Diagnostica Avanzata degli Additivi e dei Residui Prof. Cardillo Lez I Additivo: sostanza naturale o artificiale che si aggiunge in piccole quantità a prodotti industriali per migliorarne determinate caratteristiche (aspetto, sapore, rendimento ecc.) o per poterli meglio conservare. Nell’antichità già si faceva uso di additivi: • Salatura delle carni e del pesce • Aggiunta di succo di limone a frutta e verdura per evitarne l’imbrunimento • Impiego di aceto nella preparazione di conserve vegetali • Aggiunta di salnitro nelle carni insaccate • Solfitazione dei mosti e dei vini Gli antichi sfruttevano degli additivi naturali che ancora oggi vengono utilizzati in alcune produzioni non industriali; tra i vari additivi vanno menzionati: 1) Aceto: L'aceto è frutto della fermentazione del vino. Noto fin dal tempo dei Romani, veniva usato anche come dissetante. L'aceto è impiegato come conservante per le verdure (sottaceti) e nella fase di preparazione delle verdure (scottatura o bollitura) per la successiva conservazione sott'olio. 2) Alcool: L'alcool ha la proprietà di creare un ambiente poco favorevole allo sviluppo di microrganismi già da concentrazioni superiori al 15%. Puro o come liquore (es. grappa) viene impiegato per la conservazione di frutta come albicocche, amarene, ciliege, prugne, uva. 3) Limone: Il succo del limone è un buon antiossidante. Viene usato per evitare che verdure e frutta diventino nere dopo il taglio (es. carciofi, melanzane, macedonia di frutta ecc.) 4) Olio: Ottenuto dalla spremitura delle olive (o per estrazione dalle arachidi, girasole, mais, soia ecc.) permette la conservazione degli alimenti isolandoli dall'aria e quindi dai germi. Acciughe, funghi, ortaggi, sgombro e tonno sono i principali alimenti conservati sott'olio. 5) Sale: Uno dei metodi più antichi di conservazione degli alimenti. Usando il sale è possibile conservare gli alimenti in due modi: - Salatura = consiste nello stipare il prodotto alternando strati di sale all'alimento. La conservazione, in un periodo iniziale, deve avvenire pressando il prodotto. La salatura è usata soprattutto per acciughe e baccalà, ma anche per i capperi, la bresaola ed altri insaccati. - Salamoia = consiste nel conservare il prodotto in una soluzione di acqua e sale (circa 10%). La salamoia è usata soprattutto per olive ed ortaggi. 6) Zucchero: Lo zucchero in elevate concentrazioni impedisce la fermentazione. Con il 6070% di zucchero le marmellate si riescono a conservare per lunghi periodi senza difficoltà. Soluzioni zuccherine con concentrazioni più basse, circa 20-25%, consentono, previa sterilizzazione, la conservazione della frutta. Vari sono i tipi di zucchero: - Saccarosio = deriva dalla canna da zucchero o dalla barbabietola da zucchero, è il più usato nelle nostre case. - Fruttosio e Glucosio = nella frutta e nel miele. - Lattosio = nel latte. - Maltosio = dai cereali
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Oggi alle tradizionali tecniche di conservazione degli alimenti basate su mezzi fisici (riscaldamento, raffreddamento, essiccamento), chimici (sale, zucchero, aceto, affumicatura), o biologici (fermentazione) si sono aggiunte in epoca recente nuove procedure, principalmente di tipo chimico, in relazione alle esigenze della produzione industriale degli alimenti. Legislatura La definizione di additivo alimentare secondo la legge italiana è redatta dal Decreto Ministeriale (D.M.) del 31/03/1965: “Sono considerati additivi chimici quelle sostanze, prive di potere nutritivo o impiegate a scopo non nutritivo, che si aggiungono in qualsiasi fase di lavorazione alla massa o alla superficie degli alimenti per conservare nel tempo le caratteristiche chimiche, fisiche o fisico-chimiche, per evitare l'alterazione spontanea o per impartire ad essi, oppure per esaltarne favorevolmente, particolari caratteristiche di aspetto, di sapore, di odore o di consistenza”. Successivamente la comunità europea ha emanato una direttva (Direttiva CEE 89/107) che ha imposto l’emissione di un altro decreto: D.M. del 04/08/1997; il quale sancisce che: “Ai fini del presente decreto, con il termine «alimenti» si intendono le sostanze alimentari, i prodotti alimentari e le bevande, nonché i preparati da masticare e da succhiare come il «chewinggum» ed analoghi.”[...]“Per additivo alimentare si intende qualsiasi sostanza normalmente non consumata come alimento in quanto tale, e non utilizzata come ingrediente tipico degli alimenti, indipendentemente dal fatto di avere un valore nutritivo, che aggiunta intenzionalmente ai prodotti alimentari per un fine tecnologico, nelle fasi di produzione, trasformazione, preparazione, trattamento, imballaggio, trasporto o immagazzinamento degli alimenti, si possa ragionevolmente presumere diventi, essa stessa o i suoi derivati, un componente di tali alimenti, direttamente o indirettamente”. NB: Le parole «additivi chimici» riportate nel titolo e nell'articolato del decreto ministeriale del 31 marzo 1965, sono sostituite dalle parole «additivi alimentari». L’aggettivo “chimico” fa pensare a qualcosa di pericoloso per la salute, mentre l’aggettivo “alimentare” no! Secondo le indicazioni del Ministero della Salute si enuncia che “Per "additivo alimentare" si intende qualsiasi sostanza […] aggiunta intenzionalmente ai prodotti alimentari per un fine tecnologico nelle fasi di produzione, di trasformazione, di preparazione, di trattamento, di imballaggio, di trasporto o immagazzinamento degli alimenti […] Negli ultimi decenni, in conseguenza dell’evoluzione tecnologica, l’uso degli additivi alimentari si è esteso notevolmente […] L’aggiunta di additivi rappresenta un’esigenza tecnologica conseguente all’evoluzione industriale, al mutare delle abitudini alimentari, che hanno enormemente influenzato il ciclo produttivo e distributivo degli alimenti.” Oggi la produzione, lo stoccaggio e la distribuzione dei prodotti alimentari possono essere realizzati in aree geografiche molto distanti; e tutto ciò è possibile grazie all’uso degli additivi. Poiché la definizione di additivo, può suscitare nel consumatore atteggiamenti di diffidenza, è opportuno fornire alcune indicazioni di carattere generale: - Molti additivi sono costituenti naturali di alimenti: ad es. l’acido citrico, la lecitina, le pectine, i tocoferoli - Gli additivi alimentari, sono sostanze ampiamente studiate e documentate sotto il profilo tossicologico e il loro uso è costantemente sotto il controllo di Organizzazioni Internazionali e Nazionali - Per essi è fissata una dose accettabile giornaliera, che rappresenta la quantità di additivo che può essere ingerita giornalmente attraverso la dieta nell’arco di vita senza che compaiano effetti indesiderati.
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Nella preparazione e conservazione degli alimenti è autorizzato l’impiego solo di quelle sostanze esplicitamente elencate in una apposita lista positiva; l’additivo autorizzato è una sostanza di cui è stata valutata la sicurezza d’uso, di cui sono stati fissati i requisiti di purezza chimica, e comunque è consentito l’uso solo nel caso di documentata esigenza tecnologica: ossia, anche se ritenuto non nocivo, l’additivo non è consentito se non è necessario. NB: L'uso degli additivi alimentari è fatto esclusivamente in nome della tecnologia: "per un fine tecnologico", "in conseguenza dell’evoluzione tecnologica", "un’esigenza tecnologica", "documentata esigenza tecnologica". È da notare che l’aggettivo “tecnologico” è collocato malamente e con spregio della lingua italiana (che cosa è un “fine tecnologico”?). L'uso di additivi alimentari in casi specifici e realmente documentati in nome di una effettiva necessità sociale è giusto; ciò che è inaccettabile è che non si parli affatto delle finalità commerciali dell'uso degli additivi alimentari, ma si invochi, in modo puramente ideologico, la “tecnologia”. (comm. mio: certo che il prof. Non gliene fa buona una eheh!).
