Valutazione Economica Dei Piani E Dei Progetti

  • June 2020
  • PDF

This document was uploaded by user and they confirmed that they have the permission to share it. If you are author or own the copyright of this book, please report to us by using this DMCA report form. Report DMCA


Overview

Download & View Valutazione Economica Dei Piani E Dei Progetti as PDF for free.

More details

  • Words: 22,368
  • Pages: 60
Appunti del corso di

VALUTAZIONE ECONOMICA DEI PIANI E DEI PROGETTI prof. Paolo Rosato A.A. 2008/2009

A cura di

Riccardo Gatti

LA VALUTAZIONE DEGLI INVESTIMENTI    Valutare un piano o un investimento significa confrontare i vantaggi ricavabili dalla scelta con i costi che la  scelta stessa implica. Il problema di valutazione non ha mai un'origine casuale, lo scopo è il guadagno (non  per  forza  monetario):  si  impiegano  delle  risorse  per  ottenere  un  tornaconto,  il  decisore  si  aspetta  un  profitto per aver scommesso su un'ipotesi di investimento (non un salario, affitto, interessi,…). Quando si  ragiona è necessario avere un metro di misura per misurare la bontà della scelta, questo è il profitto atteso.    PROBLEMA TECNICO E ECONOMICO    Problema tecnico  Se  il  parametro  di  valutazione  è  unico,  non  si  hanno  mai  risultati  equivoci  perché  si  ha  solo  una  scala  di  valori  su  cui  ordinare  univocamente,  l'unico  inconveniente  si  ha  nel  caso  in  cui  due  ipotesi  portano  allo  stesso risultato.    Problema economico  Nel  mondo  reale  le  scelte  non  sono  sempre  eseguite  rispetto  ad  un  unico  parametro.  Le  teorie  utilitaristiche di inizio secolo prevedono che le decisioni siano fatte in base all'incremento di benessere che  ci si attende, questa utilità è però difficile da misurare, è soggettiva. I diversi criteri di valutazione possono  essere  fusi  in  una  funzione  d'utilità,  essa  è  una  funzione  di  molte  variabili  indipendenti,  dunque  l'analisi  risulta multicriterio. Il problema di valutazione è quindi più complesso, si hanno diverse scale di valore tra  cui bisogna fare sintesi per trovare il miglior compromesso.    SCARSITÀ    Ciò  che  rende  indispensabile  il  processo  valutativo  è  la  scarsità  di  risorse  per  soddisfare  i  propri  bisogni,  rispetto  agli  obiettivi  da  perseguire.  La  scarsità  di  risorse  gioca  un  ruolo  diverso  se  i  criteri  di  valutazione  sono  uno  solo  (si  ha  un'unica  scala  su  cui  ordinare  le  alternative  e  si  sceglie  quella  compatibile  con  le  disponibilità  finanziarie)  o  molti  (si  cerca  il  modo  ottimo  per  allocare  risorse  scarse  rispetto  ad  una  molteplicità di scopi).  Risorse scarse e pluralità di obiettivi → problema di efficienza → problema di valutazione.    AMBITI DI VALUTAZIONE    In ambiti di valutazione diversi la molteplicità dei criteri di valutazione gioca a ruoli diversi:  Privato:  secondo  la  teoria  economica,  l'investitore  privato  sceglie  per  ottenere  il  massimo  profitto  (ricavi‐costi).  In  realtà  non  è  così,  egli  infatti  considera  perlomeno  anche  il  rischio  dell'investimento. Anche in questo caso dunque si ha una molteplicità di obiettivi diversi che  solo in pochi casi può essere semplificata in un’unica dimensione.  Pubblico:  l'obiettivo non è il profitto ma il benessere sociale (funzione multicriteriale: sicurezza, giustizia, servizi,  qualità  dell'ambiente,…).  Qualsiasi  investimento  è  valutato  rispetto  a  molti  criteri  diversi,  non  solo  dal  punto  di  vista  globale,  ma  anche  distributivo:  la  distribuzione  di  costi  e  benefici può essere simmetrica o asimmetrica (problema di equità).                    Pagina | 1    

    METODI DI VALUTAZIONE    Si hanno a disposizione molti strumenti per effettuare queste scelte:  Analisi multicriterio:  nel caso in cui la valutazione sia multicriteriale, sia per il pubblico che per il  privato.  Analisi costi‐ricavi (ACR):  il flusso dei costi viene confrontato con il flusso dei ricavi (analisi finanziaria).  Viene  utilizzato  in  ambito  privato  nel  caso  in  cui  il  problema  sia  monocriteriale o facilmente riconducibile ad esso.  Analisi costi‐benefici (ACB):  analoga alla precedente ma per l'ambito pubblico, è necessario considerare  anche gli effetti esterni (esternalità), espandendo il ricavo all'aspetto sociale.  Viene considerata monocriteriale perché anche le esternalità sono misurate  in  termini  monetari.  Il  vantaggio  è  di  poter  stabilire  facilmente  l'alternativa  più conveniente, a scapito della necessità di misurare tutto monetariamente  (anche vita, salute,…).      Analisi finanziaria  Analisi costi‐benefici  Analisi multicriterio  analisi delle variazioni di  analisi dei costi e dei  analisi degli impatti sociali degli  benessere sociale nel  ricavi nel tempo  interventi e di ogni altro aspetto  Descrizione  tempo connesse con gli  connessi con gli  connesso con la fattibilità  interventi  interventi  misura monetaria delle  prezzi dei fattori  misura degli impatti positivi e  Input  produttivi e dei prodotti,  variazioni di benessere,  negativi, funzioni di utilità, pesi,…  tasso sociale di sconto  tasso di sconto  giudizio di convenienza  giudizio di convenienza  ordinamento, giudizio di  Output  privato (VAN, SRI)  sociale (VAN, SRI)  compatibilità, efficienza,…  rappresenta bene il processo  il risultato della  il risultato della  decisionale pubblico, analisi dei  valutazione è facilmente  valutazione è facilmente  Pregi  conflitti e simulazione, efficienza delle  comprensibile e  comprensibile e  scelte, distingue analista e politico  confrontabile  confrontabile  la monetizzazione degli  trascura gli elementi di  procedure poco codificate, facilmente  effetti ambientali può  valutazione pubblica  addomesticabili, onerosità delle  Difetti  essere imprecisa o  (esternalità)  analisi  inaccettabile  valutazione analitica degli  valutazione analitica  investimenti e della fattibilità,  valutazione analitica  degli investimenti  Utilizzo  simulazione di alternative, analisi  degli investimenti privati  pubblici  dell'efficienza                                Pagina | 2   

L’ANALISI COSTI – RICAVI (ACR)    La  valutazione  è  sempre  un  confronto  tra  costi  e  benefici  tenendo  presente  il  fattore  tempo,  se  la  differenza tra costi e ricavi è adeguata a remunerate l'impegno dell'investitore allora si avvierà il processo,  altrimenti no.  L'analisi  dipende  dall'oggetto  dell'analisi,  deve  tenere  conto  degli  aspetti  differenti,  in  seguito  si  farà  riferimento all'investimento immobiliare.    FASI    0. analisi preliminare;  1. valutazione dei costi e dei ricavi dell'investimento: punto fondamentale, se si sbaglia qui (anche di poco)  si ottengono analisi errate, si deve fare attenzione specie se i margini di guadagno sono ridotti;  2. costruzione del cash flow: distribuzione di costi e ricavi nel tempo, esistono cash flow tipici per ogni tipo  di investimento;  3. assunzione del tasso di sconto: tasso che si impiega per attualizzare costi e ricavi previsti;  4. elaborazione dei criteri di rendimento economico: criteri che permettano di stabilire la convenienza;  5. formulazione della scelta finale;   6. rischio ed incertezza nelle scelte di investimento: la valutazione è costruita su stime non su dati certi, si  deve vedere se le incertezze sono compatibili con la convenienza. Questo passo non è incorporato nella  costruzione dell'analisi ma è uno step successivo, una riflessione finale sulla stabilità del risultato.      0. ANALISI PRELIMINARE    Prima  di  iniziare  la  valutazione  si  deve  avere  una  perfetta  identificazione  e  definizione  dell'oggetto  dell'investimento. Per determinare le informazioni necessarie per la valutazione solitamente si ragiona su  un'idea al suo stato embrionale.    Input del committente  La valutazione ha per oggetto un investimento già definito con un certo grado di approfondimento in base  alle normative vigenti e alle scelte proprie del committente.    Assunzioni dell'analista  Per tutto ciò che non è indicato specificatamente si ricorre alle condizioni ordinarie, ossia le più probabili. Il  principio di ordinarietà guida l'assunzione di:  ‐ situazione congiunturale: tassi d’interesse, prospettive di sviluppo,   ‐ situazione locale: caratteristiche del mercato (domanda, offerta) e dell'immobile (uso, tipologia, finiture)  sulla base di un'adeguata conoscenza della situazione del mercato.  Fare le giuste ipotesi di partenza è fondamentale per una buona riuscita della valutazione.      1. VALUTAZIONE DEI COSTI E DEI RICAVI DELL'INVESTIMENTO    Ipotesi di base  Il  processo  di  produzione  edilizia  è  differente  da  quello  di  produzione  industriale  in  quanto  non  si  ha  un  luogo unico dove si lavora ma per ogni intervento è come se si ripartisse da zero, non si ha una struttura  produttiva preesistente ma di volta in volta la si realizza con un determinato obiettivo.  La convenienza di un investimento non è indipendente dal contesto in cui lo si realizza, inoltre se si ha un  flusso  di  costi  e  ricavi  derivanti  da  più  operazioni  è  difficile  ricondurli  inequivocabilmente  al  singolo  investimento. Per evitare questo problema si considera un investimento per volta. Nel campo immobiliare  è semplice perché fisicamente si ha la realizzazione di una struttura ad hoc.  Pagina | 3    

    L'ipotesi di base è quindi che la struttura (società) per fare l'investimento nasca e muoia con l'investimento  stesso.  Alla  base  di  qualsiasi  analisi  di  costi  e  ricavi  c'è  l'isolamento  dell'investimento  dal  contesto  di  investimenti in cui si pone per evitare di confondere le performance dei vari investimenti.    Alcune  voci  di  costo  sono  stimate  autonomamente  (costo  dell'area,  costo  delle  opere  edili  e  di  urbanizzazione, ricavi), altre derivano da queste in modo parametrico (non in modo automatico, esistono  dei range di aliquote da considerare).    a. Costo dell'area    Sempre considerato nell'analisi degli investimenti, anche se si ha già la proprietà dell'area perché l'area ha  comunque un costo‐opportunità: valore che l’area frutterebbe se la cedessi sul mercato. Non si considera il  prezzo d'acquisto perché, se venisse pagata meno del suo valore più probabile, si avrebbero performance  positive non dovute alla bontà dell'investimento. Ci si deve rifare sempre a condizioni attuali ordinarie.    La stima del valore di un'area è sempre un problema:  ‐ il processo di valorizzazione dell'area dipende dal progetto che si intende realizzare, il valore dell'area  dipende dal progetto che verrà realizzato se questo non è ordinario;  ‐ la modalità di stima dell'area edificabile dipende dalle caratteristiche del mercato delle aree edificabili e  da quelle specifiche della mia area. È necessario conoscere:  o la  situazione  congiunturale:  il  valore  degli  immobili  varia  col  tempo  a  causa  delle  variazioni  macroeconomiche;  o le  caratteristiche  proprie  dell'area  e  come  queste  influiscono  sul  valore:  le  aree  edificabili  sono  immobili e quindi assorbono le influenze delle vicinanze;  o il  mercato  delle  aree  edificabili:  differenziato,  estremamente  rarefatto  (pochi  prezzi  di  mercato),  segmentato per destinazione d'uso e localizzazione dell'area edificabile, spesso si tratta di oligopolio  (o monopolio) bilaterale (range di prezzi molto ampio, aleatorio).    FATTORI GENERALI CHE INFLUISCONO SUL COSTO DELLE AREE    ‐ fattori  di  carattere  congiunturale:  riconducibili  alla  situazione  economica  generale  e  locale,  il  mercato  delle  aree  edificabili  risente  poco  della  congiuntura  perché  di  solito  riguarda  investimenti  di  medio‐ lungo periodo;  ‐ politica  urbanistica:  condiziona  l'offerta  che  non  deriva  dal  mercato  ma  è  condizionata  dalle  scelte  urbanistiche, è un mercato fortemente normato;  ‐ fiscalità  generale  e  immobiliare:  le  tasse  sugli  immobili  riducono  la  redditività  dell'investimento  e  dunque la domanda di aree;  ‐ accessibilità  al  credito:  se  si  riduce  la  capacità  di  indebitamento,  si  riduce  la  domanda.  Il  credito  è  influenzato dal sistema delle garanzie (ora solide e restrittive) e dai tassi d'interesse ossia il prezzo d'uso  del  capitale  concesso,  basato  su  Euribor  (tasso  di  fiducia  interbancaria,  rappresenta  il  benchmark)  e  spread della banca (0,8‐1%).    FATTORI D'ORDINE PARTICOLARE    ‐ dimensioni:  aree  grandi  richiedono  maggiore  capacità  di  spesa,  il  valore  dell'area  cresce  meno  che  linearmente con le dimensioni;  ‐ localizzazione: estremamente importante, specie rispetto alle vie di comunicazione;  ‐ destinazione d'uso;  ‐ indice di edificabilità: definisce quanto prodotto trasformato è possibile ottenere;  ‐ presenza di opere da demolire e di inquinanti;  ‐ grado di urbanizzazione;  ‐ conformazione: influenza la forma di ciò che si può realizzare;  Pagina | 4   

‐ caratteristiche geotecniche del terreno: influiscono sui costi di costruzione;  ‐ esistenza di servitù (di servizio, di passaggio,…): pongono limiti all’edificabilità;  ‐ condizioni  per  libera  fruizione:  eventuali  diritti  di  terzi  (affitto,  uso,  usufrutto,…)  condizionano  il  processo di trasformazione edilizia.    METODI DI STIMA    COMPARAZIONE DIRETTA  È un approccio sintetico e semplice, da preferirsi se si hanno prezzi di mercato per beni simili.    con  Va  Pa  Vi  Pi  A/D 

  valore dell'area;  parametro di comparazione, il più correlato al valore, per le aree edificabili si usa una misura di ciò  che si può realizzare ordinariamente in base alle norme urbanistiche (m2, m3, stanze,…);  valore dell’i‐esima area simile;  parametro dell’i‐esima area simile;  aggiunte/detrazioni considerate per tener conto delle caratteristiche specifiche superiori/inferiori  dell'area in esame rispetto a quelle considerate. 

  VALORE DI TRASFORMAZIONE  Questo  metodo  analitico  si  basa  sul  principio  che  l'area  è  un  fattore  di  produzione,  vale  in  funzione  del  valore del prodotto ottenuto con la trasformazione e dei costi di trasformazione:      con  VMA  valore di ciò che possono ordinariamente realizzare;  CTRA  ciò che ordinariamente devo spendere per ottenere questa trasformazione.    Il metodo è rigoroso non si rischia di sommare due errori, uno per la stima di VMA e uno per quella di CTRA  (dal  costo  di  produzione  si  deve  togliere  il  costo  dell'area  e  sommare  l'utile  ordinario  del  promotore,  di  difficile valutazione).    INCIDENZA SUL VALORE DI MERCATO  Metodo speditivo.      con  VM  valore di ciò che c'è o che si può realizzare, stimabile rispetto all’ordinarietà;  ki  tiene conto del valore dell'area rispetto al valore totale, non è costante ma varia con la scarsità del  suolo, ricavabile da riviste specializzate (0,15‐0,60) o in letteratura, è riferito ad aree già edificate;  α  coefficiente di abbattimento, tiene conto del fatto che l'incidenza del valore dell'area varia se l'area  è già edificata, ricavabile da letteratura specializzata (0,65).    b. Costo delle eventuali demolizioni e bonifica    c. Oneri di urbanizzazione    Ciò che la pubblica amministrazione pretende in cambio dell'autorizzazione a realizzare, esternalità che il  progetto crea a livello locale relative ai servizi da garantire (luce, gas, telefono,…), possono essere realizzate  con il progetto oppure vengono pagate all'amministrazione.  Pagina | 5    

    URBANIZZAZIONE PRIMARIA    Se il regolamento edilizio non prevede che chi realizza faccia anche le opere di urbanizzazione primaria, si  riconosce un onere all'amministrazione che provvederà in futuro a farle, calcolato per via normativa sulla  base  di  tabelle  emesse  dalla  stessa  amministrazione  in  base  al  costruito.  Se  invece  il  progetto  prevede  anche  la  realizzazione  dell'urbanizzazione  primaria,  i  costi  relativi  vengono  scomputati  purché  siano  maggiori o uguali agli oneri previsti.    URBANIZZAZIONE SECONDARIA    Relativa alla collettività (scuole, impianti sportivi,…), raramente possono essere scomputati.    CONTRIBUTO SUL COSTO DI COSTRUZIONE    Compensazione  alla  pubblica  amministrazione  legata  al  disagio  dovuto  all'esistenza  del  cantiere  (rumore,…), connessa al costo di costruzione (più si costruisce, maggiore è il disagio).    d. Costo delle opere edili (costo di costruzione)    In edilizia i costi si articolano in tre categorie inclusive: costo di produzione (P, costo del produttore), costo  di  costruzione  (C,  compensa  l'impresa  che  realizza  l'investimento)  e  costo  tecnico  (T,  materiale,  manodopera,…).    Il costo totale di produzione è:    con  Ca  Cc  St  Sg  On  I  Sc   Imp  Up 

  costo dell'area;  costo di costruzione;  onorari e spese tecniche;  spese generali;  oneri concessori  oneri finanziari;  spese di commercializzazione;  imposte;  utile dell'imprenditore che organizza la produzione e si aspetta un profitto (10‐20% del ricavo dalla  vendita in base a grado di rischio, durata,…). 

  Nell'ambito della valutazione dei piani e dei progetti non sempre si considera l’utile del promotore:  ‐ se  si  usasse  come  metodo  di  valutazione  la  differenza  tra  ricavi  totali  e  costi  totali  (RT  ‐  CT),  l'investimento  è  conveniente  se  RT  ‐  CT  ≥  0.  Si  considera  Up  con  un'analisi  statica,  riferita  al  momento  dell'analisi  (il  fattore  tempo  è  incorporato  negli  oneri  finanziari,  I).  Se  il  promotore  non  riesce  ad  ottenere il minimo che si aspetta, non investe in quel progetto (stima rozza).  ‐ nell'ACR tutto è collocato nel tempo (cash flow) perché è molto importante considerare esplicitamente  gli aspetti finanziari, l'utile del promotore è incorporato nel tasso di sconto (rendimento minimo annuo  che  l'investitore  si  aspetta,  misura  della  redditività  dell'investimento  se  confrontato  con  un  saggio  soglia) e quindi non lo si considera esplicitamente.    Il costo di costruzione è esprimibile come:       con        Pagina | 6   

dove  Ct  costo tecnico;  spese generali di sede e di cantiere;  Sg  Uc  utile del costruttore (è una spesa per il promotore);  Sa  salari;  Ma  materiali;  Nt  noli e trasporti.    METODI DI STIMA    Le  informazioni  che  ragionevolmente  si  hanno  a  disposizione  sono  sommarie,  poco  precise.  È  dunque  necessario fare riferimento a metodi implementabili con scarse informazioni.    Stima sintetica  Confronto diretto utilizzato se alla base della stima c'è un progetto preliminare o definitivo.    FASI:  ‐ scelta  del  campione  il  più  possibile  omogeneo  al  caso  noto:  si  hanno  problemi  legati  all’omogeneità  fisica,  all'attualità  (le  fluttuazioni  nel  tempo  sono  contenute,  più  stabili  nel  mercato  immobiliare),  alla  numerosità (strutturalmente si hanno meno episodi di costruzione che di compravendita, si costruisce  una volta sola) e al fatto che è difficile trovare i costi di costruzione specie per l'edilizia privata (mercato  poco trasparente, evasione);  ‐ omogeneizzazione temporale: si riporta il costo storico (Cs) all'attualità secondo l’indice Istat storico (Is)  e  quello  attuale  (Ia):    ,  altrimenti  si  può  considerare  l'andamento  del  mercato  immobiliare o del potere d’acquisto (meno precisi e meno legati all'andamento dei costi di costruzione);  ‐ scelta del parametro tecnico esplicativo del costo di costruzione (legato sia alla capacità rappresentativa  che  alla  consuetudine):  per  edilizia  residenziale:  volume  vuoto  per  pieno,  superficie,  n.  vani,…;  per  edilizia produttiva: superficie o un volume lordi o utili; per edilizia speciale: parametri legati alla funzione  dell'edificio; per opere di urbanizzazione: superficie per le strade, sviluppo lineare per le reti di servizi,…  ‐ confronto progetto‐campione: monoparametrico (proporzione o regressione lineare) o pluriparametrico  (regressione multipla).    FONTI DIRETTE:  ‐ imprese di costruzione: non parlano;  ‐ stazioni appaltanti pubbliche: oggetti differenti da quelli che interessano il privato;  ‐ committenti privati.    FONTI INDIRETTE:  ‐ camere di commercio, Istat: pubblica costi parametrici;  ‐ ANCE (associazione nazionale costruttori edili);  ‐ pubblicazioni specifiche per tipologia ed area;  ‐ ordine degli architetti e ingegneri di Milano: pubblicano schede delle opere realizzate per varie tipologie  in base a ciò che la realtà costruttiva ha realizzato anno per anno;  ‐ osservatorio del Ministero LLPP: dovrebbe fornire costi standard per tipologia ed area.    Procedimenti misti  Utilizzati  se  alla  base  c'è  un  progetto  preliminare,  vengono  realizzati  di  volta  in  volta  in  base  al  caso  specifico, specie se si considera il costo di riproduzione.    PROCEDIMENTO PER ELEMENTI FUNZIONALI:  Spesso usato per valutare il costo di ripristino o di recupero di edifici obsoleti. Si cerca un edificio analogo di  cui  si  conosce  tutto  e  lo  si  disaggrega  in  componenti  costruttive,  si  definisce  il  costo  di  costruzione  per  Pagina | 7    

    ciascun  elemento  funzionale  (trovando  la  percentuale  di  incidenza  sul  costo  totale),  si  trasportano  i  costi  all'edificio che si deve valutare e li si adatta alla situazione per ogni elemento funzionale.    METODO ESTIMATIVO RAPIDO (MER):  Si scompone l'edificio in elementi costitutivi, si definisce il livello di degrado a cui corrisponde un punteggio  (rappresenta  ciò  che  si  deve  spendere  per  annullare  il  degrado),  si  determina  il  punteggio  totale,  lo  si  aggiusta in base alle condizioni organizzative (dipendono dal luogo) e lo si trasforma in uno costo con una  proporzione.  È  molto  utilizzato  sia  per  definire  costi  di  recupero  che  per  stimare  costi  dovuti  a  eventi  catastrofici (terremoti,…).    Computo metrico estimativo  Approccio  analitico  utilizzabile  se  alla  base  c'è  un  progetto  esecutivo  (anche  definitivo)  e  un  capitolato  speciale d'appalto (difficile averli).    con  qi  pi 

  quantità di operazione i, misurata in base a regole derivate dalla consuetudine;  prezzo unitario, ottenuto da prezziari oppure stimato ad hoc (considerando valore dei materiali,  manodopera, noli e trasporti, 15% spese generali, 10% utile normale). 

