Il catetere vascolare Il trattamento dei pazienti critici richiede uno o più accessi vascolari, sia a scopo di monitoraggio che a scopo operativo. L’incannulazione vascolare può essere eseguita avanzando un catetere su
un ago o su una guida metallica inseriti nel lume di un vaso
I cateteri vascolari I cateteri vascolari sono composti di polimeri di plastica impregnati di sali di bario o tungsteno (che li rendono radioopachi). I cateteri finalizzati ad incannulamento di breve termine sono di poliuretano, mentre quelli impiegati per accesso venoso di lungo termine sono composti di derivati del silicone più flessibili e meno trombogeni. Il calibro dei cateteri viene indicato in termini di diametro esterno e viene espresso in French( diametro esterno in mm X 3), mentre l’unità di misura degli aghi e delle guide
è
espresso
in
gauge
(14G-27G).
I cateteri multilume I cateteri multilume sono stati introdotti nei primi anni ottanta e sono comunemente utilizzati per l’incannulazione venosa centrale. I cateteri trilume hanno un diametro esterno di 2.3 mm (6,9 French) e possono avere tre canali di uguale diametro (in genere 18 gauge), oppure un canale più grande (16 gauge) e due più piccoli di uguale diametro (18
gauge). L’apertura distale di ogni canale è separata dalle altre da una distanza di almeno 1 cm (lume medio) 2 cm (lume prossimale). Ciò minimizza la commistione delle soluzione infuse. Il vantaggio dei cateteri multilume rispetto a quelli monolume risiede nella riduzione del numero di punture venose necessario per il monitoraggio e la terapia infusionale senza aumentare il rischio di infezione o di trombosi.
Cateteri introduttori Sono cateteri di largo diametro (8-9 French) impiegati come condotti per l’inserzione o la rimozione di cateteri più piccoli (cateteri venosi centrali , catetere arterioso polmonare), per mezzo di una singola puntura venosa. Essi sono dotati di una via accessoria laterale che consente l’infusione di liquidi ad elevate velocità. Il catetere arterioso polmonare o catetere di Swan Ganz Il catetere di Swan-Ganz è un catetere arterioso polmonare multilume, presenta una lunghezza di 110 cm ed un diametro di 7 french. Al suo interno vi sono due canali: il primo che percorre l’intera lunghezza del catetere e si apre all’estremità del catetere (apertura distale), il secondo, più corto, termina con un’apertura situata a circa 30 cm dall’estremità (apertura prossimale). Alla punta, il catetere, è dotato di un palloncino della capacità di un 1,5 ml. Il palloncino completamente gonfiato, durante la fase di inserzione del catetere, facilita la progressione di questo in direzione centripeta e
riduce il rischio di perforazione delle strutture
vascolari durante il suo avanzamento. Sulla superficie esterna, a circa 4 cm dall’estremità, è presente,inoltre, un dispositivo trasduttore sensibile ai cambiamenti di temperatura: il termistore. Quest’ultimo consente la misurazione
della
termodiluizione.
gittata
cardiaca
(CO)
mediante
tecnica
della
I più moderni kit presenti in commercio comprendono il CAP, un introduttore, di Teflon, di diametro 8-8,5 o 9 F, lungo 15 cm, connesso alla sua estremità distale con una
guaina (per la progressione del CAP
all’interno dei vasi e delle camere cardiache in condizioni di asepsi totale) e dotato di un adattatore-prolunga laterale per l’infusione di fluidi, un catetere dilatatore. I moderni CAP sono disponibili in diverse misure (77,5-8 F, 1F= 1/3 mm) e spesso comprendono anche soluzioni tecniche particolari che rendono possibili manovre diagnostiche o terapeutiche. Sono disponibili anche cateteri polmonari piccoli, del diametro di 5 F, per pazienti pediatrici. Tutti presentano un’apertura distale per il monitoraggio
della PAP e della PCWP, un’apertura prossimale per la misurazione della CVP (in corrispondenza del segno dei 30cm del CAP) o per l’infusione di fluidi ed un palloncino in latex, sulla punta, per il posizionamento guidato dal flusso sanguigno. Questo palloncino deve essere gonfiato con 1,5 ml di aria e la siringa fornita con il catetere ha di solito un blocco a questo volume. I CAP possono essere dotati di altri accessori supplementari : •
Un canale addizionale che si apre a 14 cm dall’estremità del catetere utilizzato per l’infusione di liquidi o per l’introduzione di un pacemaker temporaneo.
•
Un sistema
a fibre ottiche
per la misurazione continua
della
saturazione di ossigeno del sangue venoso misto (quello refluo da tutti i distretti dell’organismo) •
Un termistore a risposta rapida che può misurare la frazione di eiezione del ventricolo destro
•
Un filamento termico che genera onde di calore a bassa energia per la misurazione continua della gittata cardiaca
Monitoraggio invasivo della pressione La pressione arteriosa sistemica è un parametro cardiovascolare fondamentale poiché rappresenta in primo luogo la forza con la quale sono perfusi i tessuti ed in secondo luogo riflette, in parte, il carico di lavoro al quale è sottoposto il cuore. Le tecniche per misurare la pressione arteriosa possono essere classificate in due categorie maggiori: indirette
(apparecchi
basati
sul
manicotto
Riva-Rocci)
e
dirette
(incannulazione di un’arteria e trasduzione dei valori pressori). La pressione arteriosa sistolica (PAS) e diastolica (PAD)
rilevata con
metodiche incruente, ha delle forti limitazioni: •
non è affidabile in condizione di flusso ridotto (ipotensione con PAS<50mmHg o ipertensione da vasospasmo);
•
non fornisce indicazione sui flussi (gittata cardiaca= GC) e sulle interazioni cardiopolmonari;
•
non fornisce informazioni in continuo, quindi non permette di cogliere le modificazioni brusche o minime;
•
non distingue tra sezioni destre e sinistre del cuore, né la forma d’onda delle pressioni;
•
non permette di valutare il rapporto disponibilità/consumo di ossigeno.