La normativa europea impone dei Criteri generali per l’impiego degli additivi alimentari: 1) Gli additivi alimentari possono essere approvati soltanto qualora: a) si possa dimostrare l’esistenza di una sufficiente necessità tecnologica e l’obiettivo ricercato non possa essere conseguito con altri metodi praticabili dal punto di vista economico e tecnologico b) se non presentano un pericolo per la salute del consumatore nelle dosi proposte, per quanto attualmente consentano di giudicare i dati scientifici a disposizione c) se non inducono il consumatore in errore. 2) Si può prevedere l’uso di un additivo alimentare soltanto se è stato provato che esso presenta vantaggi dimostrabili per il consumatore; in altre parole è necessario dare una prova di quello che comunemente si definisce una «necessità». L’impiego di additivi alimentari dovrebbe soddisfare agli obiettivi di cui alle lettere da a) e d) e solo quando tali obiettivi non possano essere conseguiti con altri mezzi utilizzabili dal punto di vista economico e pratico e non presentino un rischio per la salute del consumatore: a) per conservare la qualità nutritiva dell’alimento (una riduzione intenzionale della qualità nutritiva di un alimento verrebbe giustificata soltanto se l’alimento non rappresentasse un elemento significativo di una dieta normale, o se l’additivo fosse necessario per la produzione di alimenti per gruppi di consumatori che hanno necessità dietetiche particolari) b) per fornire ingredienti o costituenti necessari per alimenti prodotti per gruppi di consumatori che hanno fabbisogni dietetici particolari c) per potenziare la conservabilità o la stabilità di un alimento ovvero per migliorarne le proprietà organolettiche, a condizione che ciò non modifichi la natura, la sostanza o la qualità dell’alimento in modo da ingannare il consumatore; d) per fornire un ausilio per la produzione, la trasformazione, la preparazione, il trattamento, l’imballaggio, il trasporto ovvero l’immagazzinamento del prodotto alimentare, a condizione che l’additivo non venga utilizzato per nascondere gli effetti dell’impiego di materie prime difettose ovvero di prassi o tecniche indesiderate (ivi comprese quelle antiigieniche) durante lo svolgimento di una qualsiasi di queste attività. 3) Per determinare gli eventuali effetti nocivi di un additivo alimentare o dei suoi derivati, lo si deve sottoporre alle opportune prove e a una valutazione a livello tossicologico. Tale valutazione dovrebbe anche tener conto, per esempio, di qualsiasi effetto di cumulo, di sinergia o di potenziamento dovuto al suo impiego, nonché del fenomeno dell’intolleranza umana alle sostanze estranee all’organismo. 4) Tutti gli additivi alimentari devono essere tenuti sotto costante osservazione e devono essere riesaminati,qualora necessario,alla luce di condizioni modificate d’impiego e di nuove informazioni scientifiche. 3
5) Gli additivi alimentari devono essere sempre conformi ai criteri approvati di purezza. 6) L’approvazione degli additivi alimentari deve: a) specificare i prodotti alimentari cui si possono aggiungere tali additivi e le condizioni di questa aggiunta b) essere limitata alla dose più bassa necessaria per conseguire l’effetto desiderato c) nella misura del possibile, tenere conto di una dose giornaliera ammissibile o di qualsiasi definizione equivalente fissata per l’additivo alimentare e dell’apporto giornaliero probabile dello stesso additivo da tutti i prodotti alimentari. Qualora l’additivo alimentare debba essere utilizzato in alimenti destinati a gruppi particolari di consumatori, si deve tener conto della dose giornaliera probabile di tale additivo per quel tipo di consumatori. NOTA: In Europa la valutazione viene effettuata dall'Agenzia per la Sicurezza Alimentare (EFSA), e a livello internazionale dal Comitato congiunto di esperti sugli additivi alimentari (JECFA - Joint Expert Committee on Food Additives) dell'Organizzazione per l'Alimentazione e l'Agricoltura (FAO) e dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Riassumendo: - l'additivo deve essere veramente necessario e non deve mai sostituire procedimenti fisici - deve essere sicuro: anche se ingerito quotidianamente e per tutta la vita, non deve comportare per l'uomo alcun rischio di tossicità, nel breve, medio e lungo periodo - non deve nascondere alterazioni in atto nell'alimento - non deve mascherare frodi commerciali - deve rispondere a standard di purezza definiti ed essere esente da possibili contaminanti - deve essere facilmente riconoscibile con le analisi di laboratorio e se ne deve poter determinare la quantità in tutti gli alimenti per i quali ne è consentito l'uso - non deve reagire con i componenti dell'alimento, dando origine a composti tossici e non deve provocare la distruzione di sostanze nutritive - nell'uso sono da preferire quegli additivi che sono naturali costituenti degli alimenti. L’obiettivo della legislatura è di garantire una efficace tutela della salute dai rischi che possono derivare dall’uso degli additivi alimentari condizionato dalle sole esigenze tecnologico-industriali dei produttori. Molti interventi con additivi alimentari sono infatti richiesti dalla necessità di rendere gradevoli e appetibili gli alimenti (per esempio, nessuno comprerebbe una marmellata che non si spalma perché troppo liquida, o prosciutto “ossidato” e quindi senza il colore che il consumatore crede naturale). La tutela della salute passa quindi attraverso due strade: • l’educazione del consumatore a non farsi troppo condizionare dalle caratteristiche estetiche, quando non influiscono sul gusto e sul potere nutritivo di un prodotto • lo sviluppo della ricerca e dell’utilizzo di tecniche di conservazione innocue per la salute. Siglatura Gli additivi autorizzati a livello europeo sono contrassegnati da una sigla numerica (tre numeri) preceduta dalla lettera “E”. NOTA: "E605" non è un additivo alimentare; è la sigla che identifica il PARATHION, un insetticida altamente tossico; la siglatura "E" è dovuta ad una coincidenza casuale.
Parathion: fosforganico-tionofosfato
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NOTA: L’attuale legislazione europea ed italiana potrebbe sembrare alquanto restrittiva, se non fosse così dannatamente frammentaria e complessa inoltre le abbreviazione stabilite dalla CEE sono incomprensibili per il consumatore. Numero 100-199 200-299 300-399 400-499 500-599 600-699 900-999 1100-1599
Direttiva del Consiglio del 21/12/1988 (89/107/CEE) Additivo Coloranti Conservanti Antiossidanti e correttori di acidità Addensanti, gelificanti, sali di fusione, stabilizzanti ed emulsionanti Regolatori di acidità ed antiagglomeranti Esaltatori di sapidità Amidi modificati, Edulcoranti, Lievitanti, Antischiumogeni, Agenti di rivestimento, Agenti di trattamento della farina, Agenti di resistenza, Umidificanti, Sequestranti, Enzimi, Agenti di carica, Gas propulsore e gas d’imballaggio. Altri
NB: Per capire le reali dimensioni della questione, pensate che chi mangia “normalmente” introduce nel suo intestino più di 12 chili di additivi chimici e conservanti all’anno, solo pochi dei quali sono stati studiati attentamente per individuare i possibili effetti negativi per la salute. Su 72000 sostanze chimiche circolanti, solo 3000 studi sono in possesso dell’Ente Protezione Ambientale USA. Inoltre, sono studi di base, spesso condotti su animali, poco indicativi ed inaffidabili. Il Ministero della sanità ha catalogato i vari tipi di additivi in base alla loro funzione, di seguito ci sono tutte le classi e le loro funzioni principali che andremo ad analizzare più avanti in questo lavoro. Acidificanti: aumentano l'acidità e conferiscono un sapore aspro agli alimenti Addensanti: aumentano la viscosità dei prodotti alimentari; vengono utilizzati in creme, budini, gelati, ecc Agenti di carica: contribuiscono ad accrescere il volume di un prodotto alimentare senza aumentare in modo significativo il suo valore energetico Agenti di resistenza: rendono o mantengono saldi o croccanti i tessuti dei frutti o degli ortaggi inoltre interagiscono con agenti gelificanti per produrre o consolidare un gel Agenti di rivestimento: (inclusi i lubrificanti) applicati sulla superficie esterna di un prodotto alimentare, gli conferiscono un aspetto brillante o forniscono un rivestimento protettivo Agenti di trattamento delle farine: vengono aggiunti alla farina o a un impasto per migliorarne le qualità di cottura Agenti lievitanti: liberano gas aumentando il volume di un impasto (nel caso di pane e dolci) o di una pastella (nel caso di alimenti fritti) Agenti schiumogeni: rendono possibile l'ottenimento di una schiuma omogenea in un prodotto alimentare liquido o solido Amidi modificati: gli amidi alimentari vengono modificati con uno o più trattamenti chimici, fisici o enzimatici, per esempio possono essere sbiancati Antiagglomeranti: le sostanze che riducono la tendenza di particelle individuali disperse in un prodotto alimentare (per esempio una salsa) ad aderire una all'altra, formando dei grumi Antiossidanti: le sostanze che prolungano il periodo di conservazione dei prodotti alimentari proteggendoli dal deterioramento provocato dall'ossidazione, come l'irrancidimento dei grassi e le variazioni di colore di frutta e verdura tagliata ed esposta all'aria 5
