20minuti N.2

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Periodico gratuito dell’Area Metropolitana dello Stretto N. 2 - Marzo 2009

La relazione sulla sanità calabrese dipinge un quadro desolante. Significativo il caso dell’ospedale di Gerace

Malattia senza speranza? Il Ponte e i problemi del quotidiano l mondo è in crisi. Bisognerà attraversare un lungo tunnel per vedere un po’ di luce e così si ritorna a parlare di Ponte, di area metropolitana dello Stretto, di investimenti per far “ripartire” l’economia. Promesse, impegni, belle parole. Il presidente dell’Anas, Piero Ciucci, già direttore finanziario dell’Iri ed ex amministratore delegato della Stretto di Messina, è arrivato dalle nostre parti per spiegare come la realizzazione della grande opera avrà ricadute positive su tutto il territorio. Una panacea per sconfiggere la crisi che affligge Reggio Calabria e Messina, soprattutto quest’ultima, dove ormai le aziende chiudono a raffica e le poche industrie esistenti fanno ricorso a man bassa alla cassa integrazione (Rodriguez e Aicon su tutte). Ma cosa succederà, in che tempi e soprattutto che garanzie ci sono che tutto abbia inizio per poi concludersi e che non si tratti soltanto di un effetto annuncio? I soldi per completare l’opera, probabilmente, non ci sono e né lo Stato né il mercato sono in condizioni di fornirne. Promesse, parole, conferenze stampa e presto convegni, manifestazioni pro e contro. Un gran parlare che potrebbe, come è accaduto negli anni scorsi, bloccare tutto nelle due città dello Stretto e, perché no a Villa San Giovanni, in attesa che qualcosa succeda. Ci auguriamo che non sia così. Ci auguriamo che alle parole seguano i fatti anche se molti, troppi forse, sono contro questa grande opera che sconvolgerà il nostro territorio e benefici, a quanto pare, ne porterà pochini. Ma, rassegniamoci se per una volta tanto la politica mostrerà di avere le idee chiare e i soldi per procedere. Si andrà avanti, quanto non sappiamo. Una richiesta: in attesa del ponte, della posa della prima pietra, delle devastazioni conseguenti, gli amministratori, Ciucci in testa, non si dimentichino di chi ogni giorno è costretto precariamente ad attraversare lo Stretto o a imboccare un’autostrada con il manto molto simile a una gruviera. Il progresso sì, perché no, ma il quotidiano non dimentichiamolo.

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«Illegittima e irregolare gestione dei finanziaAstraldi De Zorzi - che ha accertato un danno da menti pubblici in relazione alle gare di appalto, sette milioni proprio per la mancata utilizzazione mancata o incoerente gestione del patrimonio dell’ospedale di Gerace, malgrado la costruzione immobiliare conseguente ad una mancata utilizzarisalga a molti anni fa. La procura ha risposto con zione o sottoutilizzazione di strutture ospedaliel’invio di inviti a dedurre ai presunti responsabili». re, nomina di Direttori Generali Un progetto che risale al 1977 privi dei requisiti richiesti». la cui realizzazione è stata caratÈ quanto si legge nella relazioterizzata da numerose interrune sulla sanità calabrese, presenzioni sia per il fallimento di alcutata dal procuratore generale ne imprese sia per un’inchiesta Cristina Astraldi De Zorzi (nella della magistratura. In questi anni foto), in occasione dell’inaugurasi è anche parlato di una destizione dell’anno giudiziario per la nazione della struttura ad altre Corte dei conti. Una relazione finalità, come la possibilità di traredatta a conclusione del lavoro sferire a Gerace la sede amminisvolto dalla Commissione di instrativa dell’Azienda sanitaria, dagine nominata dal Ministero ma il sequestro e la confisca da della Sanità, sulla qualità dell’assiparte della magistratura dell’instenza prestata dal Servizio sanitera documentazione amminitario della Regione Calabria. strativa-tecnica-contabile impeAncora una volta, dunque, un disce qualsiasi iniziativa. Una siCristina Astraldi De Zorzi quadro desolante per un settore tuazione che sembra non avere spesso oggetto di attenzione per sprechi o casi di via d’uscita come del resto tanti altri casi paramalasanità. dossali presenti in Calabria. Per quanto riguarda la mancata utilizzazione di Ma non si riduce solo a questo caso l’azione strutture ospedaliere, un esempio è quello del della Procura della Corte dei conti, che negli annosocomio di Gerace, in provincia di Reggio Cani passati ha già svolto diverse indagini nel settolabria. «È recentissima la conclusione dell’indagine re sanita della Guardia di Finanza - ha dichiarato Cristina Yosetta De Leo

Un ricovero per derelitti e ripudiati, ma... Qui sulla collina dormo malvolentieri eppure c’è luce ormai nei miei pensieri, qui nella penombra ora invento parole ma rimpiango una luce, la luce del sole. Le mie ossa regalano ancora alla vita: le regalano ancora erba fiorita. Ma la vita è rimasta nelle voci in sordina di chi ha perso lo scemo e lo piange in collina; di chi ancora bisbiglia con la stessa ironia “Una morte pietosa lo strappò alla pazzia”. i parla di malasanità in Calabria e mi tornano in mente le parole di De André. A certe cose non ci si abitua mai. Anche l’ultimo caso mediatico continua a suscitare incredulità e indignazione. Stiamo parlando di quello che è stato definito “l’ospizio degli orrori”, la casa di cura Giovanni XXIII di Serra d’Aiello in provincia di Cosenza. L’inchiesta del quotidiano la Repubblica definisce l’istituto come «un ricovero per derelitti e ripudiati di ogni specie che è diventata reggia per un prete e discarica umana per chi c’è finito dentro». Gravi le accuse, messe in luce dall’inviato Attilio Bolzoni: truffe, imbrogli, saccheggi e il sospetto di alcuni omicidi. Dodici pazienti sono spariti, per altri quindici si ipotizza l’ombra di una morte

