculis arctissimis ossa usque secantibus ligatus, pendens
« manibus
«
retro contortis de fune
super acutissimum lignum^ qui
carnis sextertium in posterioribus mihi
devoravit
« guinis libras tellus ebibit ». Struvius, Collectanea
rum. Jenae 1713, sono
io
fasciculus secundus, pag. 71.
già affermassi del Campanella quanto
Tolume, tuttavia vi fu chi studiassi di sofo 1)
malmenare
da Stilo Di questo
il
si
et
decem
san-
manuscripto-
— Benché vent'anni
si
contiene in questo
credette in debito di dire che io
carattere e travisare le dottrine del
mi filo-
!
filosofo parlerò
lungamente nel II volume del Bruno,
di questo
accompagnerà quella dei principali pensatori del Mezzodì contemporanei.
scritto, in cui,
2)
Non
ci
alla esposizione della
pare esatto
il
filosofia
paragone che
la vita di Fichte e quella del Bruno,
THejdenreich tra
il
Nolano
e
e lo Spinosa.
fa
il
Buhle tra
neppure
il
si
l'indole e
paragone
del-
-
-336 nebbiosa, ed appena è che vi brate
possano vedere adom-
si
grandi quistioni che
le
riferiscono alla crea-
si
zione, alla libertà, al dovere, al diritto, alla sanzione,
conservazione ed esplicamento del consorzio
alla
La sua mente, mondo,
civile.
tutta assorta nella contemplazione del
della necessità metafisica e nel concetto dell'es-
mondo
sere impersonale, sorvola sul
non
libero e
si
addentra nel concetto dell'essere personale. concetto dell'essere morale, non trattato dal Bruno^
Il
è quello intoi'no al quale si aggirano
i
sistemi di pa-
recchi dei maggiori filosofi del secolo che la
morte
non
di lui. Cartesio
stesso, che già si slancia sulle ali del
Iddio, la cui veracità
si
apre con
prima affermato
lia
sè
pensiero verso
pone a fondamento di tutto lo verace. Se Dio è verace, veraci
scibile.
Dio
sono
pensieri o meglio le idee evidenti delle cose
i
è:
Dio
è
quindi veraci e certe
lìnite, e
pensieri rispondono. Cartesio
le
cose stesse che a questi
non
solo
non deduce
l'esi-
stenza di Dio, come alcuni affermano, dal proprio pensiero,
ma
riconosce l'esistenza e la veracità di questo
dagli attributi morali della divinità. intinito è
cartesiana.
branche;
perno della metafìsica
il
Se Dio
ma
esemplari per cui
nostro intelletto. Dio
dunque
la nostra
quale crea lo
Dio in quel modo che conviene. Egli ha in sè
tutto è in
infinita perfezione si gli
le
guida con
cosmogonia
Dio, continua Male-
tutto è in
è,
L' essere morale
e della
le
è,
mente
cose
si
rendono
iielon, Leibnitz,
i
sua
tipi
o
visibili al
sclama a sua volta Bossuet è
un raggio
della divinità la
cose e le illustra, governa
mano
alla
il
mondo e
sicura verso la meta. Arnaud, Fé-
Newton, Clarke
e
Vico
si
travagliano
con diverso metodo e con diverso intendimento sopra
— 337 — questo grande concetto
;
onde la
filosofia è
considerata
da questi sonimi uomini come una vasta teologia naturale, cui fanno capo direttamente
od indirettaniente
tutte le scienze.
secolo di cui discorriamo si chiude tuttavia con
Il
una dottrina propugnata da uno gegni
ha più analogia con
la
Questa dottrina Bruniana che non con quella
dei filosofi poc' anzi accennati. infinito,
più profondi in-
dei
da Benedetto Spinosa
filosofici,
Se
l'
i.
infinito
è,
tutto è
per la ragione che non vi possono essere due
sostanze, senza che l'una distrugga
l'
altra. L' infinito
uno e molteplice, modo, attributo e sostanza, non ha volontà, non coscienza, ma è natura natitrantesi, che obbedisce nel suo esplicamento ad una legge di necessità intrinseca. Laonde due opposte e contrarie dottrine si manifestano intorno all'infinito. L'una è la dottrina della filosofia di
Spinosa che
è
materia e
spirito,
che tutta sgorga dal concetto
cristiana,
dell'essere
morale, l'altra è la dottrina della filosofia che non ha
un nome
solo,
ma
molti, e che,
come quella
Spinosa (benché non sia in entrambi
e dello
del
Bruno
la stessa),
tutta si racchiude nel concetto dell'essere metafisico o della
pura necessità metafisica.
Uno
dei più grandi filosofi del secolo trascorso, at-
teggiandosi quasi ad arbitro tra
forma
sotto altra
tomettendo discutendone
ad acuta analisi i
i
combatf enti, ripiglia
le quistioni di cui
discorriamo, sot-
le facoltà della
titoli di credibilità.
Pochi
mente
lìlosofi
e
posson
pareggiarsi al K(]enisbergense nell'altezza dell'ingegno,
1)
Conferisci gli scritti di Ch. Sigwart sulle relazioni di Giordano
Bruno con Spinosa. 22.
—
Berti, Giordano Bruno.
nella vastità della dottrina, nella pellegrinità dei con-
nel magistero metodico e nella
cetti, l'
massima
Egli ebbe
analisi.
pi'ofondità
del-
autorità sul suo secolo,
quasi tutta la filosofia germanica moderna non solo
ma
piglia da lui lo mosso, i
sati^lliii
Due
granili
\<'>\
preesistono alFespeiienza
questa dorivai'si
una,
od idee
piiiicipii
rispondano
senton/iaro so (piosli principii od idee
alla vei-ità elìV'ttiva dello cose, i-a\a
\ìO\'
stMiiprc
via allo scoli a-a.vvisa
1(1.
comunan/a
col sapere. L'essere
ma non
sfugge alla
r.
scien/.a.
!•
di
sere è fuori di mo.
•conosce,
ra
Tessere od
sorta.
il
I^a scion/a
non
L'essere ed
si
il
non
coltà della scien/.a,
è.
sa|)Oi-e
nno
I
e' si
e fissa la sua attenzione sopra
momento, quale realtà di noi
,
è
la
fede
si
conosce,
teoretica, o fa-
fenomeno
o le appa-
Pervenuto
ripiega sovra se stesso,
un
del
dei nostri simili
in lotta
dello scetticismo
renze che sono Tobbietto delle sue illusioni.
Kant a questa conclusione
si
sono adunque
dei Persiani.
olti-e il
sapere
il
ò la realtà, la realtà
La ragione
non va
cbe fare
lia
riduce a «pioslo: ciò che è non
ciò che si conosce
la
sapere è in me, Tes-
Il
TOromaze e oolTaltro. Dnnque rnhinia conclusione kantiano
attoi--
sapere Kant non
Dunque Tessere jnilla (\ ma non si conosce,
TArimano
-<:ome
Kant
jii-inia
sensismo: colla seconda api-iva
il
icisii
(illa
(
quali
nostro non
rinlelletto
<-lh'
clie vi
le
non possono da
e
seiisil)ilo
Talira.
:
campo.
in
inis»'
<'i
lianno nel nosiiu iiilelloUo
può
come
gl'avita intorno a lui,
iiiionin al uìaggi(tr piaiiota.
,
fatto di
genere delle
grandissimo
umano
cose che
nella ci cir-
condano, la fede nel giusto e nelT onesto. Egli non sentesi da tanto per negare questo fatto, e però conchiude che la realtà, la quale sfugge alla ragione teo-
— BB9 — appresa dalla ragione pratica. Io credo nel dunque devo governarmi a norma di questa
retica, è
reale,
credenza.
La mentovata
confessione è
una protesta
scienza di Kant contro la sua scienza.
È
il
della cofatto che
sorge gigante davanti al suo sovrano ingegno e
intima di riconoscerlo.
È
il
senso comune che
si
gli
ven-
con un audace colpo la scienza tra-
dica, atterrando
scendentale.
Ma
la
ragione pratica non avendo titolo legittimo
per essere nel sistema kantiano, fu ben presto dai discepoli ripudiata e tolta di
mezzo quale inane superfeta-
zione. Ciò fece Fichte, spingendo alle ultime conseguenze il
sistema del maestro, ed affermando che se la mente
è creatrice del sapere, deve pure essere creatrice delle cose.
La
storia della filosofìa
non licorda più audace
e più paradossale affermazione.
Perocché se nel pan-
teismo delle scuole orientali tutto deducevasi
r
che crea
dall' infi-
necessaria emanazione, con Fichte è
nito per via di
l'infinito
stesso
e
trae dalle proprie
viscere tutto l'universo.
Giorgio Hegel, che dopo Kant va incontrastabilmente tra
i
primi
filosoli
germanici, aggrandì
il
concetto di
Fichte e pose a fondamento di tutta quanta l'enciclo-
pedia scientifica,
il
principio della identità o medesi-
mezza dell'essere e del sapere. Le menti in Germania si mostrarono vivamente commosse dalfapparimento di questa dottrina, e più ancora dal modo nuovo con cui veniva esposta, e dalle svariate applicazioni che ne faceva l'autoi'e. Pochi dap-
prima valenti
gli oppositori,
nelle
molti
i
seguaci, fra
scienze fìsiche e
i
naturali.
quali alcuni
Ma
a breve
- 340 andare crebbero di
utììcio
primi e
i
come accade
quali
diminuirono
secondi,
i
i
di consueto, si ridussero alio sterile
chiosatori, senza aggiungere
dramma
alle
dottrine del maestro, e senza quasi avvedersi che
il
pensiero pigliava diverso indirizzo così in Germania
come
nel resto di Europa.
Questo nuovo indirizzo straordinario ardore nella
quanto più
s'
moderna Europa. Le
levano arditamente
più
leggi
generali.
si
come Minerva secondo
i
ai principii
ed alle
dal cervello di Giove, armata di
canoni della
non
della responsabilità dei suoi
astratta o fenomepanteistica,
filosofìa
concreta e viva colla coscienza di
mazione
quali ^
Dalle viscere della storia e del giure
tutto punto la persona morale, nica,
alle disci-
coltivate con
scientifiche
addentrano nello studio dei particolari,
tanto
esce,
dovuto
è in parte
pline storiche, giuridiche e
atti.
sè,
La
del suo
ma
fine e
storia è un'affer-
effettiva e continua del graduale
affrancarsi
della persona nei vari ordini economici, giuridici, politici e religiosi. I
dizii
storici
grandi mutamenti avvenuti nei giu-
sono non tanto
effetto della scoperta di
nuovi documenti, quanto della nuova luce che in quelli si
deriva
dal
concetto più chiaro che è in noi della
persona morale e dei suoi rapporti
colle istituzioni
giuridiche e religiose.
La dottrina che ammette principii inconciliabili colfumana personalità, esclude se stessa dal giro della storia,
ed è costretta di procedere a ritroso delle idee Questa è la ragione per cui
e dei grandi fatti morali.
panteismo viene declinando mano a mano che la fìlosofìa storica progredisce. Il panteismo non può dare
il
la metafisica della storia, perchè esso
si
svolge fuori
— 341 — dell' orbita
morale.
storica
,
ossia del concetto
Kant
sistemi filosofici da
I
persona
della
in poi, discostan-
dosi intieramente dal fatto della storia, terminarono'
quasi
tutti nella
come
quello
negazione dell'essere pei'sonale,
unicamente sovra
edificato
assoluta
ma
è perchè
non
ossia per necessità morale. L'ordine storico
senza
concetto della libertà che
il
in quello del diritto, e
collega
si
non è
storia
della
perchè debba necessariamente essere,
telligibile
finito,
logico,
principio della necessità
il
mondo
metafisica. Il
o
mondo
che non trova posto nel
si
traduce
concetto
col
è,
è in-
della
legge morale e della sua sanzione, della provvidenza, della perfettibilità e con tutti gli altri concetti da cui
è governata la filosofia storica.
Laonde questa simo per
movesi verso
filosofìa
il
Cristiane-
la legge di attrazione, alla quale obbediscono
come
così le idee morali
simo contiene
mente non può
storico dello spirito
immaginare
umano è in
si
possa. Perciò
se
non
coll'aiuto delle idee
rendono compiuta ragione.
una parola
tono ed a cui convergono storica. I tentativi
Cristiane-
Il
morale più vasta, più per-
afferrare la legge del procedimento
ciistiane le quali sole ne
La persona morale
forze fìsiche.
le
la dottrina
fetta e più organica che
la
-
i
vari che
il
foco da cui par-
raggi tutti della filosofìa si
fecero e che si fanno
per costruire una metafìsica fuori del giro delle idee cristiane andarono finora
falliti.
Per quanto
sia
grande
l'ingegno posto dagli autori nella costruzione dei loro sistemi, essi
non riuscirono a preservarli dal germe
della morte
il
,
quale dispiegasi
dalla
loro
tendenza
contraria alla storia ed alla vera e larga esperienza
giacché
le
idee della giustizia, del dovere, di
;
Dio sono
— 343
-
altrettanto sperimentali e sensibili nella storia e nella
coscienza quanto
i
sale
l'moi-a
è quella che i-endt'
,
più avverati. Quindi la
fatti tisici
sola lilosotia che possa
i
dii'si
storica ed univer-
morale
asione delF ordine
t'ondato sulla persona. I sistemi che a questa filosofia si
()j)p()S(^r(). ni
lascia roiK) vestigio protondo, e
111
più che dalle conriita/i( mi speculative, loj^ica e dal
dà
osano
In
llalia
C(.lo.
le
e
ri/./,<»
iie,^aiiii
imii
Imi-s,'
mia
dalle
II.
dell,'
l.a-M
gust() s.piisiin dei
ritalia. il
li
|mt
ma
Che
\
epiav
,i,.|
ie si
ìli
(pU'sto nosli'o se-
liloviili;!
la
pi-liamiK»
p!-(i\aniiie
di 'jindi/io.
ridiropa iniaa-a laai
di\('i'sa ra-
senso morah,' deliea'o,
lidio, iirdiiie. i
l;i
intorno allo stesso
armonia i
nelle'
pregi elle
ma
ì^m ammira.
ha quasi idscoutro nel secolo in cui
a (piaraiit'anni di
ben anco
palli
non solo
distanza da noi, ITtalia (ad
eccezione d(d (Talluppi) scarseggiava non solo di soli,
Ìll({Ì-
Dasti raiiiiiieiitaro
diNcrsc fecondo
ifo cniiipi iniineiii
Itosmiiii
sorse.
altrove. r
(aa
concetto, ic'iiiiiidine
\-arie
doUi'iiia morale, con-
per lam rieei'dare die
IiImniiIì. clic
^L^ieri
gione
-.Idl'ia
e
(iiul)crli
('la»
[lii'i
|;i
come
a|>giungere a quella una sola
s;ip,.i-e
lrll,av.
i-liai'c se in (picsia nosti'a
Crl^liaia'siiihi (•(line doi^ina. noti
il
apri iaiiK'iih'
(li-(tiii(i (li
perciò meraN
r
coImim che
fessando
dalla
senso praiicu uk naie dciruiuanità progre-
Noli
diciiit'.
furono
altl)aftiiti
di
C()ltura tilosofica.
filo-
Disegnare un
compiuto sistema, colorire le linee primarie, applicarlo con maestria alle molte discipline in cui si parte il gruppo delle scienze filosofiche ecco Tardua opera che ;
seppe condurre a compimento, comecché essa sembrasse sovrastare al fattibile. Egli è senza dubbio uno ei
'
- 343 degli ingegni più vasti, più profondi, più dotti del secolo.
Non
solo rimise in onore,
ma
rinnovò, dilatò
le
scienze psicologiche colla teoria del sentimento fonda-
mentale, e con abbondevole e pellegrina copia di negletti o toccati di volo il
sensismo dalle nostre scuole
seguenze del sistema kantiano,
opponendovi ([uale
per
fatti
dai filosofi anteriori. Bandì ;
ed atterrito dalle consi
adoperò a rifiutarlo
la dottrina dell'obbiettività delle idee, la
l'efficacia degli
argomenti con che fu da
lui
illustrata e confortata, acquistò dignità e chiarezza di
assioma. Considerando
nano
le
verità naturali che illumi-
mente e la coscienza di tutti gli uomini quale abbozzo o schema di cristianesimo naturale, intese con tutte le forze dell' animo a far procedere di conserva
i
la
pronunciati
Questo
è
l'illustre
il
della filosofia
con quelli del Vangelo.
carattere vero delle dottrine filosofiche del-
Roveretano.
Vincenzo Gioberti che viene subito dopo
ha
lui
stra-
come scrittore. Egli si separa dai suoi un modo tutto suo di porre e risolvere le
ordinari pregi
coetanei per
questioni, e per l'incredibile rapidità con cui
gegno riunisce insieme in altra idea, dai
fatti e principii, e
sommi
scienza.
Ninno meglio
piegare
la
astratte.
Maneggia
la filosofia
mezzo
sintetica
il
espressione
all'
pensiero e delle
idee
con maravigliosa disin-
alle questioni
parecchi del procedimento analitico
gante.
suo in-
veri alle ime applicazioni della
di Ini sa scolpire
nostra lingua
voltura, si gitta in
il
passa da una
,
senza
gli ap-
e la risoluzione
spesso riassume con formola nitida ed ele-
Uomo
del suo
corpo a corpo con
tempo quant' altri mai,
le opinioni,
colo, e queste e quelle
rannoda
con
le
si
piglia
dottrine del se-
e connette alle antiche
— 344 — per
modo
proprio
che
che
,
i
suoi libri acquistano uno stampo tutto
distingue da quanti di simile natura
li
annali della nostra storia lilosolica ricordano.
gli
Come
Rosmini contro Kant, cosi il Gioberti armi contro Hegel. 1 due capi della scuola italiana moderna si trovano a tVonto dei due capi della pensiero cristiano da una il scuohi modci'na Icdesc;! già
il
rivolse le sue
:
pwi'ie, I
dilli" ;ilt
r;i
-eri
il
liidi/iniie rrÌNii;i!i;i:
liviià delle idee
tività del rintliiii".
(
zionale.
.
scevi'o
li;di;i.
1
iiii;i
lorin;!
|»;nviiiei;i
i
pronunciati
e colorito na-
cerio (die egli
clic
non
altro intese
che Tltalia è cristiana
(hd
suo pensiei'O. Nelle
liloscdia.
rale,
sono necessitati
rendono ragione del mondo modi aggirarsi nel circolo ideale
viene loro tracciato dalTautore, rinnovando
Saturno che distrugge
i
proprii
appunto in Germania, dove ]"altro 1
[)ortare SÌ
cliiai-anieiile iiidiealo Idiidirizzo della
sistemi che non
1
che
subbiet-
relazione tra la
(.
giudizio
latiiL cioè
hi
(eoricM dell" intuito
siiii il
manit'estazioni
\ iciit'
delTobbiet-
linito e del-
del
l)atlagli;i
iielhi
(,)u;ile si;i
ciò, » pei u
indie svai'iate
scioUo dalla
e
la tooi-ia
medesimezza
contiene
che di esprimere un
sua
ico
spl.'iidid.i
scorge si
voglia sopra
<[uali [)ai"uli'
1
Torinese piendoiK.
I^uli
e
1
della ci-oazione, dall'altro
questa
In
(InUriiia elle ci-cativo.
i;i
daH un cauto
Miioscere e la
del
lilosoliei
i'
i
i
figli.
E
il
ciò
che
mito di accadde
sistemi divoraronsi Tun
con rapidità straordinaria.
grandi progressi delle scienze la filosofia
piti
non consentono
ricominci incessantemente da capo, nè
che essa spazii per tutto lo scibile, senza spiegare
mondo ed
morale, ossia
il
gran mondo
infinita. Il rimettere del
il
della persona finita
continuo in dubbio o Tesi-
stenza nostra, o quella delle cose, o la corrispondenza delle cose con le idee, è puerile ed assurdo.
gionamento può dimostrare meglio
Quale ra-
più efficacemejite
e
Tobbiettività del nostro conoscere quanto tutte le leggi
meccanica celeste? Le divine escogitazioni di
della
Copernico, di Keplero, di Galileo, di Newton, di Leibnitz
non sono elleno prove tanto concludenti
della
nostra esistenza, di quella dei corpi e di quella delle
E
idee quanto
Fentimema cartesiano
forse che
Tam-
mettere un
mondo morale senza persona non
torna
?
medesimo che ammettere una meccanica celaste ? E come rendere ragione della persona con una metafisica che si fondi sopra Tessere impersonale, sopra la divinità senza Dio, o sopra Tumanità senza Tuomo ? Ci pare che non pochi filosofi moderni abbiano soverchia paura di Dio i^ersona, e quasi non
egli
il
senza corfd
ardiscano rappresentarselo sotto questo aspetto. Noi,
come non partecipiamo a questa paura, cosi non crediamo punto che il Dio dei cristiani abbia già compiuto
il
suo corso e sia per cedere
al
Dio impersonale
scettro e corona.
Non
senza ragione diceva non ha guari un egregio
pensatore, che le porte della scienza sono guardate da
una
armata
sfinge
dente
che
L'enigma
di
ai-disce
la scienza, o, se
tiano, della
Ecco
il
il
velo
è la conciliazione del
tafisico, della libertà
con
un enigma che divora Fimpru-
alzare
ragion
senza indovinarlo.
mondo morale
col
me-
con la necessità, della coscienza
vogliamo usare pratica
il
linguaggio kan-
con la ragione teoretica.
capo fondamentale di dissenso tra noi e Gior-
dano Bi'uno.
— 846 —
CAPITOLO XX. T
SOMMARIO. nella
—
—
che ragionarono del Bruno: CampaTomaso — Nicolò Toppi — Nicodemo Leonardo — Vincenzo— Apostolo Zeno — Capasse — MatTei — Kiccoboni Scrittori italiani
I.
Cornelio
(bravina Ma/.zucheJli
— Agatopisto Cromaziano — Tiraboschi — Reinoiulini — — Giannone — Barbieri — Boccanera — Colangelo — Libri Guglielmo — Botta — Sarpi — Rosmini — Majniani — Spaventa P.ertrando — —
Fiorentino II.
Davide Levi.
—
—
—
lleumann SteTolland Principali scrittori stranieri Lacroze Chaufe})iè Lessmann Kindervater Christian! fano .lordai! :
—
—
— — —
Bruker
—
Nicéron
—
—
—
.lacobi
—
Fulleborn
—
Tennemann — Schelling — Rixner— Clemens Cousin — Frank — Débs — Bartholinèss.
Tiedemann Buhle — Sigwari — Lange
1.
Benché
il
numero
degli scrittori italiani che l'agiona-
rono del Bruno sia assai scarso ^ tuttavia giova enumerarli a compimento
Uno
Ira
i
come seguace lebre
1)
di'
questo lavoro
primi a ricordarlo, non come filosofo, della dottrina copernicana,
è
il
ma
suo ce-
compatriota da Stilo nel libro apologetico che
In questi ultimi anni
le
cose
mutarono ed
il
Bruno
incuiniucia.
a divenire soggetto di studi molteplici e profondi. 2) Il
Bruno
visse,
stampò, insegnò fuori
meravigliare se per queste cagioni e per
nate
siasi
mantenuto intorno ad
esso
d'Italia,
quelle
già
non è quindi a da noi accen-
un troppo lungo
silenzio.
scrisse nel carcere in difesa di Galileo K Forse
il
Cam-
panella non conosceva per anco in questo tempo (1622)
opere del Bruno e non sapeva di lui che
le principali
quello che gliene aveva riferito lo Sdoppio
quando venne
a visitarlo nell'oscura fossa in cui giaceva in Napoli
Bruno
Il
è introdotto interlocutore
Trusiano nel bel dialogo proemiale
liola^, e
Proginnasmi
dei
fisici
Tomaso
di
2.
con Antonio Stelal libro
Cornelio da Co-
senza \ Questo dotto ed elegante scrittore versato nello scienze
caldo
fautore
trovano nei
parimenti
il
sentenze che
si
se
letto
Londra, non
il
Cornelio
eziandio lo
non dimostra
la dottrina filosofica e
ne giudica
opinioni astronomiche.
le
oltre
libri
i
che
quelli
il
al
rappresenta
egli
alcune
progresso,
del
con soverchia leggerezza avesse
persona
libri di P^rancoforte, tuttavia
comprenderne
di l)en
benché ponga in bocca
e razionali,
fisiche
filosofo di Nola, nella cui
E
francofordensi
Bruno stampò
in
avrebbe per fermo chiamato ignorante
delle belle lettere'*.
1)
Thomas CampanelLxV, Apologia prò Galileo matheinatico
rentino. Fraucofort 1622. 2)
« In
fossam demersus
sum
smiis tviumphatus, pas:. 71.
—
».
—
Campanella Thomas,
Struvius^
Ada
litteraria,
fio-
Atlieifasci-
cnlus seciindus. Iena 1705. 3)
Lo
autore 4)
nelio
Stelliola di cui
(\.q\V
abbiamo alcune
Enciclopedia pittarjorea
nacque quattordici anni dopo
nome da
« tesius,
nam
Cartesio.
« In
innumerabiles
la
—
confortata con prove.
da
Cor-
teoria dei vortici che prese difficultates delabitur Car-
vortices ex
quibus
mundum
« mentari voluit, Bruni sistematibus respondere videntur ». st'asserzione fu ripetuta
Il
morte del Bruno.
Bruno la easdem fere illi
Galilei è
lettere a Galileo
dello Specillo celeste.
Thomas Coknelius, Frofjymnasmata pliysica, 1667.
5) Il Cornelio attribuisce al
poi
e
altri moltissimi_,
coag-
— Que-
senza che alcuno l'abbia
- 348 Toppi nella sua Biblioteca Napoletana lo qualiingegno grande e filosofo insigne senza far parola
Il
iica
della sua vita e delie sue opere
Nicodemo,
Il
Biblioteca,
Addizioni
nelle sue
passa
i.
alla
mentovata
])ure sotto silenzio la vita e le
c^^li
ci
dà delle
all'etto di Ini in
una sua
dottrino, o nel r.-itulnMo assai imperfetto die opei'e.
(iiiiK'iit ica
(ira\
tlnllo
Il
lettera da
le
iiia
llnina.
ne connnenda
SjKiccio
lo
aliane
~.
cmi
sci-ivc
accamandone
(mì
consacrano Apostolo Zeno, cui fu
gli
(It'Ihi /j('s//(i
nel suo asfiullo compendi»»
V (piale sri iiioie di
od
niiT.iliolii
il
Non
|iriiui
i
studi
dtdle o|iclv piv.-rdeiii
1)
i.
Nicolò
mini
illustri
Toppi
si
tolato:
laiii di'!
;\la
commedie
in
/
/'(//t
fante'',
ed
ììC'àY>cLSSO
i-ammentano
lo
^ci-isse
l'opi-i.
si
d:i,i:li
il
si
liaii.i
lli iiiKi
il
Matrei
ra
1
1
debito Mazzuchelli''^
il
valse con discernimento
i.TÌ.
e
compilò»un Catalogo
al.|ilaldM pili (-(fliipiutO
Che DOn
.Ma/./uclicHi Doli aveiido iiello
Biblioteca Napoletana
et
maiu
Ì
le
apparato agli uo-
Napoli e del Regno. Napoli 1678. 11 che il Bruno è autore di un libro inti-
in lettere di
contenta di dire
De
/
della storia della filosofìa,
•'.
sen/.a diliu.Mi/a
Iv^li IVa
di volo le dottrine,
poesie italiane
lu siile delle
Alcune parole noto
il
specierum scrutinio.
Nicodemo Leonardo, Addizioni copiose alla Biblioteca Napoletana di Nicolò Toppi. Napoli 1688. 2)
3)
Questa lettera fu dapprima stampata dal Cliaufepiè nelle sue
Aggiunte al Dizionario di Bayle, indi dal Gerdes nel suo Specimen ItalicR reformatcB. Lugduni Batavorum 1765. 4)
5) J50NI,
Apostolo Zeno, Lettere, Voi, II, pag. 340; 1752. Maffei, Osservazioni letterarie, Tom. II, pag. 171. Storia del teatro italiano, Tom.
6) Mazzdchelli,
I,
pag. 144,
Gli scrittori d'Italia. Brescia 1763.
—
liicco-
— 349 — principali opere di lui, nulla
ci
seppe dire intorno alle
dottrine, e cadde senza accorgersi
ne' consueti errori.
quale per ragione del proprio assunto
Il solo, al
apparteneva di narrarne la vita,
si
darne contezza,
e di
Cromaziano (Appiano Buonafede) Fautore della Restaurazione di ogni filosofiaK. delle opinioni è Agatopisto
Ma
egli invece di ciò fare, si
contentò di raccogliere
alcune sentenze e proposizioni dai brani dei
Bruno
riferiti
da
altri scrittori, di
con poco giudizio e senza riscontrarle con originali.
Onde
libri del
accozzarle insieme
opere
le
ripetè cose già dette, errori già corretti
ed emendati, ne qualilicò con epigrammi e con di cattivo gusto
della vita
nomia 1)
E
fisica e
e
il
i
fatti
ritrarne volendo poeticamente la fisio-
morale, compose un prosaico sonetto
XVI, XVII e XVIIL
Dice che
epiteti:
ne narrò malamente
Agatopisto Cromaziano, Della restaurazione di ogni
nei secoli 2)
2.
Tingegno
Bruno gettò
il
\
filosofia-
Venezia 1785.
capuccio alle ortiche,
lo
cliiama
Kavagliacco in religione, illustre fanatico, ecc. 3)
Questo sonetto ritrovasi nell'opera dello
lata: Ritratti poetici, storici e critici de' varii
Venezia 1796. Ecco
il
stesso
autore intito-
moderni uomini,
Sonetto:
BRUNO GIORDANO. Non
sol di
mare
in
mar, di terra in terra
Questo incostante viaggiator trapassa. Ma d'ombra in ombra ancor valica ed erra, E d'errore in error si aggira e y assa. Spirti e larve in ciel finge e sotterra; Vortici e mondi, e abitatori ammassa Col ver, co' saggi e seco stesso è in guei-ra :
E
;
orna e sorpassa. Da questi semi e da queste altre forme Un mostro nasce, orror d'uomini e Dei, Più d' idra e più di cerbero deforme. Ben arde il mostro in sacra liamma ultrice. Ma cento versa ancor mostri più rei Dal fumo e dalla cenere infelice. gli antichi delirii
ecc..
-
-350 nel quale plaude cioè
lìamina che divora
alla
A
nostro filosofo.
il
maziano
è
che
ben poco conosceva
egli
Va
da dire che appare dalle sue osservazioni
memorati,
da
stranici-i
latti
insiuo
suoi
a'
con
ne tratteggiò
,
a tutti
gli
Tiraboschi. Egli fece suo
il
prò di (punito venne scritto e
Bruno.
gli scritti del
innanzi per esattezza e copia di
scrittori sin qui
italiani
Mostro^
il
scusa od a condanna del Cro-
estensione la vita registrandone, con
tem])i
da
sufficiente
(pu'lla diligenza
elio ])olr maLiuioro. lo opci'o. 'rir;il)usclii
Il
o.-clii
imn
(iMitninniiiii'
)Ìccm|Ìsviiii;i
fili'
avnto sotto
;iltl»i;i
dei iiin'idcl
|.;iri('
I
imno
gli
tut"
I
iih'jlid
sc|)|,('
gi ildicart'
Lo
(••HI
storico
dimostra
si
ciii'
digiuno
tnlio
di
di
Nda.
il
Giannone
TiRAHOSCHi
1)
nella sua
Gkrolamo
VII, dairanno
2) L'Archivio del
due
mi
lustri, si
riferisce al la
Koma
2.
6*/r«7^ se
.S7r>»r/«
MD
,
Stoì'ìa
fino all'anno
della
'\
ne sbriga con e
con cenni
letteratura
;MDC. Venezia 179G,
Vescovado di Xola,
clie io visitai
italiana, pag-.
si
registri dei libri battesimali di
civile.
Non
conservavano lettere di monsignor
Roma, dove
Nola
della
egli erasi recato nel-
Mancavano pure
prima metà del secolo de-
<;imosesto e quello del censimento dei fuochi. (V.
Giannole, Storia
441.
or fanno quasi
trova vasi in tale disordine da non potersi consultare.
seppe indicare se per caso
Gallo, vescovo di Nola, scritte da
3)
suo
morte osserva
l'anno 1600 per assistere alle funzioni del Giubileo. i
Kenujiidini,
il
,
si
poche parole appellandolo visionario
Tom.
pregi
(jualc ti'ovavasi foi'se presente
snpjjlizio del Jh'iuio in il
i
dovette tornare assai dolorosa a monsignor
Gallo vescovo al
clic
lamentandone
illnstre contei-ranco, e clic (piesta
not.-irnc
.iliri
r;iiil
(•ccU'sidslicd
lla
(li
-li
11(111
iiiiji;it /i;ilil;i
Nota
illustrativa
IX)
— 351 — scarsissimi e superficiali
il
Barbieri ragionò di lui nelle
Notizie istoriche dei matematici Il
cantore di
Ugo Baswille
con la ragione
fetto che
nioni che
Nolano taluna
trovarono di poi nei
si
del Leibnitz K
E
amore
libri
ma
delle
1'
af-
opi-
del Cartesio e
quasi contemporaneamente
francese di origine, e per
al
e filosofi napoletani.
rivendica più con
il
Ginguené
italiano per ragione di studio
ne discorse senza nulla aggiun-
all'Italia,
gere alle cose dette dal Tiraboschi^.
Nella Biografia degli uomini illustri di Napoli il Boccanera ne compendiò in poche pagine e con molti
Non pure non diligenza
prova
die'
di
maggiore esattezza o
Colangelo nella Storia dei matematici
il
napolitani,
ma
opinioni del
Bruno intorno all'astronomia ed
del Il
tempo
nè anco curò
di
mettere in mostra
K
matematiche
Libri nella sua dotta Storia delle
in Italia non esaminò con quella larghezza che
veniva
le
alle scienze
gli studi
matematici del Bruno
e
si
con-
rinnovò nel
racconto della vita taluni errori che dai suoi predecessori erano già stati ribattuti ^ Il Botta ed fra
1)
Paolo Sarpi ed
altri
il
biografo di
ne diedero cenno alla sfuggita.
Monti Vincenzo, Prolusione, I primi scopritori del Le Monnier, voi. IV.
vero. Fi-
renze, edizione 2)
Ginguené, Storia della letteratura italiana.
3)
Biografìa degli uomini illustri del Regno di Napoli; 1813.
Vedi 4)
articolo
Giordano Bruno.
Colangelo, Storia dei matematici napoletani.
tore ripete eziandio
lanciarono contro 5) Libri,
GioviNi,
il
senza
discernimento
le
— Questo
si
Bruno.
Histoire des mathématique en Italie, Voi. IV.
Vita di
scrit-
accuse volgari che
Fra Paolo
Sarpi.
— Bianchi
- 352lu (]uesti ultimi tempi cominciarono però a studiarsi in Italia le dottrine filosofiche del Bi'uno. Il
Spaventa insino dal 'furiiio <
ne
iniaiii
esame neirAccademia
Federigo
di
Ih'
iiiui
Im'1
coli
e
Oli! iisia
iif
viM'sione del
ragionò
t'd
piiMiliraia
pr< 'cisi,
l'i'ino^Hodi aln prinia
di Napoli. Il
Ma-
con eleganza e con
s.iluo
X.'
di lìlosolìa
Bruno
distesamente
il
ne lece largo comio Albei-lo Errerà^
^iia iiiMii, .-ralla
eli ia rc/./.a
iilo
[.ro.'iiiio alla
Hing.
S.li.
!-'ior«'ni ilio,
pi'iif.
suo
;il
cliiare/za nel sim
ncirisnl
|fMÌ
r.-iNcllù
Bertrando ne lece argomento di parti-
1<S51
colare esposizione ed italica in
Rosmini
sno Rinnocaynenio.
toccò di volo nel
le
ii
a H\,'tlt)
[ìiglicronio
in
con molta
K'alìaolo MariaiK).
n
lorremo parola come
ivcciiii lavori
i
Davide Levi
in 'i'oi'ino, e
esame
in
dotti'ine.
le
11.
(ili
stranieri e ina^^iine
iniorno ilaliaiii.
tiiui
al
assai
llriiiio
l-"aronnno opora
i-aniiii('iiiai"e
;
e pin
doci pi'esso che tutti
sua dotta
la<_),ui"alia
l'Huet,
il
I
l
tedesclii spesero per siiidio e fatica
oppo unga ove 1
flif
Jnii.ua,
re.Ljisirali
del
Lasciando adun([ue
i
piii
dal
fermo
che non
li
gli
volessimo
superllna. trovanJjartlìol inèss Jiella
Bruno.
in disparte
il
Mersenne,
il
Sorel^
Buddeo,
cappuccino Zaccaria
di
Lisieux,
Reiinann,
il
Morolio, TArnold,
e lo stesso Bayle,
il
Leibnitz, diremo che le
il
sue opere cominciarono a farsi
note per la polemica che sorse fra
Augusto Heumann ed
il
i
il
Lacroze,
il
Toland,
due Zimmermann intorno
— 353 — all'ateismo del
Bruno
vita fu illustrata dai
i
contemporaneamente
e
lavori del
dotti
la
sua
Chaufepiè, del
Brukero e del Nicéron 2. E non senza profitto si adoperarono eziandio intorno al Bruno, Stefano Jordan che gli dedicò una monografia
;
danese Christiani
il
^
che lo pigliò a conside-
rare rispetto alla matematica; raccolse
le
tratteggiò
il
notizie dei viaggi;
romanzescamente
che ne
Kindervater il
Lessmann^ che ne
l'infanzia e l'adolescenza
;
l'Adelung^ che ne narrò la vita; e David Clément che illustrò le principali edizioni delle sue opere
dottrina e con
acume
8.
Ma
mentato Brukero, perchè Bartholmèss non solo è il
sta sopra tutti
si
il
può
il
con molta già
ram-
che avanti
dire
più accurato biografo,
più chiaro espositore delle sue dottrine.
analitico die ei diede del libro
De
triplici,
Il
il
ma
sunto
minirao
et
1) La Crozk, JEntretiens sur cìioers snjets cV Histoire. John Tolland, A collection y several pieces. Heumann, Ada philosophoritm, p. XI. ZiMMKRMANN GiAN GiACJOMO (del Wurteiiiberg), Scriptìira Sancta Copeniicans. ZiMMERMANN GiAN GiAOOMo (dì Zurigo, Opuscilìa tlieoìogici, Ili-
storici et philosophici arrjumenti,
Tom.
II, pas^.
1128. Zurici 1759.
Bruker, Historia philosophióB, Tom. V, Lipsia, 1744. Nicéron, Mémoires pour servir à V Histoire des Hommes stres, Tom. XVII. 2)
iìlii-
Chaufepiè, Aggiunta al Dizionario di Bayle.
Bruno nolano. Bruni noi. mathe-
•3)
Car. Steph. Iordani, Disquisitio de lordano
4)
GuiL.
Fra
Christiani,
De
studiis Iordani
maticis. 5)
KiNDERVATER, Bcitraege zur LehensgescJiiclite des lord. Br.
{Cfcsar's DenJcwurdigJc atis der pliilos. Welt. Leipz. 1788). 6)
D. Lessmann, Giord. Bruno, in Cisalpinische Bldtter, Tom.
7)
Adelung, Gescli. der Menschl. Narrheit. (Lips. 1785).
8)
Clément, Biblioth. curieuse, Tom. VII. 23.
—
Berti, Giordano Bruno.
I.
ìnemura
contribuì etlicacemente a chiamare
l'atten-
zione sopra la lìlosoììa bruniana.
Da
indi in poi le opere del
di essere
e la Il
le
Il
maggior parte
libro
il
Un raonadc
delle italiane ^
fama
levossi a più grande
nriiii.i
d-'l
uno, e Fiilleborn e
ci
opere latine e massime
nome
prese a dichiarare
.Tacobi
Causa, principio
libro della
Buhle
Bruno più non cessarono esame dei migliori
diligente
di
Germania.
della
lilosotì il
argomento
sue opere di\ ciiiicrn a poco a poco notissime in iiosti'i
tempi
liiaiili.
|)iT
patico
d-'lla
\n-v
il
(
del l-'cvcriia.-li
ifriiiaiii,!
iiiuilcnia.
roi'igiii''
("il^a.
.piclla a
il
di'lla
'[iiflla
iispdii
del
c.l:.
ri
;jc|-iii;i iiii-i.
sua
Si-warl
.IcIIm
llavr.
l;i
dd ò
il
p»'r
.uli
va
del
Erdmann,
pi-rsciitato
(M'a
in
sim-
pili
sri-itti
(anke, delT
'rcsic
.'Miisiili-ra .mI
lilosotn
di'lio Scaila/./ini e di
(Iniiriiia
Spiim/;!.
1
il
Siellcns, deiriiegel,
(Iclin
Sii)ci-.
d,.l
«l.'ir
.
svai-iaii
sci-iiinri
'riodemanii. di Tenne-
(li
Sfliclliii;^,
drU rbcrw
del C'arriò're,
Sotto
-iiiili/i
di
PiixntT. (ìcITAsi.
dagli
i
dialML!.»
e le
«piesti
il
alli-i.
Kruno
(Memens cercava del
(pi<'lla liei
il
cardinale
suoi rapporti COU
Laiig-' (Alberto) in
ordine
luah'rial isiiio luodoruo
1) FiiLLEiJORN,
lìcitraecje
Buhle, La storia della
zar Geschtdite der
filosofia,
pliilos. (1706).
ina specialmente la monografia che
ha per titolo: « Commentatio de ortu et progressu iiantlieismi, inde a Xenophone Coìoplionio primo eiuft authore tisque ad Spi-
nozam
».
2) Clemexs,
Giordano Bruno und
NiJcoIaiis de Cusa.
Bonn 1847.
— SiGwxRT, Spinoza s neuentdeckter Tractat von Goti, ecc. [Trattato nuovamente scoperto di Spinoza, sopra Bio, Vuomo e la sua feliLange, Geschichte des Macità). Gotha 1866. V. pag. 107 a 138.
—
terialismus [Storia del materialismo,
ecc.).
1866,
p.
108-111.
