Reining Racconto 1

  • November 2019
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Mauro Penza Il lato umoristico del Reining

“70, o morte!” “GINO BALESTRAZZI ESORDISCE ALLE REGIONALI” (tutti i dettagli in Cronaca)

racconto di: Mauro Penza (pubblicato su The Reiner 07/2007) Ragazzi! Il fatto è che la passione per il Reining è stata per me proprio una cosa fulminante. Un momento magico da ricordare. Anni fa stavo lottando ferocemente con una criniera capricciosa in corsia, quando alcuni amici mi misero in mano una rivista patinata The Reiner ! “Cos’è? Le previsioni del tempo?” commentai; ma osservando bene la copertina, ti vedo una tipa bionda su ‘sto cavallo, praticamente seduto al centro di un’arena rossa come un campo da tennis dell’Arci. .Da raffinatissimo intenditore equestre, notando lo sforzo muscolare del cavallo, il suo occhio socchiuso e la mandibola serrata, mentre la sabbia gli esplodeva tutta intorno sotto le parti basse - beh, fu solo allora che decretai con certezza : “Per me, sto cavallo… al se caghè addoss!!!”. Si. L’inizio romantico di un grande amore. Fu così che una domenica di maggio, quando già i primi tafani ormai banchettano gioiosi sulle pellacce sudate di equini e cristiani, mi sono recato in un grande allevamento al Nord. Nei grandi allevamenti è tutto grande. Staccionate bianche candide, pascoli sconfinati, mandrie di equini pascolanti che passano il tempo leggendosi il libretto dei pattern, pelo metallizzato che ci vuole il carrozziere quando si sgorbiano, prati erbosi e rasi come moquette (anzi, forse è moquette!) , capannotti da ricovero in stile baita tirolese. Tutto automatizzato, climatizzato, sterilizzato, grande silenzio monacale e misteriosamente, in giro neanche una palla fumigante di letame. Mi viene incontro questo Trainer con cappellino da baseball (il vero Trainer indossa il cappellino da baseball, anche quando sta ingravidando per la terza volta la moglie), sorriso largo e stretta di mano feroce. Mi studia come fossi un puledro da dressare. E’ scettico sui miei stivaloni, non propriamente nella Top 10 delle grandi marche a stelle e strisce. Genealogia scarsa – pensa certamente – e nessuno show record. Temo che mi tiri fuori da un momento all’altro la foto di un qualche grande stallone per sincerarsi definitivamente della mia ignoranza. Ma invece aspetta le mie mosse, prudente come un coguaro. Dopo cinque-minuti-cinque, ha già capito che la situazione delle mie finanze è paragonabile alla cassa reduci di guerra dell’Inps e muta leggermente il sorriso. Ma io lo incalzo, ho dato fondo anche al porcellino di ceramica della mia infanzia e gli conto le mie disponibilità al centesimo, con aria di sfida. Il Trainer consulta l’orologio perché a questo punto della discussione è già molto occupato, ma capisce che non mi muoverò da lì senza un equino,. Mi fa “Guarda, per questa cifra ti posso vendere l’asino Gustavo (mascotte degli yearlings) oppure un castrone vecchiotto che sta lì al pascolo fuori casa da anni. Ha un passato glorioso! Però gli anni, ci sono tutti”. Non colgo la sottile ironia della scelta. Anzi, in realtà sono io che scarto l’asino Gustavo, ma solo perché ha orecchie troppo lunghe e non vedrei un’ostia. Il castrone in compenso è un Quarter. Si, un Quarter! Pascola libero nel cortile della casa padronale godendosi la pensione, portandosi a spasso un garrese che sembra lo Squalo III e IV insieme, con tanto di musichetta di sottofondo. “A denti come siamo messi?” azzardo da intenditore. “Quali denti?” commento del trainer sotto il cappellino. Il castrone è niente di meno che “Little 3 Bars Poco Sparkolena GL. Il GL” l’hanno appiccicato alla fine del nome e così mi sembra più una Golf che un cavallo. Ha una faccia da marinaio di lungo corso. L’ occhio di chi ne sa a pacchi e l’espressione triste da intellettuale. Forse è anche un po’ snob. Rischio la seconda domanda: “Ha le manovre?”. Un “Quando non ha la sciatica” mi arriva sibilante, direttamente da sotto la visiera.