L’incannulazione arteriosa L’incannulazione di un’arteria e la trasduzione continua dei valori pressori e la loro rappresentazione su schermo è lo standard accettato per il monitoraggio
completo
della
pressione
arteriosa.
Inoltre,
il
posizionamento di un catetere intrarterioso soddisfa la richiesta dell’intensivista di frequenti campioni di sangue per emogasanalisi ed altri esami ematochimici. L’esperienza notevole che si è acquisita con questa tecnica, ne dimostra l’importanza e ne determina la sicurezza. Pertanto le indicazioni attuali sono numerose, soprattutto nei pazienti critici e negli interventi chirurgici complessi. Le principali indicazioni per l’incannulazione arteriosa sono: • misurazione continua della pressione arteriosa • interventi sul sistema cardiovascolare • inaffidabilità della misurazione incruenta • necessità di campioni arteriosi frequenti • disturbi dell’equilibrio acido-base • disturbi elettrolitici o glicemici severi Tecnica Per il posizionamento di una cannula arteriosa possono essere utilizzate diverse arterie periferiche. L’arteria radiale è quella più comunemente impiegata per la sua accessibilità, per la presenza di una circolazione
collaterale nella mano e per l’esperienza accumulata nel suo impiego che ne determina la sicurezza16.
L’esposizione dell’arteria radiale è di solito realizzata attraverso una modesta dorsiflessione del polso. L’arteria viene palpata per alcuni centimetri lungo il suo decorso, fino al punto di entrata nel retinacolo dei flessori. Può essere utile segnalarne il tragitto con una matita demografica. Viene disinfettata l’area di puntura, abbondantemente e ripetutamente, con povidone-iodine (betadine) o con altri antisettici equivalenti. Il medico effettua un pomfo intradermico di anestetico locale (lidocaina 1% o mepivacaina 1%) con ago sottile (27G), con un’infiltrazione più profonda ai lati dell’arteria. Quest’ultima garantisce: una buona anestesia locale, la
prevenzione dello spasmo dell’arteria al momento della puntura, l’aumento dello spazio sottocutaneo e quindi dello “spazio di manovra” nei tessuti. Una piccola incisione della cute con una lama #11, rende più dolce la penetrazione del catetere. Prima dell’incannulamento è opportuno controllare che il catetere di teflon, del diametro di 20G, scorra liberamente sul suo mandrino. Molti cateteri in commercio sono dotati di un dispositivo di raccolta collegato al cono del mandrino. Questo funge da serbatoio per il sangue che pulsa fuori quando l’arteria viene punta ed evita di sporcare di sangue la mano del paziente e/o la mano dell’operatore. Il catetere viene introdotto con un angolo acuto rispetto alla cute (di solito 30 gradi). Quando la punta del mandrino penetra nel lume del vaso ed il sangue comincia a refluire vigorosamente nel cono e nell’eventuale serbatoio, l’angolazione del catetere può essere ridotta (di solito 10 gradi). Il catetere viene spinto in avanti tenendo fermo il mandrino che fa da guida. Quando la cannula è stata posizionata, si estrae il mandrino, comprimendo contemporaneamente a monte in modo da occludere momentaneamente il vaso per limitare le perdite di sangue. Infine si connette con il sistema di monitoraggio.
Siti alternativi d’incannulazione arteriosa •
Arteria ulnare : è spesso una valida alternativa; la tecnica per la sua incannulazione è simile a quella per l’arteria radiale.
•
Arteria brachiale : non è una scelta eccellente per la potenziale assenza di un adeguato circolo collaterale; vengono utilizzati cateteri di maggiore diametro e più lunghi.
•
Arteria ascellare : è utilizzata quando non sono disponibili accessi periferici; viene generalmente inserito un catetere di Teflon, lungo 15 cm, con diametro 18G o 20G, con la tecnica di Seldinger.
•
Arteria femorale: è un vaso facilmente accessibile per il monitoraggio pressorio cruento; l’incannulazione si esegue subito sotto il legamento inguinale, con catetere corto (7.5 cm) o lungo (15 cm), con tecnica di Seldinger. Tale sede di incannulamento può essere particolarmente utile durante interventi di aneurisma o per dissecazione aortica, per il monitoraggio della pressione aortica distalmente al punto di clampaggio del vaso.
•
Arteria pedidia e tibiale posteriore: rappresentano una scelta accettabile per l’incannulazione arteriosa. Il diametro della cannula, tuttavia, deve essere uguale o inferiore a 20G. Il circolo collaterale formato dall’arteria dorsale del piede e dalla tibiale posteriore assicura la perfusione. Anche in questo caso può essere eseguito un test simile al test di Allen, per verificarne l’efficienza.
•
Arteria temporale superficiale: questo vaso è palpabile tra il margine laterale della mascella e l’estremità anteriore e superiore del padiglione auricolare. Viene usato, soprattutto nei neonati, in interventi di riparazione di coartazione aortica, laddove non siano disponibili altri accessi arteriosi. Complicanze dell’incannulamento arterioso NECROSI TISSUTALE CON ISCHEMIA DISTALE Il monitoraggio invasivo della
pressione arteriosa comporta rischi di limitazione del flusso ematico nel vaso incannulato, quindi di ischemia nei distretti distali. Dato che il rischio di questa complicanza è ridotto dalla presenza di un circolo collaterale, è
buona regola sincerarsi dell’adeguatezza di tale riserva. Nel 1929, Allen suggerì una tecnica per la valutazione del circolo collaterale della mano garantito in condizioni normali dall’arteria ulnare. Quest’ultima, durante l’esecuzione del test, deve supplire al blocco temporaneo della radiale, entro sette secondi dall’inizio del test, affinché la perfusione della mano possa
essere
considerata
sufficiente,
durante
le
manovre
di
cateterizzazione. TROMBOSI ED EMBOLIE. Sono stati identificati i fattori che possono
contribuire alla formazione di pericolose trombosi. In primo luogo l’incidenza di tale complicanza aumenta con la prolungata cateterizzazione o con l’inserimento di cateteri di grosso diametro (18G vs 20G) o ancora con quelli di polipropilene rispetto a quelli di teflon. Emboli prossimali, stati di shock prolungati e vasculopatie preesistenti possono contribuire alla comparsa di complicanze trombotiche nella sede di cannulazione. EMATOMA. La formazione di un ematoma è conseguente alla mancata
compressione, per un tempo sufficiente, dell’arteria dopo rimozione del catetere. Nei pazienti in terapia anticoagulante l’incidenza di tale complicanza è notevolmente aumentata. INFEZIONE LOCALE O SEPSI. L’infezione nel punto di ingresso della cannula
può essere complicata da setticemia, soprattutto dopo un incannulamento prolungato.