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violenta. La notizia suscita immediatamente sgomento e incredulità tra i calabresi. Lo spettro della malasanità fa ancora paura. Michele, reggino di origini e romano di adozione, commenta così: «È uno scandalo! Coloro che si sono macchiati di tale infamia dovrebbero essere processati per crimini contro l’umanità». Giovanni invece, residente a Villa San Giovanni, sembra quasi rassegnato all’atteggiamento omertoso in materia sanitaria e stenta a credere che qualcuno abbia denunciato questo stato di cose. Il cattivo funzionamento della sanità nel Sud Italia, infatti, è diventato un modus vivendi. Accanto a casi eclatanti, ci sono piccole storie quotidiane che contribuiscono ad alimentare la preoccupazione nel paziente costretto a sottoporsi a trattamenti sanitari nella propria regione. Una testimonianza fra tutte è quella di Roberta, ventiquattrenne reggina. «Circa 2 anni fa in seguito ad una caduta decido di effettuare degli esami clinici per accertarmi sulle condizioni di salute del mio ginocchio destro. Dopo essermi rivolta a un ortopedico, nel giro di pochi giorni riesco ad effettuare l’esame radiologico all’Istituto Ortopedico di Reggio Calabria. Il problema si presenta quando ho l’esigenza di sottopormi a un esame più approfondito: la risonanza magnetica. L’ortopedico ha una lista d’attesa lunghissima, da ottobre la prima data utile è maggio, stessa situazione agli Ospedali Riuniti.Tempi d’attesa

infiniti anche per un centro privato in città. Decido allora di rivolgermi a un centro convenzionato situato in provincia, dove avrei dovuto pagare solo il ticket. Espongo il problema e mi viene detto anche lì che si tratta di aspettare parecchi mesi.... Subito dopo però la gentilissima segretaria del centro si affretta a farmi sapere che c’è una soluzione. Pagando 100 euro avrei potuto effettuare l’esame anche il giorno successivo. Non solo! Se avessi fatto la risonanza a entrambe le ginocchia avrei avuto un prezzo favorevole: solo 140 euro! Disgustata da questa mentalità tristemente mafiosa decido di non cedere a questo ricatto, mi rifiuto di schierarmi con una sanità che favorisce solo chi è disposto a pagare. Fortunatamente conosco un medico che lavora in ospedale che, spiegatagli la questione, mi dice di presentarmi al termine dell’orario delle visite per sottopormi all’esame.Arrivata all’orario stabilito mi ritrovo con altri dieci pazienti nella mia stessa condizione. Finalmente,alle 22,00 è il mio turno e riesco ad ottenere quello che è semplicemente un mio diritto di cittadina: il diritto alla salute». Una storia come tante che fa riflettere. Roberta ha rinunciato a pagare ma ha avuto la fortuna di conoscere la persona giusta nel luogo giusto al momento giusto. Ma il diritto alla salute non dovrebbe rispondere a logiche clientelari o privilegiare i pochi che hanno le risorse finanziarie per curarsi … Rossella Romeo

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n. 2 - marzo 2009

Dedicano tutta la loro vita alla famiglia e smarriscono gli obiettivi personali

Casalinghe sempre più depresse Sono le prime ad alzarsi dal letto, le ultime ad andare a dormire. Trascorrono le loro giornate a cucinare, spolverare, lavare e stirare e non prendono mai ‘ferie’ dalla famiglia… Risultato? Depressione! C’era una volta e c’è ancora oggi la casalinga tuttofare, ma sempre più stanca, pessimista e depressa. Il dramma nasce all’interno della famiglia. Mancano certezze, valori, regole e i ruoli sono sempre più confusi e svalutati, soprattutto quelli delle donne. E, infatti, la scarsa autostima e la solitudine hanno portato a un nu-

Sei in disarmo? Tradisci! «Nella coppia il tradimento viene praticato come una sorta di antidepressivo rispetto alla fatica del vivere insieme». È quanto asserisce la dott. Maria Rita Parisi, psicoterapeuta e sessuologia, coautrice di un libro intitolato Promiscuità. Il tradimento a cui la sessuologia si riferisce è quello della scappatella poco impegnativa, con un partner conosciuto, nella maggior parte dei casi, via internet. Ma quanto tradiscono gli italiani? Dalle ultime statistiche sembrerebbe che addirittura sette coppie su dieci siano infedeli, e quel che più sconcerta è la scomparsa del senso di colpa per il gesto fedifrago. A tradire sono più gli uomini delle donne e più gli adulti tra i 40 e i 50 anni dei giovani. L'adulterio, in costante aumento, sembra essere ormai una cosa accettata nel nostro paese. Secondo il presidente dell'associazione Avvocati matrimonialisti, Gian Ettore Gassani «l'infedeltà non è più vista in modo tragico, tanto che è solo al secondo posto come causa del divorzio, con il 40%", alle spalle delle incompatibilità caratteriali». L'adulterio ai tempi di Facebook sembra essere diventato ormai uno stile di vita e molti sessuologi lo considerano terapeutico e utile all'armonia della coppia. E la rete pullula di siti che forniscono guide pratiche all'adulterio, veri e propri decaloghi di trucchi e sotterfugi "per non farsi beccare" (come tradimento.net) e social networks dove intrecciare nuove relazioni. Sono 800mila gli italiani che passano almeno quattro ore su internet e le tentazioni possono essere molte. In Italia inizia ora a essere inserito tra i motivi di separazione, mentre in Inghilterra è già stato concesso il primo divorzio per un tradimento virtuale, su Second Life. Ma che sia virtuale o reale, il tradimento resta tale, e, commenta l'avvocato Annamaria Bernardini de Pace, «nessuno si sente in colpa se tradisce e questo è ancora più grave e lesivo della dignità». Luigi Fedele

