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anno sei numero quindici
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Remo Andreolli Editoriale Tiziano Vecchiato Tipologie di prestazioni e servizi sociosanitari e valutazione dei relativi costi
Ileano Bonfà 19 Realizzazione di una cartella clinica digitale per il sistema informativo sanitario integrato Cesare Furlanello 33 Metodi informatici predittivi per la mitigazione del rischio da incidenti stradali Franco Debiasi 45 Pronto soccorso traumatologico in collaborazione pubblico/ privato in aree a vocazione turistica
Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
Gianfranco Menestrina, Mauro Dalla Serra, Massimiliano Comai, Rossella Tomazzolli, Cristina Potrich, Pier Luigi San Biagio, Mauro Manno, Donatella Bulone, Antonella Graiff, Floriana Giraudo, Lorenzo Gasperi 53 Deposito della β amiloide sulla membrana cellulare: ruolo degli ioni metallici e dei radicali liberi Marina Scarpa, Maria Rosa Ciriolo, Enzo Galligioni, Fulvio Mattivi, Sabina Passamonti, Adelio Rigo 67 Presenza e ruolo degli antiossidanti nello sviluppo del tumore della mammella Mattia Barbareschi 77 Analisi di espressione e alterazioni geniche mediante tecnica di "Tissue Microarray"
“Serrati gli uni contro gli altri dalla crescita del loro numero e dalla moltiplicazione dei collegamenti, accomunati dal risveglio della speranza e dell’angoscia per il futuro, gli uomini di domani lavoreranno per la formazione di una coscienza unica e di una conoscenza condivisa”. Pierre Teilhard de Chardin “Punto Omega”, nel pensiero di Teilhard de Chardin, filosofo e teologo vissuto tra il 1881 e il 1955, è il punto di convergenza naturale dell’umanità, laddove tendono tutte le coscienze, nella ricerca dell’unità che sola può salvare l’Uomo e la Terra. “Punto Omega” è anche il titolo scelto per la rivista quadrimestrale del Servizio sanitario del Trentino ideata nel 1995 da Giovanni Martini, poiché le sue pagine vogliono rappresentare un punto di incontro per tutti coloro che sono interessati ai temi della salute e della qualità della vita.
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Campagna promossa dall’Assessorato provinciale alle Politiche per la salute e dal Comitato di Coordinamento in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Ideazione e realizzazione a cura del Progetto Comunicazione per la salute, Servizio Innovazione e formazione per la salute della Provincia autonoma di Trento
SE NON C’È
SICUREZZA CHE LAVORO È?
Provincia autonoma di Trento Assessorato alle Politiche per la salute e Comitato di Coordinamento in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro
Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari, Agenzia del lavoro, Associazione Artigiani e Piccole Imprese della provincia di Trento, Associazione degli Industriali della provincia di Trento, Federazione Trentina delle Cooperative, Associazione Albergatori della provincia di Trento, Confesercenti del Trentino, Unione Commercio, Turismo e Attività di servizio della provincia di Trento, CGIL del Trentino, CISL del Trentino, UIL del Trentino, Consorzio dei Comuni trentini, INAIL Direzione regionale per il Trentino, ISPESL Istituto per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro
Lavora con cura e con attenzione
3
non sottovalutare i rischi
Campagna promossa dall’Assessorato provinciale alle Politiche per la salute e dal Comitato di Coordinamento in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Ideazione e realizzazione a cura del Progetto Comunicazione per la salute, Servizio Innovazione e formazione per la salute della Provincia autonoma di Trento
SE NON C’È
SICUREZZA CHE LAVORO È?
Provincia autonoma di Trento 4Assessorato alle Politiche per la salute
e di Trento Provincia Comitato Autonoma di Coordinamento Punto Omega n.e sicurezza 15 in materia di salute sui luoghi di lavoro
Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari, Agenzia del lavoro, Associazione Artigiani e Piccole Imprese della provincia di Trento, Associazione degli Industriali della provincia di Trento, Federazione Trentina delle Cooperative, Associazione Albergatori della provincia di Trento, Confesercenti del Trentino, Unione Commercio, Turismo e Attività di servizio della provincia di Trento, CGIL del Trentino, CISL del Trentino, UIL del Trentino, Consorzio dei Comuni trentini, INAIL Direzione regionale per il Trentino, ISPESL Istituto per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro
Utilizza sempre i dispositivi di protezione
I
l Ministero della Salute approva annualmente il Programma di ri cerca finalizzata, tramite il quale promuove un’attività di ricerca funzionale al conseguimento degli obiettivi di salute fissati nel Piano Sanitario Nazionale, su tematiche specifiche ritenute prioritarie e nell’ambito della politica di ricer ca e sviluppo finanziata ai sensi dell’articolo 12 del D.Lgs 502/92 e successive modificazioni. I progetti di ricerca sanitaria fina lizzata, biomedica e gestionale, sono approvati dal Ministro della Salute di concerto con il Ministro dell’Università, dell’Istruzione e della Ricerca, allo scopo di favorire il loro coordinamento. I destinatari istituzionali del fi nanziamento ministeriale sono le regioni, le province autonome, l’Istituto Superiore di Sanità, l’Isti tuto Superiore per la Prevenzione
Editoriale
Anno del bando del Ministero
e la Sicurezza sul Lavoro, l’Agen zia per i Servizi Sanitari Regiona li, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, pubblici e privati, gli istituti zooprofilattici sperimentali. Alla realizzazione dei progetti possono concorrere sulla base di specifici accordi, con tratti o convenzioni, le università, il Consiglio Nazionale delle Ricer che ed altri enti di ricerca pubblici e privati, nonché imprese pubbli che e private. La Provincia autonoma di Trento, nel suo ruolo di destinatario isti tuzionale, presenta al Ministero i progetti di ricerca e riceve da questo i finanziamenti che suc cessivamente inoltra all’ente che ha la responsabilità scientifica del progetto. Tale ente, a sua volta, provvede a ripartire le somme fra le diverse unità operative che par tecipano all’attività di ricerca.
Denominazione del progetto
1999
Tipologie di prestazioni e di servizi socio sanitari e valutazione dei relativi costi
1999
Realizzazione di una cartella clinica digitale per il sistema informativo sanitario integrato
2000
Metodi informatici predittivi per la mitigazione del rischio da incidenti stradali
2000
Pronto soccorso traumatologico in collaborazione pubblico-privato in aree a vocazione turistica
2000
Deposito della beta amiloide sulla membrana cellulare: ruolo degli ioni metallici e dei radicali liberi
2001
Presenza e ruolo degli antiossidanti nello sviluppo del tumore della mammella
2001
Analisi di espressione e alterazioni geniche mediante tecnica di “Tissue microarray”
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Nel periodo 1999-2001 sono stati realizzati i progetti di ricerca descritti nella tabella alla pagina precedente. Nella presente pubblicazione si è ritenuto di illustrare sinteticamen te, anche se in maniera compiuta, i risultati cui sono prevenute le ricerche. Per ciascuna di esse viene presen tata una scheda contenente la sin tesi degli obiettivi, i responsabili del progetto, i finanziamenti, i tempi di lavoro.
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Inoltre, per ogni ricerca, presenta ta in ordine cronologico secondo l’anno di riferimento del bando ministeriale, viene descritto come è nato il progetto, i suoi obietti vi, le fasi di lavoro, il personale coinvolto, i risultati raggiunti con gli aspetti positivi e le criticità ri scontrate.
Remo Andreolli Assessore provinciale alle politiche per la salute
SCHEDA 1
Tipologie di prestazioni e di servizi sociosanitari
e valutazione dei relativi costi
Tiziano Vecchiato
1. Come è nato il progetto La scelta dell’integrazione è tra le priorità del decreto legislativo 229/99, che prevede nuove condizioni di rapporto tra regioni, comuni e aziende sanitarie locali nella programmazione sociosanitaria a livello regionale e locale. L’integrazione sociosanitaria riguarda "tutte le attività atte a soddisfare, mediante un complesso processo assistenziale, bisogni di salute della persona che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale". Le prestazioni sociosanitarie vengono caratterizzate dalla recente legislazione come pro cesso assistenziale unitario. Si collocano prevalentemente nelle aree che il Piano sanitario nazionale 1998-2000 aveva identificato nei problemi propri della tutela dei soggetti deboli e cioè: inerenti l’area di bisogno materno-infantile, delle persone anziane, disabili, delle patologie psichiatriche, delle dipendenze da droga, alcol e farmaci, delle patologie da Hiv, delle patologie oncologiche, particolarmente per la fase terminale, delle inabilità o disabilità derivanti da patologie cronico-degenerative. La classificazione delineata dal Dlgs n. 229/99, di riforma sanitaria ter, definisce alcune macro tipologie di seguito sintetizzate. Il bisogno di prestazioni sanitarie a rilevanza sociale si concentra nei casi in cui l’efficacia dell’intervento sanitario dipende dalla capacità di integrazione con altri fattori e respon sabilità sociali. Diversamente avremo prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, ogni volta che l’intervento avviene in presenza di problemi collegati allo stato di salute che possono trovare soluzione efficace con processi di inserimento e integrazione sociale. Un’attenzione particolare viene dedicata dal Dlgs n. 229/99 alle prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria che, data l’intensità del fabbisogno sanitario a cui esse devono rispondere, rientrano nei livelli essenziali di assistenza sanitaria e sono poste a carico del fondo sanitario nazionale. Trattandosi di una materia complessa, con ricadute operative di diversa natura, l’art. 3 septies, comma 3, del medesimo decreto rimandava a un successivo atto di indirizzo e coordinamento in cui meglio definire i criteri per classificare le prestazioni sociosanitarie sulla base della loro rilevanza sanitaria e sociale, e in cui indicare i criteri di finanziamento a carico delle unità sanitarie locali e a carico dei comuni. Si prevedeva inoltre che il finanziamento da parte dei comuni dovesse avvenire con riferimento agli ambiti di collaborazione intercomunale previsti dall’art. 3, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 112. Su queste premesse le regioni avrebbero dovuto disciplinare i criteri e le modalità mediante i quali comuni e aziende sanitarie devono garantire l’integrazione su scala distrettuale delle attività sociosanitarie di rispettiva competenza. Malgrado responsabilità istituzionali così chiaramente delineate, lo stato della conoscenza scientifica era ed è tuttora carente nel supportare decisioni di così rilevante portata. Esse 7 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
infatti interessano milioni di persone in condizioni di bisogno, insieme con le loro famiglie che, prendendosi cura dei problemi, sono direttamente coinvolte nei processi assistenziali e nella fatica quotidiana di gestirli insieme con gli operatori sanitari e sociali. Infatti l’evoluzione epidemiologica sta spostando progressivamente la prevalenza dei bisogni dagli interventi in acuzie agli interventi per la cronicità e la lungoassistenza. Ad esempio, ogni anno in Italia ci sono più di 130.000 nuovi episodi di ictus. A seguito del progressivo invecchiamento della popolazione, nel 2008 questo numero aumenterà a 170.000 (tenendo costante l’incidenza). Se piuttosto che ai dati di flusso guardiamo ai dati di stock, nel 1990 il numero di ictus era di circa 730.000. Nel 2008 sarà di 950.000 (nell’ipotesi di incidenza e mortalità costante). Nel caso delle demenze, lo studio Ilsa (Italian longitudinal study on ageing) stima in 80.000 i nuovi casi ogni anno di malattia di Alzheimer con un peso progressivo all’età. Se aggiungiamo a questi due esempi altre tipologie di bisogno otterremo un quadro ben più complesso e tale da evidenziare come l’assistenza sociosanitaria rappresenti una delle più grandi sfide per tutti i sistemi di welfare: in termini di capacità di risposta e in termini di sostenibilità. È guardando a questi problemi che si è ipotizzato di delineare una strategia di ricerca finalizzata a dare un contributo conoscitivo e operativo alle due grandi questioni sul tap peto: come meglio definire sul piano clinico e professionale gli interventi sociosanitari e come condividere criteri affidabili e generalizzabili per la valutazione dei relativi costi (a carico delle aziende sanitarie e dei comuni). Una simile proposta di ricerca ha trovato quindi, dopo la approvazione del Dlgs n. 229/99, molte ragioni per essere attuata, proprio perché rispondeva congiuntamente ad esigenze teoriche e pratiche nonché cliniche e gestionali. Un ulteriore fattore motivante è riconoscibile negli sviluppi, soprattutto negli anni re centi, dell’assistenza distrettuale, che, nelle sue diverse espressioni, ha reso più evidenti le valenze sanitarie, sociosanitarie e sociali degli interventi, i loro livelli di complessità, le funzioni autonome e complementari dei servizi, evidenziando, anche ai non addetti ai lavori, che la presa in carico dei problemi deve concentrarsi sulla capacità di integrare funzioni multiprofessionali per meglio qualificare i progetti personalizzati di cura e assistenza. In sintesi, quindi, le motivazioni del progetto di ricerca erano, per molti aspetti, simili a quelle che avrebbero dovuto ispirare l’atto di indirizzo e coordinamento sull’integrazione sociosanitaria (Dpcm 14 febbraio 2001), che a sua volta era chiamato a identificare criteri per definire: - le prestazioni da ricondurre alle tipologie di cui alle lettere a) e b) dell’art. 3 septies, comma 2, del Dlgs n. 229/99, cioè le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale e le pre stazioni sociali a rilevanza sanitaria; - i criteri di finanziamento delle une e delle altre, specificando le quote a carico delle unità sanitarie locali e dei comuni; - le prestazioni a elevata integrazione sanitaria, che, per la particolare rilevanza tera peutica e intensità della componente sanitaria, devono essere assicurate dalle aziende sanitarie e ricomprese nei livelli essenziali di assistenza sanitaria, cioè a totale carico del fondo sanitario nazionale; - i criteri e le condizioni per definire i livelli uniformi di assistenza per le prestazioni sociali a rilievo sanitario, esplicitando cioè come i comuni possono garantire un corri spondente finanziamento dei livelli di assistenza sociosanitaria per la parte di propria competenza.
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2. Obiettivi generali e specifici del progetto Gli obiettivi generali: - Individuare i criteri per definire le prestazioni e i servizi a carattere sociosanitario e i criteri per la valutazione dei costi inerenti le prestazioni e i processi assistenziali dei servizi considerati, in quanto afferenti al fondo sanitario o sociale. - Verificare l’impatto dell’utilizzo dei criteri definiti confrontando il loro utilizzo in diversi contesti operativi (distretti di regioni diverse), in modo da validarli per un utilizzo generalizzato e facilitare il compito delle regioni e delle province autonome nella determinazione delle quote di finanziamento sanitario e sociale. In sintesi la ricerca era chiamata a definire i criteri per: - definire tipologie di prestazioni sociosanitarie; - analizzare i relativi costi (distinguendo tra costi prestazione e costi processo). Oggetto di sperimentazione sono stati i criteri e le modalità di definizione e gestione: - delle prestazioni; - dei processi assistenziali sociosanitari. Gli obiettivi specifici: - mettere a punto un quadro teorico per l’analisi delle prestazioni e dei servizi; - verificarlo alla luce della letteratura nazionale e internazionale sull’argomento; - individuare tipologie di prestazioni e servizi sociosanitari con riferimento ai tre livelli in cui essi sono organizzati: domiciliare, intermedio e residenziale; - sperimentare l’utilizzo dei criteri per gestione delle tipologie di prestazioni e di processi assistenziali; - sperimentare l’utilizzo dei criteri per l’analisi dei costi di rilievo sanitario e sociale; - mettere a punto linee guida a contenuto misto (clinico e organizzativo) per una migliore fruizione dei risultati ottenuti. 3. Fasi Fase 1 – Articolazione quadro teorico: 1.1. messa a punto del quadro di analisi e delle categorie interpretative; 1.2. validazione delle categorie sulla base delle letteratura e di ricerche sui temi tratta ti; 1.3. verifica della applicabilità delle categorie alle normativa nazionale e regionale; 1.4. costruzione tipologia di prestazioni e servizi con riferimento a tre livelli: domiciliare, intermedio e residenziale. Fase 2 – Analisi preliminare: 2.1. socializzazione seminariale dei contenuti del progetto con le unità operative distret tuali; 2.2. verifica fruibilità delle tipologie proposte in contesti regionali e distrettuali diver si; 2.3. analisi dei costi praticati in rapporto alle principali attività sociosanitarie; 2.4. analisi delle funzioni autonome e complementari presenti nei servizi implicati; 2.5. mappa delle funzioni complementari e relativa tipologia degli interventi e servizi sociosanitari. 9 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
Fase 3 – Utilizzo sperimentale dei criteri: 3.1. selezione delle funzioni da sottoporre a sperimentazione nella ricerca intervento; 3.2. specificazione operativa del modello di valutazione dei costi di rilievo sanitario e sociale; 3.3. definizione del piano di sperimentazione articolato nelle diverse unità operative; 3.4. utilizzo del modello in fase preliminare per stabilizzare gli apprendimenti delle diverse unità operative e standardizzare i processi applicativi; 3.5. articolazione e condivisione del piano operativo della sperimentazione. Fase 4 – Sperimentazione: 4.1. attuazione della sperimentazione con riferimento a diverse tipologie di interventi e servizi; 4.2. attuazione della sperimentazione di valutazione dei costi prestazione e dei costi processo di servizio; 4.3. monitoraggio e tutoraggio della sperimentazione; 4.4. verifiche intermedie dei risultati. Fase 5 –Valutazione e trasferibilità: 5.1. analisi comparativa dei risultati tra le unità operative; 5.2. valutazioni di sintesi dell’impatto delle tipologie e dei criteri classificatori in contesti diversi; 5.4. validazione dei risultati, tenendo conto delle diverse peculiarità organizzative e dimensionali; 5.5. definizione indirizzi e linee guida per la generalizzazione e la trasferibilità dei risul tati. In particolare, al fine di condividere i criteri necessari per definire tipologie di prestazioni e di servizi sociosanitari, l’analisi si è concentrata, in una prima fase, sulla articolazione delle prestazioni e dei servizi in tre livelli: domiciliare, intermedio (ambulatoriale, diurno…) e residenziale. I criteri analitici sono stati pensati, a livello più generale, per discriminare tra prestazioni e servizi e, a livello specifico, per discriminare tra funzioni autonome e com plementari dei servizi, visto che è nell’area delle funzioni complementari (collaborative) che si realizza l’integrazione sociosanitaria, tramite prestazioni e processi moltiprofessionali e con risorse sanitarie e sociali. La mappatura dei servizi e interventi è stata realizzata con il coinvolgimento delle diverse unità operative utilizzando fattori analitici quali: il servizio, la gamma delle sue prestazioni, la gamma dei processi assistenziali, le componenti di integrazione richieste e i servizi di riferimento per l’integrazione delle prestazioni e dei processi assistenziali. La valutazione dei costi è stata realizzata sulle base di due parametri, nella misura in cui essi risultavano correlabili a singole prestazioni o fossero da ricondurre a processi assistenziali di natura più complessa. La distinzione “costi prestazione e costi processo” fa riferimento a prestazioni semplici (quando la natura del bisogno viene soddisfatta con modalità standardizzate di intervento) e a prestazioni complesse (quando la natura del bisogno, in quanto multifattoriale, richiede competenze interdisciplinari capaci di gestire processi assistenziali integrati, complessi, di medio e lungo periodo). In questo modo l’asse di gravità si è gradualmente spostato dal conteggio e monitorag gio del volume di prestazioni, spesso poco correlate allo stato di bisogno, a un’attenzione finalizzata a personalizzare il rapporto tra il bisogno rilevato e l’appropriatezza necessaria 10 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
per rendere efficaci la risposte. In entrambi i casi l’analisi dei costi ha tenuto conto di di mensioni eterogenee: la prestazione e il processo assistenziale. Quest’ultimo, per sua natura non può essere compreso e trattato solo come somma di singole prestazioni. Per evitare questo rischio si è utilizzato un metodo di analisi basato sul rapporto tra valutazione del bisogno e valutazione prospettica delle risorse necessarie per realizzare l’intervento, mettendo in rapporto misure di iso-bisogno e misure di iso-risorse (fig. 1). Fig. 1 – Rapporto tra valutazione bisogno e valutazione risorse
Valutazione multidimensionale del bisogno (1)
Sintesi e selezione dei fattori osservabili
Misure di isobisogno (2)
Definizione del problema (3)
Valutazione del rischio e delle potenzialità
Definizione del progetto personalizzato (4)
Individuazione delle risorse necessarie per la realizzazione del progetto
Misure di isorisorse (5)
La sperimentazione è stata realizzata dalla unità operative territoriali distribuite in di verse regioni. I criteri e gli strumenti operativi predisposti sono stati sottoposti a verifica comparativa. Per rendere possibile e facilitare la sperimentazione è stata prevista: - formazione preliminare delle unità operative sui criteri, gli strumenti e i metodi proposti, con momenti di confronto seminariale e momenti di tutoraggio sul campo; - raccolta documentazione, con riferimento ai costi prestazione e ai costi processo; - monitoraggio delle prestazioni e dei percorsi assistenziali selezionati; - monitoraggio dei percorsi amministrativi idonei a interpretare in modo efficace le nuove modalità di valutazione economica. I problemi di validazione sono stati affrontati verificando i risultati delle sperimenta zioni con un modello di valutazione di tipo pre-test/pos-test senza gruppo di controllo. Ai fini della trasferibilità sono stati approfonditi i fattori di peculiarità e di dimensionamento dei distretti coinvolti, in modo da specificare le condizioni in cui la trasferibilità può es sere generalizzata all’universo e le condizioni in cui essa è condizionata dalla presenza di soluzioni clinico-professionali, organizzative e gestionali da rendere presenti nell’assetto operativo dei servizi.
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4. Personale coinvolto
Responsabile scientifico
Tiziano Vecchiato, Fondazione “E. Zancan”
Responsabile amministrativo
Giovanni Martini, Provincia Autonoma di Trento
Unità Operative:
Az. Ulss 15 Camposampiero (Pd)
Donato Di Dona e Paolo Rigon
Apss Trento
Giuseppe Penasa e Elio Ottaviano
Ass 1 Triestina
Paolo Da Col e Irene Fontanot
Az. Usl Foligno
Annamaria Paci
Az. Usl Senigallia
Cardenia Cingolani
Asl Bergamo
Renato Bresciani
Asl Lecco
Gianlorenzo Scaccabarozzi
Alla ricerca hanno collaborato esperti con diverse competenze; l'Università di Padova per la parte relativa ai criteri di analisi dei costi, l’Istituto per la ricerca sociale di Milano per la parte relativa alla analisi di letteratura e le attività di cui alle fasi 1 e 2; gli operatori coinvolti nelle sperimentazioni locali. 5. Risultati raggiunti I risultati raggiunti possono essere organizzati per aree di interesse: a) lo stato delle conoscenze - con l’analisi della letteratura e l’approfondimento delle soluzioni utilizzate in diversi contesti di welfare; - con l’analisi dei servizi e il confronto delle soluzioni utilizzate in diversi contesti re gionali; - con l’analisi della spesa praticata in diversi distretti a fronte di analoghi bisogni. b) le soluzioni individuate - a valenza clinico-professionale, quali il metodo di valutazione del bisogno proposto, il metodo di gestione dei progetti personalizzati, il metodo di classificazione delle pre stazioni; - a valenza economico-gestionale, con il metodo di analisi dei costi e le condizioni di applicabilità a costi prestazione e a costi processo assistenziale. Per quanto riguarda i risultati di primo tipo si possono richiamare, più in dettaglio, la strategia di valutazione del bisogno articolata nei termini seguenti: A. individuazione degli strumenti di valutazione idonei a soddisfare le aree di bisogno or ganica, psicofisica, socioambientale e relazionale, in modo coerente con le indicazioni OMS e la letteratura sull’argomento; B. formalizzazione della metodologia di valutazione multiassiale nella forma di “protocollo di valutazione”. 12 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
Per quanto riguarda la valutazione del bisogno (per garantire una analisi globale della condizione della persona con riferimento a bisogni di natura organica, funzionale, cognitiva, sociale e di contesto ambientale e relazionale) gli strumenti utilizzati sono i seguenti: SETTORE Cognitivo comportamentale Funzionale organico
Socioambientale e relazionale
STRUMENTI DI VALUTAZIONE Mini Mental State Examination Short Portable M Questionnaire (Test di Pfeiffer) Adl Iadl Cirs Severità Cirs Comorbilità Scala di responsabilizzazione Indice di copertura assistenziale Livello di protezione nello spazio di vita
Gli strumenti del settore socioambientale e relazionale sono stati specificamente definiti da ricercatori della Fondazione E. Zancan e, in quanto di nuova introduzione, sono tuttora oggetto di studio comparato a fine di validazione generale. Il modello proposto, oggetto di studio valutativo anche in altre ricerche, è quello de nominato schema polare1, tale per cui i diversi strumenti sono organizzati in una mappa che facilita la valutazione integrata del bisogno e degli outcomes ottenuti a seguito del l’intervento. Fig. 2 – Esempio di schema polare applicato ad una persona con problemi di demenza.
