Appunti sulle Sonate arcaiche di Domenico Scarlatti precedenti gli Essercizzi Secondo Kirkpatrick le 408 sonate comprese nelle serie regali, che sono nuove rispetto a tutte quelle ritrovate nelle altre fonti, sarebbero state composte da Scarlatti tra il 1752 e il 1757, o almeno negli ultimi anni della sua vita, e quindi copiate in quei cinque anni. Sempre secondo Kirkpatrick, almeno due terzi delle sonate nella raccolta del 1742 sono precedenti agli ESSERCIZZI, e Scarlatti non scrisse alcuna sonata prima del 1725-28 e prima di andare in Portogallo. Nei tredici volumi di Parma pare vengano seguite una successione cronologica e una parabola stilistica coerente. I criteri considerati da K. per definire un ordine cronologico si basano sull' ordine con cui le sonate furono copiate, i limiti della tessitura a solo e basso continuo nelle prime sonate, il maggiore ambito della tastiera negli ultimi manoscritti e il passaggio da virtuosismo giovanile ad un lirismo poetico adulto. Ciononostante non vi è prova che le sonate siano state composte nell'arco della sua intera vita e poi copiate, né siano state composte in cinque anni, alla fine della sua vita e subito copiate. Comunque vi sono dei caratteri particolari che distinguono alcune sonate dalle altre per un loro "arcaismo" che le avvicina alle opere di Zipoli o Greco. Si nota il loro legame con la tradizione cembalistica italiana in cui furono composte, presumibilmente i primi decenni del '700. Kirkpatrick evidenzia la figurazione tastieristica molto sobria, poco espressiva. Un esempio è la K61 in forma di variazione, sul tipo del b.c. ornato di quel periodo. La TOCATA 10 (manoscritto portoghese), è in 4 movimenti: una Giga e un Minuetto, oltre a due sonate (K85 e K82). Queste due sono prive di ritornello, la K85 fa pensare a Haendel mentre la K82 possiede lo spirito dei concerti vivaldiani per la ricchezza di brillanti arpeggi che dissolvono la, scrittura a due parti. Il Minuetto di distingue per gli improvvisi cambiamenti di terze maggiori e minori. I prototipi che incarnano queste sonate sono quelli più semplici, in cui S. pare imitare la formazione di strumento solista con b.c. Nelle sonate K81, K88, K89, K90, K91 è anche indicato il basso cifrato. Forse la voce superiore era destinata al violino, oppure l'esecuzione era per clavicembalo solo con la realizzazione improvvisata dal suonatore del b.c., secondo un uso consueto in compositori come Pasquini, Marcello e altri. Comunque questi brani non seguono né la
forma di sonata per clavicembalo né di solo e b.c. Newman nota in cinque sonate di questo tipo, K81, L271 L36, L211(?), L1069 e L 176, lo schema a 3 o 4 movimenti tipico della sequenza Adagio–Veloce–Adagio-Veloce del tipo più antico della sonata da chiesa. Tale tipo di sonata viene individuata sia da Kirkpatrick che da Pestelli nella serie veneziana, nel vol. 14, alcune già stampate nel 1739 da Roseingrave. Solo 40 sonate, per Kirkpatrick, sono precedenti agli “ESSERCIZZI”, le K31-42, K 58-64, K85, K 88-91, K93, K94. Per Pestelli invece Scarlatti compose sonate molto prima, già nel 1705. Distingue tre periodi nell'arte "arcaica" di Scarlatti: 1685-1705, 1705-1709 e 1709-1719. Nel primo periodo inserisce sonate aderenti allo stile del primo Settecento italiano, come la L168. Il secondo periodo è veneziano, in cui Scarlatti conosce la musica di Vivaldi, Gabrieli, Frescobaldi, Albinoni, Marcello. Le sonate di questo periodo sono ancora aspre e faticose. Tra esse, la K72, la K37, K97, K68. Il terzo periodo è romano. A Roma Scarlatti è maestro di cappella di Maria Casimira di Polonia e ha attività di clavicembalista dal cardinale Ottoboni. Conosce Haendel con cui ha un torneo tastieristico e vince sul clavicembalo. In questo periodo Pestelli distingue tre gruppi caratteristici di sonate. dal 14° volume dei Codici veneziani e dall'Edizione di Roseingrave del 1739. Vi sono le seguenti sonate: K88, 90, 77, 91, 89, 81, 32, 34 (le ultime due da Roseingrave). Sono composizioni a più tempi che ricordano una concezione per violino e b.c. in quanto connesse alla tecnica violinistica. Il fraseggio è vicino all'archeggiatura del violino e il genere che viene imitato è una via di mezzo tra la sonata da chiesa e da -'camera per violino e basso. Il violino comunque poteva esser sostituito dal clavicembalo, secondo una mentalità antica che non definiva chiaramente una precisa destinazione strumentale. Tra le sonate incluse da Pestelli in questo gruppo, le L106, L176, L271, L114, tutte legate all'ambiente violinistico, alla produzione, a quel tempo molto in voga, di sonate per violino e cembalo (Albinoni, Vivaldi, Gemignani, tutti compositori ben noti a Roma). Le sonate L271 e L176 possiedono la suo cessione tipica di tempi del concerto Grave-Allegro-Grave-Allegro; altre invece variano, come nello schema della L36 (Grave più Fuga più Allegro più Minuetto) e la
