BREVI CONSIDERAZIONI SULLA MANOVRA DI FERRAGOSTO - D.L. n.138/2011: QUALI EFFETTI PER I DIVIDENDI PERCEPITI DAL TRUST? La cosiddetta “manovra di Ferragosto” (D.L. 13/08/2011 n.138 convertito con modificazioni dalla L. 14/09/2011 n.148), è foriera di numerose ed importanti novità di natura fiscale i cui effetti si spera possano riequilibrare velocemente i conti pubblici nazionali oggetto di numerose reprimenda da parte di istituzioni sovranazionali ed internazionali. Una novella legislativa che conclude, per ora, un lungo e travagliato dibattito di politica fiscale, teso a uniformare il prelievo fiscale sui redditi delle attività finanziarie ma allo stesso tempo a cercare di semplificarne il quadro regolamentare . L’aliquota vigente della tassazione dei redditi di natura finanziaria infatti è stato oggetto di sostanziale modifica, posto che la maggioranza dei redditi di capitale e redditi diversi di natura finanziaria sarà tassato con aliquota del 20% anziché del 12,5% a decorrere dal 01 gennaio 20121. Riconoscendo l’istituto del trust quale ottimo strumento
di pianificazione fiscale, dopo una breve disamina delle principali novità introdotte dalla manovra finanziaria, ci si soffermerà sui possibili riflessi del provvedimento legislativo relativamente alla tassazione dei dividendi percepiti dal trust di cui all’art. 73 1° co. lett. c
1. La tassazione dei redditi delle attività finanziarie in vigore sino al 31 dicembre 2011 Giova allo scopo della riflessione, ricapitolare sia pure brevemente, il sistema di tassazione vigente sui redditi di natura finanziaria che si basa sulla distinzione tra i redditi costituenti un differenziale (positivo o negativo o in altri termini plusvalenze o minusvalenze) conseguenza di un “contratto di scambio2” di strumenti finanziari, collocati nell’ambito dei redditi diversi regolamentati dall’art. 67 T.U.I.R., ed i redditi definibili “frutti civili”3 prodotto da un atto di impiego del capitale o godimento del capitale
1. Legge di Conversione n. 148 del 14/09/2011 (D.L. 13/08/2011 n.138) Art. 2- Disposizioni in materia di Entrate : …6. Le ritenute, le imposte sostitutive sugli interessi, premi e ogni altro provento di cui all’articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e sui redditi diversi di cui all’articolo 67, comma 1, lettere da c-bis a c-quinquies del medesimo decreto, ovunque ricorrano, sono stabilite nella misura del 20 per cento. 7. La disposizione di cui al comma 6 non si applica sugli interessi, premi e ogni altro provento di cui all’articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e sui redditi diversi di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c-ter), ovvero sui redditi di capitale e sui redditi diversi di natura finanziaria del medesimo decreto nei seguenti casi: a) obbligazioni e altri titoli di cui all’articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601 ed equiparati; b) obbligazioni emesse dagli Stati inclusi nella lista di cui al decreto emanato ai sensi dell’articolo ((168-bis , comma 1, del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986)); c) titoli di risparmio per l’economia meridionale di cui all’articolo 8, comma 4 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106; 8. La disposizione di cui al comma 6 non si applica altresì agli interessi di cui al comma 8-bis dell’articolo 26-quater del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, agli utili di cui all’articolo 27, comma 3-ter , del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, al risultato netto maturato delle forme di previdenza complementare di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252. 9. La misura dell’aliquota di cui al comma 6 si applica agli interessi, ai premi e ad ogni altro provento di cui all’articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, divenuti esigibili e ai redditi diversi realizzati a decorrere dal 1º gennaio 2012. 10. Per i dividendi e proventi ad essi assimilati la misura dell’aliquota di cui al comma 6 si applica a quelli percepiti dallo gennaio 2012. 11. Per le obbligazioni e i titoli similari di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 1º aprile 1996, n. 239, la misura dell’aliquota di cui al comma 6 si applica agli interessi, ai premi e ad ogni altro provento di cui all’articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 maturati a partire dal 1º gennaio 2012. 12. Per le gestioni individuali di portafoglio di cui all’articolo 7 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, la misura dell’aliquota di cui al comma 6 si applica sui risultati maturati a partire dal 1º gennaio 2012 2. FALSITTA, Manuale di diritto tributario- Parte speciale, CEDAM Padova 2008, pag. 155 3. Ibidem
