IL CRISTOCENTRISMO DI SANTA CHIARA La testimonianza delle prime fonti agiografiche Pubblicato in: Forma Sororum, 37 (2000) 66-74; 167-172; 233-245.
P. CARLO SERRI ofm. I
Introduzione È opinione largamente diffusa che santa Chiara fu considerata dai suoi contemporanei una grande santa e una donna dalla personalità straordinaria. La sua esperienza evangelica ebbe un impatto non ordinario sulla vita della Chiesa e influenzò sensibilmente la vita dei fedeli di ogni ceto. Si può constatare che il popolo cristiano si riconosce spesso nelle esperienze dei santi e tende a trasformarle in modelli di vita. Il segreto di questa forza attrattiva risiede nel fatto che nel cuore dell‟avventura evangelica dei santi si radica la sequela e l‟imitazione di Cristo. Chi vuole raccogliere la provocazione di un santo deve necessariamente immergersi in questo rapporto di fede, che tuttavia sembra sfuggire a facili constatazioni empiriche. Sappiamo bene infatti che la presenza e l‟operazione interiore di Dio nell‟anima di un santo sfugge alle nostre verifiche. Già Guglielmo di Saint Thierry, il grande teologo cistercense, scrivendo la vita del suo maestro san Bernardo offriva una preziosa nota di metodologia agiografica: “Sulla sua vita interiore - del Cristo che vive in lui - non possiamo scrivere nulla. Scriviamo una vita descrivendo le opere esterne compiute da S. Bernardo, quelle opere esterne che sono prova della sua vita interiore. Nel suo cuore non leggiamo, ma in quello che ha fatto si riflette la sua vita interiore”1.
Quasi tutti i santi hanno avuto cura diligente nel nascondere i doni ricevuti da Dio. Lo stesso San Francesco 2 esortava a non manifestare con 1
Guglielmo di Saint-Thierry, Vita di San Bernardo, Opere/2, Roma 1997, 37. Per il testo delle agiografie francescane facciamo riferimento all‟opera: Fontes Franciscani, Ed. Porziuncola, Assisi 1995. Le traduzioni italiane sono riprese da Fonti Francescane. Scritti 2
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leggerezza agli uomini i beni ricevuti dal Signore, per evitare vani esibizionismi. La consegna del segreto veniva a sigillare l‟esperienza spirituale: “Beato il servo che conserva in cuor suo i segreti del Signore” (Amm XXVIII). Tommaso da Celano registra fedelmente questo suo atteggiamento costante: “Cercava con ogni cura di nascondere nel segreto del suo cuore i doni del Signore, perché non voleva che, se gli erano occasione di gloria umana, gli fossero pure causa di rovina” (2Cel 133).
Chiara fu ancora più scrupolosa nel nascondere i segreti del gran Re, a motivo anche del genere di vita rinchiusa che condusse. La Bolla di Innocenzo IV al vescovo Bartolomeo di Spoleto per iniziare il processo di canonizzazione descrive Chiara come una donna che, avendo scelto di vivere solo per il suo “sposo Jesu Cristo povero”, di conseguenza fu anche “quella sposa che visse essendo morta al mondo” (FF 2921-22). Nella vita di santa Chiara non ci fu nessun desiderio di esibizione mondana. E tuttavia - paradosso della santità Chiara divenne presto conosciuta e ammirata al di fuori della sua clausura: “La novità di così grandi avvenimenti si sparse infatti in lungo e in largo per il mondo, ed ebbe per effetto di guadagnare ovunque anime a Cristo. Continuando a rimanere rinchiusa, Chiara incomincia a diffondere chiarore in tutto il mondo e risplende chiarissima per meritati elogi” (LegCh 11).
La domanda che muove la nostra ricerca è la seguente: Che cosa compresero i contemporanei del rapporto che Chiara ebbe con Gesù Cristo? Ossia: in che modo le antiche fonti agiografiche interpretano e descrivono questo rapporto? La persona di Cristo appare, anche agli occhi dei testimoni, il centro propulsivo della vita e della spiritualità di Chiara, così come emerge dai suoi scritti? La riflessione sul cristocentrismo di Chiara mira, in questo ambito di ricerca, a cogliere il senso della sequela di Cristo e i valori cristologici che caratterizzarono la sua esperienza religiosa. Gioverà sottolineare che lo studio si fonda sulle sole fonti agiografiche, e non sugli scritti della stessa Chiara. Quel che ci interessa vedere è la comprensione che gli agiografi hanno avuto di Chiara e quale immagine emerge dalla loro testimonianza. Analizzeremo pertanto i più importanti testi e biografie di san Francesco d’Assisi. Cronache ed altre testimonianze del primo secolo francescano. Scritti e biografie di santa Chiara d’Assisi, Padova 19823. 2
agiografici sull'argomento prescelto, secondo la specifica chiave di lettura del rapporto di Chiara con Cristo, tentando di sistematizzare i testi più significativi dal punto di vista teologico-spirituale. 1. Modello delle donne, impronta della Madre di Dio "Disse epsa testimonia... che credeva che tucto quello de sanctità che se pò dire de alcuna sancta donna depo la Vergine Maria, in verità se possa dire de lei; ma era a llei impossibile potere raccontare tucte le suoi virtù et gratie" (Proc V,2).
Queste espressioni, così ingenuamente entusiaste, con le quali sora Christiana di S. Damiano depone al Processo di canonizzazione di santa Chiara ci offrono un'immagine del ricordo che la santa di Assisi aveva lasciato nelle sue compagne. Si ha l‟impressione, scorrendo le varie testimonianze, che realmente santa Chiara apparve ai suoi contemporanei come una donna dalle qualità cristiane eccezionali. Se però le monache damianite manifestano tutta la loro ammirazione per la santità della loro Madre, la Legenda Sanctae Clarae situa la vicenda cristiana di Chiara in una più ampia visione della storia, quale elemento provvidenziale suscitato da Dio per la salvezza dell'umanità. In un mondo che invecchia e imputridisce nel peccato 3, Dio suscita dei nuovi Ordini religiosi per ricondurre uomini e donne alla fede e alla rettitudine dei costumi: “... perciò Dio misericordioso suscitò la venerabile vergine Chiara e in lei fece splendere alle donne una chiarissima lampada... Seguano dunque gli uomini i nuovi seguaci del Verbo Incarnato: imitino le donne Chiara, impronta della Madre di Dio, nuova guida delle donne” (LegCh, Lettera di introduzione).
