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Rinnovamento Organo di stampa dei Comunisti Italiani

Gennaio-Febbraio 2009

La giusta dimensione dell’etica

Anno III N° 1 I Responsabili: Carmine Giustiniani Giovanni Iorio

In queste ultime settimane l’Italia intera è stata scossa e turbata nonché colpita, dal trauma vissuto dalla famiglia Englaro, il padre ma soprattutto la figlia Eluana. Per coloro che non sono stati attenti, che non hanno avuto il tempo o la voglia di interessarsi sull’accaduto, sintetizzando al massimo, il caso di Eluana riguarda una ragazza che a causa di un tragico incidente, è venuta a trovarsi in uno stato vegetativo permanente. Questo succedeva ben diciassette anni fa, e solo oggi, si è avuto il coraggio da parte dei medici di sospendere i macchinari che consentivano il sostentamento di Eluana. Ecco il caso: il premier Silvio Berlusconi era contrario a questa procedura e aveva preparato in fretta e furia un provvedimento per far si di “regolare” il caso di Eluana, e tutti gli altri presenti qui in Italia, per non consentire il decesso. Da qui la bocciatura del provvedimento da parte del presidente della Repubblica Napolitano che dichiara il suddetto come un atto “incostituzionale”. Il padre di Eluana invita così i due “contendenti” a visitare la figlia, per cercare di comprendere almeno un po’ meglio, quello che significa vivere una vita in quelle e a quelle condizioni. L’invito è quindi accolto dal presidente Napolitano, che si convince che la decisione del padre di Eluana di spegnere i macchinari, è forse la cosa più giusta da fare. Intanto il premier ha cercato di riformulare la proposta affinché si potesse, secondo il suo punto di vista, salvare Eluana, ma il tempo non è stato sufficiente. Oggi se ne discute ancora, e questa circostanza ha aperto un caso che promette di essere aspro e combattuto da parte di tutto il popolo italiano.

Quello che più m’inquieta di tutto questo è che, nonostante le condizioni e la vita che Eluana era costretta a vivere, nessun media abbia avuto la forza e la dignità di lasciare in pace la famiglia Englaro. È mancata secondo il mio modesto avviso, l’intelligenza ma soprattutto la compassione per dei genitori che non si vedono solo portar via propria figlia da un destino crudele e beffardo. Loro hanno dovuto condividere con la morte della propria figlia per diciassette lunghi e interminabili anni, anni fatti di dolore straziante e di speranze sempre più fievoli e carenti. A causa di una legge che non ha mai regolato delle situazioni simili, Eluana non ha potuto nemmeno godersi gli ultimi anni di vita in maniera dignitosa, passando dolcemente dalla “vita” (se si può definire tale) e alla morte. Il secondo fattore che più mi sconforta e inquieta è che oggi, nel 2009, un paese laico o presunto tale, nel quale vigono delle sacrosante libertà di pensiero e di opinione, si voglia imporre una decisione, che dovrebbe essere mossa soltanto da una propria e indipendente libertà di scelta. Rispetto ai primi anni in cui Eluana ha vissuto questo suo calvario, si è fatto un passo in avanti con il “testamento biologico”, che permette a una persona ancora in grado di essere nel pieno delle proprie capacità mentali e fisiche, di esprimere le proprie volontà in merito alle terapie che intende o non intende affrontare nell'eventualità in cui dovesse trovarsi nella condizione d’incapacità di esprimere il proprio diritto di acconsentire o non acconsentire alle cure proposte (consenso informato) per malattie o lesioni traumatiche cerebrali irreversibili o invalidanti, malattie che costringano a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artificiali che