13 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
Le modalità di utilizzo dello schema polare sono compatibili con i criteri raccomandati dall’ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health) e da quanto previsto dall’art. 2 del DPCM 14 febbraio 2001 (Atto di indirizzo sull’integrazione socio sanitaria). Un altro risultato di particolare interesse è quello relativo alla valutazione del livello di intensità (gravità) del bisogno, anche in questo caso in forme compatibili con i criteri di classificazione ICF e di altre sperimentazioni in corso, in particolare il programma HONOS2. La metodologia di classificazione di diverse tipologie di bisogno sociosanitario si basa sulla gestione combinata di 3 indici, relativi ai tre settori dello schema polare, che, una volta, sintetizzati consentono di generare un indice unitario per classificare il bisogno a livello lieve, medio e grave. Per quanto riguarda le soluzioni individuate per affrontare i problemi di rilievo gestionale può essere qui richiamato il modello di accesso alle prestazioni e agli interventi sociosa nitari. Esso è tale da rendere compatibili le istanze professionali (di valutazione di esito) con quelle di rilievo gestionale e di valutazione di processo. Fig. 3 – Modello di accesso e di gestione degli interventi personalizzati
Raccolta della domanda Analisi della domanda
Condizione iniziale
Definizione del problema Definizione degli obiettivi Risultati attesi
Verifica
Efficacia
Verifica
Efficienza
Programmazione degli interventi Attuazione degli interventi
Condizione alla conclusione
14 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
Risultati ottenuti Risorse utilizzate
Per quanto riguarda i criteri di analisi dei costi si è proceduto in modo coerente con quanto appena esemplificato, classificando i costi riconducibili all’apporto dei diversi profili professionali (sanitari e sociali) nelle fasi del progetto personalizzato di assistenza e i costi delle altre risorse utilizzate allo stesso fine. Tutto questo ha avuto come elemento unificante la strategia condivisa di accesso unitario ai servizi sociosanitari come descritta dalla successiva fig. 4. Fig. 4 – Modello di accesso unitario e integrato ai servizi
Distretto Punto unico di accesso
Bisogno sanitario
Bisogno sociale
Bisogno complesso
Ass. sociale
Mmg Unità Multidimensionale Prestazioni e servizi sanitari Adi
Prestazioni e servizi sociali Centro diurno
Altre risposte
Residenzialità
Rsa
6. Aspetti positivi Tra gli aspetti positivi possono essere richiamati: - la condizione di strutturale confronto tra sistemi regionali di welfare, garantita dalla presenza di unità operative appartenenti a diverse regioni; - la disponibilità delle unità operative a sperimentare gli strumenti e le strategie proposte, malgrado i carichi di lavoro presenti nei servizi interessati; - la concomitanza della ricerca con l’attuazione dell’atto di indirizzo sull’integrazione sociosanitaria (DPCM 14 febbraio 2001) e del DPCM sui livelli essenziali di assistenza sanitaria (DPCM 29 novembre 2001), che hanno sollecitato la necessità di un sistematico confronto con l’evoluzione normativa e culturale in atto negli ultimi anni; - la crescente consapevolezza clinica e gestionale che l’epidemiologia va rapidamente modificando l’assetto della domanda rivolta ai servizi e dei bisogni su cui impostare la nuova programmazione dell’offerta.
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7. Criticità riscontrate Le criticità sono corrispondenti ai problemi per i quali la ricerca è stata chiamata a dare risposta, in particolare: - la separazione delle responsabilità istituzionali su problemi che invece richiederebbero soluzioni giuridiche in grado di favorire le collaborazioni istituzionali su queste mate rie; - la separazione delle risorse destinata a finanziare unitariamente le prestazioni e i servizi sociosanitari; - la insufficiente preparazione professionale degli operatori chiamati ad operare in questo settore, in quanto i programmi di formazione universitaria non considerano adeguata mente la materia; - la mancanza di strumentazioni ad hoc e di linee guida, cliniche e a contenuto misto, validate su base internazionale, per favorire una maggiore appropriatezza degli inter venti; - la necessità di meglio rispondere a bisogni riguardanti la non autosufficienza, la croni cità, la lungoassistenza di persone e famiglie gravate da gravi carichi assistenziali. Ad esempio, un nodo tuttora non risolto è quello della separazione non solo delle competenze e delle responsabilità istituzionali ma anche dei percorsi decisionali per dare risposta a questi problemi. È rappresentata dalla successiva fig. 5 in cui si vede come anche la recente legislazione non abbia dato risposte affidabili al problema della programmazione integrata dei servizi e delle rispettive risorse per farli adeguatamente funzionare Fig. 5 - La nuova programmazione locale.
PROGRAMMA DELLE ATTIVITÀ TERRITORIALI
art. 3 quater, d.lgs n. 229/99
sanitario
sociosanitario sociosanitario
sociale
PIANO DI ZONA
art. 19, legge n. 328/00
In particolare il quadro delle criticità principali è rappresentato dalla successiva fig. 6 in cui le stesse sono posizionate rispetto ai diversi centri di offerta (domiciliare, ospe daliera, residenziale, diurna) in termini di interfacce da riempire di contenuti tecnici e organizzativi.
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Fig. 6 – Integrazione e continuità assistenziale
Mappa dei percorsi integrati Cure domiciliari/ ospedale
Cure domiciliari Cure domiciliari/ residenziali
Cure domiciliari/ intermedie
Ospedale
Persona
Cure residenziali
Cure residenziali/ ospedale
Ospedale/ cure intermedie
Cure residenziali/ intermedie
Cure intermedie © Fondazione E. Zancan Onlus
È con questi problemi che la ricerca si è misurata, cercando di dare risposte di rilevanza conoscitiva e di rilevanza operativa incidenti sui bisogni delle persone e delle famiglie, in particolare dei soggetti più deboli e quindi più bisognosi di presa in carico professionale e comunitaria. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] C. Vergani, M. Corsi, M. Bezze, A. Bavazzano, T. Vecchiato, La valutazione multidi mensionale dell’anziano. Lo schema polare, in "Giornale di Gerontologia", 51/2003; C. Vergani, M. Corsi, M. Bezze, A. Bavazzano, T. Vecchiato, A polar diagram for com prehensive geriatric assessment, in "Archives of Gerontology and Geriatrics", Volume 38, Issue 2, March-April 2004. [2] P. Huxley, S. Reilly, E. Robinshaw, H. Mohamad, J. Harrison, B. Windle, T. Butler, Interventions and outcomes of health and social care service provision for people with severe mental illness in England. Social-Psychiatry-and-Psychiatric-Epidemiology, Vol 38 (1): 44-48, 2003. Tiziano Vecchiato è Direttore della Fondazione "E. Zancan" di Padova. 17 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
Titolo del progetto Anno di riferimento del bando Obiettivi
Coordinatore scientifico Responsabile amministrativo Soggetti partecipanti
Periodo di tempo in cui si è sviluppato il progetto
Tipologie di prestazioni e di servizi socio sanitari e valutazione dei relativi costi 1999 Individuazione delle tipologie di prestazio ni e di servizi a carattere socio sanitario e definizione dei criteri per la valutazione dei costi inerenti le prestazioni e i processi assistenziali dei servizi considerati afferenti al fondo sanitario o sociale. Verifica del l’impatto dell’utilizzo delle tipologie e dei criteri su base comparativa, in distretti di regioni diverse, in modo da validarli. Dott. Tiziano Vecchiato Fondazione E. Zancan - Padova Dott. Giovanni Martini Assessorato alle politiche sociali e alla salute - Trento Provincia Autonoma di Trento (regione “capofila”) Azienda provinciale per i servizi sanitari di Trento Azienda ULSS 3 Bassano del Grappa e Azien da ULSS 15 Cittadella Camposampiero (Regione Veneto) Azienda ASS 1 Triestina (Regione Friuli Venezia Giulia) Azienda USL Cesena (Regione Emilia Romagna) Azienda USL 1 Foligno (Regione Umbria) Azienda ASL 2 Savonese e Azienda ASL 4 Chiavarese (Regione Liguria) Azienda ASL Provincia di Lecco e Azienda ASL Provincia di Bergamo (Regione Lombardia) Azienda USL 4 Senigallia (Regione Marche) Fondazione E. Zancan - Padova 24 mesi
Data inizio attività progettuali:
1 agosto 2000
Importo finanziato dal Ministero della Salute
euro 205.000
Cofinanziamento da parte dei soggetti partecipanti
euro 1.026.000
18 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
SCHEDA 2
Realizzazione di una cartella clinica digitale
per il sistema informativo sanitario integrato
Ileano Bonfà
1. Come è nato il progetto L’ Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento (APSS) è responsabile della fornitura dei servizi sanitari sia ospedalieri che sul territorio. A questo fine sta sviluppando un sistema informativo sanitario integrato che supporti in modo continuativo le attività di prevenzione, cura e follow-up. I criteri guida del progetto di Sistema Informativo Sanitario sono: la persona al centro dei processi per la salute; unico ospedale virtuale; continuità assistenziale tra ospedale e assistenza primaria; introduzione del record sanitario elettronico. All’interno di questo contesto APSS si è impegnata, in collaborazione con la Provincia autonoma di Trento e Istituto Trentino di Cultura (ITC), nel progetto “Realizzazione di una cartella clinica digitale per il sistema informativo sanitario integrato” del programma dell’allora Ministero della Sanità per le ricerche e sperimentazioni gestionali - anno 1999 (art.12, comma2, lett. b, D.Lgs.502/92), presentato al Ministero e in seguito parzialmente approvato. 2. Obiettivi generali e specifici del progetto L’obiettivo generale del progetto è stata la definizione dello sviluppo di un prototipo di cartella clinica digitale multimediale che consenta la condivisione delle informazioni cli niche a più livelli tra ospedale e territorio, adottando allo scopo tecnologie innovative di sistema e di rete. E ciò in coerenza con le linee guida del Piano sanitario nazionale e del Piano sanitario provinciale sulla realizzazione di sistemi informativi sanitari integrati. In particolar modo il progetto ha inteso studiare il prototipo di un modulo sanitario che soddisfi le funzionalità tipicamente clinico-scientifiche del sistema informativo, utilizzando tecnologie e nuovi paradigmi di analisi, di progettazione e sviluppo delle applicazioni, che consentano l’adozione di sistemi aperti, uniformi, portabili ed interoperabili e che rispetti criteri di standardizzazione e sicurezza. Alla realizzazione del progetto hanno concorso: 1. l’Azienda provinciale per i servizi sanitari, attraverso il Servizio Sistemi Informativi (APSS); 2. l’Istituto Trentino di Cultura attraverso il Centro per la ricerca scientifica e tecnologica (ITC-irst). Compito dell’Unità operativa dell’APSS è stato quello di approfondire i dettagli tecnici dell’architettura del sistema, analizzando, a partire dai requisiti lo spettro delle soluzioni applicabili. A questo scopo si sono definiti una serie di parametri di valutazione, che sono 19 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
stati applicati ai prodotti e agli ambienti disponibili sul mercato. Sono stati individuare inoltre i problemi che possono rappresentare seri fattori di rischio nello sviluppo dell’ap plicazione. Compito dell’Unità operativa dell’ITC-irst è stato quello di analizzare e progettare il prototipo di una cartella clinica digitale, che fosse coerente con i fabbisogni degli utenti clinici e che fosse di efficace supporto ad una gestione integrata dell’utente paziente sul territorio. Il contributo dato dall’Unità operativa al progetto è stato relativo alle attività di: definizione dei requisiti, analisi e progettazione. 3. Fasi Il progetto si è articolato nelle fasi seguenti (per la prima fase si faccia riferimento al capitolo: Personale coinvolto): - definizione del gruppo di progetto - definizione dei requisiti - analisi e progettazione - valutazione delle Architetture Software Il dettaglio della ricerca condotta nelle varie fasi è descritto nel capitolo: Risultati. Definizione dei requisiti Da parte APSS, si è provveduto a redigere un documento specifico “Il progetto di Cartella Clinica Digitale del Sistema Informativo Ospedaliero: obiettivi e requisiti”[APSS2000] Da parte ITC-IRST si si è provveduto a redigere un documento “Requisiti e Use Cases” che recepisce, approfondisce e formalizza, anche interagendo con il personale sanitario referente, i requisiti espressi nel succitato documento. [ITC_IRST2000] Analisi e progettazione Da parte APSS, si è condotto uno studio relativo alle architetture: Architetture informative per il progetto “Realizzazione di una cartella clinica digitale per il sistema informativo sa nitario integrato” [APSS2001] Da parte ITC-IRST, si è condotto uno studio relativo all’analisi del sistema : “Progetta zione SIO- Modello di Analisi” [ITC_IRST2001a] ed uno relativo al design: ”Progettazione SIO- Modello di Design”.[ITC_IRST2001b] Valutazione delle Architetture Software Da parte APSS, si è provveduto a redigere un documento finale relativo alle architetture: Architetture informative per il progetto “Realizzazione di una cartella clinica digitale per il sistema informativo sanitario integrato” - Relazione finale [APSS2002] Da parte APSS, per valutare correttamente le scelte progettuali collegate all’individua zione dei componenti software e del loro partizionamento sui vari livelli del sistema si è proceduto ad implementare un sottoinsieme ridotto del sistema. L’ambiente realizzato è descritto nel documento “Valutazione delle Architetture Software per una Cartella Clinica Digitale” [BONFA2002].
20 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
4. Personale coinvolto Si dettagliano nel seguito il gruppo di progetto ed i ruoli relativi. Per l’APSS sono state coinvolte le seguenti persone e figure professionali: Persona Ileano Bonfà Leonardo Sartori Valter Dapor Damiano Vozza Mauro Dalla Torre Sergio Demonti Mauro Mattarei
Ruolo nel progetto Resp.scientifico del progetto Resp. U.O. Servizio Sistemi Informativi Analista e referente SSI per cartella clinica Analista e referente SSI per Osp.S.Chiara Analista e referente SSI per Sicurezza e Privacy Referente SSI Osp.S.Chiara per interfacciamento con SIO, PS Referente sanitario
Per l’ITC-IRST sono state coinvolte le seguenti persone e figure professionali:
Persona Antonella Graiff Stefano Forti Flavio Berloffa Francesca Demichelis Claudio Eccher Michele Galvagni Barbara Larcher Andrea Sboner
Ruolo nel progetto Resp. Coordinamento del progetto Resp.scientifico dell’Unità Operativa Progettista base dati Riferimento clinici Analista e progettista Sistemista Progettazione interfaccia utente Analista e progettista
5. Risultati raggiunti Definizione dei requisiti Sempre più spesso si parla dell’influsso delle nuove tecnologie, come Internet, sul cambia mento dei processi produttivi; in particolare si stima che nel giro di pochi anni una larga parte del traffico mondiale sarà dovuto al commercio elettronico, sia cittadino-azienda che azienda-azienda. Lo sviluppo di un nuovo sistema informativo sanitario deve necessariamente tenere conto di questa prospettiva; sono già elemento di discussione comune le Reti informative sanitarie globali (Global Health Information Networks) Tra i requisiti del sistema da progettare va posta la condizione che il sistema sia inte grabile in una Rete informativa sanitaria, tenendo presente i complessi i problemi orga nizzativi, di privacy e sicurezza implicati. 21 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
Secondo un documento ISO preliminare [SCH1999] i requisiti di un sistema di gestione automatizzata del dato sanitario si possono classificare nelle seguenti categorie: Correttezza del modello; Capacità descrittiva; Rappresentazione della conoscenza medica; Uso clinico; Portabilità; Interscambio e condivisione delle informazioni; Medico-legale; Etico; Privacy e sicurezza; Internazionalizzazione; Localizzazione; Implementazione; Evoluzione; Usi formativi; Collegamento con sistemi legacy; Nei documenti prodotti sono stati individuati dettagliatamente i requisiti cui si ritiene debba soddisfare il sistema ([APSS2000], [ITC2000]). Per quanto possibile si sono seguiti gli standard europei di informatica medica TC251, HL7v3 e GEHR . In base a questi requisiti sono stati definiti gli elementi di analisi e progettazione del sistema. In modo molto sommario, per quanto riguarda i requisiti medico-legali, l’informazione clinica deve essere registrata senza perdita di precisione dovuta all’uso del computer anziché del supporto cartaceo, in particolare chi inserisce deve poter vedere il risultato comples sivo della transazione, compresa la traduzione dei codici clinici inseriti. Ogni inserimento, modifica e cancellazione di un dato sanitario deve essere tracciato con i dati necessari. Il dato sanitario deve, in ogni momento, poter essere identificato in modo non ambiguo (il soggetto di cura e le informazioni relative sono identificati senza possibilità di errore) sia all’interno della struttura che nella trasmissione verso l’esterno. Sicurezza e privacy: con il diffuso utilizzo di sistemi in rete è aumentato il rischio per la diffusione o l’accesso non appropriato alle informazioni sensibili dei cittadini che hanno avuto contatti con l’organizzazione sanitaria. Esistono certo oggi le tecnologie appropriate, come crittografia a chiave asimmetrica, smartcard; la loro integrazione nei sistemi esistenti o in fase di sviluppo è comunque complessa, soprattutto per i riflessi organizzativi che comporta. Per quanto riguarda il nostro paese esistono inoltre stringenti normative rela tive a firma digitale (L.n.59 del 15.3.1997, DPR 513 10.11.1997, DPCM 8/2/1999, Dlgs. 23.1.2002 n.10) gestione privacy e sicurezza (Dlgs 196/2003). Per quanto riguarda l’utilizzo clinico, si evidenziano i seguenti requisiti: - disponibilità dei dati sanitari - accesso online al record sanitario e a tutti i precedenti record sanitari del paziente; - definizione di una cartella clinica di base comune a tutti i reparti per consentire l’inte grazione del processo di cura; inoltre ciascun reparto/dipartimento deve poter definire la propria cartella clinica specialistica; - usabilità dell’interfaccia utente - il sistema deve permettere una facile navigazione all’interno dei dati clinici del singolo paziente e tra i vari pazienti, con un numero minimale di maschere intermedie e con un efficace sistema di help; 22 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
- personalizzabilità del sistema - l’operatore sanitario deve avere a disposizione un ade guato sistema di interrogazione personalizzabile al fine di estrarre ed esaminare i dati clinici anche in forma grafica; - integrazione con sistemi già in uso come sistemi i trasversali di laboratorio, di radio logia, i refertatori vocali e le apparecchiature elettromedicali. Analisi In [ITC_IRST2001a] sono descritte in modo dettagliato le classi individuate nella fase di analisi del Modulo Sanitario del SIO. In particolare sono presentati gli elementi principali per la definizione di un Modulo Sanitario e le loro relazioni. Inoltre sono descritti i principali scenari e i diagrammi di interazione, così come individuati nei diagrammi dei Casi d’Uso. Per il modello ad oggetti la figura 1 (pagina seguente) mostra il diagramma principale delle classi di analisi. Progettazione e metodologia In [ITC_IRST2001b] viene chiarito che lo sviluppo di un sistema basato sulla separazione della conoscenza del dominio dal modello software è un’attività costituita da diversi pro cessi distinti: Progettazione e sviluppo del software: è il processo che definisce un modello generale per mezzo del quale può essere espressa ogni informazione di dominio, anziché definire modelli per un particolare concetto. Tale processo è a carico degli ingegneri del software, dei tecnici, dei programmatori e può essere svolto secondo le fasi classiche dello sviluppo Object Oriented. Sviluppo del vocabolario: lo scopo di questo processo è la definizione di una terminologia standard, comune ad ogni disciplina. In campo medico già da qualche tempo esistono vocabolari standardizzati come SNOMED, ICD-9, LOINC e, più recentemente UMLS (Unified Medical Language System). L’utilizzo di tali strumenti può consentire la rapida implemen tazione e l’interoperabilità del sistema. Purtroppo attualmente non esiste la versione in lingua italiana degli standard in campo internazionale riconosciuti. Sviluppo dell’Ontologia: lo scopo di questo processo è la definizione dei concetti propri del dominio. Tale processo deve essere affrontato dagli esperti del dominio attraverso oppor tune interfacce grafiche che ne facilitino lo sviluppo. L’utilizzo di XML e XML-schema per la definizione dei concetti e dei loro vincoli consente la creazione, la gestione, la diffusione e la valutazione della conoscenza indipendentemente dal particolare sistema software. Tale caratteristica principale consente il massimo grado di interoperabilità di concetti fra diversi sistemi. Codifica dei Dati di Riferimento del Dominio: lo scopo di questo processo è di integrare nel sistema dati di “riferimento” come, ad esempio, i dati dei farmaci, i dati relativi al personale sanitario ed alle strutture, le informazioni anagrafiche dei pazienti, ecc. Sicurezza e privacy: un’opportuna infrastruttura di sicurezza e di protezione dei dati e la raccolta del consenso all’utilizzo dei propri dati da parte del paziente, oltre ad essere requi siti di legge, consentono di migliorare la confidenza nell’utilizzo del sistema e di ottenere un ottimo livello di qualità. È quindi necessario codificare le procedure per lo sviluppo e la gestione dei protocolli di sicurezza. Valutazione delle architetture L’analisi effettuata precedentemente consente di definire l’architettura informatica e le linee guida con cui costruire la componente client dell’applicazione Cartella Clinica. 23 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
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24
#indirizzo #indirizzo e-mail
#professione #numeroReg
Persone:: Personale curante
Persone:: Infermiere/a
Persone:: Studente
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Studio
*
#professione #numeroReg
1
appartiene a
usa
Persone:: Tecnico
1
*
#idCaso #classif. SNOMED
gestisce
#codiceSanitario
Persone::Paziente
raccoglie
#professione #numeroReg
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*
definisce
Persone:: Medico
Persone:: Segretario/a
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1
Persone:: Utente Sanitario
è responsabile cura
#nome #data di nascita #sesso
Persone:: Persona
*
*
1
raccoglie
*
#nome #locazione
Dispositivo elettromedicale
è validata da
*
*
#idOsservazione #nome #info_provider : Persona #dirittiAccesso #commento
Osservazioni:: Osservazione
«precondition» {Un'Osservazione è associata ad una Cartella Clinica, oppure è aggregata ad una Transazione.}
*
appartiene a
0..*
*
1..*
1
0..1
1..*
1
#idTransazione #dirittiAccesso #dirittiCorrezione #dataCreazione
Transazioni:: Transazione Sanitaria
riferita a
0..1
#idCCE #data_creazione
#versione #dataConferma
Transazioni:: Versione Transazione Sanitaria
*
Cartella Clinica Elettronica (CCE)
1
Fig. 1
L’interazione tra il client e la Cartella Clinica avviene tramite, ed unicamente, attraverso l’engine di presentazione. A sua volta l’engine di presentazione interagisce con l’applicazione attraverso componenti che vengono definiti essere “Business Objects”. Oggetti di business Lo scenario illustrato suggerisce che la componente “lavoro del sistema informativo” venga
fornita dalle interazioni tra:
Esterno --> Business Objects;
Business Object --> Business Object;
Business Objects --> Esterno.