Un duplice riferimento qualifica la figura di Chiara. Da una parte essa è modello delle donne, poiché è copia perfetta della Vergine Maria, archetipo della donna cristiana. Dall'altra parte questa "esemplarità" è vista in parallelo con quella che i nuovi discepoli di Cristo - i "socii beati Francisci" - esercitano 3
“Come se il mondo invecchiato fosse oppresso dal peso degli anni, si era annebbiata la visione di fede, si era fatta incerta ed oscillante la condotta di vita e languiva nel fervore ogni virile attività. Anzi, alle scorie lasciate dallo scorrere del tempo, si aggiungevano anche le scorie lasciate dai vizi” (LegCh, Lettera di introduzione). È il topos medievale “mundus senescit”, spesso ricorrente in vari tipi di narrativa. Basti ricordare, nella letteratura moderna, l‟inizio del prologo de Il nome della rosa di Umberto Eco che ricalca lo stile delle antiche cronache medievali: “Giunto alla fine della mia vita di peccatore, mentre canuto senesco come il mondo...”. 3
per gli uomini. Lo schema appare chiaro: come Maria fin dall'inizio è associata alla missione salvifica di Cristo, così Chiara è partecipe dell'apostolato dei frati per ricondurre il mondo a Dio. La novitas franciscana viene ad assumere due forme complementari: una virilità e una femminilità che attualizzano la novità evangelica rappresentata congiuntamente dal Verbo incarnato e da sua madre Maria. 2. La pietra di fondamento Le fonti affermano concordemente l'esistenza di un progetto divino sulla vita di Chiara. Come tutte le grandi opere di Dio, la fondazione del monastero delle vergini di Cristo è oggetto di profezia. Frate Francesco profetizza, mosso dallo Spirito Santo (ardore Sancti Spiritus): “Animava tutti, con grande zelo, a restaurare quella chiesa, e sempre parlando in francese predisse chiaramente, davanti a tutti, che lì accanto sarebbe sorto un monastero di vergini consacrate a Cristo. Del resto, ogni volta che era pieno dell'ardore dello Spirito Santo, parlava in lingua francese per esprimere il calore esuberante del suo cuore” (2Cel 13; cf. 3Comp 24).
L'edificazione del monastero non è inteso semplicemente come luogo della santificazione personale delle monache, ma diventa segno di un più ampio riferimento ecclesiale. Il Celano instaura un'analogia sul tema della "pietra di fondamento" e sviluppa un ardito parallelismo tra Cristo e la Chiesa, tra Chiara e la comunità delle povere Dame: “La prima opera cui Francesco pose mano, appena libero dal giogo del padre terreno, fu di riedificare un tempio al Signore. Non pensa di costruirne uno nuovo, ma restaura una chiesa antica e diroccata; non scalza le fondamenta, ma edifica su di esse, lasciandone così, senza saperlo il primato a Cristo. Nessuno infatti potrebbe creare un altro fondamento all'infuori di quello che già è stato posto: Gesù Cristo. Tornato perciò nel luogo in cui era la chiesa di San Damiano,... la riparò... È questo il luogo beato e santo nel quale ebbe felice origine, per opera di Francesco stesso, l'Ordine glorioso delle Povere Dame e sante vergini... È là che donna Chiara, pure nativa di Assisi, pietra preziosissima e fortissima, divenne la pietra basilare per tutte le altre pietre di questa famiglia religiosa... Su di lei sorse il nobile edificio di preziosissime perle...” (1Cel 18-19).
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Il ruolo di Chiara è interpretato secondo un taglio specificamente ecclesiale; Chiara deve essere il fondamento della nascente comunità come Cristo lo è stato della Chiesa. Tutta l'impostazione del discorso sembra voler sottolineare la base cristologica e la "continuità ecclesiale" del nuovo movimento religioso. Chiara e Francesco non stanno edificando ex novo un'altra Chiesa carismatica o alternativa alla Chiesa mondana; stanno semplicemente riparando quella di Gesù Cristo. S. Damiano viene così ad essere una specie di “Speculum Ecclesiae” in cui si riflette l‟unità e la carità che strutturano la Chiesa. La vocazione delle sorelle alla adorazione continua rivela la natura mistica della Chiesa quale Corpo di Cristo: “... anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale... per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo” (1Pt 2,5). Il riferimento letterario alla Gerusalemme messianica (cf. Ap 21,9-21) splendente di gemme preziosissime dice ad un tempo la valenza escatologica e il carattere sponsale della comunità clariana. Ma ancora più incisivamente nella Vita II del Celano è detto: “Non è giusto tralasciare il ricordo dell'edificio spirituale...E non si può credere che Cristo gli abbia parlato dal legno della Croce in un modo così stupendo da incutere timore e dolore in chi ne sente parlare, solo per riparare un'opera cadente, destinata a perire. Ma, come un tempo aveva predetto lo Spirito Santo, lì doveva sorgere un Ordine di sante vergini, destinato ad essere trasferito a suo tempo, come massa scelta di pietre vive, per restaurare la casa celeste” (2Cel 204).
È così implicitamente designata la vocazione delle dame e della loro fondatrice: Cristo le unifica come pietre viventi per il restauro dell'edificio spirituale che egli vuole per sé e di cui Chiara è il fondamento. La fedeltà alla propria vocazione, che consente di essere un edificio di pietre vive, non è questione di continuità giuridica. È in gioco l‟obbedienza alla voce di Cristo che, parlando dalla croce, ha voluto l‟inizio di un‟opera perenne. Tradire la propria vocazione significherebbe, in qualche modo, “rendere vana la croce di Cristo” (1Cor 1,17). Le monache - coscienti della loro vocazione - sono pronte per questo ad affrontare ogni sofferenza per Cristo che dalla croce le ha generate: "... pronte a sostenere per Cristo ogni danno terreno ed ogni sacrificio" (2Cel 204). Tutta la vita di Chiara, specialmente nei momenti più sofferti, va intesa nella fedeltà al ruolo di "fundamentum" dell'edificio spirituale che Cristo le ha affidato. 5
3. Cristo e Francesco Chiara non scopre Cristo da sola, né lo segue mossa dal suo esclusivo arbitrio. La sua esperienza è modellata dal rapporto unico che visse con Francesco d'Assisi. Nel sottolineare questo legame le fonti agiografiche concordano perfettamente con quanto la stessa Chiara confessa nei suoi scritti (cf. Testamento e Regola). Scrive enfaticamente Bonaventura: “C'erano anche delle vergini, che si consacravano a perpetua castità: tra esse, Chiara, vergine carissima a Dio, che fu la prima pianticella ed esalò il suo profumo come candido fiore di primavera e risplendette come stella fulgentissima. Ella ora gloriosa nei cieli, viene giustamente venerata sulla terra dalla Chiesa: ella che fu, in Cristo, la figlia del padre san Francesco, poverello, e la madre delle Povere Dame” (LegM IV,6).
