MAGGIO 2011
Venduta in abbonamento annuale - 6 numeri euro 207,00
Experts Panel: Direttore Responsabile Trusts & Wealth Management Journal: Dott.ssa Stefania Lo Cascio - TEP Barbalich Roberto - Avvocato e Solicitor in Inghilterra e Galles – Venezia Bosio Ivana – TEP, Tax Counsel Private Client – Australian Executor Trustees – Adelaide (Australia) Brandts-Giesen, Henry, TEP - Associate - Helmores Solicitors & Helmores Wealth Limited – (Nuova Zelanda) Brown John, TEP – Barrister – Auckland – (Nuova Zelanda) Busso Dott. Andrea - Dottore Commercialista - Milano Contessa Dott. Alessandro - Dottore Commercialista - Studio Zulli Tabanelli e Associati, Milano, Brescia, Vicenza Cugini Avv. Gianvirgilio - Studio Tributario Societario SA - Lugano (Svizzera) Economides Peter G., FCCA, TEP - Chairman, Totalserve Management Ltd, Chairman, STEP (Cipro) Felline Dott. Vincenzo - Studio Associato Legal Advisor - Milano Lo Cascio Rag.Diego - RE.SE.CO S.p.A - Società Fiduciaria - Taranto Macchia Avv.Elio – Area Legale – Unionefiduciaria S.p.A - Milano Mitchell - Voisin Stella - Director & Founder - Close Summit Trust Company SA. - Ginevra (Svizzera) Noseda Filippo - Withers LLP - Londra (Inghilterra) Penningtons - Londra (Inghilterra) Pilcher Adrian , TEP – Senior Associate – Isolas Lawyers, (Gibilterra) Rubenstein Joshua S. - Katten Muchin Zavis Rosenman - Law Firm - New York (U.S.A) Ruosi Avv. Wolfango M. - WMR Avvocati, Milano Scaffa Avv.Mauro TEP - Studio Legale Scaffa – Torino, Milano Troiano Dott. Paolo - Dottore Commercialista ACA - Studio Legale Tributario Troiano e Associati - Milano Vavassori Dott. Paolo - Dottore Commercialista - Studio Vavassori - Rivetti - Brescia Vedana Avv. Fabrizio - Responsabile Servizi Legali – Unione Fiduciaria S.p.A - Milano Venchiarutti Katia, lic.oec, TEP - Consulente, Trusts & Corporate - Ginevra (Svizzera) Zulli Dott. Claudio A. - Dottore Commercialista - Studio Zulli Tabanelli e Associati - Milano, Brescia, Vicenza
I.C.T. (Information and Communications Technology) e WEB Lisi Avv. Andrea - Studio D & L - Lecce Presidente ANORC (Associazione Nazionale Operatori e Responsabili della Conservazione Sostitutiva) Editore: Worldwide Trusts Consultants s.r.l Sede Legale: Via C. Nitti 45/a - 74123 Taranto – Italy Partita Iva 02121940734
Ufficio di rappresentanza: WMR Avvocati - Corso Venezia, 37 - 20121 Milano Tel (+ Italy 0039) 02 39306699 - Fax (+ Italy 0039) 02 70057935 Tel (+ Italy 0039) 099 4590880 Cellulari/Mobiles (+ Italy 0039) 348 3851033 / (+ Italy 0039) 393 9847286 skype: stefanialocascio09 www.trustsitaly.com
Membro
Socio
Delegato Territoriale
Membro
Referente per la Regione Puglia
Delegato Centro Sud Italia
da agosto 2007
da gennaio 2010
dal maggio 2010
da novembre1997
dal gennaio 2009
dal gennaio 2009
Trusts & Wealth Management Journal
2
TRUSTS & WEALTH MANAGEMENT JOURNAL © n°3 Maggio 2011
Trusts & Wealth Management Journal
Sommario: Editoriale
04
Rassegna Stampa
05
Sentenza di Cassazione – 4 Febbraio 2011 Fiduciaria e omessa vigilanza – F. Vedana
09 14
Il Trust a scopo puramente liquidatorio – F. Guariniello (commento all’Ordinanza Tribunale di Reggio Emilia 14/3/201)
15
Professional Investor fund – C.Casapinta
21
I.C.T “From Palermo to ….” Fare impresa al femminile, al sud, è possibile
23
Libreria
25
Internazionalizzazione Incontro con la Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Incontro con la Camera di Commercio Italiana per la Francia di Lione
26 28
Report Camera di Commercio Indiana per l’Italia India: strategie e opportunità di business per le imprese italiane
30
Vinitaly 2011
33
Modulo abbonamento
34
Editore: Worldwide Trusts Consultants s.r.l Sede Legale: Via Nitti 45/a - 74123 Taranto – Italy Partita Iva 02121940734 Ufficio di rappresentanza: WMR Avvocati - Corso Venezia, 37 - 20121 Milano Tel (+ Italy 0039) 02 39306699 Fax (+ Italy 0039) 02 70057935 Cellulari/Mobiles (+ Italy 0039) 348 3851033 / (+ Italy 0039) 393 9847286 www.trustsitaly.com - e-mail:
[email protected] /
[email protected] skype: stefanialocascio09 Cerca la pagina Trusts & Wealth Management Journal
Nella categoria persone cercare Trusts & Wealth Management Journal
Bimensile, 4°Anno di pubblicazione, 6 uscite all’anno, venduto in abbonamento annuale, prezzo di copertina €207,00 Registrazione al Tribunale di Verona, Registro Stampa n. 1783 (iscritto dal 1/12/2007). Direttore Responsabile iscritto nell’Elenco Speciale dell’Ordine dei Giornalisti del Veneto n° 199. Grafica e Impaginazione a cura di: Blinkerart snc via Trieste, 25 - 20098 San Giuliano (MI) T: 02.9843140 www.blinkerart.net
Stampa digitale a cura di: Studio Pixart s.r.l Via 1° Maggio, 8 - 30020 Quarto d’Altino (VE) Tel 0422.823301
Disclaimer Gli articoli pubblicati in questa rivista non possono considerarsi come consulenza, per la quale è opportuno richiedere un parere professionale. Riproduzione riservata: - E’ una dizione volta ad impedire l’uso indiscriminato degli articoli.Tutti i testi sono tutelati dal copyright. Diritti d’autore: prima di ogni riproduzione è richiesto previo consenso scritto. Le pubblicità che appaiono sulla rivista sono a semplice titolo d’informazione. Trusts & Wealth Management Journal declina ogni responsabilità per il contenuto delle stesse e in particolare, non è in alcun caso da considerarsi responsabile della correttezza e/o della legittimità delle informazioni medesime ai sensi della normativa applicabile. Per garantire la fedeltà dei contenuti di questa pubblicazione che sono stati creati originariamente in lingua Inglese è stata adoperata ogni cura nelle traduzioni, tenendo in debito conto che, come per tutte le traduzioni di testi legali, un concetto espresso nella terminologia di una lingua, può essere sostanzialmente differente da Paese a Paese. Viene usata la massima cura nell’effettuazione delle traduzioni. La decisione di tradurre o meno i termini viene presa esclusivamente per facilitare il lettore.
3
Dall’ultima Assemblea di Confindustria – 26 maggio 2011
Editoriale n. chiuso il 30 Maggio 2011
Mail della redazione:
[email protected] [email protected]
“ …..omissis……. Per risolvere la delicata situazione italiana, Marcegaglia individua due priorità: crescita e stabilità dei conti pubblici, per poter dare prospettive di sviluppo, restando, allo stesso tempo, un paese finanziariamente affidabile nei confronti dei partner europei e dei mercati finanziari. A ciò si deve aggiungere: il bisogno di urgenti riforme, in primis quella fiscale, per poter ridurre le imposte su imprese e su lavoratori, combattere l’evasione e dare certezze a livello normativo; l’urgenza di affrontare la problematica del sud Italia, attualmente in una situazione disastrata rispetto al resto del paese; e l’emergenza giovani che, sotto i 29 anni, sono ormai 2,1 milioni quelli fuori dal mondo del lavoro e dell’istruzione. Lo sviluppo è impensabile, però, senza un vero mercato. Per questo motivo, una forte critica è stata rivolta alla presenza pubblica nell’economia, come la proliferazione delle società partecipate da amministrazioni locali, che oltre a fare concorrenza sleale alle imprese private, hanno un livello di efficienza inaccettabile: quattro quinti di esse sono in perdita. La amministrazione pubblica, nel suo complesso, appare sempre più inefficiente, ostacolando sistematicamente la vita delle imprese, e rendendo quasi impossibile l’ottenimento, in tempi certi, di autorizzazioni e licenze. Un richiamo è arrivato anche alla politica, ai suoi costi, e all’attuale agenda nazionale, che non riesce a fare della crescita l’ordine del giorno dato che, senza poi precisare in modo esplicito, in questo momento pensa ad altro. “……..omissis ………” Sempre ricco di articoli e novità, anche questo numero della rivista, oltre la rassegna stampa che riguarda in particolar modo le C.F.C., vi proponiamo la Sentenza della Cassazione del 4 Febbraio scorso, con un commento dell’Avv. Vedana, segue un articolo dell’Avv. Guariniello sul trust liquidatorio, relativo alla Ordinanza del Tribunale di Reggio Emilia del 14/3/201).Ospitiamo poi un articolo di C. Casapinta su Professional Investor Fun. La nostra rubrica I.C.T. è un report sull’evento “From Palermo to……….” , svoltosi a Palermo i primi di Aprile, su Innovazione, comunicazione e responsabilità sociale. Nutrita la rubrica internazionalizzazione dedicata agli incontri delle Camere di Commercio Italiane all’estero, la Francia con la città di Lione e la Svizzera con la città di Zurigo. Un approfondimento dedicato alle imprese e ai professionisti pugliesi, a cui segue il Report della Camera di Commercio Indiana per l’Italia, sull’iniziativa organizzata l’11 Aprile a Cernusco sul Naviglio: “India: strategie e opportunità di business per le imprese italiane”. Importanti i dati 2011 di Vinitaly e di estremo interesse la Conferenza: “Dalla Nuova Zelanda la scienza per certificare l’origine specifica del tuo prodotto” organizzata dal Consolato Generale della Nuova Zelanda. Chiudiamo il numero con gli incontri della Camera di Commercio Italiana negli Emirati Arabi Uniti con le imprese pugliesi il 6/7/8 Giugno 2011. Buon lettura!
4
TRUSTS & WEALTH MANAGEMENT JOURNAL © n°3 Maggio 2011
Rassegna Stampa Da IL SOLE 24 Ore - 23 Maggio 2011
5
Fiscalità internazionale
Anche per le CFC «white list» detassati i dividendi «a cascata»
La circolare dell’Agenzia delle Entrate 23/2011 conferma l’esclusione da imposta anche se l’utile percepito eccede il reddito tassato per trasparenza Gianluca ODETTO - Sabato 28 maggio 2011
Nella circolare n. 23, emanata dall’Agenzia delle Entrate il 26 maggio 2011 a commento della disciplina CFC, l’Agenzia ritorna su una questione di interesse, rappresentata dal regime fiscale dei dividendi erogati dalla controllata estera al socio italiano. L’argomento viene analizzato nell’ambito dei chiarimenti resi in merito al nuovo comma 8-bis dell’art. 167 del TUIR, che qualifica come controlled foreign companies le controllate estere localizzate in Stati diversi dai paradisi fiscali per le quali sussistano in modo congiunto le seguenti condizioni: - tassazione effettiva nello Stato estero inferiore a più della metà a quella a cui sarebbero state soggette, ove residenti in Italia; - conseguimento di proventi in misura superiore al 50% dai c.d. “passive income” (dividendi, interessi, royalties e prestazioni di servizi infragruppo). Nel paragrafo 7.5 della circolare 23/2011 si legge che “l’imputazione per trasparenza del reddito della partecipata estera esaurisce in genere il prelievo fiscale in relazione al medesimo reddito”. Conseguenza diretta di ciò è che, se gli utili distribuiti dalla CFC si originano da un reddito precedentemente tassato per trasparenza in capo al socio italiano, gli stessi non devono più essere assoggettati ad imposta, secondo lo schema classico dei sistemi di trasparenza fiscale. La circolare sostiene, tuttavia, che il reddito è detassato “a prescindere dalla circostanza che, a seguito delle variazioni in aumento o in diminuzione operate al fine di determinare il reddito imponibile, quest’ultimo sia superiore o inferiore all’utile dell’esercizio distribuito”. La precisazione sembrerebbe confliggente con lo stesso dato di legge: l’art. 167, comma 7, del TUIR prevede, infatti, che gli utili distribuiti dalle controllate estere a cui si applica il regime CFC non concorrono alla formazione del reddito solo fino a concorrenza del reddito imputato per trasparenza (per il resto, infatti, la tassazione è integrale). In realtà, si tratta di un orientamento già presente nella circolare n. 51 del 6 ottobre 2010, ancorché in questo caso si facesse riferimento a una partecipazione in una società controllata localizzata in uno Stato a fiscalità privilegiata (CFC “classica” ai sensi del comma 1 dell’art. 167).
