Islam E Cultura

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LETTERA APERTA DELLA DOTTORESSA: PATRIZIA STELLA L’ISLAM, LA DONNA E LA CULTURA OCCIDENTALE Per capire l’Islam, soprattutto in riferimento alla condizione della donna, della famiglia e della società, è indispensabile partire dalla conoscenza dei due pilastri fondamentali dell’Islamismo: Maometto e il Corano. MAOMETTO. Nacque alla Mecca intorno al 570 e di lui non abbiamo fonti storiche scritte ma solo tradizioni. Il suo vero nome fu “Qotam” e l’appellativo di “Mohammad” (= il glorificato), fu posteriore. Rimasto orfano fin da bambino, passò sotto la tutela prima del nonno paterno, poi dello zio Talib che lo avviò all’attività carovaniera come cammelliere. A venticinque anni conobbe e sposò una ricca vedova, Qadigia, di 15 anni più grande di lui, nipote di un Vescovo eretico de La Mecca, Uarahà Ben Nauffal, nestoriano, con il quale Maometto strinse amicizia. Conobbe pure un frate scismatico, Rahéb Bohàera, detto il frate del lago, con il quale si presume scambiasse colloqui di carattere religioso. In Arabia e dintorni, al tempo di Maometto il cristianesimo era diviso in molti gruppi eretici e scismatici, fra cui primeggiavano i “Nestoriani” e “gli Ariani” che seguivano una interpretazione distorta della Bibbia e del Vangelo, soprattutto con riferimento alla figura di Cristo. Sia per influenza del frate del lago, sia perché ammirato dalla figura ieratica del Vescovo nestoriano, dai quali sentiva parlare di Sacra Scrittura, inizialmente cominciò ad invidiare i cristiani e i giudei perché essi avevano i Profeti, i Libri Sacri, un Dio unico e spirituale, mentre rozza era l’idolatria del suo popolo che adorava nella “Ka’aba” della Mecca, (una costruzione rettangolare dove le tribù nomadi venivano ad adorare i propri feticci), un’accozzaglia di 360 pietre dalle varie forme, di cui la più venerata era la “Pietra Nera”. A questo primo periodo della sua vita, che arriva fino ai 30 anni circa, sotto il probabile influsso dei suoi amici cristiano-nestoriani o scismatici, potrebbero risalire i primi versetti del Corano, dove si parla in modo vago ed approssimativo dei Profeti, tra cui Mosè, Abramo, David… Gesù stesso è annoverato tra i Profeti, ma di lui Maometto nega l’aspetto essenziale: il mistero della sua morte e risurrezione a salvezza dell’umanità (Mistero Pasquale). Ben diversi sono gli altri versetti del Corano scritti a seguito delle sue cosiddette “visioni” o crisi religiose, che iniziarono dopo i 30 anni.1 In questo secondo periodo della sua vita, (morì nel 632, a 60 anni circa), cominciò a manifestarsi in Maometto una personalità complessa e contraddittoria, facile all’esaltazione e insieme all’inquietudine e al dubbio; un temperamento di grande passionalità spesso morbosa, unita a slanci religiosi. Cadeva in deliquio, il volto si faceva rosso, nelle orecchie percepiva un inspiegabile ronzio metallico, le labbra si coprivano di schiuma, dalla gola emetteva suoni strani, tanto che la gente si allontanava da lui spaventata. Da quei momenti di esaltazione in cui affermava di avere delle visioni, di vedere con i suoi occhi un essere di mistero e di luce, usciva con la certezza che Dio gli aveva parlato e che egli era il profeta mandato da Allah per insegnare al popolo arabo la fede monoteista. Spronato dalla moglie Qadigia, Maometto si convinse di essere lui l’ultimo Profeta, il suggello di tutti i Profeti. Fu malattia nervosa? Autosuggestione? E quell’essere misterioso definito l’Arcangelo San Gabriele chi poteva realmente essere? Lasciamo questo compito agli studiosi di psicologia. 2 La sua predicazione incontrò un’accanita opposizione sia da parte dei Giudei che si burlavano di lui, sia da parte dei commercianti de La Mecca che vedevano svanire la fonte dei loro guadagni legati al commercio delle pietre ritenute “sacre”. A quel punto Maometto pensò che era necessario usare la forza e si trasformò in guerriero temerario. Nel 622 fu costretto a fuggire da La Mecca con un gruppo di fedelissimi (Egira) e trovò accoglienza a Medina, allora dilaniata da fazioni interne, e lì pensò di dare un risvolto politico alla sua missione. Nel documento conosciuto come “Editto di Medina” dettò quella che può essere definita la “Costituzione islamica”, nella quale Maometto definisce l’Islam come comunità di credenti che combattono per imporre la legge di Allah al mondo intero. Infatti le sue battaglie, condotte al grido di “Sangue, sangue, distruzione, distruzione”, avevano non solo lo scopo di ripulire l’Arabia dagli idoli, ma anche quello di condurre all’Islam tutti i popoli della terra.3 Fu perciò considerata “guerra santa” e venne sancita poi sul Corano in numerosi e inconfutabili versetti. Recita infatti il Corano: “Vi è prescritta la guerra, anche se non vi piace” (Cor.2,216). “Uccidete gli idolatri ovunque li troviate” (Cor. 9,5). “Profeta! Lotta contro gli infedeli e sii duro con loro” (Cor. 66,9). In questa lotta i cosiddetti “infedeli” non hanno alcun diritto perché l’Islam non riconosce come soggetti giuridici persone o Stati non musulmani, e nemmeno riconosce i 1