Antischiumogeni: impediscono o riducono la formazione di schiuma Aromi: danno un gusto particolare agli alimenti Coloranti: sostanze che conferiscono un colore ad un alimento o che ne restituiscono la colorazione originaria, ed includono componenti naturali dei prodotti alimentari e altri elementi di origine naturale, normalmente non consumati come alimenti né usati come ingredienti tipici degli alimenti; Conservanti: prolungano il periodo di conservazione dei prodotti alimentari proteggendoli dal deterioramento provocato da microrganismi Correttori di acidità: modificano o controllano l'acidità o l'alcalinità di un prodotto alimentare Coadiuvanti: inclusi i solventi veicolanti, le sostanze utilizzate per sciogliere, diluire, disperdere o altrimenti modificare fisicamente un additivo alimentare senza alterarne la funzione tecnologica (e senza esercitare essi stessi alcun effetto tecnologico) allo scopo di facilitarne la manipolazione, l'applicazione o l'impiego Edulcoranti: conferiscono gusto dolce a un alimento, a cui sono aggiunti al posto dello zucchero (saccarosio); vengono utilizzati soprattutto nei prodotti dietetici a basso contenuto di calorie Emulsionanti: rendono possibile la formazione o il mantenimento di una miscela omogenea (emulsione) tra due o più sostanze che normalmente non si mischiano l'una con l'altra (per esempio l'olio e l'acqua nella preparazione della maionese) Esaltatori di sapidità: esaltano il sapore e la fragranza di un prodotto alimentare; sono usati soprattutto nei prodotti a base di carne; il glutammato di sodio è il più utilizzato Gas d’imballaggio: gas differenti dall'aria introdotti in un contenitore prima, durante, dopo aver introdotto in tale contenitore un prodotto alimentare; non è richiesta l'indicazione sull'etichetta, poiché non sono considerati ingredienti Gas propellenti: gas diversi dall'aria che espellono un prodotto alimentare da un contenitore Gelificanti: le sostanze che danno consistenza ad un prodotto alimentare tramite la formazione di un gel Sali di fusione: disperdono le proteine contenute nel formaggio e rendono omogenea la distribuzione dei grassi e degli altri componenti Sequestranti: formano complessi chimici con ioni metallici. Possono non essere menzionati in etichetta Stabilizzanti: rendono possibile il mantenimento dello stato fisico-chimico di un prodotto alimentare. Essi comprendono le sostanze che rendono possibile il mantenimento di una dispersione omogenea di due o più sostanze immiscibili in un prodotto alimentare ed includono anche sostanze che stabilizzano, trattengono o intensificano la colorazione esistente di un prodotto alimentare Umettanti o umidificanti: sostanze che impediscono l'essiccazione dei prodotti alimentari contrastando l'effetto di una umidità atmosferica scarsa o che promuovono la dissoluzione di una polvere in un ambiente acquoso NOTA: Anche in questo caso il documento ministeriale sugli additivi alimentari non è avaro di ideologia. Un vero capolavoro si ha nella definizione dei coadiuvanti: a sentire il Ministero il facilitare "la manipolazione, l'applicazione o l'impiego" degli additivi alimentari non altererebbe la loro "funzione tecnologica”; in realtà, ciò di cui si sta parlando non è per nulla la "funzione tecnologica" degli additivi, bensì la loro funzione negli alimenti, in vista del consumo finale. Aromi: a volte sono aggiunti per coprire la mancanza di sapore delle materie prime Conservanti: a volte il loro utilizzo è soprattutto motivato da considerazioni economiche, perché costano meno rispetto ad altre tecniche di conservazione Enzimi: gli enzimi possono essere utilizzati come additivi o come coadiuvanti tecnologici, nel primo caso il loro utilizzo è accessorio e non indispensabile al processo tecnologico (per
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esempio, quando vengono usati per intenerire le carni). Il loro uso può non essere indicato in etichetta. La frode alimentare Con l’espressione “frode alimentare” ci si riferisce ad una pluralità di condotte illecite volte alla “adulterazione”, “sofisticazione”, “contraffazione”, “alterazione” dei prodotti alimentari. ADULTERAZIONE: L’ adulterazione consiste nell’operazione attraverso la quale un prodotto alimentare viene privato di una componente utile in relazione alla sua efficacia nutritiva, ovvero l’operazione con la quale ad esso viene aggiunta una sostanza di scarso valore al fine di aumentarne il peso o il volume (es. olio d’oliva misto ad olio di semi ma immesso sul mercato come olio d’oliva puro al 100%). SOFISTICAZIONE: La sofisticazione si configura come un’operazione fraudolenta attraverso cui il prodotto alimentare viene sostituito in alcuni suoi ingredienti e trattato in modo da renderlo più “attraente” o simile ad altri prodotti più pregiati e, conseguentemente, più costosi (es. caffè d’orzo spacciato per caffè normale). CONTRAFFAZIONE: La contraffazione si delinea nei casi in cui il prodotto alimentare viene presentato e dichiarato con caratteristiche di un prodotto più pregiato (es. commercializzazione di sidro al posto del moscato d’uva). ALTERAZIONE: Con il termine alterazione s’intende la modifica, spesso dovuta ad inadeguata conservazione, della composizione del prodotto che intacca le caratteristiche nutrizionali dello stesso (es. aggiunta al caffè di un additivo). Il reato di frode alimentare viene altresì integrato dal riutilizzo di prodotti alimentari già destinati ad altri usi come, ad esempio, nel caso della vendita del latte in polvere destinato all’alimentazione degli animali come prodotto idoneo all’alimentazione umana. Il c.p. punisce l’avvelenamento, l’adulterazione e la contraffazione di acque o di sostanze alimentari, nonché il commercio di acque o di sostanze alimentari contraffatte, adulterate, se idonee a provocare uno stato di pericolo per la pubblica salute (artt. 439, 440 e 442). Vengono altresì puniti la frode in commercio e la vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine (artt. 515 e 516). Accanto alle norme del codice penale si colloca la legge 24 novembre 1962, n. 283, inerente la disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande. Le frodi più frequenti sono: - False dichiarazioni in merito alla provenienza, alla qualità, composizione e alle caratteristiche di un prodotto alimentare - Indicazioni ingannevoli ed insidiose, atte a magnificare indebitamente un prodotto alimentare e le sue caratteristiche - Mancata corrispondenza degli ingredienti dichiarati - Assenza o minor contenuto di quelli di pregio - Mancata elencazione degli ingredienti “indesiderati” (es. conservanti) o di minor valore (es. olii di diversa natura) - “Manipolazioni” della data di scadenza o di preferibile consumo Alcuni alimenti sono più soggetti a frode di altri, tra i vari vanno annotati: - Vini: si vendono come DOC, DOCG vini comuni e si utilizzano aromi per nascondere il gusto di vini scadenti, trucioli di legno per dare il sapore di “barrique”, lo zucchero per elevare il grado alcolico 7
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Formaggi: si rileva la presenza di latte vaccino in formaggi dichiarati di bufala, pecora o capra, nonché l’impiego di grassi idrogenati nella fabbricazione del burro, di mozzarelle e di altri formaggi freschi Pasta: nella fabbricazione della pasta si ricorre all’utilizzo di semolato ovvero di grano tenero invece che del più pregiato grano duro Riso: si riscontrano dichiarazioni in etichetta di varietà non corrispondenti all’effettivo contenuto Uova: si dichiara il falso sulla data di scadenza, di deposizione o di imballaggio. L’Istituto centrale repressione frodi ha riscontrato, infatti, casi di postdatazione delle confezioni, ma anche di mancato confezionamento delle uova entro i termini previsti: condotte che consentono di fatto di commercializzare uova di qualche giorno come appena deposte Prodotti Biologici: si commercializzano prodotti biologici sprovvisti della documentazione attestante l’origine ed il metodo di produzione.
