Siti di Importanza Comunitaria e loro tutela In Italia la Rete Natura 2000, ai sensi della Direttiva "Habitat", è costituita dalle Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e dalle Zone di Protezione Speciale(ZPS). Attualmente la "rete" è composta da due tipi di aree: le Zone di Protezione Speciale (ZPS), previste dalla Direttiva "Uccelli", e i Siti di Importanza Comunitaria (SIC); tali zone possono avere tra loro diverse relazioni spaziali, dalla totale sovrapposizione alla completa separazione. Come riscontrabile a seguito di un raffronto cartografico, parte dell’area individuata per la realizzazione degli impianti di trattamento dei rifiuti a Bellolampo, tra i quali è prevista anche la costruzione di un impianto di incenerimento degli stessi, ricade all’interno della zona pSIC denominata “ITA 020023 Raffo Rosso, Monte Cuccio e Vallone di Sagana” ed individuata ai sensi della Direttiva n. 92/43/CEE "Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche" (generalmente denominata Direttiva "Habitat"); come peraltro riscontrabile negli elenchi contenuti nell’allegato A al Decreto 25 marzo 2005 (C.U 157 dell’8 luglio 2005 “Elenco dei proposti siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea, ai sensi della direttiva 92/43/CEE”). Il SIC oggetto di intervento presenta ben 7 habitat protetti dalla UE, di cui uno prioritario, alcune specie di Uccelli e di piante endemiche. Parte del citato sito pSIC può, invece, essere considerato come area seminaturale, ma ciò non pregiudica la necessità di una sua tutela, anzi, nello stesso titolo della Direttiva "Habitat" viene specificato l'obiettivo di conservare non solo gli habitat naturali (quelli meno modificati dall'uomo) ma anche quelli seminaturali (come le aree ad agricoltura tradizionale, i boschi utilizzati, i pascoli, ecc.). Con ció viene riconosciuto il valore, per la conservazione della biodiversità a livello europeo, di tutte quelle aree nelle quali la secolare presenza dell'uomo e delle sue attività tradizionali ha permesso il mantenimento di un equilibrio tra uomo e natura. Alle aree agricole, per esempio, sono legate numerose specie animali e vegetali ormai rare e minacciate per la cui sopravvivenza è necessaria la prosecuzione e la valorizzazione delle attività tradizionali, come il pascolo o l'agricoltura non intensiva. Si è rilevato, inoltre, che una gran parte degli impianti progettati ricade all'interno della ZPS Cod. ITA 020049 Monte Pecoraro e Pizzo Cirino istituita con DA del 21 febbraio 2005 pubblicato in GURS n. 42 del 7 ottobre 2005. Le ZPS sono state equiparate a Riserve Naturali dello Stato con la Delibera del Ministro dell'Ambiente del 2 dicembre 1996 e pertanto la ZPS in oggetto è equiparata a Riserva Naturale dello Stato. Le norme di tutela ambientale di cui all'art. 6 della LN 394/91 sono a tutt'oggi vigenti e devono essere applicate all'area in questione. L'art. 6 della 394/91 prevede espressamente che in tali aree siano vietate tutte le nuove costruzioni, a maggior ragione impianti per il trattamento di rifiuti." A causa della specifica natura dell’intervento previsto, un impianto di incenerimento di rifiuti che produrrà fumi e polveri, la dispersione degli elementi volatili della combustione avverrà, per effetti meteorici e venti particolari, su di una superficie che va ben al di là dei meri confini del lotto di terreno all’interno del quale se ne prevede la realizzazione; questa dispersione potrebbe quindi avere possibili effetti negativi non solo sull’area sulla quale insisterà l’impianto e sulla limitrofa aerea pSic citata, ma sulle altre aree da sottoporre a tutela individuate nelle vicinanze ai sensi della Dir. 92/43/CEE, sia come pSic che come Zps; nello specifico sulle aree denominate rispettivamente: pSIC ITA 020006 Capo Gallo; che è anche Riserva Naturale Orientata/integrale; ITA 020009 Cala Rossa e Capo Rama;
ITA 020012 Valle del fiume Oreto; ITA 020014 Monte Pellegrino; che è anche Riserva Naturale Orientata ITA 020026 M.Pizzuta, Costa del Carpineto, Moarda, che è pure Riserva Naturale Orientata ITA 020044 Monte Grifone; ITA 020021 Montagna Longa, Pizzo Montanello; ITA 020030 Monte Matassaro, M.Gradara, e M. Signora; ITA 020047 Fondali Isola delle Femmine, Capo Gallo; che è anche Riserva Marina; e ZPS ITA 020027 Monte Iato, Kumeta, Maganoce e Pizzo Parrino; ITA 020013 Lago di Piana degli Albanesi. Si ricorda inoltre che la necessità di sottoporre a tutela le aree Sic e Zps è stata recentemente ribadita sia da parte del Commissario dello Stato che da parte del Tar Sicilia: nel primo caso, il 27 aprile del 2007 