— 355 — E
neppure in Francia fu trascurato in questi ultimi
tempi
lo studio del
fanno
le
Debs
1,
Bruno: poiché,
oltre
i
cenni che ne
opere del Cousin, dell'Arago, del Frank, del
Bartholmèss pigliò a ragionare distesamente
il
modo
di lui in
dotto ed
il
che non esitiamo a chiamarlo
il
più
più accurato dei suoi biografi antichi e
Dopo il lavoro del Bartholmèss non avremmo messo mano a questo scritto se i documenti veneti non moderni.
ce ne avessero fatto obbligo; chè
largomento da
il
Bartholmèss trattò
da uomo versatissimo nella
lìlosofo e
storia della filosolìa e delle lettere italiane
2.
come da Cartesio in poi nazioni d'Europa attendano con opera
Ci piace intanto osservare le
più
civili
indefessa a raccogliere
tradizioni e tessere la storia
le
La
del loro pensiero filosofico.
detrimento della sua coltura
sola Italia, con grande
e del
suo patrimonio in-
non partecipa vivamente a questo lavoro ^ Pur nondimeno la storia della filosolia sì per la natellettuale
,
tura del suo soggetto,
per
si
quella che meglio abilita
il
modo
trattarlo, è
di
una nazione a comprendere
sè stessa e l'indole della sua civiltà, ed a usufruttare
convenientemente
1)
le
sue ricchezze intellettuali.
Jordani Bruni Nolani vita
et
scritta
— A. Debs
Non
pliilosophiae
professor. Aniiens 1844. 2]
Bartholmèss superò
Il
chiarire 3j le
il
Brukero,
comecché per mancanza di
biografi, i
altri
il Nicéron e tutti gli altri documenti non abbia potuto
fatti principali della vita del nostro filosofo.
Agli stessi uomini dotti in Itaha riesce
opere compiute dei nostri principali
filosofi.
difficile
il
procacciarsi
— E come già in Mi-
lano ultimamente vennero ristampati alcuni degli scritti italiani del
Bruno,
così sarebbe
imprendesse pensatori e
la
d'uopo che sorgesse finalmente presso di noi chi
stampa
filosofi
delle copiosissime ricchezze
italiani.
dei
più grandi
— 856 — prometta
sia chi si
non
E
ristoramento delle
il
riiiorisca anzi tutto
non
e
lettere,
dove
ristori la lìlosofia.
si
nulla tanto giova alla restaurazione delle discipline (pianto
lilosofìche,
studio
lo
degli sparsi
frammenti
della storia del nostro pensiero. Occorre aduncpie che
ora più
«-11*'
mai
guendo almeno
dedichiamo a cotesto studio,
ci
di precedere) degli insigni stranieri, che da molti si
IravagliaiKt
iiilonid alle
se-
non ahbiamo forza
traccie (poiché
lo
anni
opere lilosoliche dei nostri
SiMllllli.
l'iht 1
iiiag-itiri
liei
(nomini,
sunin.
lili»s(»li
me gioNane
a
sono
(ira
\(>l;_:t'\a.
die mi tiirono
siiniol*
i
ad
lavori sulla slui-ia della «
mi
Si, egli
diare,
«
l'ignavia e la
«
(piesto appuiiiM
«
si
«
bero crescere? Tutto
e
rilevareC(
in
ii/,i(
mi.'
cogliere: volea dire da
da
«
Bardano
d'Elea!
si
«
modo lare,
«
alla
1)
altri
deve stuper
drl
pi>i)olo italiano,
che per
non come potreb-
imslre ricchezze
le
si
deve rac-
Pitagora in
a noi, e se
può andar più su
si
vada. Quante ricchezze nella sola scuola
Non
«tu arricchita «
lino
italiana si
pensiero italiano
il
«
ancora,
ed
Italia.
in
irallicano, e perciò
«
«
alcune parole (picsto
disistima dov'è caduta
popolo
si
impari alTas-
lustri,
Jil(K(»lia
dalla
imn
conoscono, non
molli
inti'a[)riaiili_'rc
lil()Solia
(licc\ a. la
«
Antonio
ctiiiteiiipoi'aiiei,
tirocinante ed
sono comparabili se non a quelle di cui 1"
Italia
al
tempo
die. la tilosofìa italiana,
degli Scolastici
:
di
a propriamente par-
non ha che due grandi corsi, dalFantica, italica, scolastica da questa a noi dopo la scolastica si :
;
Queste parole sono state scritte prima
l'Italia in nazione.
dell'
ordinamento
del-
.
— B57 — non
parlò più, o
parlò qualche sillaba
<(
balbettò,
«
di quel
«
a malgrado
di ciò si faccia conto di tutto: si raccolga
«
e s'apprezzi
ogni
si
monumento
secolo egli sia, di qualunque
frammenti
« i
^
rendo degli
Bruno
pubblico;
gli
qualunque
apprezzino anche
stile, si
è
recensione storica discor-
la
che uscirono
scritti
italiano di
E
»
Potremmo continuare
mento.
si
molto ch'era stato detto da secoli prima.
Ma
intorno al
Bruno
in
questo non è nel nostro intendi-
ora entrato nel compiuto dominio del
esami
e le discussioni
più non mancano.
Le sue opere che venti anni fa non si trovavano, si ristampano ora in Germania ed in Italia; la sua vita se non è appieno nota ancora in tutti i suoi pai'ticolari, è già talmente chiarita che di pochi altri uomini si conoscono cosi bene Egli è ora
meno
il
le incliucizioni e
i
fatti.
hlosofo di cui rendono contezza
di quindici volumi.
sono molte ed abbondanti
Le pagine a ;
le
effemeridi le più insigni
ne fanno da assai tempo larghe menzioni effemeridi,
si
pubblicarono e
numerosi opuscoli
i
quali ne
non
lui consacrate
si
2.
Ed
oltre le
pubblicano in Italia
commemorano
la vita e
le dottriue.
Tra questi opuscoli ve ne sono parecchi eleganza di Il
Bruno
d'
Europa.
le
è
stile e
scritti
con singolare pellegrinità di concetti.
adunque entrato
affatto nella lettei-atura
1)
Lettere di Antonio Rosmini al prof. Michele Tarditi.
2)
Dovremmo
citare troppe effemeridi se volessimo
principali che di lui parlano.
ricorda.
con
—
Conf.
il
nominare
solo
Fritz che parecchie ne
(
— 358Ma che
mettendo da parte
Due
Sigwait
del
ri'iiiiiir)
;iiiclii'
Arrau
-':
del
Si accdiiipa^uiiaiK
ma
ricche/./a
diic
(lire
uim
con grande diligenza e con
latti
e
siiigoliire cliiai-czz;!
di
diedero pa-
ci
momento.
recchi lavori di
t
accennati opuscoli, è certo
gli
ultimi dieci anni testé trascorsi
gli
del
I
;
rm
1
Uno
critica \
di 1
1
1
k
iotecai-io
>t(
l-'fiili
minor molo
iinMildNaii allri di
ai
•
omettiamo
nnii di miiiniv (Iniirin.i e clic noi per ora
mi
di accciiiiart'. imhi
e po-
m
senza spe-
mIm d si-orrcrc di essi i
|
che
manca
ciali
riserve e itsi
Ma
ani ii-ipatanuMiii' all'a-mianin clic
i
i/i<
nMii np'n/.ÌMii;tii.
lii-i
ampic/./.a
Se
di
\-\
agli .sUidi
ila
menln
li|-uniaiii
delle (ipcj-c dai
,'
dindin
»l(
|
il
i-a
i
tempo
di fare.
gli sciùtti ita-
nidn del
Nolano
e
cniisiilcra/ÌM]ii.
edizione d(dle opei-e (pi.
iii i.
ci
accennali
italiane di
Ialine
clic
dise.'p,,|i
si
aggiunga
bella
la
Paolo de Lagarde e
sarà condotta a compi-
|-'ini-cntin
non
poti'à
si
a
1) Skìwart (Ch.), Trattato ultimamente scoperto da Spinoza sopra Dio, Vuomo, la sua felicità, esaminato e spnegato nel suo significato ed a scopo di comprendere lo Spinozismo. 8°. Gotha 1866, \)2Lg. 107-lo4, Sulle relazioni di Spinoza colle o^jere di Giordano
Bruno.
—
Piccoli scritti. 2
voi., 8".
Friburgo 1881.
A'ol. I,
pag.
49-l.'")l,
Giordano Bruno innanzi al tribunale delV Inquisizione. 2) Giordano Brunó's Weltanschawing und Verhiingniss. Aus (leu quellen dargestellt von Dr. Hkrmaxn Brunnhofer, Kanonsbibliothekar in Aarau.
— GoKTUE, Aìinali
7""'
volume,
8°,
editi per
cura di Luigi Geiger. Vrdnkfovt 1886. Bruno su
pag. 241-250. H. Brunxher, Influenza di
Goethe. 3)
Life of Giordano Bruno The Kolan by Frith, revised by proCarrière. London. Triibner et Co., Ludgate hill 1887.
fessor MoRiz.
ragione affermare che non
si
è fatto
molto per
il
Bruno.
A
questi lavori aggiungiamo pure, per far numero,
prima parte che ora compare seguirà ben tosto la seconda, in cui i pensamenti bruniani ed i principii della lilosofia scientifica ai quali si collegano, verranno esposti e criticamente (Questa nostra scrittura, di cui alla
discussi, e
si
sarà persuasi che la storia non fu in
questo tempo scarsa di studio del Bruno.
NOTE ILLUSTRATIVE
24
—
Berti,
Giordano Bruno.
NOTE ILLUSTRATIVE
Sarò sobrio e nel numero Esse
note illustrative.
estensione delle
sono qui poste coirunico in-
tendimento di evitare che si
e nella
il
testo della narrazione
non
amplii di troppo e che talune censure siano rimosse. Ci siamo in questo nostro lavoro
altri
tenuti lontani dalle polemiche.
profitto
e
come
E
ciò
già in
più
con nostro
senza nostro pentimento. Perciò continuiamo
battendo la stessa
via.
Nota illustrativa
1,
pag. 137.
CASA DEL BRINO. » Il Fiorentino pone egli pure la casa del Bruno radici del monte Cicala. Se il casale di Santo Paolo da lui allegato coincida col borgo di S. Giovanni al Pesco ora
« Gasa.
a
le
distrutto ignoriamo.
Nota illustrativa
II,
pag. 154 conferisci ancJte pag. 158.
IL
Bruno
POETA TANSILLO.
Tansillo ad Ogni pié sospìnto e fa suoi
non Le poesie del Tansillo pubblicate dal Fiorentino stesso, milpare facciano ampia prova della simpatia che correva tra il Bruno ed il Il
solo taluni
Tansillo.
cita
il
versi di
lui
ma
intieri
sonetti.
— 364 — Nota illustrativa III, pag. 202. IiIT(»U.N(> I»KL
r.lU
NO
IN l'AlilGI.
Bruno preparò meutre era
in Parigi le tesi che egli diPentecoste del 1^86 col sussidio di Giovanni Kennequin. In questa preparazione mise non meno di quattro 0 cinque mesi. Perciò egli nel Decembre del loH.") doveva già essere in Parigi di ritorno dall'Inghilterra Al Sigwart non parrà soverchiu il tempo che io dò al Bruno per la coraposizione delle sue tesi. Il
scusse
nella
Nota illustrativa IV, poji. 206. coi.l.Kc.io 11
Di
Bruno abbia tenuto la sua non nella Università Padetta. E ciò egli argomenta dal
Fiorentiiid ò di ]tarere che
disjnita nel
(;(ill('gi(»
di
(;\mi;i;av il
Cambray
e
So /-Oo/i/ic COSÌ iKcracemifi acrotlsìnufi che dà alle tesi proposte, lo non so se al tempo a cui si riferisce la disputa del Bruno
rigina
t»
titolo di
nella C
esistesse ancora
il
c-tdlegio di
Cambray
o se esistessero speciali
il nome, ma quello che so, Bruno dice e ripete non una ma più volte per la bocca di Hennequin che egli è desideroso che le sue tesi si discutano nella prima ibdlc Vitircrsiiii. Li Jiac (tlma ìilcrarum parente. Aggiuii::'' <'lic ji;ti'l;i!idM in una tanta ['iiiNcrsità non gli uscirà ch'Ita una pai'olachc non sia degna di (fucila grande
sale le quali ne ritenessero ancora é che
il
accademia. L'Henne({uin recita la sua orazione o declamazione in auditorio regio Parisiensis accadetniae. Basta leggere le dieci o dodici prime pagine di quelle tesi per incontrare quattro o cinque volte il nome dell' Università Huius unirersitatis e la sua bella sentenza « che Aristotele deve più a questa Università., ossia all'Università di Parigi, che non l'Università ad Aristotele.
Nota illustrativa T, pag. 208. GIOVANNI HKNNEQLIN.
Noi abbiamo fatto passare tutti gli Hennequin che sotto il di Giovanni sono registrati nelle intricate genealogie del jMoreri. Dobbiamo confessare con nostro dispiacere che a nissuno dei medesimi calzano i caratteri che contrassegnano
nome
.
,
- 365 — l'Hennequin del Bruno. Né ci pare che questi possa essere lascierebbe supporre il Brunnhofer Autore del libro Guldon Général des financcs, etc. di cui l'Hoefer ci dà parecchie notizie biografiche perocché se egli nel 1584 aveva già pubblicato il mentovato libro noi saremmo sicurissimi che il Brund l'avrebbe accennato ed avrebbe da quello preso motivo per segnalare il suo discepolo. Dunque Giovanni Hennequin insino ad ora resta quale Bruno e quale noi lo abbiamo qualificato cioè giovane di nobile famiglia e studioso della filosofia Bruniana.
come
:
Nota illustrativa VI, pag. 228. MANOSr.lUlTl NOKOl'F
f Autografi del Brunoj.
Gli autografi bruniani i più sicuri sono quelli del libro del Rettore di Ginevra, e della matricola di Marpurgo. Non osiamo dire se gli autografi del Norofl' da noi riprodotti siano veramente tali e ciò per la ragione che non potemmo coi nostri occhi esaminare i medesimi. Se le parole da noi riferite nel testo a pag. 228 sono autografe, avremmo fatto con la .scoperta di quelle un grande passo perché ci tornerebbe più facile formarci un'idea della scrittura del Bruno. Noi attendiamo che i commissari i governativi incaricati di pubblicare i manoscritti delNoroff,ci introducano nella scrittura bruniana.
Nota illustrativa VII,
%>ag. 246.
GIOVANNI MOCENIGO.
primi libri che il jMocenigo lesse del Bruno ? E difficile rispondere con esattezza a questa domanda. Il Mocenigo secondo confessa il Giotto che non aveva interesse a mentire conobbe le opere del Bruno comperando il libro Quali furono
i
:
De
triplici
minimo
et
mensura
A me pare che questo libro poteva già essere giunto a Venezia nel mese di Maggio o Giugno del 1591. Dopo questo altri libri del Bruno dovettero pure essere conosciuti dal Giotto ed anche dal Mocenigo. E tra questi gli Eroici furori. Pare quindi che si possa affermare che il primo libro del Bruno conosciuto dal Mocenigo sia quello De triplici minimo et 7nensura.CìvQ,2i questo Giovanni Mocenigo y eòi Appendice II. \)
Prima
il
CioUo avea indicalo
gli
Heroici furori^ poi
si coi-resse.
— 366 — Nota illustrativa Vili, pag. SI
I,
I.IDHO
«
250.
DE MOy-iDK INUMERÒ ET FIGURA
»,
che noi continuiamo a citare sotto il titolo De Monade da quello De ììienso et inniunerabiìibus. Noi senza fare disputa per questo distacco diremo però cIk^ 1" invertire l'ordine di questi due iriOl libri che neir edizione del vendono distribuiti l'uno prima, l'.ilti-n ddpd ci porta a ])i,i:iiarri più aiì)itrio die li11
Fiorentino stimò utile separare
bertà nella
i)iililiIica/.ione.
non
In secondo luogo
modo
assoluto
é lasciare
il
il
\
a
di
dai'-li
hi
ragione per dctcrminaiY^ in
è
i
ibd secondo sul primo.
la pi'cinincii/.a
decider<'
dioso che non In tìne
libro
il
ipn'vta
cn^a
d.'ci-;a.
zione. Perché Tacendo precedere
itrauìnerabUihiis a quello De
De ìiioridde. A noi i)are che stampe anzi
aKerare
l-'ior^nlino ( (iIiMìlmIo di
nazione del De iìnmenso
il
Aolume
Ik'
Ja
impagina-
iinnieuso et
momKU'
bisoiiiia elie l'impagiindip-Midcntemeidc da ({nella
sia latta
convciitra costantemente
segnii-'-
ndle
l'ordine indicato <ìalh' eili/idni principi che
mutarle con poco prolitto di lutti. E poi perchè chiamare De maciino cui quattro
Meglio
preminenza a ciascun stu-
si
intit(dano:
Nota
De
]\,
il!iis1rativ:i I
wii'.i.i
\
et
ina. rimo et
ni
i,
iniuieuso 8
ri-
non
li])ri
di
iuui'merabUibus?
p/uj. 3.10. \o.
Non era ancora uscita tntta la prima <''ii/.ion<' ddla mia Biogratia del Bruno, che un mio amico il conte di TourneIbrt piemontese mi scrisse significandomi che vi era luogo a credere che Giordano provenisse dai Bruno o Bruni patrizi della repubblica di Asti di parte Ghibellina per gl'infrascritti argomenti
:
Nel 1435 Ludovico Bruno del ramo dei Conti di Roccaverano e Cassinasco era Consigliere dell'Imperatore Federico indi di Massimiliano IL Poi Legato Pontitìcio di Alessandro VI presso quasi tutte
le corti Cristiane,
in Sant'Agostino in
come porta
la
Roma.
Y. Biorci, ]\Ioriondo, Vallauri, Rossetto, Casalis.
sua lapide
-
— 367 — 1500. Enrico Bruno, Arcivescovo di Taranto, e poi Cardipone nale, ministro di finanze, segretario del Concistoro fabrica e dota la Ciiiesa di Roccavela lapide al Ludovico rano feudo della famiglia, come dichiaravano sei grandi iscrizioni appostevi. Dapprima era stato Vescovo di Feltro.
—
;
1505. Paolo Emilio Bruno Vescovo di Nepi e prima Vigiensein Dalmazia, nepote delFEnrico. Un ramo di questa famiglia stabilissi a Manduria (o Casal novo) presso Taranto ai tempi dell'Enrico, dal quale nacque Antonio Bruno Poeta distintissimo circa il 1600.
V. Rossotto, Vallauri, etc.
1848. Monsignor Francesco Bruno di Ugento pari del Regno interviene al convegno di Roma 1854 per il dogma della immacolata. La famiglia Scarampi della quale troviamo un Vescovo di Nola contemporaneo al Giordano é pure Astigiana, e troviamo quest' agnazione soventissimo mescolata coi Bruni a partire dal 1273. Nel qual tempo furono uno Scarampi poi un Bruno successivamente podestà di Genova. Nella facciata della Chiesa di Roccaverano un'iscrizione porta: '(
Johannes Franciscus Brunus Episcopus Nolanus , oh
mortcm Henrtci Bruni Archiepiscopi
Tarentini, Patrui sui,
hoc opus perfecil.
Sembra quindi al Tournefort che anche i Brwii di Nola provengano dallo stipite di Asti, e che vi si stabilissero circa al tempo del Vescovo Giovanni Francesco. Le riferite citazioni parendomi poca cosa misi senza più da parte l'origine Astense del Bruno. Fanno ora sette anni incirca che il Fiorentino credette di aver trovato nel censimento dei fuochi di Nola bastanti notizie per far conoscere la famiglia del nostro Giordano. E certo che mancando i libri battesimali dei quali fln dal 1866 noi avevamo invano fatto ricerca nell' archivio Vescovile, le tavole del censimento potevano offrire fatti ed indizii di singolare
A
momento.
consultò non già in Nola, ma in Napoli il 128 dove le medesime si contengono e venne nelle
tal fine egli
volume
seguenti conclusioni:
— 368 — l«
Brano Giordano non
Il
è
menzionato nel censimento
dei fuochi dei 1563 perchè in questo Nola ed a studio in Napoli.
tempo era assente da
2'' Ohe nella numerazione dei fuochi del i54ìi vi è la miglia di Geronimo Bruno con molti tìgliuoli di cui ecco Geronimo di 40 anni la moglie Mariella, di 41: il nomi tiglio Nocenzio, di 25, ammogliato con una Fiorenza di 21 anno: un figliuolo Giovanni di 20 anìii, die dovrebbe essere i
—
il
:
padre di Giordano; un
altro
figliuolo
Felice,
chierico
a 18 anni: un altro Marco Antoni^
rosa famiglia Bruno, secondo il Fiorentino Non faremo
.
i
I
sono
Nel volunio quali figura Anno 1522 Foglio 12 lo
3.
n.
la
so\-t'rcliia
i'.'::i-t
rati
i
\i\«'/za di fantasia.
censimenti
sc-iiciiti
famiglia Biini'i o JW'uni.
Caradonid .
om
iiinal/atM
quesf'i'il li/iu
,
PeUenrini Brvni
r.a
a
—
50
.
a
lacohìi.x fil/cs
Xalalis
a
>'
Nel margine esterno
si
legge
di
alti-o
RefecLus in meliori forma
carattere:
in sequenli
folio.
Nel margine interiore
si
legge:
Lderrof/ata lìaiq^er ex inquisii ione.
NB.
l'articolo è cassato.
Inventa
est
domus novUer evacuala
focolari in inis (sic) et
cuni
quo de recenti factus est per ispectionem oculoi'um
judicatur foculare defraudatuìn Regie Curie tanto magis quod dederunt Apriìem Brunum cum duobus fìUis prò eu-stinclo qui est numeralus in antiqua. 445. Foglio 12 lo Num. lOS
a
Nardus Brunus „ Santa uxor
„
,
Sebastianus fdius
a
.......
a
— — —
35 on oO 12
nei
— 369 — Nicolaus fdius
a
Santlllus
»
-
5
Antonius Laureto
»
a a a
-
3 13
Paulijia filia
a
-
10
Clarella
a
-
5
»
»
-
-
Anno 1522 Anno 1522 Foglio 13
Numero 110
Foglio 13 111
Isaraero
BevardÀìius Brunus ^ jilius loannes Ioannella uxor
a
70
a
40
a
30
-
Silvester filius
a
-
6
Lucianus » lacobus Antonius
a
-
4
filius
....
lacotms de Pellegrino Bruno ,
.
,
Angelus filim Francìscus » Caradonia Noverca
Nel margine interiore
.
.
.
.
50
a a
v.^
2
a
12
-
a
6
a
50
legge:
si
Abfis Neap. ut dixit
Dal 1522 bisogna venire sino per trovare il nome di Bruno. Anno 1563 Anno 1564
m— m=
Foglio 57
Numero 513
al
censimento 1563
a
-
46
Mariella uxor Nocentius filius
a
-
41 cum
25
uxor
a
-
Hìeronimus Brunus
.
.
.
a
'
Floreìitia
m= m—
Martia filia lóannes filius Felix
»
clericus
Marms
m =
Antonius Augustinus Prudentia filia Isabella
a a
»
.
filius »
.
a
.
a
.a a a
» Camilla a » a Caiainna Fabius filius supradicto a Nocentio
21
3
20 18 11
9 19
-
14
-
4
6
In veteri
No 263 Nioolao cognato et in
precedenti
numeratur No 379 in 2 casella folio primo.
^ 370 Nel margine esterno
si
Hieronymum
legge: dixit
moìHuum ab annis
Idem de uxore ab annis
iV^'
2.
'^aiiiato^^ fi.
1247.
relieta filia.
Maria Marocta vidua quoyidam Fabi commorante hic cimi Sanlillo elatis
annorum 9 cwn Francisco elatis annorum 3 filiis numerala tantum Maria
cum
Nel margine interiore
^loamies)"
filiis.
si
legge:
Martiam dixit mortuam ab annis 5 in capHUs scparatus quia costai per informalionem oretenus captam vivere seorsum a patre Felicem dixit mortuum ab annis 20. Augustinus Neapoli ah annis 6, et tessetore de velluto absque uxore in catasto n. 132 addilus N" 7897. Isabellam mortuam ab annis 2 et relieto viro Santolo Tir ietto Sellaro com-
morante numerato N° 3540. Camillam niortua,m ab annis 20 in capillis Caterina idem ab annis 10. Fabius numerandus ìiumeraius numero
'
690. Foglio 58
Numero 521
Nicolaus Antonius Brunus , -7 ^ Prudentia uxor gravida Oratius filius
.
.
-
Julia
»
Nel margine interiore
si
.
.
— 34 — 26 a — a — 7 a
a
o/-
1
legge:
Nicolaum Antonium ab annis 20 ìnortuum.
Prudentiam ab annis
22.
reiicto
Fabio 699. in Hnea dì
.
Prudentiam dixit mortuuni ab annis 2
N"" 109
ai di sopra
a Mariella
Innocentium dixit mortuam ab annis , Idem de uxore ab annis 2. Ioannes numeì^atus N" 650. Marcus Antonius numerandus cum ,
4.
25.
aFiorentia.
.
-371
—
HoìxUium mortuum ab annis 25. luliam Neapoli ab annis 20 ad serviiia meretricium absque bonis et ìieredibus^ in supro diclo folio 134 addita iV* 2901. Nel margine esteriore
legge:
si
In velcri A"" 257 cum quondam Polissena maire, et in precedenti numerato N"" 373 in casella 2 folio
3.
Anno 1526 \
— 40 — 40lA ... a — 9 ... a — 5 .a — 15
Natalis de Pelleqrino Bruno 11 uxor Mariella
Foglio 144 lo no 1422
Ioannes Leonardus
fllius
Andreas
»
Victoria fdia
Nel margine interiore
Invenimus
in
.
a a
legge:
si
Rare Magnifici lacobi An-
tonii de Cesarinis.
Anno
,
1545.
Nell'anno 1545 ossia nel censimento del 1545 che è quello il Fiorentino ritrova tutta la famiglia del Bruno, non vi ha ombra di questa. E ciò per la semplice ragione che nell'anno 1545 non è descritta nel censimento alcuna famiglia che porti il nome del Bruno. in cui
Il
Commendatore Bartolomeo Gapasso
dell'Archivio di Napoli, da
rispose
:
«
Direttore Generale
me
interrogato circa l'argomento Nella numerazione del 1545 non ligura la famiglia
Bruno. » E con rara cortesia e lucidità confermava il detto con le seguenti parole: « La numerazione più antica di Nola é, come rileverà^ del 1522, ma doveva esservene una antecedente, perché qualche in antiqua ( num. ) ponilur volta in margine si nota N" 147, ecc. Questa andò smarrita. Posso poi assicurarla che nel 1526 un solo fuoco Bruno ritrovasi, E NEL 1545, NESSUNO. » .
:
-I)
11
Direttore dell'Archivio scrive in nota le seguenti parole:
merazione dell'anno ^526 è posta fuori luogo, tra del 1503. »
cjuella del
«
.
La nu-
1545 e quella
— 372 — Anno 1563-G4. Ora per mostrare che
famiglia Rruiio o Bruni che
si trova dà ^er la vera l"ami
la
nel censimento 1563-64, che
il
Fiorentino
ci
i
sè,
perchè sono gettate
in
aria senza l)ase.
DOCUMENTI
^,l|||^WMIira«l.|||||l,|„(||||||l..».U,,«lm,l,|||„||||„|,
f"l""",|j|n|||[iT|][-||m7ÌM,,6,Trm„||||,,|||„|||fIippiJ^
''"""UlffpllilMlpi"
,
VENETI
Documenti
intorno
trascritti
a
Bruno
Giordano
dagli
da
Nola
Archivi Veneti.
Trocesso erettosi dal
Tribunale delV Inquisizione in Venezia
contro
manoscritto di questo processo che noi facemmo
Il
per
Giordano Bruno da Nola.
i
primi
di
pubblica
ragione
^
e
che
trovasi
R. Archivio di Stato (già dei Frari) in Venezia
pone di due
fascicoli e di
un
foglio staccato. Il
fascicolo contiene tre denunzie: la
gio
1592,
stesso di
la seconda addì
25
si
nel
comprimo
prima addi 23 mag-
e la terza
addi 29 dello
mese. Tutte e tre queste denunzie pare che siano
mano
dello stesso
Mocenigo. La seconda denunzia
porta a tergo due note del padre inquisitore Giovanni
'l)
Vedi: Fila di Giordano Bruno da Nola. Torino -I8G8, presso
grafia Paravia.
la
Upo-
- 376 Gabrielli
da Saluzzo.
documenti
1
scicolo corrispondono a quelli
nostra stampa Il
secondo
i
numeri
fascicolo
vili, IX, X, XI, XII,
i,
n,
ili,
contiene
xiii,
XIV, XV,
staccato vi è la deposizione di Fra
questo primo fa-
di
clie
portano in questa
iii'"'
i
iv e y.
rimanenti
XVI, XVII.
vi,
vii,
Nel foglio
Domenico da Nocera,
che noi crediamo autografa. Essa è segnata in questa
stampa
col
n.
x.
Nel Verso dell'ultimo mezzo foglio del secondo fascicolo
sta
scritto
' "
:
2o maij 1592 Centra Jordanum brununi
Nolanum Fuit trasmissus ad
Urbem 19.
DOCUMENTI
'
I Giovanni Mocenigo donunzia Giordano Bruno al
padre inquisitore di Venezia. 23 maggio •1592.
Mollo Reverendo Padre
et
signore osservandissimo.
Io Zuane Mocenigo fò del Clarissimo messer Marcoantonio dinuntio a Y. Paternità Molto Reverenda, per obligo della mia conscientia, et per ordine del mio Confessor, haver
sentito a dire a giordano bruno nolano, alcune volte che ha ragionato meco in casa mia, che é biastemia grande quella de cattolici il dire, che il Pane si transustantii in carne, che lui é nemico della Messa, che niuna religione gli piace, che Christo fù un tristo et che se faceva opere triste di sedur populi, poteva molto ben predire di dover essere impicato. che, non vi é distintioni in dio di persone, et che questo sarebbe imperfetion in dio, che il mondo é eterno, et che sono infiniti mondi, et che Dio ne fa infiniti continuamente, perché dice. che vuole quanto che può. che christo faceva miracoli apparenti et che era un mago, et così gì' appostoli, et che a lui darla l'animo di far tanto, et più di loro, che christo mostrò di morir mal volentieri, et che la fuggì quanto che puotè. ,
-f)
(|ui
Hi produciamo in
quesla stampa l'orlografìa del manoscritto.
— Diremo
per una voKa sempre clie e>sa e perfettamente conforme alla stampa
nostro opuscolo che
lia
per
titolo':
Nola. Uoma, Salviucci ^880. 25,
—
BERTf,
del,
Documenti intorno a Giordano Bruno da
Giordano Bruno.
- 378-. che non vi é punitione di peccati et che le anime create per opera della natura passano d'un' animai in un'altro, et che come nascono gli animali brutti di cnirutione cosi nascono anco pfli huomini, quando doppo diluvij ritornano a nasser. Ila inostrato disse^^nar di voU'r l'arsi autor di nuova setta sotto nome di nnM\;i lilosoiia. lia detto, che la Verfiine non può liaver parliiriti'. r\ die la nosti-a le(h' cattholica é piena tutta (li hestfiiiii' (hiiIim la Maestà di dio. che lìiso^iuai'obbe Ic'Nar la disjnita et le ondale alli frati, ])('rehè imbratano il nion(kì. che Sdnii (ulti a^mi. <•! clic jc niKirc (ipinioni sono i
iicii liaM'iaiiiu inuva. clic l.i nostra lede che M mai lar ad alln .|ucllu cIh' non VO|ic|- Immi i.iit,, ||,,| |,a-ta \ ci'c. et \ die se altri iicccati. et die v| iii('ravi<;lia come
(lotriiic d'asini,
clic
meriti
d
che
rcssiiiKi
n'aiid''
Iik..
(.n
"
-u|i|Ma
(li'i
;i
liilli
ili
;-'li
taiilc
li
all'arie
di\ iiia|n|
nii'iidd.
clic s.
niente liei
par
a
|m,
II
di
dell,,
iiT Ili
aT impilali te\erc chi i
,||
clic
si
i
I
d
Ini. I
M ai
d"a\ Il
irpi
i-i
pila
uni
iiM
Ir,
dMitui
li
la
i
lutti
i
jn
iiiii
il
sajinlo
tlieologhi
xadte in Kdina (juerelle
arliciili, et
In iiiip'datn
ó dii cred(de
hanno
nuli
a ni ere.
ii - pi
Illa
volci' att<'ndor
di
lar cdrii'r didi'o lutto
Iia\iiln altre
c|-
l'elite,
l'accusi"», I
n
die chiarii
e| a
calldrici.
tiitli
c|M picMMitatii, perdi.'
iiieiiirc
al'
lid c^jc
la.
tmiia^d.
eh''
i
Ini
e|ie
clic se n<'
ddiaver
l'U'i'i
ffettato in
Tliavesse accusato
Ielle.
ho detto a bocca, havendo notato tutte queste cose per darne conto a V. P. M. Reverenda quando ho dnhitato, che se ne possi partire, come lui diceva lio serrato in una camera à requisitione sua. di \ (der laia'. et perdiù io lo ten^^'O per inch'inoniato, la i)re^ro far rissolnin
di-<euiia\
Il
non sajMMido die
d'iiiiparai- da Ini.ciniie
l'ossi^
cosi ii-i>to c(nn«' e et
,
I
tione presta di
hii.
p(jtrà dir in conformità al
6'.
Ofjìtio^ il
Ciotto libraro^
Messer giacomo bertano pur libraro^ il qual bertano mi ha parlato particularmente di lui, et mi disse che era nemico di christo, et della nostra fede, e che gl' haveva sentito a dire di gran heresie. Mando ancora a V. P. M. Reverenda tre libri del medesimo à stampa dove sono state notate alcune cose da me alla sfugita, et insieme un' opereta di sua mano di dio, per la dedutione di certi suoi predicati universali, dove potrà mettervi il suo giuditio. ha praticato anco questo in una acadcmia del Ser An-
et
-
370
-
drea Moresini del Clarissimo ser giacomo, dove praticano molti gentil' huomini, i quali haveranno, per aventura, sentitogli dire qiialclie cosa delle sue. Quelle fatichete che costui ha fatto per me, che non sono di alcun rilievo, le darò volentieri alla censura sua, desiderando io in ogni Conto di esser vero figliuolo d'ubbidienza alla santa chiesa.
Et col fine a V. P. M. Reverenda, bascio riverentemente le
mani. Di casa.
alli. 23.
Mazo {maggio)
1592.
Di V. P. M. Reverenda Servitor obi."*''
ZUANE MOCENIGO.
'
II.
Seconda
deii:
ncia di Giovanni Morenigo a carico del Firuno. 2.3
Molto Reverendo P. In quel giorno, che io
et
maggio Vòd2.
sigs mio osservandissiìno.
tenni serrato lordano bruno, di-
mandandogli io, se quello che non haveva voluto insegnarmi, siccome m'havea promesso à forza di tante cortesie et di tanti doni, che io gl'havevo fatti, gli pareva di farlo almeno, perché io non lo accusassi di tante scellerate parole che mi haveva detto, et contra nostro Signor giesù christo et contra la santa chiesa catholica; mi rispose, che non temeva del'inquisitione, perché non offendeva alcuno à viver à suo modo et poi che non si riccordava d'havermi detto cosa alcuna cattiva, et che se pur Fhavea detta, Thavea detta à me solo, et che però non poteva temere, che io gli nocessi per questa via. et che anco quando fosse andato in mano della inquisitione, al più riiaveria
\
ha
il
potuto astringere a rivestir Thabito dismesso.
Questa denuncia strilla sollo forma di lellera è di cinque facciale ed se;^uenle indirizzo: AH II. Kdo p. el sig. mio Oss^o il p. Inquisitore
di Venezia.
- 380Adunque
sete stato religioso
gli
dissi io!
mi
rispose, io
primi ordeni, et però in ogni Caso potrò sempre accomodar facilmente le cose mie. gli soggionsi, et come po-
bobbi solo
i
cose vostre, se non credete nella saiiti:^male di N. Signor giesiì dirislo se havete le anime nostre i^er latN' di laiigo, et die tutte l'operationi del mondo siano guidale dal latto, come altre volte m'avete detto! bisogna prima, die voi vi accommodate d'opinioni, et poi vi sarà facile l'accomodarla del resto, et se volete io ^ i otTerisco, quanto agiuto in ciò posso darvi, perche conosciate, clieseliene, vi siete dimostrato tanto mancatore della vostra parola con me, et tanto ingratto alle Corlisic, che vi h(i usate, ad (i;j!iì modi» in ditte, le cose vi voglio esser amico, à questo non un i-im-r .ilhd, se non che mi pregava a lasciarlo libero, et che se bene ba\'ea prciiarato le sue robbe, et dettitmi de voler pai'tire, die lo bavea latto non con pen-
trete
accomodar
sima
trinità, se ditte tanto
le
l
siero di etVettuarlu l'esser insegnato,
\u'r r-iIreiLir
:
con
la
(juale
io
I;i
l'alligeNo
iiiipalieidia del(K'I
coiitiiiuo. et
mettevo in libertà, mi lia\erebbe insegnato ({uanto sapeva, et che a me solo sanano stati scoperti i secreti di quante opere havesse mai fatto, che pur intendeva di farne di Indie, et l'arre, et che mi sarebbe stato schiavo senza aiiei igiiit inno, che io gl'havessi dato, et ira che se io volevo tutto quello elie egi'havea iidla mia casa, me lo lasciava; perchè in ogni modo have\a liaMito ogni cosa da me, et che gli liastava solo, che io gli desse almeno Copia d'un libretto di ooncjiurationi che io ho trovato tra certe sue carte scritte ; di tutto questo ho voluto dar conto à V. P. M. R'', perchè accompagnandolo con il resto, giudichi del fatto, secondo la prudentia del suo giuditio, et della sua santa mente, vi sono alcuni danari, robbe, carte, et libri suoi de quali le piacerà ordinare, et siccome ella mi ha favorito con molta carità di perdonarmi l'error mio nella dilatione di che se
lo
l
questa accusa; cosi la supplico che li piacia di scusarlo appresso quei signori Illustrissimi con il rispetto della mia buona intentione, et col non haver potuto cavar in una sol volta tutte le cose, oltre che io non ho conosciuto la pravità di Costui, se non dappoi, cbe l'ho tenuto in casa che possono essere circa doi mesi, perché doppo che venne qui^ è stato parte à camera locanda in questa città, ma per la maggior parte à Padoa. et poi desideravo di levargli il buono, et per potevo anche assicurare. il procieder, che tenevo seco, mi
-381 che non sarebbe partito da
me
senza prima farmene motto, di poterlo far capitare
mi ho promesso sempre
intantoclié
censura di quel Santo offitio. ottenuto con grandissimo obligo alla P, V. M. Reverenda per la diligentissima cura, che ha avuta, et col line le bascio riverentemente le mani. alla
Come ho
Di casa
alli. 25.
mazo
1592.''
Di Y. P. M. R^ia Sevitor obl.'"°
ZUANE MOCENIGO.
Ili padi-e iiKiuisilofo pi-csenla al
Sanlo
Uffizio la
denunzia
coiilro (jioixlano Bruno,
Die XXV maii ^'j92.
Fuit presentata mihi Fratri Johanni Gabrielli Salutiensi, S.'" officio, si et in quantum, ut supra dieta denunciatio. Interrogato ipso denuntiante supra generalibus, ad quae
Inquisitori Veneto, et acceptata prò
recte respondit.
annorum
et est jetatis
34.
Nobilis Venetus.
omnia contenta in hac presente denunciatione, et in alia per ipsummet mihi porrecta die sabbati proxime preterito,
([ui
proprio luramento Gonfirmavit tactis sacris litteris, et sic dimissus fuit imposito ei silentio sub eodom (sic) Juramento. ubtenta illius subscriptione Io
di propria
4)
K pure di cinque pagine ed
Oss.mo vi è
ZUANE MOGENIGO,
mano affermo
il
il
p.
Incfuisitore di Venezia.
indirizzata al
è
Sull'ultimo
sigillo dello scrivente, leggendovisi
Le parole comprese sotto questo denunzia avanti riferita. 2)
q/o di sopra
il
n. ni si
mollo K. p
Verso di ques'.a
cognome
et
signore
denunzia"
di lui.
trovano sul terzo Verso della
-
—
382
IH
'
l
i
Die Marlis 2G mensis maij ^502.
Assistente clarissimo Aloysio l'ascari.
Contra Jordamim Bninum Nolaniiin, presentata in fitio ])er inuKunì R. T. IiKjuisitorein.
Nuova deposizione il)
Moccnifio a carico del
(iioN.inni
di
coiiliiiuazioiic
;illc
(Icmiiizii;
sovra
l'crcli.'
iiinlld
Sdii
scrilh' a
non
l
I'.
Mdlto
{M iisamlii
Ih'Ii
giordano
mi
1.1
\'.
;ì
Iv.'"
tulio
1'.
iiriia
(luello,
rnidato (rhav(Tffli
W
Sifiiior
M.
i;''',cli<'
il
S(>ntito
pn h'-'<|.'|\ -1'
mio
V.m).
oss.^"»
imposto, che io vadi che io havessi udito da
clic lacesse coiitfo la
Ih iiik», ii
et
l'i'iino
rifcrilc. (2'J ma,-jj;io
Mallo Reverendo Padre
S*" 01-
nostra fede catholica: le cose giù
dire, oltre di''
usa adesso
la
chiesa
perché quelli con h; predicatioiii. ri iNiii ('<('iii|ii (li laiuna vita convertivano la genti'; ma dir lioia dii ikmi wìoì essere Catholico, bisogna |M-!ia: perché si usa la forza, et clic piMNi il ra-tÌjo. et la Moli l'amore. cIh' ({mv^to mondo non poteva durar cosi, perché noli \'era se non ignoranza, et ninna religione, che l'osse buona: che la Cattolica gli piaceva ben più dell'altre, ma che questa ancora haveva bisogno di gran regole, et che non stava bene cosi, ma che presto presto il mondo haverebbe veduto una riforma generale di se stesso; perché era impossibile che durassero tante corruttele: et che sperava gran cose su '1 Re di Navara. et che però voleva afrettarsi a metter in luce le sue opere, et farsi credito per questa via, perché quando fosse et che non sarebbe stato stato tempo voleva esser Capitano e lincilo, di.'
iisaxaiio
\|'ov|,,]i-
:
Que>(a noia o documento
Verso della denunzia cui 2)
n.