Coloranti I coloranti vengono usati largamente nell'industria alimentare per rendere più "appetibili" i prodotti che il consumatore acquista. Inoltre non è da sottovalutare la possibilità d'impiego per mascherare una scarsa qualità del prodotto stesso. 100-109 Gialli 110-119 Arancioni 120-129 Rossi E100 – E199 COLORANTI 130-139 Blu e violetti 140-149 Verdi 150-159 Marroni e neri 160-199 Altri Coloranti azoici Tra i più comuni coloranti sintetici ci sono i coloranti azoici, che contengono, comegruppo cromoforo, il gruppo diarilazo (N=N). L’azobenzene è praticamente incolore, ma aumentando la complessità strutturale, attraverso l’inserimento di strutture aromatiche polinucleari e di gruppi polari ionici, si ottengono colorazioni molto intense, anche fino al nero.
Secondo il D.M. 22/12/1967 la colorazione degli alimenti è consentita solo in determinati prodotti: - Prodotti dolciari (ad eccezione del torrone) - Gelati (esclusi quelli a base di torrone, cioccolato, limone, uova, panna) - Succedanei del caviale (solo con E123) - Burro e formaggi - Margarina - Bevande alcoliche gassate - Aperitivi, amari, digestivi, liquori, acqueviti - Vini speciali (solo con E150) - Marmellate e gelatine - Mostarda tipica bolognese (solo con E150) - Surrogati del cioccolato Sempre secondo tale decreto NON è assulutamente consentito usare coloranti nei seguenti prodotti: 8
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Acqua Sale Zucchero Miele Latte Pane Pasta Carne Pesce Olio
- Caffè - Cioccolato - Torrone - Aceto - Succhi di frutta - Gelati a base di: torrone, cioccolato, limone, uova e panna
Dose Giornaliera Accettabile (mg/kg/die) Per definire la DGA si usano delle abbreviazioni qui descritte: • FU = full: La valutazione della sostanza è da considerare completa e pertanto la sua DGA è definitiva • TE = temporary: La valutazione della sostanza richiede informazioni e dati addizionali e pertanto la sua DGA è provvisoria. Se i dati non vengono forniti entro un periodo stabilito, la DGA viene soppressa • NS = not specified; NL = not limited: La sostanza e i suoi metaboliti danno garanzie di natura chimica, biochimica e tossicologica tali che la DGA non è necessaria o è illimitata • NO = not allocated: Quando le informazioni non sono sufficienti per stabilire la sicurezza o quando sono inadeguate le specifiche d’individuazione o di purezza. Se la DGA non viene assegnata o viene soppressa l’impiego della sostanza non è da ritenere idoneo nell’alimentazione umana. Codici accessori: • S = specifiche mantenute • R = specifiche revisionate • RT = specifiche revisionate, ma tentativamente • N = nuove specifiche revisionate • T = specifiche tentativamente in revisione • ST = specifiche mantenute, ma tentativamente • O = senza specifiche • NT = nuove specifiche, ma tentativamente in revisione Si può inoltre definire la DGA con Parametri di Giudizio sequendo 4 linee guida: Accettabile (Acc): l’utilizzo di questo additivo è giustificabile in alcuni casi precisi. Ingannevole (Ing): questo additivo ha solo la funzione di mascherare difetti di qualità. Inutile (Inu): l’utilizzo di questo additivo non apporta alcun vantaggio per il consumatore. Sconsigliato (Sco): sia perché gli è stata attribuita una DGA provvisoria, sia perché i test tossicologici non sono stati ancora terminati. Essi sono: • A = Accettabile: Non sono stati riscontrati particolari effetti nocivi per la salute • B = Non indispensabile: Non è considerato nocivo, ma può venire utilizzato per mascherare l'insufficiente qualità, anche igienica, dell'alimento all'origine • C = Sospetto 1: Prodotto che può essere leggermente tossico • D = Sospetto 2: Non si hanno informazioni sufficienti sulla tossicità e/o l'additivo può causare allergie • E = Pericoloso: La sostanza può, in forti dosi e per effetto cumulativo e nel corso degli anni, essere eventualmente responsabile di disturbi e malattie gravi Coloranti Gialli CODICE NOME CATEGO DGA NOTE A G IMPIEGO 9
RIA E 100 (i) E 100 (ii) E 101 E 101a o E106
Curcumina Turmerico Riboflavina (lattoflavina o vitamina B2) Riboflavina 5' fosfato
IUD.
Colorante naturale
0-0,1 TE, R
Inutile, Ingannevole
No
B
Colorante naturale
0-0,5 FU, R
Inutile, Ingannevole
No
B
Inutile, Ingannevole
No
Colorante sintetico
E 102
Tartrazina
Colorante sintetico
E 103
Crisoina resorcinolo
Colorante sintetico
E 104
Giallo di chinolina
Colorante sintetico
E 105
Giallo rapido AB
Colorante sintetico
E 107
Giallo 2G
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LLE RG.
Mostarda, dadi da brodo, minestre preconfezionate, curry Biscotti, dolci, prodotti del latte
0-7,5 FU,R
Sconsigliato, Inutile, Ingannevole, vietato in Svizzera
Sì
D
Dolci, sciroppi, bibite, cordiali, sottaceti, pasticceria, conserve vegetali (tranne quelle di pomodoro), gelato allo zabaione.
0-10 FU, RT
Vietato dal 1977 Sconsigliato, Inutile, Ingannevole, vietato in molti paesi (tranne Italia e Gran Bretagna) Vietato dal 1977
Sì
D
caramelle, bibite, liquori, gelati
Sì
C
Bibite, cordiali, zuppe pronte
NO
E102: La Tartrazina è un colorante azoico. Non vi sono effetti collaterali per la tartrazina
pura, eccetto che nelle persone intolleranti ai salicilati (aspirine, bacche, frutta). In combinazione con i benzoati (E210-215), la tartrazina è implicata, in larga misura, a casi che causano la sindrome di ADHD (iperattività) nei bambini. Considerato che esso è un agente che libera istamine, gli asmatici potrebbero anche patire i sintomi dovuti al consumo di tartrazina.
10
-
E104: Non vi sono effetti collaterali alle concentrazioni usate, anche se E104 potrebbe agire
da liberatore di istamine.
-
E107: Siccome è un colorante azoico, E107 è implicato nella comparsa di allergie, iperacidità ed asma. L’uso è limitato ed il colore potrebbe essere in futuro vietato Coloranti Arancioni CODICE NOME CATEGO DGA NOTE RIA
E 110
Giallo Arancio S
Colorante Sintetico
0-2,5 FU, R
Sconsigliato, Inutile, Ingannevole
A LLE RG.
Sì
G IUD.
C
IMPIEGO Bibite, sciroppi, cordiali, zuppe pronte, dolci in generale, gelati, ghiaccioli. Negli Stati Uniti è presente solo in prodotti cosmetici
Arancione Colorante Vietato dal GGN Sintetico 1977 E110: Siccome è un colorante azoico, potrebbe essere non tollerato dalle persone allergiche ai
E 111 -
salicilati. Inoltre, è un liberatore di istamine e, quindi, potrebbe aggravare i sintomi asmatici. In combinazione con i benzoati, esso causa iperacidità nei bambini.
CODICE
NOME
E 120 (i) E 120 (ii)
Carminio, Estratto di cocciniglia
CATEGO RIA Colorante naturale
Coloranti Rossi DGA NOTE
0-5 FU, NT
Inutile, ingannevole
A LLE RG. Sì
G IUD.
C
IMPIEGO Aperitivi, liquori, marzapane e gelatine
11
E 121
Orceina
Colorante naturale
E 122
Azorubina
Colorante sintetico
0-4 FU, R
E 123
Amaranto
Colorante sintetico
0-0,5 FU, R
E 124
Rosso Cocciniglia A
Colorante sintetico
0-4 FU, R
E 125
Scarlatto GN
E 126
Ponceau 6R
E 127
Eritrosina
Colorante sintetico Colorante sintetico Colorante sintetico
0-1,25 FU,R
Vietato dal 1977 Sconsigliato, inutile, ingannevole Sconsigliato, inutile, ingannevole Sconsigliato, inutile, ingannevole Vietato dal 1977 Vietato dal 1977 Sconsigliato, inutile, ingannevole
Sì
C
Scirop, bevande, gelati, marzap e gelatine
Sì
D
Solo succedanei del caviale
C
Candy, paste, biscotti, scir, bibite, dolci, marzap e gel.
