Santucci - Breve Storia Della Tortura

  • May 2020
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BREVE STORIA DELLA TORTURA di Simone Santucci Sommario: I. Caratteri generali e definizione; II. La Tortura nel processo, tra tormento ed eresia; III. Inquisizione e tortura; IV. Il procedimento; V. La tortura nella storia.

I. Caratteri generali e definizione Ciò che stupisce della tortura e della sua storia è la sua costante presenza, non solo nel tempo ma anche nei luoghi più diversi del mondo; è uno “strumento” presente sin dalle epoche più antiche che non ha conosciuto interruzioni nel corso della storia, sopravvivendo, senza particolari mutamenti di tecniche, fino ai nostri giorni. La tortura potrebbe dunque sembrarci, per la sua presenza ininterrotta, un metodo straordinario ed infallibile, qualità che giustificherebbero la sua longevità. Ma non è così. Potremmo essere indotti in facili errori di valutazione. La tortura esiste da sempre perché da sempre vi è il potere che, a sprazzi, giustifica (e a volte riesuma) questa tecnica che, col potere, è necessariamente correlata. Rimane difficile pensare che le grandi civiltà del passato come quella greca e romana 1 potessero praticare la tortura, come, ancor più difficile rimane pensare che la tortura non ebbe il suo sviluppo nell’alto medioevo, ossia nell’epoca della mancanza di leggi per antonomasia, ma proprio nel basso medioevo, ossia a ridosso di quell’umanesimo che, della razionalità e dell’uscita dalle tecniche barbare aveva fatto la propria caratteristica principale. Difficile è piuttosto dare una definizione precisa di tortura: rischiando una definizione forse approssimativa possiamo sicuramente affermare che si tratta di un metodo di coercizione fisica o psicologica inflitta alla vittima per estorcere o delle informazione ai fini dell’istruzione del processo o una confessione. Ma non bisogna dimenticare anche che la tortura molto spesso venne utilizzata semplicemente per infliggere al malcapitato solo 1

A differenza di ciò che si pensa i romani erano soliti adottare la tortura esclusivamente con gli schiavi. Ai

cittadini romani era pertanto riservata una tecnica “più mite”. Piuttosto va sottolineato è che la tortura venne applicata ai cives solo con l’avvento del cristianesimo. In quel caso sono molto meno sporadici i casi di applicazione della tortura a cittadini romani. E non mancheranno episodi, forse più cruenti, proprio durante la “romanità cristiana” ossia dopo l’affermazione del cristianesimo come religione ufficiale dello stato.

2 delle punizioni corporali. In quest’ultimo caso si esula dal diritto processuale per sfociare nella politica negli arcana imperii di machiavellica memoria. Ma il diritto e la politica sono necessariamente simbiotici, specialmente nelle epoche di cui ci appresteremo a descrivere. Se quindi l’orizzonte, dal diritto, sfocerà nella storia, è per necessità di descrizione e non per sviamento di “materia”. II. La tortura nel processo, tra tradimento ed eresia Come si è detto, lo sviluppo della tortura avviene proprio nel basso medioevo, ossia a ridosso della fine delle cosiddette “epoche buie”. Questo sviluppo va fatalmente ricondotto alla introduzione del processo inquisitorio: nel medioevo il processo penale ordinario era incentrato nel c.d. metodo accusatorio, un processo orale e formalistico che, con le dovute cautele, potremmo definire anche garantista. Vi era accanto un processo “straordinario” che, a differenza del primo, era, non solo caratterizzato dalla segretezza, ma soprattutto dal modello “inquisitorio”. Questa doppia vigenza era giustificata dall’esigenza di garantire, in talune occasioni, velocità e certezza della pena. Ma questo modello straordinario, a lungo andare, prevarrà fino a divenire la regola. La “laicità”2 del processo accusatorio E’ facile comprendere quali furono le conseguenze: la parità tra accusa e difesa venne meno. La commistione tra accusa e difesa è evidente. E la politica? La politica anche qui gioca un ruolo decisivo. Il processo accusatorio derivante dal processo romano-barbarico non era un processo incentrato nella valenza politica della pena. Il processo inquisitorio sì. Anzi, la pena diventerà molto spesso lo strumento politico del potere per garantire l’ordine pubblico. Dove l’ordine pubblico sta, evidentemente, per la dimostrazione della esemplarità della pena. Quale migliore struttura poteva esser introdotta se non questa che, meglio di qualunque altra, si confà alla commistione tra politica e fede. Se sul piano politico la sentenza diviene il braccio secolare, la longa manus, del sovrano, sul piano religioso la sentenza e la condanna divengono il miglior viatico per la dimostrazione della erroneità di quanto sostenuto dall’imputato. Il rogo, ultimo supplizio, diviene quasi un rito che conclude quel processo.