Le interazioni sono rese possibili dalla formalizzazione dallo strato elaborativo denomi nato Middle Tier. Se il concetto di client è abbastanza intuitivo e immediato, non è altrettanto semplice illustrare la composizione e delimitare le funzioni del middle tier (lett. livello interme dio). Non è possibile stabilire una corrispondenza biunivoca tra il middle tier ed una specifica unità hardware o software come effettuato nel caso del client: è utile, al contrario, raggrup pare all’interno di questo livello alcune entità o unità logiche necessarie all’implementazione di altrettante funzionalità. Middle tier In particolare possiamo collocare all’interno del middle tier le funzionalità seguenti: - funzionalità raggruppabili all’interno del Web Container (contenitore di applicazioni utilizzanti l’architettura Web). A questo insieme appartengono: il motore di rendering utilizzabile per la realizzazione delle presentazioni; i file XSL e CSS; eventuali cgi-bin, servlet ecc...; - server transazionale: un Enterprise Java Beans server, in grado di assolvere alle funzioni di: esecuzione e consistenza delle transazioni; deployment degli oggetti di business; services supplier per gli oggetti di business; - eventuale server transazionale per documenti, in genere un XML server, in grado di scambiare e generare dati in formato XML (fig. 2); - servizi aggiuntivi come: mail services, message services, directory services. Viene considerata come Unità componente del middle tier l’unione di uno o più tra gli oggetti elencati in precedenza, organizzati secondo un insieme coerente per funzionalità e architettura logica. La piattaforma da adottare deve supportare applicazioni distribuite che si avvantaggino di un largo spettro di nuove tecnologie e semplifichino lo sviluppo attraverso un modello basato su componenti. Il paradigma scelto deve supportare sia applicazioni strutturate su più livelli, fruibili attraverso l’Intranet aziendale, che basate su portali per l’e-Commerce attraverso Internet. 6. Aspetti positivi Si ritiene che il progetto si concluda positivamente dal punto di vista scientifico. In par ticolare si considera raggiunto l’obiettivo di definire l’architettura di una cartella clinica digitale multimediale che consenta la condivisione delle informazioni cliniche a più livelli tra ospedale e territorio, adottando allo scopo tecnologie innovative di sistema e di rete. 25 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
Fig. 2
Client
Browser Client Tier
CORBA/EJB Container
Web Container Middle Tier
Enterprise Information System EIS Tier
Sulla base dei risultati ottenuti si rileva la possibilità di avviare la fase di ricaduta tecnologica volta a realizzare un modulo sanitario che soddisfi le funzionalità tipicamente clinico-scientifiche del sistema informativo, utilizzando le tecnologie e i nuovi paradigmi di analisi, di progettazione e sviluppo delle applicazioni descritti nel corpus dei documenti prodotti dal progetto. Di tale ricaduta tecnologica potrebbe inizialmente beneficiare – anche in vista della correlata e necessaria analisi organizzativa volta alla reingegnerizzazione dei processi in atto – un sottoinsieme di unità operative sanitarie. L’implementazione del sistema, se correttamente pianificata, cambierà in modo signifi cativo il rapporto tra il cittadino e le strutture sanitarie, con vantaggi come: - miglioramento della precisione e completezza del dato sanitario del cittadino; - miglioramento della qualità della cura; - aumento del coinvolgimento dell’utente nel processo di cura; - supporto per ottenere una migliore informazione e prevenzione nell’ambito della salu te. 26 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
Allo stesso tempo le organizzazioni sanitarie potranno trovare vantaggi diversi relati vamente alle aree del processo di cura e alla economia di gestione: - disponibilità di informazioni in tempo reale, basate su modelli e terminologie cliniche condivisi; - sistema basato su standard ed interoperabile in modo sicuro; - informazioni per ottimizzare i processi esistenti e razionalizzare l’impiego delle risor se; - disponibilità delle informazioni sanitarie nei vari punti del territorio sui cui si muove l’utente; - dati per ricerca medica e studi epidemiologici. 7. Criticità riscontrate L’implementazione con successo di un sistema automatizzato per la gestione del dato sa nitario presuppone che vengano riconosciuti e affrontati i principali problemi. Si ritiene che una classificazione possa essere (v. anche [SHO1999], [GI1999] p.45 e sg.): - Motivazione e formazione del personale: si richiede all’operatore del sistema un cambia mento nel modo di lavorare che sarà accettato solo se comporterà anche per l’operatore benefici effettivi. In particolare il Data entry da parte dei medici è sempre stato un punto critico che si è cercato di risolvere anche con mezzi quali riconoscitori vocali o compilazioni di moduli destinati alla lettura con scanner. Nell’avviamento di un nuovo sistema è impossibile sopravvalutare l’importanza di una adeguata formazione; necessità dovuta anche alla mancanza di formazione specifica nei corsi universitari e nelle scuole infermieri. Secondo alcuni studi ([GI1999], p. 2) si stima che il costo della formazione possa incidere fino al 40% dei costi complessivi del sistema. - Cambiamenti organizzativi: collegato con il precedente, significa che l’introduzione di un sistema automatizzato comporterà all’interno dei reparti l’adozione di nuove metodologie relativamente a: protocolli, gestione dati clinici, passaggio da una gestione del caso clinico a una gestione del paziente/utente. L’attivazione del nuovo sistema presuppone quindi una pianificazione che comprenda: analisi costi/benefici, schedulazione temporale delle varie fasi, formazione - Standard in informatica medica: si deve rilevare una scarsissima applicazione, in partico lare nel nostro paese, degli standard esistenti in informatica medica (p.es. TC251, HL7, CORBAmed). Gli standard esistenti per la terminologia clinica (ICD9, ICD10, SNOMED, UMLS, DICOM etc) non sono accettati da tutti o non coprono tutte le aree necessarie ai bisogni clinici. - Integrazione e interoperabilità: il sistema informativo ospedaliero è destinato a integrarsi con gli altri sistemi informativi dell’organizzazione; infatti le stazioni di lavoro dei medici devono interfacciarsi orizzontalmente con una serie di sistemi amministrativi, contabili, clinici e inoltre devono raccogliere e scambiare dati con fonti diverse come laboratorio, farmacia, radiologia, anatomia patologica; è importante che si possa accedere a tutti questi servizi con interfacce quanto più possibile uniformi. La risoluzione di questo problema implica però l’adesione a una serie di standard dei vari sistemi coinvolti; infatti oggi il sistema informativo sanitario globale di una organizza 27 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
zione risulta necessariamente dal collegamento di sistemi multi-vendor che utilizzano tecnologie diverse, a volte non basate su standard, che ha condotto all’insoddisfazione di molti utenti del settore. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Per consentire un corretto inquadramento del progetto all’interno di un settore della co noscenza in rapidissima evoluzione si tenga presente che lo stesso si è svolto nell’arco di tempo dal 1-6-2000 al 30-06-2002; in conseguenza non si è provveduto ad aggiornare i riferimenti relativi alla letteratura scientifica consultata. [1] [ADAMS2002] D.J. Adams, Programming Jabber, O Reilly, 2002. [2] [AIPA1999] Autorità per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione, Servizio di Cooperazione Applicativa, Servizio di cooperazione applicativa basato su eventi, Report basato su Eventi Gruppo di lavoro AIPA - Anasin, Assinform, Assintel sulla cooperazione applicativa, Roma, 15 ottobre 1999. [3] [ALBITZ1992] P. Albitz., C. Liu, DNS and BIND, O Reilly, 1992. [4] [ALUR2001a] D. Alur, J. Crupi, D. Malks, Core J2EE Patterns, Best Practices and Design Strategies, 2001. [5] [ALUR2001b] D. Alur, J. Crupi, D. Malks, Core J2EE Patterns, Prentice Hall, 2001. [6] [APSS2000] I. Bonfà, Il progetto di Cartella Clinica Digitale del Sistema Informativo Ospedaliero: obiettivi e requisiti, Servizio Sistemi Informativi Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari, Trento, 2000. [7] [APSS2001] Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari, Architetture informative per il progetto “Realizzazione di una cartella clinica digitale per il sistema informativo sanitario integrato”. [8] [AMADG1997] American Medical Association, Documentation Guidelines for Evaluation and Management Services, May, 1997. [9] [ANDER1995] R. Anderson, NHS-wide networking and patient confidentiality, BMJ, 1995;311:5.6. [10] [BAKER1997] D.B. Baker et al., PCASSO: Applying and Extending State-of-the Art Se curity in the Healthcare Domain, Annual Computer Security Applications Conference, 1997. [11] [BEALE1999] T. Beale, S. Heard, The GEHR Object Model Technical Requirements, The GEHR Foundation, 1999. [12] [BONFA1992] I. Bonfà et al., Development project for an integrated expert system in the prognosis of chronic liver disease, Proceedings of the seventh World Congress on Medical Informatics, Geneve, 1992. [13] [BONFA1995] I. Bonfà, A Hypermedia System for the Explanation of the Reasoning of a Medical Expert System (in italian), Congresso della Società Italiana di Realtà Virtuale, 7 Aprile 1995. [14] [BONFA2002] Servizio Sistemi Informativi Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari Trento, “Valutazione delle Architetture Software per una Cartella Clinica Digitale”, 2002. [15] [BONIF2000] A. Bonifati, S. Ceri, Comparative Analysis of Five XML Query Languages, Published in ACM Sigmod Record, March 2000. [16] [CAMP1998] Campbell et al., UMLS: A Collaborative Approach to Terminologic Problems, JAMIA. 1998;5:12 16. 28 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
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30 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
Titolo del progetto Anno di riferimento del bando Obiettivi
Coordinatore scientifico Responsabile amministrativo Soggetti partecipanti
Periodo di tempo in cui si è sviluppato il progetto
Realizzazione di una cartella clinica digitale per il sistema informativo sanitario integra to 1999 Sviluppo di un prototipo di cartella clinica digitale multimediale che consenta la con divisione delle informazioni cliniche del l’utente-paziente a più livelli tra ospedale e territorio, adottando allo scopo tecnologie innovative di sistema e di rete. Dott. Ileano Bonfà Azienda provinciale per i servizi sanitari Servizio Sistemi informativi - Trento Dott. Giorgio Paolino Assessorato alle politiche sociali e alla salute - Trento Assessorato alle politiche sociali e alla salute - Trento Azienda provinciale per i servizi sanitari - Trento ITC-irst - Trento 24 mesi
Data inizio attività progettuali:
1 luglio 2000
Importo finanziato
euro 155.000
Cofinanziamento da parte dei soggetti partecipanti
euro 103.000
Ileano Bonfà è Dirigente presso il Servizio Sistemi informativi dell'Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento. 31 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
32 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
SCHEDA 3
Metodi informatici predittivi per la mitigazione
del rischio da incidenti stradali
Cesare Furlanello
1. Come è nato il progetto Nel 1999 la Provincia autonoma di Trento ha individuato la necessità di disporre di una base scientifica e tecnologica per la programmazione di interventi mirati alla mitigazione del danno da incidenti stradali. Due elementi sono risultati subito evidenti al gruppo di lavoro formato da ITC-irst, Direzione per la Promozione e l’Educazione alla Salute della Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari, e Servizio Innovazione e formazione per la salute della Provincia autonoma di Trento: (i) la mancanza di una metodologia per la rilevazione tempestiva e accurata dei dati di incidentalità stradale unificata su scala provinciale, e (ii) la sconnessione tra i flussi dati del Sistema Informativo Sanitario e quelli generati dalle diverse Forze impegnate nel rilievo degli incidenti. Con il resto d’Italia, il Trentino condivideva una carenza strutturale di integrazione tra i differenti archivi relativi alle conseguenze sanitarie degli incidenti e i dati di rilievo. A questo proposito risultavano evidenti e documentati dalla comunità scientifica i limiti della procedura ISTAT-ACI di comunicazione obbligatoria delle caratteristiche degli incidenti. In particolare andavano affrontati i problemi della sottostima del numero di incidenti (come dimostrato in due studi sperimentali del Comune di Milano e della Provincia di Torino, ma mai valutati per il Tren tino), un forte ritardo nella disponibilità del dato (fino a due anni per un dato aggregato a risoluzione comunale), nessuna valorizzazione dei flussi dati sanitari per la valutazione delle conseguenze nel tempo e dei costi sociali ed individuali degli incidenti stradali. Com plessivamente, andava affrontato il problema dell’identificazione di situazioni di rischio e di rischio emergente creando un processo di monitoraggio e analisi quantitativamente e qualitativamente omogeneo su scala provinciale. Problematiche simili erano state in precedenza affrontate per la raccolta dati e l’ela borazione di modelli predittivi per epidemiologia spaziale da MPA (Modelli Predittivi per l’Ambiente), una linea di ricerca della divisione S.S.I. dell’ITC-irst. In particolare, erano stati realizzati modelli numerici basati su dati georiferiti e integrati in Sistemi Informativi Geografici (GIS), creando una tecnologia basata sull’utilizzo di Internet per la raccolta tempestiva di dati epidemiologici e per l’accesso ai risultati tramite cartografie digitali e database relazionali (WebGIS). L’esperienza di collaborazione con centri di ricerca e am ministrazioni (CEA, Servizio Foreste e Fauna PAT, Servizio Strade PAT, USL Belluno) aveva mostrato le potenzialità innovative dei sistemi WebGIS per favorire l’integrazione di dati provenienti da organizzazioni funzionalmente differenti che gestiscono fasi specifiche del trattamento e dell’elaborazione del dato territoriale. La possibilità di creare una piattaforma sperimentale di monitoraggio dei dati dell’incidentalità stradale apriva quindi la prospettiva di un supporto alle attività di studio del fenomeno già attivate e in corso di attivazione da parte della PAT e della APSS, in particolare dall’Osservatorio Epidemiologico. Inoltre, 33 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
si prospettava con questo progetto la costruzione di un’infrastruttura in grado di fornire un’analisi sistematica del rischio e strumenti di supporto all’intervento preventivo di mi tigazione del rischio da incidente stradale, disponibili a decisori nei settori della Sanità, delle Infrastrutture e Trasporti, della Sicurezza territoriale. 2. Obiettivi generali e specifici del Progetto Obiettivo principale del progetto MITRIS è stato quello di concorrere alla riduzione della mortalità e lesività degli incidenti stradali tramite nuove tecnologie informatiche e stati stiche dedicate al monitoraggio e al supporto alla prevenzione. Sulla base di un sistema di dati georiferiti, si è mirato a fornire la localizzazione precisa degli incidenti e l’unificazione dei flussi dati prodotti dalle istituzioni che presidiano il problema (forze dell’ordine, organi sanitari, strutture preposte al pronto intervento). In particolare, la tecnologia del progetto è stata indirizzata a fornire funzionalità di analisi tempestiva degli aspetti epidemiologici (ambientali e comportamentali). La ricerca è stata strutturata attraverso la realizzazione dei seguenti obiettivi specifici intermedi: − sviluppo di un servizio sperimentale di monitoraggio, attivo tramite il sito pilota http: //mitris.itc.it − implementazione di un metodologia veloce ed efficace per la raccolta e trasmissione dei dati; − standardizzazione delle informazioni raccolte (unificazione informatizzata dei verba li); − realizzazione di un’infrastruttura e di metodi informatici per l’unificazione dei flussi di dati sanitari di primo soccorso, dei dati SDO, e di quelli di rilevamento incidenti; − costruzione di metodi di data mining statistico per l’identificazione automatica di aspetti epidemiologici strutturali e delle situazioni emergenti di rischio (mappe predittiva di rischio). I risultati di MITRIS sono messi a disposizione via web, differenziando i livelli di acces so per gli organi decisori e gli utenti base, permettendo di monitorare con tempestività l’evoluzione del rischio di incidentalità sul territorio provinciale. 3. Fasi La fase operativa del progetto è iniziata ufficialmente nel luglio 2001 in seguito alla Con venzione con il Ministero della Salute, con finanziamento attivato a partire da gennaio 2002. Il progetto si è ufficialmente concluso a dicembre 2003 per un totale di 24 mesi effettivi di progetto. A partire dal gennaio 2004 è proseguita un’attività di raccolta dati e consolidamento del prototipo, sostenuta da ITC-irst. Alla fine di giugno 2004 sono stati approvati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti due progetti relativi alla costi tuzione di centri di monitoraggio per la provincia di Trento e per la regione Friuli-Venezia Giulia, entrambi basati sulle tecnologie di MITRIS. Il Progetto MITRIS si è articolato in 5 fasi principali. Fase 1: Attivazione di collaborazioni con le forze dell’ordine Questa fase preliminare del Progetto ha riguardato la definizione di una procedura unificata 34 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
di raccolta dei dati di rilievo. A tale scopo, con il sostegno del Commissariato del Governo della provincia di Trento, sono state attivate collaborazioni attive con le forze dell’ordine, definendo le modalità operative di integrazione del dato cartaceo o elettronico raccolto all’interno del database MITRIS. La durata di tale fase era prevista inizialmente per alcuni mesi; in realtà l’attivazione effettiva delle collaborazioni ha richiesto un tempo decisamente superiore (quasi due anni). La durata di questa fase è da ascrivere all’eterogeneità delle fonti, che ha richiesto soluzioni per la provincia di Trento che sono valide più in generale. All’interno di questa fase sono state trattate le problematiche di trattamento dei dati in accordo alle norme della legge sulla privacy Fase 2: Specifica della struttura della base dati unificata del Progetto Per realizzare una base dati unificata per il progetto è stato necessario specificare uno standard per la struttura dati in base alle normative nazionali vigenti e a standard inter nazionali a cui si presume il nostro paese dovrà in futuro adeguarsi. Sono stati studiati e sistematicamente integrati nel database MITRIS i risultati dei principali progetti EU nel settore della sicurezza viaria. In particolare, si è cercato di garantire il posizionamento del progetto all’interno delle direttive europee per la creazione di sistemi di rilevamento di incidenti e delle loro conseguenze sanitarie. I principali progetti a cui si è fatto riferimento sono CARE PLUS/2 (EU), STRADA (Swe), STAIRS (Fra, Uk, Ger). Gli standard ricavati da questi progetti sono stati confrontati con 13 classi di procedure vigenti: Prontuari della Polizia Municipale di Trento, Carabinieri, Polizia Stradale, Polizia Municipale Alta Valsugana, Polizia Municipale di Arco, Polizia Municipale Bassa Valsugana, Polizia Municipale di Cles, Polizia Municipale di Fiemme, Polizia Intercomunale Avisio, Polizia Municipale di Moena, Polizia Municipale di Mori, Polizia Municipale di Riva del Garda, Polizia Municipale di Rovereto. Il confronto ha permesso di definire una struttura univoca per i documenti elettronici da importare automaticamente nel database MITRIS; si è in particolare ottenuta una versione di scheda di rilievo informatizzata compatibile con le classi di procedure esistenti su scala provinciale, nazionale e compatibile con gli standard internazionali. Fase 3: Sviluppo di un prototipo di sistema di monitoraggio È stato sviluppato un Sistema Integrato di Monitoraggio (SIM-MITRIS) basato su tecnologie GIS (per la realizzazione delle mappe), WebGIS (per l’interazione via Internet) e di database spaziale relazionale (RDBMS). SIM-MITRIS è completo di un’interfaccia-utente ideata per l’unificazione tempestiva e accurata su base territoriale dei flussi dei dati di rilevamento incidenti. Le principali componenti del sistema informatico sviluppato sono un software per la gestione dei dati ed un’interfaccia grafica dedicata in grado di visualizzare ed inserire la localizzazione degli incidenti stradali della Provincia di Trento, e quindi di accedere alle informazioni della base dati tramite query sia in modalità grafica che testuale. L’interfaccia è inclusiva di algoritmi per l’interpretazione statistica e grafica dell’incidentalità nel territorio d’analisi. L’interfaccia si adatta automaticamente alla risoluzione del monitor dell’utente permettendo un utilizzo ergonomico del sistema. Il SIM-MITRIS è composto da 5 sezioni principali (Mappa, Monitoraggio, Ricerca, Stati stiche e Help). Le sezioni sono definite come segue: Mappa. La sezione mappa permette di georiferire e visualizzare, su base cartografica (CTN 1: 2000 Trento, Carta tecnica 1:10000 per la Provincia, Ortofoto a colori del volo Italia2000), i siti degli incidenti. Il tematismo incidenti può essere visualizzato anche suddiviso per categorie, quali ad esempio utenti deboli (pedoni, ciclisti), violazioni del Nuovo Codice della Strada, o per caratteristiche dell’infrastruttura viaria. Sfruttando le informazioni delle 35 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
cartografie di base è stato realizzato un sistema d’indirizzamento per toponimo per tutta la Provincia di Trento, specializzato all’indirizzamento per strada e numero civico per tutta la città di Trento e località. Monitoraggio. Permette di visualizzare in tempo reale il grado di popolamento del database suddiviso per forza dell’ordine: Polizie municipali, Carabinieri e Polizia Stradale. Ricerca. Permette di visualizzare le informazioni principali degli incidenti inseriti: data, ora, prima strada ed eventuale seconda strada (se l’incidente si è verificato su di un’intersezio ne stradale), numero di veicoli coinvolti e numero di feriti. È disponibile una modalità di ricerca avanzata che permette di visualizzare la localizzazione in mappa e ricavare delle informazioni più dettagliate dell’incidente (natura dell’incidente, comune, eventuale pro gressiva chilometrica, violazioni contestate connesse al sinistro, ruolo dell’infortunato e relativi dati sanitari: “Trentino Emergenza 118”, Pronto Soccorso, e Schede di Dimissione Ospedaliera). Statistiche. È una sezione dedicata alle statistiche descrittive e all’applicazione di metodi di data mining statistico per l’identificazione automatica delle situazioni emergenti di rischio. Help. È una guida utente dedicata alla descrizione delle istruzioni base di uso del software, contenente indicazioni e dettagli necessari alla navigazione nell’interfaccia di WebGIS. Fase 4: Sperimentazione e analisi del sistema di monitoraggio Per valutare il prototipo sviluppato, è stata svolta un’attività sistematica di analisi e test. Attraverso di essa è stato possibile stimare il tempo necessario a una raccolta dati esaustiva, testare la qualità dei dati raccolti e l’allineamento con la base dati sanitaria, nonché individuare alcune zone a rischio emergente, per cui risultano indicati interventi infrastrutturali e, a breve termine, di prevenzione. La validazione della metodologia sviluppata si è basata sull’analisi completa e il ricono scimento dei punti a maggior rischio di incidente stradale per aree campione significative (Comune di Trento, Comprensori Alta e Bassa Valsugana, Comprensorio Basso Sarca). Le analisi hanno permesso di evidenziare specifici fenomeni di rischio su base spazio-temporale, ed elementi di particolare rischio per tipologia dei mezzi coinvolti o delle classi di utenti deboli coinvolti. Analisi di altro tipo sono attualmente in corso per l’area urbana di Trento, in particolare con il confronto fra il periodo antecedente e successivo all’introduzione del nuovo Codice della Strada, per l’Autostrada del Brennero, e a maggior livello di dettaglio per le zone già analizzate. I dati raccolti attraverso il sistema sopra descritto vengono poi organizzati ed elaborati attraverso un sistema RDBMS (PostgreSQL e PostGIS per la gestione dei dati territoriali), integrato a GIS (GRASS) e a software statistico (sistema R) per la creazione di mappe tematiche per l’elaborazione statistica dei dati. Una specifica valutazione è stata svolta per l’analisi della qualità del dato sanitario raccolto, considerando patologie traumatiche di particolare significatività dal punto di vista dei costi sanitari. 4. Personale coinvolto Il progetto MITRIS è stato svolto da un gruppo di lavoro interdisciplinare formato da ri cercatori e tecnici dell’ITC-irst di Trento e personale medico e specialistico dell’APSS del Trentino. Hanno partecipato: 36 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
- Unità di ricerca ITC-irst, Trento: C. Furlanello (Resp. Scientifico del Progetto), G. Zanon, G. Dallago (anche APSS), S. Menegon, S. Fontanari, R. Blažek, G. Jurman, S. Merler, E. Paoli. - Unità di ricerca APSS, Trento: S. Piffer, F.M. Pirous, A. Zini, S. Demonti. L’unità dell’ITC-irst si è occupata prevalentemente dello sviluppo delle tecnologie GIS, WebGis e statistiche, della raccolta dei dati di rilievo e dell’analisi territoriale. L’unità dell’APSS si è dedicata alla costruzione di un database sanitario unificato e alla valutazione delle possibili applicazioni del SIM-MITRIS sulle relazioni tra localizzazione e lesività, e per le relazioni tra gestione sanitaria e conseguenze degli incidenti stradali. 5. Risultati raggiunti Il progetto MITRIS ha permesso di ottenere i seguenti risultati: A. Risultati sanitari; B. Risultati per il miglioramento della sicurezza stradale; C. Completezza dei dati raccolti; D. Analisi spazio-temporali e sviluppo di modelli di rischio emergente; E. Collaborazioni attivate. A. Dal punto di vista della prevenzione e della gestione sanitaria, i principali risultati rag giunti riguardano lo sviluppo e la sperimentazione di metodi informatici per: 1. Collegamento (link) dei dati di rilievo incidente ai flussi informatici del Sistema In formativo Sanitario dell’APSS relativi agli incidenti stradali: “Trentino Emergenza 118”, Pronto Soccorso, Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO). 2. Interrogazione e visualizzazione on-line tramite interfaccia WebGIS dei dati sanitari associabili ai rilievi di incidente stradale. 3. Realizzazione di mappe tematiche digitali e analisi statistiche in associazione ai dati dei rilievi di incidente, per coinvolto o aggregate per evento, per: 3.a. Interventi 118 (es: scala del coma di Glasgow). 3.b. Numero e tipologia di analisi di accertamento (laboratorio, Rx, TAC) richieste dal Pronto Soccorso. 3.c. variabili dai dati S.D.O. (es: gg. Degenza, ICD9) 4. Analisi specifica per la patologia Trauma cranico: TC come prima diagnosi e come I,II,III,IV,V complicanza. Analisi del costo sanitario delle degenze per trauma cranico per il Comune di Trento per l’anno 2000. Per i principali flussi di dati sanitari sopra citati, sono state eseguite verifiche di accu ratezza e completezza del dato informatizzato. B. Dal punto di vista del miglioramento della sicurezza stradale tramite messa in sicurezza della rete viaria, analisi della localizzazione e dei fattori di rischio, rafforzamento dell’azio ne di educazione e prevenzione, i principali risultati raggiunti riguardano lo sviluppo e la sperimentazione di: 1. un Sistema Integrato di Monitoraggio (SIM-MITRIS), amministrato e utilizzabile via in ternet, accessibile con password al sito web http://mitris.itc.it. Il sistema è attualmente in uso, sia per l’introduzione di dati che per l’analisi di situazioni a rischio. È inoltre disponibile, previa registrazione dell’utente, l’accesso a una versione base del sito che 37 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
permette di visualizzare la cartografia per la consultazione delle localizzazioni; 2. un database centrale per dati raccolti a scala provinciale, basato sul software Open Source di gestione PostgreSQL con estensione PostGIS per il trattamento di dati georiferiti; 3. protocolli informatizzati per il caricamento dati con georeferenziazione di tutti i siti di incidente a partire da differenti database locali (Polizia Stradale, Polizie municipali dotate di sistemi informatici), o tramite un nuovo Prontuario Elettronico conforme ai rispettivi moduli cartacei (Carabinieri, altre Polizie municipali); 4. cartografie on-line del rischio; 5. procedure statistiche, sia riassuntive (grafici e tabelle disponibili on-line), che di analisi per sito (schede riassuntive integranti rilievi di incidenti e dati sanitari); 6. modelli per l’identificazione di situazioni emergenti di rischio. C. Dal punto di vista dei dati raccolti utilizzando le tecnologie del progetto MITRIS, i prin cipali risultati raggiunti sono: 1. Sviluppo del database MITRIS. Attualmente sono stati raccolti i seguenti dati: 1a. dati raccolti per il periodo 1997-2003; 1b. incidenti con feriti: 6590; 1c. copertura percentuale territoriale tramite le collaborazioni attivate per l’anno 2002 - Comune di Trento: 100%; - Provincia di Trento: 70%; - S.S. 47 della Valsugana: 100%. 2. Confronto con dato ISTAT 2002: 2a. Comune di Trento: Numero incidenti con feriti: +7,8 %; 2b. Comprensori C3-C4 (Valsugana): Numero incidenti con feriti: +17,0%; 2c. S.S. 47 della Valsugana: Numero Incidenti con feriti: +75,7%. 3. Link tra dato sanitario e dato di rilievo (anni 2000-2002): 2513 feriti MITRIS analizza ti: 3a. 542 interventi di Trentino Emergenza 118; 3b. 2907 accessi al Pronto Soccorso (accessi multipli Ospedale S.Chiara e C.T.O. Villa Igea);
3c. 386 ricoveri ospedalieri S.D.O.;
3d. linkati in totale il 90,1% dei feriti MITRIS.