S. Noja, Maometto profeta dell’Islam, Mondadori, Milano, 1991 S. Noja, op. cit. 3 S. Nitoglia, L’Islam com’è, Il Minotauro, 2002 2

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diritti dei prigionieri che sono “proprietà” dei vincitori. La schiavitù abolita in Occidente dal Cristianesimo, è legittimata nei Paesi islamici perché riconosciuta ufficialmente dal Corano (Cor.2,221). Mons. Fouad Twal, arcivescovo di Tunisi, afferma che l’Islam è portatore di un modello di società mirante all’istituzione di uno Stato teocratico e totalitario fondato sulla “Shari’ah” e che la “Jiahad”, la guerra santa, non è un aspetto marginale dell’Islam, ma costituisce un obbligo grave del credente, e contro coloro che hanno voluto interpretare questo termine in modo riduttivo, come se fosse solo un combattimento spirituale, l’Arcivescovo risponde che i testi e i fatti sono chiari: “Si tratta di una vera lotta armata contro gli infedeli, cioè contro tutti coloro che non sono musulmani. E’ la religione della forza perché si impone solo con la forza e cede solo davanti alla violenza. Islamismo e violenza fanno parte integrante dell’Islam”. Le tanto discusse Crociate condotte dai cristiani contro l’Islam tra il XII° e il XIII° secolo nulla hanno da spartire con la guerra santa perché, oltre ad essere ben circoscritte in un determinato periodo storico, non avevano lo scopo di imporre la fede cattolica al mondo, ma solo quello di liberare i prigionieri e i luoghi santi dove i musulmani si erano insediati impedendo l’accesso a tutti gli altri “pellegrini infedeli”.4 Alcuni studiosi sono convinti che comunque Maometto portò dei benefici perché unificò, in nome di un solo Dio, le varie tribù arabe in lotta tra loro eliminando l’idolatria del popolo arabo e in buona parte anche di quello asiatico e africano. A queste affermazioni rispondono due conoscitori dell’Islam, Bausani e Fahad affermando che la lotta contro l’idolatria fu in realtà, parziale, in quanto Maometto fece sì eliminare tutte le pietre considerate sacre de la Ka’aba, tranne una, la cosiddetta “pietra nera”, tuttora luogo sacro di pellegrinaggio e oggetto di venerazione per tutti i musulmani. Inoltre il culto da lui prescritto, basato soprattutto su gesti eclatanti, prostrazioni, abluzioni, girotondi intorno alla pietra sacra e altre espressioni esterne fine a sé stesse, è puramente esteriore e formalistico, e non coinvolge affatto l’intimo della persona né il suo comportamento morale.5 Lo stesso monoteismo islamico che aveva il compito di debellare l’idolatria è rigido e inflessibile, non solo con i cosiddetti “infedeli”, ma anche con gli stessi musulmani: chi trasgredisce viene sottoposto a punizioni pubbliche terribili: mutilazioni, amputazioni di arti, flagellazioni, fustigazioni e anche con la morte perpetrata in modo terribile, per lo più attraverso la lapidazione. Allah è un Dio lontano e inconoscibile all’intelletto umano, arbitro di tutto, che esige la sottomissione assoluta dell’uomo fino al punto di vanificare la sua libertà e responsabilità, anzi fino al punto di sottrargli perfino la vita in modo cruento. Per l’Islam Dio è talmente inconoscibile che non può essere raffigurato in alcun modo, a tal punto che Maometto decretò la distruzione di tutte le immagini, (la cosiddetta guerra iconoclasta), non solo quelle sacre, ma anche profane, cioè esiste la proibizione più assoluta di raffigurare, o dipingere, o scolpire chicchessia. Per citare solo un esempio, se qualcuno ha visto in quale stato pietoso è stata ridotta la chiesa di Santa Sofia a Costantinopoli i cui preziosi mosaici d’oro sono stati tutti coperti dall’Islam da un orrendo strato di calce o cemento, può farsi una pallida idea di che cosa potrebbe accadere alle meravigliose nostre chiese italiane, ricche di opere d’arte tra le più preziose del mondo, se dovesse prevalere la cultura islamica. Siamo ben lontani dal concetto di Dio che ci insegna la teologia cattolica, un Dio che mostra il suo volto nel Figlio, Gesù Cristo, un Dio che è nostro Padre, ricco di bontà, di misericordia e di perdono, rispettoso della libertà dell’uomo fatto a sua immagine e somiglianza; un Dio che si fa conoscere all’intelletto umano attraverso la Creazione ma soprattutto attraverso la Rivelazione. Un Dio che rivela la sua vita intima, Trinitaria nelle Persone, alla cui gloria e felicità l’uomo è chiamato a partecipare. Un Dio, poi, che ama l’uomo a tal punto da arricchirlo di doni e di talenti perché possa sfruttarli per migliorare il mondo con il lavoro, l’arte, la scienza, la pittura e tutte le attività umane. San Tommaso d’Aquino nella “Summa contra Gentile” al cap. VI, afferma: “Maometto neppure ebbe la testimonianza dei Profeti precedenti; anzi, egli guasta gli insegnamenti del Vecchio e del Nuovo Testamento con racconti favolosi, come risulta dalla lettura della sua legge. Ecco perché, con astuzia egli proibisce di leggere i libri del Vecchio e Nuovo Testamento; per non essere tacciato di falsità”. Con le donne Maometto non era certo tenero. Aprì la strada alla poligamia più sfrenata adducendo la frase coranica “Dio è indulgente e misericordioso” e quando sottrasse la moglie a suo figlio adottivo Zeid, la bella Zàynab, per annoverarla fra le sue oltre 20 spose (alcune delle quali erano bambine), esclamò: “Gloria a Dio che volge come vuole il cuore degli uomini” (sura 33). La verginità è ritenuta oltraggio alla natura, la donna definita adultera per rapporti sessuali avuti o subiti fuori dell’harem di appartenenza è condannata all’ergastolo in casa propria, o alla lapidazione. Dice il Corano “Se alcune delle vostre donne commettono 4 5