mero sempre più elevato di casalinghe depresse. Non si sentono gratificate, si lamentano del marito con cui non vanno d’accordo o dei figli che non le considerano. E così c’è chi affoga i pensieri nel cibo, si abbuffa e ingrassa, chi inizia a non apprezzarsi e trascura l’aspetto fisico, si trucca poco e veste male, chi si rinchiude in casa, rifiutando qualsiasi contatto con l’esterno. Finiscono per sentirsi svuotate e senza meta, anche se apparentemente hanno tutto. Scappano dagli affetti, da se stesse, cercando

spesso rifugio nell’alcool o ricorrendo regolarmente all’uso di psicofarmaci. La causa profonda della depressione è, infatti, lo smarrimento dell’obiettivo. Dedicano la loro vita ai figli e al marito, rinunciando ai loro interessi e alle loro amicizie, credendo che questa sia la loro missione… Missione fallita se il risultato è la depressione! Marina Cristaldi

Le donne tuttofare italiane sono certamente le più penalizzate in Europa

“Fannullone” fra casa e lavoro Altro che fannulloni. L’espressione scelta dal ministro della pubblica amministrazione Brunetta per definire gli impiegati statali poco volenterosi, non si può certo applicare alle donne italiane. Loro sanno bene che cosa vuol dire sgobbare: occuparsi della famiglia, dei figli, della casa e, quando c’è, anche del lavoro. La fotografia scattata lo scorso settembre dall’Istat – e racchiusa in un volumetto dal titolo Conciliare lavoro e famiglia – parla chiaro: le donne del bel paese sono le più penalizzate, specchio riflesso di quell’Italia all’ultimo posto in Europa anche nei pacchetti di aiuti per i figli, sia in termini di denaro che di servizi offerti, dall’asilo nido al tempo pieno a scuola. Scappa e corri tra vita privata e ufficio, con un carico quotidiano in media di nove ore (una in più rispetto agli uomini). Alle faccende familiari le italiane dedicano 5 ore e 20 minuti ogni giorno: 60 minuti in più di francesi e tedesche, mezz’ora più delle spagnole; domenica compresa di straordinari. Eppure per l’istituto nazionale di statistica sono le più “inattive” del resto del continente: sì, perché, da noi, la metà lavora soltanto a casa, mentre in Europa questa realtà riguarda solo un terzo delle donne. Per la serie: tanta fatica, ma nessun riconoscimento.

Intanto il governo italiano, di fronte alla richiesta dell’Unione Europea di equiparare l’età di pensionamento con gli uomini, propone per le donne che lavorano nel pubblico impiego un innalzamento graduale a partire dal 2010, per arrivare a quota 65 anni nel 2018. Una soluzione, quella di andare in pensione più tardi, già acclamata a dicembre dal ministro Brunetta in nome dell’eguaglianza e che non spaventa le dirette interessate. Loro si dicono favorevoli a restare al lavoro, ma a patto che tale manovra possa contribuire a creare servizi per le donne che hanno una professione: asili nido, tempo pieno a scuola, detrazioni fiscali per chi ha una baby sitter. In fondo sul piano lavorativo le maggiori disparità si registrano prima dei 40 anni, e non sarà certo la prospettiva di andare in pensione alla stessa età degli uomini che potrà compensare anni di discriminazioni e sacrifici. Penalizzazioni storiche che pesano pure sul piano economico: la Banca d’Italia, infatti, ha calcolato che se le donne andassero in fabbrica o in ufficio quanto gli uomini, il Pil (prodotto interno lordo) sarebbe più alto di oltre il 17% l’anno. Senza contare il progressivo invecchiamento del paese. Un figlio diventa un peso troppo grande da sostenere: solo il 45% delle donne con due o più bambini continua a lavorare dopo la maternità; per tutte le altre l’essere diventate mamme significa la fine di una carriera. Nel complesso siamo fermi agli anni 80: rispetto al passato - sostengono gli studiosi - non è cambiato molto. L’Italia non cresce, dunque, e non è solo questione di numeri. Valeria Arena

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n. 2 - marzo 2009

Yes Man, il film con Jim Carrey, racconta il cambiamento di un bancario abituato a dire sempre no

