2007 Febbraio

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danti; la grazia fece le sue conquiste; quel-la Parrocchia fu trasformata. L'esempio del santo Curato d'Ars possa tro-vare tanti imitatori quanti sono i pastori d'ani-me!... A tal proposito nella nostra parrocchia stiamo organizzando le “Lampade Viventi” anime in adorazione al SS.mo Sacramento, se anche tu vuoi far parte chiedi a Tiziana o Pino. Fatene l'esperienza e vedrete il gran pro-fitto che ne ricaverete. Sappiate che il tempo che spenderete a trattenervi con devozione da-vanti a questo divinissimo Sacramento sarà il tempo che meglio vi profitterà in vita e vi consolerà nella vostra morte e nell'eternità. E sappiate che forse guadagnerete di più in un quarto d'ora di adorazione alla presenza del Sacramento, che in tutti gli altri esercizi spi-rituali del giorno. (S. Alfonso de’ Liguori) Pino Guaglianone

3DUODQGRGLVFHOWH Le varie vicende di violenza che si sono susseguite in questi ultimi giorni ci hanno “costretto” a fermarci per interrogarci. Abbiamo cercato di analizzare questi eventi per capire come giovani della nostra stessa età possano agire in modo così istintivo: creare risse negli stadi, violentare e uccidere i propri coetanei, usare la scuola come luogo di svago…… Ci siamo chiesti se questi atti fossero frutto di scelte o solo dettate dell’istinto. Abbiamo imparato anche grazie all’aiuto delle nostre amiche suore che ogni scelta prevede l’uso dell’intelligenza, della ragione e della volontà. Discutendo ci siamo resi conto che quello che ci viene raccontato dai mass-media tutti i giorni non è poi così lontano da quello che viviamo quotidianamente. Anche nelle nostre scuole succedono cose scandalose. Un nostro compagno ci ha raccontato che nel suo istituti assiste ad atti di bullismo nei confronti di un suo compagno down che cerca semplicemente di stare con i suoi amici di classe i quali lo deridono senza che lui possa comprendere. Per non cadere nel moralismo e cercare delle risposte concrete ci siamo chiesti cosa poter fare di fronte a questa situazione quotidiana, qualcuno ha proposto di rispondere alla violenza con la violenza ma ad un analisi più razionale ci siamo ricordati del comandamento principale che il Signore ci ha lasciato: “ama il prossimo tuo come te stesso”. La violenza comunque non risolverebbe il problema di quel ragazzo che cerca solo degli amici e quindi ci siamo riproposti, cioè abbiamo scelto, di diventare noi suoi amici, salutandolo a scuola e provando anche ad invitarlo ai nostri incontri.

Il gruppo del catechismo delle superiori

pro manuscripto

Anno X - Febbraio 2007 - n. 2

Bollettino Mensile della Parrocchia Cuore Immacolato di Maria - Silvi Marina

9ROJHQGRJOLRFFKL DO7UDILWWR Se ne vedono di tutti i colori e tutte le fogge! La croce non è più solo l’oggetto simbolo che il cristiano portava sul petto come segno di appartenenza e di amore al suo Signore ma è divenuto un ornamento preso in uso anche dal mondo profano, sfoggiato con un pizzico di vanità o con dissacrante provocazione, tempestato di brillanti e quant’altro e ovviamente privato dell’immagine del Divino Crocifisso. O, altra stramberia del mondo commerciale, come mi è stato proposto qualche tempo fa, in un negozio dove cercavo un crocifisso da muro; un prezioso Gesù in argento, mani e piedi inchiodati al….vuoto!!! Adattabile così a qualsiasi tipo di arredamento! Entrambe queste trovate “estetiche” mi hanno fatto pensare a com’è, e a come invece dovrebbe essere la mia vita di credente. Diciamoci la verità, lo scoglio più duro, l’ostacolo più difficile è avere fede, una fede cieca, in Dio quando arriva (inevitabilmente) nella vita, il momento della prova, del dolore. E’ difficile, quando anche gli occhi del cuore sono appannati dalle lacrime, scorgere il Suo disegno d’amore nella realtà tragica che ci circonda. E’

