Mare Amaro (1a Parte)

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Mare amaro (1a Parte)

Pirateria nigeriana Da tempo siamo abituati a leggere di attacchi pirateschi dei bucanieri somali, ma poco si legge degli attacchi di altri pirati lungo le coste di altre nazioni. L’ IMB (Ufficio Marittimo Internazionale), che si occupa della pirateria mondiale, nel suo ultimo rapporto del 4 dicembre 2009, afferma che diverse navi, negli ultimi tempi, hanno dovuto affrontare attacchi violenti al largo delle coste nigeriane. In questi attacchi i pirati nigeriani si sono limitati a derubare le navi assaltate e gli equipaggi di soldi e provviste. La violenza nei confronti dei marittimi imbarcati su queste navi è stata notevole. Sono stati utilizzati dai pirati coltelli ed armi da fuoco automatiche. Riportiamo di seguito quanto avvenuto a due degli equipaggi assaltati: Il 24 novembre 2009, una petroliera ancorata al largo delle coste del Benin, è stata abbordata da otto o nove rapinatori, tutti armati di pistole e coltelli e provenienti dal vicino confine nigeriano. Gli assalitori sono riusciti a guadagnare l’accesso al ponte di Comando. Hanno preteso soldi della cassa nave e gli effetti personali dell’equipaggio. Hanno picchiato il Comandante e legato diversi marittimi. Uno degli ufficiali della nave è stato in grado di dare l’allarme, cosa che ha causato il panico tra i pirati.. Mentre questi cercavano di scappare, il Comandante della nave è stato ucciso. Uno dei pirati è stato fermato dal personale e consegnato alle autorità del Benin. il 30 ottobre 2009, in Nigeria, una nave cisterna è stata attaccata al largo di Lagos da sei pirati armati di coltelli e pistole. Il Comandante, con manovre evasive ha tentato di impedire l’abbordaggio dei pirati, ha avvertito anche Lagos Port Control. I pirati hanno aperto il fuoco. Alla fine sono riusciti a salire a bordo ed hanno preso in ostaggio tutti i membri dell’equipaggio. I prigionieri sono stati minacciati e diversi di loro aggrediti. I pirati hanno lasciato la nave dopo essersi fatti consegnare soldi e carte di credito dell’equipaggio, non prima però di aver danneggiato le apparecchiature di comunicazione e bloccato tutti i membri dell’equipaggio in una cabina. Fino ad ora nel 2009, ci sono stati 25 attacchi contro navi nelle acque nigeriane, nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di rapina piuttosto che la presa di ostaggi. molte navi sono riluttanti a denunciare gli attacchi a causa delle pressioni commerciali o per timore di rappresaglie durante un probabile loro prossimo ritorno in quelle acque. Negli ultimi tempi l’O.N.U. è stata sollecitata ad intervenire, con una forza militare, così come già fatto lungo le coste del corno d’Africa, anche nelle acque infestate da questi pirati nigeriani.

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Mare amaro (1a parte)