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investito rientranti nell’ambito dei redditi di capitale disciplinati dall’art.44 del T.U.I.R. . Il quadro normativo tra l’altro si distingue in rigorose divisioni in base alla soggettività dei percettori dei redditi, alla loro residenza; così come altra fondamentale spartiacque regolamentare è la tipologia della partecipazione societaria definibile a seconda dei casi qualificata o non qualificata4. Ciò detto, il quadro normativo vigente sui redditi di attività finanziarie, percepiti da persone fisiche che non esercitano attività di impresa (tralasciamo in questa sede i proventi percepiti nell’esercizio di una attività commerciale), è possibile schematizzarlo come segue. 1.a Redditi di capitale Con riferimento alla tipologia dei redditi di capitale ed alla disciplina vigente sono previsti diversi regimi di imposizione con l’applicazione anche di diverse aliquote percepite generalmente alla fonte a titolo di imposta. Con la riforma del 1997 (d.lgs 461/97) si è proceduto ad una razionalizzazione delle aliquote delle ritenute alla fonte e delle imposte sostitutive sui redditi di capitale, accorpando di fatto le stesse aliquote in due sole misure il 12,5% ed il 27%5. Premesso che gli interessi ed altri redditi di capitale sono generalmente assoggettati ad un prelievo alla fonte del 12,5%, una misura prevista per la maggior parte dei redditi di natura finanziaria dal d.lgs 461/97, ai sensi del combinato disposto dell’art. 26 del D.P.R. 600/73 e del d.lgs 239/96, il legislatore ha previsto l’applicazione di un aliquota di sfavore (27%) sia in considerazione della presenza di percipienti residenti in stati a fiscalità
privilegiata, sia per quegli interessi derivanti da depositi e conti correnti (bancari e postali), nonché per i titoli obbligazionari la cui scadenza è inferiore ai 18 mesi. Pertanto agli interessi sia di 1) obbligazioni emesse da società non quotate, (art. 26 del D.P.R. 600/73), 2) sia di obbligazioni di società di grandi emittenti (con azioni quotati in mercati regolamentari CE e SEE inclusi in white list ) o banche , ovvero titoli pubblici ed equiparati ex art. 31 Dpr. 601/73, titoli emessi da enti pubblici trasformati in S.p.A., titoli emessi da enti territoriali ex art. 35 L. 724/1994 ( ex art. 2 co. 1 d.lgs. 239/96), è applicato un prelievo nella misura del 27% qualora la durata sia inferiore ai 18 mesi rispettivamente quale ritenuta di imposta o imposta sostitutiva.6 Vi è da aggiungere che qualora il rimborso delle obbligazioni e dei titoli similari con scadenza non inferiore a 18 mesi abbia luogo prima di tale scadenza, sugli interessi e altri proventi maturati fino al momento dell’anticipato rimborso è dovuta dall’emittente una somma pari al 20 per cento.7 Gli interessi dei titoli del debito pubblico declinato nelle forme previste dal d.lgs 239/96, sono comunque assoggettati al prelievo del 12,5% a titolo di imposta sostitutiva, qualunque sia la durata del prestito. Un prelievo nella misura del 20% infine è prevista per i proventi dei fondi immobiliari (D.L. 112/2008 conv. con L. 133/2008), per gli utili delle società di investimento immobiliare quotate, le c.d. Siiq, ritenuta a titolo di imposta qualora il percettore non sia un soggetto che eserciti attività commerciale, così come per gli interessi corrisposti dalle cooperative (e loro consorzi) ai soci prestatori (persone fisiche).8
4. Ai sensi dell’art 67 del T.U.I.R. sono partecipazioni qualificate le azioni, diverse dalle azioni di risparmio, e ogni altra partecipazione al capitale od al patrimonio delle società partecipata che rappresentino, complessivamente, una percentuale di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 per cento ovvero una partecipazione al capitale od al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni. Evidentemente partecipazioni non qualificate le azioni e le altre partecipazioni di entità pari o inferiore ai limiti suddetti. 5. A dire il vero la legge delega n. 80/2003 aveva concepito un’idea esattamente opposta al provvedimento adottato ad agosto 2011 in quanto pur prevedendo l’adozione di un’unica aliquota, ne abbassava l’intera imposizione fiscale al 12,5% 6. AI sensi dell’art .26 co. 1 del D.P.R. 600/73, vi è un altro caso di applicazione dell’aliquota del 27%, qualora il prestito obbligazionario pur avendo durata superiore ai diciotto mesi, abbia un tasso di rendimento effettivo eccedente del doppio del tasso ufficiale di riferimento della BCE (per le obbligazioni quotate ), o il tasso di riferimento aumentato di due terzi (per le obbligazioni non quotate). 7. Con riferimento a tale ultima disposizione (art. 26, co.1 lettb) D.P.R. 600/73), l’Agenzia delle entrate con risoluzione del 31/01/2011 n.11/E ha specificato che il prelievo aggiuntivo del 20% non è applicato qualora il riacquisto non sia finalizzato all’estinzione, ma alla successiva rinegoziazione del titolo (tale condizione si può ritenere soddisfatta se i titoli rimangono in circolazione per almeno diciotto mesi nel periodo di durata degli stessi.); il riacquisto non deve avvenire prima del decorso dei diciotto mesi e l’emittente ne assicura la circolazione per un periodo minimo di 18 mesi.