  e. Spese tecniche    Compensi per la progettazione, la direzione lavori e la sicurezza. Solitamente vengono definite come il 5‐ 10% del costo di costruzione in base all’entità (+entità → +%) e alle caratteristiche dell'opera (+complessità  → +%). In alternativa è possibile usare tabelle ministeriali che definiscono i compensi del progettista in base  a tipologia, difficoltà,… (tariffe professionali).    f. Spese generali e imprevisti (per processo di organizzazione della trasformazione)    Spese relative alla struttura organizzativa che viene posta in essere per condurre il processo di investimento  (ufficio, telefono,…) e legate ad imprevisti (bombe, reperti archeologici,…). Definite come percentuale sulle  spese tecniche in base alla complessità del processo organizzativo (2‐3%).    g. Spese di commercializzazione    Ciò che si spende per pubblicizzare e pagare gli intermediari, si basano sul valore di ciò che si va a realizzare  ossia sui ricavi stimati (2‐3%).    h. Oneri finanziari    Dovuti  al  fatto  che  qualsiasi  investimento  richiede  anticipazioni  perché  il  flusso  di  costo  è  anticipato  rispetto a quello di ricavo. In alcuni casi è possibile non pagare il costo dell'area al proprietario e/o i costi  della costruttore trasformandoli in quote sul costruito (regola 1/3 ‐ 1/3 ‐ 1/3). Altrimenti è possibile ridurre  l'esposizione  vendendo  anticipatamente  oppure  realizzando  un  pull  di  promotori  che  si  spartiscono  le  spese.  Per  cautela  è  bene  considerare  sempre  la  possibilità  di  esposizione,  essa  è  indipendente  da  chi  finanzia:  si  ha  sia  per  l'istituto  di  credito  sia  nel  caso  di  autofinanziamento  del  promotore  (valore‐ opportunità del denaro).          Pagina | 8   

i. Ricavi da vendite    La stima di ricavi è dominata dall'indeterminatezza, si hanno due ordini di problemi:  ‐ definizione  di  un  prodotto  edilizio  ipotetico,  descritto  solo  sommariamente:  gli  input  del  committente  sono  completati  con  assunzioni  dell'analista  ispirate  al  principio  dell'ordinarietà  non  solo  per  i  fattori  costruttivi  intrinseci  ma  anche  per  le  condizioni  attuali  che  regolano  il  mercato  e  per  le  possibili  dinamiche dello stesso;  ‐ effetto del tempo nella valutazione: legato allo sconto e al rischio di variazioni intrinseche nel mercato  immobiliare o legate a situazioni non prevedibili.    CARATTERISTICHE DEL MERCATO IMMOBILIARE    ‐ struttura rarefatta: meno delle aree edificabili;  ‐ immobili poco omogenei;  ‐ prezzi poco noti: più delle aree edificabili;  ‐ segmentato e localizzato.    ATTORI DEL MERCATO    ‐ famiglie (domanda e offerta): lo stato di salute delle famiglie (capacità di spendere o indebitarsi) è un  agente economico da conoscere;  ‐ costruttori (offerta).     FATTORI GENERALI D'INFLUENZA: tutti legati alla situazione economica delle famiglie    ‐ congiuntura economica;  ‐ redditività immobiliare;  ‐ fiscalità;  ‐ accessibilità al credito.    FATTORI PARTICOLARI D'INFLUENZA    ‐ caratteristiche  posizionali  intrinseche:  il  luogo  dell'investimento  è  di  solito  definito  (visibilità,  orientamento, luminosità, ventilazione,…), tranne nel caso di investimenti di grandi dimensioni (piani di  sviluppo di aree residenziali,…);  ‐ caratteristiche  posizionali  estrinseche:  come  il  progetto  si  rapporta  con  il  luogo:  qualificazione  infrastrutturale  (prossimità  al  centro  urbano,  accessibilità  ai  servizi  e  al  trasporto  pubblico,…)  e  ambientale  (salubrità,  contesto  sociale,  densità  edilizia,  rumorosità,…),  spesso  assunzioni  dell'analista  con riferimento all'ordinarietà;  ‐ caratteristiche  tecnologiche:  dimensioni,  livello  di  finitura,  servizi,…  spesso  assunzioni  dell'analista  con  riferimento all'ordinarietà;  ‐ caratteristiche  produttive:  esenzioni  fiscali,  dotazione  impiantistica  (molto  importante  è  il  carattere  “ambientale” degli impianti),… assunzioni dell'analista con riferimento all'ordinarietà.    METODI DI VALUTAZIONE    Tutti i metodi di stima si fondano sul confronto tra l'oggetto da stimare e i fatti di mercato che riguardano  oggetti  simili,  il  problema  principale  è  la  datazione  dei  dati  di  mercato  (si  ha  un  errore  intrinseco  nel  valutare fatti economici disallineati nel tempo), le dinamiche dei prezzi sono di difficile previsione perché si  basano  su  fatti  passati  e  inoltre  la  produzione  edilizia  (materiali,  metodi,  impianti,…)  si  evolve  nel  tempo  (difficilmente ciò che si realizza è simile a ciò che è stato realizzato finora).    Pagina | 9    

    Il tipo di metodo da adottare dipende dallo scopo dell'investimento:  ‐ capitalizzazione del reddito: se il valore sarà dato dal flusso di redditi (immobile dato in affitto,…)  ‐ comparazioni diretta mono o pluriparametrica: se l'immobile sarà collocato sul mercato. Si osservano il  mercato e beni il più possibile simili, si individua un parametro di confronto, si adottano delle correzioni  per tenere conto che il valore si realizza in un momento diverso dall'analisi (dinamiche del mercato) e  delle caratteristiche particolari dell'oggetto di valutazione.    j. Imposte    La base di calcolo è l’utile (RT ‐ CT), l'aliquota di riferimento è il 40‐42%.    2. COSTRUZIONE DEL CASH‐FLOW    Stimati i costi e di ricavi è necessario tenere conto dell'effetto del tempo (ha un preciso valore economico),  il processo di investimento richiede tempi di autorizzazione e realizzazione che possono essere lunghi (≥ 2  anni).    Il  primo  passo  per  costruire  il  cash‐flow  è  definire  il  momento  zero  (momento  attuale)  ossia il punto d'osservazione del valutatore e  il  momento  n  ossia  il  momento  in  cui  con  maggior  probabilità  si  concluderà  la  vicenda  tecnico‐economica (incerto).    L'intervallo  temporale  tra  0  e  n  viene  suddiviso  in  intervalli  la  cui  ampiezza  dipende  dalla  durata  dell'investimento e dalla precisione con cui si può valutare la collocazione di costi e ricavi: di solito 1 anno  (significa ipotizzare una convertibilità annua, l'interesse passa a capitale una volta all'anno), anche 6‐3 mesi  per interventi brevi.  Ora  si  devono  collocare  costi  e  ricavi  costruendo  anno  per  anno  il  saldo  tra  esborsi  e  incassi,  riferendosi  sempre all'ordinarietà.   

Figura 1 ‐ Esempio di cash‐flow 

 

Innanzitutto si distribuiscono le voci di costo stimate autonomamente:  ‐ costo  dell’area:  con  riferimento  alla  destinazione  attuale,  nel  caso  di  remunerazione  dell’area  con  concessione di parte del costruito non si sborserebbe nulla perché acquisto e vendita avverrebbero al  momento 0;  ‐ demolizioni e bonifica;  ‐ oneri concessori;  ‐ opere di urbanizzazione primaria.  ‐ opere edili e parcheggi;  Pagina | 10   

Poi si considerano le voci di costo parametrizzate collocandole coerentemente:  ‐ spese tecniche;  ‐ spese generali e imprevisti.  Per prudenza i ricavi previsti vengono collocati a fine cash‐flow, anche se si comincia a vendere prima della  fine.  A questo punto si calcolano le spese di commercializzazione sulla base dell'aliquota considerata (2%).    In questo modo si è ottenuto il FLUSSO DI CASSA ECONOMICO, non tiene conto degli oneri finanziari, è la  differenza  calcolata  anno  per  anno  tra  ricavo  e  spesa  (≠  da  indebitamento).  In  base  a  questo  è  possibile  calcolare alcuni parametri di redditività dell'investimento trascurando oneri finanziari, fiscali e l'effetto del  tempo: se la differenza fra ricavi totali e costi totali è positiva l'investimento è conveniente.    Effetto del tempo  Si adotta un saggio di preferenza intertemporale positivo (meglio avere ricavi ora e costi in futuro) ma di  solito i costi attesi sono anticipati rispetto ai ricavi attesi. Per valutare la convenienza dell'investimento si  calcola la differenza fra ricavi e costi attualizzata che sarà inferiore alla semplice differenza perché i ricavi  sono maggiormente penalizzati perché sono più distanti nel tempo.  Una  valutazione  di  convenienza  con  riferimento  al  flusso  di  cassa  economico  risulta  però  semplicistica  perché non considera oneri finanziari e fiscali.    Aspetti finanziari  Ordinariamente l'investitore ricorre al debito (difficilmente può autofinanziarsi completamente) e dunque  deve  sostenere  degli  esborsi  per  utilizzare  il  capitale  a  debito,  per  cautela  si  ipotizza  un  investimento  totalmente a debito.  Per stimare i costi delle anticipazioni finanziarie è necessario capire come varia l'indebitamento anno per  anno  (interessi  passivi  si  pagano  sui  debiti)  e  scegliere  un  appropriato  tasso  di  interesse  (tasso  richiesto  dall'istituto finanziario in funzione della solvibilità dell'investitore e del rischio dell'investimento).    Si definisce esposizione il grado di indebitamento, esso dipende dal flusso di cassa ma è necessario tenere  conto dell'effetto cumulato: l'esposizione si mantiene negativa molto più lungo del cash flow.  Se  l'esposizione  è  negativa  si  pagano  interessi  passivi  (oneri  finanziari),  quando  diventa  positiva  si  hanno  interessi positivi (proventi finanziari).    La  scelta  del  tasso  di  interesse  dipende  dal  fatto  che  il  debito  venga  contratto  con  un  istituto  finanziario  (saggio  passivo)  oppure  derivi  da  un  autofinanziamento  (costo  opportunità  del  denaro,  costo  dovuto  al  mancato reddito).  Per la stima degli oneri finanziari si ricorre alla seguente formula:      con  In  oneri finanziari sostenuti nell'anno n‐esimo, calcolati con riferimento all'esposizione iniziale, finale  o media anno per anno, è più corretto fare riferimento all'esposizione media perché la collocazione  annuale è solamente convenzionale  E  esposizione finanziaria, tiene conto di esposizione economica e degli interessi passivi  r  saggio di interesse    Si è dunque determinato il FLUSSO DI CASSA FINANZIARIO (flusso economico + oneri e proventi finanziari).    Aspetti fiscali  Le tasse vengono calcolate sull'utile ricavato dal cash‐flow finanziario, si considera una aliquota pari al 40‐ 42% e la si distribuisce proporzionalmente negli anni in cui l'esposizione finanziaria è positiva.  Pagina | 11    

    Si ricorda che si considera che la società si costituisce e muore per l'investimento analizzato, non è possibile  quindi ridurre l'utile acquisendo altre aree edificabili,…    Infine  il  FLUSSO  FINANZIARIO  NETTO  è  costituito  dal  saldo  annuale  ricavi‐costi  comprensivo  di  oneri  finanziari e fiscali.    3. ASSUNZIONE DEL TASSO DI SCONTO    Necessario  per  passare  al  flusso  di  cassa  finanziario  attualizzato  che  rappresenta  il  plusvalore  creato  dall'investimento dopo aver remunerato tutti (anche l'investitore per il rischio assunto).    Non  esiste  una  modalità  rigorosa  per  il  calcolo  del  tasso  di  sconto  perché  esso  dipende  dalla  struttura  dell'impresa (grado di autofinanziamento). Per calcolare il tasso di sconto si possono seguire due strade:    COSTO PONDERATO MEDIO DEL CAPITALE       con  WACC  waited average cost of capital;  PCA  percentuale di capitale autofinanziato;  rCA  saggio che ci si aspetta di percepire dal proprio capitale;  PD  percentuale di capitale finanziato al debito;  saggio preteso dalla banca.  r D    Questa  strada  va  bene  per  la  parte  relativa  al  tasso  di  autofinanziamento  ma,  se  si  ricorresse  completamente  al  finanziamento  a  debito,  risulterebbe  conveniente  qualsiasi  investimento  con  un  rendimento uguale a quello che chiede la banca (anche se all'investitore non rimanesse nulla).    COSTO OPPORTUNITÀ DEL DENARO INVESTITO    Si considera che investendo si accetta un rischio utilizzando denaro proprio o preso a prestito, si costruisce  il tasso di sconto in modo additivo:      con  RRF  rendimento risk free, ciò che si sarebbe ottenuto con un investimento sicuro (BOT,…) (benchmark);  P  premio di rischio, ciò che ci si aspetta per aver corso il rischio dell'investimento.    L'investimento  è  conveniente  se  il  tasso  di  sconto  è  almeno  uguale  al  saggio  di  rendimento  medio  dell'investimento immobiliare simile.  Il  saggio  di  rendimento  medio  dell'investimento  immobiliare  simile  è  di  difficile  determinazione  perché  varia nel tempo, per il tipo di investimento e in base al luogo.    Sono  necessarie  ulteriori  riflessioni  sulla  composizione  del  premio  di  rischio  (P)  per  capire  da  cosa  siacomposto. Solitamente si individuano tre tipi di rischi:  ‐ RISCHIO  LIQUIDITÀ:  l'investimento  immobiliare  non  è  liquidabile  nel  breve  termine,  si  rischia  di  avere  illiquidità;  ‐ RISCHIO  URBANISTICO:  l'investimento  potrebbe  non  essere  conveniente  in  caso  di  cambio  del  piano  urbanistico, inoltre è un rischio considerare un investimento che prevede una modificazione urbanistica  (non è detto che avverrà);  ‐ RISCHIO DI MERCATO: non si ha la certezza di come evolverà il mercato.    Pagina | 12   

Si possono considerare anche altri rischi come:  ‐ rischio proprietà: il diritto di proprietà può essere messo in discussione;  ‐ rischio Paese: in alcuni Paesi si hanno rischi legati all'ordine pubblico, alla legalità e alla politica.  Inoltre si possono avere componenti specifiche legate al tipo di investimento.    Le  aliquote  percentuale  dei  tre  rischi  principali  vengono  stimate  per  comparazione,  considerando  una  categoria di investimenti con il loro tassi di sconto e confrontandoli con quello da valutare, analizzando la  rischiosità  e  il  saggio  di  rendimento  noto  (RRF).  Se  si  ha  a  disposizione  il  saggio  di  riferimento  per  altri  investimenti, si confrontano i vari punti con l'investimento da valutare e si vede come aggiustarli.    Ad esempio:          I tassi di sconto ottenuti rappresentano il saggio di riferimento dell'investimento immobiliare simile.    Inflazione  Dal momento che l'investimento si dispiega nel tempo si deve tener conto dell'inflazione. Le voci di costo e  ricavo possono essere stimate in termini nominali (non tengono conto dell’inflazione) o reali (considerano  gli aspetti monetari). Per le valutazioni si possono dunque seguire due strade: rivalutare costi e ricavi anno  per  anno  in  funzione  dell'inflazione  (per  investimenti  di  lunga  durata)  oppure  procedere  con  un’analisi  a  prezzi costanti e alla fine considerare l’inflazione (per investimenti di breve durata).  Di solito si fanno valutazioni a prezzi reali e poi si utilizza un tasso di sconto reale.    4. CRITERI DI RENDIMENTO ECONOMICO    Nell’ACR la convenienza dell'investimento è valutata rispetto ad un unico parametro monetario.    VALORE ATTUALE NETTO (VAN) 

con  VAN  Ri  C i  r 

  valore attuale netto dell'investimento;  ricavi dell'anno i‐esimo;  costi dell'anno i‐esimo;  non rappresenta solo il tasso di preferenza intertemporale, ma è anche misura del compenso che  ci si aspetta per il rischio corso. 

  VAN > 0 

investimento conveniente, il rendimento dell'investimento è maggiore del tasso di sconto  utilizzato (rendimento minimo che si accetta per correre il rischio);  convenienza indefinita, rendimento = tasso di sconto utilizzato;  investimento non conveniente, rendimento < tasso di sconto utilizzato. 