Volete star bene? Imparate a dire sì “Yes we Can”. Non è solo lo slogan scelto dal neo eletto presidente americano Barack Obama per la sua campagna elettorale. È diventata una filosofia di vita, rilanciata e valorizzata dall’uscita nelle sale dell’ultimo film interpretato da Jim Carrey, Yes Man. Tratta dall’omonimo romanzo di Danny Wallace (Mondadori, 2006), la pellicola è diretta da Peyton Reed e prodotta dal premio Oscar Richard D. Zanuck e David Heyman. Il film racconta la storia di Carl Allen, un bancario abituato a dire sempre no, che rifiuta ogni rapporto con il prossimo e cade in una profonda depressione dopo essere stato lasciato dalla compagna. La sua esistenza subirà un forte scossone

solo dopo aver assistito a un seminario tenuto da un guru (Terence Stamp) che predica la teoria del sì. Questo avvenimento stravolge il suo rapporto con le persone e con il mondo che lo circonda; e anche se Carl si renderà presto conto che i suoi assensi a volte costituiscono motivo di imbarazzo, tale approccio positivista verso le cose e le persone rappresenta per lui l’unica strada percorribile per raggiungere la felicità. Dietro la storia del banchiere si nasconde l’antidodo contro i piccoli e grandi drammi di ogni giorno. «È più facile del dire no» - ha spiegato l’attore americano che ha dato il volto a The Mask.

Tra le prodezze che il protagonista di Yes Man mette in atto per rimanere fedele al suo nuovo modo di pensare, c’è persino quella di buttarsi da un ponte e fare bungee jumping mentre parla al cellulare. Si dice che questa scena sia stata girata tra le ultime per timore che potesse succedere qualcosa all’attore e pare che Carrey abbia accettato di buttarsi a patto che ciò avvenisse una sola volta.Anche per lui interpretare questo film è stato un po’ come assumere un antidepressivo, vera terapia d’urto contro i malesseri della psiche. Quello gridato in Yes Man è soprattutto un sì alla vita, alle emozioni forti, alla forza, al coraggio di rischiare

per imparare ad apprezzare il sapore della paura, del dolore, ma anche dell’allegria, della spensieratezza, della gioia. v. a.

In ogni angolo d’Europa sono in forte calo gli affari del settore a luci rosse. Ma, pagando le tasse...

E ora la crisi colpisce anche la prostituzione Qualcuno aiuti la prostituzione! Dopo banche, edilizia e auto, la crisi finanziaria non risparmia più nessun settore: sulle strade, on line o nei bordelli gli affari del settore a luci rosse sono in caduta libera in ogni angolo d'Europa. Su internet il club di spogliarello virtuale Big sister ha lamentato perdite per oltre il 15%. Sui marciapiedi più frequentati di Parigi, i negoziati con gli avventori del sesso a pagamento sono sempre più lunghi e infruttuosi. «I clienti tirano sul prezzo, senza uno sconto ormsi se ne vanno», ha lamentato sulle pagine di un giornale una studentessa inglese che lavora il fine settimana sugli Champs Elysées. Mai successo prima, ma la recessione è in atto dappertutto, persino a Praga e Berlino, storiche capitali a luci più che rosse. A novembre, mese in cui storicamente gli affari vanno a gonfie vele, Artemis, una delle più grandi e frequentate case chiuse della capitale tedesca, ha registrato un calo del 20%. Tutta colpa della drastica diminuzione del potere d'acquisto dei turisti stranieri e degli uomini d'affari in trasferta, da sempre i maggiori finanziatori di case chiuse o locali a luci rosse. Ma non tutti gli abitanti, ovviamente, si disperano, anzi sperano che la crisi avrà almeno il buongusto di ripulire alcuni quartieri delle città. Chi ci lavora, invece, chiede a gran voce un piano di salvataggio e la legalizzazione della prostituzione. Il

Periodico d’informazione in attesa di registrazione presso il Tribunale di Reggio Calabria

Direttore Responsabile Rino Labate [email protected] Editore Laruffa Editore Via dei Tre Mulini, 14 Tel. 0965.814948 Reggio Calabria ..... Tipografia, Redazione e Pubblicità Officina Grafica via Matteotti, 4 tel. 0965.752886 [email protected] Villa San Giovanni (RC) ...... Preimpaginazione: Marina Cristaldi Progetto grafico: Mimmo Zema ........ Segreteria di redazione Clara Sturiale [email protected]

Piano di salvataggio per il porno USA?

governo ceco, infatti, starebbe prendendo la cosa sul serio e potrebbe regolarizzare circa diecimila prostitute che lavorano sul territorio, seguendo l'esempio di Germania e Olanda, dove il mestiere più antico del mondo paga tasse e contributi. Magari inizierebbero a proporre tariffe universitarie, carta socio, saldi… Antonio Billè

Non c’è più nulla che vada per il verso giusto ed è tutta colpa della recessione! Neanche lo storico e florido mercato del porno riesce a resistere, così i re del settore americano scrivono al Congresso appena insediato reclamando un piano di salvataggio per rilanciare la voglia di sesso dei cittadini Usa, come è accaduto all’industria dell’auto e a Wall Street. La richiesta? Addirittura 5 miliardi di dollari! Firmato Joe Francis, produttore dei dvd Girls gone wild, e Larry Flynt, fondatore della rivista Hustler. «A causa della crisi, gli americani sono troppo depressi per essere attivi sessualmente – motivano i due – e questo è un male per la salute del paese: gli americani possono cavarsela senz’auto, ma non senza sesso!» Quindi americani, per favore, passatevi una mano sulla coscienza e comprate un film porno ciascuno. Non costano molto e con appena 10-12 dollari magari risvegliate vecchi istinti ormai assopiti. Oltre a fare un’opera di bene a quei poveri produttori che non riescono più a mettere la benzina nelle loro Dodge! a. b.

