Le chances di ciuchino di Daniele Barca
E ora avete capito, miei piccoli lettori, qual era il bel mestiere che faceva l'Omino? Questo brutto mostriciattolo, che aveva una fisionomia tutta latte e miele, andava di tanto in tanto con un carro a girare per il mondo: strada facendo raccoglieva con promesse e con moine tutti i ragazzi svogliati, che avevano a noia i libri e le scuole: e dopo averli caricati sul suo carro, li conduceva nel Paese dei Balocchi, perché passassero tutto il loro tempo in giochi, in chiassate e in divertimenti. Quando poi quei poveri ragazzi illusi, a furia di baloccarsi sempre e di non studiare mai, diventavano tanti ciuchini, allora tutto allegro e contento s'impadroniva di loro e li portava a vendere sulle fiere e sui mercati. C. Collodi, Le avventure di Pinocchio
Quando Collodi si rivolgeva ai suoi “piccoli lettori”, la consonanza tra scuola e società fine-ottocentesche e post-unitarie era pressocchè totale: un modello “chiuso” nella classe e nella sua liturgia di relazioni gerarchiche, che già costituiva, paradossalmente rispetto a quella chiusura, un’apertura di intere generazioni di italiani ad un sapere cui non avevano avuto accesso fino ad allora; e dal quale molti resteranno emarginati almeno fino alla metà del Novecento. Nella scuola, i libri, il maestro e lo studio, l’”amara medicina” di lucreziana memoria che è la vera libertà dall’ignoranza; nel paese dei balocchi, il gioco, le chiassate, i divertimenti, illusoria libertà che rende ciuchini alla mercè dell’Omino, una sorta di rivisitazione della figura dell’orco. Pinocchio è la metafora straordinariamente centrata di un sistema scolastico e sociale, in cui, “modo di apprendere, supporto tecnologico e organizzazione strutturale della scuola formano un organismo fortemente integrato. Essi sono interdipendenti: non è possibile modificarne uno senza modificare gli altri”1. Metafora coerente con un’epoca e un’esigenza di proposta pedagogica nazionale e di trasmissione di valori unificanti, oltre che di conoscenze: il modo d’apprendere strettamente legato al libro, supporto tecnologico unico; l’organizzazione strutturale fondata su caratteri come il ruolo trasmissivo del maestro, unico depositario del sapere, dall’aula a pollaio, da un forte legame nella valutazione tra comportamenti e profitto. Curioso è, piuttosto, notare come – per dirla con Antinucci che lo svela in un volume dal titolo sintomatico, “La scuola si è rotta” – quell’interdipendenza e i caratteri che la compongono siano arrivati inalterati fino ad oggi. 1
F. Antinucci, La scuola si è rotta, Laterza, Roma-Bari 2001, p. 32.
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Tempo in cui il libro-supporto tecnologico è entrato in crisi, come Raffaele Simone preconizza da quasi un decennio: “l’idea diffusa che abbiamo del testo sta ancora modificandosi velocemente, e sta tornando a essere a favore di un testo disarticolato. Siamo ormai in un momento di interpolazione: il testo non è più un’entità chiusa e protetta, ma sta tornando a essere un oggetto aperto e penetrabile, liberamente copiabile e interpolabile senza limiti”2. Tempo in cui l’organizzazione strutturale della scuola come sistema complessivo oltre che di azioni, anche di valori, è in profonda crisi, come ha ben centrato in un recente articolo di quotidiano uno che sui banchi di scuola ci lavora, Marco Lodoli: “L´immaginario che la scuola prova a costruire è una gondoletta di fronte a una portaerei. È un ostacolo da travolgere, o meglio ancora da ignorare”3. Soprattutto, tempo in cui il modo di apprendere dei nostri studenti è radicalmente mutato, a partire dal rapporto tra apprendimenti formali e informali. A lungo, fino all’avvento dei nuovi media4, la scuola è stata depositaria monopolista della formazione che, perciò, è sempre stata formale. Al punto che, alla fine del percorso scolastico – paradosso nel paradosso - alcune passioni liceali, connotate come saperi formali, per molti professionisti dediti alle professioni liberali diventavano hobbies: e quindi saperi informali. Soprattutto nelle realtà provinciali, a chi non sovviene un farmacista che conosce a memoria i luoghi della Divina Commedia o un avvocato che cita odi ed epodi oraziani? Oggi,
invece,
si
assiste
ad
un
incremento
notevole
dell’informale
