RIASSUNTO DEI CAPITOLI “8: L’EVOLUZIONE DELLE STRUTTURE STATALI”: PARAGRAFI 6 E 7; PP: 180 – 189; “9: LA CITTÀ E IL RINNOVAMENTO DELLA CULTURA”: PARAGRAFI 3 E 4, PP. 202 - 208 Cap. 8: Gli stati europei alla fine del XV secolo (Capitolo 8, paragrafi 6 e 7) Francia. La formazione della struttura statale: Alla fine del XV secolo lo stato più forte era divenuto la Francia. La dinastia dei Valois aveva trionfato sui Borgognoni e nel 1491 il sovrano Carlo VIII aveva sposato Anna di Bretagna, creando un forte rapporto con questo ducato. La Francia in questo periodo era lo stato organizzato meglio, i poteri erano stati meglio accentrati dalla monarchia. L’amministrazione della giustizia era stata sottratta quasi del tutto alla nobiltà. Le risorse finanziare non dipendevano più dagli stati generali, ma dal consiglio del re. Nasce così la “nobiltà di toga”, nuova classe dirigente, costituita dagli alti funzionari di stato, contrapposta alla “nobiltà di spada”, l’aristocrazia militare. Nei confronti della chiesa la posizione dello stato era forte. Nel 1516 si fece un concordato dove si dichiarava che il re avrebbe conservato il potere di designazione dei vescovi (sancito dalla Prammatica sanzione), ma rinunciava a far proprie le dottrine approvate dai padri di Basilea. Inghilterra. Il potere dai nobili al re: La guerra delle Due rose aveva aperto in Inghilterra larghi vuoti tra le fazioni nobiliari. Questo favorì la costruzione, da parte della monarchia, di un potere centrale forte: in primo luogo perché il sovrano allargò le file della nobiltà con gente a lui fedele. In secondo luogo perché, il paese ora mostrava apprezzare i vantaggi della pace offerta da un forte potere centrale. Il parlamento, addirittura, cessò di essere una sistematica opposizione alle posizioni del re. Le tendenze accentratrici della monarchia trovarono il loro massimo stramento nell’organismo creato nel 1487, la Camera Stellata: un vero e proprio tribunale politico che aveva il compito di reprimere ogni opposizione. Spagna. Verso la difficile unificazione: Il matrimonio tra Isabella Di Castiglia e Ferdinando D’Aragona, aveva unito le due corone spagnole, non aveva in ogni caso creato uno stato unitario, i due regni continuavano ad essere gestiti da due amministrazioni differenti. Le divisioni tra Castiglia e Aragona erano molte, a partire dalle loro lingue, molto diverse. La Castiglia si era dedicata alla riconquista dei territori occupati dai Mori. Aveva creato inoltre una società nella quale la piccola nobiltà militare, gli Hidalgos, aveva un peso notevole. La conquista dei Mori si era arrestata di fronte al regno di Granada. Gli hidalgos, poi, erano ormai divenuti solo un elemento di disordine diviso da conflitti interni. Il regno d’Aragona era formato da tre unità distinte. Aveva, a differenza della Castiglia, una forte tradizione di autonomie cittadine, ed una solida classe mercantile e borghese. La sua collocazione geopolitica era mediterranea. Il problema delle minoranze: Difficile era anche la situazione data dalle due principali minoranze: i Mori, discendenti della popolazione musulmana, e gli Ebrei (questi si occupavano delle finanze e del commercio). Entrambe la minoranze erano poco disposte a farsi assimilare, e la società cristiana era poco disposta ad