Angelo terreno
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Introduzione. "Angelo terreno" è stato il mio primo tentativo di letteratura. La sua gestazione è stata travagliata: dopo un lungo periodo di riflessioni personali, per un paio di anni ho preso appunti su varie considerazioni esistenziali, ma ogni volta trovavo i miei scritti insopportabilmente pesanti. L'idea di scrivere un romanzo breve mi venne nell'estate del 1992, mentre frequentavo l'università di Modena, ma per timidezza ho sempre rimandato i miei propositi. Amavo la letteratura, ero un accanito lettore, specialmente di romanzi storici e di fantascienza: come potevo pensare di imitare i grandi maestri come Wilbur Smith, Robert Heinlein o Marion Zimmer Bradley? Solo durante il gennaio del 1993, col mio primo personal computer, mi sono adoperato alla scrittura organica del racconto. In effetti, molto del divertimento che ho provato durante la scrittura consisteva proprio nel creare un "collante" narrativo per collegare i miei numerosi frammenti di filosofia spicciola. Fu come aprire la diga di un torrente. Non riuscivo a smettere di scrivere. Dopo due settimane il racconto era concluso. Lo rilessi parecchie volte, ma con un sorriso lo accantonai, come se fosse stato il frutto di una follia passeggera. 2
In seguito scrissi altri romanzi brevi, per il puro piacere di fissare le idee che mi frullavano in testa, ma per molti anni tutta la mia produzione rimase nascosta nei meandri delle cartelle di un vecchio computer. Finalmente nel 2007 (dopo più di 14 anni!) sono entrato casualmente in contatto con il sito www.lulu.com, che non ringrazierò mai abbastanza. Non mi riferisco solo al fatto di avere la soddisfazione di vedere realizzato un mio antico sogno sulla carta, stampato in un unica copia solo per il mio uso personale. Ciò che mi ha attratto maggiormante verso la pubblicazione su questo sito è la VITA che l'opera assume. Un'opera dimenticata, accantonata nei cassetti o nella memoria di un computer, è come un embrione abortito. Triste. Adesso so che la mia opera è VIVA, in attesa che chiunque voglia possa leggerla, anche gratis. Questa soddisfazione vale più di qualunque diritto d'autore.
Enrico Tassinari, maggio 2007
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1. Un nuovo arrivo Si era stabilita in paese già da parecchio tempo, ormai. Il suo nome era Silvana, ed abitava presso l'antico forno del paese, insieme a suo fratello Franco e alla coppia di anziani genitori. Era d'aspetto gradevole, piuttosto alta, robusta ma agile e aggraziata nei movimenti, capelli lunghi e castani, occhi verdi con una sfumatura nocciola. Non era bella di quella bellezza che fan voltare i ragazzi per strada, ma il suo fascino era magnetico. Di poche parole, semplice nel vestire, tranquilla, occhi intelligenti sempre attenti a ciò che le capitava intorno, Silvana emanava un alone di serenità. Ciò che più colpiva di lei era il portamento, leggero e aggraziato in ogni movimento, insieme all'espressione del suo viso: le sue labbra erano spesso atteggiate ad un accenno di sorriso, come se provasse divertimento davanti a qualsiasi situazione ma fosse troppo rispettosa per sorridere apertamente. Come tutte le donne taciturne, sembrava fin troppo intelligente, alla gioventù del paese. In un piccolo paese di campagna come Corlo la parrocchia gestiva ogni movimento giovanile: quei ragazzi che non si adeguavano erano considerati dei contestatori e venivano guardati con una sorta di diffidenza dai benpensanti. 4
Il "Gruppo Giovani" era l'associazione di tutti i ragazzi maggiorenni che avevano mantenuto buoni rapporti con la parrocchia. Nessuno si stupì, quindi, quando Silvana si presentò al gruppo: si pensò che volesse entrare in un ambiente sano, stimolante, all'ombra protettrice del parroco del paese. La sera della presentazione, Silvana si fece accompagnare da Carla, una assidua frequentatrice del Gruppo. Si erano conosciute all'università: frequentavano entrambe la facoltà di psicologia. Le prime apparizioni di Silvana non furono particolarmente degne di nota: si limitava a sorridere, ad assentire e a rispondere se interrogata. Non appariva affatto molto brillante. 2. Un uomo in cerca Dopo alcuni mesi giunse giugno, e con esso le attività formative del Gruppo Giovani. Quell'anno si sarebbe andati in Sardegna per un giro turistico a piedi lungo sentieri rurali: il trekking era tra le passioni degli organizzatori del gruppo. Tutti furono contenti che anche Silvana partecipasse: s'era fatta voler bene da chiunque. Ma uno era più contento degli altri. Era Filippo. Era un ragazzo particolare: acutissimo sotto certi aspetti ma molto impacciato sotto altri: in generale era affascinato dalla purezza della 5
teoria, mentre odiava i compromessi e le incongruenze della pratica. Studiava ingegneria e se la cavava molto bene in tutte le materie che non richiedessero grossi sforzi di memoria: lui voleva capire, non immagazzinare nozioni. Aveva numerosi e vari interessi: sport, chitarra, computer, cultura, fantascienza, scacchi... nulla era privo di interesse per lui. Alto, snello, un po' impacciato nei movimenti, era di indole tranquilla e amava riflettere su tutto: poteva passare ore sdraiato sul letto con la testa fra le nuvole, impegnato nei problemi più disparati e, spesso, irreali. Ma l'irrealtà non era un ostacolo per lui: il suo motto era: "Non ti limitare a pensare ciò che già è, pensa anche a ciò che sarebbe se...". Nessuna ipotesi era abbastanza assurda per lui, qualsiasi novità era uno spunto di riflessione. L'unica cosa che veramente odiava era l'incoerenza: rispettava chi la pensava diversamente da lui, a patto che non fosse incoerente. Aveva la stessa età di Silvana, 22 anni, e da parecchi anni suonava la chitarra in chiesa per animare la messa. Da ragazzino era stato un fervente cristiano, ma dopo qualche anno di riflessione aveva abbandonato la fede: era troppo incoerente per lui. Tuttavia continuava a suonare in chiesa, un po' per non perdere le vecchie amicizie, un po' perché era orgoglioso di prestare servizio in un'organizzazione che, nonostante i vari difetti, ha fatto anche molto bene all'umanità. Comunque non risparmiava 6
critiche alla Chiesa Cattolica. La Bibbia, poi, era il bersaglio preferito delle sue salaci battute: un disordinato miscuglio di leggende e storia condita con molta fantasia, tutto organizzato in modo da poter legittimare qualsiasi cosa e il suo contrario. Aveva studiato le Sacre Scritture abbastanza in profondità, al solo scopo di poter partecipare ad accese discussioni su di esse. Filippo si sentiva molto solo, e non capiva perché mai nessuno la pensasse come lui nonostante l'evidenza. Solo Silvana, con certi suoi sguardi, sembrava comprenderlo. 3. Primo approccio Si partì dunque per la Sardegna. Arrivati a traghetto.
Piombino
si
imbarcarono
su
un
La traversata del Tirreno si presentava lunga: quattro ore, da occupare osservando il mare, il cielo, la nave. Inizialmente Silvana non stava ferma un attimo: gironzolava su e giù per il traghetto e lo osservava con interesse, come se fosse incuriosita dai criteri coi quali era stato costruito. Dopo qualche tempo si mise a sedere a poppa, osservando la scia della nave. I venti ragazzi del gruppo erano sparsi per tutta la nave, per lo più sotto coperta, dove c'erano 7
stretti tavolini che potevano essere usati per giocare a carte, così Silvana era sola. Passò circa un quarto d'ora e lei non si muoveva, sembrava affascinata dal turbinio delle acque. Poi arrivò Filippo e si sedette accanto a lei. "Stupendo il mare, no?". Silvana rispose senza voltarsi. "Magnifico." "Sembra vivo. Guarda come si agita. Sembra quasi che sia stato disturbato un immenso essere vivente." "In un certo senso il mare è un essere vivente. Nasce, cresce, si riproduce e muore. Ci mette solo un po' più tempo di noi." "Dev'essere proprio una vita noiosa." Silvana si voltò lentamente e lo fissò sorridendo. "Direi proprio di no. Cos'è la noia? Solo il fastidio di sentirsi scorrere il tempo addosso. Il mare non si annoia mai!" Filippo restò gelato dallo stupore. Quella ragazza taciturna gli aveva dato una risposta che non si sarebbe mai aspettato. Gli sembrava che gli fossero state rubate le parole di bocca. D'un tratto si sentì imbarazzato: era lui che di solito confutava le frasi altrui e ne dimostrava l'assurdità. "Il mare forse no. Ma io al suo posto forse sì." "Tu al suo posto cosa preferiresti fare?" Accidenti! Due a zero. Filippo sorrise. "Hai ragione. Ho detto una stupidaggine. Forse 8
volevo solo chiacchierare un po'." Si sentiva un idiota. "Nessuna stupidaggine. antropocentrismo."
Semplice
"Già. Ritenere l'uomo al centro dell'universo. So che è razionalmente assurdo, ma viene spontaneo." "Non a tutti. E' una questione di allenamento. Basterebbe semplicemente considerarsi un minuscolo pezzetto di un immenso mosaico. Invece spesso l'uomo preferisce considerare l'universo come una immensa macchina al suo servizio. O addirittura come un suo simile." Accidenti, che lucidità! sentirsi più vicino a lei.