nell’apprendimento; un analista americano, Jay Cross, a proposito di formazione continua, lo definisce “The other 80%”5 a significare che solo un quinto degli apprendimenti oggi avviene in maniera formalizzata: tradotto brutalmente in tempo-scuola, significa che in aula un ragazzo impegna mediamente un terzo della propria giornata (compiti esclusi) per un fare un quinto delle proprie scoperte quotidiane. 2
S. Raffaele, La terza fase. Forme di sapere che stiamo perdendo, Laterza, Roma-Bari 2000, pp. 118-119. M. Lodoli, Quando gli studenti ci fanno lezione, in La repubblica, 21 Novembre 2007 http://www.flcgil.it/notizie/rassegna_stampa/2007/novembre/repubblica_quando_gli_studenti_ci_danno_una_lezione 4 Il concetto di nuovi media in queste righe sostituisce tanto il termine informatica (troppo disciplinaristico e specifico se applicato alle problematiche degli apprendimenti) quanto l’acronimo TIC, per tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ancora troppo legato in maniera esclusiva alla diffusione del PC e di internet). L’impiego della terminologia ‘nuovi media’ mira a “sfrondare” la trattazione degli aspetti più legati all’hardware e al software nella didattica, centrando l’attenzione sul problema dei linguaggi in una prospettiva diacronica e sincronica. Fermo restando che, dal punto di vista più operativo delle proposte pratiche, nonostante l’affermarsi di nuove periferiche, il PC amplificato da internet potenzia sempre più la sua vocazione di medium veicolo di altri media (TV, radio, parola scritta, immagini, musica, ecc) più economico e semplice da usare. 5 http://internettime.com/Learning/The%20Other%2080%25.htm 3
2
Applicando grossolanamente le categorie collodiane, si assiste ad un confronto – che talvolta è scontro – tra il libro e la scuola, da un lato, e il paese dei balocchi tecnologico, che oggi è internet, l’ipod, gli sms, tutto fruito dai ragazzi senza soluzione di continuità. Il net-ciuchino – perché spesso tale è ancora nelle aule scolastiche chi si “balocca sempre” con i linguaggi altri dell’immagine e della musica - è diventato multitasking6. Il modo d’apprendere “simbolico-ricostruttivo”7 di libro-aula-professore-studio-interrogazione si confronta non tanto o non più con una serie di differenti modalità “percettive”, “…ma con la possibile convergenza tra simbolico e percettivo, rompendo i confini che finora hanno incapsulato ognuno dei due nel suo ambito…”8. Una metamorfosi di linguaggi, paradigmi comunicativi e dell’apprendimento degni dello stesso Collodi, se è vero che in letture meno fedeli al dichiarato intento esornativo e pedagogico dell’autore, Alberto Asor Rosa ha definito Le avventure di Pinocchio un libro ambiguo e ambivalente, un’opera di tras(formazione), e Giorgio Manganelli ha invitato a leggerlo in maniera parallela9, quasi che Collodi strizzasse l’occhio più al Pinocchio incorreggibile burattino che al Pinocchio bravo bambino. Quali, allora le chances del netciuchino in questa scuola? Per una strana coincidenza, restando nel gioco delle metamorfosi e delle metafore significative, Ciuchino (con la maiuscola, in quanto nome proprio) è anche la traduzione italiana del nome di uno dei personaggi principali della saga cinematografica di Shrek
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(che, a non voler alimentare altre ambiguità, è un orco, prossimo all’Omino collodiano…). La storia in cui agisce mette sul tavolo, semplificandoli, i paradigmi della trasformazione in atto dei saperi, dei loro linguaggi e dei rapporti che regolano oggi i media che li veicolano. Il filone è quello della favola a cartoni animati con animali, umani e personaggi fantastici. Ma, in prima istanza, si assiste alla convergenza di sistemi di riferimento, di immaginari fantastici spesso molto distanti tra loro: dallo stesso Pinocchio, a Biancaneve, al Gatto con gli stivali, dai roman medievali al don Quijote. Tutto riconoscibile, tutto contaminato. Ed in effetti la contaminazione di generi, racconti, personaggi, situazioni, 6
Cfr i dati dell’Osservatorio Permanente dei Contenuti Digitali http://www.osservatoriocontenutidigitali.it/leftmenu/Digitalgenerationascuola/tabid/554/Default.aspx e l’articolo di A. Sofi, 22 marzo 2007, http://www.edupodcast.it/index.php/2007/03/22/il-multitasking-ci-rendera-stupidi-o-intelligentiin-maniera-diversa . 7 F. Antinucci, La scuola si è rotta, Laterza, Roma-Bari 2001, p. 31 8 F. Carlini, Lo stile del web, Einaudi, Torino 1999, p. 145. 9 Cfr A. Asor Rosa, Le avventure di Pinocchio, in Genus italicum, Einaudi, Torino 1997 e G. Manganelli, Pinocchio: un libro parallelo, Adelphi, Milano 2002.