VAN = 0  VAN < 0    Il  VAN  permette  di  definire  se  l'investimento  è  efficace  oppure  no,  ma  non  dice  nulla  sull'efficienza  dell'investimento ossia in rapporto ai costi sostenuti dunque potrebbe essere elusivo se usato per scegliere  quale  investimento  fare,  specie  se  si  considerano  investimenti  di  dimensioni  diverse.  Inoltre  richiede  la  determinazione di un preciso tasso di sconto (r) che in realtà è di difficile determinazione.    Pagina | 13    

    SAGGIO DI RENDIMENTO INTERNO (SRI)    Misura  l'efficienza  di  un  investimento  ossia  la  capacità  di  remunerare  le  risorse  impiegate  e  di  generare  utili. SRI è il saggio che uguaglia ricavi e costi (annulla il VAN), non richiede una determinazione a priori del  tasso di sconto (r è un'incognita).    n

VAN = 0 ⇒ ∑ i =0

n

Ri

(1 + SRI )

i

=∑ i =0

Ci

(1 + SRI )

i

 

  Si  ottiene  un'equazione  di  grado  i  dove  i  rappresenta  l'orizzonte  annuo  previsto  (n.  anni,  n.  semestri,…),  facilmente  risolvibile  se  l'investimento  è  annuale  o  di  due  anni  (altrimenti  per  risolvere  si  operano  successive approssimazioni ossia si simulano diversi tassi di sconto finché non si trova la convergenza).    Per definire la convenienza è necessario definire un SAGGIO SOGLIA (SS):  SRI > SS   investimento conveniente;  SRI = SS   convenienza indefinita;  SRI < SS   investimento non conveniente.    Nel  caso  in  cui  i  ricavi  siano  posticipati  rispetto  ai  costi,  se  il  saggio  aumenta  si  riduce  la  differenza  R‐C  perché  in  questo  caso  l'effetto  del  saggio  (che  è  esponenziale)  è  tanto  maggiore  quanto  più  grande  è  il  saggio.    Confronto tra due investimenti con SRI uguale  Si ricorda che il SRI può essere visto come il rendimento che ci si aspetta di ottenere incassando anno per  anno  e  investendo  sul  mercato.  Se  però  il  rendimento  sul  mercato  è  più  basso  di  quello  atteso,  l'investimento  più  breve  darà  il  saggio  di  rendimento  interno  minore  perché  si  hanno  meno  anni  di  rendimento.    Situazioni anomale  Il saggio di rendimento interno non è sempre positivo e unico.    Esistono strutture particolari di cash‐flow per cui non ha senso calcolare SRI:  ‐ se  l'investitore  non  anticipa  nulla  (paga  l'area  e  il  costruttore  con  parti  del  costruito),  non  è  possibile  calcolare SRI (viene un numero enorme);  ‐ se i ricavi sono anticipati rispetto ai costi (si vende sulla carta), si ha SRI<0 ossia un saggio di preferenza  intertemporale negativo (meglio 1€ tra 3 anni che 1€ adesso).  Si ha SRI negativo anche nel caso di un cash‐flow classico ma con saldo negativo.    Quando  il  cash‐flow  varia  più  volte  di  segno  l'SRI  è  multiplo,  l'andamento  del  VAN  rispetto  al  saggio  identifica due saggi di rendimento interno.  Per evitare questa situazione, si deve strutturare il cash‐ flow  in  modo  che  cambi  di  segno  una  sola  volta,  ad  esempio  aggregando  scansioni  temporali  (al  posto  di  1  anno  si  considerano  2‐3  anni)  oppure  spostando  cautelativamente  tutti i  costi all'inizio  e tutti i ricavi alla  fine (o comunque in due momenti successivi).    Variazioni di SRI al variare dei grado di autofinanziamento  Il  ricorso  al  finanziamento  è  rischioso  perché  il  costo  del  denaro  a  debito  da  istituti  finanziari  è  molto  maggiore della redditività di un investimento sicuro (costo opportunità).  Pagina | 14   

Se  invece  un  investimento  ha  un  rendimento  del  7‐8%  e  il  costo  del  denaro  a  debito  è  del  4%,  si  ha  un  guadagno del 3% annuo solo gestendo, si parla di “effetto leva” dovuto alla differenza tra costo del denaro  e rendimento dell'investimento.  ESEMPIO:    Si  considera  ad  esempio  un  investimento  di  durata  annuale  che  prevede  una spesa di 100 al momento 0 e un ricavo di 110 al momento 1.    Se ci si autofinanzia completamente (non si hanno interessi bancari) il cash‐ flow economico coincide con quello finanziario e SRI = 10%.    Se si considerano le tasse con un'aliquota del 40% si ottiene un SRI = 6% e  lo  si  confronta  con  saggio  soglia  (SS)  che  ha  in  pratica  gli  stessi  contenuti  del tasso di sconto (r).    Se SRI > SS ( = RRF + P) l'investimento è conveniente.    Se si ricorre totalmente al debito, sia un'esposizione per un anno pari a 100  e si considera un saggio di interesse bancario del 5% pagato a fine anno.        In  questo  caso  SRI  =  5%  al  netto  e  gli  oneri  finanziari  (metà  delle  rendimento diventa la remunerazione della banca che ha prestato i soldi).        Se si considerano le tasse, SRI = 3%.    Si nota che se il tasso d'interesse diminuisce, SRI al netto di oneri finanziari  e tasse aumenta.    Si  osserva  che  se  il  saggio  soglia  fosse  del  5%,  l'investimento  sarebbe  conveniente  se  è  possibile  autofinanziarsi  altrimenti  no.  Dunque  SS  cambia  a  seconda  del  grado  di  autofinanziamento  perché  comunque i soldi a debito o propri si potevano investire in investimenti privi di rischio.    RAPPORTO BENEFICI – COSTI (η)    Il metodo definisce in che misura i ricavi sopravanzano i costi e richiede il calcolo di un saggio di sconto.       con   VAB  valore attuale dei benefici  VAC  valore attuale dei costi                  Pagina | 15    

    5. FORMULAZIONE DELLA SCELTA FINALE    Caratteristica  Valore Attuale Netto  Tipo di indicatore  Rendimento assoluto  Esogeno  Saggio di sconto  (determinato a priori)  Criterio di ammissibilità  VAN1 > VANn > 0  Valutazioni rispetto  Impiego  all'ammontare degli utili 

Saggio di Rendimento Interno  Efficienza  Implicito (risolvendo VAN=0)  Saggio Soglia(1)  SRI1 > SRIn > SS  Valutazioni rispetto  all'efficienza d'uso del capitale 

(1) determinazione meno problematica di quella del tasso di sconto.     

6. ANALISI DELLE RISCHIO E DELL'INCERTEZZA DELLA VALUTAZIONE DELL'INVESTIMENTO IMMOBILIARE    I progetti di investimento sono caratterizzati da un elevato grado di incertezza. I flussi monetari in entrata  ed in uscita non possono essere considerati certi, bensì sono suscettibili di aleatorietà sia riguardo la loro  manifestazione sia riguardo la loro entità. Per queste ragioni la valutazione di un investimento immobiliare  non  può  fermarsi  alla  sola  convenienza  economica,  calcolata  tramite  VAN  e  SRI,  ma  deve  prevedere  un’analisi sulla qualità e l’attendibilità di questa misura.    L'incertezza non ha un significato solo negativo, il profitto stesso nasce dall'incertezza perché la capacità di  affrontare i rischi è un'opportunità per chi sa gestirla.    Nel campo dell'analisi economica rischio e incertezza non sono sinonimi:  ‐ RISCHIO:  rappresenta  una  variabilità  del  risultato  atteso  che  può  essere  spiegata,  si  possono  costruire  funzioni di probabilità che spiegano l'evento attraverso alcune variabili;  ‐ INCERTEZZA: non è determinabile a priori perché può essere spiegata solo soggettivamente (in realtà si  potrà usare un metodo: valore d'opzione).    FATTORI CHE INFLUENZANO IL GIUDIZIO SULL'INVESTIMENTO    ‐ ammontare e distribuzione nel tempo dei costi  ;  ‐ ammontare e distribuzione nel tempo dei possibili ricavi  ;  ‐ attendibilità della stima di costi e ricavi;  ‐ rendimento di investimenti alternativi;  ‐ predisposizione al rischio dell'investitore.    Gli indicatori visti in precedenza (VAN e SRI) tengono conto della variabilità delle voci interne, è necessario  ragionare in base alla quantità (ammontare delle voci), qualità (grado di precisione) e tempo (influenza sul  tasso di sconto).    STRATEGIE PER LIMITARE IL RISCHIO    ‐ scelta dell'investimento con il minor livello di rischio;  ‐ diversificare  il  livello  di  rischio  costruendo  una  portfolio  di  investimenti  differenti:  la  diversificazione  riduce il rischio complessivo;  ‐ approfondire l'analisi di mercato diminuendo la variabilità dei risultati attesi;  ‐ strategie di condivisione delle rischio: accordi con proprietario o costruttore (permute);  ‐ hedging  (opzione):  esiste  la  possibilità  di  comprare  con  diritto  di  riserva  previo  indennizzo  per  il  proprietario in caso di mancato acquisto, nel caso che la situazione non vada come previsto (non cambia  il PRGC) si ha una perdita inferiore a quella che si avrebbe in caso di acquisto.    Pagina | 16   

METODI CLASSICI PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO    Tasso aggiustato per il rischio (Risk‐Adjusted Discount Rate)  ‐ costruzione  per  fattori  (build‐up  approach):  si  parte  dal  tasso  risk‐free  (BOT  semestrali,…)  e  si  aggiungono  in  modo  empirico  dei  premi  di  rischio  legati  a  diverse  voci  (rischio  urbanistico,  di  mercato,…), è necessaria molta esperienza perché si ottiene così un giudizio soggettivo delle rischio;  ‐ costo  marginale  del  denaro  (WACC):  il  WACC  è  una  media  ponderata  tra  rischio  legato  al  prestito  e  all'autofinanziamento (hanno rendimenti differenti);  ‐ costo  opportunità  del  denaro:  rendimento  atteso  per  analoghi  investimenti  (stesso  rischio)  contrattati  sul  mercato,  non  è  difficile  definirlo  per  il  mercato  immobiliare  perché  esistono  fondi  d'investimento  immobiliare che producono azioni contrattate in borsa (molti dati).    Tecnica dell'equivalente certo  Viene  chiesto  all'investitore  di  segnalare  il  suo  grado  di  indifferenza  tra  un’opportunità di investimento con un esito certo e una dall'esito incerto. Si  traccia  così  una  mappa  di  preferenze  dell'investitore  che  fornisce  la  sua  predisposizione  alle  rischio.  In  genere  si  ha  un  andamento  marginalmente  decrescente  (se  si  hanno  pochi  soldi  l'utilità  del  denaro  è  maggiore)  mentre  per un investitore avverso al rischio l'andamento è lineare.      Analisi di sensitività (analisi what if)  Si definiscono curve che indicano le variazioni del VAN al variare di una sola variabile significativa per volta,  in  questo  modo  è  possibile  ipotizzare  diversi  scenari  e  definire  le  variabili  che  più  influenzano  il  VAN,  su  queste andrà posta maggiore attenzione (distribuzione temporale di costi e ricavi, tasso d’interesse, tasso  di sconto,…).    METODI INNOVATIVI PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO    Analisi multicriterio    Si  valutano  alcuni  aspetti  del  rischio,  si  assegnano  punteggi  sul  grado  di  rischio  a  ciascun  attributo  e  infine,  ponderando,  si  ottiene  un'indicazione  del  rischio.                  Analisi Montecarlo  Il  processo  di  simulazione  eseguito  con  l’analisi  Montecarlo  permette,  con  l’ausilio  del  calcolatore,  di  simulare migliaia di stati (non 2‐3 come nell’analisi di sensitività) calcolati sulla base delle variazioni dei dati  di  input  definite  dal  decisore  sulla  base  di  distribuzioni  probabilistiche.  Questa  è  dunque  una  tecnica  che  non dà risultati deterministici ma una determinata distribuzione statistica dei valori di output.          Pagina | 17    

    PREGI:  ‐ capacità di analisi: si possono modellizzare problemi di investimento di grandi dimensioni e complicati, si  possono testare diverse ipotesi sul modello e sui  dati di input, inoltre in modo automatico è possibile  ottenere analisi di sensitività su singole variabili o dati di input;  ‐ rappresentazione  statistica  delle  variabili  di  output  (VAN  e  SRI):  esse  possono  risultare  più  facilmente  comprensibili per operatori non avvezzi al linguaggio economico.    ELEMENTI PRINCIPALI DELLA TECNICA:  ‐ parametri: input specificati dal decisore o dall’analista dell’investimento e quindi controllabili;  ‐ variabili di input esogene: variabili di ingresso dipendenti da eventi che non sono sotto il controllo del  decisore, il cui andamento è però descrivibile in termini probabilistici;  ‐ variabili  di  output:  rappresentano  i  risultati  della  simulazione,  si  tratta  degli  indicatori  utilizzati  per  misurare la validità dell’investimento (VAN,SRI,…);  ‐ modello: equazioni matematiche che descrivono le relazioni tra le componenti del sistema e definiscono  il legame degli output con i parametri e le variabili di input.    APPLICAZIONE DEL METODO:  ‐ identificazione delle variabili esogene e dei parametri: si tratta di individuare gli elementi critici dai quali  dipende il valore economico del progetto;  ‐ definizione del modello: occorre esplicitare le relazioni matematiche che consentono la determinazione  del risultato desiderato in funzione delle variabili di input e dei parametri;  ‐ attribuzione  delle  distribuzioni  di  probabilità:  è  necessario  specificare  la  distribuzione  di  probabilità  di  ogni variabile di input;  ‐ impostazione  delle  simulazioni  ed  effettuazione  degli  esperimenti:  fissando  il  numero  di  iterazioni  da  eseguire, implementando gli algoritmi di generazione dei numeri pseudocasuali,…;   ‐ verifiche  dei  risultati  e  produzione  dei  rapporti  finali:  al  termine  delle  simulazioni  si  possono  eseguire  alcune verifiche al fine di valutare eventuali problemi con il procedimento implementato.    VALUTAZIONE DELL'INCERTEZZA    I  metodi  tradizionali,  anche  quando  incorporano  l’analisi  del  rischio,  assumono  sempre  il  fatto  che  il  promotore sia legato ad una determinata strategia operativa fissa ed immutabile. Non riescono dunque a  tenere  conto  dei  possibili  scenari  futuri  che  possono  essere  migliori  rispetto  all’investimento  attuale,  pur  profittevole.  È  indispensabile  invece  riuscire  a  dare  un  valore a questa  possibilità  di  aspettare  e  ritardare  l’investimento ovvero valutare il valore d’opzione.    Opzione finanziaria  L'opzione è un contratto che assegna ad uno dei contraenti, dietro versamento di  un  premio,  il  diritto,  e  non  l'obbligo,  di  acquistare  (call  option)  o  di  vendere  (put  option)  una  certa  quantità  di  un  dato  prodotto,  ad  un  prezzo  predeterminato  (strike price), ad una scadenza fissata (opzione europea) o entro la stessa (opzione  americana).    CALL OPTION:  se il valore al momento della scadenza è superiore allo strike price, si esercita l'opzione altrimenti la si lascia  cadere e si acquista sul mercato.  Per prezzare una call option la si fa equivalere ad un investimento risk free:            Pagina | 18   

  con  S  valore attuale  Su   valore che si avrà fra un anno con probabilità p (Su > S)  r  tasso per investimento risk free    Real option  L'approccio delle opzioni reali è l’estensione della teoria delle opzioni finanziarie alle attività reali.  ‐ opzione di abbandono (disinvest): possibilità di vendere o abbandonare un progetto di investimento;  ‐ opzione di ampliamento (grow): opzione di aumento delle dimensioni di un progetto;  ‐ opzione  di  differimento  dello  sviluppo  (defer):  capacità  di  ritardare  l'esecuzione  di  un  progetto  di  investimento non pregiudicandone l'attuazione;  ‐ opzione di riduzione (shrink): opzione di riduzione delle dimensioni di un progetto;  ‐ opzione  di  scambio  (switch  up  –  switch  down):  progetti  di  investimento  che  possono  essere  accesi  o  spenti  nella  loro  vita  utile  (trivellazione  per  petrolio,  centrale  elettrica  con  diverse  possibilità  di  alimentazione,…).       

Pagina | 19    

    L’ANALISI COSTI – BENEFICI (ACB)    Si basa sulla misura monetaria di tutti gli aspetti contenuti nell'analisi come per l'ACR, ma considera anche  una serie di aspetti non previsti dall'ACR (esternalità) e misura tutto rispetto a convenienze pubbliche (non  private).    Elementi differenziali considerati nell’ACB  L'ACR  considera  solo  ciò  che  comporta  costi  e  ricavi  per  l'impresa  e  il  resto  viene  trascurato,  l'ambito  pubblico  deve  invece  considerare  tutto  ciò  che  fa  variare  il  benessere  sociale  anche  se  questo  non  rappresenta una variazione di costi e ricavi per l'impresa. Ci sono dunque dei fattori della produzione che  sono irrilevanti per l'impresa (sia positivi che negativi) ma non per il benessere sociale e quindi uno stesso  bene può avere due valenze differenti a seconda che lo si consideri con ottica pubblica o privata.    Esternalità (effetti esterni)   Sono  “imperfezioni”  del  mercato  che  derivano  dal  fatto  che  l'impresa  non  è  una  “black  box”  ma  è  permeabile a molti aspetti non regolati dal mercato (inquinanti, creazione di occupazione,...).  In realtà esistono normative che regolano in parte  gli scambi  tra imprese e ambiente esterno (normative  ambientali,...)  che  in  qualche  modo  internalizzano  le  esternalità  (si  hanno  costi  per  evitare  sanzioni),  tuttavia non è detto che rispettare le normative significhi non arrecare danni alla collettività.    Ambito di valutazione  Il  sistema  economico  viene  considerato  solitamente  circolare  e  chiuso  (produzione  e  consumo  di  prodotti/fattori  produttivi)  e  può  essere  visto  sia  come  flusso  produttivo  che  come  flusso  monetario  (inverso).                            In realtà non è chiuso perché si hanno scarti di consumo o di produzione che finiscono nell'ambiente: se si  produce al di sotto della capacità di assorbimento dell'ambiente, lo scarto può essere risorsa, altrimenti è  un danno. Si  ha dunque che le esternalità hanno  effetti  tanto  maggiori quanto più piccolo è il sistema  di  riferimento rispetto all'entità delle attività.    Il  problema  nasce  dall'incapacità  di  difendere  i  diritti  di  proprietà  per  alcuni  aspetti.  Per  i  beni  mobili  e  immobili  la  situazione  è  più  semplice  perché  sono  efficacemente  regolati  o  regolabili,  per  gli  altri  è  più  complicato  perché  non  esistono  regole  perché  non  è  possibile  fissarle  oppure  perché  i  beni  non  sono  controllabili (ad esempio quando controllare costerebbe più dell’eventuale danno).  Il  mercato  funzionerebbe  ottimamente  e  la  produzione  delle  esternalità  sarebbe  ottimizzata  (impossibile  azzerarla) se fosse possibile regolarizzare tutti gli aspetti (anche le esternalità), perché ci sarebbe equilibrio  tra chi emette e chi riceve l'emissione e quindi ottimizzazione.  Il problema è appunto la capacità di far rispettare il diritto di proprietà su alcuni beni, specie su quelli non  difendibili  (odori,...),  perché  spesso  il  costo  per  far  rispettare  le  norme  sarebbe  maggiore  del  beneficio  ottenuto (non ha senso implementare la regola in queste situazioni).  Pagina | 20   

Una possibilità sarebbe quella di considerare l'intervento pubblico: il sistema dei costi di implementazione  della  norma  si  ridurrebbe  e  quindi  il  controllo  delle  esternalità  funzionerebbe.  Inoltre  è  necessario  osservare  che,  giorno  per  giorno,  grazie  all’evoluzione  tecnologica  sempre  più  aspetti  diventano  controllabili.    1. CARATTERISTICHE DEI BENI AMBIENTALI    L'economia  del  benessere  individua  due  caratteristiche  nel  consumo  dei  beni  che  li  rendono  privati  o  pubblici:  ‐ Rivalità  nel  consumo:  la  competizione  dipende  dalla  modalità  d'uso  o  fruizione,  il  bene  può  essere  ad  uso  perfettamente  rivale  (viene  distrutto  con  il  primo  utilizzo  oppure  rivalità  sul  piano  temporale),  a  consumo  non  rivale  (es:  strada  al  di  sotto  del  limite  di  congestione)  o  fruibile  in  entrambi  i  modi  (es:  durante  un  safari  un  leone  può  essere  fotografato  o  ucciso).  La  rivalità  del  bene  influisce  sulla  produzione  e  sul  costo:  se  il  bene  è  a  consumo  rivale  la  quantità  consumata  coincide  con  la  quantità  prodotta, altrimenti basta che sia prodotto una volta sola.  ‐ Escludibilità  tecnica  o  economica:  possibilità  di  escludere  alcuni  dalla  fruizione  del  bene  (bene  escludibile). Se il bene è difendibile è possibile regolarlo (solitamente con il prezzo), se non si è capaci di  difenderne la proprietà non si ha interesse a produrre il bene.    I beni possono essere quindi distinti in:  ‐ beni privati puri: caratterizzati da rivalità e esclusione, per questi il mercato funziona bene da sé;  ‐ beni pubblici puri: non rivali e non escludibili, il privato non ha interesse a produrli, è sufficiente che lo  Stato li produca una sola volta e poi sono a disposizione di tutti (non rivali);  ‐ beni misti:  o non rivali ma escludibili: beni privati prodotti dal settore pubblico, performing arts (cinema, musei,...)  o rivali  ma  non  escludibili:  beni  collettivi  prodotti  dal  settore  privato,  vengono  sprecati  perché  non  possono essere regolati, problemi di tutela (acqua di falda,…).   