Filippo
cominciò
a
"Un suo simile? Ti riferisci a Dio?" "Già. Cosa c'è di meglio di un grande stregone dalla barba bianca per spiegare le stranezze di un mondo spesso ostile?" Filippo non credeva alle proprie orecchie. "Scusa... Posso farti una domanda? Tu... ci credi, in Dio?" Silvana tornò a guardare il mare. "Dio? Un grande burattinaio che fa di tutto per nascondersi e poi butta all'inferno le marionette che non credono in Lui? No. E' troppo facile attribuire la propria impotenza al capriccio di un Dio. Non serve ad altro che a legittimare la forza dei forti, e a giustificare la debolezza dei deboli." 9
"Ma saresti capace di dimostrare che Dio non esiste?" Silvana sorrise e lo guardò di traverso, mantenendo il viso diretto verso il mare. "No di certo. Il Dio dei Cristiani è stato progettato in modo che non si potesse dimostrare che non esiste. Altrimenti il Cristianesimo sarebbe sparito da secoli. Bella trovata: se tu non vedi Dio è perché non hai osservato abbastanza. Se non senti la Sua voce, non hai ascoltato abbastanza. Se non riesci a smuovere le montagne è perché non hai abbastanza fede. Se godi è perché Lui ti ama, se soffri è perché Lui ti mette alla prova. In ogni caso la colpa è tua, se non credi finché non vedi. Il paradiso è di chi sa credere senza vedere. Beh, mi pare che non serva una grande potenza per fare il mestiere di Dio, a queste condizioni." "Ma molte persone hanno trovato la felicità, in Dio." "Già. La menzogna può essere più efficace della verità, nel dare felicità." Per tanti anni Filippo aveva messo sotto accusa la religione. Non se la sentiva di prenderne le difese proprio ora che aveva trovato una persona che condivideva le sue idee. Sentiva però in sé un certo desiderio di contraddire Silvana, forse per metterla alla prova. "Ma tu che ne sai di qual'è la verità?" "Niente. Ognuno crede ciò che vuole credere. Se sarà infelice, avrà sbagliato tutto." Stupefacente! 10
La voce di Silvana divenne dolce. "Deluso?" Solo un filo di voce uscì dalla gola di Filippo. "No... affascinato. Credevo di essere l'unico al mondo a pensarla così." Un'adorabile risata cristallina. "L'unico! Credi che il mondo sia tanto piccolo?" "No... io... non avevo mai sentito nessuno parlare come te." "O come te?" "Già... come noi." Guardarono insieme il mare per dieci minuti, in silenzio. Poi Silvana lo salutò e tornò a vagare per la nave. 4. Sbarco in Sardegna Nella tarda mattinata il traghetto arrivò al porto di Olbia. Qualcuno si incaricò di andare a fare la spesa per il pranzo, altri andarono a chiedere informazioni sui treni diretti verso l'interno dell'isola. Visto che il primo treno era previsto dopo l'ora di pranzo, si mangiò in un parco vicino alla stazione. Nell'attesa del passeggiarono.
treno,
Silvana
e
Filippo
Avevano iniziato a camminare da poco quando videro in un vicolo un bidone di latta annerito dal fuoco, che conteneva ancora braci calde. Si 11
trovava in un luogo fuori mano: era evidentemente ciò che restava di un bivacco notturno di prostitute. I due non si fermarono. Filippo indicò il bidone col mento. "A quanto pare qualcuno ha fatto festa stanotte." "Festa? Non credo che si siano divertiti tutti." "Beh, le donne sono professioniste, e gli uomini probabilmente hanno trovato quello che cercavano." "Ho paura di no. Probabilmente le donne non erano tutte professioniste: per lo più gente disperata, che non sapeva come tirare avanti. Gli uomini... non credo che sia tanto divertente accoppiarsi come animali fuori dalla stalla. Probabilmente avrebbero preferito qualcosa d'altro." Filippo rifletté qualche attimo, mentre entrambi continuavano a camminare. "Forse cercavano qualcos'altro. Ma dove avrebbero dovuto andare?" "Da nessuna parte. Purtroppo, oggi come oggi, chi non è abbastanza bello o coraggioso per sposarsi deve reprimere i propri istinti sessuali. O diventare un'animale fuori stalla." "Perché oggi come oggi?" "Perché non è sempre andata così. Quando l'ipocrisia della gente si fermava ai pettegolezzi, uno poteva illudersi di trovare un po' d'amore, di contrabbando, nella comodità di un qualche albergo di seconda mano." 12
Filippo continuò il discorso. "Ora invece, l'ipocrisia è diventata legge. Chi vuole sesso clandestino deve correrne i rischi. Malattie, delinquenza, polizia..." "E non è tutto: una donna affamata, che già si sentisse mortificata per ciò che è stata costretta a fare, deve correre gli stessi rischi. E magari affidarsi a un protettore che le tolga parte del guadagno." "Beh, come visione è molto romantica. Ma non credo che molta di quella gente là fosse uno stinco di santo." "Quella gente là? Ti credi tanto diverso? Tu cosa faresti se fossi afflitto da anni e anni di un matrimonio fallito, con una moglie che non ti capisce e che ti disprezza, ti considera un porco solo perché qualche volta ti masturbi? Continueresti a sopportare, tutta la vita? Cosa penseresti di me, se io fossi una giovane vedova con due bambini, se fossi povera, lontana da casa, disperata, e preferissi prostituirmi piuttosto che fare la lavapiatti e non riuscire neppure a pagarmi l'affitto?" Filippo sorrise. "Sai... penso che non siano poi tante le persone che tu hai descritto. Almeno, ho sempre pensato che le prostitute fossero troppo attaccate alla bella vita, e che i... clienti fossero troppo... lussuriosi." "Questo è ciò che ti si è sempre lasciato pensare. Ma che ne sai? Tu sei un benestante. Probabilmente ti sposerai felicemente. Perché vuoi giudicare?" 13
"Giudicare... Alcune cose si giudicano da sole. Basta leggere i giornali. Quanta delinquenza è legata alla prostituzione?" "Molta, certo. Tanta quanta quella legata alla droga o al contrabbando. O al traffico di alcolici nell'America proibizionista del 1930. Filly, tutto ciò che è proibito alimenta la delinquenza. Qui in Italia gli alcolici non sono un problema: finisci in galera solo se guidi ubriaco, ma ti puoi ubriacare quando vuoi. Quale giro di delinquenza è collegato all'alcol? Nessuno. Perché ai boss non conviene trafficare in alcolici. Cosa sarebbe della prostituzione se fosse legale e regolamentata?" "Beh... si farebbero visite mediche, ci sarebbero meno malattie..." "...i prezzi sarebbero sottoposti alla concorrenza legale e non ci sarebbe criminalità. Le prostitute si specializzerebbero, diverrebbero vere professioniste, pagate per quello che valgono sul mercato, esattamente come i cantanti o gli idraulici. Anche i clienti ne sarebbero più contenti: continuerebbero a nascondersi, ma avrebbero un servizio migliore e correrebbero rischi solo nella reputazione. La quale dipende solo dall'ipocrisia della gente." "Credo che le mogli dei clienti non sarebbero soddisfatte." "Solo le più ipocrita. Una prostituta, se la moglie del cliente ne avesse fiducia, potrebbe insegnare tante cose. E contribuire a risolvere problemi matrimoniali, più di un consulente. O di un confessore." 14
"Strano che una donna difenda la prostituzione." "La prostituzione legalizzata. E non lo trovo tanto strano. Io non mi sento minacciata dalla concorrenza di alcune professioniste. Se volessi un uomo, cercherei di tenermelo stretto, ma non per il collo." "Poi la prostituzione potrebbe essere anche maschile." "Già. Se arrivassi ad essere una vecchia zitella, potrei desiderare il sesso esattamente come le mie amiche sposate." "Ma se tu fossi sposata, non ti disturberebbe sapere che tuo marito potrebbe andare da una prostituta?" "Mi disturberebbe tantissimo, se lo facesse senza il mio permesso. Io non mi accontenterei di una donna qualunque per mio marito. E se mio marito si accontentasse di una donna qualunque, ci sarebbe in me qualcosa di sbagliato." "O in lui." "In ogni caso, io avrei sbagliato a sposarlo." Filippo rise. "Se mai tu diventassi personaggio politico, ti voterei subito."