Mauro Penza Il lato umoristico del Reining Mah. Dicono in compenso che abbia scarrozzato a lungo Bill Horn – e dico Bill Horn! - quando però portava ancora i calzoni corti. Va bene, mi serve un cavallo con del mestiere. Lo compro. Il Trainer mi saluta sorridente da sotto il portico, quando lascio il Ranch nella mia Lada familiare beige. GL (il castrone) non ne ha voluto sapere di salire sul trailer. Preferisce viaggiare sul mio sedile di dietro e ho dovuto smontare quello del passeggero. Lo guardo con sospetto dallo specchietto retrovisore, mentre sfoglia tra gli zoccoli “Il mio cavallo” di settembre. Sta leggendo un articolo dal titolo “Quando il cavaliere sbaglia in campo gara”. La cosa un po’ mi innervosisce. Mi accendo un toscano, senza neanche consultarlo sulle norme antifumo. Ragazzi, a casa capisco rapidamente che aria tira. GL ha un carattere ruvido, da grande vecchio. E’ una miniera di aneddoti. Si ricorda di Tim Mc Quay quando lo chiamavano “lo smilzo”. Faceva spesso il quarto a poker con Don Dodge, negli anni in cui un cavallo da ranch doveva veramente saper fare di t-u-t-t-o, mica solo il reining. Negli anni 60 lo mandarono anche a fare uno dei primi Join Up Shows con Monty Roberts, quando al californiano doveva ancora crescere il pelo sulle guance. Dopo il Join Up, GL ricorda ancora che uscirono insieme a braccetto e andarono ad ubriacarsi un saloon di Salinas con metà degli spettatori. Finì con una gara di rutti. Bei tempi! GL decide da subito lui i tempi di allenamento, dove, cosa e quando. Di solito, dai 2 ai 4 minuti. Rigorosamente al passo, per non affaticarsi. Poi, dopo le sette pretende di entrare in casa qualunque cosa stiamo facendo, perché non vuole perdersi nemmeno una puntata della sua telenovela preferita “Quando si bruca” sulla pay Tv. Spesso russa. Ogni tanto emette dei peti folgoranti e poi nega l’evidenza. Bara a poker e una volta l’ho persino beccato mentre telefonava ad una Hot Line. Gli ho fatto un gran cazziatone. Ma è un osso duro, il mio old boy, un osso duro. Ad aprile, c’è la prima Tappa del Campionato Regionale. Il manifesto dell’Associazione campeggia in camera mia da un po’. Una settimana prima, l’ho fatto campeggiare in camera di GL, perché prendesse confidenza con i Pattern. Non lo ammetterà mai, ma l’ho visto chiaramente sbirciare il Rule Book un paio di volte e mi sembrava un filo perplesso. Ma non mi ha chiesto nulla, né io a lui. Arriviamo in Lada di notte, perché non voglio che gli altri lo vedano stravaccato sul mio sedile posteriore. Detesto essere preso per il culo. La sera è frizzante e stellata. Finisce che invece che andare subito a dormire, tiriamo tardi in una trattoria lì vicino con le tovaglie quadrettate e la cameriera che non vuol proprio capire che il mio amico quando ha ordinato “paglia e fieno” intendeva proprio un ballino di medica !!! “Amico, gli anni 50 son finiti da un pezzo”, brontolo al suo ennesimo episodio sui vecchi tempi, addormentandomi nella Lada, con gli stivali fuori dal finestrino e il cappellone sugli occhi, come in un vecchio film di James Dean. A giorno fatto, il tipo del Regionale mi vuole iscrivere in una strana categoria “Rooooky”. Io non ho la faccia da Roooky. Ti sembro un pugile? Gli fumo in faccia tutto il mio disappunto. Alla fine pago una Novice Rider di cui mi piace il nome e chiedo “La licenza di competizione ha una scadenza?”. Certo che non ha scadenza. “Bene” e gli appoggio sul tavolo una carta in quasi-papiro controfirmata dal Generale Lee in persona. GL mi ha sempre detto che erano buoni amici e che gli aveva salvato pure il culo, un paio di volte. Così almeno dice lui. Mi piace questo ambiente così pulito e ben frequentato. Giovani Reiners che si salutano a pacche sulle spalle, camicie linde e cappelli Stetson candidi. Gente, io che vengo dal duro mondo delle Gimkane di Paese, ne so qualcosa della differenza. Quando gareggiavo io, si correva con equini di ogni tipo. Shire con il barilotto di birra a collo, trottatori con il Sulky ancora attaccato, ex galoppini pazzi svalvolati. Ricordo il mio mezzo purosangue (di madre e padre rigorosamente ignoti) ad una