difficile riconoscere la regale signoria del Cristo, quando ci si presenta nell’icona sofferente del crocifisso. E’ umanamente comprensibile pensare che il dialogo con il Signore sia momentaneamente interrotto, e che le trasmissioni riprenderanno il più presto possibile nell’ordinaria tranquillità della nostra esistenza. E’ un po’ come togliere Gesù dalla nostra croce per cercare di renderla più…carina. Paradossalmente illuminante mi è sembrato invece quel Gesù inchiodato al nulla, immagine che mi ha richiamato a saper scorgere la preziosa Presenza che da significato alla mia realtà, in qualsiasi “ambiente” mi capiti di trovarmi. E la realtà che stiamo vivendo in questi ultimi tempi nella comunità è difficile, dura. Tante persone ci hanno lasciato e le loro famiglie sono nella sofferenza; tanti anziani vivono il dramma della malattia, della solitudine; tanti ragazzi sono nel disagio e questo tempo

della quaresima che ci mette di fronte ai misteri della Passione , morte e Risurrezione del Signore Gesù ci spinge a ricambiare tutto il Suo amore facendoci cirenei per questi nostri fratelli. Non eludendole, non ignorandole ma portandole con fede penserà Dio stesso a ridare alle nostre pesanti croci luce, bellezza e splendore. Nostro compito, onore e onere di discepoli è quello di “riappendervi” l’immagine di Gesù a cui volgere lo sguardo con sicura speranza. Con questo spirito ci siamo accorti di dover riaccendere in noi lo slancio missionario, l’esigenza e il dovere di condividere, il bisogno di vivere la carità. Dal 14 febbraio al 7 marzo, si svolgono nei locali parrocchiali, ogni mercoledì alle ventuno, degli incontri con gli operatori della Cari-

tas diocesana che ci aiutano a formarci per poter vivere con costanza e competenza questo impegno. I ntanto le nostre suore hanno già cominciato la visita alle famiglie impossibilitate a frequentare la Parrocchia e ogni domenica, dopo la S.Messa saranno inviate dal parroco a portare la S. Eucaristia ai malati, mandato che è di tutta la comunità e a cui tutti siamo chiamati ad essere partecipi come e quando possiamo. E siccome benché volenterosi, come i discepoli del racconto evangelico, abbiamo sperimentato e sperimenteremo ancora tante volte il nostro fallimento, l’incapacità di liberare chi soffre dal demone della tristezza e dello scoraggiamento, Gesù ci dice che “certi demòni si scacciano solo con la preghiera”. E a fronte di così tante situazioni da risolvere è nato in noi il desiderio d’intensificare la preghiera. Rifacendoci a un cammino già “collaudato”nella Chiesa desidereremmo attuare anche nella nostra Parrocchia l’esperienza delle Lampade Viventi che riportiamo per esteso nell’articolo che segue; anche questa è una chiamata che vuole coinvolgerci tutti. Questo della quaresima è il tempo propizio ed è tanto il lavoro da svolgere nella Vigna del Signore. E’ il tempo favorevole per dare alla nostra comunità il messaggio forte, la Buona Novella che in Cristo Gesù il male è vinto, il dolore ha un senso,dopo la morte ci attende la vita eterna! Tiziana Mariani

l' ora fissata, la persona iscritta si ob-bliga a trovare, se può, chi la sostituisca, o, almeno, ad avvisare per tempo il Delegato o la Zelatrice perchè provveda alla sostituzione, in modo che il turno di Adorazione non resti interrotto. Le « Lampade viventi» si faranno poi un impegno d' onore e di amore di essere pun-tuali in Chiesa all' ora fissata. Al termine, peró, della propria ora non vi è obbligo di aspet-tare chi deve dare il cambio. Un' ora al mese! E'ben poca cosa; ma quel-l' ora al mese, perchè speciale, perchè coordi-nata, fa parte di una grande unione, la quale forma una grande forza: una unione ordinata che dà per effetto una schiera di anime, che passano per turno in ordine continuato, ren-dendo perpetuo omaggio di onore e di amore a Gesù nell' Eucaristia, che non sarà più soli-tario e abbandonato. Al Datore e Conservatore della vita; al Pa -drone del tempo e di quanto il tempo ci dona, diamo ogni mese un' ora di questo tempo, per-chè tale sia luce, sia fiamma, sia profumo che salga a Lui e da Lui ridiscenda in pioggia di benedizione e di grazia. Non solo freddi marmi e metalli, non solo luci simboliche e fiori che appassiscono, ma anime, ma vite, lampade viventi e amanti stia-no e ardano dinanzi a Lui, che è vita, la vera Vita delle anime nostre!L' organizzazione dei turni. Per arrivare allo scopo, cioè per ottenere che durante le ore del giorno Gesù nell’Eucaristia abbia sempre qualche lampada vivente dinanzi a Lui, due cose