accettare la loro presenza. La svolta avvenne nel XIV sec. Soggetti a sempre più grandi violenze da parte del popolo, gli esponenti di queste minoranze accettarono di farsi battezzare. Questi Conversos (Marrani) erano, però, accusati di continuare a praticare i loro vecchi riti. Venne perciò istituito il Tribunale di inquisizione, che divenne l’unico potere con giurisdizione in tutta la Spagna. Questo fu utilizzato dallo stato, sfruttando la minaccia di condanne per eresia o bestemmia, per rafforzare il suo controllo sul popolo. La conclusione della “riconquista” e l’espulsione degli ebrei: Mentre l’inquisizione terrorizzava il popolo. Avvenne l’ultimo atto della guerra di riconquista. Con l’attacco al regno di Granada, che cominciò nel 1482 e si concluse nel 1492 con la resa della città. Questa volta però, ai mori che non riuscirono a fuggire, Isabella concesse la libertà di culto e di mantenere i loro costumi. Questa tolleranza durò poco perché dal 1502, iniziò una campagna di conversioni forzate che fece scomparire ogni traccia dei musulmani spagnoli. Intanto, contro gli Ebrei, si era firmato, nel 1492, il decreto che li espelleva dai regni, che dava loro 4 mesi di tempo per vendere tutti i beni, vietando comunque che portassero con sé oro o argento. Gli ebrei spagnoli lasciarono la Spagna per lo più verso il Portogallo. Ma la tolleranza portoghese durò solo fino al 1496, quando, dopo averli costretti alla conversione, furono soggetti a pesantissime discriminazioni. Così infine, questi Ebrei, si ritirarono nell’impero Ottomano. I paesi dell’area tedesca e il Sacro romano impero: La situazione dei paesi dell’Europa orientale la monarchia era elettiva e dipendeva da una nobiltà particolarmente numerosa e forte. Stesso discorso per l’Europa centrale, che era occupata dall’impero germanico, anch’esso una monarchia elettiva, anche se tre elezione (1438, 1440 e 1493) avevano favorito gli Asburgo. L’impero continuava a richiamarsi all’universalismo medievale e alle sue antiche origini romane. L’impero non era uno stato unitario, ma un mosaico di tanti staterelli. L’unità dell’impero era assicurata solo dai componenti della Dieta (sette principi elettori), che raramente riuscivano a prendere decisioni vincolanti per tutti. Questi stati regionali e cittadini conservavano strutture politiche di impronta medievale. La politica di potenza degli Asburgo: L’autorità dell’imperatore sugli stati che formavano l’impero era solo formale. Pertanto gli Asburgo si concentrarono sui loro possessi diretti e su una politica matrimoniale. La svolta in famiglia avvenne nel 1477, quando Massimiliano, figlio dell’imperatore, si sposò con Maria di Borgogna. I territori della Borgogna rimasero autonomi, ma con la morte di Maria, nel 1482, passarono al figlio Filippo, accrebbe così la potenza degli Asburgo. Il re di Francia, Carlo VIII, in questo periodo, iniziò a pretendere la Borgogna. Qui però si schierarono con gli Asburgo, pertanto Carlo dovette
rinunciare a ogni diritto su questa. Tre anni dopo infine vi fu una nuova mossa importantissima. Nel 1496, Massimiliano, divenuto imperatore, fece sposare il figlio Filippo con Giovanna, la figlia dei re di Spagna. Da questo matrimonio nacque Carlo di Gand, futuro Carlo V, imperatore e re di Castiglia e Aragona.
