La scuola (1995) Origine Genere Regia Attori
Italia Commedia Daniele Luchetti Silvio Orlando (Prof. Vivaldi), Anna Galiena (Prof. Majello), Fabrizio Bentivoglio (Vicepreside Sperone) Soggetto Domenico Starnone Sceneggiatura Domenico Starnone, Stefano Rulli, Sandro Petraglia, Daniele Luchetti Fotografia Alessio Gelsini Torresi Musiche Bill Frisell Montaggio Mirco Garrone David di Donatello nel 1995 come miglior film – adattato dai testi di Domenico Starnone “Fuori registro” ed “Ex cattedra” e dallo spettacolo teatrale “Sotto banco”, anch’esso con la regia di Daniele Luchetti ---------------
In un istituto tecnico commerciale nella periferia romana, alunni e professori di una classe del penultimo anno s'apprestano a passare l'ultimo giorno di scuola prima delle vacanze. Le lezioni iniziano ma per modo di dire, visto che chi ha concluso le interrogazioni non è venuto o è impegnato in altre attività, mentre chi viene interrogato viene "graziato"… Il film ha una struttura narrativa mista, caratterizzata da numerosi flashback. Partendo dall’ultimo giorno di scuola si ripercorre tutto un anno scolastico, attraverso i ricordi dei due protagonisti, il Prof. Vivaldi (Silvio Orlando) e la sua collega Majello (Anna Galiena). Il tessuto narrativo è molto semplice e tutto è affidato alla bravura degli attori e alle caratterizzazioni dei personaggi. Abbiamo così il Prof. Vivaldi che vive il suo lavoro come una missione e che riesce ad ascoltare i suoi studenti, ad innamorarsene e a farli innamorare dei suoi messaggi e delle sue lezioni; bellissimo il momento in cui sottolinea che il concetto di Pace deve procedere all’unisono con quello di Bene e che altrimenti, se queste due cose non viaggiano di pari passo, allora bisogna alzare la voce perché la pace va anche pretesa, urlata! Abbiamo il Vicepreside tutto d’un pezzo che vorrebbe incutere timore e “applicare il regolamento”, e c’è anche la Majello, nei ricordi di tutti. Chi non ha avuto una Prof giovane e bellissima e chi è che non se ne è segretamente “innamorato”? E Vivaldi condivide molte delle sue ore con la Majello. Parlano dei ragazzi, dei loro temi, dei loro sogni contagiosi (si pensi al loro progetto di scuola ideale), delle loro difficoltà in quello che è il giorno più difficile per molti studenti; quello degli scrutini finali, un momento che alcuni – pur essendo a rischio bocciatura – riescono a vivere con totale disinteresse, tra partite improvvisate nel campetto dell’Istituto e gruppetti di ragazze che progettano vacanze e serate in discoteca. Alcuni alunni della classe sono già alle prese con i problemi del mondo degli adulti: una ragazza, sentitasi male scopre poi d’essere incinta di un gradasso, e per lei il tempo dell’adolescenza finirà in un attimo, il giorno prima della fine dell’anno scolastico. E poi c’è Cardini, la mosca, studente dai pessimi voti che deve essere interrogato per tentare di salvarsi in calcio d’angolo nell’ultimo giorno di scuola, ma che è inspiegabilmente assente. Vivaldi lo cerca con un’insistenza cocciuta, ansiosa; chiede a tutti di lui e arriva a chiamarlo a casa. Cardini è un ragazzo difficile, è convinto di volare e crede di essere una mosca.
Cardini dà sempre fastidio, e tutti ce l’hanno con lui. All’improvviso si alza e comincia a “volare” nel mezzo di una lezione con quel suo fastidiosissimo zzzzzzttttzzz. E Vivaldi lo ama per questo. Perché è un’animo libero, sogna di volare, ad un’età dove tutti i sogni sono consentiti e pure possibili. Tanto da arrivare a chiedersi se è Cardini a imitare la mosca o la mosca a fingere d’essere Cardini. Riuscirà a interrogarlo, e a salvare la sua promozione? A svelarcelo sarà un finale a sorpresa. Luchetti però concentra la sua attenzione soprattutto sulla galassia degli insegnanti, descrivendone alcuni davvero sopra le righe con un tono decisamente grottesco, come la timorosa insegnate di inglese e lo stralunato prof di francese, spesso giocherelloni ancor più dei loro alunni; l’intento del regista de Il Portaborse e Mio fratello è figlio unico è soprattutto quello di far riflettere sul ruolo dell’istruzione pubblica nel nostro Paese, martoriata dalle continue ristrettezze di bilancio, problemi strutturali (c’è un crollo, che ci fa tornare alla mente recenti e drammatici fatti di cronaca), mostrandoci una scuola dove, sì, regna una gran confusione, ma pur sempre viva e pulsante grazie all’umanità che la anima giorno dopo giorno.
Mimmo Bencivenga, Raffaele Lauro – Mente Locale “La scuola” è una commedia gradevole e accattivante. Ma, come nella migliore tradizione delle commedie italiane, tra le situazioni divertenti si affacciano i momenti della tragedia. Luchetti è riuscito a trattare un tema serio con i toni della leggerezza, senza strizzare l' occhio (Domenico Starnone) (Ricordo) una scuola all' Eur, dove io, borghese, figlio di professore, mi sono trovato con ragazzi molto diversi, di fasce sociali dell' emarginazione. E' stato un contatto fondamentale per la mia crescita, la scuola pubblica, con tutti i suoi problemi, resta un'esperienza positiva, mi fanno paura le proposte di privatizzazione esasperata (Daniele Luchetti) In fondo le scuole suscitano commenti e ansie solo due volte all' anno, all' inizio e alla fine dei corsi. Non è giusto. Lì si forma la prima esperienza di vita in comune. E lì, si dovrebbe educare il futuro cittadino. Ecco in parte il dilemma del film, con la messa a fuoco di scrutini in un clima cechoviano di borgata, di frustrazioni, di piccoli drammi o chiacchiere ad opera di professori che poi di anno in anno invecchieranno mentre i ragazzi restano ragazzi (Silvio Orlando)
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