Secondo Cap - I Giornalisti On-line, Il Presente E Il Futuro Della Professione

  • October 2019
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I giornalisti on-line. Il presente e il futuro della professione “La stampa, piccola mia è il cane da guardia della civiltà, e si da il caso che il cane da guardia sia – non ci si può fare niente – in un cronico stato di rabbia. Si fa presto a parlare di museruola; non si può far altro che continuare a far correre l’animale” Howard Bight, In The Paper di Henry James

Se si vuole conoscere e capire fino in fondo il mestiere del giornalista bisogna osservare le condizioni in cui viene esercitato. Queste sono il riflesso di concreti comportamenti empirici riguardo le modalità attraverso cui i giornalisti governano i due fondamentali processi del newsmaking (produzione di notizie) e del newsgathering (selezione delle notizie) che rappresentano le fondamenta della professione. E’, dunque, fondamentale capire come gli approcci teorico e pratico alla produzione della notizia cambino con l’utilizzo dei media digitali e della rete internet nel lavoro nei professionisti dell’informazione1, in quanto il concetto di notizia si sta sviluppando in parallelo con lo sviluppo dell’industria dei media, delle comunicazioni tecnologiche con l’evoluzione delle tecniche di rappresentazione della notizia. Ai suoi albori, nelle redazioni tradizionali, il web veniva considerato come un videogioco per ragazzini che sarebbe passato di moda dopo pochissimo tempo. Ma il corso della storia ha dimostrato che questa nuova tecnologia non era un semplice passatempo ludico. L’avvento delle tecnologie digitali e l’uso sistematico di internet nelle 1

A. Papuzzi, Professione giornalista, Donzelli, Roma, 2003 p. XII

1

redazioni hanno di fatto scardinato l’immagine tradizionale del giornalista e l’organizzazione del suo lavoro in redazione. L’online ha riacceso il dibattito sul significato della professione giornalistica sotto tutti gli aspetti: tecnici, etici, contrattuali ed editoriali. Secondo Papuzzi questa è la prova “di quanto profondamente le caratteristiche del mezzo incidano sul modello di giornalismo e la professionalità dei giornalisti”2. Molte delle funzioni intermedie, che esistevano tra l’esercizio della professione e la realizzazione del prodotto finale, sono state eliminate dall’estendersi delle tecnologie digitali. Adesso, è il giornalista che attraverso il suo Pc e i suoi strumenti può farsi carico di tutto il processo di acquisizione, trattamento, confezionamento e pubblicazione delle informazioni. I suoi compiti si moltiplicano e le sue competenze devono, per forza, espandersi nel campo delle nuove tecnologie3. Allo stesso tempo è vero, come risulta da una ricerca del Poynter Institute for Media Studies in collaborazione con la Standford University, che internet torna a valorizzare il testo che, nell’informazione online, ha l’importante funzione di collante per tenere insieme e organizzare l’ipertestualità e la multimedialità4. Dal punto di vista dell’organizzazione editoriale, questi nuovi strumenti del mestiere consentono anche una maggiore sinergia tra le diverse redazioni all’interno di uno stesso gruppo editoriale5. 2

Ibidem, p. 164 E. Carelli, Giornali e giornalisti nella rete. Internet, blog, vlog, radio, televisione e cellulari: i canali e le forme della comunicazione giornalistica, Apogeo, Milano, 2004 4 A. Papuzzi, op. cit., p. 164 5 Per esempio con la creazione di archivi comuni di notizie, interviste, immagini, video. 3

2

Oggi molti giornalisti, soprattutto i più giovani, sanno cavarsela con telecamere e registratori digitali che consentono loro di sviluppare informazioni con linguaggi diversi. I giornalisti hanno la possibilità e le capacità di realizzare contenuti informativi per supporti tecnologici e media diversi: dalla Tv alla radio, dal giornale su carta al sito web. Il 1999 fu l’anno della “fuga dalla carta”6 di molte testate che operavano sui media tradizionali. L’ondata di cambiamento partì dagli Stati Uniti ma non risparmiò l’Italia dove tutti i gruppi editoriali,

anche

se

con

strategie

diverse,

decisero

di

intraprendere la via del web. In un periodo di cambiamento così radicale, per una professione dalle radici molto forti e solide, è facile

immaginare

come

questo

periodo

possa

essere

caratterizzato da sentimenti e visioni alterne da parte dei soggetti che devono seguirne il cambiamento. Così, “i colleghi della carta (e degli altri old media) snobbavano – e continuano a snobbare, sulla base di pregiudizi castali e anagrafici – i “ragazzi” dell’online. Figli di un Dio minore, anche quando militano sotto le insegne della stessa testata e sono equiparati in tutto e per tutto, i redattori di internet vengono sovente guardati con sufficienza”7. Come abbiamo visto nel capitolo precedente, internet consente anche una comunicazione diretta tra giornalista e utente che può certo limitarsi ad un semplice scambio di opinioni, ma può anche svilupparsi in una forma di vera e propria

6

R. Staglianò, Giornalismo 2.0. Fare informazione al tempo di internet, Carocci, Roma, 2004 7 Ibidem, p. 166

3

collaborazione tra i due soggetti protagonisti dei flussi informativi. Tutte queste innovazioni portano, oltre alla ridefinizione della figura complessiva del giornalista, anche una serie di nuove problematiche che non sempre possono essere risolte con puntuale chiarezza e che riguardano i delicati campi dell’etica e della deontologia professionale, la quale richiede di essere ridefinita in alcuni suoi punti essenziali. Inoltre, il diffuso utilizzo delle tecnologie

digitali

e della

produzione di notizie

multimediali porta, chi osserva questi fenomeni, ad analizzare anche una serie di tematiche che riguardano la convivenza dei nuovi aspetti di questa professione con le norme della società in cui essa viene esercitata, nell’ottica di delineare le mutate caratteristiche specifiche, nel presente e in previsione di un futuro prossimo, di una figura professionale che contribuisce non solo a descrivere, ma anche a fare concretamente, la storia del mondo in cui viviamo. 2.1

Il nuovo ruolo del giornalista all’interno della società e il suo rapporto con i lettori “Il buon giornalismo… è rimasto ancora la principale garanzia disponibile ai cittadini di una società civile e democratica” V. Sabadin, L’ultima copia del “New York Times”

Dal momento che, con Internet, l’informazione abbonda ed è a disposizione di tutti, c’è ancora bisogno dei giornalisti? Secondo Vittorio Sabadin nel suo L’ultima copia del “New York Times”, siamo di fronte al “paradosso del

4

giornalismo”: mentre cresce il numero di luoghi nei quali si fa e si riceve informazione, l’audience tende a comprimersi e a parcellizzarsi, diminuisce la quantità di eventi seguiti e il numero dei giornalisti che lavorano in ogni organizzazione editoriale si riduce8. Carelli afferma, invece, che “internet sta cambiando il ruolo stesso del giornalista all’interno della società”9 ed è quindi legittimo chiedersi se il ruolo della professione giornalistica abbia ancora ragione di esistere. Questo ruolo, di grande importanza sociale, è insidiato dalla diffusione sempre più capillare delle nuove tecnologie digitali. Quegli stessi strumenti tecnologici che i giornalisti stanno imparando ad usare, con sempre maggiore perizia, sono in possesso anche della gente comune. Le persone che casualmente si trovano a vivere e a partecipare a degli eventi, a volte anche di straordinaria importanza per la storia dell’umanità10, hanno la possibilità di catturare queste situazioni in video o in fotografia. Spesso si tratta di documenti unici, perchè la copertura mediatica del mondo, anche del più grande e diffuso dei media di massa, non potrà mai essere capillare come la presenza fisica delle persone che, pur non essendo giornalisti, si trovano a vivere il mondo con gli eventi che in esso accadono. La facilità, e la relativa semplicità, per un cittadino non giornalista, di rendere pubblico ciò che ha catturato tramite l’uso di un oggetto privato consente

8

V. Sabadin, L’ultima copia del New York Times. Il futuro dei giornali di carta, p. 16 E. Carelli, op. cit., p. 43 10 Un esempio su tutti è l’evento dell’attacco alle torri gemelle di New York le cui immagini più eloquenti sono state catturate in maniera assolutamente amatoriale e casuale ma che, ugualmente, hanno riempito gli spazi di tutti i media e si sono impresse indelebilmente nelle nostre memorie. 9

5

ragionevolmente di parlare di reporter diffuso11 o di personal journalism. L’innovazione tecnologica consente a chiunque di improvvisarsi reporter, mentre la rete consente di rendere pubblico ciò a cui si è

assistito. Internet, inoltre, mette a

disposizione di qualunque navigatore una quantità sempre maggiore di fonti di notizie alle quali prima i giornalisti avevano un accesso quasi esclusivo12. E’ abbastanza evidente come lo sviluppo tecnologico digitale della nostra società abbia portato ad un forte ridimensionamento del ruolo della professione giornalistica all’interno della nostra civiltà. Questo non implica che il ruolo dei professionisti dell’informazione sia diventato meno rilevante nella società, ma solo che deve essere ridefinito in modo tale da difendere e affermare quella importanza fondamentale che ha rivestito nello sviluppo delle moderne società democratiche. Riccardo Staglianò sostiene che Internet ha, sicuramente, già tolto “sacralità” alla figura del giornalista reporter come unico titolare dell’informazione, ma di certo non ne ha affatto “minato la ragion d’essere”13. Carelli ridefinisce il ruolo, anche professionale, del giornalista moderno basandosi sulle sue più antiche radici. Innanzitutto i giornali, e i giornalisti che li producono, svolgono la funzione basilare di gatekeeper, ovvero di selezionatore delle notizie che, causa spazi e tempi troppo ristretti, non possono 11

E. Carelli, op. cit., pp. 43 - 44 Si pensi per esempio alla pubblicazione in rete di leggi nazionali e regionali, delle direttive europee, di sentenze e molti altri dati e documenti resi pubblici direttamente dalle istituzioni o soggetti economici direttamente interessati. 13 R. Staglianò, op. cit., p. 117 12

6

essere tutte pubblicate. Il professionista dell’informazione, quindi, ha come primo compito quello di filtrare le notizie che poi verranno pubblicate sulla testata per cui lavora. La funzione di gatekeeper ha ragione di esistere più che mai in un mondo dove si parla addirittura di overload14 di informazione. Se le notizie non venissero selezionate, analizzate, valutate, verificate e decifrate da un professionista, si avrebbe uno scadimento di qualità dell’informazione. Al centro della nuova attività del giornalista, quindi, acquistano ancora maggior forza i valori dell’analisi, della selezione e del controllo dell’informazione che hanno sempre permesso di considerare il giornalista come il gate primario dei flussi informativi15. La necessità di migliorare la qualità del lavoro deriva anche da un’ulteriore caratteristica intrinseca della rete internet: l’interattività16. Il giornalista, potendo interagire con i lettori, viene a conoscenza dei loro gusti, delle tendenze e delle loro impressioni; i lettori, da parte loro, oltre a esprimere le proprie opinioni e condividere i propri gusti, svolgono un effettivo ruolo di controllo quotidiano sui contenuti degli articoli che vengono pubblicati, non solo grazie alle proprie conoscenze personali, ma soprattutto grazie alla possibilità di avere accesso a molte delle stesse fonti a cui attinge il giornalista. Va da sè, inoltre, che la credibilità di chi svolge la delicata professione di scrivere notizie viene messa sempre più in discussione dalle capacità di verifica dei lettori. Ciò innesca un meccanismo per cui il giornalista ha sempre maggiore bisogno di 14

Si intende l’abbondanza delle notizie che circolano nei flussi informativi. E. Carelli, op. cit., p. 45 16 Vedi cap. 1, par. 1.4 15

7

essere credibile e di dimostrarlo. Anche per questo diventa importante non cadere nella trappola della velocità che impone al giornalista di pubblicare delle notizie, tralasciando le dovute verifiche, solo per battere sul tempo i propri concorrenti dandogli un “buco”. Si potrebbero avere degli effetti controproducenti in una società in cui la verifica delle notizie è sempre più semplice da parte dei destinatari del loro flusso. Il controllo dell’informazione è passato, silenziosamente, dal quotidiano ai suoi consumatori. A tal proposito, Staglianò parla di un quality check che non ha precedenti nella storia della professione giornalistica e che non tutti i professionisti del settore hanno preso bene. L’ostilità maggiore nei confronti di questo nuovo rapporto col lettore arriva dalle generazioni più vecchie di giornalisti per diversi motivi. Alla base di tutti i dubbi c’è il sospetto, preconcetto, nei confronti di un mezzo che non si conosce, che non si sa dominare e che spesso viene sottovalutato, anche se sta influendo sempre più sull’agenda politica sia a livello locale che nazionale17. Questi dubbi si concretizzano in un senso di superiorità dei giornalisti “tradizionali” riguardo ai colleghi, quasi sempre più giovani, che lavorano sul supporto web e si alimentano col timore che queste nuove modalità di esercitare

la

professione

giornalistica

contribuiscano

a

minacciare lo status di “detentori monopolistici della selezione e

17

Basti pensare al clamore suscitato dai video di atti di bullismo nelle scuole o del grandissimo seguito di opinione pubblica di cui alcuni siti internet possono godere, come ad esempio il blog dell’ex comico Beppe Grillo; ancora, l’importanza sempre crescente che il mezzo internet sta acquistando tra i politici nazionali che sempre di più aprono siti e blog personali per relazionarsi non solo con il pubblico, ma anche per superare la mediazione dei mass media che non sempre concede loro lo spazio mediatico per garantire una certa visibilità alle loro istanze.