Vincenzo Serpico

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Organo di stampa dei Comunisti Italiani Italiani

zione per un cittadino italiano della propria espressione di volontà riguardo ai trattamenti sanitari che desidera accettare o rifiutare può variare da caso a caso, anche perché il testatore scrive cosa pensa in quel momento senza un preciso formato, spesso riferendosi ad argomenti eterogenei come donazione degli organi , cremazione, terapia del dolore, nutrizione artificiale e accanimento terapeutico, e non tutte le sue volontà potrebbero essere considerate bioeticamente e legalmente accettabili. La costituzione della Repubblica Italiana stabilisce con l’articolo trentadue che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”, ed è giusto che questo fattore sia approfondito e studiato bene per portare a dei risultati ottimali. È forse per voi giusto che in una Repubblica Democrazia, l’eticità o la moralità delle proprie azioni siano giudicate e regolate dalla legge, quando dovrebbe essere una libera scelta di ogni singolo individuo? Vi sembra forse democratico imporre una legge alla quale debbano poi sottostare anche persone che non acconsentano e che non siano d’accordo con tali disposizioni? Secondo il mio pensiero si devono ristabilire i concetti fondamentali di “rispetto” e “libertà” che ormai a questo punto devo pensare stiano degenerando e distorcendosi. Si deve ristabilire che il rispetto è dovuto a ogni singolo essere vivente, che si deve rendere indipendente rendendogli atto delle proprie potenzialità, dei propri pensieri e delle proprie decisioni. Un rispetto che deve essere reciproco, sia da coloro che le leggi le accolgono dall’alto, ma anche da coloro i quali le dispongono dall’alto. Il rispetto dovuto a una persona che scegli, secondo propria coscienza di voler abbattere le catene fatte di sofferenza e prigionia che le legano al proprio “involucro corporeo”. Il concetto di libertà di decidere cosa fare della propria vita e della propria morte. Così come lo stato non regola come una persona deve vivere la propria vita, scegliendo arbitrariamente di vivere bene o di rovinarsi la vita, allo stesso modo non

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deve e non può regolare come una persona vuole terminare la propria esistenza. La libertà di scegliere è un qualcosa che spetta non solo a coloro che fanno le leggi e che si sentono superiori a esse, ma anche a coloro che le leggi, in tanti casi, le subiscono. Ogni stato deve garantire a ogni suo cittadino, le medesime possibilità di vivere liberamente la propria vita, preservandola sì, ma non controllandola. Se in una società civile esistono delle leggi, questo è semplicemente per garantire equità, giustizia e preservare la libertà di tutti, affinché la liberta di una persona non invada e leda la libertà di un altro individuo. Se invece si creano delle leggi che inizino a regolamentare anche la moralità di una persona, allora questa non sarebbe più una società civile, bensì una “monarchia assoluta”, nella quale anche il modo di agire e di pensare sia condizionato dalle leggi dello stato stesso. È ovvio e naturale che si creino dei conflitti all’interno dei territori minati quali l’eutanasia, come in questo caso, ma anche l’aborto, le cellule staminali e quant’altro, ed è proprio per questi casi che un governo debba provvedere al mantenimento di una neutralità tale da poter gestire in autonomia qualsivoglia discussione e regolare quello che è giusto per tutti e non solo per certi casi. La neutralità che deve essere integerrima, forte, tale da non farsi influenzare da qualsivoglia autorità, nemmeno se questo si chiama “Vaticano”. Tutti in questo paese hanno il diritto di esprimere il proprio pensiero, di essere discorde o concorde con questo, di lasciarsi influenzare da una riflessione e da un modo di pensare oppure no. Questo però solo se si è singoli individui, e non quando sulle proprie spalle ricade il potere e la responsabilità di scegliere e decidere per un popolo intero. Dobbiamo difendere sempre la nostra etica, la nostra morale, il nostro pensiero e la nostra libertà, poiché sono questi i fattori che ci rendono esseri umani.

Carmine Giustiniani

Evasione fiscale, una questione morale e un malcostume tutto italiano !! Unità di misura nella scienza, nella tecnica e nell’economia ci consentono di valutare, in modo univoco, esatto e confrontabile, qualsiasi fenomeno. Nel sociale come possiamo valutare persone, eventi avvenuti e previsti? Qualsiasi forma possibile di totalitarismo (fascismo, nazismo, comunismo, franchismo,ecc.) hanno in comune: violenza, limitazione delle individualità a favore di collettivismo che gestisce la persona. In contrapposizione, la Democrazia si fonda sulla centralità della persona. Eppure, tali forme di governo hanno dei punti positivi sui quali detrattori e fautori dell’uno o dell’altro hanno la possibilità di giudicare e di polemizzare. Diversamente si verifica la degenerazione della Democrazia, come avviene oggigiorno, anche perché non essendoci alcun personaggio dotato di carisma,