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domina la vicenda, ed è la seconda chiave di lettura possibile. La terza è il capovolgimento dei caratteri, l’intento parodico che ricrea, però, i sentimenti della favola: l’Orco buono, la principessa brutta, biancaneve diabolica…Ad essa è legata la degenerazione, l’irruzione dello “sgraziato” nell’incontaminato Camelot della grazia che è il “regno di molto molto lontano”. Ed infine quella che i massmediologi oggi chiamano la crossmedialità, riassumibile dalla constatazione che su un’estetica medievalizzante da “c’era una volta…” fa da contrappunto, per esempio, la disco music anni settanta. Il tutto in tre episodi che hanno una loro coerenza narrativa interna e “riconosciuti” dal pubblico (globalizzato) di bambini e ragazzi. Questi caratteri evidenziati nella saga di Shrek offrono, perciò, lo spunto per delineare qualche possibile opportunità per una didattica che non eluda il linguaggio e l’estetica dell’attualità, ma che vi faccia i conti, trovando soluzioni proprie. Pena la perdita – come si è già visto - di un ruolo di indirizzo che la scuola ha sempre avuto rispetto ai saperi. Pena la “resa della cultura alla tecnologia” come teorizza Neil Postman in un famoso saggio (“Tecnopoly”): “una informazione generata dalla tecnologia è talmente estesa, differenziata e dinamica che non è possibile organizzarla in un programma coerente d’istruzione”11. La sua proposta del ritorno ai “simboli nazionali, religiosi e mitologici”12, se è una scelta che risolve il problema dei contenuti, non scioglie il nodo dei linguaggi e dell’estetica, centrali nella loro diffusione ed oggi affatto coerente con loro. Una coerenza, invece, presente nella proposta di Pier Giuseppe Rossi che legge nei “Cinque memos per la scrittura del prossimo millennio” – leggerezza, esattezza, visibilità, rapidità, molteplicità - del Calvino delle “Lezioni americane”, le possibili caratteristiche per la costruzione di un ambiente on line per l’apprendimento13. La significatività di quest’ultimo esempio è nel fatto che per interpretare il presente non lo si emargina, ma si tenta la convergenza nella lettura e proposta di strumenti tecnologici, di categorie di altra provenienza, quale la letteratura e l’estetica. Del resto la convergenza in primis tecnologica, poi anche culturale, è il paradigma che i “guru” dei nuovi media invocano. Du cotè di internet, della TV, del satellite, dell’ipod, si assiste al dilagare di quella “cultura della convergenza”, che, secondo Henry Jenkins è la cifra comunicativa 10
http://it.wikipedia.org/wiki/Shrek N. Postman, Technopoly, Bollati Boringhieri, Torino 1993, p. 162. 12 ivi, p. 164. 11
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dell’attualità. Jenkins distingue, poi, l’affermazione crescente a livello del mercato dei multimedia della convergenza tecnologica - di cui cita il telefono cellulare come il massimo esponente - che spinge ad integrare sempre più tutte le risorse digitali sia negli apparecchi che negli usi, da quella della “convergenza culturale” che vede protagonisti tutti in veste di prosumer (consumatori e produttori nell’era digitale) nell’integrazione naturale di vecchi e nuovi media, e nella contaminazione quotidiana degli utilizzi, pubblici, privati, lavorativi, emotivi, ecc.14. Del resto, in questa direzione va anche l’apprendimento tramite nuove tecnologie che, come sta spiegando con sempre più forza l’e-learning 2.0, opera una sintesi, una convergenza di tempi, spazi, attività, media nell’utilizzo della rete con finalità di socializzazione. Tanto che, nel campo della formazione on line si sta assistendo ad un passaggio dal VLE (Virtual Learning Environment) al PLE (Personal Learning Environment),15 che permette di facilitare l’integrazione di molteplici risorse digitali e l’utilizzo di internet come vera piattaforma di apprendimento, un “ambiente” intorno a cui possono ruotare (non solo metaforicamente…) molteplici saperi e competenze. Una convergenza che è, quindi, in fin dei conti, soprattutto culturale, coinvolgendo oltre ai nuovi media, anche il libro, l’immaginario, i loro ruoli e i loro rapporti. Ricorda Jenkins proprio a proposito della “cultura della convergenza” che “a cultural process wich involves the flow of stories, images, sounds, brands, relationships across the entire media system”16. Capire la convergenza ed adottarla in chiave di metodo può essere utile per dare un nuovo protagonismo all’insegnamento, tanto nell’ottica di una rivalutazione dei media tradizionali (troppo spesso usati in un’ottica a-mediale, più che monomediale17) e della loro effettiva efficacia, quanto, in un panorama di crescente diffusione nel mercato cui sono esposti gli studenti dei contenuti digitali, per offrir loro la possibilità di non diventare fruitori 13