D. Analisi spazio-temporale e sviluppo di modelli di rischio emergente; Sono stati identificati i punti a maggior rischio di incidente stradale sia per tutto il territorio provinciale sia per alcune aree campione (comune di Trento, Comprensori della Valsugana e Comprensorio del Basso Sarca). Esempi di analisi sperimentale tramite densità di rischio e modello di rischio emergente: − Mappe di rischio per la S.S. 47 (ad elementi di 100 metri, sia giornaliera media che per fasce orarie) La metodologia utilizzata prevede la creazione di una mappa di densità spaziale. Si è applicato uno stimatore a kernel Gaussiano (σ = 200m) per ciascuno dei 293 siti di incidente e si è valutata la densità lungo il tracciato della Strada Statale 47 della Valsu gana dal km 131+900 fino al km 74+600. È stata poi eseguita una normalizzazione della mappa di densità e si è prodotto il tematismo finale (Fig. 1) che riporta il n° incidenti km/anno lungo tutta la S.S. 47. 38 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
Fig. 1 - Mappa di densità della S.S. 47.
- Modello di rischio emergente per la S.S. 47, con l’individuazione di 6.1 km ad alto rischio (accuratezza 91%). Il metodo si basa sulla presenza di una sostanziale correlazione delle densità di ri schio per finestre temporali consecutive, che permette quindi di interpretare variazioni significative tra le densità stimate sullo storico e quelle sul periodo corrente come un’indicazione di rischio.
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Fig. 2 - Confronto tra le densità di rischio per due tratti previsti a rischio emergente per il biennio 2002-2003 (sopra), e l’effettiva localizzazione degli eventi (sotto).
Nota: il verso della chilometrica è sud-nord per la S.S. 47.
- Mappe di rischio per investimento di pedoni per il Comune di Trento (sia giornaliera media che per fasce orarie). La procedura prevede la creazione di una mappa di densità spaziale dei casi in oggetto. È stato utilizzato uno stimatore a kernel Gaussiano (σ = 25m), con base cartografica il reticolo viario del Comune di Trento; individuazione delle 22 aree a maggior densità di rischio. La densità minima per queste zone è 250 volte superiore alla densità media di evento calcolata sul reticolo viario comunale (0,1 investimenti di pedoni ogni 100 m). 40 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
Fig. 3 - Mappa delle aree ad alta densità.
E. Collaborazioni attivate. Grazie al patrocinio del Commissariato del Governo di Trento, sono stati raggiunti fondamentali accordi di collaborazione con il Comando Provinciale dei Carabinieri ed il Comando Provinciale della Polizia Stradale: - Il Comando Provinciale dei Carabinieri ha partecipato alla realizzazione di un software per l’informatizzazione dei verbali (Prontuario informatizzato), utilizzato per una fase sperimentale di raccolta dati con le Compagnie Comando di Trento e di Borgo, per il Comune di Trento, per la S.S. 47 e per i Comprensori C3-C4 (Alta Valsugana, Bassa Val sugana); - Tramite la Polizia Stradale di Trento, è stato raggiunto un accordo pilota con il Coman do Nazionale della Polizia Stradale per l’accesso diretto in locale ai dati di rilievo già informatizzati per la Provincia di Trento; - In tempi diversi, è stata attivata la collaborazione con la Polizia Municipale di Trento e successivamente con i seguenti Corpi di Polizia Municipale della Provincia Autonoma di Trento: Alta e Bassa Valsugana, Arco, Cles, Fiemme, Intercomunale Avisio, Moena, Mori, Intercomunale Riva del Garda-Tenno e Rovereto. 41 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
Da un punto di vista scientifico, si segnalano i contatti attivati con: - SIPSIVI, Società Italiana di Psicologia della Sicurezza Viaria; - S.I.M.E.U.: Società Italiana di Medicina d’Emergenza-Urgenza; - TRANSCRIME, centro interuniversitario dell’Università degli Studi di Trento e dell’Uni versità Cattolica del Sacro Cuore di Milano, gestore delll’Osservatorio sulla sicurezza nel Trentino. Le attività del progetto sono state presentate in occasione di conferenze d’interesse nazionale: - Conferenza del Traffico e della Circolazione, Riva del Garda, settembre 2001 e aprile 2002; - Prima Conferenza Nazionale sui Traumi della Strada, Roma settembre 2002; - Primo Workshop Nazionale “Un Osservatorio per gli incidenti stradali”, Arezzo, gennaio 2003; - Convegno “Strada facendo”, Rovereto, marzo 2003; - Conferenza annuale di sanità pubblica della Società Italiana di Igiene (SITI), Roma novembre 2003). Inoltre è stato fornita assistenza e materiale espositivo alla mostra “Mobilità fermate il mondo voglio salire” organizzata dal Museo Tridentino di Scienze Naturali, Trento, dicembre 2003 – maggio 2004. 6. Aspetti positivi Il progetto MITRIS ha permesso di sviluppare una metodologia completa per la costruzione di infrastrutture per un Sistema Integrato di Monitoraggio in grado di collegare (per ogni incidente) l’esito sanitario ai dati di rilievo georiferiti, associandoli ai dati territoriali tramite Sistemi di Informazione Geografica. Il progetto dimostra in particolare la fattibilità di un profilo completo e informatizzato del percorso sanitario dovuto a incidente stradale e di legare, su base spaziale, i flussi dati relativi alle cause e concause degli incidenti. Dimo stra inoltre la possibilità di condividere tali informazioni, e in particolare le informazioni ricavabili dalla localizzazione degli incidenti in modo efficace. La disponibilità di un sistema prototipo on-line per l’accesso a tali dati, effettivamente funzionante, e la disponibilità di dati su base provinciale rappresentano inoltre fattori di valutazione positiva, che assieme ai precedenti ha portato la Provincia autonoma di Trento a proporre l’utilizzo delle tecnologie MITRIS come base dell’Osservatorio per la Sicurezza Stradale. 7. Criticità riscontrate Va però segnalato l’elevato onere che, nel corso del progetto, è stato necessario per or ganizzare e ottenere i flussi dati da parte delle numerose organizzazioni che eseguono e documentano i rilievi in provincia di Trento. Sono infatti utilizzate attualmente procedure sostanzialmente simili ma tecnicamente molto diverse fra loro (cartaceo, parzialmente infor matizzato, informatizzato in sede nazionale) da organizzazioni che si sovrappongono nella copertura temporale del territorio. Molte di queste organizzazioni sono insufficientemente informatizzate, e quindi non esiste un meccanismo centrale di raccolta dati attualmente 42 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
affidabile. Molti problemi logistici sono stati in questo progetto risolti grazie a un’opera di intensa collaborazione, in particolare con i Carabinieri e con la Polizia Stradale. Anche l’essere riusciti a coinvolgere direttamente nel progetto la maggior parte dei Corpi di Polizia municipale ha richiesto un forte sforzo organizzativo soprattutto per catturare in forma completa i dati di incidente. Come discusso nel Piano Nazionale della Sicurezza Stradale è infatti noto un effetto di sottostima del numero di incidenti con feriti. Il progetto ha pertanto richiesto uno sforzo di personale significativamente superiore a quello previsto, e ha sofferto un ritardo nell’acquisizione complessiva dei dati rispetto a quanto sperato. Solo verso la fine del 2003 è stato possibile disporre di una copertura totale di due aree di particolare interesse, lasciando un tempo limitato alla completa automatizzazione delle procedure di link tra dato di rilievo e dato sanitario. A sua volta, la fase di sviluppo di analisi statistiche e di modelli predittivi, che pure ha portato a risultati interessanti quali il modello di rischio emergente, è stata concentrata in un periodo intenso ma troppo breve per essere completamente automatizzato e messo in linea. Il sistema è quindi complessivamente in funzione, ma si ritiene necessario uno sforzo per renderlo ancora più automatizzato ed indipendente dall’intervento di operatori. Un secondo elemento critico riguarda la necessità di assicurare la completezza e la standardizzazione del dato sanitario, in particolare dalle valutazioni del Pronto Soccorso delle lesioni dovute a incidente stradale. Infine, lo studio delle variabili attribuibili ad aspetti comportamentale, di particolare importanza per le attività di educazione e prevenzione, è stato limitato a un esame attento delle conoscenze del settore. Lo studio è stato condotto in collaborazione con SIPSIVI, principale soggetto nazionale della ricerca in sicurezza viaria. Su tale base si pensa di includere un’attività di collaborazione con gli esperti della SIPSIVI nell’ambito del Centro di Monitoraggio provinciale.
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Titolo del progetto Anno di riferimento del bando Obiettivi
Coordinatore scientifico Responsabile amministrativo Soggetti partecipanti Periodo di tempo in cui si è sviluppato il progetto
Metodi informatici predittivi per la mitigazione del rischio da incidenti stradali (MITRIS) 2000 Realizzazione di un prototipo di infrastrut tura tecnologica finalizzata alla predispo sizione di un innovativo servizio di moni toraggio basato su di una mappa predittiva delle situazioni a rischio sulla rete viaria provinciale. dott. Cesare Furlanello ITC – irst - Povo/Trento Dott. Giovanni Martini Assessorato alle politiche sociali e alla salute - Trento Azienda provinciale per i servizi sanitari - Trento Istituto Trentino di Cultura – CeFSA - Trento 24 mesi
Data inizio attività progettuali:
1 luglio 2001
Importo finanziato
euro 160.000
Cofinanziamento da parte dei soggetti partecipanti
euro 51.000
Cesare Furlanello è Responsabile di progetto presso l'ITC-irst - Sistemi Sensoriali Interattivi.
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SCHEDA 4
Pronto Soccorso traumatologico
in collaborazione pubblico/privato
in aree a vocazione turistica
Franco Debiasi
1. Come è nato il progetto Il Trentino offre attrezzati impianti e suggestivi paesaggi per la pratica dello sci alpino e nordico che richiamano numerosissimi appassionati sia indigeni che turisti provenienti da altre regioni e dall’estero. La nostra provincia si pone, infatti, come una delle aree di maggior richiamo dell’intero panorama alpino per gli sport invernali tali da costituire una delle principali risorse di sviluppo economico per le nostre vallate. È vero anche che la pratica degli sport invernali è purtroppo fonte di parecchi incidenti che comportano il ricorso alle strutture del Servizio sanitario provinciale: le statistiche, anzi, registrano in continua crescita gli incidenti sciistici dovuti a inesperienza, imprudenza, eccessiva fiducia nei mezzi propri dei praticanti, malanni improvvisi, ecc.. L’attenzione al problema non deve quindi essere sottovalutata né dagli interessati pra ticanti l’attività né da parte degli operatori di settore al fine di trovare le forme e i mezzi più adeguati per rendere sempre più sicuri gli impianti utilizzati. Anche l’amministrazione pubblica in generale e le strutture sanitarie in particolare sono chiamate a considerare direttamente la questione, quanto meno per fronteggiare l’imponente lievitazione della domanda di prestazioni che si concentra nei siti ubicati in prossimità delle stazioni turistiche invernali. I problemi che si pongono al riguardo sono infatti di due ordini: uno di tipo program matorio riferito alla ottimale ubicazione delle strutture di offerta dei servizi sanitari in zone ulteriormente decentrate rispetto ai P.S. ospedalieri, l’altro di carattere funzionale che deriva dall’eccessivo affollamento dei pronto soccorsi nei periodi invernali che determina la necessità di interventi organizzativo/gestionali per consentire di fronteggiare adegua tamente l’incremento di domanda, ferma restando la necessità di garantire comunque la normale attività al bacino di popolazione di riferimento del presidio ospedaliero. Da queste premesse è nata l’esigenza all’interno dell’Azienda sanitaria di rendersi promo trice di iniziative che consentissero di migliorare l’offerta dei servizi sanitari nelle zone a vocazione turistica e che vedessero il coinvolgimento delle diverse parti interessate, primi fra tutti gli operatori economici del settore (albergatori, gestori degli impianti di risalita), gli enti di promozione turistica, le amministrazioni comunali, gli assessorati provinciali della sanità e del turismo. Nel corso dell’anno 2000 il Ministero della Sanità (ora Ministero della Salute), nell’ambito dei finanziamenti per i progetti di ricerca, ha contemplato nel bando, fra gli obiettivi prioritari all’interno dei quali indirizzare le proposte di progetto, la previsione di “modelli di sperimen tazione gestionale per l’utilizzo di strumenti di diritto privato, società miste a capitale pubbli co-privato, modelli di collaborazione attraverso apporti di finanziamenti privati, esperienze di venture capital, rapporti con fondazioni, rapporti con associazioni di cittadini”. 45 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
I contatti già intervenuti tra alcuni rappresentati delle associazioni di categoria e il management dell’Azienda sanitaria sulla disponibilità degli operatori a sviluppare forme di collaborazione per il miglioramento dell’offerta sanitaria nelle zone maggiormente interessa te al flusso turistico, sia invernale che estivo, hanno consentito di presentare al Ministero, in accordo con l’Assessorato alla Sanità (ora Assessorato alle politiche per la salute), uno specifico progetto dal titolo “Pronto Soccorso Traumatologico in collaborazione pubblicoprivato in aree a vocazione turistica”. Il progetto è stato approvato dal Ministero anche se il relativo finanziamento è stato ridotto rispetto all’ipotesi iniziale, fattore questo che ha comportato un ridimensionamento degli obiettivi. 2. Obiettivi generali e specifici del progetto Obiettivo generale del progetto è l’attivazione di servizi di primo intervento traumatologico dotati di opportuna strumentazione e personale, gestiti dall’Azienda sanitaria, direttamente o in convenzione, compiutamente integrati con i servizi sanitari e ospedalieri distrettuali, con il concorso alle spese di gestione da parte degli organismi privati e pubblici interessati a un’offerta sanitaria più capillare e immediata in centri di interesse turistico, in grado quindi di migliorare la qualità complessiva dell’area di riferimento tenuto conto del fatto che sempre maggiore attenzione viene riposta dal turista nella scelta della meta per le vacanze alla presenza in quel territorio di adeguate strutture sanitarie. L’iniziativa di allestire, nelle località maggiormente interessate dal flusso turistico invernale, punti di primo intervento ortopedico, dotati di apparecchiature radiologiche e personale specialistico, consente di soddisfare la gran parte degli accessi alle strutture sanitarie per gli infortuni routinari (fratture, piccoli traumi, distorsioni, ecc.) e ciò evita di dover ricorrere alle strutture ospedaliere generalmente distanti anche oltre una trentina di km. Dai dati statistici emerge infatti che nella maggioranza dei casi l’infortunio è fortuna tamente di lieve entità. Dal lato del fruitore è indubbio il beneficio: ai piedi dell’impianto sciistico la presenza di un ambulatorio specialistico aperto 7 giorni la settimana con orario continuato dalle 9,30 alle 18,30 è percepita come servizio di elevata qualità, che evita il trasferimento alla struttura ospedaliera. Sulla conseguente qualificazione dell’area turistica ci si è già soffermati in precedenza e quindi sul punto non si ritorna ulteriormente. Il beneficio è anche per l’organizzazione dei servizi sanitari in quanto l’esistenza delle strutture di primo intervento permette sia la riduzione dell’affollamento dei pronto soccorsi ospedalieri, sia benefici sui trasporti sanitari per la riduzione delle distanze. È però evidente che l’attivazione di strutture ulteriormente decentrate rispetto ai siti esistenti determina costi aggiuntivi per la gestione operativa delle medesime e quindi ulteriori rispetto a quelli derivanti dai livelli essenziali di assistenza. L’infortunato deve in ogni caso essere preso in carico dal Servizio sanitario (il S.S.N. “assicura i livelli es senziali e uniformi di assistenza” art. 1, comma 2 del D.Lgs. 502/92 e s.m.), e quindi i costi conseguenti devono continuare a far carico alle strutture sanitarie; il differenziale di costo, derivante dal maggior livello di offerta, deve far carico alle altre parti interessate allo sviluppo dell’iniziativa. Questo in estrema sintesi l’obiettivo di progetto. Nella versione presentata inizialmente al Ministero erano previsti tre punti di primo intervento: uno per la Val di Sole, uno per la Val di Fassa e uno per Campiglio. Le forme di collaborazione tra gli stakeholders (costituzione di società miste, gestione 46 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
convenzionata, contribuzione esterna ai costi, ecc) sarebbero state definite in corso di progetto in aderenza al quadro operativo e organizzativo dei diversi organismi istituzionali coinvolti ed in coerenza con la programmazione sanitaria provinciale. 3. Fasi Il progetto è stato articolato in cinque fasi principali: - La prima servita all’avvio delle attività con la formalizzazione del gruppo di progetto, la stesura del piano degli interventi per l’adeguamento degli immobili da destinare a struttura di primo intervento e del piano delle attrezzature necessarie all’attività, il confronto con esperienze similari all’estero da parte del responsabile scientifico di progetto; - La seconda destinata all’analisi e scelta delle forme di collaborazione più idonee per realizzare la partnership fra operatori privati e pubblici interessati allo sviluppo del l’iniziativa; - La terza e quarta fase sono servite alla realizzazione degli interventi per l’adeguamento dell’immobile individuato a Pozza di Fassa e per l’acquisto delle attrezzature e degli arredi necessari all’avvio dell’attività; - La quinta e ultima fase ha riguardato la formale attivazione del Punto di Primo Inter vento con i necessari interventi informativi sull’apertura della struttura. Le diverse fasi pur essendo state impostate nel piano esecutivo secondo una ordinata successione temporale, in realtà hanno visto una diversa realizzazione e un diverso li vello di impegno temporale nelle due esperienze della Val di Fassa e della Val di Sole in considerazione del fatto che nel primo caso la programmazione provinciale aveva previsto l’attivazione dell’ambulatorio di Pozza di Fassa con la stagione invernale 2001/2002, mentre nel secondo si sono presentate maggiori difficoltà. In Val di Sole infatti particolar mente articolata e approfondita è risultata la fase dedicata all’individuazione della forma di collaborazione tra Azienda sanitaria e operatori privati (essenzialmente le associazioni rappresentative delle strutture di ricezione e le società gestrici degli impianti di risalita) anche perché da parte di questi ultimi era particolarmente sentita l’esigenza di una “card” che garantisse gratuitamente al turista anche le prestazioni sanitarie di base tipicamente erogate attraverso il medico di medicina turistica. L’esecuzione delle attività progettuali hanno preso avvio con il 1° luglio 2001 e hanno avuto termine con il 31 dicembre 2002 per una durata complessiva di 18 mesi. 4. Personale coinvolto Il project management è stato strutturato con la previsione di: un Comitato di coordi namento, un Comitato tecnico-scientifico e un Responsabile di progetto. Al Comitato di coordinamento, al quale ha partecipato un rappresentante dell’Assessorato alle politiche per la salute nella persona del Dirigente del Servizio Programmazione, un rappresentante dell’Assessorato al Turismo (Dirigente del Servizio Turismo) e da un rappresentante del l’Azienda sanitaria, è stato attribuito il compito di seguire l’organizzazione del progetto quale referente nei confronti del Ministero della salute e quello di approvare le eventuali modifiche al programma di sviluppo operativo. Al Comitato di coordinamento è stato altresì attribuito l’incarico di diffondere la documentazione sui risultati del progetto. 47 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
Al Comitato tecnico-scientifico è stata affidata l’esecuzione delle attività. Hanno com posto il comitato il Responsabile scientifico del progetto, il Direttore del Distretto Val di Fiemme e Fassa, il Direttore del Distretto Val di Non e Sole, il Direttore del Distretto Giudicarie e Rendena e il Responsabile del Servizio Finanza. La composizione del Comitato tecnico-scientifico ha privilegiato la presenza di rappresentanti delle strutture distrettuali interessate all’attivazione dei punti di primo intervento, tenuto conto degli impatti orga nizzativi che le nuove strutture avrebbero comportato sui distretti di riferimento indipen dentemente dalla forma gestionale assunta dall’ambulatorio. Al Responsabile scientifico è stata attribuita la responsabilità della pianificazione e gestione delle risorse di progetto, del raggiungimento dei risultati prefissati, della verifica degli stati di avanzamento delle attività previste nella diverse fasi, della predisposizione della rendicontazione finanziaria, della tenuta del dossier con la documentazione di progetto, della proposizione di eventuali modifiche al programma e dell’organizzazione di incontri e seminari sul tema. È stato inoltre incaricato del coordinamento del Comitato tecnicoscientifico e della tenuta dei rapporti con il Comitato di coordinamento. Per la realizzazione e l’attivazione del punto di primo intervento di Pozza di Fassa hanno comunque collaborato tutte le strutture interne aziendali interessate alle attività di alle stimento dell’immobile (Servizio Immobili e servizi tecnici, Servizio amministrazione del distretto, Servizio approvvigionamenti, Servizio strutture accreditate per il supporto alla stesura del contratto con il professionista convenzionato). Il funzionamento del punto di primo intervento di Madonna di Campiglio è stato garantito sia con personale medico a contratto, sia con il supporto del personale sanitario dell’APSS che fuori orario di servizio e a turnazione ha prestato la propria attività. 5. Risultati raggiunti Con riferimento ai risultati è opportuno distinguere tra i diversi punti di primo interven to. Punto di Primo Intervento Traumatologico Val di Fassa Il Punto di Primo Intervento Traumatologico Val di Fassa è stato attivato a Pozza di Fassa in coerenza con gli obiettivi specifici fissati dalla Giunta Provinciale per l’anno 2001 e ha iniziato la propria attività in data 26.12.2001. L’allestimento della struttura individuata nella zona del 1° piano della sede del Distretto Ladino di Fassa con possibilità di ingresso autonomo, con disponibilità di sala di attesa con servizi, due ambulatori ortopedici, un gabinetto radiologico e uno spazio per l’accettazione dei pazienti, ha comportato una spesa di 35.000,00 Euro per i lavori di ristrutturazione dei locali. Dal punto di vista gestionale l’attività è stata affidata con deliberazione del Direttore Generale n. 1579 dd. 21.12.2001 allo Studio Associato Salus di Castel D’Azzano (VR). Nella prima stagione di attività – periodo 26.12.2001 – 03.04.2002 per complessivi 99 giorni – con orario di apertura di 10 ore al giorno - hanno avuto accesso alla struttura circa 1000 utenti con una presenza media giornaliera di 10 utenti e punte di oltre 20 nel mese di febbraio e durante le festività natalizie. Hanno usufruito dei servizi anche 90 residenti nel Distretto Val di Fassa e 170 stranieri. Per quanto riguarda la casistica trattata si evidenzia: arto superiore 48,2% dei casi (lussazione di spalla, fratture di clavicola, fratture del polso) e arto inferiore 48,59% dei 48 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