un
Mentre i due tornavano alla stazione, un anziano barbone venne a cuocere una salsiccia sulle braci dentro al bidone di latta. 5. Un amore Tutto il gruppo s'era ormai accorto che tra Filippo e Silvana c'era del tenero. 15
Passavano ore intere, quando ne avevano la possibilità, a passeggiare chiacchierando. E nessuno se ne stupiva: cominciavano a conoscere Silvana. Luigi, l'animatore del gruppo, conduceva periodiche riunioni in cui si dibatteva dei temi più vari: morte, amore, matrimonio, nonviolenza, morale cattolica... In ogni riunione i due "Filly e Silly" si alleavano e tenevano testa da soli a vari interlocutori. Molti ormai sorridevano, pensando che erano proprio fatti l'uno per l'altra. Normalmente non c'era a disposizione molto tempo per socializzare: le necessità della sopravvivenza e le ore di marcia toglievano molte delle ore di luce a disposizione. Ma dopo otto giorni dalla partenza il Gruppo si concesse una giornata di riposo. La mattinata era libera, poiché la riunione si sarebbe tenuta nel pomeriggio. Nessuno si stupì quando Filly e Silly andarono a fare una passeggiata, risalendo il ruscello che scorreva nei pressi dell'accampamento. Dopo quasi tre quarti d'ora di cammino, trovarono una quercia in un anfratto roccioso, circondata da un boschetto, al centro di una radura di pochi metri di diametro. Silvana si sedette ai piedi dell'albero, prese una margherita e se ne infilò lo stelo in bocca. Filippo si sedette accanto a lei. "Romantico questo posto, no?" 16
"Molto." "Di' un po': sei un tipo romantico, tu?" "Molto, ma a modo mio." "Ma... Quanti modi conosci?" "Diversi. Alcuni pensano di essere romantici solo perché dicono qualche assurdità su ciò che li circonda. Io credo che il romanticismo sia nei concetti, non nelle parole." "Concetti? E cosa devono riguardare?" "L'amore, in generale." Filippo le si avvicinò. "Cos'è per te l'amore?" Silvana esitò qualche istante. "L'amore è il figlio del piacere. Si ama una persona quando la sua presenza ci provoca piacere. Ma non è tutto: l'amore è una forza che cambia due persone: quando ami, dai il meglio di te traendo il meglio di un'altra persona. L'amore è importantissimo, perché rende migliori due persone per volta. Se qualcuno non è disposto a migliorarsi, quello che prova non è amore, ma semplice desiderio di possesso." "Come definizione non è molto romantica, ma non riesco a trovarci degli errori..." "Non ne troverai. Molti odiano ammetterlo, ma l'amore non è altro che un istinto innato al servizio della riproduzione. Si è affermato solo perché in due si possono allevare meglio i figli di entrambi. E' una questione di selezione naturale." "Ma a volte l'amore fa soffrire. Perché hai detto che è figlio del piacere?" 17
"Quando sopporti una sofferenza per amore è solo perché continui a sperare nel piacere che proverai in futuro. Se perdi la speranza nel piacere, allora perdi anche l'amore. Potrà essere gratitudine o nostalgia, ma non amore. Non esiste amore, senza piacere." "Ma cosa intendi per piacere?" "Qualsiasi sensazione piacevole: una calda e suadente voce che ti dia la buonanotte, un pasto caldo che ti aspetta a casa la sera, la dolcezza di una lacrima sul viso, una carezza, un incoraggiamento... tutto. Dai piaceri più semplici a quelli più intensi, come il sesso." "Quindi il sesso è fondamentale per l'amore?" "Il sesso è un piacere. E' solo una delle fonti dell'amore. Ma è la fonte principale, perché è il piacere più intenso. Molte coppie falliscono, se non si intendono sull'argomento del sesso." "Però non a tutti il sesso piace molto." "Per godere appieno il sesso, come per tutti i piaceri, occorre venire educati ad apprezzarlo. Come può una povera ragazza godere il sesso fino in fondo, se fin da bambina le si ripete in continuazione che è una cosa sporca, animalesca, indegna di una persona per bene?" "Ma se quella ragazza avesse provato il sesso troppo presto, forse lo avrebbe banalizzato." "Non credo. Non lo avrebbe banalizzato, se lo avesse vissuto con consapevolezza e rispetto. Il vero problema è che molti adolescenti provano il sesso quando vogliono trasgredire, o autoaffermarsi. Così il sesso diventa lo 18
strumento di una ribellione, e alla fine l'adolescente dirà: tutto qui? Ma se lo si considerasse per quello che è, per una fonte di piacere e non di peccato, allora il sesso sarebbe al servizio dell'amore, anche al di fuori del matrimonio." "Si, ho sentito alla riunione cosa ne pensi dei rapporti prematrimoniali, e sai che sono d'accordo con te. Sposarsi, senza aver provato il sesso col partner, è un salto nel buio, e molti matrimoni possono fallire per incompatibilità sessuale." "Già. Sposarsi significa legalizzare il proprio amore per una persona, ma se sei per bene devi rinunciare alla principale fonte d'amore per poterti sposare." Filippo, impercettibilmente, si era avvicinato a lei. Abbassò il tono della voce. "E tu? Tu sei per bene?" Silvana si sdraiò lentamente ai piedi dell'albero, incrociò le dita dietro alla nuca e chiuse gli occhi. "Diciamo... che non mi piace rinunciare a una fonte di piacere." Filippo accostò dolcemente le labbra a quelle di lei. Ne uscì un goffo bacio: i due nasi si scontrarono. Silvana non poté trattenere una piccola risata. Poi si ricompose. "Scusami, non volevo mortificarti. Tu sei un po' inibito nei confronti del sesso, vero?" Filippo arrossì. "No... Beh, forse... un po'... diciamo... inesperto." 19
Lei sussurrò. "Non è necessario essere esperti. Non frenarti: cosa vorresti fare?" "Baciarti." "E poi?" Filippo arrossì violentemente e calò gli occhi. "Penso... toccarti... accarezzarti..." Silvana portò una mano dietro la nuca di lui e lo avvicinò alle proprie labbra. "Non avere paura di offendermi." Stavolta le labbra di lei erano morbide, calde, accoglienti. Schiudendosi, lasciarono passare la punta della lingua. Senza rendersene pienamente conto, Filippo le aveva appoggiato la mano sinistra sullo stomaco. Lei gonfiò il torace con un sospiro e, continuando a baciarlo, gli prese la mano e la condusse dentro alla camicetta, sotto al reggiseno. Furono attimi di passione, ma vissuti con serenità: nessuno dei due perse mai il controllo. Filippo, in particolare, provò le più eccitanti sensazioni della sua giovane vita. Le mani di lei lo accarezzavano nelle parti più intime, con delicatezza, trovando sempre il giusto tocco per ogni zona di pelle esplorata; quelle dita erano capaci di accarezzare, sfiorare, insinuarsi, persino grattare, con la stessa maestria che un musicista userebbe col suo strumento. Nello stesso tempo, la ragazza riusciva a guidare le mani impacciate di lui alla scoperta del caldo velluto della propria pelle: Filippo, senza rendersene conto, si faceva guidare nel più esotico dei viaggi, sentiva sotto i propri polpastrelli le varie sensazioni che una donna 20
può dare: il fremito, il respiro, il calore, la morbidezza, il movimento dei muscoli e dei tendini sotto quella pelle perfetta. Nel silenzio, Filippo sentì alcune contrazioni muscolari scaturirgli dalle viscere, poi depose nelle calde mani di lei il proprio seme. Dal ritmo del respiro di lui, Silvana capì quando l'orgasmo era cessato. Gradatamente guidò le proprie mani a carezze sempre più lievi. Poi risollevò gli slip, lentamente. Riallacciò prima i vestiti di lui, poi i propri. Concluse tutto con un bacio sulla guancia. "E' ora di tornare. Andiamo." Tornando al campo, Filippo sentì che sarebbe stato pronto a morire per lei. 6. Una piccola rivelazione La riunione di quel pomeriggio fu interessante. L'argomento era "il valore della verginità". Come tutti si aspettavano, Filly e Silly si erano coalizzati contro l'opinione comune. I più non li trovavano oltraggiosi o troppo audaci per i loro interventi: li consideravano solo due sinceri rompiscatole. Nell'atmosfera di statico conformismo che regnava incontrastata, molti si scambiavano sguardi allusivi e sorrisetti ironici: "Eccoli, i soliti!" Fino a poco tempo prima Filippo, per amore di quieto vivere, avrebbe tenuto i suoi pareri per sé, rassegnato ad essere solo nella sua opinione. Ma ora li difendeva a spada tratta, forte dell'appoggio di un'avvocatessa eccezionale. 21
Spesso Silvana gli diceva: "Non ti curar troppo di ciò che dice la gente: se vogliono pensar male di te, lo faranno, anche se cerchi di non darne loro motivo." Quella sera, dopo cena, i due passeggiarono, mentre il resto del gruppo recitava i vespri serali. Avevano già ricevuto delle critiche per questo loro atteggiamento nei confronti della preghiera comunitaria, ma le osservazioni erano servite solo a iniziare una nuova discussione a sfondo teologico. Come sempre, davanti alle argomentazioni di Filippo, gli altri si ritiravano dalla discussione senza dare risposte o trarre conclusioni, ma restando del proprio parere. Quando i ragazzi per bene videro Filly e Silly allontanarsi dall'accampamento, si limitarono a sbuffare o a far finta di niente. Filippo teneva una mano sulla spalla dell'amica. "Scusami sai... Posso farti una domanda imbarazzante?" "Sono qui per questo." "Tu sei mai stata... professionista?"
in
passato...
Passò qualche istante di stupito silenzio. "Intendi dire una prostituta?" "Sì." "No." "Scusami, non volevo offenderti."
22
una...