Cfr. P. G. Rossi, Ambienti di apprendimento on line, in Form@re, ottobre 2001. http://www.formare.erickson.it/archivio/ottobre/editoriale.html 14 La categoria della “convergenza” è presa in prestito da Henry Jenkins, il quale nell’introduzione al suo noto saggio del 2006, “Convergence Culture: Where Old and New Media Collide” (l’introduzione è reperibile a http://www.nyupress.org/webchapters/0814742815intro.pdf ed è ripresa nel suo blog all’indirizzo http://www.henryjenkins.org/2006/06/convergence_and_divergence_two.html#more ). 15 G. Bonaiuti (a cura di), E-learning 2.0. Il futuro dell’apprendimento in rete, tra formale e informale, Erickson, Trento 2006, pp. 72-74. 16 H. Jenkins in http://www.henryjenkins.org/2006/06/convergence_and_divergence_two.html#more. 17 La definizione è di Roberto Maragliano ed allude al fatto che l’impiego del solo medium libro nell’insegnamento/apprendimento porta “a non poter distinguere la realtà dalla forma” dello stesso, R. Maragliano (a cura di), Pedagogie dell’e-learning, Editori Laterza, Roma-Bari 2004, p. IX.
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passivi, essi stessi oggetti digitali, ma di emanciparsi a soggetti digitali, consapevoli dei linguaggi che li circondano. Dando inoltre ai nuovi media un “certificato di esistenza in vita”18 per la didattica che li sdogani dall’impiego come semplici “nastri trasportatori” della conoscenza. Per dirla con Jonassen, per apprendere “con” le tecnologie e non “dalle” tecnologie, dando loro uno statuto di “partner” nell’apprendimento19. Aggiungerei in quest’ottica, declinando come strategia di proposta didattica anche i loro paradigmi comunicativi. Così, la consapevolezza della convergenza – tecnologica, culturale e metodologica – che è già attivata dagli apprendimenti informali degli studenti – e forse, inconsapevolmente, di tutti noi - può toccare anche l’insegnamento. Una strada non semplice da percorrere, soprattutto per generazioni pretelevisive di docenti, abituate – coerentemente all’unico strumento di apprendimento familiare, il libro – all’analisi, ai distinguo. Si tratta di essere consapevoli, per dirla con Maragliano, che “siamo tutti deterministi”20 e di superare la dialettica tra “apocalittici ed integrati” allo stesso modo in cui le nuove forme di comunicazione integrano al loro interno parola scritta, orale, musica, immagini. Si è provato, perciò, prendendo a spunto il paradigma comunicativo ed estetico di Shrek, ad indicare alcune ipotesi di lavoro, quasi in pillole di riflessione, che possano aiutare a formulare una proposta didattica nella società dei nuovi media. Consapevoli del sistema di “interazioni e retroazioni” in cui si cala l’insegnamento, per effettuare una sintesi, prima che di programmazione, di strategia, tra vecchi e nuovi media nella didattica. Per proporre una nuova chance a ciuchino21. Ed anche alla scuola che decide di confrontarsi con i nuovi media. Ri-mediazione e contaminazione L’integrazione delle tecnologie passa, in primo luogo, attraverso una ridefinizione del rapporto tra vecchi media e nuovi media, in cui vicendevolmente si influenzano. In altre 18
Nella scuola italiana i nuovi media subiscono una vulgata (ed un ostracismo) analoghi a quella riservata alle idee e alle metodologie pedagogiche: da anni e da più parti si stigmatizza il loro impiego nell’insegnamento, fino ad addurre loro responsabilità nell’aver favorito le fragilità degli apprendimenti; salvo ricordarsi che, all’atto pratico delle scelte didattiche, la metodologia più diffusa di insegnamento (quello che gli anglosassoni chiamano “recitation script”), il canovaccio della lezione, è di marca tradizonalmente libresca e trasmissiva. 19 G. Marconato, P. Litturi, Conversazione con David Jonassen, in Sistemi & Impresa, n. 9, novembre 2005, pp. 15-20 http://static.pdfcoke.com/docs/5ujjf9hxdo2g3.pdf 20 R. Maragliano (a cura di), Pedagogie dell’e-learning, Laterza, Roma-Bari 2004, pp. V- XIX. 21 Sulla scorta dei tre principi dell’ecologia dell’azione delineati da E. Morin, La testa ben fatta, Raffaello Cortina, Milano 2000, pp. 62-63.