sono necessarie: le persone che s’impegnano per l’adorazione e l’organizzazione dei turni. / HVHPSLR GHL&XUDWR G $UV Volete sapere quale fu il primo lavoro del santo Curato d' Ars per convertire la sua Par-rocchia? Ars era una terra pressochè infede-le; l' ignoranza e il mal costume l' avevano ri-dotta un campo di sterpi dove la vita cristiana, la preghiera, la purezza dei costumi non erano quasi più conosciute. Di questo campo di sterpi come fare una vigna eletta? « Primo studio del santo Curato - dice il suo biografo Monnin - fu di istituire nella sua Chiesa l' Adorazione perpetua diurna. Ma co-me venirne a capo? Dove trovare gli adora-tori? Quando un pensiero viene dallo Spirito Santo ed è ricevuto in un cuore fedele, rara-mente avviene che, ad onta delle più sfavo-revoli circostanze, non percorra il suo cam-mino... ». E lo zelo del santo Curato seppe superare ogni difficoltà; trovò alcune poche persone in cui era rimasta viva la fiamma delle fede e dell' amore, le quali con ammira-bile generosità si impegnarono di attuare l' ardente desiderio del loro santo Pastore. Così nella piccola chiesa d' Ars, per l' addietro ab-bandonata, come lo sono tante povere chiese di campagna, si poteva vedere ad ogni ora del giorno qualche persona in adorazione, ve-ra «lampada vivente ». E le benedizioni del Cielo scesero abbon-

«Lampade viventi», ben com-prendono le esigenze dell' amore, vogliono che almeno durante il giorno Gesù non resti soli-tario e abbandonato nel Tabernacolo e perciò si danno la parola d' ordine: Facciamo la guardia d' onore a Gesù Sacramentato: di ora in ora passi davanti a Lui un turno di anime adoratrici. Come la lampada arde e brucia incessante-mente dinanzi all' altare e vuol essere espres-sione di fede e di amore, così queste anime generose vogliono essere tante lampade viventi davanti al Re divino e con la loro presenza vogliono dargli una perenne testimonianza di fede e di amore. Così è venuta concretandosi l' istituzione dei «Turni di adorazione diur-