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Un’analisi separata necessita il capitolo dedicato al regime fiscale dei dividendi regolato dal disposto degli artt. 44, 47, 59, 89 del T.U.I.R, che ne stabiliscono la qualificazione ai fini reddituali e ne prevedono la relativa disciplina in relazione alla natura giuridica dei soggetti percipienti. Per quanto concerne gli utili percepiti da persone fisiche che non esercitano attività di impresa, l’art. 47 co. 1 del T.U.I.R. qualora trattasi di partecipazione qualificate, prevede l’inclusione del provento nella base imponibile I.R.P.E.F. in misura ridotta pari al 49,72% del loro ammontare. La partecipazione non qualificata è assoggettata alla ritenuta a titolo di imposta nella misura del 12,5% sull’intero dividendo. 1.b Redditi diversi La categoria dei redditi diversi con riferimento alla tipologia presa in esame (natura finanziaria) è disciplinata dall’art 67 co. 1 lett. da lett.c a lett.c quinquies: siamo nell’ambito delle plusvalenze derivanti da cessioni di partecipazioni sociali (non qualificate) e strumenti finanziari, comunemente denominate “capital gains”, nonché di redditi derivanti da rapporti attraverso i quali possono essere conseguiti differenziali positivi o negativi in dipendenza di un evento incerto. Ebbene, anche per i redditi diversi il legislatore tributario ha adottato un doppio regime impositivo a seconda della natura della partecipazione. Infatti si applica la ritenuta a titolo di imposta del 12,5% per le plusvalenze che non concernono partecipazioni qualificate; mentre qualora le plusvalenze riguardino partecipazioni societarie qualificate, le stesse concorrono a formare il reddito complessivo ai fini della tassazione progressiva prevista dall’ I.R.P.E.F. nella misura del 49,72%. Il comma 18-bis, aggiunto in sede di conversione in legge 06/08/2088 n.133 del D.L. 25/06/2008 n. 112 ha aumentato al 20 per cento l’aliquota dell’imposta sostitutiva “sui redditi diversi di natura finanziaria di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461 … realizzati in dipendenza della cessione
o del rimborso delle quote di partecipazione” ai fondi immobiliari a ristretta base partecipativa o familiari. Per contro, continuano ad essere soggette ad imposta sostitutiva con la minore aliquota del 12,5% le plusvalenze realizzate mediante la cessione a titolo oneroso delle quote di partecipazione in fondi immobiliari diversi da quelli soggetti alla nuova imposta patrimoniale.9 1.c Risparmio gestito Il regime impositivo previsto dal risparmio gestito è disciplinato dall’art. 7 d.lgs 461/97 opzionabile da coloro che conferiscono ad un intermediario abilitato l’incarico di gestione individuale di masse patrimoniali e sempre che non vi siano partecipazioni qualificate. Il legislatore con tale regime di tassazione (imposta sostitutiva del 12,5%), ha introdotto un regime unitario dei redditi diversi e dei redditi di capitale la cui tassazione è effettuata a monte sul risultato di gestione individuale maturato sia dunque per i proventi configuranti redditi diversi, sia quelli collocabili nella categoria dei redditi di capitale. Godono di un imposizione fiscale nella misura del 12,5% anche il capitale percepito dal beneficiario di un contratto di polizza vita con “finalità finanziarie”. Tale imposta applicata dalla impresa di assicurazione è ricavata dalla differenza tra l’ammontare percepito e quello dei premi versati. Una tassazione che si realizza al momento in cui si incassa il montante, così come d’altra parte avviene, dal 01 luglio 2011 (D.L. 225/2010, Legge. conv. 26/02/2011 n.10), per i fondi comuni di investimento di diritto italiano ed ex lussemburghesi . In conclusione bisogna menzionare anche l’imposizione fiscale prevista per le forme di previdenza complementare integrativa adottato dal legislatore italiano. La disciplina fiscale delinea un sistema articolato in tre fasi: contribuzione, accumulazione,ed erogazione; un modello identificato dall’acronimo E.T.T (esenzione, tassazione, tassazione) che con riferimento
8. Il D.L. 112/2008 ha previsto l’aumento dell’aliquota dal 12,5 % al 20% per quelle cooperative che non soddisfano i requisiti della definizione di piccole e micro imprese di cui alla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003” (che occupano meno di 50 persone e realizzano un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiore a 10 milioni di euro. 9. Circolare Ag. Entrate n. 61/E DEL 03/01/2008
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quindi ai tre momenti, disciplina i contributi, i rendimenti, e le prestazioni. Dunque vi è una prima fase di esenzione (entro certi limiti di deducibilità), mentre i rendimenti sono soggetti ad una ritenuta di imposta a titolo definitivo dell’11%, e sulla parte imponibile delle prestazioni pensionistiche complementari erogate sia in forma di capitale che in forma di rendita, si applica una ritenuta di imposta (a titolo definitivo) con aliquota del 15%. Tale aliquota si riduce di una quota pari a 0,30% per ogni anno di partecipazione alle forme pensionistiche complementari eccedente il quindicesimo. La riduzione massima è comunque del 6%, per cui dopo il 36° anno di partecipazione alle forme pensionistiche complementari, si applica l’aliquota di imposizione del 9%.