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parole si ri-mediano:22 i nuovi assumono contenuti e modalità comunicative dai vecchi; questi ultimi ritrovano una nuova collocazione nel confronto con gli altri. Si passa ad una pluralità di media nella prassi scolastica che rende, di necessità, plurale anche la didattica. Quando, poi, si scende al livello operativo della programmazione delle attività, questa rimediazione non può che dar luogo a fenomeni di contaminazione tra tipologie, generi, metodi e strumenti. Per cui, a fianco della ricerca on line di gruppo sui luoghi del romanzo, si collocherà la lettura integrale solitaria dell’opera stessa; l’esperimento eseguito in laboratorio sarà occasione di nuove osservazioni e filoni di ricerca grazie al video registrato e messo sulla piattaforma on line. Dando luogo al potenziamento di competenze nuove e trasversali. Narrazione ed appuntamento Viviamo in un’epoca definità di “modernità liquida”23 in cui è difficile riconoscere la propria identità e la comunità di appartenenza. Tra le agenzie che vi riescono, vi sono i mezzi di comunicazione di massa e lo fanno utilizzando con sempre più frequenza la narrazione (si veda il successo dei serial) e l’appuntamento (si veda l’importanza dei palinsesti televisivi). L’introduzione dei media tecnologici nella didattica, con le loro caratteristiche di riproducibilità, conservazione del dato, riproposta del contenuto, aggiornabilità continua, più dei media tradizionali offre un’opportunità nuova: quella di creare percorsi e tipologie di attività nel proprio monte ore settimanale, nel quadrimestre, nell’anno scolastico, in cui ritrovarsi a consolidare conoscenze e a ripercorrere il cammino formativo. In altre parole, provare a far confluire in unico flusso informativo le attività individuali, di gruppo, quelle in aula, in classe, quelle svolte in una settimana come in tutto l’anno, favorendo l’acquisizione di “abilità un po’ diverse…capacità d’azione, riflessione, collaborazione e cultura” per dare peso e sostanza al “principio narrativo” teorizzato da Bruner.24 Contestualizzare (Costruzione e Condivisione, Autonomia e Relazione) A leggere la storia dell’introduzione delle nuove tecnologie per la didattica in parallelo con i paradigmi pedagogici affermatisi negli ultimi quarant’anni, un dato è certo. Il 22
J. D. Bolter, R. Grusin, Remediation, Guerini, Milano 2003, pp.72-73. Cfr. Z. Bauman, Modernità liquida, Laterza, Roma-Bari 2003. 24 J. Bruner, La cultura dell’educazione, Feltrinelli, Milano 2002, pp. 99-112. 23
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PC – e successivamente internet - ha trovato un suo spazio ed una sua collocazione sia nelle concezioni più oggettiviste quanto in quelle – numerose – di stampo costruttivista25. Giocando prima sulle potenzialità di autonomia degli apprendimenti (si pensi alle teaching machine) che gli elaboratori promettevano, poi sull’esplosione relazionale apportata dall’uso della rete. Una flessibilità di impiego che dà ragione all’immagine di Antonio Calvani delle nuove tecnologie come “cassa di risonanza”26 delle varie metodologie didattiche adottabili. Oggi è evidente che tutti i modelli nati in seno al costruttivismo27, sono in grande consonanza rispetto alla portata comunicativa dei nuovi media; una straordinaria coerenza che, però, dal versante della sua applicazione migliore porta ad una adesione assoluta (si potrebbe dire fideistica) a strategie didattiche che rischiano di perder di vista l’obiettivo principe che è l’apprendimento; dal versante, invece, delle sue degenerazioni, mimetizza metodologie trasmissive sotto facciate costruttiviste. Per dirla con Gianni Marconato, “predichiamo costruttivismo e razzoliamo istruzionismo”28. Allora, una metastrategia di impiego dei nuovi media deve risiedere proprio nella consapevolezza della “platea” a cui ci si rivolge. Non va dimenticato, cioè, che, intendendo i nuovi media come linguaggio, il loro impiego va mirato su ogni classe, ognuna dotata di proprie coordinate comunicative. Del resto, quando Pierre Lévy parla di “intelligenza