Le Guerre d’Italia L’italia nel 1494 e la discesa di Carlo VIII: Alla fine del ‘400 in Italia esistevano cinque stati principali, a cui si affiancavano innumerevoli stati minori. Fino al 1454, anno della stipulazione della pace di Lodi, i principi italiani avevano sempre tentato di prevalere l’uno sull’altro, senza mai riuscire perché, ogni volta che uno si avvantaggiava, gli altri si coalizzavano contro di lui. Gli stati italiani possedevano ottime strutture amministrative, ma non grandi risorse finanziare, a causa delle loro dimensioni. Pertanto, in un’epoca nel quale la potenza degli eserciti dipendeva dalle risorse finanziare, la divisione politica italiana era un vantaggio in partenza per le monarchie nazionali. Ma la vera fragilità del sistema politico italiano consisteva nel fatto che ognuno credeva che avrebbe potuto usare a proprio vantaggio alleanze con i sovrani europei, ma così non fu. La fragilità italiana divenne palese quando il re di Francia Carlo VIII scese in Italia, sostenuto dai banchieri lionesi e italiani e supportato da Milano, rivendicando il regno di Napoli. Nel 1494 Carlo scese in Italia con un grande esercito, superò tutta la penisola e 5 mesi, nel 1495, dopo entrò in Napoli senza praticamente aver affrontato alcuna battaglia. Nessuno degli stati italiani aveva osato attaccare Carlo, anzi, avevano creduto di poterlo sfruttare a proprio vantaggio nelle guerre tra di loro. Così a questo punto si formò una lega antifrancese formata da: Milano, Stato Pontificio, Venezia e Firenze. Carlo VIII era sulla strada di ritorno verso la Francia quando dovette scontrarsi a Fornovo sul Taro contro la lega italiana, la quale, nonostante la schiacciante superiorità numerica, a causa della presunzione dei suoi soldati, non riuscì nella vittoria. La Spedizione milanese di Luigi XII e la guerra per Napoli: Quattro anni dopo tento la stessa impresa il nuovo re di Francia, Luigi XII d’Orleans, che, oltre a rivendicare Napoli, aggiunse anche Milano. In questo caso la spedizione fu resa possibile dall’alleanza con due stati italiani: Venezia e Stato Pontificio. Guidato da Alessandro VI, simoniaco e assassino, al quale si contrappose Girolamo Savonarola, frate fiorentino, che venne condannato a morte per eresia. Dopo la conquista dello stato di Milano, a Venezia fu ceduta Cremona, al papa venne concesso il sostegno nei confronti del figlio, Cesare Borgia, che voleva costruirsi un domino personale in Emilia Romagna e Marche. Luigi XII occupò Milano nel 1499 e l’anno successivo si accordò con la Spagna per cacciare gli Aragonesi di Napoli. La loro alleanza durò poco, fra loro si accese un conflitto che, nel 1504, sancì che il regno di Napoli passasse a Ferdinando d’Aragona. Le leghe di Giulio II contro Venezia e Francia: Nel 1503 era divenuto papa Giulio II. Obbiettivo di Giulio II era di rafforzare politicamente e militarmente lo Stato pontificio. Il suo primo impegno su smantellare il dominio di Cesare Borgia. Il suo successivo avversario fu Venezia. Contro la Serenissima Giulio creò nel 1508 la lega di Cambrai, alleata con: Ferdinando d’Aragona, Massimiliano d’Asburgo e Luigi XII. Venezia subì una dura e dovette cedere le conquiste degli ultimi anni. La lega di Cambrai ruppe l’equilibrio italiano in favore della Francia, così Giulio II organizzò la “Lega Santa”, cui aderirono: Venezia, la confederazione svizzera, Spagna e l’imperato germanico. Nel 1512 Luigi XII dovette abbandonare Milano che fu riconsegnata dagli svizzeri agli Sforza. L’indebolimento dei francesi permise, nel 1513 agli spagnoli di entrare in Toscana, dove ridettero il potere alla famiglia De Medici. Lo stesso anno morì Giulio II e salì al pontificato Leone X. Il ritorno dei Francesi a Milano: Nel 1515 divenne re di Francia Francesco I. Questi, dopo essersi alleato con Venezia tornò in Italia, e nel 1515 sconfisse gli Svizzeri. Per la quarta volta Milano passò di mano in quindici anni e tornò ai Francesi. In tutti questi anni l’Italia fu teatro di grandi battaglie dove si videro le nuove tecniche di guerra,. Armi da fuoco quali gli archibugi e i cannoni. La grande novità fu la vittoria schiacciante dei picchieri sulla cavalleria.
