Appunti del corso di
VALUTAZIONE ECONOMICA DEI PIANI E DEI PROGETTI prof. Paolo Rosato A.A. 2008/2009
A cura di
Riccardo Gatti
LA VALUTAZIONE DEGLI INVESTIMENTI Valutare un piano o un investimento significa confrontare i vantaggi ricavabili dalla scelta con i costi che la scelta stessa implica. Il problema di valutazione non ha mai un'origine casuale, lo scopo è il guadagno (non per forza monetario): si impiegano delle risorse per ottenere un tornaconto, il decisore si aspetta un profitto per aver scommesso su un'ipotesi di investimento (non un salario, affitto, interessi,…). Quando si ragiona è necessario avere un metro di misura per misurare la bontà della scelta, questo è il profitto atteso. PROBLEMA TECNICO E ECONOMICO Problema tecnico Se il parametro di valutazione è unico, non si hanno mai risultati equivoci perché si ha solo una scala di valori su cui ordinare univocamente, l'unico inconveniente si ha nel caso in cui due ipotesi portano allo stesso risultato. Problema economico Nel mondo reale le scelte non sono sempre eseguite rispetto ad un unico parametro. Le teorie utilitaristiche di inizio secolo prevedono che le decisioni siano fatte in base all'incremento di benessere che ci si attende, questa utilità è però difficile da misurare, è soggettiva. I diversi criteri di valutazione possono essere fusi in una funzione d'utilità, essa è una funzione di molte variabili indipendenti, dunque l'analisi risulta multicriterio. Il problema di valutazione è quindi più complesso, si hanno diverse scale di valore tra cui bisogna fare sintesi per trovare il miglior compromesso. SCARSITÀ Ciò che rende indispensabile il processo valutativo è la scarsità di risorse per soddisfare i propri bisogni, rispetto agli obiettivi da perseguire. La scarsità di risorse gioca un ruolo diverso se i criteri di valutazione sono uno solo (si ha un'unica scala su cui ordinare le alternative e si sceglie quella compatibile con le disponibilità finanziarie) o molti (si cerca il modo ottimo per allocare risorse scarse rispetto ad una molteplicità di scopi). Risorse scarse e pluralità di obiettivi → problema di efficienza → problema di valutazione. AMBITI DI VALUTAZIONE In ambiti di valutazione diversi la molteplicità dei criteri di valutazione gioca a ruoli diversi: Privato: secondo la teoria economica, l'investitore privato sceglie per ottenere il massimo profitto (ricavi‐costi). In realtà non è così, egli infatti considera perlomeno anche il rischio dell'investimento. Anche in questo caso dunque si ha una molteplicità di obiettivi diversi che solo in pochi casi può essere semplificata in un’unica dimensione. Pubblico: l'obiettivo non è il profitto ma il benessere sociale (funzione multicriteriale: sicurezza, giustizia, servizi, qualità dell'ambiente,…). Qualsiasi investimento è valutato rispetto a molti criteri diversi, non solo dal punto di vista globale, ma anche distributivo: la distribuzione di costi e benefici può essere simmetrica o asimmetrica (problema di equità). Pagina | 1
METODI DI VALUTAZIONE Si hanno a disposizione molti strumenti per effettuare queste scelte: Analisi multicriterio: nel caso in cui la valutazione sia multicriteriale, sia per il pubblico che per il privato. Analisi costi‐ricavi (ACR): il flusso dei costi viene confrontato con il flusso dei ricavi (analisi finanziaria). Viene utilizzato in ambito privato nel caso in cui il problema sia monocriteriale o facilmente riconducibile ad esso. Analisi costi‐benefici (ACB): analoga alla precedente ma per l'ambito pubblico, è necessario considerare anche gli effetti esterni (esternalità), espandendo il ricavo all'aspetto sociale. Viene considerata monocriteriale perché anche le esternalità sono misurate in termini monetari. Il vantaggio è di poter stabilire facilmente l'alternativa più conveniente, a scapito della necessità di misurare tutto monetariamente (anche vita, salute,…). Analisi finanziaria Analisi costi‐benefici Analisi multicriterio analisi delle variazioni di analisi dei costi e dei analisi degli impatti sociali degli benessere sociale nel ricavi nel tempo interventi e di ogni altro aspetto Descrizione tempo connesse con gli connessi con gli connesso con la fattibilità interventi interventi misura monetaria delle prezzi dei fattori misura degli impatti positivi e Input produttivi e dei prodotti, variazioni di benessere, negativi, funzioni di utilità, pesi,… tasso sociale di sconto tasso di sconto giudizio di convenienza giudizio di convenienza ordinamento, giudizio di Output privato (VAN, SRI) sociale (VAN, SRI) compatibilità, efficienza,… rappresenta bene il processo il risultato della il risultato della decisionale pubblico, analisi dei valutazione è facilmente valutazione è facilmente Pregi conflitti e simulazione, efficienza delle comprensibile e comprensibile e scelte, distingue analista e politico confrontabile confrontabile la monetizzazione degli trascura gli elementi di procedure poco codificate, facilmente effetti ambientali può valutazione pubblica addomesticabili, onerosità delle Difetti essere imprecisa o (esternalità) analisi inaccettabile valutazione analitica degli valutazione analitica investimenti e della fattibilità, valutazione analitica degli investimenti Utilizzo simulazione di alternative, analisi degli investimenti privati pubblici dell'efficienza Pagina | 2
L’ANALISI COSTI – RICAVI (ACR) La valutazione è sempre un confronto tra costi e benefici tenendo presente il fattore tempo, se la differenza tra costi e ricavi è adeguata a remunerate l'impegno dell'investitore allora si avvierà il processo, altrimenti no. L'analisi dipende dall'oggetto dell'analisi, deve tenere conto degli aspetti differenti, in seguito si farà riferimento all'investimento immobiliare. FASI 0. analisi preliminare; 1. valutazione dei costi e dei ricavi dell'investimento: punto fondamentale, se si sbaglia qui (anche di poco) si ottengono analisi errate, si deve fare attenzione specie se i margini di guadagno sono ridotti; 2. costruzione del cash flow: distribuzione di costi e ricavi nel tempo, esistono cash flow tipici per ogni tipo di investimento; 3. assunzione del tasso di sconto: tasso che si impiega per attualizzare costi e ricavi previsti; 4. elaborazione dei criteri di rendimento economico: criteri che permettano di stabilire la convenienza; 5. formulazione della scelta finale; 6. rischio ed incertezza nelle scelte di investimento: la valutazione è costruita su stime non su dati certi, si deve vedere se le incertezze sono compatibili con la convenienza. Questo passo non è incorporato nella costruzione dell'analisi ma è uno step successivo, una riflessione finale sulla stabilità del risultato. 0. ANALISI PRELIMINARE Prima di iniziare la valutazione si deve avere una perfetta identificazione e definizione dell'oggetto dell'investimento. Per determinare le informazioni necessarie per la valutazione solitamente si ragiona su un'idea al suo stato embrionale. Input del committente La valutazione ha per oggetto un investimento già definito con un certo grado di approfondimento in base alle normative vigenti e alle scelte proprie del committente. Assunzioni dell'analista Per tutto ciò che non è indicato specificatamente si ricorre alle condizioni ordinarie, ossia le più probabili. Il principio di ordinarietà guida l'assunzione di: ‐ situazione congiunturale: tassi d’interesse, prospettive di sviluppo, ‐ situazione locale: caratteristiche del mercato (domanda, offerta) e dell'immobile (uso, tipologia, finiture) sulla base di un'adeguata conoscenza della situazione del mercato. Fare le giuste ipotesi di partenza è fondamentale per una buona riuscita della valutazione. 1. VALUTAZIONE DEI COSTI E DEI RICAVI DELL'INVESTIMENTO Ipotesi di base Il processo di produzione edilizia è differente da quello di produzione industriale in quanto non si ha un luogo unico dove si lavora ma per ogni intervento è come se si ripartisse da zero, non si ha una struttura produttiva preesistente ma di volta in volta la si realizza con un determinato obiettivo. La convenienza di un investimento non è indipendente dal contesto in cui lo si realizza, inoltre se si ha un flusso di costi e ricavi derivanti da più operazioni è difficile ricondurli inequivocabilmente al singolo investimento. Per evitare questo problema si considera un investimento per volta. Nel campo immobiliare è semplice perché fisicamente si ha la realizzazione di una struttura ad hoc. Pagina | 3
L'ipotesi di base è quindi che la struttura (società) per fare l'investimento nasca e muoia con l'investimento stesso. Alla base di qualsiasi analisi di costi e ricavi c'è l'isolamento dell'investimento dal contesto di investimenti in cui si pone per evitare di confondere le performance dei vari investimenti. Alcune voci di costo sono stimate autonomamente (costo dell'area, costo delle opere edili e di urbanizzazione, ricavi), altre derivano da queste in modo parametrico (non in modo automatico, esistono dei range di aliquote da considerare). a. Costo dell'area Sempre considerato nell'analisi degli investimenti, anche se si ha già la proprietà dell'area perché l'area ha comunque un costo‐opportunità: valore che l’area frutterebbe se la cedessi sul mercato. Non si considera il prezzo d'acquisto perché, se venisse pagata meno del suo valore più probabile, si avrebbero performance positive non dovute alla bontà dell'investimento. Ci si deve rifare sempre a condizioni attuali ordinarie. La stima del valore di un'area è sempre un problema: ‐ il processo di valorizzazione dell'area dipende dal progetto che si intende realizzare, il valore dell'area dipende dal progetto che verrà realizzato se questo non è ordinario; ‐ la modalità di stima dell'area edificabile dipende dalle caratteristiche del mercato delle aree edificabili e da quelle specifiche della mia area. È necessario conoscere: o la situazione congiunturale: il valore degli immobili varia col tempo a causa delle variazioni macroeconomiche; o le caratteristiche proprie dell'area e come queste influiscono sul valore: le aree edificabili sono immobili e quindi assorbono le influenze delle vicinanze; o il mercato delle aree edificabili: differenziato, estremamente rarefatto (pochi prezzi di mercato), segmentato per destinazione d'uso e localizzazione dell'area edificabile, spesso si tratta di oligopolio (o monopolio) bilaterale (range di prezzi molto ampio, aleatorio). FATTORI GENERALI CHE INFLUISCONO SUL COSTO DELLE AREE ‐ fattori di carattere congiunturale: riconducibili alla situazione economica generale e locale, il mercato delle aree edificabili risente poco della congiuntura perché di solito riguarda investimenti di medio‐ lungo periodo; ‐ politica urbanistica: condiziona l'offerta che non deriva dal mercato ma è condizionata dalle scelte urbanistiche, è un mercato fortemente normato; ‐ fiscalità generale e immobiliare: le tasse sugli immobili riducono la redditività dell'investimento e dunque la domanda di aree; ‐ accessibilità al credito: se si riduce la capacità di indebitamento, si riduce la domanda. Il credito è influenzato dal sistema delle garanzie (ora solide e restrittive) e dai tassi d'interesse ossia il prezzo d'uso del capitale concesso, basato su Euribor (tasso di fiducia interbancaria, rappresenta il benchmark) e spread della banca (0,8‐1%). FATTORI D'ORDINE PARTICOLARE ‐ dimensioni: aree grandi richiedono maggiore capacità di spesa, il valore dell'area cresce meno che linearmente con le dimensioni; ‐ localizzazione: estremamente importante, specie rispetto alle vie di comunicazione; ‐ destinazione d'uso; ‐ indice di edificabilità: definisce quanto prodotto trasformato è possibile ottenere; ‐ presenza di opere da demolire e di inquinanti; ‐ grado di urbanizzazione; ‐ conformazione: influenza la forma di ciò che si può realizzare; Pagina | 4
‐ caratteristiche geotecniche del terreno: influiscono sui costi di costruzione; ‐ esistenza di servitù (di servizio, di passaggio,…): pongono limiti all’edificabilità; ‐ condizioni per libera fruizione: eventuali diritti di terzi (affitto, uso, usufrutto,…) condizionano il processo di trasformazione edilizia. METODI DI STIMA COMPARAZIONE DIRETTA È un approccio sintetico e semplice, da preferirsi se si hanno prezzi di mercato per beni simili. con Va Pa Vi Pi A/D
valore dell'area; parametro di comparazione, il più correlato al valore, per le aree edificabili si usa una misura di ciò che si può realizzare ordinariamente in base alle norme urbanistiche (m2, m3, stanze,…); valore dell’i‐esima area simile; parametro dell’i‐esima area simile; aggiunte/detrazioni considerate per tener conto delle caratteristiche specifiche superiori/inferiori dell'area in esame rispetto a quelle considerate.
VALORE DI TRASFORMAZIONE Questo metodo analitico si basa sul principio che l'area è un fattore di produzione, vale in funzione del valore del prodotto ottenuto con la trasformazione e dei costi di trasformazione: con VMA valore di ciò che possono ordinariamente realizzare; CTRA ciò che ordinariamente devo spendere per ottenere questa trasformazione. Il metodo è rigoroso non si rischia di sommare due errori, uno per la stima di VMA e uno per quella di CTRA (dal costo di produzione si deve togliere il costo dell'area e sommare l'utile ordinario del promotore, di difficile valutazione). INCIDENZA SUL VALORE DI MERCATO Metodo speditivo. con VM valore di ciò che c'è o che si può realizzare, stimabile rispetto all’ordinarietà; ki tiene conto del valore dell'area rispetto al valore totale, non è costante ma varia con la scarsità del suolo, ricavabile da riviste specializzate (0,15‐0,60) o in letteratura, è riferito ad aree già edificate; α coefficiente di abbattimento, tiene conto del fatto che l'incidenza del valore dell'area varia se l'area è già edificata, ricavabile da letteratura specializzata (0,65). b. Costo delle eventuali demolizioni e bonifica c. Oneri di urbanizzazione Ciò che la pubblica amministrazione pretende in cambio dell'autorizzazione a realizzare, esternalità che il progetto crea a livello locale relative ai servizi da garantire (luce, gas, telefono,…), possono essere realizzate con il progetto oppure vengono pagate all'amministrazione. Pagina | 5
URBANIZZAZIONE PRIMARIA Se il regolamento edilizio non prevede che chi realizza faccia anche le opere di urbanizzazione primaria, si riconosce un onere all'amministrazione che provvederà in futuro a farle, calcolato per via normativa sulla base di tabelle emesse dalla stessa amministrazione in base al costruito. Se invece il progetto prevede anche la realizzazione dell'urbanizzazione primaria, i costi relativi vengono scomputati purché siano maggiori o uguali agli oneri previsti. URBANIZZAZIONE SECONDARIA Relativa alla collettività (scuole, impianti sportivi,…), raramente possono essere scomputati. CONTRIBUTO SUL COSTO DI COSTRUZIONE Compensazione alla pubblica amministrazione legata al disagio dovuto all'esistenza del cantiere (rumore,…), connessa al costo di costruzione (più si costruisce, maggiore è il disagio). d. Costo delle opere edili (costo di costruzione) In edilizia i costi si articolano in tre categorie inclusive: costo di produzione (P, costo del produttore), costo di costruzione (C, compensa l'impresa che realizza l'investimento) e costo tecnico (T, materiale, manodopera,…). Il costo totale di produzione è: con Ca Cc St Sg On I Sc Imp Up
costo dell'area; costo di costruzione; onorari e spese tecniche; spese generali; oneri concessori oneri finanziari; spese di commercializzazione; imposte; utile dell'imprenditore che organizza la produzione e si aspetta un profitto (10‐20% del ricavo dalla vendita in base a grado di rischio, durata,…).
Nell'ambito della valutazione dei piani e dei progetti non sempre si considera l’utile del promotore: ‐ se si usasse come metodo di valutazione la differenza tra ricavi totali e costi totali (RT ‐ CT), l'investimento è conveniente se RT ‐ CT ≥ 0. Si considera Up con un'analisi statica, riferita al momento dell'analisi (il fattore tempo è incorporato negli oneri finanziari, I). Se il promotore non riesce ad ottenere il minimo che si aspetta, non investe in quel progetto (stima rozza). ‐ nell'ACR tutto è collocato nel tempo (cash flow) perché è molto importante considerare esplicitamente gli aspetti finanziari, l'utile del promotore è incorporato nel tasso di sconto (rendimento minimo annuo che l'investitore si aspetta, misura della redditività dell'investimento se confrontato con un saggio soglia) e quindi non lo si considera esplicitamente. Il costo di costruzione è esprimibile come: con Pagina | 6
dove Ct costo tecnico; spese generali di sede e di cantiere; Sg Uc utile del costruttore (è una spesa per il promotore); Sa salari; Ma materiali; Nt noli e trasporti. METODI DI STIMA Le informazioni che ragionevolmente si hanno a disposizione sono sommarie, poco precise. È dunque necessario fare riferimento a metodi implementabili con scarse informazioni. Stima sintetica Confronto diretto utilizzato se alla base della stima c'è un progetto preliminare o definitivo. FASI: ‐ scelta del campione il più possibile omogeneo al caso noto: si hanno problemi legati all’omogeneità fisica, all'attualità (le fluttuazioni nel tempo sono contenute, più stabili nel mercato immobiliare), alla numerosità (strutturalmente si hanno meno episodi di costruzione che di compravendita, si costruisce una volta sola) e al fatto che è difficile trovare i costi di costruzione specie per l'edilizia privata (mercato poco trasparente, evasione); ‐ omogeneizzazione temporale: si riporta il costo storico (Cs) all'attualità secondo l’indice Istat storico (Is) e quello attuale (Ia): , altrimenti si può considerare l'andamento del mercato immobiliare o del potere d’acquisto (meno precisi e meno legati all'andamento dei costi di costruzione); ‐ scelta del parametro tecnico esplicativo del costo di costruzione (legato sia alla capacità rappresentativa che alla consuetudine): per edilizia residenziale: volume vuoto per pieno, superficie, n. vani,…; per edilizia produttiva: superficie o un volume lordi o utili; per edilizia speciale: parametri legati alla funzione dell'edificio; per opere di urbanizzazione: superficie per le strade, sviluppo lineare per le reti di servizi,… ‐ confronto progetto‐campione: monoparametrico (proporzione o regressione lineare) o pluriparametrico (regressione multipla). FONTI DIRETTE: ‐ imprese di costruzione: non parlano; ‐ stazioni appaltanti pubbliche: oggetti differenti da quelli che interessano il privato; ‐ committenti privati. FONTI INDIRETTE: ‐ camere di commercio, Istat: pubblica costi parametrici; ‐ ANCE (associazione nazionale costruttori edili); ‐ pubblicazioni specifiche per tipologia ed area; ‐ ordine degli architetti e ingegneri di Milano: pubblicano schede delle opere realizzate per varie tipologie in base a ciò che la realtà costruttiva ha realizzato anno per anno; ‐ osservatorio del Ministero LLPP: dovrebbe fornire costi standard per tipologia ed area. Procedimenti misti Utilizzati se alla base c'è un progetto preliminare, vengono realizzati di volta in volta in base al caso specifico, specie se si considera il costo di riproduzione. PROCEDIMENTO PER ELEMENTI FUNZIONALI: Spesso usato per valutare il costo di ripristino o di recupero di edifici obsoleti. Si cerca un edificio analogo di cui si conosce tutto e lo si disaggrega in componenti costruttive, si definisce il costo di costruzione per Pagina | 7
ciascun elemento funzionale (trovando la percentuale di incidenza sul costo totale), si trasportano i costi all'edificio che si deve valutare e li si adatta alla situazione per ogni elemento funzionale. METODO ESTIMATIVO RAPIDO (MER): Si scompone l'edificio in elementi costitutivi, si definisce il livello di degrado a cui corrisponde un punteggio (rappresenta ciò che si deve spendere per annullare il degrado), si determina il punteggio totale, lo si aggiusta in base alle condizioni organizzative (dipendono dal luogo) e lo si trasforma in uno costo con una proporzione. È molto utilizzato sia per definire costi di recupero che per stimare costi dovuti a eventi catastrofici (terremoti,…). Computo metrico estimativo Approccio analitico utilizzabile se alla base c'è un progetto esecutivo (anche definitivo) e un capitolato speciale d'appalto (difficile averli). con qi pi
quantità di operazione i, misurata in base a regole derivate dalla consuetudine; prezzo unitario, ottenuto da prezziari oppure stimato ad hoc (considerando valore dei materiali, manodopera, noli e trasporti, 15% spese generali, 10% utile normale).