J. Richard, La grande storia delle crociate, Newton & Compton Editori, Roma, 1999 A.Bausani, T. Fahad, Storia dell’Islamismo, Mondadori, Milano, 1997

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turpitudini, portate quattro di voi a testimoniare contro di loro, e se questi testimoniano sulla verità del fatto, rinchiudete le colpevoli in casa finché le colga la morte o Dio offra loro una via di salvezza” (Cor. 4,15) Maometto invitò i fedeli maschi a seguirlo su questa strada a spese della dignità della donna considerata proprietà dell’uomo, essere inferiore, privo di libertà, abbandonata al capriccio dell’uomo, esclusa dalla convivenza sociale. A quei tempi (anche tuttora in alcuni paesi arabi) le era perfino vietato di mettere piede nella moschea. “Il Paradiso non è fatto per le vecchie” rispose Maometto ad una fedele avanti negli anni che si raccomandava alle sue preghiere per ottenere la beatitudine eterna. Anche queste volontà di Maometto vennero sancite nel Corano, persistono tuttora e costituiscono la base fondamentale dell’islamismo odierno. IL CORANO E’ una sorta di libro-divinità consegnato da Maometto ai suoi fedeli, inizialmente tramite predicazione orale perché Maometto era analfabeta, ma circa vent’anni dopo la sua morte, il terzo Califfo, Otman, decise di raccogliere tutti i frammenti che erano stati scritti dai seguaci su improvvisate strisce di cuoio, su foglie di palma o su cocci di pietre levigate, in un libro di 114 “sure” o capitoli e a questo libro diede il nome di “Corano (da Qu-ram = recitazione). Il Califfo fece poi bruciare tutti i frammenti che contenevano gli oracoli e le esortazioni di Maometto raccogliendoli da tutto il territorio arabo, e con essi fece bruciare anche tutti gli altri libri, sacri o profani che fossero, a partire dalla Bibbia, dando così il suo “placet” alla distruzione di tutte le opere scritte che non fossero il Corano. In pratica il Corano risulta essere un insieme di esortazioni, di regole rituali, di articoli penali e civili, di proclami di guerra, di preghiere, di gravi imposizioni, di visioni dal tono profetico ecc. L’Islam, non ammettendo la conoscenza razionale di Dio e del mondo, fonda le sue conoscenze solo sulla fede come valore assoluto, cioè su un fideismo cieco in nome del Corano dove prevale una concezione della vita fatalistica e sensuale. Il Corano rappresenta per l’Islam l’unica fonte di legittimazione di ogni potere, in cui è compresa tutta la sapienza civile e religiosa non solo delle stirpi arabe, ma anche di tutti i popoli della terra. Il Corano infatti è per l’Islam l’unica legge, religiosa e civile, immutabile e intoccabile, gravemente vincolante. Al di fuori del Corano il nulla, anzi fuori del Corano esiste solo il peccato che va sempre combattuto e distrutto.6 Lo stesso Paradiso anziché essere, come vuole la dottrina cattolica, una felicità spirituale di figli ammessi a godere la visione beatifica di Dio, è una specie di liberazione dalla schiavitù e un grossolano appagamento dei sensi, sempre e solo per gli uomini che andranno a godere, dopo la loro morte, come si legge in una sura del Corano, “delle figlie del cielo, le urì, che nessun uomo o angelo avrà toccate”. E il Ramadan? E’ una parodia del digiuno! Se durante il giorno sono vietati cibi e bevande, durante la notte è lecito tutto, senza alcuna restrizione. Chi può, passa la giornata dormendo e tramuta la notte in orgia. Noi occidentali rifuggiamo invece da tutte queste forme esterne molto appariscenti, talvolta pompose, che fanno comunque parlare molto di sé i mass-media. Preferiamo l’interiorità dell’atto di fede, la penitenza o il digiuno nascosto che Dio solo vede e ricompensa; ci è più consono pregare anche per strada, ma in silenzio, a tu per tu con Dio che vede nel profondo del nostro cuore, e il nostro stesso incontro domenicale per la Santa Messa è sempre compiuto all’insegna della sobrietà, del raccoglimento, sia pure festoso ma contenuto, proprio perché questo è lo stile che Gesù Cristo ci ha proposto nel Vangelo e che noi, credenti e non credenti, abbiamo assimilato e fatto nostro in duemila anni di storia. Troviamo in S. Matteo quelle esortazioni stupende: “(…) Tu, invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto, e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”. (Mt.6,17) Ancora in Matteo: “Quando pregate non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze per essere visti dagli uomini (…) Tu invece quando preghi entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”. (Mt.6,5). E’ talmente radicato in noi questo concetto che siamo soliti tacciare di ipocriti coloro che frequentano la chiesa e poi si comportano male nella vita, proprio perché la nostra fede è basata anzitutto sull’interiorità e moralità della persona, sulla conversione del cuore, sulla preghiera personale o comunitaria che fugge da ogni ostentazione. PERSONA – SOCIETÀ - LEGGE. La difficoltà più grossa, comunque, per un’intesa con l’Islam non riguarda solo l’aspetto teologico-religioso, come negazione dei contenuti principali della fede cristiana, ma investe, come accennato, anche l’ambito civile, sociale e legale perché la visione della vita, della società, della famiglia, della donna, della legge è del tutto stravolta rispetto alla nostra cultura e Costituzione.7 • L’Islam non conosce il concetto di persona come soggetto di diritto, sul quale si fonda la nostra Costituzione, concetto che risale al cristiano Boezio (intorno al 500) che definì la persona con quella 6 7