8

distribuzione delle notizie”18, tendendo a quello che Lawrence Grossman sostiene essere un giornalismo più egualitario19. D’altro canto, agli occhi dei “custodi dell’ortodossia giornalistica”, come Staglianò definisce i detrattori della rete, l’informazione su internet e l’estrema pluralità delle fonti a disposizione di chiunque inducono a parlare di un grande “bazar” dove l’unica legge vigente è il “caos”. Una delle critiche principali mosse al giornalismo online riguarda la scarsa attendibilità legata alla rete. Di questo specifico e fondamentale problema tratterò in maniera più accurata nei prossimi paragrafi, per adesso mi limito a sostenere che, sia in rete che sulla carta, una testata rispettabile garantirà nello stesso modo la qualità dei propri contenuti. L’eccessiva intensità delle critiche che vengono rivolte alla rete da parte di un folto gruppo di giornalisti rischiano di causare uno stallo effettivo nello sviluppo delle redazioni giornalistiche. Il problema è presente in tutta Europa e Benoit Raphael, sul suo blog “Demain tous journalistes?”20, fa il punto della situazione di vera e propria paralisi che si è creata in molte redazioni francesi rispetto alle opportunità offerte dalla rete. Anche se alcune componenti possono essere diverse, il quadro che ne viene fuori ha vari punti di contatto con quello che succede in Italia. Mi limiterò ad elencarne solo alcune: •

prima di tutto, la mancata conoscenza di internet;



l’ età di alcuni quadri che, passati i 50-55 anni, frenano al massimo;

18

R. Staglianò, op. cit., pp. 118 - 120 Cit. in ibidem, p. 120 20 E’ un importante giornalista francese. 19

9



dei modelli economici non ancora completamente a punto;



delle questioni di diritti d’autore ancora in sospeso21. Le questioni critiche che vengono sollevate dai detrattori

della rete sono destinate a spegnersi con il rinnovarsi delle generazioni. Il ricambio generazionale porterà nelle redazioni giovani sempre più legati alle nuove tecnologie, anche se sarà importante non perdere quello spirito critico di osservazione che è tipico del mestiere del giornalista e che si acquista soprattutto con l’esperienza sul campo. Come ho accennato in precedenza, un problema pratico e reale dell’informazione online riguarda il delicato rapporto tra la velocità di redazione e pubblicazione delle notizie e l’accuratezza della loro verifica. La velocità rappresenta una delle più grandi doti del media internet, ma allo stesso tempo ne è il maggior difetto. L’obbiettivo che i giornalisti dovrebbero porsi è quello di raggiungere l’equilibrio tra il desiderio legittimo dei lettori di ricevere informazioni minuto per minuto e i fondamentali requisiti del giornalismo di qualità che sono l’equità, la completezza e l’accuratezza dell’informazione. Un altro aspetto critico, imputabile al giornalismo online, è quello della necessità di tracciare una demarcazione evidente tra contenuti informativi e contenuti pubblicitari, che rischia di risultare sempre meno chiara. La questione rientra, però, in un campo che non ha a che fare esclusivamente con l’aspetto tecnico del nuovo veicolo di comunicazione, ma rientra soprattutto nell’ambito del rispetto della deontologia della professione di cui 21

L’articolo si può trovare per esteso all’indirizzo: http://www.lsdi.it/2008/03/30/internet-perche-molte-redazioni-sono-ancoraparalizzate/#more-1185

10

si tratterà più avanti. Infine, è facile notare come lo strumento internet consenta una facile produzione di bufale e notizie false. Di certo, però, le cosiddette leggende metropolitane non sono nate con la diffusione di internet, sono sempre esistite anche se in rete hanno trovato un ambiente in cui svilupparsi in maniera feconda. E’ anche vero che internet stesso fornisce la “cura” a questa “malattia”. Se è vero che in rete trovano spazio una grande quantità di “bufale”, è anche vero che vi trovano ospitalità anche molte organizzazioni in cui mestiere è proprio quello di smontare, il più in fretta possibile, tali invenzioni. Riccardo Staglianò nel suo Giornalismo 2.0 cita come esempio la Urban Legend Reference Pages22. Non bisogna neanche dimenticare il già citato ruolo dei lettori che, grazie alle possibilità interattive della rete, possono contribuire a svelare la falsità di certe macchinazioni. Critiche ed elogi ad internet arrivano da due categorie di analisti che limitano le loro posizioni alla difesa di una delle due parti in causa, o i media tradizionali o internet. Tuttavia storicamente non è mai accaduto che l’avvento di un nuovo media abbia cancellato quelli che esistevano in precedenza. Quasi sempre, invece, il risultato è stato quello di una sempre maggiore specificità dei compiti e, spesso, una naturale sinergia tra i diversi media. Nel dibattito che è sorto dopo lo sviluppo esponenziale di internet e di tutte le attività che consente, compresa l’informazione, una posizione molto convincente è quella che guarda ad una vera e propria sinergia tra i media “vecchi” e 22

R. Staglianò, op. cit., p. 123

11

nuovi, abbandonando l’idea di una concorrenza inutile. Negli ultimi anni questa concezione collaborativa ha portato i grandi editori e, quindi, le grandi testate ad una sempre maggior compenetrazione tra supporti cartacei, catodici e digitali. Sempre più spesso i contenuti tra media tradizionali e siti internet diventano complementari a beneficio dei risultati economici degli editori

che

riescono

a diversificare

la propria offerta,

raggiungendo pubblici diversi e più vasti. In questo nuovo ambito il giornalista deve sapersi districare con abilità tra la carta e il web, padroneggiare tutti i linguaggi per poter trattare le notizie adattandole a media diversi. Inoltre, la necessità di aggiornamenti continui delle homepage e delle notizie stesse obbliga le redazioni a mantenere un collegamento permanente tra le diverse redazioni, in modo tale da poterne sfruttare al massimo le competenze e il lavoro, riducendo il più possibile i costi di produzione. Il giornalista, in definitiva, deve avere una “nuova forma mentis

che

rifiuta

attitudini

autoritarie,

gerarchiche

e

semplicistiche nei confronti del proprio pubblico”23.

2.2

Cambiano gli strumenti ma non il mestiere

23

L. Pryor, Insegnare il futuro del giornalismo, in Problemi dell’informazione n. 3 settembre 2007

12

“Le tecnologie non sono semplici aiuti esterni, ma comportano trasformazioni delle strutture mentali, e in special modo quando hanno a che fare con la parola […]. Le tecnologie sono artificiali, ma […] l’artificialità è naturale per gli esseri umani. La tecnologia, se propriamente interiorizzata, non degrada la vita umana, ma al contrario la migliora” Walter J. Ong, Oralità e scrittura. La tecnologia della parola

“Il riflesso condizionato di un adulto, quando pensa ad un giornalista professionista, non contempla subito anche il supporto elettronico”24. I lettori giovani, invece, hanno un bagaglio di memoria e di tradizioni che è sempre meno legato alla vecchia figura del reporter con penna e taccuino che annotava ogni dichiarazione, fatto o evento al quale assisteva. I giovani non hanno

difficoltà

ad

attribuire

ai

giornali

online

piena

rispettabilità; quello che conta di più per questi lettori è la praticità di usufruire delle notizie tramite l’utilizzo degli stessi strumenti che usano per organizzare la propria vita: i programmi di messaggistica istantanea, le e-mail, il telefono cellulare. Il giornalista, nell’era di internet, per svolgere il suo mestiere usa gli stessi strumenti che usano i suoi lettori per informarsi e per comunicare tra loro senza però abbandonare quelli più tradizionali. Marco Pratellesi, direttore di Corriere.it, parla a ragione di new journalism, non solo perchè ormai i giornali online sono una realtà consolidata, ma anche perchè gli strumenti che consentono di svolgere il mestiere del giornalista, su qualunque supporto, sono molto cambiati. Secondo una ricerca del 2005, citata nel precedente capitolo25, circa ¾ dei trentaquattro giornalisti 24 25

R. Staglianò, op. cit., p. 134 Vedi paragrafo 1.5

13

intervistati pensano che, per il futuro della loro professione, l’aspetto tecnico sarà sempre più rilevante. Questo dato di fatto del giornalismo moderno consente di non dover discutere più sulla dignità professionale dei giornalisti online, che ormai è stata acquisita, anche se ha faticato ad essere riconosciuta da tutto il mondo professionale. Tuttavia esistono ancora delle “nicchie di scetticismo”, come s’è accennato. Adesso, è necessario capire come e in che modo questo nuovo giornalismo abbia contaminato e influenzato i processi produttivi in redazione, imponendo nuove regole e una nuova organizzazione del lavoro. Gli assunti principali alla base dell’idea dell’esistenza di un “nuovo giornalismo” sono due. Il primo riguarda la professione del giornalista e nega l’esistenza di un suo cambiamento. I giornalisti continuano ad essere coloro che ricercano, selezionano e gerarchizzano le notizie che vale la pena dare, estrapolandole da un flusso sempre maggiore di informazioni per poi presentarle, nella maniera ritenuta di volta in volta più adatta, al proprio lettore. Secondo Papuzzi, l’aspetto chiave dell’attività dei giornalisti web è la selezione delle notizie. Nel lavoro di redazione online “selezionare significa conoscere le tecniche per separare la notizia principale dall’approfondimento, che sta da un’altra parte, fra le possibilità offerte dietro un link. Si tratta di una logica produttiva, fra l’altro, che è accentuata dal bisogno di dare aggiornamenti costanti, garantendo la copertura dell’avvenimento istante per istante”26. Quello che è cambiato - ecco il secondo assunto - è il modo di lavorare del giornalista. Secondo Pratellesi “le 26

A. Papuzzi, op. cit., p. 169

14

trasformazioni introdotte dai nuovi media stanno avendo sul giornalismo un impatto tale da averne già modificato molte pratiche e regole. L’accesso all’informazione globale, la convergenza

tra

telecomunicazioni,

computer

e

media

tradizionali avviata da internet, la velocizzazione del ciclo della notizia, oggi sempre più fruibile in tempo reale, l’interattività, la possibilità di disporre di contenuti multimediali su uno stesso supporto, la personalizzazione e l’ubiquità dell’informazione, che ormai ci accompagna sempre e ovunque grazie ai dispositivi wireless, hanno avviato un processo di trasformazione che per trovarne uno altrettanto radicale bisogna risalire alla rivoluzione introdotta dalla penny press nel 1830”27. Il mestiere del giornalista è profondamente legato allo sviluppo delle tecnologie. Queste cambiano e si evolvono e lo stesso accade al lavoro del giornalista che è già cambiato e continuerà a cambiare sotto la spinta dell’innovazione. All’inizio di tutte le trasformazioni che hanno contribuito al cambiamento, e che caratterizzeranno ancora il futuro della professione, c’è stato il computer. L’introduzione di questo strumento all’interno delle redazioni giornalistiche fu il primo passo del profondo mutamento che stiamo vivendo anche ai giorni nostri. Anche se con qualche resistenza, il computer occupò il posto che da decenni era proprio delle macchine per scrivere e inizialmente fu usato soprattutto come una modernizzazione di esse. In merito all’introduzione del computer negli ambiti lavorativi dei giornalisti non posso non considerare, in quanto 27