2010, anno internazionale della Gente di Mare L’IMO (Organizzazione Marittima Internazionale) ha dichiarato il 2010 anno del Marittimo. Questo è stato deciso, su proposta del Segretario Generale di questa organizzazione E.E. Mitropoulos. nel corso della 102a sessione IMO tenutasi a Londra dal 29 giugno al 03 luglio 2009. L’intenzione dell’IMO è quella di rendere omaggio agli 1,5 milioni di marittimi nel mondo provenienti da molte nazioni del pianeta che con il loro lavoro danno un elevato contributo al benessere della società mondiale. Riferendosi a questa iniziativa Mitropoulos, in un suo recente messaggio rivolto alla Gente di Mare afferma: “Lo faremo con viva gratitudine, in riconoscimento dello straordinario servizio da voi reso ogni giorno della vostra vita professionale, spesso in circostanze pericolose, per consegnare agli oltre 6,5 miliardi di persone del mondo il frumento da cui deriva il nostro pane quotidiano, il gas e il petrolio che riscalda le nostre case o muove i nostri veicoli e i doni che condividiamo e di cui godiamo con le nostre famiglie e amici nel corso di questo periodo di festività”. Il segretario Generale termina il suo messaggio dicendo: “Un milione e mezzo di marittimi che soddisfano le necessità quotidiane di oltre 6,5 miliardi di cittadini del mondo è un fatto che passa inosservato o viene dato per scontato da molti, ma che dovrebbe essere annunciato ovunque forte e chiaro. I marittimi meritano il rispetto, la riconoscenza e la gratitudine di tutto il mondo e noi dell’IMO siamo intenzionati a far sì che nel corso del 2010 il mondo prenda atto del vostro ruolo e del vostro contributo eccezionale e del debito speciale che tutti noi dobbiamo a voi. Vi ringraziamo per questo!”. Questa iniziativa è stata presa considerando che circa il 90% delle merci che circolano sul pianeta viaggia via mare e che i giovani hanno la tendenza ad abbandonare la professione marittima. Essa fa seguito ad una campagna iniziata, nel novembre 2008, dalla stessa IMO e denominata “Go to Sea” che dovrebbe servire ad invogliare i giovani a ritornare sul mare. La risposta dei marittimi non si è fatta attendere e da forum web hanno ringraziato, ma hanno tenuto a sottolineare che per riportare i giovani sul mare, oltre a questa iniziativa, occorrono azioni forti per migliorare le condizioni di vita sulle navi.

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Mare amaro (1a parte)

Pirateria marittima, quando è troppo è troppo... Il 20 maggio 2010, sindacati e shipping internazionale hanno lanciato una petizione online per esortare i Governi ad adottare misure più incisive e rapide per debellare la piaga della pirateria marittima somala. • Quasi tutti i giorni la gente di mare è sequestrata ed esposta ad un rischio crescente di lesioni o anche di morte. • Tutti i giorni marittimi che trasportano le merci del mondo attraversano le zone dove il rischio di attacco dei pirati è in aumento. • Tutti i giorni le famiglie dei marittimi soffrono preoccupazioni ed incertezze. • Tutti i giorni le possibilità di attirarre la gente verso posti di lavoro sul mare – su cui tutte le nostre economie contano – sono in calo. • Tutti i giorni compagnie di navigazione e i loro assicuratori devono pagare, per aumentare le misure anti-pirateria, carburante extra e riscatti – costi che vanno alla fine a ricadere sul consumatore finale della merce. • Tutti i giorni esiste il rischio di una grave catastrofe ecologica per possibili sversamenti di idrocarburi causati da un aumento della pirateria. • Tutti i giorni le possibilità di una ripresa dell’economia mondiale sono messe a repentaglio da questa minaccia al commercio mondiale. Per questi motivi, il sindacato internazionale ITF, insieme a BIMCO , ICS, IFSMA, IMEC, IPTA, Intercargo, InterManager, International Group of P&I Clubs, INTERTANKO, ISF, IUMI e SIGTTO, ha indetto una petizione online, con raccolta di firme, per chiedere agli Stati una più incisiva azione per fermare la pirateria. Con questa petizione viene anche chiesto ai Governi di lavorare all’interno della comunità internazionale per garantire un futuro stabile e pacifico alla Somalia e alla sua gente.

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Mare amaro (1a parte)

Sul mare urge un cambio di rotta

Nel mondo da tempo la situazione dei marittimi è sempre più deleteria: affaticamento, stress, solitudine, lontananza e contatti sporadici con le famiglie, criminalizzazione, pirateria, abbandono degli equipaggi da parte degli armatori, lavoro precario, nuove schiavitù, aumento degli incidenti la fanno da padroni. In queste condizioni, non vediamo come si possa chiedere ai giovani di intraprendere la professione marittima. A livello internazionale esiste la tendenza da parte della Gente di Mare a voler abbandonare il mare. Anche per quest’ultimo motivo l’IMO (Organizzazione Marittima Internazionale) ha voluto dedicare il 2010 alla Gente di Mare; ma la semplice dedica di un anno non sembra una soluzione: alla Gente di Mare non appare come soluzione ai mali che l’attanagliano. Per capire l’ enorme importanza sociale di questo problema bisogna considerare che il 90% delle merci, nel mondo, viaggia via mare, che una globalizzazione di mercato per potersi sviluppare ha bisogno di un continuo movimento di merci e quindi continuamente di nuove navi; e se l’uomo abbandona il mare le navi chi le guiderà, chi le governerà? Per questo necessitano: un cambiamento di rotta sul sistema di vita sulle navi, una maggior protezione verso gli equipaggi, una riduzione dell’ internazionalizzazione degli equipaggi, una riduzione della pressione della criminalizzazione che è stata la famosa goccia che, nel far traboccare il vaso, ha innescato la fuga dal mare, ed inoltre urgono sia un umanesimo marittimo, grazie al quale l’uomo, sul mare, riprenda la sua importanza rispetto agli interessi economici e a tutto quanto lo circonda che un aumento del prestigio sociale della professione marittima.