casi (di cui in gran parte lesioni legamentose del ginocchio). Per quanto riguarda i costi di esercizio si evidenzia un totale di 121.921,00 Euro a fronte del quale i privati hanno concorso per un importo di 52.591,00 Euro (43%). Nella seconda stagione (2002/2003) hanno usufruito del servizio 1578 utenti per una media giornaliera di 16,43 pazienti e punte di 25-30 nel mese di febbraio e a capodanno. I dati confermano il gradimento dell’utenza e quindi la validità dell’iniziativa. Il Punto di Primo Intervento ha consentito di decongestionare notevolmente l’attivi tà del Pronto soccorso dell’Ospedale di Cavalese con significativi impatti positivi anche per quanto riguarda la richiesta di trasporti sanitari. Ha altresì consentito di fornire una adeguata risposta all’utenza dei campi da sci della Valle di Fassa fornendo un qualificato servizio sanitario che ha contribuito a migliorare ulteriormente l’offerta turistica della valle in linea con gli obiettivi del Progetto finanziato dal Ministero della Salute. Punto di Primo Intervento Traumatologico Val di Sole Relativamente al Punto di Primo Intervento della Val di Sole l’iniziativa non ha potuto trovare realizzazione per l’indisponibilità degli operatori turistici locali a contribuire al finanziamento del progetto, decisione assunta al termine di tutta una intensa attività di approfondimento e valutazione sulle diverse possibilità di attivazione del servizio portata avanti con i rappresentanti locali delle categorie interessate. Il tentativo dell’APSS di con sentire l’avvio del progetto, avanzato anche recentemente, non ha, purtroppo, raggiunto l’obiettivo. Per la Val di Sole il progetto elaborato prevedeva la realizzazione di una speciale carta del turista, denominata “Sanicard Val di Sole” con la quale si forniva un pacchetto integrato e gratuito di prestazioni sanitarie: - Punto di Primo Intervento Traumatologico a Malè funzionante tutti i giorni per 10 ore nel periodo invernale dal 20 dicembre al 20 aprile; - Assistenza medico generica ai turisti con oneri a carico della Sanicard per l’importo del ticket dovuto dall’assistito e per il premio di presenza ai medici al fine di favorire la copertura di tutte le sedi. Gli enti territoriali partecipavano al progetto fornendo gli alloggi ai medici, sempre nell’ottica di favorire la scelta di tale valle da parte dei sanitari; - Servizi aggiuntivi, sostenuti economicamente dalla “Sanicard Val di Sole”, consistenti nel trasporto del turista al luogo di residenza, nel caso in cui questi fosse stato impos sibilitato a guidare per ragioni di salute. Nel servizio era compresa anche la copertura della quota ticket sull’eventuale prestazione di elisoccorso nel caso l’intervento fosse stato attivato da parte della Centrale Operativa di Trentino Emergenza. Il Piano finanziario del progetto prevedeva a carico della Sanicard, relativamente al Punto di Primo Intervento Traumatologico di Malè, l’addebito dei costi aggiuntivi a quelli sostenuti dal Servizio Sanitario Provinciale per il fatto di costituire un punto ulteriormente decentrato rispetto alle strutture ospedaliere di riferimento. In sostanza, mentre il S.S.P. avrebbe assunto i costi di allestimento del Punto di Primo Intervento e quelli gestionali dei quali comunque si sarebbe fatto carico nel Pronto Soccorso dell’Ospedale di Cles, la Sanicard avrebbe dovuto finanziare l’importo stimato per i costi aggiuntivi in Euro 123.700,00. Diversi sono stati gli incontri ufficiali con i rappresentanti delle categorie interessate all’iniziativa, ed in particolare i rappresentati delle imprese degli impianti di risalita, degli albergatori e delle strutture private di ricezione, oltreché dei rappresentanti locali delle A.P.T. e degli enti territoriali. 49 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
Da tali incontri l’Azienda ha avuto la formale adesione al progetto delle Funivie Folgarida Marilleva con nota del 21.08.2002 con assunzione dei costi a carico della componente privata nella misura del 20% dell’importo complessivo (pari a 24.740,00 Euro). Il perfezionamento dell’iniziativa era comunque subordinato all’adesione delle strutture ricettive che hanno però comunicato la insufficiente partecipazione economica da parte dei propri iscritti e quindi il definitivo abbandono al progetto Sanicard Val di Sole pur manifestando la convinta bontà dell’iniziativa per gli interessi della Val di Sole. Punto di Primo Intervento Traumatologico Madonna di Campiglio L’attivazione del Punto di Primo Intervento di Madonna di Campiglio, contenuta nell’ini ziale stesura del Progetto “P.S. Traumatologico in collaborazione pubblico/privato in aree a vocazione turistica”, era stata stralciata dal Piano esecutivo dal Project Management in considerazione della riduzione del finanziamento assegnato dal Ministero della Sanità. L’apertura del Punto a Madonna di Campiglio anche nelle stagioni 2001/2002 e 2002/2003, periodo temporale di riferimento del progetto, è stata comunque garantita in considerazione dei notevoli flussi turistici che scelgono la località nella stagione invernale. Il Punto di Primo intervento registra i seguenti accessi: 07/12/2001 – 01.04.2002: nr. 1284 accessi, per un totale di 3389 prestazioni; 21/12/2002 – 21.04.2003: nr. 1510 accessi, per un totale di 3717 prestazioni. Per quanto riguarda il fatturato complessivo, si rileva nel 2001/2002 un valore di 62.990,59 Euro e nel 2002/2003 un valore di 81.611,05 Euro. La compartecipazione dei privati è stata rispettivamente di 47.563,80 Euro e di 64.388,73 Euro. Anche a Madonna di Campiglio il Punto di Primo intervento consente di decongestionare notevolmente il Pronto soccorso dell’Ospedale di Tione (distante circa 30 km), con note voli ricadute anche sul fronte dei trasporti sanitari che, diversamente, dovrebbero essere notevolmente potenziati per garantire la risposta alla domanda stagionale. 6. Aspetti positivi I dati sull’attività erogata nei punti di primo intervento dimostrano la bontà dell’iniziativa dal momento che gran parte degli infortuni si risolvono con un intervento ambulatoriale, ancorché di tipo specialistico. Anche dal lato degli usufruitori si raccolgono attestati di soddisfazione per la qualità del servizio erogato che è proposto in località particolarmente vicine ai campi da sci e secondo livelli di compartecipazione alla spesa (ticket) coerenti con il servizio pubblico. 7. Criticità riscontrate Il principale aspetto di criticità è derivato dalla difficoltà di reperire professionisti interessati a lavorare per l’intera stagione invernale e per sette giorni la settimana in località turistiche. Sul punto una forma gestionale mista con la partecipazione diretta della componente privata consentirebbe di poter rendere maggiormente appetibile l’offerta d’impiego stagionale, senza dover fare i conti con tutti i limiti imposti all’operato dell’amministrazione pubblica. L’aspetto che deve però essere attentamente considerato allo stato attuale è il livello di offerta di tali servizi nelle diverse realtà turistiche. La presenza in alcune zone del servizio ne rende possibile se non probabile la richiesta per quelle oggi sprovviste: la definizione 50 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
del livello di assistenza costituisce elemento indispensabile per definire i livelli di com partecipazione ai costi anche da parte degli operatori turistici interessati che possono in tal modo veder qualificata la propria area. Conclusioni Rispetto al progetto finanziato dal Ministero della Sanità ha trovato realizzazione il Punto di Primo Intervento della Valle di Fassa nelle modalità e con i risultati evidenziati in pre cedenza, nonché il Punto di Primo Intervento di Madonna di Campiglio. Relativamente al Punto di Primo Intervento della Val di Sole si può concludere che sia da parte dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari che della Provincia Autonoma di Trento (Assessorati alla Salute e al Turismo) sono state messe in campo tutte le azioni al fine di poter realizzare l’iniziativa alla quale gli operatori economici credevano e credono. In effetti il progetto è stato coltivato, per via informale, anche in questi mesi al fine di non disper dere l’importante lavoro svolto negli anni scorsi, tenuto in considerazione che le risorse recuperate dalla componente privata coprivano ben oltre il 50% dei costi preventivati. Tale disponibilità e sensibilità dimostrata nel progetto “Sanicard Val di Sole” da parte degli operatori locali è quindi un risultato prezioso che forse vale la pena di patrimonia lizzare affinché non vada perso. L’esito favorevole di tale esperienza consentirebbe una diversa valutazione in ordine alle modalità di finanziamento delle strutture presenti nelle altre aree.
51 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
Titolo del progetto Anno di riferimento del bando Obiettivi
Coordinatore scientifico Responsabile amministrativo Soggetti partecipanti
Periodo di tempo in cui si è sviluppato il progetto
Pronto soccorso traumatologico in collaborazione pubblico-privato in aree a vocazione turistica 2000 Attivazione in Trentino di servizi di pronto soccorso decentrati rispetto ai presidi ospedalieri di riferimento in grado di far fronte con immediatezza ed efficacia alle esigenze delle aree a vocazione turistica. dott. Gianpaolo Bisson Azienda provinciale per i servizi sanitari Cles / Trento Dott. Giovanni Martini Assessorato alle politiche sociali e alla salute - Trento Azienda provinciale per i servizi sanitari - Trento Distretto sanitario Valli di Fiemme e Fassa Distretto sanitario Valli Giudicarie e Rendena Distretto sanitario Valli di Non e Sole 18 mesi
Data inizio attività progettuali
1 luglio 2001
Importo finanziato
euro 160.000
Cofinanziamento da parte dei soggetti partecipanti
euro 180.000
Franco Debiasi è Direttore delle Direzioni Approvvigionamenti, servizi generali e tecnici e Amministra zione, controllo e affari generali dell'Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari. 52 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
SCHEDA 5
Deposito della β amiloide sulla membrana cellulare:
ruolo degli ioni metallici e dei radicali liberi
Gianfranco Menestrina, Mauro Dalla Serra, Massimiliano Comai, Rossella Tomazzolli,
Cristina Potrich, Pier Luigi San Biagio, Mauro Manno, Donatella Bulone, Antonella Graiff,
Floriana Giraudo, Lorenzo Gasperi
1. Come è nato il progetto La malattia di Alzheimer (MdA) è una sindrome complessa caratterizzata da disturbi co gnitivi, psicologici, funzionali e comportamentali. Il correlato neuropatologico della MdA è rappresentato da una degenerazione del tessuto cerebrale, a livello del quale si rileva la presenza di tipiche placche senili il cui principale componente è il peptide β-amiloide (βA), un prodotto del metabolismo cellulare che circola normalmente nei fluidi corporei, ma può precipitare in forma di fibrille sui neuroni dei malati di Alzheimer. Il processo di fibrillogenesi del βA è modulato da diversi fattori tra cui gli ioni metallici, il pH, i radicali liberi e anche da modificazioni chimiche del peptide stesso (per esempio ossidazioni) (Fig.1). Nella genesi di questi depositi è anche ipotizzabile un ruolo della membrana plasmatica delle cellule nervose stesse. Fig.1 - Schema del processo che porta alla formazione di fibrille amiloidi.
Secretasi
Ripiegamento errato
Ioni metallici
??
Proteasoma
Protofibrille
Fibrille Amiloide Amiloide
Aggregati 53
Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
La MdA, per la sua incidenza e per la sua caratteristica di cronicità (lunga sopravvivenza dopo la diagnosi) rappresenta una delle grandi “emergenze” sociali e sanitarie degli ultimi anni. Questo progetto si inserisce nella ricerca orientata a sviluppare una possibile preven zione primaria della malattia indagando un evento centrale nello sviluppo della patologia, la deposizione del peptide amiloide, e in particolare i fattori che la possono prevenire o ritardare. 2. Obiettivi generali e specifici del progetto La ricerca aveva lo scopo di stimare il valore terapeutico di specifici integratori alimentari nei pazienti colpiti dalla MdA valutando anche l’opportunità di raccomandarne l’assunzione a quegli individui che, per età o altra predisposizione, siano a rischio di sviluppare la MdA. Per questo sono stati predisposti modelli biologici per studiare genesi, crescita e tossicità dei depositi amiloidi, adatti ad analizzare i possibili effetti protettivi di alcune sostanze naturali (come vitamine e agenti antiossidanti) normalmente impiegate come coadiuvanti delle terapie tradizionali. Si è cercato di correlare gli effetti determinati in vitro con quelli osservati su pazienti con diagnosticata MdA nella cui terapia era previsto l’impiego degli stessi principi attivi. Si è valutata inoltre la bontà di alcuni indicatori biologici di questi fattori, per predire le aspettative di un rallentamento nella progressione della MdA in ri sposta alle terapie attuate. In particolare è stata determinata la concentrazione degli ioni metallici e dei radicali liberi nel sangue di pazienti soggetti a diversi trattamenti. I nostri risultati hanno evidenziato una significativa correlazione tra il livello di zinco nel sangue e il ritmo di peggioramento della MdA, che ha trovato corrispondenza nella facilità con cui questo metallo induce in vitro l’aggregazione del peptide amiloide e nel conseguente effetto protettivo dei chelanti dello Zn. Un effetto opposto è stato riscontrato nel caso del rame, che è forse un legante fisiologico di questi peptidi, e della vitamina E, un noto antiossidante e fluidificante della membrana plasmatica. Nessuna altra correlazione chiara è stata osservata con gli altri fattori presi in considerazione. 3. Fasi a. Meccanismo di accrescimento delle fibrille β-amiloidi in soluzione Per la realizzazione della parte sperimentale in vitro sono stati acquistati diversi peptidi di origine sintetica appartenenti alla classe dei β-amiloidi, ed in particolare βA1-16, βA1-28, βA1-40, βA1-42, βA1-40M35Nle, βA10-35, βA17-40 (Fig. 2) e due controlli, βA40-1 e βA42-1. Sono stati quindi individuati diversi protocolli per saggiare la formazione e la crescita di fibrille amiloidi in soluzione. Alcuni sono basati su tecniche spettroscopiche, come l’assorbimento dell’indicatore Rosso del Congo (CR), la fluorescenza della tioflavinaT e la determinazione dello scattering statico (SLS). La spettroscopia infrarossa (FTIR) è stata invece impiegata per studiare la struttura secondaria del peptide, nella forma solubile e aggregata. Oltre che con le tecniche biochimiche menzionate, una caratterizzazione morfologica degli aggregati è stata ottenuta mediante dispersione dinamica della luce (DLS), micro scopia elettronica a scansione (SEM) e, in forma solo preliminare, microscopia a forza atomica (AFM). 54 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
D A E F R H D S G Y E V H H Q K L V F F A E D V G S N K G A I I G L M V G G V V I A A (1-42) A (1-40) A (1-28) A (1-16) A (17-40) A (10-35)
Cuore idrofobico
filamento
Regione idrofobica
-elica
Fig.2 - Struttura primaria e secondaria dei peptidi utilizzati.
b. Ruolo di tracce di ioni metallici e di chelanti nella modulazione della formazione dei depositi amiloidi ba. Ioni metallici Essendo nota la capacità di alcuni ioni metallici, come rame, zinco, alluminio e ferro, di formare complessi con il βA abbiamo studiato il ruolo che essi potevano avere nel processo di formazione e crescita delle fibrille in soluzione. Abbiamo trovato che Cu e Zn promuovono fortemente l’aggregazione ma con modalità diverse, e in particolare che lo Zn risulta sempre più efficace del Cu. bb. Chelanti Si è inoltre valutata la capacità di alcuni chelanti di modulare la formazione dei depositi. Sono stati scelti in particolare DETPA (Acido dietilentriaminopentaacetico), succimero e penicillamina, di cui sono già note le proprietà farmacologiche (sono utilizzati nei casi di avvelenamento da metalli pesanti). c. Correlazione con dati biologici di pazienti con disfunzioni cognitive I risultati della sperimentazione in vitro sui cofattori che influenzano il deposito di βA in modelli molecolari, sono stati valutati anche sulla base di un confronto con uno studio in parallelo sulla progressione della MdA effettuato in un gruppo di pazienti controllati per gli stessi cofattori. A tale scopo è stato selezionato un gruppo di 40 pazienti con pro babile MdA, disposti a collaborare alla ricerca, individuandoli sulla base di un protocollo diagnostico standard. I pazienti reclutati sono stati sottoposti alle normali terapie previste dal medico curante, che potevano però includere la somministrazione di farmaci antiossidanti (principalmente vitamina E, oppure melatonina, selegilina e Ginko Biloba). Ai pazienti, e ai parenti, è stata richiesta la disponibilità a sottoporsi al prelievo di sangue (al momento del reclutamento e in seguito ogni circa sei mesi fino al termine del progetto), in relazione alla ricerca di nostro interesse. I campioni prelevati sono stati analizzati per quantificare la presenza nel 55 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
plasma di diversi fattori coinvolti nella nostra sperimentazione: ioni metallici (Al, Zn, Cu, Fe, Se, Mg, Mn), colesterolo (HDL, LDL), vitamina E, radicali liberi e il grado di protezione plasmatica all’ossidazione. 4. Personale coinvolto L’esecuzione del progetto è stata affidata da parte della Provincia autonoma di Trento al l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari (APSS) e al Centro di Fisica degli Stati Aggregati (ITC-Cefsa), costituito in convenzione tra CNR e Istituto Trentino di Cultura. Le unità operative coinvolte erano: a. il Centro di Fisica degli Stati Aggregati (ITC-Cefsa) limitatamente al Reparto Biomolecole e Membrane Biologiche diventato, nel corso del 2001, la Sezione di Trento dell’Istituto di Biofisica del CNR; b. l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari (APSS), attraverso il Centro di Salute Mentale dell’Ospedale S. Lorenzo di Borgo Valsugana; c. l’Istituto per le Applicazioni Interdisciplinari della Fisica del CNR (CNR-IAIF), diventato, a decorrere dal 2001, la Sezione di Palermo dell’Istituto di Biofisica del CNR. 5. Risultati raggiunti a. Meccanismo di accrescimento delle fibrille beta amiloidi in soluzione Fig.3 - Cinetiche di aggregazione di diversi peptidi βA monitorate mediante la fluorescenza della Tioflavina T aggiunta.
A1-42 A1-40 A1-28 A1-16
5x104
A1-40 A10-35 A17-40 A42-1
M35Nle
Fluorescenza (U.A.)
4
4x10
4
3x10
4
2x10
4
1x10
0 0
56 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
5
10
15
20
Tempo (ore)
25
30
35
Cinetiche di aggregazione: analisi con tioflavina T (Fig.3). La tioflavina T (ThT), è un in dicatore fluorescente con un’affinità specifica per i complessi amiloidi che, intercalando nella struttura fibrosa, diventa fluorescente. Abbiamo trovato che la metodica generalmente impiegata con preparati biologici [1], apportate alcune piccole variazioni, fornisce risultati riproducibili anche con i peptidi βA. Si è visto che alcuni peptidi βA sono più inclini ad aggregarsi in vitro con cinetica di tipo sigmoidale. I più lunghi sono quelli che aggregano più velocemente e più completamente. In particolare, è risultata necessaria la presenza di almeno una porzione di entrambi i foglietti beta (10-21 e 30-42), laddove il primo svolge comunque un ruolo più importante. I peptidi di controllo, con le sequenze invertite (40-1 e 42-1), aggregano invece molto di meno. Risultati simili sono stati ottenuti con il colorante CR. Quando questa molecola si lega alle fibrille amiloidi si osserva uno spostamento verso il rosso da 488 a 503nm del suo
Fig.4 - A: Fibre prodotte dal peptide βA(1-42). La lunghezza è di parecchi µm e la sezione di alcune centinaia di nm. B: in grandimento della regione evidenziata in A. Ogni fibra è costituita da un fascio di filamenti con una sezione di circa 50nm. C. Stesso Peptide a pH5.0. (fotografie in microscopia elettronica ottenute con la gentile collaborazione di A. Lui, ITC-irst) Le microfibrille amiloidi sono formate da un’elica costituita da un numero pari di protofilamenti (da 2 a 6) con dimensioni tipiche di 8-20nm in sezione, e lunghezza di parecchie centinaia di nm. Ogni protofibrilla è un’elica beta formata da fo glietti β posizionati uno sopra l’altro e leggermente ruotati (come schematizzato nel pannello D).
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massimo relativo di assorbimento, che fornisce una misura indiretta della formazione di fibrille di βA (dati non mostrati). Campioni a vari stadi di oligomerizzazione sono stati analizzati mediante microscopia elettronica a scansione (SEM, con la gentile collaborazione di A. Lui, ITC-irst). Le immagini, ottenute in condizioni simili a quelle degli esperimenti con ThT, indicano chiaramente la presenza in soluzione di aggregati che crescono a formare fasci di fibrille e che ci hanno permesso di ottenere informazioni sulla loro morfologia. Alcuni esempi sono presentati in Fig.4. Analisi turbidimetrica dell’aggregazione. È stato determinato il tasso di polimerizzazione del peptide misurando le variazioni di assorbanza a 220nm (OD220). Questa analisi è stata effettuata come descritto in [2] con alcuni adattamenti ([3] e schema in Fig.5. I peptidi disciolti in Tris-HCl 20mM pH7,4 vengono centrifugati a 4°C, 10.000g per 15min, per rimuovere completamente dalla soluzione ogni eventuale complesso preesistente (anche di natura non amiloide). Dopo questo passaggio, il surnatante viene suddiviso in quattro aliquote e mescolato con altro buffer. La torbidità della prima aliquota, chiamata ‘prima’, è misurata immediatamente a 220nm con uno spettrofotometro (Jasco), il campione viene quindi mantenuto in ghiaccio. Le altre tre aliquote sono incubate per 30 minuti a 37°C, centrifugate a 4°C 100.000g per 15min (centrifuga di Optima TL100 Beckman) e la torbi-
10.000g
Controllo a 4°C
Campione a 30°C per 30’ 100.000g
Lettura a 220nm
Fig.5 - Passaggi di centrifugazione per saggiare l’aggregazione del peptide misurando la dispersione ottica (OD) a 220nm.
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dità a 220nm del supernatante è letta come indicato sopra (chiamata ‘dopo’). Le densità ottiche dei tre campioni forniscono media e deviazione standard della terna. Il campione mantenuto in ghiaccio è misurato per valutare la quantità di aggregazione a 0°C (che è risultata trascurabile). Il grado di aggregazione è calcolato con la seguente equazione: %Aggregazione = (ODprima-ODdopo)/ODprima, dove ogni valore di OD è calcolato usando il controllo adeguato. I risultati ottenuti (vedi Fig.6) confermano quelli precedenti derivanti dal test con ThT. Essendo l’analisi turbidimentrica molto veloce (30 minuti), abbiamo in seguito usato ampiamente questo protocollo per valutare rapidamente la capacità di aggregazione dei peptidi βA. Come vedremo più avanti (Fig.6), questi esperimenti sono stai ripetuti anche in presenza di Cu e Zn. Conformazione dei peptidi βA mediante spettroscopia FTIR. La spettroscopia infrarossa in trasformata di Fourier (FTIR) è stata effettuata per mezzo di uno spettrometro (Bio-Rad FTS85) nella configurazione di riflessione totale attenuata (ATR) con cristallo di germanio. Per ogni esperimento sono stati usati 50-100µg del peptide βA, nel solvente o soluzione opportuna. La struttura secondaria dei peptidi è stata determinata come descritto in [3, 4]. I nostri dati rivelano la presenza di importanti variazioni conformazionali del peptide nel trasferimento da un solvente organico apolare ad una soluzione acquosa. Il solvente HFIP (esafluoro isopropanolo) induce la formazione di α-elica in βA(1-40) e βA(1-42) e foglietti beta in βA(1-28) e βA(1-16). Nella soluzione acquosa, invece, βA(1-42), βA(1 40) e βA(1-28) formano foglietti beta, mentre βA(1-16) ha una struttura ad α-elica. La transizione delle forme patogeniche da una struttura alfa a beta, passando da un mezzo apolare ad uno polare può avere un ruolo nella loro patogenicità. Essa è una ragionevole conseguenza del fatto che i peptidi βA derivano da una proteina di membrana e ne con tengono il segmento transmembrana nella loro porzione C-terminale. Tale frammento è supposto essere organizzato ad α-elica nella proteina madre ed è completamente espresso solo in βA(1-42) e βA(1-40). Esso assume conformazione β solo in soluzione acquosa. b. Ruolo di tracce di ioni metallici e di chelanti nella formazione degli aggregati di peptidi amiloidi Ioni metallici Nonostante numerosi studi sul legame di rame e zinco con i peptidi βA, non si è ancora giunti ad un generale consenso tra i ricercatori. Abbiamo deciso di avviare un esame sistematico di questa interazione, che sembra avere un ruolo cruciale nello sviluppo della malattia di Alzheimer [5]. È stata dunque valutata la capacità di Cu e Zn di formare complessi con il βA e di promuovere il processo di aggregazione e di formazione e crescita delle fibrille in soluzione. In accordo con altri, ad esempio [6], abbiamo osservato che gli ioni metallici promuovono fortemente l’aggregazione ma con modalità diverse: in particolare lo Zn risulta sempre più efficace del Cu (Fig.6) [3, 4]. Come per gli esperimenti in assenza dei metalli, per l’aggregazione è richiesta la presenza di almeno una porzione di entrambi i foglietti beta (βA10-35). Un risultato interessante riguarda l’aggregazione del peptide βA10-35 che è indotta dallo Zn ma non dal Cu. Ciò suggerisce che il sito di legame del Cu debba contenere tutte e tre le istidine presenti nel peptide, nelle posizioni 6, 13, 14. 59 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
Fig.6 - Risultati del test di centrifugazione come descritto in Fig.5 con e senza Cu e Zn (in rappor to molare metallo/peptide 3/1).