DANNO NERVOSO. La lesione del nervo mediano può verificarsi a livello
della fossa anticubitale o durante la puntura dell’arteria radiale o come conseguenza dell’azione compressiva di un ematoma sul nervo. I segni clinici sono dolore e parestesia nel territorio di distribuzione del nervo. L’incannulamento Venoso Centrale Il monitoraggio delle pressioni cardiache di riempimento (pressione venosa centrale: CVP e pressione atriale sinistra: LAP) e della pressione dell’ arteria polmonare (PAP), richiede l’incannulazione di una vena centrale. Tale procedura invasiva garantisce una linea sicura per la somministrazione di farmaci vasoattivi che possono irritare o danneggiare le vene periferiche più piccole, permette l’infusione rapida di fluidi per la correzione di una grave ipovolemia, può essere l’unico accesso venoso disponibile. Nei pazienti a rischio di embolia gassosa si può posizionare un catetere venoso centrale per aspirare l’aria eventualmente penetrata. Le principali indicazioni per il posizionamento di un catetere venoso centrale sono: •
Monitorizzazione delle pressioni cardiache di riempimento
•
Somministrazione di farmaci
•
Infusione rapida di fluidi (attraverso cannule di grosso diametro)
•
Aspirazione di emboli gassosi
•
Inadeguati accessi venosi periferici
Tecnica Le sedi attraverso cui inserire un catetere venoso centrale e le relative tecniche sono numerose. Le vie di accesso più diffuse sono la vena giugulare interna (VGI) e la vena succlavia (VS) di destra (il decorso dei vasi a destra è diretto all’atrio)41. Una sede alternativa è rappresentata dalla vena giugulare esterna: possono essere incannulate entrambe le vene
giugulari
esterne
(VGE)
43
.
I reperi nell’incannulamento vena giugulare interna
La vena giugulare interna viene generalmente preferita per la sua localizzazione anatomica costante, e per la facile identificazione dei punti di repere. Il suo decorso è breve, senza valvole, quasi retto (per la VGI destra) verso la vena cava superiore (VCS) e l’atrio destro (AD). La sua posizione nel
collo
del
paziente,
permette
un
facile
accesso
da
parte
dell’anestesista-rianimatore, anche durante l’esecuzione di un intervento chirurgico. La maggior parte delle tecniche per localizzare la VGI negli adulti si basa sui suoi rapporti con il muscolo sternocleidomastoideo (SCM). Vengono, pertanto distinti in base al rapporto con lo SCM un approccio anteriore ed un approccio posteriore. L’approccio “anteriore” considera come punto di repere l’apice del triangolo formato dai due capi, sternale e clavicolare, del muscolo sternocleidomastoideo alla sua inserzione. L’ago viene inserito all’apice del triangolo, con il bisello, rivolto verso l’alto, ed avanzato verso il capezzolo omolaterale. C’è un rapporto anatomico costante tra VGI e arteria carotide interna (ACI). Nel collo i vasi accompagnati dal nervo vago, sono racchiusi in una fascia fibrosa che non permette l’allontanamento reciproco delle strutture contenute. Al punto di emergenza di tale fascia dal torace la VGI è laterale e
leggermente anteriore rispetto alla carotide. Pertanto la carotide dovrà essere palpata e spostata medialmente. Nell’approccio posteriore il sito di inserzione dell’ago è 1cm al di sopra del punto in cui la vena giugulare esterna incrocia il margine posteriore del capo laterale del SCM. L’ago viene fatto avanzare sotto il ventre del muscolo in direzione dell’incisura soprasternale. I reperi nell’incannulamento della Vena Succlavia
La vena succlavia è particolarmente adatta all’incannulazione. Il punto d’inserzione si trova su un’ampia superficie piana del torace (vaso ideale per l’uso cronico); è un vaso di grosse dimensioni (20 mm di diametro, difficile
il
collasso).
L’approccio
sottoclaveare
è
la
tecnica
più
comunemente impiegata: attraversando cute e sottocute nella regione sottoclaveare, un ago 16 G viene diretto medialmente, facendolo passare sotto la clavicola, subito lateralmente alla sua curvatura centrale. L’angolo tra ago e cute deve essere molto piccolo, per evitare la puntura accidentale della pleura. L’inserimento della guida metallica e del catetere seguono il procedimento sopra descritto per la VGI. Sulla stessa linea di questo approccio posteriormente alla vena si trova l’arteria succlavia. La sua puntura può provocare un significativo emotorace od emomediastino, dal momento che è di difficile compressione.