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Pirateria somala, il punto della situazione

Attualmente le forze navali presenti nel Golfo di Aden e lungo le coste del Corno d’Africa effettuano diversi pattugliamenti molto vicini alla costa somala, e anche se questo ha portato a vari soddisfacenti risultati, l’obiettivo di arginare la pirateria non è stato ancora raggiunto. Inoltre l’attenzione internazionale intorno al problema pirateria è in costante declino. La sofferenza degli equipaggi, nonchè del popolo somalo in generale, ha raggiunto un nuovo massimo storico. La politica di "sparare contro i pirati" adottata da parte di diverse marine ha portato ad un aumento del numero di scambi a fuoco diretto. L’impiego di personale armato e militare su navi mercantili e da pesca e l’uccisione di pirati hanno portato ad un aumento complessivo di aggressioni e violenze. L’IMB (Ufficio Marittimo Internazionale) che si occupa della pirateria mondiale e, in Italia, i marittimi del SDM (Sindacato dei Marittimi) avevano più volte messo in guardia sulla possibilità di un incremento delle violenze da parte dei pirati nel caso di presenza di guardie armate su mercantili e pescherecci. "Violenza chiama violenza". Articolo del 4 giugno 2010.

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Mare amaro (1a parte)

Quando il lavoro marittimo è considerato un costo... Errare humanum est, perseverare autem diabolicum.. A partire dai primissimi anni del terzo millennio, sia in Gran Bretagna che in alcuni paesi dell’ex Commonwelth britannico, sono stati effettuati continui studi riguardanti l’affaticamento sulle navi. Essi hanno evidenziato che esiste una forte correlazione tra incidenti marittimi ed inquinamenti, dipesi in massima parte dall’errore umano. Le cause principali di questo "errore" sono determinate dal forte affaticamento a cui la Gente di mare è sottoposta fin dal primo momento in cui mette piede su una nave. Pur in presenza di questi studi si continua a sottovalutare il problema ricorrendo spesso a soluzioni insufficienti a porre fine a quello che alcuni definiscono "schiavismo legalizzato". Un esempio tra tanti: l’incaglio sulla barriera corallina australiana della nave cinese Shen Neng 1. Si parla tanto di questi inquinamenti, si sprecano parole di rabbia e di disapprovazione, ma la soluzione al problema non arriverà fino a quando il lavoro umano sarà visto come un costo, o fino a quando convenzioni internazionali, causa l’esistenza della concorrenza, non prevederanno una contrattazione salariale unica per tutto il sistema marittimo internazionale ed un consistente aumento del personale. L’aver considerato il lavoro umano come costo ha portato negli anni, nel settore marittimo, ad una politica armatoriale devastante sia per l’ambiente che per l’intero settore. La diminuzione del personale sulle navi ha prodotto una crisi internazionale di lavoratori marittimi e generato l’aumento di stress ed affaticamento, facendo aumentare le possibilità di errore umano. Studi medici hanno dimostrato che una veglia forzata equivale agli effetti derivati dall’uso di alcol. E mentre si fanno leggi mirate a diminuire gli incidenti stradali causati dall’uso di alcolici (questo anche in Italia) gli Stati, da una parte sostengono che sotto questo effetto non si può condurre un’auto, dall’altra, tralasciando l’effetto di stress ed affaticamento esistenti sulle navi, non fanno altro che ammettere che sotto questi effetti si può governare una nave. Per ridurre l’affaticamento dei lavoratori marittimi,si deve aumentare il numero dei membri che costituiscono l’equipaggio, per garantire a questi il giusto riposo, ma questo è per le compagnie di navigazione un costo. Stati e politici deboli non riescono a risolvere questo problema, perdendo tempo prezioso. L’errore umano è causa di sinistri che mettono a rischio vite umane, e producono danni ambientali incalcolabili.