% Aggregazione
100 80
Peptide in buffer 2+
+50 nmol Cu 2+
+50 nmol Zn
60 40 20 0 -20
A1-16
1
2
A1-28
A1-40
3
A1-42
4
35Nle
A40
5
A10-35
6
A17-40
7
A40-1
8
Abbiamo poi esaminato l’influenza dei due metalli sulla struttura secondaria dei peptidi (FTIR, Fig.7). Il rame promuove un cambiamento conformazionale dei peptidi 1-4, che corrisponde a una riorganizzazione dei ponti idrogeno interni con perdita di struttura beta estesa e aumento di struttura ripiegata (alfa o turn). Tale variazione è più evidente nel peptide 2, seguito dai peptidi 3 e 4. Ciò suggerisce il coinvolgimento di un sito di legame posto nei primi 28 residui, che costituisce una porzione rilevante del peptide 2, ma una parte relativamente piccola dei peptidi 3 e 4. La variazione è presente anche nel peptide 1 ma non risulta altrettanto significativa, probabilmente perchè questo peptide possiede già una struttura ripiegata. È quindi possibile che il sito di legame sia già interamente presente nei primi 16 residui. Ciò è confermato dal fatto che la porzione peptidica complementare (peptide 7) non è influenzata dal rame. Nonostante la maggior attività aggregante, lo zinco non ha un effetto marcato sulla conformazione. La nostra ipotesi è che il rame sia principalmente coinvolto in legami intrapeptide (con cambiamenti conformazionali) men tre lo zinco promuova specialmente legami interpeptidici (con aggregazione). I complessi promossi da Cu possono assumere conformazione differente, ma non danno luogo ad una struttura fibrillare estesa come quelle indotta dallo Zn, e possono pertanto costituire una forma meno pericolosa per il malato. Dagli spettri FTIR risulta inoltre evidente il coinvolgimento della tirosina in posizione 10 nella coordinazione del Cu ma non dello Zn (dati non mostrati) che conforta la nostra ipotesi di una loro diversa interazione. In accordo con altri autori [6] proponiamo che lo Zn si leghi soltanto alle istidine in posizione 13 e 14, ma non all’istidina in posizione 6, come proposto da [7]. Il Cu, invece, necessita di tutte e tre le istidine 6, 13, 14 [8] oltre che della tirosina 10. 60 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
Fig.7 - Analisi FTIR della configurazione del peptide βA con e senza Cu e Zn (rapporto molare metallo/peptide da 0 a 2).
Cu / Pept Pept:: 0 Cu / Pept Pept:: 2 differenza dif ferenza
A A (1(1-42) 42)
Zn / Pept Pept:: 0 Zn / Pept Pept:: 2 differenza differenza
B
Assorbanza Assorbanza
ssorbanza
A A (1-40)
A A (1-28) (1-28)
A A (1-16) -
A A (17-40) -
1720
1680
1640
1720
1600 -1
lunghezza d'onda (cm )
1680
1640
1600
lunghezza d'onda (cm -1)
Chelanti Mediante analisi torbidimetrica abbiamo determinato gli effetti preventivi sull’aggregazione dei peptidi βA di alcuni agenti chelanti co-aggiunti con i metalli (Cu e Zn). Sono stati scelti chelanti di uso terapeutico accertato, in particolare: DETPA attivo su cadmio, zinco e rame, Succimero (Acido dimercaptosuccinico), utile nei casi di saturnismo e idrargirismo 61 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
e Penicillamina, un chelante ad ampio spettro. Il DETPA è risultato essere il chelante mag giormente in grado di prevenire l’aggregazione. Il Succimero ha efficacia intermedia mentre la penicillamina è risultata avere una certa efficacia solo con il Cu (Fig.8). Nel processo di risolubilizzazione di aggregati preformati tutti i chelanti sono risultati egualmente efficaci sullo Zn, infatti, mediamente, tutti hanno riportato in soluzione il 30% del metallo e del peptide. Con il Cu, invece, solo il DETPA è risultato veramente efficace (fino al 50%), meno il succimero (20% circa) e quasi inefficace è stata la penicillamina. La diversità di legame tra Cu e Zn è stata quindi confermata dai saggi effettuati con i chelanti che hanno mostrato che il Cu è trattenuto più avidamente e specificamente dello Zn. In conclusione, il DETPA appare essere il chelante più interessante per un possibile utilizzo terapeutico, essendo in grado sia di prevenire l’aggregazione che di disgregare complessi già formati sia da parte dello Zn che del Cu. Fig.8 - Esperimenti con agenti chelanti. A e B: l’azione di tre diversi chelanti riduce l’aggregazione del peptide βA. C e D: effetto disgregante degli stessi chelanti sugli aggregati amiloidi precedentemente prodotti in presenza di Cu (C) e Zn (D). 100 90
A
100
% Aggregazione
70
60 50
40
40
30
30
20
20
10
10
60 50
+Cu
2+
+Cu
2+
+Cu
2+
+Cu
0
2+
60 50
40
40
30
30
20
20
10
10
0
Peptide
+DETPA +Succimero +Penicillamina in buffer
C
DETPA
Succimero Penicillamina
Agente Chelante
2+
Zn
70
50
Peptide in buffer
B
80
60
0
% Risolubilizzazione
90
Cu2+
80
0
+Zn 2+
+Zn
2+
+Zn
2+
+Zn
2+
+DETPA +Succimero +Penicillamina
D
DETPA
Succimero Penicillamina
Agente Chelante
c. Correlazione con dati biologici di pazienti con disfunzioni cognitive Sono stati analizzati i test effettuati su 36 pazienti con probabile malattia di Alzheimer sottoposti ad un minimo di due ed un massimo di 4 prelievi del sangue e a valutazione clinica, funzionale e neuropsicologica a intervalli di 6 mesi per la durata del progetto. Per monitorare il grado di avanzamento della malattia è stato utilizzato come indica tore il Mini Mental State Examination (MMSE). Quasi tutti i pazienti hanno mostrato una 62 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
diminuzione dei valori di MMSE nel tempo, indice del progressivo deterioramento delle loro capacità mentali. Fig.9 - Andamento temporale dello stato cognitivo di 33 pazienti con diagnosi di probabile Malattia di Alzheimer.
0,5
MMSE normalizzato
1,0
0,0
1
temp2 o
3
ente pazi
Il peggioramento della malattia (indicato dal grado di pendenza negativa del MMSE nel tempo) correla con la concentrazione di zinco nel sangue (Fig.10 A). Il valore di p infatti, corrispondente alla probabilità che la coppia di variabili osservata non sia correlata, non è significativo. Il rame e la vitamina E hanno comportamento opposto a quello dello zinco (cioè il più rapido peggioramento della malattia corrisponde ad una più bassa concentrazione di Cu e VitE nel sangue) seppur con grado di correlazione inferiore (Fig.10). Nessuna correlazione è stata trovata con altri metalli, ad esempio Fe ed Al, o con altri fattori presi in considerazione come gli indicatori di radicali liberi e antiossidanti presenti nel sangue. Anche queste evidenze concordano dunque nell’indicare una diversa interazione di rame e zinco con il peptide βA.
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pendenza MMSE negativa
6
A
C
B
4 2 0
r = -0.43; p=0.019 60
r = -0.24; p=0.192 80
80
100
100
pendenza MMSE negativa
140
160
200
250
g/dL
g/dL
6
r = 0.22; p=0.250
120
350
400
450
(g/dl)
E
D
300
F
4 2 0 150
r = 0.41; p=0.830 r = 0.08; p=0.684 200
250
300
350
400
(u.a.)
240
260
280
300
r = -0.07; p=0.714 320
340
36040
<stato antiossidante> (u.a.)
60
80
100
120
140
(g/dL)
Fig.10 - Correlazione tra il grado di declino cognitivo e la concentrazione media di zinco (A), rame (B) e vitamina E (C) nel sangue di 30 pazienti sottoposti a tre prelievi. D-F: nessuna correlazione è invece osservabile per gli altri parametri, come i radicali liberi, lo stato antiossidante e il ferro misurati nel sangue dei pazienti. Il valore p, riportato in ogni grafico, è la probabilità che la cop pia di variabili osservata non sia correlata.
6. Aspetti positivi e criticità riscontrate I nostri risultati hanno evidenziato una significativa correlazione tra il livello di zinco nel sangue e il ritmo di peggioramento della MdA, che ha trovato corrispondenza, e spiegazione, nella facilità con cui questo metallo induce in vitro l’aggregazione del peptide amiloide e controprova nel notevole effetto protettivo offerto in vitro dai chelanti dello Zn. Nessuna altra correlazione altrettanto chiara è stata osservata con gli altri fattori presi in considerazione (altri metalli e indicatori del livello di radicali liberi e di antiossidanti presenti). Le conclusioni attuali del nostro studio sono che: a) un monitoraggio del livello dello Zn nel sangue può essere considerato come avente valore prognostico sulla rapidità di peggioramento della MdA; b) la somministrazione di chelanti di questo metallo, purchè ben tollerati dall’individuo, può essere raccomandabile per prevenire, o almeno rallentare, l’instaurarsi della MdA; c) è implicito inoltre come non sia raccomandabile la somministrazione di zinco, che pure è uno dei componenti presenti in molte formulazioni di integratori alimentari. La durata limitata del nostro studio e il campione non esteso di pazienti a cui esso è stato applicato suggeriscono tuttavia l’opportunità di rimandare un giudizio definitivo sull’effettiva validità di queste conclusioni al termine di una estensione della durata del progetto stesso. 64 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] H. Le Vine, Quantification of beta-sheet amyloid fibril structures with thioflavin T. Methods Enzymol 309, 274-284, 1999. [2] Y. Yoshiike, K. Tanemura, O. Murayama, T. Akagi, M. Murayama, S. Sato, X. Sun, N. Tanaka, A. Takashima, New insight on how metals disrupt amyloid beta-aggregation and their effects on amyloid-beta cytotoxicity, J. Biol. Chem. 276,32293-32299, 2001. [3] G. Menestrina, M. Comai, C. Potrich, M. Dalla Serra, G. Guella, R. Frassanito, C. Me neghini, S. Mobilio, S. Morante, Metal ions and the conformation of peptides forming amyloid deposits in Alzheimer and prion disease, Acta Cryst. A58, C245, 2002. [4] M. Comai, M. Dalla Serra, C. Potrich, G. Minestrina, Cu2+ and Zn2+ effects on beta amyloid aggregation and structural conformation, Biophys. J. 84, 337°, 2003. [5] A. Bush Metals and neuroscience, Curr. Op. Chem. Biol 4, 184-191, 2000. [6] T. Miura, K. Suzuki, N. Kohata, H. Takeuchi, Metal binding modes of Alzheimer’s amy loid beta-peptide in insoluble aggregates and soluble complexes, Biochemestry 39, 7024-7031, 2000. [7] S. Kozin, S. Zirah, S. Rebuffat, Hoa, P. Debey, Zinc binding to Alzheimer’s A beta (1 16) peptide results in stable soluble complex, Biochem. Biophysi. Res. Commun. 285, 959-964, 2001. [8] C. Curtain, F. Ali, I. Volitakis, R.A. Cherny, R.S. Norton, K. Beyreuther, C.J. Barrow, C.L. Masters, A. Bush, K.J. Barnham, Alzheimer’s disease amyloid-beta binds copper and zinc to generate an allosterically ordered membrane-penetrating structure contain ing superoxide dismutase-like subunits, J. Biol. Chem. 276, 20466-20473, 2001.
65 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
Titolo del progetto Anno di riferimento del bando Obiettivi
Coordinatore scientifico Responsabile amministrativo Soggetti partecipanti
Deposito della beta amiloide sulla membrana cellulare: ruolo degli ioni metallici e dei radicali liberi 2000 Individuazione di alcuni meccanismi moleco lari che possono essere alla base del danno neuronale nella malattia di Alzheimer, fina lizzata ad una prevenzione primaria basata sull’introduzione nella dieta di individui sani, ma appartenenti a popolazioni a rischio per fascia di età o d’altri fattori predisponenti, di specifici coadiuvanti alimentari. dott. Gianfranco Menestrina - CNR - Centro di Fisica degli Stati Aggregati - Povo/Trento Dott. Giovanni Martini - Assessorato alle po litiche sociali e alla salute - Trento Azienda provinciale per i servizi sanitari - Trento Istituto Trentino di Cultura – CeFSA - Trento Istituto per le Applicazioni Interdisciplinari della Fisica – IAIF – Palermo
Periodo di tempo in cui si è sviluppato il progetto
24 mesi
Data inizio attività progettuali
1 luglio 2001
Importo finanziato dal Ministero della salute
euro 181.000
Cofinanziamento da parte dei soggetti partecipanti
euro 72.000
Gianfranco Menestrina, Mauro Dalla Serra, Massimiliano Comai, Rossella Tomazzoli e Cristina Potrich sono ricercatori presso l'ITC-CNR - Istituto di Biofisica, Sezione di Trento; Pier Luigi San Biagio, Mauro Manno e Donatella Bulone sono ricercatori presso il CNR - Istituto di Biofisica, Sezione di Palermo; Antonella Graiff è Manager di ricerca presso l' ITC-irst, Trento; Floriana Giraudo e Lorenzo Gasperi sono dirigenti medici presso l'Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento, Centro di Salute Mentale di Borgo Valsugana. 66 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
SCHEDA 6
Presenza e ruolo degli antiossidanti
nello sviluppo del tumore della mammella
Marina Scarpa, Maria Rosa Ciriolo, Enzo Galligioni,
Fulvio Mattivi, Sabina Passamonti, Adelio Rigo
1. Come è nato il progetto La coesione tra i gruppi coinvolti Il progetto di ricerca intitolato "Presenza e ruolo degli antiossidanti nello sviluppo del tumore della mammella" è nato sulla base di una preesistente rete di collaborazioni scien tifiche tra ricercatori e medici operante sul territorio nazionale e in particolare in Trentino. La spinta a impegnarsi in questo progetto è venuta innanzi tutto dall’attualità del tema di ricerca e dalla certezza che ogni eventuale risultato che riguardi una patologia come il tumore della mammella ha una grande rilevanza non solo scientifica, ma soprattutto etica e sociale. L’elemento propulsore è stata però la consapevolezza che si fossero create le condizioni per impostare una ricerca ad ampio respiro, capace di indagare alcuni aspetti del ruolo degli antiossidanti partendo dai sistemi in vitro, cioè indagare i meccanismi a livello molecolare e cellulare, fino a esplorare fenomeni che si verificano nell’uomo, come l’assorbimento a livello gastrico e intestinale o il livello degli antiossidanti nel plasma dei soggetti patologici. Punto di forza di questo progetto è stato quindi il coinvolgimento di gruppi che operano in settori molto diversi, che vanno dalla chimica agraria, alla clinica e lo sforzo di raccogliere il contributo di tutti con l’obiettivo di avere una visione globale dei legami esistenti tra gli antiossidanti e la cancerogenesi. Le motivazioni scientifiche L’idea di partenza che ha spinto a proporre questo programma trova origine nell’ipotesi di Virchow (1863) e nelle successive verifiche sperimentali che stabiliscono un legame tra infiammazione e cancro. Infatti l’insorgere di una patologia maligna è spesso associato a un’infiammazione cronica causata da agenti fisici e chimici o da reazioni infiammatorie autoimmuni (Balkwill and Mantovani, 2001). I meccanismi cellulari che sottendono questo fenomeno sono molto complessi, pur tuttavia appare ben dimostrato il coinvolgimento di citochine infiammatorie, fattori di crescita e chemochine1 indotte forse dalla scarsa dispo nibilità di ossigeno che caratterizza i tessuti tumorali. I meccanismi della cancerogenesi associati con l’infiammazione non sono tutt’ora chiariti e in una recente review Ohshima et al. (2003) individuano tre vie principali: i) l’azione diretta di agenti infettanti attraverso alterazioni del DNA ospite, ii) l’immunosoppressione iii) la produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) e dell’azoto (RNS), soprattutto di specie che chimicamente sono radi cali liberi2. Perwez-Hussain et al. (2003), pur sottolineando che si deve fare ancora molto per capire i meccanismi molecolari che si instaurano a causa del danno indotto da stress collegato ai radicali liberi, enumerano i possibili siti di azione dei ROS ed RNS. I principali bersagli molecolari di questi ultimi sembrano essere le proteine, gli acidi nucleici e i lipidi che vengono chimicamente danneggiati3. I radicali liberi possono però agire attraverso 67 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
meccanismi più sofisticati che modulano la crescita cellulare e tumorale attivando mec canismi di trasduzione del segnale che inducono la trascrizione di protoncogeni inclusi c-FOS, c-Jun., c-MYC. È ben noto che esistono sostanze di origine naturale che contrastano i meccanismi di danno indotti dai radicali liberi. Tra queste sostanze, che vengono collettivamente clas sificate come "antiossidanti", le più note sono l’acido ascorbico e la vitamina E. Anche l’azione degli antiossidanti potrebbe essere diretta, cioè un’azione di cattura dei radicali liberi, bloccandoli chimicamente e impedendo che questi ultimi attacchino le molecole della cellula. Non si può escludere però un’azione indiretta, ad esempio mediata dallo stato red-ox cellulare4. Una teoria molto suggestiva suggerisce che lo stato red-ox sia esso stesso un segnale cellulare, cioè la cellula "sente" il livello delle sostanze ridotte e ossidate, e attiva o disattiva di conseguenza alcuni suoi processi. In questo modo, i composti indicati come "antiossidanti" agendo non attraverso un meccanismo chimico diretto, ma con la mediazione delle risposte cellulari, potrebbero avere anche un effetto proossidante. Nonostante l’incertezza sui meccanismi con cui agiscono gli antiossidanti, esistono molte evidenze sperimentali che un maggior consumo di frutta e verdura abbassa l’incidenza di malattie degenerative come il cancro. Molti sono i componenti di questi alimenti che possono essere ritenuti i responsabili del loro effetto protettivo. Tra questi un ruolo probabilmente di primo piano è da attribuirsi ai polifenoli. Questi ultimi sono metaboliti ubiquitari delle piante ed appartengono alla classe delle molecole redox-attive, in grado cioè di ossidarsi e ridursi senza divenire a loro volta molecole radicaliche altamente reattive. In questo modo possono svolgere un’azione preventiva nei confronti dell’azione dannosa svolta dalle specie radicaliche quali ad esempio le ROS. Trai i polifenoli ci sono sostanze di varia natura: ad esempio le antocianine che danno il colore alle ciliegie, alla frutta a bacca rossa, al vino rosso oppure il licopene del pomodoro o il floridzin della mela. L’azione dei polifenoli contro i radicali ed in generale le proprietà antiossidanti di questi composti, sono frequentemente citati come importanti fattori nella prevenzione delle malattie indotte dai ROS tra cui il cancro. Tuttavia, nonostante l’entità dei lavori riportati in letteratura sui benefici di una alimentazione ricca di polifenoli, poco si conosce sui meccanismi molecolari attraverso i quali questi composti agiscono sia sull’insorgenza che sullo sviluppo delle neoplasie. Le motivazioni etiche e sociali In accordo alla World Health Organization, si può affermare che il cancro rappresenta tutt’oggi una delle principali cause di morte nei paesi industrializzati; inoltre i soggetti affetti da cancro diventano spesso malati terminali, difficili da gestire per le famiglie e per le strutture sanitarie. È quindi prevedibile che ogni strategia preventiva o terapeutica che possa ridurre o rallentare lo sviluppo di ogni forma di cancro avrà una ricaduta diretta ed immediata sulla comunità. Questa patologia ha inoltre un impatto diretto sulla qualità della vita dell’ammalato, a causa della malattia stessa e talora delle conseguenze della strategia terapeutica: chirurgica, radiante, chemioterapica e delle conseguenze fisiologiche e psicologiche di controlli sanitari che si protraggono nel tempo anche nel caso di una risposta positiva alle terapie. 2. Obiettivi generali e specifici del progetto L’obiettivo che i partecipanti a questo progetto si sono posti è l’acquisizione di informa zioni riguardanti alcuni aspetti del ruolo degli antiossidanti nell’insorgenza e progressione 68 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
di una forma tumorale (tumore della mammella) allo scopo di evidenziare se essi possono contribuire alla riduzione della patogenesi del cancro stesso. Si tratta di un obiettivo a largo respiro e lungo termine, però nella programmazione del progetto, all’interno dell’obiettivo generale sono stati individuate alcune problematiche relative al ruolo delle specie reattive dell’ossigeno (ROS), tra cui i radicali liberi, e al ruolo degli antiossidanti, che controllano il livello delle ROS, nello sviluppo del tumore, proble matiche a cui è stato possibile dare una risposta commisurata ai tempi e alle dimensioni del progetto. La classe di tumore che abbiamo scelto di studiare è il tumore della mammella, per la sua diffusione e per la scarsità di informazioni sulle correlazioni tra presenza e livello di antiossidanti nel plasma delle pazienti affette da questa patologia. Abbiamo inoltre scelto di prendere in considerazione, accanto agli antiossidanti i cui effetti sono ben dimostrati (vitamina C, vitamina E, caroteni etc.) gli antiossidanti apparte nenti alla classe dei polifenoli. L’interesse per questi composti è motivato dalla loro elevata efficienza nell’inibire fenomeni perossidativi e dalla loro concentrazione relativamente alta in alcuni alimenti quali il vino rosso e la frutta, il cui consumo regolare in quantità anche moderate è noto produrre effetti benefici sulla salute umana. I meccanismi antiossidanti di questi micronutrienti sono tutt’ora poco noti, anche perché in questa categoria rientrano numerosissimi composti, presenti talvolta in tracce, difficili da estrarre e caratterizzare. In questo noi abbiamo avuto l’opportunità di avvalerci della collaborazione dei Laboratori dell’Istituto San Michele all’Adige, dove sono presenti le competenze e le metodologie per l’estrazione e caratterizzazione dei composti che sono stati utilizzati nel corso del progetto e per la determinazione del contenuto di alcuni di essi negli alimenti. 3. Fasi Il programma è stato articolato attraverso studi sugli antiossidanti puri, sperimentazioni utilizzanti linee cellulari e indagini su un numero selezionato di pazienti affette da tumore della mammella. Queste linee di sviluppo sono state programmate per acquisire un largo spettro di informazioni, a partire dai meccanismi molecolari dei polifenoli, dalla valutazione della loro efficienza e della loro influenza sulla crescita delle cellule neoplastiche, fino alla caratterizzazione dei meccanismi dell’assorbimento gastrico e la determinazione del livello di antiossidanti nel plasma di pazienti e soggetti sani. Le informazioni ottenute attraverso i diversi approcci sperimentali, esaminate collet tivamente, ci permettono ora di avere un quadro ben articolato delle relazioni tra i dati molecolari, cellulari, di biodisponibilità e i dati clinici. Attualmente le conoscenze riguardanti gli antiossidanti, i loro meccanismi e il loro li vello nei fluidi biologici sono molto carenti anche a causa della mancanza di metodologie sperimentali rigorose e di facile uso, tali da poter essere applicate a un numero elevato di campioni. È evidente anche la mancanza di uniformità dei protocolli di raccolta ed analisi dei dati, soprattutto dati biochimici e clinici, da parte dei diversi gruppi di ricerca. Una buona parte del lavoro sperimentale è stata dedicata alla messa a punto e alla diffusione di protocolli rigorosi e completi, per rendere più facile il confronto dei risultati ottenuti da gruppi di ricerca diversi, permettendo anche analisi statistiche significative.