D
Candy, frutta sciroppat, gelati, ghiaccioli, bisc, ciliegie candite, fragole
Sì
Sconsigliato, E 128 Rosso 2G inutile, Sì C ingannevole Gel., latticini, Rosso Allura Colorante NO, Scons, inutile, dolci, bevande, E129 Sì B AC sintetico R ingannevole condimenti - E120: Nessun effetto collaterale alle concentrazioni usate. Soltanto in pochi casi è stata Colorante sintetico
NO, R
riportata un aumento dell'iperacidità. L’allergia da contatto è ben conosciuta quando viene usato nei cosmetici. Nota: Le cocciniglie sono insetti parassiti delle piante dal cui corpo delle femmine si estrae il Carminio.
-
E122 e E124: Siccome sono coloranti azoici, potrebbero essere non tollerati dalle persone
allergiche ai salicilati. Inoltre, sono liberatori di istamine e, quindi, potrebbero aggravare i sintomi asmatici. In combinazione con i benzoati, causano iperacidità nei bambini.
12
-
E123: Siccome è un colorante azoico […]. Un legame tra tumori ed E123 è stato riscontrato
nei ratti, ma non dimostrato negli esseri umani. Nonostante ciò, molti Paesi hanno sia limitato l'uso in attesa di ulteriori test che ridotto la DGA a 0,5 mg/kg/die.
-
E127: Alle normali concentrazioni usate negli alimenti sono stati riscontrati piccoli effetti
collaterali. In alcuni casi è stato riscontrato un aumento dell'iperacidità, nonché è stato notato un legame con la mutagenicità. Nelle persone sensibili alla luce l'Eritrosina causa un aumento della fotosensibilità. Ad alte concentrazioni, l'Eritrosina interferisce nel metabolismo dello iodio; tuttavia, alte concentrazioni non possono essere raggiunte attraverso i normali consumi alimentari. -
E128: Siccome è un colorante azoico […]. Il Rosso 2G, che è probabilmente un mutageno,
potrebbe condurre a casi di anemia; di conseguenza, il suo uso è stato molto limitato e la DGA ridotta.
13
-
E129: Siccome è un colorante azoico […]. Quando presente ad alte concentrazioni, uno dei
prodotti derivanti dalla sua degradazione, può causare il cancro alla vescica negli animali.
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CODICE
NOME
Coloranti Blu e Violetti CATEGO DGA NOTE RIA
E 130
Blu idantrene
Colorante sintetico
E 131
Blu patent V
Colorante sintetico
E 132
Indigotina
E 133
Blu Brillante FCF
-
Colorante sintetico Colorante sintetico
Vietat o nel 1977 NO, R 0-5 FU, R 0-12.5 TE, R
Inutile, ingannevole Inutile, ingannevole Sconsigliato, inutile, ingannevole
A LLE RG.
G IUD.
Sì
D
Sì
B
Sì
C
IMPIEGO
Caramelle, sciroppi, liquori, gelati, ghiaccioli Gel, ghiaccioli, paste, frut cand, bisc, dolc Latticini, dolci, bevande
E131, E132, E133: Effetti collaterali si manifestano raramente alle normali concentrazioni usate negli alimenti. Di rado, sono comparse delle reazioni allergiche a causa dell'accoppiamento del colorante alle proteine del corpo. Può anche svolgere la funzione di ‘liberatore’ di istamine.
In particolare il Blu Patent V (E131) avendo struttura molecolare affine allo iodio, si fissa nella tiroide, e può causare disturbi a livello ormonale. Inoltre, molto più grave, esso è stato ricondotto all'origine di numerosi casi di cancro allo stomaco e alla prostata. È stato bandito in Australia, tuttavia è presente in numerosi prodotti, come medicinali, caramelle e in molti famosi sciroppi di menta. CODICE
NOME
E 140 (i) E 140 (ii)
Clorofilla Clorofillina Complessi rameici delle clorofille e delle clorofilline
E 141 (i) E 141 (ii)
Colorante naturale
NL (RT)
Colorante naturale
0-15 FU, R
Inutile, ingannevole Inutile, ingannevole
A LLE RG.
G IUD.
No
A
Gelati, ghiaccioli e dolci
No
A
Gelati e dolci
B
Frutta candita, sciroppi, candy, bibite, liquori.
Sconsigliato, Inutile, No ingannevole E 141: Non si conoscono effetti collaterali. Il rame viene rilasciato quando l'E141 è riscaldato. Tuttavia, le concentrazioni di rame non raggiungono mai livelli tossici.
E 142 -
Coloranti Verdi CATEGO DGA NOTE RIA
Verde acido brillante BS
Colorante sintetico
NO, R
IMPIEGO
15
-
E 142: Si conoscono pochi effetti collaterali. Sono stati riportati alcuni casi di allergie ed anemia.
CODICE
NOME
Coloranti Marroni e neri CATEGO DGA NOTE RIA
Caramello semplice Caramello solfito caustico
Colorante sintetico Colorante sintetico
0-100 TE, T 0-100 TE, T
Caramello ammoniacale
Colorante sintetico
0-100 TE, T
Caramello solfito ammoniacale
Colorante sintetico
0-100 TE, T
E 151
Nero Brillante BN
Colorante sintetico
0-1 FU, R
E 152
Nero 7984
Colorante sintetico
Carbone vegetale
Colorante sintetico
E 150a E 150b E 150c E 150d
Inutile, ingannevole Inutile, ingannevole Sconsigliato, inutile, ingannevole Sconsigliato, inutile, ingannevole Sconsigliato, inutile, ingannevole
A LLE RG.
G IUD.
No
A
No
B
No
C
No
C
Sì
D
IMPIEGO
Vietat o nel 1977 NL (RT)
Inutile, No B ingannevole Sconsigliato, Colorante E 154 Marrone FK inutile, Sì E sintetico ingannevole Sconsigliato, Marrone Colorante E 155 inutile, Si C cioccolato HT sintetico ingannevole - E150: Gli effetti collaterali si manifestano con il consumo dell'E150c e dell'E150d, mentre problemi intestinali potrebbero presentarsi dopo l'ingestione di elevate quantità. Per la natura complessa della mescolanza, delle prove tossicologiche sono ancora in corso. - E151: Poiché è un colorante azoico…Nell'intestino i batteri possono trasformarlo in composti dannosi, quindi la dose giornaliera ammissibile è piuttosto bassa e l'uso è limitato. E 153
-
E153: Non si conoscono effetti collaterali alle concentrazioni usate. In medicina è usato come anti-diarroico. E154: Poiché è una miscela di 6 coloranti azoici…Il suo uso è limitato a pochi prodotti in quanto alcuni composti presenti nell'E154 potrebbero essere mutageni. E155: Poiché è un colorante azoico…
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CODICE E 160a E 160b E 160c E 160d E 160e E 160f
CODICE E 161a E 161b E 161c E 161d E 161e E 161f E 161g
Altri coloranti – Carotenoidi non ossigenati (caroteni) NOME CATEGORIA COLORE Carotene (alfa, beta Colorante Rossoarancio e gamma) naturale Annata, Bissina, Colorante Giallo Norbissina naturale giallorosso Estratto di paprica, Colorante Capsantina, Arancione naturale Capsorubina Colorante Licopene Rosso naturale beta−apo−8' − Colorante Giallo carotenale (g30) naturale arancio Estere etilico dell'acido Colorante Giallo beta−apo−8'− naturale arancio carotenico (C30)
Altri coloranti – Carotenoidi ossigenati (xantofille) NOME CATEGORIA COLORE Colorante Flavoxantina Giallo naturale Colorante Luteina Giallo naturale Colorante Criptoxantina Rosso naturale Colorante Rubixantina Giallo-rosso naturale Colorante Violaxantina Viola naturale Colorante Rodoxantina Giallo naturale Colorante Cantaxantina Giallo naturale
DGA
GIUD.
NO
A
NO
B
NO
B
NO
B
NO
A
NO
A
DGA
GIUD.
NL
A
NL
A
NL
A
NL
A
NL
A
NL
A
NL
A
Altri coloranti 17
CODICE E 162 E 163 CODICE E 170 E 171
NOME Rosso di barbabietola Betanina
CATEGORIA
COLORE
DGA
GIUD.
Colorante naturale
Rosso porpora
NL
B
NL
B
Colorante Vari (pH) naturale Altri coloranti - Inorganici NOME COLORE NOTE Carbonato di calcio Bianco
Antocianine
GIUD.
