La Scuola Del Web 2.0

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Come cambia la formazione nell’epoca del web 2.0 Il web 2.0 e l’educazione Paolo Ferri 1.1 Come stanno cambiando gli studenti: i nativi digitali 1.2 I nuovi ambienti di apprendimento 1.1 Come stanno cambiando gli studenti: i nativi digitali Secondo un recente indagine del Becta, l’autorevole agenzia inglese per l’innovazione dei sistemi scolastico (http://about.becta.org.uk/) considerati “nel loro insieme gli effetti combinasti della rivoluzione digitale e del Web 2.0 sui sistemi educativi si concretano in radicale trasformazione dei sistemi scolastici che tende a riorientarli verso una struttura didattica che privilegia un forte accento su un approccio centrato sullo studente. In particolare secondo il Becta sono quattro le grandi aree di impatto, dell’innovazione prodotta dalla transizione al digitale e dal Web 2.0 sugli stili di apprendimento degli studenti che possono essere riassunti come segue:

a)

una

forte

crescita

dei

comportamenti

di

ricerca/esplorazione

nell’apprendimento, rispetto ai comportamenti acquisitivi e passivi di ricezione dei contenuti; b. una naturale

fluency tecnologica degli studenti che li porta a

considerare come il web come il media primario di ricerca, acquisizione e condivisione dei contenuti del sapere. c una forte crescita dei comportamenti di collaborazione/cooperazione tra pari attuati in particolare attraverso strumenti quali MS messenger, You tube o i più diffusi social network, d. una forte tendenza da parte degli studenti a privilegiare l’espressione della proprio identità e delle proprie idee attraverso strumenti quali i Blog o il microblogging (Messenger, Twitter) Allo stesso tempo, il Web 2.0 sembra ben armonizzarsi con le pratiche pedagogiche del costruttivismo sociale contemporaneo. In particolare, gli studenti individuano nuove opportunità di essere indipendenti nelle loro studio e di ricerca dai docenti. Il

web 2.0 e gli strumenti digitali che possono arricchire l’aula e la formazione Lavagne interattive multimediali, aule virtuali e Learning and Content Management System - paiono cioè incoraggiare una più ampia gamma di capacità espressive e una maggiore indipendenza e autonomia dello studente . Così come facilitano il lavoro cooperativo” (Becta, 2008). Ormai sono gli studenti a costruire e a pubblicare sul web contenuti anche di grande valenza comunicava, formativa e didattica. La rivoluzione informazionale aumenta in maniera esponenzialmente la quantità di contenuti per la formazione accessibile attraverso la rete, non solo quella prodotta dagli attori istituzionali, ossia università ed editori, ma anche quella “generata” dagli utenti della rete stessa. L’esempio più famoso di questa tendenza autopoietica della rete è costituito l’enciclopedia online Wikipedia (www.wikipedia.org ). Ora, il problema non è quello di fare scuola a scuola solamente attraverso le tecnologie digitali, bensì quello di gettare un ponte tra le pratiche d’uso delle tecnologie degli adolescenti - i nativi digitali (Ferri, 2008, Ferri Mantovani, 2008) senza l’aiuto della scuola mettono in atto nel corso delle loro interazioni sociali tra pari e le pratiche formative che hanno luogo nella scuola stessa. I digital native, infatti, hanno una dieta mediale digitale che si costruiscono da soli spesso nel disinteresse o nell’inconsapevolezza da parte degli adulti. Il loro percorso di appropriazione dei nuovi media è oggi indipendente e spesso lontano e distonico (Rivoltella, 2006, Ferri 2008) dagli adulti. I digital native che sono nati in un mondo socio-tecnico che presenta una serie di discontinuità radicali con il mondo descritto da McLhuan nella galassia Gutenberg. I digital native crescono, apprendono, comunicano e socializzano, all’interno di questo nuovo ecosistema mediale, il “brave new world” dell’informazione e della formazioni digitali e globalizzate, vediamo come. In particolare come nota, Wim Veen1, studioso di nuovi media e di tecnologie didattiche (Veen, 2003, 2006) “questa generazione mostra comportamenti di apprendimento differenti dalle generazioni precedenti; in particolare, apprendere 1