Confermata l’impostazione della circolare 51/2010 Questa apparente contraddizione potrebbe spiegarsi se si considera che il caso esaminato dall’Agenzia riguarda un soggetto italiano che controlla direttamente la società sita in uno Stato non a fiscalità privilegiata, la quale a sua volta controlla una partecipata di secondo livello anch’essa sita in uno Stato non paradiso fiscale. Il passo della circolare dovrebbe essere inteso nel senso che, se la controllata di secondo livello eroga alla subholding estera un dividendo di 1.000, con tassazione per trasparenza in capo al socio italiano per 50 (il 5% di 1.000), in caso di “riversamento” del dividendo dalla subholding al socio italiano (sempre nella misura di 1.000), non concorre alla formazione del reddito non solo 50 (reddito già tassato per trasparenza), ma anche l’ulteriore importo di 950, che rappresenta proprio la variazione in diminuzione ordinariamente connessa ai dividendi percepiti ai sensi dell’art. 89 del TUIR. Si tratta di una ricostruzione che già era stata proposta in sede dottrinale successivamente all’emanazione della circolare 51/2010, e che sembra quindi trovare una conferma. Ulteriori elementi a sostegno di questa tesi stanno, del resto, nella precisazione della stessa Agenzia secondo cui, se la partecipata estera non “black list” distribuisce utili non tassati per trasparenza in capo al socio italiano (ad esempio, riserve formatesi prima dell’acquisizione del controllo), tali utili concorrono alla formazione del reddito del socio italiano
6
TRUSTS & WEALTH MANAGEMENT JOURNAL © n°3 Maggio 2011
nella misura del 5% del relativo ammontare (sempre che, naturalmente, la partecipata di secondo livello sia anch’essa localizzata in uno Stato non a fiscalità privilegiata).
28 Maggio 2011
CFC, tempo fino al 30 giugno per gli interpelli
La circ. 23 dell’Agenzia chiarisce che l’accoglimento dell’istanza presentata entro tale data consente la disapplicazione per il periodo d’imposta 2010 Gianpaolo VALENTE - Venerdi 27 maggio 2011
Con la circolare n. 23 emanata ieri, l’Agenzia delle Entrate torna ad occuparsi del regime delle Controlled Foreign Companies (CFC) (art. 167 del TUIR), fornendo ulteriori precisazioni rispetto a quelle rese con la tanto attesa circ. n. 51 dello scorso ottobre (si veda “CFC: linea dura dall’Agenzia” del 7 ottobre 2010). Tra gli altri chiarimenti (si veda anche “Per le società «non black list» verifica del tax rate virtuale italiano” di oggi), ci pare importante soffermarci sulla risposta 8.3 in materia di interpello disapplicativo. È noto, infatti, che – a seguito delle novità apportate dall’art. 13 del DL 78/2009 – hanno perso di validità le risposte favorevoli agli interpelli CFC precedentemente riconosciute dall’Agenzia delle Entrate a seguito della dimostrazione della prima esimente, per effetto della modifica dei presupposti di diritto in base ai quali erano state rese (ora il riferimento è allo “svolgimento di un’attività nel mercato di uno Stato”). In merito al termine per la presentazione delle istanze, la già richiamata circ. n. 51, e prima ancora la circ. n. 32 sempre del 2010, hanno chiarito che, trattandosi di un comportamento che trova attuazione nella dichiarazione dei redditi, l’istanza deve essere presentata – a pena di inammissibilità – in tempo utile per ottenere la risposta prima della scadenza del termine ordinario di presentazione della dichiarazione stessa. Si tratta dei 120 giorni che l’Agenzia delle Entrate ha ordinariamente a disposizione per rendere il parere all’interpello, a nulla rilevando il più ampio termine di 180 giorni previsto ai fini della risposta dall’art. 5 del DM 21 novembre 2001 n. 429, disposizione transitoria la cui validità deve ritenersi circoscritta al periodo di prima applicazione del regime CFC. In altri termini, nella circ. n. 51 è stato precisato che un contribuente con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare che intende chiedere la disapplicazione del regime CFC per il periodo d’imposta 2010 deve presentare la relativa istanza entro il 1° giugno 2011, tenuto conto che il termine per l’invio ordinario della relativa dichiarazione dei redditi scade il 30 settembre 2011. Integrato quanto in precedenza chiarito dalla circ. 51 Orbene, in considerazione della complessità delle questioni interpretative affrontate dall’Agenzia delle Entrate a seguito delle novità che hanno interessato la materia e delle conseguenti difficoltà applicative, dalla lettura della circ. n. 23 emanata ieri emerge che si considerano validamente proposte le istanze presentate entro il prossimo 30 giugno 2011 dai contribuenti aventi l’esercizio coincidente con l’anno solare; ad integrazione di quanto in precedenza chiarito dalla circ. n. 51, la circolare precisa, infatti, che le sole istanze il cui termine di presentazione sarebbe scaduto tra il 1° giugno e il 30 giugno 2011 “si considereranno validamente proposte se presentate entro tale ultima data”.
27 Maggio 2011
7
Per le società «non black list» verifica del tax rate virtuale italiano
Le controllate estere sono CFC se le imposte estere sono inferiori del 50% a quelle che sarebbero dovute in Italia in base al TUIR Gianluca ODETTO - Venerdì 27 maggio 2011
Il paragrafo 2 della circolare dell’Agenzia delle Entrate 23/2011 è interamente dedicato all’analisi del nuovo art. 167, comma 8-bis, lettera a) del TUIR. La norma, come si ricorderà, è finalizzata a fare rientrare nel regime CFC anche le controllate estere localizzate in Stati diversi dai paradisi fiscali con tax rate effettivo inferiore al 50% di quello italiano, se (condizione concorrente prevista dalla lettera b) della disposizione) il reddito delle partecipate estere deriva per più del 50% dai c.d. “passive income” (dividendi, interessi, royalties e servizi infragruppo). In primo luogo, l’Agenzia precisa che la verifica deve essere operata ponendo, per astratto, che la controllata sia residente in Italia e confrontando, così, il livello impositivo estero con quello “virtuale” che sarebbe previsto in Italia. Occorre, pertanto, applicare al risultato d’esercizio ottenuto nello Stato estero le variazioni fiscali (in aumento e in diminuzione) previste dal TUIR. Ai fini del confronto del tax rate “virtuale” domestico non occorre, però, considerare la disciplina delle società di comodo (art. 30 della L. 724/94), in quanto questa presuppone l’imputazione per trasparenza della CFC, mentre la verifica in questione si pone in una fase propedeutica alla valutazione sull’eventuale artificiosità dell’insediamento estero. Né rilevano norme “extra-TUIR”, quali ad esempio le diverse norme che regolano l’indeducibilità degli interessi passivi richiamate dall’art. 96, comma 6, del TUIR (es. interessi dei prestiti obbligazionari delle società non quotate “extra soglie”, interessi sui prestiti delle società cooperative, ecc.). Il suddetto confronto deve essere operato anche quando le imposte sono dovute solo per effetto delle variazioni fiscali. Se, infatti, si parte da una perdita di bilancio, ma considerando le variazioni in aumento le imposte sono dovute, la condizione si considera verificata se le imposte virtualmente dovute in Italia sono più del doppio di quelle (effettivamente) dovute nello Stato di localizzazione. Se, poi, la società estera non deve imposte nello Stato estero, mentre le dovrebbe in Italia per effetto delle variazioni fiscali previste dal TUIR, la condizione si considera sempre soddisfatta; al contrario, se la società estera paga imposte nello Stato di localizzazione, mentre non le dovrebbe assolvere in Italia (per effetto, chiaramente, delle variazioni in diminuzione previste dal TUIR), la società stessa non potrebbe mai essere annoverata tra le CFC, anche se i passive income sono preponderanti nella determinazione del suo reddito. Perdite fiscali pregresse da “azzerare” Uno specifico chiarimento è reso dal paragrafo 2.6 della circolare, con riferimento alle perdite fiscali maturate prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina CFC. Ad avviso dell’Agenzia, ragioni di semplicità ed omogeneità nel confronto dei carichi fiscali imporrebbero di non considerare (di fatto, di “azzerare”) tutte le perdite fiscali della controllata, a prescindere da ogni ulteriore condizione (anzianità, ecc.); in questo modo, peraltro, si evita che il tax rate estero possa essere considerato negativo, con le conseguenti problematiche in precedenza evidenziate. Ulteriore apertura è ravvisabile relativamente ai proventi assoggettati, nello Stato estero, a ritenuta a titolo d’imposta; di tali imposte occorre, secondo l’Agenzia, tenere conto nella determinazione del carico fiscale estero, in quanto una diversa soluzione porterebbe a confrontare dati non omogenei, dato che normalmente, ai fini della determinazione delle imposte virtuali italiane, si tratta di proventi assoggettati a tassazione ordinaria. Un ultimo caso esaminato dall’Agenzia delle Entrate riguarda le catene societarie a più livelli, e più precisamente il controllo diretto, da parte del soggetto italiano, su una società localizzata in uno Stato non paradiso fiscale, la quale a sua volta controlla una società localizzata in uno Stato a fiscalità privilegiata. Secondo l’Agenzia, in queste situazioni la disciplina CFC deve essere applicata separatamente per ciascuna entità, con la conseguenza che: - l’eventuale tassazione per trasparenza, in capo al socio italiano, del reddito della partecipata di secondo livello (localizzata nel paradiso) riguarda unicamente il socio italiano; - conseguentemente, questo reddito non deve essere considerato ai fini del calcolo del tax rate virtuale italiano della controllata di primo livello, localizzata nello Stato “non black list”.
27 Maggio 2011
8
TRUSTS & WEALTH MANAGEMENT JOURNAL © n°3 Maggio 2011
SENTENZA CORTE DI CASSAZIONE 4 Febbraio 2011
Svolgimento del Processo Con sentenze del 23/4/2001 (non definitiva) e del 23/1/2006 (definitiva) la Corte d’Appello di Roma, in parziale accoglimento dei gravami interposti dal Ministero dell’Industria, Commercio e Artigianato (poi Ministero delle Attività Produttive), rispettivamente confermava (nell’an) e riformava parzialmente (nella determinazione del quantum liquidato) la pronunzia Trib. Roma 18/11/1998 di condanna al risarcimento dei danni dagli originari attori sigg.ri_______ ed altri subiti in conseguenza della totale perdita delle somme affidate in gestione fiduciaria alla società Previdenza s.p.a., su cui esso esercitava potere di vigilanza. Avverso la suindicate pronunzie della corte di merito il Ministero dello Sviluppo Economico (già Ministero dell’Industria, Commercio e Artigianato, e poi Ministero delle Attività Produttive) propone ora ricorso per Cassazione, affidato a 3 motivi. Resistono con controricorso i sigg.ri ______ ed altri, che hanno presentato anche memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE Con il 1°motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2969, 2909 c.c., 112, 116, 278, 324, 342, 345 c.p.c., in relazione all’art.360, 1°co.nn.3 e 4, c.p.c. Si duole che la Corte di merito abbia erroneamente separato la questione dell’an da quella del quantum di risarcimento, trattandosi di domanda proposta <
>, sicchè, in difetto di prova sul quantum del risarcimento, si imponeva il <>. Lamenta che il censurato provvedimento di scissione è stato dal giudice nel caso adottato in difetto di relativa <>, risultando a tale stregua integrato un evidente vizio di ultrapetizione. Il motivo è infondato. Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, nell’ipotesi in cui con la domanda iniziale sia stata richiesta una condanna specifica, ai fini della scissione del giudizio sull’an da quello sul quantum, occorre distinguere secondo che essa avvenga all’interno dello stesso processo, o dia invece luogo a due diversi processi. Mentre in quest’ultimo caso la scissione richiede l’istanza dell’attore ed il consenso del convenuto, nel primo, in cui rientra invero l’ipotesi in esame, l’adesione della controparte non è necessaria, e la separazione può essere disposta anche d’ufficio (v. Cass., 27/7/2005, n.15686). Si è al riguardo altresì precisato che l’avere il giudice operato d’ufficio la scissione delle pronunce sull’an e sul quantum, anzichè su istanza di parte, come previsto dall’art.278 c.p.c., in ogni caso non comporta violazione di principi di ordine pubblico, e non incide sulla realizzazione delle finalità essenziali del processo, che non vengono compromesse dal frazionamento del giudizio in due fasi, sicchè non risultano vulnerati i principi fondamentali del sistema processuale, nè pregiudicato il diritto di difesa (v.Cass., 22/10/1987, n.7806), stante la possibilità di riesaminare la decisione mediante l’impugnazione (v.Cass., 14/3/2000, n.2904). In tale ipotesi incombe comunque pur sempre all’attore assolvere all’onere di indicare i mezzi di prova dei quali intende avvalersi per la determinazione del quantum, incorrendo altrimenti nel rigetto della domanda, laddove questa risulti non adeguatamente provata (v.Cass., 27/7/2005, n. 15686).