Questo documento
si
clie
eh:' si
voglia cliiamare
ritrovasi nel quarto
allude nella nota anlecedenle
ora ha
il
n.
iv nella
prima
e
viu essendo in ordine di tempo posteriore alle altre denunzie.
il
^
— 383sempre povero, perché liaveria goduto i thesori degl'altri. Mi disse anche in proposito del non saper di questi tempi che adesso che fiorisce la maggior ignoranza, che habbi havuto mai il mondo, si gloriano alcuni di haver hi maggior cognitione che sia mai stata perché dicono di saper quello che non intendono, che è che dio sia uno et trino, et che ,
queste sono impossibilità, ignoranze, et bestemie grandissime contra la Maestà di dio. Et dicendogli io che tacesse, et che di gratia si espedisse di quello che egli liavea da làr per me, perché essendo io catholico, et lui pegio che luterano non lo potevo sopportare, mi disse. Oli vederete quello che avanciarete del vostro credere! et ridendo mi diceva aspettate il giuditio, quando tutti ressussiteranno, che vederete all'hora il premio del vostro merito. Et in altro proposito mi disse, che sicome reputava per altro savijssima questa Repub])iic-a così non poteva lare che, non la dannasse à lasciar cosi richi i IVatti, et che doveriano fare, come hanno fatte in Francia, che le entrate dei monasterij se le godano i nobili et li fratti mangiano un pecco di prode, et die cosi sta bene, perché quelli, che entrono frati al di d'iioggi sono tutti asini, à quali il lasciar goder tanto bene é grandissimo peccato. Oltre di questo mi disse, che gli piacevano assai le donne, et che non havea arivato ancora al numero di quelle de Salamene, et che la chiesa faceva un gran peccato, nel far peccato quello, con che si serve cosi bene alla natura, et che lui lo liavea per grandissimo merito. Et questo é quanto che di novo mi son ariccordato havergli sentito dire. Il
che tutto affermo alla P. V.
JM.
R.J% con
mio giuramento humilmente le mani. detto giordano, dove ho
esser verissimo, et col line le bascio
Le mando ancora un
libro
di
notato un passo cattivo, come ella potrà vedere, et lo potrà far considerare come gl'altri. pi casa. alli. 29. mazo 1592.
Di V. P. M. R.^^ Servitor humilissimo
ZUANE MOCENIGO J)
Porta
Conslu di qualli'O pagine, più quaf Irò righe compresala sotloscrizione. s'il
Verso dell'ulUaio mezzo foglio Al mollo
H'io et
s.
mio oss.mo
p. fnquisitore di Venezia.
A
S,
DQmeniCo*
il
— 384V. Giordano Bruno
è arrcsialo d'ordine del
Santo Tribunale.
Die IMarlis 2G niensis mail 1592.
Assistente Clarissinio Doni ino Alu\>:io Coiiip.iiMiit in Saiicti»
Capitaiieiis
l'.x"
d
Cdii-..
iviulit
priuit
Sabbato su le M Imre di ik.IIc da noia, ([ual In. rilnixalo in una nella (jual
1i;iìmI;i
il
(
Mai'issinio
del
carcerato nelle carceri ordine di questo santo
l
i
s.i
i'iiscari.
l)(»niiims Mattlieiis
>iliili(t
(
Giordan lirnno de S. Samuel,
ca.sa in conti'à
Zuane
S<.'i'
ufi
ictcniito
h.»
de Avantio
infra Videlieet.
MoecniiJ^o, et
e ciò
)|jitio,
l'Iio
ho csseuilu
di
ibunale.
TI. Il
libraio ('.ianibaUisla
(
iotlo r
del Sanili
l
t-ilalit
fli/io.
—
a
i
(»mj)a;
\ùv Marlis
Assistente Illustri-ssimo
i
re avanli
il
'J'rilmnale
Sua deposizioni'. 2(i '
inaii
ni('n->i>
Domino Aloysio
l.")1(2.
Fuscari.
Corani llìustrissùnis ci Uecerendlssimis Dominis Ludovico Taberna muilio aposlolico.Laurentio Priolo^ Patriarcha Yenctiaruìn et mullum Revereìido Palre Mar/istro Jo. Gabriele de Saluliis Inquisitore cilaliis comparuil Doìuinus Joannes baptisla Ciollus iSenensis librar ius ad insigne Minerva'^ Venetiis liabitalor in confìnio Sancii Julia// i, delalo sihi lur amento de ver itale dicenda'^. Ii(terro(j((tus
:
— Se conosce
un certo lordano bruni. No-
lano, che cognitione ha de lui, et che
homo
é,
et
de che pro-
fessione \)
Avevamo
data del dì pag.
'IS
nella edizione dei
2!).
—
Se
il
documenli slampali
al
testo posta la
come
si
vede a
di questi documenti, la data del dì 30, (piella del martedì antece-
dente al sabato non poteva avere cbe quella del 2)
uniti
sabato del mese di maggio porla,
2
Per dare più chiarezza alla nostra stampa adoperiamo
Per la sfessa
contenuto
il
il
carattere cor-
—
documenli ed in talune frasi .speciali ragione premettiamo a tutti i documenti il sommario del loro quale non si trova negli atti originali.
sivo nell introduzione de' singoli
— 385 — —
Reapondit. Io conosco questo Giordano bruni da nola^ o napoletano, et é un homo piccolo scanno con un poco di ])av'ba nera de età de circa 40 anni, et la prima volta ch'io viddi costui fa a Francforte in Germania dove ero andato alla fiera del mese di Settembre, che questo Settembre prossimo, saran doi anni, che allogiando io secondo il solito quando vado à quella città nel convento de' frati Carmelitani, vi trovai allogiato questo .lordano ancora, col qual parlai et raggionai diverse volte, mentre che io stetti ivi circa quindeci giorni facendo egli professione de filosofo et mostrando d'haver lettere, et letto molte cose et doppo l'ho anco conosciuto in questa città essendo venuto diverse volte alla mia bottega a veder, et comprai- liliri. Sabclens ad Interrogai or liun: Questo Jordani é venuto in questa città per quello, ch'io so, perché un giorno il Signor Zuane Mocenigq gentiluomo Venetiano comprando un libro dato fuori dal detto .lordano intitolato Heroici furori ^ me domandò, se io conoscevo costui, et se sapevo dove egli era all' bora, lo gli dissi, che si, e che io l'avevo visto in Francoforte et che credevo, che fosse tuttavia lì, et il detto S/ Mocenigo soggionse lo vorrei che egli venisse a Yenetia per insegnarmi li secreti della memoria, et li altri, che egli professa, come si vede in questo suo libro, et io a questo risposi, credevo che se sarà ricercato, venirà, et così doppo alcuni giorni esso ser Mocenigo mi portò una littera direttiva al detto -lordano con farmi istantia che io glila mandasse come feci dicendomi che gli scriveva per veder se voleva venir a Venetia. et doppo comparve egli qui, saranno circa sette mesi, o otto, et stette qui non so quanti giorni a camera locanda come io credo et doppo andò a Padoa dove stette forsi tre mesi andando però, e venendo spesso da Padoa a qui, et ultimamente venne a star in casa del detto S/ Gioanne Mocenigo, dove credo che vi stia ancora Interrofjatus. Se sa , che cosa egli fac' esse et babbi fatto a Padoa mentre, che é stato lì, et che cosa anco faceva in casa del detto S/ Gioanni. Respondit. lo non so, che egli facesse altro, se non che diceva lui medesimo che scriveva per servitio del detto ,
—
,
,
,
—
,
—
\
)
I.c
iniiiiino
parole
li
Heroici furori s,om cancellate ed in margine è scritto
inagno et mensura
».
«
de
386-
--
S/ Gioanni per insegnarli la memoria, ed altre scientie et il medesimo credo che habbi fatto, et l'acci bora in casa sua Interrofjatus. Se sa, che detto .lordano habbi dato l'uori altro libro, chel suddetto per lui nominato, et che libri, et de che materia, et in che loco sono stampati RespondU. Oltra il sudetto ho visto un altro libro intitolato li heroici furori sotto il nome del detto .lordano stampato a Parisi, et un altre» intitolato BelV infinito universo, ci mundi, stam])ato' in lii.LihiKt'na, conie io credo, se ben dice ,
—
—
in
\"<'[i('tia,
—
CI' se.
Siiljiìciis
ma<^n.i
i
de Fi'ancidnil»'
mandato
s-'
>.i
ddlo
lud
i
d
sta((j,
ho
in (h)-
calholirct
sia
,liird;iiio
- (iiiaiid.. hw parlalo, r|
ìlrsinnulil. ,l(,rilaii(i
([Ili
liniain.
llera
di
Ser,
(il.
l-'ra
ii<-i
il(i\
Ili» .
.L'IL.
.anni
le.
.1
ran.-i.lMrl,.
mie spese, intendendc
tirar a
.1
.n.'l ii-
1.
.iic
.
ho
la
(piai.'
Iialihi
l'a-.pia
la
mi
.
ni.'
n.l.
.
.l.d
insc^Miarmi ((naiitità da m-'
ju'omesso de
(•din.'
iMimi .•liri^liaiK»
l'I
M.m-.hil.'..
Iraltalo
,
(«•
aii.lar.'
n.l.. !•
»,
alla detta liera, rispond.
in
a
'l'i
dir ci^a, p.-r
ca
>ia
iil.'
a
l'I
a
ii
(Innari
sono
da ('hri-liaim
et \i\'e
a
io
d(d detto (iioi'daiio
lnterr()(l((ltis.
mai
jicrsoiK^ sciicdari
piiì
d(i\t'
b'tto
lia
dÌNcrsi Inochi di Aie-
in
dir -,
iiiicso
lio
<(
l';in-i
ili
iiitrxi
l'Im
([ih -ti»
|
(lucile part(;
eh.'
Cd^tni per
jtuMic.iiiii'iitc
liiost)Ii;i
.
.
a
(.mr.laii...
cose, et ha a\ ii..ii
-la
li.
iil-
pa--ala alla
d.dlo
il
andar.'
cosini
li.,
(piale iit(.)
non
.picsfo conto,
diil.iP.. cir.-uli
dubitar clic
\..|.'\()
il
ddlo non è
dillo
'jK.riK. io
m. mi di-.-,
Ir'
d. ll..
in. .Il'-
mi
ii
il
('l'Ii
Iicin',
p.
dir.'.
pr..-
(r..\.'.
.h 'iin
.•..ii
dclli»,
.ino
({ui
me
robl)e
ha ,
et
posso da bene, lo
Kianclortc lia\"cr<'i a cai-o, et ini Jarete piacere di tar qualche diligentia per saper se è persona da potersi fidar di lui, et se attenderà a quel che lui mi ha promesso. Onde quando fui a Francoforte parlai con diversi scholari , che erano andati alla sua lettione in quella città mentre è stato li et che havevano havuto sua prattica et conversatione da quali mi iu detto in summa, chel detto Jordano faceva ben professione de memoria, et d'aver altri j)er('»
aiidanilo
a
,
,
-1)
Dopo
la
parola stampato vengono
le .seguenti
terra se bene dice le qua'i sono cancellale. 2)
Vi sono
le
parole in casa cancellale,
come
io
credo in
Ip.tjliil-
,
- 38" — ma che non si era mai visto, che egli havesse opera con alcuno, anci, che tutti coloro ehe havevano havuto a far seco per simili cose erano restati mal satisfatti, dicendome di più non so, come egli stia in Venetia, perchè qui è tenuto per homo che non habbi alcuna religione^ et questo è quanto so, et ho inteso di lui il che havendo refferto al detto Ser Gioanni quando fui ritornato dalla fiera mi rispose, anch' io vo dubitando di questo ma voglio veder che cosa posso cavar delle cose che egli mi ha promesso per non perdere in tutto quello che gli Irò dato, et poi lo voglio remetter alla censura del Sant' offizio et questo é quanto io so et che posso dir del detto Jordano et se io sapesse secreti simili,
fatto
,
,
,
più
lo direi
Super genera li bus recte, aetatis et annorum 29. R. C. et fuit sibi dclatum iuramentum de silentio
YIT. Esame
del
(eslimon'o (liacomo Boriano lib aio da An\er.sa ahilanli! in Venezia.
Die die! a.
Corani sopnuìicl ìk rilnhi^ comparull dominns Jacobus Briclanus de Anlaerpia, libraruts Veuelils habitans in confinlo S. Marimp ; deìalo sibi iaraìncnto de veritate dicenda
Ad opportunam
interrogalionem dixit.
—
Io
conosco
il
detto Giordano bruni Nolano et V ho conosciuto prima a Franeoforte già tre anni sono, et doppo à Surigo in terra dei Sguizzeri, et ultimamente qui a Venetia et Toccasione è stata ,
che trovandome
a Franeoforte alla fiera tre anni sono non so se fosse alla fiera de pasqua o de Settembre ed intendendo
Jordano era là allogiato nel convento de frati Carmelitani, havendo visto prima alcune sue opere stampate et curiose, mi venne desiderio di vederlo et parlarli, et cusi elici dett(»
\] Le letlere R.
zione.
,
C. [relecium
confìrmuvil)
non
ai
trovano nella prima edi-
— 388incontrandolo un giorno per strada, che
accompagnai
seco, et parlai
con
lui
mi
fu mostrato,
me
un gran pezzo, doman-.
come
stava in quella città, et che cosa faceva, et sue opere, come erano anco laudate da molti et doppo in Sorigo lo trovai per passagio a caso et li parhii, come quello, che Thavevo conosciuto prima et doppo che é stato qui a Venetia T ho visto diverse volte et incontrato, et salutato e raggionato di diverse cose 11 detto Giordano, per Subdens ad iììlerrogationem. ({uanto me disse il Pi-inr de quel convento in Franco torte se occupava per il più in scriver, et andar diinierizando et stro legando cose nove. Lcgiicva In rcìalione infcrrofinln.'^ dirli dottoi'i liorctici jX'iTli/' liilti di' l'ittà sono lirrcli.-j p.irlando universalmente et in Surigci leggeva per ({uanto lui mi disse à
xlandoli
laudando
le
,
—
—
certi dottori (.
non so che
d'alti-a scieiilia,
da
Ini.
Meda
a
1
(
iM
rt
i
1
j
de filosofia, lum glilo domandai ne me Indetto imn SO che cosa egli s'iiahhi latto, se
lettioni se l'ossero lettioni
i)ereh(' ,
;i
1
i
detto alcune volte, che lui taceva elicerà se sarebbe visto in esso tutte le seientie, à l'adua per quel tempo che vi è stato, leggeva a certi scholari Tetleschi, non so maneo che lettioni. limi
un
(
Ile
lil'io.
lui iiicdc-iiin» ih" lia il
quale
lìiterroQdtus.
liniln
—
se sa
,
clnd
detto
r.iordano
sia
buon
Christiano, o no
—
Con meco il d' Ilo (iiordanij non ha detto Respoadit. ne mi son accorto de cosa alcuna, che non sia da christiano. Me disse bene quel Padre Prior del Carmine de Francoforte, domandandoli, che homo era il detto Giordano, che egli ha\e\ a bel ingegno, et d^dle lillere, et era lioiiio universale, ma ehe non haveva religione alcuna per quanto lui credeva, soggiungendo, egli dice, che sa più che non sapevano li Apostoli, et che gli bastava l'animo de far se liavesse voluto che tutto il mondo sarebbe stato de una religione, fuori di questo non so altro del detto Giordano per coxito delle cose che toccano al Sant'OlRtio, ne manco nel resto più de quel che ho detto Io non so il nome de quel Dicem ad interrogalionem. Prior de Carmini, ma hora e pur li a Francoforte, et é Prior tuttavia, et credo che sia perpetuo, perché sono sedeci anni, che io ho pratticato in quella città, et in quel convento, et ho sempre visto questo Padre, Prior di esso Convento. Et per quanto il medesimo Giordano ha detto a me in Francoforte et qui ancora, è stato in diverse Città di Germania et
—
,
- 380 di Francia, et in particulare a Paris, Tolosa, altri lochi
come ho
—
detto
Vitimbergh,
et
^
laferrocjatus. Se sa esso Testimonio ch'el detto Giordano hahbi intrinseca amicitia in qnesta città de alcnno, che possi esser informato della sna vita et costumi et che in sumnia saprebbe dar conto di lui delle cose pertinenti al S. Offltio, et se ha visto et letto tutte le sue opere, et che g'iuditio ne fa, et che opere sono, et dove sono stampate ResxJOìicUt. — Io non vi saprei dir chi sia amico intrinseco de detto Giordano qui ne de chi sia stato fuori de qui, fuori del detto Padre Prior, che sapesse dar conto de lui, ho visto diversi - libri suoi, uno intitolato Cantus Circeus stampato in Parisi, un altro de ?7^e;/ior/a stampato in Parisi, un altro et altri , che (le lampade combinatoria stampato in Praga bora non mi riccordo, li quali pero non ho letto, ma quando alcuno Ila raggionato delle opere di costui, ho sentito a dir et di beli' ingegno, et credo a tutti che sono opere curiose di ha ver un policino de tutte le opere del detto Jordano datomi da lui medesimo il quale cercarò et trovandolo lo ,
,
,
,
,
portare subito al S. Ollltio Super generalibus recte, etatis sibi
delatum iuramentum del
annorum
37 R. G. et fuit
silentio.
YIII. Primo consliluto del in Venezia
l>i'una.
— Rende
— Comincia
iMgione ai giudici
pei-cliè
sia
vernilo
a narrare sonnr.ariamenle la sua vita.
Die et assistente supradicto.
Coram supradiciis conduclus quidam vi?^ comunis staimele cum barba castanea^ aetatis el aspeclu annorum quadraginta circiler^ cui delalo iuramento de verilate dicenda^ qui laclis scipiuris iuravit. Et cium moneretur ad dicendiwi veritatcm antequam ulterius interrogarctur dixit ex se,
(Giordano Bruno) Io dirò la verità più volte mi é stato minacciato de farmi venire a questo Santo ofhtio, et sempre rho tenuto per burla, perché io sono pronto a dar conto di me. ,
1)
Tra questa linea
2)
Invece della parola diversi c'era prima
e la segu n'e leggonsi cancellate le parole la pai ola Ire clie fu
sup generali.
poi rancellala,
— 390 —
Suhdcm ad interrogafioncm. Trovandomi a Francoforte l'anno passato hebbi due littere dal signor Gioanni Mocenigo gentilhuomo \'enetiano, con le quali me invitò a venir a Vedesiderando secondo chemi scriveva, che io li iiis<';iii;ìsse memoria, et inventiva promettendomi de Iratlarmi bene, et che io mi saria contentato de lui, et cusì venni, saiMimo 7. (I s!. nn'si al (piale ho insegnato diversi termini <|ii<'>t(" (lue scicntic stando prima fuori di casa [)< riiii' iili sua, iilliiii.iiii.Mitr n<'lla sua projyria casa, et parendomi d'aver r;illM, insegnato bastava, et dovevo rispetbi ;tlli' cdvi- eh,' lui nn' i-iccrcnto deliberando netia,
l'arte della
;i
<
|
(
|
i
pri'cin di' ii|(irii;ir
L'inNedi
|ML'IÌ;il
iiil'Midc'idn
ca^a
di
jinì
s'-ii'iilic
,
i|ii<'-l'i.
j)r<'-lii
tdie
l-'r,i
.1
|i;i-^.it(> <
!
ic(
.r<
iilc
per
•
nix'-
r||e
ad
r
ii.i
in
dii
iii-laiitia pi'r r'-riiianni, -!
Il
liivv,.
MI
\al.i elle
il
III
priuiiesso, (4
li
J)(pÌ
a
\.-(|eiir|d
u
1
1
liinia
sarei d'-taln
\' iier,ri,
rrv\r ii
|i
1
'1
\(,|cx>i'
11.
ii
mie
(»pere
il
(piale
.
pactir
ixirsone
alti-c
ni-laiiiln tiitla\ ia
\mIuIo restar d^
iiiM,|(. i-h(>
1;
,
le
l'iKiri
istess(»
a lui il altre, che andai' a e\a, un fu a biriid foli molta
(•'iiuinrÌM pi'iiiia a d'd'T-i. di'- im'U
lia\i\,i
1
iii>(';jiiati'
i'raiieolurte secdiidii clie
il
s|;i|ii|i;il-
Ini
I
(Iiiliil.iiidii,
pi'i-
lia\i'\(i
1
Ih-. •liti
d
de
\
(dd' partii',
|ia\e\(» iiiM'Liiialo
|i
quanto
dirmi, che se Mddulà, che haverebbe trola iiiilt<'d<'l Lfioriio seguente, 1
laccia nii
(ledo
>ei-
i
coii
(ii(iaiiiii
io jiersl-
eli.'
d" pirdriiii e| die |,, lia\e\'0 dato già ordine alle eOSe mie, et lai In pia II ica di- iiiaiidar le ndjbe Ito -otto pretesto di voa Krancolòrte, \cniie che io era in nella ressoliiliniu'
s!('\n
l'
lerme i»arlar, et doppo che fo entr.ito lui sopraggionsero il suo servitore chiamato l^ortolo con cinque o sei altri salvo il vero, che erano secondo io credo, et al mio giuditio gondi' (pielli che stanno \ ieiiii, et mi fecero levar de letto, didi' et me eondussero sopra un stdaio, et ine serrorno nel detto solaro dicendo esso ser Gioanni, che se volevo fermarmi, et i
i
li termini della memoria delle parole, et li termini della Geometria, che me haveva ricercato jjrima che me haverebbe fatto metter in libertà, altrimenti me sarebbe successa cosa despiacevole et io rispondendoli sempre, che me pareva di averli insegnato à bastanza, et più de quello ch'io dovevo, et che non meritavo di esser trattato a quella maniera me lascio li sino il giorno seguente che venne uno
insegnarli
,
'
cancellate <) Si leggono mi venne poi un cnpKa'W.
le
seguen'i
pai'olt;
la
no
sin
la
sera^
die
— 391 capitanio accompagnato con certi homeni, che non conobbi, et mi fece condur da loro lì da basso nella casa in un magazen terreno, dove mi lasciorno fino la notte, che venne un altro capitanio con li suoi ministri, e me condussero alle preggioni di questo S. officio, dove credo sia stato condutto per opera del detto ser Gioanni, il qual sdegnato, per quel che ho già detto, credo, che bavera denontiato qualche cosa di
me.
Interrogalo : - Come ha nome esso constituto. et qual é suo cognome, de chi é stato, o è figliuolo, de che patria, suo padre. et natione, et de che professione é stato esso et Respondil: - Io ho nome Giordano della famiglia di bruni, della città de Nola vicina a Napoli dodeci miglia, nato, e allevato in quella città, et la professione mia é stata et é di littere, et d'ogni scientia mio padre liaveva nome Gioanni, e mia madre Fraulissa Savolina, et la professione di mio padre era di soldato, il (piale è morto insieme anco con mia madre. Subdens ad inierrogalioneìii : Io son de età de anni (juarantaquattro incirca, et nacqui per quanto ho inteso dalli mei, dell'anno 48 (1548). Et sono stato in napoli a imparar littere de humanita, logica, et dialettica sino a 14 anni, et solevo sentir^ le lettioni publiche d'uno che si chiamava il Sarnese, et andavo à sentir privatamente la logica da un padre Augustiniano chiamato Fra Theofilo da Vairano, che doppo lesse la metafisica in Roma, et de 14 anni, o 15. incirca pigliai riiabito de San Dominico nel Monasterio, o Convento de S. Dominico in Napoli, et fui vestito da un Padre, che era alfhora Prior de quel Convento nominato Maestro Ambrosio Pasqua, et finito l'anno della probatione fui admesso da lui medesmo alla professione, la quale feci solennemente nel medesimo Convento, et non credo che altri alfhora facesse professione, se non un converso, et doppo fui promosso alli ordini il
,
—
sacri, e al sacerdotio alli
messa
in
Campagna
debiti, et cantai la mia prima medesimo regno, lontana da un convento del medesimo ordine
tempi
città del
Napoli, stando all'ora in de S. Bartholomeo, et contini^ai in/^uesto habito della religione de S. Dominico celebrando messa et li divini
sotto titolo
\)
Le seguenti parole in corsivo non
lettioni pubbliche
d'uno che
si
chiamava
si il
trovano nel!
Samae
et
prima edizione andavo a sentir. i
le
-392Tobedienza de superiori (loU'istessa religione, de monasteri et conventi, dove son stato sino Tanno del 76 (1576) che fu l'anno seguente doppo T imo (1<'1 Giubileo, che trovandomi in Roma nel Convento della MiiicrN a sotto Fobedienza de Maestro Sisto de Luca procuralo!' (b ll'ordine, dove era andato à presentarmi lìerchè a napoli ero stato processato due volte i»rima per haver dato via certe ligure et imagine de Santi, et retenuto un crucifisso solo, essendo per questa imputato de sprezzar le imagini de Saldi, et .iiKo liaver detto à un Novitio, che leggeva la historia del II' st'ltc allegrezze in versi, che cosa voleva i'ar de quel libro, che lo gettasse via, et leggesse più presto qualche a Uro libro come è la vita de Santi Padri, il (piai ])rocesso Cu riimi ,ilh ;ito n« (ciii])!'. che io andai a Roma articuli, ch'io non so. ]){ il che uscii dalla Religione et de])osto 1' habito. andai a N(di territorin (n iiovese, dove mi tratteni ((u;ittro ó cinque mesi a insegnar la grammatica a putti. Qnihus ìiahifis^ cuni Itord esse( Idrda^ full rennssus ad locuiii suuni, aldino runi inonilionc.olfitii,
et sotto
et delti Priori
i
i
<
|
!•
IX. Secondo cosliUlto dd s!i'a.si
al
lliiiin)
—
(Icsiilcroso di riloriiair
l'oiilcruc
il
Coiiliiiiia
a naiiarc la Mia
nel groml)o della Chiosi
c
vila
di
—
llimo-
lìio^ciilare
libro delle Selle arti liberali.
nic
sal)l)a(i
30 niensis
niaii
-I."j02.
Assislcnle Cìar. Doni. Aloisio Fnscari c-oram mìdlvm Rer,. Livio Pcmcro. Patre Inqinsitore, ac Rcv° et e-rccl.'^ Andilore Illus.*^ D. Nunlij Ap.i consliiu.las supradictus Jor-
danus Brunus educius de carceribus menlo de ver ila te dicenda.
^
delato sibi iura-
Eidem diclo, che dica et narri dove andò quando se parti da Noli, et in che parte, et paese, città et luochi é stato dalriiora in qua, et in che cosa s' é occupato et che cosa ha latto.
—
Resp. Io stetti in Noli come ho detto di sopra circa quattro mesi insegnando la grammatica a ligliuoli, et leggendo
-
- soset doppoi me parti de là et ia sfera a certi g-entilhomini andai prima a Savona, dove stetti circa quindici giorni, et da Savona, a Turino, dove non trovando trattenimento a mia satislattione venni a Venetia per il Po, dove stetti un mese e mezzo in Prezzari a a camera locante in casa de uno dell'Arsenale, che non so il nome et mentre stetti qui feci stampar quest'opera per metter insieme un pocco de danari per potermi sustentar, la (^ual opera feci veder prima al Rev. Padre Maestro Remigio de Fiorenza, et partendomi de qui, io andai a Padoa, dove trovando alcuni padri dell'ordine di S. Dominico, mei conoscenti, li quali me persuadettero a ripigliar riiabito quando bene non havesse voluto tornar alla Religione parendoli che era più conveniente andar con l'habito, che senza, et con questo pensiero andai a Bergamo, et mi feci far una vesta di panno bianco di buon mercato, et sopra essa vi posi il scapulare, che io havevo conservato quando parti da Roma et con quest'habito me inviai alla volta de lione et quando fui a Cliiamberi andando à logiar al Convento dell'ordine et vedendomi trattato molto sobriamente et discorrendo sopra questo con un Padre Italiano, che era lì, me disse avertite, che non trovarete in queste parti amorevolezza de sorte alcuna, et come più andarete inanzi, ne trovarete manco, onde voltai alla volta de Genevre, et arrivato la, andai adallogiar all'hosteria , et pocco doppo il Marchese de Vico napolitano me domandò chi ero, et se era che stava in quella città andato li per fermarmi et professar la religione di quella città al quale doppo che hebbi dato conto di me et della causa perche ero uscito dalla Religione, soggionsi, ch'io non intendevo di profesar quella di essa città perché non sapevo che Religione tosse, et che perciò desideravo più presto de star li per viver in libertà, et di esser sicuro, che per altro line, et persuadendomi in ogni* caso a demetter quell'habito , che io havevo, pigliai quei panni, et me feci far un paro di calce, et altre robbe, et esso Marchese con altri Italiani mi diedero spada, capello, cappa, et altre cose necessarie per vestirme et procurorno acciò potesse intertenermi de mettermi alla correttione delle prime stampe, dove stetti in queir esercitio circa doi mesi andando però alle volte alle prediche e sermoni cusi de Italiani come de Francesi che leggevano et predicavano in quella città fra li altri ascoltai più volte le lettioni et prediche de Nicolo Balbani luchese che leggeva l'Epistole de S. Paulo, et predicava li Evangelij, ma essen,
,
,
2fì
—
BiLRTi,
Giordano Bruno.
— 394 dome (letto, che mi rissolvevo de
io
non potevo
star
longo tempo,
li
non
s'io
accettar la Reliirione di essa città, altrimenti, haverei havuto sussidio alcuno da loro, mr ìsmìIsì
che non de partir,
i
andai a lione, lìoxq stetti un mese, et non tiovando commodità de guadagnar tanto che mi bastasse di i)oter vivere, e per li mei bisogni, di k andai à Tolosa, dove et
un studio famoso,
é
l;i
havcudo
latto prattica de jjersone leggere a diversi scolari la sfera, i|iial lessi C(mi .iltiv h ltinui de filosolìa l'orsi sei mesi et <|ii.'v|,, UIC//,, cssi'iKld \;ic;iln il liKico (jf'l l(»ttor ordinario iil
intelligente, fui
et
a
iIl^•it;lt()
,
111
ì'<
mi pi-cseutai
,
trenta
nuiteria
prima
),;.rlii
et
,|c
aiid.ii
ii
et
b-vi trenta
mi si
et ap))robato il
lilosoiia
a
'
l'ai-is,
Testo de e| do|»i)OÌ
doM'
me
imoi di naria iierlarmi conoscer,
leti
attributi
admesso.
ini
doi anni (•ontiniii
allr.' |c||i,,iii
me
-
-(
i,
(I..I)|mii
Aristot(d(' (ìe Ahììiki, ed
per le guerre ei\ili messi à legger una et far saggio di ine
|'
m,-, ,|^,
,
in (jucdla (alla
lessi
i^t
i|cit,i
al
di\iiii
IcMioiii,
da
tolti
S.
el
|)igliai
per
Tlioinaso dalla
doppoi essendo sta iceicato à |)igliar una r<-stai «d non \ol-i acccitarla per(!hé li lettoi'i publici ,Ii cvv;, cida vanii,, oi-.j iia ria imMite a Messa et alli altri dixini oHlti.i, ed io ho semjtre liigito (pK.'sto sapendo che erti >.oiiiiiiniii(\ito per esser uscito dalla K(digione et liaver deposto riiabito, che so l)ene in Tolosa liebbi <{uella lettionc ordinaria, non ero però obliiiato à (jiicsto come sarei stato j»ai1e, et
lettioiic
l
oi'dinai'ia
i
detta
ip
città
de l'aris
lettion ordinai'ia,
<|iiando
havesse acc(dtata
la
detta
e leggendo ([nella estraordinaiàa a(|uistai
nome
tale, che il Re Henrico terzo mi fece chiamare un giorno ricercandomi, se la memoria, che havevo, et che professava era naturale, o pur per arte jnagica,alqual diedi sodisfattione, et con quello, che li dissi, et feci provare a lui medesmo colio] ,]„ che non era per arte magica ma per scientia et doppo questo feci stampar un libro de rneinoria sotto titolo de Unibrls ìdeanoa il quale dedicai à sua Maestà, et con ([uesta occasione mi fece lettor straordinario, et Provisionato et seguitai in quella città a legger come ho detto torsi cinq'anni. ,
,
,
•I)
e
Sono cancellalo
le
parole
ma
occorrendo in certe dispute che diedi fuori
proposi conclusioni. 2) Si
legge qui
la
parola privatamente
ma
e
cancellala.
— 395-che per
li
tumulti che nacquero doppo pigliai licentia e con
lettere dell'istesso re andai in Inghilterra a star <ìon
sciator di sua Maestà che
si
chiamava
il
S.
Famba-
della Malviciera
de Castelnovo, in casa del qual non faceva non che stava per suo gentilhomo, et me fermai in Inghilterra doi anni, et mezzo, ne in questo tempo ancora che si dicesse la messa in casa non andavo ne fuori a messa,
nome Michel
per
altro, se
ne à prediche per la causa sudetta, et tornando il detto Ambasciator in Francia alla Corte l'accompagnai h Paris, dove stetti un'altro anno trattenendomi con quelli signori, che io conoscevo a spese però mie la maggior parte del tempo, et partito de Paris per causa di tumulti me ne andai in Germania e feci prima recapito à Mez' alias Magonza che è una il primo elettor dell'Imperio, dove non trovando ne qui, ne in Vispure luocho poco lontano de li trattenimento à mio modo, andai a Vittinberg in Sassonia dove trovai due fattioni una de fi-
città
Archiepiscopale, et ó
stt^tti
fino \2 giorni, et
losofi,
che erano Calvinisti, et
l'altra di
theologi, che erano
uno Dottore^, diesi chiamava Alberigo gentile Marchegiano, il quale havevo conosciuto in Inghil-
lutherani, et in questi
terra, professor di legge che me favori et me introdusse a legger una lettione dell'organo di Aristotele, la qual lessi con altre lettioni de filosofia dui anni, nel qual tempo essendo successo Duca il figliuolo del Vecchio, che era calvinista, et il padre lutherano cominciò a favorir la parte contraria a quelli, clic me favorivano me, onde me parti, et andai à Praga, et stetti sei mesi, et mentre che mi trattenni la feci stampar un libro di Geometria il qual presentai all' Imperatore, dal qual hebbi in dono trecento talari e con questi dinari partito di Praga, me trattenni un'anno all' Academia lulia in Bronsavicli, dove occorrendo in questo tempo la morte del Duca {maroine : quale era heretico) feci un' oratione alle sue essequie in concorso con molti altri della Università per la qual il figliuolo successore mi donò ottanta scudi de quelle parti, et me parti et andai a Francoforte a far ,
,
,
stampar doi libri uno de Minimo et l'altro de numero^ monade et figura ecc. Et in Francforte sono stato da sei mesi in circa allogiando nel convento de Carmelitani
'l)
Conf. pag. 2fi del testo.
2)
Tra
la
luogo
parola mio e doUorè leggesi la parola inglese cancellala.
assi-
-
— 396 gnatomi dal stampator,
il
([ualc era obbligato
darmi
staiìtia,
da Francoibrte invitato come ho detto nell'altro mio co usti tato dal ser Ziiane Mocenigo venni sette o otto mesi sono a Venetia, dove iwì successe quel che lio raccontato nel altro mio constituto, et andavo à Francibrte di novo partendomi de ({ui per lar stami)are altre mie oi)ere et una in particulare delle 7 arte libei'ali con inteiitioni de pigliar (|ne>;te, et alcune mie altre opere stampate, et .-Ip' io ;i]»])r()])o, clic ,ilcmie non approbo, et andarmi a prescnlar alli piedi de Sii;i licililudine, la
'
,
\i\ «!
ili
li.il'il
(]ai)il('hi
l'alili
erano
nielli
.
eh ricali' II II
!
l'adri
lÌKiri
iiiaiiiciil
i
N
(|iii
Napulitani
I
la
ii:
I
(|ii.-(i
ioi ic,
del (die à ([iieslo passati
ijionii
dell', n-dinc.
,
dove
ne ho li'attatocoii
ile loi'o, d in parliciilaiv cd] 'adi'c reggente fra Donimicd da Nocera, l'adic Ira Scialino baccilier da Nocera so de die loco sia, ma é del et con Ira (iioaniu, die Regno de Napoli, d nn allro, die Ini ancora era uscito rlalla lieligi(»n(', ma pocco là ha jìigliato Thabito, che e da Atri-
alcuni
l
,
palda
,
clic
d
io
non so
il
iioiue in religione
cliiama dixit
si
ne ho parlato ci>l s.-r /nane Mocenigo, il «{ual anco mi prometteva de ainlarmi in tutto ipn che Tosse stato buono. E/ ad i/Ucr»"it dLcil ho detto, che me vedevo i)resentar alli i)iedi de sua ISeatitudine con alcune mie opere approbate, lia\ ciidóne alcune altre, che non approbo ha\"endo voluto dir, che Ihi alcune mie opere compunte d;i me e( date alla stampa le quali non approbo, perche in esse ho parlato et discorso troppo lilosohcamente, dishouestamente et non troppo da buon christiano, et in particular so, che in alcune de queste opere ho insegnato, et tenuto lllosolicaniente le cose, che se doveriano attribuir alla potentia, sapientia, et bontà de Dio secondo la lede Christiana l'ondando la mia dottrina sopra il senso, et la raggione, et non sopra la fede, et questo quanto al generale, et quanto al particulare me rimetto alli scritti, che adesso non mi soviene articulo preciso o dottrina particulare, che babbi insegnato, ma risponderò secondo sarò domandato, et Felice
Ira'
olirà (|ncv(i
l'adi-i
1
—
mi
sovenirà. Qaibus habitis cu ni liora esset
loci'.m
^) Si
suum animo
etc.
romums ad
tarda fu.U
cum monitione
eie.
leggono cancellale prima della parola alcune
le
.
.
seguenti tutte
le.
— 397 -
X Deposizione del lesle fra DonienUo da Nocera'.
fra
Io
Domenico da nocera
dell'
ordine de' predicatori:
della provincia del regno: e regente nel studio di
Domi-
S.
nico da naprdi: per la presente dico: come liogi 31 di magio 15'.)^ nel giorno di S. ioanne e polo incontratomi con il m. r. p. Inquisitore di vengia mi chiamò: e nella presenta del m. r. provinciale di terra santa e del m. r. provinciale di venetia: e d'altri padri mi fa un precetto: che io dovesse pore in carta si io havesse parlato ad un fra iordano di noia qui in venegia. e che mi havesse decto, Al che io volenno hobedire rispondo e dico, che un giorno di questo mese di magio proximo alla S" Festa della Pentecoste: oscianno da la sacrestia in la chiesa di ioanni e polo mi vedi fare reverenza da un secolaro quale io prima fronte non ben cognobi, poi al ragionarme venni in sicortà: che l'era un che lo frate nostro in la provincia del regno, licterato e che si dimannava fra iordano di noia: e cossi ci ritirassimo in un loco della chiesa sodecta: ove mi narro la causa dela sua partenza dala nostra provincia e dello haversi levato riiabito. a causa che ne fosse stato privato, da un p. fra Domenico vita: allora proviciale: per quello che si diceva con dirmi, di tanta regni che liaveva camminato e corte regale, .
:
:
:
:
:
;
:
con
li
exerciti.)
importanti in
le
lectere
:
ma
che sempre ha-
veva vissuto cactolicamente. Et io dimannannole. che faceva in vengia. e come viveva, mi dixe: che pochissimi giorni lera gionto in venegia. e che dase haveva da vivere comodo: e che teneva pensiero risoluto ([uetarsi e dar opera, a compore un libro, che teneva in mente. E quello poi con mezzi inìportanti di favore accompagnato: appresentarlo a sua beatitudine: e da quella octiner gratia di quanto l'havesse expresso per quiete di sua consciencia, e vedere al flne; di posserse ristare in roma, et ivi darsi all'exercitio licterale. e mostrare :
:
:
'l)
la
Noi poniamo
(|uale,
parte dei
come due
già
qui per seguire
accennammo,
fascicoli di cui si
1'
ordine del lempo cfuesta deposizione
trovasi sopra
compone
il
un foglio separato
processo.
e
non
fa
— 398 — la sua virtù e di accapare forsi. alcuna lectura ». Questo le quanto in conclosione mi raj^ionò, e tanto io anco dico, e confesso: per la presente: scriptura e soctoscripta de mia propria mano: die et anno ut supra. Io fra DdiiKMiifo
iiocora:
confc^siì
((uanto
soju'a
di
:
XI. Viiovi
inloiToqalorii
il
o.
lanino
iilic.ili
«l<'L'iiM
(1(11
1
nuove rispos!»* dcll'acc usalo Sua dotlrina lilosolìca
—
—
Iriiiil,!.
che
n>iii
le
M.u'lis
i)i('
Assislciit(^
111.'"^
I).
di
(>|iini(iiii
—
Lisia
iloi
libri
pul>-
Suo modo d inlcudcir Ario e Salicliio.
2 iiifn>i.s juiiii
l'iitli.
Sclia^tiaiKi r.arliadicii.
Corani I/lus.*n,s r/ y.v /-.".'^ />. yi'niio AposloUco, Palriarcha Vencliarmn et m alluni Rcrdu j'alre Jnqtiisilore consliluius supradiclus JonUuim Brunus educlus de ccwceriOus, dolalo siiti iurdììienlò de rcrilate dicenda. Inter.
stampa,
—
Se
iiiciin n
et comiK'-li.
d
i.i
fiitli
li
liln
ncoida
-c
i
clic
dell.-
<'!iii
lia
nialcrio
dato
in
dot-
et
trina loro. lU'sj,.
-
Io In.
latte
ini;i
li<(a
«le
lutti
li
lil.ri
clic
io
lio
stampare, et di ancora, die ho coiniiosti, et che n(»ii sono ancora stanijìati. et clic andavo rc\cdcndo per darli alla stampa subito che io ne avevo commodità o in Francoforte, o in altro luocho, la (jual nota et lista è questa, el illam evliihnil rnanu eiusdam ut ipm dixit^ e prolenlabis fatti
,
,
fuit scriplau), ci subscrijìtaia leuorts ut in ea, incipicns ìWm varii nostri impressi in diverse parti, et tlniens de sifjiUis
hermetis plolomei, et aliorum, quarti sanctus Trifmnal davit regislrari in hoc proccssu K
Non andandovi niamo che
unita la
lista
dei
libi'i
man-
dei (juali < cenno, noi suppo-
sia stala trasmessa dall inquisizione di
Venezia a quella di Honia.
