Il Mondo è Fatto Per Finire In Un Libro

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Il mondo è fatto per finire in un libro

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Con lʼavvento della radio, lʼinvenzione del cinema, della televisione e la diffusione di Internet il libro ha iniziato a esser guardato con sempre minor interesse. Esso ha effettivamente poco da spartire con la società in cui viviamo, una società basata sulle immagini, in cui la velocità è lʼimperativo. Un libro una volta che lo stampate non lo potete modificare, resta così comʼè. Le vostre opinioni non le potete cambiare, gli errori non li potete rivedere, rimarranno lì, sotto gli occhi di tutti, sotto gli occhi dei contemporanei e delle persone che verranno. Un libro non è immediato, così come nemmeno un articolo di giornale lo è: richiede tempo, più di quanto ne richieda un servizio televisivo. Ma ha un vantaggio: riflessioni più ampie, più serie e profonde, spesso meglio documentate e maggiormente interessanti stanno alla base di ciò che leggerete. La televisione guarda poco al contenuto, di più alla velocità: le notizie scadono dopo poco tempo, ciò che conta non è quel che dite, ma se siete i primi che lo dite. La parola stampata, al contrario delle immagini, invita alla riflessione e alla calma. E se la società contemporanea è sempre meno propensa a dedicarsi alla lettura, se si preferisce veder scorrere davanti ai propri occhi rapide notizie scollegate e prive di vero e reale contenuto, se invece che a un romanzo si sceglie una serie televisiva, la colpa la si deve un poʼ alla pigrizia, in parte a come alla lettura si è stati avvicinati. Nessuno ha mai obbligato una persona a guardare la TV, generalmente pochi sono mai stati costretti a vedere un film. Ai libri, al contrario, si arriva mediante la costrizione. E dare i Promessi Sposi in mano a un ragazzo di terza media è probabilmente il modo finora più efficace che sia stato trovato per reprimere ogni istinto dʼamore verso la lettura. Una persona che odia leggere non si appassionerà improvvisamente della letteratura attraverso un romanzo complesso. Ecco perchè se da un lato i puristi hanno ragione a disprezzare libri come Harry Potter (o peggio ancora Twilight) e a lamentarsi del disaffetto dei giovani verso i classici, da un lato bisogna riconoscere che essi hanno il pregio di avvicinare ai libri generazioni che magari della lettura farebbero totalmente a meno. Per quanto facili, banali e commerciali siano questi prodotti, saranno comunque più letterari dellʼalternativa che i ragazzi potrebbero cercare ad essi. I più grandi scrittori si sono innamorati della lettura causalmente, quando un libro a loro sconosciuto è capitato fra le mani. Da quel momento non sono più riusciti a smettere di leggere. Fante racconta che la prima volta che prese in mano un libro il mondo gli si capovolse e gli vennero addirittura le lacrime agli occhi. “Lessi fino a quando mi bruciarono gli occhi. Mi portai il libro a casa. Lessi un altro Anderson. Leggevo e leggevo, ed ero affranto e solo e innamorato di un libro, di molti libri”. Un amore spontaneo e improvviso, è forse lʼunico vero modo in cui una persona può avvicinarsi alla lettura. Lʼamore non può essere indotto. Ma a cosa servono veramente i libri? Truffaut nella sua trasposizione cinematografica di Fahrenheit 451 mette in bocca al Capitano le seguenti parole: “I pazzi che leggono diventano insoddisfatti. Cominciano a desiderare di vivere in modi diversi, il che non è... mai possibile!”. Leggere permette di ampliare le proprie conoscenze, di conoscere persone del passato, di discutere con filosofi morti, di vedere il mondo in tutte le sue sfaccettature, di essere vivi. “Il mondo è fatto per finire in un libro” (cit. S. Mallarmé)

