Some Days

  • Uploaded by: Tommaso Palermo
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  • Words: 3,386
  • Pages: 7
------- Storie da un’altra vita 1 -------

Some Days retired from the rest racconto di Tommaso Jacobus *

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Emily s'impennò una volta ancora nel cielo, ma subito comprese che era giunto il momento di ridiscendere: il mare! ne aveva quasi assaporato il profumo, e la spiaggia era già sotto i suoi piedi. Le fu facile trovar dove soffermarsi: un bivacco abbandonato, a cui giungeva il rumore delle onde. Accavallò con naturalezza le gambe, quindi si abbandonò alla luce del sole che "scende come miele" nell'ora prossima del tramonto. E subito avvertì un fremito provenire da Anna, la creatura umana dietro il video, a cui evidentemente piaceva che a lei piacesse. Ma quell'idillio era troppo bello e troppo dolce perché a lungo continuasse. Pochi momenti di pace, ed ecco uno sgradevole ticchettìo - prima sommesso, poi più insistente – che denunciava la presenza di estranei alle sue spalle. Emily si voltò, un po’infastidita e un po’ preoccupata che fosse rivolto a lei. No, dietro a un capanno, un vecchio bar da spiaggia in disuso, cinguettavano tra loro due avatar, che di lei quasi certamente non si erano neppure accorti. Con un po' di malizia, spostò sensibilmente la visuale della camera, allungando lo sguardo per capire cosa si stava per combinare lì dietro, e magari preparare a quei due impertinenti qualche scherzetto col botto, scelto fra quelli che ormai da un po' si portava sempre dietro, la prudenza non è mai troppa in un mondo frequentato da avventurieri di tutte le risme. Ma a restar di sale fu lei stessa: Peter! Nell'aspetto era totalmente cambiato, ringiovanito ancora, le spalle gli si erano allargate e i muscoli pettorali gli fuoriuscivano dalla camicia semiaperta così prominenti che non avrebbero sfigurato a un concorso di Miss Topless, ma era proprio lui, Peter, l'avatar più amato e sognato nella sua non breve vita digitale. Lo stesso che le aveva spezzato definitivamente il cuore, tempo immemore addietro. Almeno un mese fa, cioè. Be', forse ad Anna un mese non sarebbe sembrato così tanto, ma lei era Emily, non Anna, e un periodo così lungo passato in continuo vagabondaggio senza méta - passando e volando, al pari d’un'elfa errabonda, tra i posti più strani e meravigliosi, senza in nessun conto tenere i saluti, i complimenti o gli insulti dei seccatori di turno - al solo scopo di dimenticar per sempre chi aveva così brutalmente calpestato le sue illusioni e la sua fede in un secondo mondo migliore e felice... lo ammetterebbe chiunque, un mese così è davvero un’eternità. E proprio ora che era forse riuscita nel disperato intento, proprio ora che la sua virtuale pace dei sensi sfiorava il sublime, eccolo lì, a rovinar tutto. Come al solito. E insieme a chi era, Peter? Le fu sufficiente il primo sguardo per capir tutto di lei: giovane niubba ma già ben truccata, forme pronunciate e, di certo, sessualmente dotata: cacciatrice nata, ma forse non consapevole di essere in questo momento soltanto una preda. Le poseball, a dir poco ambigue, quasi causalmente "dimenticate" in mezzo al disordine che regnava all'interno del capanno, non lasciavano dubbi su come si sarebbe evoluta la deliziosa scenetta. Emily cliccò mentalmente "cancel" sulla scelta più saggia che le si presentava davanti - sparire con discrezione, teletrasportarsi via prima che due si accorgessero della sua presenza - si erse come a prepararsi ad intimorirli dall'alto dei suoi sette piedi (certo, Anna accanto a lei si sarebbe sentita un po' sovrastata, ma per fortuna questo confronto non ci sarebbe mai stato) e prima ancora che l'avatar maschile arrivasse a notarla, contattò in IM la procace amichetta del suo ex Peter. "Ehi, cocca, smamma subito da qua! Se intravedo il tuo culone ancora da queste parti entro dieci secondi, sarai orbitata in un posto freddo, brutto e solitario, da cui non riuscirai a tipparti via e dove sarai obbligata a rientrare ad ogni relog per tutta la prossima settimana, tu e tutte le tue eventuali reincarnazioni" "Che razza di maniere, str***etta, Non te l’hanno insegnata ancora l'educazione? E poi non c'è bisogno di minacciarmi così: pagami subito 100 dollari e per oggi - ma solo