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Mare amaro (1a parte)

Trasporto marittimo, continuano i licenziamenti dei marittimi italiani Potrebbe sembrare assurdo, ma la piaga del licenziamento dei marittimi, iniziata negli anni ottanta, continua ancora oggi pur in presenza di un crew shortage (carenza di personale) mondiale. Mentre gli armatori, attraverso i media, dichiarano di non riuscire a trovare marittimi italiani, dai marittimi stessi giungono notizie di continui licenziamenti. Su una pagina di Wikipedia, ultimamente sostituita, leggiamo:"Per tutti gli anni '80 e buona parte degli anni '90 l'armamento italiano ha puntato, per motivi essenzialmente economici, all'utilizzo di forza lavoro straniera a bordo delle proprie navi mercantili..." E questo è parzialmente confermato anche da uno studio della Southampton Solent University, in cui si afferma: "Between 1980 and 1995 the Italian shipping companies did not recruit any cadets"; tradotto significa: tra il 1980 e il 1995 le compagnie di navigazione italiane non assunsero alcun allievo ufficiale. Da un' indagine ISFORT/Federazione del mare del 2007 risulta che in quell'anno i marittimi stranieri imbarcati sulla flotta italiana erano circa 12.678 (in prevalenza extracomunitari ndr) e sembra che stiano continuando ad aumentare. Ovviamente, molti di questi, essendo non residenti, non pagano le tasse in Italia. Il sindacato dei marittimi SDM ultimamente ha comunicato quanto segue: "Riaprendo il Sindacato dopo la brevissima pausa estiva, vediamo che le mail dei colleghi che stanno rimanendo a casa aumentano sempre di più. Molti ci mandano per conoscenza mail, a loro inviate da agenzie marittime, dove gli viene spiegato in modo diplomatico che l'armamento impiegherà sempre meno personale italiano. Gli dicono che gli si chiede personale extracomunitario, soprattutto filippino." Mentre gli armatori ricevono agevolazioni continue dallo Stato, tra cui quelle previste dalla tonnage tax, dal registro internazionale etc,, questo continuare ad imbarcare marittimi extraconunitari sulla flotta italiana significa: posti di lavoro in meno per gli italiani, aumento di famiglie italiane che versano in condizioni disagiate, tasse (Irpef) non versate (per i marittimi extracomunitari) che probabilmente andranno a pesare sul contribuente italiano e capitali che vanno all'estero sotto la voce stipendi.

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Iniziata la lotta contro lo sfruttamento sul mare L'uomo è veramente uno strano animale: fa tante di quelle belle prediche sulla morale, sul bene comune, sull'altruismo ecc, ma poi alla fine vediamo che per fermare lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo ci vogliono anni di lotte per avere solo un pezzetto di quanto si necessita per fermare le ingiustizie in atto. L'interesse economico viene prima di ogni altra cosa, ma è esatto questo? Siamo certi che agendo all'insegna della morale non si guadagni più di quanto si guadagna fregandosene del prossimo? Questa premessa serve a presentare l'avvenimento della settimana: Finalmente è iniziata la lotta contro l'affaticamento sulle navi. Una grossa società di navigazione danese, la A.P.Moller-Maersk , è stata multata, nel Regno Unito, per non aver osservato quanto dettato dalle normative internazionali sul riposo della gente di mare sulle navi. La A.P.MollerMaersk dovrà pagare la modica cifra di circa 23.000 sterline. Certo che l'essere tra i primi ad essere tirati per le orecchie su un argomento che ha parentela stretta con lo sfruttamento umano è un tantino deprimente. Ci si sarebbe attesi che i primi beccati fossero stati armatori di piccolo calibro, invece è toccato ad uno dei giganti della navigazione marittima internazionale. E questo è ancora più avvilente poichè dimostrerebbe che lo sfruttamento della Gente di mare è ben radicato nel settore marittimo. Clicca QUI per leggere il comunicato stampa del 25 ottobre 2010 della MCA (Guardia costiera del Regno Unito).