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Sostanzialmente, nel processo accusatorio, il ruolo del giudice è quello di confermare o meno la bontà delle

accuse. E’ quindi un processo che non guarda alla veritas indubitabile che invece sarà la caratteristica del processo inquisitorio.

3 Combattere il tradimento per lo Stato e l’eresia per la Chiesa diviene l’attività per eccellenza. E quale miglior strumento per ottenere la prova tanto desiderata per poter avviare questo meccanismo di dimostrazione di potere? Ovviamente la tortura. Non basta. Vi era una necessità incombente sul giudice: ottenere non semplici prove ma, “la” prova, la confessione. E per ottenerla si ricorre alla tecnica migliore: la tortura. Non c’era dubbio che questo sarebbe stato il metodo più soddisfacente. III. Inquisizione e tortura Stato e Chiesa. Tribunali statali ed Inquisizione. Non v’è dubbio che questo fu uno dei grandi binomi della storia medievale e moderna. Non ripercorreremo in questa sede le vicende che hanno contribuito a rendere celebre la Santa Inquisizione. Ci basti qui definire alcuni aspetti imprescindibili per comprendere il fenomeno e darvi, ove possibile, una giustificazione storica. Si è detto come il metodo inquisitorio (e quindi il suo simbolo, la tortura) fosse particolarmente adatto ad assurgere come strumento politico per la lotte dello Stato e della Chiesa. Ciò che va rilevato è che tutto ciò avveniva quando la commistione tra i due potei era così forte da far identificare il peccato con il delitto e l’espiazione con le pena. Tutto ciò comporta, non solo sul piano processuale, ma più ampiamente sul piano giuridico una grave patologia di un sistema che, in tal modo, regredisce e confonde il piano temporale e quello poltico-giuridico (rectius: temporale). Questa è più o meno la situazione che abbiamo in Italia (dove l’influenza della Chiesa è maggiore) e in gran parte dell’Europa occidentale nell’epoca della Controriforma. Spagna, Portogallo, Ducato di Milano, Regno di Napoli e Regno di Sicilia vengono retti da un unico re, Filippo II d’Asburgo3. La Chiesa, accerchiata a nord e a sud dagli spagnoli, fu obbligata a cercare un accordo con la Spagna4. Fu tutto ciò che permise lo sviluppo della Inquisizione, nata nel 11845, che, grazia alla compiacenza del potere politico, petè assurgere a “supremo tribunale”. E’ noto, infatti, 3

Con la pace di Cateau-Cambresis venne sancito il dominio spagnolo in Italia che durerà fino al 1734.

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Carlo V, padre di Filippo II, come è noto permise il c.d. “sacco di Roma” in aperta sfida a Papa Clemente

VII. La Chiesa quindi, volente o nolente, venne costretta, stavolta, a collaborare con gli spagnoli. 5

Fu solo nel 1254 che con la bolla Ad extirpanda, Innocenzo IV autorizzò l’uso della tortura e Giovanni XXII

estese i poteri dell’Inquisizione nella lotta contro la cosiddetta stregoneria. L’ Inquisizione medievale si distingue dall’ Inquisizione spagnola, istituita da Sisto IV nel 1478 su richiesta dei sovrani spagnoli Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia.