per oggi, beninteso - ti lascerò Mister Muscolo tutto per te. Ti ci potrai divertire come ti pare" Niubba, e già così avida di denaro, sospirò Emily ("Quanto ero diversa io ai miei primi passi!") consolandosi però all'idea che se la tipa fosse stata solo un po' meno niubba avrebbe capito di poter chiedere un prezzo ben più alto dei modesti 100 l$ che le furono immediatamente versati. Tanto più che le minacce che le aveva appena rivolto, all'atto pratico sarebbero risultate di attuazione per nulla facile, in piena zona no script. "Dove diavolo scappi..." ebbe appena il tempo di esclamare Peter non appena la niubba - avida, ma di parola - si dissolse davanti a lui in una nuvola di stelline; quindi si voltò lentamente, avvertendo la presenza di Emily, che si era intanto portata alle sue spalle. Nel riconoscerla, per un attimo sembrò rimanere a bocca aperta, pur non attivando l'apposita posa, ma si riprese subito dallo sbalordimento. "Ciao Emily, vorrei poterti dire che è bello rivederti. Ma ti rendi conto di cosa mi hai fatto perdere oggi?" "Un nuovo trofeo nella bacheca delle tue conquiste?" "Non hai capito niente, come al solito. Questa ragazza appena svanita a causa tua, è una ricca annoiata entrata da poco, alla ricerca di un ruolo e che crede molto in questa seconda vita. Stavamo parlando d'affari. Ed è pronta a investire soldi, tanti soldi per un'attività veramente innovativa" "E tu sei quello che gliela porgerà su un piatto d'argento vero? E tutte queste poseball qui intorno che ci stanno a fare? Vediamo un po' cosa c'è scritto sopra.... Uhm, extreme sex, mi sembra davvero adatto ad una conversazione di affari" "Tanto tempo che non c'incontravamo e non riesci a rinunciare al ruolo della fidanzata gelosa. Sei sempre stata così diffidente" "No, Peter, al contrario. Io non sono stata diffidente, sono stata ingenua. Ora lo so, lo so come lo sapevano tutti già d'allora quello che fai qui. Vuoi che te lo ripeta?" "Ma cosa dici, Emy?" "Sei sempre alla ricerca di niubbe, vero? Scegli le più graziose ed ambiziose, ti ci diverti un po' con la scusa di insegnarle l'amore virtuale, e infine gli porti via fino all'ultimo dollaro per la tua grande impresa, quella che vi farà diventare milionari ma che non realizzerai mai. Probabilmente perché non ne sei capace. Ma soprattutto perché la tua vera impresa è proprio questa: ingannare e derubare le ingenue debuttanti" "Non con te Emily, non con te..." L'avatar Peter fece un breve giro su se stesso, per un attimo sembrò perdere l'equilibrio; che vacillasse sotto il peso di tanta verità? Ancora un po' così e sarebbe stramazzato al suolo. Emily credette di tenerlo in pugno: tra poco gli avrebbe dato il colpo di grazia. Ma era davvero quello che lei voleva? "Non con me, vero" rispose tentando di assumere un atteggiamento sarcastico "ma con me hai fatto molto di peggio, lo hai dimenticato? Mi hai abbandonata dopo esserti preso tutto il mio cuore" "L’'ho fatto per noi due... anzi per te, solo per te. Posso spiegarti tutto" "Spiegar cosa? E cancellare da un momento all'altro l'avatar che si ama dalle proprie amicizie, metterlo in mute, non legger più neanche le sue parole, rifiutare perfino le sue notecard, l'ultimo mezzo che le era rimasto per contattarti... hai fatto tutto questo per me?" "Sì, credimi" L'insopportabile falsità di un luccicone che rigò il viso di Peter - troppo facile piangere quando hai il tasto già programmato allo scopo - convinse Emily ad essere ancora più dura: non avrebbe dovuto cedergli neanche un po', o la sua fermezza sarebbe stata a rischio.