Il titolo della traduzione in inglese del volume di Pelevin che identifica la nuova generazione di giovani russi nati dopo la caduta del muro.

attraverso schermi, icone, suoni, giochi, ‘navigazioni’ virtuali e in costante contatto telematico con il gruppo dei pari significa sviluppare comportamenti di apprendimento non lineari, come quelli alfabetici e gutenberghiani”. Ad una rassegna ragionata della letteratura scientifica in materia che abbiamo già citato i valori che orientano gli stili e i comportamenti di apprendimento dei digital native sono: - l’espressione di sé; - la personalizzazione; - la condivisione costante di informazione (sharing); - il riferimento costante ai coetanei. I digital native sono molto più avvezzi di noi ad ambienti digitali di apprendimento. Ad esempio, per quanto riguarda i videogiochi, alcuni di questi hanno poco a che fare con l’apprendimento poiché si limitano ad attivare funzione neurali di tipo motorio percettivo, azioni automatiche e di stimolo-risposta, che nel tempo lungo danneggiano le capacita di apprendimento, ma altri, soprattutto quelli di richiedono strategia, riflessione e costruzione di mondi possibili (quali “Crash Bandicoot”, “Spyro”, “Super Mario”,” Sim City”, Age of Empire,) sviluppano l’attenzione selettiva, la “riserva cognitiva”2

e l’intelligenza secondo una modalità nuova.

“Videogiocare” ad esempio a Crash Bandicoot, Spyro o ai

Sims, implica una

attenzione proattiva costante, la ricerca abduttiva di soluzioni a problemi che via via si manifestano nel gioco, lo sperimentare ruoli differenti all’interno del contesto del gioco e quindi rappresenta una modalità di attivare apprendimenti ed esperienze anche sociali, perché oramai si gioca online con altri “umani” e non solo contro la 2

Recenti studi neurofisiologici, dimostrano come le attività intellettuali di svago, diminuiscono, fino al 60%, il rischio di malattie neurologiche, quali Alzheimer, demenza senile, depressione senile, in particolare, uno studio longitudinale, condotto da John Verghese e dal suo gruppo di ricerca e pubblicato sull’autorevolissimo New England Journal of Medicine (Verghese, 2006) condotto su 437 residenti in counità per anziani di età superiore ai 75 anni, ha correlato direttamente , le attività come la lettura, la scrittura, le parole crociate, o giochi da tavolo e il gioco delle carte, l’ascoltare musica (in ordine di rilevanza preventiva e di frequenza di svolgimento con la prevenzione del decadimento cognitivo e il dato per noi più interessante è quello che testimonia come la riserva cognitiva si costituisce nella prima infanzia.

macchina. Ma questi videogiochi sono solo la punta di un iceberg. I digital native hanno a disposizione una grande quantità di strumenti di apprendimento e comunicazione formativa e sociale: dai sociale network come Facebook, Netlog Habbo a MSN Messanger al telefono cellulare, ai siti di file saring, e condivisione dei contenuti online. Inoltre, un comportamento di appropriazione mediale molto frequente presso i digital native è il multitasking: studiano mentre ascoltano musica, e nello stesso tempo si mantengono in contatto con il gruppo di pari attraverso Messanger, mentre il televisore è acceso con il suo sottofondo di immagini e parole. Il problema del sovraccarico cognitivo che questo comporta è spesso risolto attraverso il continuo passaggio da un media a un altro, tramite uno zapping consapevole tra le differenti fonti di apprendimento e di comunicazione. Questo comportamento non è solo foriero di disattenzione e di disorientamento cognitivo. Noi adulti cerchiamo sempre un “manuale” o abbiamo bisogno di strumenti per inquadrare concettualmente un oggetto di studio prima di dedicarci a esso. I digital native no, non è detto che sia un fattore positivo ma è un fatto. Apprendono per esperienza e successive approssimazioni secondo una logica che è più vicina a quella “abduttiva” di Perice, che non a quella induttiva di Galileo o deduttiva di Aristotele che caratterizzavano il modo di apprendimento gutemberghiano. Da questo punto di vista i hanno un approccio molto più personalizzato, esperienziale e meno dogmatico del nostro. Un approccio che entra nei differenti campi di esperienza per prove ed errori, imparando dagli errori, più che un approccio storico o sistematico e sequenziale alla conoscenza come il nostro. Inoltre la condivisione con i pari, la cooperazione, l’utilizzo di differenti approcci al problema dato e di molteplici codici e piani di interpretazione per risolverlo li differenziano radicalmente rispetto a noi. Si tratta di un approccio “open source” e cooperativo agli oggetti culturali che è ben rappresentato dal modo in cui i giovani condividono la musica, il sapere e le esperienze online attraverso i più diversi strumenti di comunicazione tecnologica (msn Messenger, Wikipedia, Skype, l’ipod e il podcasting, i blog). Si sta costruendo, secondo le regole dell’“etica haker” – condivisione, gratuità, cooperazione –

