IN SIRIA: IN CONVERSIONE CON SAN PAOLO Anche qui, dove iniziò l’avventura dell’apostolo, l’occasione indetta dal Papa è vissuta con passione e grande attenzione. Dai cristiani. E dai musulmani, come assicura il gran muftì. «Poco meno di duemila anni fa, giunse nei pressi di Damasco un giovane di nome Saulo. Ma, nell’arco di pochi giorni, di qui ripartì l’apostolo Paolo». Con questa finissima sintesi il nunzio vaticano in Siria, l’arcivescovo Giovanni Battista Morandini, delinea il senso che questa terra riveste nella parabola umana e spirituale dell’allora persecutore dei cristiani, divenuto in seguito una delle due "colonne" della comunità delle origini. È il capitolo 9 degli Atti degli apostoli a descrivere l’evento che cambiò la vita del venticinquenne «giudeo, nato a Tarso di Cilicia» (secondo la sua stessa descrizione che troviamo in Atti 22,3): «Mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all’improvviso lo avvolse una luce dal cielo e cadendo a terra udì una voce che gli diceva: "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?". Rispose: "Chi sei, o Signore?". E la voce: "Io sono Gesù, che tu perseguiti! Orsù, alzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare". (...) Saulo si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damasco, dove rimase tre giorni senza vedere e senza prendere né cibo né bevanda». Il futuro apostolo era partito qualche tempo prima da Gerusalemme, distante all’incirca 250 chilometri, con alcune lettere del sommo sacerdote nelle quali veniva ordinato ai membri della locale comunità giudaica di catturare i discepoli del Signore. Molti di loro erano infatti fuggiti da Gerusalemme dopo l’uccisione del protomartire Stefano (intorno all’anno 36): durante il processo a quest’ultimo, lo stesso Saulo aveva contribuito a trovare i falsi testimoni d’accusa e aveva approvato la condanna. Nell’antico quartiere cristiano Oggi l’esatto luogo della conversione è rivendicato da due distinti siti di Damasco (da notare che nel testo biblico non c’è traccia della caduta da cavallo narrata dalla tradizione). Uno è l’abbazia patriarcale della Visione di Paolo, che si trova fuori città, nei pressi della collina di Kaukab. L’altro è il Memoriale di Paolo, recentemente restaurato per iniziativa della Custodia di Terra Santa, nell’antico quartiere cristiano. Suor Assunta Hijazin, delle Francescane del Cuore immacolato di Maria, si è da poco trasferita qui dopo essere stata a lungo nel monastero sul Monte delle Beatitudini. «La nostra presenza è innanzitutto una testimonianza per i pellegrini e un conforto per i cristiani di qui. Quest’Anno paolino è per noi un particolare richiamo a comprendere sino in fondo la figura e l’azione dell’apostolo delle genti. A livello personale, sento la necessità di rinnovare ogni giorno in maniera più profonda la mia conversione, sulle orme di san Paolo». Di fatto, con le parole dell’arcivescovo Morandini, «dire Damasco equivale quest’anno a dire Paolo, anche perché in questo periodo la città siriana è la "capitale della cultura araba" e vi si svolgono numerose manifestazioni: una coincidenza interessante, che dà ancor più del solito a Damasco il compito di rappresentare la culla delle civiltà e delle religioni, un luogo dove cristiani, ebrei e musulmani hanno convissuto in passato e possono continuare a confrontarsi nel reciproco rispetto e stima». Fra i diversi convegni, ne è previsto anche uno sull’apostolo, che dovrebbe svolgersi in coincidenza con la festa liturgica della conversione di san Paolo, il 25 gennaio. Anche il gran muftì di Siria, Ahmad Hassoun, si è dichiarato molto interessato all’anno dedicato da Benedetto XVI a san Paolo e ha persino lanciato un invito al Pontefice affinché visiti il Paese. In effetti, tutte le nazioni coinvolte nei viaggi di san Paolo hanno rivolto a papa Ratzinger un simile invito: non potendoli accogliere tutti, la sua decisione è stata di assicurare che un proprio inviato speciale parteciperà a una specifica celebrazione locale al termine dell’Anno paolino, nel giugno 2009. L’incontro con santa Tecla La memoria della presenza di Paolo a Damasco è riproposta dalla cappella sotterranea costruita dove c’era l’abitazione di Anania, che ricevette dal Signore l’incarico di andare a imporre le mani su Saulo (Atti 10,19). Poco più in là, lungo l’antica Via Recta, la cosiddetta Casa di Giuda, dove il neo-convertito si era rifugiato, e la porta dalla quale sarebbe stato calato in una cesta, per farlo fuggire dalla città, dove i giudei volevano
ucciderlo. Idealmente si può dire che in queste case, luoghi del primo culto cristiano, è nata la Chiesa domestica. Ma anche a chilometri di distanza, nel monastero di Mar Sarkis a Maalula, la città nella quale si tramanda oralmente l’aramaico, è viva la devozione verso l’apostolo. «Secondo la tradizione, san Paolo passò di qui per incontrare la sua discepola santa Tecla», racconta il superiore del monastero padre Faez Fregiat, dell’ordine melchita (cristiani di rito bizantino e lingua araba) del Santissimo Salvatore. In Siria i cristiani, il 12 per cento della popolazione, appartengono infatti a diverse confessioni: Chiese antiche che fanno riferimento ad Antiochia e a Costantinopoli, ma anche comunità più recenti, come la presbiteriana National Evangelical Church. «L’Anno paolino è una preziosa occasione per far comprendere ai nostri pellegrini che la Terra Santa non è soltanto la Palestina e Israele», spiega padre Cesare Atuire, amministratore delegato dell’Opera Romana Pellegrinaggi, che propone diversi itinerari di viaggio dedicati alla Siria e a tutto il Medio Oriente, «ma è costituita da tutti i luoghi dove Gesù e gli apostoli sono stati presenti, fra i quali la Siria ha una sua specificità. Cosicché questo Anno si rivela anche un’occasione per studiare le origini della Chiesa. E poi è un modo per comprendere l’attualità dell’apostolo, che visse in un contesto culturale pluralista e globalizzato, come diremmo oggi. Ma anche una sollecitazione a vivere il suo entusiasmo, disponibili ad andare sino in fondo nell’avventura della fede».