E la Legenda Versificata di santa Chiara a sua volta narra: “Le parole dell‟uomo di Dio, così ricche di dottrina infervorano la giovane, e le ispirano profonda convinzione. Il santo esorta la vergine Chiara a far voto di sposarsi col Cristo, lodando grandemente le note distintive della verginità. Non voglio dilungarmi oltre. Al termine di questo discorso del maestro, 4
la vergine da il suo consenso” .
Il testo sembra descrivere il discernimento e l‟accompagnamento vocazionale operati da Francesco nei confronti di Chiara. Francesco appare come un maestro affascinante, che con la sua dottrina rapisce Chiara alla bellezza dell‟amore divino. Emerge chiaramente come Francesco non intenda attirare a sé una discepola, ma piuttosto come la sua esortazione spinga Chiara alla verginità e alle nozze con Cristo. L‟immagine dell‟assenso della vergine evoca delicatamente la memoria dell‟Annunciazione (cf. Lc 1,38). Chiara non riceve semplicemente da Francesco il primo impulso alla vocazione, ma una vera "forma di vita", ossia le direttive e l'ispirazione sul modo di seguire Cristo, di essergli fedele e per tutta la vita essergli conforme. E le fonti attestano concordemente come Francesco fino alla fine sentì in coscienza la responsabilità di aver convinto Chiara a seguire Cristo:
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“Vir sanctus loquitur; suspendunt verba puellam,/ Et rapitur quocumque rapit doctrina loquentis/ Admonet ut virgo voveat se nubere Christo,/ Laudibus extollens insignia 6
“Francesco... compose anche alcune sante parole, con la loro melodia, per la consolazione e l'edificazione delle Povere Dame, sapendo quanto soffrivano per la sua infermità... In quel cantico egli volle manifestare loro la sua volontà, che cioè sempre vivessero e si comportassero umilmente e fossero concordi nell'amore fraterno... In quel cantico dunque le pregò che, come il Signore le aveva adunate insieme da molte parti per vivere nella santa carità, povertà e obbedienza, così dovessero sempre vivere e morire in queste virtù” (SpPerf 90).
Francesco prega le povere Dame perché siano fedeli alla “forma di vita” ricevuta da Cristo. Per quanto riguarda il rapporto tra Cristo e Francesco ci sembra degna di nota una notizia riportata dalle fonti meno antiche, a proposito dell‟ansia di Chiara dinanzi al pensiero della morte di Francesco: “Nella settimana in cui il beato Francesco morì... considerando che non poteva essere esaudito il desiderio di lei, cioè di vederlo, Francesco, per consolarla insieme con le sorelle tutte, inviò a Chiara in scritto la sua benedizione, assolvendola da qualunque mancanza, se ne avesse commesso, contro le sue ammonizioni e contro i comandi e i consigli del Figlio di Dio” (SpPerf 108).
Il testo dello Specchio di Perfezione distingue l‟“ammonizione” di Francesco dai “comandi e consigli” del Figlio di Dio. Il testo parallelo della Compilatio Assisiensis (13,7) scrive invece: “absolvit ipsam ab omni defectu, si quem habuisset, in eius mandatis et voluntatibus et mandatis et voluntatibus Filii Dei” [Le Fonti Francescane traducono un po‟ liberamente: “mancanze alle direttive e volontà di lui e inadempienze agli ordini e voleri del Figlio di Dio” (Leggenda Perugina 109). Questa traduzione non manifesta che il testo latino usa le stesse parole per indicare i comandi e voleri di Francesco e quelli di Cristo, quasi mettendoli sullo stesso piano]. E infine lo Speculum Minus nel riportare l‟assoluzione impartita da Francesco accentua ancora di più il suo ruolo dicendo: “eius mandatis et voluntatibus ac etiam mandatis et voluntatibus Filii Dei”: “contro i suoi comandi e voleri e anche contro i comandi e i voleri del Figlio di Dio” (SpMin 18). Queste testimonianze sembrano suggerire - nella visione delle fonti non ufficiali - non solo un riferimento spirituale, ma addirittura una identificazione, nel cammino di obbedienza di Chiara, tra la volontà di Cristo e quella di virginitatis./ Non magis insistam. Sic concludente magistro,/ Virgo dat assensum” (LegVCh 240-241;249-252). 7
Francesco. Sono sintomi di quella impostazione che sfocerà in seguito nel tema delle "conformitates" di Francesco a Cristo (cf. Bartolomeo da Pisa), e che avrà tanto influsso nelle discussioni polemiche degli spirituali sulla Regola dei Frati Minori intesa come espressione letterale della volontà di Cristo. 4. La sposa di Cristo "Epsa Madonna Chiara, como ella fu vergine dalla infantia sua, cusì vergine dal Signore electa permase" (Proc III, 2).
Tutte le testimonianze processuali concordano nel sottolineare la scelta della verginità che qualifica il rapporto sponsale di Chiara con Cristo. Seguendo i modelli dell‟agiografia tradizionale, Chiara viene descritta fin dall‟inizio come una bambina che prega, fa penitenze, compie opere di carità, è istruita dallo Spirito Santo che la fa crescere nell'amore di Cristo. Fin dall‟infanzia vuole rinunciare alle nozze terrene e consacrare a Cristo la sua verginità. Il rifiuto del matrimonio provoca tuttavia l‟opposizione dei parenti: “Infine, volendola i suoi accasare nobilmente, non acconsentì in alcun modo: ma, fingendo di voler rimandare a più tardi le nozze terrene, affidava al Signore la sua verginità” (LegCh 4).
E Messer Ranieri di Bernardo, interrogato al Processo, pittorescamente ricorda: "Però che essendo lei bella de la faccia, se tractava de darli marito; unde molti de li suoi parenti la pregavano che consentisse de pigliare marito; ma epsa non volse adconsentire" (Proc XVIII,2).
L'amore allo Sposo celeste è un filo che segna - qualificandolo per tutta la vita - il rapporto di Chiara con Dio. La tematica sponsale non emerge solo dalle Lettere di Chiara ad Agnese, ma è presente anche nelle testimonianze dei contemporanei. Il papa Gregorio IX scrive alle Clarisse nel 1228, prima della canonizzazione di Francesco: "Dio Padre, al quale vi siete offerte come ancelle, adottandovi misericordiosamente come figlie, vi ha sposate, per opera della grazia dello Spirito Santo, all‟unigenito Figlio suo, il Signore Gesù Cristo, per coronarvi felicemente con lo Sposo celeste nel 8
regno dei cieli. Perciò siete tenute ad amare sopra ogni cosa il vostro sposo... a questo 5
scopo vi siete recluse nel chiostro” .