9
Orbene, in presenza di impugnazione dell’allora appellante Ministero dell’Industria, commercio e Artigianato in ordine al <>, nell’emettere sentenza non definitiva, disponendo per il prosieguo del giudizio avanti a sè in quanto <> non <> avendo i medesimi dedotto che <>, dei suindicati principi la Corte di merito ha nell’impugnata sentenza fatto invero piena e corretta applicazione. Con il 2°motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2697, 2909 c.c., 40, 41 c.p., in relazione all’art.360, 1° co. nn.3 e 4, c.p.c.; nonchè omessa o insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia, in relazione all’art.360, 1°co.n.5, c.p.c. Si duole che il nesso di causalità tra il comunicato stampa del Ministero dell’Industria del 10/5/1985 (nel riportato tenore secondo cui <>) e i danni lamentati dai fiducianti risulti nel caso dai medesimi non provato e apoditticamente <> dalla Corte di merito, laddove, essendo esso stato emesso <>, non poteva invero <>, e si <<sarebbe dovuto provare, ma non fu provato, da chi ne aveva l’interesse e l’onere, che all’epoca del comunicato stampa la Previdenza sarebbe stata ancora in grado di restituire integralmente le somme conferitele dai fiducianti>>. Lamenta, ancora, che con la mancata pubblicizzazione del provvedimento Consob non è stato violato alcun obbligo giuridico da parte sua, in quanto <<sarebbe stata quest’ultima la sola autorità competente a dargli, se lo riteneva necessario, adeguata pubblicità>>. Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato. Come questa Corte ha già avuto più volte modo di affermare i motivi posti a fondamento dell’invocata Cassazione della decisione impugnata debbono avere i caratteri della specificità, della completezza, e della riferibilità alla decisione stessa, con –fra l’altro- l’esposizione di argomentazioni intelligibili ed esaurienti ad illustrazione delle dedotte violazioni di norme o principi di diritto, essendo inammissibile il motivo nel quale venga precisato in quale modo e sotto quale profilo (se per contrasto con la norma indicata, o con l’interpretazione della stessa fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina) abbia avuto la violazione nella quale si assume essere incorsa la pronuncia di merito. Sebbene l’esposizione sommaria dei fatti di causa non deve necessariamente costituire una premessa a sè stante ed autonoma rispetto ai motivi di impugnazione, è tuttavia indispensabile, per soddisfare la prescrizione di cui all’art.366, 1°co. n.4, c.p.c., che il ricorso, almeno nella parte destinata alla esposizione dei motivi, offra, sia pure in modo sommario, una cognizione sufficientemente chiara e completa dei fatti che hanno originato la controversia, nonchè delle vicende del processo e della posizione dei soggetti che vi hanno partecipato, in modo che tali elementi possano essere conosciuti soltanto mediante il ricorso, senza necessità di attingere ad altre fonti, ivi compresi i propri iscritti difensivi del giudizio di merito, la sentenza impugnata ed il ricorso per Cassazione (v.Cass., 23/7/2004, n. 13830; Cass., 17/4/2000, n. 4937; Cass., 22/5/1999, n. 4998). E’ cioè indispensabile che dal solo contesto del ricorso sia possibile desumere una conoscenza del “fatto”, sostanziale e processuale, sufficiente per bene intendere il significato e la portata delle critiche rivolte alla pronuncia del giudice a quo (v.Cass., 4/6/1999, n.5492).
10
TRUSTS & WEALTH MANAGEMENT JOURNAL © n°3 Maggio 2011
Quanto al vizio di motivazione ex artt.360, 1°co. n.5, c.p.c. va invero ribadito che esso si configura solamente quando all’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione (in particolare cfr. Cass., 25/2/2004, n.3803). Tale vizio non consiste pertanto nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove preteso dalla parte rispetto a quello operato dal giudice di merio (v.Cass., 14/3/2006, n. 5443; Cass., 20/10/2005, n.20322). La deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce infatti al giudice di legittimità non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la mera facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, cui in via esclusiva spetta il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, di dare (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge) prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (v. Cass., 7/3/2006, n.4842;, Cass., 27/4/2005, n.8718). Orbene, i suindicati principi risultano invero non osservati dall’odierno ricorrente. Già sotto l’assorbente profilo dell’autosufficienza, va posto in rilievo come il medesimo faccia richiamo ad atti e documenti del giudizio di merito (es., al <>, alle <>, agli <<scritti degli appellati>>, alle <>, al provvedimento della Consob>>) limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente –per la parte d’interesse in questa sede- riprodurli nel ricorso ovvero puntualmente indicare in quale sede processuale, pur individuati in ricorso, risultino prodotti e, ai sensi dell’art. 369, 2° co. n.4, c.p.c., se siano stati prodotti anche in sede di legittimità (v.Cass., 23/9/2009, n. 20535; Cass., 3/7/2009, n.15628; Cass., 12/12/2008, n.29279). A tale stregua non pone questa Corte nella condizione di effettuare il richiesto controllo (anche in ordine alla tempestività e decisività dei denunziati vizi), da condursi sulla base delle sole deduzioni contenute nel ricorso, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di merito (v. cass., 24/3/2003, n.3158; Cass.,25/8/2003, n.12444; Cass., 1/2/1995, n.1161). Osservato che l’onere del rispetto del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione –valido oltre che per il vizio di motivazione ex. art.360, 1° co.n.5, c.p.c. anche per il vizio di violazione di norme di diritto ex. art.360, 1°co.n.3, c.p.c.sussiste invero pure quando si reputi che una data circostanza debba ritenersi sottratta al thema decidendum, in quanto con contestata (v.Cass., 23/7/2009, n.17253; Cass., 19/4/2006, n.9076), va altresì ribadito che anche alla denunzia della violazione dell’art.112 c.p.c. integrante error in procedendo il principio di autossufficienza deve essere invero osservato, dovendo specificamente indicarsi l’atto difensivo o il verbale di udienza nei quali le domande o le eccezioni sono state proposte, one consentire al giudice di verificarne, in primo luogo, la ritualità e la tempestività, e, in secondo luogo, la decisività (v.Cass., 31/1/2006, n.2138; Cass.,27/1/2006, n.1732; Cass., 4/4/2005, n. 6972; Cass., 23/1/2004, n.1170; Cass., 16/4/2003, n.6055). E’ infatti al riguardo noto che, pur divenendo nell’ipotesi in cui vengano denunciati con il ricorso per cassazione errores in procedendo la Corte di legittimità giudice anche del fatto (processuale) ed abbia quindi il potere-dovere di procedere direttamente all’esame e all’interpretazione degli atti processuali, preliminare ad ogni altra questione si prospetta invero quella concernente l’ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza che, solo quando sia stata accertata la sussistenza di tale ammissibilità diviene possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo, sicchè esclusivamente nell’ambito di quest’ultima valutazione la Corte di Cassazione può e deve procedere
11
direttamente all’esame ed all’inerpretazione degli atti pocessuali (v.Cass., 23/1/2006, n.1221). Nel caso, va al riguardo peraltro posto in rilievo, la pur formalmente denunziata violazione dell’art.112 c.p.c. non invero argomentata. Quanto alla doglianza concernente la prova del nesso di causalità tra il fatto illecito ed i danni lamentati dai risparmiatori/ investitori odierni contro ricorrenti, atteso che in base a principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità il relativo accertamento rientra tra i compiti del giudice di merito, ed è sottratto al sindacato di legittimità, essendo questa Corte legittimata – nei limiti dell’art.360, 1 co., n.5, c.p.c. – al mero controllo in ordine all’idoneità delle ragioni addotte dal giudice del merito a fondamento della propria decisione (v. Cass., 9/11/2005, n.21684; Cass., 10/5/2005, n.9754), va in particolare osservato che, come questa Corte ha già avuto modo di affermare e di recentemente ribadire proprio con riferimento a caso analogo, la P.A. è responsabile per i danni subìti dai risparmiatori/investitori che siano casualmente riconducibili alla violazione dei comportamenti dovuti nella vigilanza e nel controllo sulle società fiduciarie imposti da norme di legge (artt.2 L. n.1966 del 1939 e 3 r.d. n.531 del 1940) e costituenti limiti esterni alla sua attività discrezionale che integrano la norma primaria del neminem laedere di cui all’artt.2043 c.c. Comportamenti cui è essa invero tenuta già in base all’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza, quale generale principio di solidarietà sociale, che trova applicazione anche in tema di responsabilità extracontrattuale, in base al quale il soggetto è tenuto a mantenere nei rapporti della vita di relazione un comportamento leale, specificantesi in obblighi di informazione e di avviso nonchè volto alla salvaguardia dell’utilità altrui – nei limiti dell’apprezzabile sacrificio -, dalla cui violazione conseguono profili di responsabilità in ordine ai falsi affidamenti anche solo colposamente ingenerati nei terzi (cfr. Cass., 20/2/2006, n.3651; Cass., 27/10/2006, n. 23273; Cass., 15/2/2007, n.3462; Cass., 13/4/2007, n. 8826; Cass., 24/7/2007, n. 16315; Cass., 30/10/2007, n. 22860; Cass., Sez.Un., 25/11/2008, n.28056). Condotta che assume i connotati dell’illecito e provoca la lesione di diritti e interessi meritevoli di tutela dei risparmiatori/ investitori allorquando risulti invero tardiva e comunque carente, (anche) nell’adozione di provvedimenti e iniziative – pure di tipo informativo- idonei a salvaguardare i medesimi dal pericolo di perdita degli investimenti effettuati (cfr. Cass., 27/3/2009, n.7531), che il corretto e tempestivo esercizio da parte della P.A. dei poteri attribuibile è funzionalmente volta ad avviare con il consentire agli interessati di valutare il contenuto delle notizie e di attivarsi per verificarne la corrispondenza al vero e di eventalmente adottare soluzioni differenti, non investendo nell’operazione o provvedendo a disinvestire prontamente i capitali, evitando o limitando le perdite (cfr. Cass., 25/2/2009, n. 4587. Cfr. anche Cass., Sez. Un., 27/7/1998, n.7339). A tale stregua, in caso di concretizzazione del rischio che la norma violata tendeva a prevenire, la considerazione del comportamento dovuto e della condotta mantenuta assume decisivo rilievo, e il nesso di causalità che i danni conseguenti a quest’ultima astringe rimane invero presuntivamente provato /cfr. Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 584; Cass., Sez.Un., 11/1/2008, n.582). Orbene, dall’impugnata sentenza si evince che i danni lamentati dai risparmiatori/investitori odierni ricorrenti risultano casualmente ascritti alla condotta nel vaso mantenuta dalla P.A., argomentandosi dalla ravvisata <<macroscopica colpa omissiva>> affettante la medesima, in ragione della tardiva adozione e pubblicazione del provvedimento di revoca nei confronti della società _____S.p.a dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività fiduciaria di raccolta di fondi, nonché dell’omessa informazione ai risparmiatori circa i rischi connessi alla situazione patrimoniale e gestionale della società rilevante. Ancora, movendosi dalla ritenuta idoneità di tali condotte a provocare la volatizzazione dei fondi investiti, evidentemente secondo la regola di inferenza probatoria del “più probabile che non” (v. Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n.584; Cass., 13/6/2008, n.15986; Cass., 16/10/2007 , n.21619; e, da ultimo, Cass., 17/2/2011, n.3847), che l’esercito della attività di controllo e di informazione in argomento era appunto volta a prevenire. A tale stregua, i sueposti principi risultano non essere stati dalla Corte di merito invero disattesi nell’impugnata sentenza. Con il 3°motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt.2697, 2056, 1223 c.c., 112 c.p.c., in
12
TRUSTS & WEALTH MANAGEMENT JOURNAL © n°3 Maggio 2011
relazione all’art.360, 1°co. nn.3 e 4, c.p.c., nonchè omessa o insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia, in relazione all’art.360, 1° co. n.5, c.p.c. Si duole essersi dalla Corte di merito erroneamente determinato il danno liquidato con la pronunzia definitiva, facendosi riferimento, quanto al danno emergente, al <> e ai <>, laddove trattasi nella specie di <>, sicchè era per coverso onere degli attori <<provare quali aspettative di conservazione e di accrescimento il loro capitale avrebbe avuto in rapporto agli investimenti prospettati o ad investimenti simili>> e <>. Quanto al <>, liquidato in difetto di relativa domanda e pertanto con evidente vizio di ultrapetizione, facendosi erroneamente riferimento all’investimento in BOT, <>, laddove <>, evidente invero emergendo che trattasi di ipotesi inammissibilmente eterogenee. Il motivo è fondato, nei limiti di seguito indicati. Con questa Corte ha avuto recentemente moso, proprio in caso analogo, di affermare, ai fini della liquidazione del danno subìto dai risparmiatori per la perdita delle somme di denaro affidate in gestione a società fiduciarie, ai sensi della normativa di cui alla legge n.1966 del 1939, non possono essere riconosciuti, oltre al valore nominale del capitale versato, anche i frutti (sotto forma di interessi) che quei capitali avrebbero prodotto se fossero stati investiti (nella specie, in B.O.T.), atteso che il rapporto di amministrazione fiduciaria, implicando o comunque autorizzando investimenti con margini di rischio e possibilità di perdite, non attribuisce al fiduciante il diritto ad un risarcimento minimo o a un utile garantito (v. Cass., 27/3/2009), n.7531). Orbene, nell’affermare (nella sentenza definitiva) che il danno da <> consiste <>, e nell’applicare tale criterio in sede di determinazione dell’ammontare dovuto ai singoli danneggiati, la Corte di merito ha nell’impugnata sentenza invero disatteso il suindicato principio. Della medesima s’impone pertanto la Cassazione in relazione, con rinvio alla Corte d’Appelo di Roma perchè, in diversa composizione, proceda a nuovo esame, facendo del medesimo applicazione. Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio in Cassazione.
P.Q.M. La Corte accoglie il 3° motivo di ricorso, rigettati gli altri. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione.