(Castells- Himanen, 2002) un universo di senso nuovo, un nuovo stile di apprendimento collaborativo. Per apprendere la soluzione a un problema o il significato di un concetto i digital native utilizzano un nuovo approccio: piuttosto che interpretare, configurano; piuttosto che concentrarsi su oggetti statici, vedono il sapere come un processo dinamico; piuttosto che essere spettatori sono attori e autori delle trame multiple e delle molteplici conclusioni che danno alle storie che essi stessi costruiscono in cooperazione con i loro pari. Lo stesso apprendimento è per loro un processo attivo e sociale da condividere con i pari. I dati dell’Indagine OCSE/PISA/CERI New Millennium Learner (Pedrò 2008) ci forniscono, di come questi comportamenti di apprendimento, fatichino ad entrare nella scuola, e di come siano distanti gli studenti e i docenti dal punto di vista della pratiche didattiche agite/subite e di quelle “desiderate”. Entrambi i grafici che presentiamo i sono parte del sondaggio nazionale sul sistema formativo inglese effettuato dall’istituto di ricerca internazionale Ipsos Mori in Inghilterra nel 2007 (Ipsos Mori 2007). Essi consentono un confronto tra le pratiche di insegnamento dominanti e le aspettative che hanno gli studenti rispetto a queste medesime pratiche Domanda: quali sono le tre attività tra quelle nell’elenco che pratichi più frequentemente?

Copyfromtheboardor abook

52%

Listentoateacher talkingfor along time

33%

Haveaclassdiscussion

29%

Takenoteswhilemyteacher talks

25%

Workinsmall groupsto solveaproblem

22%

Spendtimethinkingquietlyonmyown

22%

Haveadrinkof water whenI need it

17%

Talkabout myworkwithateacher

16%

Workona computer

16%

Listentobackgroundmusic

10%

Learnthingsthat relatetothereal world

10%

Havesomeactivitiesthat allowmetomovearound

9%

Teachmy classmatesabout something

8%

Createpicturesor mapstohelpmeremember

7%

Haveachangeof activitytohelpfocus Havepeoplefromoutsidetohelpme learn Learnoutsideinmyschool’sgrounds

7% 4% 3%

Fonte: Ipsos Mori (2007) Domanda: quali sono i tre modi di apprendere, tra quelli nell’elenco, che preferisci? 55%

In groups By doing practical things With friends

39% 35% 31%

By using computers Alone Fromteachers Fromfriends By seeing things done With your parents By practising In silence By copying At a museum or library By thinking for yourself Fromothers Other

21% 19% 16% 14% 12% 9% 9% 8% 5% 6% 3% 1%

Fonte: Ipsos Mori (2007) Il confronto tra le due tabelle è sufficientemente chiaro e definisce la misura della sproporzione delle pratiche attuali degli insegnati e le aspettative dei digital native. La ricerca inglese sottolinea il fatto che le pratiche di insegnamento e apprendimento predominante sono molto lontane dalle aspettative corrispondenti discenti. I nativi digitali, i cittadini del Web 2.0, non voglio più solamente ascoltare l’insegnante, copiare dalla lavagna e prendere appunti. Vogliono imparare dall’esperienza, vogliono apprendere in gruppo e tra pari, vogliono usare il computer.. . 1.2 I nuovi ambienti della formazione Ma come può essere strutturato il nuovo setting didattico - tecnologicamente esteso che permetta, insieme di rispondere ai nuovi stili di apprendimento dei nativi e nello stesso tempo di sviluppare appieno le potenzialità della rivoluzione digitale nell’ambito della formazione? Analizziamo ad esempio la nuova configurazione che dovrebbero assumere gli spazi fisici della didattica i luoghi della formazione l’arena primaria dei processi educativi (Pasquali 2003, Rivoltella, 2006). Un’aula scolastica che possa divenire un ambiente formativo anche digitale è un’aula attrezzata con banchi mobili e ricombinabili (Calvani, 2001), dotata di videoproiettore sospeso al soffitto, di un computer per il docente. Un notebook potente e dotato anche di una

