Gianmarco Gometz Università Degli Studi Di Cagliari Handout Per Il Seminario: “le Regole Tecniche. Una Guida Refutabile"

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Gianmarco Gometz Università degli Studi di Cagliari HANDOUT PER IL SEMINARIO: “LE REGOLE TECNICHE. UNA GUIDA REFUTABILE”

1. Definizione di regola tecnica Regola tecnica è una regola che prescrive una condotta in quanto mezzo per il conseguimento d’un fine dell’agente. In base a tale definizione, una norma è tecnica se prescrive in ragione d‟un nesso di mezzo a fine tra comportamento regolato e altri eventi/situazioni, e non è necessario indagare il substrato causale, nomico, convenzionale, condizionale, logico, anankastico ecc. di siffatta relazione teleologica. Si eluderanno in tal modo alcune complicazioni legate alla scelta di connotare in termini puramente causali o condizionali il rapporto tra comportamento prescritto dalla norma tecnica e fine perseguito dai suoi destinatari.

2. Distinzione tra regole tecniche e regole categoriche a) La distinzione sul piano semantico. “categoriche” sarebbero le regole che prescrivono incondizionatamente, “tecniche” sarebbero le regole che prescrivono solo se si verificano determinate condizioni soggettive (in quanto dipendenti dalla volontà dei loro destinatari: tipicamente, la volontà di conseguire un certo fine), e oggettive (tipicamente, una relazione strumentale tra comportamento prescritto e ulteriori eventi o stati di cose assunti dagli agenti come fini dell‟azione). Si danno tuttavia norme non tecniche duplicemente condizionate: ad esempio “se volete rinfrescare le stanze, aprite le finestre” enunciata dal capufficio desideroso di risparmiare la corrente elettrica dei condizionatori. Gli elementi del contesto inducono a ritenere che egli abbia emesso un comando categorico con cui prescrive la scelta d’un mezzo, piuttosto che un altro, nell‟eventualità che i destinatari della prescrizione intendano conseguire un certo risultato. La decisione di ottemperare al comando non è invero fondata sul pur sussistente nesso di condizione sufficiente tra il comportamento prescritto e l‟evento/stato di cose che la regola presenta come risultato dell‟osservanza della prescrizione, bensì su altre considerazioni, eventualmente ricollegabili all‟autorità del soggetto che l‟ha posta. La tesi che individua nel carattere duplicemente condizionato il proprium delle regole tecniche può quindi conservarsi solo a patto di usare la parola “condizione” in un senso un po‟ stravagante, per designare i presupposti che fondano sul piano logico-giustificativo l‟osservanza delle regole tecniche, ossia: 1) la (proposizione che afferma una) relazione teleologica tra il comportamento regolato e l‟evento/stato di cose prospettato come risultato di quel comportamento; 2) la scelta di carattere auto-normativo con cui l‟agente eleva quel risultato a fine della propria condotta. b) La distinzione sul piano giustificativo. Dire che una regola è tecnica, secondo questa prospettiva, equivale a dire che la sua osservanza è giustificata adducendo considerazioni circa il carattere strumentale del comportamento regolato rispetto ai fini perseguiti dall‟agente; dire che una regola è categorica equivale a dire che la giustificazione della sua osservanza esclude la

considerazione dei fini perseguiti dall‟agente 1. In altri termini, una norma che prescrive X viene qualificata come tecnica quando il dovere di X è giustificato adducendo che: a) X è strumentale a Y (oppure: X è causa, o condizione, di Y) b) Y deve essere

Si noti che una distinzione tra regole tecniche e regole categoriche tracciata sul piano logicogiustificativo è estrinseca alle regole, almeno se queste, nell‟ambito d‟una teoria prescrittivista del significato normativo, sono concepite come direttive 2. Una regola intesa come mero contenuto di significato normativo non può essere qualificata, di per sé, né come tecnica né come categorica, poiché non incorpora alcun riferimento alle ragioni del dover essere che esprime. Il significato delle regole, in un‟ottica prescrittivista, è invero esaurito da un‟idea di azione presentata come modello di comportamento, e può essere schematizzato dalla formula d(T), ove T rappresenta l‟idea d‟azione, e d rappresenta l‟operatore “così deve essere”. In questa costruzione non v‟è spazio per le ragioni come elemento interno alle regole: la giustificazione del dover essere, che pure è determinante per la qualificazione della norma come tecnica o categorica, rimane fuori da un significato normativo che si esaurisce nel modello frastico + neustico, dunque è estrinseca alla regola intesa come direttiva 3. In una prospettiva prescrittivista, insomma, la stessa regola, anche condizionata, può essere qualificata come tecnica o (nel senso del vel latino) come categorica, a seconda della giustificazione contingentemente assegnata alla condotta prescritta. Da ciò segue che non è possibile determinare se una certa norma generale e astratta sia tecnica o categorica, a meno di non prendere in esame le presupposizioni logico-fondazionali del dover essere, ossia le ragioni per le quali la condotta regolata sia considerata come doverosa. c) La distinzione sul piano pragmatico. La distinzione tra regole categoriche e regole tecniche può anche tracciarsi a livello pragmatico, e riguarda allora la funzione delle regole, ovvero ciò che esse sono primariamente dirette a fare in rapporto agli scopi tipici dei loro utenti. In questa prospettiva, dire che una regola è tecnica equivale a dire che essa svolge una funzione di guida al conseguimento dei fini dei suoi destinatari; dire che una regola è categorica equivale a dire che la sua funzione tipica è quella di guidare la condotta dei suoi destinatari indipendentemente dalla considerazione dei loro fini.