2. La manovra bis di Ferragosto Orbene, la cosiddetta Manovra bis ( D.L. 13/08/2011 n.138 convertito con modificazioni dalla L. 14/09/2011 n.148) semplifica certamente il quadro regolamentare, prevedendo un’unica aliquota fissata nella misura del 20% per le ritenute e le imposte sostitutive applicabili alle persone, gli enti non commerciali, le società semplici e i trust sui redditi di capitale di cui all’art 44 del T.U.I.R. e sui redditi diversi di natura finanziaria di cui all’art 67, co.1 lett. da c) a c) quinquies T.U.I.R. La razionalizzazione posta in essere dal legislatore dunque avrà l’evidente effetto di innalzare l’aliquota impositiva della maggior parte dei redditi prodotti dalle attività finanziarie salvo alcune importanti eccezioni. Per quanto concerne infatti i redditi di capitale ex art. 44 T.U.I.R., a decorrere dal 01 gennaio 2012 saranno soggette alla nuova aliquota del 20% solo per ricordare alcune tipologie: gli interessi sui mutui, così come sui deposti e conti correnti (che subiranno un effetto benefico visto la precedente imposizione nella misura del 27%, così come i certificati di deposito), gli interessi su obbligazioni e titoli similari, le rendite annue perpetue, i dividendi, i proventi da riporti e pronti contro temine su titoli e valute, proventi derivanti dal mutuo di titoli garantito ed i redditi derivanti dai contratti di capitalizzazione. La novella legislativa prevede, come detto, anche per i redditi diversi di cui all’art. 67 co.1 da lett. c bis a c quinquies del T.U.I.R. la medesima nuova aliquota fiscale; stiamo parlando ad esempio delle plusvalenze
derivanti da cessioni a titolo oneroso di partecipazione societarie non qualificate così come le plusvalenze, realizzate mediante cessione a titolo oneroso ovvero rimborso di titoli non rappresentativi di merci, di certificati di massa, di valute estere, oggetto di cessione a termine o rivenienti da depositi o conti correnti, di metalli preziosi, sempreché siano allo stato grezzo o monetato, e di quote di partecipazione ad organismi d’investimento collettivo; nonché i proventi degli strumenti derivati . Dunque i redditi di capitale e redditi diversi proventi derivanti dalla partecipazione ad organismi di investimento collettivi di risparmio (O.I.C.R.), quelli derivanti dall’investimento in una gestione individuale di portafoglio, così come i redditi derivanti dal capitale erogato quale frutto di un contratto di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione saranno ugualmente assoggettati alla nuova aliquota del 20%. Ma vi sono anche fattispecie che il legislatore, in ragione di valutazioni di interesse pubblico generale così come di maggior tutela di alcune forme di risparmio, ha esentato dal provvedimento legislativo de quo. Il comma 7 dell’art. 2 del D.L. 138/2011 stabilisce infatti, derogando alla disposizione generale, che tale aumento non riguarderà i proventi, sia essi redditi capitali che redditi diversi, riferibili alle obbligazioni ed agli altri titoli di cui all’art.31 del D.P.R. del 29/09/1973 n. 601 ed ai titoli a questi equiparati. La tassazione per i proventi di questi titoli rimane invariata al 12,5%; in sostanza vengono esclusi i titoli del debito pubblico italiano e titoli similari; così come sempre ai sensi del comma 7, è prevista l’esclusione anche per i titoli di stato emessi da Stati non inclusi nella “Black list,” i titoli di risparmio per l’economia meridionale ed i piani di risparmio a lungo termine (una novità normativa nel panorama delle forme di investimento il cui ambito oggettivo e ancora da definire). Restano immutate anche le aliquote previste per le forme di previdenza complementare ed i fondi pensionistici ( aliquote agevolate invariate ad eccezione per i fondi pensioni istituiti negli Stati membri UE e Stati aderenti all’accordo SEE inclusi nella c.d. “White list” i cui utili distribuiti saranno tassati al 20%). Ebbene il capital market dal 01/01/2012 avrà al suo interno titoli obbligazionari “privati”, i cui proventi saranno tassati al 20% e le obbligazioni testé elencate godranno invece di una imposizione fiscale agevolata al 12,5%: non è fuor di luogo avanzare qualche sospetto di