scheda per il digitsale terrestre, e poi di scanner, di stampante e di una postazione di videoripresa digitale (basta, anche una web cam posta su un banco). Un’aula, come è chiaro, molto differente da quella che conosciamo oggi. Inoltre L’aula idealtipica all’interno della quale si formino i “cittadini digitali” del domani è dotata di una connessione in rete a banda larga, di connessione wireless alla rete e alle basi dati dei content provider cui la scuola è abbonata, e di un certo numero (almeno uno ogni 4 studenti) di computer portatili, dotati dei software di fruizione e di produzione multimediale per il web, che possono essere distribuiti ai ragazzi durante le fasi apprendimento collaborativo o in piccolo gruppo. Nelle fasi di apprendimento di natura prettamente asimmetrica e di comunicazione unidirezionale, i banchi potranno essere posti in una configurazione tradizionale e l’insegnante (mentor) potrà svolgere la sua lezione supportato dalla LIM o del video proiettore che potrà di volta in volta riprodurre sullo schermo video lezioni ad hoc prodotte da lui o dall’editore dei contenuti che adotta, oppure slide di sintesi e presentazioni, brevi filmati o video estratti da mediateche digitali o da siti web. Quando l’insegnante riterrà che tenere lo sguardo negli occhi degli studenti e non nello schermo possa facilitare la comprensione, adotterà sempre la didattica asimmetrica frontale, che tuttavia non sarà più dominante. Nei momenti in cui

l’insegnante e i ragazzi o bambini lo

riterranno opportuno, l’aula potrà essere riconfigurata, i banchi mobili verranno riaggregati a quattro a quattro o a due a due e su ogni isola di lavoro, attorno alla quale passono prendere posto da 3 a 5 discenti, qui verranno posizionati alcuni notebook connessi wirelles alla rete Internet, allo scanner, alla stampante e al video proiettore. I piccoli gruppi potranno sotto la guida di un insegnante (coach o tutor) svolgere a questo punto lavori di approfondimento e di rielaborazione cognitiva e poi una volta realizzalizzati presentarli e salvarsi sul server di classe e nella classe virtuale attraverso la LIM. Questa strutturazione dell’ambiente scolastico e formativo “a geometria variabile” permette di comprendere che cosa si intenda qui per “arricchimento digitale integrato” degli spazi dell’apprendimento o per spazi della formazione abilitati alla mediatizzazione estesa digitale.

Tutto questo può sembrare una semplice descrizione “futuristica” o tecnoentusiasta dell’aula scolastica così come si presenterà in un futuro indeterminato e lontano, ma non è vero.

L’articolo 15 della finanziaria del 2009 e le successive circolari

applicative ormai legge dello stato impongono agli editori e agli insegnanti di adottare solo libri “misti”, analogici e arricchiti di contenuti digitali ed entro il 2016 usciranno dall’adozione nelle scuole di ogni ordine e grado tutti i libri tradizionali. Tra il 2009 e e il 2010, inoltre, 16.000 lavagne interattive multimediali troveranno posto nelle scuole di ogni ordine e grado in seguito all’azione innovativa dell’Agenzia Scuola guidata e di Giovanni Biondi che ha a lungo presieduta 3. Il futuro è passato per utilizzare la fortuanta metafora di Koselleck (1979) e la rivoluzione digitale ha già trasformato l’ambiente in cui a casa i nostri figli e nipoti si trovano a vivere, un ambiente che è molto differente da quelle nel quale siamo cresciuti noi figli del libro, per quale ragione la scuola e il modo della formazione non dovrebbero adattarsi a questa realtà mutata?