il Commissario dello Stato ha impugnato il DDL 513 nella parte che indeboliva il sistema di tutela dei Siti di Importanza Comunitaria. Lo stesso giorno l’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente emanava un decreto con il quale le Zone di Protezione Speciale e le Zone Speciali di Conservazione non venivano più considerate aree naturali protette e venivano sottratte al sistema di tutela fissato dallo Stato: decreto successivamente sospeso dall’ordinanza del 17 luglio 2007, a cura della Prima Sezione del TAR Sicilia – Sede di Palermo. Come previsto dall’art. 5 comma 4 della L. 357/97, poi successivamente modificato ed integrato dal D.P.R. 120 del 12 marzo 2003: “Per i progetti assoggettati a procedura di valutazione di impatto ambientale, ai sensi dell'articolo 6 della legge 8 luglio 1986, n.349, e del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 210 del 7 settembre 1996, e successive modificazioni ed integrazioni, che interessano proposti siti di importanza comunitaria, siti di importanza comunitaria e zone speciali di conservazione, […], la valutazione di incidenza è ricompresa nell'ambito della predetta procedura che, in tal caso, considera anche gli effetti diretti ed indiretti dei progetti sugli habitat e sulle specie per i quali detti siti e zone sono stati individuati. A tale fine lo studio di impatto ambientale predisposto dal proponente deve contenere gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le finalità conservative previste dal presente regolamento, facendo riferimento agli indirizzi di cui all'allegato G. Dai dati in nostro possesso la procedura di V.I.A. (che avrebbe dovuto includere anche la redazione della valutazione di incidenza), è stata innanzitutto avviata e valutata per una centrale termoelettrica e non per un inceneritore di rifiuti ed inoltre e soprattutto, per le modalità con le quali è stata realizzata, non è risultata coerente: -né con le prescrizioni sulla partecipazione dei cittadini stabilite ai sensi dell’art. 6 della Convenzione di Aahrus; -né con le modalità di partecipazione attiva previste dall’art. 6 della Direttiva 85/337/CEE 27 giugno 1985, e dalle relative modifiche apportate a seguito dell’emanazione delle direttive 97/11/CE (G.U.C.E 14 marzo 1997, n. L073) e 2003/35/CE (G.U.C.E 25 giugno 2003, n. L 156/17). Si fa in particolare riferimento al comma 4 del citato art. 6 laddove “Al pubblico interessato vengono offerte tempestive ed effettive opportunità di partecipazione alle procedure decisionali in materia ambientale di cui all'articolo 2, paragrafo 2. A tal fine, esso ha il diritto di esprimere osservazioni e pareri alla o alle autorità competenti quando tutte le opzioni sono aperte prima che venga adottata la decisione sulla domanda di autorizzazione”; né con quanto previsto, per esempio, ai sensi dell’ art. 5, comma 3, trattini 3 e 4 dove è espressamente indicato che: “Le informazioni che il committente deve fornire a norma del paragrafo 1 comprendono almeno:
-i dati necessari per individuare e valutare i principali effetti che il progetto può avere sull'ambiente Da quanto è possibile apprendere dallo stesso “Parere di compatibilità con prescrizioni” n. 590 del 10 giugno 2004 emesso dalla commissione per la valutazione di impatto ambientale: -non sono, per esempio, presenti indicazioni riguardanti le emissioni inquinanti caratteristiche degli impianti; -mancano le simulazioni per le emissioni di diossine, furani, IPA, metalli pesanti; -non c’è traccia della valutazione sulla catena biologica e sulla salute umana derivante dall’emissione e dispersione nell’ambiente delle predette diossine, furani, IPA, metalli pesanti; Si segnala che a parte l’evidente contrasto con qualsiasi normativa in materia e con l’applicazione del principio di precauzione, ciò è anche in contrasto con quanto previsto dal Regolamento per la gestione dei rifiuti urbani, approvato con atto del Consiglio Comunale di Palermo n° 93 del 16/05/02, laddove, al punto E.1.1, è chiaramente indicato che “Il Comune promuove la definizione di idonee forme organizzative dei servizi di conferimento, al fine di favorire la selezione di materiali da destinarsi al reimpiego, al riciclaggio, al recupero, alla produzione di energia senza pericolo per la salute dell’uomo e senza pregiudizio all’ambiente ai sensi delle finalità dell’art. 2 del D. Lgs n. 22/97”. Se non esistono analisi sulle possibilità di trasmissione dei prodotti dell’incenerimento (fumi, polveri, residui), all’interno della catena biologica, come sarà possibile stabilire se l’impianto è o meno fonte di “pericolo