In poche parole, che evocano la spiritualità cistercense delle nozze mistiche, Gregorio indica nell‟amore allo Sposo la ragione della clausura. Le nozze celesti introducono le sorelle nella dimensione della comunione trinitaria, poiché strutturano il rapporto con le Tre Persone divine. L'atto stesso con cui Chiara inizia la sua sequela di Cristo alla Porziuncola è descritto dalle fonti come gesto sponsale. Lo Specchio di perfezione, nel descrivere le prerogative concesse da Dio al luogo della Porziuncola, così scrive: “Chiara, sposa di Dio, qui si lasciò recidere le chiome, e seguì Cristo abbandonando gli splendori del mondo" (SpPerf 84; cf. LegCh 8).
La vita religiosa di Chiara è un rapporto personale e sponsale con Cristo. Ha con Lui un rapporto d'amore esclusivo e totale. Questo è chiaro fin dall‟inizio della sua vita religiosa. Quando i suoi parenti vogliono con la forza strapparla alla sua vocazione, lei si ribella: “Ma ella, aggrappandosi stretta alle tovaglie dell'altare, si scopre il capo rasato, affermando che in nessun modo si lascerà strappare dal servizio di Cristo. Col crescere della lotta ostile dei suoi, cresce il suo coraggio, e nuove forze le infonde l'amore stimolato dalle offese” (LegCh 9).
Reagisce con tanta potenza perché il suo amore ferito le dà nuove forze. Chiara è una donna innamorata che difende il suo amore. Lo stesso rinchiudersi nella clausura di S. Damiano non ha altra motivazione che l'amore dello Sposo: “Nella prigione di questo minuscolo luogo, la vergine Chiara si rinchiuse per amore dello Sposo celeste. Qui incarcerò il suo corpo, per tutta la vita che aveva innanzi, celandosi dalla tempesta del mondo. Ponendo il suo nido, quale argentea colomba,
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Lettera di Gregorio IX a Chiara e alle monache di S. Damiano (1228), in S. Chiara d’Assisi. Scritti e documenti. A cura di G.G. ZOPPETTI e M. BARTOLI, S. Maria degli Angeli 1994, 396398. Il testo latino purtroppo è trasmesso solo in L. Wadding, Annales Minorum, ad ann. 1251, n.17. Cf. anche I. OMAECHEVARRIA, Escritos de santa Clara y documentos complementarios, Madrid 19822, 353-356. 9
nelle cavità di questa rupe, generò una schiera di vergini di Cristo, fondò un monastero santo e diede inizio all'Ordine delle Povere Donne” (ivi 10).
“In ergastulo”: questa caratteristica designazione della vita rinchiusa, scelta e osservata da Chiara per tutta la vita, potrebbe offrire profondi stimoli alle riflessioni sulla clausura. Spesso autori moderni vedono la clausura solo in termini giuridici, di politica ecclesiastica o comunque di imposizione esterna. Il testo citato, con limpida essenzialità, espone la ragione dominante che spinge Chiara a rinchiudersi per tutta la vita: “per amore dello Sposo celeste”. La clausura è esigenza e imperativo di un amore sponsale che invoca intimità esclusiva. Si tratta di un amore fecondo che vive di silenzio e nel nascondimento genera figli al Cristo. La leggenda aggiunge una nota biografica che caratterizza l'unione sponsale di Chiara: la mediazione di Francesco: “Il padre Francesco... instilla nelle sue orecchie la dolcezza delle nozze con Cristo... Di fronte alla sollecitudine del padre santissimo che si occupa di lei con la cura di un fedelissimo mediatore, la vergine non rinvia a lungo il suo consenso (ivi 5-6).
L‟espressione “paranynphus” ossia “mediatore d‟amore”, applicata a Francesco provoca una certa sorpresa. Ma non era insolita in testi medievali. San Bonaventura ad esempio applicherà questa espressione all‟angelo Gabriele “paraninfo”, cioè mediatore dell‟annuncio a Maria: “Ad una tale vergine dovette essere inviato Gabriele quale paraninfo”6. Dalla parola e, ancor più, dallo spirito ardente del suo maestro, Chiara riceve il nutrimento spirituale ed è educata alle dolcezze dell'intimità divina. La disponibilità di Chiara a farsi recettiva della vita soprannaturale è totale. La spiritualità sponsale di Chiara, che emerge splendidamente nelle sue Lettere ad Agnese di Praga, trova dunque piena conferma nelle testimonianze agiografiche. 5. La via della penitenza, sulle orme di Cristo La scoperta dell'amore di Cristo portò Chiara ad uscire dal mondo: “... Il padre santo si affretta a sottrarre Chiara dalle tenebre del mondo” (ivi 7). L'exire 6
“Ad istam virginem mitti debuit Gabriel tanquam paranynphus”. S. BONAVENTURA, Collationes de septem donis Spiritus Sancti, VI,6, in Opera Omnia NCB VI/2, Sermoni Teologici/2, Roma 1995, 220. 10
de saeculo è visto, francescanamente, come un ingresso nella via della penitenza, una "conversio" della gioia mondana nel pianto della Passione di Cristo. Non dimentichiamo che Chiara inizia la sua vita di consacrazione proprio nel tempo liturgico della Settimana santa: “Era prossima la solennità delle Palme, quando la fanciulla con cuore ardente si reca dall'uomo di Dio, per chiedergli che cosa debba fare e come, ora che intende cambiare vita. Il padre Francesco le ordina che il giorno della festa, adorna ed elegante, vada a prendere la palma in mezzo alla folla, e la notte seguente, uscendo dall'accampamento, converta la gioia mondana nel pianto della passione del Signore” (ib).
Che la sequela di Cristo sia esemplata sulla via della Passione è confermato anche dalla vocazione della sorella Agnese, che con Chiara ha sposato il Signore (“... che insieme con lei si sposi allo Sposo glorioso in perpetua verginità”: ivi 24). La difesa appassionata che le due sorelle fanno della loro vocazione serve ad impedire che Agnese sia strappata a Cristo, e la vittoria sugli avversari è un godere della croce di Cristo: “... Agnese si rialzò lieta e godendo ormai della croce di Cristo, per il quale aveva combattuto in questa prima battaglia, si consegnò per sempre al servizio divino" (ivi 26).
La persecuzione a causa di Cristo è motivo di gioia nella logica delle Beatitudini (Mt 5,11) ed è espressione di fortezza, nello stile del combattimento spirituale. Il tema della battaglia spirituale era ormai un classico della letteratura spirituale ed aveva trovato una delle sue formulazioni estreme nell‟apologia scritta da san Bernardo per l‟Ordine militare dei Templari. Le battaglie sostenute a S. Damiano sono naturalmente pacifiche e di ordine spirituale. Le sorelle sono pronte a soffrire e a subire il martirio per difendere la loro fedeltà alla vocazione ricevuta dal Signore. È notevole comunque che la leggenda sottolinei la loro grinta e determinazione. 6. Vita angelica che attira le anime a Cristo Tanta eroica fedeltà all'amore di Cristo è considerata dai biografi come fonte di una forza spirituale che rende Chiara ricca di influsso apostolico sulle donne di ogni stato e condizione:
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“Le vergini, sul suo esempio, si affrettano a mantenersi tali per Cristo; le sposate si studiano di vivere più castamente. Donne nobili ed illustri, abbandonati i loro vasti palazzi, si costruiscono angusti monasteri... la madre invita a Cristo la figlia e la figlia la madre; la sorella attira le sorelle e la zia le nipoti. Tutte, emulandosi nel fervore, bramano porsi al servizio di Cristo. Tutte aspirano a partecipare a questa vita angelica che, attraverso Chiara, manda luce ovunque” (LegCh 10).