"Perché mai dovrei crederti, Peter? Darti ancora la mia fiducia? E poi guarda come sei diventato ridicolo: con questa skin da superfigo, e i muscoli così gonfi da far concorrenza all'omino Michelin, non somigli per niente, sai, all'avatar che mi fece innamorare" Ma Peter intanto si era raddrizzato e, allargando le braccia, aveva fatto mezzo giro su se stesso, dandole così le spalle ("Oddio, sta lavorando d'appearance", pensò Emily "un pericolo che non avevo previsto") "Questo è vero, Emily, ma shape e skin, non sono che strumenti di lavoro, che ho anche pagato caro" "Specchietti per allodole, vorrai dire. Se li hai pagati ne hai certamente avuto un ritorno. Quanto ti hanno fruttato finora? Almeno potresti confessarmelo” "No, niente soldi, come qualche invidioso ti ha fatto credere. Non è dei soldi che m'importa. Se qualcosa ci ho guadagnato, forse è soltanto un po' di vita in più" "Cosa vuoi dire?" chiese lei, ma Peter non rispose, si limitò a rigirarsi. Aveva finito di trasformarsi ed Emily aveva di fronte lo stesso avatar giovane, forte e semplice allo stesso tempo, ricco di animo e di parole dolci, che con tanta forza aveva ammaliato il suo cuore e che ora - dopo una lunga, brusca e dolorosa separazione - le si stava pericolosamente avvicinando, forse con l'intenzione - orrore! - di invitarla ad un abbraccio. "Sta lontano!" strillò con decisione. "No, Emily, ho detto che ti spiegherò ogni cosa, e tu me lo permetterai. Ora che puoi vedere con i tuoi occhi come sotto l'abito di lavoro sia rimasto lo stesso avatar di un tempo, permettimi di aprirti la mia anima, e perdonami, se potrai, di non averlo fatto prima" Fu la volta di Emily di vacillare... forse avrebbe dovuto affondare subito la lama della sua disperazione e farla finita prima, nel momento stesso in cui Peter le era sembrato più inerme. "Ma prima che io continui - riprese lui - vieni con me, voliamo via da qui" Una scusa, sicuramente una scusa per allontanarlo da quelle orribili poseball che, con la loro stessa evidenza, denunciavano la sua sua falsità. Avrebbe dovuto gridargli di no... Ma, se avesse provato un attimo a fidarsi, sarebbe stata davvero perduta? Un'improvvisa ispirazione le passò in quel momento per la testa. "Va bene, andiamo via di qua. Ma c'è un solo posto, in tutto il metaverso, in cui in questo momento potrei seguirti" "Quale?" "Quello dove ci siamo incontrati la prima volta" "Sei sicura?" "Sì. Te ne ricordi, certo. Era un giardino con tanti fiori e fontane. C'era un'altalena su cui abbiamo giocato a lungo come bambini. E proprio come una bambina io ero felice, mi sembrava di conoscerti già, di averti cercato per tanto tempo senza sapere dove fossi nascosto e in quel momento eri finalmente davvero accanto a me. Tornando lì saprò, capirò se era stata soltanto un'illusione o meno" "Non mi sembra una buona idea, Emily" "Per una volta almeno, fa' come desidero io" "Va bene, come vuoi tu. Ma non dire che non ti avevo avvertita"