4 come i Tribunali dell’Inquisizione, fossero considerati, e dalla Chiesa e dallo Stato, come tribunali superiori. Questo grazie proprio alla forte commistione dei due poteri. E’ con l’Inquisizione che la tortura prenderà piede ed è soprattutto in ambito canonistico che questa verrà sistematicamente utilizzata. IV. Il procedimento E’ sbagliato pensare alla tortura come un fatto eccezionale, come una tecnica che richieda una innata malvagità nelle persone. Anzi, è evidente come, soprattutto in epoche di guerre di religione, essa possa esser sembrata la tecnica più adatta non solo per estorcere confessioni ma anche semplicemente per punire in modo più crudele l’imputato. L’odio, il fanatismo, la convinzione di essere dalla parte del bene, comporta una “naturalezza” nell’applicarla che stupisce alle generazioni moderne. E’ quindi un naturale mezzo di vendetta. Chi vi ravvisa una componente di sadismo, a nostro avviso, sbaglia. Lo dimostra il fatto con quanta facilità vi si ricorresse e con quanto entusiasmo le folle assistevano ai roghi che, se dal punto di vista formale riguarda la pena, può tuttavia considerarsi come la naturale continuazione del processo. Ciò che stupisce ancora è come fossero molto simili le modalità utilizzate nei diversi luoghi del mondo. America latina, Europa, Cina e Giappone differiscono veramente in pochissime tecniche. Per quanto riguarda l’Europa l’iter era pressoché uniforme, sia nei tribunali statali che in quelli canonici. Il prigioniero veniva prelevato dalla sua abitazione e tenuto in carcere per molti mesi prima di sapere di cosa fosse accusato e di essere interrogato. Una volta portato al cospetto dell’interrogante si minaccia l’imputato di sottoporlo a gravi sofferenze: bisogna sottolineare come, molto spesso, le sole minacce bastassero per estorcere dall’imputato le informazioni necessarie. Se non si otteneva l’effetto sperato, l’imputato veniva condotto nella camera di tortura: la camera era un appartamento sotterraneo senza finestre6. Qui venivano mostrati all’imputato gli strumenti per incutergli terrore.

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unica fonte di luce era una candela.

5 Se, ancora, non bastava il torturatore, vestito con una camicia nera coperta da un cappuccio, l’imputato veniva denudato e gli venivano legate le mani. A questo punto, se non si era riusciti ad estorcere nessuna informazione, iniziava il vero e proprio supplizio. In questo caso si sviluppava molto spesso una vera e propria arte della tortura. I torturatori adottavano moltissime tecniche per estorcere più facilmente ciò che volevano ottenere. A tal proposito furono moltissimi, anche in epoche antiche, i manuali messi in commercio che descrivevano le migliori tecniche per estorcere confessioni. Quando la confessione o l’informazione era stata ottenuta si decideva la pena: nei casi meno gravi veniva praticata la fustigazione, oppure si veniva rinchiusi in carcere o ancora portati nelle galee. Scontato dire che per le pene più gravi una era la pena: la morte7. V. La tortura nella storia La prima tecnica di tortura praticata in massa fu nei primi del duecento nei confronti degli albigiesi. Non deve sconvolgere che fu proprio in ambito canonistico che trovò spazio quella che fino a pochi decenni prima era una tecnica pressoché desueta. Celeberrimo è il processo a Galileo, dove, di pratiche di torture fisiche non c’è traccia dai resoconti, è certo evidente la tecnica di tortura psicologica inferta alo scienziato. Inoltre possiamo ricordare i processi a Tommaso Campanella e Giordano Bruno dove, viceversa, vennero impiegati metodi di coercizione fisica. Il graduale declino della tortura avvenne con l’avvento dell’Illuminismo e con la pubblicazione di numerose opere che ne sottolineavano l’inutilità. L’Italia, una volta tanto da secoli, sarà un focolare cruciale per la storia della abolizione della tortura (e della pena di morte, che alla tortura, nelle dispute tra illuministi si accompagna). A tal proposito, è scontato ricordare come il clima dell’illuminismo milanese dei Verri e di Beccaria, fosse stato cruciale per i primi provvedimenti di messa al bando di torura e pena di morte. E’ altrettanto scontato, purtroppo, ricordare come, ancor oggi, molti stati democratici e non, ricorrano, anche per reati meno gravi, a tecniche di tortura aberranti.

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La pena di morte di solito veniva inflitta o per strangolamento o con il rogo.

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