M. Pratellesi, op. cit., p. IX

15

giovane aspirante giornalista cresciuto digitando parole su una tastiera, la svolta che si è registrata in Italia il 9 gennaio 2008 con l’approvazione del Decreto di Legge n. 1939, sostenuto da tutte le forze politiche parlamentari che introduce, finalmente, anche se con un ritardo più che imbarazzante sulla realtà sociale, l’uso del

computer

all’esame

professionale

dei

giornalisti

in

sostituzione della ormai più che obsoleta macchina per scrivere. Questo evento forse incomincerà a favorire una maggior fiducia della professione giornalistica nel nuovo media. Nel mondo del giornalismo, comunque il ricambio generazionale ha permesso di aumentare il contributo digitale alla professione. In un primo momento, l’utilizzo di internet ha reso più difficile l’esercizio della professione perchè sono stati introdotti nel lavoro redazionale degli strumenti di ricerca e di verifica completamente nuovi. Con l’avvento del computer e della video – impaginazione, insomma, il giornalista acquista il controllo di tutto il processo produttivo della notizia. Non era mai successo prima che i redattori potessero scrivere il pezzo direttamente in pagina, titolarlo, inserire una o più foto e infine inviarlo in tipografia praticamente già pronto per la stampa. Questa semplificazione intrinseca introdotta dai computer e dalla rete, se unita all’utilizzo di strumenti digitali come piccole e

leggere

telecamere,

computer

portatili,

videotelefonini

satellitari, consente di trasmettere in tempo reale le informazioni e le immagini che gli inviati delle redazioni catturano sul campo. Le dimensioni e i costi, relativamente bassi, di questi strumenti consentono un forte risparmio e una maggiore facilità di

16

trasmissione dei servizi e dei pezzi giornalistici, garantendo la produzione di “reportage istantanei”.

Ma il computer ha

rivoluzionato la produzione giornalistica in tutti gli ambiti del linguaggio giornalistico, modificando i principi che vi stavano alla base. Papuzzi, per esempio, parlando dello stile giornalistico dell’inchiesta (l’attività forse più affascinante e più “nobile” del giornalismo), sostiene l’esistenza di un nuovo principio deontologico che sta alla base del fare inchiesta e che è stato introdotto dall’avvento del computer in redazione. Alla base del lavoro di inchiesta non c’è solo the principle of truth telling (il principio di raccontare la verità) ma anche il telling the whole story (raccontare tutta la storia) dal momento che il computer permette di “sondare e radiografare la realtà nella sua articolata complessità”28. Inoltre,

come

vedremo

in

maniera

approfondita

successivamente, la facilità di diffusione degli strumenti digitali consentono una maggiore facilità nella produzione delle informazioni e della loro pubblicazione. Questo vale sia per i semplici cittadini, sia per tutti quei giornalisti indipendenti o free lance che si trovano nei luoghi dove avvengono gli eventi e che li raccontano in maniera indipendente rispetto ai colleghi dei media mainstream. Un esempio chiaro riguarda gli scenari di guerra nei quali l’esercito americano ha letteralmente reclutato dei giornalisti che seguono giorno e notte i militari dell’esercito statunitense raccontando la cronaca di quello che accade, ma con l’obbligo di rispondere a delle regole precise stabilite dall’esercito americano 28

A. Papuzzi, op. cit., p. 56

17

che, di fatto, ne limitano la libertà di cronaca e di critica con la pretesa di difendere la sicurezza nazionale. Questi sono i cosiddetti giornalisti embedded. La necessità, sempre più importante, di vedere e raccontare i fatti da punti di vista diversi viene quindi soddisfatta dall’utilizzo da parte di giornalisti, non “integrati”con una delle parti in campo, di tutte le tecnologie digitali che consento loro di raccontare i fatti anche in situazioni poco agevoli29. Infatti, “con pochi uomini e mezzi anche un piccolo giornale online, o un singolo freelance sono nelle condizioni di poter offrire una copertura mediatica degli avvenimenti rilevanti per il proprio target”30. Con l’utilizzo delle nuove tecnologie e l’avvento del villaggio globale, a mutare non è stato solo il lavoro degli inviati, embedded o free lance, ma anche il ruolo del desk che ha avuto un nuovo riconoscimento professionale fino a diventare il “cuore riconosciuto, pulsante, vivo del giornale”31. Il desk si è rivelato ancora una volta fondamentale per controllare, confrontare, collezionare fonti, ufficiali e non, all’interno di un flusso imponente e continuo di notizie e informazioni che non sempre risulta essere chiaro e trasparente. Il ruolo di controllore della veridicità delle informazioni acquista, quindi, una importanza sempre maggiore. Nel lavoro di redazione, quindi, internet accresce la quantità e l’accessibilità delle fonti tra le quali il giornalista deve sapersi muovere con agilità e sicurezza, dal reale al virtuale, trasformandosi così in un cronista globale che è in grado, grazie 29

M. Pratellesi, op. cit., pp. 29 - 32 C. Baldi, R. Zarriello, Penne digitali. Dalle agenzie ai blog: fare informazione nell’era di internet, Centro Documentazione Giornalistica, Roma, 2005, p. 67 31 M. Pratellesi, op. cit., p. 37 30

18

soprattutto alla rete, di attingere informazioni da tutto il mondo e di renderle pubbliche, tramite le redazioni online, con ritmi temporali che sono ancora più ristretti rispetto a quelli delle redazioni tradizionali. La facilità di attingere ad una quantità sterminata di fonti e informazioni e l’abilità nel saperle verificare, gestire e mettere insieme, ha aperto nuovi e sterminati “campi di caccia” per le inchieste giornalistiche, che hanno dato forma ad un nuovo stile di giornalismo investigativo e di ricerca via computer che ha anche trovato, negli Stati Uniti, un nome: pc assisted reporting. Si può ragionevolmente sostenere che le novità nel mondo della professione giornalistica non finiscono qui. La relazione sempre più stretta tra internet e giornalismo ha sicuramente in serbo delle novità che si svilupperanno nel tempo e che non è dato ipotizzare oggi perché entrambi i campi sono in veloce evoluzione.

2.3

La fine del giornalista “ad una dimensione” Il processo di convergenza tra diversi media, generato con

la diffusione della rete, ha comportato nelle redazioni dei grandi gruppi editoriali lo sviluppo di sinergie produttive tra diversi media. Per i giornalisti questo ha comportato la necessità di avere competenze nel campo dell’online, della produzione radiofonica e televisiva, senza abbandonare molte delle prerogative della carta stampata. Tuttavia, secondo Papuzzi, la convergenza non significherà “mescolanza di profili professionali che, al contrario, dovranno mantenere nitidamente le loro specificità per poter

19

essere complementari”32. Lo stesso Papuzzi, però, non nega che i giornalisti debbano confrontarsi con nuove strumentazioni tecniche e nuovi processi produttivi. Enrico Pulcini nel suo Giornalismo su internet ritiene che lo sforzo del giornalista che produce informazione su supporti elettronici sia doppio perché “colui che scrive non solo deve pensare ai concetti che vuole mettere in pagina, ma anche a come essi dovranno apparire”33. Anche Carlini nel suo Lo stile del web prende in considerazione il nuovo aspetto creativo di un autore di testi web, e quindi anche del giornalista che “ora sa di avere delle possibilità in più rispetto alla semplice successione di righe dattiloscritte. E così non solo gli tocca pensare per blocchi il suo testo, ma deve anche immaginarlo in forma pittorica”34. Leopoldina Fortunati, pensando al futuro (sempre più prossimo) del giornalismo, ritiene che “il giornalista del futuro sarà in grado di usare parole, suoni e immagini, cioè sarà un giornalista multimediale”35. Si parla quindi di una nuova figura professionale, nel mondo del giornalismo, che Sara Peticca definisce multimedia reporter, ovvero “un reporter che si dedica anche alla raccolta di audio e video da ‘mandare’ sulla rete contemporaneamente all’articolo”36. Nel momento in cui il giornalista diventa “multimediale”, deve essere in grado di scattare o cercare fotografie, di effettuare 32

A. Papuzzi, op. cit., p. 175 E. Pulcini cit. in E. Carelli, op. cit., p. 119 34 Cit. in G. Lughi, op. cit., p. 56 35 L. Fortunati, M. Sarrica, F. De Luca, L’interattività in redazione, in Problemi dell’informazione, n. 1 marzo 2007 36 S. Peticca, Il giornale on line e la società della conoscenza, Rubettino, Soveria Mannelli, 2005, p. 91 33

20

riprese e conoscere i meccanismi del montaggio o registrare in audio voci, commenti o interviste per poi riportarle, in parte o integralmente, sul sito della propria testata sotto forma di file audio ascoltabili o anche scaricabili in podcasting37. Se altri soggetti professionali dovessero svolgere questi compiti al posto del reporter, come avveniva fino a qualche tempo fa con i media tradizionali, i costi di realizzazione del prodotto sarebbero più elevati. Il ruolo del giornalista nella redazione non si limita al pur gravoso sforzo di produrre interamente una notizia multimediale con tutto quello che comporta, dalla verifica delle fonti alla produzione del testo e del materiale multimediale da affiancarvi. Sono molto diffusi ormai molti strumenti di interazione con i lettori online per cui è sempre più frequente la creazione di forum di discussione tra il giornalista e i suoi lettori riguardo ai temi più disparati, ma che spesso riguardano gli argomenti trattati in un pezzo di cui il giornalista è sempre più tenuto a darne conto. E’ il reporter che apre la discussione e la gestisce acquisendo, così, anche un nuovo compito, che è quello di moderatore del dibattito che si viene a creare in seguito alla pubblicazione del suo prodotto informativo. Inizialmente nel mondo degli autori/scrittori e anche, quindi, nel mondo dei giornalisti queste innovazioni testuali sono state vissute come momenti di crisi. Ma, come in ogni situazione di crisi, i risultati possono essere due: o si blocca l’attività creativa oppure possono nascere delle forme espressive nuove, 37

Da http://it.wikipedia.org/wiki/Podcast: Il podcasting è un sistema che permette di scaricare in modo automatico documenti (generalmente audio) chiamati podcast, utilizzando un programma generalmente gratuito chiamato aggregatore o feeder.

21

anche se a prezzo di un nuovo sforzo cognitivo, di aggiornamento e di comprensione della portata della novità. Essere autore, quindi, significa anche controllare la nuova tecnologia e non solo applicare le nuove forme alle vecchie strutture comunicative38. In conclusione, il giornalista nell’era della società dell’informazione non deve sapere solo raccontare e descrivere i fatti, ma deve approfondirli e “decorarli” con tutti gli strumenti che le nuove tecnologie digitali e internet gli mettono a disposizione. Questo comporta che per produrre dei testi giornalistici moderni, ipertestuali, multimediali e interattivi, l’autore deve essere padrone di tutte quelle tecnologie che gli possono permettere di mantenere sempre attuali i suoi articoli. Tutto questo richiede una estrema flessibilità, rapidità di pensiero e velocità d’azione e una preparazione molto approfondita nei diversi media che si hanno a disposizione. Secondo Pratellesi, “i giornalisti che avranno più mercato nel futuro saranno quelli in grado di gestire le notizie muovendosi con disinvoltura fra i vari media”39. Negli Stati Uniti, l’entusiasmo nei confronti della convergenza tra media e redazioni di supporti diversi è stata smorzata da una ricerca condotta da John Russial, ricercatore e professore di giornalismo dell’Università dell’Oregon e per molti anni giornalista del Philadelphia Inquirer. Lo studio ha coinvolto 210 testate statunitensi con una tiratura superiore alle trentamila copie, e ne è risultato che è vero che le redazioni sono sempre più “integrate”, ma la tradizionale organizzazione del lavoro al 38 39

G. Lughi, op. cit., p. 57 M. Pratellesi, op. cit., p. 41

22

loro interno è rimasta immutata. Emerge infatti che la maggior parte dei giornalisti tradizionali non dedica alla cronaca online più del 10% del proprio orario di lavoro. E, spesso, anche i videoclip messi in rete non sono girati dai giornalisti stessi, ma dai fotografi di redazione. Secondo il ricercatore questi risultati non

sono

dovuti

solamente

all’inerzia

che

caratterizza

tipicamente le grandi testate ma anche a valutazioni di tipo economico, in quanto non sembra che l’utilizzo di prodotti multimediali

da

parte

delle

testate

online

abbia

significativamente aumentato il numero di lettori-utenti. Russial non solo è scettico sulla possibilità di formare dei giornalisti tuttofare, ma dubita che siano veramente richiesti o addirittura utili nel mercato dell’informazione. Secondo Russial, infatti, “presumibilmente anche in futuro uno specialista continuerà ad avere migliori possibilità di lavoro rispetto a un giornalista multimediale”. Il nodo vero della questione è, però, che il giornalista multimediale sta diventando una figura professionale specializzata. Il cammino in questa direzione è ancora lungo e non privo di incertezze e di sorprese. E’, però, difficile negare il vantaggio che un professionista che sappia utilizzare, a seconda delle proprie esigenze, diversi supporti tecnici ha nei confronti di chi ne sa utilizzare al meglio solo uno in un mondo dove l’informazione multimediale si sta diffondendo sempre di più.