Roma, 4/2/2011
Il Consigliere est
Il Presidente
13
FIDUCIARIA E OMESSA VIGILANZA Il Ministero è responsabile per non avere adeguatamente vigilato sull’operato della fiduciaria. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza del 4 febbraio 2011 nella quale, facendo proprio l’orientamento espresso da altra recente sentenza che ha visto condannare Consob per omessa vigilanza su una quotata.
l fatto La vicenda narrata si riferisce ad un’epoca storica ormai lontana quando ancora le società fiduciarie potevano svolgere l’attività di gestione di patrimoni, attività oggi riservata alle Società di Intermediazione Mobiliare (SIM), alle Banche, alle Società di Gestione del Risparmio (SGR) e alle fiduciarie purchè iscritte nell’albo speciale delle SIM. Alcuni clienti della Previdenza SpA (fiduciaria di gestione di patrimoni) hanno adito il Tribunale per potersi vedere riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni derivanti dalla totale perdita delle somme affidate in gestione alla società. Il Tribunale di Roma nel 1998 e poi successivamente la Corte d’Appello (nel 2006) davano ragione ai malcapitati risparmiatori i quali lamentavo il fatto che l’allora Ministero dell’Industria non avevano vigilato in maniera adeguata sulla società fiduciaria Previdenza. Il Ministero dell’Industria ci stava di essere condannato e di dover pagare dei danni per aver omesso dei controlli sulla fiduciaria e pertanto si opponeva sia alla sentenza di primo che a quella di secondo grado. Il diritto La PA è responsabile per i danni subito dai risparmiatori/ investitori che siano causalmente riconducibili alla violazione di comportamenti dovuti nella vigilanza e nel controllo sulle società fiduciarie imposte da norme di legge e costituenti limiti esterni alla sua attività discrezionale che integrano la norma primaria del neminem ledere di cui all’articolo 2043 del codice civile. Se poi risulta tardiva e carente anche nell’adozione di provvedimenti ed iniziative, anche solo di tipo informativo, idonei a salvaguardare i medesimi dal pericolo di perdita degli investimenti effettuati che il corretto e tempestivo esercizio da parte della PA dei poteri attribuitigli è funzionalmente volta ad ovviare con il consentire agli interessati di valutare il
14
contenuto delle notizie e di attivarsi per verificarne la corrispondenza al vero, e di eventualmente adottare soluzioni differenti, non investendo nell’operazione o provvedendo a disinvestire prontamente i capitali , evitando o limitando le perdite. La Cassazione giunge quindi a concludere che i danni lamentati dai risparmiatori risultano causalmente riconducibili all’omessa vigilanza del Ministero dell’Industria. Conclusioni L’assoggettamento della fiduciaria alla vigilanza di un’Autorità offre maggiori garanzie al cliente il quale può fare affidamento sull’attività di controllo fatta da un soggetto pubblico e terzo. La ormai prossima entrata in vigore della riforma delle società fiduciarie che porterà, almeno per quelle di maggiori dimensioni, alla Vigilanza della Banca d’Italia e ad un aumento dei relativi controlli contribuirà ad incrementare il grado di fiducia e di affidamento che sulle stesse potrà avere il cliente. Avv. Fabrizio Vedana – Unione Fiduciaria S.p.A. [email protected]
TRUSTS & WEALTH MANAGEMENT JOURNAL © n°3 Maggio 2011
IL TRUST A SCOPO PURAMENTE LIQUIDATORIO NOTA AD ORDINANZA TRIBUNALE DI REGGIO EMILIA 14/03/2011 GIUDICE ESECUZIONE DOTT. G. FANTICINI Non ogni trust è ammissibile, valido ed efficace in quanto tale, è indispensabile valutare l’atto istitutivo per comprendere il suo programma negoziale e valutare la meritevolezza degli interessi sottesi a tale atto oltre che l’eventuale possibilità di raggiungere i medesimi obiettivi con istituti di diritto interno. 1. Il caso ed alcune questioni preliminari Non vi è dubbio che sino ad oggi, l’attenzione giurisprudenziale concernente il riconoscimento del trust interno e la valorizzazione del suo maggiore effetto “la segregazione del patrimonio”, si è maggiormente concentrata nei procedimenti esecutivi, che hanno potuto affrontare il tema dell’ammissibilità dell’istituto, sia dal punto di vista teorico che pratico. Quest’ultimo aspetto riguarda evidentemente le azioni esecutive compiute nei confronti del patrimonio conferito in trust, proprio come l’ordinanza del Tribunale di Reggio Emilia emanata dal Giudice delle Esecuzioni il 14/03/2011. Il provvedimento è complesso ma ben strutturato nelle sue principali articolazioni in ordine alla motivazione con cui il giudice, con riferimento alla “causa” del negozio istitutivo di un trust interno autodichiarato (coincidenza soggettiva tra disponente e trustee), lo ritiene non meritevole di tutela. Per comprendere l’interpretazione della decisione del giudice è necessaria una sommaria esposizione dei fatti. Un creditore munito di titolo esecutivo (decreto ingiunitivo) < Sempronio> agiva nei confronti di una impresa per recuperare il suo credito attraverso un pignoramento presso terzi ex art. 543 c.p.c. notificato in data 22/12/2010. Il debitor debitoris, la società s.r.l. , resa la dichiarazione ex art 547 c.p.c. precisava altresì che la società sua creditrice risultava cancellata dal R.I. e che aveva ricevuto richiesta di pagamento da parte del trustee del trust Alfa. Il trustee del trust Alfa (Tizio) dunque faceva ricorso di opposizione all’esecuzione con istanza di sospensione cautelare, contestando il diritto del creditore Sempronio di procedere all’esecuzione forzata sostenendo di subire un pregiudizio, posto che la procedura esecutiva avrebbe colpito un credito “asseritamente” trasferito al trustee il 02/08/2011,
dunque anteriormente alla data della notifica del pignoramento . Cosa era accaduto dunque? La società Alfa posta in liquidazione, in persona del liquidatore Tizio, con atto del 26/07/2010 aveva istituito un trust “al fine di realizzare nel modo più efficace la conservazione del proprio valore a tutela degli interessi dei suoi creditori e dei suoi soci”; un trust nel quale era confluito l’intero patrimonio della società sia attivo che passivo. Trustee del trust era stato nominato il liquidatore della società e protector nonché beneficiario finale uno dei due soci della società Alfa. Il 14/09/2010 il liquidatore presentava domanda di cancellazione dal R.I. la cui iscrizione nel R.I. avviene il 24/09/2010. Dunque trattandosi di un procedimento esecutivo (specificatamente di un opposizione ad un pignoramento presso terzi con relativa istanza cautelare di sospensione) è basilare, sia pure forse ripetitivo, sottolineare come la segregazione del patrimonio conferito in trust valido, produce il tipico effetto dell’intangibilità del patrimonio e non può essere oggetto di espropriazione da parte dei creditori personali del trustee né evidentemente del settlor. Fondamentalmente il tribunale emiliano analizzando l’atto istitutivo del trust, focalizza la sua valutazione sulla meritevolezza di tutela dello scopo prefissato dal disponente e conseguentemente sul concreto programma negoziale che in definitiva si rivelerà, per il giudice, inconsistente. Il giudice tuttavia compenserà le spese per la soccombenza di entrambe le parti. Preliminarmente vale la pena soffermarsi sulla legittimazione processuale dell’opponente nel caso de quo, chiarendo inequivocabilmente come, non solo il trust non sia legittimato ad esperire l’azione giudiziale ex art. 615 c.p.c., posto che non è il debitore esecutato
15
(l’azione esecutiva è diretta nei confronti della società Alfa), ma come sia concettualmente errato far riferimento negli atti difensivi dell’opponente al “trust Alfa in nome del trustee” ipotizzando in tal guisa il trust come “ente autonomo a se stante”, ovvero un’entità giuridicamente rilevante. Come rileva attenta ed autorevole dottrina, si ritiene che “il trust sul piano processuale, inteso come “rapporto” ovvero come “fondo segregato” nel patrimonio del trustee, non possa assumere una propria soggettività autonoma, così da giungere a qualificare il trustee come il suo “legale rappresentante”. Piuttosto, si deve fare riferimento al vincolo di destinazione gravante sul trustee quale“proprietario” (o comunque amministratore) dei beni in trust. La segregazione patrimoniale tipica del trust, infatti, comporta l’imposizione di un vincolo di destinazione avente efficacia reale, che determina l’istituzione, in capo ad un unico soggetto (il trustee) di più patrimoni distinti e separati fra loro, ciascuno avente una propria destinazione. In quest’ottica, quindi, il trustee agirà e sarà citato in giudizio, nelle controversie relative al trust, non in quanto “legale rappresentante1”ma evidentemente nella sua qualità di trustee di un determinato trust. Il tema della soggettività del trust in realtà se è pacificamente risolto dalla dottrina civilistica e comparatistica, sembra ritornare al centro dell’attenzione a causa di provvedimenti legislativi in
ambiti specifici come il d.lgs n. 917/86 ovvero T.U.I.R , in cui sembra ravvisarsi in tale istituto un soggetto giuridico autonomo2 (ma ambiguo è anche il tenore letterale del d.lgs n. 231/07). A parere dello scrivente è condivisibile l’opinione di chi ritiene che la soggettività tributaria non configuri comunque un “entificazione” del trust, in quanto rimane ferma la distinzione tra capacità contributiva e capacità giuridica di diritto comune, ancorché l’imposta possa essere imputata con disposizioni legislative oltre a soggetti di diritto anche ad altre “entità che pur se privi della capacità di diritto comune, vengono elevate a centri di imputazione dell’obbligazione d’imposta in chiave di risoluzione di problemi connessi ad una costituzionalmente corretta imputazione delle manifestazioni della capacità contributiva ”3. 2. Il programma negoziale, la causa concreta ed il trust sham L’ordinanza in parola, può essere schematicamente suddivisa in due punti essenziali. 1) La valutazione del programma negoziale del disponente: la causa concreta del trust Dunque chiarito che il trustee non può assumere
1. LUPOI, Profili processuali del trust, in Trusts ed attività fiduciarie, marzo 2009. 2. Art. 73, co.1 .T.U.I.R –Soggetti passivi- Sono soggetti all’imposta sul reddito delle società’: a) le società per azioni e in accomandita per azioni, le società’ a responsabilità’ limitata, le società’ cooperative e le società’ di mutua assicurazione, nonché le società europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 e le società’ cooperative europee di cui al regolamento (CE) n.1435/2003 residenti nel territorio dello Stato; b) gli enti pubblici e privati diversi dalle società’, nonché’ i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali; c) gli enti pubblici e privati diversi dalle società’, nonché’ i trust, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività’ commerciali; d) le società’ e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato. Il successivo comma 2 recita tra l’altro….Nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell’atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali. 3. CASTALDI, Il Trust, tra soggettività e trasparenza, in Dialoghi dir. Trib. , 2007.L’autore sottolinea , “la peculiare (e autonoma) funzione spiegata dai processi di soggettivazione in materia tributaria”, rispetto ad altre ambiti del diritto comune quale quello civilistico Sul tema è intervenuta anche l’Agenzia delle Entrate con alcune sue circolari ( la n. 48/E del 06/08/2007 e tra le più recenti la n. 61/E del 27/12/2010) in cui risolve i dubbi ermeneutici emersi dal dato letterale del testo normativo a favore del riconoscimento al trust di autonoma soggettività tributaria, salvo che (ex art 73, co. 2 TUIR), nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari. A tal proposito si deve infine segnalare il principio sancito dalla Corte di Cassazione a Sezione Unite in cui viene affermato che le circolari con cui l’Agenzia delle Entrate interpreta le norme tributarie si limitano ad esprimere un parere dell’Amministrazione, non vincolante, pur autorevole. (Corte di Cassazione SS.UU. 02/11/2007 n. 23031, in Guida al Diritto 2007 n. 48, pag. 50, con nota di STRAZZULLA) ; conformemente all’indirizzo ermeneutico dei giudici di legittimità, Commissione Tributaria Provinciale di Firenze, sentenza del 12/02/2009 n. 30 in cui i giudici tributari disattendono le motivazione dell’Amministrazione finanziaria basate sulle relative circolari ed accolgono un ricorso avverso un avviso di liquidazione dell’Agenzia delle Entrate di Empoli che, con riferimento ad una registrazione dell’atto di istituzione di trust (avente ad oggetto beni immobili), disponeva il pagamento delle imposte di donazione, nonché di registro, ipotecaria e catastale in misura proporzionale anziché delle sole imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa così come sostenuto dalla ricorrente.
16
TRUSTS & WEALTH MANAGEMENT JOURNAL © n°3 Maggio 2011
la posizione processuale prevista dall’art. 615 c.p.c. (debitore esecutato), ma quella prevista ex art 619 c.p.c. (opposizione di terzi), occorre verificare se l’atto istitutivo è portatore di interessi meritevoli di tutela per il nostro ordinamento giuridico. Un’analisi che non dovrà fermarsi all’enunciazione dello scopo (definito nel nostro caso “liquidatorio”), ma dovrà essere esteso al programma negoziale prefissato dal disponente “rispettando il principio di autonomia negoziale e verificando se la legge regolatrice prescelta è in contrasto con l’ordinamento giuridico interno o utilizzata in frode alla legge nazionale4”. Nel caso de quo il programma negoziale espresso dalla disponente società Alfa nell’atto istitutivo era quello di realizzare “uno strumento liquidatorio al fine di operare la liquidazione in modo più ordinato ed efficace realizzando e garantendo la conservazione del valore dell’impresa, in funzione del miglior realizzo nell’interesse dei creditori sociali e dei soci”. Un trust, definito dal tribunale emiliano, “puramente liquidatorio che non si accompagna ad alcuna iniziativa di salvataggio di impresa in crisi ”. Le finalità che la disponente società Alfa persegue sono dettagliate nell’atto di trust e devono essere sottoposte al vaglio del giudice al fine di valutarne la meritevolezza secondo i principi del nostro ordinamento. Il sindacato di leicità, dovrà focalizzare quale sia il valore aggiunto di tale strumento rispetto all’ordinaria attività posta in essere dal liquidatore e disciplinato dalle norme del codice civile; valutare se l’atto istitutivo del trust con il quale la società Alfa si è spogliata dell’intero patrimonio, costituisce effettivamente uno strumento agevolatore delle attività liquidatorie. Si rileva dall’atto istitutivo che il liquidatore della Alfa s.r.l. ha alienato l’intero patrimonio con i precipui scopi di destinare l’intero patrimonio al soddisfacimento dei creditori sociali (clausola 1.1. lett. a dell’atto istitutivo); di evitare la dispersione dei beni (clausola 1.1. lett. b); di assicurare la par condicio creditorum prevenendo la costituzione di diritti di prelazione… (clausola 1.1. lett. c); di agevolare l’eventuale commercializzazione del patrimonio, prevenendo eventuali azioni revocatorie concorsuali (clausola 1.1 lett. d); di agevolare il raggiungimento di eventuali accordi stragiudiziali di ristrutturazione dei debiti e/o il risanamento dell’esposizione debitoria (clausola 1.1. lett. e); di agevolare l’intervento di un terso finanziatore (clausola 1.1 lett. f).