L211, con Allegro-Grave-Allegro. Si tratta comunque di sonate convenzionali, cui però S. conferisce un tocco personale, come nella L 106, che spezza la rigidezza del continuo con l'applicazione del teticismo una particolarità ritmica tipica poi di S., di ispirazione coreutica. Molto interessante è per Pestelli il Minuetto della sonata L 168, che grazie al suo cromatismo espressivo perde la funzione esclusiva di pezzo di danza, e dimostra una curiosità nuova per il suono da parte di Scarlatti. Il gruppo b) definito da Pestelli riguarda la corrispondenza di alcune sonate con la Toccata. La loro provenienza viene individuata da Pestelli sempre nel volume 14 dei Codici veneziani, dall'Edizione Roseingrave e in un manoscritto portoghese intitolato TOCATA 10. Vi si ritrovano le K61, 71, 191, 31, 35, 70, 59, 76, 85, 82, 78, 94 (le ultime 4 facenti parte della Tocata 10). In esso Pestelli nota una vicinanza con le Toccate del padre, da cui si differenziano per la capacità di fondere in sé l'aspetto concertistico e quelle toccatistico che in Alessandro erano completamente separate e indipendenti. Molti punti di contatto presentano anche con Haendel, secondo l'opinione di K., e con J. S. Bach, per quanto concerne gli spunti dalla tecnica violinistica (vedi la sonata L136), ma cui S. aggiunge un gusto personale per il bizzarro, l'estroso (vedi le relazioni armoniche audacissime della sonata L50). La TOCATA 10 si presenta formata da 4 sonate, quattro parti privi di organicità nella loro disposizione- due Allegri di cui il secondo una Fuga, una Giga e un Minuetto. Il termine Toccata è qui sinonimo di Suite. Il terzo gruppo c) si accosta per Pestelli alla Suite, e meglio ai tempi della Suite (K80, 60, 73, 83, 63, 64, 74, 75), le sui sonate provengono anch'esse dal volume 14 veneziano e i cui titoli sono Minuetto, Capriccio, Gavotta. Qui Scarlatti rivela una vicinanza con Zipoli suo coetaneo che S. certamente conobbe a Roma. Anche questo compositore si dedicò alla stesura di movimenti di Suite, precisi tonalmente e dalla struttura bipartita. Ma ciò che più lo accomuna a Scarlatti è proprio il simile estro bizzarro, ornamentale non sostanziale che caratterizza il primo S. La derivazione si può anche individuare nelle Toccate di durezze e legature di Frescobaldi, nel cromatismo espressivo fatto di false relazioni, intervalli tritonici, alterazioni cromatiche, ben noti a Zipoli. Per quanto riguarda le sonate che si inseriscono in questa categoria, abbiamo la L13, sul genere della Corrente, vicina ad analoghe pagine di Zipoli, la L84, dal tipo di Gavetta, no stante il nome Capriccio. Gavette si possono do-finire pure le L58 e L94 (K64 e 74). La K75 invece si presenta come un Minuetto con Polacca. Molto
importante è per Scarlatti la danza, che gli offre lo spunto per la scrittura a due voci, fondamentale in tutte le sonate e elemento base della sua sensibilità compositiva e musicale e per contro lo porta al rifiuto del concetto imitativo, lasciando posto invece ad un accentuatissimo senso del ritmo. La sonata L58 (K33) può esser considerata, dice Pestelli, la prima vera sonata di Scarlatti, nel senso di sonata veramente scarlattiana. Ciò che la anima è le spirito della danza, intesa come categoria universale, in cui per la prima volta appaiono gli “accordi–acciaccatura”, così tipici di Scarlatti. L'ultimo gruppo di sonate del periodo arcaico, d) riuniscono per Pestelli le 7 Fughe e alcune sonate polifoniche. Le prime, scritte in Italia, sono K41, 93, 58, 417, tratte dal vol. 14 veneziano, da Roseingrave e dal 9° volume sempre veneziano. A queste si può aggiungere la L30, la Fuga del gatto. Il soggetto che delinea le armonie di base su cui è costruito il pezzo, è arricchito da modulazioni, su di cui si susseguono note di passaggio, sospensioni, sincopi, intervalli binari, che danno l’impressione di grande ricchezza. Spesso il gioco contrappuntistico si riduce a due voci e raramente a tre. Kirkpatrick sostiene che la fuga per Scarlatti, come per gli altri compositori italiani ,era non un principio strutturale ma un modo, una maniera di comporre. Il contrappunto ha il mero scopo di decorare il b. e. e riempire le voci interne, a differenza di Frescobaldi, Bach o Froberger, in cui il soggetto aveva forza dinamica e plasmatrice. In S. il contrappunto è un ornamento, non il sostegno di una costruzione. Così la Fuga del gatto si basa fondamentalmente sul rapporto delle due voci e tutto il resto è superficie. Altre sonate polifoniche sono individuate da Pestelli nelle L267, L382, L33, L362. Trapelano l'origine vocale, liturgico del significato polifonico, ma non valgono come veicolo all'espansione della tonalità come furono per Bach. A proposito delle prime sonate (precedenti al 1725, per Kirkpatrick), lo studioso americano fa notare l'angusto ambito tastieristico per il quale seno state concepite (una sola tastiera con 4 ottave). Inoltre ricorda, il K., che in alcune sonate fosse ancora segnato da S. il basso cifrato, che Longo cancellò ignorandone il significato storico (vedi sonate K81, 88, 89, 90, 91)