2.4

Le fonti e il problema della credibilità “Le fonti – come scrive Papuzzi in Professione giornalista

– sono la base della notizia e gran parte del valore di una notizia

23

dipende dalla capacità di individuarle, organizzarle, trattarle, saggiarle, ci troviamo di fronte a una questione cruciale: sono la quantità e la qualità delle fonti a fare la differenza tra i giornali e fra i giornalisti”40. Le fonti sono lo strumento fondamentale attraverso il quale il giornalista può elaborare i fatti per creare le notizie. L’uso corretto di questi strumenti è necessario a garantire la veridicità e la correttezza dell’informazione, che sono fondamentali nel definire la buona pratica della professione giornalistica. Nel 2002 un’indagine su scala mondiale condotta dalla Hopscotch su un campione di 418 giornalisti appartenenti alle varie categorie dell’informazione rivela che il Web è la prima fonte di informazione. Internet si pone come fonte primaria dell’informazione per il 41,7% dei giornalisti, prima della rete di conoscenze personali (35,4%) e degli altri media (22,9%). Vengono privilegiati i siti delle aziende, dei media e delle newsletter specialistiche, i database informativi ed i portali. Il 50% dei giornalisti usa la chat o servizi di messaggeria istantanea (Icq, Yahoo!, Msn Messenger) e il 12,4% frequenta abitualmente i forum di discussione. Nel loro lavoro quotidiano preferiscono comunicare per e-mail (64,4%) rispetto alla posta ordinaria (22,9%) e al fax (12%). Infine, il 90% dei giornalisti interpellati ha dichiarato che Internet ha un impatto positivo sul loro lavoro41. Da questa indagine si evince che la rete non è solo la fonte delle informazioni del grande pubblico, ma è il canale principale anche degli addetti ai lavori che operano indifferentemente sulle 40 41

A. Papuzzi, op. cit., p. 28 E. Carelli, op. cit., p. 47

24

fonti tradizionali e su quelle del web. Per esempio, si sono moltiplicati gli attori sociali (Pubbliche amministrazioni, associazioni,

aziende)

che

comunicano

tramite

internet,

favorendo la moltiplicazione delle fonti di primo livello42 disponibili ai quali tutti gli utenti internet possono accedere. La rete dunque non è solo il palcoscenico dell’informazione, ma ne è anche la fonte43. Tuttavia il web viene usato in maniera ancora marginale rispetto alle fonti tradizionali come le agenzie di stampa, anche se, nei giornali americani, le fonti citate in un articolo web sono ormai superiori alle fonti citate mediamente negli articoli dei giornali cartacei44. L’utilizzo sempre più massiccio di internet come fonte delle notizie può far nascere dei dubbi su quella che è la veridicità del prodotto finale del lavoro quotidiano del giornalista: le notizie. Il tema della credibilità del giornalismo online è centrale e va al cuore del giornalismo e della pratica dei professionisti del settore. Spesso si sente dare, o si legge, da parte di molti giornalisti, un giudizio severo sulla reale credibilità che internet possiede come mezzo di diffusione delle informazioni. Troppo spesso si è cercato di sopperire a delle carenze di professionalità puntando il dito contro un media che sta stravolgendo molte delle regole classiche dell’esercizio della professione giornalistica, ma non certo quella di un’accurata verifica delle fonti. Troppo

42

Le fonti di primo livello sono quelle che garantiscono credibilità all’informazione o perché possiedono un’autorevolezza istituzionale o perché viene loro riconosciuta una competenza specifica. 43 M. Pratellesi, op. cit., p. 78 44 V. Sabadin, op. cit., p. 61

25

spesso, ancora, si sente addossare la colpa, per un errore in una notizia, allo strumento che ha permesso di renderla pubblica. E’ anche vero che i siti di informazione diventano, a loro volta, fonti per altri media e la consapevolezza - da parte dei giornalisti - che su internet non esistono versioni definitive e che tutto può essere cambiato, ha un effetto liberatorio sui loro freni inibitori, cosicché essi comportano, come scrive Pratellesi, come pesci che quando nuotano soli si avvicinano con sospetto all’esca e spesso riescono ad evitarla, mentre quando sono in branco tendono ad abboccare a qualsiasi cosa per la sola paura di essere preceduti da un concorrente45. I giornalisti che lavorano per delle testate mainstream sembrano essere più impacciati con il nuovo mezzo rispetto ai giornalisti free lance che hanno una conoscenza approfondita degli strumenti, delle fonti e dei metodi di ricerca più efficaci che gli consentono di effettuare anche ricerche molto complesse. Comunque, è plausibile immaginare che, con l’aumento delle capacità e della padronanza degli strumenti da parte dei giornalisti, la diffidenza verso il controllo sul web delle della veridicità delle notizie pubblicate su carta sia sempre meno diffusa e tenda a scomparire; anche se, come ha sostenuto Nicola Rabbi in un suo articolo su Problemi dell’Informazione, “la superficialità con cui a volte i giornalisti si accostano ad internet, nonostante che la rete sia diffusa nel nostro paese da più di dieci anni, non tende a diminuire”46. Già una ricerca del 2001, portata avanti negli Stati Uniti e denominata Digital journalism credibility project, elaborata dall’Online news association, ha 45 46

M. Pratellesi, op. cit., p. 49 N. Rabbi, Fonti in rete, in “Problemi dell’informazione” n. 3 settembre 2007

26

fornito dei dati quantitativi che consentono di dire che “il sospetto [sulla credibilità delle informazioni su internet] stia molto di più nella testa di certi colleghi [giornalisti] d’antan che nel pubblico, dal momento che, mentre il 47,9% del campione interpellato è convinto che i siti forniscano un’immagine completa delle notizie, solo il 17% dei colleghi la pensa allo stesso modo”47. Questo significa che, quando è stata effettuata la ricerca, meno di un giornalista su cinque riteneva che il giornalismo su internet fosse di buona qualità. Ma un’entità’ virtuale, quale è un sito internet, per sua stessa definizione non può produrre dei significati se al suo interno questi non vengono ideati e realizzati dagli uomini in carne ed ossa. La realtà è che, online come offline, la credibilità è una conquista quotidiana. Per questo motivo ritengo che la questione - da qualcuno considerata un vero e proprio problema dell’attendibilità e della veridicità delle notizie diffuse su internet sia un falso problema. Cerco di spiegarmi meglio. Il concetto di attendibilità di una notizia non può dipendere dal mezzo con cui essa è veicolata, anche se il medium elettronico sembra aver dovuto subire un onere supplementare di prova nei confronti del pubblico. Internet è uno strumento nelle mani dell’uomo, che ne fa l’utilizzo che ritiene migliore. Per dirla con le parole di Manuel Castels nell’introduzione a Galassia internet: “Internet è espressione di quello che siamo”48 e di come lo comunichiamo, aggiungo io. Quindi, il bersaglio delle eventuali critiche dovrebbe essere chi utilizza questo strumento nel campo dell’informazione, ovvero colui che si fa 47 48

R. Staglianò, op. cit., p. 122 M. Castels, Galassia Internet, Feltrinelli, Milano, 2001

27

garante delle notizie stesse, il giornalista. E’ lui che ha in mano la propria credibilità, quella dei suoi prodotti, della testata per cui lavora ma soprattutto quella del suo mestiere; sta a lui utilizzare nella maniera più consona, e utile ai fini del suo lavoro, i mezzi che ha a disposizione. Se questo non avviene, e il risultato è la produzione di notizie non veritiere, la colpa non è di internet, ma di chi queste notizie le ha realizzate senza i necessari accertamenti. In questo ambito si inserisce l’importanza dell’utilizzo della firma dei redattori di ogni articolo anche sul web49 (alla quale in un primo momento non si dava molta importanza e spesso veniva omessa), poiché “la credibilità di un giornale, come degli altri media, è costruita sulla somma delle singole credibilità dei suoi giornalisti. Il buon nome di una testata è il prodotto della serietà e professionalità dei giornalisti che si sono succeduti nei vari ruoli all’interno del giornale”50. In questo percorso di analisi della credibilità delle notizie diffuse via internet bisogna rifarsi alla distinzione tra oggettività e obiettività descritta da Massimo Baldini, secondo cui una proposizione, una notizia o un’informazione è oggettiva se i lettori hanno la possibilità e i mezzi per poterla controllare. L’obiettività, invece, è specifica del giornalista, della sua persona. Il giornalista può essere più o meno obiettivo e “quando diciamo che una persona è obiettiva intendiamo che questa persona è onesta”. Non c’è dubbio che le opportunità che vengono offerte in via teorica dalla produzione di informazione online tendono decisamente verso una crescente oggettività della 49

Nei primi anni del giornalismo online l’idea predominante era che i contenuti del sito internet della testata fossero dei contenuti collettivi per cui non appariva mai il nome dell’autore (tranne in alcuni casi particolari) in coda o in testa all’articolo. 50 M. Pratellesi, op. cit., p. 87

28

notizia che è data dalla facilità per il lettore di poter consultare direttamente le fonti utilizzate per produrre la notizia letta51. Baldini sosteneva che “i giornali migliori sono quelli che tendono all’oggettività”, facendo questo, però, “rinunciano al rapporto fiduciario col lettore”52. Nell’online, il rapporto fiduciario si rafforza proprio per la maggior trasparenza che il medium consente di realizzare al produttore di informazioni, il quale garantisce ai propri lettori la libertà di poter consultare le fonti da cui nascono le notizie che produce, conquistandosi una maggiore fiducia e credibilità. Questa trasparenza è uno spartiacque importante che distingue internet dai media tradizionali che, strutturalmente, non possono garantire un simile livello di trasparenza. Facendo informazione online è possibile rendere pubblica l’identità delle fonti che vengono utilizzate per la redazione della notizia tramite semplici link. “Nessuna fonte è realmente neutra, numerose fonti, in una società organizzata in funzione dell’informazione sono di parte”53, ma chiarirne la provenienza consente al lettore di valutarne la partigianeria rendendo più limpida la notizia e tendendo a quel concetto di obbiettività di cui parla Baldini. Inoltre, la pubblicità delle fonti costituisce un limite alla discrezionalità del giornalista nella costruzione della notizia, che può essere valutata in maniera più chiara dai lettori che hanno aspettative di trasparenza sempre maggiori. 51

M. Baldini, Obiettività e oggettività, due realtà distinte, in Giornali, l’informazione dov’e’?, a cura di D. Antiseri e G. Santambrogio, Rubettino, Soveria Mannelli, 1999, cit. in S. Peticca, op. cit., p. 102 52 Ivi 53 A. Papuzzi, op. cit., p. 34

29

La possibilità di poter rendere pubbliche le fonti di una notizia non deve far allentare il controllo che il giornalista deve sempre avere su di esse se non vuole rischiare di diffondere notizie errate. La trasparenza è uno strumento che consente a chi produce l’informazione di mostrarsi corretto e oggettivo nei confronti del pubblico ma questo non gli consente, in ogni caso, di venire meno alle prerogative della professione (in realtà, più anglosassoni che italiane) che impongono, per correttezza, di verificare anche le fonti cosiddette primarie. Il giornalista deve offrire le fonti più credibili e attendibili al lettore che le volesse verificare e non le prime pescate a caso nel mare magnum della rete. Anche nell’ambito della scelta delle fonti viene in risalto l’importanza del processo di selezione che è alla base della funzione giornalistica. Per vincere la sfida della credibilità dell’informazione online, quindi, dovrebbe essere sufficiente adottare i metodi consueti di qualità che accompagnano le varie fasi della nascita e della produzione di una notizia. Per il giornalista questo consiste, né più né meno, nel fare bene il proprio mestiere. Anche perchè, online è comunque la qualità, più che la fretta, a fare la differenza.

