www.corrieredilivorno.com Giovedì 12 novembre 2009
livorno
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IL CASO Una dipendente si accorge che le cifre a lei retribuite non sarebbero congrue. E mette in campo un legale
«Cassa integrazione, i conti non tornano» Una lavoratrice muove l'accusa contro l'Inps. L'avvocato: «La previdenza non retribuisce secondo legge» di Giacomo Niccolini
[email protected] LIVORNO - C'è qualcosa che non
va quando un lavoratore, a fine mese, pretende che gli sia pagato quanto gli spetta di cassa integrazione (non a zero ore) e quando quella cifra, da legge pattuita, non è invece presente nella sua busta paga. E potrebbe essere qualcosa di grande che riguarda non solo Livorno ma tutto il mondo dei cassaintegrati nazionale. La denuncia parte da una dipendente, che chiameremo Maria Rossi per evitare possibili ripercussioni sul suo posto di lavoro, la quale si è accorta che, applicando i calcoli secondo la legge del 13 agosto 1980 n.427 (quella che regola le retribuzioni sulla cassa integrazione), sarebbero mancati qualche euro nella sua busta paga. Per l'esattezza 1529 euro che non le sarebbero stati erogati dal datore di lavoro (che applica le direttive Inps anche se in contrasto con la legge, secondo quanto denunciato). Ed è la cifra che la stessa Maria Rossi ha richiesto all'Inps impugnando la legge in mano punto per punto. E' così che la dipendente di questa ditta si è rivolta prima ad un amico, Alessandro Ciaramella, che l'ha aiutata a districarsi tra numeri e normative, poi a un avvocato, Anna Maria Sinno, entrando così nel merito della questione. La causa è ancora ai nastri di partenza e non è ancora stata depositata. Ma tutto è pronto sulla scrivania del legale Sinno per una richiesta di risarcimento che potrebbe essere l'apripista per una causa collettiva. «Il problema» spiega l'avvocato Sinno, «è che l'Inps non sembra applicare la legge per come è scritta, e alla
n L'avvocato Anna Maria Sinno
E' pronta una causa "apripista" anche a livello nazionale fine i conti non tornano. La prima legge in materia dei cassa integrati, il decreto Luogotenenziale del 9 novembre del 1945, e in seguito quella del 13 agosto del 1980 numero 427, che introduce per la prima volta i massimali mensili, parla chiaro: la cassa integrazione va pagata per l'80% della retribuzione globale che sarebbe spettata per le ore di lavoro non prestate e non superiore al massimale mensile, stabilito anno per anno. Tale massimale mensile va comunque rapportato alle ore di cassa integrazione ordinaria autorizzata. Bene, questo è quanto dice la legge. Ma l'Inps tramite le sue
n Questa lo specchietto riassuntivo della situazione della lavoratrice. Come si vede mancherebbero degli euro
n Alessandro Ciaramella. E' lui l'amico della presunta vittima che ha aiutato a trovare il probabile inghippo
circolari fa sì che per i cassaintegrati non a zero ore la legge sia applicata in maniera differente. Come? Dividendo il massimale mensile per le ore lavorative del mese e non per le ore di Cassa Integrazione ordinaria
DEPOSIZIONI Parlano gli agenti della polizia che intervennero quella sera LIVORNO - «Quel fondo era una
vera e propria fumeria», spiega l'agente della polizia Gianluca Panattoni al pm Giaconi in aula nel processo nei confronti del diciottenne Samuele Manzi imputato di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente. «C'era un po' di tutto all'interno di quella cantina», continua il poliziotto, «mobili vecchi e scacchi della spazzatura. E' lì che trovammo sul letto hashish e su un tavolino vicino anche una bilancina di precisione, delle buste di plastica per impacchettare e un taglierino». A testimoniare per la pubblica accusa davanti al collegio del tribunale anche il poliziotto Andrea Cellai che quella sera di settembre partecipò all'azione che portò in seguito all'arresto Samuele Manzi.
autorizzate. In pratica dividendo il massimale mensile per le ore lavorative del mese, viene creato un massimale orario che non è previsto in nessuna riga del testo di legge». Un esempio? «Molto semplice. Un cassaintegrato che percepisce una retribuzione lorda mensile di 2.000 comprensiva di ratei XIII, XIV ecc., in un mese di 20 giorni fa 10 giorni di cassa integrazione; secondo le normative Inps gli verranno integrati 532 contro 800 che sarebbero spettati seguendo la legge, integrando così l’80% della retribuzione e non superando il massimale mensile». In base alla richiesta di risarcimento, inoltrata dall’avvocato Sinno nei confronti dell’Inps è stata data come risposta che i conteggi vengono effettuati dal datore di lavoro. Ma il datore di lavoro non può far altro che
seguire le normative imposte dall'Inps. Una sorta di cane che si rincorre la coda. Tutto l'incartamento è stato inviato anche al ministero delle Economia e delle Finanze e del Lavoro da ben due mesi. Ma per adesso tutto tace. Se il silenzio continuerà l'avvocato Sinno è pronto a stendere sul panno verde l'asso della causa legale. «In questa maniera», aggiunge Ciaramella che da un anno è immerso tra leggi e carte per sbrogliare la matassa, «viene ribaltato completamente il senso della legge. L'Inps userebbe così come schermo i datori di lavoro impedendo la possibilità ai cassa integrati di reclamare direttamente all'ente erogatore un diritto sancito, in quanto come già detto il datore di lavoro non può cambiare i parametri di calcolo fissati dall'Inps».