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possibile distorsione del mercato. E’ doveroso tuttavia ricordare, continuando ad esaminare gli effetti della manovra sui titoli obbligazionari, che il provvedimento legislativo in parola, prevede sia l’abolizione della norma che stabiliva un’applicazione di imposta aggiuntiva del 20%, nel caso di rimborso entro diciotto mesi per quei prestiti obbligazionari emessi originariamente con durata superiore o uguale ai diciotto mesi (norma di carattere antielusivo che non ha ragion più di essere in vigore), sia il prelievo aggiuntivo sui proventi derivanti da depositi di denaro, di valori mobiliari (termine ratione temporis, previsto dalla normativa) e di altri titoli diversi dalle azioni e titoli similari dati a garanzia di finanziamenti concessi ad impresa residente10. Particolare attenzione bisognerà porre poi alle minusvalenze realizzate entro il 31 dicembre 2011. L’art 2 co. 28 stabilisce che le “minus” di cui all’art. 67 co. 1 da lett. c-bis a c-quater sono portate in deduzione dalle plusvalenze e dagli altri redditi diversi realizzati posteriormente alla data del 31 dicembre 2011, per una quota del 62,5% del loro ammontare, fermo restando la durata della temporale della riportabilità (entro il quarto anno successivo all’anno in cui si è realizzato la minusvalenza). 2.a Regime transitorio Infine un breve accenno al regime transitorio che di fatto impone al contribuente particolare attenzione ai propri cespiti in termini di convenienza economica. Infatti la razionalizzazione fiscale imposta dal legislatore configura due ordini di problemi: il primo è correlato alla scomparsa delle ritenute ed imposte del 12,5% e del 27% con decorrenza 01 gennaio 2012 e la sostituzione con l’aliquota unica del 20%; la seconda concerne il regime opzionale di allineamento dei valori fiscali riservato per coloro che detengono strumenti finanziari di cui all’art.67 co.1 da lett.c-bis a c- quinquies (partecipazioni non qualificate). In primo luogo l’art.2 co. 9 del D.L. 138/2011 prescrive
che la nuova aliquota del 20% sarà applicata ai proventi (e.g. gli interessi, premi) di cui all’art. 44 del T.U.I.R. che diverranno esigibili a decorrere dal 01 gennaio 2012, quindi prescindendo dalla maturazione, la bussola di orientamento, sarà dunque la data di scadenza. Così accadrà che, qualora vi sia una società che delibererà la distribuzione di dividendi entro l’anno, rileverà la data in cui sarà liquidato al socio beneficiario; mentre per quanto concerne le obbligazioni11 (ex art. 2 comma 10), l’intermediario attiverà la procedura di regolamento contabile sul conto unico avente controparte l’obbligazionista (ai sensi del D.lgs 239/96), accreditando l’imposta del 12,5% maturata sino al 31 dicembre e pari valuta, addebitando sulla medesima posizione l’imposizione fiscale nella misura del 20%, affinché il creditore obbligazionista, subisca con il pagamento della cedola, una imposizione virtuale sull’intero ammontare percepito del 20% , ma in effetti scomputato in due distinti periodi e differenti aliquote. Per quanto concerne i redditi diversi, rileva la data di realizzo perché possa essere imposta la nuova aliquota, dovendo tuttavia considerare come data fondamentale, il momento in cui si è perfezionata la cessione a titolo oneroso e la relativa percezione del corrispettivo, senza tener conto sia di eventuali pagamenti anticipati, sia di quelli dilazionati nel tempo. A tal proposito il regime opzionale di allineamento dei valori degli strumenti finanziari di cui all’art. 67 co.1 da lett. c-bis a c-quinquies, riguarderà invece quei contribuenti che al solo fine fiscale simuleranno una vendita di quegli strumenti finanziari che saranno oggetto della nuova imposizione fiscale alla data del 31 dicembre ed un contemporaneo acquisto degli stessi. Quindi in sostanza si consentirà di far pagare agli investitori-contribuenti la plusvalenza maturata sino alla data del 31 dicembre con aliquota del 12,5%, senza evidentemente effettuare una vera cessione degli asset finanziari. L’art. 2 co.30 del provvedimento in argomento, definisce
10. Il D.L. 20/06/1996 n.323 conv. con modificazioni in L. 08/08/ 1996 n. 425 comunemente noto come Legge Prodi, aveva come scopo quello di disincentivare la sottocapitalizzazione di un impresa (thin capitalization): si pensi all’imprenditore che in luogo di apportare capitale di rischio nell’impresa, fornisce lo stesso capitale ad una banca in garanzia di un prestito erogato dall’istituto di credito ricevendone i relativi frutti, mentre l’impresa paga interessi passivi sul finanziamento, deducibili ai fini fiscali (deducibilità a dire il vero oggi fortemente limitata). 11. Trattasi delle cosiddette obbligazioni dei “grandi emittenti” quali i titoli obbligazionari emessi dalle banche, obbligazioni e titoli similari emessi da società per azioni le cui azioni sono negoziate in mercati regolamentati italiani, escluse le cambiali finanziarie e titoli emessi da società di cartolarizzazioni di cui alla legge 130/1999 (d.lgs. 01/04/1996 n. 239) .