A. Bausani, Il Corano, Sansoni, Firenze, 1961 G. Baget Bozzo, Di fronte all’Islam, Il grande conflitto, Marietti, Genova 2001

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famosa frase “rationalis natura, individua substantia”: la persona è “sostanza individuale di natura razionale”. Definizione accettata e completata poi da S. Tommaso con l’aggiunta del termine “intellectualis”. L’Islam prevede solo il diritto della “ummah”, cioè della comunità islamica. L’Islam non conosce il concetto di libertà, né sociale, né personale, né di associazione, né di stampa ecc. Il giornalista Carlo Sgorlon in un articolo su “Il Tempo” del 30 dicembre 2000 afferma: “Il maomettano “tipo” non si integra, chiede che ogni suo costume religioso sia rispettato, ma egli nulla concede al cristiano perché il vero mussulmano non cede mai, non conosce né la tolleranza, né l’accettazione, né la mutazione di atteggiamento. O fai ciò che lui vuole, oppure si arriva alla guerra civile e all’intifada”. La Corte di Giustizia Europea ha decretato, con sentenza in data 31/7/2001, l’incompatibilità della Legge Coranica (Shari’ah) con la Convenzione per i diritti dell’uomo, ma di questo nessuno parla mai.8

LA FAMIGLIA, OVVERO L’HAREM, E IL MATRIMONIO. Fin dai tempi di Maometto, nonostante il “Profeta” avesse un numero alto e imprecisato di mogli, senza contare le schiave e le concubine, si pensò di porre un limite al numero delle “mogli “ e fu stabilito il 4, ma in realtà ogni uomo può avere tutte le concubine e schiave che vuole, sull’esempio del Profeta, scelte per capriccio, o comperate nei pubblici mercati, dipende solo dalle possibilità economiche del maschio. Normalmente per un maschio avere più soldi significa anche avere più donne per il suo harem perché l’Islam considera la poligamia non solo legale ma consigliabile in quanto giustificata dalla vita di Maometto e sancita poi dallo stesso Corano (Cor. 4,3 - 129) Nell’harem di Abder Rhaman, ricco califfo di Cordoba nel secolo X°, si contarono fino a 6.340 donne, tutte giovanissime e tenute prigioniere alla mercè dei capricci lussuriosi di un califfo. A quei tempi un harem di media grandezza era composto da circa 500 tra mogli e concubine, e costituiva una tale fonte di vizi morbosi che spesso portavano i “padroni” dell’harem, sultani o califfi che fossero, alla demenza e alla morte, come avvenuto al sultano ottomano, Murat V, che fu deposto nel 1876 perché debilitato da eccessi sessuali che lo condussero alla morte. Gli harem veri e propri, quelli numerosi e fiabeschi, diciamo da “mille e una notte”, esistono ancora solo nei paesi arabi o iraniani, ben protetti e diretti dai prìncipi del petrolio e nei quali vanno a confluire con molta probabilità quasi tutte le donne rapite nel mondo. Tuttavia il concetto di harem, inteso come possesso da parte di un uomo di un certo numero di mogli e concubine è sempre vivo nel mondo islamico perché fa parte integrante della sua mentalità sancita nel Corano e può essere così sintetizzato: • il matrimonio e la famiglia per l’Islam non è inteso come libera scelta di un solo uomo e di una sola donna, ma come scelta unilaterale di un uomo che decide di “comprare” una o più mogli per il suo harem. La donna appartiene sempre ad un harem, o a quello del marito, o del padre o di un fratello. Non si concepisce che essa possa essere indipendente, “libera di stato”, come diciamo noi. Il matrimonio islamico è solo l’oggetto di una transazione basata su un accordo di tipo commerciale. Può venire sciolto o per volontà del marito (ripudio), o per mutuo consenso (divorzio), ma più frequente è il primo caso. Il ripudio (talaq) consiste in una dichiarazione unilaterale solo da parte del marito, con effetto immediato nei confronti della moglie la quale deve lasciare subito la casa, o l’harem, e non sempre le è consentito di portare con sé i figli. • In alcuni luoghi dell’Iran si pratica il cosiddetto “matrimonio temporaneo” la cui durata viene stabilita per contratto. L’uomo e la donna si sposano per un anno o un mese o perfino per un solo giorno e, allo scadere del termine pattuito, il matrimonio si scioglie da sé, proprio perché l’unico scopo di tali unioni non è l’amore o la procreazione ma solo il piacere in sé e per sé, una sorta di prostituzione legalizzata. • Ai nostri giorni si pratica per lo più la poligamia “nel tempo”, vale a dire che si divorzia con molta facilità. Lo studioso dell’Islam, Gautier afferma: “E’ normale che il personale femminile dell’harem si rinnovi per divorzio annuale, perfino mensile o settimanale”9 I musulmani residenti in Occidente spesso vivono la poligamia attraverso “piccoli harem” costituiti da una moglie con i figli, sparsi sul territorio, i cui membri spesso neppure si conoscono tra loro, pur essendo tutti “di proprietà” di un solo marito il quale, periodicamente, va a “controllare la situazione”, unendosi ora a una, ora all’altra moglie, a parte le concubine, se il marito ha risorse economiche per mantenerle tutte, ma spesso vi contribuiscono le stesse organizzazioni islamiche perché il moltiplicarsi della prole favorisce l’espansione dell’Islam. 8 9