DELITTO DI PIOMBINO L'udienza è stata fissata dal gip il 3 febbraio
«Era una vera e propria fumeria» Omicidio di Ghiaccioni In aula il "coffe shop" sugli Scali a giudizio sei indagati «Addosso all'imputato fu trovato anche un foglietto con nomi e con delle cifre accanto ai nomi. L'imputato si giustificò che quei numeri erano relativi ai compensi da avere per l'affitto del fondo». Tutto è stato rinviato al 25 novembre quando in aula verranno ascoltati due testimone chiave. Due ragazzi minorenni presenti anche loro quella sera all'interno dei locali e che in un primo momento avevano dichiarato che la sostanza stupefacente era di loro proprietà. Dichiarazione poi ritrattata una volta in questura e trasformata in una sorta di accusa nei confronti dell'imputato.
L'INCHIESTA Dalla procura rassicurano: «Entro l'anno fine dell'indagine»
LIVORNO - Il 21 dicembre del
n Dentro il fondo trovati spinelli
2007, Natalina Meschini morì tra le mura di casa sua a Ghiaccioni, una piccola frazione di Piombino. A circa due anni da quel misterioso decesso sono state rinviate a giudizio dal gip Marinai del tribunale di Livorno sei persone per quell'omicidio che l'accusa ha inquadrato come "a scopo di rapina". Secondo il pm Pino Loi, 54 anni, e Luca Serafini, 45 anni, avrebbero ucciso Natalina Meschini in camera da letto per poi rapinarla di circa mille euro, un anello e un orologio d'oro. Ad Antonio Criscitiello, 65 anni,
al figlio della vittima Alfredo Pietrini e a Pino Loi, la procura contesta di aver acquistato e detenuto una pistola. Tra i prossimi imputati ci sono anche Giancarlo Paponi, di 50 anni, e Ionio Becherini, 63. Loro dovranno rispondere dell'accusa di false dichiarazioni al pm al fine di aiutare Luca Serafni fornendogli così un falso alibi. La prima udienza è fissata per il 3 febbraio del 2010. Il pool difensivo è convinto che al momento manchino «gravi indizi di colpevolezza e il movente». Adesso la parola spetterà all'aula.
LA DIFESA L'avvocato Davini: «Inutile ribattere al giudice di Livorno. Daremo spiegazioni a Pistoia»
A Roma niente corteo per Lonzi Gli antagonisti in silenzio davanti al gip Ciuffi oggi intervistata da Rai 3 Si avvalgono della facoltà di non rispondere LIVORNO - Doveva essere oggi a
Roma accanto alla mamma di Stefano Cucchi. Maria Ciuffi, madre di Marcello Lonzi, il ragazzo morto in carcere l'11 luglio del 2003 in circostanze misteriose non sarà invece nella Capitale a manifestare davanti al Quirinale per la verità sul decesso di suo figlio. A negare la manifestazione proprio la digos romana che detto no ai manifestanti proprio perché in zona sembra che ci sia un altro
corteo già messo in programma. Intanto Maria Ciuffi sarà ospite a Rai 3 proprio stasera nell'edizione nazionale. Una giornalista le farà visita a domicilio per fare il punto della situazione dell'inchiesta relativa alla morte di suo figlio. Inchiesta che da via Falcone e Borsellino rassicurano che si chiuderà entro la fine dell'anno. E intanto prima dell'inizio di dicembre il pm Giaconi attende l'ultima perizia medico legale da Siena. Poi tutta la verità.
LIVORNO - Non hanno risposto
alle domande del gip livornese i due antagonisti, Vittorio Colombo e Selvaggio Casella, durante l'udienza di convalida a loro carico svolta nei locali di via Falcone e Borsellino. I due, finiti ai domiciliari a un mese di distanza dalla devastazione di Casa Pound a Pistoia, ieri si sono presentati su rogatoria in tribunale a Livorno . «Era inutile rispondere in questa sede alle domande del gip»,
afferma l'avvocato Silvia Davini che difende gli indagati. «Risponderemo e negheremo ogni addebito al momento che ce ne sarà data l'opportunità davanti ai pm di Pistoia. Ieri era completamente ininfluente rendere delle dichiarazioni davanti a un giudice che con questa vicenda non ha niente a che vedere. L'udienza è stata fatta qui su rogatoria ma ripeto, era vano rispondere oggi alle contestazioni mosse».
n Il corteo degli Antagonisti