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poi il momento in cui è possibile esercitare l’opzione differenziando i tempi a seconda che il contribuente sia in regime dichiarativo o amministrato. Nel primo caso dovrà esercitare l’opzione al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi e liquidare l’imposta in occasione del versamento saldo IRPEF; mentre nel secondo caso l’opzione dovrà esser esercitata entro il 31/03/2012 e sarà cura dell’intermediario versare l’imposta sostitutiva entro il 16 maggio 2012.
3. Un caso particolare: i dividendi percepiti da un Trust per partecipazioni societarie non qualificate Affrontiamo ora gli effetti della manovra in commento in correlazione all’inquadramento fiscale del trust. In primo luogo deve essere chiarito che perché possa sorgere il presupposto di imposta da assoggettare al trust, deve trattarsi di soggetto giuridico validamente istituito nel rispetto della Convenzione de L’Aja ratificata dallo Stato italiano con L. del 16/10/1989 n.364 e delle norme interne inderogabili12. L’art.1. co.74 - legge finanziaria 27/12/2006 n. 296 - ha introdotto tra i soggetti passivi di cui all’art. 73 del T.U.I.R. (imposta IRES), i trust, sia essi residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale (art. 73 co.1 lett.b del T.U.I.R.), sia i trust residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (art. 73 co.1 lett.c del T.U.I.R. ), sia infine con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato (art.
73 co.1 lett.d del T.U.I.R.). Dunque il legislatore ai fini tributari riconosce la soggettività del trust quale ente commerciale residente, o ente non commerciale residente, e ai fini delle imposte dirette ne ha individuato due tipologie di trust: 1) trust senza beneficiari individuati i cui redditi vengono tassati autonomamente e direttamente in capo al trust (definito trust opaco)13 così come definito dall’art 73 co.1 lett. b, c, d; 2) quelli aventi beneficiari individuati (di seguito denominati trust trasparenti), i cui redditi vengono imputati per trasparenza ai beneficiari quali redditi di capitale ai sensi dell’art 44 co. 1 lett.g- sexies T.U.I.R., “in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell’atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali” (art 73 co. 2 T.U.I.R.). Con circolare del 06/08/2007 n. 48/E, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che il beneficiario non solo deve essere puntualmente individuato, ma che risulti titolare del diritto “ di pretendere dal trustee l’assegnazione di quella parte di reddito che gli viene imputata per trasparenza ”. Dunque vi deve essere un diritto all’assegnazione a prescindere dall’effettiva percezione di tali redditi (principio per competenza) sin dall’origine a favore di determinati soggetti beneficiari14. Se invece vi sono delle mere aspettative “contingency”, tale posizione non sembrerebbe sufficientemente rispettosa del precetto costituzionale della capacità contributiva15. D’altra parte potrebbe verificarsi il caso in cui il trust
12. La circolare del 27/12/2010 n. 61/E precisa che, visti gli elementi caratterizzanti di un trust così come sancito dalla Convenzione de L’Aja (1. la separazione dei beni del trust rispetto al patrimonio del disponente, del trustee e dei beneficiari, 2. l’intestazione dei beni medesimi al trustee, 3. il potere-dovere del trustee di amministrare, gestire e disporre dei beni secondo il regolamento del trust o le norme di legge),.. il riconoscimento nel nostro ordinamento giuridico dei trust costituiti sulla base della legislazione interna di uno Stato estero, nonché di quelli “atipici” costituiti in Italia, non opera in ogni caso, bensì soltanto ed esclusivamente per quelli riconosciuti come tali ai sensi della citata Convenzione. Più precisamente, viene riconosciuta la validità giuridica solo agli istituti connotati dagli elementi distintivi che caratterizzano i trust come sopra elencati. 13. Circolare del 06/08/2007 n. 48/E 14. Riguardo alla nozione di trust “con beneficiario di reddito individuato”, con risoluzione n. 425/E del 5 novembre 2008 è stato precisato che la tassazione per trasparenza di un trust presuppone che “il reddito sia immediatamente e originariamente riferibile ai beneficiari”. In sostanza, secondo il citato documento di prassi, “il diritto all’assegnazione del reddito deve nascere ab origine a favore di determinati beneficiari. 15. Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate del 05/11/2008 n. 425/E “…la riferibilità immediata dei redditi ai beneficiari – quale presupposto per la tassazione per trasparenza – esclude che vi sia discrezionalità alcuna in capo al trustee in ordine sia alla individuazione dei beneficiari, sia alla eventuale imputazione del reddito ai beneficiari stessi. (…) Al contrario, se il trustee ha il potere di scegliere se, quando, in che misura o a chi attribuire il reddito del trust, tale discrezionalità fa venir meno l’automatismo che è il presupposto della imputazione per trasparenza, indipendentemente dalla effettiva percezione, in capo al beneficiario