    COMPORTAMENTO ECONOMICO (STRATEGICO) E USO DELLE RISORSE PUBBLICHE    Ci sono meccanismi nei processi decisionali con fondamenti razionali ma che portano ad effetti indesiderati.     Si consideri il caso in esempio in cui si hanno due soggetti A e B che sfruttano una risorsa in modo regolato.  Se  entrambi  seguono  le  regole  la  risorsa  si  mantiene,  se  assumono  un  comportamento  predatorio  avrebbero un vantaggio immediato ma comprometterebbero la produttività della risorsa.    Si osserva ora il sistema delle convenienze:  ‐ se entrambi seguono le regole: entrambi portano a casa 30;  ‐ se entrambi sono predatori: entrambi portano a casa 15 perché sfruttano male per arraffare;  ‐ se A è predatore e B segue le regole (o viceversa): della risorsa si riduce da 60 a 50, la maggior parte va  ad A (40) e meno a B (10).  Pagina | 21    

                          Seguire  le  regole  converrebbe  dunque  ad  entrambi,  ma  in  realtà  ognuno  ragiona  per  conto  suo:  se  A  si  comporta  bene  come  B  incassa  30,  se  è  predatore  e  B  segue  le  regole  incassa  40;  quindi,  indipendentemente da quello che fa B, gli conviene essere predatore. Discorso analogo vale per B quindi ci  si troverà nella situazione in cui entrambi incassano 15.    Il sistema delle convenienze è razionale ma porta a errati comportamenti perché ognuno adotta un punto  di vista individuale (la società è individualista, se il mercato non è regolato o regolabile ci si comporta male).  Per risolvere questa situazione è necessario un controllo pubblico che costringa a seguire le regole oppure  l'instaurazione di un rapporto di fiducia forte tra A e B (regole comuni accettate da entrambi).    COMPONENTI DEL VALORE ECONOMICO TOTALE    Per capire il valore di un bene è necessario analizzare il fenomeno a cui si associa: compravendita o utilità in  sé.  Per  l'imprenditore  privato  il  valore  del  bene  coincide  con  il  prezzo  ossia  il  bene  vale  ciò  che  rende  in  termini monetari. In ambito pubblico o sociale non si ha una funzione di profitto, il valore è indipendente  dal prezzo (può coincidere oppure no) ma è legato all'utilità/benessere che la collettività guadagna o perde  con l'investimento. Il valore inoltre non è solo legato alla fruizione del bene, è necessario definire un valore  economico totale.    Le componenti del valore economico totale sono:  ‐ valore d'uso: commisurato al flusso di utilità per il fruitore durante la fruizione  o diretto: fruizione diretta,  o indiretto: se la fruizione avviene tramite foto, filmati,...;  ‐ valore di non uso:  o valore di opzione: ciò che si sarebbe disposti a pagare per avere la certezza di poter eventualmente  fruire in futuro di beni di cui non si può fruire ora ma a cui viene riconosciuto comunque un valore,  o valore di lascito: il benessere è generato dal sapere che il bene sarà lasciato intatto alle generazioni  future, indipendentemente dalla possibilità che io ne possa fruire in futuro,  o valore di esistenza o intrinseco: componente con fondamenti etici o morali, ad esempio il riconoscere  diritti ad altre forme viventi indipendentemente dal rapporto di utilità.    I beni solitamente accumulano, con  gradi diversi, più  componenti.  L'unica  componente  che  trova sempre  concretizzazione  in  un  prezzo  è  il  valore  d'uso  diretto  (l'indiretto  non  sempre),  quindi  il  prezzo  è  un  riferimento  inadatto  del  valore  economico  totale  del  bene  nel  caso  in  cui  le  componenti  di  non  uso  non  siano trascurabili.    Si possono avere due tipi di bene:  ‐ beni  riproducibili:  possono  essere  riprodotti  se  necessario,  il  VET  è  costituito  dal  solo  valore  d'uso  (si  trae beneficio dall'uso) a meno di questioni di tipo etico;  ‐ beni  irriproducibili:  il  VET  è  composto  essenzialmente  da  valori  di  non  uso  (opzione,  lascito,  esistenza  solo se vivente), può esserci anche una componente di valore d'uso indiretto.  Pagina | 22   

Guardando alla riproducibilità è quindi possibile valutare se il VET è legato al valore d'uso o di non uso.  Spesso i beni con elevato valore di non uso (ville, castelli,…) faticano a vedersi riconoscere il proprio VET,  spesso perché inutilizzabili se non trasformati drasticamente (ma si hanno vincoli). In questi casi il valore di  non  uso  è  elevato  ma  sfugge  al  mercato  ed  è  dunque  necessario  un  intervento  pubblico  per  farne  riconoscere il valore.    I beni irriproducibili si possono distinguere in:  ‐ beni surrogabili: se è il bene è perfettamente surrogabile lo si assimila ad un bene riproducibile (valore  d'uso);  ‐ beni non surrogabile: in questo caso lo si assimila ad un bene irriproducibile (valore di non uso).  Quindi il peso dei valori di non uso dipende dal grado di surrogabilità.    Si osserva inoltre che il privato considera solo i valori d'uso escludibili nelle sue valutazioni, la collettività  considera i valori d’uso e non uso non escludibili.      Componenti del valore economico totale  Tipo di bene  Uso  Opzione  Esistenza  Lascito  Riproducibile  sì  no  *  no  Surrogabile  sì  **  */**  **  Irriproducibile  Non surrogabile  sì  sì  sì  sì  * dipende da questioni di tipo etico  ** dipende dal livello di surrogabilità 

  2. IDENTIFICAZIONE DEGLI INPUT ED OUTPUT DEL PROGETTO    Per  l’ACB  si  devono  considerare  tutte  le  voci  che  generano  utilità/disutilità,  è  dunque  necessaria  un'identificazione tecnica di tutto ciò che il progetto “consuma” (perdite d'utilità, flussi d’utilità negativa) e  ciò che “genera” (flussi d’utilità positivi).    Si distinguono, per praticità, input e output che hanno un mercato e quindi un prezzo di mercato (ne misura  il valore o parte di esso) e quelli senza mercato (esternalità) per i quali non si ha un prezzo ma è comunque  necessario considerare il benessere generato.    Gli  input  e  output  da  considerare  sono  molti,  possono  essere  suddivisi  in  6  categorie  in  base  a  chi  è  interessato dagli effetti:                                  Il problema è dare una valutazione economica a tutti questi parametri tecnici (specie le esternalità).    Pagina | 23    

    3. DEFINIZIONE DEI VALORI MONETARI DEGLI INPUT E OUTPUT    Il  valore  monetario  misura  le  variazioni  di  benessere/utilità,  ipotizzando  che  esista  sempre  un  corrispondente monetario attribuibile ad ogni variazione di benessere (l'obiettivo è misurare la quantità di  moneta da corrispondere).  Il  sistema  dei  prezzi  non  è  sufficiente  per  valutare  la  convenienza  perché  spesso  i  prezzi  non  ci  sono  o  considerano solo alcuni aspetti.  La variazione di benessere è quindi sempre rappresentata da una disponibilità a pagare, che talvolta (non  sempre) è indicata da un prezzo registrato sul mercato.    VALUTAZIONE A PREZZI DI MERCATO    Variazioni nella produzione e variazioni di benessere  Un progetto insiste sempre su un equilibrio economico preesistente (q1,p1). Se il progetto varia la funzione  di costo dell'impresa, varia la funzione d'offerta (se l'effetto è benefico sia una traslazione verso il basso) e  quindi  l'equilibrio  (q2,p2).  Confrontando  i  due  equilibri  è  possibile  valutare  il  beneficio  totale  (misura  monetaria del benessere introdotto nel sistema economico in esame).        Nell'esempio  si  ha  un  incremento  di  rendita  totale  (Omc,Oms,A,B),  in  particolare  si  osserva  che  le  rendita  del  produttore è simile nei due casi (p1,A,Oms ≅ p2,B,Omc) mentre  la  rendita  del  consumatore  aumenta  di  molto  (p1,p,A  <<  p2,p,B). L'aumento di rendita del consumatore è indice di una  maggiore disponibilità a pagare, il progetto porta dunque ad  un beneficio.      Effetti indiretti    È  necessario  considerare  tutto  ciò  che  si  innesca  a  seguito  del  progetto  perché  il  sistema  economico  è  molto  interrelato,  non  è  possibile  considerare  solo  gli  effetti  primari  ma  si  deve  tener  conto  anche  degli  effetti indiretti.    Riprendendo l'esempio precedente un aumento di produzione  porta  ad  un  aumento  dei  redditi  distribuiti,  la  funzione  di  domanda  trasla  verso  l'alto  e  si  ha  dunque  un  aumento  di  rendita  (sia  per  il  produttore  che  per  il  consumatore)  come  effetto indiretto della traslazione di domanda.    È dunque difficile utilizzare il sistema dei prezzi in quanto essi  variano nelle ipotesi con e senza progetto e perché il beneficio  generato è commisurato più alla rendita (differenza fra ciò che  si paga e ciò che si sarebbe disposti a pagare) che al prezzo.      Con riferimento alla figura seguente, la disponibilità marginale a pagare dei consumatori è p1, il beneficio  percepito dal consumatore è pari alla disponibilità marginale a pagare che coincide con il prezzo di mercato  in quanto si è in una situazione di equilibrio.      Pagina | 24   

Se il progetto modifica la produzione in modo trascurabile, il mercato non è influenzato e il prezzo rimane  p1,  dunque,  se  i  benefici  sono  modesti,  si  valuta  alla  disponibilità  a  pagare  in  base  al  prezzo.  Se  invece  il  progetto ha un effetto evidente sul mercato, il prezzo non è un buon indicatore della disponibilità a pagare  perché se si valutasse a p1 si avrebbe una sopravalutazione.      Si  osserva  inoltre  che  il  prezzo  ha  in  realtà  due  componenti:  costo  di  produzione e tasse (incassate dallo Stato e quindi bene per la collettività).  La  vera  utilità  prodotta  per  la  collettività  deve  essere  valutata  al  netto  delle tasse.    Un  altro  aspetto  da  considerare  è  il  fatto  che  in  un  mercato  fortemente  regolamentato il prezzo non rappresenta il valore reale della risorsa.    Dal  punto  di  vista  sociale  “costa”  ciò  che  ha  alternative  di  collocazione  mentre “vale” ciò che è limitato nell'offerta.    In conclusione è necessario porre grande attenzione nel valutare costi e benefici con riferimento al mercato  perché si hanno distorsioni per imposizioni fiscali, regolamentazioni, mercati non convenzionali,… Il prezzo  non è solo frutto dell'utilità/disutilità percepita, ne è una misura imperfetta.    Anche  per  valutare  le  esternalità,  prive  di  mercato,  si  può  comunque  ricorrere  al  mercato  perché  esso  permea tutti gli aspetti della quotidianità.    MISURA DELLA DISPONIBILITÀ A PAGARE    La disponibilità a pagare rappresenta la quantità di moneta necessaria per comprare beni tali da ottenere  una pari utilità.     Il prezzo misura la disponibilità a pagare perché si ipotizza che, per i beni di mercato, il diritto di proprietà  non  sia  della  collettività  ma  del  privato  (di  altri).  Per  i  beni  privi  di  mercato  non  è  chiaramente  definito  l'effetto proprietario (talvolta lo è per legge): se sono io mi faccio pagare il bene, se è di altri devono pagare  per averlo. Non ci sarebbero problemi se disponibilità a pagare e ad essere compensati fossero uguali, ma  non è così.    Variazioni nel prezzo e variazioni di benessere  Si considera una situazione iniziale di equilibrio A (p1,q1), si ipotizza poi che, a  seguito di una modifica del mercato, il prezzo salga da p1 a p2. Si avrebbe una  riduzione  della  rendita  del  consumatore,  la  perdita  di  utilità  (p1,p2,B,A)  derivante  rappresenta  la  VARIAZIONE  COMPENSATIVA  ossia  la  quantità  di  denaro  che,  data  al  consumatore,  compenserebbe  la  perdita  di  benessere  derivata  dall'aumento  di  prezzo  (il  ragionamento  regge  se  si  ha  il  diritto  ad  avere  il  livello  d'utilità  iniziale).  Rappresenta  la  quantità  di  denaro  che  il  consumatore accetterebbe per compensare l'aumento di prezzo.  Qualsiasi  variazione  di  prezzo  ha  un  effetto  di  reddito:  se  il  prezzo  sale,  il  reddito reale del consumatore diminuisce.  La  funzione  di  domanda  trasla  verso  il  basso  tanto  più  elevato  è  l'effetto  di  reddito  derivante  dall'aumento  del  prezzo  (l'effetto  di  reddito  si  ripercuote  sull'intero  paniere  di  consumi).  È  possibile  definire  una  seconda  misura  di  perdita di benessere, legata alla funzione di offerta derivante dall'aumento di  prezzo e non riferita alla funzione di domanda originaria (caso precedente).  Si definisce VARIAZIONE EQUIVALENTE la quantità di denaro che compensa la  Pagina | 25    

    perdita di benessere assumendo che il consumatore non abbia diritto al livello di utilità iniziale ma al livello  di utilità dopo la variazione ossia la quantità di denaro che il consumatore sarebbe disposto a pagare per  evitare  l'aumento  di  prezzo.  Se  l'effetto  di  reddito  è  trascurabile  la  variazione  equivalente  tende  a  coincidere con la variazione compensativa.    Le  funzioni  di  domanda  considerate  finora  sono  dette  hicksiane:  tengono  conto degli effetti indotti da variazioni di reddito reale. È possibile viceversa  definire  una  funzione  marshalliana  di  domanda,  ossia  a  reddito  costante.  Rispetto  a  essa  è  possibile  definire  una  VARIAZIONE  MARSHALLIANA  che  descrive la DAP per un bene in rapporto al reddito effettivamente disponibile.    Variazioni nella quantità variazioni di benessere  Si considera un bene per cui esiste un livello minimo di servizio da garantire  (sicurezza, paesaggio,...) non fissato da una contrattazione e si considera che  la  fruizione  del  bene  sia  gratuita.  Si  realizza  un  grafico  in  cui  si  analizza  la  relazione tra livello di servizio (q) e disponibilità a pagare (wtp).  Si  definisce  q1  il  livello  minimo  iniziale,  il  benessere  totale  coincide  con  la  disponibilità  a  pagare  per  avere  quel  livello  minimo.  Se  si  vuole  ridurre  il  livello  di  servizio  da  q1  a  q2,  la  quantità  di  denaro  per  compensare  l'utilità  perduta  viene  definito  SURPLUS  COMPENSATIVO  (quantità  di  denaro  che  sarei disposto a ricevere per rinunciare ad un miglioramento o accettere un  peggioramento).    Alla  riduzione  a  q2  corrispondono  però  delle  variazioni  di  consumo,  si  ha  dunque un effetto di reddito (se il reddito scende, la disponibilità a pagare  scende), la funzione trasla e si definisce il SURPLUS EQUIVALENTE ossia la  disponibilità a pagare per evitare il peggioramento (quantità di denaro che  sarei disposto a pagare per ottenere un miglioramento).          Analogamente  al  caso  precedente  è  possibile  definire  un  SURPLUS MARSHALLIANO.    Nota: si parla di variazioni se ci si riferisce a modifiche di prezzo,  di surplus se ci si riferisce a modifiche di quantità.  BENI AMBIENTALI   

Pagina | 26   

Compensazione monetaria  La  funzione  di  utilità  dipende  da  ciò  che  ci  si  può  permettere  (M,  reddito)  e  da  ciò  che  il  contesto  socio‐ economico offre (q, ad es: qualità ambientale).  In una situazione iniziale l'individuo con un reddito M1 e in un contesto che offre q1 ha un livello d'utilità U1  che può essere diversamente composto.    Se la qualità ambientale peggiora (si passa da q1 a q2) e il reddito  non  cambia,  si  avrà  un  nuovo  equilibrio  in  B  a  cui  corrisponde  una  funzione  di  utilità  U2  che  rappresenta  un  grado  di  soddisfazione inferiore al precedente. La misura monetaria della  perdita di benessere ossia la quantità di denaro che, aggiunta al  reddito,  riporta  al  livello  di  utilità  precedente  è  DAC  =  M2  ‐  M1,  essa  rappresenta  la  disponibilità  ad  accettare  una  compensazione, riporta sulla funzione di isoutilità U1 surrogando  però  il  benessere  con  un  aumento  di  reddito  a  scapito  di  una  perdita di qualità (C).         Disponibilità a pagare  Nel caso in cui l'individuo non abbia il diritto ad avere un'utilità U1  (ad  es.  perché  tale  livello  è  casuale),  non  si  può  pretendere  di  essere  compensati  per  il  passaggio  da  q1  a  q2,  ma si  può  pagare  per evitare questa riduzione e rimanere al livello q1. La variazione  di  benessere  è  misurata  dunque  da  una  disponibilità  a  pagare  DAP = M1 – M2.    Si ha sempre DAP < DAC.      NB: manca il grafico relativo  Riassumendo  alla  DISPONIBILITA’  A    Stato attuale del  Proprietà  COMPENSARE.  Vedi  i  lucidi  bene ambientale  Individuale  Collettiva *  del prof.  Accessibile  DAC  DAP  Non accessibile  DAP  DAP  * difficile trovare una precisa struttura di proprietà a meno  che non sia prevista da norme 

  Tipo di evento  Positivo  Negativo 

Ipotesi sull’evento  Accade  Non accade  DAP per goderne  DAC per rinunciarvi  DAC per compensarlo  DAP per evitarlo 

  Nella maggior parte dei casi si cerca DAP per evitare un peggioramento o ottenere miglioramenti.                Pagina | 27    

    4. METODI PER LA VALUTAZIONE MONETARIA DI BENI AMBIENTALI    Nel  caso  non  sia  presente  un  sistema  di  prezzi  di  mercato,  è  possibile  ricorrere  a  metodi  che  misurano  la  variazione  di  surplus  (di  solito  surplus  equivalente)  partendo  dalla  stima  di  una  funzione  di  domanda  sulla  base  di  dati  raccolti  tramite  interviste  (metodi  diretti)  oppure  da  osservazioni  reali  sul  mercato  (metodi  indiretti),  quest’ultima  modalità  è  possibile  per  quei  beni/servizi  che,  pur  non avendo un loro mercato (vista, rumorosità,...),  sono legati al mercato di altri beni (abitazioni).    Nei  metodi  indiretti,  nel  caso  si  abbiano  a  disposizione  molti  dati  di  elevata  qualità,  si  può  misurare  il  valore  degli  attributi  riferendosi  al  mercato  di  beni  cui  gli  attributi  si  riferiscono  (metodi  edonimetrici)  altrimenti  la  funzione  di  domanda  del  bene  pubblico  può  essere  stimata  in  base  all'osservazione della variazione di spesa accettata per raggiungerlo (metodi del costo di viaggio).    Si  possono  utilizzare  tuttavia  metodi  più  speditivi  che  fanno  un  ampio  ricorso  all'estimo.  Servono  per  determinare valutazioni minime in quanto partono dal presupposto che un bene valga almeno quanto sono  disposto  a  pagare  per  fruirne  (impiego  alternativo),  si  cerca  l'equivalenza  tra  la  variazione  di  qualità  e  la  variazione di spesa derivante.    4.1 Metodi diretti    La  valutazione  diretta  si  fonda  sulla  DAP  espressa  proprio  per  il  bene  che  si  sta  valutando.  I  metodi  diretti  possono  basarsi su dati osservati oppure ipotetici.  I dati osservati possono rifarsi a:  ‐ referendum: ogni cittadino fa un bilancio tra vantaggi e  svantaggi  e  vota  una  proposta  se  l'utilità  complessiva  è  positiva,  si  ottiene  una  misura  diretta  non  della  singola  esternalità ma del complesso (difficile realizzare sempre  referendum ad hoc);  ‐ mercati sperimentali: si trasforma il bene da pubblico a privato e si osserva il valore che esso assume, il  problema di questo approccio è il fatto che i mercati sperimentali di solito costano molto.  Entrambe queste situazioni non sono molto frequenti per  loro natura, mentre la necessità di valutare  un  esternalità è spesso frequente.    Per questo motivo spesso si ricorre ad interviste: il soggetto viene posto davanti ad una situazione ipotetica  ma credibile ed è chiamato a dichiarare la propria DAP in vario modo. La bontà della valutazione risiede nel  rigore della rilevazione e nella coerenza delle risposte ottenute.  Non esistono però possibilità di validare questo tipo di valutazioni perché spesso non sono riscontrabili nei  comportamenti, sono valori di non uso. Il valore di non uso è autoreferenziale (non può essere validato in  nessun altro modo), l'unico aspetto che rende attendibile  questa procedura è la sua correttezza, il rigore  del sondaggio. Solo la valutazione contingente permette di valutare i valori di non uso.          Pagina | 28   