La posizione del paziente durante incannulamento venoso centrale
Nell’incannulamento della VGI il paziente dovrà essere adagiato in posizione supina o in lieve Trendelemburg con il capo girato dal lato opposto. Nell’incannulamento della VS il paziente dovrà essere supino con le braccia distese lungo il corpo e la testa girata dal lato opposto del punto di inserzione. Una lieve trazione del braccio omolaterale addotto o il posizionamento di un cuscino sotto le scapole rende più superficiale e quindi più esposta la VS. L’incannulamento venoso centrale
L’incannulamento quando possibile viene eseguito
con un’adeguata
anestesia locale (lidocaina 1% o mepivacaina 1% 5ml) nel paziente vigile. Si esegue dapprima un pomfo sottocutaneo ed una infiltrazione diffusa della cute circostante il punto di inserzione per il successivo ancoraggio del catetere, con dei punti di sutura. Successivamente si esegue un’anestesia locale più profonda con un ago lungo 1,5 cm del diametro di 25G collegato ad una siringa, inserito in direzione della VGI o della VS. Nei pazienti non obesi tale ago può essere sufficiente a “localizzare” la VGI o la VS. Nel paziente incosciente o sedato farmcologicamente e ventilato artificialmente o si esegue un’anestesia locale
o si
approfondisce lo stato di sedazione con oppioidi od ipnotici al fine di evitare durante la puntura movimenti involontari di retrazione responsabili di potenziali complicanze. E’ buona regola deconnettere il paziente dalla
protesi ventilatoria al momento della puntura ed assisterlo manualmente onde evitare in caso di puntura accidentale della pleura (più frequente con la VS) uno pneumotorace ipertensivo. L’inserzione del catetere venoso centrale
Generalmente per l’incannulazione si impiega un kit composto da: un “catetere su ago” lungo 1 pollice e ¾ (5cm) del diametro 10G, una guida metallica con punta a J, un dilatatore, un catetere venoso centrale (CVC) multilume. Una piccola incisione cutanea della zona anestetizzata rende il passaggio del catetere su ago più agevole attraverso i vari piani. Una volta punto il vaso si fa avanzare la cannula sull’ago, si sfila l’ago lasciando in sede la cannula e si inserisce attraverso di essa la guida metallica di Seldinger. Quest’ultima deve avanzare attraverso il vaso senza incontrare resistenza. Durante la fase di avanzamento del CVC il monitoraggio continuo dell’ECG consente la visualizzazione di pericolose aritmie nel caso di progressione della guida nel ventricolo. A questo punto viene rimossa la cannula 18G, lasciando in situ solo la guida metallica. Sulla guida metallica, previo posizionamento del dilatatore, viene inserito il CVC multilume, tenendo sotto controllo l’estremità prossimale della guida. Il catetere viene fatto avanzare lentamente esercitando una controrotazione sulla cute. Quando il catetere è stato inserito per la lunghezza necessaria (di solito 15-18 cm) per raggiungere la giunzione tra VCS e AD), la guida viene sfilata ed i lumi del catetere vengono
collegati alla linea di monitoraggio (il distale) a soluzioni infusionali (il prossimale ed medio) previa aspirazione di sangue (per eliminare eventuali bolle di aria nel catetere). A questo punto il
catetere viene
fissato sulla cute con dei punti di sutura nella sede di inserzione ed in corrispondenza dell’estremità distale del CVC. Complicanze legate all’incannulazione
Puntura arteriosa: più comunemente a carico dell’arteria carotide o succlavia Ematoma: l’ematoma può derivare dal sanguinamento arterioso o venoso. Se si sviluppa un ematoma nella sede di inserzione il vaso controlaterale non deve essere incannulato, in quanto un ematoma bilaterale può compromettere la pervietà delle vie respiratorie. Chilotorace: è una complicanza raramente descritta. Viene trattato con ripetute toracentesi o con drenaggio chirurgico. Emotorace: è secondario alla lacerazione del polmone o di grossi vasi quali arteria succlavia, aorta o carotide. Il trattamento consiste in un drenaggio toracico e nella riparazione della lesione vascolare se arteriosa. Idromediastino e pneumomediastino: è più comune nei bambini in cui è possibile la lacerazione della trachea. Per prevenire l’idromediastino, inserire la cannula e controllare la positività della prova da reflusso.
Pneumotorace: è secondario alla puntura pleurica accidentale polmone; è meno frequente nell’approccio giugulare rispetto a quello succlavio. Lesioni nervose: puntura del plesso brachiale (dolore e parestesie) o del ganglio stellato (comparsa della Sindrome di Claude Bernard Horner) Embolia: può essere gassosa o da frammenti del catetere. L’embolia gassosa è comune nei pazienti ipovolemici. Deve essere effettuato un controllo dei deflussori
per evitare l’ingresso di aria. Particolare
attenzione deve essere fatta per evitare l’ingresso di aria durante l’inserimento del catetere. Tale complicanza può essere evitata con la posizione Trendelenburg e mantenendo il sistema chiuso in ogni momento. Se si manifestano cianosi, tachipnea, ipotensione e murmure a macina di mulino a livello precordiale il paziente deve essere immediatamente posto sul lato sinistro in posizione Trendelenburg. Deve, inoltre essere eseguita un’aspirazione a livello della cannula. L’embolia da frammenti del catetere può provocare miocarditi, setticemia, endocarditi, trombosi delle coronarie e perforazione cardiaca con tamponamento.
COMPLICANZE LEGATE ALL’INSERIMENTO E ALLA PRESENZA DEL CATETERE
Perforazione cardiaca: può avvenire per puntura miocardica. Aritmie, blocchi della conduzione: si possono osservare quando la guida o il catetere vengono spinti troppo in avanti nell’AD o nel ventricolo destro.
Trombosi, tromboembolismi Infezioni: l’incidenza dell’infezione della punta del catetere varia tra il 2,1% ed il 5,8%.