e. Spese tecniche Compensi per la progettazione, la direzione lavori e la sicurezza. Solitamente vengono definite come il 5‐ 10% del costo di costruzione in base all’entità (+entità → +%) e alle caratteristiche dell'opera (+complessità → +%). In alternativa è possibile usare tabelle ministeriali che definiscono i compensi del progettista in base a tipologia, difficoltà,… (tariffe professionali). f. Spese generali e imprevisti (per processo di organizzazione della trasformazione) Spese relative alla struttura organizzativa che viene posta in essere per condurre il processo di investimento (ufficio, telefono,…) e legate ad imprevisti (bombe, reperti archeologici,…). Definite come percentuale sulle spese tecniche in base alla complessità del processo organizzativo (2‐3%). g. Spese di commercializzazione Ciò che si spende per pubblicizzare e pagare gli intermediari, si basano sul valore di ciò che si va a realizzare ossia sui ricavi stimati (2‐3%). h. Oneri finanziari Dovuti al fatto che qualsiasi investimento richiede anticipazioni perché il flusso di costo è anticipato rispetto a quello di ricavo. In alcuni casi è possibile non pagare il costo dell'area al proprietario e/o i costi della costruttore trasformandoli in quote sul costruito (regola 1/3 ‐ 1/3 ‐ 1/3). Altrimenti è possibile ridurre l'esposizione vendendo anticipatamente oppure realizzando un pull di promotori che si spartiscono le spese. Per cautela è bene considerare sempre la possibilità di esposizione, essa è indipendente da chi finanzia: si ha sia per l'istituto di credito sia nel caso di autofinanziamento del promotore (valore‐ opportunità del denaro). Pagina | 8
i. Ricavi da vendite La stima di ricavi è dominata dall'indeterminatezza, si hanno due ordini di problemi: ‐ definizione di un prodotto edilizio ipotetico, descritto solo sommariamente: gli input del committente sono completati con assunzioni dell'analista ispirate al principio dell'ordinarietà non solo per i fattori costruttivi intrinseci ma anche per le condizioni attuali che regolano il mercato e per le possibili dinamiche dello stesso; ‐ effetto del tempo nella valutazione: legato allo sconto e al rischio di variazioni intrinseche nel mercato immobiliare o legate a situazioni non prevedibili. CARATTERISTICHE DEL MERCATO IMMOBILIARE ‐ struttura rarefatta: meno delle aree edificabili; ‐ immobili poco omogenei; ‐ prezzi poco noti: più delle aree edificabili; ‐ segmentato e localizzato. ATTORI DEL MERCATO ‐ famiglie (domanda e offerta): lo stato di salute delle famiglie (capacità di spendere o indebitarsi) è un agente economico da conoscere; ‐ costruttori (offerta). FATTORI GENERALI D'INFLUENZA: tutti legati alla situazione economica delle famiglie ‐ congiuntura economica; ‐ redditività immobiliare; ‐ fiscalità; ‐ accessibilità al credito. FATTORI PARTICOLARI D'INFLUENZA ‐ caratteristiche posizionali intrinseche: il luogo dell'investimento è di solito definito (visibilità, orientamento, luminosità, ventilazione,…), tranne nel caso di investimenti di grandi dimensioni (piani di sviluppo di aree residenziali,…); ‐ caratteristiche posizionali estrinseche: come il progetto si rapporta con il luogo: qualificazione infrastrutturale (prossimità al centro urbano, accessibilità ai servizi e al trasporto pubblico,…) e ambientale (salubrità, contesto sociale, densità edilizia, rumorosità,…), spesso assunzioni dell'analista con riferimento all'ordinarietà; ‐ caratteristiche tecnologiche: dimensioni, livello di finitura, servizi,… spesso assunzioni dell'analista con riferimento all'ordinarietà; ‐ caratteristiche produttive: esenzioni fiscali, dotazione impiantistica (molto importante è il carattere “ambientale” degli impianti),… assunzioni dell'analista con riferimento all'ordinarietà. METODI DI VALUTAZIONE Tutti i metodi di stima si fondano sul confronto tra l'oggetto da stimare e i fatti di mercato che riguardano oggetti simili, il problema principale è la datazione dei dati di mercato (si ha un errore intrinseco nel valutare fatti economici disallineati nel tempo), le dinamiche dei prezzi sono di difficile previsione perché si basano su fatti passati e inoltre la produzione edilizia (materiali, metodi, impianti,…) si evolve nel tempo (difficilmente ciò che si realizza è simile a ciò che è stato realizzato finora). Pagina | 9
Il tipo di metodo da adottare dipende dallo scopo dell'investimento: ‐ capitalizzazione del reddito: se il valore sarà dato dal flusso di redditi (immobile dato in affitto,…) ‐ comparazioni diretta mono o pluriparametrica: se l'immobile sarà collocato sul mercato. Si osservano il mercato e beni il più possibile simili, si individua un parametro di confronto, si adottano delle correzioni per tenere conto che il valore si realizza in un momento diverso dall'analisi (dinamiche del mercato) e delle caratteristiche particolari dell'oggetto di valutazione. j. Imposte La base di calcolo è l’utile (RT ‐ CT), l'aliquota di riferimento è il 40‐42%. 2. COSTRUZIONE DEL CASH‐FLOW Stimati i costi e di ricavi è necessario tenere conto dell'effetto del tempo (ha un preciso valore economico), il processo di investimento richiede tempi di autorizzazione e realizzazione che possono essere lunghi (≥ 2 anni). Il primo passo per costruire il cash‐flow è definire il momento zero (momento attuale) ossia il punto d'osservazione del valutatore e il momento n ossia il momento in cui con maggior probabilità si concluderà la vicenda tecnico‐economica (incerto). L'intervallo temporale tra 0 e n viene suddiviso in intervalli la cui ampiezza dipende dalla durata dell'investimento e dalla precisione con cui si può valutare la collocazione di costi e ricavi: di solito 1 anno (significa ipotizzare una convertibilità annua, l'interesse passa a capitale una volta all'anno), anche 6‐3 mesi per interventi brevi. Ora si devono collocare costi e ricavi costruendo anno per anno il saldo tra esborsi e incassi, riferendosi sempre all'ordinarietà.
Figura 1 ‐ Esempio di cash‐flow
Innanzitutto si distribuiscono le voci di costo stimate autonomamente: ‐ costo dell’area: con riferimento alla destinazione attuale, nel caso di remunerazione dell’area con concessione di parte del costruito non si sborserebbe nulla perché acquisto e vendita avverrebbero al momento 0; ‐ demolizioni e bonifica; ‐ oneri concessori; ‐ opere di urbanizzazione primaria. ‐ opere edili e parcheggi; Pagina | 10
Poi si considerano le voci di costo parametrizzate collocandole coerentemente: ‐ spese tecniche; ‐ spese generali e imprevisti. Per prudenza i ricavi previsti vengono collocati a fine cash‐flow, anche se si comincia a vendere prima della fine. A questo punto si calcolano le spese di commercializzazione sulla base dell'aliquota considerata (2%). In questo modo si è ottenuto il FLUSSO DI CASSA ECONOMICO, non tiene conto degli oneri finanziari, è la differenza calcolata anno per anno tra ricavo e spesa (≠ da indebitamento). In base a questo è possibile calcolare alcuni parametri di redditività dell'investimento trascurando oneri finanziari, fiscali e l'effetto del tempo: se la differenza fra ricavi totali e costi totali è positiva l'investimento è conveniente. Effetto del tempo Si adotta un saggio di preferenza intertemporale positivo (meglio avere ricavi ora e costi in futuro) ma di solito i costi attesi sono anticipati rispetto ai ricavi attesi. Per valutare la convenienza dell'investimento si calcola la differenza fra ricavi e costi attualizzata che sarà inferiore alla semplice differenza perché i ricavi sono maggiormente penalizzati perché sono più distanti nel tempo. Una valutazione di convenienza con riferimento al flusso di cassa economico risulta però semplicistica perché non considera oneri finanziari e fiscali. Aspetti finanziari Ordinariamente l'investitore ricorre al debito (difficilmente può autofinanziarsi completamente) e dunque deve sostenere degli esborsi per utilizzare il capitale a debito, per cautela si ipotizza un investimento totalmente a debito. Per stimare i costi delle anticipazioni finanziarie è necessario capire come varia l'indebitamento anno per anno (interessi passivi si pagano sui debiti) e scegliere un appropriato tasso di interesse (tasso richiesto dall'istituto finanziario in funzione della solvibilità dell'investitore e del rischio dell'investimento). Si definisce esposizione il grado di indebitamento, esso dipende dal flusso di cassa ma è necessario tenere conto dell'effetto cumulato: l'esposizione si mantiene negativa molto più lungo del cash flow. Se l'esposizione è negativa si pagano interessi passivi (oneri finanziari), quando diventa positiva si hanno interessi positivi (proventi finanziari). La scelta del tasso di interesse dipende dal fatto che il debito venga contratto con un istituto finanziario (saggio passivo) oppure derivi da un autofinanziamento (costo opportunità del denaro, costo dovuto al mancato reddito). Per la stima degli oneri finanziari si ricorre alla seguente formula: con In oneri finanziari sostenuti nell'anno n‐esimo, calcolati con riferimento all'esposizione iniziale, finale o media anno per anno, è più corretto fare riferimento all'esposizione media perché la collocazione annuale è solamente convenzionale E esposizione finanziaria, tiene conto di esposizione economica e degli interessi passivi r saggio di interesse Si è dunque determinato il FLUSSO DI CASSA FINANZIARIO (flusso economico + oneri e proventi finanziari). Aspetti fiscali Le tasse vengono calcolate sull'utile ricavato dal cash‐flow finanziario, si considera una aliquota pari al 40‐ 42% e la si distribuisce proporzionalmente negli anni in cui l'esposizione finanziaria è positiva. Pagina | 11
Si ricorda che si considera che la società si costituisce e muore per l'investimento analizzato, non è possibile quindi ridurre l'utile acquisendo altre aree edificabili,… Infine il FLUSSO FINANZIARIO NETTO è costituito dal saldo annuale ricavi‐costi comprensivo di oneri finanziari e fiscali. 3. ASSUNZIONE DEL TASSO DI SCONTO Necessario per passare al flusso di cassa finanziario attualizzato che rappresenta il plusvalore creato dall'investimento dopo aver remunerato tutti (anche l'investitore per il rischio assunto). Non esiste una modalità rigorosa per il calcolo del tasso di sconto perché esso dipende dalla struttura dell'impresa (grado di autofinanziamento). Per calcolare il tasso di sconto si possono seguire due strade: COSTO PONDERATO MEDIO DEL CAPITALE con WACC waited average cost of capital; PCA percentuale di capitale autofinanziato; rCA saggio che ci si aspetta di percepire dal proprio capitale; PD percentuale di capitale finanziato al debito; saggio preteso dalla banca. r D Questa strada va bene per la parte relativa al tasso di autofinanziamento ma, se si ricorresse completamente al finanziamento a debito, risulterebbe conveniente qualsiasi investimento con un rendimento uguale a quello che chiede la banca (anche se all'investitore non rimanesse nulla). COSTO OPPORTUNITÀ DEL DENARO INVESTITO Si considera che investendo si accetta un rischio utilizzando denaro proprio o preso a prestito, si costruisce il tasso di sconto in modo additivo: con RRF rendimento risk free, ciò che si sarebbe ottenuto con un investimento sicuro (BOT,…) (benchmark); P premio di rischio, ciò che ci si aspetta per aver corso il rischio dell'investimento. L'investimento è conveniente se il tasso di sconto è almeno uguale al saggio di rendimento medio dell'investimento immobiliare simile. Il saggio di rendimento medio dell'investimento immobiliare simile è di difficile determinazione perché varia nel tempo, per il tipo di investimento e in base al luogo. Sono necessarie ulteriori riflessioni sulla composizione del premio di rischio (P) per capire da cosa siacomposto. Solitamente si individuano tre tipi di rischi: ‐ RISCHIO LIQUIDITÀ: l'investimento immobiliare non è liquidabile nel breve termine, si rischia di avere illiquidità; ‐ RISCHIO URBANISTICO: l'investimento potrebbe non essere conveniente in caso di cambio del piano urbanistico, inoltre è un rischio considerare un investimento che prevede una modificazione urbanistica (non è detto che avverrà); ‐ RISCHIO DI MERCATO: non si ha la certezza di come evolverà il mercato. Pagina | 12
Si possono considerare anche altri rischi come: ‐ rischio proprietà: il diritto di proprietà può essere messo in discussione; ‐ rischio Paese: in alcuni Paesi si hanno rischi legati all'ordine pubblico, alla legalità e alla politica. Inoltre si possono avere componenti specifiche legate al tipo di investimento. Le aliquote percentuale dei tre rischi principali vengono stimate per comparazione, considerando una categoria di investimenti con il loro tassi di sconto e confrontandoli con quello da valutare, analizzando la rischiosità e il saggio di rendimento noto (RRF). Se si ha a disposizione il saggio di riferimento per altri investimenti, si confrontano i vari punti con l'investimento da valutare e si vede come aggiustarli. Ad esempio: I tassi di sconto ottenuti rappresentano il saggio di riferimento dell'investimento immobiliare simile. Inflazione Dal momento che l'investimento si dispiega nel tempo si deve tener conto dell'inflazione. Le voci di costo e ricavo possono essere stimate in termini nominali (non tengono conto dell’inflazione) o reali (considerano gli aspetti monetari). Per le valutazioni si possono dunque seguire due strade: rivalutare costi e ricavi anno per anno in funzione dell'inflazione (per investimenti di lunga durata) oppure procedere con un’analisi a prezzi costanti e alla fine considerare l’inflazione (per investimenti di breve durata). Di solito si fanno valutazioni a prezzi reali e poi si utilizza un tasso di sconto reale. 4. CRITERI DI RENDIMENTO ECONOMICO Nell’ACR la convenienza dell'investimento è valutata rispetto ad un unico parametro monetario. VALORE ATTUALE NETTO (VAN)
con VAN Ri C i r
valore attuale netto dell'investimento; ricavi dell'anno i‐esimo; costi dell'anno i‐esimo; non rappresenta solo il tasso di preferenza intertemporale, ma è anche misura del compenso che ci si aspetta per il rischio corso.
VAN > 0
investimento conveniente, il rendimento dell'investimento è maggiore del tasso di sconto utilizzato (rendimento minimo che si accetta per correre il rischio); convenienza indefinita, rendimento = tasso di sconto utilizzato; investimento non conveniente, rendimento < tasso di sconto utilizzato.