“Affaire Refah Partisi (Parti de la prosperité) et autres c. Turquie (Requetes nos 41340/98, 41342/98, 41343/98 41344/98) F. Gautier, Moeurs et coutumes musulmans, Payot, Paris, 1931

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Nel mondo islamico la famiglia sparisce con il padre o con il capo essendo costituita soltanto per lui, fondata sulla sua autorità. Continua Gautier: “Quando l’uomo muore, quello che era il suo harem, basato solo sulla sua autorità, sparisce con lui, si dissolve e inizia un altro harem, del tutto nuovo e diverso, senza rapporto di continuità con quello che è scomparso. Nel nuovo harem la donna che prima era stata moglie, potrebbe divenire schiava del nuovo “padrone”. Anche per questo i cognomi sono pressochè tutti uguali perché manca una vera discendenza genealogica”.10 Nel mondo Occidentale, invece, la famiglia può durare secoli; molto forte è per noi il concetto di “genealogia”, di “discendenza per sangue” si parla di “parenti diretti o acquisiti”, ecc. e comunque la famiglia sopravvive alla morte del padre perché non è fondata solo sull’autorità paterna ma su una serie di legami di parentela, di interessi comuni, di abitudini ecc. che la rendono unita.

AVVILIMENTO DELLA DONNA. Da qui si può capire a quale grande avvilimento sia sottoposta la donna nella società islamica. Queste giovani donne, una volta invecchiate, considerate solo oggetto di piacere o strumenti per la procreazione, esposte al pericolo di essere ripudiate o private dei figli da un momento all’altro, oppure tenute prigioniere in un harem dove non potranno mai sperimentare quelle gioie che può offrire la vita: la bellezza della natura, lo studio, il lavoro professionale, i viaggi, lo sport, le relazioni, il vero amore del cuore e non quello imposto per contratto ecc. tutte cose ovvie per noi occidentali, queste donne private di tutto, come vivono, e che fine faranno?” Tralasciamo per brevità la questione giuridica secondo cui la testimonianza della donna vale la metà di quella dell’uomo, come pure l’eredità ecc. dove è sempre il maschio a prevalere, per ricordare invece il fenomeno della infibulazione e i numerosi casi di lapidazione delle donne di cui si parla molto poco, tranne per qualche episodio sporadico di cronaca. L’usanza barbara della infibulazione esisteva già da tempi antichi, ma essendo stata approvata da Maometto, tutto l’Islam si guarda bene dall’abolirla. Questa mutilazione che, oltre a procurare atroci sofferenze comporta anche la perdita del piacere sessuale, piacere che è riservato solo all’uomo, ben si confà alla visione islamica della donna come puro oggetto passivo da comprare o affittare. Una suora missionaria fuggita da un paese islamico lasciò ad un settimanale una testimonianza terribile che forse l’Occidente non sa o finge di non sapere: nell’islamismo si lapida non solo la moglie adultera, ma anche la ragazza che rimane incinta, anche per violenza. Questa ha una sorte terribile perché sa di dover morire la notte stessa dopo il parto per mano dei suoi famigliari, spesso i genitori, perché così vuole la legge islamica. E queste ragazze sono molte perché l’uomo musulmano facilmente si unisce a ragazze che non rientrano fra le mogli e le concubine del suo harem (ha la legge dalla parte sua, legge tremendamente maschilista) e se queste hanno la disgrazia di restare incinte, sanno benissimo a quale sorte vanno incontro: dopo il parto, spariscono per sempre. Questa suora assieme ad altre aveva nascosto e salvato dalla morte decine e decine di ragazze in pochi anni e narra che i nemici più terribili di queste povere sventurate sono proprio i loro famigliari, il padre, la madre, i fratelli, i quali si sentono in dovere di infierire contro queste loro figlie “impure” perché questo è il comando del Corano. Amnesty international afferma che sono migliaia ogni anno le pene capitali nei paesi musulmani, e anche se con i dovuti “distinguo” da paese a paese, il denominatore comune è sempre la violenza soprattutto contro le donne, in nome della legge. Queste cosiddette “adultere” o “impure” vengono incappucciate e infilate in una fossa fino al collo e lì fatte morire sotto un diluvio di pietre. Altri colpevoli, talvolta solo di aver rubato una mela perché affamati, vengono sottoposti a condanne terribili: o si taglia loro la mano ma lentamente, senza spezzare le ossa, come farebbe un macellaio con una costata da disossare (scusate la brutalità); o si infila loro un cappio al collo e si frustano con violenza barbara fino a farli crollare sul loro stesso cappio che li finisce per soffocamento, e altre efferatezze ancora. Poco si conosce di queste terribili esecuzioni compiute in nome di una religione che nulla ha di religioso, ma è difficile intervenire perché si andrebbe contro l’inflessibile “Shari’ah”. In una recente trasmissione televisiva, una ragazzina 17enne figlia di un italiano e di una iraniana cristiana denunciava, piangendo con singhiozzi pietosi, lo stato delle sue coetanee nel paese di sua madre dicendo: “Capite che le uccidono? Hanno ucciso una mia amica che aveva la mia età con la lapidazione! Fate qualcosa per favore!” E si appellava al Papa perché intervenisse. Una testimonianza da brividi perché si tocca con mano la nostra impotenza davanti al dilagare di una cultura che molti occidentali stanno guardando con troppa superficialità se non addirittura con inspiegabile simpatia, a iniziare da certe donne del nostro occidente 10