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4. Personale coinvolto - Dr. Francesco Valduga, Dr. Antonio Lucenti, U.O. Oncologia Medica - Ospedale Santa Chiara, Trento. - Dr. ssa Daniela Cazzolli, U.O. Chirurgia A - Ospedale Santa Chiara, Trento - Dr. Giuseppe Filomeni, Dr.ssa Katia Aquilano, Dr. Angelo De Martino. Dr.ssa Patrizia Civitareale, Dipartimento di Dip.Biologia, Università di Roma"Tor Vergata" - Dr.ssa Monica Rossetto, Dr.ssa Paola Vanzani, Dr. Michele Lunelli, Dr.ssa Maria Lusia Di Paolo, Dipartimento di Chimica Biologica – Università di Padova - Dr.ssa Elvira D’Amato, Dr.ssa Michela Masé, Dr.ssa Silvia Bortoluzzi, Dipartimento di Fisica – Università di Trento - Dr.ssa Urska Vrhovsek, Dr.ssa Francesca Ieri, Istituto Agrario San Michele all’Adige, Trento Hanno collaborato inoltre il personale infermieristico dell’Ospedale Santa Chiara (Trento) e il personale tecnico dei Dipartimenti di Chimica Biologica (Padova), Biologia (Roma-Tor Vergata), Fisica (Trento), Biochimica Biofisica e Chimica delle Macromolecole (Trieste) e dell’Istituto Agrario San Michele all’Adige (Trento). 5. Risultati raggiunti I metodi per la determinazione dell’attività antiossidante del plasma e dei polifenoli. Il primo risultato, fondamentale per lo sviluppo di tutto il progetto di ricerca ha riguar dato la messa a punto di metodi chimico-fisici che permettono di determinare differenti parametri che sono connessi ai fenomeni di ossidazione e danno informazioni dettagliate e complementari sulla presenza e sull’azione dei composti che si oppongono ai fenomeni ossidativi stessi, cioè sugli antiossidanti. Nostro obiettivo era sviluppare metodi applicabili ai composti puri e alle matrici complesse quali i fluidi biologici, in particolare il plasma, e agli alimenti. In particolare è stato sviluppato e messo a punto un metodo elettrochimico per misurare la capacità ed efficienza antiossidante, che permette di esplorare diversi aspetti dell’azione degli antiossidanti plasmatici, per mettere in luce eventuali diversità di quest’azione nei soggetti normali e patologici. Questo metodo riproduce in vitro condizioni di elevata produzione delle ROS capaci di indurre la perossidazione dei lipidi e quindi consumo di ossigeno. È quest’ultimo parametro che viene misurato sperimentalmente. Essendo un metodo in vitro, richiede la realizzazione di un ambiente che mima quanto succede in vivo, ad esempio nel plasma umano quando si scatenano condizioni di elevata produzione delle ROS. È stato quindi necessario progettare un sistema modello che riproduca l’ambiente del plasma umano in vivo. Questa metodologia analitica si è rivelata riproducile e di facile applicazione ed è stata utilizzata con successo per la determinazione dell’attività antiossidante di composti puri, del plasma umano e dei componenti ad alto e basso peso molecolare di quest’ultimo. Alla messa a punto del metodo è seguita una valutazione critica del significato dei para metri sperimentali che si misurano per ottenere l’attività antiossidante, anche in relazione alla possibilità di proporre una metodologia di riferimento per la comunità scientifica, metodologia che a tutt’oggi non è disponibile. La metodologia messa a punto permette di valutare l’attività antiossidante di un composto puro, una miscela, un fluido biologico, sia in termini di capacità (numero di catene radicaliche bloccate da una singola molecola di 70 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
antiossidante) che di efficienza (espressa come concentrazione di antiossidante o volume di fluido che dimezza la velocità di perossidazione). I meccanismi molecolari La potenzialità del metodo messo a punto che permette di vedere più aspetti della bontà di un antiossidante (cioè la sua capacità e la sua efficienza) è stata la chiave d’avvio di uno studio approfondito per comprendere i meccanismi molecolari di alcuni antiossidanti, L’uso concertato di tecniche sperimentali e computazionali, hanno permesso di chiarire alcuni importanti aspetti del meccanismo d’azione di alcuni polifenoli a livello molecolare. In particolare sono state osservate sinergie tra gli antiossidanti stessi. In altri termini, antiossidanti più efficienti (cioè che catturano i radicali liberi dannosi molto efficacemen te) ma presenti nel plasma umano a livello relativamente basso agiscono in sinergia con antiossidanti meno efficienti ma più concentrati. Il significato di questa risultato va al di là del dato molecolare ed ha notevoli implica zioni nutrizionali. Le sinergie molecolari dimostrano che si verifica un effetto "cocktail", in quanto la presenza di antiossidanti che hanno natura diversa rafforza le capacità di difesa complessive. Questo potrebbe spiegare almeno in parte perché assumendo antiossidanti attraverso la dieta, cioè assumendo composti diversi alcuni dei quali in piccola quantità, si ottengono risultati migliori che assumendo maggiori quantità di una ristretta tipologia di composti. Gli antiossidanti come micronutrienti: le mele e la piccola frutta Con l’obiettivo di individuare le correlazioni tra la capacità antiossidante e quantità e tipologia degli antiossidanti stessi negli alimenti, sono stati presi in considerazione due prodotti tipici dell’area del trentino: le mele e la piccola frutta. Sono state analizzate 8 differenti varietà di mela (Renetta, Stark Delicious, Granny Smith, Morgenduft, Golden Delicious, Royal Gala, Braeburn e Fuji), di cui è stata valutata l’azione antiossidante, mediante il metodo descritto e la composizione dettagliata delle più importanti classi di polifenoli . I dati prodotti in questo progetto hanno permesso di realizzare per la prima volta una banca dati compositiva completa di tutti gli antiossidanti polifenolici presenti nella mela, che è costituita da una miscela complessa con 20 costituenti principali appartenenti a 5 differenti classi chimiche. Sono emerse importanti differenze sia di contenuto complessivo di antiossidanti, tanto che di presenza delle diverse classi, a seconda della varietà. Una approfondita conoscenza della composizione di questo frutto, che fornisce una significativa quota degli antiossidanti della dieta, costituisce un importante punto di partenza per valutarne il ruolo salutistico. Sono stati presi in considerazione inoltre altri prodotti largamente presenti in Trentino, quali i piccoli frutti: la ciliegia, la fragola, il lampone, il ribes, l’uva spina, la mora, e il mirtillo, che sono stati comparati a campioni della frutta tradizionalmente presente nella dieta mediterranea (prugna, pesca, fichi, pera, melagrana), e alla frutta esotica (mango, papaia, banana). Sia nel caso delle mele che della piccola frutta è emersa l’elevata capacità di protezione dai radicali liberi di questi alimenti. È stato possibile inoltre constatare che la varietà di contenuto in termini di antiossidanti è garanzia di una buona azione sinergica di questi ultimi come micronutrienti. Queste proprietà molecolari costituiscono la base per un in serimento di questi alimenti in una dieta giornaliera di prevenzione, ma sarà da valutare anche la possibilità dell’utilizzo come supporto ad altro tipo di terapie. 71 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
I meccanismi cellulari Sono stati definiti a livello molecolare gli effetti di alcuni polifenoli, scelti tra quelli che sono noti fornire un contributo particolarmente importante alla dieta umana, sulla vitalità cellulare. I risultati ottenuti hanno messo in evidenza che in dipendenza della struttura chimica questi composti possono comportarsi da autentici antiossidanti anche a concentrazioni elevate (miricetina, miscela di antocianine), mentre altri si comportano da pro-ossidanti all’aumentare della loro concentrazione (trans-resveratrolo, campferolo). Questi ultimi composti presentano la più elevata attività antiproliferativa che si concretizza mediante l’attivazione della morte cellulare programmata, per questo sono stati utilizzati, nei nostri studi, per identificare gli effettori molecolari responsabili degli effetti citotossici. Abbiamo dimostrato che il trans-resveratrolo e in minor misura il campferolo sono in grado di indurre un aumento significativo di specie radicaliche dell’ossigeno, mediatrici di danno alla membrana cellulare. Si osserva inoltre un cambiamento nel contenuto intracellulare di glutatione, il tripeptide responsabile del mantenimento dello stato ossido-riduttivo intracellulare. Questi effetti inducono un flusso di segnalazione redox-dipendente che porta all’innesco della morte cellulare per apoptosi. Gli effettori redox della segnalazione sembrano appartenere alla famiglia delle chinasi attivate da stress (MAP chinasi); in par ticolare JNK e p38. L’inibizione dell’attivazione di queste chinasi tramite inibitori specifici risulta infatti, nell’inibizione della morte cellulare. L’assorbimento gastrico e intestinale degli antiossidanti Un aspetto molto importante per comprendere quanto gli antiossidanti possano essere utilizzati per prevenire la cancerogenesi o come coadiuvanti di eventuali terapie, è stabilire se e in che misura, essi sono effettivamente assorbiti. Queste informazioni sono fonda mentali anche per elaborare strategie nutrizionali: può essere infatti inutile studiare diete che prevedano un certo apporto di antiossidanti quando questi non vengono assorbiti in quantità significativa. Lo studio sviluppato all’interno di questo progetto è stato concentrato su alcune categorie di antiossidanti, in particolare le antocianine vista l’elevata attività di questi composti e la miricetina che, essendo capace di interagire con il DNA, potrebbe avere un effetto sulla cancerogenesi. Quando non è stato possibile ottenere campioni di tessuto, sono state utilizzate le colture cellulari che costituiscono un buon modello per studiare i fenomeni che avvengono in vivo. Gli esperimenti hanno dimostrato che le antocianine introdotte nello stomaco del ratto sono molto rapidamente assorbite e si ritrovano in parte presenti nel plasma, sia portale che sistemico, nel fegato e nel rene. Questi esperimenti hanno permesso di comprovare che questa categoria di antiossidanti è effettivamente presente negli organi e nei fluidi biologici e che l’assorbimento avviene a livello gastrico, Esperimenti condotti su linee cellulari di adenocarcinoma mammario hanno evidenziato che la proteina responsabile dei fenomeni di assorbimento è la bilitranslocasi, un trasportatore di anioni localizzato sia a livello del fegato che della mucosa gastrica. Gli antiossidanti nel plasma umano:
soggetti normali e pazienti affette da tumore della mammella
Uno degli obiettivi di questo progetto è comprendere se la crescita tumorale è associata, in vivo, ad una variazione del livello degli antiossidanti. Si è scelto di dosare gli antiossidanti nel plasma, e non nel tessuto tumorale, per la più facile disponibilità di questo fluido che può essere ottenuto in modo minimamente inva 72 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
sivo. Il metodo precedentemente descritto ha permesso di ottenere misure attendibili e riproducibili, anche operando con una matrice molto complessa come il plasma. Sono stati raccolti i campioni di plasma di 45 pazienti affette da tumore della mammella in varie fasi della malattia, cioè prima dell’intervento chirurgico, dopo l’intervento e dopo l’inizio del trattamento farmacologico. Mediamente sono state riscontrate differenze molto modeste del livello di antiossidanti. L’analisi statistica dei risultati è però limitata dalla disponibilità di dati rispetto al numero di parametri da prendere in considerazione: sono infatti da valutare gli effetti dell’età e degli stili di vita. Quest’ultimo parametro è apparso molto importante per un’analisi accurata dei dati sperimentali, in quanto il livello degli antiossidanti dipende anche dalle abitudini del singolo individuo. Le indagini svolte fino a questo punto hanno dato risultati molto significativi dal punto di vista metodologico ma hanno anche evidenziato la necessità di avviare programmi multicentrici che permettono una vasta campagna di campionamenti. Il nostro progetto ha permesso di costruire le basi metodologiche e individuare i meccanismi molecolari, cellulari e fisiologici degli antiossidanti, aprendo la strada ad un progetto a più ampio respiro. 6. Aspetti positivi Il coinvolgimento di gruppi con competenze molto diverse ha permesso di integrare ricerca di base e ricerca clinica, dando al progetto lo spessore e la capacità di proiettarsi verso il futuro che è peculiare dell’interdisciplinarietà. In questo modo, pur trattandosi di un "piccolo" progetto (i gruppi coinvolti sono solamente 6 e la durata è solo di 2 anni), si è potuta raggiungere una visione d’insieme su alcuni aspetti di un argomento molto complesso come la relazione tra antiossidanti e cancerogenesi. Un altro aspetto molto positivo è dato dai prodotti scientifici della ricerca, di cui quelli già disponibili sono elencati di seguito (questo elenco è destinato ad allungarsi in quanto alcuni risultati saranno pubblicati al termine del progetto). La qualità e quantità della pubblicazioni, insieme al fatto che generalmente gli autori appartengono a Unità diverse, è testimonianza del livello scientifico e della capacità di coesione che hanno contraddistinto i partecipanti. Va inoltre sicuramente annoverato tra gli aspetti positivi l’interesse ed apprezzamento mostrato alle ricerche dalle associazioni dei produttori di frutta del Trentino. Questo indica una crescente sensibilità ed attenzione verso il controllo e la valorizzazione degli aspetti salutistici degli alimenti. 7. Criticità riscontrate Gli aspetti critici riguardano essenzialmente il passaggio da una ricerca di tipo biologicoclinico ad una ricerca epidemiologica su vasta scala. Questo passaggio richiede infatti un supporto economico, logistico ed organizzativo che non sono riscontrabili all’interno del progetto. Nonostante queste ovvie limitazioni, i partecipanti auspicano che i risultati servano come punto di partenza per una ricerca di piùù ampio respiro.
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NOTE [1] Proteine prodotte e rilasciate dalle cellule che trasmettono messaggi di attivazione, inibizione o anche morte (apoptosi) alle altre cellule. [2] I radicali liberi sono atomi o molecole che possiedono un elettrone spaiato; que st’ultimo conferisce loro una grande reattività chimica. [3] Il danno è di tipo ossidativo, spesso è mediato dall’ossigeno molecolare; ad esempio nel caso dei lipidi si verifica un fenomeno simile all’irrancidimento del burro: i ra dicali innescano un processo (la perossidazione lipidica) che, con la partecipazione dell’ossigeno molecolare presente nell’aria, degrada i grassi (i lipidi) della cellula. [4] Per stato red-ox cellulare si intende il rapporto tra sostanze ridotte (ricche di elet troni) e sostanze ossidate (povere di elettroni) nella cellula; quando si innesca un meccanismo di ossidazione, come quello indotto dai radicali liberi, le sostanze ridotte diminuiscono, perché cedono elettroni all’ossigeno molecolare, con conseguente innalzamento del livello delle sostanze ossidate. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] F. Balkwill, A. Mantovani, Inflammation and cancer: back to Virchow, The Lancet 357, 539-545. [2] H. Oshima et al., Chemical Basis of inflammation induced carcinogenesis, Arch. Bio chem. Biophys. 417, 3-11, 2003. [3] S. Perwez-Hussain et al., Radical causes of cancer, Nature Reviews- Cancer 3, 276 286 [4] G. Rotilio, M.r. Ciriolo, Antiossidanti delle diete mediterranee, Diete Mediterranee Europee, Roma, 20 Gennaio 2003. [5] G. Rotilio, M.R. Ciriolo, Dieta e Biologia - Minisimposio: "La dieta come strumento preventivo" Firenze, Florence Heart 2003, 12-15 Febbraio 2003. [6] F. Mattivi, D. Tonon, C. Sanchez, Gli antiossidanti polifenolici naturali, Laboratorio 2000. 3 (2002) 46-56. [7] F. Mattivi, A. Prast, G. Nicolini, L. Valenti, Validazione di un nuovo metodo per la misura del potenziale polifenolico delle uve rosse e discussione del suo campo di ap plicazione in enologia, Riv. Vitic. Enol. 2-3, (2002), 55-74. [8] F. Mattivi, D. Tonon, U. Vrhovsek, The antioxidants in apples and their importance in nutrition, in Atti Congresso Int. Proc. Int. Meeting "The apple in the world: varieties, trademarks, health benefits", Interpoma 2002, Bolzano, Italia, 7-9 novembre, 88-96 (abstracts published also in: Obstbau-Weinbau, 2002, 39, 10, p.287; Frutta e Vite, 2002, XXVI, 5, 159). [9] S. Passamonti, U. Vrhovsek, F. Mattivi, The interaction of anthocyanins with bilitran slocase, Biochem Biophys Res Commun. 296, 631-6, 2002. [10] S. Passamonti, Sottocasa & G.L. Bilitranslocase: structural and functional aspects of an organic anion carrier in Recent Research Developments in Biochemistry, vol 3, part I, (G.S.Pandalai, ed), Research Signpost, Kerala, India, ISBN 81-7736-155-4. 74 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
[11] S. Passamonti, U. Vrhovsek, A. Vanzo, F. Mattivi, The stomach as a site for anthocy anins absorption from food, FEBS Letters. 2003, 544, 210-213, 2003. [12] A. Rigo, M. Rossetto, M. Scarpa, P. Vanzani, F. Mattivi, Capacità antiossidante e ra dicali liberi: Effetto dei polifenoli nel vino, Convegno "Vino e salute", Verona, Italia, 12 Aprile 2002. [13] A. Rigo, M. Rossetto, P. Vanzani, Radicali liberi: effetto protettivo dei polifenoli nella mela, Interpoma 2002, Bolzano, Italia, 7-9 Novembre 2002. [14] M. Rossetto, P. Vanzani, F. Mattivi, M. Lunelli, M. Scarpa, A. Rigo, Synergistic antioxi dant effect of catechin and malvidin-3-glucoside on free radical-initiated peroxidation of linoleic acid in micelles, Arch. Biochem. Biophys.408, 239-245, 2002. [15] A. Rigo, A. Corazza, M.L. DiPaolo, M. Rossetto, R. Ugolini, M. Scarpa, Interaction of copper with cysteine: stability of cuprous complexes and catalytic role of cupric ions in anaerobic thiol oxidation, J. Inorg. Biochem., in press, 2004. [16] M. Rossetto, F. Mattivi, A. Rigo, P. Vanzani, Alimentazione e salute: capacita’ antios sidante degli alimenti e radicali liberi, Le tre giornate del controllo alimentare, Milano, 16-17 Giugno 2004. [17] F. Mattivi, U. Vrhovsek, A. Vanzo, S. Passamonti, Gastric absorption and distribution in liver, kidney and brain of grape anthocyanins. Proc. XXVIII World Congress of Vine and Wine. Session IV, Wine and Health, Wien, 4-9 July, 2004. [18] L. Giongo, F. Ieri, U. Vrhovsek, M. Grisenti, F. Mattivi, M. Eccher, Characterization of Vaccinium cultivars: horticultural and antioxidant profile, (Vaccinium International Symposium, Acta Horticulture, submitted), 2004. [19] L. Giongo, M. Grisenti, M. Eccher, F. Ieri, U. Vrhovsek and F. Mattivi, Evaluation of the adaptation of strawberry genotypes to Italian mountain areas, (Strawberry Inter national Symposium, Acta Horticulture, submitted), 2004.
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Titolo del progetto Anno di riferimento del bando Obiettivi
Coordinatore scientifico Responsabile amministrativo Soggetti partecipanti
Presenza e ruolo degli antiossidanti nello sviluppo del tumore della mammella 2001 Ricerca di correlazioni tra l’attività antios sidante dei polifenoli (presenti in quantità in frutta, ortaggi e vino) presenti nel pla sma di pazienti affette da carcinoma alla mammella e progressione della malattia. Gli studiosi auspicano che i risultati della ricerca in corso possano completare le in formazioni degli studi epidemiologici mirati a trovare relazioni tra gli stili di vita e il tumore alla mammella. dott. Marina Scarpa, Dipartimento di Fisica dell'Università di Trento, Povo/Trento Dott. Giovanni Martini, Assessorato alle politiche sociali e alla salute, Trento Consorzio Interuniversitario INBB – Unità di Ricerca di Padova c/o Dipartimento di Chimica Biologica Dipartimento Scienze Biomediche – Univer sità Chiesti “G. D’Annunzio” Istituto Agrario di San Michele all’Adige (IASMA-CBA) Ospedale di Trento – Oncologia Medica Università degli studi di Trieste – Diparti mento di Biochimica, Biofisica e Chimica delle Macromolecole Università di Trento – Dipartimento di Fi sica
Periodo di tempo in cui si è sviluppato il progetto
24 mesi
Data inizio attività progettuali
18 febbraio 2002
Importo finanziato dal Ministero della salute
euro 174.000
Cofinanziamento da parte dei soggetti partecipanti
euro 249.000
Marina Scarpa è professore associato presso l'Università degli studi di Trento, Dipartimento di Fisica; Maria Rosa Ciriolo è professore ordinario presso l'Università degli studi di Chieti, Dipartimento di Scienze Biomediche; Enzo Galligioni è Direttore del Dipartimento di Oncologia dell'Ospedale Santa Chiara di Trento; Fulvio Mattivi è Ricercartore presso l'Istituto Agrario di San Michele all’Adige, Trento; Sabina Passamonti è Ricercatrice presso l'Università di Trieste, Dipartimento di Biochimica, biofisica e chimica delle macromolecole; Adelio Rigo è professore ordinario presso l'Università degli studi di Padova, Consorzio Interuniversitario INBB. 76 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
SCHEDA 7
Analisi di espressione e alterazioni geniche mediante
tecnica di "Tissue Microarray"
Mattia Barbareschi
1. Come è nato il progetto Prima di iniziare a descrivere la nascita vera e propria del progetto di ricerca, occorre fare una breve premessa, di carattere storico, per meglio comprendere su quale terreno tale progetto si è innestato. A partire dall’inizio degli anni ’90 il Dr. Mattia Barbareschi, anche su stimolo del proprio direttore Dr. Paolo Dalla Palma, inizia ad interessarsi alle problematiche di espressione ge nica nei tumori (1-13), e nella prima metà degli anni ’90 inizia una stretta collaborazione di ricerca con i colleghi oncologi dell’ospedale S. Chiara, ed in modo particolare con il Dr. Orazio Caffo. Tale collaborazione permette di studiare casistiche di tumori umani integrando i dati di tipo biologico con quelli di tipo clinico, con produzione di numerosi lavori, molti dei quali pubblicati su autorevoli riviste scientifiche internazionali (14-22). Con la costituzione della U.O. di Oncologia Medica diretta dal Dr. Enzo Galligioni, si consolida l’integrazione tra le U.O. di Anatomia Patologica e di Oncologia, al fine di affrontare problematiche di ricerca applicata in ambito oncologico (23-27). Tale stretta ed intensa collaborazione rap presenta una situazione particolarmente favorevole allo sviluppo di progetti di ricerca di tipo biologico-clinico volti all’approfondimento delle conoscenze sui tumori con l’obiettivo di migliorare le cure prestate ai pazienti, in piena sintonia con gli obiettivi e le strategie del Dipartimento di Oncologia, coordinato dal Dr. Galligioni. Parallelamente alla integrazione tra le due U.O. anatomo-cliniche, nello stesso periodo, nasce una interazione sempre più stretta con l’ITC/irst, ed in particolare con il Dr. Stefa no Forti con il quale si affrontano inizialmente tematiche di analisi computerizzata delle immagini rappresentanti alterazioni biomolecolari dei tumori (28;29). Successivamente lo studio si estende alla gestione più globale dei preparati istologici, per giungere con la collaborazione della Dr. Francesca Demichelis a progettare sistemi di microscopia robo tizzata in grado di digitalizzare completamente tali preparati (30-32). Si struttura quindi una interazione tra il versante clinico-patologico ed il versante tecnologico di informatica medica/bioinformatica. Descritte in breve tali premesse storiche, possiamo introdurre la nascita del progetto vero e proprio. Nel marzo 1999 il Dr. Barbareschi ha partecipato al convegno della "United States and Canadian Academy of Pathology" a New Orleans, Louisiana, USA, dove venne presentata per la prima volta la metodica di Tissue Microarrays. In tale occasione il Dr. Bar bareschi ebbe l’occasione di discutere direttamente con le persone che avevano sviluppato tale tecnologia e fu colpito dalle enormi potenzialità della metodica. In tale occasione il Dr. Barbareschi ebbe modo di discutere dell’argomento anche con il Dr. Claudio Doglioni, all’epoca Direttore della U.O. di Anatomia patologica dell’Ospedale S. Martino di Belluno ed ora direttore della Anatomia patologica dell’Ospedale S. Raffaele di Milano, uno dei massimi 77 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