"Nessuna offesa. Io non disprezzo le prostitute. Ma non ho mai pensato di far l'amore per soldi. Te ne ho dato l'impressione?" "No... ma... beh, veramente ho notato che sei... piuttosto abile." "Ho imparato molte cose. E con questo?" "Sei vergine?" "No. E con questo?" "Con chi lo hai già fatto?" "Aaaaaa... Sei geloso!" "Certo! Senti, Silvana, io non ho mai conosciuto nessuno come te, non conosco molto del tuo passato, ma so che ti amo come non ho mai amato nessuno prima. Potrò essere geloso no? O hai solo scherzato, con me?" "Io non scherzo mai coi sentimenti. Solo, mi sembra che sia troppo presto per dire ti amo. Tu neppure mi conosci bene. Ammettilo: se io avessi risposto alla tua domanda e avessi fatto un elenco dei miei amanti, tu avresti sofferto immensamente. E' questo che vuoi? Poter criticare il mio passato?" Filippo assunse un tono di voce più pacato. "No. Non è questo. Ma vorrei sentirti dire che io sarò l'ultimo della lista, per sempre." "Filippo, io sono sempre stata sincera con te. Non ti ho mai illuso. Non voglio farlo ora. Io mi trovo bene con te. Tu mi piaci molto. Anche io ti voglio bene, ma vorrei conoscerti meglio prima di prometterti eterna fedeltà." 23
"D'accordo. Te lo chiedo come amico, allora. Solo per conoscerti meglio. Dove hai imparato a far l'amore?" Silvana abbassò gli occhi e attese qualche secondo, prima di rispondere. "Ho preso lezioni." "Dai, siamo già nel 2060 dopo Cristo! Ho le spalle abbastanza robuste per sopportare la verità, senza antichi pudori. Non mi prendere in giro!" "Evidentemente non le hai abbastanza robuste, perché è la verità. Ho preso lezioni da professionisti." "Da prostitute?" "Donne e uomini. Ma preferiamo chiamarli operatori sessuali o sessualizzatori." "Ma sono dei fuorilegge!" "Qui in Italia sì. Te l'avevo detto che vengo da lontano." "Ma non mi hai mai detto da quanto lontano." "Ho paura che tu non sia abbastanza preparato per capirmi: ti prego, aspetta ancora un po'. Ti prometto che un giorno ti dirò tutto quello che vuoi sapere." "Aspettare!" "Cerca di ragionare, ti prego. Tu sei innamorato, ma non sei preparato ad esserlo. Hai paura di perdermi, senza motivo. Non hai neppure fiducia in me: come puoi dire di amarmi? Pensa questo: e se lei avesse ragione? La capirò, prima o poi. La amo, qui, adesso." 24
Filippo abbassò lo sguardo. S'era sempre vantato di essere oggettivo, ma mai prima d'ora aveva avuto validi motivi per non esserlo. "D'accordo. Solo, ti chiedo questo: ricordati che io, quando non capisco, soffro. Cerca di abbreviare il più possibile questa sofferenza." "Farò del mio meglio." A conclusione del discorso, un caldo bacio tolse la parola a entrambi. 7. Stranezze Arrivò la fine del giro turistico, e il Gruppo tornò nella civiltà. Giunti sulla costa, presero una corriera per Cagliari, da dove si sarebbero poi imbarcati per il continente. Il traghetto era previsto per le 23.15, così la sera fu libera per gironzolare attraverso la cittadina. Fissato l'appuntamento al molo alle 22.45, Filly e Silly andarono a visitare le strade dei sobborghi, dove si vedeva la vera vita degli abitanti locali. Cenarono in una pizzeria fuori mano, loro due soli. Filippo si rendeva conto che si comportava da asociale, ma, preso dal risentimento per quegli pseudo-amici, si costrinse a non badarci. Quando uscirono dal locale era già buio. Osservando gli scuri vicoli che percorrevano, notarono di trovarsi in una zona disagiata. Di notte, l'ambiente in cui si trovavano rivelava in pieno l'abbandono e la povertà. Non potevano fare a meno di provare un brivido di paura ad ogni piccolo rumore proveniente dall'oscurità intorno a loro. 25
Istintivamente accelerarono il passo. In lontananza si scorgevano dei punti luminosi, rosso acceso. Avvicinandosi si accorsero che si trattava di un gruppetto di tossicodipendenti, impegnati a fumare marijuana e a bere alcolici. Fecero per cambiare strada, ma erano stati notati: prima uno, poi altri due, poi quasi tutti gli altri si alzarono e si diressero verso di loro a passo deciso. Filippo si bloccò e strinse a sé la compagna. Non pensò a fuggire, forse perché l'unica strada che conosceva era quella che portava al porto, o forse perché non aveva dubbi che si potesse evitare uno scontro violento. Il primo del gruppetto di drogati, un ragazzo con la barba di una settimana, capelli lunghi fino alle spalle, snello, con lo spinello che gli pendeva tra le labbra, si mise le mani in tasca e si fermò a un metro di distanza. "Che dici, amico, hai qualche soldo da prestarci?" "Non ho soldi." "Ma senti! Con quei vestitini alla moda, non hai neppure i soldi per un panino?". Dietro di lui, alcuni risero sommessamente. "Io dico che, se li cerchi bene, li trovi, i soldi," -si voltò verso i propri compagni- "vero?" Un coro disordinato di parolacce, per lo più sconosciute ai due, si mischiò con la risata della banda. Filippo cominciò ad avere molta paura: aveva davanti quasi una decina di 26
malintenzionati, ma i suoi unici pensieri erano per Silvana. "Quanto volete?" "Quanto ci puoi dare?" Filippo, ostentando una falsa sicurezza di sé, sospirò ed estrasse il portafoglio. Fece per aprirlo, ma il capo banda glielo strappò di mano. "Dà qua!" Filippo tentò una reazione, ma un pugno lo raggiunse allo zigomo e lo scaraventò a terra. Stordito, tenne gli occhi chiusi per qualche istante, poi riacquistò lucidità e notò rumori di lotta intorno a sé. Aprì gli occhi, cercando di scorgere qualcosa nell'oscurità. Una figura snella, dai capelli lunghi, che gli ricordava Silvana, stava seminando il panico. Non stava mai ferma, in modo da dover affrontare solo un avversario per volta. Ma ciò che più era impressionante era la rapidità dei suoi movimenti: le sue braccia colpivano fulminee come un cobra, mentre le sue gambe saltavano, correvano e piroettavano, forti e agili. Capriole, balzi, corse ed arresti improvvisi, calci, pugni: non sembrava una reazione disperata, ma una logica sequenza di movimenti perfettamente programmati. Si udivano urla, lamenti e bestemmie, ma solo da parte degli assalitori: la voce di Silvana non si sentiva. Quella furia scatenata non dovette affrontare tutta la banda: due elementi, terrorizzati, fuggirono. 27
Filippo si sentì sollevare da braccia impressionantemente forti. Era in grado di camminare da solo, e lo disse. Finalmente udì la voce della ragazza. "Svelto, allora! Muoviti!". Ripresero a camminare in fretta, ma stavolta era Silvana che stringeva l'altro a sé. Quando arrivarono alla luce dei primi lampioni, Filippo vide il viso della compagna, spettinato, sporco, arrossato, ma non sudato, né ferito. Non aveva neppure il fiatone. La fretta, le continue sollecitazioni di lei, la coscienza del pericolo scampato confondevano Filippo. Restò in silenzio finché non arrivarono al luogo dell'appuntamento col resto del Gruppo. Ma camminando pensava. E gli si presentarono alla mente tutte quelle occasioni in cui Silvana involontariamente lo aveva stupito per le sue doti fisiche. In due settimane di marce, a volte anche dure, non si era mai lamentata, non era mai stata vista stanca, sudata o affannata. Non aveva mai avuto vesciche nei piedi, abrasioni o piccole ferite. Non era esibizionista: camminava sempre in mezzo al gruppo, ma non era mai rimasta indietro, e il suo zaino non era mai stato alleggerito, neppure nei passaggi più difficili. Intanto i due erano arrivati al molo, il luogo dell'appuntamento. Silly spiegò quello che era successo: non mentì, ma omise la parte riguardante la sua incredibile azione. Disse solo che erano riusciti a scappare. Per molto tempo, nonostante i tentativi di Silly di minimizzare la cosa, il brutto incontro dei due fu l'argomento preferito delle discussioni del 28
Gruppo. Ma Filly non sapeva cosa raccontare, e i suoi resoconti erano vaghi, confusi. Per tutta la durata del ritorno i suoi amici non capivano se si rifiutasse o non potesse chiarire gli avvenimenti di quella sera. 8. Una scoperta sconvolgente Era passato molto tempo, ormai, dal ritorno a casa. Le voci sulla misteriosa rissa in cui erano stati coinvolti Filly e Silly si erano già spente. Ma Filippo continuava ad essere roso da un tarlo: chi era Silly in realtà? Un pomeriggio di settembre trovò il tempo e il coraggio di andare a trovare l'amica. Non c'era mai andato prima. Sapeva appena il suo indirizzo. Silvana lo accolse calorosamente, lo fece accomodare e si comportò da perfetta padrona di casa. Suo fratello Franco non c'era: lavorava in banca. Dopo i primi convenevoli di rito, Filippo arrivò al nocciolo del discorso. "Silly... a proposito di successo esattamente?"
quella
sera...