E 173
Biossido di titanio Ossido e idrossido di ferro Alluminio
E 174
Argento
Vietato in Australia
E 175
Oro
Vietato in Australia
E 172
CODICE
NOME
E 180
Litolrubina BK
E 181
AcidoTannico
Bianco Ruggine
Altri coloranti CATEGORIA Colorante sintetico Colorante naturale
Vietato in Australia
A A A D D D
COLORE
DGA
GIUD.
Rosso
NO
C
Marrone
NO
?
L’acido tannico è una forma commerciale del tannino (e detto anche tannino); è un polifenolo. La sua debole acidità (pKa intorno a 10) è dovuta ai gruppi fenolici della sua struttura. Questo è un ingrediente di base per la colorazione chimica del legno ed è già di per sé presente in alcuni legni (come la quercia, il noce o il mogano), inoltre può essere applicato su legni a basso contenuto tanninico, in modo che i coloranti chimici che richiedono la presenza dei tannini, possano reagire. L’acido tannico è molto solubile in acqua, se abbastanza concentrato, appare di un marrone chiaro mentre in polvere presenta un colore tra il giallo e il marrone chiaro. Si tratta del più comune “mordente” per fibre di cellulosa come il cotone; è spesso combinato con alluminio e/o ferro. La formula chimica per l’acido tannico commerciale è C76H52O46, ma in effetti esso contiene un miscuglio di composti ad esso correlati. La sua struttura è basata soprattutto su esteri dell’acido tannico con glucosio. I tannini sono polifenoli delle piante, astringenti e dal sapore amarognolo,in grado di legare e far precipitare le proteine. Allo stesso tempo sono dei potenziali antiossidanti biologici. Il termine “tannino” deriva dalla fonte (una varietà di quercia particolare) dei tannini usati per la concia delle pelli animali; comunque il termine viene applicato a qualsiasi grande composto fenolico contenente un sufficiente numero di gruppi idrossilici o di altra natura (ad es. carbossilici) per poter formare complessi stabili con proteine ed altre macromolecole. I tannini hanno pesi molecolari che possono andare da 500 ad oltre 20000 Da. I tannini si possono trovare anche nel vino (in particolare nel rosso), provenendo da diverse fonti, che ne influenzano le proprietà. I tannini presenti nella buccia e nei semi dell’uva, tendono a essere più percettibili nei vini rossi, che vengono fermentati in contatto con semi e buccia. I tannini estratti dall’uva sono tannini condensati, polimeri della procianidina 18
monomera. I tannini idrolizzabili vengono estratti dal legno di quercia delle botti in cui si invecchia il vino; questi tannini idrolizzabili vengono ossidati più facilmente dei tannini condensati. In generale i tannini prevengono l’ossidazione nell’invecchiamento del vino, tendono a polimerizzare e a costituire una buona parte del sedimento nel vino. 1) 2) 3)
4) 5)
Curiosità E123 (amaranto), E127 (rosso), E128 (rosso), E154 (bruno), E160b (rossoarancio), E161g (arancio), E173 (alluminio) ed E180 (rubino) non possono essere venduti direttamente al consumatore, segno, questo, d'una pericolosità potenziale ancora maggiore. Le liste di coloranti continuano da trent'anni a essere riviste e rimaneggiate dalla UE, in considerazione di nuovi test e risultati epidemiologici (Fenomeno preoccupante) La Direttiva del Consiglio europeo sulle sostanze coloranti che possono essere impiegate nei prodotti destinati all'alimentazione umana, la 65/469/CEE del 1965, è stata modificata nel '65, '67, '68, '70, '73, '76, '78, '81, '85, due voltenel '94, poi nel '95… e la commissione congiunta d'esperti FAO-OMS (JECFA) è già arrivata al 52esimo diverso rapporto di valutazione degli additivi, contaminanti e residui di farmaci nel cibo. Ciò significa che continuano a saltar fuori, come gnocchi nell'acqua bollente, additivi un po' più tossici di quanto si pensava, da proibire o da limitare. Il biossido di titanio (E171), usato per dipingere a olio, si usa come colorante nel cibo! Vengono tuttora usati largamente anche i colori alluminio, argento, oro.
Domanda Se vi sono perpetue ed ineliminabili incertezze sui risvolti sanitari dell'uso di coloranti, visto che: • non hanno potere nutritivo • devono essere sperimentati su animali e poi comunque non si sa se fanno male o no (i topi assorbono il 47,4% del Giallo-Arancio E110 e poi stanno male, noi no) • si devono spendere miliardi per sperimentare nuovi coloranti sempre più complessi che non vengano assorbiti ma espulsi …
Perché non vietarli del tutto? Lez II Conservanti I conservanti sono sostanze che aumentano il periodo di conservazione degli alimenti. 200-209 Sorbati 210-219 Benzoati 220-229 Solfiti 230-239 Fenoli e Formiati E200 – E299 240-259 Nitriti e Nitrati CONSERVANTI 260-269 Acetati 270-279 Lattati 280-289 Propionati 290-299 Altri Sorbati CODICE E200 E201 E203 E204
NOME Acido Sorbico Sorbato di Sodio Sorbato di Potassio Sorbato di Calcio
ALLERGIE Sì - da contatto Sì Sì Sì
GIUDIZIO Accettabile Accettabile Accettabile Accettabile
Fonti: In natura, l'acido sorbico è presente nei frutti del sorbo (Sorbus aucuparia, o "farinaccio"), dal quale prende il nome. Con vari processi chimici viene isolato da essi. Caratteristiche: È usato in una vasta gamma di prodotti quali yogurt ed altri prodotti
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caseari fermentati, macedonia di frutta, prodotti dolciari, limonata, formaggi, pane di segale, torte e prodotti di panetteria, pizza, crostacei e molluschi, succo di limone, vino, sidro e minestre. Effetti collaterali: Non vi sono effetti collaterali alle concentrazioni normalmente usate nell'industria alimentare. Soltanto una piccolissima percentuale di persone mostrano leggere reazioni pseudoallergiche. La dose giornaliera raccomandata è 25 mg/kg/die (FU).
È la categoria di additivi animicrobici più diffusa al mondo data la loro azione inibitoria su Lieviti (Saccharomyces, Candida, Zygosaccharomyces) e Muffe (Botrytis, Penicillum, Aspergillus, Fusarium). Agiscono i forma minore sui Batteri (Clostridium, Salmonella, Vibrio) Questa selettività è inversa a quella operata dai SOLFITI In certe condizioni, i sorbati sembrano favorire la fermentazione lattica e questo spiega la loro utilizzazione nelle conserve vegetali nelle quali, la formazione di acido lattico esalta le caratteristiche organolettiche ed impedisce altre fermentazioni indesiderate. A lato è mostrata la reazione di Fermentazione Omeolattica che avviene ad opera della Lattico Deidrogenasi. In tale reazione agiscono una molecola di NADH e una di Piruvato stabilizzato da due Aa: Arg e His; la prima lega il piruvato mediante legame ionico stabilizzando la carica negativa del carbonile, mentre l’His forma un ponte idrogeno. His e piruvato si scambiano gli idrogeni e si ottiene il lattato. L’attività antimicrobica dei sorbati è più intensa nelle forme indissociate (a pH 3 l’acido sorbico è indissociato per il 98%) e, di conseguenza, l’attività aumenta con il diminuire del pH del substrato. La loro efficacia, comunque, è discreta anche a livelli di pH compresi nell’intervallo 6,0-6,5. Il Sorbato presenta per le sue caratteristiche attività sinergica con SALI, ZUCCHERI, BHA, ACIDI e TRATTAMENTI TERMICI; e attività antagonista con NITRITI e SOLFITI. L’attività antibatterica e micostatica dei sorbati non determina effetti tossici significativi, anche dopo le biotrasformazioni operate dalla microflora intestinale. Soltanto un considerevole eccesso di sorbati può produrre ipertrofia del fegato e dei reni, con possibili modificazioni istologiche a carico di questi organi. CODICE E210 E211 E212 E213 E214 E215 E216 E217 E218 E219
Benzoati NOME Acido Benzoico Benzoato di Sodio Benzoato di Potassio Benzoato di Calcio para-idrossibenzoato di etile Sale sodico del para-idrossibenzoato di etile (etilparaben) Para-idrossibenzoato di propile Sale sodico del para-idrossibenzoato di propile (propilparaben) Para-idrossibenzoato di metile Sale sodico del para-idrossibenzoato di metile (metilparaben)
ALLERGIE Sì Sì Sì Sì Sì Sì
GIUDIZIO Sconsigliato Sconsigliato Sconsigliato Sconsigliato Sconsigliato Sconsigliato
Sì Sì
Sconsigliato
Sì
Sconsigliato
Sì
Sconsigliato
Sconsigliato
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Origine: L'acido benzoico, i benzoati e gli esteri dell'acido benzoico sono presenti nella maggior parte della frutta, specialmente nei mirtilli. In particolare, sono i mirtilli rossi a rappresentare una fonte abbastanza ricca di acido benzoico. Oltre alla frutta, i benzoati si trovano in natura nei funghi, nella cannella, nei chiodi di garofano ed in alcuni prodotti caseari (come conseguenza della fermentazione batterica). Per fini commerciali, viene preparato chimicamente dal toluene. Funzione & Caratteristiche: L'acido benzoico ed i benzoati sono usati come conservanti contro lieviti e batteri presenti in vari prodotti acidi. Sono poco efficaci contro i funghi ed inefficaci in prodotti con un pH superiore a 5 (leggermente acido o neutro). Alte concentrazioni producono un sapore amaro che limita il loro impiego. Per la loro alta solubilità, i benzoati sono spesso preferiti. Dose giornaliera: 5 mg/kg/die (FU,R) Effetti collaterali: Non vi sono effetti collaterali alle concentrazioni usate perché vengono escreti totalmente con le urine. In alcuni individui l'acido benzoico ed i benzoati potrebbero liberare istamine che, a loro volta, innescano reazioni pseudo-allergiche. Il Benzoato di sodio è uno dei principali agenti anti-microbici usato nei cibi e nelle bevande poiché è 200 volte più solubile dell'acido benzoico, tuttavia è velenoso e quindi la sua concentrazione è limitata al massimo allo 0,1%. L'accumulo di acido benzoico è quasi nullo nel corpo umano in quanto viene eliminato nelle urine sotto forma di Acido Ippurico.