VALUTAZIONE CONTINGENTE    Consiste nella simulazione di un mercato ipotetico del bene ambientale: il consumatore dichiara la propria  DAP a fronte di una variazione nello stato del bene ambientale durante un'intervista.    Tipi di intervista  ‐ Personale (on site o off site): soluzione migliore, il questionario è ben compilato perché l'intervistatore è  formato e la gente si fida, il problema è il costo;  ‐ Telefonica:  vanno  bene  se  il  consultato  ha  un'idea  dell'oggetto  di  discussione,  è  più  complicato  se  l'individuo non si riscontra quotidianamente con i beni analizzati, ha il vantaggio di costare poco;  ‐ Postale: si invia il questionario e una busta preaffrancata per la restituzione, di solito torna 10‐15% dei  moduli inviati, il rischio è di avere un campione di risposta non attendibile (autoselezione), costa poco;  ‐ Internet:  minor  costo  e  maggiori  risposte,  il  problema  è  legato  alla  distorsione  dovuta  al  fatto  che  la  collettività che frequenta la rete è diversa dalla collettività globale, ha caratteristiche specifiche.    Taratura delle questionario  Per  ottenere  una  buona  valutazione  è  necessario  realizzare  un  questionario  preciso  (non  equivoco)  e  chiarire che si tratta di valutazioni ipotetiche. La fase di taratura può avvenire in due modi:  ‐ focus  group:  brain  storming  tra  un  gruppo  di  possibili  intervistati  che  indicano  gli  elementi  critici  del  questionario, al termine si passa al pre‐test;  ‐ pre‐test: sondaggio preliminare i cui dati sono utilizzati per evidenziare le criticità e non vengono usati  per fare valutazioni.    Struttura del campione  Il  campione  (non  solo  quello  contrattato  ma  anche  quello  che  effettivamente  risponde)  deve  essere  rappresentativo della popolazione di riferimento al fine di minimizzare gli errori di misurazione.    Possibili distorsioni nel campionamento derivano da:  ‐ imprecisa conoscenza della popolazione rispetto alle variabili che influiscono sulla DAP: di solito non è  un problema perché si dispone di buone banche dati;  ‐ mancata risposta: riguarda solitamente persone di cultura medio‐bassa;  ‐ selezione temporale: specie per le interviste telefoniche (in quel giorno/ora rispondono solo casalinghe);  ‐ autoselezione.  Esistono possibili rimedi solo per le interviste personali ma spesso sono costosi e poco eleganti.    Struttura delle questionario  ‐ Descrizione del bene: ubicazione, quantità, qualità, tempo, benefici indiretti,… La descrizione non deve  influenzare la risposta, dev’essere asettica perché spesso ciò che si valuta è sconosciuto ai più.  ‐ Definizione  dei  cambiamenti  prospettati:  sia  nel  caso  si  intervenga,  sia  nel  caso  non  lo  si  faccia.  Variazioni nella quantità o nella qualità, effetti diretti e indiretti dei cambiamenti.  ‐ Definizione  del  mercato  ipotetico:  definizione  dei  diritti  (quali  diritti  ha  la  collettività  e  quali  no),  condizione  di  fruizione,  mezzo  di  pagamento  (in  che  forma  si  concretizza  la  DAP).  Essenziale  per  la  corretta definizione della DAP.  ‐ Elicitazione  della  DAP/DAC:  la  modalità  di  pagamento  (biglietto  d'ingresso,  imposta,…)  non  deve  suscitare di per sé un rifiuto. È importante anche la procedura di rilevazione della DAP perché il modo di  porre la domanda influisce sulla risposta.  o Risposta aperta: permette di ottenere una distribuzione della DAP da  estendere  alla  popolazione  se  il  campione  è  rappresentativo.  La  distribuzione  dovrebbe  essere  asimmetrica  verso  l'origine  perché  la  DAP è influenzata dal reddito e sono più le persone a reddito basso  (posso usare questo fatto come misura di robustezza dell'indagine),  se non è così significa che le risposte non sono attendibili oppure il  Pagina | 29    

    prezzo  da  pagare  è  molto  basso.  La  risposta  aperta  può  non  essere  buona  quando  gli  intervistati  rispondono  in  base  a  ciò  che  si  aspettano  succeda  in  seguito  alla  loro  risposta,  ma  anche  perché  è  difficile farsi un'idea sul valore di un bene pubblico e spesso la risposta non rappresenta il massimo  valore che sarei disposto a pagare (si tende a sottostimare).  o Risposta  iterativa:  si  fa  convergere  il  soggetto  ad  una  DAP  partendo  da  cifre  proposte  dall'intervistatore (ricerca dicotomica). Il problema è che la DAP finale è influenzata dalle prime cifre  proposte (provato statisticamente), per ovviare si varia sistematicamente la cifra iniziale.  o Cartelle di pagamento.  o Risposta  chiusa:  si  pone  una  sola  domanda  (single  bounded)  oppure  anche  una  seconda  domanda  per  restringere  l'intervallo  (double  bounded).  Si  osserva  che  variando  la  cifra  si  ottiene  una  distribuzione  di  probabilità  di  risposta,  per  avere  una  valutazione  corretta  è  necessario  stimare  un  range  di  cifre  di  partenza  attendibile.  Sono  molto  usati  perché  è  dimostrato  che le risposte ottenute sono oneste.  ‐ Caratteristiche  socio‐economiche:  permettono  di  verificare  la  robustezza  delle  valutazioni  ottenute  verificandone  la  coerenza  tra  i  risultati  e  le  caratteristiche  socio‐economiche  che  li  dovrebbero  influenzare:  età,  titolo  di  studio,  professione,  reddito  (si  chiede  alla  fine),  preferenze,…  A  queste  si  aggiungono  domande di  debriefing  (grado di  comprensione della valutazione, grado di collaborazione,  presenza di risposte strategiche) sulla base delle quali scartare alcuni questionari.    Fonti d'errore  ‐ Risposte  strategiche  (free  riding):  si  hanno  se  si  intervista  uno  popolazione  già  influenzata,  porta  a  sottovalutazioni.  ‐ Risposte  di  accondiscendenza  (yes‐saying):  per  finire  al  più  presto  l'intervista,  di  solito  portano  a  sopravalutazioni. Oppure il caso contrario del no‐saying.  ‐ Errore di informazione: l'intenzione di comportamento è diversa dal comportamento effettivo (incerti).  ‐ Errori  dovuti  a  un  inefficace  spiegazione  della  struttura  e  del  funzionamento  del  mercato  ipotetico:  risolvibili con un buon lavoro di taratura.  ‐ Errori dovuti al metodo: metodi diversi danno risultati diversi, si risolve usando il metodo più adeguato.    Pregi  ‐ ha fondamento teorico (teoria dell'utilità del consumatore);  ‐ è il solo metodo per stimare i valori di non uso;  ‐ è largamente impiegato;  ‐ raffinato nel tempo per eliminare distorsioni e rendere il metodo più realistico.    Difetti  ‐ difficile validare le stime dei valori di non uso;  ‐ alcuni risultati possono essere in contrasto con la teoria delle scelte razionali;  ‐ DAP  correlata  con  il  livello  di  conoscenza  del  bene  (si  ha  scarsa  conoscenza  sul  funzionamento  degli  ecosistemi);  ‐ i rispondenti possono non prendere sul serio la simulazione;  ‐ free riding e warm glow (ogni buona iniziativa vale almeno 50€ a prescindere dall'aspetto economico);  ‐ costoso.    CONJOINT ANALYSIS    Metodo  alternativo  ma  simile  alla  valutazione  contingente.  Vengono  poste  a  confronto  alternative  variamente  create  che  permettono  di  valutare  il  trade‐off  tra  attributo  e  costo  (quanto  vale  l'attributo).  Sono valutazioni più complesse, hanno gli stessi pregi e difetti della valutazione contingente.  Pagina | 30   

4.2 Metodi indiretti    METODO EDONIMETRICO    Si  fonda  sulla  possibilità  di  stabilire  una  relazione  econometrica  fra  la  dotazione  di  beni  ambientali  e  il  prezzo di mercato di beni immobili (terre e case) o di salari, ispirandosi direttamente al concetto di valore  complementare. Ha notevoli limitazioni di tipo teorico (precondizioni).    Premessa teorica  Il  mercato  funziona  in  base  al  comportamento  degli  individui  che  lo  compongono,  ogni  individuo  ha  un  comportamento ottimizzante: si cerca di massimizzare il benessere acquisendo beni che hanno un prezzo,  esiste quindi un vincolo all'ottimizzazione (vincolo di reddito), si tratta dunque di massimizzare l'utilità con  risorse ristrette. I beni pubblici invece sono solitamente gratuiti (per legge, consuetudine,...).  Indicando  con  X  i  beni  privati  (accesso  limitato  per  il  vincolo  di  reddito)  e  con  Q  i  beni  pubblici  (non  compaiono  nella  funzione  di  spesa)  si  ha  che  l'utilità  è  U  =  U(X,Q).  La  dotazione  di  servizi  non  è  però  indipendente  dal  luogo  in  cui  ci  si  trova,  il  mercato  incorpora  l'accessibilità  a  beni/servizi  pubblici  (che  dovrebbero essere gratuiti) aumentando la rendita dell'immobile (se la casa è vicina il suo valore aumenta).  Quindi la dotazione di servizi non è indipendente dalle scelte di consumo.  Il modello che si può sviluppare è il seguente:     

con    

    

utilità  vincolo di reddito  Q dipende dalle scelte di consumo (xk) ma anche da aspetti indipendenti ( ) 

       Il prezzo dei beni dipende dalle caratteristiche proprie (z), dalle caratteristiche ambientali immodificabili ( )  e dalla caratteristica ambientale che può essere opportunamente calibrata (q1):        Si  possono  identificare  quindi  un  prezzo  nella  situazione  di  presenza  del  bene/servizio  e  uno  nella  situazione  senza  (con  o  senza  vista  mare,  con  dieci  morti  per  strada  all'anno  o  con  uno  solo,…).  La  differenza di prezzo rappresenta la DAP per questa variazione, incorporata nel prezzo dell'immobile:        Il problema è che si incorporano solo le utilità/disutilità (e quindi la DAP) che passano attraverso il possesso  di un immobile che permette la fruizione del bene, si ottiene dunque una DAP minima.    Prerequisiti  ‐ Complementarietà  debole  fra  bene  ambientale  e  bene  di  mercato:  l'effetto  di  un  attributo  è  chiaro  e  univoco solo se è indipendente dagli altri attributi, non complementare.  ‐ Gamma  continua  di  combinazioni  fra  bene  privato  e  caratteristica  ambientale:  altrimenti  è  difficile  valutare gli effetti con precisione.  ‐ Il mercato apprezza gli attributi solo se funziona perfettamente (non sempre vero):  o mobilità della popolazione,  o uguali costi di informazione e transazione sul mercato che deve essere trasparente,  o uguale accessibilità,  o uguali preferenze e reddito.  ‐ Non ci devono essere surpluses collegati alla variazione della dotazione di risorse ambientali.  Pagina | 31    

    Per  chiarire  quest'ultimo  punto,  si  osservi  che  il  mercato  immobiliare  ha  un'offerta  infinitamente  rigida  nel  breve  periodo  (adesso  ci  sono  queste  case,  per  averne  altre  ci  vuole  tempo),  il  prezzo dipende dall'utilità percepita dalla cliente.    Si parte da una situazione di equilibrio iniziale (ps).    Prima  che  questo  il  cambiamento  si  manifesti,  la  funzione  di  domanda  trasla  verso  l'alto  perché  ci  sarà  un  miglioramento,  il  benessere  degli  individui  che  deriva  dal  sapere  che  ci  sarà  un  miglioramento è pari a ΔVQ = pc – ps.    Quando il miglioramento si manifesta, si avrebbe un incremento di  DAP se non ci fosse un adeguamento nell'offerta del bene. L'offerta  invece  diviene  elastica  e  l'incremento  di  prezzo  è  minore  dal  momento  che  la  variazione  di  offerta  calmiera  i  prezzi  (se  fosse  infinitamente  elastica  ΔV=0).  Quindi  la  variazione  di  prezzo  sottostima  la  DAP  per  il  miglioramento  se  la  funzione  di  offerta  è  elastica.    Fasi  1. RILEVAZIONE DEI DATI  Costruzione di una base dati che rilevi le variazioni di valore al variare della dotazione di beni/servizi al  fine di tracciare la funzione di valore, si necessita di molti dati (difficile).    2. STIMA DELLA FUNZIONE DI VALORE  Tramite una regressione multipla (procedura statistica che trova la funzione che meglio interpreta i dati)  sui dati tal quali (lineare) oppure utilizzando trasformate (logaritmiche):      con  V  valore immobiliare,  Ci  caratteristiche intrinseche,  Ce  caratteristiche estrinseche,  Qa  qualità dell'ambiente.    La  funzione  è  non  lineare  in  Qa  perché  si  ha  un  andamento  marginalmente  decrescente  del  grado  di  utilità,  solo  se  le  variazioni  sono  modeste  si  possono  approssimare  con  un  andamento lineare.  Il  problema  è  la  difficoltà  di  trovare  la  forma  funzionale  più  appropriata  per  definire  l'influenza  della  caratteristica  di  interesse sul valore, per ovviare si dovrebbero avere molti dati  di elevata qualità.    Stimata  la  funzione  di  valore,  si  possono  calcolare  le  differenze  di  valore  tra  due  qualsiasi  situazioni,  misurando la DAP per la variazione incorporata nel mercato immobiliare.    3. STIMA DELLA FUNZIONE DI DOMANDA  La  funzione  di  domanda  incorporata  nella  funzione  di  domanda  di  immobili  (non  è  la  funzione  di  domanda aggregata) è:    Pagina | 32   

  r  rappresenta  quindi  il  valore  marginale  dell'incremento  della qualità dell'ambiente, ovvero la rendita differenziale e  cioè il valore (costo) della variazione marginale della qualità  ambientale  che,  se  il  mercato  funziona  perfettamente,  è  pari  al  valore  del  beneficio  marginale  percepito  dagli  acquirenti (funzione di domanda).    Ne segue che 

 

    Pregi  ‐ ancorato su fatti di mercato reali e non a comportamenti ipotetici (è un dato più solido);  ‐ procedimento rigoroso sul piano teorico;  ‐ risultati di facile interpretazione e divulgazione.    Difetti  Legati principalmente ad aspetti tecnici dell'implementazione, problemi di bontà della stima della funzione  di valore:  ‐ multicollinearita:  dovuta  alla  presenza  di  significative  correlazioni  tra  le  variabili  indipendenti  (non  è  possibile avere un repacking esatto);  ‐ variabili omesse;  ‐ segmentazione  del  mercato:  regole  diverse,  apprezzamento  differente  di  uno  stesso  attributo,  si  dovrebbe trovare una funzione di valore per ogni segmento;  ‐ attese di variazione: spesso la variazione di valore è legata a attese di variazione, non variazioni vere;  ‐ assunzioni restrittive;  ‐ valutazione parziale: non tutto riemerge nel prezzo degli immobili;  ‐ elevata disponibilità dei dati;  ‐ metodo complesso sul piano statistico;  ‐ applicazione poco frequente.    METODO DEL COSTO DI VIAGGIO    Premessa teorica  Il consumatore si comporta rispetto alle spese per accedere ad un bene ambientale (costo di viaggio) come  si comporterebbe rispetto al prezzo dei beni di consumo (nel metodo edonimetrico ci si riferiva invece al  mercato immobiliare).    Si ha dunque: 

con  x  v  p  c   

  bene privato      visite al sito ambientale   prezzo del bene privato  costo per visita, prezzo di v 

   

Pagina | 33    

    La funzione di domanda del bene pubblico viene costruita valutando il comportamento al variare di c.    Si  presuppone  che  il  consumatore  reagisca  analogamente  a  variazioni  di  prezzo  dei  beni  privati  o  di  beni  pubblici. Si deve fare attenzione alla diversa percezione dei costi: si ha infatti che il costo per accedere a un  bene è formato da un costo fisso (possesso dell'auto indipendentemente dal viaggio) e un costo variabile  (carburante,  pedaggi,…, unica  componente nel caso di  utilizzo di mezzi  pubblici) ma il consumatore  tiene  conto solo dei costi variabili evidenti al momento della scelta. Inoltre è molto più sensibile a variazioni di  prezzo che al costo di viaggio: l’elasticità della domanda al variare del prezzo è maggiore di quella al variare  del costo di accesso, sono simili se si tratta di spostamenti rilevanti (spesa significativa).    Si ha dunque che il valore del bene è dato dalla somma dei costi  sostenuti per visitarlo. In particolare il costo per visita cresce con  la distanza dal sito di interesse, viceversa la frequenza delle visite,  dunque  l'utilità  percepita  dal  singolo  visitatore  (rendita  del  visitatore) diminuisce al crescere della distanza.    In  seguito  ad  una  variazione  negativa  consistente  del  valore  del  bene, ci si aspetta che il costo per la visita rimanga identico (è indipendente) ma scende la frequenza delle  visite perché varia la consistenza del bene. L'obiettivo di questi metodi è stimare la variazione di valore del  bene dovuta alla variazione di consistenza, ottenendo così la funzione di domanda.    Approccio zonale  Consiste  nell'individuare  il  numero  di  visitatori  che  si  reca  in  un  sito  e  stimarne  il  costo  per  visita  (commisurato  al  luogo  di  residenza).  Permette  di  valutare  rapidamente  il  valore  d'uso  di  siti  visitati  da  turisti, è facile da implementare anche a siti di vasta importanza.    RILEVAZIONE DEI DATI  ‐ individuazione di fasce a diversa distanza dal sito da valutare;  ‐ stima del numero di visitatori provenienti da ciascuna fascia;  ‐ rilevazione delle spese di viaggio per ciascuna fascia, indicazioni sul valore del tempo di viaggio;  ‐ rilevazione della popolazione di ciascuna fascia, delle caratteristiche socio‐economiche,...    Definite le fasce e stimato il numero dei visitatori, si determina il  tasso di frequenza (visitatori/popolazione) per ciascuna fascia e il  costo per visita (attribuendo un certo costo ad ogni km).    Si stima poi la funzione che interpola i dati osservati ottenendo la  funzione generatrice del viaggio che permette di definire il tasso  di frequenza atteso:        Questa  non  rappresenta  la  funzione  di  domanda  ma  il  rapporto  tra  tassi  di  frequenza  e  costi  per  visita  (CPV,  ciò  che  il  soggetto  sborsa  effettivamente),  rappresenta  ciò  che  succede  ai  costi  attuali,  non  se  si  hanno  modifiche.  Il  CPV  rappresenta  il  limite  inferiore della DAP, non tiene conto dell'utilità netta percepita.    Se si introduce un costo  aggiuntivo (CA, quid  dovuto ad un  effettivo aumento di  CPV  o  all'introduzione  di  un  biglietto  d'ingresso),  l'effetto  prodotto  è  analogo  a  quello  del  CPV  (stessa  reattività).  Si  può  dunque  stimare  l'introduzione  di  CA  usando la funzione già ottenuta, in particolare si stima per ogni luogo d'origine la  Pagina | 34   

riduzione del TAS dovuta all'introduzione di CA: TAS = c1 + c2 ∙ ln(CPV+CA) e quindi la riduzione del numero  di visite totali per ogni livello di costo aggiuntivo.  È  buona  norma  simulare  anche  la  situazione  CA  =  0  per  vedere la bontà della funzione generatrice di viaggio, nelle  simulazioni vengono poi considerati i dati stimati (anche se  quegli osservati sarebbero più esatti).    Considerando  la  prima  e  l'ultima  riga  si  attengono  i  punti  della funzione di domanda della popolazione per quel sito,  essa permette di definire il numero di visite se l'unico costo  è il costo di viaggio.    In  questo  modo  si  ottiene  la  funzione  di  domanda,  l'area  sottesa  a  tale  funzione  rappresenta  la  DAP  aggiuntiva  rispetto a quello che viene già pagato adesso con CPV, è la  quantificazione  monetaria  del  benessere  netto  percepito  (senza CPV).    Non interessa però definire il valore totale del bene (non lo si  vuole  eliminare),  ma  la  variazione  di  valore  a  seguito  di  un  intervento.    Per  valutare  l'eventuale  perdita  di  benessere  è  necessario  stimare  il  numero  di  visite  con  l'intervento  (si  suppone  che  esso modifiche le visite provenienti dalle varie fasce).    Quest'operazione  può  essere  fatta  solo  a  modifiche  apportate (il metodo si basa su dati osservati).    Analogamente a quanto fatto in precedenza si calcola il TAS,  si determina la nuova funzione generatrice di viaggio e infine  la nuova funzione di domanda.    La  perdita  di  benessere  annua  è  rappresentata  dall'area  compresa  fra  le  due  funzioni,  per  ottenere  la  perdita  di  benessere  totale  è  necessario  realizzare  un'attualizzazione  costante, posticipata e perpetua:          Con  il  metodo  del  costo  di  viaggio  si  stima  solo  il  valore  d'uso  diretto  attuale  perché  la  stima  si  basa  sull'osservazione della fruizione diretta attuale, si ottiene dunque una sottostima del VET.    Una delle maggiori limitazioni di questo metodo è il basarsi su dati osservati, non aiuta a scegliere. In realtà  si  possono  introdurre  elementi  d’ipoteticità  chiedendo,  ad  esempio  al  momento  della  rilevazione,  le  intenzioni di ritorno se venisse realizzato l'intervento. Si ottiene così una travel generation function basata  su dichiarazioni ipotetiche che permette di fare previsioni, ma è limitata dal fatto che la valutazione “post”  si basa su ipotesi di comportamento (meno affidabili dei dati osservati).    Il metodo del costo di viaggio con approccio zonale è però grezzo perché tiene conto solo del CPV, non di  altre caratteristiche (elasticità della domanda, reddito,... sono diverse a seconda della zona di provenienza  Pagina | 35    

    del soggetto) che vengono omogeneizzate ma ricorrere a caratteristiche economiche e sociali medie non è  sufficiente (nemmeno mediando zona per zona).  Approccio individuale  Con  questa  analisi  si  osserva  il  comportamento  del  singolo  individuo  rispetto  al  CPV,  si  cambia  dunque  punto di vista assumendo come variabile indipendente la frequenza per singolo individuo (non per zona).  Si  utilizza  questo  approccio  per  valutare  siti  che  vengono  visitati  ripetutamente  (parchi  urbani,  piste  da  sci,...) e non per luoghi visitati raramente (non ha senso definire la frequenza individuale per luoghi in cui si  va una volta nella vita).    Pregi  ‐ metodo  largamente  accettato  perché  basato  su  tecniche  economiche  standard  per  misurare  il  valore  sulla base del prezzo (ha una base teorica);  ‐ si basa su comportamenti effettivi e non ipotetici;  ‐ facile applicazione e costo contenuto;  ‐ risultati di facile interpretazione e divulgazione.    Difetti  ‐ misura solo valori d'uso degli attuali fruitori;  ‐ difficile disaggregazione del costo in viaggi e finalità multiple: il metodo funziona bene se la destinazione  del viaggio è unica, altrimenti è difficile definire la ripartizione dei costi;  ‐ controversa definizione del costo opportunità del tempo: il costo di viaggio tiene infatti conto anche del  tempo perduto, il suo valore è rilevante specie se ha un costo opportunità elevato;  ‐ non applicabile quando la fruizione non richiede spostamenti.    4.3 Metodi speditivi    METODO ESTIMATIVO    I metodi estimativi si fondano sulla possibilità di stabilire delle relazioni fra la dotazione di beni ambientali e  la  spesa  dei  consumatori,  il  valore  di  mercato  dei  beni  privati  (beni  immobili),...  Permettono  quindi  una  stima del limite inferiore della DAP a partire dall'osservazione del comportamento sul mercato.  Si ispirano direttamente o indirettamente al criterio del costo opportunità, declinandolo più precisamente a  seconda  delle  situazioni  concrete:  valutano  il  bene/servizio  sulla  base  delle  risorse  influenzate  da  quel  bene/servizio.  Si fondano su fatti reali ed osservabili, spesso con un preciso riferimento sul mercato.    Fondamento teorico  È simile a quello per il metodo edonimetrico in quanto si fonda sul comportamento ottimizzante, si tenta di  osservare  la  funzione  di  spesa  dell'individuo  piuttosto  che  quella  d’utilità  perché  questa  permette  di  agganciare la variazione di bene/servizio al mercato.    Si passa da un problema di massimizzazione dell'utilità data una dotazione di beni e servizi in relazione ad  un  vincolo  di  reddito  a  un  problema  di  minimizzazione  della  spesa  garantendo  livelli  minimi  di  utilità/benessere: se non variano reddito, prezzi e qualità dei beni/servizi, la soluzione è la medesima.   