per la salute dell’uomo” e causa di “pregiudizio all’ambiente”. E ciò non invalida la concessione dell’area di Bellolampo da parte del comune di Palermo all’Amia e da questa al gestore dell’impianto di incenerimento? -non sono state utilizzate appropriate indagini geognostiche (il che è assai preoccupante anche dal punto di vista delle possibili conseguenze idrogeologiche alla luce della previsione di stoccaggio sulla medesima area dei residui di incenerimento). -una descrizione sommaria delle principali alternative prese in esame dal committente, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell'impatto ambientale; A differenza di quanto obbligatoriamente previsto non sono state neanche ipotizzate soluzioni tecniche di smaltimento né siti alternativi, e neppure il confronto con l’opzione zero, vale a dire la non realizzazione dell’impianto. Sempre a proposito della valutazione di incidenza, la direttiva 92/43/CEE, art. 6 comma 3, stabilisce inoltre che “Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito (e non vi è ombra di dubbio che l’inceneritore sicuramente non serve per la gestione dell’aera pSIC) ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell'incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell'incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l'integrità del sito in causa e, se del caso, PREVIO PARERE DELL'OPINIONE PUBBLICA”. La mancanza di tutti questi dati non può che compromettere la redazione di corrette analisi di compatibilità dell’impatto e dell’incidenza dell’intervento previsto sia nei confronti dell’area
pSic nella quale ricade o sulla quale ricadranno comunque polveri, emissioni e scarti di incenerimento, sia nei confronti delle pSic e Zps limitrofe. Va inoltre evidenziato il fatto che nonostante l’iter autorizzativo non sia ancora concluso (ed infatti solo adesso si sta procedendo alla procedura di A.I.A) i lavori sull’area di Bellolampo sono stati già iniziati, ciò in palese contrasto con quanto dichiarato dal citato comma 4 dell’art. 6 “quando tutte le opzioni sono aperte prima che venga adottata la decisione sulla domanda di autorizzazione” ed in contrasto con le stesse prescrizioni del parere della commissione V.I.A. laddove si prescriveva la “realizzazione: -di una Campagna di monitoraggio ante operam per la qualità dell’aria, per il rumore per uniformare i progetti esecutivi al DM 01/04/01 e salute pubblica, per i siti in cui ricadono i “termovalorizzatori”. E’ inequivocabile che l’espressione “ante operam” significa prima della realizzazione delle opere! Inoltre, per potere procedere alla realizzazione dell’opera ed all’inizio dei lavori sarebbe stato necessaria ed obbligatoria l’emanazione, da parte del Ministero dell’Ambiente e previo parere da parte della commissione V.I.A., di un “Decreto di V.I.A.”; invece, come è possibile dedurre anche nell’Ordinanza Commissariale del 29 novembre 2004 (pubblicata in G.U.R.S. 21 Gennaio 2005 n. 3) il Ministro dell'ambiente e della Tutela del Territorio, con nota prot. Gab./2004/6534/B09 del 5 luglio 2004, ha trasmesso solamente il parere, favorevole con prescrizioni, n. 590 del 10 giugno 2004, reso dalla commissione per la valutazione di impatto ambientale. Che non sia stato emesso un Decreto di V.I.A. è oltremodo visibile anche attraverso la consultazione del sito del Ministero dell’Ambiente, laddove, all’indirizzo di seguito indicato non risulta incluso alcun Decreto riguardante l’impianto di Bellolampo: http://www.minambiente.it/index.php?id_sezione=320&sid=a1b9ea845011bf9aa09d0de566e0e66e Tale parere, come dichiarato nella citata Ordinanza Commissariale del 29 novembre 2004, è stato emesso ai sensi del comma 4, art. 2 dell'D.P.C.M. n. 3334 del 23 gennaio 2004 che stabilisce: “Il commissario delegato, per la valutazione della compatibilità ambientale dei progetti relativi ai sistemi per l'utilizzo della frazione residua dei rifiuti urbani, al netto della raccolta differenziata, prodotti nei Comuni della Regione siciliana, da destinare agli impianti di termovalorizzazione, con recupero di energia, si avvale, in deroga rispettivamente all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996, e successive modifiche ed integrazioni, agli articoli 1 e 6, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988, n. 377, e successive modifiche ed integrazioni, ed all'articolo 91 della legge regionale 3 maggio 2001, n. 6, e relativi regolamenti di attuazione, della commissione di cui all'articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modifiche ed integrazioni, che si esprime entro quarantacinque giorni