-399 liiler. il
suo
—
nome
che sono
stampati sotto contiene nella sucomposti da lui, et se é tutta sua
Se tutti quelli
libri,
mano secondo
et scritti a
detta sua lista sono stati
dottrina
stati
si
—
tutti sono stati composti da me, et quel che si Resp. salvo l'ultimo in lista che non é contiene é mia dottrina stampato, intitolato, Be slgilUs Itermelis ptolomei^ et aliorum non é mia dottrina, ma io Fho fatto trascrivere da un' altro libro scritto a mano, che era appresso de un mio scolaro Alemano de Norimberga, che si chiama Hieronimo bislero, et che stava poco fa in Padoa m' ha servito per scrittor forsi dui mesi. Inter. Se li libri stampati sono in effetto stati stampati nelle città e luochi secondo V impressione loro, o pur ,
,
—
altrove.
—
Resp. tutti quelli che dicono nella impression loro, che sono stampati in Venetia, sono stati stampati in Inghilterra et fu il stampator, che volse metterve che erano stampati in Venetia per venderli più facilmente et acciò havessero maggior esito , perché quando s'havesse detto , che fossero stampati, in Inghilterra più difficilmente se haveriano venduti in quelle parti, et quasi tutti li altri ancora sono stampati in Inghilterra, ancor che dicano a Parisi, o ,
altrove.
Suhclens
parlando tulation
in
—
ad inier.'>^ la materia de tutti questi libri generale é materia hlosohca, et secondo l' inti-
diversa, come si può veder in essi, sempre ho difflnito fllosotìcamente et seprincipij et lume naturale, non havendo riguardo
de. detti
libri
nelli quali tutti io
condo
li
principal à quel che secondo la fede deve essere tenuto, et credo che in essi non si ritrova cosa per la quale possa esser giudicato, che de professo più tosto voglia impugnar la Religione che essaltar la filosofìa, quantonque molte cose impie fondate nel lume mio naturale possa haver esplicato Inter. Se pubblicamente, o privatamente nelle lettioni, che egli ha fatto in diversi luochi sebondo ha detto di sopra nelli altri suoi constituti , ha mai insegnato tenuto, 0 disputato articulo contrario, o repugnante alla fede e secondo la termination della Santa Romana Gatholica Chiesa
—
,
,
—
Resp. direttamente non ho insegnato cosa centra la Religione catholica Christiana benché indirettamente, come
— 400 — é stato giiidicalo
dove pur
Tarisi,
in
me
permesso
fu
trat-
de cento viuti articuli contra li Peripatetici, et altri voljjari lilosolì stampati con permissione de superiori coinè liisse lecito trattarne secondo la via (le pi-incipii naturali, n^n ]>rein(licando alla verità \\<'\ secniidd il liniic i|iial lo si possono legger et insegnare li liliri d" Ansidiclf d di l'iatone, che nel medesimo modo indirettamente sono (.idr irii alla fede, an( tare certe disputatioui sotto
il
titolo
i
(
iiKdto
coidi'ai'i
jiiiì
r dille-i. fin-
llilildlatl
(die
Ilo
unn
cr-M.
t'-iiiitii.
i[ii,d
1,1
ri
soiiiiiia,
ili
(|llev|(»
iideiidii
l'iairdi. et
dl\
liKHido
(lue. li
cMlil -HIP'
11
si
iiii'i
Astro
H U
1
1
1
i
,
ti'iiLio
di\iiia
Illa
e|
lio|||:i. ||||
(die
a i(»
1
et SCU Za
un
iiiliiiilo
n
1
i.
|iole|||i;i, ,die
et
alili
iiili-
ho diehiaralo
didla terra
mmki
pendi.'
|io|ci)lia,
>iiiiile alla
-Ielle, le (jual
;i||i-e
eli" io
-imili a (|uevfo
jiarl iciilaii
l'illauuia
altri
('•
iiiliiiila
iiide-iia della
mondi
et in (jiie-
])nò xt'dcr l'intcntion mia,('t(iu(d
producesse un mondo Unito
liiiili ('"Il
si
d.lla
lì'.llo
jiovscildo pro(lur o|(|;i niti,
da (jiKd
(•(.iiosciiili
de coniposil ione J iiKUjiHtint,
in j)arte
et
io
|)ii^v,,|io
liilli
isolicaniente ])ro-
hl<
in
jìaidicnlai'inente
lil»i'i
arficnii da ine
li
questi nltinii lihri Ialini da Fraiicororlc MiiliiKO^ de M(J/iad.', (/< nnniriiso^ ci '.inninic-
rah/Uhas^ sti
clir
quali
Il
stampato
I'
I.
la
([iiale <
iu-
(piale
luna
la
iiiliiiite, et (die dilli
llUllier,,,
ipi.ili
Il
eosliliii-
scono poi la unixersità inlinita in uno spazio inlinito, et questo se chiama universo inlinito, nel quale sono mondi iiiiiiiiiieialiili, di <(u-te che è doppia sorte de in[initiidin(Mle \ crso, i:iaiide/,/.;i didl'u et de moltitudine de inondi', onde iiidiri ttamente s"iiit'iid'' essere repULinata la \erila secondo 11
la
lede.
in
\'\v\\\
Di più in (juesto nnivei so metto una previdenza universal dell;i (|uale ogni rosa \ i\"e, vegeta, et si mox'c et sta
nella -Ila
nei
i
j
mm
modo con
f,
1
1
i(
me^
,t
la
intendo
in
due maniere,
runa
cui presente e l'anima nel corpo tutta in tutto,
et tutta in qualsivoglia parte, et
questo chiamo natura,
bra, et vestigio della divinità, l'altro nel
modo
om-
inelfahile col
quale Iddio per essentia, presentia, et poteutia e in tutto et sopra tutto, non come parte, non come Anima, ma in modo inesplicabile
Doppoi
'i)
Si
nella divinità intendo tutti
leggono cancellale
le pai-oL'
li
attributi esser
da quali indircUam
.
una
— 401 medesma cosa insieme con tlieologi, et più grandi fllosoli, capisco tre attributi, potentia, sapientia et bontà, overamente mente, intelletto, et amore col quale le cose hanno prima Tessere, raggion della mente, doppoi l'ordinato essere et distinto per raggione deirintelletto, terzo la concordia, et simitria per raggione dell'amore, ([uesto intendo essere in tutto et sopra tutto, come lìessuiia cosa é senza participatione dell'essere, et Tessere non é senza Tessentia, come nessuna cosa é bella senza la beltà presente cusi dalla divina presentia niuna cosa può esser esenta, et in (f uesto modo per via di raggione, et non per via di substantiale verità intendo distin tione nella divinità Ponendo j)oi il mondo causato, et produtto intendeva, che secondo tntto Tessere e dependente dalla prima causa, di sorte, che non al)bhori-i\a dal nome della creatione, la quale intendo, che anco Aristotele habbia espressa, dicendo Dio essere, dal quale il Mondo, et tutta la natura depende, sì che secondo Tesplicatione de S. Thomaso, o sia eterno, o sia in tempo secondo tutto lo essere suo, è dependente dalla prima causa, et niente é in esso independentemente. Quanto poi à quel che appartiene alla fede non parlando fi losohca mente per venir alTindividuo circa le divine persone, (jncMa sapienza et ([nel tiglio della mente chiamato da (ilosoli uih'Ui'Ilo, et da Theologi rsrho, il quale se deve cre'
dere haver preso carne humana,
lo
stando nelli termini della
non Tho inteso, ma - dubitato, et con incostante fede tenuto, non già che mi riccordi de haverne mostrato segno lilosolla,
in iscritto, né in ditto, eccetto si come nelle altre cose indirettamente alcuno ne potesse raccogliere come da ingegno (?t professione che riguarda a quello, che si può provar per raggion et conchiudere per lume naturale: così quanto allo spiì'ito divino per una terza persona non ho possuto capire secondo il modo, che si deve credere, ma secondo il modo pittagorico conforme a quel modo che mostra Salomone," ho inteso come anima delTuniverso, overo assistente all'universo, iuxta illud dictum sap. Salomonis, Spiritus Domini replevit orbem terrarum, et hoc quod continet omnia, che tutto con-
\)
Lc^gonsì cancellale
le
seguenti
paroL
moìià'ifo. 2)
Vi è l'avvei'ljio solamenle cancellalo.
:
De quel che me
è
sialo
dl-
— 402 — forme pare
alla dottrina Pittagoriea esplicata
da Vergilio nel
testo deiri^neida ipio cuoliiin, ci
l'i'iiK
terrns.
Luccntcmque plohuni
caniposciiu'
Spiriliis inltis alil (olam([nc INlens ajiilal
I-In-
el
I'MkIm
IP
(•ia,sciiiia
11,1
-|iin(M
ella
i
a
tutti
dixi-HHic.
-olio
i
in \
1
et
luit.
—
ima cssentia.
ma
ri
alli
y
^
alla loro snb-
altro morte, che [);in'
-uh' iio\ imi. quid
espressa <'st
([tiod
>o-l|||,i.
ha tennto, Santo secondo cIk;
in elletto
ccdi.'^titnto
Fiirlinolo, et Spirito
distinti pcr.'i
|H
—
rarl.iiido
i'-oii;iliiiciit('
di
i
i
et
secondo
la
deve credi persona del 11der, ho in eiìetto dubitato cii< a gliindo et del spirito santo non intendendo (pieste due persone distinte dal F'adre, se non nella maniera, cln^ ho detto de soj)ra parlando lilosoiieamente, et assiemando lo intelhdto del Padre per il IlL-'tincdo, et l'amore per il spirito santo senza cono,'>Jcer (inesto nome Persone, che appresso Sant'Agustinoé dechiarato nome non antico ma novo, et de suo tempo, et questa ojtinione l'ho tenuta da disdotto anni della mia età .sino adesso, ma in elletto mpii ho mai però negato, ne insegnato, ne scritto, ma sol dubitato tra me come ho detto rlii'i-ti.iiio '
**
([iiaiilit
o
inse^Mialo, et «'l'cdnlo dalla citliolici cliicsa
Ji'c'.yjondit.
'
;ì
intendo
i-iM-pi
ilottiMiia
PadiN'
theologia et che o^nii red
^
iii-
l'aninìa
iicrò
-iili
l'Ili'
Se esso
d
\i|;i, I,t(|ii,il
la
(|l|i'l
(|r|riiiii\-('i'S()
\ 1,1
\it,i.
noli
.
mini
et ci'ede la Trinità,
ion<'
i
iiii-c
.
iii.i.
i
an<-ii
«liri'.
Iiilerragcitus. ii.-,
ii
riiii-|-i"_Mt loiii-,
et
est ipSUni (fllod
tn
|ir(i\
ni ni"i'l,i
neiriOcck'Sia-l''
r (IctNi
eh,'
|)(,|,
|i1m<(i|ì;i
iiii.i
essere ininmrlak. cimih' .^tantia
infusa per arclus
l.'ii)
-l'Ullil,!
(|ii<--t(>
It.i
mt
li(|ii('nto.s
Tilaniaque astra
liinae,
Li(eì\
—
il
.
t
catliolico
i
Se esso constituto ha creduto
et
crede tutto
Madre chiesa Catholica insegna, crede et tiene della prima persona, et se mai ha dubitato in cosa alcuna concernente alla prima persona Re!ipondit. Ho creduto, et tenuto indubitatamente tutto quello che la santa
—
che ogni ledei christiano prima persona ijuello,
Leggonsi cancellale
le
parole
le
deve creder
due persone.
et tener della
— 403 — Ad
interrogationem dixit quanto alla seconda persona che realmente ho tenuto essere in essentia una con la prima, et cusi la terza, perché essendo indistinte in essentia non possono patire inequalità perché tutti li attributi che convengono al Padre convengono anco al flgliuol et Spirito Santo: solo ho dubitato, come questa seconda persona se sia incarnata, come ho detto de sopra, et babbi patito, ma non ho però mai ciò negato, ne insiegnato, et se ho detto qualclie cosa de questa seconda persona, lio detto per refferir 10 dico,
l'opinione d'altri, come é chi Ario, et SabeUio, et altri seguaci, et dirò quello che devo haver detto, et che abbi potuto
dar scandalo, come suspico, che sia notato dal primo prosecondo ho detto nel primo mio constituto, cioè, che dechiaravo l'opinione d'Ario, mostrava esser manco perniciosa di quello, che era stimata, et intesa volgarmente, perche volgarmente é intesa, che Ario babbi voluto dire, che il Verbo sia prima creatura del Padre, et io dechiaravo che Ario diceva, che il Verbo non era creatore, ne creatura, ma medio intra il Creatore, et la Creatura, come 11 Verbo e mezzo intra il dicente, et il detto, et però èssere detto primogenito avanti tutte le creature, non dal quale; ma per il quale e stato creato ogni cosa, non al quale,' ma per il quale si refferisce, et ritorna ogni cosa all'ultimo fine, che é il Padre, essagerandomi sopra questo per il che fui tolto in suspetto, et processato tra le altre cose forse de questo ancora ma l'opinione mia é come ho detto de sopra, et qua a Venetia mi riccordo anco haver detto, che Ario non haveva intentione de dir che christo, cioè il verbo fosse creatura, ma mediator nel modo, che ho detto, ma non mi riccordo il cesso fatto in Napoli
loco i^reciso se me rhal)bi detto in una spetiaria, o libraria, ma so che l'ho detto in una (h? queste botteghe raggionando
con certi preti, che facevan profession de theok)gia, li quali non conosco, ne se li vedesse non li conoscerei, refferendo però simplicemente quel che io dicevo esser opinion de *
Ario.
Quibus habitis
cum suum, animo
'l)
Vi é
la
cum bora
esset tarda fuit remissus
etc
parola V opinion cancellala.
ad
lo-
—
XII. CoiiliiiiM
l'i
—
('<.nn,'
l
^lii
ii'io
I
—
leri/i
liicsi di
(
S
iMiliii
S.
llriino iiilurno
—
airincariiazionc del Verbo
li'ansuhslaiilialione
liella
(iiov.inni e l'aolo
—
— Ki-e(|uenza
sacramonlo della
del
Meiulo/a
Studi leolo^ii
i
— Libri
terano ne calvinista
Peccalo carna'e
— (ipiiiione di
—
eretici
l'overlà
— l'ropone
dicla in ilotiKt
jiic
Cordili ìindliini
da
Tilaiiora circa Ini lelli
del
(
lero
—
in
al.'a
—
l'eni-
— —
non
lu-
Dimoslra
l'arijii
— del
(rasmifirazione
desiderio di ravvedersi in 'l'olosa ed in l'arici
Ilernar.iiiK»
del
(.n^'t)
'li
(lesuili
clic
Dei^li
e n
"
\po.stoli
di ravvedersi. ci
!o(0 (lirccri.ni San
J*alrc I/K/uifiS'' ci
(illilii.
li
Doiiij'
Audilore
D. Nioilif Aposlolici ci Vicario Palriarcali .Vcncliarum hnhilo vcrha, ci ciun licenlid Clffr.'"i D. SehffIllusi.'»'
i D(trh(i(lir-() co?isliliflu<( sìiprad Iclufi Jorddiiits del (do si hi JurauiJ'^ de ver ila la dicenda
slidit
I/dcr.'"^
u
scritti,
—
'So
olii-.'
l'a^^iriDiiaiiK'iili
IcciKi' dcltcì,
(1,1
o
lui
li.il.liia
alcuna
sci-illo
h?'/(//H.\'^
ilei
alti-a
suoi co.sa
contra le deterniiiiationi Catliolice, et die dipettaiiienti', (j iiidiivttainente s'oppon frano alla S.i^ Sede, t (jiiaii. Respoifd'l. h» credo, elle iKdlc iiiir npi-i-.-
—
I
molte cose, (inali saranno conli-.ii i.' ,ij|,i l-'cde catlioliea, et che parimente nelli raggionanp iili liaNcrò detto cose c'iiaveranno potuto apportar scandalo, ma però io non ho detto, ne scritte queste cose, c.r jiro/esso, ne per impugnar direttamente la fede catholica, ma fondandomi solamente nelle ra giri» ini lilosotìche. o recitanrlo le opinion de heretici Ld -rr. * S.' Ini habhia scritto, o detto alcuna cosa intttrno rinraniat ione della seconda persona, et che opinione scritte
liaMii
in ciò
lia\ Ilio
--Io non ho scritto, ne meno so di ha ver mai raggionato alcuna cosa della Incarnatione della seconda persona, ma in quanto al mio credere, ho ben dubitato tra me stesso, come ho già detto nel precedente mio constituto, Uexiiuud.il
come
il
Ad
.
verbo se sia incarnato iiderrofjalioìiem coiup-uam Respond.il
per maggior quanto ho detto questa mattina Io dico d'haver tenuto, et creduto che vi sia un Dio distinto in Padre,
decliiaratione
di
-405
—
Verbo, et in amore, che é il Spirito Divino, et sono tutti un Dio in essentia, ma non ho potuto capir, et ho dubitato, che queste tre possino sortir nome di persone, poiché non mi pareva, che questo nome di persona convenisse alla divinità confortandome a questo le parole di S. Agustino che dice cum formldine xwofcrimus hoc nomea personae^ quando loquimur de diri/iis, et necessitate coacti utiniuì\ oltra che nel testamento vecchio, et novo non ho trovato, ne letto questa voce, ne forma de parlar Havendo a'oì dubitato deirincarnatione lateiTOf/atus. del Verbo, che opinione havete havuto di Ghristo? Rrspoiid'i. Io ho stimato, che la divinità del Verbo assistesse à (juciriiumanità de Ghristo individuamente, et non ho possuto capire^, che l'osse una unione c'havesse similitudine de anima et de corpo, ma una assistentia tale, per la quale veramente si potesse dire di questo huomo, che fosse Dio, et di questa divinità, che fosse liomo, et la causa é stata perche tra la substantia infinita, et divina, et Anita, et humana non é proportione alcuna come e tra l'anima, et il corpo, 0 qualsivoglian due altre cose, le quali possono fare uno subsistente, et per questo credo, che Sant' Agustino ancora temesse di proferir quel nome persona in questo caso che bora non mi riccordo in che loco S. Agustin lo dica, si che per conclusione quanto al dubio dell'Incarnatione credo haver vacillato nel modo inefabile di quella ma non già contra Tauttorità della divina scrittura, la quale dice Verbum caro factum est, et nel Simbolo, et Incarnatus est etc. Ei dictum rispondete precisamente, che opinione havete havuto, et tenete di Ghristo, poiché di sopra dite di credere di haver vacillato nel modo, et havete ancor detto già di esser stato molto tempo in dubio intorno la Incarnain
questi tre
—
—
—
tione del Verbo Resj3ondit.
—
Glie il dubio, che ho havuto intorno all'Incarnatione è stato, che me pareva non tenere theologicamente dicendo ^ che la divinità fosse con la humanità in altra forma che per modo di assistentia, come ho detto già, dal che non
inferiva cosa contra la divinità de Ghristo, et del supposito divino che si chiama Ghristo Inter Ghe opinione babbi havuto intorno li Mira-
—
^)
Si
leggono cancellate
le
parole per
modo
di assistentia.
—m morte de Chi'isto, et se di ciò liabbi mai raggioiiato alcuna cusa contra le determiuationi catholice.
culi, attioni, et
—
RespoìuUt.
Madre Chiesa
1(1
ho
Gatholica,
tciiuld si
bene
([nello
che tiene
la Santa Miracoli ho detto maggior testimonio
([uaiilo alli
che sono testimononio della divinitii, ma de essi é la legge Evangelica appresso di me, perche delli Miracoli disse il Signore et nmiora hic facleìit, et in questo me occorse ancora che benché altri fanno li Miracoli come Apostoli quelli sono in virtù de Christo, di sorte ben clie li ([ii iiilo ;iir»'sterno ellVtto pare medesimo miracolo de Christo, <
t
ih
ll"
(jucllo
\postc»lo,
(>
Santo, tutta
per altrui virlu.
(Christo l'ussero
diNiiii
ho pensato, hmh
r\\r
d
]^^,'[;^
wii, .h ltc.
volta (jucsto jio
i^mIi,
d
la p(>r pro])ria,
li Mimcoli di non api)arenti, ne mai
Icmii,,
che
n- d-.'^hilo cosa
in
conli*aria di
questo
Ei dicluni — havete ragli ioiiato mai iiiloi'iio il Sacrilicio Santa Messa e d.-H" iicMìainl.' h Mii>iiii.v|aidiatione del Corpo, <•( sangue di Chn^lo. eh,- m ([uclla si la sotto spetie della
•
li
[laiie. et villo, et cip' «'osa
a\ ch' h mit,,.
d
cri'diilo in (piesto
|iro].o>it()
—
lo non ho mai jìarlato del Sacrilìcicj della Rcapondil. Messa, ne di ([nota transubstantialione, se non nel modo, che tiene la Santa chiesa, et ho iiiprc tenuto, et creduto, come tengo, et civmIo che si l'accia la ti-aiisubstantiatione del p;iii<'. et \iiio in (di'p((, et sangue di Christo realmente, et sulistantialmeiite, c(Mne tiene la Chiesa, et io non son stato alla messa per rispetto dell'impedimento della scommunica per esser apostata come ho già detto, son però stato alli vesperi, et prediche fuori del choro, et questa quadragesima ancora ho frequentato la chiesa de S. Zuane e Paulo, et de S. Steffano, et se l)ene per molti anni io ho pratticato con Calvinisti, lutherani, et altra sorte de heretici, non però ho dubitato, ne tenuto contra la trassubstantiatione del Sacramento deirAltiìr(\ ne tenuto altre opinioni loro contro li altri sacramenti, et quanto ho peccato intorno alla fede l'ho detto di sopra da me stesso spontaneamente, senza che altro me lo improperi, perché non so d'haver raggionato con alcuno queste opinioni, che ho detto di sopra, et il pratticar che ho fatto con heretici leggendo, raggionando, et disputando sempre ho trattato di materie lìlosotiche, ne mai ho comportato, che da loro me sia trattato da altro anci che per questo son stato ben visto da Calvinisti, da lutherani, et da altri bere-
— 407 perche me tenevano da filosofo et vedeva che non me impacciava^ ne me intrometteva nelle loro opinioni anci che da loro era tenuto più tosto de nessuna religione, piutostoche io credesse quanto tenevano loro, il che concludevano perche sapevano, che io ero stato in diverse parti senza haver communicato, ne accettato la Religione di alcuni di loro Inter^i-^ — Se ha mai raggionato contra le cose da lui hora deposte, cioè, che Chisto non fosse Dio, ma un tristo, et facendo opere triste poteva ancor predire la sua morte,
tici,
se
ben poi mostrò llespondil.
—
di
Io
morire malvolontieri.
mi meraviglio, che
se
mi
facci questa
interrogatione, non havendo mai havuto simil opinioni, ne detto tal cosa, ne pensato contra quello, che ho detto pocco (a della persona de Ghristo, che é, ch'io tengo quello che tiene
Santa Madre Chiesa. El cum haec cliceret plurimum se conirlslavit^ repplicando, non so come se me imputano queste cose. Ei diclum havendo voi raggionato dell' Incarnatione del Verbo, che cosa havete tenuto intorno il parto della Vergine Maria del detto Verbo. RespoHcllt. Io ho tenuto che sia concetto di Spirito Santo, nato di Maria sempre Vergine et quando si trovarà, ch'io babbi detto, o tenuto contrario a questo, mi sottopongo a ogni pena. Ei cUctum. Sapete quanto importi, et di che effetto sia il sacramento della penitenza Rcspondìt. Io so, che il sacramento della penitenza e ordinato per purgar li peccati nostri ne mai mai mai di questa materia ho parlato, et ho sempre tenuto, che chi more in peccato mortale va dannato. Et ad irderrogalioneìn dixit. — Sono da sedeci anni in circa che io non mi sono mai presentato al confessore eccetto due volte una volta in Tolosa da un Jesuito, et un'altra volta in Parisi à un altro Jesuito mentre trattavo per mezzo di Mons. Vescovo di Bergomo all' hora nontio in Paris et di Don Bernardin di Mendoza et de ritornar nella Religione, con intentione di confessarmi et loro me dissero che non potevano assolverme per esser Apostata, et che non potevo andar alti divini offitij, et per questo son poi restato de con-
la
— —
^
—
~
,
'l)
Cancellate le parole qadle
eì.
-
408
—
lessarmi et de andar a messa con intentione però di nscire una volta da queste censure et de viver eliristianamente, et da Religioso, et quando peccavo, ho sempre domandato perdono al Sig. Iddio et me sarei anco confessato volentieri se liavesse potuto, perche di questo sacramento, come de tutti li altri non ho mai dubitato cosa alcuna tenendo lermamente rln* li Peccatori impenitenti sono (hinnati, et vanno all'inlerno.
El dicliim mortali, et clic
ha
—
adiMKiiic ahi ici^^iiio
11(111
inlni'iiialidiie clic lx'sj)(),i
immortali,
et
.
li.iM.ialc
— lo ho die siano
I.
tt'iiclc,
.j"
.1(1
siano im-
uir;il(ro
come
si
uia dello.
Millo,
ci
siili.vl;iiilie
intellettive, et clie catiiolicamciitc
nn corpo
clic l'aiiinic
-(ii-iMi
ramine siano
IdiLio. che Mihvi.-vt.iilc
.
(^(m''
pailando non
r;iiiiiiie
|i;i>siiio
da
ma
\adiiioo in paiadi-o, o in pui'^atorio o in liiloi'ii", ma ho hcn rau-ionatn d -c-iicndo le i"ao, ;ill
nllro,
'
,
et
ilicxislelite nel
coi-po
p..- a
cui
niedeiiio iinnio che e in
un corpo essere in un'altro, ci jta-^-ar de un corpo in nn'alli-o, il che se non è vero, ])ar almeno \eri
'illaij-ora
Ei
(ì«:liiin
—
liavete voi Nci'salo ne slndi.j theolo;^ici, (d
sette instrutto delle catholiche rissolutioni
—
Respoiidil. Non molto, havendo atteso alla lilosofia, che questa è stata la mia prolessione FA (liclum hav(de \ (H mai \ itn])erat() li tln^jlo^'i et le determinationi da loro latle, dic ndo che la dottrina'' loi'o -
,
sia vanità e simil altre }>arole oppi-obriose
— Parlando
de theologi c'hanno interpretato, Sacra Scrittura secondo la determinationo della Santa .Madre Chiesa; io non ne ho mai parlato, se non bene, posso bene haver detto qualcosa de alcuno particulare, et biasmato, come sarebbe a dir qualche Theologo lutherano, o d'altri heretici, ma de theologi catholici io ne ho sempre fatto stima, et particularmente di San Thomaso, le cui opere le ho sempre tenute appresso di me, lette, et studiate et reputatole, et al presente ne ho, et le tengo molto care UespoitfUt.
et intei-pretano la
{)
Nella prima eJi/.ione
2) Si 3)
leggono cancellate
si
legge ineautenfe.
le sillabe seco.
Leggesi cancellala la parola fede.
— 409 — Ei
— qualB havete voi stimato per Tlieologi He— Tutti quelli quali fanno professione di
dicluììi
retici.
Respondit. theologia, ma non convengono però con la Chiesa io
ho tenuti, Ei dicium
et
li
tici,
et quali
—
Romana,
tengo per heretici havete letto libri de simili theologi here-
—
Io ho letto libri di Melanthone, di Luthero, Respondit. Calvino, et de altri heretici oltramontani, non già per imparar la loro dottrina, ne per valermene^ stimandoli io più di
ignoranti di me, ma li ho letti per curiosità, et questi libri li ho tenuti appresso di me, intendendo de quelli, che ex professo trattano de materie contrarie, et repugnante alla fede catholica, che bene ho tenuto appresso di me altri libri de Auttori dannati, come di Raimondo LuUio, et altri, che
mai
hanno
trattato de materie fllosotlclic Et ad inierrofjatioaeni respondet.
—
pradetti heretici, et dottrine loro, perche
Io disprezzo
li
so-
non meritano nome
ma de pedanti, ma de dottori Ecclesiastici Cane fo quella stima, che devo, et particularmente di San Thomaso, che ho sempre come ho detto di sopra stimato, come l'anima mia, et che sia la verità ecco et amato da me che nel mio libro intitolado de Monade, numero, et figura, carte, o pagine. 89. dico in lode de S. Thomaso, quanto potete vedere, ostendens in dicto libro infrascripta verba videlicet ille oinìiis cuiuscumque Tlieologantium generis et Peripatheticoì'uin, in spctie phÀlosophaniiun honor, atque lux Thodi theologi,
tholici io
'
mas Aquinas omnem. Ei dietimi
minar
—
come havete havuto donque ardire
la lede catholica
piena
di
di no-
biasteme, et de nissun me-
appresso Iddio Respondit. Mai ho detto tal cosa ne in scrittura, ne in voce, ne in pensamento Tnier.ii^^ Quante cose sono necessarie alla salute Respondit. La fede, speranza et charità. Ei dicium Saranno necessarie per la salute le buone opere, overo bastarà non far ad altri quel che non vorressimo, che fosse fatto a noi, et vivere moralmente Respondit. Io ho sempre tenuto, et tengo, che siano rito
—
—
—
— —
^) Leggesi cancellato
27
—
BcRTr,
più
deW
Giordano Bruno.
— 410 — necessarie per la salute gasi
il
mio
buone opere et che ciò sia vero legDe causa, principio, et uno, overo mondo Ibi. IV) Dial. primo che se ve-
le
libro intitolato
de intìnito, universo, et derà, che io dico in particular queste parole olti';i multe altre cose per comproliatione, che le opere oltra la l'ode >i;in(» neces« questa spelie di Jù l/i/iosi, il sarie alla salute, dove dico, quali ime(/ nano lijjojioli a con fidare senza l'opera^ la <jtu/le u è fine de luU.e le Religioni, essere più degna di essere c.sV/r«pata dalla ierra^ die serpi^ draghi, el altri ani)nali2)ernitiosi «alla natura huìnana, perchè li poj^oli barbari per tal coniifìdenza dei^engono più barbari, el quelli die sono natural« niente buoni devengono cattivi^ cos'i persuasi, volendo io intendere qn;niri(> dico Religiosi, tali Religiosi, che cusi si cliiamano tra l-Md. lirligioiic relbrmata, essendo diibrniatissima Se «b- Religiosi Catholici babbi mai raggioInter."" nato vituj)erandnli ])ar(icuiarmente ({uando tengono entrab^ Resjìfmdit. Io non solamente non lio vituperato in modo alcuno li Religiosi per conto alcuno, et nemeno in particulare, ])ei*c'lie non liabbino entrate, anzi per il contrario Ilo biasmato quando li Religiosi pern(»nhaver entrata sono Ibrciati a mendicar, et mi xmì maravigliato in Francia bavendo veduto certi saeerdcdi andai' per le strade con li Mes-
—
^<
—
—
mendicare Se ha mai detto che il viver delli Religiosi 11(111 sia conforme a quello delli apostoli Respondit. b» mai Ini detto tal cosa, ne tenuta, etcuiii hoc diceret elevabat inaini-, «-t ailmirabatur exagerendo, quod de bis et aliis buiusmodi interrogaretur Inter, "j Se ha mai detto, che per la mala vita dei Religiosi il Mondo non poteva durare cusi, et che ninna Religione era buona, et che ciascaduna haveva bisogno de gran regula particularmente la catliolica dando ad intendere, che l)resto si sarebbe veduto una relbrma generale Respondit. lo non ho mai detto cosa alcuna in questo proposito, ne tenuto Inter. ius Se ha mai biasmato l'uso, che tiene la Santa Madre Chiesa per conservare il Popolo che stiano nella via del Signore, et quando procede centra quelli, che se desviano dalla lede catholica, dicendo, che li Apostoli, con le predicationi, et essempij di buona vita convertivano le genti, et che bora chi non vuole esser catholico, bisogna che provi il castigo perehe si procede contra de lui non con amor, ma con torcia sali aperti à
Inter.
—
—
—
—
_
,
— 411 — —
È vero, che io me riccordo d'haver detto Respondit. li Apostoli facevano più con la loro predicatione, buona vita, essempi et miracoli, che con la forcia, che si possa far hoggi, non negando però per questo qualsivoglia remedio, che usi la Santa Chiesa contra li heretici, et mali Ghristiani, et da quel che ho detto de sopra, et mostrato nel mio libro, dove dico, che bisognarebbe estirpar costoro che, sotto pretesto di Religione, et riforma levano le opere et in molti altri luochi delle mie opere si può far giuditio se ho biasmato, et biasmd questa sorte de rimedij di proceder con li debiti castighi contra li ostinati ho voluto dir quanto ho Subdens ad interrogationem detto che li Apostoli operavano più con le loro predicationi, bona vita, essempi, et miracoli che non opera la forcia, che s'usa contra quelli che non vogliono esser catholici che non riprobando questo modo, approbo Faltro. Et et dicto^ Che questa risposta forsi procederebbe se a questi tempi ancora la santa chiesa havesse tanti miracoli come haveva al tempo de Apostoli, et nel suo primiero stato, ma poiché la bontà del Sig. Iddio non permette, che adesso se vedano miracoli se non di raro et persone anco tanto ritirate, che se possano parangonar alli Apostoli, non segue quel che egli ha detto per risposta conveniente però dica in (affetto, che cosa in somma ha voluto, et vuol dire lìespondit. Io credo potersi far comparatione dal presente stato al passato, et dico che quelli operavano quello, tal modo et in che et in qual modo non si opera hoggi, si bene non mancano predicatori, et persone essemplari, che con la loro bona vita, et dottrina possono facilmente indur la gente a imitarli, et credere, ma forsi é per la malignità del Mondo, et di questi tempi. Inter tus se esso constituto ha mai detto, che li miracoli che faceva Giesù Ghristo , et li Apostoli erano Miracoli apparenti, et fatti per arte magica et non veri, et che a esso constituto sarebbe bastato l'animo di far li medesimi et maggiori, et che voleva all'ultimo farsi correr dietro tutto che
—
—
,
,
—
^
,
_
il
Mondo. Respondit.
\) In
luogo di
— tal
Extollendo ambas
prima era
scritto quel;
manus
prima di
quello; queste Ire parole sono però cancellate.
,
et
c/te,
dicendo che
il;
dopo
di
cìie^
— 412cosa é questo chi é stato che ha trovato queste Diavolarie^ Io non ho mai detto tal cosa, ne mai mi passo per V imagi natione tal cosa; ò Dio, che cosa é questa, io vorria esser più tosto morto, che mi fosse sta proposto questa cosa InierMis Se parlando della dottrina di Apostoli et delU Dottori della chiesa, et del creder della fede nostra ha detto, vederete quel che avanciarete con questo vostro credere aspettate il iiimlitin. ohe ;iir liora ^•0(l(M•('t(' il premio delli vostri meriti
—
liespUiuUi. — Io iKni Im iii;ii .lette (lue-tc cose, Signor mio, vedasi li mei ii|.i die heiie xmo jìi-olano non ho però, m;ii .|e|t... iw |i.Mi-;it>> tal et .lalli mei libri si può veder, elle Udii Ih. mai liaxuto tal jx'usiero J/i/c/-.'"die ojiiiiKnie ha esso constitut»» del peccato i
-^i
.
,
—
della carne Inori del volta,
Sacramento del matrimonio Quanto a questo Io ne ho parlato qualche dicendo, che il peccato d(dla Carne parlando in genere
era
minoi- jie.-cato delti altri,
Ilespondit.
il
l'adulterio era
— il
maggior
et
in
spetie
peccato delcarne le-
il
jieccato didli altri della
vato il peccato contro natnra, et ho fatto, che il ])eecato della semplice lòrnicatione sia tanto h-g-ieio, che lusse vicino al ])eccato veniale, (juesto si. che ho detto (|iialclie volta, et so, et conosco de a^eI fletto errori', |M'rclie mi ricordo eh'' San l'aulo dice, (|nod lornicari.i non ])os-~iileliunt Kegnnm l)ei l'ho ])erò detto per leggerezza, et troSiddeiis ex se, \andomi in compagnia et raggionando di cose otiose, o
—
mondane
—
InterMs mai ha detto, che la chiesa ha fatto gran peccato a constitnir jieccato (juesto della Carne col quale si serve così bene alla natui-a, et che ha i)er grandissimo merito usar con donne, o parole simili
—
Io non ho mai detta tal cosa Respondit. che ben so, che è peccato qualsivoglia atto carnale, dal matrimonio in e secondo la legge Christiana, poi, parlando è moralmente et se ho detto, che la fornicatione si può parangonare al peccato veniale per vicinanza et ho allegerito questo peccato più di quel che dovevo, é stato come ho detto per leggerezza, et per trastullo della compagnia che perche non babbi creduto, et credi, che non sii peccato mortale Ei dicentihus Bominis che esso constituto non si deve maravigliare, che gli siano fatte queste interroganze, perche oltra che ve n' é al Santo Olfitio informatione essendo esso ,
,
,
,
€onstituto stato
in
tanti paesi
città e luoclii d'heretici
,
et
con loro, et essendo stato alle sue prediche, si può creder per le cose , che lui ha confessato che possa haver detto, et tenuto, che Ghristo non sia figliuolo de Iddio, ne se sia incarnato, et nato della beata Vergine, et che la humanità, et divinità fosse nella sola Ippostase, et <3h'habhi detto che era un Mago, et che li suoi miracoli, erano apparenti, et che non era maraviglia che predicesse la morte sua opprobriosa facendo opere male, et che la fede de Ghristo é piena de biasteme et che le Religione non son buone, ma bisognarebbe levarle, et levarli anco 1' entrate negando la transsubstantiatione del pane et vino nel corpo e sangue del Nostro Signore, et la virtù delli altri sacramenti, et che babbi no havuto efficacia dalla passione di esso Giesù Ghristo, et che la penitencia sia superflua per la salute dell' anime, et chel peccato della carne non sia peccato, et che la chiesa babbi fatto grand'errore a prohibirlo essendo tant' utile alla natura, et che insomma babbi detto, tenuto, et creduto tutto quello di che é stato interrogato, et delato a questo Sant'Offitio, però si vuol pregar et supplicar con ogni atfetto che ritornato a se, poiché ha mostrato in alcune cose di voler pratticato, et conversato
,
,
,
li errori suoi, continuar a scaricarsi la conscientia, a dir la verità potendosi persuader che da esso Tribunal haverà ogni sorte di amorevolezza possibile necessaria et
riconoscer
-et
espediente per la salute dell'anima sua et sopra il tutto confessi precisamente, et distintamente li errori et heresie detti tenuti et creduti contra la fede catholica , et se altre '
,
volte é
mai
da simil Tribunali,
condannato, una destesa confessione chiara, vera et aperta de tutta la vita sua cosi mentre che é stato nella Religione come fuori a fine, che possa consequir l'intento, et scoppo, che deve esser il fine di ogni sua operatione, et pensiero, che é di esser ricevuto nel gremio della santa Madre chiesa et fatto membro di Giesù 'Ghristo non lasciando de dirli, che se persevererà ostinatamente in negar cosa della quale siate poi convento pertinente alla fede catholica, et contra la determinatione di Santa chiesa non ve haverete da maravigliare se il santo Offltio procederà contra di voi con quelli termini di justitia, che suol et può stato inquisito
et
et da quale, et dove, et sopra quali articuli facendo
,
-1)
Prima diceva indistintamente^
ma Vin
fu cancellato.
-414 — usare centra li impenitenti et che non vogliono riconoscer la misericordia del Signor Iddio, et quanto questo Santo Oftìtio Ila à caro di ridur con pietà, et ciu\rità Ciiristiana quelli die si ritrovano nelle tenebre alla luce et fuori della via retta al camino de vita eterna. llespoiidil. Così Iddio mi perdoni li mei peccati come ho detto la verità in tutte le cose che mi sono state dimanma ])(M' maggior mia condate et che lììi sono i-iccordato
—
,
tentezza, et sodivi-ittiiMM' aiidan'' aiicn [xMisaiKlo
maggiormente
miei, et se mi occorrerà aUa memoria cosa alcuna che halihi detto 0 latto contra la fede Christiana et catholica la a'iatti
dirò
protesto de haver detto il giusto et de dirlo per l'avenir, -et confido di non esser mai
lil"M aiii«Mde et cosi
vero,
t
t
convinto in altro l-:t
cum
liora
aniuK)
riiiu
iiK'iiitione eie.
esset tarda
fuit
remissus ad locum
suum
xiir Sogue
inlcrro^'aforio di
l
Giordano
iiruiio
—
dusse* in paesi crelifi, senza alibracciarne
praliclie
—
pn»i)one di lii>ro
il (l
della
Cena
—
delle Ceneri
— —
vita ,
the Cfili cono seguirne ]t;
(ierolamo, eon
li
—
s-olii di
Krasmo
—
—
Si scusa delle
Knrieo IV re di Navarra Libro Ario Suoi primi professi
lngliillerra
—
— —
incarnazione del
;:enerazione e Si
la
religione
la
nuovamente in che senso ahhia dello di aver Verbo Sua opinione intorno alla Libro delle congiurazioni concezione delle anime Spiega perchè compose studiar Pas'r dogia giudiziaria
hicliiara
(hd)ilaU) dell
Narra
—
—
di
lodi dalc alla regina
Druno San Filippo avanti che
liilinllazione del
San
Suo noinc
(.lisostoriio di
e di
veslisse l'abito. |)ic
Mci-(
in
maìlam
iii-ii
S
]oc-(j
iiinisis Junii
supradicto.
Patre Inquisitore et liev^^ts dS Nuntii apostolici et Vicario Patriarcali Yenet. habito verbo et de licealia Claris, domini Sebastiani Barbadico constitutus supiradiclus Jordanus Brunus eductus de carceribus, delato sibi iuramento de veritate dicenda
Coram
supradictis
domiais Auditore
Rev.