F. Gautier, op. cit.

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laico e opulento che forse solo per vanità vogliono indossare il “chador” perché è di moda girare nude con veli provocanti che scendono dalla testa. Queste nostre donne occidentali non si rendono conto della fortuna che hanno di vivere in un paese cristiano e di quanto siano meschine quando si prestano ad essere strumentalizzate da una moda spudorata che le considera solo oggetto di piacere, carne in mostra per appagare voglie malsane. INSPIEGABILE DIFFUSIONE DELL’ISLAM Com’è possibile che una struttura così lesiva dei diritti umani possa essersi diffusa tanto rapidamente? La risposta non è semplice perché sono coinvolti molti elementi di carattere sociale, politico ed economico che hanno prevalso, ora l’uno ora l’altro, in questi 1400 anni di storia dell’Islam. Sta di fatto, però, che due sono gli elementi fondamentali di questa espansione: la conquista del mondo all’Islam attraverso continue guerre, e il cedimento dell’Occidente cristiano che ha abbandonato tutto un patrimonio di valori, fondamento della sua potenza, cultura e civiltà per annaspare in una fantomatica cultura cosiddetta “laica”. Le guerre iniziarono con Maometto il quale sottomise, dopo mille anni di convivenza pacifica in Arabia, sia i “popoli idolatri”, sia il “popolo del libro”, cioè Cristiani ed Ebrei presenti sul suolo arabo. Infatti l’espansione islamica acquistò sin dagli inizi una caratterizzazione anti-cristiana.11 A soli vent’anni dalla morte del Profeta gli arabi musulmani, condotti dal califfo Caleb, conquistarono la Palestina, tutta l’Africa cristiana mediterranea, sconfissero l’impero persiano e minacciarono Bisanzio. Quindi dal Marocco passarono in Spagna, cacciarono i Visigoti e da lì avrebbero invaso l’Europa se non fossero stati fermati a Poitiers da Carlo Martello (732). Quegli arabi musulmani rimasti in Spagna dopo la sconfitta di Poitiers costituirono una forte comunità, sempre più insidiosa e aggressiva per il resto d’Europa. Dopo ben sette secoli, con San Ferdinando III° di Castiglia nel 1240, e poi con il Re Ferdinando d’Aragona nel 1481, gli arabi furono cacciati. Il contatto comunque con la civiltà greco-bizantina e romano-cristiana plasmò per qualche secolo la durezza di quei guerrieri che seppero dare il meglio di sé come filosofi e scienziati. Tuttavia dal secolo XV° la cultura islamica cominciò un inesorabile declino. L’indole bellicosa dell’Islam arabo, resa ancor più terribile dalla presenza massiccia dei Turchi musulmani, riemergeva prepotente minacciando seriamente tutta la civiltà cristiana. In questo spirito di difesa della cultura occidentale i cristiani combatterono e vinsero a Lepanto (1571), a Vienna (1683), a Belgrado (1717) impedendo l’avanzata mussulmana in Europa12 La rivista Mashrek International rendeva pubbliche le risoluzioni prese dal Consiglio Islamico tenuto a Lahore (Pakistan) nel 1980, le quali stabilivano che “la regione mediorientale deve essere tutta islamica entro il 2000. I gruppi popolari che non appartengono al credo islamico devono essere distrutti”. Così è realmente avvenuto. Commenta a tale proposito l’islamista Onorato Bucci che dal Libano, in quindici anni di guerra civile, senza contare il numero dei morti trucidati, si è avuto un drammatico esodo di oltre due milioni di cristiani, maroniti e di altre confessioni, verso l’Europa e le Americhe. Non meno drammatica, continua Bucci, la situazione nelle altre Nazioni mediorientali: Egitto, Turchia, Siria e, più recentemente, Sierra Leone, Sudan, Nigeria, isole Molucche, isola di Timor e quasi tutta l’Indonesia che hanno subito eccidi incalcolabili e la cui popolazione, prima in maggioranza cristiana, è ora per forza quasi tutta mussulmana. Anche nelle Filippine, lo Stato più cattolico e più mansueto di tutta l’Asia, è entrato un gran numero di musulmani che vogliono creare uno Stato musulmano a suon di guerre. Ci sono molte ragioni per credere che anche in Italia e in Europa potrebbe accadere la stessa cosa!” Ormai nota a tutti è la dichiarazione che Mons. Bernardini, da oltre 40 anni Arcivescovo di Smirne in Turchia, ha rilasciato a fonti pubbliche: “Durante un incontro sul dialogo islamo-cattolico, un autorevole personaggio musulmano, rivolgendosi ai partecipanti cristiani, disse con calma e sicurezza: “Grazie alle vostre leggi democratiche vi invaderemo; grazie alle nostre leggi religiose vi domineremo”. E aggiunge che c’è proprio da crederci perché il “dominio” è già cominciato con i petroldollari, usati non per creare lavoro nei paesi poveri del Nord Africa o del Medio Oriente, ma per costruire moschee e centri culturali nei paesi cristiani attraverso l’immigrazione continua.” Non lasciamoci quindi ingannare dal cosiddetto “Islamismo moderato” che, a differenza di quello radicale, fondato sulla violenza e sul terrorismo, punta ugualmente alla conquista del mondo attraverso la penetrazione continua e silenziosa della immigrazione.13 E noi ci chiediamo sconcertati: “Com’è possibile che questi timori non sorgano mai nella mente dei nostri politici? L’Islam non fa certo distinzione di bandiera politica!” 11