collettiva” a proposito del nuovo paradigma del sapere in internet, dove si realizza “la valorizzazione, l’utilizzazione ottimale e la messa in sinergia delle competenze, delle immaginazioni e delle energie intellettuali”29, non è possibile non ritrovarne l’archetipo nelle modalità di apprendimento del gruppo classe, in cui conoscenza, comunicazione, condivisione e comunità interagiscono quotidianamente. E da sempre. Pertanto, le considerazioni sviluppate da Brent G. Wilson, in un suo famoso saggio, “Constructivist Learning Environments”, sul rapporto tra visioni della conoscenza e visioni dell’istruzione, non deve far dimenticare che entrambe vanno sempre ancorate alla realtà in cui si opera. Ma anche alla tipologia di insegnamento richiesto dai contenuti che – essi stessi mezzo di conoscenza – non sono affatto neutri. 25
Una disamina molto dettagliata in B. M. Varisco, Paradigmi psicologici e pratiche didattiche con il computer, in Tecnologie Didattiche, n. 7, autunno 1995, pp. 57-68 e in 26 A. Calvani, Storia e basi teoriche, in “TIC e modelli di apprendimento”, Fortic B1 http://www.maecla.it/Materiali_fortic/Percorso%20B/STORIA%20E%20BASI%20TEORICHE.pdf 27 A. Calvani, Elementi di didattica, Carocci, Roma 2004, pp. 80-84. 28 Dal suo blog, cfr http://oltreelearning.blogspot.com/search/label/Teorie%20dell%27apprendimento%20con%20le%20tecnologie?updated -max=2007-03-27T13%3A01%3A00%2B02%3A00&max-results=20
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Si può pensare all’istruzione come un prodotto di contenuti da distribuire attraverso un veicolo; ma non va dimenticato che potrebbe fondarsi su un insieme di strategie didattiche finalizzate a modificare autonomamente le abilità procedurali di una persona; o, ancora, su un insieme di strumenti e risorse per favorire l’interazione del singolo all’interno di un ambiente ricco di stimoli e suggestioni; o, infine, su una partecipazione alle attività di tutti i giorni di una comunità, perchè la conoscenza passa attraverso l’adozione di modi di vedere e di agire di gruppo30. Ecco, pensare alla conoscenza e all’istruzione come variabili non solo interdipendenti, ma legate anche al contesto comunicativo in cui si inseriscono, è una strategia per relativizzare l’adesione ai modelli ed attenersi al compito didattico. Modularità Una scelta particolarmente significativa che favorisce anche l’introduzione dei nuovi media è la modularità. Di gran moda nell’ultimo decennio del secolo passato, fino a qualche anno fa, prevista a pieno titolo anche in molti documenti ministeriali, oggi più presente – forse - nei manuali scolastici che nella pratica didattica. “Ciascun modulo è una parte significativa, altamente omogenea ed unitaria di un più esteso percorso formativo, disciplinare o pluri, multi, interdisciplinare programmato, una parte del tutto, ma in grado di assolvere ben specifiche funzioni e di far perseguire ben precisi obiettivi cognitivi verificabili, documentabili e capitalizzabili…che garantiscano la promozione di conoscenze e competenze talmente significative da modificare la mappa cognitiva e la rete dei saperi precedentemente posseduti”.31 Può sembrare paradossale l’evocazione della modularità tra i suggerimenti per l’adozione di una didattica contaminata, crossmediale, e via dicendo…in realtà, sono molti gli aspetti di vicinanza con le caratteristiche dei nuovi media: il risultato valutabile la personalizzazione La parcellizzazione dei contenuti L’organizzazione reticolare dell’apprendimento La conservazione e riproducibilità dei materiali e dei risultati 29
P. Lévy, Cybercultura, Feltrinelli, Milano 2001, p. 127. B. G. Wilson, What is a constructivist learning environment, in B. G. Wilson, (a cura di), Constructivist learning environments: Case studies in instructional design, Educational Technology Publications, Englewood Cliffs, 2006, pp. 3-8. 31 G. Domenici, Manuale dell’orientamento e della letteratura modulare, Laterza, Roma-Bari 1998, p. 117. 30