2.5

Gli “One - man newspaper” Sulla rete è possibile creare dei siti-giornali che, a volte,

conseguono anche un certo successo, da parte di individui che non possiedono un curriculum professionale giornalistico. La stessa cosa può essere fatta da parte degli stessi giornalisti che

30

pensano di poter fare affidamento su un proprio pubblico che li seguirà in rete e che, si spera, possa accrescersi e fidelizzarsi nel tempo. Gli One-man newspaper, quindi, sono dei siti internet di notizie, curati e diretti dalla stessa persona che, diventando editore di se stesso, gode anche degli eventuali profitti che riesce a

conquistare.

Secondo

Staglianò,

questo

processo

di

personalizzazione dei siti di informazione è un’anticipazione di come i blog modificano il rapporto di certi giornalisti con il proprio pubblico. Un giorno, più o meno vicino, “ogni appassionato di una certa materia si metterà a fare concorrenza ai giornalisti e ai siti editoriali che se ne occupano fornendo coperture dettagliatissime e informatissime di un singolo argomento oppure selezioni di notizie alternative a quelle dei media istituzionali”54. Un esempio su tutti di come un individuo non legato alla professione

giornalistica

possa

esercitare

una

effettiva

concorrenza ai giornalisti è quello del Drudge Report55, fondato da Matt Drudge nel 1995. Il grande vantaggio di cui gode un sito come il Drudge sta nel fatto che, non trattandosi di una testata legata al mondo dei giornali e del giornalismo, non sono necessari tutti quegli accorgimenti e quelle attenzioni che caratterizzano la produzione di notizie di una testata giornalistica tradizionale, sia online che offline come, ad esempio, una linea editoriale da seguire, un codice deontologico e una specifica etica professionale.

54 55

R. Staglianò, op. cit., p. 180 L’url del sito è www.drudgereport.com

31

Quando fondò il suo sito internet, Matt Drudge non era un giornalista ma un giovane commesso in un negozio della CBS 56 a Los Angeles. Grazie a questo lavoro Drudge è entrato in contatto con diversi reporter televisivi e ha iniziato ad orecchiare i retroscena delle notizie che riguardavano soprattutto il mondo dello spettacolo. Il suo sito, infatti, è essenzialmente un sito di gossip sulle celebrità dello spettacolo, ma anche della politica. E’ proprio in questo campo che drudgereport.com ha conquistato un suo spazio nel mondo dell’informazione facendo scattare, involontariamente, un profondo processo di cambiamento al suo interno. L’evento che ha fatto saltare alla ribalta il sito del giovane commesso è stata la pubblicazione della notizia che l’allora presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, avrebbe avuto una relazione sessuale con una stagista della casa bianca, Monica Lewinsky. Il Drudge Report diede un “buco” a tutti gli altri media americani che pure erano a conoscenza di “voci” che però, trattandosi di una notizia molto delicata, dovevano essere verificate nei minimi dettagli. Fu proprio la libertà da questi vincoli qualitativi e di accuratezza dell’informazione che permise a Drudge di superare i professionisti del settore, nello specifico la testata settimanale “Newsweek”. Le vicende successive hanno dimostrato che la notizia pubblicata dal Drudge era veritiera, ma questo non ha sgombrato il campo dalle polemiche riguardanti lo scarso rispetto che un individuo che crea informazione, grazie alla facilità di operare offerta da internet, ha per le questioni etiche e deontologiche che sono alla base del corretto 56

La CBS è un canale televisivo statunitense.

32

svolgimento della professione giornalistica e che pongono in essere le condizioni affinché l’informazione possa dirsi di qualità. Il modello di giornalismo, che ha trovato la definitiva consacrazione dopo la vicenda del sex gate e le rivelazioni in anteprima del drudgereport, è quello del cosiddetto “cagnaccio da letamaio”. Il politologo americano Larry J. Sabato, partendo dalla tradizionale definizione di giornalismo come cane da guardia, è giunto a definire “cagnaccio da letamaio” quel tipo giornalismo, sempre più diffuso ai nostri giorni, aggressivo, pettegolo e pronto a vendere come notizie voci incontrollate, nel quale i giornalisti non distinguono più tra vita pubblica e privata e spacciano per giornalismo investigativo la costante ricerca di scandali57. Drudge stesso non si definisce un giornalista ma un “informatore”58;

questo, però, non può bastare ad esentarlo

dall’applicazione dei consueti standard della professione giornalistica. In Italia un esempio di One-man newspaper è il sito www.dagospia.com, messo in piedi da Roberto D’Agostino, già commentatore televisivo e penna di costume per “L’Espresso”, “Il Messaggero” ed altre autorevoli testate. Questo passato professionale dell’editore del sito distingue alla base Dagospia dal Drudge report. Quello di D’Agostino era un “marchio” già prima della rete e , quando ha deciso di intraprendere la strada autartica di internet, egli non aveva più problemi economici59. Lo stesso D’Agostino dichiara sul suo sito di non essersi messo in 57

Cit. in M. Pratellesi, op. cit., 48 R. Staglianò, op. cit., p. 132 59 Ibidem, p. 133 58

33

proprio per avere guadagni maggiori ma, con le sue stesse parole, per togliersi “quelle soddisfazioni che nei giornali non riuscivo più ad avere”, perché la rete è uno strumento che può permettere una totale emancipazione da linee editoriali stabilite dai capi delle testate. Queste sorta di me-zines60, i siti – giornali tenuti da singoli giornalisti, sono una cosa ben diversa dal daily me di “negropontiana” memoria. Il daily me elaborato dal direttore del Mit era un supporto hardware che doveva consentire ai suoi utenti di poter ricevere direttamente e automaticamente su quel supporto le notizie aggiornate riguardanti quegli argomenti ai quali l’utente decideva di attingere. Insomma, il lettore – utente era

attivo

nella

fruizione

dell’informazione,

scegliendo

esplicitamente i contenuti di cui servirsi. Quando un giornalista o un cittadino qualunque apre un proprio sito di informazione non si limita più a scegliere quali contenuti prodotti in rete utilizzare. La sua libertà va ben oltre la “libertà di scelta” dei contenuti. Lui i contenuti li produce direttamente ponendosi sullo stesso piano del sito internet di una testata professionale. Questi siti non rispecchiano altro che il loro punto di vista sul mondo, e lo esibiscono61 così come, più o meno e con modalità diverse di caso in caso, fanno le testate giornalistiche tradizionali. 2.6

Situazione giuridica e nuovi reati “E’ forse possibile privare un giornalista del suo naturale diritto di vedere, annotare, arrivare a cogliere il senso di ciò che accade?”

60

Ibidem, p. 182 Ivi, p. 182

61

34

Frida Abromovna Vigdorova, In Genealogia di Izrail’ Metter

Il quadro normativo dell’informazione giornalistica online attinge alla disciplina giuridica della stampa tradizionale. Il più delle volte le norme esistenti sono sufficienti, anche per i nuovi strumenti, se interpretate nella maniera più consona e adeguata ai tempi che corrono. La libertà di espressione è uno dei fondamenti basilari su cui si fonda una moderna democrazia e attraverso cui si esercita una fetta importante della vita civile e sociale dei cittadini di uno stato libero. In Italia, la libertà di manifestazione del pensiero è contemplata nell’art. 21 della Costituzione che al suo primo comma recita: “Tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, con la parola, con lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Nello stesso articolo vengono previsti dei limiti all’esercizio di questa libertà, che nel corso della storia repubblicana sono stati interpretati in maniera diversa, soprattutto per quanto riguarda l’ambiguità della definizione di “buon costume” che la libera espressione di ogni individuo non deve violare. Questo concetto può essere assimilato alla nozione penale di “comune senso del pudore e della pubblica decenza”, ma sappiamo che col cambiare dei tempi anche molti costumi della nostra società cambiano, causando mutamenti proprio nei significati attribuiti ai concetti di pudore e decenza pubblica, i quali si evolvono e non permettono al legislatore o ai giudici di darne una definizione univoca, che sia valida sempre e per chiunque. Per questo motivo, questi limiti costituzionali alla

35

libertà di espressione devono essere valutati all’interno del contesto temporale in cui ne viene richiesta la verifica. Il diritto alla libertà di espressione sancito dall’art. 21 della Costituzione è venuto ad espandersi nel corso degli anni con l’attività giurisdizionale che ha permesso di far evolvere il concetto alla base dell’articolo riconoscendo una serie di ulteriori diritti ad esso collegati. La Corte Costituzionale con la sentenza n. 105 del 1972 ha, nella pratica, definito i vari diritti che possono essere riconosciuti sotto la concezione del più generico diritto di espressione. Così recita una parte della sentenza: “Dalla libertà di espressione e manifestazione del pensiero si è passati a configurare una libertà o diritto di cronaca, per arrivare poi, in epoca più recente, a parlare di diritto di informazione e ad ipotizzare anche, da parte di alcuni, l’esistenza di un interesse prima e, poi, di un vero e proprio diritto all’informazione del soggetto passivo, ascoltatore o lettore”. Quindi, sotto la tutela dell’art. 21 vanno in realtà considerati diversi diritti direttamente correlati al diritto alla libera espressione e manifestazione del pensiero. Il primo di questi è la libertà d’informare, ovvero il diritto di cronaca che è legittimo purché rispetti determinati requisiti stabiliti per legge che sono l’obbligo di verità, dell’utilità sociale e della civile esposizione dei fatti62. Altre limitazioni all’esercizio del diritto di cronaca sono stati introdotti nel 1996 con la legge 675 sulla privacy che ha anche istituito la figura del Garante per la protezione dei dati personali. Il diritto di accesso, invece, sancisce la libertà di 62

Sentenza della Corte di Cassazione n. 5259 del 1984.