Chiara rappresenta, agli occhi del biografo, un modello di "vita angelica", ossia di vita totalmente consacrata a Cristo, che perciò ha la capacità di attirare altre anime al Signore. Il paragone tra la vita monastica e la vita angelica appartiene alla tradizione patristica e trova la sua radice nella letteratura sui padri del deserto. Basti ricordare, a mo‟ di esempio, la descrizione del monaco esicasta, offerta da Giovanni Climaco ne La Scala del Paradiso: nel cielo dell‟esichia i monaci partecipano alla preghiera e alla lode incessante degli spiriti beati, crescendo continuamente nell‟amore trasfigurante, fino a toccare la meta dei Serafini, fino cioè a diventare angeli essi stessi 7. La leggenda tuttavia, insieme all‟aspetto interiore, sottolinea soprattutto la forza apostolica e l‟attrazione pastorale esercitata sulle anime dalla vita angelica condotta a S. Damiano. Non si sottolinea tanto il perfezionamento ascetico e mistico personale, quanto il fatto che esso attirava le anime a porsi al servizio di Cristo. La forza apostolica di questo genere di vita contemplativa non potrebbe essere espressa in termini più convinti. Al di là dell'esagerazione retorica dell'autore, appare chiaramente evidenziato l'influsso che Chiara ebbe sulla società ecclesiale del suo tempo. Pur vivendo in clausura, ella seppe mantenere un colloquio efficace con le forze vive della Chiesa, incarnando un modello convincente di sequela di Cristo, tale da poter essere partecipato, in varia maniera, ai diversi stati di vita cristiana. 7. Il Cristo servo, modello per la vita monastica Il servizio di Cristo, che Chiara ha scelto e al quale attira le altre donne non si esprime in una dimensione solo interiore, ma si incarna concretamente nella vita quotidiana del monastero. Gli atteggiamenti che Chiara assume nei confronti delle sorelle sono manifestamente ispirati dalla figura del Cristo servo, del Figlio dell'uomo che non è venuto per essere servito, ma per servire (Mt 20,28): 7
GIOVANNI CLIMACO, La scala del Paradiso, Discorso XXVII,180, Roma 1995, 308-310. 12
“Così, tre anni dopo la sua conversione, rifiutando il nome e la carica di abbadessa, avrebbe voluto umilmente sottostare, piuttosto che essere a capo, e tra le ancelle di Cristo più volentieri servire che essere servita... Da allora non respinse più alcuna incombenza servile... Molto spesso lavava i piedi delle servigiali che tornavano da fuori e, lavatili, li baciava” (LegCh 12: FF 3179-3180.3182).
Al processo le numerose testimonianze delle sorelle confermano che la abbadessa Chiara ha trasmesso lo spirito di servizio più con l'esempio che con la parola: "Tanta fu la humiltà de epsa beata Madre, che despreççava al tutto se medesima, et ponevase innante le altre Sore, facendose inferiore de tucte, servendo a lloro, dando l'acqua alle mane, et lavando li piedi etiamdio de le Servitiale" (Proc III,9: FF 2975).
Anche in questo Chiara dimostra di aver inteso meglio di chiunque altro l'insegnamento di Francesco: “Dice il Signore: „Non sono venuto per essere servito ma per servire‟. Coloro che sono costituiti in autorità sopra gli altri, tanto devono gloriarsi di quell'ufficio prelatizio, quanto se fossero deputati all'ufficio di lavare i piedi ai fratelli” (Amm IV: FF 152).
Appare, nelle testimonianze agiografiche, l‟aspetto più umiliante del servizio, che spesso è accompagnato da mortificazione e nascondimento. Evidentemente il rito della lavanda dei piedi è imitazione del gesto compiuto dal Cristo nell'ultima cena (cf. Gv 13), e vuole essere assunto a simbolo dello stile di servizio che deve regnare in comunità. Nella comunità di Chiara evidentemente non ci sono categorie differenziate di sorelle; a nessuna è risparmiato il servizio. Siamo lontani dai modelli di vita monastica allora dominanti. Non è un mistero per nessuno che la vita religiosa femminile in quei tempi era piuttosto decadente: spesso si entrava in monastero senza vocazione, solo per decisione della famiglia. La vita monastica era praticamente riservata alle sole donne nobili. La distinzione tra “monache di coro” e “converse” (praticamente delle serve) era basata sulla distinzione tra nobili e povere. Queste differenziazioni sociali erano tranquillamente accettate e anche teorizzate, con argomentazioni artificiose che oggi ci appaiono condizionate dalla situazione sociale del tempo. Santa Hildegarda di Bingen, che nel suo monastero accettava solo nobili dame, sosteneva che Dio stesso ha stabilito 13
queste nette distinzioni di classe tra il suo popolo in terra, come in cielo tra le diverse gerarchie angeliche. La clausura era indesiderata. La situazione economica era precaria, perché si basava sul sistema delle doti e delle rendite. La dipendenza dalle famiglie delle monache più ricche era pressoché totale 8. Il movimento clariano partì da altri presupposti: fraternità ed uguaglianza tra le monache, lavoro come mezzo di sostentamento, clausura come espressione di consacrazione e libertà. La povertà volontaria, abbracciata per amore di Cristo povero, diventa una radicale opzione evangelica. 8. La povertà di Cristo La povertà di vita delle damianite fu senza dubbio un aspetto che colpì molto i loro osservatori. Già nel 1216 Giacomo da Vitry nota con ammirazione come le sorelle vivessero del loro lavoro, senza accettare donazioni9. La povertà di Chiara non è miseria subita, né protesta sociale, ma piuttosto imitazione e sequela della povertà di Cristo e della beata Vergine: così le scrive Francesco nella sua "Ultima voluntas". Così vuole essere garantita dal Papa nel “Privilegium paupertatis”10. Chiara seppe difendere appassionatamente questo privilegio così atipico, non come rivendicazione giuridica, ma come impegno di sequela di Cristo. Al Papa che le offriva l'assoluzione dal voto della povertà, sa rispondere: “Santo Padre, a nessun patto e mai, in eterno, desidero essere dispensata dalla sequela di Cristo!” (LegCh 14).