na» al Santissimo Sacramento, i cui ascritti si sogliono chiamare « Lampade viventi ».Le « Lampade viventi » attestano la presen-za del Re divino. Purtroppo dopo venti secoli di cristianesimo e di Eucaristia è vero ancora il lamento, e il rimprovero del Battista: «In mezzo a voi è presente Uno che voi non co-noscete». Ebbene, le «Lampade viventi», ado-ranti dinanzi al tabernacolo, hanno la sublime missione di rivelare questo grande Sconosciuto, risvegliando la fede e il rispetto in quanti entrano in Chiesa. Le «Lampade viventi» rappresentano tutto il popolo cristiano a nome del quale offrono a Gesù Sacramentato l' omaggio della adorazione e del ringraziamento e da Lui supplicano abbondanza di grazie. Così quanti dalle loro occupazioni sono tenuti lontani dalla Chiesa hanno chi, li sostituisce dinanzi all' altare, han-no chi prega, adora, benedice, ringrazia e sup-plica anche per loro e a nome loro. Le « Lampade viventi » presentano continue riparazioni per tanti peccati che si commettono nella Parrocchia e nel mondo, placando così la Divina Maestà oltraggiata e attirando sulle anime abbondanza di perdono e di misericor-dia. I n tal modo esse vengono assumendo l' ufficio nobilissimo di Riparatrici, di Consolatrici, di Vittime dell' Amore oltraggiato. Anime cristiane, non è veramente bello, grande, efficace l' ufficio che è affidato alle « Lampade viventi» ? Per partecipare ad un tale nobilissimo ufficio non vi sentite di sa-crificare un' ora al mese, per passarla in ado-razione dinanzi al Re d' Amore? ,PSHJQLGHOOH©/DPSDGHYLYHQWLª Un tonico impegno si assumono le « Lampa-de viventi » iscrivendosi al «Turno di adora-zione diurna » : quello di passare in adora-zione davanti al Santissimo un' ora al mese, però in giorno fisso e a ora fissa. Il giorno viene fissato da chi è a capo del-l’Opera e organizza i turni. L' ora, invece viene scelta da chi si ascrive, secondo la propria comodità. Chi, però, po-tesse rinunciare a tale scelta, accettando dalla Direzione dell' Opera anche la designazione dell' ora, farebbe ottima cosa e faciliterebbe molto l' organizzazione dei turni. In caso di impossibilità a compiere l' adora-zione nel-

³«SHUFKpWXWWLVLDQR XQDVRODFRVD´

Queste parole, che Gesù pronuncia poco prima della sua cattura, fanno parte del capitolo 17 del Vangelo di san Giovanni e sono da sempre considerate come il punto focale dell’ecumenismo. L’ecumenismo è quel movimento che racchiude in sé tutte le iniziative e le attività volte alla realizzazione dell’unità dei cristiani. Come sappiamo infatti, i discepoli del Signore hanno conosciuto nel corso della storia diverse divisioni, molte delle quali, purtroppo, sussistono ancora oggi. Anche se la strada da percorrere è ancora lunga e faticosa, negli ultimi decenni, soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II, sono stati fatti molti passi avanti nel dialogo e nel cammino ecumenico. Una delle iniziative più importanti è stata l’istituzione della “Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani”, che i cattolici, i protestanti, gli ortodossi e gli anglicani cele-

brano insieme ogni anno, dal 18 al 25 gennaio. A tal proposito, questo mese vorrei parlarvi di una giovane donna, suor Maria Gabriella dell’Unità, che a soli 24 anni offre la sua vita a Dio per l’unione delle Chiese cristiane e muore di tubercolosi un anno dopo, il 23 aprile 1939. Il 25 gennaio 1983, proprio al termine della settimana di preghiera per l’unità, Giovanni Paolo II la beatifica, proponendola al mondo quale modello universale di santità. La vicenda umana e spirituale di questa monaca trappista si colloca in un’epoca in cui la società religiosa è ancora chiusa al dialogo ecumenico; ma ella, con la sua vita e la sua morte, sa anticipare l’era di rinnovamento inaugurata dal Vaticano II. Maria Gabriella nasce il 17 marzo del 1914 nel villaggio di Dorgali in Sardegna; è una bimba ostinata, impetuosa, ribelle, volitiva, poco propensa alle pratiche religiose. Quando è an-

cora molto piccola, alcuni lutti risvegliano la sua sensibilità spirituale; a 17 anni, in ritardo rispetto alle sue coetanee, riceve la Cresima e scopre orizzonti di interiorità fino a quel momento ignorati. Il suo pudore, la sua assenza di malizia, la sua innata generosità la spingono ad entrare in Azione Cattolica, nella quale sposa i grandi ideali di Eucaristia, di apostolato e di eroismo. In questo periodo riceve alcune proposte di matrimonio, ma le rifiuta tutte: Maria ha già ricevuto la sua chiamata. Il suo direttore spirituale, don Basilio Meloni, le propone di entrare nella Trappa di Grottaferrata, uno dei monasteri più attivi della penisola, in cui il regime di digiuno, di povertà e di lavoro è duro e non sempre tollerabile da chi vi aspira. Ma Maria non si lascia impressionare, anzi, le prime lettere a casa raccontano la sua sollecitudine