L’incannulamento Arterioso Polmonare
Il catetere arterioso polmonare (CAP) chiamato anche catetere di Swan Ganz dal suo ideatore, trova la sua indicazione principale nella grave disfunzione ventricolare sinistra. Altre situazioni cliniche che ne rendono il posizionamento particolarmente indicato sono la malattia polmonare nota o sospetta (ARDS), la malattia coronarica, gli stati di shock. Le linee guida sulle indicazioni alla cateterizzazione della arteria polmonare dell’American Society of Anesthesiologists sottolineano chiaramente che la decisione di implementare un monitoraggio con un CAP, si basa sul giudizio clinico del medico, che deve valutare e considerare tutti gli aspetti di tale processo nel contesto delle condizioni del singolo paziente in esame, della patologia o dell’intervento chirurgico proposto e delle particolari condizioni di lavoro Tecnica Il catetere arterioso polmonare
viene inserito per via percutanea
attraverso la vena giugulare interna o la vena succlavia dx utilizzando la tecnica di Seldinger. Quest’ultima, si avvale, nel caso specifico, di una
guida flessibile con punta ricurva a J per evitare lesioni vasali. I CAP possono essere posizionati con successo partendo da tutti i siti di cannulazione venosa centrale precedentemente descritti. La VGI destra è il vaso preferito per le ragioni già evidenziate. Se le vene del collo (VGI) non sono disponibili, la vena succlavia sinistra è la migliore scelta alternativa, dato che il suo percorso verso la vena cava superiore, è più dolce di quello della succlavia di destra. Il lume distale del catetere viene connesso ad un trasduttore di pressione che permette una costante valutazione del tracciato pressorio, durante la progressione del catetere e l’identificazione della posizione dell’estremità del catetere.La tecnica per l’introduzione un CAP è simile a quella per l’inserimento di un CVC per la misura della CVP. Quando l’estremità del catetere entra all’interno del vena cava superiore la traccia di pressione
mostra delle oscillazioni
tipiche che vengono trasmesse dal lume distale. A questo punto il palloncino viene gonfiato con 1,5 ml di aria ed il catetere viene fatto avanzare attraverso il lato destro del cuore fino all’arteria polmonare. Durante l’avanzamento il paziente, deve essere monitorizzato con una registrazione in continuo dell’ ECG per la possibile insorgenza di aritmie severe (extrasistoli ventricolari). La posizione della punta del catetere viene dedotta dalle variazioni che subisce il tracciato pressorio attraverso i vasi e le camere cardiache attraversati.
La curva pressoria registrata, infatti, assume morfologia differente e caratteristica, in funzione del settore cardiovascolare attraversato. Ciò consente in ultima analisi un corretto posizionamento del catetere.
fig. 6
Le curve pressorie registrate durante l’avanzamento del catetere sono mostrate dalla figura 6 e possono essere così schematizzate:
•
L’ingresso in vena cava è identificato dalla comparsa di oscillazioni sulla traccia di pressione. La pressione registrata in questa sede, rimane immutata quando il catetere viene fatto avanzare in atrio dx (fig. 6: RA). I valori pressori normali sono compresi tra 1 e 6 mmHg.
•
Superata la valvola tricuspide, il catetere raggiunto il ventricolo dx (fig. 6: RV), evidenzierà una curva pressoria pulsatile. Il valore sistolico sarà pari a 15-30 mmHg, quello diastolico sarà uguale alla pressione atriale.
•
Quando il catetere attraversa la valvola polmonare ed entra in arteria polmonare (fig. 6: PA), si osserva un innalzamento della pressione diastolica, mentre la pressione sistolica rimane invariata. ( fig. 6: P diastolica = 6-12 mmHg, P sistolica 15-30).
•
Con
l’avanzare
del
catetere
lungo
l’arteria
polmonare,
la
componente sistolica improvvisamente scompare. La pressione che
rimane
è
conosciuta
come
pressione
capillare
polmonare
di
incuneamento (PCWP). Nel momento della comparsa della PCWP l’avanzamento del catetere deve essere arrestato ed il palloncino sgonfiato. Lo Swan-Ganz è un catetere diretto dal flusso e bisognerà sfruttare le fasi del ciclo cardiaco per farlo avanzare e facilitarne il passaggio attraverso le varie camere del cuore. La diastole è, infatti, il momento migliore per far passare il CAP dall’atrio destro al ventricolo destro. Superarta la valvola tricuspide, ad una distanza di 35-45 cm dal punto d’inserzione della VGI destra, si osserva l’ampia oscillazione ventricolare destra. Da questo momento il tempo ideale per far avanzare il CAP è la sistole, durante la quale si verifica il flusso di sangue verso l’uscita del VD. Il flusso trascinerà il catetere attraverso la valvola polmonare. Superata la valvola polmonare, a circa 45-55 cm dalla cute, si osserva un brusco innalzamento della pressione diastolica. Il catetere viene fatto avanzare ulteriormente nell’arteria polmonare, fino a che non viene raggiunta la posizione di “incuneamento”, (PCWP), di solito a 50-60 cm dalla cute. Nella posizione di incuneamento il gonfiaggio del palloncino all’estremità del catetere produce la scomparsa dell’onda pressoria arteriosa polmonare pulsatile.Il gonfiaggio del palloncino posto all’estremità del CAP blocca il flusso di sangue creando una colonna statica di sangue tra estremità del catetere ed atrio sinistro. In queste condizioni la pressione
all’estremità del catetere dovrebbe essere uguale alla pressione vigente in atrio sinistro. La pressione
non pulsatile che compare quando il
palloncino è gonfio è considerata la pressione vigente nel microcircolo polmonare. In assenza di ipertensione polmonare la PCWP è generalmente di pochi
mmHg inferiore alla pressione diastolica
dell’arteria polmonare. Sgonfiando il palloncino ricompare nuovamente la curva di pressione arteriosa polmonare, rigonfiandolo ricompare
la
PCWP (solo ad insufflazione completa). I cateteri spesso migrano distalmente durante la loro permanenza e devono essere periodicamente controllati con un radiogramma, e ritirati se necessario.
Complicanze
ROTTURA DEL PALLONCINO: un eccessivo gonfiaggio o un frequente
sgonfiaggio del palloncino porta ad un danneggiamento delle sue pareti. La rottura del dispositivo è annunciata da una pressione di incuneamento smorzata. FLEBITE SETTICA: per prevenire tale complicanza è necessaria tecnica
sterile, sostituire i deflussori ogni 24-48 ore, rimuovere il catetere ogni 4 giorni.