viene a mancare l’autorevolezza che consente la guida responsabile di qualsiasi Istituzione o, comunque, di Gruppi Sociali. Considerando, come primo approccio al problema della valutazione sociale, il grave fenomeno della evasione fiscale, possiamo cominciare con considerare alcuni parametri fondamentali. La disonestà personale come assunto della considerazione che una persona ha, innanzitutto, per il proprio simile (figuriamoci per la Stato !). Costrizione alla disonestà per le difficoltà economiche indotte dal racket (attività commerciali ed industriali di medie e piccole imprese non adeguatamente sostenute dallo Stato), lotta senza quartiere, con leggi finalizzate ed azione efficace e continua, alla delinquenza organizzata sa una parte e forme di assistenza economica, sono questi gli elementi principali per evitare la costrizione ad evadere il fisco.

problematiche connesse all’evasione fiscale ed una scarsa volontà a di stampa deie,Comunisti Italiani rendereOrgano il problema conosciuto quindi, svolto, capirem La questione morale di cui tanto si blatera soltanto, deve essere il punto di partenza di qualsivoglia intervento educativo a partire dalla prima infanzia (nel gioco, negli atti comuni di igiene personale, nel rapporto con i compagni e con gli adulti). Tale principio educativo è fondamentale per la formazione della persona e deve essere perseguito, applicato e verificato nelle varie tappe del corso degli studi. A questo punto, sono del tutto evidenti le conseguenze pratiche sui principi di valutazione che devono tenere in debito conto dell’ergonomia della persona. Per ogni attività umana esiste un profilo professionale che definisce capacità e responsabilità. Ormai è palese che il nostro Paese vive da oltre un decennio un coacervo di difficoltà istituzionali, economiche, politiche. Per esperienza personale, in ogni azienda, pubblica o privata, in attività produttive o amministrative, a parità di capacità richieste e responsabilità attribuite, la valutazione di detti elementi basilari diversa in funzione di tante variabili che caratterizzano il sociale (carisma, disponibilità al rapporto interpersonale, atteggiamenti presuntuosi e pregiudizievoli esasperati fino al mobbing). Quest’angosciosa ed incresciosa situazione ha un unico filo conduttore non riconducibile a cause esogene rispetto alla nostra Società, bensì un diffuso senso di mancanza di “valori morali”. Questi ultimi non sono dei fatui principi enunciabili in un qualsiasi contesto culturale e/o sociale, ma rappresentano dei veri a propri riferimenti per la vita quotidiana di ciascuno di noi. La storia ci insegna che di questione morale si è parlato fin dall’epoca della Repubblica Romana (509 a.C.) all’indomani dell’ allontanamento dalle cariche pubbliche di Tarquinio, Il Superbo, tacciato dai più di corruzione e di interesse privato in pubbliche faccende. Nei secoli a venire, la storia dipanò un’altra serie di problematiche politico-sociali aventi come denominatore comune la moralizzazione della vita pubblica. Le lotte medioevali tra lo Stato e la Chiesa, la cattività Avignonese del Papato, l’età dei Comuni, le conquiste delle Terre Transoceaniche, l’Assolutismo Illuminato in Francia e la stessa, famosa Rivoluzione Francese, il Risorgimento Italiano e così via. Tutti questi eventi sono indirizzati verso la ricerca delle possibili soluzioni dei vari contenziosi morali fra il pubblico ed il privato, il sacro ed il profano, il singolo ed il Gruppo di Potere. Oggigiorno, la Politica sembra farsi carico di questo aspetto, tentando di individuare nella così detta Questione morale le trasparenza delle Cariche Istituzionali, la responsabilità nel Governo del Paese e, non ultimo, il legiferare nell’esclusivo interesse della collettività. Risulta quindi facile, a questo punto, fare una scelta nel nostro ragionamento e individuare, nella lotta all’evasione fiscale un campo di azione nel quale utilizzare la morale come valido strumento di equità e di probità. In effetti, si veridica la degenerazione della Democrazia anche perché non essendoci alcun personaggio dotato di carisma, viene a mancare l’autorevolezza che consente la guida responsabile di qualsivoglia istituzione o, comunque, di gruppi sociali. Se a questo aggiungessimo una diffusa indolenza da parte dei più a voler trovare possibili soluzioni al