Declinare in altri termini la causa concreta del negozio istitutivo di trust, in realtà configura a parere del giudice, una pedissequa riproposizione dei fondamentali obiettivi primari che informano i criteri di svolgimento della liquidazione e dei principali poteri e doveri dei liquidatori previsti dagli artt. 2487 ss. c.c.; gli atti necessari per la conservazione del valore dell’impresa, ivi compreso il suo esercizio provvisorio, anche di singoli rami, in funzione del migliore realizzo, nonché il divieto imposto al liquidatore dalla legge di dissipare il patrimonio sociale, così come l’alienazione di beni o diritti sono infatti doveri specifici dell’attività posta in essere da un liquidatore. Inoltre l’analisi del tribunale evidenzia come taluni scopi perseguiti non abbiano alcun ragion d’essere posto che la par condicio creditorum è principio giuridico non afferente al caso de quo, così come lo scopo prefissato di agevolare un eventuale accordo stragiudiziale non è suffragato da un reale comportamento concludente in ragione del fatto che l’attività liquidatoria è stata limitata ad un brevissimo periodo temprale, “presumibilmente per far decorrere quanto prima il termine annuale previsto dall’art. 10 della L.F.”, e pertanto riflette una condotta antitetica rispetto ad una reale volontà di programmare un eventuale attività di ristrutturazione o di concordato con il ceto creditorio. Ebbene come rileva autorevole dottrina, il trust interno è considerato legittimo quando viene prescelto come strumento residuale, in altri termini quando con lo strumento del trust si perseguono interessi non altrimenti perseguibili con gli ordinari strumenti del diritto civile e deve rappresentare interessi meritevoli di tutela e non ripugnanti per il sistema5. In altra recente ordinanza,6 il Tribunale di Reggio Emilia, accoglie la richiesta del trustee di sospensione della 4. Tribunale di Trieste - decreto del 23 settembre 2005, in Guida al Diritto, 2005, n. 41, pag. 57. La causa del negozio istitutivo di trust è il programma della segregazione di una o più posizioni soggettive o di un complesso di posizioni soggettive unitariamente considerato (beni in trust) affidate al trustee per la tutela di interessi che l’ordinamento ritiene meritevoli di tutela (scopo del trust), Lupoi, Trusts, Giuffré, 2000, 615; sempre in materia di scopo dell’atto istitutivo cfr.: De Nova, Trust: negozio istitutivo e negozi dispositivi in Trusts ed Attività fiduciarie,2000,162. 5. LUPOI, Trust, Milano, 1997. 6. Tribunale di Reggio Emilia ordinanza del 14 maggio 2007 – Est. G. Fanticini, in www.ilcaso.it.
17
procedura esecutiva promossa da un creditore di una s.a.s. Ritengo utile citare tale provvedimento in quanto oltre ad essere emanato dal medesimo giudice, costituisce, a mio parere, un importante compendio ermeneutico proposto dalla dottrina e dalla giurisprudenza italiana nei confronti dell’istituto, ed offre una attenta analisi concernente il riconoscimento del trust interno (autodichiarato), delineando in maniera esaustiva l’oggetto di indagine a cui è sottoposto un atto istitutivo di trust: la compatibilità delle finalità che il disponente ha inteso perseguire con l’istituzione del trust ed i principi dell’ordinamento giuridico italiano. Infatti l’ordinanza del Tribunale di Reggio Emilia emessa nel 2007 dichiara che è meritevole di tutela il trust con cui un socio accomandatario di una s.a.s. – in liquidazione- ha “segregato” il proprio patrimonio nominandosi trustee, gestendo ed amministrando i beni conferiti nell’interesse dei creditori sociali, quest’ultimi beneficiari del trust. Il disponente dichiara che fine del trust è quello di “favorire la liquidazione armonica della società, prevenendo azioni giudiziarie e procedure concorsuali”. Sembrerebbe dunque che il caso affrontato in questa sede abbia molti punti in comune con l’ordinanza del 2007; tuttavia una fondamentale differenza si rinviene laddove si ponga in evidenza il quadro societario al momento dell’atto istitutivo di trust. Infatti ci troviamo di fronte ad una società in accomandita semplice, posta in liquidazione mediante un accordo di ristrutturazione ex art. 182 bis L.F. Tale accordo risulta fondamentale perché il giudice possa ritenere l’istituzione del trust finalizzato ad un interesse meritevole di tutela; si dichiara infatti che lo scopo è “proteggere il patrimonio per evitare che creditori freeriders, rimasti estranei all’accordo di ristrutturazione …, possano costituire diritti di prelazione (ipoteche) o agire in executivis sui cespiti, facendo naufragare il negozio concluso con la maggioranza”. Dunque il programma negoziale di quel trust a parere del giudice non poteva essere considerato, sia pure “prima facie” ripugnante per il sistema giuridico nostrano; costituiva invece un valido strumento per realizzare un obiettivo che ratione temporis non era altrimenti realizzabile dagli usuali strumenti civilistici; ed in questo aspetto vi è la residualità del trust rispetto agli ordinari istituti giuridici7. Concludendo la disanima delle motivazioni
18
dell’ordinanza in argomento quindi, dopo questa breve digressione, ci si chiede allora quale sia il valore aggiunto del trust Alfa, rispetto all’ordinaria attività posta in essere dal liquidatore e disciplinato dalle norme del codice civile. In altri termini, l’atto istitutivo costituisce effettivamente uno strumento agevolatore delle attività liquidatorie o piuttosto sottrae il liquidatore designato agli obblighi previsti dalla legge? Evidentemente il Giudice dell’Esecuzione titolare del caso de quo giunge a completamento del suo ragionamento non ritenendo meritevole di tutela un trust con un siffatto programma negoziale (la c.d. causa concreta), considerandolo pertanto insussistente. 2) Il trust sham e gli indizi per una finalità recondita Il giudice prosegue l’analisi dell’atto istitutivo del trust focalizzando ora la sua attenzione sugli indizi rivelatori degli scopi reconditi perseguiti con la “costituzione” del trust che si configurerebbe come strumento atto ad: “ostacolare le pretese creditorie e dilazionare eventuali istanze di fallimento della società disponente”; interessi in altri termini definibili “ripugnanti8”.
TRUSTS & WEALTH MANAGEMENT JOURNAL © n°3 Maggio 2011
7. L’art 182 bis è stato inserito nel R.D. 16 marzo 1942 n. 267 (Legge fallimentare) dall’art.2, co. 1, lett. l), D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazione nella L. 14 maggio 2005, n. 80 e successivamente sostituito dall’art 16, co. 4 d.lgs 12 settembre 2007, n. 169. La norma che disciplina gli accordi di ristrutturazione, introduce uno strumento più flessibile rispetto al concordato preventivo ed originariamente, contrariamente a quest’ultimo, non prevedeva il blocco delle azioni esecutive e delle acquisizioni dei diritti di prelazione da parte di terzi, introdotto con il d.lgs n.169/07. 8. Tribunale di Reggio Emilia ordinanza del 14 maggio 2007 – Est. G. Fanticini, in www.ilcaso.it, “Il trust è sham (fasullo, simulato e, per il diritto anglosassone, nullo e inefficace) quando il trustee agisce solo al fine di soddisfare lo scopo reale (ad esempio, limitandosi a tenere occultato il patrimonio del disponente ai suoi creditori e disinteressandosi dei beneficiari ai quali dovrebbe invece corrispondere un mantenimento; cfr., High Court of Justice of England and Wales – Chancery Division, sentenza 10/6/1994, Midland Bank Plc v. Wyatt, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2003, pag. 299; High Court of Justice of England and Wales – Family Division, sentenza 3/12/2004, Minwalla v. Minwalla, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2006, pag. 273, nella quale il Giudice ha statuito che “affinché un trust sia sham non è necessaria un’intesa fra disponente e trustee, ma è sufficiente che il disponente non avesse la minima intenzione di seguire le norme sui trust e che, nel corso del rapporto, il trustee sia stato acquiescente nei suoi confronti.
Il tribunale infatti elenca una serie di elementi che inducono a sospettare che il disponente non avesse alcuna intenzione di realizzare realmente un trust: la cronologia degli eventi societari occorsi in un ristrettissimo arco temporale (la messa in liquidazione della società, la nomina del liquidatore, l’istituzione del trust e la cancellazione della società dal R.I); il conflitto di interessi tra il guardiano del trustee nonché beneficiario finale (ed originario socio della disponente Alfa s.r.l.) ed i primi beneficiari del trust (i creditori della società ai sensi del codice civile); la carenza assoluta di potere del guardiano di agire nei confronti del trustee, con la libertà di quest’ultimo da controlli e responsabilità, così come la clausola di revoca definita in realtà di “auotorevoca” da parte del beneficiario finale nei confronti del guardiano (le due figure, come detto, sono coincidenti con lo stesso soggetto), per negligenza, imperizia o imprudenza nella esecuzione dei suoi obblighi. Infine il diritto ineludibile dei beneficiari di essere messi a conoscenza dell’esistenza del trust in loro favore viene messo in discussione, posto che non vi è traccia alcuna di tale dovere informativo a carico del trustee9. Ebbene, per le ragioni suesposte, si ritiene il trust carente di una delle tre condizioni, definite “certezze”10 dalla dottrina perché possa ritenersi validamente istituito un trust, cioè la volontà del disponente di istituire un trust e pertanto, in conclusione il giudice considera l’istituzione del trust “fortemente indiziato” di essere atto simulato (sham per il diritto anglosassone), in fraudem legis e conseguentemente di produrre effetti ripugnanti per il nostro ordinamento giuridico, così come d’altra parte, per la stessa legge regolatrice scelta dal disponente ex art. 6 della Convenzione (Legge di Jersey). Assume infine importanza non secondaria, per quanto sarà più avanti detto, la segnalazione che il giudice nel caso de quo, provvede a fare al P.M. ai sensi dell’art. 7 co. 2 della L.F. sulla base del presunto stato di insolvenza che risulterebbe emerso nel corso del procedimento civile.
Ergo l’atto istitutivo del trust in argomento, è strumento inefficace per produrre gli effetti conseguenti alla sua istituzione ed inidoneo a contrastare, come preteso dall’opponente, il diritto del creditore, divenendo strumento per operare al di fuori dei controlli anche giudiziali, previsti per una società posta in liquidazione. 3. Conclusioni Dunque, il trust “liquidatorio” va condannato sempre e comunque? A mio parere, il programma negoziale di un trust avente fini liquidatori è strumento che può ben esistere entro un alveo nel quale può essere considerato efficiente ed efficace, nonché meritevole di tutela e non fraudolento. Insomma uno strumento idoneo ad organizzare professionalmente e correttamente la liquidazione dei beni di un impresa nell’interesse dei creditori e della società stessa debitrice, cercando di perseguire una certa continuità aziendale, in presenza ad esempio di un accordo di ristrutturazione (Tribunale di Reggio Emilia ord. 14/05/2007, Est. G. Fanticini). La giurisprudenza italiana ha affrontato negli ultimi anni ulteriori casi di trust a scopo liquidatorio11, confermando sostanzialmente il limite invalicabile dei principi inderogabili di diritto interno così come sancito dall’art.15 della Convenzione de L’Aja, tra cui la protezione dei creditori in caso di insolvibilità. A tal proposito il tribunale ambrosiano ha recentemente applicato tale norma ad un trust istituito da un imprenditore insolvente statuendo che è illecito sin dall’origine e quindi nullo, in quanto strumento per eludere l’applicazione delle norme imperative che presiedono alla liquidazione concorsuale, in violazione in particolare degli artt. 13 e 15, lett. e) della Convenzione. Tuttavia nel caso invece di un trust liquidatorio istituito da un imprenditore disponente solvibile, i giudici milanesi hanno ritenuto, sia pure obiter dictum, che il trust possa
9. Lupoi, I trust in diritto civile, UTET, Torino 2004. 10. LUPOI, Istituzioni del diritto dei trust e degli affidamenti fiduciari,cit., p. 38 e ss.. L’autore sostiene che perché un trust possa ritenersi validamente istituito occorre che vi sia la presenza di tre condizioni, definite “certezze” che lo regolino: a) la volontà del disponente; b) il fondo in trust; c) l’individuazione dei beneficiari. 11. In senso favorevole Tribunale di Parma 03/05/2005 Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 409, provvedimento che ha ammesso il trust al fine di garantire il buon esito di un procedura di concordato preventivo.