nell’andare incontro ad una circostanza che ancora non conosce ma che già ama. Il 31 ottobre del 1935, emette la sua professione religiosa, in seguit o alla quale scrive: “ Or mai sono professa: ora, Si g n o r e , fa’ quello che vuoi; se vuoi che io muoia, o la malattia, anche se divento tisica – benché nella mia famiglia non ci sia nessuno – sono pronta. Signore voglio essere vittima, ma pensaci tu; perché sai che non so soffrire”. Negli anni ’30, il monastero di Grottaferrata è legato da una fitta corrispondenza all’abbazia anglicana di Nashdom, in Inghilterra. Questo fatto fa sì che Maria abbracci pian piano l’ideale ecumenico; nel 1938, ella dona la sua vita al Signore per l’unità di tutti i cristiani. I problemi di salute per la giovane monaca cominciano presto: all’inizio si pensa solo ad una semplice influenza; gli accertamenti danno però un’altra diagnosi: tubercolosi. Nell’ultimo, difficile anno della sua vita, Maria soffre; ma sa che in quella malattia si compie la volontà di Dio che, attraverso di lei, vuole che tutti i suoi figli siano “uno”. Enrica Mariani

/HODPSDGHYLYHQWL

E il Verbo si è fatto carne e abitò fra noi... Egli è là, nel sacro Tabernacolo: che fa Egli, il buon Gesù, nel Sacramento del suo amo-re?... Ha voluto prendersi un cuore per a-marci; e da questo suo cuore sgorga tanto di tenerezza e di misericordia da annegare i pec-cati del mondo. Egli è là siccome in cielo... Oh! che bella cosa... Se l' uomo conoscesse bene questo mistero, ne avrebbe a morire di amore... Oh Gesù, conoscervi.. ed amarvi... E può darsi che v' abbiano cuori sì duri da non amarvi, vedendosi tanto amati? Può dar-si che v' abbiano anime sì disgraziate da mo-rire senza aver gustata la felicità che abbia-mo su questa terra?... Essere amato da Dio, essere unito a Dio... Vivere nella presenza di Dio, vivere per Dio?.. Che bella, che cara vi-ta... Com' è bello il destino dell' uomo... Vede-re Dio, amarlo, benedirlo, contemplarlo su que-sta terra e nell' eternità. (Santo Curato d’Ars) Certamente, fra tutte le devozioni, questa di adorare Gesù Cristo Sacramentato è la prima, dopo i Sacramenti, la più cara a Dio e la più utile a noi. &KLVRQR Le «Lampade viventi » sono anime sinceramente cristiane che amano davvero Gesù e vo-

gliono rendere a Lui un culto particolare di adorazione nel SS.mo Sacramento, con impe -gnarsi perchè almeno durante le ore del gior-no, Egli abbia intorno a sè degli adoratori, che gli presentino i loro omaggi, le loro sup-pliche, le loro proteste d' amore in nome proprio e di tutto il popolo cristiano. Dal momento che Gesù ha voluto fissare la sua dimora perenne in mezzo a noi nei nostri Tabernacoli, non bisogna lasciarlo solo: è troppo giusto che sia perennemente adorato in questo augustissimo Sacramento. Se Gesù ha voluto trovare le sue delizie nell' abitare coi figli degli uomini, non vorranno questi trovare le loro delizie nello stare vicino a Lui? Il Santo Curato d' Ars diceva ai suoi parrocchiani: « Ah! miei fratelli; se noi avessimo gli occhi degli Angeli, vedendo nostro Signore Gesù Cristo che è qui presente su questo Altare e ci guarda, oh, quanto l' ameremmo noi! Vorremmo non più separarcene e sempre ri-manere ai suoi piedi: sarebbe una pregusta-zione del cielo e ogni altra cosa ci diverrebbe insipida. Ma vedete: è la fede che ci manca. Oh indifferenza! oh ingratitudine!... Fratelli miei, siamo troppo disgraziati se non le com-prendiamo queste cose! Ben le intenderemo un giorno, ma non saremo più in t empo! ». Ebbene, le

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