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E, soprattutto, permette di ancorare una didattica che impiega strategie molto dinamiche a dei paletti di riferimento prima che contenutistici, metodologici e temporali. Orizzontale e verticale Il sapere che si diffonde oggi nell’economia della conoscenza è un “sapereflusso”32. La celebre definizione di Pierre Lévy è alla base “la transizione tra un’educazione e una formazione strettamente istituzionalizzate e una situazione di scambio generalizzato dei saperi, d’insegnamento della società a se stessa, di riconoscimento autogestito, mobile e contestuale delle competenze”33. Ma come esorcizzare nell’accelerazione di tempi e modalità, il “demone della facilità”34 che accompagna questo fenomeno? Come recuperare l’associazione tra “insegnamento e riconoscimento dei saperi”35? Una ricetta in senso assoluto non c’è. Ma per sfuggire alla levigazione, all’appiattimento che il flusso con la sua istantaneità porta con sè, è necessario dare dimensioni al modo di vivere “l’immersione”. Per dare queste dimensioni nell’ambito dell’insegnamento/apprendimento, in prima battuta si deve orientare all’orizzontalità, nel senso di cogliere le occasioni della rete per emergere dal flusso e leggere un libro, vedere un’opera d’arte, toccare un manufatto, completando un percorso iniziato in internet, spaziando in tutti I media a disposizione, contaminando cyberspazio, simulazioni, realtà, in maniera diffusa. Poi, in seconda battuta, orientare alla verticalità, vale a dire programmare tempi ed occasioni dell’uso dei nuovi media in relazione all’approfondimento, all’espressione di un giudizio, di una valutazione, di un “corner” di pensiero; magari espresso con gli stessi media, in audio o immagine. Non solo per esprimere se stessi, ma anche per cogliere le potenzialità dei nuovi media coerentemente alla loro natura, secondo una concezione attiva e protagonista di hardware, software e internet. Per concludere: Integrare e programmare Il filo rosso che sottende queste ipotesi di lavoro è l’integrazione dei media nell’insegnamento/apprendimento. Un’idea di didattica integrata prevede non solo l’impiego coordinato di differenti tecnologie didattiche, ognuna in maniera coerente rispetto 32
P. Lévy, Cybercultura, Feltrinelli, Milano 2001, p. 169. ivi, p. 168 34 “La nostra cultura ormai scansa ogni sentore di fatica, ogni peso, ogni difficoltà”, M. Lodoli, I miei ragazzi insidiati dal demone della facilità, in La repubblica, 6 novembre 2002. 33
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al proprio statuto, ma anche l’integrazione dell’espressione e delle sue realizzazioni, orali e scritte, con media differenti - immagini, audio, video - nei formati resi possibili e facilmente accessibili dalle nuove tecnologie (vedi esempi nella tabella in appendice). L’introduzione dei nuovi media nella didattica quotidiana passa, in primo luogo, attraverso un approccio “alto” di scelta (o scelte, secondo l’impostazione qui avanzata) metodologica che tenga presente coordinate centrate su chi apprende e, in secondo luogo, attraverso una serie di opzioni che implicano quotidianamente la programmazione. Ma, probabilmente, in un’epoca di crisi e revisione dei saperi, con il rischio sul fronte tecnologia di un’oggettivizzazione estrema dei contenuti didattici e di fruizione acritica degli stessi, quello che qui si indica come metodo - l’integrazione dei media come strumento per il pensiero – diventa esso stesso oggetto della pratica didattica: insegnare l’integrazione dei media come modello di lettura critica. A fronte della maggior semplicità del reperimento delle informazioni e di una crescente difficoltà a costruire competenze che abbiano la solidità minima per affrontare la sfida del loro continuo modellamento, dalla scuola all’età adulta – ma anche dal formale all’informale - “il possibile”36 della scuola può essere aiutare a mettere insieme il patrimonio che deriva dalla tradizione degli studi umanistici e le prospettive policentriche attraverso la collocazione e il corretto impiego dei media con cui ci siamo espressi, ci esprimiamo e ci esprimeremo, ognuno nel suo coerente contesto di significato e di riferimento.