VAN = 0 VAN < 0 Il VAN permette di definire se l'investimento è efficace oppure no, ma non dice nulla sull'efficienza dell'investimento ossia in rapporto ai costi sostenuti dunque potrebbe essere elusivo se usato per scegliere quale investimento fare, specie se si considerano investimenti di dimensioni diverse. Inoltre richiede la determinazione di un preciso tasso di sconto (r) che in realtà è di difficile determinazione. Pagina | 13
SAGGIO DI RENDIMENTO INTERNO (SRI) Misura l'efficienza di un investimento ossia la capacità di remunerare le risorse impiegate e di generare utili. SRI è il saggio che uguaglia ricavi e costi (annulla il VAN), non richiede una determinazione a priori del tasso di sconto (r è un'incognita). n
VAN = 0 ⇒ ∑ i =0
n
Ri
(1 + SRI )
i
=∑ i =0
Ci
(1 + SRI )
i
Si ottiene un'equazione di grado i dove i rappresenta l'orizzonte annuo previsto (n. anni, n. semestri,…), facilmente risolvibile se l'investimento è annuale o di due anni (altrimenti per risolvere si operano successive approssimazioni ossia si simulano diversi tassi di sconto finché non si trova la convergenza). Per definire la convenienza è necessario definire un SAGGIO SOGLIA (SS): SRI > SS investimento conveniente; SRI = SS convenienza indefinita; SRI < SS investimento non conveniente. Nel caso in cui i ricavi siano posticipati rispetto ai costi, se il saggio aumenta si riduce la differenza R‐C perché in questo caso l'effetto del saggio (che è esponenziale) è tanto maggiore quanto più grande è il saggio. Confronto tra due investimenti con SRI uguale Si ricorda che il SRI può essere visto come il rendimento che ci si aspetta di ottenere incassando anno per anno e investendo sul mercato. Se però il rendimento sul mercato è più basso di quello atteso, l'investimento più breve darà il saggio di rendimento interno minore perché si hanno meno anni di rendimento. Situazioni anomale Il saggio di rendimento interno non è sempre positivo e unico. Esistono strutture particolari di cash‐flow per cui non ha senso calcolare SRI: ‐ se l'investitore non anticipa nulla (paga l'area e il costruttore con parti del costruito), non è possibile calcolare SRI (viene un numero enorme); ‐ se i ricavi sono anticipati rispetto ai costi (si vende sulla carta), si ha SRI<0 ossia un saggio di preferenza intertemporale negativo (meglio 1€ tra 3 anni che 1€ adesso). Si ha SRI negativo anche nel caso di un cash‐flow classico ma con saldo negativo. Quando il cash‐flow varia più volte di segno l'SRI è multiplo, l'andamento del VAN rispetto al saggio identifica due saggi di rendimento interno. Per evitare questa situazione, si deve strutturare il cash‐ flow in modo che cambi di segno una sola volta, ad esempio aggregando scansioni temporali (al posto di 1 anno si considerano 2‐3 anni) oppure spostando cautelativamente tutti i costi all'inizio e tutti i ricavi alla fine (o comunque in due momenti successivi). Variazioni di SRI al variare dei grado di autofinanziamento Il ricorso al finanziamento è rischioso perché il costo del denaro a debito da istituti finanziari è molto maggiore della redditività di un investimento sicuro (costo opportunità). Pagina | 14
Se invece un investimento ha un rendimento del 7‐8% e il costo del denaro a debito è del 4%, si ha un guadagno del 3% annuo solo gestendo, si parla di “effetto leva” dovuto alla differenza tra costo del denaro e rendimento dell'investimento. ESEMPIO: Si considera ad esempio un investimento di durata annuale che prevede una spesa di 100 al momento 0 e un ricavo di 110 al momento 1. Se ci si autofinanzia completamente (non si hanno interessi bancari) il cash‐ flow economico coincide con quello finanziario e SRI = 10%. Se si considerano le tasse con un'aliquota del 40% si ottiene un SRI = 6% e lo si confronta con saggio soglia (SS) che ha in pratica gli stessi contenuti del tasso di sconto (r). Se SRI > SS ( = RRF + P) l'investimento è conveniente. Se si ricorre totalmente al debito, sia un'esposizione per un anno pari a 100 e si considera un saggio di interesse bancario del 5% pagato a fine anno. In questo caso SRI = 5% al netto e gli oneri finanziari (metà delle rendimento diventa la remunerazione della banca che ha prestato i soldi). Se si considerano le tasse, SRI = 3%. Si nota che se il tasso d'interesse diminuisce, SRI al netto di oneri finanziari e tasse aumenta. Si osserva che se il saggio soglia fosse del 5%, l'investimento sarebbe conveniente se è possibile autofinanziarsi altrimenti no. Dunque SS cambia a seconda del grado di autofinanziamento perché comunque i soldi a debito o propri si potevano investire in investimenti privi di rischio. RAPPORTO BENEFICI – COSTI (η) Il metodo definisce in che misura i ricavi sopravanzano i costi e richiede il calcolo di un saggio di sconto. con VAB valore attuale dei benefici VAC valore attuale dei costi Pagina | 15
5. FORMULAZIONE DELLA SCELTA FINALE Caratteristica Valore Attuale Netto Tipo di indicatore Rendimento assoluto Esogeno Saggio di sconto (determinato a priori) Criterio di ammissibilità VAN1 > VANn > 0 Valutazioni rispetto Impiego all'ammontare degli utili
Saggio di Rendimento Interno Efficienza Implicito (risolvendo VAN=0) Saggio Soglia(1) SRI1 > SRIn > SS Valutazioni rispetto all'efficienza d'uso del capitale
(1) determinazione meno problematica di quella del tasso di sconto.
6. ANALISI DELLE RISCHIO E DELL'INCERTEZZA DELLA VALUTAZIONE DELL'INVESTIMENTO IMMOBILIARE I progetti di investimento sono caratterizzati da un elevato grado di incertezza. I flussi monetari in entrata ed in uscita non possono essere considerati certi, bensì sono suscettibili di aleatorietà sia riguardo la loro manifestazione sia riguardo la loro entità. Per queste ragioni la valutazione di un investimento immobiliare non può fermarsi alla sola convenienza economica, calcolata tramite VAN e SRI, ma deve prevedere un’analisi sulla qualità e l’attendibilità di questa misura. L'incertezza non ha un significato solo negativo, il profitto stesso nasce dall'incertezza perché la capacità di affrontare i rischi è un'opportunità per chi sa gestirla. Nel campo dell'analisi economica rischio e incertezza non sono sinonimi: ‐ RISCHIO: rappresenta una variabilità del risultato atteso che può essere spiegata, si possono costruire funzioni di probabilità che spiegano l'evento attraverso alcune variabili; ‐ INCERTEZZA: non è determinabile a priori perché può essere spiegata solo soggettivamente (in realtà si potrà usare un metodo: valore d'opzione). FATTORI CHE INFLUENZANO IL GIUDIZIO SULL'INVESTIMENTO ‐ ammontare e distribuzione nel tempo dei costi ; ‐ ammontare e distribuzione nel tempo dei possibili ricavi ; ‐ attendibilità della stima di costi e ricavi; ‐ rendimento di investimenti alternativi; ‐ predisposizione al rischio dell'investitore. Gli indicatori visti in precedenza (VAN e SRI) tengono conto della variabilità delle voci interne, è necessario ragionare in base alla quantità (ammontare delle voci), qualità (grado di precisione) e tempo (influenza sul tasso di sconto). STRATEGIE PER LIMITARE IL RISCHIO ‐ scelta dell'investimento con il minor livello di rischio; ‐ diversificare il livello di rischio costruendo una portfolio di investimenti differenti: la diversificazione riduce il rischio complessivo; ‐ approfondire l'analisi di mercato diminuendo la variabilità dei risultati attesi; ‐ strategie di condivisione delle rischio: accordi con proprietario o costruttore (permute); ‐ hedging (opzione): esiste la possibilità di comprare con diritto di riserva previo indennizzo per il proprietario in caso di mancato acquisto, nel caso che la situazione non vada come previsto (non cambia il PRGC) si ha una perdita inferiore a quella che si avrebbe in caso di acquisto. Pagina | 16
METODI CLASSICI PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO Tasso aggiustato per il rischio (Risk‐Adjusted Discount Rate) ‐ costruzione per fattori (build‐up approach): si parte dal tasso risk‐free (BOT semestrali,…) e si aggiungono in modo empirico dei premi di rischio legati a diverse voci (rischio urbanistico, di mercato,…), è necessaria molta esperienza perché si ottiene così un giudizio soggettivo delle rischio; ‐ costo marginale del denaro (WACC): il WACC è una media ponderata tra rischio legato al prestito e all'autofinanziamento (hanno rendimenti differenti); ‐ costo opportunità del denaro: rendimento atteso per analoghi investimenti (stesso rischio) contrattati sul mercato, non è difficile definirlo per il mercato immobiliare perché esistono fondi d'investimento immobiliare che producono azioni contrattate in borsa (molti dati). Tecnica dell'equivalente certo Viene chiesto all'investitore di segnalare il suo grado di indifferenza tra un’opportunità di investimento con un esito certo e una dall'esito incerto. Si traccia così una mappa di preferenze dell'investitore che fornisce la sua predisposizione alle rischio. In genere si ha un andamento marginalmente decrescente (se si hanno pochi soldi l'utilità del denaro è maggiore) mentre per un investitore avverso al rischio l'andamento è lineare. Analisi di sensitività (analisi what if) Si definiscono curve che indicano le variazioni del VAN al variare di una sola variabile significativa per volta, in questo modo è possibile ipotizzare diversi scenari e definire le variabili che più influenzano il VAN, su queste andrà posta maggiore attenzione (distribuzione temporale di costi e ricavi, tasso d’interesse, tasso di sconto,…). METODI INNOVATIVI PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO Analisi multicriterio Si valutano alcuni aspetti del rischio, si assegnano punteggi sul grado di rischio a ciascun attributo e infine, ponderando, si ottiene un'indicazione del rischio. Analisi Montecarlo Il processo di simulazione eseguito con l’analisi Montecarlo permette, con l’ausilio del calcolatore, di simulare migliaia di stati (non 2‐3 come nell’analisi di sensitività) calcolati sulla base delle variazioni dei dati di input definite dal decisore sulla base di distribuzioni probabilistiche. Questa è dunque una tecnica che non dà risultati deterministici ma una determinata distribuzione statistica dei valori di output. Pagina | 17
PREGI: ‐ capacità di analisi: si possono modellizzare problemi di investimento di grandi dimensioni e complicati, si possono testare diverse ipotesi sul modello e sui dati di input, inoltre in modo automatico è possibile ottenere analisi di sensitività su singole variabili o dati di input; ‐ rappresentazione statistica delle variabili di output (VAN e SRI): esse possono risultare più facilmente comprensibili per operatori non avvezzi al linguaggio economico. ELEMENTI PRINCIPALI DELLA TECNICA: ‐ parametri: input specificati dal decisore o dall’analista dell’investimento e quindi controllabili; ‐ variabili di input esogene: variabili di ingresso dipendenti da eventi che non sono sotto il controllo del decisore, il cui andamento è però descrivibile in termini probabilistici; ‐ variabili di output: rappresentano i risultati della simulazione, si tratta degli indicatori utilizzati per misurare la validità dell’investimento (VAN,SRI,…); ‐ modello: equazioni matematiche che descrivono le relazioni tra le componenti del sistema e definiscono il legame degli output con i parametri e le variabili di input. APPLICAZIONE DEL METODO: ‐ identificazione delle variabili esogene e dei parametri: si tratta di individuare gli elementi critici dai quali dipende il valore economico del progetto; ‐ definizione del modello: occorre esplicitare le relazioni matematiche che consentono la determinazione del risultato desiderato in funzione delle variabili di input e dei parametri; ‐ attribuzione delle distribuzioni di probabilità: è necessario specificare la distribuzione di probabilità di ogni variabile di input; ‐ impostazione delle simulazioni ed effettuazione degli esperimenti: fissando il numero di iterazioni da eseguire, implementando gli algoritmi di generazione dei numeri pseudocasuali,…; ‐ verifiche dei risultati e produzione dei rapporti finali: al termine delle simulazioni si possono eseguire alcune verifiche al fine di valutare eventuali problemi con il procedimento implementato. VALUTAZIONE DELL'INCERTEZZA I metodi tradizionali, anche quando incorporano l’analisi del rischio, assumono sempre il fatto che il promotore sia legato ad una determinata strategia operativa fissa ed immutabile. Non riescono dunque a tenere conto dei possibili scenari futuri che possono essere migliori rispetto all’investimento attuale, pur profittevole. È indispensabile invece riuscire a dare un valore a questa possibilità di aspettare e ritardare l’investimento ovvero valutare il valore d’opzione. Opzione finanziaria L'opzione è un contratto che assegna ad uno dei contraenti, dietro versamento di un premio, il diritto, e non l'obbligo, di acquistare (call option) o di vendere (put option) una certa quantità di un dato prodotto, ad un prezzo predeterminato (strike price), ad una scadenza fissata (opzione europea) o entro la stessa (opzione americana). CALL OPTION: se il valore al momento della scadenza è superiore allo strike price, si esercita l'opzione altrimenti la si lascia cadere e si acquista sul mercato. Per prezzare una call option la si fa equivalere ad un investimento risk free: Pagina | 18
con S valore attuale Su valore che si avrà fra un anno con probabilità p (Su > S) r tasso per investimento risk free Real option L'approccio delle opzioni reali è l’estensione della teoria delle opzioni finanziarie alle attività reali. ‐ opzione di abbandono (disinvest): possibilità di vendere o abbandonare un progetto di investimento; ‐ opzione di ampliamento (grow): opzione di aumento delle dimensioni di un progetto; ‐ opzione di differimento dello sviluppo (defer): capacità di ritardare l'esecuzione di un progetto di investimento non pregiudicandone l'attuazione; ‐ opzione di riduzione (shrink): opzione di riduzione delle dimensioni di un progetto; ‐ opzione di scambio (switch up – switch down): progetti di investimento che possono essere accesi o spenti nella loro vita utile (trivellazione per petrolio, centrale elettrica con diverse possibilità di alimentazione,…).
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L’ANALISI COSTI – BENEFICI (ACB) Si basa sulla misura monetaria di tutti gli aspetti contenuti nell'analisi come per l'ACR, ma considera anche una serie di aspetti non previsti dall'ACR (esternalità) e misura tutto rispetto a convenienze pubbliche (non private). Elementi differenziali considerati nell’ACB L'ACR considera solo ciò che comporta costi e ricavi per l'impresa e il resto viene trascurato, l'ambito pubblico deve invece considerare tutto ciò che fa variare il benessere sociale anche se questo non rappresenta una variazione di costi e ricavi per l'impresa. Ci sono dunque dei fattori della produzione che sono irrilevanti per l'impresa (sia positivi che negativi) ma non per il benessere sociale e quindi uno stesso bene può avere due valenze differenti a seconda che lo si consideri con ottica pubblica o privata. Esternalità (effetti esterni) Sono “imperfezioni” del mercato che derivano dal fatto che l'impresa non è una “black box” ma è permeabile a molti aspetti non regolati dal mercato (inquinanti, creazione di occupazione,...). In realtà esistono normative che regolano in parte gli scambi tra imprese e ambiente esterno (normative ambientali,...) che in qualche modo internalizzano le esternalità (si hanno costi per evitare sanzioni), tuttavia non è detto che rispettare le normative significhi non arrecare danni alla collettività. Ambito di valutazione Il sistema economico viene considerato solitamente circolare e chiuso (produzione e consumo di prodotti/fattori produttivi) e può essere visto sia come flusso produttivo che come flusso monetario (inverso). In realtà non è chiuso perché si hanno scarti di consumo o di produzione che finiscono nell'ambiente: se si produce al di sotto della capacità di assorbimento dell'ambiente, lo scarto può essere risorsa, altrimenti è un danno. Si ha dunque che le esternalità hanno effetti tanto maggiori quanto più piccolo è il sistema di riferimento rispetto all'entità delle attività. Il problema nasce dall'incapacità di difendere i diritti di proprietà per alcuni aspetti. Per i beni mobili e immobili la situazione è più semplice perché sono efficacemente regolati o regolabili, per gli altri è più complicato perché non esistono regole perché non è possibile fissarle oppure perché i beni non sono controllabili (ad esempio quando controllare costerebbe più dell’eventuale danno). Il mercato funzionerebbe ottimamente e la produzione delle esternalità sarebbe ottimizzata (impossibile azzerarla) se fosse possibile regolarizzare tutti gli aspetti (anche le esternalità), perché ci sarebbe equilibrio tra chi emette e chi riceve l'emissione e quindi ottimizzazione. Il problema è appunto la capacità di far rispettare il diritto di proprietà su alcuni beni, specie su quelli non difendibili (odori,...), perché spesso il costo per far rispettare le norme sarebbe maggiore del beneficio ottenuto (non ha senso implementare la regola in queste situazioni). Pagina | 20
Una possibilità sarebbe quella di considerare l'intervento pubblico: il sistema dei costi di implementazione della norma si ridurrebbe e quindi il controllo delle esternalità funzionerebbe. Inoltre è necessario osservare che, giorno per giorno, grazie all’evoluzione tecnologica sempre più aspetti diventano controllabili. 1. CARATTERISTICHE DEI BENI AMBIENTALI L'economia del benessere individua due caratteristiche nel consumo dei beni che li rendono privati o pubblici: ‐ Rivalità nel consumo: la competizione dipende dalla modalità d'uso o fruizione, il bene può essere ad uso perfettamente rivale (viene distrutto con il primo utilizzo oppure rivalità sul piano temporale), a consumo non rivale (es: strada al di sotto del limite di congestione) o fruibile in entrambi i modi (es: durante un safari un leone può essere fotografato o ucciso). La rivalità del bene influisce sulla produzione e sul costo: se il bene è a consumo rivale la quantità consumata coincide con la quantità prodotta, altrimenti basta che sia prodotto una volta sola. ‐ Escludibilità tecnica o economica: possibilità di escludere alcuni dalla fruizione del bene (bene escludibile). Se il bene è difendibile è possibile regolarlo (solitamente con il prezzo), se non si è capaci di difenderne la proprietà non si ha interesse a produrre il bene. I beni possono essere quindi distinti in: ‐ beni privati puri: caratterizzati da rivalità e esclusione, per questi il mercato funziona bene da sé; ‐ beni pubblici puri: non rivali e non escludibili, il privato non ha interesse a produrli, è sufficiente che lo Stato li produca una sola volta e poi sono a disposizione di tutti (non rivali); ‐ beni misti: o non rivali ma escludibili: beni privati prodotti dal settore pubblico, performing arts (cinema, musei,...) o rivali ma non escludibili: beni collettivi prodotti dal settore privato, vengono sprecati perché non possono essere regolati, problemi di tutela (acqua di falda,…).