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sia contemporaneamente opaco e trasparente qualora l’atto istitutivo preveda accantonamento di capitale e parte direttamente in capo ai beneficiari. In questo caso come chiarisce la circolare dell’A.E. n.61/E del 27/12/2010, parte del reddito accantonato sarà tassato in capo al trust, l’altra parte sarà imputata ai beneficiari. Gli adempimenti tributari del trust, assolti dal trustee, come chiarito dall’A.E. con circolare n. 48/2007 prevedono la presentazione annuale della dichiarazione dei redditi, la dotazione di un proprio codice fiscale, e qualora eserciti attività commerciale, di una partita iva, nonché il rispetto degli obblighi di tenuta delle scritture contabili. Ulteriore elemento fondamentale e caratterizzante la disciplina fiscale del trust è la sua residenza determinata secondo i principi generali previsti dall’art. 73 del T.U.I.R., posto che, in caso di trust residente i redditi ovunque prodotti sono imponibili in Italia, mentre qualora il trust non lo fosse, ai sensi dell’art 23 del T.U.I.R., sarebbero soggetti esclusivamente all’imposizione fiscale i redditi prodotti nel territorio dello Stato italiano. Considerando le caratteristiche del trust, di norma i criteri di collegamento al territorio dello Stato sono la sede dell’amministrazione (trust che si avvalgono di strutture organizzative o in mancanza il domicilio fiscale del trustee) e l’oggetto principale. Anche a scopo antielusivo sono stati individuati particolari fattispecie - due casi - con riferimento alla residenza, secondo cui, in taluni casi, la stessa è attratta nel territorio italiano16; come rileva l’Agenzia delle Entrate, “nelle due ipotesi considerate dalla norma, la residenza è attratta in Italia nel presupposto che il trust sia “istituito” in un Paese con il quale non è attuabile lo scambio di informazioni. La norma vuole evidentemente colpire disegni elusivi perseguiti attraverso la collocazione fittizia di trust “interni” (trust con disponente, beneficiario e beni in trust nel territorio dello Stato) in paesi che non consentano lo scambio di informazioni … Ove compatibili, anche le disposizioni in materia di estero-vestizione delle società previste dall’articolo 73 del TUIR, commi 5-bis
e 5-ter, sono applicabili ai trust ed in particolare a quelli istituiti o comunque residenti in Paesi compresi nella white list, per i quali non trova applicazione la specifica presunzione di residenza di cui all’articolo 73, comma 3 del TUIR nella versione emendata dalla finanziaria 2007”17. In base dunque al principio del world wide income, le disposizioni in materia di imposizione diretta, ed in particolare, le fattispecie previste dagli artt. 73 e 44 del T.U.I.R., saranno applicabili a tutti i trust residenti relativamente a tutti i redditi prodotti nel mondo, e per quanto concerne il trust non residente, relativamente ai redditi prodotti nel territorio dello Stato. Orbene, richiamati alcuni principali generali afferenti agli elementi principali caratterizzanti la disciplina fiscale di un trust, occorre ora specificare che il trust che non svolge una attività commerciale fa parte normalmente degli enti non commerciali ai sensi dell’art 73 co. 1 lett. c e come tale determina il reddito ai sensi dell’art.143 del T.U.I.R., norma che stabilisce che il reddito complessivo degli enti non commerciali è formato dai redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi, ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione, ad esclusione di quelli esenti dall’imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva. Occorre tener presente tra l’altro che ai sensi dell’art. 144 co. 1 del T.U.I.R., “i redditi e le perdite che concorrono a formare il reddito complessivo degli enti non commerciali sono determinati distintamente per ciascuna categoria in base al risultato complessivo di tutti i cespiti che vi rientrano”. Correliamo ora le norme tributarie che disciplinano il trust avente natura di ente no commerciale e la riforma dei redditi di natura finanziaria operata dall’art. 2, commi da 6 a 34, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 e ricordiamo che tra le tipologie reddituali alle quali si applica la nuova aliquota rientrano anche gli utili e le plusvalenze relativi alle partecipazioni societarie non qualificate
16. Ai sensi dell’art. 73 co. 3 del T.U.I.R. “… Si considerano altresì residenti nel territorio dello Stato, salvo prova contraria, i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168 - bis, in cui almeno uno dei disponenti ed almeno uno dei beneficiari del trust siano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato. Si considerano, inoltre, residenti nel territorio dello Stato i trust istituiti in uno Stato diverso da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis, quando, successivamente alla loro costituzione, un soggetto residente nel territorio dello Stato effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonché vincoli di destinazione sugli stessi.” 17. Vd. nota 13