Mauro Penza Il lato umoristico del Reining premiazione. Mentre mi consegnavano un salame da un metro e venti alla Sagra della Provola, il dannato quadrupede era partito senza un motivo apparente come un razzo verso le colline. Vagammo per tre mesi e ci trovarono nei boschi d’Istria che io predicavo agli uccelli. Fu un periodo molto duro, altro che la magia patinata dei Quarter. Ma adesso siamo qui. Arena coperta lunga che non si vede il fondo del capannone, tirata al bacio ogni 5 concorrenti. Voglio dire, che già avere l’arena… Campo prova coperto, amplificatori, musica da ambiente. Una figata, ragazzi. Immobile nel campo prova, fumo una sigaretta distratto. Anche GL fuma. Gli altri ci guardano, certamente intimoriti dalla nostra calma apparente. Io e GL per la verità, abbiamo litigato tutta la sera sul Pattern n. 6. Ai suoi tempi i pattern erano solo quattro. L’ho inseguito ovunque con il Rule Book in mano, ma a volte è davvero infantile e così non c’è stato verso di ripetere insieme l’ordine di esecuzione delle manovre. Che bastardo. Devo fare tutto io, come al solito. Quando il giudice chiama il mio nome “Balestrazzi Gino e Little 3 Bars Poco Sparkolena GL”, entro in arena con una lacrima, ripensando alla prima foto del cavallo costipato, visto su quella rivista patinata, che mi aveva guidato sin qui. Ed ora ci siamo. Al centro del mondo, io e GL andiamo a fare un po’ di reining per i ragazzi, assiepati qui a bordo campo. Pubblico muto, Scribe di sicuro impaziente di assegnarmi qualche penalità per provare la sua stilo nuova, il GL che flirta con il giudice a distanza sussurrandomi piano “lascia fare a me”. Spinniamo come delle trottole. Così almeno mi sembra. Io sostengo che dopo l’hesitation dobbiamo partire a sinistra e comincia una discussione con lui che sostiene che il 6 riparte con i cerchi a destra. “Grandissimo bastardo, parti a sinistra o ti faccio a scatolette personalmente” e lo lancio nei cerchi dimenandomi come un cosacco. GL ha l’asma cronico, un residuo di pertosse infantile e fuma da 20 anni come un turco, ma proprio per questo alla fine dei cerchi veloci ha dei rallenty importanti, perché il bastardo vuole frenare, oh se vuole frenare! Cambi alla Alberto Sordi, con passettino doppio da commedia all’italiana. Mentre passo davanti al giudice, fulmino con lo sguardo lo Scribe che sta Scribandomi penalità a go-go e forse ridacchia. Il secondo rallenty, GL quasi si sdraia con un filo di bava alla bocca, il pubblico fa “ohhh”, mentre il maledetto scribe è costretto a darci perlomeno un +Mezzo. Scrivi, bastardo! Arriviamo alla resa dei conti. Là, in fondo al lato lungo dell’arena, ci aspetta la roulette dei tre stop finali. Ripenso alla sua natura di cavallo caldo alla good old times mentre lo butto nel primo Run Down. E infatti proprio ora GL si ricorda di Bill Horn bambino , delle praterie americane, del Generale Lee, di quando lo inseguivano gli indiani per scotennarlo e apre il gas a tutta canna come un Porsche Carrera 4. Passiamo il marker a testa bassa e colgo che a GL si è definitivamente e inesorabilmente chiusa la vena. 30 metri al muro, 20 metri al muro. Lo insulto in quasi tutte le lingue conosciute, mentre dopo uno stop prodigioso ma tardivo ci stampiamo sulla parete di legno in fondo all’arena con un boato clamoroso. A questo punto, il Giudice si alza e mi trotterella incontro sobbalzando preoccupata sotto lo Stetson, seguita a ruota dal perfido Scriba che già consulta la sezione del Rule Book “Danni permanenti alle strutture lignee e altre penalità anomale”. “Senti! Se fenso, allora fenso fino in fondo come ai vecchi tempi!” mi dice GL. Mi lancio in un “Ma vaffa…” subito represso quando mi accordo che il duo giudice-scriba mi alita ormai sul collo “Mò