3. Regole tecniche: norme o asserti? Molti autori affermano che nel caso delle norme tecniche il problema se sia possibile derivare logicamente conclusioni in termini di „dovere‟ da constatazioni di fatto è banalmente risolvibile in senso positivo. Bruno Celano, ad esempio, afferma che:

1 Per “giustificazione dell‟osservanza della regola” che prescrive X può intendersi ogni risposta alla domanda: “perché si deve X?” che adduca ragioni per tenere la condotta X. 2 Cfr. ROSS, A., 1968, Directives and Norms, Routledge & Kegan Paul, London. Trad. it. di Mario Jori, Direttive e norme, Edizioni di Comunità, Milano 1978, p. 87, 89. Sul prescrittivismo, teoria c.d. simmetrica del significato la cui idea fondamentale consiste nel riconoscimento d‟un elemento semantico referenziale, comune a norme e asserzioni, cfr. HARE 1952, ROSS 1968, SCARPELLI 1985. 3 Cfr. ROSS, A., 1968, Directives and Norms, Routledge & Kegan Paul, London. Trad. it. di Mario Jori, Direttive e norme, Edizioni di Comunità, Milano 1978, p. 172.

«dalla constatazione che Tizio vuole conseguire S (ottenere un'eredità) e che fare A (uccidere lo zio) è l‟unico modo per conseguire S segue la conclusione che Tizio deve fare A; questa conclusione, evidentemente, non implica che sia giusto che Tizio faccia A, o che egli debba categoricamente farlo, ma soltanto che, a meno che non faccia A, non conseguirà S. In generale, un‟inferenza che stabilisca la necessità pratica per un certo agente di compiere una certa azione è un‟istanza di derivazione logica di una conclusione in termini di „dovere‟ da premesse puramente descrittive; tuttavia, il „dovere‟ derivato è soltanto tecnico, non normativo» 4.

La ricostruzione del ruolo svolto dalle regole tecniche nel ragionamento pratico, peraltro, non richiede la stipulazione di un nuovo concetto di dovere, distinto dal dovere “vero e proprio” (variamente chiamato “deontico”, “normativo”, “categorico”). Il dovere è invero lo stesso in tutti i casi, ciò che cambia è la sua giustificazione, e dunque le ragioni che si adducono a favore della conclusione per cui una certa azione ha da essere compiuta. Ciò che Celano e altri chiamano “dovere tecnico”, in definitiva, non è altro che un dovere (dovere e basta) giustificato teleologicamente, così come la regola tecnica è una regola (regola e basta) la cui osservanza è giustificata in ragione del nesso tra il comportamento regolato e i suoi esiti. Tutto ciò, in una prospettiva divisionista, non significa ancora che le regole tecniche esprimano un dover essere che può essere derivato puramente e semplicemente da considerazioni di fatto, né che le regole tecniche siano equiparabili, quanto ad apofanticità, alle asserzioni. Anche il dovere espresso dalle regole tecniche si fonda infatti su premesse normative che rilevano: 1) nella scelta dei fini da perseguire/conseguire, che devono essere degni, desiderabili, commendevoli ecc.; 2) nella scelta dei mezzi, che non devono essere in contrasto con altri principi o valori ritenuti meritevoli di tutela nel dato sistema pratico-giustificativo.

4. Refutabilità delle regole tecniche Dire che le norme sono refutabili equivale a dire che esse valgono in quanto e fintantoché tengono le conferme e le evidenze empiriche su cui sono fondate. Nel caso delle norme tecniche, tali conferme e evidenze empiriche sono ovviamente quelle che riguardano il nesso teleologico tra i comportamenti prescritti nell‟apodosi della regola e i fini indicati nella sua protasi (o presupposti implicitamente). La refutabilità delle regole tecniche, lungi dal rappresentare uno svantaggio della guida pratica operata per il loro tramite, ne costituisce a mio parere uno dei tratti più interessanti: in ogni momento, i destinatari della regola tecnica possono controllarne il carattere di norma ben fondata sotto il profilo dell‟efficienza 5, impiegando oltretutto degli strumenti di controllo che producono esiti intersoggettivamente validi, nella misura in cui si fondano sulle «comuni risorse dell‟evidenza empirica» 6. La guida pratica che opera mediante regole tecniche è dunque una guida “a sorgente aperta” (open source) perché fondata su presupposti (descrittivi) noti, trasparenti e controllabili: i suoi destinatari hanno la possibilità di refutare la regola adoperando argomenti basati sull‟osservazione, sull‟esperienza, su regolarità naturali o sociali note ecc. che certificano determinate scelte pratiche come sbagliate, in quanto ingiustificate rispetto ai fini cui sono rivolte. 4

Cfr. CELANO, B., Dialettica della giustificazione pratica, Giappichelli, Torino 1994, p. 90. L‟efficienza delle regole tecniche è data dall‟efficacia dei mezzi prescritti rispetto ai risultati presupposti come fini dai loro destinatari. 6 L‟espressione è di BERLIN 1989, p. 232. 5

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