S. Nitoglia, op. cit. R. Guolo, Il partito di Dio. L’Islam radicale contro l’Occidente, Guerrini e Associati, Milano, 1994 13 A. Carosa, G.Vignelli, L’invasione silenziosa, Ed. Minotauro, 2002 12

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COSA POSSIAMO FARE DAVANTI A QUESTO IMMINENTE PERICOLO? •

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Innanzitutto dobbiamo cominciare a renderci conto dei gravi problemi che la presenza massiccia dell’Islam pone nell’Unione Europea e non aprire affatto le porte alla Turchia, sia perché non centra affatto con i confini europei, sia perché questo può comportare il gravissimo pericolo che, in seguito, la Turchia si faccia garante della protezione di tutti i popoli musulmani dell’Unione e così ci vedremmo già divisi in due “mondi inconciliabili” in casa nostra, “l’un contro l’altro armato” in maniera gravissima e irreversibile. Secondariamente dovremmo farci un serio esame di coscienza su noi stessi e sulla nostra incoerenza di cristiani che, pur discendendo da intere generazioni di santi, di martiri e di confessori della fede, da anni stiamo tradendo questa nostra identità. A nulla servono i nostri armamenti, le nostre navi da guerra, le nostre strategie belliche perché i musulmani non sanno creare industrie ma sono terribili guerriglieri che non temono la morte. Ancora meno serve il cosiddetto dialogo pacificatore perché l’Islam se ne ride, neppure conosce il significato di dialogo, così caro alla mentalità occidentale e al nuovo ecumenismo.14

Il dialogo è certamente valido per tante altre situazioni o popoli, ma con l’Islam no!. Davanti alla mentalità islamica che abbiamo cercato di descrivere nel suo più crudo realismo, avvallata da avvenimenti terribili che si stanno verificando in tutto il mondo, che significato possono avere parole come “dialogo” o “pace”? Significano forse un atteggiamento passivo e rinunciatario come il massimo bene da raggiungere, grazie al quale si può avere salva la vita perdendo la propria identità e libertà? E come si vivrà dopo? E’ evidente che una simile concezione di pace non significa solo rifiuto della guerra ma diventa una dottrina, uno stile di vita, un mito irenico e relativistico secondo il quale non esiste alcuna verità da difendere. Questa pace falsa in nome della quale vengono sepolte non solo le armi ma anche i princìpi, i valori, la fede, l’onore, la cultura ecc. di tutto un popolo, non fa altro che modellare una povera umanità-fantoccio in balìa dei prepotenti. Forse questa è la punizione che noi cristiani dobbiamo pagare per aver troppo facilmente annacquato il cristianesimo in un qualunquismo religioso senza identità, non esitando a cedere chiese cattoliche ai musulmani in segno di ecumenismo, a togliere i crocifissi dai luoghi pubblici in segno di tolleranza, cristiani colpevoli di aver legalizzato l’aborto e perfino comportamenti sessuali contro natura, premiati per giunta con la possibilità di adozioni. Ma dove credete che possano “collocare” quei tali il povero bambino o ragazzino che avesse la sventura di essere adottato da loro? Forse in una cameretta a parte? E poi si vuole lottare contro la pedofilia! Che ipocrisia! Sono tutte colpe che gridano vendetta al cospetto di Dio e che non restano impunite. La scrittrice americana Anne Graham, è stata assai esplicativa riguardo ai molti mali della nostra società: • “Io credo che Dio sia profondamente rattristato dalla tragedie del crollo delle due Torri, come lo siamo noi, ma per anni gli abbiamo detto di andarsene dalle nostre scuole, dal nostro governo, dalle nostre vite. Ed essendo Lui quel gentiluomo che è, io credo che Egli giustamente si sia fatto da parte. Come possiamo aspettarci che Dio ci dia la sua benedizione e protezione se gli chiediamo: “Lasciaci soli, per favore?”. • “Penso sia cominciato quando qualcuno ha detto: è meglio non leggere nelle scuole la Bibbia che dice “Tu non ucciderai, non ruberai, ama il tuo prossimo come te stesso”. E gli abbiamo detto OK. • Poi il dott. Spok ha detto che non dobbiamo sculacciare i nostri figli quando si comportano male per non deformare la loro personalità (il figlio del dott. Spok si è suicidato), e che neppure gli insegnanti e i presidi devono punire gli alunni quando si comportano male per non essere citati in giudizio. Abbiamo detto OK • Poi qualcuno ha detto “Stampiamo fotografie di donne nude per onorare la bellezza, diffondiamo sotto parvenza di educazione sessuale la pornografia anche tra gli adolescenti”. E noi gli abbiamo detto OK. • E qualcuno ha pubblicato anche fotografie di bambini nudi e le ha rese disponibili in Internet. E noi gli abbiamo detto che hanno diritto alla loro libera parola. Tutto OK • E poi l’industria del divertimento ha detto: “facciamo programmi TV e film che promuovano il blasfemo, la violenza, il sesso illecito, anche contro natura. Alla fine, che male c’è? E gli abbiamo detto OK 14