 

 

  Pagina | 36   

 

Si osserva come l'individuo reagisce sul mercato alla variazione introdotta: il valore del bene è dato dalla  variazione di spesa che assicura il livello iniziale di utilità e quindi compensa la variazione del bene.  Gli aspetti economici utilizzabili per valutare i beni ambientali variano in base al tipo di bene da valutare.  Tutti gli approcci forniscono comunque un punto di riferimento, il livello minimo di DAP.    ASPETTO ECONOMICO  CONTESTUALIZZAZIONE  BENI VALUTABILI  Beni e/o servizi in oggetto di  Beni o servizi scambiati attivamente  Valore di mercato  compravendita  sul mercato  Valore di  Beni che producono un reddito nel  Beni con mercato limitato o assente, il  capitalizzazione  tempo  cui valore sia commisurato al reddito  Valore di costo o  Beni riproducibili senza mercato  Beni ripristinabili  produzione  Beni non riproducibili senza  Valore di surrogazione  Beni surrogabili  mercato e surrogabili  Beni privi di mercato ma che hanno  Valore di  una mercato se vengono  Beni suscettibili di trasformazione  trasformazione  trasformati  Parte di un bene non facilmente  Esternalità con significative  Valore complementare  reintegrabile  implicazioni patrimoniali    Il  problema  risiede  nel  scegliere  l'aspetto  economico  che  meglio  rappresenta  il  valore  del  bene,  non  è  semplice.  Nel  caso  si  abbiano  più  aspetti  economici  valutabili,  si  sceglie  quello  che  rappresenta  più  correttamente la variazione (serve cautela).    Pregi  ‐ precisi riferimenti al mercato;  ‐ costi e tempi di stima modesti;  ‐ coerenti con i metodi usati per la stima dei beni privati.    Difetti  ‐ approccio parziale: si stima solo una parte del VET (di solito il valore d'uso, ma non è detto);  ‐ procedimento piuttosto complicato;  ‐ problema  dei  doppi  conteggi:  molto  insidioso  specie  per  i  problemi  complessi  perché  di  difficile  valutazione ed eliminazione. Ad esempio se si somma il deprezzamento sul mercato di un immobile e la  perdita  di  reddito  dell'immobile,  si  somma  due  volte  nello  stesso  aspetto  con  due  aspetti  economici  diversi (è la perdita di reddito che dà il deprezzamento sul mercato).    4.4 Tipi di bene e metodo di valutazione    Metodo  Tipo di bene  Costo di viaggio  Edonimetrico  Valutazione contingente  Riproducibile    sì  sì  sì  Non surrogabile  sì *  sì *  sì  Irriproducibile  Surrogabile  sì **  sì **  sì  * valutazione per difetto  ** dipende dal grado di surrogazione (componenti del valore di non uso si riducono al crescere del grado di surrogabilità)               

Pagina | 37    

    Tipo di valore  Uso  Opzione  Lascito  Esistenza 

Costo di viaggio  sì  no  no  no 

Metodo  Edonimetrico  Valutazione contingente  sì *  sì  **  sì  **  sì  **  sì 

* valutazione per difetto  ** non definibile a priori 

    5. COSTRUZIONE DEL CASH‐FLOW    Nell'analisi degli investimenti pubblici la variabile temporale ha un valore maggiore rispetto a quella per gli  investimenti  privati  perché  gli  orizzonti  temporali  sono  molto  più  estesi  in  quanto  sono  interventi  che  modificano in modo permanente.    Il  primo  passo  è  la  costruzione  del  cash‐flow  dei  benefici  e  costi,  ossia  l'andamento  del  saldo  B‐C  anno per anno.    A lato sono riportati cash‐flow tipici per:  ‐ investimento privato;    ‐ investimento pubblico:  o con  orizzonte  temporale  illimitato  (valori  attualizzati da più di 80‐100 anni hanno effetti  trascurabili),    o con costi di ripristino affine utilizzo (cave),    o con  solo  costi  finali  e  saldo  non  negativo  fin  dall'inizio.    6. ASSUNZIONE DEL TASSO DI SCONTO    Il  problema  della  scelta  del  tasso  di  sconto  nasce  dalla  necessità  di  omogeneizzare  tutti  i  costi  e  benefici  futuri rispetto al momento della valutazione attuale, risulta:      con  V0  valore attuale  Vt  valore al tempo t  r  tasso di sconto    Samuelson (inizi del ‘900) capì che un tasso di interesse positivo è nemico dell'investimento a lunga durata.    Se si pretende che un investimento pubblico abbia un tasso di rendimento simile all'investimento privato,  non si avrebbero mai investimenti pubblici perché i valori attualizzati sarebbero sempre negativi.  Inoltre  è  necessario  fare  attenzione  al  fatto  che  la  struttura  della  funzione  di  utilità  sociale  cambia  nel  tempo per l'introduzione dell'intervento stesso e perché le condizioni al contorno si evolvono. Nasce quindi  il  problema  di  quale  sistema  di  valori  utilizzare  per  la  valutazione  (passato,  attuale  o  futuro?).  Una  Pagina | 38   

possibilità  sarebbe  quella  di  utilizzare  i  più  probabili  valori  futuri  ma  la  previsione  di  ciò  che  avverrà  in  futuro non è semplice anche se fosse possible a stimare molto precisamente i flussi di cassa.    Tutto  si  traduce  in  un  atteggiamento  molto  cautelativo  nel  riportare  all'attualità  eventi  che  si  manifesteranno  in  futuro,  la  scelta  del  tasso  di  sconto  è  dunque  molto  delicata,  rappresenta  come  la  società attuale guarda al futuro.    Questione etica  È  inoltre  importante  definire  se  i  fondamenti  razionali  dello  sconto  (meglio  adesso  che  domani)  possano  superare la questione etica (domani ci saranno meno risorse, meglio fare qualche sacrificio oggi che si può).  La risposta dipende dal tipo di previsione per il futuro:  ‐ pessimistica: in questo caso la questione etica è pesante, ci si orienta verso un saggio di sconto negativo  (ciò che ho adesso vale di più domani);  ‐ ottimistica: è possibile trascurare la questione etica perché tutto migliorerà in futuro, ci si orienta verso  tassi di sconto molto alti (vivere alla giornata, meglio avere adesso).    Tasso di sconto nullo  Adottarlo significa eliminare il fattore tempo (domani vale come oggi). Per gli investimenti privati non ha  senso, per quelli pubblici vi sono due obiezioni principali:  ‐ Date le caratteristiche del sistema economico, è ragionevole supporre che soggetti avversi al rischio non  adottino un tasso di sconto nullo, sarà al massimo molto piccolo ma comunque positivo. Se fosse nullo, il  valore di un fatto economico attuale coinciderebbe con quello di un fatto economico che si verificherà in  futuro (V0,0 = V0,10 = V0,100 = …) e questo è contrario all'evidenza della realtà. Il tasso di sconto può essere  nullo solo se il costo opportunità della risorsa è nullo ossia per risorse non produttive (non è mai così).  ‐ Se il tasso di sconto fosse nullo, si abbasserebbe il livello di consumo attuale per favorire consumi futuri:  se l'utilità percepita tra consumare oggi o in futuro è la stessa, non si hanno incentivi ad acquistare ora,  si è dunque  più inclini al risparmio piuttosto che al consumo (si risparmia oggi per avere un maggiore  livello di consumo in futuro). Se lo sviluppo economico è positivo si ha una situazione in cui i poveri del  tempo t risparmiano per i ricchi del tempo t+1, inoltre se nessuno spende lo sviluppo economico diviene  negativo (recessione) e tutti ci rimettono.    Tasso di sconto privato e pubblico  Il  tasso  di  sconto  deve  essere  dunque  positivo,  rimane  ora  da  osservare  il  suo  rapporto  con  il  tasso  dell'investimento privato:  ‐ Per i liberisti se si è in grado di valutare correttamente tutti i costi e i benefici non ha senso usare un  tasso diverso da quello del mercato, l'investimento pubblico deve avere almeno l'efficienza del privato.  ‐ Per altri non è possibile questa visione perché valutare precisamente tutti i costi e benefici è difficile (di  solito  vengono  stimati  i  più  rilevanti  e  si  tende  a  sottostimare  i  costi),  inoltre  la  struttura  dell'investimento  pubblico  è  più  sicura  di  quello  privato,  ha  meno  rischi  sia  dal  punto  di  vista  di  chi  finanzia  sia  per  la  percezione  dei  risultati  finali.  È  dunque  più  giusto  considerare  un  tasso  di  sconto  inferiore rispetto a quello privato.    Il  tasso  di  sconto  per  gli  investimenti  privati  è  determinato  sul  mercato  degli  investimenti,  quello  da  applicare agli investimenti pubblici è invece definito dalle politiche economiche:  ‐ tassi alti favoriscono gli investimenti di breve durata che danno subito benefici (per i momenti di crisi);  ‐ tassi bassi favoriscono gli investimenti di lunga durata che daranno maggiori benefici in futuro.    Tasso di sconto declinante nel tempo  Dal  momento  che  l'incertezza  di  un  investimento  è  proporzionale  all'orizzonte  temporale,  ne  segue  che  l'orizzonte temporale influenza il tasso di sconto. Se si considerasse un tasso fisso, ciò che accade dopo 40‐ 50  anni  non  avrebbe  nessuna  influenza  sulla  valutazione  attuale,  questo  fatto  non  è  accettabile  per  investimenti pubblici. È dunque necessario considerare un tasso di sconto declinante nel tempo: il tasso si  Pagina | 39    

    riduce  man  mano  che  l'orizzonte  temporale  si  allunga  in  modo  che  anche  i  costi  o  benefici  lontani  nel  tempo influiscano sulla decisione attuale (atteggiamento cautelativo).    Weitzman  Considerando una convertibilità discontinua (annua) e ipotizzando di avere la certezza che il capitale futuro  sarà disponibile al momento n, il fattore di sconto è:      con  r  tasso di sconto applicato ad un evento certo.  Dal  momento  che  il  futuro  è  incerto,  è  necessario  considerare  una  fattore  di  rischio  equivalente  certo  in  funzione  dell'incertezza sui tassi di sconto, esso rappresenta una media ponderata di tutti i possibili tassi  che è possibile ipotizzare per le probabilità associate:        Dal fattore di rischio equivalente certo si ricava il TASSO EQUIVALENTE CERTO:        Indipendentemente dal valore di r* rispetto a r, interessa osservare che all'aumentare di n, r* diminuisce.    Ramsey  La  DAP  dipende  dal  reddito:  può  aumentare  (diminuire)  per  l'effetto  dell'incremento  (decremento) del reddito. Ne segue che una misura eseguita adesso potrebbe essere  sottostimata se, quando il bene si materializzerà, il reddito (e quindi la DAP) sarà più  alto. È quindi necessario rivalutare in funzione del reddito oppure adottare un tasso di  sconto più basso per tenere conto dell'aumento di reddito. Inoltre la soddisfazione che  si riceve dal poter avere beni sempre maggiori non cresce linearmente con il reddito.    A  partire  da  queste  osservazioni,  Ramsey  osservò  che  la  scelta  del  tasso  di  sconto  deve  tenere  conto  di  come lo sviluppo economico modifica la base socio‐economica e quindi l'utilità derivante dal bene/servizio.   Il tasso sociale di sconto ha dunque due componenti:      con  ρ  tasso di preferenza intertemporale puro, ossia il tasso di rendimento “preteso” per posticipare il  consumo (0,5% nelle società avanzate in cui non si hanno bisogni impellenti, maggiore nelle società  in via di sviluppo);  μ ∙ g  effetto della crescita dei consumi.  μ   elasticità dell'utilità al consumo (incremento di benessere che ci si attende dagli incrementi futuri),  dipende da due effetti:  ‐ effetto di benessere: determina un μ alto, μ cresce se si prevede che in futuro andrà meglio  ‐ effetto di prudenza: non si sa quanto il benessere sarà influenzato dal reddito futuro, μ inferiori  perché ci si aspetta minori incrementi d'utilità  Studi empirici dimostrano che all'aumentare dell'orizzonte temporale, l'incertezza sulla crescita e il  fatto che il rischio ha un effetto cumulativo portano a far prevalere l'effetto prudenza sull’effetto  benessere;  g  tasso di incremento del reddito, stimato su base storica (ipotesi debole, non è detto che in futuro  andrà come in passato);    Pagina | 40   

7. CRITERI DI RENDIMENTO ECONOMICO    Valore attuale netto dell'investimento (VAN)  Rappresenta l'accumulazione iniziale del cash‐flow:   

  con  VAN  valore attuale netto dell'investimento;  Bi  benefici dell'anno i‐esimo;  C i  costi dell'anno i‐esimo;  r  tasso di sconto    VAN > 0  investimento conveniente;  VAN = 0  convenienza indefinita;  VAN < 0  investimento non conveniente.    Non  è  una  misura  di  efficienza  ma  di  efficacia  in  quanto  stima  il  beneficio  netto  prodotto  indipendentemente dalle risorse utilizzate, viene utilizzato se l'obiettivo è creare benefici subito (situazioni  di emergenza) e non ottenere la migliore allocazione delle risorse.     Saggio di rendimento interno dell'investimento (SRI)  Misura l'efficienza (produttività) di un investimento ossia la capacità di remunerare le risorse impiegate e di  generare benessere. SRI è il saggio che uguaglia ricavi e costi (annulla il VAN):    n

VAN = 0 ⇒ ∑ i =0

n

Bi

(1 + SRI )

i

=∑ i =0

Ci

(1 + SRI )

i

 

  SRI > SS   investimento conveniente;  SRI = SS   convenienza indefinita;  SRI < SS   investimento non conveniente.    La  scelta  della  saggio  soglia  (SS)  è  meno  problematica  del  caso  dell'ACR  perché  esso  è  uno  strumento  di  politica economica e quindi è fissato da organismi finanziari internazionali oppure dalla politica economica  del governo:   ‐ SS alto se si intende fare una maggiore selezione dei progetti;  ‐ SS basso se si vuole una minore selezione.    Il calcolo del SRI presenta gli stessi problemi degli investimenti privati, in particolare se il cash‐flow cambia  nel tempo si avrà un SRI multiplo. È necessario dunque essere cauti.    8. ANALISI DELLE RISCHIO E DELL'INCERTEZZA    Il  calcolo  di  VAN  e  SRI  presenta  gli  stessi  rischi  di  incertezza  degli  investimenti  privati,  si  possono  utilizzare gli stessi accorgimenti considerando però che  i benefici pubblici sono più aleatori dei ricavi privati. La  necessità  di  una  maggiore  attenzione  nell'individuare  tutto  ciò  che  è  aleatorio  porta  ad  un  grande  utilizzo  delle  analisi  di  sensitività  (come  VAN  e  SRI  variano  al  variare delle condizioni di input).  Pagina | 41    

    9. EFFETTI RIDISTRIBUTIVI    Negli  investimenti  privati  non  si  considerano  gli  effetti  ridistributivi  perché  non  si  hanno  asimmetrie  distributive tra chi sostiene i costi e chi ottiene i ricavi (è un unico soggetto, l'imprenditore). Gli investimenti  pubblici  per  loro  natura  coinvolgono  più  soggetti  e  spesso  chi  percepisce  il  beneficio  non  è  chi  sostiene  i  costi, si hanno spesso benefici generali e costi di carattere locale. Esistono meccanismi di compensazione  ma non sempre sono sufficienti.    Costi degli investimenti pubblici    COSTI PRIVATI  Di solito sono i costi di realizzazione dell'opera, in questo caso si ha sempre simmetria altrimenti l'impresa  non realizzerebbe il lavoro. In realtà non è così per tutti gli aspetti, gli espropri ad esempio prevedono un  equo indennizzo e non un risarcimento intero (diverso trattamento).    COSTI PUBBLICI  Non  esistono  norme  che  obblighino  all’indennizzo  delle  comunità  locali  in  cui  si  realizzano  le  opere  (dipende dalla capacità di negoziazione politica tra le parti). Esistono due posizioni controverse:  ‐ se il mercato funziona, la ricchezza si ridistribuisce da se, non è dunque necessario intervenire;  ‐ non è detto che i meccanismi di redistribuzione si realizzino, si deve capire chi guadagna e chi perde in  modo da orientare gli investimenti futuri, anche per evitare opposizioni all'opera.    Approcci di calcolo        Per  approfondire  gli  effetti  ridistributivi  esistono  due  diversi approcci.          VAN E SRI PER GRUPPO SOCIALE  Si esegue il calcolo di VAN e SRI disaggregati per gruppo sociale dal punto di vista dell'ambito geografico  (diverse  scale),  per  settore  economico,  per  strato  sociale,...  In  questo  modo  è  possibile  effettuare  un  bilancio  di  come  costi  e  benefici  si  distribuiscono.  Questo  è  un  approccio  analitico  ma  costoso  (un'analisi  per ogni settore) e difficile in quanto non è semplice distinguere costi e benefici di ciascun settore, specie  per quanto riguarda gli effetti indiretti.    PONDERAZIONE DEI COSTI E BENEFICI PER GRUPPO SOCIALE  Si  introducono  coefficienti  di  ponderazione  per  costi  e  benefici  in  funzione  della  “fragilità”  sociale:  si  dà  maggior peso ai benefici ottenuti e ai costi sostenuti dagli strati meno abbienti perché per essi è maggiore  l'utilità  marginale  prodotta.  Alla  fine  si  calcola  un  unico  VAN/SRI  corretto  dalla  ponderazione,  premiando  quindi i progetti che aumentano i benefici per alcuni gruppi sociali di interesse (si “guida” la ridistribuzione).  Questo metodo è molto utilizzato per valutare gli investimenti per lo sviluppo economico.                Pagina | 42   

10. DIFFERENZE FONDAMENTALI TRA ACR E ACB    Per esprimere la differenza tra ACR e ACB è necessario argomentare i seguenti punti:        ACR  ACB  Costi  Esborsi reali  Contrazioni d'utilità  1  Benefici  Incassi  Incrementi di benessere  Misura di  DAP, denaro che quantifica le  2  In base ai prezzi  costi e benefici  variazioni d'utilità  Con riferimento al costo opportunità del  Saggio di preferenza intertemporale  Tempo  capitale finanziario (mercato dei capitali  corretto per gli effetti di incremento  3  (tasso di sconto)  del reddito  finanziari)     