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Mare amaro (1a parte)

L’umanesimo marittimo diventa necessario Nel mese di febbraio 2006 un giornale straniero pubblicava un articolo in inglese dal titolo tradotto: "Aumento delle morti innaturali tra i marinai". In questo articolo veniva riportata la preoccupazione delle Autorità locali verso fatti a dir poco sconcertanti: marinai spinti o saltati in mare, elementi psicolabili, uccisioni e suicidi. Leggendo queste cose viene spontaneo chiedersi: siamo nel medioevo o nel terzo millennio? I marittimi a cui si riferiva l'articolo sono noti per la loro mitezza, capacità di adattamento e per il rispetto verso gli altri. Cosa ha potuto provocare questo cambiamento in diversi di loro se non lo sfruttamento continuato, che alla fine ha portato a reazioni incontrollabili? E' lo stesso sfruttamento che sta provocando, in tutto il mondo, una continua fuga dell'uomo dal mare. Questi fatti vanno oltre la già, di per sé, pesante gravità di atti incontrollabili, poiché è risaputo che circa il 90% delle merci viaggia via mare, e se non si riuscirà a frenare la fuga dal mare la società mondiale potrebbe rischiare la paralisi totale. Poco si sta per ora facendo per invertire la tendendenza: in giro si legge, tra l'altro, anche di soluzioni che potrebbero apparire appartenenti ad un filone cinematografico comico - brillante, come il voler realizzare films di propaganda da utilizzare per invogliare le donne e madri di famiglia a spingere i propri uomini verso la carriera marittima, senza, in questo caso, considerare il grande valore che la Gente di mare del XXI secolo da alla famiglia e alla vicinanza ai propri cari. A nostro avviso esiste un'unica soluzione accettabile, proposta dalla Chesa durante l'ultimo convegno internazionale dell'Apostolato del mare, e cioè l'agire verso lo sviluppo di un vero e proprio umanesimo marittimo. Protagora affermava che l'uomo è la misura di tutte le cose....E se si vuole raggiungere un vero equilibrio sociale la globalizzazione va orientata maggiormente verso l'uomo, altrimenti il rischio di una paralisi sociale, alla luce di quanto sopra, potrebbe divenire più che possibile..

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Pirateria marittima, record di attacchi nel primo trimestre 2011 La pirateria marittima ha raggiunto il suo massimo storico nei primi tre mesi del 2011, con 142 attacchi in tutto il mondo. La Camera di Commercio Internazionale (ICC) International Maritime Bureau (IMB), segnala che il forte aumento è stato guidato da un’ondata di pirateria al largo delle coste della Somalia, dove sono stati registrati 97 attacchi nel primo trimestre del 2011, in crescita rispetto ai 35 dello stesso periodo dello scorso anno. A livello mondiale l IMB ha segnalato che nel primo trimestre del 2011, 18 navi sono state dirottate, 344 marittimi sono stati presi in ostaggio, e sei sono stati rapiti. “Azioni di pirateria e rapine a mano armata in mare negli ultimi tre mesi sono tra le più alte mai registrate nel primo trimestre di ogni anno“, ha detto Pottengal Mukundan, direttore dell’ IMB, il cui Piracy Reporting Centre monitora la pirateria a livello mondiale dal 1991 . Nei primi tre mesi del 2011, i pirati hanno ucciso sette marittimi e feriti 34. Mentre solo due feriti furono riportati nel primo trimestre del 2006.

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IL COSTO UMANO DELLA PIRATERIA “Il costo umano della pirateria somala”, studio presentato il 6 giugno 2011 alla Chatham House di Londra. I risultati dello studio indicano che nel corso del 2010: • 4.185 marittimi sono stati attaccati con armi da fuoco e granate a razzo. • 342 marinai si sono salvati nascondendosi nelle cittadelle (camere di sicurezza rinforzate). • 1.090 marittimi sono stati presi in ostaggio. • 516 marittimi sono stati usati come scudi umani. • Ben 488 marittimi sono stati sottoposti ad abusi o torture. L’esperienza della “cittadella” è anch’essa un'esperienza pericolosa e traumatica, in cui l’equipaggio attende per ore o giorni l’arrivo dei soccorsi, mentre i pirati tentano di forzare violentemente l’ostacolo nell’intento di raggiungere l’equipaggio. La pirateria continua a cambiare in peggio.