Ma per Chiara soprattutto la povertà è un fatto d'amore esclusivo per Cristo. L'amore esige la conformità alla povertà dell'amato: “La povertà dello spirito, che è la vera umiltà, era un aspetto della sua assoluta povertà di ogni cosa... Da quel momento, lasciato fuori il mondo e arricchita interiormente nell'anima, corre libera e leggera, senza borsa, dietro a Cristo. Così forte patto, infine, strinse con la santa povertà e talmente la amò, che nulla volle avere, se non Cristo 8
.J. LECLERQ, Il monachesimo femminile nei secoli XII e XIII, in Movimento religioso femminile e francescanesimo nel secolo XIII, Atti del VII Convegno Internazionale della Società Internazionale di studi Francescani, Assisi 1980, 61-99. 9 GIACOMO DA VITRY, Lettera dell’ottobre 1216: FF 2207. 10 S. CHIARA D‟ASSISI. Scritti e documenti. A cura di G.G. ZOPPETTI e M. BARTOLI, S. Maria degli Angeli 1994, 200-207. 14
Signore; nulla alle sue figlie permise di possedere... così che nessuna cosa transitoria separasse l'amante dall'Amato, o ritardasse la sua corsa col Signore (ivi 13-14).
Non appaiono motivazioni di ordine sociologico o politico. Non possiamo cogliere nemmeno venature polemiche in riferimento alla situazione ecclesiastica del tempo. I principi a cui si ispira la povertà di santa Chiara appaiono di ordine strettamente cristologico: “Nulla volle avere, se non Cristo Signore… Nessuna cosa transitoria separasse l'amante dall'Amato”. L'amore esclusivo e il possesso immediato - nell'amore - della persona di Cristo, sono l'anima della povertà clariana. Il legame con Cristo è tale da occupare e soddisfare tutte la potenza affettiva di una donna consacrata, tanto da esigere l‟esclusione, in un‟appartenenza gelosa, di qualsiasi altro dominio, che diventerebbe automaticamente un ostacolo alla comunione immediata e diretta con l‟Amato. Alcune esplosioni di intransigenza, che certamente caratterizzarono la tensione di Chiara verso la povertà, devono essere ricondotte, a pena di essere fraintese, verso questo radicalismo del possesso di Cristo. 9. La preghiera. Ci sembra evidente, data la profonda tensione spirituale che caratterizza la vita religiosa di Chiara, che non potremmo comprendere l'intimità segreta del suo rapporto con Cristo se non conoscessimo qualcosa della sua preghiera. Evidentemente, come dicevamo all‟inizio di queste riflessioni, ciò che si può conoscere costituisce sempre una minima parte rispetto a ciò che la grazia di Dio ha operato. Tuttavia dalla meditazione delle fonti possono scaturire almeno delle intuizioni sugli orizzonti spirituali sui quali Chiara si muoveva: “Spessissimo prostrata in orazione col volto a terra, bagna il suolo di lacrime e lo sfiora con baci: cosi che pare avere sempre tra le braccia il suo Gesù, i cui piedi inondare di lacrime, su cui imprimere baci... Così nel mondo mutevole unita immutabilmente al suo nobile Sposo, trova continua delizia nelle cose superne; così, sostenuta da ferma virtù nel volgersi della mobile ruota del mondo e racchiudendo in un vaso d'argilla un tesoro di gloria, con il corpo dimora quaggiù sulla terra, ma con lo spirito nell'alto” (ivi 19-20).
La preghiera di Chiara è comunione totale e personale con Cristo, che, nella sua potenza di fusione spirituale, sembra anticipare la gloria celeste. Il 15
rapporto vivo con l'umanità di Cristo sembra preponderante. La preghiera non è rivolta ad un Dio inaccessibile o distante. Chiara sembra immersa e persa in una evidente e quasi tangibile vicinanza di Gesù, che è detto "il suo Gesù". Questa intimità di linguaggio delicatamente allude ad una presenza personale che solo una fede poderosa rende possibile. È una preghiera affettiva, ricca di sentimenti, effusioni, lacrime, baci e carezze. È un rapporto globalmente intimo, che coinvolge anima e corpo, con forti risonanze affettive. Tuttavia la preghiera di Chiara non diventa intimistica separazione. È piuttosto una fonte inesauribile di gioia, che si comunica alle sorelle e diventa stimolo e incoraggiamento ad un più zelante servizio del Signore: “Allorché infatti ritornava nella gioia dalla santa orazione, riportava dal fuoco dell'altare del Signore parole ardenti, tali da infiammare il cuore delle sorelle. Esse constatavano infatti con ammirazione che si irradiava dal suo volto una certa dolcezza e che la sua faccia pareva più luminosa del solito... Non v'era posto nel suo monastero per la tiepidezza, non v'era posto per l'accidia lì dove la pigrizia era scossa da un pungente impulso a pregare e a servire il Signore” (ivi 20).
Chiara era evidentemente ritenuta dai suoi conoscenti una donna che viveva in grande intimità col Signore. Alla sua preghiera si raccomanda appassionatamente il Cardinale Ugolino, con accenti veramente commoventi: “Affido a te l‟anima e lo spirito miei, così come Cristo in croce affidò il suo spirito al Padre. E nel giorno del giudizio risponderai di me se non ti sarai presa attenta cura 11
della mia salvezza” .
Lo stesso Francesco si rivolge a lei quando vuole maggior luce sulla sua vocazione e cerca di comporre il perenne dissidio tra vita eremitica e apostolato (cf. LegM XII,2; Fior XVI). Per l'unanime testimonianza delle suore, è la sua preghiera che ottiene la liberazione di S. Damiano e di Assisi dai saraceni (cf. Proc II,20; IX,2; etc.). In tale circostanza è Cristo stesso che si fa protettore delle vergini, allevate da Chiara per il suo amore. Chiara sembra vivere in quello speciale stato di grazia in cui Cristo agisce direttamente in aiuto dei suoi fedeli. È un rapporto di
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Lettera del Cardinale Ugolino a S. Chiara (1220), in S.Chiara d’Assisi. Scritti e documenti. A cura di G.G. ZOPPETTI e M. BARTOLI, S. Maria degli Angeli 1994, 387-388. Il testo latino è tramandato solo da WADDING, Annales Minorum, ad ann. 1221, n. XX. 16
alleanza in cui Cristo si fa garante della salvezza. La preghiera di Chiara è allora "fiducia in atto": “„Io vi custodirò sempre!‟... „Vi do garanzia, figlie... soltanto abbiate fede in Cristo!‟” (LegCh 22).