Ray Bradbury, lʼautore del romanzo da cui il film precedente è stato tratto, scrive a tal proposito: “La maggior parte di noi non può correre qua e là notte e giorno, parlare con tutti, conoscere tutte le città della terra, non abbiamo tempo, denaro, nemmeno tanti amici. Le cose che voi cercate sono su questa terra, ma il solo modo per cui lʼuomo medio potrà vederne il novantanove per cento sarà un libro.” Il nostro tempo è limitato e i libri ci permettono di ampliarlo. Ecco la direzione in cui va interpretata la celebre frase che Daniel Pennac scrive in “Come un romanzo”: “Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere”. Ecco anche perché i dittatori del passato si sono concentrati sulla distruzione dei libri: se leggere significa conoscere, entrare in contatto con esperienze estranee e opinioni differenti, allora è lʼeliminazione dei libri la soluzione più efficace per impedire al popolo di scoprirle. La storia della letteratura è infatti, in primis, una storia di morti. Più dei libri che sono giunti fino a noi, è importante considerare e riflettere sui libri che non sono giunti fino a noi. Su quelli scomparsi, su quelli andati perduti. A causa di censure, a causa di un improvviso disinteresse nei loro confronti, a causa di una scarsa cura nella loro conservazione, essi sono tantissimi, innumerevoli. Testi che magari al momento della loro stesura erano considerati capolavori allʼepoca successiva erano già stati totalmente dimenticati. Occorre inoltre considerare che nella propria vita si entra in contatto con una infinitesima parte dei testi che sono sopravvissuti al tempo. Si perdono tantissimi libri. Leggere tutto è impossibile e bisogna ricorrere costantemente a unʼoperazione di filtraggio che porta allʼesclusione di opere fantastiche che forse mai si avrà lʼoccasione di leggere. Il lettore tuttavia dovrebbe sapere che la corsa alla lettura non lo porterà da nessuna parte e, anzi, gli toglierà parte del piacere. Affannarsi per tentare di leggere tutto quel che è stato scritto è inutile, oltre che impossibile. Ogni uomo perderà tanto e leggerà poco, molto poco rispetto a quel che è stato scritto. Se può in qualche modo servire ad alleviare le sue sofferenze, sappia che Umberto Eco diceva che “I libri non letti sono molto più preziosi di quelli letti”. Ma a fronte di milioni di testi perduti ne esistono molti altri che hanno segnato lʼumanità e che, forse, la accompagneranno fino alla fine. Solitamente vengono definiti classici, per via della loro capacità di non sbiadire mai, di attraversare le epoche. Scriveva Calvino che “un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire”. Perché importante tanto quanto ciò che il testo dice è il contesto in cui viene letto. Leggiamo i libri in base alle nostre esperienze e al mondo in cui viviamo. Un libro muta in base alla nostra vita e a quel che abbiamo passato. Il medesimo libro assumerà un valore differente letto prima e dopo un evento epocale o una scoperta sconvolgente. I pensieri e i sentimenti del lettore si plasmeranno sulle parole di quel libro e ne cambieranno il senso e il significato. Lʼinterpretazione che si dava a un volume anni fa può essere totalmente differente da quella che siamo soliti fornire noi oggi. Un libro, un buon libro, un classico dice sempre qualcosa di nuovo a seconda della condizione in cui lo si legge. Un classico è sempre attuale. Occorre, a conclusione di tutto, precisare che se tuttavia le statistiche più recenti mostrano come le persone preferiscano altre attività alla lettura, forse la società umana non è mai stata così legata allʼalfabeto come oggi. Il computer, per esempio, è essenzialmente prima di tutto un oggetto basato sulla scrittura. Internet, è in gran parte scritto. La televisione, persino lei, si basa su dei copioni, scritti. I film o sono stati tratti da un libro o sono basati su un testo redatto dallo sceneggiatore. Insomma, forse non leggete libri ma indirettamente entrate in contatto con derivati dei libri continuamente e costantemente. Eʼ inutile scagliarsi contro di essi: sono alla base di tutto.

Senza conoscere lʼalfabeto, oggi non potreste far nulla con il computer. Senza prima aver steso un copione, la televisione non avrebbe senso. Senza una trama, scordatevi anche un capolavoro cinematografico. Nonostante le più terribili previsioni le nuove tecnologie non hanno ucciso il libro, anzi gli hanno dato nuova vita. Eʼ oramai facile che le vendite aumentino a seguito della realizzazione di un film tratto da un vecchio volume o che un libro dimenticato riacquisti la gloria di un tempo perché casualmente citato da un personaggio noto. “Non sperate di liberarvi dei libri”, è uno degli ultimi scritti di Umberto Eco. Ecco, non speratelo. Perchè sopravviveranno alla televisione e alla radio. Al cinema e a qualsiasi altra innovazione tecnica. Forse cambieranno, forse da cartacei diverranno digitali, forse lʼebook un giorno sarà la norma ma, comunque, potete star certi che ve li troverete anche nel futuro, i libri. Filippo Corti

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