Peter si portò avanti scomparendo alla sua vista, ma presto il risucchio del teletrasporto avvolse anche lei. Dopo l'immersione nel buio, non è mai semplice riaprire gli occhi e riabituarsi alla luce: all'inizio è tutto indistinto, e sulle prime Emily credette di non veder bene, poiché nulla di quel luogo corrispondeva ai suoi ricordi. Radi alberi, erbacce e il sordo rumore di un gelido vento che soffiava tra i rami spogli al posto delle note di un romantico pianoforte. Alcuni avatar, che vagavano in lontananza, le misero un brivido: le ricordarono gli zombies spaesati delle scene finali del film La notte dei morti viventi. "Ma dove mi hai portato? Hai sbagliato, non è questo il posto dove volevo andare" "No, non ho sbagliato affatto. Il punto in cui stai in piedi in questo momento è proprio quello dove c'era la nostra altalena. Come puoi vedere, non è rimasto più niente, in una sola notte hanno portato tutto via" "Proprio come il nostro amore, Peter" "Fammi raccontare, fra poco saprai ogni cosa, Emily..." L'ombra era ormai calata su di loro, non c'era nulla intorno su cui sedersi ed Emily si poggiò leggermente sulle spalle di Peter, "per sostenermi meglio" pensò, evitando di far credere ad Anna che cercasse in realtà un po' di calore in più. Chiunque, scorgendoli in quella posa, li avrebbe scambiati per due affettuosi e felici fidanzatini. "Quando hai detto poco fa, Emy, mi sembrava di conoscerti già e di averti cercato per tanto tempo, mi hai davvero colpito, poiché è stato esattamente quello che ho sentito anche io, in quel momento e dopo. Era strano davvero: come se tu riempissi il grande vuoto che aveva segnato la mia vita, e tu fossi l'unica, avatar o persona, che avessi mai desiderato incontrare..." "E avresti avuto paura di questo, Peter? Quanto suonerebbe banale come scusa!" "Aspetta, fammi parlare ora. Calerai su di me la scure del tuo giudizio non appena avrò finito" Qualcuna delle figure lontane si stava avvicinando, non ancora a portata di voce, ma Peter, rassicurato dalla vicinanza di lei, proseguì sussurrando nel canale di chat. "Paura, forse: di non poter fare a meno di te. Ma no, non perché pensassi che mi avresti lasciato mai. Al contrario, Emy: la nostra unione era troppo perfetta. Eravam belli insieme, ma bella sopratutto tu, perché dietro il tuo avatar - un equilibrio mirabile di delicatezza e buon gusto, in un mondo in cui la bellezza tanto è più facile ottenerla quanto difficile raggiungerla - sentivo un'anima bella: un'anima umana che stava lì, da qualche parte, aperta davanti a me ma assolutamente intangibile. Oh, se avessi voluto ti avrei rintracciato in un attimo: sono un mago per queste cose, ma con te mai avrei osato. Tante cose hai saputo di me, senza che mai ti mentissi, ma tante piccole verità non sempre fanno una verità tutta intera. Il mio primo computer fu un Commodore 64, ne abbiamo già riso insieme, allora era un'innovazione appena lanciata sul mercato. Era un regalo, sì, solo che non ero io il ragazzino dodicenne che, insieme alla sorella poco più grande, ricevette quel regalo. Ero il padre che glielo portava. E ti assicuro che ben poco quei due poveri ragazzi ebbero il tempo di giocarci, visto che il loro papà lo teneva tutto per sé almeno finché, esplorate fino in fondo tutte le possibilità di quell'allora futuristico giocattolino, non glielo riconsegnai esausto, forse neppure funzionante più, per far posto a nuovo hardware. Era stata una rivelazione per me, ma non la macchina in sé: la rivelazione principale era quella di poter rivivere improvvisamente una nuova giovinezza attraverso quel mondo nuovo di bit, luci e colori. Sai perché mi sono fatto chiamare Peter? Perché il mio umano si sentì diventare come Peter Pan, proprio nel triste momento in cui stava per rassegnarsi ad un'incombente