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Mare amaro (1a parte)

Non solo pesca pirata, ma anche schiavi sul mare Nell’ottobre 2010, la Environmental Justice Foundation (EJF) ha presentato il rapporto “All at Sea — the abuse of human rights aboard illegal fishing vessels” basato su indagini dettagliate svolte in quattro anni.

Secondo questo rapporto, pescherecci dediti alla pesca illegale violano continuamente i diritti umani. Gli armatori di queste imbarcazionii sottopongono a sfruttamento e maltrattamenti continuati i loro equipaggi. Il rapporto dell’EJF dice anche che tali pescherecci pescano illegalmente in acque di tutto il mondo, ma molti sono anche ufficialmente autorizzati a vendere le loro catture nell’Unione europea. La Pesca pirata frutta tra i 10 e i 23,5 miliardi di dollari l’anno in tutto il mondo. La relazione aggiunge: “mentre qualsiasi tipo di pesca in mare è stato ampiamente considerato come uno dei mestieri più pericolosi al mondo, le condizioni sono ancora peggiori a bordo di questi pescherecci “pirata”. A conferma di questo, il 20 aprile 2010, il Baird Maritime riportava che le Autorità costaricane avevano soccorso 36 persone, che sarebbero state usate come schiavi su barche da pesca. Questi poveretti erano stipati insieme in piccoli spazi e avevano lavorato 20 ore al giorno. Gli erano stati sequestrati i passaporti, erano picchiati e vivevano su quelle navi da circa due anni. Il loro stipendio era stato pattuito sui 250 dollari al mese, ma non erano mai stati pagati. Essi provenivano dal Vietnam, Indonesia, Filippine Taiwan e Cina. Secondo fonti internazionali attualmente, in Nuova Zelanda, 32 marittimi indonesiani, imbarcati su un presunto peschereccio pirata, hanno abbandonato l'imbarcazione su cui lavoravano denunciando soprusi, violenze subite e retribuzioni inadeguate. Purtroppo sembra che le autorità locali abbiano semplicemente deciso di rimpatriarli, mentre i partiti di opposizione chiedono un'inchiesta ministeriale che faccia luce sulla situazione dei pescherecci stranieri che pescano nelle acque neozelandesi.

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Mare amaro (1a parte)

Indice

1 L'importanza sociale della Gente di mare 2 L'uomo fugge dal mare 4 Spunta un fiore nel cemento della nave abbandonata 6 Marittimi abbandonati: un problema umanitario che va risolto 9 Situazione della pirateria mondiale nel primo trimestre 2009 10 Bandiere di comodo, chiesta l'ammainata 12 La spada di Damocle pende sulla testa di marittimi e passeggeri 13 I marittimi della “Hebei Spirit” finalmente tornano a casa 14 Criminalizzazione degli equipaggi e pirateria 15 Altra scomparsa in mare di un marittimo italiano 16 Pirateria nigeriana 17 2010, anno internazionale della Gente di Mare 18 Pirateria marittima, quando è troppo è troppo...... 19 Sul mare urge un cambio di rotta 20 Pirateria somala, il punto della situazione 21 Quando il lavoro marittimo è considerato un costo... 22 Trasporto marittimo, continuano i licenziamenti dei marittimi italiani 23 Iniziata la lotta contro lo sfruttamento sul mare 24 L'umanesimo marittimo diventa necessario 25 Pirateria marittima, record di attacchi nel 2011 26 Il costo umano della pirateria 27 Non solo pesca pirata, ma anche schiavi sul mare

I brani sono articoli tratti da AGORAVOX-Italia Autore Oceanus Atlanticus e da La Voce dei Marinai Vi sono gocce che spesso fanno traboccare i vasi e quelle dell’acqua del mare ne hanno fatti traboccare, ormai, troppi

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