Mauro Penza Il lato umoristico del Reining si è fatto male?” vocina perfida dello scriba. Ostento indifferenza: “Tutto a posto, Giudice, è solo un puledrone in addestramento” e riparto a testa bassa nel roll back con un ululato , tenendo sotto il braccio destro un’asse di 4 metri rimastami addosso come souvenir. Lascio cadere l’asse prima della curva – casomai esistesse questa penalità – e mi ributto nel secondo run down pregando visibilmente la Santissima Trinità. Vena chiusa come al primo giro e secondo spiaccicamento roboante a fine arena, con ripartenza un filo più rassicurante “non ci siamo fatti niente”, ma il pubblico forse intuisce la pietosa bugia. Ripassando davanti al Giudice che ci segue sempre più con occhi pallati, acchiappo astutamente al volo dal tavolo a bordo campo il megafono di servizio. Nel terzo run down, quando già GL già socchiude gli occhi pronto a chiudere l’arteria giugulare per partire come un unno, ho il megafono stretto nella mano destra. Passato il marker mediano, gli urlo senza pietà un WHOAAAA! cosmico amplificato a 200 Megawatt nelle orecchie che lo piega come un asse da stiro tra le redini. Temo che abbia inghiottito il Greg Darnall con tutte le leve in alluminio cromato, mentre con uno stridore di freni, qualche scintilla e un vago rumore di lamiere draghiamo a fondo l’arena fino al massetto in cemento sottostante. Ragazzi, vi giuro che dietro di noi, i bambini ci potevano giocare a biglie, nei solchi diritti del nostro stop. GL ormai rimbambito dal megafono, accenna docile i tre passettini di Back canonico senza fare troppe storie. Guardo giudice e scribe-nano-malefico con aria di sfida tipo OK Corral. Quest’ultimo trotterella attorno al cavallo per il giro di controllo di rito e io prego il Padreterno che GL lo calci via con un prodigioso pallonetto alla Gigi Riva. Non succede, ma sogghigno lo stesso solo al pensiero. Ragazzi, ho conquistato senza dubbio questo pubblico. Penso positivo, uscendo dall’arena in un silenzio generale di ammirazione. Uno sghignazzo, forse due, ma ogni genio ha sempre avuto i suoi detrattori, dopotutto. Accendo la paglia mentre il microfono annuncia “The Score….”. …54. E mezzo. Così recita anche lo score card alla fine della giornata. Più 1.300 euro di danni alle strutture lignee e un cortese invito della proprietà a recarmi in altri luoghi la prossima volta. Non male, bastardi, non male! Il 70 è a portata di mano, questione di poche sfumature nei dettagli. E’ ormai il tramonto, quando con il sole basso negli occhi carico la mia vecchia Bob’s d’occasione nel baule. Il bastardo a quattro zampe, intrattiene alcune squinzie al banco del bar, dando sicuramente tutta la colpa a me delle sue frenate a muro. Quando la Lada beige, caracolla lungo lo sterrato e imbocca dondolando la provinciale, è già lì che russa sul sedile posteriore. Gl, sei proprio un gran bastardo- penso - ma in fondo ti voglio bene. State in campana, reiners. I’ll be back ! Mauro Penza, 2007

(Pubblicato su The Reiner 07/2007) con i ringraziamenti a Cochi Allegri e la redazione di The Reiner che ha pubblicato questo primo pezzo dedicato alla mia grande passione per i cavalli scivolatori

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