Taranproject-Occhi di mari Perla d’argentu e occhi di mari, di la Calabria tu sì la reggina. La notti nta lu sonnu mi cumpari, cuntentu mi risbigghju ogni matina. Guardandu eu li stiddi i sta nuttata li chjù lucenti li vorria cuntari. Tu sì comu na rosa profumata, e chjiù ti guardu e chjù bella mi pari. Quantu frundi ndavi sa livara, tanti bellizzi ndavi sa figghjola. La guardava chi ricama e cusi sutta all’arburu di nuci. Su ‘namuratu di na bella figghjola, bella cotrara di la scalinata […]
In questo testo quali sono le differenze rispetto all’italiano? Eccone alcune: • i al posto di e (bellizzi); u al posto di o (argentu) • j al posto di g (jornu) • Articolo determinativo lu al posto di il • Pronome personale eu al posto di io • terza persona del presente indicativo avi al posto di ha • condizionale vorria al posto di vorrei • aggettivo possessivo sa al posto di sua • cotrara al posto di ragazza
Si tratta di differenze • Fonologiche (che riguardano le vocali e le consonanti) • Morfologiche (che riguardano la forma di articoli, verbi, aggettivi ecc.) • Lessicali (che riguardano le parole: cotrara al posto di ragazza).
Facciamo un passo avanti. Da che cosa sono causate queste differenze? Perché in italiano si dice io mentre nei dialetti della provincia di Reggio Calabria si dice eu? In realtà entrambe le forme (sia io, sia eu) derivano dal latino EGO. Dunque i dialetti derivano dal latino, come l’italiano?
La risposta è ovviamente sì I dialetti derivano dal latino come l’italiano e come tutte le lingue NEOLATINE o ROMANZE. Anche i dialetti, dunque, sono lingue romanze a tutti gli effetti: come l’italiano, il francese, lo spagnolo ecc., derivano da TRASFORMAZIONI DEL LATINO. Così come, in francese, EGO si è trasformato in je e in spagnolo in yo, nel reggino si è trasformato in eu.
Un tempo, infatti, si parlava latino nei territori in cui oggi sono parlati le lingue e i dialetti romanzi La parte dell’Europa in cui si parlava latino è definita dai linguisti romània. Pian piano, nel corso dei secoli, il latino che si parlava in quest’area si è trasformato (per esempio si è passati dal percepire la durata delle vocali a percepire solo il timbro; si sono perse le declinazioni, ecc.). Tale trasformazione non è stata la stessa in tutte le aree geografiche: il latino ha subìto trasformazioni diversificate a seconda delle zone. Tale diversificazione ha dato vita alle varie lingue romanze (e ai dialetti italiani).
Dunque perché mai il reggino è considerato un dialetto e non una lingua? Se i meccanismi che hanno portato alla sua formazione (cioè LE TRASFORMAZIONI DEL LATINO) sono analoghi a quelli che hanno portato alla formazione delle lingue romanze, perché quelle sono LINGUE, mentre il reggino è un DIALETTO?
Le motivazioni sono extra-linguistiche Dal punto di vista linguistico, infatti, non ci sarebbero differenze tra lingue e dialetti: in italiano si dice fornaio, in romanesco fornaro, ma non esiste nessuna motivazione linguistica per cui fornaio sia una parola italiana e fornaro una parola dialettale. Entrambe le parole derivano da una trasformazione del latino (aio e aro < latino -ARIUM). Se ci basassimo sul puro aspetto linguistico non saremmo dunque in grado di stabilire quali sistemi linguistici siano da considerare dialetti e quali lingue.
Nel caso dell’italiano le motivazioni sono di tipo culturale Il fiorentino del Trecento, che è poi diventato la lingua italiana, era uno dei tanti dialetti italiani (anche se è inesatto definirli “dialetti”: vanno chiamati “volgari”, perché si può parlare di “dialetto” solo quando esiste una lingua nazionale, e nel Trecento la lingua italiana non esisteva ancora). Dunque il fiorentino era uno dei tanti volgari antichi, come il napoletano, il siciliano, il bolognese ecc. Non ce n’era uno “più importante” degli altri.
Ma accadde che i maggiori scrittori del Trecento (Dante, Petrarca e Boccaccio), le cosiddette “tre corone”, furono fiorentini. Si ebbe dunque: - Dapprima un’imitazione spontanea del modo di scrivere di questi autori: anche chi viveva a Napoli o a Venezia o in altri centri d’Italia cominciò a scrivere in fiorentino per comporre opere in poesia o in prosa simili a quelle di Dante, Petrarca e Boccaccio. - Poi, nel Cinquecento, con Pietro Bembo (autore delle Prose della volgar lingua, 1525), si stabilì definitivamente che il modello di lingua da usare fosse per tutti gli scrittori italiani il fiorentino di Petrarca e Boccaccio.
Il fiorentino fu dunque promosso a lingua italiana per ragioni esclusivamente culturali Tra l’altro, fu un processo che rimase tutto interno all’àmbito letterario: nel Cinquecento nacque, sì, l’italiano, ma un italiano usato solo dai letterati e come lingua scritta. Oralmente tutti continuavano a parlare il proprio dialetto, e fu così fino all’Unità d’Italia (per alcuni italiani il processo si prolungò anche oltre).
Riepilogando, quali sono le differenze tra lingua e dialetto? • Dal punto di vista linguistico, nessuna: sia le lingue, sia i dialetti sono sistemi linguistici con le loro caratteristiche, e si collocano quindi sullo stesso piano. • Le differenze intervengono per ragioni extralinguistiche; più specificamente, nel caso dell’Italia, si è trattato di ragioni culturali: il fiorentino era la lingua delle Tre Corone, e quindi i letterati lo scelsero come modello da imitare.