19
essere validamente costituito sempre “che persegua per conto del disponente in bonis finalità di tutela dei creditori quali beneficiari del trust”; tale affermazione trova il limite nella dichiarazione di fallimento sopraggiunto, che si configura pertanto come causa sopravventa di scioglimento dell’atto istitutivo, analogicamente a quanto previsto dall’art. 78 della L.F. ovvero per i giudici milanesi, sanzionabile come nullità sopravvenuta12. Tale interpretazione non appare pienamente condivisibile da alcuni autori13 ed appare discutibile, posto che la legge fallimentare non regolamenta alcuna disposizione in forza della quale l’intervenuta declaratoria di fallimento possa incidere sulla validità degli atti giuridici posti in essere dall’imprenditore nel periodo precedente al suo fallimento, potendosi semmai, qualora vi siano i presupposti, renderli inefficaci attraverso l’actio pauliana (art. 2901 c.c.) o l’azione revocatoria ex art 67 L.F. Orbene in conclusione appare inconfutabile il diffuso consenso che il trust, quale strumento di autonomia privata, sta incontrando in questi ultimi anni nell’applicazione pratica non solo del diritto commerciale o fallimentare, come nel caso de quo, ma anche in ambito più prettamente finanziario o nella vita
sociale e familiare; e tuttavia è spesso la giurisprudenza sia a dirimere contrasti ermeneutici, sui quali la dottrina sovente si è divisa, sia a delineare il perimetro giuridico all’interno del quale il trust interno, ormai conformemente ammesso dalla stessa giurisprudenza, è meritevole di tutela nella sua applicazione operativa. I tempi ormai possono ritenersi maturi perché anche la legislazione italiana possa dotarsi di una disciplina interna che preveda il riconoscimento giuridico del trust quale fattispecie giuridica14, evitando in tal modo di dover ricorrere a norme ed istituti giuridici succedanei, per estenderne analogicamente il suo riconoscimento, che spesso hanno contribuito solo a stimolare interessanti dibattiti dottrinari. Il pensiero corre alla novella legislativa del 01 marzo 2006 “ art. 2645 ter c.c”, che se ha suscitato iniziale entusiasmo15, in realtà è la manifestazione di una tecnica legislativa, frutto di un compromesso che come spesso accade alla nostra legislazione soprattutto negli ultimi anni, aumenta quel processo di polverizzazione normativa, lungi dall’idea di una regolamentazione delle fattispecie giuridiche in modo sistematico. Avv. Francesco Guariniello Taranto e.mail: [email protected]
12. Tribunale di Milano - ordinanza del 16 giugno 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag.533. A tale provvedimento seguiranno ulteriori provvedimenti pronunciati in sede cautelare: Tribunale di Milano - decreto del 17 luglio 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 649; Tribunale di Milano - ordinanza del 17 luglio 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 628; Tribunale di Milano - ordinanza di reclamo del 30 luglio 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2010, pag. 80 (conferma Tribunale di Milano - ordinanza del 16 giugno 2009)Tribunale di Milano - ordinanza di reclamo del 22 ottobre 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2010, pag. 77 (conferma Tribunale di Milano - ordinanza del 17 luglio 2009. 13. MANFEROCE, CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA, I c.d. Patrimoni di scopo: fondo patrimoniale, patrimonio destinato a uno specifico affare e “trust” tra diritto interno e modelli stranieri”, Roma 11 – 13 ottobre 2010. 14. La Legge comunitaria 2010 all’art. 12 prevede la delega al governo per la disciplina del “contratto fiduciario”. 15. BUSANI, A sorpresa si fa spazio anche il trust, Il Sole 24 ore, 04/02/2006.
20
TRUSTS & WEALTH MANAGEMENT JOURNAL © n°3 Maggio 2011
PROFESSIONAL INVESTOR FUND
UNO STRUMENTO EFFICIENTE PER IL MANAGEMENT DEL FAMILY OFFICE Il settore dei servizi finanziari è senza dubbio uno dei settori di punta dell’economia Maltese e certamente quello con una crescita elevata. Secondo il World Economic Forum Report on Competitiveness del 2009, Malta è classificata 8° nel mondo per la qualità del suo auditing e per i suoi reporting standards. In quello che il Daily Telegraph nel Giugno 2010 ha definito “un centro di eccellenza nel mediterraneo”, l’adozione di strumenti finanziari innovativi, governati da una robusta ed efficiente regolamentazione in linea con la prassi e la legislazione europea, è continuamente aggiornata con crescente successo sul mercato. In questa cornice legislativa e regolamentare, la disciplina del PIF (Professional Investor Fund) occupa una posizione di rilievo. Il PIF nella regolamentazione maltese può essere definito come un Fondo di investimento autorizzato in accordo alla legislazione maltese dell’Investment Service Act. Da questo punto di vista il PIF è un veicolo molto solido ed allo stesso tempo agile e flessibile. Questo è infatti il motivo per cui questo strumento è fortemente apprezzato dagli investitori. L’equilibrio della sua struttura consente la possibilità di innovare e gestire con il rispetto della cornice regolamentare, i bisogni degli investitori con i cambiamenti del mercato. Fino ad oggi il PIF è stato maggiormente utilizzato dagli Hedge Funds, dai Funds of Funds, e nel mercato del Private Equity e Real Estate. A questi utilizzatori si deve aggiungere oggi la possibilità di usare i PIF nelle strutture dei “Family Offices”. La flessibilità di questo strumento è infatti rilevante per questo segmento di mercato, dal momento che consente una maggiore libertà nell’asset allocation, un minore vincolo di leverage, nessuna limitazione che il service provider sia a Malta e soprattutto la possibilità del “self management” del fondo. Nella legislazione maltese il PIF non è necessariamente legato al segmento high net worth individuals, ma può comprendere altre e più limitate classi di investitori. Sono previste infatti tre categorie di PIF: quella per gli experienced, qualifying e extraordinary investors. Per la prima categoria, quella degli experienced investors il PIF deve avere investimento minimo di € 10.000 e conseguentemente una limitazione della sua capacità di indebitamento e leverage. In questo caso infatti, il massimo di indebitamento per le
operazioni di investimento ed il suo leverage effettivo non può eccedere il 100% della Nav. Per la seconda categoria , quella del qualifying investor, il PIF deve avere un investimento minimo di €75.000 e per la terza categoria quella dell’extraordinary investor un investimento minimo di €750.000. In questi due ultimi casi non vi sono restrizioni all’indebitamento ed al leverage. Questi limiti si applicano per ogni individual investor e consentono quindi la possibilità di avere una varietà significativa di strategie di investimento con una autonoma valutazione sulla frequenza degli scambi e sulle condizioni della liquidità del fondo. Su questi punti non ci sono specifiche indicazioni da parte del MFSA. Nel caso di un “umbrella fund” che ha altri fondi sottostanti, i minimi ammontari di investimento devono intendersi come vincoli per “schema” piuttosto che per “sub funds”. La forma legale in cui il PIF può essere strutturato, è lasciata alla discrezione degli investitori. Normalmente il PIF è concepito come una Sicav, ma è possibile inquadrarlo come una “investment company” con capitale fisso, una limited partnership, una unit trust o un fondo di natura contrattuale. Nel caso del Trust, gli assets verranno registrati con il nome del Trustee. Ed in questo caso i compenenti della “famiglia” non avranno uno specifico interesse nell’investimento sottostante del Trust, ma godranno dei benefici dello stesso. Gli altri vantaggi della costituzione del Trust per il PIF riguardano la possibilità di nominare co-trustee, di individuare un successore e di stabilire la figura del “trust protector” a garanzia del patrimonio conferito. Una delle particolarità del sistema finanziario maltese riguarda la legislazione delle “Incorporated Cell Companies”. Diversamente dalla regolamentazione degli “umbrella funds” che sono soggetti al fenomeno del “contagio” nei fondi sottostanti, quella della “Incorporated Cell Companies” evita il problema, dal momento che ogni “cella” ha una sua separata identità legale che la difende dalle possibili passività delle altre. Fra l’altro la costituzione di questo strumento è molto meno costosa di quella della costituzione di un fondo, e ciascuna “cella”, essendo indipendente dalle altre, può sottoscrivere obbligazioni con le altre “celle”.
21
La domiciliazione del Fondo è un altro aspetto interessante della regolamentazione maltese. La mancanza di trasparenza nella operatività con i suoi rischi connessi, hanno spinto molti fondi a trovare alternative giurisdizionali. Da questo punto di vista Malta offre con la sua “on shore jurisdiction” una eccellente soluzione. La possibile “ridomiciliazione” a Malta è una procedura che consente di operare in un ambiente legislativo e regolamentare europeo, con costi più bassi tenendo intatta la struttura proprietaria, la composizione dell’asset e la struttura legale del fondo. Come abbiamo visto infatti, le operazioni in ambienti legali con scarsa regolamentazione, sono sempre più soggette a pressioni interne ed esterne molto difficili da contrastare. Utilizzare per i veicoli di investimento la legislazione“fully european compliant” di Malta consente al contrario di evitare turbative agli investitori, agli operatori di mercato ed ai “service provider”. Non solo. Ma il nostro unico regolatore la MFSA, è sempre aperto ad ascoltare le richieste del mercato nel quadro di un robusto ed efficiente sistema di vigilanza. La mia esperienza dice che la MFSA è sempre molto cooperativa nel vagliare le richieste le domande degli investitori e nell’evadere quesiti sulla “regulation” da applicare ai vari casi. La richiesta per la costituzione di un fondo a Malta può essere conclusa nello spazio di settimane e non di mesi. La regolamentazione maltese continua ad essere aggiornata ai mutamenti del mercato e per quanto riguarda il PIF si sforza di mantenere la sua flessibilità concedendo la necessaria protezione ai diversi tipi di investitori ed ai loro bisogni. Un altro aspetto che bisogna sottolineare è quello relativo ai costi. Da questo punto di vista Malta ha i costi più bassi all’interno della EU. Si stima che la differenza rispetto alle piazze di Lussemburgo, Dublino e Channel Islands sia del 40% in meno per i servizi finanziari e quelli accessori come i servizi legali ed amministrativi. Le spese di registrazione, di licenza e di set up per un PIF a Malta sono molto basse. Inoltre Malta offre una invidiabile infrastruttura per IT, una vicina posizione geografica al centro del mediterraneo, e l’uso diffuso della lingua inglese con una legislazione che combina la disciplina della “civil law” con quella della “common law” applicata generalmente nella pratica degli affari. Un altro aspetto rilevante nella regolamentazione del PIF è la possibilità di “self management” del fondo che potrebbe evitare il ricorso a terze parti. Inoltre , mentre molte legislazioni richiedono che il manager, il custodian e l’amministratore del fondo siano domiciliati nella
22
stessa giurisdizione del fondo, Malta non ha questa regola a condizione che queste parti siano domiciliate in una “recognised jurisdiction” che include la EU e gli EEA members. In particolare la MFSA riconosce anche i “service provider” che non siano domiciliati in una “recognised jurisdiction” a condizione che questi siano sussidiarie di società domiciliate in una “regulated and recognised jurisdiction” e che abbiano il pieno controllo delle loro partecipate. Come si è detto innanzi , non c’è dubbio che gli investitori possano trovare a Malta il livello di professionalità e di esperienza per operare nel campo bancario, contabile, auditing, funds management, funds administration, e servizi legali, con la certezza di trovare qui ottime credenziali e solide reputazione sul mercato. Per quanto riguarda la parte fiscale, i fondi che abbiano più del 15% dei fondi investiti al di fuori di Malta godono di fatto di una neutralità fiscale sul reddito e sul capital gain. Non ci sono qui stamp duties, witholding taxes e net wealth taxes. La costituzione di SPV è qui favorita attraverso accordi bilaterali di tassazione con più di 60 Paesi, e gli operatori godono del sistema fiscale del “full imputation tax system” che consente un più favorevole regime che è anche OECD “compliant”. In definitiva se le finalità dei “family offices” richiedono la trasparenza e una appropriata “governance”, una diversificata strategia di investimento per i suoi differenti membri, la trasferibilità degli assets, una possibile exit strategy, ed una protezione e successiva massimizzazione del patrimonio, il PIF può essere lo strumento adatto allo scopo. I diversi interessi dei membri della famiglia possono per esempio essere raggiunti con la costituzione di un “umbrella fund” o con una “integrated cell companies” e una possibile “exit strategy” può essere ottenuta con la struttura del fondo e la sua disciplina fiscale. La stabilità e la flessibilità della regolamentazione del PIF sono quindi le maggiori qualità di questo strumento che può egregiamente servire i diversi bisogni degli investitori. Senza dimenticare che Malta con la sua robusta ed efficiente regolamentazione “european compliant” offre il perfetto equilibrio per la protezione degli investitori attraverso una operatività “cost efficient” ed una larga disponibilità di risorse umane altamente qualificate e diversificate nel settore finanziario. Chris Casapinta Managing Director T: +356 21 48 08 28 [email protected] Alter Domus - Malta Please visit our new website: www.alterdomus.com
TRUSTS & WEALTH MANAGEMENT JOURNAL © n°3 Maggio 2011
“FROM PALERMO TO…”:
FARE IMPRESA AL FEMMINILE, AL SUD, È POSSIBILE I.C.T.