36

informarsi da parte di ogni cittadino63. Infine, la citata sentenza della Corte Costituzionale prevede per la prima volta un vero e proprio diritto passivo nel campo dell’informazione, ovvero il diritto, che ogni cittadino può esercitare, di essere informato che dovrebbe essere la garanzia alla base di un sistema pluralistico dell’informazione che consenta completezza e obiettività del flusso delle notizie64. Come recita l’art. 21 la libertà di espressione può essere esercitata “con la parola, con lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”; nella nostra epoca, quindi, anche tramite la rete che ha i caratteri necessari per garantire il pluralismo delle voci: non prevede barriere o ostacoli all’accesso ed infine è acefala, ovvero è dotata di una struttura priva di gerarchie o di un centro direzionale, in cui, di conseguenza, i grandi gruppi di potere non hanno eccessiva influenza sullo sviluppo del flusso delle informazioni65. Nel 2001, dopo sei anni in cui internet aveva visto un aumento vertiginoso di accessi, è stata emanata la legge n. 62 sull’editoria che definisce anche lo status giuridico del giornalismo online. La legge, dal titolo “Nuove norme sull’editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416” definisce, nel suo primo articolo, come prodotto editoriale: “Il prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni 63

In questo ambito si inseriscono, per esempio, le molte iniziative di e-government intraprese dalle istituzioni che vanno nella direzione di rendere pubblici atti e informazioni riguardanti le proprie attività ed iniziative. 64 E. Carelli, op. cit., pp. 103 - 106 65 Ibidem, p. 114

37

presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso, la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici e cinematografici”. In questa definizione vi è, quindi, l’equiparazione piena di trattamento tra i giornali cartacei e le testate online, che quindi devono rispettare gli stessi obblighi di legge. I prodotti online devono, cioè, indicare il luogo e la data di pubblicazione, il nome e il domicilio dello stampatore (online il server che ospita il sito) e dell’editore. Inoltre, se diffuse con periodicità regolare e se hanno una testata che le contraddistingue in maniera specifica, devono registrarsi presso il tribunale e nominare un direttore responsabile iscritto all’Albo tenuto dal Consiglio dell’Ordine66. Nel periodo successivo all’entrata in vigore della legge 62 del 2001 ci fu, soprattutto su internet, una polemica molto forte, dovuta al timore che la legge imponesse degli obblighi anche ai siti, personali e non, che producevano contenuti di tipo giornalistico senza avere una redazione vera e propria ma per semplice volontà personale, esercitando di fatto su di essi un’azione di tipo censorio. L’allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega per l’Editoria, che seguì tutto l’iter della legge, Vannino Chiti, sgombrò il campo da ogni ipotesi di tentativo di censura della libera espressione online. In un comunicato, l’esponente del governo sostenne che la legge non limitava nessuno, ma avrebbe offerto a tutti delle opportunità concrete, dato che

la registrazione presso i tribunali era

obbligatoria solo se si voleva accedere all’erogazione di 66

Ibidem, p. 110

38

sovvenzioni e contributi statali67. Inoltre, sottolineava il comunicato, “i giornalisti professionisti online hanno finalmente potuto godere dell’applicazione di un contratto giornalistico, e quindi

del

conseguente

trattamento

previdenziale,

della

retribuzione degli straordinari, del diritto di aderire agli scioperi indetti dalla categoria[…]”68. Nell’agosto del 2007 il governo Prodi ha elaborato un disegno di legge per una nuova disciplina dell’editoria che ha scatenato forti polemiche del mondo online poiché alcuni aspetti del documento riproponevano una serie di ambiguità riguardo al normale e libero esercizio della libertà di pensiero in rete. In questo disegno di legge, all’art. 2, si definisce come prodotto editoriale “qualsiasi prodotto contraddistinto da finalità di informazione, di formazione, di divulgazione, di intrattenimento, che sia destinato alla pubblicazione, quali che siano la forma nella quale esso è realizzato e il mezzo con il quale esso viene diffuso”. Non sono considerati prodotti editoriali “quelli destinati alla sola informazione aziendale”, mentre la disciplina sui prodotti editoriali non si applica a prodotti discografici e audiovisivi. Come è evidente, rientrano nella categoria di prodotti editoriali anche blog, siti personali e altri prodotti che su internet spesso si sono formati su base volontaria, libera e gratuita e che hanno permesso di estendere la visibilità dei pensieri di coloro i quali si siano cimentati, e si cimentano, in attività del genere. La norma di questo disegno di legge che ha suscitato le veementi polemiche del mondo della rete è, però, 67

Su questo aspetto molto controverso bisognerebbe fare chiarezza, soprattutto sulla reale necessità di sovvenzioni statali nei confronti di imprese editoriali. 68 In E. Carelli, op. cit., p. 124

39

l’art. 6, comma 1, che stabilisce che “ai fini della tutela della trasparenza, della concorrenza e del pluralismo nel settore editoriale, tutti i soggetti che esercitano l’attività editoriale sono tenuti

all’iscrizione

nel

Registro

degli

Operatori

della

Comunicazione”. Per chi crea contenuti in rete, il rischio sarebbe stato quello di doversi conformare alla normativa sull’editoria, dovendo quindi rispondere agli stessi obblighi che vincolano la produzione e la diffusione delle testate giornalistiche. Va da se che molti “prodotti editoriali” personali e volontari verrebbero meno nel momento in cui fosse obbligatorio doversi registrare nei R.o.c. e, di conseguenza, rispondere agli stessi obblighi di legge ai quali devono conformarsi i grandi gruppi editoriali. Questa norma, invece che garantire la concorrenza e il pluralismo, rischia di essere un concreto ostacolo a questo principio cardine della libertà dell’informazione favorendo, di fatto, i gruppi editoriali con le “spalle larghe” e rendendo difficile la vita di chi vorrebbe esprimere il proprio pensiero ad un pubblico avendo facilmente a disposizione gli strumenti per farlo. Come sappiamo, il governo Prodi è caduto all’inizio della primavera del 2008 per cui l’iter di approvazione di questo disegno di legge è fermo. Staremo a vedere se proseguirà il suo cammino istituzionale o se verrà accantonato, mentre rimane in vigore la legge approvata nel 2001. In base alla legge in vigore, quindi, l’informazione online è sottoposta non solo agli stessi diritti dell’informazione tradizionale, ma subisce anche le stesse limitazioni. Sono vietate, anche su internet, le manifestazioni del pensiero che siano contrarie al “buon costume”, che violino l’ordine pubblico

40

(istigazione a delinquere, vilipendi, violazioni di segreti) e privato (reputazione, onore, privacy, nome, immagine, identità personale). Per quel che riguarda il concetto di “buon costume” occorre fare, però, una precisazione. Sulla rete è molto difficile raggiungere siti con determinati contenuti in maniera accidentale o casuale perché quasi sempre l’ingresso è vincolato alla volontà dell’utente che deve dichiarare espressamente di avere raggiunto la maggiore età e spesso deve anche effettuare un login69 , per cui è difficile attribuire la responsabilità di una violazione delle norme sul buon costume solo a chi emette determinati contenuti senza considerare anche le responsabilità di chi ne usufruisce in piena coscienza. Tornando

alla

necessità

di

registrare

le

testate

professionali online, estendiamo il nostro ragionamento alle ragioni di tipo legale che richiedono la conoscibilità di chi è responsabile per i contenuti pubblicati su un determinato sito di informazione. Il giornale online, alla stregua dei giornali su carta, può diventare uno strumento pericoloso in quanto veicolo di informazioni verso un pubblico potenzialmente molto vasto, se queste informazioni contengono delle notizie che possano, ad esempio, ledere la reputazione delle persone. Per quanto riguarda lo specifico reato della diffamazione a “mezzo web” ci sono visioni contrastanti nella dottrina. Secondo Eben Moplen, storico del diritto alla Columbia University, i concetti di reputazione e onore perderanno forza man mano che i miliardi di abitanti della terra saranno sempre più interconnessi tra loro tramite la rete. Ma già nel 2001 Mike Godwin, avvocato 69

Consiste nell’iscrizione ad un sito internet inserendo un proprio nome utente di riferimento ed una password personale.

41

specializzato in questioni del cyberspazio, sosteneva che “il concetto stesso di diffamazione non ha più senso in rete” dal momento che le eventuali vittime di questo reato sulla rete hanno la

possibilità

di

rispondere

velocemente

e

facilmente,

dimostrando il dolo da parte del diffamatore, se questi esiste realmente. Di contro, Robert M. O’Neil, professore di diritto costituzionale e cyberdiritto all’Università della Virginia, sostiene che i giornalisti online hanno sulle loro spalle una grande responsabilità. Questa deriva dal fatto che la diffamazione via internet ha un impatto più permanente di quella tradizionale perché le notizie circolano in maniera più capillare non solo tramite il sito ma anche con lo scambio di e-mail, per cui le notizie diffamanti potranno raggiungere più velocemente un certo pubblico, che potenzialmente è anche più vasto di quello di un quotidiano cartaceo70. Su questa linea si è attestata la giurisprudenza italiana tramite la sentenza della Corte di Cassazione n. 4741 del 27 dicembre del 2000, che ha ritenuto la diffamazione commessa attraverso internet come aggravata e, quindi, suscettibile di un più severo trattamento penale rispetto alla diffamazione commessa attraverso media tradizionali, proprio a causa della particolare possibilità di circolazione diffusa e capillare della notizia incriminata71. Questa è però una materia molto controversa in quanto la caratteristica peculiare dell’interattività della rete rende “più interpersonale” la comunicazione via internet e, di conseguenza, anche l’eventuale diffamazione di un individuo “a mezzo web” 70

Cfr. in R. Staglianò, op. cit., pp. 145 - 146 M. Pratellesi, op. cit., p. 61

71

42

può essere smentita immediatamente, come ricordava Mike Godwin. Seppure il diretto interessato non è presente durante l’atto della diffamazione (ma sarebbe molto difficile in quanto lo spazio web è uno spazio virtuale per cui anche il diffamatore non è presente fisicamente ma sono presenti solo le sue affermazioni) questi può usufruire di tutti gli strumenti a disposizione per replicare nella maniera più veloce ed efficace alle affermazioni ritenute diffamatorie. Negli ultimi anni del XX° secolo, nel campo del giornalismo online, erano nati dei reati specifici che non esistevano in precedenza proprio perché legati intrinsecamente alle caratteristiche tecniche del nuovo medium. Si tratta nello specifico dei cosiddetti reati di deep linking e dei rimandi a pagine con contenuti sconvenienti. Lo strumento dell’ipertesto aveva generato, nei primi anni del suo utilizzo diffuso, dei malcontenti soprattutto in quegli enti privati che facevano della difesa dei diritti d’autore e di proprietà intellettuale uno dei baluardi della propria azione economica. Quando si crea un link in una pagina web che indirizza il lettore verso un’altra pagina di un altro sito, questo collegamento può essere di due tipi. Il primo, cosiddetto surface link, consiste nel creare un link che porti alla homepage del sito di destinazione. Il secondo tipo, su cui è stato puntato il “dito inquisitore”, è il cosiddetto deep linking o “link profondo”, che porta l’attenzione del lettore verso una pagina interna di un altro sito saltando la visione della homepage dello stesso, dove è più facile che siano presenti dei banner pubblicitari, oltre al logo dei proprietari e creatori della pagina web. Secondo molti

43

commentatori, questi rimandi in profondità tolgono visibilità, invece che darla, al sito di destinazione, anche se i link possono sempre essere considerati un favore verso il sito di destinazione, una sorta di pubblicità diretta e gratuita ai suoi contenuti. Molti degli operatori del settore si sono attrezzati per fare fronte a questa problematica posizionando dei banner pubblicitari anche nelle pagine interne del proprio sito, non solo quindi nella homepage. Lo stesso si è fatto per il logo o la testata. Così facendo, qualunque pagina del sito venga linkata da un altro gli inserzionisti e i proprietari del sito non perderanno visibilità, anzi la aumenteranno con un prevedibile maggiore monte di introiti anche grazie agli aumentati spazi disponibili per i banner pubblicitari. Questi, invece di essere posizionati esclusivamente nella homepage, possono essere aggiunti anche alle pagine interne risolvendo di fatto il problema di un eventuale “link profondo” che ne limitasse la visibilità. Negli ultimi anni, con la diffusione di strumenti di web 2.072 nel campo delle testate online, si è effettivamente favorita la pratica del deep linking. Lo si è fatto mettendo a disposizione di tutti i lettori, che possiedono un proprio sito personale o un blog, i codici html che, copiati, consentono di avere nel proprio sito 72

Su www.masternewmedia.org si definisce il web 2.0 come una serie di nuovi approcci per usare la rete in modo nuovo ed innovativo: “Web 2.0 si riferisce alle tecnologie che permettono ai dati di diventare indipendenti dalla persona che li produce o dal sito in cui vengono creati. L'informazione può essere suddivisa in unità che viaggiano liberamente da un sito all'altro, spesso in modi che il produttore non aveva previsto o inteso […] permette agli utenti di prendere informazioni da diversi siti simultaneamente e di distribuirle sui propri siti per nuovi scopi […] non si tratta di derubare gli altri del loro lavoro per il proprio profitto. Anzi, il Web 2.0 è un prodotto open-source, che permette di condividere le informazioni sulle quali è stato creato Internet e rende i dati più diffusi […] il web 2.0 lascia ai dati una loro identità propria, che può essere cambiata, modificata o remixata da chiunque per uno scopo preciso. Una volta che i dati hanno un'identità, la rete si sposta da un insieme di siti web ad una vera rete di siti in grado di interagire ed elaborare le informazioni collettivamente”.