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n. 2 - marzo 2009

Il Dr. House e la malattia che non c’è

Il mio primo bacio un incubo da scommessa «Ero innamorato di lei alle medie», rivela lui alla mia famiglia (fornendo loro insperati spunti sarcastici). E si giustifica: «Perché bisogna ammettere che è oggettivamente una bella ragazza, ma - eccolo - è un po’... schiva, si. E scoraggiante». Dunque è svelato l’arcano. Eccolo il perché, il “ma” dei ma. Sono schiva, che è un eufemismo, di conseguenza, scoraggiante. Un brandello del mio passato così squarcia la tela del mio attuale per rivelarmi l’assoluto: è tutta colpa mia. Sono io, con questo atteggiamento che mi ritrovo, a sgonfiare i petti, a rilassare le pance, a far voltare i tacchi e curvare le schiene di questi coraggiosissimi maschietti. Poveretti. Sarà per quello allora che questa sorta di involontaria, credetemi, preselezione, mi porta ad avere a che fare solo con

Sembra che il Dr. House stavolta l'abbia fatta grossa. Infatti, in una puntata della serie tv andata in onda i primi di dicembre sul canale satellitare Fox, House tratta con eccessiva leggerezza un presunto caso di fibromialgia, somministrando al paziente un placebo (una comunissima caramella). Questa malattia di origine reumatica presenta diversi sintomi - i due principali sono dolore generalizzato e stanchezza - e può essere accompagnata da problemi intestinali e reumatici, ansia, depressione, tachicardia. etc. È inoltre complicato diagnosticare questa malattia perché non è rilevabile da esami o accertamenti clinici e spesso viene liquidata come sindrome del "malato immaginario" e addirittura definita "malattia invisibile". In Italia, un buon numero di persone affette da questa patologia non hanno gradito la presa in giro e hanno inviato ripetute lettere di protesta ai curatori della serie. In realtà questa malattia ha da sempre diviso il mondo scientifico, alcuni dubitano persino della sua stessa esistenza addebitando i disturbi lamentati dai pazienti a una origine psicosomatica.Anche se nel mondo scientifico sono molti coloro che si sono schierati a favore della esistenza più che reale di questa condizione (per fare un nome tra i reumatologi noti nel belpaese, il prof Gabriele Valentini, ordinario di Reumatologia a Napoli). Nel 2007, inoltre, sembra che il dubbio sia

stato sciolto definitivamente. Infatti, è stato inventato un farmaco ad hoc per curare la fibriomialgia, il Pregabalin che nel 2008 è stato sostituito dal Cymbalta; quindi, il problema è stato liquidato ammettendo che "se esiste il farmaco dovrà pur esistere la malattia". Qualcuno ha persino proposto di sospendere la fiction, mentre il consulente scientifico della serie televisiva Dr. House in Italia, Massimo Codacci Pisanelli, in una intervista rilasciata al quotidiano La Stampa, ha difeso l'accaduto ammettendo la non scientificità della serie televisiva. Inoltre, ha aggiunto che gli sceneggiatori americani amano le provocazioni e a tal proposito afferma: «Le battute create da loro spesso provocano anche accesi dibattiti negli Stati Uniti. Non bisogna dimenticare che viene calcolato minuziosamente l'indice di gradimento dei personaggi e degli argomenti trattati e anche in base a questo si sceglie di che cosa parlare. C'è poi da tener presente che la sensibilità negli Stati Uniti è molto diversa da quella italiana e, quindi, una battuta può avere diversi effetti nel pubblico dei telespettatori». Insomma, italiani, evitate di scegliere il Dr. House come vostro medico di famiglia, rischiereste di trovarvi a ingerire ovetti Kinder per curare la diarrea. Nunzio De Luca

La fibromialgia è una vera patologia? In effetti la fibromialgia sembra averle tutte per mettere in dubbio la sua reale esistenza: oltre al dolore diffuso è caratterizzata da disturbi che tantissimi prima o poi hanno, come fatica muscolare, mal di testa, insonnia, stress psicologico o depressione. La causa non è nota; le radiografie e gli esami del sangue sono normali e la diagnosi si fa sulla base dei sintomi riferiti dal paziente, che non si possono misurare. Basta per liquidarla come malattia che non c'è? Forse no, perché esistono anche prove scientifiche che dicono il contrario e nel 1992 l'Organizzazione Mondiale della Sanità l'ha riconosciuto come malattia. La fibromialgia colpisce dallo 0,6 al 4% della popolazione italiana e l'80% è di sesso femminile. Sebbene i pazienti fibromialgici avvertano un dolore simile a quello di soggetti affetti da dolore articolare, la fibromialgia non causa infiammazione e, quindi, non è una forma di artrite, ma una forma di reumatismo del tessuto extraarticolare (muscoli, tendini). Sono state proposte varie ipotesi patogenetiche: una condizione psicosomatica, una disfunzione immunitaria, un'alterata percezione del dolore a livello del sistema nervoso centrale e/o periferico. La diagnosi si basa su una valutazione clinica dei

sintomi da parte di un medico specialista nella malattia (reumatologo o neurologo). Secondo i criteri dell'American College of Rheumatology, una persona è affetta da fibromialgia se ha una storia di dolore diffuso a tutte i quadranti del corpo, da almeno tre mesi, associato alla presenza di dolore in almeno 11 dei 18 siti specifici chiamati tender points. La presenza di uno di questi due sintomi, dolore diffuso o tender points, separatamente, non permette di fare diagnosi di fibromialgia. Poiché l'origine della fibromialgia non è ben conosciuta, il trattamento è empirico. Il dolore risponde solo scarsamente ai farmaci antinfiammatori mentre sono parzialmente efficaci gli antidepressivi come i triciclici, gli SSRI o SNRI e anche il pregabalin, un analogo del neurotrasmettitore GABA. Molto utile per il paziente è anche un supporto psicologico.Attenzione, invece, a cure palliative di speculatori e approfittatori, sempre pronti quando una malattia non ha ancora disponibile un trattamento specifico. Prof. Giuseppe Vita Direttore dipartimento di neuroscienze, scienze psichiatriche ed anestesiologiche AOU Policlinico di Messina