cos'è
"C'eri anche tu, ricordi?" "Non fingere di non aver capito. Cos'hai fatto a quei drogati?" Silly abbassò lo sguardo e calò il tono di voce. "Ne ho tramortiti tre, a due ho rotto qualche 29
costola, a uno il setto nasale, a un altro un femore. Uno... purtroppo... credo che sia morto." Silenzio. Lacrime sul viso della ragazza. Non era mai sembrata tanto dolce e indifesa. Continuò a fatica. "Filly... avevo paura... pensavo che volessero... ucciderti... e solo per pochi soldi..." Uccidere lui! Per sé stessa non si era mai preoccupata! Filippo accolse la testa della ragazza sulla propria spalla. Ci volle tempo perché si decidesse a parlare. "Silly... Chi sei tu, veramente?" Passarono lunghi attimi, prima che Silvana si decidesse a rispondere. "Sopporteresti la verità?" "Non sopporterei il dubbio." "Allora ascolta. Devo iniziare il discorso da lontano. Ovviamente tu conosci la teoria della selezione naturale, no?" "Quella di Darwin? Certo!" "Bene. Allora saprai anche che da quasi due secoli la selezione naturale sugli esseri umani non agisce più. In tutte le altre specie viventi, solo i migliori, i più adatti al loro ambiente, possono procreare. E tra i loro figli solo i migliori possono sopravvivere. Ma per gli esseri umani, la medicina, l'alto tenore di vita, lo sviluppo 30
della scienza hanno rotto questo equilibrio: tra gli uomini sopravvivono tutti, anche coloro che sono portatori di difetti genetici. E questi li trasmetteranno ai loro figli. Una persona geneticamente perfetta, sposandone una geneticamente tarata, avrà dei figli difettosi. Già da tempo la specie umana è in declino." A Filippo vennero in mente i luoghi comuni dei discorsi tra anziani: non ci sono più gli uomini di una volta! Oggi basta un malanno per fermarsi: mio nonno lavorava in campagna anche con 38° di febbre! Quelli erano uomini! Non le mammolette che si vedono in giro oggi! Che quei vecchi rincitrulliti avessero ragione? Silvana continuò. "Certo, non si possono eliminare i più deboli. La medicina deve andare avanti, e così anche il benessere dell'uomo. Ma occorreva trovare un rimedio, prima che ogni essere umano fosse geneticamente rovinato. Il rimedio era semplice: bastava impiantare nell'utero delle future madri embrioni geneticamente selezionati. Il figlio sarebbe cresciuto nel grembo della mamma, sarebbe stato allevato dalla famiglia come un bimbo qualunque, avrebbe avuto una vita normale, ma con un vantaggio: un patrimonio genetico perfetto." "Ma chi avrebbe dovuto donare gli zigoti, avrebbe dovuto essere perfetto. Qual'è il metro della perfezione, Silly? Chi decide se io posso o no far sviluppare i miei spermatozoi?" "Questo era un gravissimo problema giuridico, fino al 2015. Allora si mise a punto un modo per 31
intervenire direttamente sul DNA delle cellule germinali. Da allora, una commissione specializzata, di cui possono far parte anche i futuri genitori, decide quali sono le caratteristiche da eliminare nell'embrione, e quali quelle da inserire. Tuo figlio avrebbe lo stesso tuo colore di occhi o di capelli, ma non avrebbe quelli che sono definiti difetti genetici dalla commissione. Ovviamente, i genitori possono decidere di non accettare il responso della commissione, ma non sarebbero autorizzati ad avere figli. Possono rivolgersi ad una commissione diversa. Quando avranno l'autorizzazione legale, potranno impiantare nell'utero materno l'embrione, e la gravidanza sarà normale. I bambini nati in questo modo sono detti geneticamente razionalizzati." "Avevo sentito di questo progetto, ma non sapevo che fosse stato realizzato. Risale al dottor Gray, giusto?" "Esatto. Ovviamente Carl Gray trovò una strenua opposizione dalle associazioni religiose, secondo il cui parere solo Dio può decidere le caratteristiche di un nascituro. Incurante delle minacce, Gray continuò le sue ricerche e mise al mondo i primi bambini geneticamente razionalizzati. Morì nel 2019, in un attentato. Comunque aveva molti seguaci, e, grazie all'attività dei suoi uomini, il progetto continuò. La centrale operativa fu costruita in pieno deserto di Atacama, in Cile. La disastrosa situazione economica cilena fu un grosso vantaggio: in cambio di una grossa somma di 32
denaro, il governo si impegnava a rinunciare alla propria giurisdizione su metà del territorio desertico. Grazie a numerosi sponsor, fu costruita una città-stato, autosufficiente dal punto di vista alimentare. Oggi quasi tutti gli abitanti di Atacam sono geneticamente razionalizzati, abbreviato in G.R. Tutti gli individui N.E., naturalmente evoluti, sono ormai estinti, tranne quelli che sono immigrati. Molte donne locali, per denaro, si offrono come gestanti. In questo modo, la popolazione atacamiana diventa sempre più salda, geneticamente parlando." Atacam. Cosa c'entrava con Silvana? Filippo, naturalmente, conosceva quella città, così come la conoscevano tutti gli uomini di una certa cultura. A giudicare dai telegiornali, si trattava di un covo di ricchi fascistoidi, dissoluti e sfrenati nei divertimenti. Gente spietata, che non ammetteva immigrazione per non dover dividere la propria ricchezza con altri, ma accoglieva i ricchi turisti, attratti dal gioco d'azzardo e dal sesso libero. Atacam era perennemente in contrasto con le autorità degli Stati vicini, e si sapeva che i suoi agenti segreti erano i migliori al mondo. Correva voce che laggiù si sviluppassero mostruose ricerche genetiche sugli esseri umani. Ma Filippo non sapeva che la maggioranza della popolazione di quella città fosse già geneticamente razionalizzata. Quasi tutti gli stati dell'Organizzazione delle Nazioni Unite avevano proibito la generazione di individui G.R., per 33
tutelare il futuro della gente naturalmente evoluta. Filippo prese la parola: "Non sono sorti problemi di razzismo? I G.R. non si sentono superiori agli N.E.?" "L'educazione scolastica è collegiale, e si dà una grande importanza all'ideologia. Ogni forma di violenza viene subito punita severamente, anche allo stato latente. Del resto, la popolazione di Atacam non è razzista, perché non esiste la razza atacamiana: i G.R. possono essere bianchi, gialli, neri, amerindi... la razza non ha importanza." "E tutto questo è rimasto segreto, finora?" "Ovviamente no. Non tutto. Ma gli Atacamiani sono considerati pacifici, forse eccentrici isolazionisti: non hanno veri nemici. Le notizie più importanti o compromettenti non vengono date a chiunque, neppure tra gli abitanti locali." "E tu... sei atacamiana?" "Si, per nascita. Ma sono italiana per adozione e per cultura: ad Atacam esiste anche la scuola italiana." "Ma come hai fatto, per il passaporto? Perché sei in Italia?" "Una domanda per volta. Per il passaporto non c'è stato alcun problema: sono stata adottata, come sai, da una coppia di italiani. Per il mio ruolo in Italia... diciamo che sono un'osservatrice." "Una spia?" 34
Silvana rise. "Si, una vedere coi vecchi un'osservatrice della riferirne gli sviluppi esprimendo il punto popolana."
specie. Ma niente a che romanzi di 007. Sono situazione italiana: devo al governo di Atacam, di vista di una comune
"Perché?" "Per avere un quadro completo. Siamo in molti, qui in Italia. Abbiamo iniziato ad arrivare qualche anno fa, dopo il disastro ecologico di Amalfi, che, come saprai, fu dovuto a speculazioni, incuria, disinteresse e incompetenza. Gli Italo-atacamiani, grazie alle loro caratteristiche, hanno potuto infiltrarsi in posizioni di rilievo, per impedire che simili disastri si ripetano. Esistono infiltrati in tutti gli Stati del mondo, per evitare che alcuni governi sconsiderati prendano decisioni che mettano in pericolo tutto l'ecosistema terrestre. Da tempo, però, gli infiltrati nella politica italiana hanno avuto notevole resistenza da parte di un folto gruppo di aderenti alla mafia. Come forse saprai, la mafia ha grandi appoggi nel mondo politico: ciò che non sai è che buona parte dei politici è ormai mafiosa. La cosa curiosa è che nessuno di loro conosce la verità sugli Atacamiani: vi si oppongono solo per la loro opera di riforma politica. Avrai sentito parlare del Nuovo Corso Riformista." "Certo." "Beh, sappi che sarebbe attivo già da tempo, se la mafia non si fosse opposta. L' N.C.R. è ancora 35
un progetto, portato avanti insistentemente dagli Italo-Atacamiani." "Quindi gli Atacamiani hanno specie di setta massonica?"