10. "Punti focali" del rapporto con Cristo. Se la preghiera di Chiara è un rapporto personale e totale con Cristo, ci sono tuttavia alcune "vette", alcuni punti focali di sensibilità che la caratterizzano: a) l'Incarnazione; b) il Crocifisso; c) l'Eucaristia. a) La Leggenda, confermata da numerose testimonianze del Processo (Proc III,30; IV,16; VII,9), così racconta: “Inoltre, come lei nella sua malattia ben si ricordava del suo Cristo, così anche Cristo la visitava nelle sue infermità. In quell'ora del Natale, quando il mondo giubila con gli angeli per il Bambino appena nato...” (LegCh 29).
Durante la notte di Natale, Chiara malata è sola nella sua cella, ed ha una esperienza mistica eccezionale, tanto da essere presente spiritualmente agli uffici divini che i frati celebravano nella Chiesa di S. Francesco. "Digna fuit Domini praesepe videre". È la stessa ardente aspirazione che riempiva il cuore di Francesco, che a Greccio volle vedere "con gli occhi del corpo" i disagi a cui si sottopose il bambino Gesù per amore nostro (cf. 1Cel 84). L'amore così intenso per il bambino Gesù implica una meditazione sulla povertà ed umiltà dell'incarnazione che a S. Damiano dovette essere abituale: “Le esorta a conformarsi, nel loro piccolo nido di povertà, a Cristo povero, che la Madre poverella depose piccolino in un angusto presepio” (LegCh 13).
Le visioni del bambino Gesù accanto a Chiara, che le suore devotamente narrano al Processo, non fanno che confermare questa atmosfera spirituale: "Et predicando uno dì frate Phylippo de Atri de l'Ordine de li frati Minori, epsa testimonia vidde ad presso ad sancta Chiara uno mammolo bellissimo, et parevali de età quasi de tre anni" (Proc X, 8).
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b) Vogliamo poi sottolineare la familiarità di Chiara con la meditazione del mistero della Passione: “Le è familiare il pianto della passione del Signore... Il pianto di Cristo sofferente la rende come ebbra e la memoria continuamente le ripresenta Colui che l'amore le ha impresso ben profondamente nel cuore. Insegna alle novizie a piangere Cristo... tra le Ore del giorno, a Sesta e a Nona è presa per solito da maggiore compunzione, volendo immolarsi col Signore immolato” (LegCh 30).
L'amore nutre la memoria e il pianto rende viva e partecipe la coimmolazione di Chiara al Cristo sofferente. Non si tratta di una semplice commemorazione mentale, ma della partecipazione ascetica e affettiva al mistero della Passione. Un'esperienza mistica testimoniata da più fonti ne è la prova. Una sera del Giovedì Santo Chiara vive un'esperienza di unione estatica fino al Sabato Santo: “Tutta quella notte e per tutto il giorno seguente rimane così assorbita, così fuori di se stessa che, con gli occhi assenti, sempre fissa ad un'unica visione, sembra inchiodata con Cristo e del tutto insensibile” (ivi 31).
“Confixa Christo"... Chiara ha realmente raggiunto le vette dell'unione mistica con il Signore. Per questo nel segno della croce può compiere tutti quei miracoli che le testimonianze ci attestano (guarigioni di bambini, di suore, di frati ...). c) L'emozione e la commozione che Chiara provava nell'accostarsi alla Comunione eucaristica sono un sintomo della drammaticità grandiosa con cui viveva il mistero della redenzione: "Spetialmente effundeva multe lacrime quando receveva el Corpo del Signore Jesu Christo" (Proc III,7). "Con grande devotione pigliava spesso lo santo sacramento del Corpo de Nostro Signore Jesu Christo, in tanto che, quando epsa lo pigliava, tucta tremava" (ivi II,11). Quando poi stava per ricevere il Corpo del Signore, versava prima calde lacrime e, accostandosi quindi con tremore, temeva Colui che si nasconde nel Sacramento non meno che il Sovrano del cielo e della terra (LegCh 28).
Sembra davvero che in Chiara abbia trovato vera realizzazione la pietà eucaristica di Francesco: 18
“Tutta l'umanità trepidi, l'universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull'altare, nella mano del sacerdote, si rende presente Cristo, il Figlio del Dio vivo” (LOrd 26-27).
11. La Parola e la Chiesa “Lei tuttavia, non soddisfatta delle sue esortazioni, procura per le sue figlie nutrimenti di vita celeste con l‟aiuto di uomini dotti e santi, i quali riempiono le menti delle Povere Dame 12
del nettare della sacra parola e ne infervorano i cuori” .
Secondo la descrizione della Legenda versificata la predicazione fa ardere il cuore nel petto alle sorelle, come accadde ai discepoli di Emmaus, che ascoltavano, camminando, le spiegazioni del Cristo risorto (cf. Lc 24,13-35). Il rapporto di Chiara con Cristo, proprio perché autenticamente mistico, è sempre ecclesiale, sempre mediato e incarnato nell'insegnamento e nella disciplina della Chiesa. L'amore di Chiara per l'ascolto della predicazione ha colpito i testimoni, che narrano un particolare significativo: quando Papa Gregorio limitò la presenza dei frati predicatori nel monastero di S. Damiano, Chiara rinunciò anche ai frati questuanti, non volendo ricevere pane materiale, se non potevano ricevere, dalla predicazione, quello spirituale. Come testimonia sora Agnese a proposito di un altro episodio, "Christo sta in meçço de li predicatori et de li auditori, quando stanno ed odono come debbeno" (Proc X,8). La predicazione rende presente a Chiara “il suo Gesù": “Da tale gioia, infatti, è pervasa nell'ascolto della santa predicazione, tanto è il gaudio che prova nel ricordare il suo Gesù che una volta...” (LegCh 37).
La predicazione della Parola ha nei riguardi del Cristo una potenza evocatrice "quasi -sacramentale ", tanto che le suore hanno l'impressione di vedere il divino bambino accanto alla loro badessa (cf. ib). Ma ciò che rende più significativo il rapporto di Chiara con la Chiesa è la sua radicata convinzione di fede che in essa Cristo vive e insegna. Sull'esempio di Francesco, Chiara si affida alla Chiesa gerarchica, perché crede che il Papa sia veramente 12
"Non tamen ipsa suis monitis contenta, puellis /Per sanctos doctosque viros alimenta propinat / Celestis vite, qui nectare verbi/ Mentes perfundunt Dominarum, pectora flammant" (LegVCh 1115-1118). 19
rappresentante e vicario del Cristo. Come è rivelato in una visione, Chiara non può morire "quousque Dominus cum suis discipulis veniat". Infatti: “Passato l'anno, il signor Papa con i cardinali si trasferì da Perugia ad Assisi, così che la visione già narrata circa la morte della vergine si avverò nella realtà. La persona del Sommo Pontefice, infatti, in quanto più in là di ogni uomo e al di qua della Divinità, rappresenta la persona del Signore e, nel tempio della Chiesa militante, gli sono più strettamente accanto, come i discepoli, i signori cardinali (LegCh 40).