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P. Lévy, Cybercultura, Feltrinelli, Milano 2001, p. 171. Parafrasando Bruner che indica la letteratura come il “possibile” a fronte del passato della storia e del presente degli studi sociali, J. Bruner, La cultura dell’educazione, Feltrinelli, Milano 2002, p. 100. 36
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Appendice Potenzialità
Esempi
di
attività
di Esempi di attività didattica
dell’hardware
insegnamento/apprendimento
con i nuovi media
“tradizionale” Comunicazione
Lezione frontale
Realizzare una presentazione multimediale con link alla rete
Scambio
e
•
Relazione di gruppo
Utilizzare un software per la
condivisione (social
•
recensioni
scrittura condivisa, utilizzare un
network)
blog
Documentazione
•
Raccogliere
tutti
i
lavori Utilizzare
ambiente
apprendimento
svolti da ogni studente •
un
o
un
di
blog;
organizzare uno schedario lavorare sull’organizzazione dei preferiti
delle fonti
di
internet
strumento
come
condiviso
di
conoscenza Visualizzazione
•
Illustrare un testo
•
Illustrare
Utilizzare
proiettore
fenomeno collegato ad un PC e alla rete
un
scientifico, per
storico,
visualizzare
testi,
foto,
filmati, simulazioni
geografico Riproducibilità
un
e Il testo non è più un’entità chiusa e
modifica
protetta, ma sta tornando a essere un oggetto aperto e penetrabile, liberamente
copiabile
e
interpolabile senza limiti Organizzazione
Esposizione orale dello studente
Utilizzare una mappa come guida
al brainstorming,
studio
individuale
allo e
all’esposizione Multimedialità
e
•
rappresentazione
Analizzare
le
comunicazione
forme
di Utilizzare
una
lavagna
scientifica, interattiva multimediale e un
letteraria, artistica, musicale, proiettore per presentare (e •
Lettura ad alta voce
modificare) un percorso di testi, immagini e suoni; presentare
12
•
attraverso un
Rappresentare
testo
con
simboli
immagini e suoni, idee e visualizzare
per
accenti
e
sottolineature che facilitino le
concetti
modalità di lettura ad alta voce Ricerca
Utilizzare internet per accedere
•
Lettura dei giornali,
•
ricerca delle fonti o sul alle edizioni on line di svariati giornali;
lessico •
sviluppare
aggiornamento continuo su webquest un determinato argomento
per
una
definire
un
contesto culturale; utilizzare un wiki
come
personale
glossarietto
o
di
gruppo;
utilizzare un aggregatore di RSS
per
essere
quotidianamente
aggiornati
sulle novità di un particolare ambito Reiteratività
Esercizi di recupero e rinforzo
Utilizzare un learning object con
esercizio
finale
di
autovalutazione e farlo ripetere di continuo per migliorare la performance Interattività
Proporre un modello teorico e Utilizzare
una
simulazione
farlo modificare agli studenti
grafica o matematica in cui tutti
Lavorare sulle autocorrezioni
i
studenti,
partendo
dalla
presentazione del professore, possano modificarla a proprio piacimento; utilizzare un testo su una lavagna interattiva su cui, in tempo reale correggere ed
autocorreggere
conservando le varie versioni Costruzione
Relazione
su
un’esperienza Realizzare
(esperimento, lettura, gita) 13
un
ipertesto
multimediale o una raccolta di
file multimediali da scaricare su un blog (podcasting) Personalizzazione
Assegnare compiti distinti per il Utilizzare profili differenti in un potenziamento,
il
recupero,
rinforzo degli apprendimenti
il ambiente di apprendimento per assegnare ad ogni studente, o a
gruppi
percorso
di
studenti,
un
personalizzato
di
Learning Object Gioco
Introdurre
argomenti
anche Utilizzare giochi interattivi con
complessi in modo accattivante Modelli simulazioni
lettere, numeri, ecc.
e Analizzare un fenomeno e cercare Utilizzare un foglio di calcolo di riprodurne le caratteristiche
14
impostandone le variabili