CAp 9: La nuova concezione dello spazio e del tempo (Capitolo 9, paragrafi 3 e 4) Il rinnovamento dello spazio simbolico: Nella pittura del XV secolo si affermò una rappresentazione dello spazio diversa da quella del Medioevo. Nel Medioevo lo spazio non veniva rappresentato al di fuori dell’ordinamento gerarchico e dell’allegoria: la dimensione principale era: alto-basso. I movimenti: discendente ascendente (discesa/ascesa Gesù, salita al cielo, discesa all’inferno uomo.). Nella pittura medievale, dove mancava la profondità, dominavano le figure simboliche. Con la prospettiva cambiarono le tecniche di rappresentazione nello spazio, che divenne tridimensionale. Allo stesso tempo la nascita dello spazio 3d ebbe come conseguenza la prevalenza del realismo sulle allegorie religiose. Prospettiva: La prospettiva è un sistema convenzionale di rappresentazione dello spazio. La prospettiva classica esprime la tridimensionalità nel piano. Esempi di rappresentazione prospettica sono presenti anche nell’antichità, ma non sono sorretti da alcuna teoria rigorosa. Nel ‘400 lo studio di tale rappresentazione viene intensificato nelle Fiandre e in Italia. Brunelleschi scopre, verso il 1420 la regola che permette di rappresentare prospettivamente la realtà. Leon Battista Alberti codifica invece la superficie pittorica come un piano che taglia la piramide dei raggi visivi. In questo modo si riproduce la profondità dello spazio. I pittori fiamminghi, quasi in contemporanea, raggiunsero soluzioni diverse, con regole logiche di osservazione. Questi sistemi comunque non consentono una visione coincidente con quella naturale, perché l’occhio non vede secondo le regole prospettiche. La prospettiva atmosferica Invece rende la
profondità con i degradare delle luci e dei colori, con contorni meno chiari e netti. La prospettiva a volo d’uccello è la rappresentazione prospettica con una veduta aerea. Il ritratto e l’interesse per l’individualità: lo sviluppo della prospettiva portò l’applicazione di questa sul ritratto. Questo era trattato senza dar rilievo alla singolarità, bensì, attraverso alcuni stereotipi, si faceva capire se il personaggio era un santo o un imperatore. Dal ‘400 in poi vi è un’accurata analisi individuale, che rappresenta la nuova dimensione, dando una profondità, non solo spaziale, ma anche caratteriale. E questo tanto per i personaggi sacri quanto per quelli laici e profani. Un decisivo passo poi si è compiuto quando ci si dedicò al ritratto individuale laico. In questo periodo si sviluppò anche la “biografia dell’uomo illustre”, che, a differenza delle biografie del medioevo presentano l’interesse per l’individualità e mancano degli stereotipi. La concezione medievale del tempo: Il tempo nel primo Medioevo era basato sulla divisione tra alba e tramonto. L’Europa medievale divideva il giorno in 24 ore, con le 12 ore del giorno ben distinte dalle 12 della notte. Pertanto, tranne negli equinozi, le 12 ore del giorno non erano mai uguali alle 12 della notte, e la lunghezza dell’ora variava al variare delle stagioni. Comunque non variavano mai l’ora dell’alba e del tramonto. Di questa concezione del tempo si era impadronita la chiesa, segnando le giornate con le sue campane. Scandivano la giornata nelle ore canoniche, corrispondenti a determinate unzioni religiose. Nel corso del XIV secolo si affermò nelle città la divisione attuale del tempo, in 24 ore di 60 minuti. Questo mutamento è dovuto alla nascita degli orologi a peso, i quali sfruttavano, in piccola scala, i meccanismi degli ingranaggi dei mulini, ed erano molto utili perché in grado di segnalare meccanicamente e automaticamente le ore. Tempo astratto e tempo concreto: Vi fu un’astrazione del tempo, che divenne semplicemente un numero. Il successo del tempo laico e cittadino fu dovuto anche al fatto che, alla base del vecchio sistema vi era il lavoro dei campi, il quale variava, per via di questo, di stagione in stagione, diventando “leggero” di inverno e concentrato e febbrile in estate. Mentre la chiesa aveva condannato l’usura in base alla dottrina che il tempo appartiene solo a dio, ora, nelle città artigiane, il tempo diviene una realtà sociale, un bene da risparmiare per accrescere i profitti. Per fare questo era appunto necessario che esso fosse regolato, non su funzioni religiose, ma su ricorrenze regolari, l’ora di 60 minuti.