ENDOCARDITE TRAUMATICA: il catetere può danneggiare la tricuspide o la
valvola polmonare o il miocardio del ventricolo destro, provocando trombo-embolizzazione. ANNODAMENTO DEL CATETERE: può comportare un significativo aumento
della mortalità e morbilità, poiché è un problema assai complesso. Le cause dei nodi e dei grovigli del CAP, sono l’inserimento eccessivo del catetere ed il suo arrotolamento nel ventricolo destro. Il riconoscimento precoce del problema prevede una conferma radiologica. Se il nodo non è ancora strozzato si può tentare di scioglierlo impiegando una serie di anse intravascolari sotto controllo fluoroscopico. In altro caso, è necessario rimuoverlo chirurgicamente. ARITMIE: si possono verificare extrasistoli ventricolari che in rari casi
hanno bisogno di trattamento farmacologico. Possono anche progredire fino ad una tachicardia ventricolare. Si sono verificati anche casi di blocco atrio-ventricolare in pazienti già affetti da blocco di branca sinistro. INFARTO POLMONARE: deriva da un eccessivo avanzamento del catetere in
arteria polmonare, con conseguente incuneamento persistente della punta in un ramo con ischemia del segmento polmonare irrorato. Questo problema sottolinea la necessità di una verifica attenta e frequente della posizione del catetere, dato che il CAP tende a migrare distalmente nel lume arterioso.
ROTTURA DI ARTERIA POLMONARE: la più devastante complicanza del
cateterismo dell’arteria polmonare è la sua rottura. Può essere causata dall’erosione cronica della parete da parte della punta del catetere o dal gonfiamento eccentrico del pallone che ne spinge la punta attraverso la punta del vaso. Più spesso ne sono responsabili le manovre incongrue durante l’insufflazione del pallone. Il sintomo principale della rottura dell’arteria polmonare è l’emoftoe, che può essere o acuta e di modesta entità che massiva ed irrefrenabile. Nei casi meno eclatanti si presenta con ipossia ipertensione, broncospasmo ed embolia gassosa nello stesso vaso. Il trattamento dipende dall’entità della emorragia e dalle condizioni cardiocircolatorie del paziente. Bisogna correggere i parametri di coagulazione e abbassare la PAP.
Nei casi più gravi può essere
necessario un intervento chirurgico in emergenza, con interventi che vanno
dalla
semplice
sutura
vascolare
alla
lobectomia
alla
pneumonectomia. La migliore terapia è sempre la prevenzione che prevede un’osservazione scrupolosa delle norme per il gonfiaggio del palloncino. L’assistenza Infermieristica durante il monitoraggio emodinamico
L’assistenza
infermieristica
nell’esecuzione
di
un
monitoraggio
emodinamico invasivo prevede una sequenza precisa di azioni: •
Monitoraggio ECG
•
Monitoraggio della saturimetria arteriosa in ossigeno
•
Incannulazione, previa anestesia locale, di una via venosa periferica con agocannula di grosso calibro (16-14 gauge).
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Valutazione del tempo di coagulazione attivato in condizioni basali.
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Incannulazione, previa anestesia locale, di arteria (radiale o femorale) per il monitoraggio invasivo continuo della pressione arteriosa ed i prelievi emogasanalitici.
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Incannulazione, con il metodo di Seldinger, di via venosa centrale (vena giugulare interna destra, vena succlavia destra) con catetere a tre vie (monitoraggio della pressione venosa centrale) ed introduttore per il posizionamento di catetere di Swan - Ganz in arteria polmonare (monitoraggio in continuo della portata cardiaca e della pressione capillare polmonare di incuneamento).
Nell’esecuzione di un monitoraggio emodinamico invasivo possono essere distinte diverse fasi. I fase. In questa fase vengono allestite le linee di monitoraggio pressorio, vengono eseguite le connessioni di queste con il sistema di registrazione (monitor), e le calibrazioni necessarie per una corretta misurazione dei valori (esecuzione dello 0). La linea pressoria
La linea pressoria è, in realtà, il sistema che consente la trasmissione del messaggio pressorio al sistema di rilevazione (monitor). Essa attualmente presente in commercio in Kit monouso è costituita da: -tubicini trasparenti a bassa compliance (non deformabili dalla pressione) -rubinetti a tre vie (per i prelievi) -trasduttore di pressione (trasforma l’onda di pressione in segnale elettrico) -dispositivo di flush (garantisce un flusso continuo di 1-3 ml/hr senza interferire con la lettura, evita le ostruzioni della via, permette il lavaggio rapido e consente il test dell”onda quadra”) -deflussore connesso a sacca di NaCl 0.9% eparinata. Sono disponibili, in realtà due kit monouso di linea pressoria: uno dotato di un solo trasduttore di pressione collegabile ad un solo vaso (arteria radiale o vena centrale) ed uno dotato di 3 trasduttori di pressione
collegabili a 3 vasi (arteria radiale, vena centrale, arteria polmonare)
La linea pressoria, tramite il deflussore, è collegata al sistema di lavaggio costituito da: -sacca di NaCl 0.9% 1000 eparinizzata (eparina 5000 UI/l) -pressurizzatore o spremisacca (mantiene, grazie alla pressurizzazione di 300 mmHG della sacca di fisiologica, un lavaggio continuo del vaso incannulato, previene il reflusso di sangue arterioso, consente il flush e l’esecuzione del test dell’onda quadra) Nell’allestire la linea pressoria l’infermiere deve: •
Assicurarsi che tutti i rubinetti del kit siano ben stretti
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Ridurre al minimo la lunghezza del tubicini (<50cm) ed il numero dei rubinetti
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Eparinare la sacca di fisiologica (5000 U eparina/l)
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Inserirla nella sacca a pressione, mediante il gocciolatore del deflussore della linea pressoria, pressurizzare la sacca a 100 mmHg, riempire il sistema lentamente con ripetute e gentili trazioni del sistema del flush, pressurizzare la sacca a 300 mmHg, una volta riempita la linea pressoria.