fondato
una
"Sì, hanno molte cose in comune con i Massoni. Ovviamente sono fuorilegge, come ogni organizzazione segreta. Ma non si può fare altrimenti: gli Atacamiani sono già poco popolari, qui in Italia: se il pubblico sapesse la verità, gli infiltrati sarebbero guardati con diffidenza e ogni loro azione sarebbe ostacolata non solo dalla mafia, ma anche dai cattolici più reazionari, dai puritani, o dai nazionalisti. Il mio compito è appunto osservare il popolo italiano, quello più comune, la maggioranza silenziosa, per sapere cosa pensa della propria situazione e di un eventuale sconvolgimento politico." "E cosa hai notato nel popolo italiano?" "Per quanto riguarda la mia area di osservazione, è gente stanca della politica. La concepisce come un male necessario, da affidare a chi ha lo stomaco abbastanza robusto per sopportarla. I politici non sono considerati tutti ladri, ma per lo più pigri, fannulloni, alla ricerca di facili guadagni. Lo Stato è un nemico, da ingannare o raggirare. La coscienza civile è poco diffusa: la legge non coincide con la giustizia. Si vorrebbe che le cose cambiassero, ma non si sa dove si andrebbe a finire. L'Italiano è sempre meno patriota, sempre meno orgoglioso di essere tale. La situazione sta maturando bene, per un'azione diretta contro la mafia. O, se preferisci, contro lo Stato." 36
"Volete un colpo di Stato?" "Senza spargimento di sangue, per quanto possibile. Ma abbiamo intenzione di difenderci contro la violenza che ci verrà mossa contro. Non vogliamo finire come Matteotti, Moro, Falcone, Di Pietro, Arletti, Boselli... Gente che ha cercato di migliorare l'Italia dall'interno del sistema politico, e che è stata eliminata, da quello stesso sistema politico, troppo corrotto per accoglierne l'operato. Comunque non devi spaventarti: dove sarà possibile, gli infiltrati agiranno nelle regole del sistema democratico. Hanno le doti per imporsi, in ogni campo." "Quali doti? In cosa un G.R. è diverso da me?" "In molte cose. I nostri sensi sono più affinati: vediamo o udiamo meglio e più di voi. Il nostro fisico è più forte e resistente, più adatto a sopportare ogni tipo di sforzo. Il nostro sistema immunitario è più efficiente e ci permette guarigioni più veloci. Il nostro intestino è più efficiente nello sfruttare le sostanze nutritive e ci permette di mangiare molto meno di un N.E. . I nostri cromosomi sono meno soggetti a errori di duplicazione, così siamo più resistenti a virus, tumori e vecchiaia. Ma la differenza fondamentale rispetto agli N.E. sta nel nostro cervello. Ha la stessa struttura del tuo, ma ne differisce per il meccanismo della concentrazione. Per un G.R. è molto facile concentrarsi, e ciò migliora moltissimo la memoria e l'intelligenza. Inoltre, con la concentrazione si può alterare la propria percezione del tempo. E' quello che ho fatto io, 37
davanti alla banda di drogati. Io non sono particolarmente forte, né una guerriera: per poterli sconfiggere ho accelerato la mia attività cerebrale. Il mio cervello girava più in fretta: dal mio punto di vista, il mondo girava più lento. Potevo osservare ogni mossa di ogni avversario e riflettere sulle mie possibili contromosse, senza fare gesti inconsulti o disperati. Poiché il loro cervello era più lento del mio, è stato facile batterli. Ma non è tutto: con la concentrazione possiamo regolare le attività automatiche del nostro corpo, più di un esperto maestro yoga. Possiamo regolare il nostro flusso sanguigno, variare la nostra temperatura, sospendere la nostra digestione, isolarci dal dolore..." "Insomma, siete dei superuomini." "No! La cultura atacamiana è contraria al concetto di superuomo. Siamo vostri fratelli minori, più adatti di voi all'ambiente futuro. Vi chiederemo solo di accettarci, di non eliminarci: noi non abbiamo interesse a farvi del male, il tempo ci sostituirà a voi. Non dovete considerarci immorali: siamo figli vostri, derivati da voi. D'altra parte, voi avete fatto lo stesso, in passato: tu sei un Homo Sapiens, discendente diretto dell'Uomo di Cro-Magnon, il quale è stato contemporaneo dell'Uomo di Neandertal, e lo ha soppiantato perché era geneticamente migliore di lui. Non è questione di crudeltà, ma di adattamento all'ambiente. E' una legge di natura. Hai capito, ora, perché non potevo dirti la verità immediatamente? Ho avuto bisogno di parlare 38
con te, di dialogare e prepararti a questa rivelazione. Tu sai che ho ragione, che non ho cattive intenzioni, e, quando avrai riflettuto un po', mi accetterai. Ma altri cercherebbero di eliminarmi, vedrebbero in me una minaccia, invece che la garanzia di un futuro migliore." Filippo tacque per alcuni, lunghi secondi, con gli occhi bassi. Quando li rialzò erano bagnati di lacrime. "E quando hai fatto... l'amore con me... mi consideravi... una scimmia?" Silvana sbiancò in viso. Poi si riprese e lo fissò negli occhi. Parlò lentamente, amorevolmente. "Filippo, io ti amo. E spero di non perderti. Se questo ti può consolare, neppure io posso avere figli, senza il permesso della commissione. Anche le donne atacamiane vengono inseminate artificialmente: tra qualche anno anch'io sarò... un modello superato, e lascerò spazio a chi sarà più evoluto di me. Ma sarò felice se tu accetterai di condividere la tua vita con me. Non mi devi considerare una minaccia. Pensaci. Sii oggettivo." Gli diede un bacio sulla guancia, dolce, leggero. Mentre Filippo tornava a casa, sapeva che Silly poteva aver ragione. Ancora qualche giorno, e si sarebbe abituato all'idea. Probabilmente avrebbe anche potuto amarla. Chissà. 9. Amarla ancora? Filippo ebbe tutto il tempo per riflettere. Passò ore, sdraiato sul letto, ad osservare il soffitto. E a pensare. Sapere di essere 39
geneticamente inferiore alla sua ragazza gli bruciava. S'era arrabbiato molto, si sentiva tradito ma... aveva ragione lei. L'umanità aveva selezionato le migliori razze di cavalli, cani, mucche, pecore... ma non aveva mai selezionato sé stessa. Ciò avrebbe potuto portarla all'estinzione, alla lunga. Ma l'uomo non poteva sostituirsi alla funzione selettrice così come faceva la natura: uccidere i più deboli era immorale. Non c'era via d'uscita: la soluzione del dottor Gray era l'unica alternativa umanamente accettabile. E poi... cosa c'era di così inaccettabile in Silvana? Ogni essere umano è geneticamente diverso dagli altri: la diversità non deve essere causa d'odio. Odiare Silvana avrebbe voluto dire essere razzista, e del razzismo peggiore, perché lei era stata accettata nel Gruppo già da tempo: culturalmente era una ragazza come tante altre. Anzi, migliore di tante altre... L'unica che lo comprendesse, che capisse le sue speranze, le sue indignazioni, i suoi sentimenti. L'unica ragazza veramente coerente con sé stessa: da quando la conosceva, non si era mai contraddetta. E non lo aveva mai tradito, mai illuso. Era sempre stata sincera. Per quanto riguardava il suo impegno politico... non poteva che far del bene all'Italia. Filippo aveva ironizzato spesso sulla saggezza e lungimiranza del governo italiano: non avrebbe iniziato a difenderlo proprio adesso. Soprattutto se Silly aveva ragione. 40
Dopo qualche giorno, Filippo sentì che il suo cuore batteva più forte al solo pensiero di incontrare Silvana. Ne era certo: la amava ancora, come e più di prima. Da allora, Filly e Silly iniziarono a frequentarsi regolarmente. Su insistenza di Silvana, Filippo fece il passaporto e si impegnò ad andare ad Atacam con lei. La lingua non era un problema: avrebbe dovuto solo ripassare il suo inglese. Aveva svolto alcuni lavori estivi, negli anni precedenti, così poté pagarsi il biglietto senza chiedere nulla ai genitori. Era molto orgoglioso, ma i suoi insistettero per contribuire alle spese. Così, il 31 agosto 2060, Filippo fece il primo viaggio all'estero della sua vita. Prima e durante il viaggio, Silvana lo istruì sugli usi di Atacam. "Per prima cosa, tieni presente che le leggi sono simili, ma hanno importanti differenze concettuali. La giustizia, per esempio, è affidata ai magistrati e alle giurie, come in America, ma non ci sono più i lunghissimi tempi burocratici di una volta: il processo si tiene televisivamente: ogni partecipante è ripreso da una piccola telecamera e vede in un grande schermo tutti gli altri. Questo è il metodo generale con cui si tengono le assemblee ad Atacam: essendo nel deserto, le uscite di casa per lavoro sono ridotte al minimo. I bambini sono abituati sin da piccoli alla vita di collegio: la loro giornata inizia alle 8.00 e finisce 41
alle 18.00, con due ore di intervallo per il pranzo. Di sera tornano a casa, dalla famiglia. Crescendo, passeranno sempre più notti al mese nel dormitorio del collegio. Il sabato pomeriggio e la domenica sono liberi. L'età della scuola dell'obbligo va dai 4 agli 11 anni, dopodiché possono iniziare le scuole di specializzazione. Le nostre università vengono terminate al 21° anno d'età, per chi è in corso." "Una bella differenza rispetto ai 27 anni di chi esce da un'università italiana!" "Già. Nella scuola dell'obbligo i ragazzi vengono istruiti in tutte le discipline di base. Alcune opere di valore educativo sono obbligatorie, e la loro lettura é necessaria per la cittadinanza atacamiana. Nessuno è atacamiano per diritto di nascita: occorre sostenere un esame, dopodiché si presta giuramento sulla Tavola dei Dodici Princìpi: una versione riveduta del Decalogo di Mosè. Sin da bambini, gli studenti praticano quasi tutti gli sport, soprattutto quelli relativi all'autodifesa: lotta, judo, karate, aikido..." "Ora capisco perché lottavi tanto bene." "Le mie erano solo nozioni scolastiche: un guerriero specializzato sarebbe terrificante, confronto a me. Il potenziale distruttivo di ogni individuo atacamiano è altissimo: per questo vengono addestrati alla disciplina e alla giustizia sin da piccoli. Un litigio tra bimbi atacamiani non è considerato finito finché non si è stabilito 42
chi aveva torto e chi ragione. Una cosa interessante è che non esiste il corpo di polizia: solo gli ufficiali sono professionisti, mentre gli agenti vengono arruolati periodicamente con un servizio di leva, anche tra le donne." "E chi è in maternità?" "Sarebbe nella categoria dei temporaneamente non richiamabili. A proposito di maternità, gli uomini sono tenuti a cessare il lavoro per paternità, per tutto il periodo in cui il figlio ha 1 anno di età. Così ogni discriminazione sul lavoro è inutile. Comunque, tornando alla polizia, un cittadino atacamiano abile e incensurato si deve sempre ritenere in servizio: anche quando è in borghese può dare multe o eseguire arresti. Ma deve stare attento, perché l'abuso di potere è un reato piuttosto grave. Non vige il principio per cui non ci si può far giustizia da soli: chi uccide un assassino deve solo sostenere un processo per dimostrare che non avrebbe potuto fare altro per arrestarlo. Questo vale per ogni criminale, anche per un ladro: se qualcuno ti arresta, anche per sbaglio, tu non opporre mai resistenza: potresti farti uccidere! Tieni presente che gli errori di arresto sono reati molto gravi, e vige il principio che chi è stato arrestato ingiustamente deve essere indennizzato per qualsiasi danno subìto, più 300 dollari atacamiani per i danni morali." "Quanto vale 1 A$ ?" "Dipende da cosa comperi: per darti un'idea, con 1000 A$ ci si può comprare una discreta autovettura." 43
"Però! Può essere un affare per chi si fa arrestare!" "Non sarebbe un affare per chi esegue l'arresto: gli verrebbe segnata la fedina penale e sarebbe multato. Comunque un arresto è un'evenienza abbastanza rara: il popolo è molto disciplinato. La crudeltà è considerata gravissima, in ogni sua forma. Le vendette personali devono essere ben ponderate, perché se sono troppo crudeli comportano pene superiori a quelle previste per il misfatto che le ha causate. Le prigioni ad Atacam sono costruite secondo il principio che un condannato deve continuare ad essere utile per la comunità. Perfino i resti dei rari condannati a morte sono riciclati come concime." "Avete ancora la pena di morte!" "Sì, ma solo per reati gravissimi e nella certezza della colpevolezza. Un assassino, per meritare la pena di morte, deve essere stato molto crudele e non avere avuto gravi provocazioni da parte della vittima. E' una pena piuttosto rara. Si preferisce sfruttare il lavoro forzato di un condannato vivo, piuttosto che uccidere un malvivente." "Ma come si colpevolezza?"