quei, pochi, pazzi che sprezzando il pericolo ignorano il mio arcigno sopracciglio. Questa, signori, è la vera rivelazione: ecco perché ho a che fare sempre solo con persone molto fuori dalle righe. Perché, è evidente, lì dove manca il coraggio è la follia a illuminare la via dell’approccio, o l’alcol. Così da chi trema al solo pensiero di avvicinarmi, si passa a un direttissimo: «Ti posso trombare?». O a un ubriachissimo tentativo di trascinarmi in un anfratto. O ad un bacio strappato con violenza. Perché fu proprio così il mio primo bacio. Quel momento che nella vita di una ragazzina è sognato e agognato nel più principesco dei setting, per me fu un incubo. Andò così: - dobbiamo tornare di nuovo alle medie - uscivo di classe per la ricreazione. Mi dirigevo lenta e spensierata verso la palestra, quando fui presa con impeto alle spalle, voltata e baciata. Poi scappò via il coraggioso... ché altro non voleva - mi rivelò anni dopo - se non vincere una scommessa. E dimostrare così al compagno di banco di avere il coraggio di farlo. Eccolo il mio primo bacio: né sognato, né agognato. Era una scommessa. O una condanna, un presagio: avvicinata solo da pazzi o sprazzi di follia e alcolici aneliti. Altrimenti, semplicemente “schivata”. Manuela Modica

Un’enorme dose di fortuna Nel grottesco inferno della vita di tutti i giorni, ottenere in ogni campo il massimo risultato con il minimo sforzo è un sogno. Per il trentacinquenne Andrea Dell'Arti è una realtà, anzi un'abitudine. È inguaribilmente pigro, indolente e insoddi-

sfatto, ma per qualche ragione tutto va bene nella sua vita: amore, famiglia, lavoro… Anche la suocera lo adora. Sullo sfondo di una città corrotta e senza scrupoli, dove non c'è spazio per i sogni, lui riesce a realizzare le aspirazioni a cui gran parte dei suoi coetanei hanno rinunciato da un bel pezzo. Il suo segreto? Un'enorme dose di fortuna. Già, perché Andrea si trova sempre al posto giusto nel momento giusto, ogni volta che c'è bisogno di un ragazzo brillante (ma non troppo), volonteroso (ma non troppo), ambizioso (ma non troppo), idealista (ma non troppo). Con Esco presto la mattina, lo scrittore napoletano Massimo Cacciapuoti, una delle voci della nuova narrativa italiana, dà vita a una godibile satira, che non risparmia la politica e la letteratura, la famiglia e il cinema. Sergio Busà “Esco presto la mattina” di Massimo Cacciapuoti Casa editrice Garzanti (Anno 2009 - 336 pag. - 16,60 euro)

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n. 2 - marzo 2009

Paris Hilton, una donna molto spericolata Come si può riuscire a sposare Paris Hilton? È un mistero che tenteremo di svelare. Prima di tutto, come base, occorre essere belli, ricchi e stronzi. Ci vogliono delle forti motivazioni, ma il risultato ci lascerà soddisfatti. Attenzione però: Paris ha detto più volte di non essere stupida, di essere una donna intraprendente; inoltre è una star della musica (commerciale), gestisce una catena di risto-

ranti, ha dato il nome a un profumo, e molto altro ancora. Peccato che suo nonno, proprietario della catena di alberghi Hilton, le abbia pesantemente decurtato la futura eredità a causa della sua vita spericolata. Insomma, Paris in futuro potrebbe ritrovarsi in mutande, ma è tempo di crisi e già adesso i più disparati paparazzi la ritraggono completamente "ignuda" sotto la quasi invisibile minigonna. Non dimentichiamo le sue esibizioni nel cinema, grazie alle quali ha ottenuto nel 2005 il prestigioso Razzie Award come peggior attrice non protagonista con il film La maschera di cera. Paris però è famosa per un altro tipo di filmini, e qui entra in gioco ogni dolce futuro

maritino, che può diventare il più cliccato su youtube grazie al video della prima notte di nozze. Una mossa che lo renderebbe così famoso che al confronto Rocco Siffredi sarebbe uno sconosciuto principiante. Chi crede al detto "donna al volante, pericolo costante" e volesse sposarla, sappia che non corre pericoli in automobile: lei si mette alla guida solo se totalmente ubriaca. O almeno faceva così, prima che le ritirassero la patente. Di certo, non sarete in difficoltà se lei dovesse chiedervi di che colore sono i suoi occhi: sono castani, ma usa spesso lentine azzurre. Una gaffe in meno per ogni distratto

promesso sposo, che avrà a disposizione una donna sempre in forma, grazie al pronto intervento di squadre di chirurghi estetici, in grado di combattere l'invecchiamento e di modellare sensualissime forme che sfidano persino la forza di gravità. Insomma, Paris Hilton è una gran donna, da sposare. A patto, però, di poter divorziare da 5 minuti dopo le nozze, cioè appena lei apre bocca. E se la conturbante biondina vi chiede il motivo, basta guardarla intensamente e citare la romantica frase di uno spot da lei interpretato qualche tempo fa: "Meglio cambiare, no?" s. b.