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mo immediatamente che, anche in questo caso, il dettame istituzionale viene del tutto negato. E’ opportuno ricordare che se pensassimo di ottemperare agli obblighi costituzionali, dovremo, conseguentemente, ragionare come quelli che dichiarano di considerare l’evasore fiscale, a tutti gli effetti, alla stregua di un comune delinquente, pertanto, le leggi e l’azione giudiziaria si devono adeguare al principio della gravità del reato quando questo è commesso a danno della collettività alla pari di quelli ambientali, entrambi da ritenersi tra quelli più gravi. Non è che il prossimo anno pagheremo meno tasse ? Dio solo sa per quanto tempo ancora resterà ferma l’insopportabile fardello delle pressione tributaria a carico dei cittadini a causa appunto dell’ignominioso fenomeno dell’evasione fiscale sempre più crescente ed incontrollabile. Per risolver alla radice questo perverso fenomeno e che da decenni sta avviluppando l’Italia in una spirale di corruzioni e di soprusi di ogni genere, occorre assumere, da subito, centinaia di migliaia di giovani laureati e/o diplomati, perché siano esercitati drastici controlli in tutte le direzioni e siano comminate sanzioni pecuniarie agli evasori nella misura non pagata e, per i recidivi, anche sanzioni penali. Se l’art. 53 della nostra Costituzione sancisce che “tutti i cittadini sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva” perché allora si continua a far pagare solo ai lavoratori dipendenti l’Irpef mensilmente su stipendi e pensioni?Perché si continua a privilegiare i contribuenti appartenenti alla categoria degli “autonomi” e cioè i professionisti, commercianti, artigiani, gestori di ristoranti e pizzerie nonché quelli di alberghi e di pensioni, attori, sportivi, ecc. che versano al fisco l’Irpef soltanto con la dichiarazione dei redditi (mod. 740) nel maggio successivo a quello di riferimento? Perché, poi, con la riduzione della aliquota Irpef dal 51 al 45% si è inteso mortificare il ceto medio e favorire i più ricchi? Il problema della individuazione di soluzioni atte a contrastare e risolver efficacemente il dannoso e immorale nodo dell’ evasione fiscale, deve avere come importante premessa la volontà del singolo cittadino e/o dei gruppi a sradicare il categoria dei così detti furbetti. Senza cadere nella speciosa quanto inutile retorica dialettica di cui peraltro tanti personaggi politici sono abili maestri, è bene formulare una proposta scarna e precisa, sulla falsariga di quelle già da tempo in atto in altri contesti internazionali con risultati assolutamente eccellenti. Il controllo fiscale può essere effettuato secondo modelli efficaci già attuati altrove in Asia, negli U.S.A. ed in Europa. L’esperienza insegna, anche in campo contributivo, ha sempre funzionato quel determinato sistema che trasmette agli utenti la sensazione di essere concreto ed infallibile. Pertanto, già questi attributi fungono da deterrente nei riguardi di quei contribuenti che volessero farle franca. In Italia, secondo me, l’unico sistema efficiente per l’immediato introito dei tributi mensili è quello della riscossione porta a porta. Così, si potrebbero impiegare centinaia di migliaia di persone, adeguatamente selezionati ed istruiti tra le giovani leve, che consegneranno a ciascun contribuente, verso la fine di ogni mese, in duplice copia, due bollettini prestampati con somma mensile dovuta,

calcolata sull’intero esborso delle tasse dedotte dal reddito pro-capite, che il contribuente verserà alla banca o all’ufficio postale. Inoltre, l’avvenuta consegna dei bollettini sarà comprovata dalla firma del ricevente su un documento in possesso dell’addetto incaricato al quale, dopo circa una settimana, il contribuente consegnerà una delle due ricevute comprovante l’avvenuto pagamento. Nel primo mese di morosità, al contribuente saranno consegnati sempre due bollettini uno con la somma del mese corrente mentre sull’altro è riportata quella precedentemente non pagata maggiorata del 50%. Nel secondo mese di morosità, al contribuente saranno consegnati tre bollettini rispettivamente: con la somma del mese corrente, quella precedentemente non pagata maggiorata di una percentuale del 50% e quella relativa al secondo mese non pagato maggiorata del 100%. Nel terzo mese di morosità, infine, nei confronti del contribuente verrebbero comminate le sanzioni amministrative e giudiziarie giacché, in questo caso,