COMPORTAMENTO ECONOMICO (STRATEGICO) E USO DELLE RISORSE PUBBLICHE Ci sono meccanismi nei processi decisionali con fondamenti razionali ma che portano ad effetti indesiderati. Si consideri il caso in esempio in cui si hanno due soggetti A e B che sfruttano una risorsa in modo regolato. Se entrambi seguono le regole la risorsa si mantiene, se assumono un comportamento predatorio avrebbero un vantaggio immediato ma comprometterebbero la produttività della risorsa. Si osserva ora il sistema delle convenienze: ‐ se entrambi seguono le regole: entrambi portano a casa 30; ‐ se entrambi sono predatori: entrambi portano a casa 15 perché sfruttano male per arraffare; ‐ se A è predatore e B segue le regole (o viceversa): della risorsa si riduce da 60 a 50, la maggior parte va ad A (40) e meno a B (10). Pagina | 21
Seguire le regole converrebbe dunque ad entrambi, ma in realtà ognuno ragiona per conto suo: se A si comporta bene come B incassa 30, se è predatore e B segue le regole incassa 40; quindi, indipendentemente da quello che fa B, gli conviene essere predatore. Discorso analogo vale per B quindi ci si troverà nella situazione in cui entrambi incassano 15. Il sistema delle convenienze è razionale ma porta a errati comportamenti perché ognuno adotta un punto di vista individuale (la società è individualista, se il mercato non è regolato o regolabile ci si comporta male). Per risolvere questa situazione è necessario un controllo pubblico che costringa a seguire le regole oppure l'instaurazione di un rapporto di fiducia forte tra A e B (regole comuni accettate da entrambi). COMPONENTI DEL VALORE ECONOMICO TOTALE Per capire il valore di un bene è necessario analizzare il fenomeno a cui si associa: compravendita o utilità in sé. Per l'imprenditore privato il valore del bene coincide con il prezzo ossia il bene vale ciò che rende in termini monetari. In ambito pubblico o sociale non si ha una funzione di profitto, il valore è indipendente dal prezzo (può coincidere oppure no) ma è legato all'utilità/benessere che la collettività guadagna o perde con l'investimento. Il valore inoltre non è solo legato alla fruizione del bene, è necessario definire un valore economico totale. Le componenti del valore economico totale sono: ‐ valore d'uso: commisurato al flusso di utilità per il fruitore durante la fruizione o diretto: fruizione diretta, o indiretto: se la fruizione avviene tramite foto, filmati,...; ‐ valore di non uso: o valore di opzione: ciò che si sarebbe disposti a pagare per avere la certezza di poter eventualmente fruire in futuro di beni di cui non si può fruire ora ma a cui viene riconosciuto comunque un valore, o valore di lascito: il benessere è generato dal sapere che il bene sarà lasciato intatto alle generazioni future, indipendentemente dalla possibilità che io ne possa fruire in futuro, o valore di esistenza o intrinseco: componente con fondamenti etici o morali, ad esempio il riconoscere diritti ad altre forme viventi indipendentemente dal rapporto di utilità. I beni solitamente accumulano, con gradi diversi, più componenti. L'unica componente che trova sempre concretizzazione in un prezzo è il valore d'uso diretto (l'indiretto non sempre), quindi il prezzo è un riferimento inadatto del valore economico totale del bene nel caso in cui le componenti di non uso non siano trascurabili. Si possono avere due tipi di bene: ‐ beni riproducibili: possono essere riprodotti se necessario, il VET è costituito dal solo valore d'uso (si trae beneficio dall'uso) a meno di questioni di tipo etico; ‐ beni irriproducibili: il VET è composto essenzialmente da valori di non uso (opzione, lascito, esistenza solo se vivente), può esserci anche una componente di valore d'uso indiretto. Pagina | 22
Guardando alla riproducibilità è quindi possibile valutare se il VET è legato al valore d'uso o di non uso. Spesso i beni con elevato valore di non uso (ville, castelli,…) faticano a vedersi riconoscere il proprio VET, spesso perché inutilizzabili se non trasformati drasticamente (ma si hanno vincoli). In questi casi il valore di non uso è elevato ma sfugge al mercato ed è dunque necessario un intervento pubblico per farne riconoscere il valore. I beni irriproducibili si possono distinguere in: ‐ beni surrogabili: se è il bene è perfettamente surrogabile lo si assimila ad un bene riproducibile (valore d'uso); ‐ beni non surrogabile: in questo caso lo si assimila ad un bene irriproducibile (valore di non uso). Quindi il peso dei valori di non uso dipende dal grado di surrogabilità. Si osserva inoltre che il privato considera solo i valori d'uso escludibili nelle sue valutazioni, la collettività considera i valori d’uso e non uso non escludibili. Componenti del valore economico totale Tipo di bene Uso Opzione Esistenza Lascito Riproducibile sì no * no Surrogabile sì ** */** ** Irriproducibile Non surrogabile sì sì sì sì * dipende da questioni di tipo etico ** dipende dal livello di surrogabilità
2. IDENTIFICAZIONE DEGLI INPUT ED OUTPUT DEL PROGETTO Per l’ACB si devono considerare tutte le voci che generano utilità/disutilità, è dunque necessaria un'identificazione tecnica di tutto ciò che il progetto “consuma” (perdite d'utilità, flussi d’utilità negativa) e ciò che “genera” (flussi d’utilità positivi). Si distinguono, per praticità, input e output che hanno un mercato e quindi un prezzo di mercato (ne misura il valore o parte di esso) e quelli senza mercato (esternalità) per i quali non si ha un prezzo ma è comunque necessario considerare il benessere generato. Gli input e output da considerare sono molti, possono essere suddivisi in 6 categorie in base a chi è interessato dagli effetti: Il problema è dare una valutazione economica a tutti questi parametri tecnici (specie le esternalità). Pagina | 23
3. DEFINIZIONE DEI VALORI MONETARI DEGLI INPUT E OUTPUT Il valore monetario misura le variazioni di benessere/utilità, ipotizzando che esista sempre un corrispondente monetario attribuibile ad ogni variazione di benessere (l'obiettivo è misurare la quantità di moneta da corrispondere). Il sistema dei prezzi non è sufficiente per valutare la convenienza perché spesso i prezzi non ci sono o considerano solo alcuni aspetti. La variazione di benessere è quindi sempre rappresentata da una disponibilità a pagare, che talvolta (non sempre) è indicata da un prezzo registrato sul mercato. VALUTAZIONE A PREZZI DI MERCATO Variazioni nella produzione e variazioni di benessere Un progetto insiste sempre su un equilibrio economico preesistente (q1,p1). Se il progetto varia la funzione di costo dell'impresa, varia la funzione d'offerta (se l'effetto è benefico sia una traslazione verso il basso) e quindi l'equilibrio (q2,p2). Confrontando i due equilibri è possibile valutare il beneficio totale (misura monetaria del benessere introdotto nel sistema economico in esame). Nell'esempio si ha un incremento di rendita totale (Omc,Oms,A,B), in particolare si osserva che le rendita del produttore è simile nei due casi (p1,A,Oms ≅ p2,B,Omc) mentre la rendita del consumatore aumenta di molto (p1,p,A << p2,p,B). L'aumento di rendita del consumatore è indice di una maggiore disponibilità a pagare, il progetto porta dunque ad un beneficio. Effetti indiretti È necessario considerare tutto ciò che si innesca a seguito del progetto perché il sistema economico è molto interrelato, non è possibile considerare solo gli effetti primari ma si deve tener conto anche degli effetti indiretti. Riprendendo l'esempio precedente un aumento di produzione porta ad un aumento dei redditi distribuiti, la funzione di domanda trasla verso l'alto e si ha dunque un aumento di rendita (sia per il produttore che per il consumatore) come effetto indiretto della traslazione di domanda. È dunque difficile utilizzare il sistema dei prezzi in quanto essi variano nelle ipotesi con e senza progetto e perché il beneficio generato è commisurato più alla rendita (differenza fra ciò che si paga e ciò che si sarebbe disposti a pagare) che al prezzo. Con riferimento alla figura seguente, la disponibilità marginale a pagare dei consumatori è p1, il beneficio percepito dal consumatore è pari alla disponibilità marginale a pagare che coincide con il prezzo di mercato in quanto si è in una situazione di equilibrio. Pagina | 24
Se il progetto modifica la produzione in modo trascurabile, il mercato non è influenzato e il prezzo rimane p1, dunque, se i benefici sono modesti, si valuta alla disponibilità a pagare in base al prezzo. Se invece il progetto ha un effetto evidente sul mercato, il prezzo non è un buon indicatore della disponibilità a pagare perché se si valutasse a p1 si avrebbe una sopravalutazione. Si osserva inoltre che il prezzo ha in realtà due componenti: costo di produzione e tasse (incassate dallo Stato e quindi bene per la collettività). La vera utilità prodotta per la collettività deve essere valutata al netto delle tasse. Un altro aspetto da considerare è il fatto che in un mercato fortemente regolamentato il prezzo non rappresenta il valore reale della risorsa. Dal punto di vista sociale “costa” ciò che ha alternative di collocazione mentre “vale” ciò che è limitato nell'offerta. In conclusione è necessario porre grande attenzione nel valutare costi e benefici con riferimento al mercato perché si hanno distorsioni per imposizioni fiscali, regolamentazioni, mercati non convenzionali,… Il prezzo non è solo frutto dell'utilità/disutilità percepita, ne è una misura imperfetta. Anche per valutare le esternalità, prive di mercato, si può comunque ricorrere al mercato perché esso permea tutti gli aspetti della quotidianità. MISURA DELLA DISPONIBILITÀ A PAGARE La disponibilità a pagare rappresenta la quantità di moneta necessaria per comprare beni tali da ottenere una pari utilità. Il prezzo misura la disponibilità a pagare perché si ipotizza che, per i beni di mercato, il diritto di proprietà non sia della collettività ma del privato (di altri). Per i beni privi di mercato non è chiaramente definito l'effetto proprietario (talvolta lo è per legge): se sono io mi faccio pagare il bene, se è di altri devono pagare per averlo. Non ci sarebbero problemi se disponibilità a pagare e ad essere compensati fossero uguali, ma non è così. Variazioni nel prezzo e variazioni di benessere Si considera una situazione iniziale di equilibrio A (p1,q1), si ipotizza poi che, a seguito di una modifica del mercato, il prezzo salga da p1 a p2. Si avrebbe una riduzione della rendita del consumatore, la perdita di utilità (p1,p2,B,A) derivante rappresenta la VARIAZIONE COMPENSATIVA ossia la quantità di denaro che, data al consumatore, compenserebbe la perdita di benessere derivata dall'aumento di prezzo (il ragionamento regge se si ha il diritto ad avere il livello d'utilità iniziale). Rappresenta la quantità di denaro che il consumatore accetterebbe per compensare l'aumento di prezzo. Qualsiasi variazione di prezzo ha un effetto di reddito: se il prezzo sale, il reddito reale del consumatore diminuisce. La funzione di domanda trasla verso il basso tanto più elevato è l'effetto di reddito derivante dall'aumento del prezzo (l'effetto di reddito si ripercuote sull'intero paniere di consumi). È possibile definire una seconda misura di perdita di benessere, legata alla funzione di offerta derivante dall'aumento di prezzo e non riferita alla funzione di domanda originaria (caso precedente). Si definisce VARIAZIONE EQUIVALENTE la quantità di denaro che compensa la Pagina | 25
perdita di benessere assumendo che il consumatore non abbia diritto al livello di utilità iniziale ma al livello di utilità dopo la variazione ossia la quantità di denaro che il consumatore sarebbe disposto a pagare per evitare l'aumento di prezzo. Se l'effetto di reddito è trascurabile la variazione equivalente tende a coincidere con la variazione compensativa. Le funzioni di domanda considerate finora sono dette hicksiane: tengono conto degli effetti indotti da variazioni di reddito reale. È possibile viceversa definire una funzione marshalliana di domanda, ossia a reddito costante. Rispetto a essa è possibile definire una VARIAZIONE MARSHALLIANA che descrive la DAP per un bene in rapporto al reddito effettivamente disponibile. Variazioni nella quantità variazioni di benessere Si considera un bene per cui esiste un livello minimo di servizio da garantire (sicurezza, paesaggio,...) non fissato da una contrattazione e si considera che la fruizione del bene sia gratuita. Si realizza un grafico in cui si analizza la relazione tra livello di servizio (q) e disponibilità a pagare (wtp). Si definisce q1 il livello minimo iniziale, il benessere totale coincide con la disponibilità a pagare per avere quel livello minimo. Se si vuole ridurre il livello di servizio da q1 a q2, la quantità di denaro per compensare l'utilità perduta viene definito SURPLUS COMPENSATIVO (quantità di denaro che sarei disposto a ricevere per rinunciare ad un miglioramento o accettere un peggioramento). Alla riduzione a q2 corrispondono però delle variazioni di consumo, si ha dunque un effetto di reddito (se il reddito scende, la disponibilità a pagare scende), la funzione trasla e si definisce il SURPLUS EQUIVALENTE ossia la disponibilità a pagare per evitare il peggioramento (quantità di denaro che sarei disposto a pagare per ottenere un miglioramento). Analogamente al caso precedente è possibile definire un SURPLUS MARSHALLIANO. Nota: si parla di variazioni se ci si riferisce a modifiche di prezzo, di surplus se ci si riferisce a modifiche di quantità. BENI AMBIENTALI
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Compensazione monetaria La funzione di utilità dipende da ciò che ci si può permettere (M, reddito) e da ciò che il contesto socio‐ economico offre (q, ad es: qualità ambientale). In una situazione iniziale l'individuo con un reddito M1 e in un contesto che offre q1 ha un livello d'utilità U1 che può essere diversamente composto. Se la qualità ambientale peggiora (si passa da q1 a q2) e il reddito non cambia, si avrà un nuovo equilibrio in B a cui corrisponde una funzione di utilità U2 che rappresenta un grado di soddisfazione inferiore al precedente. La misura monetaria della perdita di benessere ossia la quantità di denaro che, aggiunta al reddito, riporta al livello di utilità precedente è DAC = M2 ‐ M1, essa rappresenta la disponibilità ad accettare una compensazione, riporta sulla funzione di isoutilità U1 surrogando però il benessere con un aumento di reddito a scapito di una perdita di qualità (C). Disponibilità a pagare Nel caso in cui l'individuo non abbia il diritto ad avere un'utilità U1 (ad es. perché tale livello è casuale), non si può pretendere di essere compensati per il passaggio da q1 a q2, ma si può pagare per evitare questa riduzione e rimanere al livello q1. La variazione di benessere è misurata dunque da una disponibilità a pagare DAP = M1 – M2. Si ha sempre DAP < DAC. NB: manca il grafico relativo Riassumendo alla DISPONIBILITA’ A Stato attuale del Proprietà COMPENSARE. Vedi i lucidi bene ambientale Individuale Collettiva * del prof. Accessibile DAC DAP Non accessibile DAP DAP * difficile trovare una precisa struttura di proprietà a meno che non sia prevista da norme
Tipo di evento Positivo Negativo
Ipotesi sull’evento Accade Non accade DAP per goderne DAC per rinunciarvi DAC per compensarlo DAP per evitarlo
Nella maggior parte dei casi si cerca DAP per evitare un peggioramento o ottenere miglioramenti. Pagina | 27
4. METODI PER LA VALUTAZIONE MONETARIA DI BENI AMBIENTALI Nel caso non sia presente un sistema di prezzi di mercato, è possibile ricorrere a metodi che misurano la variazione di surplus (di solito surplus equivalente) partendo dalla stima di una funzione di domanda sulla base di dati raccolti tramite interviste (metodi diretti) oppure da osservazioni reali sul mercato (metodi indiretti), quest’ultima modalità è possibile per quei beni/servizi che, pur non avendo un loro mercato (vista, rumorosità,...), sono legati al mercato di altri beni (abitazioni). Nei metodi indiretti, nel caso si abbiano a disposizione molti dati di elevata qualità, si può misurare il valore degli attributi riferendosi al mercato di beni cui gli attributi si riferiscono (metodi edonimetrici) altrimenti la funzione di domanda del bene pubblico può essere stimata in base all'osservazione della variazione di spesa accettata per raggiungerlo (metodi del costo di viaggio). Si possono utilizzare tuttavia metodi più speditivi che fanno un ampio ricorso all'estimo. Servono per determinare valutazioni minime in quanto partono dal presupposto che un bene valga almeno quanto sono disposto a pagare per fruirne (impiego alternativo), si cerca l'equivalenza tra la variazione di qualità e la variazione di spesa derivante. 4.1 Metodi diretti La valutazione diretta si fonda sulla DAP espressa proprio per il bene che si sta valutando. I metodi diretti possono basarsi su dati osservati oppure ipotetici. I dati osservati possono rifarsi a: ‐ referendum: ogni cittadino fa un bilancio tra vantaggi e svantaggi e vota una proposta se l'utilità complessiva è positiva, si ottiene una misura diretta non della singola esternalità ma del complesso (difficile realizzare sempre referendum ad hoc); ‐ mercati sperimentali: si trasforma il bene da pubblico a privato e si osserva il valore che esso assume, il problema di questo approccio è il fatto che i mercati sperimentali di solito costano molto. Entrambe queste situazioni non sono molto frequenti per loro natura, mentre la necessità di valutare un esternalità è spesso frequente. Per questo motivo spesso si ricorre ad interviste: il soggetto viene posto davanti ad una situazione ipotetica ma credibile ed è chiamato a dichiarare la propria DAP in vario modo. La bontà della valutazione risiede nel rigore della rilevazione e nella coerenza delle risposte ottenute. Non esistono però possibilità di validare questo tipo di valutazioni perché spesso non sono riscontrabili nei comportamenti, sono valori di non uso. Il valore di non uso è autoreferenziale (non può essere validato in nessun altro modo), l'unico aspetto che rende attendibile questa procedura è la sua correttezza, il rigore del sondaggio. Solo la valutazione contingente permette di valutare i valori di non uso. Pagina | 28
VALUTAZIONE CONTINGENTE Consiste nella simulazione di un mercato ipotetico del bene ambientale: il consumatore dichiara la propria DAP a fronte di una variazione nello stato del bene ambientale durante un'intervista. Tipi di intervista ‐ Personale (on site o off site): soluzione migliore, il questionario è ben compilato perché l'intervistatore è formato e la gente si fida, il problema è il costo; ‐ Telefonica: vanno bene se il consultato ha un'idea dell'oggetto di discussione, è più complicato se l'individuo non si riscontra quotidianamente con i beni analizzati, ha il vantaggio di costare poco; ‐ Postale: si invia il questionario e una busta preaffrancata per la restituzione, di solito torna 10‐15% dei moduli inviati, il rischio è di avere un campione di risposta non attendibile (autoselezione), costa poco; ‐ Internet: minor costo e maggiori risposte, il problema è legato alla distorsione dovuta al fatto che la collettività che frequenta la rete è diversa dalla collettività globale, ha caratteristiche specifiche. Taratura delle questionario Per ottenere una buona valutazione è necessario realizzare un questionario preciso (non equivoco) e chiarire che si tratta di valutazioni ipotetiche. La fase di taratura può avvenire in due modi: ‐ focus group: brain storming tra un gruppo di possibili intervistati che indicano gli elementi critici del questionario, al termine si passa al pre‐test; ‐ pre‐test: sondaggio preliminare i cui dati sono utilizzati per evidenziare le criticità e non vengono usati per fare valutazioni. Struttura del campione Il campione (non solo quello contrattato ma anche quello che effettivamente risponde) deve essere rappresentativo della popolazione di riferimento al fine di minimizzare gli errori di misurazione. Possibili distorsioni nel campionamento derivano da: ‐ imprecisa conoscenza della popolazione rispetto alle variabili che influiscono sulla DAP: di solito non è un problema perché si dispone di buone banche dati; ‐ mancata risposta: riguarda solitamente persone di cultura medio‐bassa; ‐ selezione temporale: specie per le interviste telefoniche (in quel giorno/ora rispondono solo casalinghe); ‐ autoselezione. Esistono possibili rimedi solo per le interviste personali ma spesso sono costosi e poco eleganti. Struttura delle questionario ‐ Descrizione del bene: ubicazione, quantità, qualità, tempo, benefici indiretti,… La descrizione non deve influenzare la risposta, dev’essere asettica perché spesso ciò che si valuta è sconosciuto ai più. ‐ Definizione dei cambiamenti prospettati: sia nel caso si intervenga, sia nel caso non lo si faccia. Variazioni nella quantità o nella qualità, effetti diretti e indiretti dei cambiamenti. ‐ Definizione del mercato ipotetico: definizione dei diritti (quali diritti ha la collettività e quali no), condizione di fruizione, mezzo di pagamento (in che forma si concretizza la DAP). Essenziale per la corretta definizione della DAP. ‐ Elicitazione della DAP/DAC: la modalità di pagamento (biglietto d'ingresso, imposta,…) non deve suscitare di per sé un rifiuto. È importante anche la procedura di rilevazione della DAP perché il modo di porre la domanda influisce sulla risposta. o Risposta aperta: permette di ottenere una distribuzione della DAP da estendere alla popolazione se il campione è rappresentativo. La distribuzione dovrebbe essere asimmetrica verso l'origine perché la DAP è influenzata dal reddito e sono più le persone a reddito basso (posso usare questo fatto come misura di robustezza dell'indagine), se non è così significa che le risposte non sono attendibili oppure il Pagina | 29