esperti italiani di immunoistochimica. Pertanto di ritorno in Italia si adoperò per cercare di ottenere la strumentazione necessaria, incontrando subito l’entusiastico supporto sia del suo Direttore Dr. Paolo Dalla Palma che del Dr. Enzo Galligioni, Direttore del Dipartimento di Oncologia. Il Dr. Galligioni, responsabile del "Progetto per l’Oncologia in Trentino" so stenuto dalla Associazione Artigiani e Piccole Imprese della Provincia di Trento, dalla Lega Italiana per la Lotta ai Tumori – Sezione di Trento, e dal Dipartimento di Oncologia della Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari, trovò i finanziamenti necessari all’acquisto della strumentazione. Seguì un periodo di approccio alla tecnologia dei Tissue Microarrays, con l’allestimento dei primi arrays, e con l’approfondimento delle potenzialità e problematiche della tecnologia stessa. Successivamente si era anche resa chiara la necessità di poter disporre di personale dedicato all’uso dello strumento e tramite il citato "Progetto per l’Oncologia in Trentino", fu possibile erogare una borsa di studio per un tecnico che si dedicasse interamente alla creazione degli arrays. Fra le problematiche di maggior rilievo emerse durante questa fase apparve chiaro che era necessario disporre di un supporto informatico in grado di gestire la grande massa di dati che sarebbero stati prodotti, e che sarebbe stato di grande aiuto automatizzare quanto più possibile il processo di acquisizione dei dati stessi. Pertanto ci si interfacciò con l’Unita di telemedicina dell’ITC/irst con cui già la U.O. di Anatomia Patologica e la U.O. di Oncologia Medica collaboravano nell’ambito di altri progetti di ricerca. Ne nacque una prima collaborazione, da cui poi scaturì l’idea di definire in modo organico tale attività e di partecipare al bando del Ministero della Sanità per la ricerca sanitaria finalizzata 2001. La partecipazione a tale bando fu approvata dal Direttore Generale della Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari, Dr. Carlo Favaretti, e grazie anche alle continue e proficue collaborazioni con ITC-irst sul versante delle tec nologie biomediche e con la collaborazione della Dr. Antonella Graiff, manager di ricerca dello stesso Istituto, il progetto fu quindi presentato al Ministro della Sanità, ove venne valutato favorevolmente ed ebbe ufficialmente inizio il 18 febbraio 2002. 2. Obiettivi generali e specifici del progetto Prima di definire gli obiettivi del progetto occorre una breve premessa sulle metodologie utilizzate, ed in particolare sulla metodica dei "Tissue microarrays" (TMA). Questa tecnologia consente di studiare l’espressione genica in grandi serie di tessuti umani con metodiche di analisi in situ per molteplici marcatori biomolecolari, quali la immunoistochimica o le metodiche di ibridazione degli acidi nucleici. Il metodo TMA si basa sul prelievo di piccoli frammenti di tessuto tumorale fissato ed incluso in paraffina con un sistema di "carotaggio" e di allineare tali frammenti in un aggregato a struttura matriciale in un nuovo blocchetto di paraffina appositamente costruito, mantenendo chiaramente identificabili i frammenti tessutali e associandoli in modo univoco ai relativi dati di tipo patologico e clinico. In tal modo si possono analizzare contemporaneamente diverse centinaia di frammenti tumorali con notevoli vantaggi di economia (di tempo, reattivi e tessuti) e di riproducibilità degli esperimenti. L’interesse per la tecnologia TMA nasce dalla necessità di poter consentire il più rapido ed efficace trasferimento alla analisi in situ sui tessuti dei risultati ottenuti dalle tecnologie ad alta densità di informazione di genomica e proteomica. Infatti nell’ambito del progetto genoma umano del National Human Genome Research Institute (http://www.nhgri.nih.gov) esiste uno specifico progetto di TMA (Tissue Microarray Project) per consentire l’integrazione dei dati genomici con quelli tessutali. 78 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
L’obiettivo generale del nostro progetto è appunto lo studio della espressione genica nei tumori umani a livello tessutale utilizzando la metodica TMA per identificare marcatori di possibile interesse diagnostico, prognostico o predittivo. Ci si pone cioè l’obiettivo di identificare sia singoli marcatori biomolecolari, sia pannelli di marcatori da utilizzare come strumento diagnostico nella definizione degli istotipi neoplastici, e come ausilio nella miglior definizione della prognosi e della terapia dei singoli pazienti. Gli obiettivi specifici possono essere suddivisi in due principali aspetti: da un lato vi è il percorso biologico/clinico e dall’altro quello tecnologico che convergono successivamente nella analisi dei dati. Il percorso biologico/clinico è stato caratterizzato sostanzialmente dalle seguenti fasi: acquisizione della tecnica TMA, identificazione e revisione delle casistiche da studiare in relazione a quesiti patologici e clinici, raccolta dei dati patologici e clinici sulle casistiche da studiare, raccolta dei tessuti e creazione dei blocchetti microarray, identificazione dei marcatori molecolari di studiare, esecuzione degli esperimenti di analisi in situ ed inter pretazione delle indagini di espressione. Il percorso tecnologico è stato caratterizzato dalle seguenti fasi: analisi dei requisiti riguardo alla costruzione di un sistema di raccolta e gestione di dati relativi l’utilizzo della tecnica Tissue Microarray, analisi dello stato dell’arte, definizione della tecnologia da utilizzare, implementazione, test e messa in opera del sistema. Il sistema sviluppato è brevemente descrivibile come integrazione di due sottosistemi: i. un sistema di acquisizione e valutazione automatica dei preparati Tissue Microarray, basato sull’utilizzo della micro scopia robotizzata e sull’implementazione di procedure di riconoscimento degli oggetti e analisi di immagine, ii. sistema web per la raccolta e la condivisione di dati multimediali relativi a esperimenti con tecnica Tissue Microarray (https://bioinfo.itc.it/TMA) rivolto a studi multicentrici.. La convergenza dei due percorsi nella analisi si pone come momento di integrazione di competenze diverse, sia di tipo clinico, che biologico-molecolare che di tipo analitico biostatistico per la comprensione ed interpretazione dei fenomeni, la identificazione dei problemi clinici e la ricerca delle metodologie più adatte a comprendere i risultati. 3. Fasi Il progetto si è articolato in sette fasi, diverse delle quali parzialmente concomitanti, come si evince anche dall’allegato diagramma di Gannt, modificato rispetto alla stesura originaria del progetto per illustrare meglio le fasi nella loro reale evoluzione nel tempo e la loro concatenazione. mesi
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fasi I II III IV V VI VII
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Fase 1: Raccolta delle casistiche In questa fase, riguardante le U.O. anatomo-cliniche, sono stati individuati i quesiti pa tologici e clinici da affrontare, la tipologia delle casistiche da analizzare nel corso del progetto, identificando i casi da studiare, rivalutando i parametri patologici e raccogliendo le relative informazioni cliniche. Si sono raccolti i dati di 1553 carcinomi mammari, 154 carcinomi ovarici, 15 carcinomi del fegato, 27 adenocarcinomi colorettali, 103 tumori polmonari, 50 tumori endocrini. Tali casistiche provengono in maggior parte dall’Ospedale S. Chiara di Trento, ma anche da altre Istituzioni, quali l’Ospedale S. Martino di Belluno, l’Ospedale S. Maurizio di Bolzano, l’Università di Chieti, l’Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia. Durante tale fase sono stati via via identificati i marcatori da studiare, in relazione alle casistiche in esame e alle varie interazioni avute con altri gruppi di studio. Fra i principali marcatori analizzati, soprattutto nelle casistiche di carcinomi mammari, ovarici, colorettali e polmonari, vi sono: ER, PgR, c-erbB-2, p21, p27, p53, RB, p16, fascina, syndecan-1, CDX2, TTF1, M-CAM, N-CAM, MGMT, FHIT, Fez, c-Kit . Fase 2: Standardizzazione delle procedure di allestimento dei tissue microarray, allestimento degli array ed interpretazione da parte del patologo In questa fase sono stati allestiti i blocchetti TMA seguendo procedure standardizzate. Si sono affrontati i problemi relativi all’allestimento dei preparati istologici relativi e si è proceduto alla lettura della espressione dei biomarcatori da parte di vari patologi. Si sono affrontate alcune problematiche specifiche alla esecuzione delle procedure sperimentali, con affinamento e adattamento delle tecniche di analisi allo specifico dei preparati TMA. Per la interpretazione dei preparati, lavoro lungo, di precisione e di elevato impegno professionale, ci si è avvalsi anche di collaborazioni esterne, tra cui quella con la Dr. Dolores Di Vizio, Università Federico II, Napoli. Fase 3: Analisi e sviluppo dei moduli software del sistema In questa fase è stata eseguita l’analisi dei requisiti, la progettazione del sistema di ac quisizione e del sistema di raccolta e condivisione dei dati. Il sistema di raccolta e condivisione dei dati è stato studiato per facilitarne l’utilizzo nella varie fasi del flusso di lavoro, dall’inserimento dei dati dei anagrafici dei pazienti, dei dati clinici, dell’allestimento dei block array, all’inserimento dei dati di valutazione dei preparati Tissue Microarray. Sono state implementate le prime versioni dei componenti del sistema. Fase 4: Creazione dei casi virtuali di tissue microarray L’acquisizione dei preparati in formato digitale, compiuta in questa fase, ha portato al l’ottimizzazione di alcuni componenti del sistema. In particolare sono state apportate modifiche significative dei componenti di analisi di immagine e di riconoscimento degli oggetti (object recognition) per migliorare le performance del sistema. L’acquisizione automatica e la valutazione dei preparati sono elementi che hanno richiesto un forte impegno in termini di analisi e di sviluppo delle procedure. La causa è da addurre alla natura dei preparati Tissue Microarray (l’ordine strutturale è spesso non conservato), alla varietà della tipologia di marcatori tumorali e, all’interno di una singola categoria di marcatori, alla molteplicità di forme di espressione; queste caratteristiche rendono di difficile generalizzazione le procedure di analisi di immagine. L’investimento lavorativo compiuto in questo ambito tecnologico ed i risultati raggiunti rendono il sistema flessibile. 80 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
Fase 5: Elaborazione ed analisi In questa fase si è lavorato all’analisi della soddisfazione dei maggiori vantaggi di un sistema di valutazione automatica rispetto alle valutazioni fornite dal patologo, quali l’oggettività e riproducibilità delle misure, continuità delle misure ed i vantaggi in termini di tempo. In particolare si è valutato se e come l’utilizzo delle valutazioni automatiche rispetto alle valutazioni manuali migliori l’analisi di correlazione dell’espressione di un marcatore con i parametri clinici e con lo studio della sopravvivenza, grazie alla maggior informazione contenuta nelle misure ‘continue’ e all’oggettività delle valutazioni. Fase 6: Analisi statistica bioinformatica In questa fase si è lavorato ai metodi di preprocessing dei dati (di grande importanza e delicatezza ogni qual volta si abbia a che fare con dati complessi ed articolati) e all’analisi statistica e bioinformatica. Gli studi compiuti riguardano l’analisi di correlazione di singoli marcatori con i parametri istologici e clinici e l’analisi di sopravvivenza, univariata e mul tivariata. Abbiamo valutato il potere predittivo di alcuni marcatori della sopravvivenza di pazienti affetti da tumore mammario ed ovarico. Su un dataste di tumori ovarici sono stati analizzati pattern di espressione di una decina di marcatori contemporaneamente, con tecniche di clustering gerarchico e partizionale. Sono inoltre state indagate tecniche di classificazione adatte alla tipologia di dati biologici provenienti da esperimenti Tissue Microarray, sia di carattere statistico sia di apprendimento automatico. Fase 7: Interpretazione dei dati Questa è stata la fase di convergenza e di integrazione delle diverse competenze cli niche, biologico-molecolari e biostatistiche per la comprensione ed interpretazione dei fenomeni, la identificazione dei problemi clinici e la ricerca delle metodologie più adatte a comprendere i risultati. Una parte dei dati di espressione genica valutata sui preparati TMA è servita a convalidare analoghi dati ottenuti con le metodiche tradizionali (vedi ad es. la espressione di syndecan-1 nei carcinomi mammari e di CDX2 nei tumori colorettali). Durante tale fase si sono stesi anche alcuni manoscritti, alcuni dei quali sono poi stati oggetto di pubblicazione. 4. Personale coinvolto Il progetto ha visto la collaborazione di numerosi attori delle varie unità operative facenti parte del progetto e di numerosi altri professionisti di altre istituzioni. Vengono qui pro poste in forma tabellare le persone coinvolte suddivise per U.O.
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Istituzione
Nominativi
U.O. Anatomia patologica Ospedale S. Chiara Trento
Dr. Mattia Barbareschi Dr. Paolo Dalla Palma Dr. Daniela Aldovini Dr. Sebastiana Boi Dr. Roberto Togni Capotecnica Mara Dal Santo Giorgia Peterlini Dr. Enzo Galligioni Dr. Antonio Lucenti Dr.ssa Antonella Ferro Dr.ssa Carmela Arcuri Dr.ssa Sonia Brugnara Dr. Orazio Caffo
U.O. Oncologia Medica Ospedale S. Chiara Trento
ITC/irst
Dr. Antonella Graiff Dr. Francesca Demichelis
U.O. Anatomia Patologica Ospedale San Martino Bel luno
Dr. Rossana Dell’Anna Dr. Andrea Sboner Dr. Claudio Doglioni Dr. Ettore Macrì Dr. Giulia Cangi Dr. Lorenza Pecciarini Enzo Meggiolaro
Attività/campi di interesse Coordinatore del progetto Direttore della U.O. Patologia Ovarica Patologia Cutanea Patologia Gastroenterica Gestione Laboratorio TMA Borsista del Progetto Direttore U.O. Patologia mammaria Patologia mammaria Patologia Ovarica Patologia Ovarica Patologia Polmonare e urologica Referente istituzionale ITC-irst Responsabile scientifico di progetto Gruppo Bioinformatica, SRA Gruppo Bioinformatica, SRA Direttore U.O. Patologia mammaria Biologa molecolare Biologa molecolare Capotecnico
Oltre al personale citato, vi sono state numerose altre persone coinvolte fra le quali citiamo: - Dr. Dolores Di Vizio, Università Federico II di Napoli e ora Dana Farber Cancer Institute, Boston, MA, per la lettura dei preparati TMA di carcinomi mammari e ovarici e per la interpretazione dei dati; con la Dr. Di Vizio è stata anche stipulata una consulenza sui fondi del Progetto; - Dr. Guido Mazzoleni, Dr. Lorenzo Bombardelli, Dr. Claudio Graif, per una casistica di carcinomi ovarici; - Dr. Claudia Griso, Dr. Cristina Pegoraro Dr. Antonio Iannucci, Azienda Ospedaliera di Verona, per la raccolta di una importante casistica di carcinomi ovarici; - Prof. Antonio Marchetti, Dr. Fiamma Buttitta, Università degli Studi G.D’annunzio, Chie ti, per la raccolta di un acasistica di carcinomi mammari in donne giovani di origine sudanese - Dr. Alberto Cavazza, Arcispedale S. Maria Nuova, Reggio Emilia, per una casistica di tumori endocrini polmonari; - Dr. Marco Pierotti, Dr. Silvana Canevari, Istituto Nazionale Tumori, Milano, per lo studio comparato di espressione di marcatori su casistica di carcinomi ovarici a livello di DNA 82 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
microarrays e TMA; - Dr. Thomas Colby, Mayo Clinic, Scottsdale, AZ, USA, per una casistica di tumori polmonari rari; - Dr. Claudia Roldo, Università degli Studi di Verona, per la lettura dei preparati TMA di carcinomi mammari e ovarici e per la interpretazione dei dati; - Dr. Andrea Vecchione, Dr. Carlo Croce, Kimmel cancer Center, per la fornitura di anticorpi monoclinali e lettura dei preparati TMA di carcinomi mammari; - Dr. Paolo Verderio, Prof. Angelo Paradiso, Istituto Nazionale Tumori, Milano e IRCCS – Oncologico di Bari per il progetto INQUAT controllo di qualità c-erbB2; - Prof. R. Micciolo, Università degli studi Trento, per analisi di dati clinici di casistiche tumorali; - Dr. Claudia Roldo, Dr. Stefania Beghelli, Prof. Aldo Scarpa, Università degli Studi di Verona, per la lettura di preparati TMA e l’uso del sistema di gestione dei TMA. 5. Risultati raggiunti I risultati del progetto possono essere raggruppati in tre grandi ambiti, e cioè: a) creazione di una collezione di TMA di casistiche tumorali e di tessuti umani normali, b) creazione di un sistema integrato per la gestione dei TMA, c) identificazione di marcatori biomolecolare di interesse diagnostico, prognostico o predittivo. Tali risultati sono in parte oggetto di pubblicazione su riviste scientifiche internazionali e/o di comunicazioni a congressi nazionali e internazionali. I risultati possono essere riassunti schematicamente come segue: a) creazione di una collezione di TMA di casistiche tumorali e di tessuti umani normali - come descritto nella presentazione delle fasi del progetto, si sono creati 149 arrays di varie casistiche; tale materiale potrà essere ancora studiato in futuro, in quanto da ogni array si possono ottenere circa 50-100 ulteriori sezioni su cui effettuare diverse indagini biomolecolare; essi rappresentano quindi un importante risultato del progetto che permetterà inoltre la interazione con altri gruppi di ricerca impegnati in tale ambito. - Creazione di un database clinico completo, interamente informatizzato, e continua mente aggiornato, di tutti i casi valutati con tecnica TMA, per le correlazioni clinico biologiche b) creazione di un sistema integrato per la gestione dei TMA. Il sistema è composto da un sistema web per la raccolta e la condivisione di dati multimediali riguardanti esperimenti con tecnica Tissue Microarray (https://bioinfo.itc.it/TMA) e da un sistema per l’acquisizione e la valutazione automatica dei preparati Tissue Microarray. c) identificazione di marcatori biomolecolare di interesse diagnostico, prognostico o predit tivo - fra quelli di uso diagnostico un posto particolare spetta a CDX2, da noi descritto per primi in ambito istopatologico, che viene attualmente riconosciuto a livello internazionale come il miglior marcatore per la definizione della origine colorettale di una neoplasia - fra i marcatori prognostici identificati dal nostro gruppo vi sono M-CAM e MGMT: tali molecole appaiono essere importanti marcatori prognostici nel carcinoma ovarico; di tali marcatori non è ancora stato riportato in letteratura un analogo dato e quin 83 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
di sono in preparazione due manoscritti ad hoc integrando i dati con quelli delle indagini di DNA microarrays sia in vivo che in silico con la collaborazione della Dr. Silvana Canevari, INT Milano; - fra i marcatori predittivi abbiamo attualmente valutato soprattutto la espressione di quelli a significato già noto, quali ER, PgR e c-erBb-2, confermando la affidabilità del sistema TMA sia in lettura umana che in lettura automatica nella valutazione di tale tipo di marcatori. 6. Aspetti positivi Gli aspetti di maggior spicco possono essere distinti in alcuni gruppi: a) creazione di un archivio miniaturizzato di tessuti corredati da tutte le necessarie informazioni biologicocliniche il cui utilizzo potrà sicuramente andare ben oltre i limiti temporali del progetto stesso; b) creazione di un sistema integrato di gestione dei TMA, basato su un sistema robotizzato di acquisizione e di una tecnologia web per l’accesso remoto al sistema; tale sistema consente attualmente a patologi di diverse istituzioni di collaborare con il progetto, fra i quali una particolare menzione spetta alla dr. Dolores Di Vizio, attualmente al Dana Farber Cancer Institute, Boston, MA, USA; inoltre l’intero sistema è attualmente in uso anche presso l’Anatomia patologica dell’Università di Verona (Prof. Aldo Scarpa) per la gestione di un proprio progetto TMA; c) interazione tra gruppi di ricerca della realtà provinciale con professionalità diverse con creazione di una rete di relazioni e con un potenziamento di alcuni aspetti di capacità professionale; si è presa ulteriore coscienza della necessità di integrare profondamente le competenze e informazioni patologiche, cliniche, biologi che, tecnologiche ed analitiche; d) interazione con altre strutture di ricerca di notevole prestigio a carattere nazionale ed internazionale con apertura di numerose possibilità di collaborazione con ricadute sia di tipo conoscitivo che ti tipo operativo. Un ulteriore aspetto positivo è la presa di coscienza della importanza di conservare opportunamente i tessuti umani per poterli studiare efficacemente dal punto di vista bio molecolare. A tale scopo ci si è infatti attivati per creare la possibilità di istituire a livello provinciale una "Banca tessuti e sieri" dei pazienti trentini, con lo scopo di criopreservare opportunamente i tessuti per poterli poi studiare con metodiche di biologia molecolare. Una tale banca rappresenterebbe una formidabile risorsa sia per progetti di ricerca clinica che, potenzialmente, per la migliore cura dei pazienti stessi. Inoltre essa rappresenterebbe uno strumento di collaborazione con istituzioni di ricerca sia nazionali che internazionali, in quanto ogni ricerca in campo oncologico non può prescindere dallo studio di campioni tissutali umani opportunamente conservati e corredati di tutte le relative informazioni clinico-patologiche. La disponibilità di tale materiale rappresenta attualmente nella cosid detta era post-genomica uno dei fattori più importanti per lo sviluppo della ricerca. Quindi è di estrema importanza che nell’ambito biomedico si sia maturata questa convinzione e questo desiderio di creare una banca tessuti e sieri che potrà rappresentare una naturale evoluzione dell’attuale progetto TMA. 7. Criticità riscontrate Una delle criticità di maggior rilievo nella nostra realtà sanitaria è quella del reperimento delle risorse umane. Infatti uno degli aspetti che hanno comportato un certo sforzo è stata 84 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
la identificazione della persona con competenze di tipo tecnico cui affidare la esecuzione materiale degli arrays e la ricerca di una persona con competenze di tipo istopatologico cui affidare la raccolta dei campioni, la loro analisi e valutazione patologica e la lettura dei preparati istologici TMA. Tale criticità trova ovviamente la sua radice nella mancanza di un corso di laurea in medicina e Chirurgia a livello locale, che potrebbe essere fonte di studenti, specializzandi e dottorandi da coinvolgere nel progetti di ricerca. Attualmente si è cercato di ovviare a tale problema sfruttando le possibilità di collaborazione a distanza offerte dal nostro sistema web e coinvolgendo in parte la Scuola di Specializzazione in Anatomia Patologica dell’Università di Verona. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] M. Barbareschi, S. Girlando, F.A. Mauri, G. Arrigoni, L. Laurino, P. Dalla Palma, C. Doglioni, Tumor suppressor gene products, proliferation, and differentiation markers in lung neuroendocrine neoplasms, J Pathol, 166:343-50, 1992. [2] M. Barbareschi, E. Leonardi, F.A. Mauri, G. Serio, P. Dalla Palma, p53 and c-erbB-2 protein expression in breast carcinomas. An immunohistochemical study including correlations with receptor status, proliferation markers, and clinical stage in human breast cancer, Am J Clin Pathol; 98(4):408-18, 1992. [3] M. Chilosi, C.Doglioni, F. Menestrina, L. Montagna, A Rigo, M. Lestani, M. Barbareschi, A. Scarpa, G.M. Mariuzzi, G. Pizzolo, Abnormal expression of the p53-binding protein MDM2 in Hodgkin’s disease, Blood; 84(12):4295-300, 1994. [4] M. Cristofolini, S. Boi, S. Girlando, G. Zumiani, P. Cristofolini, P. Dalla Palma, C. Doglioni, M. Barbareschi, p53 Protein expression in nevi and melanomas, Arch Der matol;129(6):739-43, 1993. [5] A.P. Dei Tos, C. Doglioni, L. Laurino, M. Barbareschi, C.D. Fletcher, p53 protein ex pression in non-neoplastic lesions and benign and malignant neoplasms of soft tissue, Histopathology;22(1):45-50, 1993. [6] C. Doglioni, P. Pelosio, L. Laurino, E. Macrì, E. Meggiolaro, F. Favretti, M. Barbareschi, p21/WAF1/CIP1 expression in normal mucosa and in adenomas and adenocarcinomas of the colon: Its relationship with differentiation, J Pathol 1996;179(3):248-53. [7] C. Doglioni, C. Chiarelli, E. Macri, T.A. Dei, E. Meggiolaro, P.P. Dalla, M. Barbare schi, Cyclin D3 expression in normal, reactive and neoplastic tissues, J Pathol 1998 Jun;185(2):159-66. [8] P. Iuzzolino, C. Ghimenton, A. Nicolato, F. Giorgiutti, P. Fina, C. Doglioni, M. Barba reschi, p53 protein in low-grade astrocytomas: a study with long-term follow-up, Br J Cancer 1994;69(3):586-91. [9] A. Marchetti, F. Buttitta, S. Girlando, P. Dalla Palma, S. Pellegrini, P. Fina, C. Doglioni, G. Bevilacqua, M. Barbareschi, mdm2 gene alterations and mdm2 protein expression in breast carcinomas, J Pathol 1995;175(1):31-8. [10] A. Marchetti, C. Doglioni, M. Barbareschi, F. Buttitta, S. Pellegrini, G. Bertacca, A. Chella, G. Merlo, C.A. Angeletti, P. Dallapalma, G. Bevilacqua, p21 RNA and protein expression in non-small cell lung carcinomas: Evidence of p53-independent expression and association with tumoral differentiation, Oncogene 1996;12(6):1319-24. [11] A. Marchetti, C. Doglioni, M. Barbareschi, F. Buttitta, S. Pellegrini, P. Gaeta, R. LaRocca, G. Merlo, A. Chella, C.A. Angeletti, P. Dallapalma, G. Bevilacqua, Cyclin D1 85 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
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Titolo del progetto Anno di riferimento del bando Obiettivi
Coordinatore scientifico
Responsabile amministrativo Soggetti partecipanti
Analisi di espressione e alterazioni geniche mediante tecnica di “Tissue microarray” 2001 Studio delle alterazioni genetiche e delle strutture cromosomiche, alla base della in sorgenza e della progressione dei tumori. Tali alterazioni possono venire analizzate attraverso la tecnica “Tissue Microarray”, che si avvale di metodiche e tecnologie avanzate di analisi di immagine digitale e di nuovi approcci bioinformatici per la valu tazione dei dati. Dott. Mattia Barbareschi U.O. Anatomia patologica Azienda provinciale per i servizi sanitari Ospedale S. Chiara, Trento Dott. Giovanni Martini Assessorato alle politiche sociali e alla salute, Trento ITC - Trento APSS – Oncologia medica - Trento ULSS1 – Belluno – Anatomia patologica APSS – Anatomia patologica - Trento
Periodo di tempo in cui si è sviluppato il progetto
24 mesi
Data inizio attività progettuali
18 febbraio 2002
Importo finanziato dal Ministero della Salute
euro 174.000
Cofinanziamento da parte dei soggetti partecipanti
euro 174.000
Mattia Barbareschi è Dirigente medico presso l'Unità operativa di Anatomia patologica dell'Ospedale Santa Chiara di Trento. 88 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 15
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