La sua attività antimicrobica è volta soprattutto alla parte cellulare, all'inibizione degli enzimi Ossoglutarato Deidrogenasi e Succinato Deidrogenasi del ciclo di Krebs e di alcuni enzimi coinvolti nella fosforilazione ossidativa. Colpisce principalmente lieviti e muffe e, solo in maniera secondaria, batteri. Una ampia gamma dei suoi esteri è invece usata come solventi, additivi disinfettanti, agenti penetranti e come pesticidi. La contemporanea presenza di Benzoati e Acido Ascorbico provoca una decarbossilazione del benzoato liberando BENZENE. CODICE E220 E221 E222 E223 E224 E225 E226 E227 E228
Solfiti NOME Anidride solforosa Solfito di Sodio Bisolfito di Sodio Metabisolfito di Sodio Metabisolfito di Potassio Solfito di Potassio Solfito di Calcio Bisolfito di Calcio Bisolfito di Potassio
ALLERGIE Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì
GIUDIZIO Accettabile Accettabile Accettabile Accettabile Accettabile Accettabile Accettabile Accettabile Accettabile
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Dose giornaliera: 0,7 mg/kg/die (TE)
L'anidride solforosa si ottiene dalla combustione dello zolfo, un elemento comune. È usata come conservante sin dall'antichità: è stata ampiamente impiegata nell'antico Egitto e durante l'Impero Romano. I solfiti sono sostanze ad azione antimicrobica e debolmente ossidanti, impiegati soprattutto nella stabilizzazione microbiologica di bevande alcoliche ed analcoliche. In soluzione acquosa la SO2 dà origine i seguenti equilibri: L’anidride solforosa in acqua si riduce a acido solforoso che dissocia liberando protoni che acidificano l’acqua (H3O+). Nel grafico è mostrata la variazione delle concentrazioni (espresse in logaritmo) dei vari composti al variare del pH in una soluzione acquosa contenente 0.7 mg/l (DGA dell’SO2): Le linee celesti rappresentano l’acqua (H3O+ Discendente; OH- Ascendente) La linea rossa rappresenta l’acido solforoso (H2SO3) La linea verde rappresenta il bisolfito (HSO3-) La linea blu rappresenta il meta-bisolfito (SO3--) Le crocette (+) indicano le costanti di dissociazione degli acidi. A pH 7.2 si può vedere che c’è una forte concentrazione di HSO3- e di SO3-- ciò comporta a questo pH (molto vicino al pH fisiologico = 7.4) si forma un equilibrio tale da mantenere costante la concentrazione dei bisolfiti che sono specie chimiche molto reattive. La reattività dell’acido solforoso è rappresentata dalle seguenti equazioni: I bisolfiti reagiscono con l’ossigeno o con l’acqua ossigenata per formare il Solfato La reazione, in vivo, richiede l’azione catalitica della SOLFITOSSIDASI, un enzima mitocondriale presente nei tessuti di numerosi organi (cuore, fegato, reni) dei mammiferi. I solfati non sono tossici e si ritrovano in una varietà di composti fisiologici (proteine, muchi…) inoltre sono molto solubili e facilmente espellibili. Altra reattività dei bisolfiti è data dalla loro capacità di subire addizioni chimiche: 22
Tutte le aldeidi ed un certo numero di chetoni (quelli con un metile in α al carbonile o i gruppi chetonici che appartengono a sistemi ciclici a 4-6 atomi di carbonio) reagiscono con gli ioni bisolfito per dare i corrispondenti ioni idrogenosolfonato. Gli ioni bisolfito reagiscono con le funzioni aldeidiche libere degli zuccheri (velocemente con galattosio, mannosio ed arabinosio, più lentamente con maltosio, lattosio e glucosio), mentre non reagiscono con le funzioni chetoniche (fruttosio, saccarosio, ecc.) Ancora i bisolfiti reagiscono con: - Le Antocianine: reagisce con la malvidina (rossa) trasformandola in malvidina- 2-bisolfito (incolore); reazione sfruttata per schiarire il vino. Ciò è alla base dell’intolleranza al vino bianco. -
I Sorbati: Un problema è quello della reattività dell’acido sorbico e dei sorbati con altri additivi presenti negli alimenti, ed in particolare i nitriti ed i solfiti. Con queste sostanze i sorbati formano dei composti di addizione, il cui rilievo tossicologico è dato da un’accertata attività mutagena
-
L’Acido ascorbico: (Alias Vit C) La presenza di acido ascorbico determina la competitività tra l’ossidazione dell’acido solforoso ad acido solforico e quella dell’acido ascorbico ad acido deidroascorbico. Inoltre, la reazione tra il bisolfito ed i gruppi chetonici dell’acido deidroascorbico stabilizza l’acido ascorbico nel nuovo stato di ossidazione. Nel riquadro verde le reazioni a cui normalmente va in contro la Vit C; il composto che si forma nella reazione nel riquadro rosso rende la Vit C inerte e sottrae tale Vit al suo normale metabolismo.
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I ponti Bisolfurici: riducendoli e facendo così perdere alle proteine la loro conformazione nativa; questo è il meccanismo alla base della funzione antibatterica dei solfiti: agiscono sulle proteine batteriche denaturadole e inattivandole.
-
Il NAD: Danno origine al NAD-Bisolfito che è inattivo La Tiamina: Vit B1, contiene al suo interno un gruppo internalizzato che reagendo con i bisolfiti si dissocia rendendo la Vit inutilizzabile il che si ripercuote nel metabolismo degli acidi grassi.
NAD
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-
La Citosina: solo in vivo ma non in vitro la citosina reagisce con i bisolfati per formare un composto intermedio che porta alla formazione del citidene il quale ha un effetto mutageno sul DNA.