dalla richiesta. Tale norma però, a nostro giudizio, non andrebbe applicata, in quanto derogando a tutta una serie di norme di recepimento ed applicazione di direttive comunitarie, risulta: -in palese contrasto sia con il dovere di dare pieno e corretto adempimento agli obblighi comunitari, fondato sull'art. 5 del Trattato di Roma e sull'art. 11 della Costituzione, ed inoltre: -in palese contrasto con le considerazioni della sentenza della corte costituzionale n. 389 del 1989 ed il quasi concomitante pronunciamento della Corte di giustizia europea (sentenza 22 giugno 1989, in causa n. 103/1988): entrambe relativi al contrasto tra norma interna e norma comunitaria e che hanno riconosciuto che gli organi della pubblica amministrazione, (soggetti sforniti del potere di dichiarazione del diritto), sono vincolati a non dare applicazione alle norme interne confliggenti con quelle comunitarie ed inoltre che la "non applicazione" della norma interna confliggente con quella
comunitaria non fa venir meno "l'esigenza che gli Stati membri apportino le necessarie modificazioni o abrogazioni del proprio diritto interno al fine di depurarlo da eventuali incompatibilità o disarmonie con le prevalenti norme comunitarie"; -in palese contrasto con quanto stabilito nella sentenza n. 384 del 1994 della Corte costituzionale, con la quale, nell'ambito di un giudizio di costituzionalità sollevato in via principale avverso una legge regionale (ma lo stesso, riteniamo, dovrebbe valere anche con una norma dello Stato), ha affermato l'esigenza di depurare l'ordinamento nazionale da norme incompatibili con quelle comunitarie, dichiarando inoltre l'illegittimità costituzionale di una legge della Regione Umbria ritenuta contrastante con norme di regolamento comunitario; -in palese contrasto, infine, con le considerazioni espresse dalla sentenza della corte di Cassazione 2006 Ordinanza n. 1414 e con il rischio di pregiudizio degli obiettivi comunitari di salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente e di protezione della salute umana di cui all'art. 174 (ex 130 R) del Trattato CE e degli obblighi di leale cooperazione di cui all'art. 10 (ex 5) del medesimo Trattato; Preme ancora una volta ribadire che i prodotti della combustione (diossine, furani, policlorobifenili, idrocarburi policiclici e metalli pesanti) che si manifestano sotto forma di milioni di metri cubi di gas e ceneri volanti (che escono dai camini e contaminano il mondo vegetale) e di milioni di tonnellate di ceneri di fondo (che si depositano alla base delle caldaie e devono essere “smaltiti” in discariche di rifiuti speciali, che provocheranno problemi di percolamento con conseguente avvelenamento delle falde idriche), avranno chiare ripercussioni su atmosfera, suolo ed acqua e di riflesso sia sulla salute umana, sia sulla presenza di Siti per i quale sussiste la necessità di garantire il mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat di specie per la cui tutela sono state designate le zone di protezione speciale ai sensi delle citate direttive n. 79/409/CEE e n. 92/43/CE. Alla luce di tutte le manchevolezze evidenziate è consequenziale che se, nell’adempimento della valutazione di incidenza si fosse correttamente proceduto secondo: -le modalità delineate nella guida metodologica "Assessment of plans and projects significantly affecting Natura 2000 sites. Methodological guidance on the provisions of Article 6 (3) and (4) of the Habitats Directive 92/43/EEC" (redatto dalla Oxford Brookes University per conto della Commissione Europea DG Ambiente, come indicato nel sito del Ministero dell’Ambiente); -secondo quanto previsto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, dei relativi Allegati e delle relative successive modifiche ed integrazioni (in part. il Decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003, n.120); -ed infine anche ai sensi delle linee guida per la gestione dei siti Natura 2000, emanate con decreto del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio del 3 settembre 2002 (G.U.R.I. n. 224 del 24 luglio 2002) con ogni probabilità si sarebbe ottenuta una valutazione negativa. Alla luce di tutte le considerazione fin qui fatte e tenuto conto che, a nostro giudizio, c’è stato sia un palese mancato rispetto della procedura di V.I.A. (e della valutazione di incidenza ad essa integrata), l’intera procedura deve essere dichiarata non valida e si richiede pertanto di desistere dal proseguimento dell’iter autorizzativo per l’impianto di incenerimento e di procedere alla bocciatura ed al blocco della realizzazione dell’opera.