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Verificare la presenza di bolle d’aria nel sistema
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Collegare la linea del trasduttore al monitor mediante apposito cavo.
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Eseguire la calibrazione, lo zero ed il controllo delle risposte dinamiche NB: il controllo delle risposte dinamiche si esegue, ad incannulazione avvenuta, dopo la connessione del catetere vascolare alla linea pressoria.
Zero, Calibrazione, Risposta Dinamica Il monitor per poter leggere il livello di pressione rilevato dal catetere necessita di una pressione di riferimento al fine di attribuire un valore numerico alle pressioni intraluminali. Poiché la pressione all’esterno del cuore e dei vasi intratoracici a fine espirazione e la pressione che circonda le arterie periferiche è quella atmosferica (Patm) può essere usata la Patm come “zero” di riferimento. Tale operazione prevede il
posizionamento del trasduttore allo stesso livello della punta del catetere, l’apertura del rubinetto del trasduttore all’aria, la chiusura del rubinetto al paziente ed infine l’ attivazione della funzione “zero” sul monitor. Per convenzione lo zero per il catetere di Swan-Ganz deve essere letto posizionando il trasduttore a livello dell’atrio destro (punto d’incontro tra la linea ascellare media e il IV spazio intercostale).Nei pazienti in posizione ortopnoica i trasduttori per il catetere di Swan-Ganz e per l’arteria periferica
si
dovranno
trovare
su
piani
differenti.
L’operazione dello 0 va ripetuta ad ogni cambiamento di posizione. Dopo aver effettuato lo zero occorre tarare i trasduttori, cioè verificare che la pressione letta sia quella realmente esistente. Si esercita una pressione nota sul trasduttore e si attiva sul monitor la funzione “calibrazione” fornendo il valore di pressione esercitata. Può essere
utilizzato come valore noto la pressione esistente nella sacca pressurizzata, chiudendo il rubinetto del trasduttore all’aria ed al paziente. Viene comunemente accettato un margine di errore < 5%. Nelle condizioni di lettura in clinica, il trasduttore deve rilevare delle pressioni dinamiche (modificazioni più o meno rapide delle pressioni lette): in questi casi la frequenza naturale (la capacità del sistema una volta sollecitato di mettersi in vibrazione con una propria frequenza) ed il coefficiente di smorzamento (la capacità del sistema di assorbire una parte dell’energia cinetica dell’onda) del sistema (catetere, tubi, rubinetti e trasduttore) possono alterare la lettura corretta. Per evidenziare eventuali problemi di lettura correlati a queste due proprietà si effettua il “test dell’onda quadra”, detto anche “flush test” o “snap test”. Quest’ultimo viene eseguito realizzando un flush di circa 1 secondo sul dispositivo di flush. Ciò determinerà la comparsa sul monitor di un’onda pressoria fuori scala: l’onda quadra.Terminato il flush, dopo la
comparsa di alcune
oscillazioni rapide e subito prima della ricomparsa dell’onda di pressione si ha una deflessione a 0 della curva. Due evenienze si possono verificare: mancata deflessione a 0 della curva pressoria (smorzamento della
curva
(amplificazione
pressoria),
amplificazione dell’
del
messaggio
onda
pressorio sistolica)
La mancata deflessione della curva pressoria allo 0 (smorzamento) può essere dovuta a: •
Bolle d’aria nel sistema
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Parziale ostruzione distale (tappo di fibrina)
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Punta del catetere a parete
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Strozzature e angolature La correzione di tale problema prevede:
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Eliminazione delle bolle
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Controllo della tenuta dei rubinetti
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Riduzione della lunghezza dei tubicini
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Rimozione della fibrina dalla punta del catetere NB: nei casi di smorzamento dell’onda la pressione sistolica è sottostimata, mentre la pressione diastolica è sovrastimata.
Le cause di amplificazione dell’onda pressoria sono: •
Tubicini troppo corti
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Tubicini di diametro eccessivo La correzione di tale amplificazione viene eseguita sostituendo la linea pressoria o in taluni casi inserendo artificialmente una bolla d’aria nei tubicini NB: nei casi di amplificazione dell’onda pressoria la pressione sistolica è sovrastimata, mentre la pressione diastolica è sottostimata. II fase. In questa fase è prevista la preparazione dei materiali necessari alle procedure di incannulazione dei vasi (venosi e arteriosi).