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TRUSTS & WEALTH MANAGEMENT JOURNAL © n°5 Settembre 2011
detenute da persone fisiche, enti non commerciali, e le società semplici al di fuori dell’attività d’impresa. Ed allora quali effetti vi saranno per quei trust considerati enti non commerciali che detengono partecipazioni non qualificate dalle quali derivano utili? Giova menzionare a tal proposito, il provvedimento legislativo di riforma del reddito delle società, il d.lgs. del 12/12/2003 n. 344 che all’art. 4 lett.q stabiliva che “fino a quando, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera a), della legge 7 aprile 2003, n. 80, non verrà attuata l’inclusione, tra i soggetti passivi dell’imposta sul reddito, degli enti non commerciali di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c), del citato testo unico delle imposte sui redditi, così come modificato dal presente decreto legislativo, gli utili percepiti, anche nell’esercizio di impresa, dagli enti stessi non concorrono alla formazione del reddito imponibile, in quanto esclusi, nella misura del 95 per cento del loro ammontare”; sull’ammontare imponibile degli utili, in qualunque forma corrisposti nel primo periodo di imposta che inizia a decorrere dal 1° gennaio 2004, le società e gli enti indicati nel comma 1dell’articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 operano,con obbligo di rivalsa, una ritenuta del 12,50 per cento a titolo di acconto”. L’esclusione dalla base imponibile del 95% degli utili percepiti è un regime che lo stesso art. 4 del provvedimento legislativo prevede come transitorio, in vigore sino a quando gli enti non commerciali non saranno stati inclusi tra i soggetti passivi IRE. Tuttavia tale regime è divenuto definitivo per decorrenza dei termini previsti dalla legge delega del 07/03/2003 n. 80. Inoltre il secondo periodo dell’art. 4 lett.q prevedeva un’applicazione di imposta del 12,5% a titolo di ritenuta di acconto, ma come precisato dall’Agenzia dell’Entrate, e da una pacifica interpretazione letterale della norma, solo per il primo periodo di imposta (anno solare 2004)18. Infine ancora l’Agenzia delle Entrate19 precisa che, il generico riferimento agli “utili percepiti” contenuto nell’art 4 lett.q d.lgs. 12/12/2003 n. 334, consente di
ritenere applicabile il descritto trattamento fiscale sia per partecipazioni qualificate, sia per partecipazioni non qualificate. In conclusione quindi, con riferimento alla distribuzione di utili ad un ente non commerciale - trust di cui all’art. 73 co. 1 lett.c, avente una partecipazione societaria non qualificata, il provvedimento legislativo approvato in estate non causerà alcun mutamento impositivo, posto che gli utili distribuiti concorreranno (rectius continueranno a concorrere) a formare la base imponibile limitatamente nella misura del 5%. Ed allora, la casistica per le due principali tipologie di trust individuati ai fini delle imposte dirette “opaco” e “trasparente”è alquanto chiara. Nel caso di trust opaco – quale espressione e conseguenza del processo di “entificazione” dell’istituto giuridico, gli utili percepiti concorreranno a formare autonomamente la base imponibile ai fini IRES dell’ente non commerciale “trust” nella misura del 5% e ci sarà pertanto un prelievo fiscale pari al 27,5% (attuale aliquota IRES) del 5% degli utili distribuiti ( base imponibile) con un carico impositivo totale del 1,375%. Qualora il trust sia definibile “trasparente”, il reddito sarà imputabile in ogni caso ai beneficiari (redditi di capitale ai sensi dell’art. 44 co.1 lett.g - sexies ), in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell’atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali (ex art. 73 co.2 T.U.I.R.), secondo le aliquote progressive IRPEF e trascurando comunque l’effettiva percezione (principio di competenza). Tradotto in numeri, qualora fossimo in presenza di un beneficiario la cui aliquota fosse quella del 43% (la misura massima attualmente applicabile ai fini IRPEF), il prelievo fiscale a cui sarebbe soggetto ammonterebbe al 43% della base imponibile IRPEF prevista e cioè il 5% dei dividendi distribuiti; un totale impositivo pari al 2,15% . Avv. Francesco GUARINIELLO
18. La risoluzione dell’Agenzia delle Entrate dell’11/07/2005 n. 85/E ha di fatto sancito che tale ritenuta è applicabile, per espressa previsione normativa, esclusivamente nel primo periodo d’imposta suddetto. In proposito la circolare n. 26 del 16/06/2004 ha precisato che il periodo d’imposta in questione è quello dell’ente non commerciale che riscuote gli utili. Nei periodi d’imposta successivi non deve essere, quindi, applicata alcuna ritenuta e gli utili, nella misura del 5% indicata dalla norma, concorrono alla formazione del reddito imponibile degli enti in argomento. 19. Circolare dell’Agenzia dell’Entrate n. 16/06/2004 n.26 § 3.7
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