Grande successo per la due giorni su innovazione, comunicazione e responsabilità sociale firmata Cetti Lipari
“Fare impresa femminile al Sud è possibile” – lo sostiene Cetti Lipari, titolare della ditta Lipari ed ideatrice e coordinatrice di “From Palermo to…” la due giorni di eventi palermitani su innovazione tecnologica, comunicazione e responsabilità sociale svoltasi lo scorso aprile. “Non solo è possibile fare impresa femminile al Sud” – dichiara Lipari, una donna da sempre impegnata a creare opportunità a Palermo per evitare emigrazione e fuga di cervelli – “ma si può fare ponendo attenzione agli altri e all’ambiente. Accompagnare aziende ed enti pubblici nel percorso del cambiamento utilizzando servizi e soluzioni innovativi e flessibili, diffondere la cultura dell’innovazione tecnologica per accrescere il valore delle organizzazioni raggiungendo qualità e competitività, raggiungere insieme gli obiettivi rinnovando e aumentando la produttività, riducendo i costi è la mission e la vision della mia attività” – conclude Lipari che ha invitato con successo professionisti, rappresentanti di enti pubblici e del mondo privato a partecipare alla prima edizione di “From Palermo to…” l’1 ed il 2 aprile a Palermo. Innovazione, comunicazione e responsabilità sociale, focus di “From Palermo to…” sono tematiche in continuo movimento ed evoluzione, per questo motivo Lipari ha deciso di coinvolgere professionisti, innovatori, creativi e curiosi per confrontare idee ed esperienze. La prima edizione è stata anche fundraising a favore dell’Associazione “ROSALIA – Impresa Sociale” che opera a Palermo, della Parrocchia San Filippo Neri dell’omonimo quartiere di Palermo e della Ian Somerhalder Foundation di Santa Monica in California.
02/04/2011 Focus “La comunicazione nell’era digitale” – Cena di beneficenza
“Fare impresa oggi vuol dire stare attenti all’ambiente, al sociale – riferisce la manager Cetti Lipari - e l’imprenditoria pulita in Sicilia esiste e deve diffondersi così come le imprese al femminile. Il titolo scelto “From Palermo to…” è un invito a proiettarci verso il futuro, a creare impresa giovane” sottolinea Lipari, che conclude: “l’evento è anche un’occasione per riprogettare la tecnologia al servizio degli altri, delle pubbliche amministrazioni, delle imprese e soprattutto del cittadino”. Fondamentale dunque il ruolo di chi si occupa di comunicazione, nuove tecnologie, cura dell’immagine, formazione, poiché solo così la Sicilia può inserirsi in circuiti internazionali, ottenere maggiore visibilità e sviluppo.
23
Questo quanto emerso dalla conferenza stampa di presentazione di “From Palermo to…” e lì dove le risorse per acquistare tali servizi e prodotti dai professionisti del settore sono carenti emerge l’intervento delle sponsorizzazioni che fanno parte del processo comunicativo e del mercato. Responsabilità sociale delle aziende, fondi sociali, rapporto tra aziende profit e no profit, comunicazione sociale i temi che sono stati dibattuti durante il seminario “Corporate social responsibility” che ha dato il via alla due giorni. A coordinare l’incontro l’avvocato Valentina Giarrusso, corporate lawyer che ha già collaborato con Cetti Lipari la quale è subito entrata nel vivo dell’argomento del seminario sottolineando l’impegno che le aziende possono mettere in campo per aiutare gli altri, e come sia difficile, a Palermo, fare impresa sociale. Sulla stessa onda Carmelo Greco, Presidente di Faremondi e di Méditerranéee – Earth in progress, Giuliana Baldassarre della SDA Bocconi School of Management e Massimo Restivo, direttore alle Relazioni Sociali di ICEPS che hanno raccontano le loro esperienze sul tema durante il partecipato seminario. “I momenti di beneficenza che ho creato all’interno di “From Palermo to…” sono momenti di approfondimento su alcuni dei temi trattati durante le varie sessioni di lavoro della manifestazione” – spiega Cetti Lipari – “il focus SocialMente, di cui è stato protagonista padre Miguel Angel Pertini, ha fatto riflettere su come pensare al sociale ed ideare il sociale. Padre Pertini ha raccontato la sua esperienza e suggerito la strada per essere buoni “pensatori sociali. “Non avere mente sociale è alla base del sopruso, della strumentalizzazione dell’essere umano, del pensiero totalitario” ha detto il sacerdote. “Una imprenditoria giovane e vincente non può essere condizionata dal pensiero totalitario, l’uomo è, per sua natura, social mind si aggrega naturalmente e non si può non tenerne conto. Gli essere umani tendono a diventare soci, alleati, senza l’altro l’uomo non può vivere”. La società dunque, coadiuvata dalle imprese deve offrire condizioni per aiutare le persone a crescere bene, deve educarle ad aver sete di conoscenza”. Rilanciare l’idea che c’è dietro “From Palermo to…” ripensare al sociale con la consapevolezza che si è per
24
02/04/2011 Convegno “E-democracy e social media” Cetti Lipari e Donald Moore, Console Generale USA
natura sociali e uguali, con pari diritti e pari doveri questo il monito di padre Pertini che spiega così la sua presenza a “From Palermo to…”: “Siamo consapevoli delle qualità delle persone che organizzano la manifestazione; della loro professionalità; del loro altruismo perché “il sociale” e “l’aver mente-sociale” sono interessi prioritari della parrocchia San Filippo Neri e perché crediamo in una imprenditoria giovane e libera, estranea ad ogni tipologia di conformismo e “giogo” mafioso”. L’intensa manifestazione firmata Lipari, corredata anche dei focus su “Itc e politiche di sviluppo euromediterraneo” e sulla “Comunicazione nell’era digitale”, si è conclusa con la cena di beneficenza, special guest l’ironico comico siciliano Sasà Salvaggio che con la sua irriverente comicità e simpatia ha intrattenuto gli ospiti di “From Palermo to…”. Soddisfazione è stata espressa da Cetti Lipari, titolare dell’azienda organizzatrice della kermesse per la partecipazione alla due giorni. “Abbiamo potuto discutere di grandi temi, scambiare buone prassi e soprattutto unire informazione e comunicazione alla beneficenza, desidero ringraziare i partner Zerocento e Vincenzo Blandino, l’ICEPS che ha concesso il patrocinio gratuito i sindaci di Termini Imerese Burrafato e di Corleone Iannazzo, il vicesindaco di Crotone Pantisano, tutti gli amministratori presenti alla manifestazione, il presidente di Faremondi Carmelo Greco e soprattutto il console generale degli Stati Uniti Donald Moore per l’interessante contributo fornito alla manifestazione”. La titolare di Lipari ha ringraziato inoltre la stilista
TRUSTS & WEALTH MANAGEMENT JOURNAL © n°3 Maggio 2011
pubbliche e le aziende non possono ignorare per dialogare con cittadini e clienti. Gli atti dei convegni, dei focus, la sfilata, le interviste ai relatori e l’intera manifestazione saranno presto disponibili mediante registrazioni video sul sito aziendale www.clipari.it A cura dell’Ufficio Stampa Lipari Marina Mancini [email protected] +39 335 619 54 66
Roberta Redaelli e l’amministratore delegato di “La vie en rose” Patrizia Di Dio, per l’elegante sfilata che, in linea con l’evento, ha presentato una donna dinamica, moderna, al passo con i tempi a sottolineare come le donne possano essere ottime imprenditrici in una città dove non è facile fare impresa. Alcuni temi, quali impresa al femminile, la forza delle donne, il “made in sicily”, la resistenza delle donne del sud sono stati ricorrenti durante la due giorni. Ma quel che più volte è stato ribadito durante “from Palermo to…” è la dimostrazione di quanto i nuovi mezzi di comunicazione, i social network, la comunicazione via web, la multicanalità non siano più il nostro futuro ma il presente. Una rivoluzione che le amministrazioni
Libreria
Chi è Cetti Lipari: Esperta di comunicazione istituzionale e customer satisfaction per gli enti locali, consulente politico IT, Cetti Lipari si occupa dal 1999 di innovazione tecnologica e ICT strategy per la Pubblica Amministrazione e per alcune software house italiane, docente di corsi di formazione informatica e comunicazione per dipendenti privati ed enti pubblici. Nel corso della sua carriera ha organizzato con successo diversi corsi di formazione, convegni, seminari, workshop, concerti e spettacoli in diverse città italiane. Dal 2009 è presidente dell’associazione di promozione sociale palermitana “Rosalia - impresa sociale” che ha come obiettivo prioritario la valorizzazione della persona e l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati. “Servizi e soluzioni ICT, Comunicazione, Consulting PA non sono appannaggio solo del mondo maschile” – sostiene Cetti Lipari – “fare impresa in Sicilia è difficile, per una donna lo è ancora di più per questo motivo ho voluto promuovere la mia attività attraverso un evento di così ampio respiro come spero sia “From Palermo to…”. Dal 2009 Lipari è socio corporate di The British Chamber of Commerce for Italy che ha sede a Milano, associazione senza scopo di lucro con l’obiettivo di aiutare aziende e privati a stringere relazioni commerciali ed a sviluppare il proprio business. Dal 2011 Lipari è associato Confcommercio Palermo.
Trust e altre tutele del patrimonio familiare Autori: A. Arceri, Magistrato, M. Bernardini, Ordinario di diritto privato e Avvocato, M. Bucchi, Notaio
Editore: Maggioli Editore Pagine: 516 Formato: 17x24 cm Anno: dicembre 2010 Codice ISBN: 56368 Prezzo di copertina 52,00 Euro
Le questioni qui affrontate riguardano da un lato la tipologia di soggetti rientranti nel perimetro del negozio di protezione prescelto, per i quali è concretamente prospettabile l’esigenza di tutela patrimoniale, dall’altro la possibilità di porre in essere l’atto stesso senza rischi di reazione - con azione revocatoria ex artt. 2901 e seguenti c.c. - da parte di creditori presenti o futuri. L’autonomia privata per esprimersi legittimamente deve rispettare il percorso indicato dal legislatore, a cominciare dalla scelta dello specifico negozio di tutela adeguato al caso di specie. Sempre più utilizzati in Italia, gli istituti di protezione - trust e fondo patrimoniale in particolare - trovano ora un sicuro punto di riferimento in questa nuova opera che si avvale delle diverse esperienze pratiche di magistrati, avvocati e notai per individuare lo strumento negoziale più adeguato in ciascun caso ipotizzabile. Aggiornato alle ultime interpretazioni dottrinali e giurisprudenziali, il volume illustra l’utilizzo del trust per la protezione dei patrimoni familiari nel rapporto con gli analoghi strumenti di tutela, approfondendo fra l’altro trust e tutela dei soggetti deboli, trust e crisi coniugale, trust e fondo patrimoniale, trust e istituti di diritto successorio.
25
Internazionalizzazione
Nell’ambito delle attività di Internazionalizzazione delle imprese della Camera di Commercio di Taranto, il 26 Maggio, si è tenuta una country presentation dedicata alla Svizzera. E’ intervenuto il Segretario Generale della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, Dott. Andrea Lotti insieme al Dott. Fabrizio Macrì, Responsabile Marketing e Progetti. Ha introdotto i lavori e coordinato il dibattito, il Presidente dell’Azienda Speciale SUBFOR – Taranto, Dott. Nicola Spagnulo, presente anche il Segretario Generale della C.C.I.I.A. di Taranto. Hanno partecipato una cinquantina di aziende pugliesi appartenenti a vari settori merceologici, quali food & wine, complementi d’arredo, logistica, smaltimento rifiuti, ecc. oltre che diversi professionisti del territorio. Fondata nel lontano 1909, la Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, con sede a Zurigo, ha notevolmente contribuito al raggiungimento dei positivi risultati, conseguiti di anno in anno, nelle relazioni economico-commerciali italo-svizzere. Con i suoi circa 800 Soci la Camera di Commercio Italiana per la Svizzera è un’associazione indipendente del Codice Civile Svizzero. Il suo compito principale consiste nell’assistenza alle imprese dedite all’interscambio tra l’Italia, Svizzera ed il principato del Liechtenstein. La gamma dei servizi offerti dalla CCIS, certificati ISO 9001, è molto variegata e comprende tra l’altro:
Foto www.italsolution.com
26
- Ricerche su banche dati di produttori, importatori, grossisti, commercianti, agenti/rappresentanti italiani e svizzeri; - Informazioni riservate su aziende italiane: visure, bilanci, assetti societari, protesti, rapporti commerciali ecc. (disponibili on-line in giornata); - Segnalazioni di potenziali fornitori ed acquirenti; - Ricerca e mediazione di partners commerciali italiani e svizzeri; - Organizzazione di incontri e workshop tra operatori, con l’ausilio di interpretariato e segretariato; - Recupero di crediti commerciali, con particolare
TRUSTS & WEALTH MANAGEMENT JOURNAL © n°3 Maggio 2011
Foto www.italsolution.com
riguardo alla ricerca di soluzioni amichevoli ed extragiudiziali; - Recupero dell’IVA svizzera in favore di operatori italiani, nonché dell’IVA italiana per imprese elvetiche; - Consulenza ed assistenza legale in materia di diritto commerciale, societario e fiscale; - Assistenza e consulenza in materia doganale; - Informazioni statistiche ed import/export; - Informazioni finanziarie e riservate sulla solvibilità di imprese italiane e svizzere; - Ricerca di prodotti, marchi di fabbricazione e reperimento di brevetti; - Azioni promozionali e di direct marketing; - Informazioni relative all’interscambio, normative riguardanti gli insediamenti in Svizzera ed in Italia; - Seminari e manifestazioni su temi specifici di attualità; - Traduzioni; - Viaggi di studio; - Swiss Desk Porti italiani; - Informazioni su Fiere e Mostre italiane. Rappresentanza ufficiale di Fiera Milano, Verona Fiere e Fiere di Parma. Servizio chiave della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera è la ricerca di partners commerciali per operatori italiani e svizzeri interessati a rafforzare la loro quota di mercato nei due paesi. Il servizio è molto richiesto ed efficace e le nostre offerte sono strutturate su misura per le aziende che ne usufruiscono. La Camera di Commercio Italiana per la Svizzera ha il piacere di annunciare la 17.a edizione della
GOURMESSE 2011 Fiera del Gusto, delle specialità e dei prodotti di nicchia che si svolgerà dal 7 - 10 Ottobre 2011 presso il Centro Congressi (Kongresshaus) di Zurigo.