può
essere
certi
di
una
"Di solito si ricorre alle Head Belt Memory: si tratta di fasce elastiche, da portare intorno alla testa, con un congegno che registra suoni e immagini dalla fronte di chi lo indossa. Le pattuglie di polizia civile le indossano sempre, di 44
colore giallo e nero, poiché fanno parte dell'uniforme. La memoria dell'H.B.M. copre le ultime 6 ore di accensione dello strumento. Se il portatore della fascia muore, il calo di temperatura della fronte spegne automaticamente l'H.B.M. Così, se arriva nelle mani degli inquirenti, ci sarà sempre una prova oggettiva dei fatti accaduti prima del decesso." "Interessante. Ma chissà che spese! Come si regge l'economia di Atacam?" "Dal punto di vista alimentare, è autosufficiente: nel deserto il sole non manca mai alle serre, mentre l'acqua è assicurata dai desalinizzatori marini. Atacam è una città costiera. Il suo porto è uno dei meglio attrezzati, anche se non è grandissimo. Le esportazioni si basano sul settore della tecnologia: gli strumenti atacamiani non hanno rivali nel rapporto qualità-prezzo. E' interessante il fatto che la cartamoneta è poco diffusa: ogni cittadino ha delle piastre che fungono da carte di credito: ad ogni acquisto uno speciale apparecchio aggiorna il conto in banca di chi compera e di chi vende, registrando tutto sulle piastre di entrambi. Ogni piastra ha in memoria tutti i dati anagrafici del possessore, oltre che il suo denaro, e può essere utilizzata anche come chiave. I dati di ogni possessore di piastre sono affidati a una rete di computer dislocati in cinque centri di calcolo, per evitare che un guasto qualsiasi possa avere gravi conseguenze. Appena saremo arrivati in città compreremo qualche piastra: se te ne 45
rubano una, telefonata."
puoi
invalidarla
con
una
Man mano che sentiva parlare di Atacam, Filippo diventava più impaziente di visitarla di persona. Come avrebbe organizzato una città, se fosse stato lui stesso il legislatore? Avrebbe fatto di meglio? Filippo si sentiva già atacamiano per metà. 10. Atacam Già all'aeroporto si respirava un'aria diversa da quella comune alle grandi città di tutto il mondo. I due cambiarono il proprio denaro e si procurarono tre piastre a testa. Noleggiarono un'automobile elettrica e iniziarono la loro visita. "Vedi, Filly, quello laggiù è il parlamento. Viene eletto ogni quattro anni con un sistema originale: la scheda per votare deve essere perforata, in modo che un semplice lettore ottico possa poi eseguire lo scrutinio. Al nome di ogni candidato si può attribuire un giudizio, positivo, negativo o neutro. In questo modo é possibile esprimere anche il proprio biasimo per il candidato: in passato, alcuni candidati hanno avuto dei risultati sotto lo zero. Ognuna delle 10 circoscrizioni manda in parlamento i 10 candidati dai risultati migliori. Poi, in aula parlamentare, i 100 membri hanno la possibilità di votare elettronicamente le proposte di legge, con il solito sistema dei tre giudizi. Nota che l'assenteismo dei deputati non è un reato, ma 46
viene reso pubblico in ogni bacheca statale e viene stampato, ad ogni nuova elezione, sul bollettino governativo in cui i candidati devono esprimere succintamente i loro programmi. Il presidente viene eletto direttamente dalla popolazione ed è il capo del governo. La libertà di stampa è assicurata, ma chi diffonde notizie false viene processato e punito duramente: la menzogna in pubblico è considerata molto grave. Ai giornali non conviene la diffamazione: per legge devono dare posto in prima pagina alle scuse e alle correzioni. Sulla destra, laggiù, c'è il campo polisportivo. Lo sport più popolare è l'antico football australiano: è molto violento, ma forse proprio per questo conserva un certo fascino." "E il tifo, è violento?" "Scherzi? Il servizio d'ordine è tale che se qualcuno commette un qualsiasi atto vandalico viene fermato immediatamente. La maggior parte degli spettatori sono da considerare come agenti in borghese: chi si abbandonasse alla violenza gratuita verrebbe presto sopraffatto. Ma gli atacamiani sono degli spettatori, piuttosto che dei tifosi: applaudono indistintamente le due squadre, quando queste se lo meritano." "Quali altri sport ci sono?" "Quasi tutti: ogni anno si tiene un campionato di quegli sport che hanno abbastanza praticanti da poter organizzare un tabellone. Tra gli sport 47
individuali, oltre alle arti marziali, è molto diffuso lo squash; tra gli sport di squadra, oltre al football australiano, il basket, il calcio e il parabol." "Il parabol? Quello sport il cui campo è un grande tappeto elastico sorretto da colonne appese al soffitto?" "Proprio quello. Non ti devi stupire se gli sport che hanno più successo sono violenti: è uno degli sfoghi consentiti dalla legge. Del resto, è raro che qualcuno si faccia male, se è bene allenato." Degli spari si udirono in lontananza. "Svelto, Filly, seguimi!" Uscirono dalla vettura ed entrarono in fretta in un hotel. Correndo si diressero ai piani superiori. Filippo stentava a tenere il passo di Silvana, che dovette rallentare l'andatura per non perderlo di vista. Arrivati al quinto ed ultimo piano, si affacciarono da una terrazza. Qualche chilometro più a sud si vedevano distintamente schiere di uomini in un attacco disperato all'esercito atacamiano. La scena era patetica: gli assalitori, ben riconoscibili per gli abiti stracciati, nonostante la loro grande superiorità numerica, avrebbero senza dubbio avuto la peggio contro la forza, la velocità e l'organizzazione degli uomini dell'esercito. I pochi aggressori armati venivano falciati senza pietà dai tiratori scelti, gli altri si gettavano avanti alla rinfusa, in una lotta senza speranza. 48
"Guarda! Sono i desperados. Ogni tanto provano a rubare qualcosa dalle piantagioni o dagli allevamenti. Sono gente affamata, povera, disperata. Non hanno nulla da perdere." "E voi li massacrate così?" "Solo i più fortunati. Chi non è pericoloso tornerà alla sua baracca, se ne ha una, dopo avere preso un sacco di botte. Molti moriranno di fame. E' brutto, ma non c'è alternativa: purtroppo sembra che i meno abbienti cerchino consolazione alla propria povertà nella ricchezza di figli. Non pensano che questi dovranno poi mangiare, per vivere. Le scorte alimentari della città non sono certo sufficienti per tutti, e, d'altra parte, non possiamo prosciugare i nostri depositi. Può sembrare crudele, ma in effetti è solo legittima difesa. Il governo cileno manda al confine di Atacam tutti i poveracci, e ci addita come degli affamatori. E' naturale che periodicamente quella folla di diseredati si inferocisca, e ci assalga. E' triste, ma non ci si può far niente." "E loro restano fuori dai confini di Atacam? Nel deserto?" "Già. Ne muoiono migliaia ogni giorno. La zona neutra di confine è un immenso cimitero." Atacam: un paradiso circondato da un inferno. A Filippo si strinse il cuore. "E' terribile!" "Già. Come è terribile un leone quando divora una gazzella. Non ci si può far nulla: è una legge di natura." 49
Una legge di natura. Se il leone si fosse fatto sopraffare dalla compassione, sarebbe morto di fame. Non c'era alternativa. Ora Filippo capiva perché gli sport di successo erano i più violenti: riflettevano un clima psicologico di enorme tensione. Ogni cittadino era forte, sano, benestante, ma forse viveva nella paura. 11. Strane usanze Il resto della visita fu piacevole. Filippo imparò ad apprezzare la cultura locale: di primo acchito le usanze atacamiane gli sembrarono strane, perché tanto diverse dalle sue, ma un esame più approfondito gli rivelò tutta la semplicità e l'autenticità di quel modo di vivere. Anzi, iniziava a chiedersi il perché delle stranezze delle proprie abitudini e convenzioni. Inizialmente, ciò che maggiormente stupì Filippo fu la mancanza di agenti professionisti di polizia. Com'era possibile evitare le vendette personali e i rancori, se chiunque poteva arrestarti? Ma poi comprese di non avere a che fare con la propria gente, il popolo cui era abituato e che spesso criticava. In Italia si ammetteva tranquillamente che la giustizia non aveva nulla a che vedere con la legge, e che, se uno voleva giustizia, spesso doveva provvedere da sé. In apparenza, chiunque era garantista e disposto a lasciare allo Stato la gestione dell'ordine pubblico. Ma poi, se veniva toccato nei propri interessi, nessuno esitava a tornare alla legge della giungla. Un giorno Silvana aveva detto: "Tu sei tanto perplesso sul fatto che un popolo 50