44

delle specie di finestre con dei contenuti prodotti direttamente dal sito principale, ma che sono visibili, con una veste grafica facilmente riconoscibile, nel sito personale di chi ha copiato quel codice nella programmazione del proprio sito o blog. Cliccando su questi spazi ben definibili si entra direttamente in una pagina interna al sito che ha offerto i contenuti in modo da poterli consultare direttamente al suo interno. Insomma, diversi produttori di contenuti forniscono gratis la possibilità di usufruire di collegamenti ipertestuali direttamente a pagine interne dei propri siti73 favorendo, di fatto, quello che negli anni prima del 2000 era considerato un reato. Il secondo problema in materia di link, ed eventuali grane legali ad essi connesse, è quello di capire quale responsabilità possono avere il giornale e il

giornalista che in un articolo

linkano un sito esterno che abbia dei contenuti sconvenienti o anche illegali. Per esempio, se in un articolo che tratta della pirateria informatica, linko ad un sito fuorilegge o che ospita dei contenuti illegali, commetto un reato? Una risposta chiara ed univoca è difficile da trovare. La risposta più frequente consiste nel considerare i siti internet linkati esterni al sito della testata giornalistica che, di conseguenza, non può avere su di essi nessun tipo di controllo né responsabilità nei confronti dei loro contenuti74. Anche in questo caso bisogna considerare quale equilibrio debba mantenersi tra il diritto di cronaca (e, 73

Alcuni esempi pratici sono il “New York Times” online negli Stati Uniti ma anche in Italia alcuni testate concedono questa possibilità. Per esempio il sito internet dell’agenzia di stampa Adn Kronos o il sito internet dell’organizzazione “Peace Reporters”. Ma anche in ambito non giornalistico, molti siti di contenuti leggeri o commerciali mettono a disposizione i codici html da poter copiare liberamente nell’elaborazione di altri siti internet. 74 R. Staglianò, op. cit., p. 158 - 159

45

implicitamente anche la possibilità di mostrare direttamente le fonti di un determinato articolo) e le norme di legge che non devono essere violate. Molte testate ritengono possibile risolvere questo problema dichiarando espressamente e in maniera ben visibile di non essere responsabili dei contenuti del sito internet che viene linkato.

2.7

Questioni etiche e deontologiche “Abbiamo bisogno di un sentimento di classe fra i giornalisti che sia fondato non sul denaro che si guadagna, ma su principi morali, istruzione e personalità” Joseph Pulitzer

Un problema da sempre presente nell’esercizio della professione giornalistica, qualunque sia il mezzo attraverso il quale venga svolta, è il difficile rapporto che intercorre tra il dovere di cronaca e l’etica del giornalista. Il professionista dell’informazione deve trovare un equilibrio tra questi due fattori esprimendolo con una serie di regole e comportamenti che consistono in una catena di norme deontologiche che vengono adottate dalle varie testate o da singoli giornalisti. Quindi, possiamo definire l’etica del giornalista come l’insieme dei valori che ispira la condotta del professionista e fa appello alla sua coscienza; la deontologia, invece, è l’insieme dei doveri che riguardano la categoria dei giornalisti nell’esercizio della professione. La prima prevede delle sanzioni morali, la seconda delle sanzioni sociali. A volte la ricerca di questo equilibrio diventa meno accurata soprattutto nel campo dell’informazione online a causa

46

della costante “gara” a chi da prima la notizia tra le varie testate. La necessità di non perdere tempo e di essere il più veloci possibile nella pubblicazione della notizia rischia di far venire meno una serie di controlli che sono fondamentali per svolgere un servizio di informazione corretta e accurata. Questa dei tempi ristretti e della velocità non è una problematica che riguarda solo il giornalismo online ma anche quello televisivo e radiofonico, soprattutto quando i servizi o le immagini arrivano a pochi minuti, o durante la messa in onda, per cui bisogna prendere la difficile decisione se mandarli in onda senza un accurato controllo oppure aspettare l’edizione successiva del notiziario in modo tale da essere sicuri di quello che si manda in onda con il serio rischio, però, di prendere un buco da un diretto concorrente che è stato più lesto o meno professionalmente scrupoloso. Il problema della velocità ci riporta alla dimensione commerciale della produzione di notizie, perché prendere un buco da un concorrente non solo vuol dire che si è stati “battuti”, ma il rischio vero è lo spostamento dell’attenzione dei lettori o degli spettatori da una testata all’altra con tutto quello che comporta nel rapporto che intercorre tra l’editore e gli inserzionisti che, come abbiamo visto anche nel primo capitolo, sono uno degli elementi fondamentali per la sopravvivenza dell’informazione mainstream. L’oggettività che spesso il lettore attribuisce all’operato del giornalista si scontra con la linea editoriale del giornale e con l’intento di vendere copie o di alzare la quota degli ascoltatori. Dunque “i fini dei due principali attori

47

dell’attività informativa, l’editore e il giornalista, sono diversi e in qualche caso discordanti e quasi contrapposti”75. Anche nel mondo dell’online la pubblicità la fa da padrona, forse anche più che nelle testate tradizionali, nel bilancio degli editori, ma alcune caratteristiche specifiche del modello di informazione su internet consentono ai giornalisti di allentare, anche se non di molto, la morsa delle logiche commerciali sulla produzione delle notizie. Non ultima tra le caratteristiche dell’informazione su internet è il ruolo del pubblico che, come abbiamo accennato e come approfondiremo nel prossimo capitolo, è diventato di diritto il terzo attore protagonista del mondo dell’informazione, dato che ha la possibilità concreta di contribuire ad ogni passo del processo di produzione e pubblicazione dell’informazione. In Italia, un primo corpus di regole deontologiche ha preso forma all’interno delle redazioni di alcuni tra i più importanti gruppi editoriali76, alla fine degli anni ’80, con l’approvazione degli statuti della professione. Questi documenti riflettono l’inizio di una progressiva coscienza dei doveri professionali di chi produce informazione77. Negli ultimi venti anni sono stati elencati obblighi sempre più puntuali nell’esercizio della professione giornalistica con l’obbiettivo di garantire il rispetto dei diritti dei cittadini dovuti, anche, alla crescita dei mezzi di comunicazione di massa78. La redazione del Protocollo sulla trasparenza pubblicitaria (1988), la 75

V. Roidi, L’etica nella legge professionale in V. Roidi, a cura di, I doveri del giornalista, Centro Documentazione Giornalistica, Roma, 2003, p. 8 76 Il Codice di autodisciplina del “Sole24ore” (1987) e il Patto sui diritti e doveri dei giornalisti de “la Repubblica” (1990). 77 A. Papuzzi, op. cit., p. 222 78 E. Carelli, op. cit., p. 109

48

Carta di Treviso (1990)79, la Carta dei doveri (1993) e il Codice deontologico (1998) dimostrano la crescita dello scrupolo etico nella professione giornalistica le cui radici risalgono alla legge 69 del 1963 che istituisce in Italia l’Ordine dei giornalisti. Questo, oltre a tutelare dal punto di vista sindacale i giornalisti e a garantire la libertà di espressione, diritto riconosciuto dall’art. 21 della Costituzione, descrive la funzione stessa del libero giornalista. Infatti, nell’art. 2 della legge che istituisce l’Ordine professionale

dei

giornalisti

si

legge

che:

“E’ diritto

insopprimibile e obbligo inderogabile del giornalismo la libertà di informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme dettate a tutela della personalità altrui ed è suo obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri posti dalla lealtà e buona fede.” Etica del giornalista Occuparsi dell’etica giornalistica significa capire quale sia “il senso morale del lavoro dei giornalisti, della diffusione delle notizie” in un mondo in cui, con l’introduzione di nuovi media, gli spazi dell’informazione si sono dilatati “sconvolgendo i rapporti tra realtà e notizia e fra notizia e pubblico, ponendo interrogativi sulle responsabilità sociali dei giornalisti”80. Sebbene il mondo dell’informazione è sempre più visto con un alone di scetticismo, dovuto al gigantismo dei media, permane

nell’opinione

pubblica

l’immagine

classica

del

giornalista come paladino della verità, interprete unico del principio americano del telling the truth. Il principio della verità 79 80

Sulla tutela dei diritti dei minori. A. Papuzzi, op. cit., p. 239

49

giornalistica è, però, un concetto astratto e relativo. Nel giornalismo non esistono verità assolute, esistono le notizie che, come spiegava Walter Lippman, possono coincidere soltanto per una piccola parte81 in quanto esse sono il racconto di un fatto, di una verità raccontate dal punto di vista soggettivo del giornalista che le tratta82. Questi nella sua condotta professionale intreccia i valori specifici della professione giornalistica con dei valori estranei ad essa ma specifici del suo essere individuo e cittadino83. In definitiva l’etica dei giornalisti non riguarda il campo del giudizio, del bene e del male come valori assoluti sui quali “modellare” la propria condotta personale, bensì il significato e la finalità dell’informazione che producono. I principi morali ed etici specifici del giornalista non coincidono sempre con gli standard etici generali di una società84, in quanto “esiste un sistema di principi e valori che si riflette in un etica specifica del giornalismo, assumendo come riferimenti morali della condotta dei giornalisti le finalità dell’informazione, e che si trova a rispecchiare e rispettare norme e criteri che non appartengono agli standard morali generali e possono anzi entrare apertamente in conflitto con essi”85.

81

Ibidem, p. 240 Nel raccontare i fatti tramite le notizie il giornalista, comunque, non soltanto non dovrebbe falsificare i fatti ma dovrebbe sforzarsi di stabilirne l’autenticità tramite il controllo accurato delle informazioni raccolte. 83 Per esempio in tempi di guerra non si può imputare una condotta non etica ad un giornalista che rinuncia a descrivere la realtà dei fatti se facendo questo rischia di ledere dei principi che ritiene superiori come la difesa della sicurezza nazionale o della solidarietà umana. 84 Anche se questi , di per se, sono molto difficili da definire in quanto valori soggettivi e relativi alle opinioni e alle credenze dei singoli individui. 85 A. Papuzzi, op. cit., p. 244 82

50

L’esercizio delle pratiche etiche nel giornalismo non può prescindere da una serie di condizioni che definiscono la libertà di agire del giornalista. La libertà di stampa, intesa come uno dei fondamenti di una società libera e democratica, può essere esercitata in maniera chiara solo quando i giornalisti sono indipendenti dai poteri istituzionali, dai poteri privati, ma anche dalla direzione e proprietà della testata per cui lavorano, dalle pressioni del mercato e dalle fonti delle notizie. Senza queste libertà, che riguardano l’effettiva condizione di autonomia professionale, è molto difficile che i giornalisti possano adempiere a dei principi etici liberi da vincoli esterni alla persona stessa del giornalista, il quale sarà costretto anche ad agire in maniera diversa da quella che riterrà essere una condotta responsabile nei confronti delle funzioni e delle responsabilità sociali peculiari dei professionisti dell’informazione. Norme deontologiche Andando

più

nello

specifico

delle

questioni

che

riguardano la deontologia della professione, possiamo partire dal difficile rapporto che intercorre tra il diritto di cronaca e i diritti della persona, intesi come rispetto dell’integrità dell’individuo. L’esercizio del diritto di cronaca è stato storicamente gestito dall’autocontrollo dei giornalisti, in quanto non vi era nessuna norma specifica che ne stabiliva i limiti nei confronti dei diritti delle persone. Questa situazione cessa nel 1997 quando entra in vigore la legge n. 675 del 1996 sulla Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali, . quella che comunemente viene chiamata “legge per la tutela della