Illasir}
_
Se habbi considerato Tinterrogationi ultimarispondere per la verità se si conosca colpevole. interrogationi dette de alcuna ad Inter
mente
fattegli, et sia rissoluto di
— 415 — Et fuit sibi lectum precedens interrogatorium liesterna die factum Quo intellecto. Resp. È vero ch'io son stato in loco de heretici come ho già detto , et in questo mi rimetto alli
mei essamini;, et conversato con loro , et vivendo come facevano loro nel mangiar, et bever cibi d'ogni sorte in ogni tempo come facevano loro cioè Venerdì, et Sabato, quadragesime et altri tempi prohibiti mangiando carne come facevano loro et molte volte non sapevo se fosse ne quadragesima, ne venere ne sabbato, non havendo nel viver distintion alcuna, se non quando pratticava tra catholici, vero é che io ne haveva scropolo, ma perche pratticavo con loro, et mangiava con loro per non parer scropoloso, et farmi burlar da essi. Inter tus ~ Quid sentiat de delectu ciborum, et de praeceptis Ecclesiae circa observationem ieiuniorum et abstinentiae carnium certis diebus ResponclU. Io tengo cosa pia, et santa quanto è ordinato dalla chiesa circa Fobservantia de jeiuni, et d'abstenersi (laUa carne et cibi prohibiti nelli giorni determinati da essi, et tengo che ogni lidel christiano catholico sia obbligato airobservation di essi, il che haverei anco fatto, se non fosse stato per il rispetto detto di sopra e Dio m'aiuti, se ho mai mangiato carne per disprezzo, et quanto alle prediche di esser stato a sentir lieretici a predicar, o legger o disputar vi sono andato più volte più tosto per curiosità, et per veder il loro modo, et elo([uentia sua, che per diletto, ne contento, che vi havesse, anzi, die doppo la lettione, o sermone, nell'hora che distribuivano il pane al modo della loro cena mi partivo, et andavo per li fatti miei ne mai ho pigliato del suo pane, ne observato questi suoi riti Et dicentibus dominis, che non é verisimile, che trovandosi in fatti in diverse occasioni et luochi non babbi lui ancora fatto il medesimo che facevano loro di pigliar quel pane, se non per altro, per non disgustar, si come ha detto d'haver per questa causa mangiato carne nelli giorni prohibiti, però che dica la verità RespondU. In quello che ho peccato ho detto la verità elle in questo non ho peccato, et non si troverà mai, oltra che in simili lochi sono sempre delli catnolici, che non observano manco l'uso di essi heretici. Che Ghristo sia figliuol di Dio, et nato della beata sempre Vergine, et tutto il resto pertinente alla persona di esso Giesù Ghristo non ho dubitato, ,
,
—
,
—
—
,
— 416né tenuto più di quello che ho detto uelli altri mei constituti et di questo so certo di non haver ra gii- io nato mai con alcuna jjersona, ma per sgravar la mia conscientia ho dotto d'aver dubitato circa Tlncarnatione divina sopra che so io non son stato ben inteso, o non l'ho ben esplicato, tornerò a dirlo un'altra volta, et é, che per esser la divinità natura inlinita, e la Immanità Unita, quella eterna, et questa tempoi'ale, non mi pareva ])roportione tale, che facesse si fattamente un snpposito, che la Immanità cosi fosse irionta alla divinità alla
humana
costitutione d'nn su-rirctto coni' è gfionta l'anima
corpo proportii
iii;i!ni''iifr
Trinità eteriu»
et
,
in
una
t
<
in
>i»innia (loxc se
col
parla della
sini])licità aj[)])r('lKMisibile la detta
Immanità intendeva come una cosa addita di sorte che fosse^ come un (juarto subsistente al Modo che l'Abbate Ioachino
me
par habld inteso, il che stante me riniclli» i)oi à (|uel tanto che ne crede la santa Madre Chiesa, et in ({uesta maniera intende\ a che la Divinità assistesse all' hnmanita de C.hristo, ne j)erò cjMichidcroi (juatcrnità con l'Abbate Ioacthino ,
parendomi cosa indeg^na la
di motti r in
numero cosa
finita
con
Inlinita.
—
che da (piesta sua esj)licati()ne ne segue un graxe, che è che in (]iiristo vi fosse la i)erso-
E( dicluiii altro errore
humana. UcspoìuUL
nalità
—
Conosco, et concedo che questi et altri inconvenienti possono seguire, et non ho relferito questa opinione per deflenderla, ma solamente per esplicarmi, et confessar il mio errore tale, et tanto, quale, et ({uanto é, et s'io liavesse applicato l'animo a questo inconveniente addutto et altri che ne possono seguire, non haverei dedutto queste conclusioni, perchè posso haver errato nelli i)rincipij ma non già nelle conclusioni Quanto alti miracoli de Ghristo e delti Apostoli credo di haver risposto a bastanza, tuttavia vi giongo anco questo, che repugneria questo a quello, che intendo di esser stato denuntiato, che li Apostoli con loro essempij de bona vita predicationi, et miracoli operavano più, et facevano maggior frutto nella chiesa di quel che se vede alti tempi presenti perché lodando li ^Miracoli et Vita di Apostoli per consequenza non posso dir mal della vita, et miracoli de Ghristo suo capo, et però non ho mai detto male de Ghristo, ne della fede catholica Christiana, et manco ho detto, ne tenuto che le Religioni non siano buone, anzi le ho tenute, et tengo ,
,
,
,
,
,
,
— 417 — per buone, et ho lodato, che liabbino entrate, et magnificato la dignità sacerdotale in tanto, clie babbi à preceder la regale come si può veder nella epistola dedicatoria nel mio libro intitolato de Monade, et numero Et circa li Sacramenti, et in particulare dell'Altare et della penitentia, non ho mai detto cosa alcuna ne tenuto opinione contraria alla terminazione sopra di ciò della Santa Madre chiesa, ne in conto alcuno ho dubitato Della fornication i)oi, et altri peccati della carne mi refferisco a quanto ho detto nell'altro mio constituto, non havendo che giongere, et se havesse detto, tenuto, o dubitato qualche cosa di più lo direi, essendo intention mia di espurgarmi la conscientia
mia
— Se esso constituto babbi avuto alcuna opinione intorno la creatione dell'anime et la generatione degli huomeni, et quale RcsponcUL Io ho tenuto intorno a questi particulari quella opinione, che si tiene catliolicamente. Ei dicium Raccordatevi se havete mai detto, tenuto, o creduto che le huominl ^ si creino di corruptione come gli altri Animali, et che ciò è stato dal diluvio in qua Respoìidlt. Credo che questa sia l'opinione di lucretio, et io ho letto quest' opinione, et sentitone parlar, ma non so d'haverla mai rellerita per mia opinione, ne meno l'ho mai tenuta ne creduta, et quando ne ho raggionato hò letto e stato reperendo 1' opinione di lucretio et Epicuro et altri simili et questa oi)inione non é manco conforme ne possibile à tirarsi dalli principi], et conclusione della mia filosofia, corno a chi la legge appar facilmente. lìilerr.^'^^ Se babbi mai havuto et tenuto alcun libro di coniurationi et d'altri simili arte superstitiosi , o vero babbi detto di voler attender all'arte divinatoria et altre su dette RespondiL Quanto alli libri di coniurationi , et altri simili io sempre li lio disprezzati, et mai li ho avuti appresso di me, ne li lio attribuito efficacia alcuna, quanto poi alla divinatione particularmente quella che é dalla astrologia giuditiaria ho detto, et havuto ancora proposito di studiarla per vedere se haveva verità, o conformità alcuna, et questo mio InierrJ'"'
—
—
—
,
,
,
,
—
,
—
\)
Dopo
si
legge cancellalo Anime.
,
-418 — proponimento
l'ho communicato a diversi dicendo liaver atteso a tutte quante le parti della lilosotìa , et d' esser stato curioso in tutte le scientie eccetto che nella fjiuditiaria et
che havendo comniodità
et otio voleva attendere a quella trovando loco solitario, et quieto, il che non lio latto ancora, et <:iamai proposto di fare se non a questi tempi incirca Liler."^ Se ha tenuto, over detto che Toperationi del Mdiido, sono guidate dal Iato, noc^ando la provvidentia di ,
,
—
RcfipoiuUI.
ne
meno
—
Questo non
mie
si
truvarà mai neUe mie parole^
non ho mai detto, nò che Tattioni dei Mondo si governino dal lato, et non dalla providentia divina, anzi ritrovarete nei mei libri, che io pongo la providentia et il libero arbitrio, da che se comprende come si (hi il libero arliiti'io, se opjiugna il lato I/i/cr."^ — Se nelli suoi scritti lacci alcuna iilmiIìoik^ della cena delle ceneri, e ({naie sia la sua intcntioiif UcspdmUl Io ho composto mi liliro iiititnl.itd la cena
scritture, perche
scritto,
—
a ({ueste niateri»'.
—
ln(er."'
Se babbi mai
cipi heretici, poiché tanto
che
di
li
liabbi lodati
,
lodato alcuno heretico o Prin-
tempo ha conversato con
et
qua!
sia
stata
sua
la
essi loro,
int(^ntione
in ciò.
RcspondU. cipi heretici,
mente per lodati
— Io ho lodato molti heretici, et anco Prinma non li ho lodati come heretici ma sola,
virtù morali che loro havevano, ne li ho mai Religiosi, et pii ne usato simil sorte di voce di
le
come
Religione, et in particulare nel mio libro della causa, principio et uno io lodo la Regina de Inghilterra, et la nomino
I)
Lei.'gonsi cancellale Je seguenti parole
che Iddio.
maravigliandosi parlicularmenle
'
.
,
•
.
— 419 Diva non per attributo di Religione, ma per un certo epiche li antichi ancora solevano dare a Principi, et in Inghilterra, dove all' hora io mi ritrovava et composi quel libro, se suole dar questo titolo de Diva alla Regina et tanto più me indussi a nominarla cusi^, perche ella me conosceva andando io continuamente * con 1' Ambasciator in corte et conosco di haver errato in lodare questa donna essendo heretica e massime attribuendoli la voce de Diva. Inter."Se babbi havuto conversatione con il re di Navarra, et confidato in lui promettendosi da lui aiuto et favore ResponcUl. — Io non conosco ne il Re di Navarra, ne li suoi Ministri ne mai l'ho veduto, et di lui occorrendomene a parlar ho detto, che non lo tenevo per Calvinista, et heretico, se non per necessità di regnare, che se non professassi l'eresia non haveria chi lo seguitasse, dicendo di più, che speravo, che ottenendo lui pacifico il Regno di Francia, haveria confirmati li ordini del Re passato et io haveria havuto da lui quelli favori, che io havevo havuti dal Re passato circa tlieto,
,
—
lettioni publiche.
le
—
Inter. Se parlando del Re di Navarra ha detto in particular, che sperava gran cose da lui, et che il Mondo liaveva bisogno di molte riforme inferendo che la Religion Christiana li piaceva bensì più delle altre ma che aveva bisogno di gran riforma, et che non sapeva come il Signor Iddio sopportasse tante heresie de catholici. ,
—
Io non ho detto tal cosa, et quando ho lodato Navarra, io non 1' ho lodato, perche fosse aderente alli heretici: ma perle cause, che ho dette di sopra, tenendo che egli non sia altramente heretico, ma che viva hereticalmente per desiderio di regnar, et io credo che sieno heresie
ResponcUt.
il
Re
di
de catholici. later.^'-^ — Se lui hà detto di voler esser capitanio, et godere li thesori d'altri, et de chi babbi voluto intender Respondlt. Io non mi riccordo di haver detto tal cosa, ne mai havuto desiderio di voler essere soldato, ne di voler far altra professione, che di filosofo, ed attender ad altre scientie
—
—
IrUer.'^^ Se li occorse alcuna cosa intorno le deposizioni da lui fatte, et vogli aggiongere o minuire cosa alcuna. Respondlt. A me non occorre dir altro, et mi reflferisco intorno a questo a quel che ho detto.
—
\)
Cancellata la parola anda
a.
-420 —
—
Et cUctum Li errori, et lieresie da Voi commesse et confessate sono pur tuttavia da Voi liora abbracciate, overo le detestate.
—
Respondil. Tutti li errori, che io ho commessi lino al presente giorno pertinenti aUa vita catholica, et professione re.iruhire. come io sono et tutte h' lieresie, che io ho tenute hu li;i\ iiti inforiin ;ill;i UmIc catiiolica, et alle .-II.' (^t li «lulii.i cose (Iclcrininatr dalla Santa (]liii'>a liora io le (h'testo ^ et aborrisco et ne sono [Hutito -riiavcr latto, tenuto, detto, creduto, o dubitatu di c.isa, clu' non fosse catholica, et prego (pic^td Sacro Ti lui naie i-li.' conoscendo le mie inllrmità \o.L'-li alil>racciaiaiii n-d ^mvuiìo di S. Chiesa prove
i
l'A
(Ucluiii
—
I'.
o impul.dM che teinpo,
iiniuisito,
loco,
ili
lia\iiti
--i
pi-
li
ni'cc^vario sajxM' se altre ,ii
di
cwv,. .|„.t|;inti cii,-
lalti.
artiiMili.
mai
(•(
d
\
(dte sete stato
^anta fede, in die
alla
clic
lia\(de
line lialdiiiio poi
abiurato
alcuna
iierc>ia. U''^j,(,,i(ì /I
tuto che
il
.
—
(Iredo liaNcr
mio piamo CoustiNo\ilio, pei' mettermi
detto ind
mi(» .Maestro (juando eia
terrore, fece una scrittura peivlié io liavcvo dato via alcune imagine de Santi che mi riccordo che erano di S. Gatherina
Siena, et forsi de S. Antonin se ben mi riccordo, et retenuto solamente un Crucilisso, et perche havevo detto a un Novitio che leggeva la historia d(dle sette Alegrezze della Ma•lonna, che cosa voleva legger ipe he ei'a meglio che libi ,., leggesse - la Vita dei Santi l'adri, o altro libro, ma questa scrittura il detto Maestro la stracciò poi anco l'istesso giorno et per conto di queste cose non so, che se ne sia fatto altro processo, ne scrittura e credo d'aver anco detto, che prima ch'io andasse a Roma l'anno 1576, se l)en mi riccordo, e che io deposi l'habito et usci della Religione, il Provinciale fece processo contro di me sopra alcuni articuli, eh' io non so realmente, sopra quali articuli, ne de che in particular, se non che me fu detto, che si faceva processo contra di me di heresia nel quale si trattava di questa cosa del Novitiato, et altro,
(
|
*
\) Si
2)
3)
leggono cassale
le
parole
et
abiuro,
et
maledico.
Seguono ma cancellate le parole altro libro. Son© cancellate le parole «7 l»rco (giorno).
— 421 — per
il
che dubitando di esser messo preggione, me parti da Roma, et segui poi quello che ho detto
Napoli, et andai a nelli altri
mei
constituti
—
Inter."'' Io non saprei imaginarmi de che processassero, se non è che raggionando un giorno con Mont'alcino, che era un Irate del nostro ordine lombardo in presentia de alcuni altri padri, et dicendo egli, che questi heretici erano ignoranti, et che non havevano termini scliolastici, diss'io, che sibene non procedevano nelle loro dechiarationi scholasticamente, che dichiaravano però la loro
Subdens ad
articuli
mi
intentione
commodamente,
della Santa Chiesa,
et
come facevano
li
Padri antichi
dando l'essempio della l'orma dell'heresie
d'Ario, ch'egli scolastici dicono, che intendeva la generatione
del figlio per atto di natura, et
può dire con termini gostino, cioè che non si
altro,
non
di volontà,
che scholastici
il
che medesimo da Sant'A-
riflferiti
è di medesima substantia il figliuolo Padre, et che proceda come le creature dalla volontà sua, onde saltorno quelli Padri con dire, che io deffendevo et
il
che volevo che l'ossero dotti, altro non so, ne posso imaginar che sia stato processato' et fuggi di Roma, perché hebbi lettere da Napoli, et fui avisato, che doppo la partita mia da Napoli erano stati trovati certi libri delle opere di S. Crisostomo, et di S. Hieronimo con li scholij di Erasmo scancellati, delle quali mi servivo occultamente, et li gettai nel necessario quando mi parti da Napoli, acciò non si trovassero, perche erano libri suspesi per rispetto de detti li
heretici, et
jui
ben erano scancellati, ma ne per questi processi, ne per altra cosa ho mai abiurato ne privatamente, ne publicamente, ne son mai stato avanti altro Tribunale del S. Olfitio, se non questo Dicens ex se facilmente si potranno haver questi processi, perché restorno imperfetti, et credo che fossero mandati all'hora al Procurator dell' Ordine à Roma, nelli quali non credo manco, che si trovarà cosa d'importantia scholij, se
—
Che nome haveva esso constituto prima che Inter.'^^ entrasse nella Religione et mentre che é stato in essa Religione, et se doppo che é uscito ha sempre in tutti li luochi retenuto il nome che si chiama bora.
—
Prima che entrasse nella Religione II mio era fllippo, et questo nome mi fu posto a battesmo, et nella Religione ero domandato Fra lordano bruno, il qual nome ho sempre retenuto doppo in tutti li luochi, et tempi,, RespondU.
nome
.
-422 — eccetto che nel principio quando fuggi da Roma, che io ripigliai il nome de Filippo et con esso passai li Monti. Quibus habitis cum bora esset tarda fuit remissus ad locuni suuiii. ;)iiini() oto. cum moiiitioiìo etc.
XIV.
—
l'roseguo l'esame dell impiil.-ilo
I
iliro
(!<•
Sigillis Hcrnielis
I>it'
Assistente ClarisviiiK.
<>l
rtolDiiiei
—
.Mocfiii^o.
(iii»\aniii
lidiiiiiio
.i<'\ is
'i
iiicnsis jniiii
Scli^viiaiio narbadico,
C<jr(iiii Illi's/.f»i^ ci Rcr.'xi^ 2)."is
Kc/ilio Apostolico Palrun-cìia Patrc Inquisitore fuit coiidnctv.fi supradicius Jordanus hrciuis educius de carceriljus^ cui fucruid relecta omnia constitula (d) ipso
YencUarum,
multum
et
licv.d''
postqucun fneì^ud ab deldlmn In rainentiim.
ìiabitd qìi(ie^ sihi
—
],,i, r:'^
Havendo
i2Jso ^ intellecta^
inteso la rclfltinn.'
tutti
li
fuil
Aosti'i
occorse aggiongere, o niiiiuif' alcuna cosa, o vero sete disposto approbarli, et Cduiirniai li nel modo che
<'(instituti
\ì
s'attrovano.
Respondit.
—
io
Ik»
udit"
tutti
li
non voglio aggionger ma quelli approbo, et confermo nel et che mi sono stati l^-tti
avete
letti, et
- Se intt»riio
Inter.""
coiiiurationi ha])bi
«la
uid conati tuti, U''
clic
mi
miuuii- aiiuina cosa,
1110.!.),
die s'attrovano,
l'artirulo drirai-t»' (liviiiatoria et
dire altro
—
Respondit. Io ho fatto trascrivere a Padoa un liljro Hermetis, et Ptolomei, et altri, nel quale non so se oltra la divinatione naturale vi sia alciln'altra cosa dannata, et io l'ho fatto trascrivere per servirmene nella giuditiaria, ma ancor non 1' ho letto, et lio procurato d' haverlo, perché Alberto ]\Iagno nel suo libro de Mineralibus ne fa
de
sigillis
\)
Leggonsi cancellale
2j
Vi sono
le
le
parole
seguenti parole
ijis'
ma
confi.
cancellate relecta^
et
confirm.
— 423lo loda nel loco dove tratta de Imaginibus laho fatto trascriver a Padoa, come ho detto di sopra, et hora si trova in mano del Claris. Mocenigo Ei óÀciam In queste parti havete voi alcun inimico, o altra persona malevole et qual, et per che causa. Reapondit. lo non tengo per Nimico in queste parti alcun altro, se non il ser Gioanni Mocenigo, et altri suoi seguaci, et servitori, dal quale son stato più gravemente offeso, che da homo vivente, perche lui me ha assassinato nella
mentione, et
pidum,
et
1'
— —
robhe, havendomi lui carcerato occupandomi tutte le mie scritture, questo ha fatto perche non solamente
Vita, nello honore, et nelle
nella sua casa propria, et
robbe, et voleva, che io li insegnasse tutto quello che io sapevo, ma voleva, che io non potesse insegnarlo ad alcun' altro et me ha sempre minacciato nella vita e nell'honore se io non li insegnavo quello che io sapevo Quibus habitis illus."' et Rev.^ì Domini mandarunt ipsum libri, et altre
suum animo
reponi ad locum
etc.
XV. Audizione del Icslimonio Andrea Morosini. Die Marlis 23 niensis junii \o^2.
Assistente Glarissimo
Corani
domino Thonia Mauroceno.
Rev»'" B. D. Palriarcha Yenetiarum Inquisitore ac Reverendo et ExAuditore 111.'"^ et R."'^ D. D. Nuntii Apo-
IUustris.'"'> et
multam RevAo Paire cellJ^
domino
stolici
Yenet.
dom. Andreas Mauroceno dom. Jacobi habitans in confinio S. Lucae, delato iuramento de veritate dicenda Inter."^ Se conosce un certo Giordano bruno Nolano^ Citatus comparuit Glarissimus
f.
Claris.»!'
sibi
—
che sati
che alli giorni pasera qui in Venetia et pratticava in casa del Claris.™" ser
fa professione di fllosofla et littere,
Zuane Mocenigo \ \)
Cancellalo
et
nella Acca.
— 424 —
Respondlt. ' Dirò a Vostre Signorie quanta cognitione, che io babbi liavuto di questo, che Vostra Sig.» mi nomina, la qual é, che già alcuni mesi essendosi sparsi per le librarie di Venetia certi libri di lilosoria sotto nome di questo (TÌordano bruno, et essendo molto nominato per homo di varia letteratura, capitò per quanto intendo qui in Venetia, et Gio. battista Siotti libraro
disse a diversi
gentilhuoniini, era qui, et che se voviMiire a casa nostra dove spesso
me
et a
in particulare, che ({uesto
homo
levimo lo averebbe l'atto sono soliti ridursi diversi gcntilliuoiiiiiii, ot anco Prelati à trattenersi in raggioiiamcnti di littcro, d principalmente di Ilio so ti a
volte
:
io
li
dove che
dissi
lo
cìn-
lacesse venire,
rag^rioiiò di varie cose,
onde
come
si
vi fu diverse^
costuma, però
di lettere, etc.
—
Suhdciis ad ndcr.'" Io non ho mai possuto sotrarre dalli suoi raggionamenti che lui liavesse ninna (q)inione contro la fede-, et in (guanto a m*- i(» l'ho seinpi-e tenuto per catliolico, et (fuando liavessc li;i\ iito un iiiiiiiiiK» suspetto del con,
trario, et io
non
rilavera
i
mai
iiciiiiesso,
che egli IbsSe en-
trato in casa nostra
Super generalihus
reete, aelalis
;iiui.
'.)~).
H. G.
XVI \;;,r,r
,
I
icl ii r:i/ ,
i
.n,
i
r|,.|
|,..|,.
(,i
im!.;i!!i<'a
Ciollo. (licla.
Corani siqjradicds cilai.us coìnparuii doniinm Jo. Bapla Ciùtliis q. d. AnloniJ Senensis Ubrarius ad imigne Minervae, de co/i/ìnio S. Bartholomei^ delalo sibi lurjo aie.
—
Se si raccorda, che pochi giorni sono é stato In/er."^' essaminato à questo Tribunale, se si ri ccorda sopra che fu essaminato Rcspoiidit. Deve essere circa un mese, che mi riccordo, che fui domandato qui, et fui essaminato sopra un certo Gior-
—
gi
Cancellato Io conosso.
2)
Cancellalo perchè non
si
e.
— 425 — dano bruni clic ha in stampa diversi libri de tìlosofia, et mi domandato in particulare alcune cose pertinenti alla fede et alla Vita, et costumi de detto Giordano, et dissi insomma quello che io sapeva, come si potrà veder dal detto mio es-
fu
samine, al qual mi rimetto. Ei cllcium^ se vole aggionger, o minuire, o se gli é sovenuto cosa particulare circa la Vita, et costumi de detto Giordano. Rcf^pondit. Io non ho da dir altro, se non che un giorno dimandando io nella mia bottega nel principio del mese di Maggio a detto (Giordano, che ojiere che laceva, mi rispose, che l;ire\ un liliro delle sette arti, l'omito questo, voleva fare un lil)i(), et poitarln à presentar a sua Santità, ma non mi disse, che libro voleva che fosse ne a che ti ne né à che etietto volesse far questo, solo me disse, so che sua Santità si diletta di littere, et voglio far questo libro,- et andar a presentarglielo Supra geiieralibus prout alias etc.
—
;i
XYir. S'in'eiTOga ancora il
il
Bruno; sue ultime
tlelinitive
desiderio manifeslalo di ritornare in
Sue relazioni col Vescovo di Bergamo Col p;ulf.' Mons gcstiila pure spagnuolo
perdono
;ii
risposte
—
Riconferma
—
grembo alla Chiesa Caltolica Con l'amlxiscìatore spagnuolo Accademia Morosini Chiede
— —
—
suni linidiei.
Die lovis 30 ììicmis Julii 1592 assistcntlbus Cfar.'"^'' Dominis loannc Sajjcranllo, et Thoina Mauroceni. Coraiìi
r/lifs."i^
llcrjio
et Rev."'o j)^ x).
Palriarcha
Yenel.,
pdJi'e Inquisitore et Rev/io ac excclj^
muUum
D.'"^
Audi-
tore et locunitenente Illus:»^ et Rev."'^ D. D. Nimtii Apost.
constitatus supradictus
Jordanas edactus de carceribus, dicenda etc. tactis
delato sibi innimenAo de veritate jjrout etc.
—
Se havendo havuto commodità di pensare se meglio la verità raccordandosi facilmente meglio bora di quello che si é riccordato nelli altri suoi Inter.
sia rissoluto di dire
constituti. 28
—
BiiRrr,
Giordano Brune,
i
— 426 — —
Respondit. Signori Io ho pensato, et certo non mi occorse altro di dire o di aggiùngere aili mei constituti, perche
secondo l'ordine delli luochi, nelii quali sono stato, et le atche io ho fatte in qiu'sto tempo della mia apostasia mi pare a pieno secon
mei
constituti.
Ei
—
dfc-tìun
de
tanti anni vi rende molto disprezzato cos'i longamente le ceii-iiK'. l'iide potrebe esser, chi' havesti havuto sinistra opinione in altri aith iili, <'li'' «li Hi avete deposto, però remosso ogni i-ispt ito jintrcl.', ri duNictt' ora espurgare la vostra conscientia
suspettu
l'Apostasia
Fede havendo
s.
rlrll.i
—
Respondit. A me pare, che li johculi che ho confesquel ta!it(» he jio espresso nelh' mie sei-ilhire soili-
sati, et
eiefiteniente
«
r
j
tanto
i
.
n
l'
i-t i;i
m
1(
1
1
1<
>
mpni-fnnt
Ti
i-(Mil''--<
I.
ia
de]
min eccesso, et per,|(. non haver (lata
et ric iMinv,-,,
medidcre sospitione de hei-esia ipiesto ancoi'a dico che e la verità, che sempre l)^ ulo rimorso n(dla conilni-m.ii mi, henelie c(M'cava ccd ])in scientia, et intentioiie di ilettiiai- questo, )'ifug(^ndo ancora d facile modo et sicmo di ,
<
\
((liei
i
'
-tietlma (hdl^dtedienza regulare, etcirca (luesfi cose ])er Ianni grato a Sua Santità, onde potesse impetral e di x ix .'repin liberamente, che si potesse in stato catindico, et i-(di;:ioso, di s(»rte die per le cose allegate, et altre, che si potrebbono conoscere tegno per fermo, die non si di<e(.pi-ii'à di^preggif) della Religion Catholiea pili tnvtn ,-||,. d' riL'oi' d.d s. nilitio, (4 amoi-e de liberta Noli pare, che simil dispositioiie di tornar Ei dicivììì. alla Santa Fede sia stata in \ oi, p(dche in Francia, et in alti luochi .catlKdici dove per molti anni sette stato non havete procurato di trattare con alcun f'relato di Santa Chiesa di ritornare aHV)b(^dienza, et alla verità della fede catholica, et tanto pili die ^('nuto in \enetia non solo non havete scoperto siniil dispositione, ma insegnato ancora dogmi, etdoti-itoi'iiare alla
tem])i lo inettexa in ordine alcune
I
—
i
,
trine false, et eretiche.
—
Reapoadit. Io già ho detto nelli mei constituti, che del mio ne raggionai con .Monsignor Vescovo di Bergamo Nontio in Francia, al qual fui introdutto da Don Bernardin ]\Iendoza Ambasciator Catholico conosciuto dame nella corte d'Inghilterra, et non solamente raggionai con Monsignor Nontio del caso mio, ma soggiongo bora, che l'ho pregato, et ricercaso
j
-427 — Roma a sua Beatitudine, ricevuto nel gremio della chiesa catholica, et che non fosse astretto à ritornar nella Religion, et vivendo alFhora Sixto. V. il nuntio diffidava di ottenere questa gratia et non volse scriver, offerendoce però, che volendo io tornar nella Religione haveria scritto, et aiutattomi, et poi m'indricciò ad un F*adre Jesuito, che mi son ricordato che ha nome il Padre Alons Spagnol il qual vivendo ve ne potrà far fede, et con esso trattai il caso mio, et lui me ressolse, che era necessario ch'io procurasse l'assolutione dalle censure dal Papa, et che non si poteva far di meno, ch'io non tornasse nella Religione, et fui ancora avertilo da lui, che essendo scomunicato non potevo assister alli divini Offitij, ma che potevo bene andar a udir le prediche, et dir le mie Orationi in Chiesa. cato istantemente, che ne scrivesse a et
impetrarmi
gratia, che
fosse
In Venetia poi doppo ciie son venuto non ho mai insegnato dottrine, ne dogmi lieretici, ma solamente ho discorso con molti gentilliomini di cose di hlosolia come da loro medesimi si potrà haver inlbi'matioue anci quando è occorso raggionare di Germania, o d'Inghilterra io ho biasmato il stato (hUla Religione loro come profano, ignorante, et pernitios(j alla Republica, et ancora ne ho scritto in diversi mei ,
ti-attati
come
veder in
lio
detto
nelli
altri
mei
constituti, et
si
può
bene a Yenetia non lio procurato l'absolutione dalle censure, io non era però lontano dalla dispositione, che ho sempre havuto di ritornar alla chiesa catholica, ma dissegnava di ritornare in Francolbrte per far stampar alcune mie opere delle 7 arti liberali, et 7 altre arti inventive, et dedicar queste opere al Papa, et così gratificarmi, et operar che con qualche modo straordinario fosse ricevuto nel gremio di S. Chiesa in modo che potesse ancor viver nel seculo religiosamente extra claustra, acciò ritornando tra Regulari nella mia Provincia, non mi fosse rinfaciato che io quelli, et se
fosse stato Apostata, et cosi disprezzato tra tutti.
El
diclìiììi.
—
Voi
che se pigli infbrmatione dadinon si trovarà che voi habbiate ma solamente discorso di materie
dite,
versi gentilliomini, perclK»
,
insegnato dogmi heretici, fllosoflche, et pur consta dalla depositione d'alcuni, che havete fatto il contrario insegnando dottrina falsa. ResponcUt. Dall'accusator in poi, che credo é il Sig. Zuane Mocenigo figlio del Claris." mes."- Antonio, non crederò, che si trovarà alcuno, che possa dire ch'io habl)i insegnato
—
dottrina falsa, et lieretica, ne Ho suspitioiic che aleuii altro possa dir cosa alcuna contra di me in materia della Santa lede. Ei dtchim. In clie lochi, et con quali ^ciitilnonìini liavete voi trattati! «Iella professione de littere
—
—
Rcapoiidll.
che
si
fa in casa
In
dd
Imi
de littere neirAccadeniia Andrea Moresini, che credo
ra«r;2:ionat(»
Claris.» Si^^
-npra Canal Crande, ipd ipial (•(tn\-eiii\ aii(> molti litlcrali,el Im i-;i:ìhÌ,i]i;,(i, ;iiic(ira in alcune ,'t mu-ci nl( le jier-diH- jiailieulari. perche libi'ai'ie, ma imn non ho conosciuto, ehi los^ei-o a S. f.iica
stia
«j'eiit
i
111
iiwiii
i
111,
(•(
Ki (liclmn.
—
i
K necessario che
in"ll«i
vi l'accordiate d(d stato vosti'o, p
et
heiie consideriate
lie p, r
loiiiiO
spatio di
anni <elc stato AjH.-lala -(.Ihipo-to a censure, et pratlieato jxT lochi ili liei-riici, l'iid'' laeilmeiiie jiotreste esser innlti
Reo
in altri artii uli, et atlioni idtra ([mdli espressi nelli altri
\osfri coiivtitnti, l'ilani'Mile i;<
jiei'ò
\(i-(ra
1,1
>:iiOn(l ti
.
dispone!. 'NÌ
farlo )»er esj>ur;^-ar de-
a
cnii-ci-'iilia
iMh'i
c^ser cll'io
tanto
ìn
c((r
tempo
ancor errato, et de\ialo dalla S. (Ihie-a in altre maniei'e di ([nelle ho «'Sposto, et che me rovi ancora ilhnjuealo in altre censure, ma se bene io ci Im jn-ir^alo molto sopra eoii!'e-
t
.
miei pronlane'iite, et son (jui -Ire lllu-ti'i<
iielb'
t
m.ini delle Siji-noiàe
remedio alla mia salute, del pentimento de mei mesfatti non jxdrei dir tanto ([iianlo e, ne esprimere efricacemente come desitlerarei. animo mio. P()s(rfii((,/t f/ena/lexHs dicU. Domando humilinentc prrdoiio al sii:. Dio, et alle Sifrnorie Vostre lllus.""^ ih' lutti li errori da me commessi, et son qui pi'onto per e>se([uirc quanto dalla loro prudentia sarà delil)erato, et si giudicarà l
—
espediente alTAnima mia Et di più le supplico, che mi diano, i)iu tosto casti^-o che ecceda più tosto nella «iravità del castigo, che in far dimostratione tale publica dalla ([uale potesse ridondare alcun dishonore al sacro abito della Religione, che ho portato, et se dalla misericordia d'Iddio, et delle Vostre Sig. 111us.'"miiì sarà concessa la Vita prometto far riforma notabile della mia Vita, che ricompenserò il scandalo, che ho dato con altro et '
tanta editlcatione.
'I)
ranc(.'lla[o
rjruve.
— 429 — Postquam Sanctum Tribunal eidem iniunxit, ut elevetur postquam pluries eidem iniunctum luit
a terra,
—
Vi occorre per bora dir alcun' altra cosa No mi occorre dir altro Tunc Sanctum Tribunal acceptatis et mandavit ipsum reponi ad locum suum animo, etc. Relectum confirmavit' Inter
Hesponclit.
—
Pratiche dì lìoma coi Governo veneto
V estradizione
per
Giordano Bruno.
di
XVIII Letloia del cardinale di si
ordina
la
S. Severiiia al
consegiia di Gioi'dano
Sanlo Tribunale di Venezia, con cui al governatore di Ancona.
Bruno Die
Assistente Glar.mo
Sanctum Tribunal gregationis Gardinalis
in S.
,lo\is
M
scpiembris '1392,
d Tboma Mauroceno.
executionem litterarum Illus.™e ConSeverinae diei 12 mensis supradicti
nomine Sacrae Gongregationis Supremi Tribunalis
S.
Oflìtii
Romae mandavit dictum Jordanum brunum quam primum transmitti ad Rev.
Gubernatorem Anconae ad
mittendi postea ipsnm ad S. Tribunal iuxta formam dictarum litterarum Con questo documento termina
il
secondo
efltectum trans-
Inquisitionis.
fascicolo
degli
atti
Romae del
pro-
cesso.
'i)
Con quello documento il processo finisce. Noi applichiamo pure ai doillustrativi che seguono il numero progressivo per facilità di citazione.
cumenti
i
- 430 —
xrx. (Archivio
Il
Slald
di
hnsla
paliiaiiM coi
irli,
'
\<'n(
iiicniln'i
<.o||i-i,,
in
in
Salilo
zi;i.
I
lli/j.»
pi-oci^^d
.
anni
r>92-f.')
fiM).
r,l
I
ll'iiiia
(III
.
r.
-iai.a
I
>v| laili/ionc drl
Oiicxia
-
Saiiscvciina
ai(l.
(
iriliiinalc licll hn|iiisl/ionc in
ilei
(Imiiandano
e
—
«
(Iciin.inda Il
i|ic
|iiiii
i
cinvia \('n;ion()
N
llniuo conic aillorc di
lilu'i
per ordine spedilo da
illa
l
linieri
rlic
|-i.s|>o,sf
ci a\ l'clilic
prli^alo vu|„M.
2S s.-llniihrc
\'i'imt(t tl<
l
ndl"
et
•luisitiii-
il
>;iii(u
al
t'|-diiic
(li
(li'lln
uiilo a
lai-
sti'issinii
li
indie
\ai"si
Venezia
Chii-.'"
as
C()llo^no
I"A'C('ll(Mitissinio
l'atriai'ca di
l;."
Tli(iiii;i-M
vi--.
Ti-iliunale di'lla
.M(iiisÌL'-!iiii-
>a])t'ri' t,n(»riii
a
di
(jiiesta
città
drpulatr da .\'(da,
,
libri, nei
e[
pai
alli lii
i
laiidandn a-sai
la
,
Si-iiori
\
r-
lllu-
al
s<'i-\iti(t
iiii|iiilal(»
lia\ e!id(»
di
iii.ii
eoiiij)ost(
Ke-iiia di in;i-hilten-a,
iirimdpi iieretiid, sci'iveva alcune eo.se concernenti il della reli^none , che non convenivano, seljen e^li
(ilar
])ai'la\a stattt
(jiiali
diedi
era
(iiLtavia tro-
initn
rit-
Si^'iiOfi
Disse
:
l'alriarc.i
(jm-ti
a
et
dello Santo Utìieio, (iioi'daiK» lli'Uie. Sdid di li'Tetici» ma alien di liei-esiarea iii\ t'r>i
min dei
liii|iii-iliiiiic
passati esser stato
iJi-i;.''ioiii
H.'" l'adi'e Iii-
il
Mmin-vÌhì
Hev.™^' M'Mi-.
Sua Serenità
Moiisi^^nioi' \'icari()
con
iiisieiiìe
i:,!)2.
lilostdicanieiite
prima
;
et
che
costili
era Apostata, essendo
Irate i)t»minicano, (die era vissuto inolt' anni in
(ienevre et In^diilterra, stato in((ui
et
ehe
medesima
in
\a]M.li, et
altri
Inochi era
che (èssendosi lllii-lris-iiiio Santa
imjtutatiniie. et
saputa a {{olila la pri^iuiiia tli costui lo Severina su[tremo Inquisitore haveva si-ritto, et dato ordine, che lasse inviato a Roma et lesse un capitolo di lettere del detto R.'">^ Cardinale scritte airinquisitore in questa città, con ordine che (|uesto Reo sia mandato con prima sicura occasione d" buon passajrgio in Ancona, di dove quel Governatore haverà poi pensiero d'inviarlo a Roma. Soii"giongendo esso M(jnsi^Tior Vicario, che ciò non si era voluto lare senza prima darne parte a Sua Serenità et a questi Sij^nori Eccellentissimi, alTineche diano quell'ordine, che stimeranno a proposito, et che staranno aspettando di ,
-431sapere ciò che doveraiino rispondere a Roma, pregando di questa espeditione, poi ché vi era pronta la occasione di mandarlo sicuramente. Le fu dal Serenissimo Principe risposto, che si era inteso quanto haveva esposto, et che questi Signori Eccellentissimi la qual vi haveriano sopra la conveniente consideratione gli haria poi fatta sapere, con che partirono K ;
XX (Roma Il
padn»
ritorna
In(|iii.siloi'e
Qiie.slo
Fs^iosizioni ])('r
^o80-^39i,
sapere
risponde die nidia ancora
si
la
filza
3).
fleliberazione del
—
Collegio
era deliberalo.
Venuto poi l'istesso giorno il dopo disnare il sopradetto Padre Inquisitore alti Eccell.™' Sig.""' Savii, che stavano consigliaiKh), disse alle loro Signorie lìì.^^ che era venuto per intender quello che si era risoluto sopra il negotio trattato mattina di mandar quell'hoino a Roma, perché havevano una barca, che stava per partire. Fu dimandato dalli Sig.'' Savii al Padre Inquisitor quanti giorni erano che haveva quest'ordine Rispose che la lettera era dell'ordinario passato, non di
la
quest'ultimo.
Et fu soggionto dalli Sig.''' Savii, che essendo la cosa di et consideratione, et le occupationi di questo Stato molte, et gravi, non si haveva per ancora potuto farne risolutione et che Sua Reverentia poteva per hora licentiar la barca. Rispose che così fòria come era il volere delle Loro
momento,
,
Sig."-"-
,
lllus.'"« Al niai'gine
:
.lordano
E più sotto:
'I)
« Vicario di Monsignor Palriarcha per mandar a Roma Bruno ricevuto ali Inquisilione ». «
Leda
Leopoldo Ranke fu
il
Rogalis die 3 odobris Vó92
primo che annunziò quesla serie di documenti, due primi, che poi \ennero ripi'odotti da
e ne fece di pubblica ragione
i
Cristiano Hartliolmèss, nella sua biografìa del Bruno, li.
Kulin credendoli
».
infditi
li
ristampò con quelli
eccezione del Documento vigesimo secondo.
l
Itimamente
il
signor
che qui s.'guono
,
ad
— 432 -
XXI (\r(lii\i.i Il
Senato di*i
s
'J
sl.i'd
(li
in
llidua
\ciit/.i;i.
riliiiiialc
\
eliclo se si
lUnitilo
(<
^
IIK
i
lattaci
JHT
I
^.
l'art'
por occasione
di
i)n';;iiuli/.io
airaiilorilà
concodossc rcsiradizionc del Hruno. Vó'.i'l.
AlV Amhnscinltir
'liiSO-I.SMi, filza 3).
i;>j)i)si/.ioiii
iinhasrialore che (omcn'blic di
ri\c
3
olloliic in
l'iciiatli.
a lioind.
niiiiii.ssis)
rifli icsla
ill^trilttinlic \(i
tlcirimpii-ilicii''
Ti'iliiiiiali'
lia\
l('lt«'i-t'
iil<'
dairill.'""
«li
(|ii.'-|a
>aiila
cilla
Si'\criiia
porcile sia iiiaiidatii a Ivoiiia uiiu (iidrdaiiti lii iiiin ritcìnild in quosto pri^noiii di (»i'diii(* di esso 'rril>uiial<-. i:t pi icIk' ijiirsia intrtidu ttitmo di
esser ositediti
mandar
i»«'r
(t<:ni
di
là
li
ritenuti de qui, elio de\en(j
ra^nono da
(|uost(»
istesso Tribunah^
dove si riteii^nMio, et si IVii-inano li j)r(icessi apjxn-tarebbe molto pre^Mudieio all'autorità dei iiiedesinìo 'rribunale, con un cattivo essenijiio
I'
nostri: sono stati considerati al l'adie liKjui-itor questi nostri il qual ha diniM-li'ato di restarne capace deverà scriverne da sé a lémi.i et coiisideiai- hillo ciò al sopradetto Cardinale por larld acquetare. Del he lutto lial)biamo voluto intbrmarvi alìine che so e ne i'h^m- ])arlato,
giustissimi rispetti,
et
.