Il ruolo del Papa è descritto in termini molto enfatici, quasi in una situazione intermedia tra gli uomini e Dio, in una mediazione di tipo decisamente cristologico. Se Chiara muore baciando il piede del Papa è perché, con l‟occhio della fede, vede nella sua persona la persona stessa di Cristo che guida le anime alla salvezza. Non esiste una "Chiesa spirituale" da contrapporre, come alcuni faranno, alla "Chiesa carnale". Chiara è rappresentata decisamente come "mulier catholica", in evidente esemplarità contro le tendenze ribelli e antiistituzionali allora diffuse in ambienti pauperistici. 12. La morte: incontro con il Re della gloria. La vita di Chiara è stata una appassionata e totalitaria donazione a Cristo nella fede. La sua morte altro non poteva essere che il passaggio alla comunione eterna con lo Sposo tanto a lungo desiderato. Secondo il racconto di LegCh 46, il celeste corteo delle vergini si accosta al letto “dove giace la Sposa del Figlio”, per accoglierla nell'abbraccio delle nozze eterne. San Francesco aveva interpretato la sua morte con accenti drammatici e gesti penitenziali: aveva voluto essere spogliato, cosparso di cenere, deposto nudo sulla terra, imitando i momenti più umanamente umilianti della morte del Signore. La morte di Chiara invece appare come un luminoso incontro d‟amore e come il coronamento pacifico di una cristallina devozione. Non ci sono più gesti penitenziali, ma solo l‟accoglienza della vergine saggia nella gloria del Cristo risorto. La fede ormai cede il passo alla visione. Chiara già vede ormai colui che ha sempre amato: "Vedi tu lo Re della Gloria, lo quale veggo io?" (Proc IV, 19), e le porte del cielo si aprono per la sposa fedele.
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Conclusione Dopo aver esaminato le principali testimonianze su Chiara trasmesseci dalle fonti agiografiche, possiamo tentare una sintesi dei risultati raggiunti. Pensiamo di poter cogliere, sia pure sommariamente, delle risposte al quesito che ha animato la nostra ricerca. Possiamo dire quale fosse, secondo le testimonianze agiografiche, il senso della sequela di Cristo e quali gli aspetti cristologici dei valori religiosi che santa Chiara ha vissuto. Ci sembra sia emergente una impostazione cristocentrica. Infatti : a) Cristo è al centro della vita spirituale personale di Chiara - All'inizio della sua vocazione Cristo le si rivela e per tutta la vita le parla attraverso l'esempio e la predicazione di san Francesco d'Assisi (n. 3). - La via della conversione si concretizza per Chiara nel seguire le orme di Cristo nella penitenza evangelica e nella battaglia spirituale per la fedeltà a Cristo (n. 5). - Cristo è soprattutto lo Sposo da amare, con totalità di passione. A lui Chiara dona la sua vita. In questo amore si trova il nucleo più segreto ed efficace del rapporto di Chiara con il Signore (n. 4). Solo la morte darà coronamento ad una ricerca durata tutta la vita (n. 12). - Cristo è il povero per eccellenza. Amarlo vuol dire farsi povera come lui, condividere la sua spoliazione, non desiderare né possedere altro al di fuori di lui. Il privilegio della povertà è difeso come segno di autenticità nella "sequela Christi" (n. 8). - La vita intima di Chiara è un ininterrotto dialogo orante con Cristo, notte e giorno, nel silenzio contemplativo di S. Damiano. Nascosta agli occhi del mondo, Chiara vive di questa presenza e la sua preghiera diventa amore che intercede per il mondo (n. 9). - Se vogliamo cogliere i momenti apicali dell'esperienza contemplativa del Cristo in santa Chiara dobbiamo volgere la nostra attenzione sui misteri dell'Incarnazione, dell'Eucaristia e della Passione. Qui Chiara coglie l'umanità del Cristo nei suoi vertici d'amore e di donazione. Qui Chiara tocca probabilmente il vertice della sua unione mistica con Cristo. Con lui si immola, con lui è affissa spiritualmente alla croce per la salvezza del mondo (n. 10). b) Cristo è al centro del progetto di vita religiosa di Chiara 21
- Concretamente la comunità monastica di S. Damiano trova in Cristo la sua origine. Cristo dalla croce ha voluto le Povere Dame e ha inviato Francesco perché venissero convocate (n. 2). Le monache sono serve di Cristo perché il Signore è il modello concreto del servizio fraterno e la fonte di ogni gioia e condivisione (n. 7). - L‟assunzione decisa della vita in clausura - che caratterizza la comunità delle Povere Dame - si spiega solamente in riferimento al desiderio di vivere integralmente l‟amore al Cristo sposo (n. 4). - Il monastero è una piccola Betlemme in cui le monache, come Maria, accolgono il Verbo che si fa carne nella povertà (n. 8). - Il monastero è il luogo in cui il Cristo si rende presente tramite la predicazione della sua Parola ed è accolto tramite la fede (n. 11). c) Cristo è al centro della visione ecclesiale di Chiara: - La Chiesa, di cui la comunità di S. Damiano è simbolo, è elevata su Cristo, pietra di fondamento. La vocazione di Chiara è la stessa di Francesco, e consiste nel riparare la Chiesa di Cristo che va in rovina (n. 2). - Cristo è presente nella Chiesa Romana e concretamente nel Papa e nei prelati. Una profonda visione di fede fa sì che Chiara offra se stessa e le monache alla guida e alla protezione della Chiesa, perché sa che Cristo opera in essa (n. 11). - La testimonianza e l'apostolato di Chiara e delle sorelle non mira al raggiungimento di scopi o di glorie personali, ma solo a condurre anime a Cristo, unico salvatore del mondo (n. 6). In conclusione ci sembra che le fonti agiografiche offrano un‟immagine fortemente cristocentrica dell‟esperienza e del pensiero di santa Chiara. Vocazione, sequela, ideali di vita della santa di Assisi si concentrano su Gesù Cristo e in lui trovano senso d'amore e vitalità apostolica. Possiamo accogliere con gratitudine un'esperienza contemplativa e un magistero spirituale che conservano immutata la loro attualità. P. CARLO SERRI ofm.
Sacro Ritiro SS. Annunziata 22
66036 ORSOGNA CH _________________________ Abbreviazioni adottate: Amm = Ammonizioni; LOrd = Lettera a tutto l‟Ordine; 1Cel = Vita I del Celano; LegM = Leggenda maggiore di san Bonaventura; SpPerf = Specchio di Perfezione; Fior = Fioretti; LegCh = Leggenda di santa Chiara; Proc = Processo di canonizzazione; LegVCh = Legenda Versificata S. Clarae Assisiensis; FF = Fonti Francescane. *
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