F. Cardini, Noi e l’Islam. Un incontro possibile? Laterza, Roma-Bari 1994.

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Ora noi ci chiediamo perchè i nostri figli non hanno coscienza? Perché non distinguono il bene dal male? E perché non li disturba l’uccisione dei loro compagni, parenti e amici? Se ci pensiamo a lungo e intensamente, forse possiamo trovare una risposta: si raccoglie ciò che si semina.” Questa lettura non è fuori tema con l’argomento della relazione: è probabile che il Signore Dio voglia cominciare a farsi sentire con qualche significativa punizione che, come farebbe un buon Padre, è costretto ad assestare ai suoi figli ribelli perché si ravvedano, ma questa è solo un’interpretazione personale. Nessuno vuole la guerra, certamente, però è allucinante anche vivere nel terrore di continui attentati, di incertezze, di paure, di un qualcosa che ti deve piombare sulla testa da un momento all’altro!. Qualcosa dovrà pur accadere e non sappiamo cosa, come e quando, però cominciamo a percepirlo epidermicamente. “Nella storia dei popoli, come nella vita degli uomini, vi sono momenti in cui si delinea la possibilità di drammatiche catastrofi a cui si può rispondere solo con un’immensa fiducia nell’aiuto di Dio”.15 Nonostante questa visione terribilmente realistica della situazione odierna, si può comunque affermare con sicurezza che un rimedio c’è contro l’avanzata musulmana e dobbiamo cercarlo nell’esempio di fede di coloro che sono riusciti ad allontanare l’Islam nei secoli scorsi. • Il principe carolingio Carlo Martello che sconfisse i musulmani a Poitiers nel 732 attribuì alla Madonna la sua memorabile vittoria conseguita un sabato di ottobre e come ringraziamento fondò gli Ordini cavallereschi consacrati alla Madonna; • i sovrani di Spagna nel 1240 e nel 1481 riuscirono nella difficilissima impresa di allontanare i “Mori” dall’Europa solo perché si appellarono alla Madonna assieme a tutto il popolo; • a Lepanto nel 1571 le potentissime flotte turche furono vinte dalle poche navi cristiane male equipaggiate, solo grazie al Santo Rosario che Papa San Pio V aveva chiesto di pregare a tutti i cristiani in quella circostanza; • a Vienna nel 1683 Papa Innocenzo XI prescrisse a tutti i conventi e le chiese di implorare il favore di Maria Vergine perché si trovasse il comandante giusto contro l’avanzata dei turchi; in quella stessa circostanza Giovanni III Sobiesky, re della Polonia si sentì ispirato ad andare a Vienna deciso a guidare la battaglia. Fece celebrare una Santa Messa prima della battaglia alla quale egli stesso vi partecipò come chierichetto implorando l’aiuto di Cristo per intercessione della Madonna. La vittoria fu rapida e strepitosa; • a Belgrado il 15 agosto 1717 Eugenio di Savoia fermò l’avanzata turca dopo essersi consacrato alla Madonna e averle offerto le sofferenze di tutte le sue truppe. Ebbene, prendendo esempio dalla fede e dalla preghiera di coloro che sono riusciti a fermare l’avanzata dell’Islam nei secoli precedenti, ci resta solo questo compito: imitarli. Li imiteremo innanzitutto irrobustendo la nostra fede con buone letture che, oltre a vincere l’ignoranza religiosa, ci possano caricare di entusiasmo e di gioia: “L’ignoranza è il peggior nemico della fede; sul vuoto creato dall’ignoranza proliferano gli errori, i pregiudizi, le superstizioni, le presunzioni”16 Contemporaneamente, cercheremo anche noi di “sfruttare” quell’arma efficacissima contro tutti i pericoli che è il Santo Rosario, unito alla potenza della Santa Messa perché quella che forse si presenterà non sarà solo una lotta fra uomini, ma vedrà direttamente impegnate le Potenze dei Cieli. Non per nulla il Santo Padre Giovanni Paolo II ha voluto dedicare il prossimo anno al Santo Rosario! Le conseguenze di una prossima guerra potrebbero essere terribili ma una cosa è certa: l’Occidente, la cultura cristiana, la nostra civiltà vincerà solo se, accanto alla Croce di Cristo sul mondo, verrà innalzata una Donna, Maria Santissima sempre Vergine, perché è una Donna che ha schiacciato la testa al serpente e che tiene sotto il suo piede la mezzaluna, (simbolo islamico) e sarà solo per mezzo di questa Donna eccelsa, Madre di Dio e Madre nostra, che la fede cattolica trionferà e Gesù Cristo regnerà sul mondo per il bene di tutto il genere umano. Associazione Cultura Cristiana [email protected]

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R. de Mattei, Guerra giusta, guerra santa, Ed. Piemme, Casale Monferrato, 2001 F. Rancan, Il senso del vivere, Uomo, tempo, eternità, Ed. Ares, 2000

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