Pagina | 43    

    L’ANALISI MULTICRITERIO (AM)    Rappresenta un'integrazione e/o un'alternativa all’ACB. Esistono diversi approcci che non sono codificati in  maniera univoca ma seguono una stessa filosofia, sono metodi recenti (30‐40 anni).    L'obiettivo di queste analisi è la costruzione di una funzione di valore rispetto a cui ottenere un ordine di  preferibilità  (non  giudizi  di  fattibilità),  per  ottenerla  è  necessario  stimare  i  pesi  da  attribuire  a  ciascun  attributo.  Un  altro  metodo  che  si  può  utilizzare  è  quello  dell'analisi  di  concordanza/discordanza,  questo  permette  un'analisi  dei  conflitti  che  l'intervento  potrebbe  generare  (è  bene  conoscere  prima  il  consenso  per sapere come e dove operare per realizzare l'investimento).    Sono molto interessanti perché permettono di decidere indipendentemente da un'analisi costi‐benefici ma  raggiungendo  una  decisione  coerente  anche  sul  piano  economico,  inoltre  permettono  di  superare  i  limiti  dei metodi monetari di valutazione:  ‐ monetizzazione dei costi e benefici pubblici;  ‐ scelta del saggio di sconto;  ‐ assunzioni  restrittive  sulla  funzione  di  utilità  del  decisore:  si  assume  che  il  decisore  formuli  la  propria  scelta sulla base della monetizzazione di tutto (vita, salute,...);  ‐ valutazione parziale;  ‐ problema  della  valutazione  della  fattibilità:  i  metodi  monetari  portano  solo  a  valutazioni  tecniche  (efficienza), non tengono conto del consenso/conflitto sociale e politico.    L’ACB  può  essere  vista  come  una  semplificazione  dell'analisi  multicriterio  in  cui  tutti  gli  aspetti  sono  riportati ad un solo criterio di scelta (monetario).    Analisi costo efficacia  È anch'essa un'analisi multicriterio utilizzata nei casi in cui non è possibile stimare in modo preciso i benefici  risultanti da un investimento oppure questi sono legati a problemi etici non monetizzabili.  Si  considerano  come  criteri  lo  scopo  dell'intervento  e  il  costo  per  ottenerlo  e  si  cerca  una  soluzione  adeguata allo scopo prefissato.    Se  esiste  una  soluzione  preferibile  rispetto  a  ciascun  criterio  (miglior  obiettivo  e  minor  costo),  la  scelta  è  immediata. Solitamente però non è così, è dunque necessario ponderare la scelta stabilendo cosa sia più  importante.  Una  possibilità  è  quella  di  definire  una  soglia  minima  per  l'obiettivo  in  modo  da  distinguere  soluzioni ammissibili e non, poi, in base all'altro criterio (costo), si sceglie l'alternativa migliore.    Il  processo  decisionale  consiste  nella  ricerca  della  minimizzazione  dei  costi  globali,  con  i  costi  che  dipendono dalle prestazioni e vincolando a dei valori minimi di prestazione:   

  dove  Cg  costi globali;  C i  costi;  xi  prestazioni;    prestazioni minime.    Questa via è molto efficiente per risolvere i problemi solo se la soluzione che rispetta i requisiti minimi è  univoca.  Pagina | 44   

Se  invece  esistono  soluzioni  ammissibili  non  dominante  in  senso  paretiano  (A  dominata  da  D,  B  dominata  da  C)  e  per  le  quali  l'incremento  di  prestazione  non  è  trascurabile,  si  ha  un  problema  decisionale  che  non  è  possibile  risolvere  con  un'analisi  costo  efficacia  perché  questa  porterebbe  a  scegliere  C  semplicemente  perché  costa  meno,  scartando  D  che  costa  di  più  ma  garantisce  maggiori prestazioni.      L’ACB  risolverebbe  monetizzando  tutti  gli  aspetti  seguendo  una  logica  perfettamente  compensativa,  la  logica  dell'analisi  multicriterio  non  considera  invece  una  perfetta  compensazione negli aspetti in cui la funzione di valore si presenta discontinua (aspetti etici,...).    Definizioni  L'analisi multicriterio ha un proprio linguaggio specifico:  ‐ Elementi che si riferiscono alla struttura dell'analisi:  o variabile  decisionale  (decisional  variable):  leva  su  cui  agisce  il  decisore  per  perseguire  i  suoi  scopi  (oggetto dell'intervento);  Esempio: superfici di vario tipo, destinazioni, finiture, tecniche realizzative, ubicazione di una strada,  parcheggio,...;  o attributo (attribute): parametro esplicativo di un qualche aspetto del problema decisionale rispetto a  cui esplico la scelta, lo stato delle variabili decisionali viene scelto rispetto all'attributo.  Esempio: costo, ricavo, reddito, lavoro,...  ‐ Elementi che si rifanno alle caratteristiche del decisore, all'aumentare del grado di precisione (che deriva  dal grado di definizione con cui il decisore descrive ciò che vuole perseguire) si hanno:  o obiettivo  (objective):  direzione  (max  o  min)  che  il  decisore  auspica  sia  intrapresa  da  un  certo  attributo (strada da seguire);  Esempio: massimizza il ricavo, minimizza il costo,...  o livello  atteso  (targhet):  valore  di  un  certo  attributo  considerato  dal  decisore  come  punto  di  riferimento (non da raggiungere necessariamente);  Esempio: 100€ di reddito, 50 occupati,...  o traguardo (goal): livello atteso che il decisore si prefigge di realizzare con le sue scelte.  Esempio: raggiungere 100€ di reddito, occupare 50 persone,...  Di solito il decisore decide per obiettivi o per traguardi (approcci diversi).    1. PROBLEMA MULTICRITERIO    Gli  approcci  che  si  basano  sulla  monetizzazione  (ACB)  sono  problemi  tecnici  in  cui  si  hanno  soluzioni  nello  spazio  delle  variabili  decisionali  (x1,x2)  univoche  nel  caso  di  perfetta  conoscenza  della  situazione,  l'unico  problema  è  individuare  la  soluzione  ottima  rispetto  ad  un  solo  criterio  (nell'esempio la variabile indipendente è il ricavo e  l'obiettivo è massimizzarlo).    Gli  approcci  multicriterio  sono  invece  problemi  economici  perché  devono  risolvere  conflitti:  si  hanno  più  criteri e la soluzione si trova nello spazio degli attributi. Come riportato in figura, la funzione di utilità non è  completamente  scollegata  dalle  variabili  decisionali.  Rispetto  agli  attributi  la  soluzione  non  è  però  necessariamente unica: lo è se esiste una soluzione che domina le altre, altrimenti per ogni criterio si avrà  una soluzione migliore diversa.  Pagina | 45    

    Se sono definiti solo gli obiettivi non si ha una soluzione unica, in genere si ha un set di soluzioni efficaci per  cui non è possibile migliorare lo stato di un attributo senza peggiorare lo stato dell'altro attributo. In questo  caso la funzione di utilità è incerta, l'analista non deve forzare la scelta ma assumere una posizione neutra e  fornire un insieme di soluzioni tra cui il decisore sceglierà (lui ha la responsabilità della scelta, nell'ACB la  responsabilità è dell'analista perché individua un'unica soluzione).    Se  il  decisore  è  capace  di  definire  i  traguardi,  l'analista  ha  gli  elementi  per  definire  in  modo  univoco  la  funzione di utilità ed individuare quindi un'unica soluzione.    I  problemi  multicriterio  si  suddividono  in  due  grandi  famiglie  in  funzione  del  numero  di  soluzioni  ammissibili:  ‐ multiobiettivo:  sono  caratterizzati  da  infinite  soluzioni  perché  vi  è  almeno  una  variabile  decisionale  continua  (infiniti  stati),  l'obiettivo  non  è  trovare  la  migliore  soluzione  tra  un  set  finito ma individuare l'ottima fra le infinite;  ‐ multiattributo:  le  soluzioni  sono  finite  perché  tutte  le  variabili  sono  discrete,  per  risolvere  è  necessario definire un ordinamento.    L'impostazione teorica è comune ma gli strumenti sviluppati per risolvere sono completamente diversi: per  i  problemi  multiobiettivo  si  tratta  di  ottimizzazione  (stato  ottimo  degli  attributi  e  quindi  delle  variabili  decisionali), per quelli multiattributo di ordinamento.    2. IL PROBLEMA MULTIATTRIBUTO    Il problema multiattributo può essere diviso in fasi che possono essere organizzate in due grandi momenti:  ‐ valutazione tecnica;  ‐ valutazione politica: si innesta se la fase tecnica non determina una soluzione pareto‐dominante su tutte  le altre, si sceglie valutando le implicazioni che le scelte comportano.                                      3. Individuare le alternative (A)  Ogni alternativa è caratterizzata da un diverso stato delle variabili decisionali, si devono considerare tutte le  possibili alternative che saranno poi scremate nelle fasi successive.  4. Valutare le alternative sotto il profilo tecnico  Pagina | 46   

  In  questa  fase  si  definisce  la  matrice  di  analisi  che  rappresenta  un  compendio  di  tutte  le  performance  prodotte  dalle  alternative  su  un  appropriato  set  di  parametri  tecnici  (parametri  tecnici  e  alternative  dipendono dal tipo di problema).    Le valutazioni contenute nella matrice di analisi sono difficilmente confrontabili fra di loro perché possono  essere:  ‐ valutazioni cardinali: euro, distanze,...;  ‐ valutazioni ordinali: 1°, 2°,...;  ‐ descrizioni verbali: progettista A,B,… (nessuna informazione sull'ordinamento);  ‐ giudizi di valore: buono, alto, scadente,...        Alternative      A1  …  An  p1  p11  …  pn1  Parametri  …  …  …  …  tecnici  pk  p1k  …  pnk    Questa matrice non ha utilità pratica perché si hanno molti parametri, ha uno scopo puramente descrittivo  puntuale.    5. Trasformazione delle valutazioni tecniche in valutazioni economiche    È necessario passare da giudizi espressi con descrittori tecnici ad attributi decisionali ossia criteri rispetto a  cui il decisore può esprimere preferenze. Nella trasformazione si perde in parte il contenuto informativo (si  perde  di  dettaglio)  ma  si  guadagna  in  comprensibilità,  inoltre  è  possibile  omogeneizzare  gli  attributi  esprimendoli secondo un'unica scala.    Per  effettuare  la  trasformazione  è  necessario  valutare  come  lo  stato  di  un  parametro  tecnico  si  rapporta  all'utilità,  questo  è  un  aspetto  strategico  nell'ambito  della  valutazione.  Per  farlo  è  necessario  definire  le  funzioni di utilità ossia l’insieme di regole che trasformano l'analisi di tipo tecnico in misure degli attributi.  La forma della funzione d'utilità varia in funzione del tipo di attributo considerato, dipende dalle modalità  di codifica dei parametri (continuo, discreto,...).    Il buco nero di quest'analisi è la trasformazione di valutazioni cardinali, ordinali, verbali e giudizi di valore in  attributi ossia misure cardinali di preferibilità (0‐1, 0‐10, 0‐100).    Per  le  valutazioni  cardinali  è  il  tecnico  che  definisce  la  forma  della  funzione:  si  possono  seguire  diverse  strategie  (vedi  figure),  si  osserva  che  gli  stati  dell’attributo  cambiano  in  base  a  come  si  considera  la  funzione.  Inoltre  si  ha  che  i  parametri  che  più  variano,  più  influiscono sulla valutazione finale.                Per  le  valutazioni  ordinali/verbali  la  situazione  è  diversa  perché  non  è  possibile  identificare  immediatamente  la  funzione perché si ha un diverso contenuto descrittivo. è necessario trasformarla in  Pagina | 47    

    un indice cardinale che spesso dice più dell'informazione originaria. Per farlo si può richiedere ad esperti di  ordinare  gli  stati  e  assegnare  un  punteggio  (direct  scoring)  oppure  tramite  procedure  indirette  che  si  basano su pesi.    Il risultato della trasformazione è la matrice di valutazione ossia il compendio di tutte le prestazioni delle  alternative rispetto a un appropriato set di attributi (criteri rispetto a cui il decisore esprime preferenze).        Alternative      A1  …  An  a1  a11  …  an1  Attributi  …  …  …  …  ah  a1h  …  anh  a11 rappresenta la prestazione dell'alternativa A1 rispetto all'attributo a1. 

  6. Eliminazione delle alternative dominante    Se  tra  due  alternative  una  ha  prestazioni  identiche  rispetto  ad  n‐1  criteri  e  superiori  per  almeno  un  criterio  allora  domina  in  senso  paretiano  l'altra.  Per  l'eliminazione  si  sfruttano  le  sole  caratteristiche  contenute nella matrice di valutazione.    La  scelta  tra  due  alternative  non  dominate  si  esplicherà  in  base  all'importanza  relativa  degli  attributi  ottenuta  sondando  le  preferenze  del  decisore  per  definire  come  lo  stato  degli  attributi  si  trasforma  in  benessere/utilità: U = f(a1,a2,…).    7. Individuazione delle criterio ordinante e scelta dell’alternativa    C'è una vastissima (ma datata) letteratura che propone procedure per ordinare alternative non dominate  rispetto ad un set di attributi, riassumibile in due grandi famiglie di metodi:  ‐ funzioni  di  valore  o  utilità:  le  prime  sono  deterministiche,  non  tengono  conto  di  aleatorietà,  le  altre  probabilistiche, considerano l'effetto dell'incertezza sulla matrice di valutazione e sulla determinazione  della funzione stessa di utilità (il grado di conoscenza sul proprio modo di decidere è sfocato);  ‐ analisi di concordanza/discordanza o metodi di outranking: permettono di identificare più puntualmente  gli aspetti distributivi indagando sul consenso/dissenso tecnico e politico che l'alternativa genera.    7.1 Funzioni di valore    Le funzioni di valore sono delle espressioni matematiche (di solito lineari e additive) in grado di trasformare  le prestazioni delle alternative rispetto agli attributi in misure di preferibilità (V) utilizzando dei pesi (w):     

    Matrice di valutazione  An    A1  …  a1  a11    an1  …  …  …  …  ah  a1h  …  anh            Pagina | 48   

  X   

Pesi  W  w1  …  wh   

  =   

Matrice di valutazione pesata    A1    An  a1  w1 ∙ a11  …  w1 ∙ an1  …  …  …  …  ah  wh ∙ a1h  …  wh ∙ anh  V  V1  …  Vn 

ESEMPIO:  Matrice di analisi  Matrice di valutazione      Alternative    Alternative  Pesi  Parametri  A1  A2  A3  A4  Attributi A1  A2  A3  p1  425  255  170  250  => a1  1,00 0,60  0,40  0,3  p2  11  8  15  10  a2  0,70 0,50  1,00  0,4  p3  1500  1450  1160 1150 a3  1,00 0,97  0,77  0,2  p4  4,8  6,0  3,6  4,3  a4  0,80 1,00  0,60  0,1    L’alternativa  A4  viene  scartata  perché  dominata  in  senso  paretiano  da  A1,  la  matrice  di  valutazione  è  costruita sulla base di un andamento lineare delle preferenze.    Matrice di valutazione pesata    Alternative  Attributi A1  A2  A3  a1  0,300 0,180 0,120 a2  0,280 0,200 0,400 a3  0,200 0,193 0,155 a4  0,080 0,100 0,060 Totale  0,860 0,673 0,735   STIMA DEL VETTORE DEI PESI    Il  vettore  dei  pesi  è  espresso  rispetto  ad  una  scala  convenzionale,  i  pesi  indicano  l'importanza  relativa  (trade off) dei criteri uno rispetto all'altro indipendentemente dalla scala adottata.    Vi è un'ampia letteratura che propone procedure per l’elicitazione dei pesi, fra tutte:  ‐ assegnazione diretta;  ‐ confronto a coppie (varie versioni);  ‐ ordinamento (Simos,…);  ‐ operatori multilineari (considerano gli effetti d’interazione fra gli attributi).    Confronto a coppie  Molto  usato  e  implementato  in  vari  software,  permette  di  passare  da  giudizi  qualitativi  ad  un  vettore  cardinale di pesi (è un approccio che può essere usato anche per costruire la matrice di valutazione).    Il metodo consiste nel costruire una matrice quadrata ah ∙ ah compilandola solo in parte (simmetria), questa  matrice  contiene  i  giudizi  verbali  dell'attributo  sulla  riga  rispetto  a  quello  sulla  colonna  (la  diagonale  contiene giudizi di uguaglianza, la parte non compilata contiene i reciproci simmetrici).      a1  a2  …  ah  a1    giudizio di a1 rispetto ad a2  …  giudizio di a1 rispetto ad ah  a2      …  giudizio di a2 rispetto ad ah  …        …  ah            Il problema è passare da un giudizio verbale a un numero “equivalente”.            Pagina | 49    

    Sono state proposte diverse scale numeriche per passare a valori quantitativi:    Giudizio verbale  Scale numeriche corrispondenti  Estremamente più importante  9  7  5  Molto più importante  7    4  Più importante  5  4  3  Un po’ più importante  3    2  Uguale importanza  1  1  1  Un po' meno importante  1/3    1/2  Meno importante  1/5  1/4  1/3  Molto meno importante  1/7    1/4  Estremamente meno importante  1/9  1/7  1/5    (Sati)        La validità della codifica di Sati è stata dimostrata empiricamente. Non è sufficiente solo nel caso in cui sia  presente un attributo molto più importante di tutti gli altri, in questo caso si valuta prima rispetto a questo  attributo e poi si considera un approccio a coppie.    Una volta ottenuta la matrice, si somma per riga ottenendo una valutazione del'importanza dell'attributo  sulla riga, poi si sommano le righe e le si divide per la somma ottenuta. In questo modo vengono individuati  i pesi.      a1  a2  a3  a4  Somma  Somma normalizzata  a1  1,0  0,3  2,0  3,0  6,3  0,3  a2  3,0  1,0  2,0  3,0  9,0  0,4  a3  0,5  0,5  1,0  3,0  5,0  0,2  a4  0,3  0,3  0,3  1,0  1,9  0,1            22,2  1,0    Se  si  vuole  avere  una  valutazione  dei  pesi  più  sofisticata,  si  ripete  la  procedura  considerando  la  matrice  moltiplicata per se stessa, e avanti così finché i pesi ottenuti non differiscono più.    I pesi ottenuti devono essere consistenti, per esserlo i giudizi dati devono essere consistenti ossia devono  avere coerenza, per averla debbono avere le caratteristiche di:  ‐ riflessività: di solito è soddisfatta perché si utilizzano i reciproci;  ‐ transitività: se a1 è più importante di a2 e a2 è più importante di a3, allora a1 è molto più importante di a3.  Di solito non è mai così specie se si hanno molti giudizi da dare (punto debole dell'analisi a coppie).  Per valutare la consistenza solitamente si definisce un indice di inconsistenza e si fissa un limite massimo al  di sotto del quale è necessario trovarsi.    Una  soluzione  sarebbe  l'utilizzo  di  una  matrice  di  valutazione  con  pochi  criteri  (4‐5),  per  fare  ciò  è  necessario sintetizzare gli attributi nei più importanti (indicazione valida per ogni approccio multicriterio).    Il vettore dei pesi rappresenta oltre al trade off degli attributi anche un ordinamento dell’importanza degli  attributi. Spesso quello ottenuto con il confronto a coppie non è coerente con l'ordinamento che il decisore  esprimerebbe con un'assegnazione diretta (problema di rank reverse). Questa situazione è dovuta in parte  alla  sfocatezza  decisionale  del  decisore  (errore  per  la  non  perfetta  definizione  delle  preferenze  del  decisore) e in parte a problemi intrinseci legati alla scala di valori utilizzata (presenza di attributi molto più  importanti degli altri) o alle modalità del confronto a coppie.  Si è dunque cercato di sviluppare metodi che coniughino approcci diretti (ordinamento) e del confronto a  coppie (permette di definire i pesi).    Pagina | 50   

Metodo di Simos  Si  fonda  sull'ordinamento  degli  attributi  e  sull'assegnazione  di  un  punteggio  a  seconda  della  posizione  dell'ordinamento (misura cardinale di importanza).    PROCEDURA:  ‐ ordinamento degli attributi dal meno importante al più importante con possibilità di ex aequo;  ‐ inserimento delle “blank cards”: carte bianche per marcare la differenza di importanza fra due attributi  contigui (aumenta il numero di gradini che, anche se vuoti, rappresentano un salto di importanza);  ‐ attribuzione dei punteggi in funzione della posizione nell'ordinamento;  ‐ normalizzazione rispetto alla somma dei punteggi con esclusione dei punteggi riferiti alle “blank cards”.    ESEMPIO:          Posizione  Attributo    Attributo  Posizione  Attributo    1  a, b    a, b  1  a, b    2  c    c  2  c  =>  3  blank  =>  blank  3  d    4  d    d  4  e    5  blank    blank    6  e    e     

Punteggio base  1 e 2  3  4  5  6  7 

Punteggio assegnato  1,5 *  3  ‐  5  ‐  7  * media tra 1 e 2 

 

Attributo  a  b  c  d  e   

Punteggio assoluto  1,5  1,5  3  5  7  18 

Punteggio normalizzato  0,08  0,08  0,17  0,28  0,39  1,00 

  PREGI:  ‐ non si ha il problema del rank reverse,  ‐ semplice anche in presenza di “molti” attributi.    DIFETTI:  ‐ se gli attributi sono troppi si ha un effetto nel peso relativo dei vari attributi legato al numero di attributi  considerati.    I metodi del confronto a coppie e di Simos danno risultati abbastanza simili quindi si sceglie tra uno o l'altro  osservando la numerosità dei criteri (se ne ho abbastanza uso Simos).    Operatori multilineari  Si  utilizzano  se  è  opportuno  rappresentare  le  interazioni  fra  attributi  nella  definizione  della  funzione  di  valore:     

  Il  decisore  solitamente  non  sa  definire  direttamente  wij,  è  dunque  necessario  trovare  un  metodo  che  permetta di ottenerli sulla base delle informazioni fornite dal decisore (non è un tecnico).    METODO DEGLI EDGES  Si basa sul confronto di situazioni limite, non permette di mappare completamente la funzione d'utilità ma  permette una buona approssimazione nella definizione di wij.  Pagina | 51    