\
,
possiate l'ispondor
opportunamente
nella istessa sostanza, di-
lendendo la iriurisdittione del Tribunale forme a quanto è sopradotto. 4-
117
—
0 Al basso
:
E prima:
o
Cazzadi papalisU
di questa città con-
-i
Le?la Collegio die 3
oc'.ol.>i-is
^o92
»
-
433
-
XXII. (Roma Delihorazioni
tiel
Senalo Vò^2,
filza ^o).
(Oiiìniissis).
Di.spaccio
Aml)ascialoi'i a
degli
l{oma
'lo!l2,
iil/.a
30, carU' TI
t.
(Onimissis).
Di
-io
lioiiia
o(lol)re ^1592.
Quello, che la Serenità Vostra commanda, che si dica circa di Giordano Bruno ritenuto per la Inquistione di Venetia, si lascierà (jui in mano delTAmbasciator ordinario,
la
persona
dimandato risponda conforme al volere della Serenità Vostra. Et in evento, che a noi estraordinarii fusse detto alcuna cosa che non credemo, si risponderà in conforaccioclie essendo
mità.
XXIII [1
Niin/io di Sua Santità capono coni' gravi carichi
— Il
Aggiunge
clic
Colhv^io difende
pi'sinj sopra
il
Bruno
gindi/io di liu è di sp-llanza della Inqiii.slzion:^
il
i
diritti del
i
rihiinalt;
—
veneto.
22 decembre
'i;;02.
Venuto nello Eccellentissimo Collegio Monsignor Nontio Sua Santità... Passò poi a trattar del frate Giordano Bruno da Napoli che si trova qui retento per la Inquisitione, esponendo le sue colpe, che sono Tesser Apostata, haver scritto et publicati libri Heretici, con haverne stampati alcuni che parevano stampati in Venetia, seben erano stampati in luoghi di
Heretici, fuggito prima di qua, poi da Napoli come inquirito. L'esser stato in Ginevra, in Francia et in Inghilterra, conver-
sando con Heretici sempre,
et facendone aperta professione, et publico Heresiarca, et non già intorno ad articoli leggieri ma intorno alla Incarnatione del Salvator nostro, et alia Santissima Trinità, che constando ciò chiaro
Tesser in
somma ,
-434per giustitìcate prove et volendo S. Santità liaverlo di là a Roma, per espedire il processo che é stato l'ormato in quella Santa Inriiiisitioiic coiitra di lui, prega Sua S(M'enità ad esser :
content.i di
jici-iiirllci-,
la
li.iMiia
che costui sia cdiidiithi a Uoma, acciò suo luoi,i!iniri Ambasciatori. Disse il Clariss.iuo Sig.r Procurator Donato, die liebbe oriliiii' (lairKccellentissimo Senato di parlarne con Sua Santità, '•(line lece, adduccndole la osservanza di ijiicslo Santo Triijius(iti;i
•
bunale, elio li
i-ti'aiidM
<'
stata
liii(in;i
nicdcvi ma,
s«'ini)i*('
-inv(iti;i.
il
(naa
di,,
iriudicar
di
che
cim
«li
(jiia
])rcseiitc a ({ucsti
l'ci
li
ran(|(.i-ila
(Il
S.
,
aduliSantità
giudicii et iu-
Nnntid. insieme con gli altri del Santo Ti'ibnnalc: nnn |iarcn
rillu-t.iia.
,
(
>
;
che
atdiidine restasse ))ei- alPliora (luieta, se ben dapoi ricorib'' di (piemia cd-a alli A iiTnasciatori avanti (die Jiartissei-c da lenna, (d (die la cova >la\ a in (jiiesti termini, ikui essendo-i lino bora l'alio altr(.. (d
tdie pai-se
di
qiie-t(i
i;i-]io>.e
S.
l^
Ndiilio. (die c(i>tiii e
il
>tato. (die
Koina per
le
Na poi prima
i
fa lu
in
».
(
d iKiii
suddito
NajKdi, et poi a
sopra (bdte c(dpe. (die j)in dì due cstraord iiaid i, c()ine (jiieslo, si erano
t:ra\i>siiiie
\(d(e
(lo/eiie di
]H"Ocessat(»
In
ili
l'asi
i
Santo Tribunal di Roma, capo et snperior a tutti i:li altri. Cile se costui l'osse semplice frate, et che il Papa lo Volesse a Rnma lum si doverebbe negarglielo; et tanto manco essendd jmldico leresiarca convinto, et imbrattato aneli di molte altre pessime ({ualità, delle quali jicrò non parlava: pertliè parlaNa solo delle cose concernenti la fede.
mandati
li
r(d
al
,
1
Non
esser dubbici (die urlìi casi ordinarli, quando s'iuquirisce, forma processo ([uì si de^ello li rei spedir qui. ma non in un caso simile di tanto momento, nel (|uale la Inquisitione ha cominciato a formar processo in Napoli, et poi in Roma. Essendoli risposto in line che questi Eccell.™i Signori sarebbono insieme et che si desiderava di dar sempre a S. Santità et
,
;
ogni possibile satisfattione Dopo che il Nontio prese licentia (Ksposizioni
.
lilza
3).
et
si
parti.
- 435 —
XXIV. Ferino rontai'ini procuiMtoi'f è
clii
imato
in Collegio
o non concedere l'estradizione del Brano
—
per
l'iferirp se si
doveva
Inclina perchè sia questa
accordala. 1^)03.
7 gennaro.
Il Clarissiiìio sìg. Ferigo Gontarini procurator fatto venir neir Eccellentissimo Collegio di ordine di Sua Serenità per liaver intbrnìatione intorno a fra Giordano Bruno, che si trova retento per il Santo Olficio della Inquisitione, et che é stato ricercato da Monsig. Nontio, per mandarlo a Roma, ha esposto questa mattima a Sua Serenità Che questo frate fu prima inquisito, et retento a Napoli per grave colpa di Heresia. Donde poi scampato, et andato a :
Roma,
fu
anche
ivi et
per
le
prime,
et
per altre imputationi
carcerato, et processato et che scampando anco la seconda volta da quelle prigioni, si transfer! in Inghilterra, dove A'isse secondo fuso di quelflsola , et poi venne in Ginevra, :
tenendo parimente quella vita licentiosa et diabolica per qualche tempo; et di là finalmente partito, se ne venne a Venetia ricoverandosi in casa di un gentilhuomo il quale per pagare il debito della sua Christiana conscientia, lo manifestò al Santo Tribunale, onde fu preso et carcerato qui. f^sser le colpe di costui gravissime in proposito di Heresie, se ben per altro uno dei più eccellenti, et rari ingegni, che si possano desiderare, et di esquisita dottrina, et sapere. Che per esser (juestu caso principiato a Napoli, et in Roma, onde par più spettante a quel foro, che a questo, et per la gravità estraordinaria delle colpe, aggiunto anco, che egU é ferestiero, et non suddito crederla che fosse conveniente satisfar a Sua Santità, come si è fatto anco altre volte in casi simiglianti riportandosi nondimeno alla summa prudentia di Sua Serenità. Ma che non voleva restar di dire che essendo stato intimato a questo reo, che dovesse, se pretendeva dir, 0 dedur ciò che li paresse, perché si voleva espedirlo che intendeva di presentar una scrittura egli ha risposto nella quale, per quanto si era potuto sottragger per buona ,
:
:
;
,
,
,
:
- 430 via, 'Il
é per dire,
c
uinstitia
(li
iiM'ìt'M'
<|iia
Roma
;
che
caro esser l'i messo alla da lui, per vedere dilatidiu' allt) essi-r spedito di sarà
et ciò Ibrse esser latto
fra tanto
t('in])(i.
lidia Jiiaiiiera, elle
et
eiili
tfiii''.
Ma
clic
ciili
e in siciii'a
prigione: et che Sua Serenila (Ictcniiini ciò clic le i)arc in tal materia, perché sarà esse(inito il vider di lei. Ciin-iderando Sua Signoria (Carissima che (jucsta sua relationc si dovei'ia tener secretissima, così ])er ]iiililico, come ,
per suo jìrivato
ri-jii'ito.
nondimeim
dieciidd
cIh' >ai'à
sempre
senza alcuna re]dica di aiitcponcr il ci.iiiniaiidamento di >iia Serenità et in ser\ iliii della ]iatria, ad ogni altra cosa di (juesto inondo. i:t dajìoi si liceiitiò laudalo dal Sereniss.>no IM-encipe della sua nndta diligentia et prontezza nel servitio ])r(into
piiMico.
\\v. 1
si
j1«'1Ì
Itera
di
>ia i-iiiic^^ti
ii/.i
«(iildisl.iif al
I
iìImiii
ii.
II. .111,1.
alle li.-
hi>, r,.ii.iiic
(liun.ilul.
(lilla
I
min
«li
llnina. di
r;o3. daiiild N
iirdim'
l'iic/ia.
clii'
)).'iclii-
li»
il
l'.itlUO iiivii
a
Molli. 1.
7
gl'Ili!
lIa\.Mido Nhmsig. Nonlio fatto in-taiilia alla
in
l'rc;:adi.
Sig.»"'» Nostra iiordano Hruno NaItolitaiio. jirocessato et carcerato prima in .Najioli et poi in Roma jKM- gravissime imjmtationi di Heresia, et scampato di prigione (hdrano, et dall'altro luogo, et ultimamente accusato anco et retento per l'oliicio della IiKjuisitione di questa Città, sia inandato a Roma, acciò quel Santo Trihunale possa proseguire a far la debita giustitia contra di lui: et essendo conveniente, et massime in un caso sì estraordinario, dar satistattione a Sua Beatitudine Lauderà parte, che in gratiflcatione del Pontefice il detto Fra Giordano Bruno sia rimesso al Tribunale della Inquisitione di Roma: dovendosi consegnare a Monsig. Nontio, acciò possa inviarlo con quella custodia, et modo, che a S. S. Reverend.ma meglio parerà. Il che sia latto sapere domani al detto Nontio nella sua audientia, o le sia mandato a dire a casa
pel' iioiiic del
Sommo
l'ontilice.
che Fra
(
— 437 per un Nodaro della Cancelleria nostra. Et ne sia dato anco aviso all' Ambasciator nostro in Roma per rappresentarlo a S, Santità come segno della continuata prontezza della Repuhlica in farle cosa grata. 142.
-^-
— —
10.
20.
(Senalo, Dc'liberazioni lloiiia
1592, liJza lo).
XXVI. Si
fl;t
parlecipiizioiie della (Iclihcrazione falta. lo!)3.
All' Ainòascia far
!)
gennaro in Pregadi.
Parula a Ronia^
(Oniniissi.s).
riavendoci Mons. Nontio, siccome vederete dalla inclusa copia della sua espositionc latto instantia per nome di Sua Santità di permetter, clic sia mandato al Santo Tribunale della In([uisitione di Roma ¥\'[\ (ìiordano Bruno, che si trova carcerato di qua per questo Ollicio della Inquisitione, ci siamo prontamente mossi a grati ticar Sua Beatitudine in tal dimanda, rimettendolo alla giustisia di Roma. 11 quale sarà inviato da Mons. Nontio con quella sicurtà et modo che meglio parerà. Il che avendo noi fatto saper a S. S. Rev."'.i, ne
li
diamo aviso anche
a \ oi acciò lo rappresentiate al Ponteproceduto dal riverente, et filiale ossequio nostro verso Sua Beatitudine^ con la quale vi doterete in nome nostro della sua indispositione et trovandosi ella, all'arrivo delle presenti nel l)uon termine di salute, che con la gratia del signor Dio speriamo, ve ne rallegrerete con lei. fice
come
;
etìetto
:
151.
—
0.
(Leda Collegio. Filza suddella).
-438-
XXVII Dopo
espi iiiirni|ii_ii
iii|i( ('>sa^li
osliM/ioiic iki
L'iiml>a.scia(ore scrive ila Hoina al
|
l'olili lìce pt-i-
1.1
lUuiio.
Honia IO gemiaro
Ili
lj'J3.
Prin cipe.
Sereni issùn o
Un
x(n|(l|>|,,/i()iie
i.i
-apere a Sua S.mtit.ì ([n.inlM di ^(.vtl•,| Sn-ciiità un messo noi pro|)(i-it(/ .li i|m'l IimI'' .iMnl.m,) hnino. IMplUCSClltaiKlolc ((UCSf.l sua dflili. ;it 1m|m |.i (|I1;i1,'. iiii div.,-, iinii liavri' prima da allri infera (|ii. ||,' ciridvt.in/,. eh,, mi |tai*v«'rt» poter lai* niafi^ricrc l.i diiim-tr.it mip' i|.||;i Minuta di \. Serenità ìlei Care a lei cu-;! l:i;iI,i: cnnic \ .r.inpMlr ha
mi
l';ift
\
i
.
i
\
ii|iiit.itM
innllu
\-(iri'eM'e
rudere; sposi
ii.t
e<'li
i:i-at i-^^i
ma,
unila
mai che
!'•
lla
i
i
(.
m
ii
1
•
1
r\\<-
;i,
di'-i|mt(">
dure da idaceialo, che .iltriii--''
\l
cIk-
in
eoiTI-
altre jiarnle irullieioa ma;j;:i(i|- ev|ii-cv
(Ollilllivsi
(Ilispatt
i
|iiiMh
].(MÌa\a.
jr
servan/a della Kepuliliea verso di lei; !<' poiig»»iio cosa alcuna iu esser, non starò
I
i
iiiii,in/i
esser
altri
lllMMe ,die
ra idi
l'
i;i
In>^er(»
da
airall'-
iph
cini
pandc^
ha (•(.iiì-iki-o
el
ullieid^e, diccndunii. chi'
iii>ii
(rn|ij„,
JuiiSSe
et
sempre
(lera di star
non
CM-a
i|ii'-t.i
(-(.rte^i,
lini^ciiiin
(l(';;li
i
i
Ami aM
(iiiciiiiK
III
i
\
ÌaN>ri
(
iif'i.
<|ii
a
di,
niìei
iH.iche
u
lc
).
Nciieli
a
liciiia.
filza
30).
-
non
ROMANI Documenti intorno alla prigionia
trascritti
11
dì
7
Roma
Giordano Bruno in
di
dagli
deirinquisizione
archivi
gennaio del 1593 fu deliberata in Senato
l'estradizione
del
Bruno.
Addi
9
Nunzio
deir Inquisizione i
nuovi
in
ci
quando
lo
che
di lettere.
furo!)o
mandati
già noi
avevamo dato
da
bene per soverchia modestia rivelare
il
suo
a
consegnato
27 feb-
troviamo nelle carceri
Koma come
documenti
chiamo sotto forma essi
esso
pontificio residente in Venezia; addì
braio dello stesso anno già
nianza
partecipata
fu
Eoma. Qualche giorno dopo veniva al
Roma.
di
ne
qui
fanno
testimo-
appresso
pubbli-
Diciamo nuovi
perchè
un
illustre
alle
stampe
egli
nome non possiamo
ci
nostro amico primi. Seb-
i
abbia proibito di
tuttavia trattenerci
dal dire che esso è persona autorevolissima e dottissima e
tutta dedita a raccogliere
libri,
codici
e
documenti
che per la loro rarità e pellegrinità meglio valgano a illustrare la storia patria.
-440
—
Del questi nuovi docuniciiti resta coiifeniuito iiuanto
noi
avevamo
pi r
induzione stabilito avanti che
ci
fossero
1593
il
Bruno
cioè 1" che
noti:
fosse ritenuto
già
sottoposto a un
andasse per ([uella
che
1" 1
ravve(h'rsi dei
di
inia.
(
<
'">"
(d
tutti
i
titolo
':ii'diii;ilr
elie ([uesto i)rocesso
li"
c-lie
induire
di
JJruno a
il
giudici jìresero notizia
i
^uoi seritti;
ili
e venisse quivi
ragioni e spceialmente per
piii
sperava
ntjuisizione
lioma
di
nuovo processo;
liinirlic jier
> di
liliii
di febbraio
He carceri
ni
ritrattarsi:
e
llariiiiiiit
lli
lii
li'
mese
nv\
teologo
ih
elicil
-1
'11
dappoi ebbe
i
in
Cardinale
ui^i/ione
[
dap-
pr^ripua parte nel
processo.
Ecco ora
le
lettere dell
annco con
gli alligati
do-
cumenti.
Lkttkra I*iuma L'inn li»»
(Iella il
(lato,
o
(i.iili'u^
almeno jiarmi
romana Inquisizione
j:i(»riio
-.
rf'lali\
certo del supplizio
i
a
di Ini.
r
iliie'
il;il
.inidaiM.
(
<•
I
;i
;ii
imo.
immolando
(l<M r<'li
Sapendo
alloi'a (IH'iO)
S. UfineominciaL dajrli ultimi deci-eti e l'isalii aj.di 11 no\emiu'e del l.V.is. La mia partenza per riii;-^lultei'ra trono<S quello spo;ilio, elle lu l'ultimo di più e più incomiueiati e compiuti prima. Né altri lo sef?uitò, ancorclió inculcassi a parecelii cult(U'i degli studii stijrici di copiare e pubblicare
non
elio
rìzio,
il
«riornct,
lamio
r|i
Ini
earceraziono nel ,
i
preziosissimi doeumenti di (piello e deirArcliivio secreto Va-
\)
Tra suoi guuiici non sedcl'e come noi aneniiamnio
il
Cardinale Haronio.
Ques!a e le lellere seguenU \ennero da noi pui)l)licale per la prima voUa nelle noie illusUalive al nosU'O discorso che lia per Ulolo Coj'tHMCU E LE VlCENHE DEI. SISTEMA COPERMCAM) I.M ITAI.IA. Uoma ^87G. 2)
:
— 441 — ticano. La politica allora e poi ingoiò tutto e tutti, con grande vergogna e danno di noi italiani che, soccorrendo la volontà, avreuimo ingegno agile e pronto a più e variatissime cose. In ordine di tempo adunque il primo decreto da me copiato relativo al Bruno é delli 14 gennaio del 1599. Alla Congregazione di quel giorno intervennero i Cardinali Ma-
drucci Lodovico, Santorio Giulio Antonio (é VE^iiscoims Prae» nestinus Ululi S. Severinae della visita 21 dicembre dello stesso anno), Deza Pietro, Pinelli Domenico, Berneri Girolamo, Sfondrati Paolo Emilio, Borghese Camillo, e Arigoni Pompeo, assistiti dai R.' Sig.-^i Consultori Anselmo Dandini (nipote del celebre Cardinal Girolamo Vescovo d'Imola), Ippolito Maria Beccaria, Pietro IMillini, Alberto Fragagliolo, Roberto Bellarmino, Marcello Filonardo, Giulio MoiitcìvMi/.i e Flaminio Adriani notaio della romana e universale Impiisizione. « Die xiiii mensis Januarii, leria v. mdxcix. « Fratris Jordani Bruni de Nola apostatae, ordinis fra« trum Praedicatorum carcerati in carceribus S. Officii luerunt lectae octo propositiones haereticae collectae ex eius « libris et processu a RR. PP. Commissario et Bellarminio. Ordinatum l'uit quod exliibeantur eidem propositiones ex« cerptae ad elVectuin ddibcrandi an illas velit abiurare tan'(
'(
quam
liaercticas. Videantur aliae propositiones haereticae ex processu rt libris ». II secondo decreto è delli 4 di febbraio dello stesso anno. Alla Congregazione tenutasi in quel giorno intervennero i Cardinali Madrucci, Santorio, Deza, Pinelli, Borghese e Arigoni , assistendoli i consultori Dandini. Beccaria, Millino Fragagliolo, Bellarmino, Filonardi, Monterenzi e il notare «
«
'
Adriani. « Die
iiTi
mensis Februarii, feria v mdxcix. (In
curallerc chiarissimo delI'Adi'iani).
«
Fratris Jordani, q. Joannis Bruni de Nola presbyteri professi ordinis fratrum Praedicatorum, et ab eo apostatae, carcerati in carceribus dictae sanctae Inquisitionis, ac in-
«
quisiti et processati de, et
<<
que
«
«
-1)
aliis
super haeretica pravitate, rebusin actis causae hujusmodi latius deductis, et il-
Avvertiamo per una voUa (anlo clie nel riprodurre questo ed i sucatteniamo fedelmente al lesto ed all'ortogralia che trovasi
cessivi (leoreli ci
nelle lettere dell'amico.
29
—
Berti,
Giordano Bruno.
— 442 « «
lorum occasione lectu processa contra eum formato, et ilio mature atque dilijrenter considerato, ac auditis votis Rev/"-" Theolo^oriim dictae sanctae
"
P;it! niìi
"
t'
«
voce datis:
"
jrulis
u n
quae
ì\rr
ikmi
Aid^ ihla
\
.
f
« S."!"^ D. N, d('c!v\
«
Consul-
interesseutiuin scripto et isis et consideratis omnilms et sincoiisideranda erat
(h'allro caiMllcrf
«
Inquisitioiiis
in eadciìi Cnn<:i'egatione
III
t
altli
oii
•cvialmr
e vrorrt-zioiii^.
.'i iiitimentura Fatribus Tlieolo^ris \ii|r|i, rt a l'ahv licllaniiiiio et Coinmissario jn-i ']iMMtiMiM'< iste (sic) {o ìUe) (sic)l:u\\\\\\\ liacr.
«
ticac: et
«
ab
«
(sir):
«
figatiir
II. 'Il
-i
-iIm
Sdpra
l'aii
t;iii(|ii,iiii (i
i
nrdiii.iNit
rt
liacreticae
t.iiitiiiii
aliti. luiv-iiiiiv
•(
it
ibus in
modo
ita
dcclai'.ilac,
xd
Kccb'sia et Sede apostolica
a;jrii(iscerit
t.il''<
iiiiiiiiv
al>
dicnnn
bene, sin miiins
]ir('-
').
ora tirata per il luii^jd nna Iìikm, ni;i che ciò accadesse n
(lut'-to dccrrtii
ritcn^^u
Vo
Lettera seconda.
Carissimo amico. Il
friorno preciso e indubitato dell'entrata del
carceri
dell'Inquisizione
di
Roma
lisnlta
Bruno
dalla
nelle
se^ruente
Ojp'-n, falla, lunedi a 5 aprile « Lisl((, dei carcerali nel S. 1599 xjer la risila Cotesta lista Tu da me coiiiata n(drarchi\ io d''lla Inquisizione dagli originali dei decreti, quali erano scritti so]ira carta in l'orma di fo^ilio, piegata per la sua lunghezza a maniera di vacchetta, come ora si direbbe. Tali quinterni non avevano più la cucitura propria originale, ma erano stati ricuciti insieme contusamente, sovraponendoii l'uno all'altro, e facendone degli ammassi cosi enormi, che in una carta Idanca dei decreti delia line dei secolo xvi trovai i
— 443 — Luigi Palombini per cocire questo quinterno ci n" 3, questo di 7 maggio 1789 ». Per poterli leggere mi convenne scucirli, e allora^ dopo Lisia ecc., copiai: « 1. Fra' Giordano, tìglio del q. Giovanni Bruni da Nola, apostata dell' ordine de' Irati Predicatori, cart.'» (carcerato) 27 febbraio 1503. " 2. Ercole tìglio del q. (quondam) Bartolomeo Rota da Bologna car.'» 29 luglio 1597. « 3. Alessandro tìglio del q. Perdicco Moscoleo dalla scritto:
«
rompè aghi
città di e
Lepanto
cart.^"
P. Pietro figlio di
4.
25 giugno 1598.
Giovanni Battista Orlandini da
Lucca, sacerdote e dottore di
11
(leggi)
car.^'^
6 luglio 1598.
Francesco Maria Caini, detto Caccia la vacca, tìglio di Luccliino Caini da Alessandria della paglia. Bargello del S. Otììcio et della Corte Yescovale di d.^ città, car.'o 26 «
5.
ottobre 98. « 6. Giovanni tìglio del q. Ottaviano Sellitti, prete sacerdote vec.^o dalla Sapona.ja, diocese di Martino novo, car.'o 26 ottobre 1598. « 7. Fra Bartolomeo tìglio del q. Matteo Vite da Castrano, diocesi (rAgob.o prete e predica dell'ordine de' frati Predic." car.^*' 18 no\ embre 1598,
Orintliio figlio del q. Camillo Acquarelli da Riete, 1598.
« 8.
car.'o
20 «
novembre 9. CI."
(Clerico?)
Horatio
dal Castello Vitolano dioceso
dicembre
figlio di
Geronimo Mesillo
Benevento,
rli
cart.t'
a 14 di
15'.)S.
« 10. Fra Giovanni figlio del q. Giovanni Bosso dalla terra di Pobleda diocese di Terragona nella Prov.^ di Catalogna car.'o 25 gennaio 1599.
Claudio del
Giannardo dalla città di gennaro. " 12. Pi'ctc
Troja
11.
q.
Clodio
in Ciani paglia car.'" 28
di Bisenzone, car.^^ '(
a di 11 lebbra io 1599.
14. Fi-aiiccsco
Antonio
figlio di
(iioandomenico Ce-
raso da Najioli, a di 15 Icbbraio 1599. '(
15.
18 anni da
cense, car.'»
Guglielmo Coclieles liglio del q. Henrico di età un luogo detto Sincliortonio della diocese ebora10
marzo
1599.
— « car.t'5
17 -
'li
16. E*ridio
marzo
17 Pr. (Prete?)
18.
del q. Fi-nnrcsoo Caniliij
li<xIio
(Galeazzo Porta
'2(\
marzo
V.K
(".lemeiite
1-ra
liiiiio
drl
in
q.
([.
uca llniiio dalla
l
car.''^
nur/n.
Geronimo
Mauriiii
Naiioli,
del
del Q. HalTacle
l.V.Ki.
Mniiiii
Fi'aFicoscM
città della (]ava lialiilaute «
lìorontino,
1508.
Milaii'i, car.i" a dì «
—
444
«lalla
condotto ila Naitoli. " 2". l-"i';it\\iit
dì
a
-.^C»
marze»
lìi
1
1
1
i
ii
i
(
-.'<'
i'.)'.)
l
III. //li ct<\
(i/'ff(/iai'crt//(l
quod
/idi cc/u/Kf/n'la (tu./'aht
et o/'/Kila ji/'o ro/if/rc
•
;i
dal K<ìta in luoi'i,
tutti
.ì:1ì
altri
ei-ano
earceiali
da
ine rel="nofollow">i,
menti'e Fi-a (iiordano era carcerato da tdti-e sei ;inni. (](de
ci(Miza di pri>ve,
sarà provenuta dalla (pialità del
soj:f<ett(», o lors'anco dalla speranza iper quanto poca e lontanajdi ridurlo ad ahiurare, rincrescendo fortemente lo scandalo di un padre predicatore apostata e impenitente, o l'orse da ra{rioni a jnc i
Vostro X. N.
Lettera Terza. Caro Mi viene del
a/nicOy
mani una seconda visita fatta ai carcerati quale parmi non meno importante di quella
alle
S. Olìizio, la
che vi mandai dalla
— 445 un abbozzo o minuta
111
l'Inquisizione
(e
particolarità) lessi « Gong.»'o-
di
Flaminio Adriani, notaio deldonde ho rilevate coleste
in seguito vedrete :
lnq."'s. lacta in S. Olflcio
« Die XXI
men.
corani Ul^'s.
mdxcix. « 1. Fra Giordano del q. Giovanni Bruno da Nola prete professo deirOrd. de' frati pred.'i, maestro in sacra Theologia vix.-bris, feria
iii
sitatus. « Dixit (juod non debet nec vult rescipiscere et non habet quid rescipiscat, nec habet niateriam rescipiscendi, et ,
nescit super
R.mus
quo debet
'
(lieti
rescipisci.
lUmi ordinaverunt quod
ordinis Predicatorum ut acqui
'-^
.
.
.
.
cecitatem et suani falsam doctrinam ». Come ho detto, questa é la minuta del notaio del S. Offì/io. Floscia l'it l'Ovai nello stesso carattere il verbale di quella visita, redatto in assai miglior l'orina (ancorché in alcune parti niello conipinlo della luiiiuta), coi nomi di tutti gli interve-
atque ostendat
illi
nuti a (jiiella (^)iigrega/i()!ie, e cioè:
Congregatio
Sanctae
Romanae
Universalis apud S. Petrum corani lUmis et Rmis liominis Canlinalibus Generalibus Inquisitoribus, in qua iiiterliieruiit omiies infrascripti. « Die XXI nieiisis decembris, feria iii, mdxcix. « lUnius et Umus D. Ludovicus Episcopus sabinensis Gardinalis Mandrutius. « Illmus et Rmus D. Julius Antonius Episcopus praenestiiius Clai'diiialis S. Seuerinae, « lUmiis et Rinus D.Petrus tituli D. Laurenti in Lucina prcsb\ ter Cardinalis Deza. « lUinus et Rmus 1). Dominicus tituli S. Chrysogoni presbyter Cardinalis Pineilus. «
Ollici)
et
liiquisitionis habita in palatio dictae Iiiqnisitionis
« Illmus et Rmus D. frater Hieronymus Bernerius tituli S Mariae supra Minervam presbyter Cardinalis Asculanus. « Illmus et Rmus D. Paulus tituli S. Caeciliae presbyter Cardinalis Slbndratus. « Illmus et Rmus D. Gamillus tituli SS. Joannis et Pauli presbyter Cardinalis Burghesius.
'I)
dica 2)
Per inclno>lro versalo a il
Padre Generale.
Id.
caso non
si
può leggere
,
ma sembra
che
si
— 446 — « Illmus et Rmus D. Gardinalis Arigoiiius.
Pompeius
titoli S.
Balbinae presbyter
« Illmus et Rmiis D. Robertus titilli S. Mariae in Via presbyter Gardinalis Bellarminiis {fatto allorct). « R. P. D. fr. Albertus Fragagliolus Episcupus Thermolensis Gommissarius generalis sancii Offici). « R. P. D. Petrus Millinus Romanus utriusque signaturae S.ra' referendarius ». ,« R. D. fr. Paulus Isaresius de Mirandula vicarius generalis Ordinis Predicatorum. « R. D. Marcellus Filonardus J. U. V. Doctor Assessor S. Officij.
«
R
P.
Ir.
Franciscus Petrasancta ordinis Praedicatorum
socius Gommissarij. « R. D.
Julius
Monterensius
J.
U. D. procurator
fìscalis
S. Officij.
«
Ego Flaminius Adrianus Sanctae Romanae
et
Univer-
salis Inquisitionis Notarius.
« In
qua quidem congregatione
l'uerunt
visitati
omnes
infrascripti carcerati. « Fr.
Jordanus
q.
Joannis Bruni de Givitate Nolae Regni
Neapolitani, presbyteri professi ordinis fratrum Praedicatorum, ac ab eo ordine apostatae , sacrae Tlieologiae Doctoris carcerati in carceribus dicti S. Offlcj ac inquisiti et processati de et super baeretica prauitate. « Rebusque alijs etc. eductus e dictis carceribus et ad aulam Gongregationis corani eisdem lUmis etc. presentatus ac ab eisdem visitatus, et auditus fuit super universis eius pretensionibus ac meritis eius causae ac necessitatibus tam victus quam corporis {sic) aliis etc. ac ilio postea amoto ab '
aula Gongregationis per lU.mos D.nos Gardinales praesentes decretum fuit quod R. P. Hippolytus Maria generalis, ac supradictus R. P. fr. Paulus Vicarius dicti ordinis Praedicatorum cum eodem fratre -lordano agant, eique ostendant propositiones abiurandas ut agnoscat errores, se emendet, ac
disponat ad abiurandum expediri ».
,
ipsumque
lucri faciant
ut
possit
Vostro N. N.
'I)
La parola corporis
è cancellata.
^
— 447-
Lettera Quarta. Caro amico decreti che seguono furono da
I
me
copiati
1849 nel-
il
romana da un volume cartaceo pergamena e portante sul dorso Decreta
l'archivio dell'Inquisizione in foglio, legato in
1000-1601
un cartellino incollato sopra esso dorso volume non era del tempo, e alla scrittura seconda metà del secolo xviii. Il copista a più
in
e
:
Cotesto
L. 5100.
parvemi della luoghi non intese
la scrittura degli originali (da
me
cercati
invano e forse in parte corrosi dall'inchiostro onde la necessità di copiarli) e ad arbitrarie sostituzioni preferii frequenti punteggiature, raramente riempiute di altro carattere. ,
A or.
4
verso.
«
Dopo
verso^ e
a ce.
«
« « «
v.
20 januarii
-17
de' quali
mdc coram si
riferisce a
SS."'" ».
Gaspare
Stoppius (yc)
redo.
Jordani Bruni carcerati
in S. Officio. Memoriale diapertum, non tamen lectum. « In causa ejusdem F.'-'s Jordani de Nola ordinis F.rum Praedicatorum, et ab eo apostatae facta relatione per R. P. Pr.e^, Hyppolitum Mariani, Generalem dicti ordinis: quod de mandato Hl.morum etc, una cum Procuratore Gen dicti ordinis alloquutus fuit eundem F.'S'n Jordanum, qua-
« F.ns
«
Feria
molli decreti uno
rectum
SS."™», fuit
i'
«
tenus vellet propositiones haereticas in suis scriptis, et abiurare quodque consentire noluit, asserens se nunquam propositiones haereticas protulisse, sed male exceptas fuisse a Ministris S. Offlcii, et SS.i^i's j)_nus Noster auditis votis eorumdem IUn'o^um^ (jecrevit, ut procedatur in causa ad ulteriora, servatis servandis, ac proferatur sententia, et dictus F.^ Jordanus tradatur Guriae Saeculari ».
A
ce.
«
« constitutis prolatas agnoscere, et « «
« «
«
33 redo.
«
Feria
iii,
vili Febì^uarii
Dopo parecchi
Contra
¥.^^^
mdc coram
111.»'^^
DD."'*' »
decreti a ce. 37 redo.
Jordanum Brunum de Nola apostatam
- 448 praedicatorum
« ordinis «
nacem,
Saeculari R. 1*. « gregatione ». «
L.
iiìipenitentem, et perti-
liaei'oticiiiiì
luil ivlaxatns Curiae Guhoriiatoris jn-aociitis in oadcni Coii-
luit lata sententia.
iih|ii<'
Ìi1<
Vostro N. K.
(^hio-ti
oltro
aicliivi
(l»'ir (i)
e
che fu
1
processo
(l(d
iKjuisizionc^
Dirmorifi/t
ma
npiM'fo
/>)
il
I
Il
lilu
i.
(lovrel)ì)(>
die
attribuisse
egli
opponesse alle eresie
speriamo
ancora
un giorno
a
im))aiv.iale
la
\
clic
cadere (piale
il
tutte
che
eiiczia.
sciitto
cii-tianee
di cui
veniva
mentovato
maid
iciida
cai te
le
di
di
M
i:
(l(d
r.iMiuo
si^nillcazione
ricavai'si (jualc
nelle lo
c
c riiltimo
alle dottrine
ei^li
jìapa
;il
letto:
no^ti'o avviso
a
r.riuio indiii//n
il
iiiai!o-crilti
ìiicììicr itili
clie
negli
lìonia:
iii
ikui
i
trovare
(lel)1)ono
si
clic
r.nino aveva con se in
Pai
diinostrano adunque
(loi'uiiiouti
iiiinvi
atti
f^li
(piali
lasposte
imjìutato. \ioi; ia
(pialclie
piiljl)lica
i.i:
Noi
althia
persona
ragione.
GINEVRINI
'
I.
Giordano Bruno
à
Genève.
(1579)
Giordano Bniiio,
le
grand pensciir
italien, a
mone une
vie
plupart de ceux qui, jadis, ne pouvaient se résoudre à accepter, en religion ou en philosophie, les systèmes re(;iis et les dogmes traditionnels. Né en 1548 à Nola, près de Naples, et entré de bonne lieure dans l'ordre des doniinicains, il quitta son pays, à l'àge d'environ trente ans, et rèsida siiccessivenient en France, en Angleterre, en AUemagne, enseignant sans cesse par la parole et la piume, apòtre entliousiaste et convaincu d'une philosophie de la nature. On connaìt la lugubre tragèdie qui eut son dénouement dans la derniere annèe du siécle. Revenu en Italie et dénoncé par l'éiéve mènie qui l'y avait attirò, le maitre audacieux qui avait osé prefórer la science à la Ibi, rejeter la messe, trailer d'ànes les moiiies de son temps et surtout combattre les idèes d'Aristote, l'ut livró par le tribunal vénitien de Finquisition à rinquisitioii l'omaine. Aprés avoir languì sept ans dans les cachots pontitlcaux et refusè de se soustraire par une rétraetation à la sentence capitale qui l'attendait, il monta stoierrante, cornine^
la
quement les marches du biìcher, le 17 février 1600. Son martyre couronne dignement un siécle que les dissensions relìgieuses avaient rempli de supplices, de massacres et dliorreurs. H)
Conf. inlorno
oriiiine
la
rapitolo V noi quale
si
e
la
pul)l)licazione
di
qiiesli
documenli
il
discorre della venula e del sos^tioi-iio di Giordano
l!rnno in (line\ra. A questi documenli che riproduciamo nel testo francese
pubblicalo dal Dulour, agginn^iamo per rendere compiuta la serie dei do-
cumenti originali,
il
seguente che segniamo col N.
II.
I
— 450Le.s act('< 1!^(>S
partii'
l."»02,
est d('\
ini
l
suuret*
(irdre.
(!.'
bery, cu
l'iijV-
sul»it à
a\;iit
il
IN'U ai)rès. dit
dans octtr
le
>ni\ail.
.le
per-iHiih' e[
ri.-
\ ic(.
de
('liaui-
m-di't',
\iiit
il
-,
N.ipdlit.iiii, (|ui
(jui .i*('tais, >i )".'t;ii^
de
taire ]»r(d«'ssi()n
«d
i|iic
soii
li.d.'lli'nc:
demanda
à ses (pie-licii-
!'."-p(inilis
eomide des
i-endis
lui
iiiif
ui;ii-
nir
m\\ ai-rrtcr
à (iciiÓNc ]»(>ur \
i!,
Hruiio cxpliiiu»'
im CMinnit de
daiiv
\ ilit',
seni ("'pisude dcii ikmis occupei'
l'ii
d'Ita lii\
à (itMieVf et dr-c('ii.iit d;iii-
([u'(in
a fait
deux prcMniers interro\'eni.so los 2*.) ot 'M) mai
les
rcr toutos les circonstances do sa vie et ce rècit jMMirsa Itiographie, jusquo-là trés peu couuue, une (l."'])arl
<
Dans
ii.ii
lei. Ra*-
sidait
publio-s eii
l'èrudit distinguo qui
Berti
prisounier
\>'
<|ii.'
(hit
il
iMuiiiiiqu,.
I
iniiiistèrc italicn.
fili
gatoir»'^
du procos de Hruiio ont etò
^ i'iiitii'ii<
par M.
l'i
Uhilils
l.i
ieliiji,,||
un .rnant
nTa
(pn
i'.'-
Ncnu iii.i
\ ;i
icii
(juitter le idoilre; J'ajoutai (pie je ira\ai> jias riuteiitiou
d'emlirassei-
rtdigion de cette eit»\ jtarec qiic
la
pas ce qu'i'tait (ienève pour \
m'ayant tais,
eett.\
conseill.'-
i'(digi<»ii
re
i\
de
je le quittai et
eii
r[
Idute
i\<
.je
ttml ea>
laire des
\
m'. laldir
l'iial.it
etemeid-,
ne savais
je
d(*sii-ai-
lilu-rt»' et m'-cui-ìIc.
d.'-pox'i- eii
me
que
à
Le mai'tpiis (pie jf jxiraiii-i (pi'uiie
paire de souliers. Lui «-l (ju-d^ues aiitres llalieii- me (h.iirnrent une ('qK^'e. un chapeau, uu manteau et le> dixci- (d>ie|^ nécessaire^; puis ils nu* jjrocuréi'ent du tra\ail ei.miiic coirecteur d'imprimerie, alin (piej'eusse les moyens d»' sul)\ cuir UKui entretien. .le passai deux mois ainsi occupa, trequenil eii italieii et cell. 's en frantaiit t«'iii' a tour le- piV-d icat i( cai-: elitre autre>, .i'elltelidi- à jdu>Ìe||i'S l'epriscs |e> lecOUS
sermons de Nicolas Halhani ^, Luc(|uuis, qui pn-cliait sur les évan^nles et laisait des lectures sur les èpitres de St-l'aul. Mais lorsqu'on m eut déclarè que, je ne pouvais l'aire un l<jng séjour dans la \ ili.*, >i Je ne me decidais à en embrassei- la et les
—
h
l'ita di
l.cs
a\ec
Ciordutìo llruno da .Sola.
qiiel(|iie.s
Iniino iSdS
iti-S'
de
lenniiii'iit cr vuliiiiic oiil cU' r('impriiiiéN
docunieiils
aJdilions. soii» ce litre
:
II"*
par M.
Documenti intorno a Giordano llruno
da Nola. Koma, <SSO. iii-S' de [{V]-H:i p. ci i pianelle. 2) Sur Galéas (^araceiolo, marqiiis de Vico, ^oy. la Note de M. piibli«'e
dans
Méinoires et Docuinents de
les
logie de Genève, 3| Pasteur -IjST, auleiir
de
t. l
la
Sorieft^
d'hìMoire
'I
II.
He\er,
et d^archdo-
IK. p. fìS-SO.
éfili-^
d'une
p.
l'erti,
ilalienne à
biojjr.ipliie
Genève des \'MA. mori à
de Galéas Caracciolo (\o%').
Gfi
ans
le 3
aoùt
.
— 451 — religion, et qu'autremeiit je
ne recevrais aucuii secours, je
pris la l'ésolutioii de partir».