La stampa e il libro Pergamena, carta e stampa a caratteri mobili: In questo periodo vi fu la nascita del libro stampato, che moltiplicò i canali di informazione e circolazione delle idee. Gli elementi che costituiscono il libro moderno provengono dalla Cina, la carta e l’uso dei caratteri mobili. Il segreto della fabbricazione della carta iniziò a viaggiare verso occidente da metà del VII secolo. Fu dalla Sicilia e dalla Spagna che l’Europa importò prima il prodotto finito, per poi comprendere le tecniche di lavorazione. Così, nel corso del XII secolo, si affiancò alla pergamena, la carta stessa, nei documenti pubblici. I costi di produzione inferiori alla pergamena, fecero il successo della carta. In ogni caso, quando si voleva assicurare una lunga conservazione all’oggetto, si continuava a preferire la prima. Fu poi la diffusione della stampa al largo pubblico che impose definitamene l’uso della carta. La stampa è di origine Cinese, con la xilografia, dove, con una matrice incisa e inchiostrata, si riproducevano testi e immagini. Tale tecnica esiste dal VII secolo. L’invenzione dei caratteri mobili risale invece all’XI secolo. Questa ebbe grande successo solo in Europa, perché in Cina, la grandissima quantità di Ideogrammi, rendeva la preparazione di una stampa con caratteri mobili, di durata proibitiva. Il libro stampato in Europa: La xilografia giunse in Europa dalla Cina, ma per i caratteri mobili non si sa ancora se siano un’invenzione nata in seno all’Europa o, come probabile, un adattamento alla scrittura alfabetica dell’invenzione cinese. In ogni caso, l’immagine dell’unico inventore europeo, Gutemberg, non è più molto considerata. La Bibbia redatta di Gutemberg del 1456, su pagine di due colonne con 42 righe, è un’opera perfetta, che nasce dopo sperimentazioni partite già dal 1440 in tutta Europa. La stampa non si affermò di colpo sulle tecniche antiche di riproduzione: l’arte dei copisti era arrivata a livelli sommi. I primi libri erano invece colmi di errori, ed erano opere di poche pagine e di scarso livello culturale. Ma le resistenze degli uomini di cultura cedettero quando, nel ‘400, aumentò la gente in grado di leggere che avevano bisogno di opere più complesse, così fu necessario esaudire i bisogni di un pubblico più largo che non poteva permettersi opere redatte a mano. Venezia, capitale europea della tipografia: Lo sviluppo delle case tipografiche in Europa crebbe molto velocemente, e presto, a partire dal 1480, Venezia, divenne il più grande centro editoriale europeo. Nacquero quindi gli incunaboli, i libri usciti dalle tipografie del 1500, dal latino “cuna”, “culla”, per indicare la prima infanzia della stampa. Inizialmente questi avevano un alto prezzo, ma negli anni 1480-1500 con i progressi tecnici essi subirono un notevole abbassamento. Passata la prima epoca artigianale, con opere tecnicamente di basso libello, gli stampatori divennero uomini di cultura, artisti e imprenditori, come mostra Aldo Manunzio. Aldo Manunzio nacque nei pressi di Velletri nel 1450, studiò a Roma e a Ferrara, impadronendosi perfettamente del greco e del latino ed entrando a far parte della cerchia degli umanisti. Nel 1489 si trasferì a Venezia e pubblicò nel 1491 una grammatica latina. Dal 1495 fino alla morte, nel 1515, diresse uno dei più importanti laboratori tipografici. In vent’anni di lavoro pubblicò circa 150 opere, cominciando da libri in greco per studiosi.