Incannulazione arteria radiale La
preparazione
del
materiale
necessario
per
la
manovra
di
incannulazione dell’arteria radiale e , per la misurazione cruenta della
pressione arteriosa prevede l’allestimento di un carrello che viene posizionato omolateralmente al vaso da incannulare. Esso contiene:
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Catetere in teflon 20G
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Ago 25G
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Lidocaina 1% o mepivacaina 1%
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Lama #11
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Telini sterili
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Guanti sterili
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Disinfettante
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Medicazione sterile e cerotto
Incannulazione venosa centrale La preparazione del materiale necessario per l’incannulazione di via venosa centrale o per il posizionamento del catetere arterioso polmonare prevede l’allestimento di un secondo carrello in genere posizionato alla destra del paziente. Quest’ultimo contiene: •
Camice sterile
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Guanti sterili
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Set teleria per preparazione del tavolo e campo sterile
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Set monouso per cateterizzazione vena centrale o arteria polmonare ( catetere di Swan Ganz)
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Set per disinfezione (ciotola, pinza portatamponi, tamponi) ed ancoraggio del catetere alla cute (fili di sutura = seta 0 con ago da cute, portaghi, pinza, forbici)
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Siringhe
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Disinfettante
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Pomata antibiotica
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Medicazione sterile e cerotto
III fase. È fondamentale il controllo dello stato di preparazione del paziente, da parte dell’infermiere. Esso consiste nel corretto posizionamento del paziente sul letto, nella pulizia e disinfezione della cute, nella eventuale tricotomia delle sedi di puntura. Oltre a queste manovre, l’assistente provvede all’incannulamento di una vena periferica. Tale via può essere utile per l’infusione di liquidi, di alcuni farmaci e per il prelievo di campioni di sangue. Posizione del paziente. Incannulazione dell’arteria radiale. Per la puntura dell’arteria radiale (o di altre arterie periferiche) la posizione del paziente può essere semiseduta o supina con le braccia abdotte e i gomiti in lieve flessione. L’infermiere collabora all’esposizione dell’arteria, che è di solito realizzata attraverso
una modesta iperestensione del polso. Tale posizione può essere ottenuta con un cuscinetto imbottito, con un telo ripiegato o con un pacchetto di compresse, posizionati tra il polso ed il tavolo di lavoro. Ciò espone meglio l’arteria alla puntura. Incannulazione venosa centrale. Anche per incannulare con successo una vena centrale è importante il posizionamento ottimale del paziente. Per la vena giugulare interna destra il paziente viene posto in posizione supina con capo ruotato verso sinistra ed il collo in leggera estensione. Una moderata posizione Trendelenburg di 10°-20°, può es sere utile soprattutto se il se il paziente è ipovolemico. In tal modo, infatti, aumenta il diametro della vena da pungere e si previene l’embolia gassosa. Nei pazienti con scompenso cardiaco congestizio cronico, tuttavia è preferibile una lieve posizione anti-Trendelenburg. Per l’incannulazione della vena succlavia destra il paziente viene posto in posizione supina in lieve Trendelemburg, con il capo ruotato controlateralmente al vaso da pungere, gli arti superiori addotti al tronco ed in estensione. Durante la puntura del vaso è importante esercitare una trazione del braccio omolaterale in direzione dei piedi del paziente per una migliore esposizione della vena succlavia.
Sterilità delle procedure.
Durante l’esecuzione di ogni manovra di incannulazione di un vaso arterioso o venoso (centrale o periferico), la sterilità ha un ruolo fondamentale per la possibile insorgenza di
infezioni originatesi
nel
punto d’inserzione o dal catetere. Il punto prescelto deve essere accuratamente preparato (tricotomia) e disinfettato con ripetuti passaggi di soluzione di povidone-iodine (betadine) o di altro disinfettante equivalente. È necessaria anche la sterilità dell’operatore e dell’assistente strumentista. Per l’arteria radiale, si posiziona un telino sterile e si disinfetta l’area di puntura, lasciando agire il disinfettante per 30” prima di detergere. Per i vasi venosi centrali è buona regola, indipendentemente del vaso (giugulare o succlavia eseguire una disinfezione ampia di tutta la porzione laterale del collo, della regione sottoclaveare, della spalla fino al giugulo. In questo modo viene realizzato un ampio campo sterile che consente, in caso di insuccesso di incannulazione di uno dei due vasi venosi centrali, l’incannulazione dell’altro. Va, tuttavia,ricordato che dopo tre tentativi di puntura di un vaso è buona regola cambiare vaso al fine di evitare complicanze temibili quali lo pneumotorace. Il campo sterile viene quindi delimitato dal posizionamento di telini sterili. Ad incannulazione avvenuta si applica una goccia di pomata antibiotica ed una medicazione occlusiva.
La gestione del catetere vascolare in sede Essa viene generalmente eseguita dall’infermiere e comprende una serie di manovre finalizzate alla prevenzione o limitazione delle complicanze del catetere vascolare in sede. Tali manovre comprendono le medicazioni protettive, l’applicazione di pomata antimicrobica, la sostituzione del catetere, il lavaggio del catetere, il trattamento delle complicanze meccaniche. Le medicazioni protettive I siti di inserzione del catetere sulla cute vengono medicati generalmente con un medicazione sostituita ogni 48 ore e costituita da una garza sterile protettiva che viene fatta aderire tramite un cerotto ipoallergenico. Le medicazioni occlusive, in poliuretano trasparente o in gel colloide , dopo un iniziale entusiasmo sono state abbandonate, poiché, bloccando la fuga del vapor acqueo dalla cute sottostante, favoriscono la colonizzazione microbica. Applicazione di pomata antimicrobica E’ una pratica antisettica diffusa e consiste
nell’applicazione di una
pomata a base di polimixina, neomicina, bacitracina. Sostituzione del catetere La sostituzione del catetere vascolare
è in genere determinata
dall’insorgenza di infezione. La sostituzione routinaria ad intervalli fissi non proviene l’insorgenza di tale complicanza.
Le indicazioni alla sostituzione dei cateteri vascolari sono: -presenza di pus o eritema diffuso nel sito di inserzione -sospetto di infezione catetere-correlata -segni di infezione sulla punta del catetere precedentemente rimosso -posizionamento di catetere vascolare in condizioni di emergenza in assenza di adeguata asepsi Lavaggio del catetere Il lavaggio dei cateteri va eseguito abitualmente al fine del mantenimento della loro pervietà. I cateteri in sede, usati solo ad intermittenza, vanno lavati con soluzione eparinata e tappati. I cateteri arteriosi vanno lavati in continuo (il sistema di lavaggio pressurizzato della linea pressoria). Il trattamento delle complicanze meccaniche Le complicanze meccaniche
sono rappresentate
da complicanze
occlusive o erosive del catetere in sede. L’occlusione del catetere può essere secondaria alla formazioni di nodi, di angoli acuti lungo il decorso del catetere; alla formazione di trombi; alla precipitazione di farmaci nelle soluzioni infusionali (barbiturici, diazepam ,diossina, fenitoina,amminoglicosidi, fosfato di calcio). Il ripristino della pervietà non deve essere eseguito mai mediante passaggio di guida metallica, ma bensì tramite irrigazione con agente trombolitico o con acido cloridrico diluito secondo un protocollo standard
Le complicanze erosive
sono un’evenienza rara e vanno trattate con
l’immediata rimozione del catetere.