A
quelle epoque le jacobiu t'ugitif était-il à Genève? Une de G. Scioppius à Conrad Rittershnys, écrite de Rome lo jour mème du supplice de Bruno, prètend qu'il y resta deux ans, mais ne donne aucune date. On a en general indiqué celle de Ì5S0 et aussi celle de 1582. M. Berti après s'ètre prononct! pour la fin de l'annèe 1576, a placè ensuite ^ en 1578» ce st^our à Genève; il lui assigne une durée, non plus de deux ans, comme le disait Scioppius, mais de deux mois, conformiMnent au\ dèclarations que Bruno fit à ^'enise. C'est également « au printemps de 1578 » qu'il laudrait rapporter cet èpisode, d 'après le livre rècent de M. Hermann Brunnhofer, bibliothécaire cantonal à Aarau \ Quelques documents, jusqu'ici (lemeurès inconnus, que j'ai trouvès dans Ics Arcliives de l'Ktat et dans celles du Gonsistoire \ jettent sur ce moment de la vie du philosoplie un )(»ur tout nouveau. Transcrivons-les intégralement: ((OHI ioTO. « Pili lippe Jordan, dit Brunus, Italien, JeìuU (K'tenu pour avoir faiet imprimer certaines responses et invcetives contre M.'de la Fave, cottans 20 erreurs d'iceluy en une de ses lec^-ons. A estè arrestè qu'on l'ouye après disner (MI i)rèsence de savans et de M.^ le secrétaire Ghevalier ^ ». « Jean Bergeon, dètenu pour avoir imprimé lesdictes invelettre
'
,
<'
(')
amii'i'
V.w
«
^)
linino IVancliil-il
lions «'chaii^» es sur ce poiiil.
[lordano linino, 2)
nta,
3)
Documenti,
pai"
(
hrisl.
le
l!arlholm('>s.
nionls
(.
i
?
Api-ès tanf de disserta-
iii|>()>si lilc
I,
p.
(e fui en
;
'I.jSO,.. »
'>'t).
TC.
p.
7T.
p.
T!».
C'inrdnno lirtmo^s fi tUanschauviì(j
t)
Iin
dolile sciiildc
nnd ferhangnìss. Leipzig,
-1882,
in-S". p. 'I(i-I8.
M.
'>)
llruno
[:'i
(ìeuève]?
reclierches li
iI)!o
ile
disail
nai-llioliiièss
ks
en ISU;
l'oini
de
plus assidue>
(t.
p.
:ii>)
:
«
Quelle fut rallilude de
anv Ai-chives de Genève.
((ue ces reclierclie-; n'avaient pas
l'Iiilippe,
f,
réponse préci-ie à celle question en dépit
donne à Druno par nos
porte sur l'année
»
—
'l'iTO.
Hegistres, a peut-è(re aiissl
11
est pro-
Le prénom déroulé le?
in\o-;ligakMirs. (i)
Paul, (ilievalier
seil -l.-JTS-i.-iSd,
,
seigneur de Fernev, du
CC
-l'JTS,
conselller V.iHl, syndic juillet V.iSl, VòHS,
secrétaire
du Con-
^:m, V.m,
lieu-
lenant novemlire ^')00. fut à plusieurs reprises député par la Seigneurie de
GencNe en Suisse Paris, pend.inl
1
.
en Allemagne et auprès du roi de France.
une de ecs missions diplomaticfv.ev
le 6
il
niourut à
mai VòO"
-
4:)-2
-
etives à rinrluction dudict Italien, qui luy affirma n'y avoir quc de pliilosophie. A este a'-resté qu'il soit prison jus-
rieii
ques à demaiti et cundainnc à eimiiiaiitc (Idriiis (raiiUMide^ Yeadredi 7 (loàl. « Jean Herjoii iiii|ii iintMii-, a presente reqneste tendante à luy pardoner la laiilte ({u'il a conimis (Tavoii' imprinìti une leuille ealoiiìniatoire eontre Mr. de la Faye. icm- laqih'l!.' il c-t dr-t.'iiii ayaiit e-ti- a e. 'la iiidiiiet 11.'. (|ui par le iiiaiiitcìiuil (jn'il a\()il ricii «le Dieii, .
.
\
\\
\\\
A
iiia-i-lfat.
salir qiiant
d"liyei-.
arresi.'
est.'
raineinle.
à
moyens
os^'ard de ses petis
-
j)ivsence des
t'ii
este arresi""'
qu'il
justiee et aiidid jiiiiir
soil
de
ri'ed^rnoislre
\
iiii.'l.
l'ari-est
à
,^-)
à
en
II.,
i-axc.
iiiij)riiiii.r
|;,|,.(
rer(i.>:ii.
en et
>a
ii
d
sidl
Nai io
dii
en
rciiMii"' et
(•()iitr(»
xciidrcdi
laiiilc
nicicy
ei-iaiil
anssy sa lanlle,
l'cspondii
italien. a\aiil
niinisli-o
S*-*
«'laiiii
la
iiiudrri'
i|tr(iii
>\
Lundi \(J noni « IMiilippe iJi en prisdli sus hvs cal.'Hiiii.'v M- Aiittiiiie de la Fa\i', ayant il-'iiii.-r
lidil
(jit'oii
aii^^y
hieii
à ( !(
(|iril
daniiK' à rcnnjn'e et lae»''rer lediet libel diiì.uiialMiif
a
d
>nsisli
.i
à
re
--oit
coii-
aii
l'esle
:
qn'on luy d<Mine ses despens *. » Jeudi l.'i (i<ml. « Dl'IJ'ciicl' de la cr/w. l'iiilipix' Urini a eomparu en Ct>ncist(tyre pous ivco^nioistre sa lanlle, d'aiiltaiit qu'il aumyt erre en la doctrine et ai)pellés li'< iiiinislics de rcL'-lise de Genève jM'ddf/Of/uex, alNVanl ijii' la n il ne se \ enlt exenser ny anssy se eondanmcr. car cela n a pas oste rai)i)«>rt»' en vèrite, cdmliien ((ii'il cstinie (jne nn^^ Sp. Anllioyne de la Faye ayt lait tei rajqjorl. IiKjuis (juelz il nuninie pèda^'-Ofrnes, a diet par plusieiirs exeiisfs el alli'-
—
•
Ta persèentè, alli'^Miit jdiisiciirs cdnjeetiii'es, nsant de plusienrs anltres aceusalioiis d neaiilinoin^s a conlessè avoyr icy CDUiparn pcmr recuji-noistre sa l'anlte, laquelle il a eonimise en blasonnant les ministres en plusienrs iratiiMis (jue (»n
;
4) Regisires 2] Registre
3)
da Conseil, voi. 71. du Cavseiì. f" v
.Michel Vairo.
ilii
conseillcr V.n",, sxnilic iO ans.
»
Il
f"
C.C \'M\H. aiiilileiir \' ~,2
V.'M;.
'I.ÌS2.
a\ail «'iudi»'
l»-
dioit.
de
mori mais
qiies et malliémaliqiies. (ni
a
vevenux
de molti
I.
Star, Vò^'u 4)
C. el cos.
de
^M>.
".
ord.
IT pr.-l.
Reg. da Conseil, voi. 7
5,
et f'
lui
secrétaire
le S oclolu-e
s'o:-ciipajl
du Conseii
WìWk
aiissi
un opn>cale intitulé
ifi
•ISS.
e
àf^é
-l.'iTS-TO,
d>ii\iron
de sciences ph\siM. rarronis Ce-
:
traclalus. Genevae, ex officina Jacobi p.
- 453 et diversses
doctrine.
A
larons. dict
atteiidu qn'il a
A
qu'ii
estó
calompnié
admonesté de suyvre prest de recepvoyr
est
ledict de la
Faye
la
vraye
censsure. Et
et dict et acusé
iceluy d'avoyr dict une chose qui n'a pas esté diete aussy dict qu'il ne se veult pas excuser de sa procédure, mais qu'il à dlieu layro co qu'il a iaict, advis quo oii luy lasse bonnes rcmou^ti'.incc^, et qu'il aye à recognoistre sa faulte, et que on luy dellciidc la céne en cas qu'il ne veuUie recognoistre sa laulte, et en oultre renvoyé à Noz Seigneurs \ lesquelz sont ,
priez de n'endurer aulcunement
ung telpersonnage,qui pourra
troubler l'escolle; et présentement
A respondu
dclìvra
recognoistre sa
repend d'avoyr laict telle faulte, de laquelle il fera amendement par une mellieure conversation, eten oultre a con fesse avoyr usé de calompnié envers hniict. Sp. de la Fa\<'. Lcsdictcs remonstrances et deft'ence de la céne luy a estée faicte et renvoyé avecq remonstranlaulte.
ces
qu'il se
».
JeucU 27 aoàl.
Absolallon do la deffence avccq renionGoncistoyre Philippe Brun, estudiant, lia])itant en ceste cité, lequel requiert la céne à luy deflendue luy estro remise, à luy deffendue pour avoyr usé de propos calompnieux à l'encontre des ministres et d' ung régent du collège nommé Me Antlioyne de la Faye, recognoissant en ce avoyr faict grande faulte, advis que bonnes rejn()nstr;iiic(>s luy debvront estro iaictcs ri libere à pouvoyr pai'ti('i])i)('i' à la céne: lesquelles renionsti-ances aussy libération de ladicte delTence , luy a estée faicte, ce qu'il a remercié avecq action de grà co ^ ». A ces piéces, il faut joindre une mention du Livre du RecLeur. Sur cotte listo des étudiants de nostre Académie, on tmuve, à la date du 20 mai 1579 (p. 23): « PliiUppus Brunus^ Nolanus, sacr(r. lìt.colofjiac professor. » C(\s doux lignos du volume imprimé en 1860 n'ont été utilisées ni par M. Berti, ni par M. Brunnhofer, auxquels slranfc^.
—
«
A comparu en
,
-1)
lion
Lcs IlegisU'cs du (le
Cous
il
ne meulioniient pas une nouvelle conipara-
Hi'uno.
2)
Rerfislres
3)
lòid.
—
du
Consììloìrc^ voi. de
Les Hegislfes
^
577-79.
de la Compagnie des pasteui's
pcnl-f'U-e U-ouvé d'auti-es détails sur cette ailaire
nccs 'l571)-lo8 5)
Elles
,
où Fon aurait manquent pour les an,
i.
avaien!
élé
pourlanl signalcos
,
mais saus
conimeli (aires
,
par
—454en revanche un éclaircissement nécessaire: le bardi Nolain avait recu au baptème le pronom de Philippe et ce fut seulement en entrant chez les dominicains qii'il
.iVinpriiiite,
,
Giordano,
prit celui de
dópart qui
d'Italie,
lui
mais rcpi
adìli.itioii
soli
l'.ippi'l.iit
(N'\;iit
Ih'
il
C'-'-t à
porter aveo. oci daf-'
\ (i\ a;.--!'^,
a
a
la
dut •tr<' un p 11 partcut ad'ijìtei-,
^er,
met à
s»'
di'
|ilus
Kid<''I<'
|(iii;j.
;:u»'ri"oyer
nn\ali'ur, virliui-'
M. Ilamis prciHtm niit^i
:
.
(le
à
der
'2\
I
l
\
(:ias.<.e
du
juìii
la
l'ave,
e(dlé;:e
de
(
V.'>i<\.
<\r
la
de
pridessetir
-l'jSd-S'i.
geuis de (ieneve en i'MiU.
Tli. 3)
l!éze,
i'-'
ipi'i
allail
1
Tt'li'aii-
-
«'tunrc
W
l'Iéxi'ra à
(Ui
Li rre
rniiio
(|i.c
da
Uccie tu
di r
l'illu-li'e
auipn'l
in
1'-
imiI
a
ikh Ic
le
s'cxpiifiiail
j|
.
il
Uufrs windcii (lem /uiSitztiiKixbi-
Pruij
in
ff i>,s(nsrlta(lcn
^
dd
\'.\'.yl.
MI!
.
lU'ili
if'ifa.]). .'i77,
r( fii;:ii'
I.Wi'i.
\
dn
a
(ic*iic\<*,
\
fui
VÓW». de
--
la IN
r<';:ciil
la
Ire
de
niniirnl
il tlii
lliénl
de
(d<)-ii|iii'N.
la (Miste
depnis le
de^ poé.sies
l
V.iH'i.
lieeti
recUMir lìoiir-
.seplendire UìV'».
laline.s,
ime
di;
^j(i7,
(in
liio'.:iMpliie
eie.
A celle (•po(|ue.
titnl('.s
ii
j)liilMM,p|iic |:»7S, pa.sleiir à la \ilJe -ioSO,
plu.sieurs oiivra^i-^
de
1
/Iruuus .\olnnus
aiidnii.
li.ili
de rAcudéinie
de
1
aria\<' à
^03).
p.
pi iin ipal l"iT.">, prdfcvsetii-
lui doil
mai.»
,
U'i).
p.
Antoine de I'
il
edv au
ipiì nrruur de pliildsuphie. \ <e< preiiiiiTs l'crits qu ii
(ìeaclhvlKifl
\
mi Docuniend,
l'a
;i
culUirliisIdrisclicii
l'IiilippU'
bòhmisclien
petit
pi'ulcssi
«juand
snv
IlV'n'iit ^
i-liaii'i'
it:n<>rail
arlicl»'
11.
/,.
<S(;2, Jaiinar-luni.
Jalir;;nirj; -1)
mi
all;:('niciii
lii';:t';:iicii.
/ionigl.
l'on
itù
Iiiiis
Nanicii
Viicli
-
il<'
ri r
\
i
Untle \i||e, leijUrl
priiu'
li'
la
riiitid«'i'aiiri',
d'-
cpoiiuc
iiiif
l'Iiilippr.
saniniciisU'llci-
richte
l'uii
)uilili«'
il
s'cdorriT de di-edu
laiidi'a
d
inoi^ ilont
m jui niepie
i
il;ill<
il<'i;i
a
.
l'diitrc
pait aloi's dans noti-e Acadc'iiiii' rette oceasjim,
une
S(''JnUl-
re\-(i(imiiiii';iiii
se-
s"a|iplii|iii'iit
daiis
(ii-iiÒNc
a
t
('.(mióm' et eette
di'ux
\.''<
rcnsci^nie-
imi
.j.-
^ults''ipiciil<.
il
(Irsurmais rap-
laiit
1
iiio,liiici'
ut
intcìTti^'-atoirc
pa-
dui'-'"
i
ni iiim a
\«'iiii-'
l,i
(tu
S(Ui
"pTil IKUI
itinl«'
aiit<"'ri«Mir<
dans
i)ai'l«'
t
et
'.
(ju
"iT'.i
1
soii
noni
le
ilutioii
r('S(
alx uidriit
lii*<*
raiiii''<'
n<''CHs
d
de
et
prèobeurs,
Fi-(M'('s
c'Ite
ilaii<
Jonldnus
vifid de
Les textes qu'on nients prècieu.x.
Ics
|);ii']ni
]i''r-i
])iontol lo luviiulll di'
it
Rome
de sa fuite de
t.ors
abandonna pendant quelque temps
il
il
Vun V .4 re Ile de
n'a\ait encore fait paraiire (pie deii\ (ip'i.seides, inAot-',
laiilre
relrOLivt'S (l]ninnliofer, op. cit.^
n aurail pas élé imprimée.
p.
/- rel="nofollow">es .v/V/rje.v
V'>\.
—
Sr
des temps, lnn M.
rpii
i;cj li.
noni pas
V Arrìic de
('ti-
A'oe
— 455veux dire une édition complète et critique de ses oeuvres. Enfìn et surtout, lorsque Bruno dit qu'à Genève il ne
droit, je
put se rèsoudre à embrasser la religion qui y était professée, son assertion ne cadre pas avec les faits que les documents nous révèlent. En parlant ainsi devant les inquisiteurs vcnitiens était-il animé du désir bien excusable qu'il eut dans les premiers temps de sa détention d'écliapper aux griffes du terrible tribunal ? Ses souvenirs pouvaient-ils d'ailleurs ótre bien prècis après treize ans écoulés et de nombreuses pérègrinations à Lyon, Toulouse, Paris, Londres Oxford, Marbourg, Wittenberg, Fraglie, Helmstedt, Francfort, Ziiricli ? Dans Tètat actuel de nos connaissances, il serait mala isé de répondre à ces questions. Ce qu'il y a de certain, c'est que, pour ètre admis comme étudiant dans rAcadémie londée par Calvin, Bruno avait dùaccepter et signer la confession de foi imposèe par les règlements de 1559, et que le Consistoire lui ayaat « défendu la céne » pour la « grande laute » qu'il avait commise en « errant dans la doctrine » et en se permettant avec irrévèrence d'appeler les ministres des « pédagogues, » il s'enipressa, quinze jours plus tard, de soUiciter la levée de cette interdiction. 11 était donc alors, au moins à l'extèrieur, aussi protestant qu'on pouvait le désirer: aucun doutc no saurait désormais s'élever à ce sujet. Nous posscdoiis une aiitrc prcuve que Bruno a fait partie de l'égliso protestaiilo ilali<'nne de Genève. En 1650, Vincent ,
,
,
^
,
Burlamaclii - lìt, d'aprós ics arcliives, aujourd'hui perdues, de cette cglisc un relevc fles rérugiés italiens depuis 1550, avec rindication des ministres, anciens et diacres. Dans ce travail, qui Torme un cahier de 70 feuillets, conservè aux arcliives d'État (P. H., n" 1477 bis), on trouve (f". 23) le noni de Filippo Bnino^ del ì^egno di Napoli. Burlamachi s'est l)ornc à mettre une seule date d'année au liaut de chaque page de son manuscrit et ce millèsime doit èvidemment se rapporter aux premiers noms de la page, qui en contient en ,
\)
Kn
(|iiiUan(
à liomr, licncs, le
clicinin 2)
\v
a
dans
dès
WòZ.
iples,
}3i"iino
Venise
et
a\ai(,
résklé successivenient
Pallone, avant de pi'enJre
de (irncNC. (IciK'Nc
M'inbre 1(131, fui,
son couvent de N
Noli, S ivone, Ti'iin,
cu
l.")!>8,
nieiiil)re
dii
l'cglise ilalienne, 11
mourut
le -18
admis
gi'alinlemenl, à la bourgeoisie le
Coiìseil des
diacre de
CC depuis
-1033,
^G26à^052,
TéNrier -1682.
Vincent,
Irésorier
H
9
no-
Burlamachi
027-37, ancien
,
— 456 — tout vin«rtcinq à treiite;
de
Vai tòte
et eii tctc
'II'
sultòes ]iar <|i'
li<'iiii<'
pa.L^c
la
I
1.1
:ii
où
iii.u-h
l'iitrr
(icii<''\('
llriiiio
,
i
l.'iTT.'t
de
a\<'c la date cxach'
tciiifiit
Livre da Recl.car
^
les
lìiit
les derniers. date de 1577, .Taprès Ics pieces oon-
on
Aiii
-iii\;iiit<',
rl.i
pour
n'est plus vrai
il
tinnire Hruiìo
lit la
ITiT'.),
de
iikmiiIu'c
ir.s,!^ e,, ([ui
([iir
(•(
1
I
<
'
ita-
jtaiMai-
luiii'iiissciit
\\<\\\<
Registres du Coiiscil
r(\
icoi'(
1
le
Ics Rej^istres
et
Coiisi^toirc.
dii
et [diis iiìat"''i'icl Ics dcux mai ir>7'.), aii iiioiiiciit de soii iiiimatrieiilalion daiis rAcadi'inic de (leiiéve, pri'senteiit ciicoi'c 1111 i'<'el iiit("'i'èt. On ne (•(iiinait aneline b'Kre inaiiii^erite de HiMiiio: les rceliei'clies ciiti-cpi-iscs pmn- cu
A
1111
pniiit (|c
((.ut
\
aliti'*'
li;:ncs «'rritcs pai- Hniiio le
,
"Jn
\
le
laisait elle/,
nuserit
jietit
ÌIK'mIÌIs dll
liiiraire Tross, à
iii-i",
de
18'i
Paris-,
lcuillet<,
Ndlaill. ("e ]U-<'cÌ<'ll\
i'aeipiisi
t
i(
m
iilerinant
iv
recuejl
('•lait
d'ini
ip
iil
\''lldll
ma
liait''-
eiuiiiiie
M. de NdrolV. daii< le calalo-iie iiii|ii iiin' di sa liildiotliéqne, lui a !nai!i(<'iiu ce cai-aclére, eii rallirmaiil de la laecui la |ilii< <'at<''i.Mriiiiie et eii ])nblianl eii lac-simile dc^ aiito^rraplie.
rra,i:ineiil< d-'
ces dillV'reiiH <»j)iisculcs.
.M.
Hcrli a
lait
rein-o-
Jdindre à ses Docictuoi/i. l/<'< riliirc en <'st l'xtrciiicnieiit line et iiienuc. Si on la e(Hììi)are avec la souseriptidii autoiiraplic - de Hriiiio sur le Ltrrc fin lìcCh'iir de (ieiiève OM s'apeivoit aiseiiiciit ipi'rdlc ifa a\ e(^ celle-ei aneline espèce de rapport, niènie lointain. il lant necossairement en conciare qiie les traites aclietés en 1H(56 ne sont pas autugraplies ils aiirunt été probablement dictcs par Brnno à nn élève ou transcrits par C(dni-ci. On doit pent-ètre l'aire un pas de plus. I/nn de ces traites est date de Fa
,
:
-1)
Le (jiiatorzirme, sur 11
iionis.
tn Irouvcra plus
un
2) Oli
3) Berli,
m/,
p. 3o2.
Joiii
fac-.>inii'e.
trop téméraire en peiisant que récriture des nenf traités manuscrits attribuee par erreur à Bruno , n'est autre que celle de Jerome Besler '. La souscription du 20 mai 1579 ressemblerait davantage à ,
tracée à Francfort celle que Bruno aurait, dit-on volume des oeuvres de Raymond Lulle et dont le ,
^
sur un
fac-simile
également reproduit par M. Berti. Bien que cette dernière présente avec la nutre des dillérences essentielles dans la l'orme de plusieurs lettres (telles que les h, /, /", etc.), il n'est pas impossible qu'elle émane de Bruno, mais l'on peut à cet égard conserver des doutes légitimes et, sauf le cas de decouvertes nouvelles, la souscription du Livre du Recieur, dont Tautlienticité est absolument incontestable, constitue le Seul monument certain qui nous soit reste de l'ècriture de n l'or t u n è 1)1 osop h e. 1 1571) à 1592, Giordano Bruno a Un vd'U pour terminer. liabitè une douzaine de villes. l*eut-ètre de recherelies entrea ètè
'
1
i
i
1
(];iiis leui's ai'cli vcs, dans celles du moins qui n'ont pas ('licore siillisaminciit explorées, amèneraient-elles la mise au jour d'autres documents, qui permetteraient de compléter la biographie, singulièrement attachante, de Tancétre spirituel de Descartes, de Spinoza et de Leibnitz.
pi'iscs
i
(''t("'
11.
Noi omettiamo per brevità
di far seguire a questo
documento un quinterno manoscritto della Compagnia dei Pastori di
del di
1577
Ginevra. Esso
sino al
16 pagine
di
si
estende dal settembre
novembre del 15 78, ed scrittura fitta
e
densa.
è Il
composto
nome
del
Sur ce personnagc, voy les délails réiinis pai- p. Bi'unnhofer, (p. 32'(). uccompagnée d'un monogi'amme l'orme des letU-es G, I, B [Giovdano Z?riino): j'admetlrais plus aisémenl qii'il esl de la raain de Bruno. Qiiant au monogramme accolé à l'un des opuscules conservés en Russie, il esl d'une slructure loute di/I'érenle et ne présente que les lettres G. B. Bien m'empècherait de supposer qu'il a été trace par Besler. \)
2)
Elle est
30
-
Berti,
Giordano Bruno.
De
la
^^58
—
Fave cade più volte sotto
gli
occhi,
lo
credo
che questo quinterno, che ha certa importanza per la storia religiosa di
Ginevra, sia l'originale stesso stac-
cato da un registro più esteso e non una copia. Del 1)111110
vi
ii'iii
(
]i;n
(Jiiesto
ferma quanto noi dicemmo a nel
1577
e
1578
iicii
era
silenzio
}iag.
aiicoi-a
assoluto con-
105, che in
il
(nncvra.
Bruno
-459 -
VAEIA Documento A (confronta pag.
215).
STUDIO DI MARBURGO. per il primo un brano del DocuIl Wagner pubblicò mento intorno a questo dissidio. Noi riferiamo qui anche la parte omessa dal Wagner, essendoci stato cortesemente trasmesso l' intero documento dal dotto nostro amico cava-
Eugenio Ferrai, professore di lettere greche nello Studio Padova, che lo copiò dagli annali manoscritti dell' Acca-
liere di
demia
di
Marburgo: A\\() l'is
(
lllilS
ll()^ll•L
l
l
SAL\ A'IO-
MjJLXX.vvi Cak'iìdis oiiinirmi
\iia?iiiiii
Mp:idiiis,
Uns
pi"of(!.s oiuiii
lulii,
(onsciisQ Pcìfrfis
Docloi-, el nioralis pliilosopliia'
^.
oc linarius lleclor Acadeniia' IMarpiu'yeiisul) ciiiiis nia.iiislralQ sequentia stù(lio^onim nomine in niad'idila Acailemiie relala sunt. Clirislianus ahcr Madchacl.cnsis 2 lulii aó 80
8.
.loi'daiius
pf()|'(!SM)r
sis clci liis csl,
l
\()I,iiiun
\('a|)olilaniis
'J
licoloiiia'
Doclor Uo-
Ca'leruiu cum eipolestas pu])li(e prolìlendi pliilosophiam per
iiianonsis
26
lulii
anno
8().
dem me (um con^ensu
facuKalis |)lii]osophi(a' oh arJùas denegarci ui', adeo exc andriil, \ niihi in meis a'dil)u,s pcorai itc)- insuilarel ((iiasi \ero in hac re conila ifis genliiim et (onsùcludinem omnium Vniuer .silalum Gcrmanijc el conlra omnia studia hùmanitalis a^erem ac propicrca prò membro Academifc ampliiìs haheri noJùerit. Vnde facile voti sui compos l'actùs, rursus e\ albo Vniucrsitalis per me exaiiloratus est, Hffec sunt qua? Nigidius de Joidano Nolano in albo Acad. niarpvrgensis marni propria inscripsit. Tempore aliquo praeterlapso, prima ista verba .lordanus \olanus Neapolitanus, Tbeologiae cafis.'-as
I,
,
;
»
8.
Doclor Romancnsis
»
Nigidivs ipse crasso pennte ductu obliterasse videtur;
quod
ila
factum
est,
adhuc leeadem verl a per
ut originales lilera3 bene gi possint. Postea vero
»
alium scribam versui deleto superscripta sunt. Eadem aulem manus quatuor isla vocabula cum consensu fai^ultatis pliilosophi'_a3 » videlur obliterasse
Documento B (con fr o ul a
MuiriL
ruMl'(JM0 XUWAW.
1)1
Sinnmarii delle cose notabili successe
1050 a «
Uno
lutto
III. -liti
il
Hìinoso lieretico
(Iella
(Jiialf
era
cliic^a, di'l
alli
is
ti'
arrosto
Odiifcssioiìc
la
raiil(.!-ità
Ue;.'-|i(»
(lai jirincipio (V(ii>rile
J.'.IT.
(jiu(ji((i
Ritma: perche nc^/ava
^Ul).
piiy.
«lei
In
.u
juir-ati.i
l'aj.a:
Napuli
di
il
altri
.'l
li.-in-ii;! |m.
.|i
so vi\
i.i,
li
(>
m
sacia-
jia liic. .Iai-i
:
anni,
,(,! di
eccellente filosofo et teolofro, veiintu ulhinaìih-nli' (h'INi -IikIk» et essendo mandato a lloma in mano delli liKjiiine volendo mntare le false opinionj conforme alla sua sentenza lo condeiinarono al fuoco, lia\ <'iid( ili jxm'O dato, doj)p(i la sentenlia, dna tei-min.i di 70 «jiorni da ixdt-i-si senza jn-c^nuditio mutare, ma stando ej/li sempi"- ov(iii;ii(, ndif sue
Padova
di
sitori,
lieresie,
non ostante che da
fusse tentato con ragioni
tutti
fu
:
li
'Icol";ji
\al-'iili
condcdto
linalmciiti.'
di
IJoma
in
])iaza
nauona dove era una caldaia ItoUente di olio, pece, et termentina, alla quale spontaneamente si oHerse il corpo, con allegra faccia, alzando le man.) al cielo
et
dicendo,
susclpc
domine Deus ineusJantuluiK ci marlireni /^/^(/r< C(jntinuando il medesimo nel mezo delle liamme et «h- toi iiienti per spatio ;
di
'
.i
d'
hora che vi visse.
B. Archivio di Stato di Firinee
»
- Sii
oeziane Filza 840
-
2^ quattmo
p.
242-25.
APPENDICE 1.
LETTERA Conrado
DI
GASPARE SCIOPPIO
Bittej shusio suo G.
Schopphis Fr. S.
Quas ad nuperam tuani expostulatoriam Epistolam rescripsi, non jani dubito quia tibi sint redditae, quibus me tibi de vulgato responso meo satis purgatnm confido K Ut vero nunc etiam scriberem, hodierna ipsa dies me instigat, qua lordanus Brunus propter haeresin visus vidensque publice in Campo Florae ante Theatrum Pompeii est combustus. Existimo enim et boc ad extremam impressae epistolae meae partem, qua de haereticorum poena egi, pertinere. Si enim nunc llomae esses, ex plerisque omnibus Italis audires Lutberanum esse combustum, et ita non mediocriter iu opinione tua de saevitia nostra conlirmaveris. At semel scire debes ,
,
mi
Rittershusi, Italos nostros inter haereticos alba linea
non
signare, neque discernere novisse, sed quicquid est haereti-
cum
Lutheranum esse putant^ in qua simplicitate ut conservet precor, ne sciant unquam, quid haeresis alia ab aliis discrepet. Vereor enim ne alioquin ista discernendi scientia nimis caro ipsis constet. Ut autem veritatem ipsam ex me accipias narro tibi idque ita esse fidem do
Deus
,
illud
illos
,
,
'l)
Gaspare Scioppio scrisse parecdiie let'ere in
suo llillierausen, che, indispellilo contro di l'.cargliene
lui,
questo (empo
riliuiavasi
ricevimenlo. Questa lettera è ora assai più corretta
menle che nclhi prima edizione. Omettiamo che si riferisce ad Antonio Fuher.
la postilla
all'
amico
oramai di signiortogralìca-
che porla in line e
.
testem iiiilliim prorsus Lutlioraniim aiit Calviniannm, nisi relapsuin V(?l pnlilieo scandalosuiiì, ullo modo Roniae pori:
nodiini ut
clitai'i.
mcns
nostri
morte piiniatur'.
commealiis,
llaoo sanctissinii lìoinini
Komam
omniluis LullK^raiiis
est, ut ul(|U(' a
(lardiiialilm^
l'i-arlalis
paliMl
lilx-r
Cni iaf iinslrao
omnis ^^('iicris litMi<'\'(t|t'ii(i;iiii .-l liiiiii;iiii(;tl<'iii ex piTi.inl mAtque utiuani liic ('v
:
multis Catliolicis iiuiotuit,
cis Cardinali Haroiiio, f[ui cuiu
ctiam Coiilessarii l'niilililiumanissimc e\c«']iit. d.'
rcdigiom*
cirit,
Is
j>i*(trsus ciini
iiiliil
ij)si
i
^
«'<»
({ikmI
iiisi
adhortatiis est ad \critatem iiivcslii^aiidaiii. sit
eum
s]tai-S(»
sua esse secui-issiuniui
tìde
scandalum
hi'
diim
,
n-'
I
(dtit<'i-
(
]i<'riculn (|ii(id
nm iiis-
iiuMicc
Ac mansissct ille iKdiisciim diu(iiis, iiisi rumore de Anglis (juibusdam in l'alatiiim linjuisitioprael)eret.
uis deduetis
perteri'itus
,
metuisset.
siiti
non eraut, quod vu1{j:u al) Italis dicuuliii-, l.iised Puritani et de sacrilega venerabilis sacramcidi
At Au^^li tlieraiii,
illi
percussione Anglis usitata suspecti ipse Similiter lursan rumori vulgari crederem, lirunum istum luisse (•!• Liitlicranismum cdiubustum, nisi Sancta iiKiuisitionis ollieio iiit< rni<sem, dum seiiteiitia cuntra eum est lata, et sic scii m, i|iiaiii nani ille liaeresin jjrofessus luerit. Fuit euim Hrunus ille Patria Nfdanus ex regno Neapuiitano, pndessione Dominieanus: (
<
i
'
qui, culli
iam
aiiiiis abliiiic
octodeclm
'
d«'
Ti aiisubstaiilial ione
Pare che Sdoppio iii'cmla con (jucs « sue paroh- alludere
4)
lificalo di Clenienle \ 2) Infatli
molli eiviiti coiiveiiuli in iSonia cliiran e
i
al
solo p ui-
111. il
(iiiil)ileo
non
el)-
bcro a patire molestie o persecuzioni. ledesclii die in
.Vecaddero pareeelii faUi di IngleNi ed anclie di
3)
InsuUarono Ire .stava
al
esposto nella
uno Scczze
t
Illesa.
Sotto Clemente Vili, come già abbiamo dello,
e fu ab' rucciato vivo per avere penos-so
parole dello
ll(Miia
Sacramen'o menire era periato da sacerdoti od anche nien-
Sdoppio
si
riferiscono od
al
fallo
il
Sacramento. Ques
da noi accennalo o ad
e
allri
consimili. Ks.se .sono quindi in ludo conformi alla sloria. -4)
Qui lo Scioppio erra credendo che
-1308,
noi
ci
mentre
vi
era venuto nel Vód3.
troviamo precisamente a un
condo processo che
gli si fece a
il
Bruno
— Se dal
dipres.so al
-1
fos.se
venuto
in Uoiiia nel
592 o 03 togliamo 'ISanni,
Vòld
Napoli ed in Roma.
,
cioè all'epoca del se-
-463 — nhnirum, ut Ghrysostomus tuus clocet, repiignante) imo eain prorsus negare, et statini virginìtatem H. Marine (qua ni idem Glirysostomus omnibus Clierubin et Serapliin pui-ioHMn ait), in dubium vocare coepisset, Genevani abiit, et istliic- l)ienniuni cominoi'atus tandemque quod ad
(rationi
(lubit;ii'e,
Calviiiismum, ducit, per
tanion
({ua
niagis ad Atiieismum
ivcta
niiiil
omnia non probaret, inde
Lugdunum, inde
eieetus
Tliolosam, bine Parisios devenit, ibique extraordinarium Pro-
iessorem egit, cum vìderet ordinarios cogi Missae sacro interesse -. Postea Londinum profectus, li])elluni isthic edit de Bestia triumpbante, b. c. de Papa, quem vcstri honoris causa bestiam ai)pellare solent^'. Inde Wittcltergam abiit, ibique publicc prolessus est biennium, nisi lallor. Hinc Pragam delatus libruni edit, de immenso et inllnito, itemque de innunierabilibus (si titulorum sat recte niemini: nani libros ipsos Pragae habui''), et rursus aliuni de umbris et idaeis -^, in quibus borrenda prorsusque absurdissima docet, ut q. niundos esse innumerabiles, animam de corpore in corpus, imo et al inni in niundum migrare, unani animam bina corpora informare posse, magiani esse rem bonam, et licitam, Spiri-
Sanetum non
tuni
Il
-1)
IJ.uno
non
iliiiiorò
Quc.s'e p;u'ol(!
2)
sono
dal
mi due
in (iinevni chtc anni,
confofmi
(e-;liialmenle
IJruno davanli ai giudici veneli. lezza che
animam mundi,
esse aliud nisi
a
mesi.
(luelle
processo o dalla senlenza. Cosi pure dai
straordinario
hoc vo-
pronunciale dal
Lo Scioppio non poU' quindi averne con-
processo o della senlenza egli rica\ò (he ullicio di professore
et
nell
il
Bruno
Universilà
soli
documenti del
aveva avuto
di Parigi.
—
lilolo ed
La confor-
mila di tulle queste asserzioni coi noslri dociunenli confermano pienamente
quanto già abbiamo dello cloì che
Scioppio copiò, come notammo, dal
lo
vero. 3)
Lo Spaccio
4)
Il
lilolo il
Bestia Irionfonle
della
De immenso
et
De monade, numero
menso, ecc. Francofort ìi)
ma
in et
Viììfinito^
Londra, e con figura
,
ecc.,
Scioppio accenni col
aliro
1'
e(, mondi che De innumerabiUbua
universo
item De innumerahilibus
^
im-
\'òd\.
Tulle queste sentenze non nelle d posizioni del
si
con'.engono nel
Mocenigo.
Scioppio corrisponde pienamente tenticità della lettera.
fu letto dallo Scioppio.
Pare che lo
De
inpnilo al libro
Bruno pubblicò nel ^o8^
(|uello
non
li;olo di quesli libri è si)ag!ia:o.
ai
—
L'
lil)ro
De umbris idearum
enumerazione che qui
nocumenti
—
novella
ne
fa
Ij
prova delT au-
-
-
464
luisse Moysen, dum scribit, eum fovisse aquas mundum esse ab aeterno. Moysen niiracula sua per magnani operatimi esse, in qua plus profecerat, quaiu reli(|ui Alvuyptii: eum lejxes ;
suas conllnxisse, sacras litteras ess(» somniuiii Diabolos saliri, solos Aebraeos ah AiI.iuki i:va oriirinem dueert\ ,
vatuni
<
t
iis duobus, quos Deus jnidic fecerat Christum non esse Deum, sed fuisse magum insi^niem et ominibus illu-
reliquos ab sisse
,
,
ac propterea inerito suspensuni
non crucilixuni esse, ffirct
,
viva voce
assciMiit.
nci'Iki
l'iu»
ICtliniforum l'hihtscqiliis
\<'l
ut
dicam
a
ii(i-ti'i<
i|iiic(|iiiil
,
Tra^M Hrunsvi^Min diu,
j)roI('SSiis
H<'Iiiist.iiliiiiii
<'t
dicilur.
Imi--
jumm
l-'raiic(.riii
|
aliiit,tand('m(iU(' Ncnctiis in ln(|uisiti(>ni.s
diu satis ,
eum
U<»mam
luissi't,
qudd voc-ant,
iiìi,
iim
in-niiui^n.iN ilii
.-t
lilii-iiin
nianus
iiii(|u;iiii
rcrcii-
;nilii|iii<
tioi'ibus liaeretieis est assi-rluin, ni oiiiik' ipsr
ncio
lioniines
magos et pk-roscpie suspensos, dcuiquc iiiliiiiluin omnia, cius portcìita rcccnsero, qu.t<' i])S(> d lilii'iv et
n('({uain
ali
impiccalo^),
italice
pi'ui»lietas et A]H.vf,ii(,s l'uisse
iis
,
t.
clitiii'iis
jx-rvciiil, ulii
niissus est, et sa('i)ius a
liujuisilionis exaiiiiiiat
i
;ili(|u,iii-
d
a
S.
(
li-
siiiniiiis
mudo (piadi'apiiila di^s (.Minuit, ({uilius modo promisit l'alinodiam, imnìa dciiuo suas delendit, mudo alios (luadra.irinta dics iiiii»<'tiavit; sed
Tliedlo^Ms convietus,
deliberaret, nujras
tandem
niliil
eirit
aliud, nisi ut l'ontilic<'m et InquisitioiHMii
deluderet.
Fere ijritur bionnio- i»ost, (juain liic in Iiniui-itidiicin di-xciiit, nupera, die nona Kebruarii in -ii]ii<'nii Inijuisitoris l'alalio praesentibus illustrissimis Cai-dinaliltus S. Ollicii In(|uisitiouis (qui et senio et rerum uso et Tlieolo^'iae lurisqiie praestant) et
scientia
reliquis
seeulari
.Ma^ristratu,
Urbis
consultoi'ibiis
(iubornatore:
luit
Thcolof.ns,
Brunus
et ille
in loeum Inquisitionis introdiictus, ibi(iue genibus flexis sententiam contra se pronunciari audiit. Ea autem fuit huiusmodi: Narrata fuit eius vita, studia et dominata, et qualem Inquisitio diligentiam in convertendo ilio et fraterne monendo adhibuit, qualemque ille pertinaciam et impietatem osten-
-I)
\edi Documenlo
2)
È sempre
stalo Iradollo
i.
—
da Venezia
in
dovano
Si
lo slesso errore
:
le slesse parole.
cioè lo Scioppio credei le clic
Ilenia nel ^oDi».
il
lìruuo fosse
— 465 — eum
degradarunt, ut dicimus, prorsusque excomMagistratui eum tradiderunt punieiidum, rogantes, ut quam clementissime et siiie sanguinis ef-
derit: inde
municarunt,
et seculari
eum ita essent peracta, nihil ille respondit aliud, nisi minabundus. Maiori forsan cum timore fusione puniretur. Haec
sententiam in me fertis, quam ego accipiam. Sic a lictoribus Gubernatoris in carcerem deductus, ibique octiduo asservatus fuit, si vel nunc errores suos revocare vellet, sed frustra. Hodie igitur ài rogum sive piraili deductus, cum Salvatoris crucilìxi imago ei iam morituro ostenderetur, torvo eam vultu aspernatus reiecit, sicque ustulatus misere periit, renuMciattirus credo in reliquis iliis, quos finxit, mundis, quonam pacto homines l)lasphomi et impii a Romanis tractari soleant. Hic itaque, mi Rittershusi, modus est, quo contra homines, im(| monstra huiusmodi a nobis procedi solet, Scire nunc ex te spudeam^ is ne modus tibi probetur: an vero velis licere unicuilpie quidvis et credere et proliferi? Equidem existimo, te non posse eum non probare. Sed illud fortem addendum putal)is: Lutlieranos talia non docere ncque credere, ac proludei aliter tractandos esse. Assentimur ergo tibi, et nuUnm jrorsus Lutheranum coml)urimus. Sed de ipso F^rophcta vèstro Luthero aliam forte rationem iniremus. Quid n. dicit, Rittershusi, si asseram et probare tibi possi m, Lutlierim non eadem quidem, quae Brunus, sed vel absurdi(.)ra maii-isque horrenda non dico in convivaIibus,sed in iis, quos viVus edidit libris, tanquam sententias, dogmata et oracula docjiisse? quid tu hoc non credis? Mone quaeso, si nondum satìs novisti eum, qui veritatem tot seculis sepultam vobis eruitJet faciam ipsa tibi loca indicentur, in quibus succum quiliti istius Evangeli deprehendas, quamvis isthic Anatomiam Lutheri a Pistorio habere possitis. Nunc si Lutherus Bru^ius est, quid eo fieri debere censes ? nimirum i
dandum,
infelicibus ustulandum lignis. Quid prò Evangelista, Propheta, tertio Elia habent? hqp tibi cogitandum potius relinquo: tantum ut hoc mihi cred)s, Romanos non ea severitate erga Haereticos experiri, qUa creduntur, et qua debebant forte erga illos, qui scientes vqlentes pereunt. Sed de bis satis. Quae nuper a te petii, rogrj prò veteri nostra amicitia cures diligenter: qiii si tuo nomine similiter quid facere poterò, faciam ncque tardi pedi l|eo illis postejj,
qui
eum
— 460 fldem neque industriam in me desiderarvi, queas. Sulpitii vitam cum acceperis, quaero quando editioneni sis auspicatiu'us, et hoc te amice moneo, apud doctos potins, quani apud iuvenes rei vulgariter eruditos landem ex ea quaerere cogites, Satis iam datimi anrae isti. Nimc solis maiorimi gentium litteratis plaeendnm, quod tìet, si non omnia, quae in Scholiis dici possunt, attuleris, sed ea, quae velles ab alio magno viro tibi proposita esse. Deinde ne appareat affectatio aliqua multae Lectionis vel scientiae, ut q. cum in Gunthero annotas Ghaos ab Hebraeo dici: quod postea putant alii de industria esse positum, ne liebraearum litterarum rudis videaris. Tertio, ne quicquam contra Ghatolicos, maxime de industria arrepta occasione, atTeras, non qucd putem esse, cur Catliolici sibi a te metuant, (erunt n. illi cum tu non eris), sed quod nolim libris et nomini tuo aditiim Italiae et Hispaniae et forte brevi Galliae ipsi intercludas. Si enim GonTridentinum, velut nuper se laboraturum Pontitìci Rex Gristianissimus promisit, in Gallia recipiatur: aetum erit de libris vestris, Et quando tandem, mi Rittersliusi, serio sapere incipies, ut quanto cum anima e corporisque periculo inter Novatores, vivas, intelligas'^ Gede sodes, mi car ssime, cede inquam tantis doctoribus, et puta eos melius Biblia intelleciliuni
xisse.