prezzo da pagare è molto basso. La risposta aperta può non essere buona quando gli intervistati rispondono in base a ciò che si aspettano succeda in seguito alla loro risposta, ma anche perché è difficile farsi un'idea sul valore di un bene pubblico e spesso la risposta non rappresenta il massimo valore che sarei disposto a pagare (si tende a sottostimare). o Risposta iterativa: si fa convergere il soggetto ad una DAP partendo da cifre proposte dall'intervistatore (ricerca dicotomica). Il problema è che la DAP finale è influenzata dalle prime cifre proposte (provato statisticamente), per ovviare si varia sistematicamente la cifra iniziale. o Cartelle di pagamento. o Risposta chiusa: si pone una sola domanda (single bounded) oppure anche una seconda domanda per restringere l'intervallo (double bounded). Si osserva che variando la cifra si ottiene una distribuzione di probabilità di risposta, per avere una valutazione corretta è necessario stimare un range di cifre di partenza attendibile. Sono molto usati perché è dimostrato che le risposte ottenute sono oneste. ‐ Caratteristiche socio‐economiche: permettono di verificare la robustezza delle valutazioni ottenute verificandone la coerenza tra i risultati e le caratteristiche socio‐economiche che li dovrebbero influenzare: età, titolo di studio, professione, reddito (si chiede alla fine), preferenze,… A queste si aggiungono domande di debriefing (grado di comprensione della valutazione, grado di collaborazione, presenza di risposte strategiche) sulla base delle quali scartare alcuni questionari. Fonti d'errore ‐ Risposte strategiche (free riding): si hanno se si intervista uno popolazione già influenzata, porta a sottovalutazioni. ‐ Risposte di accondiscendenza (yes‐saying): per finire al più presto l'intervista, di solito portano a sopravalutazioni. Oppure il caso contrario del no‐saying. ‐ Errore di informazione: l'intenzione di comportamento è diversa dal comportamento effettivo (incerti). ‐ Errori dovuti a un inefficace spiegazione della struttura e del funzionamento del mercato ipotetico: risolvibili con un buon lavoro di taratura. ‐ Errori dovuti al metodo: metodi diversi danno risultati diversi, si risolve usando il metodo più adeguato. Pregi ‐ ha fondamento teorico (teoria dell'utilità del consumatore); ‐ è il solo metodo per stimare i valori di non uso; ‐ è largamente impiegato; ‐ raffinato nel tempo per eliminare distorsioni e rendere il metodo più realistico. Difetti ‐ difficile validare le stime dei valori di non uso; ‐ alcuni risultati possono essere in contrasto con la teoria delle scelte razionali; ‐ DAP correlata con il livello di conoscenza del bene (si ha scarsa conoscenza sul funzionamento degli ecosistemi); ‐ i rispondenti possono non prendere sul serio la simulazione; ‐ free riding e warm glow (ogni buona iniziativa vale almeno 50€ a prescindere dall'aspetto economico); ‐ costoso. CONJOINT ANALYSIS Metodo alternativo ma simile alla valutazione contingente. Vengono poste a confronto alternative variamente create che permettono di valutare il trade‐off tra attributo e costo (quanto vale l'attributo). Sono valutazioni più complesse, hanno gli stessi pregi e difetti della valutazione contingente. Pagina | 30
4.2 Metodi indiretti METODO EDONIMETRICO Si fonda sulla possibilità di stabilire una relazione econometrica fra la dotazione di beni ambientali e il prezzo di mercato di beni immobili (terre e case) o di salari, ispirandosi direttamente al concetto di valore complementare. Ha notevoli limitazioni di tipo teorico (precondizioni). Premessa teorica Il mercato funziona in base al comportamento degli individui che lo compongono, ogni individuo ha un comportamento ottimizzante: si cerca di massimizzare il benessere acquisendo beni che hanno un prezzo, esiste quindi un vincolo all'ottimizzazione (vincolo di reddito), si tratta dunque di massimizzare l'utilità con risorse ristrette. I beni pubblici invece sono solitamente gratuiti (per legge, consuetudine,...). Indicando con X i beni privati (accesso limitato per il vincolo di reddito) e con Q i beni pubblici (non compaiono nella funzione di spesa) si ha che l'utilità è U = U(X,Q). La dotazione di servizi non è però indipendente dal luogo in cui ci si trova, il mercato incorpora l'accessibilità a beni/servizi pubblici (che dovrebbero essere gratuiti) aumentando la rendita dell'immobile (se la casa è vicina il suo valore aumenta). Quindi la dotazione di servizi non è indipendente dalle scelte di consumo. Il modello che si può sviluppare è il seguente:
con
utilità vincolo di reddito Q dipende dalle scelte di consumo (xk) ma anche da aspetti indipendenti ( )
Il prezzo dei beni dipende dalle caratteristiche proprie (z), dalle caratteristiche ambientali immodificabili ( ) e dalla caratteristica ambientale che può essere opportunamente calibrata (q1): Si possono identificare quindi un prezzo nella situazione di presenza del bene/servizio e uno nella situazione senza (con o senza vista mare, con dieci morti per strada all'anno o con uno solo,…). La differenza di prezzo rappresenta la DAP per questa variazione, incorporata nel prezzo dell'immobile: Il problema è che si incorporano solo le utilità/disutilità (e quindi la DAP) che passano attraverso il possesso di un immobile che permette la fruizione del bene, si ottiene dunque una DAP minima. Prerequisiti ‐ Complementarietà debole fra bene ambientale e bene di mercato: l'effetto di un attributo è chiaro e univoco solo se è indipendente dagli altri attributi, non complementare. ‐ Gamma continua di combinazioni fra bene privato e caratteristica ambientale: altrimenti è difficile valutare gli effetti con precisione. ‐ Il mercato apprezza gli attributi solo se funziona perfettamente (non sempre vero): o mobilità della popolazione, o uguali costi di informazione e transazione sul mercato che deve essere trasparente, o uguale accessibilità, o uguali preferenze e reddito. ‐ Non ci devono essere surpluses collegati alla variazione della dotazione di risorse ambientali. Pagina | 31
Per chiarire quest'ultimo punto, si osservi che il mercato immobiliare ha un'offerta infinitamente rigida nel breve periodo (adesso ci sono queste case, per averne altre ci vuole tempo), il prezzo dipende dall'utilità percepita dalla cliente. Si parte da una situazione di equilibrio iniziale (ps). Prima che questo il cambiamento si manifesti, la funzione di domanda trasla verso l'alto perché ci sarà un miglioramento, il benessere degli individui che deriva dal sapere che ci sarà un miglioramento è pari a ΔVQ = pc – ps. Quando il miglioramento si manifesta, si avrebbe un incremento di DAP se non ci fosse un adeguamento nell'offerta del bene. L'offerta invece diviene elastica e l'incremento di prezzo è minore dal momento che la variazione di offerta calmiera i prezzi (se fosse infinitamente elastica ΔV=0). Quindi la variazione di prezzo sottostima la DAP per il miglioramento se la funzione di offerta è elastica. Fasi 1. RILEVAZIONE DEI DATI Costruzione di una base dati che rilevi le variazioni di valore al variare della dotazione di beni/servizi al fine di tracciare la funzione di valore, si necessita di molti dati (difficile). 2. STIMA DELLA FUNZIONE DI VALORE Tramite una regressione multipla (procedura statistica che trova la funzione che meglio interpreta i dati) sui dati tal quali (lineare) oppure utilizzando trasformate (logaritmiche): con V valore immobiliare, Ci caratteristiche intrinseche, Ce caratteristiche estrinseche, Qa qualità dell'ambiente. La funzione è non lineare in Qa perché si ha un andamento marginalmente decrescente del grado di utilità, solo se le variazioni sono modeste si possono approssimare con un andamento lineare. Il problema è la difficoltà di trovare la forma funzionale più appropriata per definire l'influenza della caratteristica di interesse sul valore, per ovviare si dovrebbero avere molti dati di elevata qualità. Stimata la funzione di valore, si possono calcolare le differenze di valore tra due qualsiasi situazioni, misurando la DAP per la variazione incorporata nel mercato immobiliare. 3. STIMA DELLA FUNZIONE DI DOMANDA La funzione di domanda incorporata nella funzione di domanda di immobili (non è la funzione di domanda aggregata) è: Pagina | 32
r rappresenta quindi il valore marginale dell'incremento della qualità dell'ambiente, ovvero la rendita differenziale e cioè il valore (costo) della variazione marginale della qualità ambientale che, se il mercato funziona perfettamente, è pari al valore del beneficio marginale percepito dagli acquirenti (funzione di domanda). Ne segue che
Pregi ‐ ancorato su fatti di mercato reali e non a comportamenti ipotetici (è un dato più solido); ‐ procedimento rigoroso sul piano teorico; ‐ risultati di facile interpretazione e divulgazione. Difetti Legati principalmente ad aspetti tecnici dell'implementazione, problemi di bontà della stima della funzione di valore: ‐ multicollinearita: dovuta alla presenza di significative correlazioni tra le variabili indipendenti (non è possibile avere un repacking esatto); ‐ variabili omesse; ‐ segmentazione del mercato: regole diverse, apprezzamento differente di uno stesso attributo, si dovrebbe trovare una funzione di valore per ogni segmento; ‐ attese di variazione: spesso la variazione di valore è legata a attese di variazione, non variazioni vere; ‐ assunzioni restrittive; ‐ valutazione parziale: non tutto riemerge nel prezzo degli immobili; ‐ elevata disponibilità dei dati; ‐ metodo complesso sul piano statistico; ‐ applicazione poco frequente. METODO DEL COSTO DI VIAGGIO Premessa teorica Il consumatore si comporta rispetto alle spese per accedere ad un bene ambientale (costo di viaggio) come si comporterebbe rispetto al prezzo dei beni di consumo (nel metodo edonimetrico ci si riferiva invece al mercato immobiliare). Si ha dunque:
con x v p c
bene privato visite al sito ambientale prezzo del bene privato costo per visita, prezzo di v
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La funzione di domanda del bene pubblico viene costruita valutando il comportamento al variare di c. Si presuppone che il consumatore reagisca analogamente a variazioni di prezzo dei beni privati o di beni pubblici. Si deve fare attenzione alla diversa percezione dei costi: si ha infatti che il costo per accedere a un bene è formato da un costo fisso (possesso dell'auto indipendentemente dal viaggio) e un costo variabile (carburante, pedaggi,…, unica componente nel caso di utilizzo di mezzi pubblici) ma il consumatore tiene conto solo dei costi variabili evidenti al momento della scelta. Inoltre è molto più sensibile a variazioni di prezzo che al costo di viaggio: l’elasticità della domanda al variare del prezzo è maggiore di quella al variare del costo di accesso, sono simili se si tratta di spostamenti rilevanti (spesa significativa). Si ha dunque che il valore del bene è dato dalla somma dei costi sostenuti per visitarlo. In particolare il costo per visita cresce con la distanza dal sito di interesse, viceversa la frequenza delle visite, dunque l'utilità percepita dal singolo visitatore (rendita del visitatore) diminuisce al crescere della distanza. In seguito ad una variazione negativa consistente del valore del bene, ci si aspetta che il costo per la visita rimanga identico (è indipendente) ma scende la frequenza delle visite perché varia la consistenza del bene. L'obiettivo di questi metodi è stimare la variazione di valore del bene dovuta alla variazione di consistenza, ottenendo così la funzione di domanda. Approccio zonale Consiste nell'individuare il numero di visitatori che si reca in un sito e stimarne il costo per visita (commisurato al luogo di residenza). Permette di valutare rapidamente il valore d'uso di siti visitati da turisti, è facile da implementare anche a siti di vasta importanza. RILEVAZIONE DEI DATI ‐ individuazione di fasce a diversa distanza dal sito da valutare; ‐ stima del numero di visitatori provenienti da ciascuna fascia; ‐ rilevazione delle spese di viaggio per ciascuna fascia, indicazioni sul valore del tempo di viaggio; ‐ rilevazione della popolazione di ciascuna fascia, delle caratteristiche socio‐economiche,... Definite le fasce e stimato il numero dei visitatori, si determina il tasso di frequenza (visitatori/popolazione) per ciascuna fascia e il costo per visita (attribuendo un certo costo ad ogni km). Si stima poi la funzione che interpola i dati osservati ottenendo la funzione generatrice del viaggio che permette di definire il tasso di frequenza atteso: Questa non rappresenta la funzione di domanda ma il rapporto tra tassi di frequenza e costi per visita (CPV, ciò che il soggetto sborsa effettivamente), rappresenta ciò che succede ai costi attuali, non se si hanno modifiche. Il CPV rappresenta il limite inferiore della DAP, non tiene conto dell'utilità netta percepita. Se si introduce un costo aggiuntivo (CA, quid dovuto ad un effettivo aumento di CPV o all'introduzione di un biglietto d'ingresso), l'effetto prodotto è analogo a quello del CPV (stessa reattività). Si può dunque stimare l'introduzione di CA usando la funzione già ottenuta, in particolare si stima per ogni luogo d'origine la Pagina | 34
riduzione del TAS dovuta all'introduzione di CA: TAS = c1 + c2 ∙ ln(CPV+CA) e quindi la riduzione del numero di visite totali per ogni livello di costo aggiuntivo. È buona norma simulare anche la situazione CA = 0 per vedere la bontà della funzione generatrice di viaggio, nelle simulazioni vengono poi considerati i dati stimati (anche se quegli osservati sarebbero più esatti). Considerando la prima e l'ultima riga si attengono i punti della funzione di domanda della popolazione per quel sito, essa permette di definire il numero di visite se l'unico costo è il costo di viaggio. In questo modo si ottiene la funzione di domanda, l'area sottesa a tale funzione rappresenta la DAP aggiuntiva rispetto a quello che viene già pagato adesso con CPV, è la quantificazione monetaria del benessere netto percepito (senza CPV). Non interessa però definire il valore totale del bene (non lo si vuole eliminare), ma la variazione di valore a seguito di un intervento. Per valutare l'eventuale perdita di benessere è necessario stimare il numero di visite con l'intervento (si suppone che esso modifiche le visite provenienti dalle varie fasce). Quest'operazione può essere fatta solo a modifiche apportate (il metodo si basa su dati osservati). Analogamente a quanto fatto in precedenza si calcola il TAS, si determina la nuova funzione generatrice di viaggio e infine la nuova funzione di domanda. La perdita di benessere annua è rappresentata dall'area compresa fra le due funzioni, per ottenere la perdita di benessere totale è necessario realizzare un'attualizzazione costante, posticipata e perpetua: Con il metodo del costo di viaggio si stima solo il valore d'uso diretto attuale perché la stima si basa sull'osservazione della fruizione diretta attuale, si ottiene dunque una sottostima del VET. Una delle maggiori limitazioni di questo metodo è il basarsi su dati osservati, non aiuta a scegliere. In realtà si possono introdurre elementi d’ipoteticità chiedendo, ad esempio al momento della rilevazione, le intenzioni di ritorno se venisse realizzato l'intervento. Si ottiene così una travel generation function basata su dichiarazioni ipotetiche che permette di fare previsioni, ma è limitata dal fatto che la valutazione “post” si basa su ipotesi di comportamento (meno affidabili dei dati osservati). Il metodo del costo di viaggio con approccio zonale è però grezzo perché tiene conto solo del CPV, non di altre caratteristiche (elasticità della domanda, reddito,... sono diverse a seconda della zona di provenienza Pagina | 35
del soggetto) che vengono omogeneizzate ma ricorrere a caratteristiche economiche e sociali medie non è sufficiente (nemmeno mediando zona per zona). Approccio individuale Con questa analisi si osserva il comportamento del singolo individuo rispetto al CPV, si cambia dunque punto di vista assumendo come variabile indipendente la frequenza per singolo individuo (non per zona). Si utilizza questo approccio per valutare siti che vengono visitati ripetutamente (parchi urbani, piste da sci,...) e non per luoghi visitati raramente (non ha senso definire la frequenza individuale per luoghi in cui si va una volta nella vita). Pregi ‐ metodo largamente accettato perché basato su tecniche economiche standard per misurare il valore sulla base del prezzo (ha una base teorica); ‐ si basa su comportamenti effettivi e non ipotetici; ‐ facile applicazione e costo contenuto; ‐ risultati di facile interpretazione e divulgazione. Difetti ‐ misura solo valori d'uso degli attuali fruitori; ‐ difficile disaggregazione del costo in viaggi e finalità multiple: il metodo funziona bene se la destinazione del viaggio è unica, altrimenti è difficile definire la ripartizione dei costi; ‐ controversa definizione del costo opportunità del tempo: il costo di viaggio tiene infatti conto anche del tempo perduto, il suo valore è rilevante specie se ha un costo opportunità elevato; ‐ non applicabile quando la fruizione non richiede spostamenti. 4.3 Metodi speditivi METODO ESTIMATIVO I metodi estimativi si fondano sulla possibilità di stabilire delle relazioni fra la dotazione di beni ambientali e la spesa dei consumatori, il valore di mercato dei beni privati (beni immobili),... Permettono quindi una stima del limite inferiore della DAP a partire dall'osservazione del comportamento sul mercato. Si ispirano direttamente o indirettamente al criterio del costo opportunità, declinandolo più precisamente a seconda delle situazioni concrete: valutano il bene/servizio sulla base delle risorse influenzate da quel bene/servizio. Si fondano su fatti reali ed osservabili, spesso con un preciso riferimento sul mercato. Fondamento teorico È simile a quello per il metodo edonimetrico in quanto si fonda sul comportamento ottimizzante, si tenta di osservare la funzione di spesa dell'individuo piuttosto che quella d’utilità perché questa permette di agganciare la variazione di bene/servizio al mercato. Si passa da un problema di massimizzazione dell'utilità data una dotazione di beni e servizi in relazione ad un vincolo di reddito a un problema di minimizzazione della spesa garantendo livelli minimi di utilità/benessere: se non variano reddito, prezzi e qualità dei beni/servizi, la soluzione è la medesima.