mezz'età, decise che non sarebbe più cresciuto, anzi volle ridiventar ragazzo e avrebbe fatto di tutto per rimanere tale. Proprio di tutto nei lunghi anni passati da allora, sono stato pioniere di qualsiasi nuova esperienza telematica, fino ad entrare in questo mondo, che sembrava dar concretezza, quasi fisicità, alla immagine che mi ero fatto di me. Per questo ho cercato e cerco sempre qui ragazze ancora più giovani, per potermi confermare in questa figura per partecipare della loro gioventù, non certo per i loro soldi... Per salvarmi la vita, finché non sei arrivata tu, Emily... Perché non eri come loro, eri veramente diversa, eri qualcosa che mi entrava dentro, che sentivo avrebbe dovuto far parte di me, della mia vita, qualunque significato possa avere questa parola. No, non potevo correre rischi con te, Emily, non avevo altra scelta che non vederti più. E sperare che non mi avresti chiesto più niente. Peter, è il mio nome, sai come mi sarei dovuto chiamare invece? Dorian, perché io ora sono giovane e bello davanti a te, ma quello dietro la tastiera, proprio lui è il mio personale ritratto di Dorian Gray: è invecchiato paurosamente e paga di persona per ognuno dei miei vizi qui. Già, venticinque anni costantemente davanti ai monitor e alle tastiere, possono anche lasciare il loro segno. La mia vita potrebbe non essere troppo lunga ancora, tutti quei crash del computer che negli utimi tempi mi affliggevano, non provenivano solo dall'hardware, come ti facevo credere. Emily, tu sei una ragazza in fiore, io ho settanta anni e neppure porto bene la mia età: potrei essere un tuo vecchio nonno un po' malconcio. Capisci, mi era preclusa del tutto l'unica azione che avrebbe potuto rendermi felice: presentarmi davanti a te in carne anziché pixel. Per questo motivo, temendo che non sarei riuscito a rinuciare a questo folle intento, in un momento di determinazione tagliai ogni rapporto con te..." Stava per continuare ma s'interruppe improvvisamente. Emily non c'era più, si era scostata dalla sua spalla andandosene di soppiatto senza che lui, troppo intento sulla tastiera se ne fosse neppure accorto. Forse aveva capito. Era calata la notte e uno zombie gli si avvicinava minaccioso in quella landa desolata: "Buuuuh..." "Ma va al diavolo!" Emily, già da un po', era a Sunset Beach. Aveva scelto questa spiaggia perché lì il sole è fermo sul mare, poco sopra la linea dell'orizzonte, e a lei era stato, un po' prima, interrotto il tramonto che s'apprestava a godersi. Era quindi uscita dalla notte del luogo giardino dell'amore una volta, ma ormai senza nome e senza forma - in cui l'aveva portata Peter, prima ancora che lui finisse il suo discorso. Aveva già capito, non le importava più. Era estremamente serena, ma mentre si rilassava nella rossa luce del sole immobile, un flusso di coscienza discese dentro di lei. Erano i pensieri di Anna, i suoi ricordi che provenivano da oltre lo schermo, che a poco a poco cominciavano ad invaderla, a farsi suoi. Rivedeva una casa, un giardino ordinato, verde di rampicanti e tante aiuole fiorite. E una famiglia felice: Anna stessa, suo fratello più piccolo, due genitori affettuosi. Suo padre, l'ammirava tanto, era un vulcano di idee. Un natale, all'inizio '80, aveva regalato un home computer a loro due, orgoglioso che i suoi figli sarebbero stati tra i primi a entrare nel mondo del futuro... Poi con quel computer avrebbe finito col giocarci solo lui, ad entusiasmarsi al punto di comprarne un altro l'anno dopo e, poco dopo ancora, aprire una delle prime (forse la prima?) BBS italiane. Come era preso da quelle attività. E quanto lo ammirava sua madre... salvo cominciare, a poco a poco, a rimproverargli di trascurare un po' la famiglia, a favore di quelle macchine, quella ferraglia che le aveva invaso perfino il soggiorno di casa. Trascurando, trascurando, suo padre quasi non riuscivano più neppure a parlargli: era sempre sulla tastiera, a battere i tasti, aggiustando parametri, programmando procedure nuove e chattando con sconosciuti da tutto il mondo. Ma sua madre lo ammirava e ne era ancora fiera, anche se i suoi dolci rimproveri man mano diventavano più insistenti... e più inascoltati.

Finché un giorno non se n'è andato, con una ragazza di quasi trent’anni anni più giovane, venuta da chissà quale lontano paese a conoscere quell'uomo che appariva così affascinante nelle chat. Una storia che, naturalmente, non sarebbe durata poi tanto a lungo, ma lui non tornò mai più. “Fu brutto, Anna?” le chiese dolcemente Emily. "Bruttissimo: ci sentimmo tutti traditi, io in particolare, ma mia madre fu quella che ne soffrì di più, fino ad ammalarsene. Il giardino, non più curato, si trasformò presto come quello del tuo incontro con Peter. E di nostro padre - che si era trasferito in un'altra città, forse un altro paese, o un altro continente - in breve non sapemmo più niente. Quanto lo odiai... ma quanto mi mancava... e tantissimo ho desiderato rivederlo, per abbracciarlo o ucciderlo, non sapevo, a volte l'uno, a volte l'altro. Ora non mi importa più davvero... non sei in fondo così furbo, Peter: sto per compiere quarant'anni e non te ne sei mai accorto. No, non potresti certo essere mio nonno". Addio, papà

Some Days retired from the rest In soft distinction lie The Day that a Companion came Or was obliged to die (E. Dickinson)

* Tommaso Jacobus, tj per gli amici, è un avatar che vive su Second Life, a cui corrisponde un umano di nome Tommaso, pure lui. Storie di un’altra vita è una breve serie di racconti, ambientati all’interno del suo mondo virtuale. Ogni riferimento a fatti realmente accaduti o ad avatar e persone esistenti, è puramente casuale

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