Per ulteriori informazioni contattate:
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Seestrasse 123 - 8027 Zurigo Tel. +41 44 289 23 23 - Fax +41 44 201 53 57 oppure inviateci una e-mail all’indirizzo [email protected].
27
Nell’ambito delle attività di Internazionalizzazione delle imprese della Camera di Commercio di Taranto, il 4 Maggio, si è tenuta una country presentation dedicata a Lyon – Rhône-Alpes (Francia). E’ intervenuto il Presidente della Camera di Commercio Italiana per la Francia di Lione, Dott. Achille Lanzuolo, ha introdotto i lavori il Presidente della Camera di Commercio di Taranto, Dott. Luigi Sportelli, ha invece coordinato il dibattito, il Presidente dell’Azienda Speciale SUBFOR – Taranto, Dott. Nicola Spagnulo, presente anche il Segretario Generale della C.C.I.A.A. di Taranto. Hanno partecipato una trentina di aziende pugliesi appartenenti a vari settori merceologici, quali food & wine, complementi d’arredo, ecc. oltre che diversi professionisti del territorio, tra cui il Presidente dell’Alliance Francaise di Taranto, Dott. Prof. Guseppe Albenzio. Nel corso dell’incontro sono state individuate numerose aree di possibili collaborazioni e di business nell’interesse della Provincia di Taranto. Lione dal 1988 fa parte del patrimonio dell’Unesco, vi sono presenti famose istituzioni internazionali, un’importante comunità internazionale nell’area metropolitana lionese con 50.000 espatriati, una importante comunità italiana composta da 78.519 connazionali in tutti i territori di competenza della CCIE Lyon. Lyon è la porta d’entrata sull’Europa, è il cuore della rete TGV Europea. Dati Economici: ESPORTAZIONI del Rhône-Alpes verso Italia 4,423 miliardi; è il 2° paese cliente. IMPORTAZIONI del Rhône-Alpes da Italia 5,830 miliardi; è il 2° paese fornitore. Saldo attivo per l’Italia 1.407.000.000 ESPORTAZIONI della Francia verso Italia 31.248.974.000 miliardi è il 2° paese cliente IMPORTAZIONI della Francia da Italia 34.201.992.000 miliardi è il 2° paese fornitore. Saldo attivo per l’Italia 2.953.018.000 PIL per abitanti 31.000 € Lione conta 500 laboratori di ricerca pubblica e privata; 10 000 ricercatori; 2 poli di competitività di rilevanza mondiale e 11 di rilevanza nazionale; seconda regione
28
TRUSTS & WEALTH MANAGEMENT JOURNAL © n°3 Maggio 2011
francese per brevetti nazionali. Lione è la capitale mondiale delle biotecnologie applicate alla salute. Lione, è la città della gastronomia francese dove ha sede l’Institut Paul Bocuse.
Fiere e Saloni SIRHA Salone internazionale della ristorazione, alberghiero, e dell’alimentazione. Prodotti alimentari e bevande, panetteria, dolci, gelati, accessori di decorazione per la tavola, caffetteria, tecnologie e servizi, materiali e attrezzature. Durante il salone si svolge la finale del premio Bocuse d’Or per l’individuazione del migliore Chef del mondo. FIERA CAMPIONARIA LIONE: Fiera internazionale di Lione: Bricolage, cucine, bagni, elettronica per la casa, giardini, piscine, nuove tecnologie, artigianato. BIOVISION: Forum sulle Biotecnologie. PAYSALIA: Salone delle paesaggio, giardino & sport. POLLUTEC: Salone internazionale delle attrezzature per l’ambiente. Tecnologie e servizi per l’industria e gli enti locali, Energie rinnovabili. MAHANA: Salone delle vacanze e dei viaggi. PRINT’OR: Salone internazionale bigiotteria, orologeria, gioielleria e industrie collegate. STIM oppure INDUSTRIE: Saloni sulla subfornitura
VILLAGE ITALIEN A LYON
Dal 15 al 18 Settembre 2011 Venez découvrir le Village Italien à Lyon, qui se tiendra Place de la République du 15 au 18 Septembre 2011, de 10h00 à 19h30. Per maggiori informazioni contattare
8, rue Joseph Serlin - 69282 Lyon Cedex 01 Tel. +33 4 72 00 32 40 - Fax +33 4 78 39 52 14 www.ccielyon.com – [email protected] Dott. Achille LANZUOLO Président Tel. 0033 (0)4 72 00 32 45 Port. 0033 (0)6 20 98 34 90 Cell. 347 90 57 615 e-mail : [email protected]
29
30
TRUSTS & WEALTH MANAGEMENT JOURNAL © n°3 Maggio 2011
31
32
TRUSTS & WEALTH MANAGEMENT JOURNAL © n°3 Maggio 2011
VINITALY 2011 VERONAFIERE Il 45° Vinitaly chiude quasi 156.000 visitatori, dei quali oltre 48.000 esteri (+3% esteri sul 2010). Nelle giornate business (giovedì, venerdì e lunedì) l’afflusso di operatori ha registrato un incremento del 10%. «La top ten delle provenienze – dice Ettore Riello, presidente di Veronafiere - vede la Germania in testa, seguita da Stati Uniti e Canada, Regno Unito, Svizzera, Francia, Austria, Paesi dell’Est Europa con una forte presenza della Russia, Cina e Hong Kong».
Padiglione Sicilia ed Emila Romagna
Tutti lasciamo Vinitaly soddisfatti» - dice Lucio Mastroberardino, nel duplice ruolo di produttore e presidente dell’Unione Italiana Vini. «Abbiamo visto una manifestazione estremamente dinamica, che ha dato grandi possibilità di contatti specialmente alle aziende meno dimensionate. Tocca ora alle imprese cogliere le opportunità che questa fiera ha dato, ma c’è comunque l’invito ad andare avanti ed essere ancora più strumento al servizio delle imprese». Gli fa eco Lamberto Vallarino Gancia, produttore e presidente di Federvini: «E’ il Vinitaly del sorriso per il business – dice -, grazie ai contatti internazionali e ai segnali di ripresa dei mercati. Ci sono poi molto interesse e curiosità per l’edizione 2012 che avrà un nuovo format per le date».
Padiglione Puglia
Oritain CEO, Dr Helen Darling and Kurow Estate owner, Dr Antonio Pasquale are the first to present Oritain certified wines to the European market at VinItaly.
Da domenica 25 a mercoledì 28 marzo 2012, questo il prossimo appuntamento con la 46^ edizione di Vinitaly (www.vinitaly. com), il Salone dei vini e distillati più importante al mondo, e le rassegne Sol, Agrifood Club ed Enolitech che completano l’offerta di Veronafiere nel settore wine&food e tecnologie. Il 9 Aprile 2011, all’interno di Vinitaly, si è tenuta la Conferenza: “Dalla Nuova Zelanda la scienza per certificare l’origine specifica del tuo prodotto”. Ore 10.30 - Sala Puccini – Centrocongressi Arena – Padd. 6/7, organizzata dal Consolato Generale della Nuova Zelanda. Oritain, società neo zelandese certifica in modo indipendente e a livello scientifico l’origine dei prodotti. Ad esempio certifica più di un milione di confezioni di mele esportate all’anno, ha consentito ad un produttore di alimenti per neonati di risparmiare più di 50 milioni di dollari il primo anno, i vini Pasquale prodotti nelle valli di Waitaki e Hakataramea in Nuova Zelanda sono certificati uno ad uno da Oritain. www. oritain.com Stefania Lo Cascio
33
MODULO ABBONAMENTO ABBONAMENTI
ABBONAMENTO 2011 (versione cartacea e PDF ) (6 numeri: Gennaio, Marzo, Maggio, Luglio, Settembre, Dicembre) L’abbonamento ha un costo scontato di € 160,00 invece del prezzo di copertina € 207,00. (L’abbonamento dà diritto a ricevere tutti i numeri pubblicati nell’anno) La rivista è stampata su carta patinata in bianco e nero, copertina lucida a colori. Su espressa richiesta dell’abbonato forniremo il file pdf per leggerla sul computer
ABBONAMENTO 2011 (versione PDF ) (6 numeri: Gennaio, Marzo, Maggio, Luglio, Settembre, Dicembre) L’abbonamento ha un costo scontato di € 130,00 invece del prezzo di copertina € 207,00. (L’abbonamento dà diritto a ricevere tutti i numeri pubblicati nell’anno) La rivista verrà inviata via e.mail in formato pdf.
Si può dedurre il costo dell’abbonamento dal reddito d’impresa e dai redditi derivanti dall’esercizio di arti e professioni (Artt.54 e 56 del TUIR). Cognome/Surname Nome/Name Studio Professionale/Firm Indirizzo/Address Città/City
Cap/Zip Code
Paese/Country Tel./Phone Fax E.Mail Partita Iva/Vat number Si, desidero ricevere il file della rivista via e.mail
Modalità di pagamento: Bonifico bancario intestato a Worldwide Trusts Consultants s.r.l, Via Nitti, 45/a, 74123 Taranto – ITALY - Partita Iva 02121940734, congiunto a questa richiesta, da inviare via fax al n. 02 70057935, oppure si prega compilare il modulo online sul sito www.trustsitaly.com. Banca Nazionale del Lavoro - Filiale di Milano Centro - Ag.8 C/C 11770 ABI 01005 CAB 1608 CIN “I”. IBAN IT 40 I 01005 01608 000000011770
Deutsche Bank – Sede di Taranto C/C 822102 ABI 03104 CAB 15800 IBAN IT13R0310415800000000822102
I nostri recapiti/Contacts us: Worldwide Trusts Consultants s.r.l Sede Legale: Via C. Nitti 45/a - 74123 Taranto – Italy Partita Iva 02121940734 Ufficio di rappresentanza: WMR Avvocati - Corso Venezia, 37 - 20121 Milano Tel (+ Italy 0039) 02 39306699 - Fax (+ Italy 0039) 02 70057935 Tel (+ Italy 0039) 099 4590880 Cellulari/Mobiles (+ Italy 0039) 348 3851033 / (+ Italy 0039) 339 7018659 www.trustsitaly.com Direttore responsabile/Director: e.mail:[email protected] Dipartimento Abbonamenti e info/Subscriptions and info: e.mail: [email protected] Dipartimento Marketing e Web: e.mail:[email protected] Posta Elettronica certificata: [email protected] Ai sensi dell’Art.13 del D.Lgs n.196 del 30/06/2003. La informiamo che i suoi dati sono conservati in un database ed usati solo per la fatturazione e le comunicazioni relative ad eventi da noi organizzati.Il responsabile dei dati è Worldwide Trusts Consultants s.r.l. Ai sensi dell’Art.7 del citato D.Lgs., lei ha il diritto di conoscere, aggiornare, rettificare, cancellare i Suoi dati, nonché di esercitare tutti i restanti diritti previsti, mediante una comunicazione scritta e.mail: [email protected] oppure via fax al n. 02 70057935.
34
TRUSTS & WEALTH MANAGEMENT JOURNAL © n°3 Maggio 2011
L’interscambio complessivo tra Italia ed Emirati Arabi Uniti ha fatto registrare nel 2010 un valore pari a € 4.135.865.519, con un saldo attivo di € 3.233.265.317, formato da € 451.300.101 di importazioni e € 3.684.565.418 di esportazioni, sottolineando il fatto che la presenza dei prodotti italiani negli Emirati ha sempre un peso notevole. Come fornitori di merci degli EAU, l’Italia è il 7° Paese a livello mondiale e 3° Paese esportatore Europeo dopo Germania e Regno Unito. Nel 2010 le esportazioni dell’Italia verso il Qatar sono scese del 22,4% rispetto al 2009. In termini numerici l’interscambio complessivo tra i due Paesi ha fatto registrare nel 2010 un valore pari a 2.439.411.737 €, formato da 939.735.282 € di esportazioni e 1.499.676.455 € di importazioni, con un saldo negativo di 559.941.173 €. Notizie confortanti arrivano dal settore “alimentare” che registra un incremento del 26,3%. In questo settore tutti i prodotti esportati hanno subito un aumento.
TRUSTS & WEALTH MANAGEMENT JOURNAL © n°3 Maggio 2011
Editore: Worldwide Trusts Consultants s.r.l Sede Legale: Via C. Nitti 45/a - 74123 Taranto – Italy Partita Iva 02121940734 Ufficio di rappresentanza: WMR Avvocati - Corso Venezia, 37 - 20121 Milano Tel (+ Italy 0039) 02 39306699 - Fax (+ Italy 0039) 02 70057935 Tel (+ Italy 0039) 099 4590880 Cellulari/Mobiles (+ Italy 0039) 348 3851033 / (+ Italy 0039) 393 9847286 www.trustsitaly.com
36
TRUSTS & WEALTH MANAGEMENT JOURNAL © n°3 Maggio 2011