Lapo, un uomo diventato una griffe Da 5 anni è il "Best Dressed Man" per la rivista Vanity Fair Usa. Lapo Elkann, 31 anni, non è solo l'uomo meglio vestito, ma anche il manager più creativo tra i giovani imprenditori italiani. Piace alla stampa estera. Troneggia nelle riviste patinate italiane con i suoi flirt e la sua costante presenza nel bel mondo. Il giovane rampollo di casa Fiat sembra avere molte vite: in tutte si distingue per stile e fascino. Nipote prediletto di Gianni Agnelli, secondogenito di Margherita e di Alain Elkann, sin da ragazzo ha rivelato doti da grande comunicatore: a 24 anni è stato assistente personale di Henry Kissinger; a 28 è divenuto re-

sponsabile del brand della Fiat. Le celebri felpe con il logo della casa automobilistica torinese sono una sua idea - rivelatasi vincente - per rilanciare l'immagine dell'azienda tra i giovani. Ma Lapo non ha mai amato vivere nella campana di vetro dell'impresa di famiglia: ha scelto di sacrificare la sicurezza del suo posto di manager Fiat per mettersi in gioco. L'appellativo di imprenditore creativo se l'è conquistato sul campo dando vita due anni fa alla Italia Indipendent, impresa che crea oggetti "unici" nel campo della moda, dello stile e del design. Nel 2007 ha anche fondato Indipendent Ideas, un'agenzia che si occu-

pa a 360° di marketing e comunicazione. L'anno scorso l'attività della società è andata in onda su Fox Life nel programma Idee in Progress - 90 giorni con Lapo: una docu-story che ha seguito per tre mesi il lavoro del giovane imprenditore e del suo team. Appassionato d'arte, Lapo Elkann è ambasciatore nel mondo della Triennale di Milano. Un'esistenza piena di successi e soddisfazioni, oscurata nell'ottobre del 2005 da un brutto episodio: un festino a base di cocaina che gli ha fatto rischiare tutto, vita compresa. Ma errare è umano, perdonare è divino. Come non assolvere un ragazzo che, torna-

to dalla riabilitazione più forte di prima, si impegna per chi la salute non ce l'ha? Lapo Elkann è ambasciatore del Tel Ashomer Hospital di Tel Aviv, l'ospedale più importante del Medio Oriente, e nel 2008 è stato testimonial di Telethon. Trentuno anni, ricco, famoso, carismatico, vulcanico, pieno di iniziative e idee vincenti. Cosa può volere di più una donna?!? Valentina Costa

CARONTE & TOURIST di Alessandra Basile

I “nuovi” Guns N' Roses Avete comprato l'album, avete scartato avidamente la confezione, avete premuto play e… non sono i Guns N' Roses! Ascoltando il disco per la prima volta si prova una sensazione di smarrimento. L'album suona come se non fossero i Guns N' Roses e, in effetti, non lo sono! Della storica band è rimasto solo il cantante Axl Rose. Dimenticate, dunque, le sonorità dei Roses e gli assolazzi di Slash, questo è il disco del cambiamento. Chinese Democracy ha avuto un travaglio lungo 13 anni prima di venire alla luce. Su tutti spicca la voce, ancora straordinariamente possente, di Axl Rose mentre il resto si può definire un ottimo contorno. I 14 brani dell'album sono canzoni che non accettano compromessi: forti come un wall of sound (Better e Chinese Democracy), caratterizzate da insolite sonorità pop (Madagascar), sensuali ballate rock come This I Love. Un disco insolito, diverso rispetto ai precedenti lavori dei Guns. Ma non è forse meglio così? Non è meglio andare avanti, creare qualcosa di nuovo invece di restare avvinghiati al passato? A voi la scelta.

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n. 2 - marzo 2009

Meriti, potenzialità e pericoli del social network del momento, il più cliccato della rete

Anche in Italia è esplosa la Facebook-mania Se scappi Facebook ti insegue. Ormai ne parlano tutti ovunque! Il social network, nato nel 2004 alla Harvard University, è il fenomeno del momento e conta più di 160 milioni di iscritti in tutto il mondo. La facebook-mania ha colpito anche il nostro paese. Gli utenti italiani sono passati in pochi mesi da centomila a più di quattro milioni. Un'ondata travolgente che grazie al passaparola ha fatto scoprire il social network a chi ancora non lo conosceva. Oggi, se non hai un profilo su Facebook sei “fuori dal mondo”. Il social network è certamente una moda, ma pare che non sia passeggera come quella alla Second Life. Facebook si presenta come un vero e proprio fenomeno sociale senza confini di generazioni o di genere. La facebook-mania ha, infatti, contagiato tutti: dagli adolescenti agli anziani, dai medici e giornalisti ai politi-

ci, imprenditori e vip. Ma attenzione ai fake, cioè ai falsi profili. Sul social network, infatti, c'è chi si finge un'altra persona, inventandosi delle identità o spacciandosi per gente del mondo dello spettacolo. Molte sono le potenzialità che si celano dietro al social network più cliccato del web. Facebook accelera la crescita del pubblico attivo. Il boom esprime il bisogno di recuperare forme di relazioni personali o, almeno, simulazioni di amicizia, un bisogno che in questo momento i social network riescono a soddisfare