evoluto possa ammettere la pena di morte, ma prova a riflettere! Se un maniaco ti rapisse la figlia sedicenne, la violentasse ripetutamente, la torturasse e la lasciasse morire in agonia, se tu sapessi con certezza chi è il colpevole, cosa faresti? Lo andresti a denunciare a funzionari pubblici, svogliati, senza interesse nella tua vicenda, a volte corrotti? O non faresti tutto ciò che puoi per uccidere quel criminale? Se tu lo uccidessi senza abbandonarti a inutili crudeltà, non saresti forse nel giusto? La legge dice di no. Ma il tuo cuore direbbe di sì. E' dunque più evoluto del nostro, un popolo che si fa governare con leggi contrarie ai propri princìpi? Qui, ad Atacam, un malvivente sa che, se lo prenderanno, avrà di fronte le persone che avrà danneggiato, avrà a che fare con gente in carne ed ossa, non deve rendere conto delle proprie azioni soltanto ad uno Stato teorico, impersonale, quasi assente. Ad Atacam, ogni cittadino è un funzionario statale, conosce i propri diritti e doveri. Chi scippa la borsetta ad una vecchia, sa che un qualsiasi passante può far di tutto per fermarlo: anche ucciderlo, se necessario. La polizia non è mai assente, perché è dappertutto." "Ma uccidere uno scippatore non è forse una vendetta crudele, rispetto al reato commesso?" "No, se lo scippatore sa ciò che rischia. I patti sono chiari: tu hai danneggiato la società, derubando una vecchietta: o ti arrendi, e affronti la legge, o cerchi di sfuggire alla pena, ma rischi la morte. A te la scelta." 51
"Non vorrei mai essere tanto povero da dover essere costretto a rubare su Atacam!" "Se tu fossi povero, non saresti mai costretto a rubare. Se fossi Atacamiano verresti ospitato nei centri di assistenza e ti si troverebbe un mestiere, umile ma onesto, in attesa che tu trovi qualcosa di meglio. Ti si pagherebbe pochissimo, ma avresti vitto e alloggio assicurato. Se tu non fossi Atacamiano, verresti espulso dalla città, e spedito in un luogo di tua scelta a spese dello Stato." "E se uno cerca di rientrare?" "Se è abbastanza ricco, è il benvenuto. Altrimenti viene fermato alla frontiera." "Ed abbandonato nell'inferno del deserto, insieme ai desperados. Il vostro regime è molto discriminatorio: accetta i ricchi e rifiuta i poveri." "Già. La povertà genera disperazione, la disperazione genera criminalità, la criminalità è un pericolo per i cittadini, i cittadini sono lo Stato. E' naturale che lo Stato si rifiuti di importare povertà dall'esterno." Naturale. Forse egoista. Ma logico e naturale. Un'altra inusuale caratteristica di quel popolo era la estrema libertà in campo sessuale: l'adulterio non era considerato un tradimento, se il consorte approvava la scelta del proprio sostituto. Il matrimonio era considerato semplicemente uno strumento per la tutela dei figli, e, a parte le feste e i riti, dal punto di vista 52
giuridico veniva trattato come un qualsiasi contratto commerciale, con tanto di firme di entrambi i coniugi. Le donne erano tenute, per legge, ad evitare gravidanze naturali: solo gli embrioni razionalizzati potevano essere ammessi alla gravidanza. I divorzi erano rarissimi, perché nessuno concepiva il matrimonio come una limitazione della propria libertà. Era comune che, se un uomo sposato desiderava un'altra donna, chiedesse il permesso alla moglie per un rapporto extraconiugale. Se la moglie rifiutava, e il marito non cedeva, si poteva arrivare a chiamare un giudice di pace che valutasse i diritti e i doveri di entrambi i coniugi, considerando come preminenti gli interessi dei figli. Ma l'intervento di un giudice non era frequente, perché i coniugi non erano mai del tutto intransigenti. Anzi, spesso era la moglie che, nei periodi di gravidanza o di malattia, chiedeva ad un'amica di concedersi al proprio marito. Era però considerato gravissimo l'inganno: un marito traditore poteva anche essere gettato sul lastrico dalla moglie. Come tutti i contratti, anche quello matrimoniale aveva le sue penali, in caso di inadempienza. Sesso e amore ad Atacam non erano considerati necessariamente uniti. Le sex house erano piuttosto diffuse, e non erano squallide come ci si aspetterebbe da un qualunque bordello europeo o americano. Le prostitute erano professioniste diplomate, dette sessualizzatrici, ed avevano un regolare sindacato. L'unica cosa severamente proibita in una casa di sesso era la 53
violenza: tutti i partecipanti ad un amplesso (non necessariamente due) dovevano essere liberi e consenzienti. Le case di sesso non erano necessariamente il luogo in cui ricercare una avventura sessuale: periodicamente organizzavano dei corsi, presenziati da molte coppie sposate, i cui relatori erano i più apprezzati professionisti del settore, maschi o femmine. L'omosessualità non era incoraggiata, poiché non la si considerava naturale, ma era molto tollerata. La gioventù veniva informata molto presto sulle questioni di sesso e amore, ma la pratica del sesso era permessa solo a chi avesse dimostrato la propria maturità, sostenendo l'esame di candidato cittadino, di solito intorno ai 14-15 anni. La vita di ogni Atacamiano era idealmente divisa in quattro fasi. Appena nato egli era considerato virgulto. Attorno ai 10-11 anni sosteneva un esame per divenire allievo cittadino e potere così possedere una piastra personale. Doveva dimostrare di possedere le elementari nozioni necessarie alla vita quotidiana: aritmetica, geometria, geografia, storia, grammatica, lingua. Terminata la pubertà, poteva sostenere il secondo esame: quello di candidato cittadino, per uscire dalla patria potestá. Doveva dimostrare di avere approfondito le nozioni in suo possesso e di avere letto le principali opere 54
letterarie obbligatorie, scelte appositamente tra le più didascaliche: quelle che dimostravano la necessità di obbedire a buone leggi per una buona vita in comunità. Doveva inoltre aver studiato educazione sessuale e dimostrare, con un esame medico, di aver oltrepassato la pubertà. Verso i 18 anni poteva affrontare il terzo esame: cittadino ordinario, in cui doveva dimostrare di conoscere i suoi diritti e doveri, la costituzione, la funzione e la struttura degli organi statali. Doveva poi commentare alcune opere letterarie obbligatorie, trattanti per lo più questioni di coscienza, e presentare un'opera di suo gradimento, giustificandone la scelta. L'esame terminava col giuramento sulla Tavola dei Dodici Princìpi, in cui erano riassunti i criteri che avrebbero dovuto governare la vita del cittadino, enumerati in ordine di importanza: 1) Non odiare, né disprezzare, cerca di capire. 2) Sii degno di fiducia. 3) Sii mite coi miti, paziente con gli ignoranti, duro coi soverchiatori. 4) Non danneggiare chi non ti danneggerà. 5) Combatti solo chi ti combatte, e in modo tale da non doverlo poi temere. 6) Non danneggiare chi ti ama. 7) Rispetta chi ospiti e colui che ti ospita. 8) Non essere ingrato. 9) Non negare il tuo aiuto a chi soffre. 55
10) Non rendere nulla peggiore di come lo hai trovato. 11) Mantieniti sempre pronto ad apprendere. 12) Diffondi la tua saggezza e la tua sapienza. Un Cittadino Ordinario assumeva la pienezza dei diritti di Atacam: poteva votare ed essere votato, combattere, prendere la patente di guida. Aveva poi l'obbligo di prestare servizio periodicamente, nella polizia civile o in un ruolo più idoneo alle proprie caratteristiche. Questi tre esami erano detti esami civici, perché ogni cittadino doveva sostenerli. A questi, uno studente avrebbe ovviamente dovuto aggiungere gli esami scolastici e universitari. L'esame da Cittadino Ordinario doveva essere ripetuto ogni venti anni, fino al 60° anno d'età, dopodiché veniva sostituito con una prova più semplice, per stabilire le buone condizioni mentali dell'anziano ogni quattro anni. Quando un vecchio non risultava mentalmente autosufficiente, diventava senescente: perdeva il diritto di voto ed entrava sotto la tutela dello Stato. In pratica, lo si ospitava in una casa di riposo e gli si affidavano semplici lavoretti. L'eutanasia era ammessa, ma doveva esserci la certezza che la richiesta di morte non fosse il frutto di una depressione passeggera: occorreva ripetere la domanda di eutanasia ogni giorno, per quindici giorni consecutivi. Al sedicesimo giorno, il vecchio sarebbe stato fatto spirare in modo indolore, di solito durante il sonno. 56
Filippo non ci aveva mai pensato, ma, in una società in cui la scienza medica era tanto sviluppata, un individuo, prima di morire di vecchiaia, ne sarebbe stato completamente distrutto: impedirgli di lasciare il mondo avrebbe voluto dire negargli il diritto di preservare la propria dignità. Quelle che Filippo aveva imparato potevano sembrare usanze strane, barbare, a volte crudeli, ma c'era un'alternativa migliore? Filippo non lo sapeva. Non la trovava. Forse fu proprio per questo che decise di studiare per diventare atacamiano. O forse fu per l'insistenza di un angelo. Un angelo che non si nascondeva nell'alto dei cieli, ma lo accompagnava nella sua vita, con tutta la sua concretezza di donna. Un angelo terreno.
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Finito di scrivere in gennaio 1993. Pubblicato in www.lulu.com
maggio
2007
presso
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Enrico Tassinari 59