51

privacy”. La svolta, introdotta da questa legge, all’esercizio della professione giornalistica consiste nel fatto che, per la prima volta, l’esercizio del diritto di cronaca veniva limitato in favore della tutela dei diritti della persona. In particolare, l’art. 25 della legge n. 675 affida al Garante per la tutela dei dati personali il compito di promuovere l’adozione di un codice deontologico da parte dell’Ordine dei giornalisti. Il Codice di deontologia sulla privacy è entrato in vigore il 29 luglio 1998 e ha il suo fondamento principale nella distinzione tra sfera privata degli individui e l’interesse pubblico sul

quale

si

basa

l’irrinunciabile

diritto

di

diffondere

informazioni. L’art. 6 del Codice recita “La sfera privata delle persone note o che esercitano funzioni pubbliche deve essere rispettata se le notizie o i dati non hanno alcun rilievo sul loro ruolo o sulla loro vita pubblica”. In questo modo si stabilisce un nesso tra notorietà e notiziabilità, da cui si deduce che “la sfera privata delle persone pubbliche possa essere violata soltanto se le notizie hanno un rilievo sul loro ruolo sociale o sulla loro vita pubblica”86. Il parametro della notorietà del soggetto protagonista di una determinata notizia è fondamentale nella ricerca dell’equilibrio tra diritto di cronaca e la tutela dei dati personali e risponde al principio dell’essenzialità dell’informazione su fatti di interesse pubblico. I casi in cui il diritto di cronaca si trova in attrito, e talvolta in conflitto, con il diritto di tutela dei dati sensibili delle persone sono innumerevoli e di natura diversa. Non esiste, quindi, una ricetta valida sempre e comunque da applicare ai 86

A. Papuzzi, op. cit., p. 228

52

singoli casi concreti. “La responsabilità del giornalista è sempre preminente. E’ il giornalista a dover alla fine decidere, spesso sotto pressione dell’urgenza della messa in onda o della chiusura delle pagine del giornale. E deve decidere in base alle norme, al Codice deontologico e alla propria etica”87. La responsabilità individuale del giornalista nei confronti della privacy dei cittadini è ancora maggiore online a causa della maggior pericolosità di diffusione capillare di dati falsi in rete. Questi dati, anche se rettificati in breve tempo alle loro fonti, rischiano comunque di diffondersi tra gli utenti in maniera incontrollabile e capillare. Per questo la responsabilità del giornalista online, nell’accuratezza delle notizie che produce e nel rispetto dei dati sensibili dei soggetti protagonisti delle informazioni che veicola, è ancora maggiore rispetto ai media tradizionali perché “se un giornale o un’agenzia o una testata telematica diffonde una notizia falsa o imprecisa sul conto di una persona, l’interessato rischia di portarsi addosso per tutta la vita quel dato falso. Nessuna successiva smentita cancellerà quel che è stato diffuso nella rete”88. Una specifica tutela deontologica è riservata ai diritti dei minori tramite un documento specifico: la Carta di Treviso del 1990, poi rinnovata e integrata con nuove disposizioni nel Vademecum del 1995. Questi atti sono stati stipulati dall’Ordine dei giornalisti in collaborazione con la Federazione della Stampa Italiana e l’associazione Telefono azzurro. I punti chiave dei documenti sono la tutela dell’anonimato del minore, coinvolto in fatti di cronaca, per non incidere sullo sviluppo della sua 87

M. Paissan, Il Codice della privacy, in V. Roidi, op. cit., p. 95 Ibidem, p. 97

88

53

personalità e l’impegno ad evitare la presenza di minorenni in trasmissioni televisive che possano ledere la loro dignità o turbare la loro privacy. In altre parole, “la libertà d’informazione, di critica e il diritto di cronaca, ancorché stabiliti dall’art. 2 della legge istitutiva dell’Ordine professionale, si fermano davanti al diritto alla tutela e alla riservatezza dei minori, che diventa così un diritto primario, inviolabile”89. Come sostiene Papuzzi, questo impegno

si

sarebbe

potuto

realizzare

attraverso

“un

atteggiamento etico piuttosto che grazie ad una norma positiva”, anche se troppo spesso la difesa di questi soggetti è stata disattesa dai giornalisti per cui è stato necessario elaborare un atto formale per la loro tutela. Infine, la Carta di Treviso prevede l’istituzione di un Comitato di garanzia per l’informazione sui minori, che è composto da una trentina di esponenti della Fieg (Federazione Italiana Editori Giornali), Frt (Federazione Radio Televisioni), Rai, Consiglio degli utenti, Garante per l’editoria, sindacati, magistrati del tribunale dei minori e rappresentanti della pubblicità. Ha il compito di promuovere studi e ricerche sul rapporto tra informazione e minori, verificare sotto il profilo dell’etica eventuali violazioni della Carta di Treviso da parte dell’informazione, diffondere la normativa sui minori e attivare un Osservatorio, il cui direttore viene nominato dall’ufficio di presidenza del Comitato stesso. Per quanto riguarda il problema dell’ingerenza della pubblicità nell’informazione, si tratta di un nodo cruciale del

89

F. Elisei, Informazione e minori, in V. Roidi, op. cit., p. 27

54

giornalismo italiano e non solo, sia esso televisivo, radiofonico, cartaceo o online. Sicuramente, quella di mischiare gli strumenti e i prodotti del giornalismo con quelli della pubblicità e del marketing non è una novità introdotta da internet. La natura della rete, però, rischia di rendere più pericolosa questa antica debolezza della professione giornalistica. Il pericolo è ancora maggiore rispetto ai quotidiani su carta, perché il modello di business che sorregge finanziariamente la grande maggioranza delle testate online è un modello advertising based, per cui senza pubblicità la testata non esiste. Questa estrema dipendenza dalla pubblicità, come fonte principale dei propri introiti, rischia di renderle sin troppo sensibili alle esigenze del marketing degli inserzionisti. Si corre il rischio di abbassare la soglia di esercizio di un giornalismo che sia di qualità, quindi libero. La libertà del giornalista e del giornalismo non deve essere misurata esclusivamente nei confronti delle influenze della politica ma anche rispetto alle influenze e alle spinte, sempre più forti, portate avanti dal mondo dei pubblicitari. Il pericolo concreto è quello di un conflitto di interessi nel momento in cui un giornale online ottiene una parte di introiti dalle commissioni delle vendite che ha saputo generare. In questo contesto si inserisce la vecchia tradizione cartacea dei cosiddetti “articoli redazionali”90 che su internet cambiano

nome

in

“transactional

content”,

ovvero

un

“contenuto” editoriale pensato per vendere beni o servizi, “che ha il corpo del giornalismo e l’anima della pubblicità”91 e che può 90

Sono delle pubblicità che vengono sottoposte al pubblico sotto forma di un articolo di giornale per sfruttarne la funzione simbolica di informazione sul bene oggetto di vendita. 91 R. Staglianò, op. cit., p. 153

55

essere considerato a tutti gli effetti come una veicolazione impropria di un messaggio pubblicitario. Questo fenomeno è preoccupante non solo perché rischia di trarre in inganno coloro i quali vorrebbero informarsi e non hanno gli “strumenti” per distinguere, ai fini della trasparenza del messaggio, gli articoli reali da quelli redazionali, “ma anche perché facilità un raccordo diretto tra giornalisti e committenti pubblicitari che può influire sulla linea editoriale del mezzo di informazione”92. Per essere considerato di qualità il giornalismo deve smarcarsi, non solo dalla “cappa dell’influenza politica” ma anche dalle pressioni degli inserzionisti che sostengono economicamente la testata, attraverso l’evidenziazione di una netta e sostanziale differenza tra gli articoli veri e propri del giornale e quelli che, invece, hanno finalità promozionali di beni o servizi commerciali. Questa distinzione deve essere evidente e chiara agli occhi del fruitore dell’informazione, in quanto è fondamentale nella produzione di un’informazione libera e corretta al fine di non ledere il rapporto di fiducia che si instaura tra una testata giornalistica e i suoi lettori. Questa fiducia è uno degli obiettivi dell’esercizio della professione giornalistica ed è espressamente citato nell’art. 2 della legge 69 del 1963. La fiducia del lettore nei confronti del giornale va, quindi, alimentata e consolidata da una netta separazione tra il lavoro giornalistico e quello pubblicitario. “Tentativi di mescolanza diventano un inganno per il lettore e vanno combattuti e respinti perché degenerativi della qualità dell’informazione”93.

92 93

G. Morello, Informazione e pubblicità, in V. Roidi, op. cit., p. 165 Ibidem, p. 195

56

Come abbiamo visto, il lavoro dei giornalisti è segnato da una serie di norme che insieme costituiscono una sorta di “carattere deontologico”, capace di colmare alcune lacune derivanti

dalla

legge

sull’ordinamento

professionale.

Il

documento che raccoglie questo corpus di norme è la Carta dei doveri dei giornalisti italiani (1993) elaborata dall’Ordine dei giornalisti e dalla Federazione della Stampa e comprende tutti gli ambiti dell’attività giornalistica che possono generare conflitti deontologici.

L’approvazione di questo documento è

arrivata immediatamente dopo uno dei periodi di maggior “trambusto istituzionale”, in quanto nel paese l’onda dei sentimenti giustizialisti generati dalle inchieste di Tangentopoli e dalla caduta della cosiddetta Prima Repubblica, era molto forte e non ne era immune neanche il lavoro dei giornalisti che si trovarono a dover affrontare non poche situazioni che ne fecero scricchiolare la credibilità, di fronte ad un’opinione pubblica indignata da ciò che stava accadendo nel paese. Di più, l’elaborazione della Carta dei doveri rispose ad una necessità di autonomia del mondo professionale del giornalismo perché in Parlamento erano in discussione delle modifiche al Codice di Procedura Penale che avevano l’obiettivo di limitare l’accesso alle informazioni giudiziarie da parte dei giornalisti. Una volta elaborato un documento che prevedeva una serie di obblighi per la categoria “risultò inefficacie ogni iniziativa parlamentare intesa a governare l’informazione”94. Il documento si articola in quattro sezioni principali:

94

M. Bellinetti, La Carta dei doveri del giornalista, in V. Roidi, op. cit., p. 54

57

1. Diritti della persona: si vietano le discriminazioni per razza,

religione, sesso, condizioni fisiche o mentali, opinioni politiche; 2. Dovere di rettifica: ogni cittadino ha il diritto inviolabile a

vedere rettificate notizie inesatte o ingiustamente lesive; anche in assenza di una richiesta specifica, il suo diritto deve essere soddisfatto dai giornalisti con tempestività ed evidenza; 3. Presunzione di innocenza: è una norma più esortativa che

prescrittiva in quanto si afferma nel documento: “In tutti i casi di indagini o processi il giornalista deve sempre ricordare che ogni persona accusata di un reato è sempre innocente fino alla condanna definitiva”; 4. Incompatibilità professionali: si tratta di una serie di regole

inequivocabili che mirano a separare la produzione e la diffusione

delle

notizie

dagli

interessi

personali

dei

giornalisti. Dal punto di vista pratico si è assistito spesso alla violazione dei principi sanciti dalla Carta, che non sempre sono di facile attuazione95. Alla base di tutta l’attività professionale bisognerebbe porre la considerazione per cui una pratica giornalistica corretta non può prescindere dal rapporto che il professionista instaura con i propri lettori, che, in definitiva, sono i primi interlocutori dei giornalisti e i principali destinatari dell’esercizio della loro professione, prima ancora di ogni potere politico, istituzionale o

95

Cfr. A. Papuzzi, op. cit., pp. 232 - 235

58

economico-finanziario. Tuttavia non sempre si ha la sensazione che questo assunto sia messo in pratica da chi di dovere. In definitiva il supporto attraverso il quale i giornalisti veicolano l’informazione che producono è ininfluente per definire la qualità professionale e il rispetto delle regole deontologiche. L’eccellenza professionale e il rispetto della deontologia, verso cui ogni giornalista dovrebbe tendere, si possono raggiungere, semplicemente, svolgendo al meglio il proprio

lavoro.

Vittorio

Roidi

ribadisce

che

“tecnica

professionale e deontologia coincidono, nel senso che se una notizia viene diffusa applicando una buona tecnica essa si rivela anche corretta. Al contrario, se durante la stesura del mio articolo ho tralasciato un particolare importante, non solo ho scritto male la notizia, ma non ho rispettato la verità […] Il buon giornalista è anche quello che rispetta la verità, la lealtà, la buona fede. La professionalità si accompagna alla correttezza”96. In conclusione, “la difficoltà di essere obiettivi è questione evidente, ma lo sforzo nella direzione della completezza, dell’imparzialità e della verità può essere fatto, a partire dall’uso di precise tecniche professionali”97.

96

V. Roidi, op. cit., p. 18 Ibidem, p. 19

97

59

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