ha commesso un reato ai danni della collettività che, alla pari dei reati ambientali, è da ritenersi tra quelli più gravi. Solo attraverso queste prassi di riscossione dei tributi ed applicando tali perentorie imposizioni si può giungere, in tempi relativamente brevi, a debellare definitivamente la perniciosa piaga dell’ evasione fiscale, che non si è riuscito, nel corso di decenni, nemmeno a contenere in termini ragionevoli, garantendo allo Stato di raggranellare tempestivamente il doveroso contributo del cittadino, come sancito dall’art. 53 della Costituzione, allo sviluppo culturale, scientifico, sociale e tecnologico della Nazione. Giovanni Iorio

Il Caso Englaro: Etica e Politica Caro lettore, da quando le cronache giornalistiche hanno iniziato ad occuparsi del caso di Eluana Englaro, ho deciso "nel mio piccolo di osservare il più assoluto silenzio, nel rispetto del caso personale e familiare, ma ora… Chi mi conosce, sa dei miei chiari orientamenti di sinistra, ma sa anche che il mio riferimento di vita è Gesù Cristo, con i suoi insegnamenti, i suoi messaggi e le sue regole, a cui tendo costantemente e, spesso, indegnamente! La morte di Eluana lascia aperti in me tanti interrogativi, quanti non ne ho avuti durante il corso dei suoi diciassette anni di vita vegetativa. Ho sempre pensato che la vita sia un dono di Dio, oltre che dei nostri genitori, i quali con un atto d'amore consentono a noi tutti di gustare le bellezze del mondo in cui viviamo. Ho sempre pensato che l'aggettivo "dignitosa" fosse obbligato ad accompagnare il sostantivo "esistenza", pertanto la scelta del Signor Peppino Englaro fosse giusta e corretta, nel chiedere alla legge di aiutarlo a porre in essere le procedure per la fine della "vita vegetativa" della sua amata figlia. Ho avuto molte perplessità nell'accogliere le posizioni “oltranziste” di quelli che appellandosi a valori superiori hanno professato la difesa della permanenza in vita di un corpo fatto di battito cardiaco, di respirazione e nient'altro. Ho sempre rispettato le scelte di chi (il padre) si è Arrogato il diritto di chiedere "la morte" per la sua creatura, cosi come ho rispettato la rigida posizione

della Chiesa in riferimento alla difesa di ogni forma di vita, pur in assenza di una tangibile coscienza. Mi sono spesso domandato cosa avrei voluto per me, se mi fossi trovato nella condizione di Eluana e, senza titubanze ho risposto che mi sarebbe piaciuta una "dolce" morte, come i medici definiscono l'eutanasia, ma ora...Il vuoto interiore che avverto in questo momento è del tutto indicibile ed alterno la mia preghiera al mio pianto, un pianto fatto di desolazione e di sconcerto. Una preghiera fatta di Richiesta a Dio, che possa offrire ai familiari di Eluana conforto e pace, quella pace che tanti credenti "poco ortodossi" come me in questi frangenti non avvertono più sicuri che la giovane Englaro sia già alla presenza del Padre Eterno. Ora che è Nuovamente doveroso il silenzio fatto di rispetto, non più verso la vita, ma verso la morte vi invito a riflettere sul momento delicato che stiamo vivendo: Scegliere per legge di indirizzare la morale o lasciare che essa debba rispondere soltanto alla coscienza di ognuno? La mia risposta è sicura, penso che "a nessuno ed a niente" sia consentito di dare un senso alla vita umana, se non quello di rispettarla fino in fondo e, magari, di aiutarla a mantenere sempre alto il livello della dignità personale. La politica si tenga "fuori" da questi argomenti e lasci alla gente comune di dare una risposta adeguata e precisa e la Chiesa si ricordi sempre di essere "Libera",come è "libero" lo stato laico in cui tutti viviamo. Vincenzo Serpico

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