    Si possono definire i seguenti passi:  ‐ individuazione delle situazioni “limite” nello stato degli attributi;  ‐ attribuzione di un punteggio a ciascuna situazione combinazione delle varie situazioni limite;  ‐ determinazione dei pesi.    Esempio:  Si considera un caso in cui vi siano tre parametri (sostenibilità intrinseca, contesto e fattibilità economico‐ finanziaria) con trade off lineare tra i due stati limite (ottimo e pessimo). Questi danno origine a 8 possibili  situazioni a cui viene attribuita una valutazione (0‐100) in modo diretto, con il confronto a coppie o Simos.      Sostenibilità        Sostenibilità  Fattibilità  Situazione  Contesto  Valutazione    Pesi  intrinseca  economico‐finanziaria  1  pessimo  pessimo  pessimo  0    0  2  ottimo  pessimo  pessimo  40    0,4  3  pessimo  ottimo  pessimo  20    0,2  4  pessimo  pessimo  ottimo  20    0,2  5  ottimo  ottimo  pessimo  80    0,2  6  ottimo  pessimo  ottimo  70    0,1  7  pessimo  ottimo  ottimo  50    0,1  8  ottimo  ottimo  ottimo  100    ‐0,2    Per definire il vettore dei pesi si considerano dapprima le componenti additive (2,3 e 4): si attribuisce un  peso riportando la valutazione in scala 0‐1.  Successivamente si definiscono le componenti di interazione (5,6 e 7) in questo modo: per 5 ad esempio si  ha che la valutazione è 80, a questo si toglie la somma delle valutazioni delle situazioni 2 e 3 (quelle in cui  c'erano gli ottimi corrispondenti) e si ottiene 20 che riportato in scala 0‐1 da 0,2.  Infine  si  valuta  la  situazione  8  (3  ottimi)  analogamente  a  prima:  si  ha  100‐(40+20+20+20+10+10)  =  ‐20  e  quindi ‐0,2 (è negativo per problemi legati alle ridondanze, sovrapposizioni tra criteri).    I problemi sorgono nel caso vi siano molti criteri perché si rischiano risposte casuali specie se non si usano  solo stati limite (ottimo, pessimo) ma anche situazioni intermedie (buono, medio,…).    PREGI    ‐ La trasparenza dovuta alla semplicità e intuitività del metodo: non serve essere tecnici per capire tutto il  percorso dell'analisi.    DIFETTI    ‐ Legati al metodo: come trovare i pesi, il valore degli attributi,...  ‐ Linearità: il peso è indipendente dallo stato iniziale dell'attributo, è una costante. In realtà non è così per  il  concetto  di  utilità  marginale  decrescente:  il  peso  è  alto  se  la  prestazione  rispetto  all'alternativa  è  scarsa,  basso  se  è  buona,  l’andamento  quindi  non  è  lineare  (logaritmico,  esponenziale,..).  Si  può  accettare la linearità se la trasformazione in attributo ha tenuto conto di questo aspetto. Usare funzioni  di  peso  che  variano  in  base  allo  stato  iniziale  dell'attributo  è  complicato.  Inoltre  una  funzione  lineare  non considera le interazioni fra attributi, è possibile ovviare a questa situazione sintetizzando in un unico  attributo tutti quelli fra loro non indipendenti.  ‐ Additività:  anche  se  si  usano  operatori  multilineari,  il  modello  è  strutturalmente  additivo:  tutto  si  compensa. Non tiene conto di elementi come fattibilità, consenso,...      Pagina | 52   

7.2 Analisi di concordanza/discordanza    Finora si è considerato solo il concetto di convenienza, ma per rendere un'opera fattibile serve il consenso,  valutare  la  distribuzione  delle  prestazioni.  Importante  è  osservare  che  un  elemento  fondamentale  nella  misura del consenso è il meccanismo di voto: in base a come si contano le preferenze si possono ottenere  risultati  diversi,  questo  avviene  se  si  fissa  un  solo  ordinamento  tra  le  alternative.  Per  evitare  questa  situazione  oltre  all'ordinamento  è  necessario  richiedere  una  misura  cardinale  dell'intensità  della  preferenza.    Esistono  vari  metodi/approcci  che  permettono  di  rappresentare  il  meccanismo  del  consenso/dissenso  all'interno del meccanismo decisionale.    Per passare dall'analisi delle informazioni (alternative e preferenze del decisore) alle regole decisionali che  permettono di ordinare, non rispetto alla funzione di valore, ma rispetto al grado di consenso/dissenso, si  utilizza l'analisi di concordanza/discordanza: mira ad ottenere ordinamenti a partire da una valutazione del  grado  di  consenso  e  dissenso  generato  dalle  scelte,  concordanza  e  discordanza  sono  le  due  regole  decisionali che è meglio considerare già durante la stesura del progetto (monitoraggio in itinere).    FASI    ‐ calcolo della matrice di concordanza;  ‐ calcolo della matrice di discordanza;  ‐ elaborazione degli indici aggregati di ordinamento C/D;  ‐ analisi di dominanza C/D.    Matrice di concordanza  La matrice di concordanza (AxA) contiene una valutazione sul grado di consenso (indice di concordanza) che  si realizza scegliendo una data alternativa (riga) rispetto ad un'altra (colonna).    Si  ha  quindi  un  confronto  a  coppie  tra  le  alternative:  ogni  elemento  della  matrice  è  un  numero  ottenuto  dalla somma dei pesi per cui l'alternativa posta sulla riga è preferibile a quella posta sulla colonna. Se vi è  un'alternativa che domina in senso paretiano, l'indice di concordanza sarà 1 (se la somma dei pesi è 1), per  quella dominata sarà 0. Si ipotizza che gli attori (chi partecipa alla decisione) siano variamente sensibili ai  criteri di valutazione (pesi diversi).    ESEMPIO:  Matrice di valutazione    Alternative    Attributi  A1  A2  A3  Pesi  a1  1,00  0,60  0,40  0,3  a2  0,70  0,50  1,00  0,4  a3  1,00  0,97  0,77  0,2  a4  0,80  1,00  0,60  0,1      Calcolo dell’indice di concordanza Ic A1 vs A2  A2  A1 > A2  Pesi  Pesi per cui A1 > A2  Attributi  A1  a1  1,00  0,60  1,00  0,3  0,3  a2  0,70  0,50  1,00  0,4  0,4  a3  1,00  0,97  1,00  0,2  0,2  a4  0,80  1,00  0,00  0,1  0,0        Ic A1 vs A2 = 0,9  Pagina | 53    

    Creata  la  matrice  di  concordanza,  si  cerca  un  modo  per  definire  il  grado  di  consenso  di  un'alternativa  rispetto a tutte le altre (non più a coppie). Si somma dunque per riga (concordanza di A1 rispetto alle sue  concorrenti)  e  per  colonna  (concordanza  che  A1  subisce  perché  incassata  dalle  alternative  concorrenti).  Togliendo  dal  consenso  incassato  quello  subito,  si  ottiene  l'indice  di  concordanza  aggregata:  è  preferibile  l'alternativa che ce l’ha maggiore.  Matrice di concordanza    A1  A2  A3  Totale A1  ‐  0,9  0,6  1,5  A2  0,1  ‐  0,6  0,7  A3  0,4  0,4  ‐  0,8  Totale  0,5  1,3  1,2    Concordanza 1,0  ‐0,6  ‐0,4    aggregata    Gli  ordinamenti  che  si  ottengono  sono  molto  simili  a  quelli  ottenuti  con  le  somme  pesate  (costruzione  simile).    Matrice di discordanza  La matrice di discordanza (AxA) contiene una valutazione sul grado di dissenso (indice di discordanza) che si  realizza  scegliendo  una  data  alternativa  (riga)  rispetto  ad  un'altra  (colonna).  Il  grado  di  disappunto  percepito è generato dalla mancata scelta delle altre alternative.    Per il calcolo dell'indice di discordanza:  ‐ si calcolano gli scarti in valore assoluto fra le prestazioni di due alternative e si moltiplicano per i pesi: si  ottiene il vettore degli scarti pesati fra le due alternative ossia la misura dell’importanza che il decisore  attribuisce alle differenze di prestazioni fra le alternative considerate;  ‐ si  individua  lo  scarto  pesato  massimo  fra  gli  attributi  per  i  quali  l'alternativa  scartata  è  preferibile  a  quella scelta;  ‐ si individua lo scarto pesato massimo fra tutti gli attributi;  ‐ si calcola il rapporto fra i due scarti individuati.    ESEMPIO:  Matrice di valutazione    Alternative    Attributi  A1  A2  A3  Pesi  a1  1,00  0,60  0,40  0,3  a2  0,70  0,50  1,00  0,4  a3  1,00  0,97  0,77  0,2  a4  0,80  1,00  0,60  0,1    Calcolo dell’indice di discordanza Id A1 vs A2  A2  |A1 ‐ A2|  Pesi  |A1 ‐ A2| ∙ W  Attributi  A1  a1  1,00  0,60  0,40  0,3  0,120  a2  0,70  0,50  0,20  0,4  0,080  a3  1,00  0,97  0,03  0,2  0,007  a4  0,80  1,00  0,20  0,1  0,020      Id A1 vs A2 = 0,02/0,12 = 0,167    Poi si opera come in precedenza: si somma per riga (discordanza incassata scegliendo A1 e scartando le sue  concorrenti)  e  per  colonna  (discordanza  creata  nel  trascurare  le  alternative  scegliendo  A1).  Sottraendo  le  due  quantità,  si  ottiene  l'indice  di  discordanza  aggregata:  è  preferibile  l'alternativa  che  ce  l’ha  minore,  meglio se negativo (genero disaccordo se scelgo le altre).  Pagina | 54   

Matrice di discordanza    A1  A2  A3  Totale A1  ‐  0,167 0,667 0,833  A2  1,000 ‐  1,000 2,000  A3  1,000 0,300 ‐  1,300  Totale  2,000 0,467 1,667   Discordanza ‐1,2  1,5  ‐0,4    aggregata    Ordinamento in base a concordanza e discordanza  Si  cerca  ora  di  analizzare  contemporaneamente  consenso  e  dissenso  (gli  indici  calcolati  in  precedenza  permettevano comunque una scelta).    Con riferimento agli esempi precedenti, si ha che l'alternativa A1  domina  paretianamente  le  altre  rispetto  a  concordanza  e  discordanza, quindi si sceglierebbe questa.  Se  ci  fosse  un'alternativa  nel  quadrante  positivo  (B)  si  avrebbe  contemporaneamente  ampio  consenso  ma  anche  ampio  dissenso (cittadinanza spaccata).  Un  eventuale  scelta  fra  B  e  C  sarebbe  difficile,  per  farla  si  dovrebbe trovare una funzione d'utilità che ponderi le situazioni.    Analisi di dominanza  Un giudizio di accettabilità non è formulato cardinalmente (come visto finora) ma confrontandolo con una  soglia:  il  consenso  è  superiore  a  quello  che  porta  più  voti?  Il  dissenso  è  inferiore  a  quello  che  porta  a  manifestazioni di piazza?    L'analisi  di  dominanza  permette  di  valutare  l'accettabilità  di  una  certa  alternativa  rispetto  ad  un'altra  rispetto ad un livello di riferimento nella concordanza e nella discordanza.    L'analisi di dominanza si esegue in più passi:  ‐ si  fissano  delle  soglie  di  concordanza  minima  e  discordanza  massima:  il  problema  è  che  ciascuna  di  queste  soglie  deve  essere  fissata  a  priori  ma  non  c'è  grande  esperienza  su  come  fare,  ci  si  potrebbe  rifare a esperienze passate per vedere cos'è successo e quindi definire una soglia, altrimenti è possibile  prima determinare una soglia e poi vedere se ha capacità discriminante;  ‐ si  calcola  la  matrice  di  dominanza  nella  concordanza:  dice  se,  rispetto  all'analisi  di  concordanza,  scegliere un'alternativa rispetto ad un'altra è ammissibile (1) oppure no (0);  ‐ si calcola la matrice di dominanza nella discordanza: dice se, rispetto all'analisi di discordanza, scegliere  un'alternativa rispetto ad un'altra è ammissibile (1) oppure no (0);  ‐ si  calcola  la  matrice  di  dominanza  aggregata:  ottenuta  come  prodotto  cella  per  cella  delle  matrici  precedenti,  si  ha  1  (0)  se  scegliere  l'alternativa  sulla  riga  rispetto  a  quella  sulla  colonna  (non)  è  accettabile per entrambi (almeno uno) gli indici. La risposta è univoca solo se c'è una sola riga con soli 1,  la matrice è equivoca se si hanno valori pari a 1 su più righe (ci sono più alternative accettabili) oppure  se  ci  sono  tutti  0,  in  questo  caso  si  modificano  le  soglie  consultando  il  decisore  per  scegliere  qualche  vincolo “rilassare” (concordanza o discordanza).    ESEMPIO:  Matrice di concordanza    Matrice di discordanza    A1  A2  A3      A1  A2  A3  A1  ‐  0,9  0,6    A1 ‐  0,167  0,667  A2  0,1  ‐  0,6    A2 1,000  ‐  1,000  A3  0,4  0,4  ‐    A3 1,000  0,300  ‐  Pagina | 55    

    Se non si hanno analisi precise si considerano come soglie le medie degli indici presenti nelle matrici. Se poi  dal calcolo non si otterranno ragioni sufficienti per scegliere un'alternativa, si perfezionerà l'analisi.    ‐ Concordanza minima: 0,50  ‐ Discordanza massima: 0,69    Matrice di dominanza nella concordanza    Matrice di dominanza nella discordanza  A2  A3          A1  A2  A3        A1    A1  ‐  1  1        A1 ‐  1  1      A2  0  ‐  1        A2 0  ‐  0      A3  0  0  ‐        A3 0  1  ‐      La matrice di dominanza nella concordanza (discordanza) dice che non è possibile scegliere A3 (A2).    Matrice di dominanza aggregata      A1  A2  A3      A1 ‐  1  1      A2 0  ‐  0      A3 0  0  ‐      PREGI:  ‐ rappresenta  bene  i  meccanismi  “politici”  della  decisione  pubblica,  incorporando  il  meccanismo  del  consenso;  ‐ evidenzia  i  conflitti  fra  le  scelte  non  dominate,  l'indice  di  discordanza  rappresenta  la  conflittualità  intrinseca della scelta;  ‐ molto usato attualmente, “di moda”.    DIFETTI:  ‐ poco intuitiva;  ‐ maggior bisogno di informazioni, specie per l'analisi di dominanza.    8. CARATTERISTICHE DEI METODI DI VALUTAZIONE: ACB VS AM      ANALISI COSTI BENEFICI  ANALISI MULTICRITERIO  Analisi degli impatti sociali degli interventi e  Analisi della variazioni di benessere sociale  di ogni altro aspetto connesso con la  Descrizione  nel tempo connesse con gli interventi  fattibilità  Misura monetaria delle variazioni di  Misura degli impatti positivi e negativi,  Input  benessere,tasso sociale di sconto  funzioni d’utilità, pesi,…  Ordinamento, giudizio di compatibilità,  Output  Giudizio di convenienza sociale (VAN, SRI)  efficienza,…  Rappresenta bene il processo decisionale  pubblico, analisi dei conflitti e simulazione,  Il risultato della valutazione è facilmente  Pregi  efficienza delle scelte, distinzione fra analista  comprensibile e confrontabile  e politico  La monetizzazione degli effetti ambientali  Procedure poco codificate, facilmente  Difetti  può essere imprecisa o inaccettabile  addomesticabili, onerosità nelle analisi  Valutazione analitica degli investimenti e  Valutazione analitica degli investimenti  della fattibilità,simulazione di alternative,  Utilizzo  pubblici  analisi dell’efficienza      Pagina | 56   

L’ANALISI DI SCENARIO    Permette  di  coniugare  la  variabilità  delle  prestazioni  delle  alternative  e  la  variabilità  nelle  preferenze  del  soggetto  decisore.  Incorpora  la  diversa  attitudine  di  un  decisore  rispetto  ad  un  parametro  decisionale,  permettendo di formalizzare il diverso comportamento del decisore.  L'analisi di scenario è un modo particolare per fare analisi di sensitività.    Si considerano ad esempio 3 alternative valutate rispetto al solo VAN (metodo monocriteriale), si introduce  un elemento di disturbo ossia si formulano degli scenari alternativi in base a ciò che potrebbe accadere e si  calcola  un  VAN  per  ogni  alternativa  e  per  ogni  scenario  prefigurato  (difficile  prefigurarli  tutti)  passando  quindi  ad  un  problema  multicriteriale.  Si  ipotizza  inoltre  di  non  conoscere  la  probabilità  del  verificarsi  di  ciascuno scenario (scenari equiprobabili).    Profilo di  Scenario  Alternative  rischio  Ribasso  Flessione  Stabile  Incremento  Aumento  A1  ‐17  3  12  16  22  Basso  A2  ‐35  ‐10  2  14  34  Medio  A3  ‐50  ‐13  ‐1  32  80  Alto    Guardando la tabella è possibile definire i profili di rischio, si hanno quindi due criteri di scelta: la redditività  e la rischiosità dell'investimento.    Il decisore può assumere diversi atteggiamenti a seconda di come compendia le informazioni a disposizione  ossia in base alla sua funzione decisionale.    Si individuano dei criteri di sintesi che permettono di definire uno o più parametri decisionali. Si calcola il  VAN medio di ogni alternativa e se ne determina la dispersione (σ):    Alternative  VAN medio  Dispersione (σ)  Coefficiente di variazione  A1  7,2  15,2  2,1  A2  1  25,9  25,9  A3  9,6  49,1  5,1    ‐ se il decisore sceglie rispetto al VAN medio più alto, sceglie A3;  ‐ se è avverso al rischio, sceglie quella con minore variabilità A1;  ‐ se invece considera entrambi i criteri, può solo eliminare A2 perché dominata paretianamente da A1.    In letteratura si trovano modi per ordinare le alternative (rappresentano gli atteggiamenti del decisore) con  diverse prestazioni in modo semplice:    Maximin  Il decisore sceglie in modo da minimizzare la perdita massima (pessimista, prudente), si considera dunque  la perdita minima nello scenario di ribasso, la scelta ricade su A1.    Maximax  Il  decisore  cerca  di  cogliere  le  occasioni  speculative,  cerca  il  massimo  guadagno  massimo  (ottimista,  gambler)  perché  non  ha  preoccupazioni  sulle  perdite,  considera  il  guadagno  massimo  nello  scenario  di  aumento, la scelta ricade su A3.    Minimax  Il  decisore  cerca  di  minimizzare  il  possibile  dispiacere  nel  non  aver  colto  l’opportunità  giusta  che  si  era  presentata (rimpiange le occasioni perdute).  Pagina | 57    

    In questo caso è necessario definire la matrice dei rammarichi: gli elementi rappresentano la differenza tra  la prestazione che consente la scelta effettuata e quella che si avrebbe avuto se si fosse scelta quella che a  posteriori si è rivelarla la migliore:    Scenario  Rammarico  Alternative  Ribasso  Flessione  Stabile  Incremento  Aumento  massimo  A1  0  0  0  16  58  58  A2  18  13  10  18  46  46  A3  33  16  13  0  0  33    Non sapendo quale scenario si verificherà, per effettuare la scelta si può ricorrere a un'analisi multicriterio  oppure considerare l'alternativa che minimizza il massimo dei rammarichi possibili (A3).    Valor medio  Il  decisore  vuole  ponderare  tutte  le  possibilità.  Per  poter  usare  questo  criterio  è  necessario  conoscere  la  probabilità associata a ciascuno scenario p(S), finora si sono considerati equiprobabili. Si pondera il VAN per  la probabilità che lo scenario corrispondente si verifichi:    Scenario  Alternative  Ribasso  Flessione  Stabile  Incremento  Aumento  A1  ‐17  3  12  16  22  A2  ‐35  ‐10  2  14  34  A3  ‐50  ‐13  ‐1  32  80  p(S)  0,2  0,1  0,1  0,3  0,3    Alternative  VAN(S1)  VAN(S2)  VAN(S3)  VAN(S4)  VAN(S5)  VAN(Ai)  A1  ‐3,4  0,3  1,2  4,8  6,6  9,5  A2  ‐7  ‐1  0,2  4,2  10,2  6,6  A3  ‐10  ‐1,3  ‐0,1  9,6  24  22,2    Sommando per riga si ottiene il VAN medio ponderato e si sceglie l'alternativa per cui è massimo (A3).                                            Pagina | 58   

APPENDICE 1 ‐ COSTRUZIONE DELLE FUNZIONI DI VALORE    Il problema principale della costruzione delle funzioni di valore è la necessità di sintetizzare molti attributi  in pochi criteri di valutazione e alla fine in un unico criterio ordinante.    ANALISI GERARCHICA    Suddivide  un  problema  complesso  (difficilmente  risolvibile)  in  sottoproblemi  segmentando  i  parametri  in  sfere  di  parametri  analoghi.  Queste  aggregazioni  parziali  portano  a  soluzioni  parziali  che  poi  vengono  sintetizzate per ottenere la soluzione finale.    ESEMPIO:   

    Pregi:  ‐ Permette di costruire funzioni con meno variabili indipendenti, più semplici: meglio 3/4 problemini che  uno più grande.  ‐ È un approccio molto diffuso perché permette di analizzare il flusso di informazioni.  ‐ Implementato in molti software (Expertchoise,…).   

Pagina | 59    

Related Documents