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Si osserva come l'individuo reagisce sul mercato alla variazione introdotta: il valore del bene è dato dalla variazione di spesa che assicura il livello iniziale di utilità e quindi compensa la variazione del bene. Gli aspetti economici utilizzabili per valutare i beni ambientali variano in base al tipo di bene da valutare. Tutti gli approcci forniscono comunque un punto di riferimento, il livello minimo di DAP. ASPETTO ECONOMICO CONTESTUALIZZAZIONE BENI VALUTABILI Beni e/o servizi in oggetto di Beni o servizi scambiati attivamente Valore di mercato compravendita sul mercato Valore di Beni che producono un reddito nel Beni con mercato limitato o assente, il capitalizzazione tempo cui valore sia commisurato al reddito Valore di costo o Beni riproducibili senza mercato Beni ripristinabili produzione Beni non riproducibili senza Valore di surrogazione Beni surrogabili mercato e surrogabili Beni privi di mercato ma che hanno Valore di una mercato se vengono Beni suscettibili di trasformazione trasformazione trasformati Parte di un bene non facilmente Esternalità con significative Valore complementare reintegrabile implicazioni patrimoniali Il problema risiede nel scegliere l'aspetto economico che meglio rappresenta il valore del bene, non è semplice. Nel caso si abbiano più aspetti economici valutabili, si sceglie quello che rappresenta più correttamente la variazione (serve cautela). Pregi ‐ precisi riferimenti al mercato; ‐ costi e tempi di stima modesti; ‐ coerenti con i metodi usati per la stima dei beni privati. Difetti ‐ approccio parziale: si stima solo una parte del VET (di solito il valore d'uso, ma non è detto); ‐ procedimento piuttosto complicato; ‐ problema dei doppi conteggi: molto insidioso specie per i problemi complessi perché di difficile valutazione ed eliminazione. Ad esempio se si somma il deprezzamento sul mercato di un immobile e la perdita di reddito dell'immobile, si somma due volte nello stesso aspetto con due aspetti economici diversi (è la perdita di reddito che dà il deprezzamento sul mercato). 4.4 Tipi di bene e metodo di valutazione Metodo Tipo di bene Costo di viaggio Edonimetrico Valutazione contingente Riproducibile sì sì sì Non surrogabile sì * sì * sì Irriproducibile Surrogabile sì ** sì ** sì * valutazione per difetto ** dipende dal grado di surrogazione (componenti del valore di non uso si riducono al crescere del grado di surrogabilità)
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Tipo di valore Uso Opzione Lascito Esistenza
Costo di viaggio sì no no no
Metodo Edonimetrico Valutazione contingente sì * sì ** sì ** sì ** sì
* valutazione per difetto ** non definibile a priori
5. COSTRUZIONE DEL CASH‐FLOW Nell'analisi degli investimenti pubblici la variabile temporale ha un valore maggiore rispetto a quella per gli investimenti privati perché gli orizzonti temporali sono molto più estesi in quanto sono interventi che modificano in modo permanente. Il primo passo è la costruzione del cash‐flow dei benefici e costi, ossia l'andamento del saldo B‐C anno per anno. A lato sono riportati cash‐flow tipici per: ‐ investimento privato; ‐ investimento pubblico: o con orizzonte temporale illimitato (valori attualizzati da più di 80‐100 anni hanno effetti trascurabili), o con costi di ripristino affine utilizzo (cave), o con solo costi finali e saldo non negativo fin dall'inizio. 6. ASSUNZIONE DEL TASSO DI SCONTO Il problema della scelta del tasso di sconto nasce dalla necessità di omogeneizzare tutti i costi e benefici futuri rispetto al momento della valutazione attuale, risulta: con V0 valore attuale Vt valore al tempo t r tasso di sconto Samuelson (inizi del ‘900) capì che un tasso di interesse positivo è nemico dell'investimento a lunga durata. Se si pretende che un investimento pubblico abbia un tasso di rendimento simile all'investimento privato, non si avrebbero mai investimenti pubblici perché i valori attualizzati sarebbero sempre negativi. Inoltre è necessario fare attenzione al fatto che la struttura della funzione di utilità sociale cambia nel tempo per l'introduzione dell'intervento stesso e perché le condizioni al contorno si evolvono. Nasce quindi il problema di quale sistema di valori utilizzare per la valutazione (passato, attuale o futuro?). Una Pagina | 38
possibilità sarebbe quella di utilizzare i più probabili valori futuri ma la previsione di ciò che avverrà in futuro non è semplice anche se fosse possible a stimare molto precisamente i flussi di cassa. Tutto si traduce in un atteggiamento molto cautelativo nel riportare all'attualità eventi che si manifesteranno in futuro, la scelta del tasso di sconto è dunque molto delicata, rappresenta come la società attuale guarda al futuro. Questione etica È inoltre importante definire se i fondamenti razionali dello sconto (meglio adesso che domani) possano superare la questione etica (domani ci saranno meno risorse, meglio fare qualche sacrificio oggi che si può). La risposta dipende dal tipo di previsione per il futuro: ‐ pessimistica: in questo caso la questione etica è pesante, ci si orienta verso un saggio di sconto negativo (ciò che ho adesso vale di più domani); ‐ ottimistica: è possibile trascurare la questione etica perché tutto migliorerà in futuro, ci si orienta verso tassi di sconto molto alti (vivere alla giornata, meglio avere adesso). Tasso di sconto nullo Adottarlo significa eliminare il fattore tempo (domani vale come oggi). Per gli investimenti privati non ha senso, per quelli pubblici vi sono due obiezioni principali: ‐ Date le caratteristiche del sistema economico, è ragionevole supporre che soggetti avversi al rischio non adottino un tasso di sconto nullo, sarà al massimo molto piccolo ma comunque positivo. Se fosse nullo, il valore di un fatto economico attuale coinciderebbe con quello di un fatto economico che si verificherà in futuro (V0,0 = V0,10 = V0,100 = …) e questo è contrario all'evidenza della realtà. Il tasso di sconto può essere nullo solo se il costo opportunità della risorsa è nullo ossia per risorse non produttive (non è mai così). ‐ Se il tasso di sconto fosse nullo, si abbasserebbe il livello di consumo attuale per favorire consumi futuri: se l'utilità percepita tra consumare oggi o in futuro è la stessa, non si hanno incentivi ad acquistare ora, si è dunque più inclini al risparmio piuttosto che al consumo (si risparmia oggi per avere un maggiore livello di consumo in futuro). Se lo sviluppo economico è positivo si ha una situazione in cui i poveri del tempo t risparmiano per i ricchi del tempo t+1, inoltre se nessuno spende lo sviluppo economico diviene negativo (recessione) e tutti ci rimettono. Tasso di sconto privato e pubblico Il tasso di sconto deve essere dunque positivo, rimane ora da osservare il suo rapporto con il tasso dell'investimento privato: ‐ Per i liberisti se si è in grado di valutare correttamente tutti i costi e i benefici non ha senso usare un tasso diverso da quello del mercato, l'investimento pubblico deve avere almeno l'efficienza del privato. ‐ Per altri non è possibile questa visione perché valutare precisamente tutti i costi e benefici è difficile (di solito vengono stimati i più rilevanti e si tende a sottostimare i costi), inoltre la struttura dell'investimento pubblico è più sicura di quello privato, ha meno rischi sia dal punto di vista di chi finanzia sia per la percezione dei risultati finali. È dunque più giusto considerare un tasso di sconto inferiore rispetto a quello privato. Il tasso di sconto per gli investimenti privati è determinato sul mercato degli investimenti, quello da applicare agli investimenti pubblici è invece definito dalle politiche economiche: ‐ tassi alti favoriscono gli investimenti di breve durata che danno subito benefici (per i momenti di crisi); ‐ tassi bassi favoriscono gli investimenti di lunga durata che daranno maggiori benefici in futuro. Tasso di sconto declinante nel tempo Dal momento che l'incertezza di un investimento è proporzionale all'orizzonte temporale, ne segue che l'orizzonte temporale influenza il tasso di sconto. Se si considerasse un tasso fisso, ciò che accade dopo 40‐ 50 anni non avrebbe nessuna influenza sulla valutazione attuale, questo fatto non è accettabile per investimenti pubblici. È dunque necessario considerare un tasso di sconto declinante nel tempo: il tasso si Pagina | 39
riduce man mano che l'orizzonte temporale si allunga in modo che anche i costi o benefici lontani nel tempo influiscano sulla decisione attuale (atteggiamento cautelativo). Weitzman Considerando una convertibilità discontinua (annua) e ipotizzando di avere la certezza che il capitale futuro sarà disponibile al momento n, il fattore di sconto è: con r tasso di sconto applicato ad un evento certo. Dal momento che il futuro è incerto, è necessario considerare una fattore di rischio equivalente certo in funzione dell'incertezza sui tassi di sconto, esso rappresenta una media ponderata di tutti i possibili tassi che è possibile ipotizzare per le probabilità associate: Dal fattore di rischio equivalente certo si ricava il TASSO EQUIVALENTE CERTO: Indipendentemente dal valore di r* rispetto a r, interessa osservare che all'aumentare di n, r* diminuisce. Ramsey La DAP dipende dal reddito: può aumentare (diminuire) per l'effetto dell'incremento (decremento) del reddito. Ne segue che una misura eseguita adesso potrebbe essere sottostimata se, quando il bene si materializzerà, il reddito (e quindi la DAP) sarà più alto. È quindi necessario rivalutare in funzione del reddito oppure adottare un tasso di sconto più basso per tenere conto dell'aumento di reddito. Inoltre la soddisfazione che si riceve dal poter avere beni sempre maggiori non cresce linearmente con il reddito. A partire da queste osservazioni, Ramsey osservò che la scelta del tasso di sconto deve tenere conto di come lo sviluppo economico modifica la base socio‐economica e quindi l'utilità derivante dal bene/servizio. Il tasso sociale di sconto ha dunque due componenti: con ρ tasso di preferenza intertemporale puro, ossia il tasso di rendimento “preteso” per posticipare il consumo (0,5% nelle società avanzate in cui non si hanno bisogni impellenti, maggiore nelle società in via di sviluppo); μ ∙ g effetto della crescita dei consumi. μ elasticità dell'utilità al consumo (incremento di benessere che ci si attende dagli incrementi futuri), dipende da due effetti: ‐ effetto di benessere: determina un μ alto, μ cresce se si prevede che in futuro andrà meglio ‐ effetto di prudenza: non si sa quanto il benessere sarà influenzato dal reddito futuro, μ inferiori perché ci si aspetta minori incrementi d'utilità Studi empirici dimostrano che all'aumentare dell'orizzonte temporale, l'incertezza sulla crescita e il fatto che il rischio ha un effetto cumulativo portano a far prevalere l'effetto prudenza sull’effetto benessere; g tasso di incremento del reddito, stimato su base storica (ipotesi debole, non è detto che in futuro andrà come in passato); Pagina | 40
7. CRITERI DI RENDIMENTO ECONOMICO Valore attuale netto dell'investimento (VAN) Rappresenta l'accumulazione iniziale del cash‐flow:
con VAN valore attuale netto dell'investimento; Bi benefici dell'anno i‐esimo; C i costi dell'anno i‐esimo; r tasso di sconto VAN > 0 investimento conveniente; VAN = 0 convenienza indefinita; VAN < 0 investimento non conveniente. Non è una misura di efficienza ma di efficacia in quanto stima il beneficio netto prodotto indipendentemente dalle risorse utilizzate, viene utilizzato se l'obiettivo è creare benefici subito (situazioni di emergenza) e non ottenere la migliore allocazione delle risorse. Saggio di rendimento interno dell'investimento (SRI) Misura l'efficienza (produttività) di un investimento ossia la capacità di remunerare le risorse impiegate e di generare benessere. SRI è il saggio che uguaglia ricavi e costi (annulla il VAN): n
VAN = 0 ⇒ ∑ i =0
n
Bi
(1 + SRI )
i
=∑ i =0
Ci
(1 + SRI )
i
SRI > SS investimento conveniente; SRI = SS convenienza indefinita; SRI < SS investimento non conveniente. La scelta della saggio soglia (SS) è meno problematica del caso dell'ACR perché esso è uno strumento di politica economica e quindi è fissato da organismi finanziari internazionali oppure dalla politica economica del governo: ‐ SS alto se si intende fare una maggiore selezione dei progetti; ‐ SS basso se si vuole una minore selezione. Il calcolo del SRI presenta gli stessi problemi degli investimenti privati, in particolare se il cash‐flow cambia nel tempo si avrà un SRI multiplo. È necessario dunque essere cauti. 8. ANALISI DELLE RISCHIO E DELL'INCERTEZZA Il calcolo di VAN e SRI presenta gli stessi rischi di incertezza degli investimenti privati, si possono utilizzare gli stessi accorgimenti considerando però che i benefici pubblici sono più aleatori dei ricavi privati. La necessità di una maggiore attenzione nell'individuare tutto ciò che è aleatorio porta ad un grande utilizzo delle analisi di sensitività (come VAN e SRI variano al variare delle condizioni di input). Pagina | 41
9. EFFETTI RIDISTRIBUTIVI Negli investimenti privati non si considerano gli effetti ridistributivi perché non si hanno asimmetrie distributive tra chi sostiene i costi e chi ottiene i ricavi (è un unico soggetto, l'imprenditore). Gli investimenti pubblici per loro natura coinvolgono più soggetti e spesso chi percepisce il beneficio non è chi sostiene i costi, si hanno spesso benefici generali e costi di carattere locale. Esistono meccanismi di compensazione ma non sempre sono sufficienti. Costi degli investimenti pubblici COSTI PRIVATI Di solito sono i costi di realizzazione dell'opera, in questo caso si ha sempre simmetria altrimenti l'impresa non realizzerebbe il lavoro. In realtà non è così per tutti gli aspetti, gli espropri ad esempio prevedono un equo indennizzo e non un risarcimento intero (diverso trattamento). COSTI PUBBLICI Non esistono norme che obblighino all’indennizzo delle comunità locali in cui si realizzano le opere (dipende dalla capacità di negoziazione politica tra le parti). Esistono due posizioni controverse: ‐ se il mercato funziona, la ricchezza si ridistribuisce da se, non è dunque necessario intervenire; ‐ non è detto che i meccanismi di redistribuzione si realizzino, si deve capire chi guadagna e chi perde in modo da orientare gli investimenti futuri, anche per evitare opposizioni all'opera. Approcci di calcolo Per approfondire gli effetti ridistributivi esistono due diversi approcci. VAN E SRI PER GRUPPO SOCIALE Si esegue il calcolo di VAN e SRI disaggregati per gruppo sociale dal punto di vista dell'ambito geografico (diverse scale), per settore economico, per strato sociale,... In questo modo è possibile effettuare un bilancio di come costi e benefici si distribuiscono. Questo è un approccio analitico ma costoso (un'analisi per ogni settore) e difficile in quanto non è semplice distinguere costi e benefici di ciascun settore, specie per quanto riguarda gli effetti indiretti. PONDERAZIONE DEI COSTI E BENEFICI PER GRUPPO SOCIALE Si introducono coefficienti di ponderazione per costi e benefici in funzione della “fragilità” sociale: si dà maggior peso ai benefici ottenuti e ai costi sostenuti dagli strati meno abbienti perché per essi è maggiore l'utilità marginale prodotta. Alla fine si calcola un unico VAN/SRI corretto dalla ponderazione, premiando quindi i progetti che aumentano i benefici per alcuni gruppi sociali di interesse (si “guida” la ridistribuzione). Questo metodo è molto utilizzato per valutare gli investimenti per lo sviluppo economico. Pagina | 42
10. DIFFERENZE FONDAMENTALI TRA ACR E ACB Per esprimere la differenza tra ACR e ACB è necessario argomentare i seguenti punti: ACR ACB Costi Esborsi reali Contrazioni d'utilità 1 Benefici Incassi Incrementi di benessere Misura di DAP, denaro che quantifica le 2 In base ai prezzi costi e benefici variazioni d'utilità Con riferimento al costo opportunità del Saggio di preferenza intertemporale Tempo capitale finanziario (mercato dei capitali corretto per gli effetti di incremento 3 (tasso di sconto) del reddito finanziari)
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L’ANALISI MULTICRITERIO (AM) Rappresenta un'integrazione e/o un'alternativa all’ACB. Esistono diversi approcci che non sono codificati in maniera univoca ma seguono una stessa filosofia, sono metodi recenti (30‐40 anni). L'obiettivo di queste analisi è la costruzione di una funzione di valore rispetto a cui ottenere un ordine di preferibilità (non giudizi di fattibilità), per ottenerla è necessario stimare i pesi da attribuire a ciascun attributo. Un altro metodo che si può utilizzare è quello dell'analisi di concordanza/discordanza, questo permette un'analisi dei conflitti che l'intervento potrebbe generare (è bene conoscere prima il consenso per sapere come e dove operare per realizzare l'investimento). Sono molto interessanti perché permettono di decidere indipendentemente da un'analisi costi‐benefici ma raggiungendo una decisione coerente anche sul piano economico, inoltre permettono di superare i limiti dei metodi monetari di valutazione: ‐ monetizzazione dei costi e benefici pubblici; ‐ scelta del saggio di sconto; ‐ assunzioni restrittive sulla funzione di utilità del decisore: si assume che il decisore formuli la propria scelta sulla base della monetizzazione di tutto (vita, salute,...); ‐ valutazione parziale; ‐ problema della valutazione della fattibilità: i metodi monetari portano solo a valutazioni tecniche (efficienza), non tengono conto del consenso/conflitto sociale e politico. L’ACB può essere vista come una semplificazione dell'analisi multicriterio in cui tutti gli aspetti sono riportati ad un solo criterio di scelta (monetario). Analisi costo efficacia È anch'essa un'analisi multicriterio utilizzata nei casi in cui non è possibile stimare in modo preciso i benefici risultanti da un investimento oppure questi sono legati a problemi etici non monetizzabili. Si considerano come criteri lo scopo dell'intervento e il costo per ottenerlo e si cerca una soluzione adeguata allo scopo prefissato. Se esiste una soluzione preferibile rispetto a ciascun criterio (miglior obiettivo e minor costo), la scelta è immediata. Solitamente però non è così, è dunque necessario ponderare la scelta stabilendo cosa sia più importante. Una possibilità è quella di definire una soglia minima per l'obiettivo in modo da distinguere soluzioni ammissibili e non, poi, in base all'altro criterio (costo), si sceglie l'alternativa migliore. Il processo decisionale consiste nella ricerca della minimizzazione dei costi globali, con i costi che dipendono dalle prestazioni e vincolando a dei valori minimi di prestazione:
dove Cg costi globali; C i costi; xi prestazioni; prestazioni minime. Questa via è molto efficiente per risolvere i problemi solo se la soluzione che rispetta i requisiti minimi è univoca. Pagina | 44
Se invece esistono soluzioni ammissibili non dominante in senso paretiano (A dominata da D, B dominata da C) e per le quali l'incremento di prestazione non è trascurabile, si ha un problema decisionale che non è possibile risolvere con un'analisi costo efficacia perché questa porterebbe a scegliere C semplicemente perché costa meno, scartando D che costa di più ma garantisce maggiori prestazioni. L’ACB risolverebbe monetizzando tutti gli aspetti seguendo una logica perfettamente compensativa, la logica dell'analisi multicriterio non considera invece una perfetta compensazione negli aspetti in cui la funzione di valore si presenta discontinua (aspetti etici,...). Definizioni L'analisi multicriterio ha un proprio linguaggio specifico: ‐ Elementi che si riferiscono alla struttura dell'analisi: o variabile decisionale (decisional variable): leva su cui agisce il decisore per perseguire i suoi scopi (oggetto dell'intervento); Esempio: superfici di vario tipo, destinazioni, finiture, tecniche realizzative, ubicazione di una strada, parcheggio,...; o attributo (attribute): parametro esplicativo di un qualche aspetto del problema decisionale rispetto a cui esplico la scelta, lo stato delle variabili decisionali viene scelto rispetto all'attributo. Esempio: costo, ricavo, reddito, lavoro,... ‐ Elementi che si rifanno alle caratteristiche del decisore, all'aumentare del grado di precisione (che deriva dal grado di definizione con cui il decisore descrive ciò che vuole perseguire) si hanno: o obiettivo (objective): direzione (max o min) che il decisore auspica sia intrapresa da un certo attributo (strada da seguire); Esempio: massimizza il ricavo, minimizza il costo,... o livello atteso (targhet): valore di un certo attributo considerato dal decisore come punto di riferimento (non da raggiungere necessariamente); Esempio: 100€ di reddito, 50 occupati,... o traguardo (goal): livello atteso che il decisore si prefigge di realizzare con le sue scelte. Esempio: raggiungere 100€ di reddito, occupare 50 persone,... Di solito il decisore decide per obiettivi o per traguardi (approcci diversi). 1. PROBLEMA MULTICRITERIO Gli approcci che si basano sulla monetizzazione (ACB) sono problemi tecnici in cui si hanno soluzioni nello spazio delle variabili decisionali (x1,x2) univoche nel caso di perfetta conoscenza della situazione, l'unico problema è individuare la soluzione ottima rispetto ad un solo criterio (nell'esempio la variabile indipendente è il ricavo e l'obiettivo è massimizzarlo). Gli approcci multicriterio sono invece problemi economici perché devono risolvere conflitti: si hanno più criteri e la soluzione si trova nello spazio degli attributi. Come riportato in figura, la funzione di utilità non è completamente scollegata dalle variabili decisionali. Rispetto agli attributi la soluzione non è però necessariamente unica: lo è se esiste una soluzione che domina le altre, altrimenti per ogni criterio si avrà una soluzione migliore diversa. Pagina | 45
Se sono definiti solo gli obiettivi non si ha una soluzione unica, in genere si ha un set di soluzioni efficaci per cui non è possibile migliorare lo stato di un attributo senza peggiorare lo stato dell'altro attributo. In questo caso la funzione di utilità è incerta, l'analista non deve forzare la scelta ma assumere una posizione neutra e fornire un insieme di soluzioni tra cui il decisore sceglierà (lui ha la responsabilità della scelta, nell'ACB la responsabilità è dell'analista perché individua un'unica soluzione). Se il decisore è capace di definire i traguardi, l'analista ha gli elementi per definire in modo univoco la funzione di utilità ed individuare quindi un'unica soluzione. I problemi multicriterio si suddividono in due grandi famiglie in funzione del numero di soluzioni ammissibili: ‐ multiobiettivo: sono caratterizzati da infinite soluzioni perché vi è almeno una variabile decisionale continua (infiniti stati), l'obiettivo non è trovare la migliore soluzione tra un set finito ma individuare l'ottima fra le infinite; ‐ multiattributo: le soluzioni sono finite perché tutte le variabili sono discrete, per risolvere è necessario definire un ordinamento. L'impostazione teorica è comune ma gli strumenti sviluppati per risolvere sono completamente diversi: per i problemi multiobiettivo si tratta di ottimizzazione (stato ottimo degli attributi e quindi delle variabili decisionali), per quelli multiattributo di ordinamento. 2. IL PROBLEMA MULTIATTRIBUTO Il problema multiattributo può essere diviso in fasi che possono essere organizzate in due grandi momenti: ‐ valutazione tecnica; ‐ valutazione politica: si innesta se la fase tecnica non determina una soluzione pareto‐dominante su tutte le altre, si sceglie valutando le implicazioni che le scelte comportano. 3. Individuare le alternative (A) Ogni alternativa è caratterizzata da un diverso stato delle variabili decisionali, si devono considerare tutte le possibili alternative che saranno poi scremate nelle fasi successive. 4. Valutare le alternative sotto il profilo tecnico Pagina | 46
In questa fase si definisce la matrice di analisi che rappresenta un compendio di tutte le performance prodotte dalle alternative su un appropriato set di parametri tecnici (parametri tecnici e alternative dipendono dal tipo di problema). Le valutazioni contenute nella matrice di analisi sono difficilmente confrontabili fra di loro perché possono essere: ‐ valutazioni cardinali: euro, distanze,...; ‐ valutazioni ordinali: 1°, 2°,...; ‐ descrizioni verbali: progettista A,B,… (nessuna informazione sull'ordinamento); ‐ giudizi di valore: buono, alto, scadente,... Alternative A1 … An p1 p11 … pn1 Parametri … … … … tecnici pk p1k … pnk Questa matrice non ha utilità pratica perché si hanno molti parametri, ha uno scopo puramente descrittivo puntuale. 5. Trasformazione delle valutazioni tecniche in valutazioni economiche È necessario passare da giudizi espressi con descrittori tecnici ad attributi decisionali ossia criteri rispetto a cui il decisore può esprimere preferenze. Nella trasformazione si perde in parte il contenuto informativo (si perde di dettaglio) ma si guadagna in comprensibilità, inoltre è possibile omogeneizzare gli attributi esprimendoli secondo un'unica scala. Per effettuare la trasformazione è necessario valutare come lo stato di un parametro tecnico si rapporta all'utilità, questo è un aspetto strategico nell'ambito della valutazione. Per farlo è necessario definire le funzioni di utilità ossia l’insieme di regole che trasformano l'analisi di tipo tecnico in misure degli attributi. La forma della funzione d'utilità varia in funzione del tipo di attributo considerato, dipende dalle modalità di codifica dei parametri (continuo, discreto,...). Il buco nero di quest'analisi è la trasformazione di valutazioni cardinali, ordinali, verbali e giudizi di valore in attributi ossia misure cardinali di preferibilità (0‐1, 0‐10, 0‐100). Per le valutazioni cardinali è il tecnico che definisce la forma della funzione: si possono seguire diverse strategie (vedi figure), si osserva che gli stati dell’attributo cambiano in base a come si considera la funzione. Inoltre si ha che i parametri che più variano, più influiscono sulla valutazione finale. Per le valutazioni ordinali/verbali la situazione è diversa perché non è possibile identificare immediatamente la funzione perché si ha un diverso contenuto descrittivo. è necessario trasformarla in Pagina | 47
un indice cardinale che spesso dice più dell'informazione originaria. Per farlo si può richiedere ad esperti di ordinare gli stati e assegnare un punteggio (direct scoring) oppure tramite procedure indirette che si basano su pesi. Il risultato della trasformazione è la matrice di valutazione ossia il compendio di tutte le prestazioni delle alternative rispetto a un appropriato set di attributi (criteri rispetto a cui il decisore esprime preferenze). Alternative A1 … An a1 a11 … an1 Attributi … … … … ah a1h … anh a11 rappresenta la prestazione dell'alternativa A1 rispetto all'attributo a1.
6. Eliminazione delle alternative dominante Se tra due alternative una ha prestazioni identiche rispetto ad n‐1 criteri e superiori per almeno un criterio allora domina in senso paretiano l'altra. Per l'eliminazione si sfruttano le sole caratteristiche contenute nella matrice di valutazione. La scelta tra due alternative non dominate si esplicherà in base all'importanza relativa degli attributi ottenuta sondando le preferenze del decisore per definire come lo stato degli attributi si trasforma in benessere/utilità: U = f(a1,a2,…). 7. Individuazione delle criterio ordinante e scelta dell’alternativa C'è una vastissima (ma datata) letteratura che propone procedure per ordinare alternative non dominate rispetto ad un set di attributi, riassumibile in due grandi famiglie di metodi: ‐ funzioni di valore o utilità: le prime sono deterministiche, non tengono conto di aleatorietà, le altre probabilistiche, considerano l'effetto dell'incertezza sulla matrice di valutazione e sulla determinazione della funzione stessa di utilità (il grado di conoscenza sul proprio modo di decidere è sfocato); ‐ analisi di concordanza/discordanza o metodi di outranking: permettono di identificare più puntualmente gli aspetti distributivi indagando sul consenso/dissenso tecnico e politico che l'alternativa genera. 7.1 Funzioni di valore Le funzioni di valore sono delle espressioni matematiche (di solito lineari e additive) in grado di trasformare le prestazioni delle alternative rispetto agli attributi in misure di preferibilità (V) utilizzando dei pesi (w):
Matrice di valutazione An A1 … a1 a11 an1 … … … … ah a1h … anh Pagina | 48
X
Pesi W w1 … wh
=
Matrice di valutazione pesata A1 An a1 w1 ∙ a11 … w1 ∙ an1 … … … … ah wh ∙ a1h … wh ∙ anh V V1 … Vn
ESEMPIO: Matrice di analisi Matrice di valutazione Alternative Alternative Pesi Parametri A1 A2 A3 A4 Attributi A1 A2 A3 p1 425 255 170 250 => a1 1,00 0,60 0,40 0,3 p2 11 8 15 10 a2 0,70 0,50 1,00 0,4 p3 1500 1450 1160 1150 a3 1,00 0,97 0,77 0,2 p4 4,8 6,0 3,6 4,3 a4 0,80 1,00 0,60 0,1 L’alternativa A4 viene scartata perché dominata in senso paretiano da A1, la matrice di valutazione è costruita sulla base di un andamento lineare delle preferenze. Matrice di valutazione pesata Alternative Attributi A1 A2 A3 a1 0,300 0,180 0,120 a2 0,280 0,200 0,400 a3 0,200 0,193 0,155 a4 0,080 0,100 0,060 Totale 0,860 0,673 0,735 STIMA DEL VETTORE DEI PESI Il vettore dei pesi è espresso rispetto ad una scala convenzionale, i pesi indicano l'importanza relativa (trade off) dei criteri uno rispetto all'altro indipendentemente dalla scala adottata. Vi è un'ampia letteratura che propone procedure per l’elicitazione dei pesi, fra tutte: ‐ assegnazione diretta; ‐ confronto a coppie (varie versioni); ‐ ordinamento (Simos,…); ‐ operatori multilineari (considerano gli effetti d’interazione fra gli attributi). Confronto a coppie Molto usato e implementato in vari software, permette di passare da giudizi qualitativi ad un vettore cardinale di pesi (è un approccio che può essere usato anche per costruire la matrice di valutazione). Il metodo consiste nel costruire una matrice quadrata ah ∙ ah compilandola solo in parte (simmetria), questa matrice contiene i giudizi verbali dell'attributo sulla riga rispetto a quello sulla colonna (la diagonale contiene giudizi di uguaglianza, la parte non compilata contiene i reciproci simmetrici). a1 a2 … ah a1 giudizio di a1 rispetto ad a2 … giudizio di a1 rispetto ad ah a2 … giudizio di a2 rispetto ad ah … … ah Il problema è passare da un giudizio verbale a un numero “equivalente”. Pagina | 49
Sono state proposte diverse scale numeriche per passare a valori quantitativi: Giudizio verbale Scale numeriche corrispondenti Estremamente più importante 9 7 5 Molto più importante 7 4 Più importante 5 4 3 Un po’ più importante 3 2 Uguale importanza 1 1 1 Un po' meno importante 1/3 1/2 Meno importante 1/5 1/4 1/3 Molto meno importante 1/7 1/4 Estremamente meno importante 1/9 1/7 1/5 (Sati) La validità della codifica di Sati è stata dimostrata empiricamente. Non è sufficiente solo nel caso in cui sia presente un attributo molto più importante di tutti gli altri, in questo caso si valuta prima rispetto a questo attributo e poi si considera un approccio a coppie. Una volta ottenuta la matrice, si somma per riga ottenendo una valutazione del'importanza dell'attributo sulla riga, poi si sommano le righe e le si divide per la somma ottenuta. In questo modo vengono individuati i pesi. a1 a2 a3 a4 Somma Somma normalizzata a1 1,0 0,3 2,0 3,0 6,3 0,3 a2 3,0 1,0 2,0 3,0 9,0 0,4 a3 0,5 0,5 1,0 3,0 5,0 0,2 a4 0,3 0,3 0,3 1,0 1,9 0,1 22,2 1,0 Se si vuole avere una valutazione dei pesi più sofisticata, si ripete la procedura considerando la matrice moltiplicata per se stessa, e avanti così finché i pesi ottenuti non differiscono più. I pesi ottenuti devono essere consistenti, per esserlo i giudizi dati devono essere consistenti ossia devono avere coerenza, per averla debbono avere le caratteristiche di: ‐ riflessività: di solito è soddisfatta perché si utilizzano i reciproci; ‐ transitività: se a1 è più importante di a2 e a2 è più importante di a3, allora a1 è molto più importante di a3. Di solito non è mai così specie se si hanno molti giudizi da dare (punto debole dell'analisi a coppie). Per valutare la consistenza solitamente si definisce un indice di inconsistenza e si fissa un limite massimo al di sotto del quale è necessario trovarsi. Una soluzione sarebbe l'utilizzo di una matrice di valutazione con pochi criteri (4‐5), per fare ciò è necessario sintetizzare gli attributi nei più importanti (indicazione valida per ogni approccio multicriterio). Il vettore dei pesi rappresenta oltre al trade off degli attributi anche un ordinamento dell’importanza degli attributi. Spesso quello ottenuto con il confronto a coppie non è coerente con l'ordinamento che il decisore esprimerebbe con un'assegnazione diretta (problema di rank reverse). Questa situazione è dovuta in parte alla sfocatezza decisionale del decisore (errore per la non perfetta definizione delle preferenze del decisore) e in parte a problemi intrinseci legati alla scala di valori utilizzata (presenza di attributi molto più importanti degli altri) o alle modalità del confronto a coppie. Si è dunque cercato di sviluppare metodi che coniughino approcci diretti (ordinamento) e del confronto a coppie (permette di definire i pesi). Pagina | 50
Metodo di Simos Si fonda sull'ordinamento degli attributi e sull'assegnazione di un punteggio a seconda della posizione dell'ordinamento (misura cardinale di importanza). PROCEDURA: ‐ ordinamento degli attributi dal meno importante al più importante con possibilità di ex aequo; ‐ inserimento delle “blank cards”: carte bianche per marcare la differenza di importanza fra due attributi contigui (aumenta il numero di gradini che, anche se vuoti, rappresentano un salto di importanza); ‐ attribuzione dei punteggi in funzione della posizione nell'ordinamento; ‐ normalizzazione rispetto alla somma dei punteggi con esclusione dei punteggi riferiti alle “blank cards”. ESEMPIO: Posizione Attributo Attributo Posizione Attributo 1 a, b a, b 1 a, b 2 c c 2 c => 3 blank => blank 3 d 4 d d 4 e 5 blank blank 6 e e
Punteggio base 1 e 2 3 4 5 6 7
Punteggio assegnato 1,5 * 3 ‐ 5 ‐ 7 * media tra 1 e 2
Attributo a b c d e
Punteggio assoluto 1,5 1,5 3 5 7 18
Punteggio normalizzato 0,08 0,08 0,17 0,28 0,39 1,00
PREGI: ‐ non si ha il problema del rank reverse, ‐ semplice anche in presenza di “molti” attributi. DIFETTI: ‐ se gli attributi sono troppi si ha un effetto nel peso relativo dei vari attributi legato al numero di attributi considerati. I metodi del confronto a coppie e di Simos danno risultati abbastanza simili quindi si sceglie tra uno o l'altro osservando la numerosità dei criteri (se ne ho abbastanza uso Simos). Operatori multilineari Si utilizzano se è opportuno rappresentare le interazioni fra attributi nella definizione della funzione di valore:
Il decisore solitamente non sa definire direttamente wij, è dunque necessario trovare un metodo che permetta di ottenerli sulla base delle informazioni fornite dal decisore (non è un tecnico). METODO DEGLI EDGES Si basa sul confronto di situazioni limite, non permette di mappare completamente la funzione d'utilità ma permette una buona approssimazione nella definizione di wij. Pagina | 51
Si possono definire i seguenti passi: ‐ individuazione delle situazioni “limite” nello stato degli attributi; ‐ attribuzione di un punteggio a ciascuna situazione combinazione delle varie situazioni limite; ‐ determinazione dei pesi. Esempio: Si considera un caso in cui vi siano tre parametri (sostenibilità intrinseca, contesto e fattibilità economico‐ finanziaria) con trade off lineare tra i due stati limite (ottimo e pessimo). Questi danno origine a 8 possibili situazioni a cui viene attribuita una valutazione (0‐100) in modo diretto, con il confronto a coppie o Simos. Sostenibilità Sostenibilità Fattibilità Situazione Contesto Valutazione Pesi intrinseca economico‐finanziaria 1 pessimo pessimo pessimo 0 0 2 ottimo pessimo pessimo 40 0,4 3 pessimo ottimo pessimo 20 0,2 4 pessimo pessimo ottimo 20 0,2 5 ottimo ottimo pessimo 80 0,2 6 ottimo pessimo ottimo 70 0,1 7 pessimo ottimo ottimo 50 0,1 8 ottimo ottimo ottimo 100 ‐0,2 Per definire il vettore dei pesi si considerano dapprima le componenti additive (2,3 e 4): si attribuisce un peso riportando la valutazione in scala 0‐1. Successivamente si definiscono le componenti di interazione (5,6 e 7) in questo modo: per 5 ad esempio si ha che la valutazione è 80, a questo si toglie la somma delle valutazioni delle situazioni 2 e 3 (quelle in cui c'erano gli ottimi corrispondenti) e si ottiene 20 che riportato in scala 0‐1 da 0,2. Infine si valuta la situazione 8 (3 ottimi) analogamente a prima: si ha 100‐(40+20+20+20+10+10) = ‐20 e quindi ‐0,2 (è negativo per problemi legati alle ridondanze, sovrapposizioni tra criteri). I problemi sorgono nel caso vi siano molti criteri perché si rischiano risposte casuali specie se non si usano solo stati limite (ottimo, pessimo) ma anche situazioni intermedie (buono, medio,…). PREGI ‐ La trasparenza dovuta alla semplicità e intuitività del metodo: non serve essere tecnici per capire tutto il percorso dell'analisi. DIFETTI ‐ Legati al metodo: come trovare i pesi, il valore degli attributi,... ‐ Linearità: il peso è indipendente dallo stato iniziale dell'attributo, è una costante. In realtà non è così per il concetto di utilità marginale decrescente: il peso è alto se la prestazione rispetto all'alternativa è scarsa, basso se è buona, l’andamento quindi non è lineare (logaritmico, esponenziale,..). Si può accettare la linearità se la trasformazione in attributo ha tenuto conto di questo aspetto. Usare funzioni di peso che variano in base allo stato iniziale dell'attributo è complicato. Inoltre una funzione lineare non considera le interazioni fra attributi, è possibile ovviare a questa situazione sintetizzando in un unico attributo tutti quelli fra loro non indipendenti. ‐ Additività: anche se si usano operatori multilineari, il modello è strutturalmente additivo: tutto si compensa. Non tiene conto di elementi come fattibilità, consenso,... Pagina | 52
7.2 Analisi di concordanza/discordanza Finora si è considerato solo il concetto di convenienza, ma per rendere un'opera fattibile serve il consenso, valutare la distribuzione delle prestazioni. Importante è osservare che un elemento fondamentale nella misura del consenso è il meccanismo di voto: in base a come si contano le preferenze si possono ottenere risultati diversi, questo avviene se si fissa un solo ordinamento tra le alternative. Per evitare questa situazione oltre all'ordinamento è necessario richiedere una misura cardinale dell'intensità della preferenza. Esistono vari metodi/approcci che permettono di rappresentare il meccanismo del consenso/dissenso all'interno del meccanismo decisionale. Per passare dall'analisi delle informazioni (alternative e preferenze del decisore) alle regole decisionali che permettono di ordinare, non rispetto alla funzione di valore, ma rispetto al grado di consenso/dissenso, si utilizza l'analisi di concordanza/discordanza: mira ad ottenere ordinamenti a partire da una valutazione del grado di consenso e dissenso generato dalle scelte, concordanza e discordanza sono le due regole decisionali che è meglio considerare già durante la stesura del progetto (monitoraggio in itinere). FASI ‐ calcolo della matrice di concordanza; ‐ calcolo della matrice di discordanza; ‐ elaborazione degli indici aggregati di ordinamento C/D; ‐ analisi di dominanza C/D. Matrice di concordanza La matrice di concordanza (AxA) contiene una valutazione sul grado di consenso (indice di concordanza) che si realizza scegliendo una data alternativa (riga) rispetto ad un'altra (colonna). Si ha quindi un confronto a coppie tra le alternative: ogni elemento della matrice è un numero ottenuto dalla somma dei pesi per cui l'alternativa posta sulla riga è preferibile a quella posta sulla colonna. Se vi è un'alternativa che domina in senso paretiano, l'indice di concordanza sarà 1 (se la somma dei pesi è 1), per quella dominata sarà 0. Si ipotizza che gli attori (chi partecipa alla decisione) siano variamente sensibili ai criteri di valutazione (pesi diversi). ESEMPIO: Matrice di valutazione Alternative Attributi A1 A2 A3 Pesi a1 1,00 0,60 0,40 0,3 a2 0,70 0,50 1,00 0,4 a3 1,00 0,97 0,77 0,2 a4 0,80 1,00 0,60 0,1 Calcolo dell’indice di concordanza Ic A1 vs A2 A2 A1 > A2 Pesi Pesi per cui A1 > A2 Attributi A1 a1 1,00 0,60 1,00 0,3 0,3 a2 0,70 0,50 1,00 0,4 0,4 a3 1,00 0,97 1,00 0,2 0,2 a4 0,80 1,00 0,00 0,1 0,0 Ic A1 vs A2 = 0,9 Pagina | 53
Creata la matrice di concordanza, si cerca un modo per definire il grado di consenso di un'alternativa rispetto a tutte le altre (non più a coppie). Si somma dunque per riga (concordanza di A1 rispetto alle sue concorrenti) e per colonna (concordanza che A1 subisce perché incassata dalle alternative concorrenti). Togliendo dal consenso incassato quello subito, si ottiene l'indice di concordanza aggregata: è preferibile l'alternativa che ce l’ha maggiore. Matrice di concordanza A1 A2 A3 Totale A1 ‐ 0,9 0,6 1,5 A2 0,1 ‐ 0,6 0,7 A3 0,4 0,4 ‐ 0,8 Totale 0,5 1,3 1,2 Concordanza 1,0 ‐0,6 ‐0,4 aggregata Gli ordinamenti che si ottengono sono molto simili a quelli ottenuti con le somme pesate (costruzione simile). Matrice di discordanza La matrice di discordanza (AxA) contiene una valutazione sul grado di dissenso (indice di discordanza) che si realizza scegliendo una data alternativa (riga) rispetto ad un'altra (colonna). Il grado di disappunto percepito è generato dalla mancata scelta delle altre alternative. Per il calcolo dell'indice di discordanza: ‐ si calcolano gli scarti in valore assoluto fra le prestazioni di due alternative e si moltiplicano per i pesi: si ottiene il vettore degli scarti pesati fra le due alternative ossia la misura dell’importanza che il decisore attribuisce alle differenze di prestazioni fra le alternative considerate; ‐ si individua lo scarto pesato massimo fra gli attributi per i quali l'alternativa scartata è preferibile a quella scelta; ‐ si individua lo scarto pesato massimo fra tutti gli attributi; ‐ si calcola il rapporto fra i due scarti individuati. ESEMPIO: Matrice di valutazione Alternative Attributi A1 A2 A3 Pesi a1 1,00 0,60 0,40 0,3 a2 0,70 0,50 1,00 0,4 a3 1,00 0,97 0,77 0,2 a4 0,80 1,00 0,60 0,1 Calcolo dell’indice di discordanza Id A1 vs A2 A2 |A1 ‐ A2| Pesi |A1 ‐ A2| ∙ W Attributi A1 a1 1,00 0,60 0,40 0,3 0,120 a2 0,70 0,50 0,20 0,4 0,080 a3 1,00 0,97 0,03 0,2 0,007 a4 0,80 1,00 0,20 0,1 0,020 Id A1 vs A2 = 0,02/0,12 = 0,167 Poi si opera come in precedenza: si somma per riga (discordanza incassata scegliendo A1 e scartando le sue concorrenti) e per colonna (discordanza creata nel trascurare le alternative scegliendo A1). Sottraendo le due quantità, si ottiene l'indice di discordanza aggregata: è preferibile l'alternativa che ce l’ha minore, meglio se negativo (genero disaccordo se scelgo le altre). Pagina | 54
Matrice di discordanza A1 A2 A3 Totale A1 ‐ 0,167 0,667 0,833 A2 1,000 ‐ 1,000 2,000 A3 1,000 0,300 ‐ 1,300 Totale 2,000 0,467 1,667 Discordanza ‐1,2 1,5 ‐0,4 aggregata Ordinamento in base a concordanza e discordanza Si cerca ora di analizzare contemporaneamente consenso e dissenso (gli indici calcolati in precedenza permettevano comunque una scelta). Con riferimento agli esempi precedenti, si ha che l'alternativa A1 domina paretianamente le altre rispetto a concordanza e discordanza, quindi si sceglierebbe questa. Se ci fosse un'alternativa nel quadrante positivo (B) si avrebbe contemporaneamente ampio consenso ma anche ampio dissenso (cittadinanza spaccata). Un eventuale scelta fra B e C sarebbe difficile, per farla si dovrebbe trovare una funzione d'utilità che ponderi le situazioni. Analisi di dominanza Un giudizio di accettabilità non è formulato cardinalmente (come visto finora) ma confrontandolo con una soglia: il consenso è superiore a quello che porta più voti? Il dissenso è inferiore a quello che porta a manifestazioni di piazza? L'analisi di dominanza permette di valutare l'accettabilità di una certa alternativa rispetto ad un'altra rispetto ad un livello di riferimento nella concordanza e nella discordanza. L'analisi di dominanza si esegue in più passi: ‐ si fissano delle soglie di concordanza minima e discordanza massima: il problema è che ciascuna di queste soglie deve essere fissata a priori ma non c'è grande esperienza su come fare, ci si potrebbe rifare a esperienze passate per vedere cos'è successo e quindi definire una soglia, altrimenti è possibile prima determinare una soglia e poi vedere se ha capacità discriminante; ‐ si calcola la matrice di dominanza nella concordanza: dice se, rispetto all'analisi di concordanza, scegliere un'alternativa rispetto ad un'altra è ammissibile (1) oppure no (0); ‐ si calcola la matrice di dominanza nella discordanza: dice se, rispetto all'analisi di discordanza, scegliere un'alternativa rispetto ad un'altra è ammissibile (1) oppure no (0); ‐ si calcola la matrice di dominanza aggregata: ottenuta come prodotto cella per cella delle matrici precedenti, si ha 1 (0) se scegliere l'alternativa sulla riga rispetto a quella sulla colonna (non) è accettabile per entrambi (almeno uno) gli indici. La risposta è univoca solo se c'è una sola riga con soli 1, la matrice è equivoca se si hanno valori pari a 1 su più righe (ci sono più alternative accettabili) oppure se ci sono tutti 0, in questo caso si modificano le soglie consultando il decisore per scegliere qualche vincolo “rilassare” (concordanza o discordanza). ESEMPIO: Matrice di concordanza Matrice di discordanza A1 A2 A3 A1 A2 A3 A1 ‐ 0,9 0,6 A1 ‐ 0,167 0,667 A2 0,1 ‐ 0,6 A2 1,000 ‐ 1,000 A3 0,4 0,4 ‐ A3 1,000 0,300 ‐ Pagina | 55
Se non si hanno analisi precise si considerano come soglie le medie degli indici presenti nelle matrici. Se poi dal calcolo non si otterranno ragioni sufficienti per scegliere un'alternativa, si perfezionerà l'analisi. ‐ Concordanza minima: 0,50 ‐ Discordanza massima: 0,69 Matrice di dominanza nella concordanza Matrice di dominanza nella discordanza A2 A3 A1 A2 A3 A1 A1 ‐ 1 1 A1 ‐ 1 1 A2 0 ‐ 1 A2 0 ‐ 0 A3 0 0 ‐ A3 0 1 ‐ La matrice di dominanza nella concordanza (discordanza) dice che non è possibile scegliere A3 (A2). Matrice di dominanza aggregata A1 A2 A3 A1 ‐ 1 1 A2 0 ‐ 0 A3 0 0 ‐ PREGI: ‐ rappresenta bene i meccanismi “politici” della decisione pubblica, incorporando il meccanismo del consenso; ‐ evidenzia i conflitti fra le scelte non dominate, l'indice di discordanza rappresenta la conflittualità intrinseca della scelta; ‐ molto usato attualmente, “di moda”. DIFETTI: ‐ poco intuitiva; ‐ maggior bisogno di informazioni, specie per l'analisi di dominanza. 8. CARATTERISTICHE DEI METODI DI VALUTAZIONE: ACB VS AM ANALISI COSTI BENEFICI ANALISI MULTICRITERIO Analisi degli impatti sociali degli interventi e Analisi della variazioni di benessere sociale di ogni altro aspetto connesso con la Descrizione nel tempo connesse con gli interventi fattibilità Misura monetaria delle variazioni di Misura degli impatti positivi e negativi, Input benessere,tasso sociale di sconto funzioni d’utilità, pesi,… Ordinamento, giudizio di compatibilità, Output Giudizio di convenienza sociale (VAN, SRI) efficienza,… Rappresenta bene il processo decisionale pubblico, analisi dei conflitti e simulazione, Il risultato della valutazione è facilmente Pregi efficienza delle scelte, distinzione fra analista comprensibile e confrontabile e politico La monetizzazione degli effetti ambientali Procedure poco codificate, facilmente Difetti può essere imprecisa o inaccettabile addomesticabili, onerosità nelle analisi Valutazione analitica degli investimenti e Valutazione analitica degli investimenti della fattibilità,simulazione di alternative, Utilizzo pubblici analisi dell’efficienza Pagina | 56
L’ANALISI DI SCENARIO Permette di coniugare la variabilità delle prestazioni delle alternative e la variabilità nelle preferenze del soggetto decisore. Incorpora la diversa attitudine di un decisore rispetto ad un parametro decisionale, permettendo di formalizzare il diverso comportamento del decisore. L'analisi di scenario è un modo particolare per fare analisi di sensitività. Si considerano ad esempio 3 alternative valutate rispetto al solo VAN (metodo monocriteriale), si introduce un elemento di disturbo ossia si formulano degli scenari alternativi in base a ciò che potrebbe accadere e si calcola un VAN per ogni alternativa e per ogni scenario prefigurato (difficile prefigurarli tutti) passando quindi ad un problema multicriteriale. Si ipotizza inoltre di non conoscere la probabilità del verificarsi di ciascuno scenario (scenari equiprobabili). Profilo di Scenario Alternative rischio Ribasso Flessione Stabile Incremento Aumento A1 ‐17 3 12 16 22 Basso A2 ‐35 ‐10 2 14 34 Medio A3 ‐50 ‐13 ‐1 32 80 Alto Guardando la tabella è possibile definire i profili di rischio, si hanno quindi due criteri di scelta: la redditività e la rischiosità dell'investimento. Il decisore può assumere diversi atteggiamenti a seconda di come compendia le informazioni a disposizione ossia in base alla sua funzione decisionale. Si individuano dei criteri di sintesi che permettono di definire uno o più parametri decisionali. Si calcola il VAN medio di ogni alternativa e se ne determina la dispersione (σ): Alternative VAN medio Dispersione (σ) Coefficiente di variazione A1 7,2 15,2 2,1 A2 1 25,9 25,9 A3 9,6 49,1 5,1 ‐ se il decisore sceglie rispetto al VAN medio più alto, sceglie A3; ‐ se è avverso al rischio, sceglie quella con minore variabilità A1; ‐ se invece considera entrambi i criteri, può solo eliminare A2 perché dominata paretianamente da A1. In letteratura si trovano modi per ordinare le alternative (rappresentano gli atteggiamenti del decisore) con diverse prestazioni in modo semplice: Maximin Il decisore sceglie in modo da minimizzare la perdita massima (pessimista, prudente), si considera dunque la perdita minima nello scenario di ribasso, la scelta ricade su A1. Maximax Il decisore cerca di cogliere le occasioni speculative, cerca il massimo guadagno massimo (ottimista, gambler) perché non ha preoccupazioni sulle perdite, considera il guadagno massimo nello scenario di aumento, la scelta ricade su A3. Minimax Il decisore cerca di minimizzare il possibile dispiacere nel non aver colto l’opportunità giusta che si era presentata (rimpiange le occasioni perdute). Pagina | 57
In questo caso è necessario definire la matrice dei rammarichi: gli elementi rappresentano la differenza tra la prestazione che consente la scelta effettuata e quella che si avrebbe avuto se si fosse scelta quella che a posteriori si è rivelarla la migliore: Scenario Rammarico Alternative Ribasso Flessione Stabile Incremento Aumento massimo A1 0 0 0 16 58 58 A2 18 13 10 18 46 46 A3 33 16 13 0 0 33 Non sapendo quale scenario si verificherà, per effettuare la scelta si può ricorrere a un'analisi multicriterio oppure considerare l'alternativa che minimizza il massimo dei rammarichi possibili (A3). Valor medio Il decisore vuole ponderare tutte le possibilità. Per poter usare questo criterio è necessario conoscere la probabilità associata a ciascuno scenario p(S), finora si sono considerati equiprobabili. Si pondera il VAN per la probabilità che lo scenario corrispondente si verifichi: Scenario Alternative Ribasso Flessione Stabile Incremento Aumento A1 ‐17 3 12 16 22 A2 ‐35 ‐10 2 14 34 A3 ‐50 ‐13 ‐1 32 80 p(S) 0,2 0,1 0,1 0,3 0,3 Alternative VAN(S1) VAN(S2) VAN(S3) VAN(S4) VAN(S5) VAN(Ai) A1 ‐3,4 0,3 1,2 4,8 6,6 9,5 A2 ‐7 ‐1 0,2 4,2 10,2 6,6 A3 ‐10 ‐1,3 ‐0,1 9,6 24 22,2 Sommando per riga si ottiene il VAN medio ponderato e si sceglie l'alternativa per cui è massimo (A3). Pagina | 58
APPENDICE 1 ‐ COSTRUZIONE DELLE FUNZIONI DI VALORE Il problema principale della costruzione delle funzioni di valore è la necessità di sintetizzare molti attributi in pochi criteri di valutazione e alla fine in un unico criterio ordinante. ANALISI GERARCHICA Suddivide un problema complesso (difficilmente risolvibile) in sottoproblemi segmentando i parametri in sfere di parametri analoghi. Queste aggregazioni parziali portano a soluzioni parziali che poi vengono sintetizzate per ottenere la soluzione finale. ESEMPIO:
Pregi: ‐ Permette di costruire funzioni con meno variabili indipendenti, più semplici: meglio 3/4 problemini che uno più grande. ‐ È un approccio molto diffuso perché permette di analizzare il flusso di informazioni. ‐ Implementato in molti software (Expertchoise,…).
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