Corriere della Sera 20 giugno 2009 Riforme e storia Ma il premier non è Catilina Nicola Tranfaglia Caro Direttore, ho letto ieri sul Corriere una lunga lettera dell’onorevole Deborah Bergamini che paragona l’attuale presidente del Consiglio Silvio Berlusconi al romano Catilina, accusato da Cicerone di una prima e di una seconda congiura, allontanato da Roma e sconfitto, attribuisce a Catilina una figura positiva e addirittura di innovatore e salvatore della Repubblica romana. Portando il confronto storico a quello che sta succedendo nel nostro paese afferma che «gli optimates di ieri che armarono le azioni di Cicerone erano i rappresentanti di una classe senatoriale gelosa custode di privilegi politici ed economici». «Gli optimates che violentano le regole di oggi — afferma l’onorevole Bergamini — sono potentati senza patria, politici mediocri e polverosi intellettuali. Il potere non accetta gli imprevisti e spesso i grandi riformatori, gli uomini in grado di cambiare la storia, si presentano all’appuntamento senza bussare. Questo li rende inaccettabili ». Sono rimasto colpito dalla disinvoltura storica della parlamentare e dalla duplice forzatura: quella di chiudere di colpo il dibattito sempre aperto sulla figura di Catilina rispetto alla quale gli storici esitano ancora ad attribuirgli una funzione politica chiara e determinata. Ma soprattutto, di fronte a quella perdurante incertezza, mi è parso ancora più infondato e fragile il confronto tra Catilina e l’attuale presidente del Consiglio. La Bergamini li mette sullo stesso piano come innovatori e, nel caso di Berlusconi, grandi riformatori. Ma, lasciando da parte Catilina, si può dal punto di vista storico parlare di Berlusconi come di un grande riformatore? Io avrei al riguardo seri dubbi. Non si può negare che l’attuale presidente del Consiglio si sia rivelato negli ultimi vent’anni un innovatore: ha riunito la destra e l’ha successivamente condotta a formare un solo partito politico, ha più volte sconfitto il centro- sinistra e, aggiungerei, ha conquistato negli ultimi vent’anni un’egemonia politico- culturale legata alla sua visione del mondo che si accorda per altro con i successi delle destre europee e americane dagli anni Settanta ad oggi. Ma come si fa a parlare di Berlusconi come di un grande riformatore quando di riforme ne ha fatte pochissime, preoccupandosi soprattutto di fabbricare leggi ad personam, per sé e per i suoi più diretti seguaci (vedi il lodo Alfano approvato un anno fa) ne annuncia in continuazione ma poi trova ostacoli insuperabili sia nel centro- destra che nella società italiana? E si può dire che ci siano particolari aggressioni nei suoi confronti quando sono tutti i grandi giornali che parlano dei numerosi scandali e la stampa straniera in una situazione nella quale — fatto inaudito in tutto l’Occidente — il presidente del Consiglio è proprietario di tutte le televisioni commerciali, controlla i canali della Rai ed è in grado di influenzare fortemente il mercato pubblicitario? Insomma, mi pare che il confronto con Catilina non regga sia per le incertezze perduranti nella storia romana sia perché è impossibile vedere lo scontro tra Berlusconi e i suoi avversari come quello tra un grande riformatore aggredito dai difensori di antichi privilegi. Sicché, pur se in circostanze assai diverse, viene alle labbra il celebre incipit di Cicerone alla sua orazione in Senato: «Fino a quando, Catilina, abuserai della nostra pazienza? ».