Gasaubonus noster,
uti
video,
bonum
tibi
exemplum
praeire incipit, qui nuper modestissimam in hoc genere Epistolam ad Gard. Baronium perscripsit. Deus illuni iiiagis illustre!,
De
teque
illi
secutorem
studiis tuis quid
faciat.
nunc prae
iiianibus liabeas vel confe-
ctum, vai adfectum, scire velini: iteni legere coeperis, postquam a vobis
num
Pandectas praetuus
discessit vapiilatur
Wesembecius. Ego sub flnem superioris
et
anni
et
seculi
Gommentarium de indulgentiis absolueraiii, qui ia Germania impriiiietur. Nuc spicilegium Apuleianarum Lectionum absolui. Mox editioni epistolae cuiusdam Dionysii Alessmdrini accingar. Inde novam Agellii editionem (ne vide) cogto, invito, quamvis Fiannio, qui adeo quoque sordeat, qui iisdem
in aula felix esse incipit, ut dediti litteris
illis
humanionbus, quid
futuruiii? Francisci Schotti Ilinerarium Italicum vidistine? Si non vidisti, autor siili isthie ut emas. JMittam ego prima occasione Roiiiae antiquae et novae delineationes magno tibi usui futuras in scriptoribus interpre-
credis propedieiii
— 467 — tandis.Wackerius noster ait\ se humanissime et prolixissime ad te scripsisse, sed a te ne ypv quidem Lucillii accipere adliuc potiiisse. Unde, iiiquit, piane suspicor ipsum nobiscum stomacliari, et cum liomini])us Idolatris rem amplius habere nolle:
quod nobis ferendum
video qnid
tibi
liumanitate,
mi
Ego,
est.
non
Rittershusi,
amicitia tanti viri nocere possit. Noli queso ab
quam
profltemnr, tam Mlienus esse, nt illnd accu-
quod innuere, quam dicere nimio malo. Sed fortassis litterae eius tibi non sunt reddite: id quod ego suspicari malo, et hoc etiam modo ipsi te nunc purgo. Tu si me audis, nullam tibi liebdomadam elabi flnes, qua niliil ad ipsum scribas, praesertini de litteris nostris. Milli crede, vir est ille tui cupidissimus, quique te, quamvis non Ghatolicum iuvare et velit et possit. Lipsius noster, sedsecundus, ubi gentium est? quid eius Sallustius, quid liber de comisari in te forte queat,
tibus, ubi liaerent? Guidi nastus
quorsum
Hubnerus, Ignatius? quaeso
Kiiclielius,
quorsum
pervenit,
mecum communices,
si quid de illis certi liabes. Uxorem tuam liberosque: D. Queccium, Sclierbiumque salvere iubeo.Roma, ut solco, raptim
d.
a.
17 Febr.
Anno
1600.
Tuus ex animo G.
'I)
che
et
nunc
Questo particolare del Wacliei'io è una delle prove si
olim
et
ScHOPPius Fr.
possa addurre della auleniicJlà della lettera
dello
più
inconU'aslale
Sdoppio.
Il
Ke-
plero interrogalo dal Brengger (vedi la nostra avvertenza in queslo volume, pag. 9) intorno la morte del Bruno, risponde assai tempo prima che il documento sdoppiano si pubblicasse: « Seppi da JFarherio che il Bruno fu
abbruciato in che tutte
le
Roma
e che soppor.ò
religioni
circolo e col punto
sono vane
».
e
con
coslanza
che Iddio
Facciamo qui
(ine,
cadere dubbio intorno alla presenza dello tenza ed alFabbruciamenlo del Bruno.
si
il
supplicio
immedesima
col
,
asserendo
mondo,
col
non sembrandoci che possa più Sdoppio alla lettura della sen-
II.
GIOVANNI MOCENIGO
^ che noverava quattro dogi alla venuta del Bruno iu Venezia ebbe parecchi de' suoi nel secolo decimosesto che sortirono nel battesimo il nome di Giovanni e che meritaronsi, ad eccezione del nostro, onorata ricordanza negli scritti di qnesto tempo. Di un primo Giovanni Mocenigo trovasi menzione che andò oratore in Francia nel 1558'^ e che fu tenuto in grande stima per la sua eloquenza e facondia. Vi fu un secondo Giovanni Mocenigo uomo di singolare valore che avanti l'anno 1594 già era de' tre inquisitori di armata e provveditore in Gandia e che poi sostenne l'am-
La
ai)
I
illustre famiglia Moceiiigo
qruliro elogi sono: Tomaso, nel Vtì't
vanni, nel 1478
—
—
Pietro,
nel
—
l'tlA
Gio-
Alvise, 'ioTO.
Vedi intoi'no a questa famiglia De Domo 3Jocenica^ opera nianoscrIUa ossia rinomanza di non ho potuto consuHare. Corona di Rose
che
^
alcuni
famosi soggetli
cenigo^
da
raccolta
azioni illustri
Venezia,
Fam,
de''
che
più
hanno
celebri
resa
la
^1072.
— Quadri
A.,
In
esso
trovasi
la
azioni della famiglia Mocenigo dell'abate Morlopino.
Bertanum,
famiglia
—
Mo-
Le Mocenigo dell'abate Morlopino. Serto de'' Dogi Mocenigo per le nozze ,
1720.
principi della famiglia
FiuiNCiscus, Oratio de laudibus familice Mocenicoe. -1072, in 4°.
— Vedi
eziandio
opera Delle inscrizioni veneziane^ nuele Antonio Cicogna.
la dolta
2)
gloriosa
Maldura
Venezia,
autori.
Mocenigo. Spaur. Venezia, ^1840, in-8". illustri
illustre
FiORiiLLi Giacomo, Lib. IV, cap. 179.
olire
le
raccolte
Venetiis.
ristampa delle
—
De Rubeis
apud. Io. Ant.
varie storie di Venezia
ed
illustrate
da Ema-
— 470 Roma
basciata di Parigi, indi quelle di
e di Costantinopoli,
nuovamente di Roma dove si trovava ancora nell'anno in cui fu il Bruno tratto al supplizio 11 primo non é certo il Giovanni del processo perchè questi era appena nato quando l'altro già andava oratore in Francia, e così pure non vuoisi con lui confondere il e
secondo perché Tufflcio di provveditore in Candia, di cui era investito avanti l'anno 1594, ci induce nella credenza che non solo non si trovasse in Venezia nell' anno 1592, ma che neanco fosse uomo da desiderare di farsi discepolo del Bruno.
Le cronache ricordano eziandio ed un Giovanni Mocenigo più giovane di quello del processo di sei anni, che prese in moglie la figlia di Alessandro Loredan, e due altri ai quali non si confanno le condizioni del nostro. Ben guardando ora alle note caratteristiche che lo contrassegnano nel processo ci pare che egli sia il Giovanni Mocenigo che nel 1592 si fece editore presso il libraio Giotto delle lettere del famoso Giambattista Leoni ^ in queste lettere è appunto 11 Giovanni di cui é cenno che muore nell' anno 1585 figlio di un Marcantonio '*
-1)
Abbiamo diqueslo Mocenigo una relazione cbe non venne Ed é quegli stesso cbe lvovando«i oraloi'e
Eaccolla deirAlben.
'KilO scriveva aJdì 10 luglio, cbe l'infelice frate Fulgentio
dotto a buonissima bora in
Campo
di
Fiore
palo, al quale poi fu anco abbrugiato
un
».
Roma
Manfredi
«
nel
con-
impiccato per la gola
fu
—
insella nella in
atl
Cicouna, Inscrizioni venete^
Voi. V, pag. o8'(. 2)
Ledere famigliari
Gìo.
di
cui
abbiamo
Leoni. Venezia, appresso Giovanni
Battista
Battista Ciotti senese, al segno della
favellato nel capitolo
Minerva.
XV
di
Di
quedo
queslo volume,
libraio Ciotti, di si
fa
pure men-
zione nelle lettere scritte da monàgnor Berlingberio Gessi al cardinal Borgbe^e nel tempo della sua nunziatura in Venezia. Veli ClCou^A, Inscrizioni venete, 3)
Tom.
Ecco
il
V, pag. 611. titolo delle lettere al
Mocenigo
:
«
Al signor
Giovanni Moce-
nigo fa del clarissimo signor Marco Antonio ». Questo Marcantonio non vuole essere confuso con quegli cbe le se lìlosolia in Venezia. Da una nota comunicatami dal dotto bibliotecario della Marciana ricavo che nel Campidoglio veneto si fa cenno di un Giovanni Mocenigo nato nel 1558 addì C luglio da Marcantonio.
tamente -'()
all'età del
Vedi lettere
11
tempo della nascita risponderebbe
esat-
Giovanni del processo.
citate;
in questo secolo vi fu pure
un Marcontonio Mo-
— Ali — cioè incirca sette anni avanti che incominciasse
Bruno in Venezia. Questo
il
processo
Marcantonio appare dalle lettere del Leoni di età corrispondente a quella del Mocenigo del processo. E si appalesa ad un tempo giovane incostante e superlativo clie ora si dimostra entusiasta del Leoni e gli prodiga lodi sconfinate, ora si bi11 Leoni lo colma anch'egli qualche volta sticcia con lui. di carezze e per solleticarne la vanità, che doveva essere grandissima, rammenta al Mocenigo come usasse con lui confabulare in Venezia di cose letterarie e massime delle egloghe del Caro passeggiando trasversalmente la Camera K Le insipide lettere del Leoni pubblicate dal Mocenigo fanno chiarissima testimonianza del poco suo discernimento e della del
figliuolo di
—
sua vanità puerile. Ciò nondimeno dalle mentovate lettere fassi manifesto che nel 1583 Giovanni Mocenigo venne eletto dei Savii e che più tardi gli fu conferito altro onorevole ufficio ^ La sua casa era a San Samuele, dove la famiglia Mocenigo possedeva altri palazzi che si succedevano senza interruzione e che tutti davano sul Canal grande.
cenigo che lesse con onore
filo ofìa in
clusioni da lui soslenute in
Padova col
talo teologico e iìlosofieo lellerali, 1)
Tom.
stesso
il
e dié
De
hominis ad
eo
alle
quod
Deum.
slampe le coned un trat-
est^
—
Giornale dei
'(8.
Giovanni
—
è fallo del Saviato; così il Leoni. Nello Leoni rallegrasi con Giovanni della nascila di una bambina.
pag. 57.
anno
transitai
lilolo
V, pag. 37o.
Lellere citale, pag.
2) Id.,
De
Venezia
Non
so jìorre fine a questo lavoro senza signi-
mia gratitudine a Cesake Foucaed, al Conte Giuseppe Manzoni, al Prof. Alberto Errerà, al Prof. Gar per le cure date a qupsf opera. Mi professo poi singolarmente obbligato al Prof. Isidoro del Lungo 2^er Vaiiito clic mi prestò nelle correzioni del testo, al Prof. Boera che si assunse di riscontrare tutti i ficare la
documenti veneti
coi
fogli originali,
ed
al Dottor
Cecchetti, direttore deìV Archivio Veneto, rapito
con dolore della scienza ai ziente diligenza
le
vivi,
testé
che rivide con pa-
bozze dei medesimi.
BIBLIOGRAFIA.
DELLE OPERE EDITE ED INEDITE DI
31.
—
Berti, Giordano Bruno,
OPERE EdlTE ED INEDITE
DI
1570 0
GIORDAl BRUNO'
71.
—
* L'arca di Noè. Questo libro è rammentato dal Bruno nella Cena de le Ceneri, e nella prefazione alla Cabala del Cavallo Pegaseo. Argomentiamo dalla dedica al pontefice Pio Y, che esso sia stato scritto nel 1570 o 71, quando il nome di Pio era cele-
T.
brato in tutto
il
mondo per
—
la vittoria delle Curzolari.
Inedito.
1570-71.
—
IL
*PoEMA incominciato ed
ferire dalle parole che si
interrotto come si può inleggono nel principio della comedia
// Candelaio.
1577 IIL
—
2,
De sphaera.
Bruno dettò questa operetta mentre leggeva privatamente della città di Noli presso Savona. Documenti veneti. Il
—
Inedita e smarrita''^.
.
..."
'
^
1)
.
Queste opere sono distribuite secondo l'ordine nel quale pre-
sumiamo
sieno state composte. L'asterisco indica quelle che furono da noi ricordate per la prima volta. Con la parola inedito intendiamo accennare ai libri insino ad ora smarriti.
—
2)
Abbiamo mutato
la
data di qualcuna
per la ragione che rivedendo tutte
le
delle
opere.
vato che alcune nostre previsioni non rispondevano ai 3) Il
Bruno dovette
come venne dimostrato
essere
in Noli
dal racconto.
—
E
ciò
date dei viaggi abbiamo tro-
non nel 1576
fatti.
ma
nel 1577,
- 476 1578.
—
IV. Dei segni dei tempi. Nel Doc. IX del processo veneto leggiamo: «Feci stam« pare (in Venezia) un certo libretto intitolato Dei segni dei « tempi, e feci stampare quest'operetta per mettere insieme « un poco di danaro per potermi sostentare, la qual opera « feci vedere prima al rev. padre maestro Remigio di Fio"« renza ». Essa si stampò, o senza nome di autore, o con (juello di Filippo Bruno o Bruni. Furono vane le nostre ri*
cerche per ritrovarla. 1579.
Invettive contro La Fate, professore di filosofia nel Ginnasio Calviniano di Ginevra. Queste invettive sono state stampate. Vedi il nostro Capitolo sul Bruno in Ginevra ed documenti del Dufour. i
1579-SO.
—
V. De anima. Questo libro è l'orse fruito dell'insegnamento fatto dal Bruno in Tolosa. Nel 1577 e 78 non era ancora in Tolosa. Idem.
—
Clavis magna. Libro forse esso ])ure composto in Tolosa, come si può inferire dalla frequente commemorazione che fa del medesimo l'autore nei suoi primi scritti che stampò in Parigi appena abbandonò Tolosa. *Dei predicamenti di Dio. VII. Operetta che si ritrovò fra le carte del Bruno tutta scritta di sua mano. Essa venne dal denunciatore Mocenigo consegnata all'inquisitore generale di Venezia. VI.
—
1582.
—
—
De umbris idearum VIII. .Jordanus Brunus nolanus implicantibus artem quaerendi, inveniendi, iudicandi, ordinandi et applicando Ad internam scripturam et non vulgares per memoriam operationes explicatis.
-
Ad Henricum regem
III,
Sereniss.
Gallorumque Polonoramqae
Protestatio.
etc.
Umbra profunda sumus, ne nos vos, sed doctos
tam grave quaerit
vexetis
inepti.
—
Non
opus.
Parisii's apucl Aegìcliiim Gorbinmn, subinsigne Spei, e regione gymnasii Cameracensis, 1582-8, cuni privilegio regis. In-S" piccolo con due tavole, Tuna: Typus umbrarum, l'altra: Ti/pus idealium intentionem. Ars memoriae Jordan! Bruni (senza frontispizio, ma evidentemente della stessa tipografia; e dello stesso anno, in-S" piccolo, con molte piccole figure intercalate nel testo. Unita all'opera precedente). Vi è nell'edizione del Fiorentino. Un bello esemplare del libro De umhris si ha nel Museo Britannico Esso è legato secondo lo stile del secolo XA^I e porta il giglio e le margherite di Margherita di Valois..
—
—
1582.
—
IX. Philothei Jordani Bruni Nolani. Cantus Circaeus, ad eam memoriae praxim ordinatus quam ipse iudiciariam appellai Ad Altissimum principem Henricum d'Angoulesme, magnum Galliarum priorem, in provinciae regis Locum tenentem etc. Parisiis apnd aegidium gorbinum siae S. Joannis Lateranensis, sub triuni Coronarum signo 1582. In-8" piccolo con due figure intercalate nel testo, unito alle precedenti due opere, legate in un sol volume. Vi è nell'edizione del Fiorentino. 158?.
X. artis
—
De compendiosa architectura et complemento Lullii. Ad illustrissimum D. D. Joannem Morum prò
serenissima Venetorum Rep. apud christianissimum Galloet Polonorum regem Henricum III legatum. Parisiis apud Aegidium Gorbinum, sub insigne Spei prope collegium Cameracense, 1582-12.
rum
1582.
XI.
— Candelaio. Comedia del Bruno Nolano, achademico
di nulla achademia, detto il Fastidito. In tristitia hilaris, in hilaritate tristis. In Pariggi appresso Guglielmo Giuliano,
Al segno de
l'amicizia, 1582,
— 478In quasi tutti i catalogi bibliobrafìci questa comedia viene posta fra le prime opere stampate in Parigi, mentre essa è posteriore alle avanti ricordate. Edizione De Lagarde.
1582.
—
Purgatorio dell'inferno. Bruno rammenta questo libro nella Cena de le Ceneri: A voi, Smito, manderò quel dialogo del Nolano, che si Xir.
*
li
«
«chiama Purgatorio de l'Inferno; « de la redenzione
».
—
È
et ivi vedrai il frutto a presumere che esso fosse com-
piuto prima della venuta del Bruno in Londra. e smarrito.
—
Inedito
1583.
—
Xirr. EXPLICATIO TRIGINTA SIGILLORUM ad omuiuni scientiarum et artium inventionem, dispositionem et memoriam. Quibus adiectus est sigillus sigillorum ad omnes animi operationes comparandas et earundem rationes habendas maxime conducens. Et non temere ars artium nuncupatur. Hic enim facile inveniens quidquid per logicam, metaphjsicam, cabalam, naturalem magiam, artes magnas atque breves theorice inquiritur. Senz'anno e luogo. Il AVagner avvisa che quest'opera siasi stampata in Londra
—
la
—
Noi consentiamo col Wagner e crediamo prima opera del Bruno data alle stampe in quella
nell'anno 1583.
che sia
—
città.
Va
medesima in forma d'introduzione: completa ars reminiscendi et in phantastico campo exarandi: ad plurima in 30 sigillis inquirendi, disponendi atque retinendi implicatas novas rationes et artes inavanti alla
Recens
et
troductoria.
1584.
XIV.
—
La cena de le
ceneri, descritta in cinque
dia-
logi per quattro interlocutori; con tre considerazioni circa
doi suggetti; all'unico refugio de le Muse, l'illustriss. Michel
Castelnovo, signor di Mauuissier Concressalto et di Joncavalier dell'ordine del re Cristianiss., et consiglier nel suo privato conseglo, capitano di L uomini d'arme, governator et capitano di S. Desiderio, et ambasciator a la di
villa,
Sereniss. regina d'Inghilterra. L'universale intentione è deeliiarata nel
A
proemio, 1584.
Parigi 1584-8.
A^i
è nell' edi-
De Lagarde.
zione
Alcuni valenti bibliografi, fra il quali, il Fabricius, FHajm, Beyer ed il Nicóron, dall'esame della carta e dei caratteri giudicarono che questo libro fosse uscito dalle stampe il
di
Londra
e
non da quelle
blicato realmente in
di
Parigi.
I
lodati bibliografi col-
Bruno confessa che esso Londra. Vedi Doc. veneti XL
sero nel segno, giacché
il
fu pub-
1584.
—
XV. Giordano Bruno Nolano. De la causa, principio ET UNO. A l'illustrissimo signor di Mauuissiero. Stampato in Venetia anno 1584. Dai Documenti veneti risulta pure stampato in Londra. V. Edizione De Lagarde.
—
158é.
—
XVL Giordano Bruno Nolano. De l'infinito, universo ET mondl All'illustrissimo signor di Mauuissiero. Stampato in Venezia 1584. Idem in Londra. Id.
—
1584.
XVIL
— Spaccio
de la Bestia trionfante, proposto da
Giove, effettuato dal Conseglo, revelato da Mercurio, recitato da Sophia, udito da Saulino, registrato dal Nolano. Diviso in tre dialogi, subdivisi in tre parti. Consecrato al
molto rigi
ili.
et eccell. cavalliero signor Philippo Sidneo. Pa-
1584. Id.
1585.
XVIII.
—
Cabala del Cavallo Pegaseo, con l'aggiunta
De l'Asino
Cillenico, descritto dal Nolano, dedicato al vescovo di Casamurciano, Par. 1585. Parimentiin Londra. Questo libro è pieno di sarcasmi contro la religione cristiana. In un luogo della sua opera, De compositioìie idearuyn, pagina 137, Francfort, 1591, dice che ha soppresso l'Asino Cillenico: Quia vulgo displicuit et sapientibus propter sini-
—
strum sensum non placuit.
Id.
1585.
—
XIX.
De
gli heroici furori. Al molto ili. et eccell. Cav. Sigr. Fil. Sidneo. Parigi appresso Ant. Baio 1585-8.
—
Londra.
Id.
^ 1586.
—
XX. .Jordani Bruni Nolani. Figura^tio Aristotelici PHYSici AUDiTus, ad eiusdem intelli^entiam atque retentionem per imagines explicanda. Ad illustrem admodum atque reverendum Dominum D. petrum Dalbeniura abbatem Belleville, Parisiis ex Tjpographia Petri Cheviilot in vico S. Joannis Lateranensis sub Rosa Rubra. Senz'anno ma legata coU'opera precedente.
XV
1580.
XXI.
Jordani Bruni Nolani dialogi duo de Fabbricii Mordentis Salernitani prope divina adinventione ad perfectam Cosmimetrine praxim. Parisiis 1586, Petri Che*
villot, in vico S.
Joannis Lateranensis, sub Rosa Rubea 1586,
in-S" piccolo.
1580.
—
XXII. * .ToRDANi Bruni iNSOMNiUM. Parisiis, ut supra. Son poche pagine che si stamparono unite all'opei'etta sovranotata. 1587.
XXIII.
—
De lampade combinatoria Lulliana. Ad
in-
media invenienda ad dicendum et argumentandum iuxta modum habitas, quo saltem quispiam de quocumque subiecto descriptivam quamdam et ad quafinitas propositiones et
lemcumque quid nominis'babeat rationem. Est et unica clavis ad omnia LuUianorum cuiuscumque generis operum et non minora plurima Pythagoricorum Cabalista rumque mysteria consequenda etc. Ad amplissimum Yitebergensis academ. Senatum. Yitebergae
1587.
1587.
XXIV. — De progressu et lampade venatoria logicoRUM. Ad prompte atque copiose de quocumque proposito problemate disputandum. Vitebergae
1587-8.
-4811587.
XXV. —: AcROTiSMUs Camoeracensis seu rationes artiCULORUM PHYSICORUM ADVERSUS ArISTOTELICOS 1586, COmposto a Parigi, stampato a Wittemberga 1588. Vi è nella edizione del Fiorentino. 1588.
XXVI.
—
Oratio valedictoria, Vitebergae habita 1588, apud Zach. Cratonem 1588-8. Vi è nell'edizione del Fiorentino. 1588.
—
De specierum scrutinio et lampade combiXXVII. natoria Raim. Lullii doctoris Heremitae omniscii, prodivini. Ad excell. Guil. de S. Clemente, regis Hispan. in aula imperai legatmn. Pragae, excud. Georgi Nigrinus 1588-8.
pemodumque
1588.
—
XXVIII. JoRDANi Bruni Nolani centum et sexaCxINta ARTICULI ADVERSUS HUIUS TEMPESTATIS MATHEMATICOS ATQUE PHiLosoPHOs. Centum item et octoginta praxes ad totidem problemata. Pragae, apud Georgium Daczizenum 1588, in-8". E dedicato all'imperatore Rodolfo II. 1589.
XXIX.
--
Oratio consolatoria habita in illustr. celeberrimaque acad. Julia in fine solemnissimarum exequiarum in obitum illustr. et potentiss. principis .Julii Brunsvicensium ducis. Prima mens. Jul. 1589-4. Helmstadii apud Job.
—
Lucium. Vi
è nell'edizione del Fiorentino.
1591.
XXX.
—
De imaginum, signorum et idearum
composiTioNE, ad omnia inventionum, dispositionum et meinoriae genera, libri tres. Ad illustriss. et generosiss. Jo. Henr. Haincellium, Elcoviae dominum. Credite et intelUgetis. Francofurti
apud Joan. Wechelium
a, 1591-8,
et
P. Fischerum consortes
;
15f)l.
XXXI
—
JoRDANi Bulini Nolani de triplici minimo et illustrativa Vili) ad trium speculatimiiltaruin activarum artium principia,
MENSURA (vedi Nota varum scientiarum et
V. Ad ili. et rever. principem Heuricum Juliain BruiisHalberstadensiuni vicensium et Luneburgentiuin ducem episcopum Francofurti apud Joannem Wecheiium et Petrum Fisclierum consortes 1591-8.
libri
,
1591.
—
JoRDANi Bruni Nolani de monade, numero ET FiCxURA, liber conse(|uens quinque de minimo, 'magno et mensura. Item de innunierabilibus, immenso et intigurabili
XXXII.
seu de universo et mundis, libri octo. Ad illustrissimum et Reverendiss. principem Henricum Julium, Brunsvicensium et Lunebugensium ducem, Halberstadensium episcopum Fran-
apud Joan. Wecheiium sortes 1591-8. Vi è nell'edizione
cofurti
Petrum Fischerum
et
con-
del Fiorentino.
1591.
—
*De rerum imaginibus. Questo libro è dal Bruno ricordato a carte 33 De monade, numero etc, colle seguenti parole: «In libro de rerum ima-
XXXIII.
^
«ginibus (volente Deo) explicabimus, ut quselibet res duos «liabeat destrum sinistrumque genios, eosque active vel « passive et secundum plurimas in prima entis divisione et «I)iadis ordine, dilferentias
».
Le prime parole fanno manifesto che il libro era forse già scritto, ma non pubblicato. Non ci consta che ne facciano cenno
i
bibliografi.
—
Inedito e smarrito. 1591.
XXXIV.
—
Libro delle sette arti liberali. Questo libro era già tutto composto quando il Bruno *
fu
—
Inedito e giace forse negli arrestato nel 1591 in Venezia. archivii del Sani' Uffizio di Roma. -
1)
Edizione
Francoforte.
«De
monade, numero
et
figura » dei Wechcl, 1591,
— 483 — il tempo in cui furono composte essere tutte considerate vogliono opere intVascritie, che
Non sappiamo le
come
indicare
inedite e smarrite.
—
XXXY.
LiBER TRUtINTA statuarum. Questo libro ei'a già composto nel 1501. In libro triginta stataarwn non edito sed scritto. \. De Monade, edizione più sopra citata, p. 128.
—
XXXA'l.
Templum Mnemosines.
Libro citato dal Bruno in molti luoghi delle sue opere. Xoi crediamo che esso sia stato riprodotto o tutto o parte nell'opera De coinpositione iman 'ni' m, signoruni eie. Bartholinèss (pag. 6(J, voi. iij, opina che sia una raccolta di poesie latine.
—
XXXYII.
De
MULTiPLici
mundi vita
—
Inedito
o
smarrito.
— De naturae gestibus. — De principiis veri.
XXX^'III.
XXXIX.
— De astrologia. — Idem. XLI. — De magia physica.
XL.
Bruno si propone di dimostrare che « ani« mani ubique suam agnoscit materiani ». Y. De triplici minimo, pag. 74. In (|uest"opera
il
—
—
* XLIl. De physica. Y. Nella pag. 12 del libro De
il
Bruno
dice velut in pìv/sicis
triplici minimo et mensura ampie patefecimus. Non
—
possiamo ben ricavare da queste parole se intendesse alludere ai libri di fisica o semplicemente alla scienza della fisica. Cotesto libro non è rammentato dal Y'agner e dal Bartholmèss, se già Tuno e l'altro non lo scambiano con quello
De magia
—
physica.
* XLIII. Libretto di congiurationi. Questo libretto trovato dal Mocenigo fra le carte del Bruno fu dal medesimo consegnato all'inquisitore generale di Yenezia. Y. Doc. II.
—
- 484 — OPERE DEL BRUNO CHE
SI
PUBBLICARONO QUANDO GIÀ ERA MORTO.
XLIV. — SUMMA TERMINORUM METAPHYSICORUM JoRDANI Bruni Nolani-. Accessit ejusdeni praxis descensus, seu explicatio eniis ex Msto per Raphaelem Ef^linnm Iconiam Ti^urinnm. Marpurgi Cattor. Ex officina Rud. Hundtwelkeri a.
1609-8.
XLV. — Artificium perorandi traditum a Bruno Nolano Italo, communicatiim ab Henr. In gratiam
eorum
.Tordano Alstedio.
qui eloquenliae vini et rationem
scere cupiiint. Francofurti, prostatapud
Antonium
cogno-
Hummium
a. 1612-8.
SCRITTI VARI INEDITI appartenenti al codice manoscritto
di
Abram Noroff.
Nel Do2. XI il Bruno rammenta il libro: De sigillis Hermetis et aliorum, cbe trova vasi indicato fra' suoi nella pop]gli dichiara che questo non lizza presentata ai giudici. gli apparteneva, ma era stato semplicemente fatto da lui' copiare in Padova da uno scuolaro tedesco.
—
Non enumeriamo
i
libri
accennati nello scritto del Noroff.
Essi, speriamo, saranno descritti e pubblicati per cura del
Governo. Nelle citazioni noi non dell'edizione
De Lagarde
ci
siamo serviti esclusivamente
o di
quella del
Fiorentino, spe-
cialmente perchè la prima non l'avemmo sotto le mani che tardi, e quella del Fiorentino non contiene sinora che una parte delle opere latine.
Proemio Introduzione .
Capitolo
.
.......
-
I.
—
—
— —
Casato
Suo amore per Nola
brogio Leone
—
Nolani
—
tino de Nolariis
Antonio
entra nel C nvento di S
si
S.
Convento
—
illustri
—
Domenico
Roma
Napoli e viene in
—
—
Capitolo III. il
—
Bruno
Noviziato del Bruno
— Gli
trasferito nel
—
Secondo processo religioso
—
Convento
—
Bruno sacerdote
—
Eugge da
Sue
Componimenti da
di
Suoi
opinioni
lui ideati
—
(1576-79)
e la sfera
»
genovese
territorio
—
—
Insegna nella repubblica
Soggetto di questo insegnamento
—
libro dei
studio di
Padova
—
—
È
—
Dopo cinque mesi si reca in segni dei tempi La cattedra Il
Bruno
di
Noli
nel
se-
Torino, indi in Venezia di filosofia in
Venezia
— Suo —
.
il
— Sue avventure —
tunosi
viaggi per
Magna
e grande efficacia
Bruno per libera elezione
Lascia
convertire
Lo
lascia l'Italia.
IV
Primi autori che studiò Lullo
—
nel Convento della Minerva
dogma cristiano. Prima sua opera VArca di Noè.
Capitolo
Am-
»
—
in Napoli
giovanili contrarie al
grammatica
_
nel secolo xvi
Condizioni del Napoletano
Bartolomeo della Città di Campagna
colo XVI
grosso
(1564-76)
di S.
dubbi sopra alcuni dogmi
la
È minacciato da un
Domenico.
intenta un primo processo religioso
Bruno tocca
—
— Pomponio Algerie — Merliano Nola — Albertino intagliatore — CostanStelliola — Bruno in Napoli — Suoi primi
maestri nelle discipline filosofiche
Il
»
.
Infanzia
Albertino Gentile
soprannominato Giovanni dn
Capitolo II.
»
(1548-64)
Natali del Bruno
serpe
Pag.
.-
.
il
—
.
Raimondo
Convento e compie lunghi e for-
gl'infedeli
—
ad essa attribuita
sentenze del Lullo con alcune del Bruno
—
Insegnamento
—
à^\i'
Arte
Conformità di alcune
L'abate Gioachino
— Suoi
»
-486 ~ —
libri
—
'L'Evangelio eterno
stema Copernicano per parte del Bruno
—
nico
—
Caracciolo
—
Bruno e
Calvinismo
il
— Studio — Giudiz'o
indefesso
intorno
—
Difetti del suo stile.
I fuorusciti
italiani
sue
e
Le dottrine
—
Persecuzioni calviniane
si-
Coper-
al
Pag,
.
Vita del Bruno colà,
—
Appli-
del
(1579)
Bruno o Ginevra
Il
—
Studi letterarii del Bruno
Capitolo V,
—
Cardinale Niccolò da Cusa
Il
cazione della matematica alla metafìsica
—
evangelici
relazioni
Galeazzo
fuorusciti
coi
di Calvino presso gli Italiani
— —
Calvino e Lutero.
Capitolo VI. (1579-1581)
—
Passaggio del Bruno per Lione
—
di Tolosa
Legge
—
Francesco Sancliez studio
filosofia nello
Capitolo VII.
—
Il
—
Brano a Tolosa
Il
Lascia Tolosa.
—
(1581-82)
»
106
»
117
))
140
»
158
Lo studio
Bruno insegna privatamente
Suoi libri Dell' Anima e Clavis
—
Dispute pubbliche
90
Magna
— —
—
Bruno a Parigi — Condizioni della Francia Il Bruno legge liberamente nella Sorbona Sue Sue lezioni sugli Atlnbati di Dio 11
—
mnemonica
lezioni di
—
—
nomina
È chiamato
Lulliana
—
— —
tempo
—
Francesi
—
La
Accetta
la
Complemento
Il
scolastica e la li-
Vita e pensieri di GiorJano a
quel
Il Candelaio.
—
Capitolo Vili. La commedia chimista,
il
II
(1582)
Candelaio
—
pedante
morale: arte e società
—
Favola e caratteri
—
Il Crndeliio
sciocco,
lo
:
Teatro italiano del secolo xvi
—
1'
al-
Letteratura e
accanto alle altre commedie
—
Bruno nel Candelaio.
Il
Il
—
IX.
Capitolo
(1583-85)
Bruno a Londra
sua moglie figlia di
—
—
Castelnuovo
—
tori,
—
i
cavalieri
—
Oxford
—
Bruno e
uno:
Il libro dei
La sua
I dialoghi della
— Maria Bochetel — La piccola Mar'a — Bruno in famiglia —
Castelnuovo di Mauvissière
Ospitalità cortese concessa al
Costumi inglesi del secolo xvi:
ti
i
—
or-
— Relazioni
—
—
Canto Circeo
Il
Brnno tra
Il
bertà filosofica nelle Università
et
Rifiata la lettura
dal
di lettore straordinario
dell'arte
di
—
metodica Lullima
Re Enrico III — Chi esso fosse Bruno con questo principe Le Ombre delle idee
dinaria del
e di
filosofia
Cena de
— le
la
Bruno
Stuarda
la plebe,
Trenta
i
borghesi, le donne,
sigilli
—
Il
Solennità accademiche ceneri
—
Il libro
dot-
:
feste e dispute
Della causa, principio
mundi — Lo spaccio della bestia — Razionalismo — La Cabala del cavallo Pegaseo e l'Asino del Bruno in — Gli Eroici furori — Conoscenze
e Dell'infinito, universo
et
ionfante
alien co
i
Bruno nello studio
Inghilterra.
illustri
~
—
Capitolo X. Riga per
la
—
Fabrizio Mordente ed
—
misura della terra
—
Disputa nella Sorbona
—
Pag. 202
(1585-1586)
Secondo soggiorno a Parigi e
-
487
suo Compasso
il
Commento De Physico audìtu
—
L' orazione dell' Hennequin
—
Lascia Parigi
Amicizie e titubanze.
—
Capitolo XI.
(1586 1588)
»
214
»
230
»
241
»
257
»
271
»
286
Bruno in Germania — Gli è negato di leggere in Marburgo — — Bruno in Wittemberga — Suo insegnamento astronomico e Il
Il
filosofico
Scienza e religione
—
lampada lulliana
Il
CLX
Bruno
—
Praga
in
Bruno
Le
Bruno
m\V Organon
e sulla
Wittemberga
lascia
—
Ricordi di Wittemberga.
(1588-1590)
—
La Corte
—
di Rodolfo I!.
La
dedicatoria delle
11
—
Capitolo XIII.
—
—
Bruno
lezioni
— Bruno in Helmstadt — L'Accademia Giulia — Un elogio — Scomunica Evangelica.
tesi
funebre
11
il
Le
—
Gentile
Alberico
La Germania secondo
Capitolo XII.
—
libertà filosofica
;
(1590-1591)
— Francoforte —
in Francoforte
fiere di
minimo
et
Wechel
— Tipografi e librai del secolo xvi
Il Bruno è invitato a Venezia — De imaginum et ideurnm compositione mensura De monade, numero et fgura
I suoi
— De — Una
—
tre libri francofordensi triplici,
I
—
visita a Zurigo.
— (1591-1592)
Capitolo XIV.
Venezia nel secolo
Padova -mento privato di
rali, e
Bruno
Il
—
—
XVI in
Nuovi
nuovi propositi
—
Morosini, fra Paolo Sarpi
—
Venezia
libri,
veneziana
Coltura
tipografie, lo Studio
:
Giovanni
Mocenigo
ed in ispecie quello Delle il
Padova
Bruno
in
Insegna-
mercante Secchini, Andrea
Circoli veneti:
—
11
—
sette arti libe-
— Liber
iriginta sia-
tuarum.
— (1592-1593)
XV.
Capitolo
Dalla casa Mocenigo alle prigioni neto d'inquisizione
—
Indipendenza della
filosofia
Il
processo: dalla
del
Sant'Ufficio
denuncia,
—
teologia
parole in Venezia di Giordano Bruno
—
—
Tribunale ve-
testimoni,
accusato
Interrogatorio
Praticlie
—
Roma ed
di
—
Ultime estra-
dizione.
XVI.
Capitolo
— (1593-1600)
Bruno prigioniero severina
—
—
in
Roma
—
Clemente VIII
Prestezza con cui conducevansi
Ritardo avvenuto in quello del Bruno
ritardo
—
tra sè e sè
Stato dell'animo del Bruno
—
Eresie
dal Sant'Uffizio.
clie
—
pare sieno state
i
—
—
II
cardinale di San-
processi nel Santo Ufficio
Considerazioni su questo
Lotta che dovette sostenere le
prime ad
essere
notate
— 488 — XVII
Capitolo La
Pag. 299
—
eresia e la scienza
di difendere con parole
Bruno
temperato
—
e Galileo
Come
diritti della scienza
i
del Bruno sarebbe avvenuta anche senza la eresia
~
studii
si
La condanna
nuova.
XVIII
Capitolo
»
La narrazione da mani
Galileo
prima
noi fatta
—
è conforme a questi documenti stessi
—
cumenti
Parere circa
Cardinali ed
i
i
Esposizione di questi do-
che parteciparono al
Teologi
in
Roma
—
Distinzione di due sorta
di eresie nei processi e nei libri del
Bruno
—
Conseguenze provenienti
giudizio contro
Bruno
il
erettosi
—
da questa distinzione
Carattere teologico-scientifìco del processo te-
Roma.
nutosi in
XIX
Capitolo
—
Lettura della sentenza
—
desima
Parole del Bruno
Testimonianza che ne fanno
—
Avvisi di
gli
Gioberti
Roma
—
—
nelio
—
—
Tomaso
—
chelli
—
Barbieri
—
CorBruno: Campanella Gravina VinNicodemo Leonardo
—
Boccanera
-
II. Principali scrittori stranieri
Bruker
—
Cousiu
—
Christiani
Nicéron
Tennemann
—
—
—
—
—
Débs
Note Illustrative Docamenti Veneti Id.
Romani
Id.
Ginevrini
Varia.
Documeato A B Id.
Appendice Id.
I
II
Bingraziameuto. Biblioorrafia
.
—
Riccoboni
—
:
—
Sarpi
—
Da
-
ToUand — Heumann — — Lessmann — Chaufepiè — Fiilleborn — Buhle — Tiedemann Lacroze
—
Kindervater
Jacobi
Schelling
Frank
—
— Libri Guglielmo - Botta Spaventa Bertrando — Fiorentino
vide Levi.
— —
Maffei
Colangelo
—
Mamiani
Stefano Jordan
—
— Mazzu— Tiraboschi — Remondini — Giannone
Capasso
Agatopisto Cromaziano
—
—
—
Nicolò Toppi
Apostolo Zeno
— Rosmini —
Id.
34G
—
XX
cenzo
»
Unità
velo della sfinge.
Il
Scrittori italiani che ra,'ionarono del
I.
32G
—
—
losofia del
Capitolo
))
Esecuzione della me-
Bruno — Campanella Difetto fondamentale della fiRosmini Bruno Dal Bruno a Kant Filosofia italiana
della vita del
—
310
scoperta dei documenti ro-
della
Rixner
— Clemens
- Sigwart
—
Lange
Bartholméss.
»
363
»
375
»
439
»
449 459
.........•)) .
»
460
»
461
>^
469
»
472
»
475
/
Prezzo
L.
5.