Bibliografia Becta, 2008, Web 2.0 technologies for learning: The current landscape – opportunities, challenges and tensions, disponibile al sito http://partners.becta.org.uk/index.php?section=rh&&catcode=_re_rp_02&rid=15878 Biondi, G. (2008) , (a cura di), Lim, a scuola con la lavagna interattiva multimendiale. nuovi linguaggi per innovare la didattica, Giunti, Firenze Biondi, G. (2007), La scuola dopo le nuove tecnologie, Apogeo, Milano Castells M. et al. (2007) Mobile Communication and Society.a globsl perpective, MIT Press, Cambridge, Mass., tr. it. Guerini Mobile Communication e trasformazione sociale, a cura di Alberto Martinelli, Guerini, Milano, 2009 3

Informazioni più dettagliate su questi progetti possono essere reperite al sito del progetto Innovascuola del governo italiano http://www.innovascuola.gov.it/

Castells M., Himanen P. (2002), The Information Society and the Welfare State The Finnish Model, Oxford University Press, Ofxord. tr. it. Societa' dell'informazione e welfare statela lezione della competitivito finlandese, Guerini & Associti, Milano, 2006 CALVANI 2001 A. Calvani, Educazione, comunicazione e nuovi media. Sfide pedagogiche e cyberspazio , UTET, Torino, 2001. Ferri P. (2005) E-learning. Didattica, comunicazione e tecnologie digitali, Le Monnier, Firenze Ferri P. (2004), La fine dei Mass Media. Nuove tencologie e trasformazioni dell’industria della cultura, Guerini e Associati, Milano Ferri P., Mantovani, S. (2006), Bambini e computer. Alla scoperta delle nuove tecnologie a scuola e in famiglia, RCS Etas, Milano Ferri, P., Mantovani S., (2008), Digital Kids. Come comunicano e apprendo in nativi digitali e come potrebbero farlo genitori e insegnanti, RCS Etas, Milano F. Pasquali, I nuovi media. Tecnologie e discorsi sociali, Carocci, Roma 2003 Ipsos Mori (2007), National Student Survey (NSS) Assessment of the 2007 Optional Items Statistical Report, edited by Andria Hanbury http://www.heacademy.ac.uk/assets/York/documents/ourwork/research/NSS_2007_op tional_items_statistical_report.pdf Pedrò F. (2006) The New Millennium Learners, What Do We Know About The Effectiveness of ICT in Education And What We Don’t, Francesc Pedró, Espoo www.oecd.org/dataoecd/52/4/37172511.pdf Pedrò F. (2007), The new millennium learners: emerging issues from the first expert meeting (florence, 5-6 march 2007) http://www.oecd.org/dataoecd/39/35/38444174.pdf

Pedrò, F. (2008), The new millennium learner a project in progress http://www.oecd.org/dataoecd/39/51/40554230.pdf Rivoltella P.C. (2006), Screen Generation. Gli adolescenti e le prospettive dell’educazione nell’età dei media digitali, Vita e Pensiero, Milano. Papert, S. Connected family. Come aiutare genitori e bambini a comprendersi nell’era di Internet, (a cura di P. Ferri) Mimesi Edizioni, 2006 Prensky M. (2006), Mama Don’t Bother Me Mom – I’m Learning, Paragon House, New York, trad. it, Mamma non rompere. Sto imparando!, (a cura di S. Cutaia, Multiplayer, Roma, 2008 Veen W., Vrakking B. (2006), Homo Zappiens, Growing up in a Digital Age, Network Continuum Education, London.

Sitografia Indagine Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione:disponibilità nelle famiglie e utilizzo degli individui, Anno 2007, disponibile al sito Istat, (2007),http://www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20080116_00/testo integrale20080116. Indagine “New Millenium learner” dell’OCDE (Organisation for Economic Cooperation

and

Development)

(http://www.oecd.org/document/56/0,3343,en_2649_35845581_38358584_1_1_1_1, 00.html) Indagine OCSE PISA www.invalsi.it/ric-int/Pisa2006/sito/

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