A Messina è nato un gruppo di “Twilighters”, con grandi idee

Twilight, che passione! In occasione dell'uscita di Breaking Dawn, quarto volume della saga di Stephanie Meyer, un centinaio di “Twilighters” messinesi ha dato vita al primo raduno ufficiale del gruppo. Un successo clamoroso per la giovane organizzatrice: Buby_swan - il suo nickname - ha infatti solo 13 anni. Per caso scopre la saga di Twilight nel 2006, quando la macchina mediatica non si è ancora mossa per acclamare il fenomeno e nessuna pellicola è sui grandi schermi. Come sempre Internet anticipa tutti: sui forum nazionali si programmano i primi raduni. Ma a Messina nulla. Allora Buby si rimbocca le maniche e decide di organizzare da sola il grande evento. Tramite i forum e il tradizionale - ed efficace - passaparola, raccoglie un primo gruppetto di “Twilighters” attorno a sé; insieme preparano un volantino, lo fotocopiano con le paghette e lo distribuiscono per le vie del centro: appuntamento dinanzi una nota libreria cittadina per acquistare il volume Breaking Dawn; poi dibattito aperto sulla saga a piazza Municipio. Senonché il volantino finisce nelle mani del proprietario della libreria, che, incuriosito, contatta la ragazzina. Contagiato dal suo entusiasmo, decide di fornirle i mezzi tecnici per

realizzare l'incontro informale, che si trasforma in una festa: sul forum gestito da Buby è possibile aderire all'evento, conoscere le altre "Twilighters", prenotare una copia del libro con in regalo un biglietto per la visione del film Twilight, e partecipare all'estrazione di tre locandine della pellicola. Ma perché Buby ha organizzato tutto questo? «A Messina non ci sono gruppi in cui è possibile discutere di libri. Le persone si lamentano che non c'è niente, però poi aspettano sempre che siano gli altri a muoversi». Che la colpa sia del proverbiale disfattismo cittadino, capace di stroncare ogni forma di creatività sul nascere senza darle il minimo spazio per svilupparsi? Sicuramente Buby è stata fortunata: ha incontrato adulti che hanno dato credito al suo "sogno" e hanno avuto fiducia nella sua capacità di realizzarlo: «La cosa che ho apprezzato di più è stata non essere trattata come una bambina». Idee per il futuro? «Abbiamo intenzione di organizzare qualcosa di davvero speciale quando uscirà il nuovo libro di Stephanie Meyer». Tenetevi aggiornati su http://twilightersmessinesi.forumfree.net/. v. co.

più della realtà. Lo scopo di Facebook, infatti, è proprio quello di mettere in contatto le persone: vecchi e nuovi amici, compagni di classe e colleghi di lavoro, appassionati con

un hobby in comune e magari tifosi della stessa squadra. Oggi Facebook è diventato un media sociale con grandi capacità di organizzare azioni collettive sulla vita reale. Ma è anche un potente strumento di marketing, sia in termini di conoscenza dei gusti delle persone sia per diffondere messaggi e marchi. E per quanto possa risultare sgradevole (si pensi ai gruppi supporters dei mafiosi o i nostalgici di Aushwitzs) i gruppi e le cause esistenti sul social network vanno oltre l'immaginazione. Facebook rappresenta un mix di serio e faceto, un gioco che va usato con moderazione. m. c.

Costume e Societ di Clara Sturiale

Tanto “frugalisti” da essere sexy! Parola d'ordine per il 2009: frugalità. Sarà la paura della crisi, sarà perché lo stipendio non basta più per arrivare a fine mese, sarà perché professarsi consumatori eticamente corretti è molto trendy e fa pure un po' snob o sarà perché ci si crede davvero. L'unica certezza è che aumenta sempre più il numero dei "frugalisti" (tra le parole dell'anno secondo il New Oxford American Dictionary, dopo "hypermiling", le tecniche adoperate per massimizzare i consumi di carburante e inquinare meno). Rientra nella categoria «chi adotta uno stile di vita frugale, pur rimanendo alla moda e in salute, scambiando capi di abbigliamento, comprando articoli di seconda mano, coltivando in proprio ciò di cui si nutre, e così via». Un modo per aiutare se stessi - portafoglio e salute ringrazieranno - e fare la propria parte nella salvaguardia del benessere ambientale globale. E così ben vengano l'informazione corretta sull'alimentazione, la riscoperta del gusto di slowfood (http://associazione.slowfood.it) e una serie di accorgimenti da introdurre a poco a poco nella vita di tutti i giorni, come

bere l'acqua del rubinetto, ridurre la quantità di carne e pesce consumata (secondo le Nazioni Unite, infatti, l'industria dell'allevamento del bestiame è responsabile ogni anno dell'emissione di gas serra più dell'intero settore dei trasporti) o scegliere rifornitori locali, riducendo in questo modo anche la quantità di spazzatura prodotta. Vi sembra troppo complicato? Non scoraggiatevi, l'importante è procedere un passo per volta, magari seguendo l'esempio della famiglia di Leah Ingram, che racconta la propria esperienza in rete (http://suddenlyfrugal.blogspot.com/) o di Lewes in East Sussex, nell'Inghilterra del Sud, dove si sperimenta una vita non dipendente dal petrolio, come se fosse già finito. E se pensate che sia da "nuovi poveri" cercare case da condividere (cohausing.it) o verificare i prezzi che ritenete troppo cari (farecast.live.com), consolatevi con la provocazione del semiologo Paolo Fabbri, secondo cui presto la frugalità sarà considerata davvero sexy…e lo diventeremo in molti!

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