Tossicità dei solfiti: L’attività antimicrobica dei solfiti è dovuta principalmente alla loro reattività verso i legami disolfurici delle proteine. L’addizione dei solfiti alle funzioni aldeidiche libere degli zuccheri ne inibisce la degradazione. Le forme non ioniche dei solfiti hanno un’attività antimicrobica più spiccata quanto più basso è il pH. L’azione è rivolta maggiormente verso: Batteri acetici (Acetobacter) e Batteri malo-lattici (Lactobacillus); Meno verso: Lieviti (Saccharomyces) e Muffe (Penicillum, Aspergillus, Alternaria) L’azione tossica nell’uomo si manifesta principalmente a causa della loro capacità di distruggere la Tiamina (vitamina B1). La presenza prolungata dei solfiti nell’organismo è anche responsabile di alcune reazioni tra solfiti ed i composti stessi dei tessuti, con formazione di tiosolfati, tioli e proteine S-sulfonate (nel plasma, polmoni, aorta). In alcuni casi, i solfiti provocano, in soggetti ipersensibili, sintomi di tossicità acuta, quali polineuriti, spasmi bronchiali, orticarie, spasmi gastrointestinali, emicranie. Con una dose maggiore di 33 mg SO2/litro d’aria (assunta per inalazione) i sintomi che precedono la morte sono: edema polmonare, emorragia polmonare e congestione viscerale. CODICE E230 E231 E232 E233 E234 E235 E236 E237 E238 E239
NOME Difenile Ortofenilfenolo Ortofenilfenato di Sodio Tiabendazolo Nisina Natamicina, pimaricina Acido formico Formiato di Sodio Formiato di Calcio Esametilentetrammina
Fenoli e formiati ALLERGIE GIUDIZIO Sì Sconsigliato Sì Sconsigliato Sì Sconsigliato ? Sconsigliato ? Sconsigliato ? Sconsigliato ? Accettabile ? Accettabile ? Accettabile No Sconsigliato
NOTE Mutageno, presente nei frutti con la buccia; dà allergie da contatto Pesticida!
Funzione & Caratteristiche: Polvere bianca, insolubile in acqua usata prevalentemente contro i funghi del genere Penicillum che crescono sugli agrumi. È usato per disinfettare contenitori e per impregnare il materiale usato per l'imballaggio degli agrumi. Qualche volta i frutti sono immersi in una soluzione di difenile che, penetrando lentamente attraverso la buccia, potrebbe essere presente negli stessi frutti. Dose Giornaliera Ammissibile: Difenile: 0.05 mg/kg/die (FU) Ortofenilfenolo: 0.2 mg/kg/die (FU) Effetti collaterali: È eliminata dai reni in forma inalterata. Una certa sensibilità è stata riscontrata in persone che lavorano nel campo delle spedizioni di agrumi (per nave o per camion). È esperienza comune che l’azione micostatica del difenile è scarsa perché, dopo un certo periodo, sugli agrumi (anche conservati in frigorifero) ricompaiono gli attacchi fungini; anche perché il difenile dopo un pò penetra nel frutto abbaddonando la sua sede originale (la buccia).
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Il Tiabendazolo è un composto cancerogeno per l’uomo ad alte dosi secondo l’Epa. È un benzimidazolo sistemico usato come fungicida. Tossico a dosi molto elevate, nell'uomo può provocare, dopo forte esposizione, capogiri, nausea, inappetenza e vomito. L'esposizione cronica può ritardare la crescita ed avere effetti sul midollo osseo e gli organi ematopoietici. Curiosità: gli agrumi vengono raccolti ancora verdi, e fatti maturare (processo di “deverdizzazione”) in camere a gas piene di etilene, un idrocarburo gassoso che, siccome è infiammabile, ogni tanto esplode e muore qualche operaio. Quest'assurdità è consentita, nel paese degli agrumi, da una norma incomprensibile: il DM 15/2/1984. Poi, vengono irrorati con difenile oppure ortofenifenolo, anche sodico, o tiabendazolo. Attenzione, però: se irrorato, il frutto deve riportare sulla confezione o sulla cassa la scritta (che il consumatore non vedrà mai dato che non compa le cassette di arance): “trattato con E230/E231/E232/E233” (DM 27/2/1996 n.209). Un trucco (legale) abbastanza usato è quello di impregnare di sostanze chimiche non la buccia dell'agrume, ma la cartina che lo riveste, che, rilasciando lentamente i suoi veleni nel frutto, glieli fa assorbire gradualmente. Nisina: La Nisina è un batteriocina peptidica policationica prodotta dalla fermentazione di Streptococcus lactis e Streptococcus cremoris che agisce su specie batteriche GRAM+ ma anche su GRAM- con opportune associazioni. Agisce interferendo con la parete cellulare o le membrane dei microrganismi bersaglio inibendo la biosintesi della parete cellulare, e/o formando pori nella parete cellulare. Inoltre si lega a strutture di membrana (Lipide II) che controllano la sintesi della parete cellulare batterica. Presenta una DGA = 0,2 mg/kg/die (TE); non presenta particolari rischi ai livelli d’impiego previsti dalle diverse legislazioni. Le dosi di 100.000-500.000 U/kg sono abbondantemente inferiori alla stessa NOEL (no observed effect level) dell’uomo, stabilita in 33.000 U/kg (2.310.000 U per un uomo di 70 kg) Natamicina: La Natamicina è un fungicida del gruppo dei macrolidi polienici ed è prodotta da ceppi naturali di Streptomyces natalensis e S. chattanoogensis o da alcuni di Streptococcus lactis. Viene impiegata soltanto nel trattamento di superficie dei formaggi a crosta non commestibile. DGA = 0,3 mg/kg/die (FU); contrariamente alla Nisina non si hanno risultati certi sulla possibile migrazione totale o parziale della Natamicina nella pasta dei formaggi, trasferimento peraltro possibile in considerazione della liposolubilità della Natamicina Formiati: Utilizzo limitato alle uova di pesce. DGA: Circa 3 mg/kg/die; Viene metabolizzato dal fegato ed eliminato per via urinaria. A concentrazioni elevate producono un effetto diureticoanche se non vi sono effetti collaterali alle concentrazioni ammissibili specificate. Esametilentetrammina (esammina): La sua struttura è assimilabile a quella di un Adamantano i cui atomi di carbonio terziari sono sostituiti da atomi di azoto. A temperatura ambiente si presenta come un solido bianco dall'odore di ammina. È un composto molto infiammabile e allergenico. L'Esammina è solubile in acqua, alcool e cloroformio, ma insolubile in etere. Curiosità: L’esammina viene prodotta facendo reagire la formaldeide con l'ammoniaca. La nitrazione dell’esammina produce uno degli esplosivi più utilizzati e conosciuti nel campo militare, il ciclotrimetilentrinitroammina detto anche RDX. La formaldeide reagisce con l’acetaldeide, con 25
l'esammina e con il pentaeritrolo in presenza di idrossido di calcio. Con questo metodo viene prodotto un altro tipo di esplosivo, il pentaeritrolo tetranitrato conosciuto anche come PETN. Oltre agli esplosivi l'esammina è utilizzata anche per la produzione di adesivi, nei rivestimenti e nei sigillanti. In medicina, è un agente antibatterico e viene usato anche per il trattamento degli acciai. DGA: Circa 0,15 mg/kg/die. Viene metabolizzato dal fegato ed eliminato con le urine. Concentrazioni elevate hanno degli effetti collaterali considerevoli; tuttavia, queste concentrazioni non vengono mai raggiunte negli alimenti a causa del sapore che esso conferisce. L’esammina è impiegata solo nel formaggio “Provolone”, con una DGA = 0,15 mg/kg/die (FU), nel prodotto finito, il residuo di questa poliammina (espresso come formaldeide) non deve superare i 25 mg/kg Nitriti e Nitrati CODICE NOME ALLERGIE GIUDIZIO E240 Formaldeide Sì Sconsigliato E242 Dimetil carbonato Sì Sconsigliato E249 Nitrito di Potassio Sì Sconsigliato E250 Nitrito di Sodio Sì Sconsigliato E251 Nitrato di Sodio Sì Sconsigliato E252 Nitrato di Potassio Sì Sconsigliato
Formaldeide: La formaldeide è un potente battericida che nulla ha a che vedere con i Nitriti e i Nitrati; le soluzioni acquose di formaldeide trovano largo impiego come disinfettanti per uso domestico. Nella formalina vengono anche conservati campioni di materiale biologico. Trova del resto vasto impiego anche nelle tecniche di imbalsamazione. Viene anche utilizzato in soluzione acquosa (formolo) per la produzione di vaccini, sia per produrre anafilotossine (o tossoidi, tossine che perdono la tossicità ma mantengono la immunogenicità) a partire da tossine batteriche, sia per produrre vaccini basati su microrganismi uccisi. La maggior parte della formaldeide prodotta è destinata però alla produzione di polimeri e di altri composti chimici. Per reazione con il fenolo polimerizza dando la bachelite, una resina termo-indurente. In maniera analoga reagisce con l'urea e la melammina, le cui resine trovano uso come laminati plastici, adesivi e schiume isolanti. Tra gli additivi alimentari è identificata dalla sigla E 240, ed è usata come conservante. Difatti è presente nel fumo di legno ed è, insieme ai polifenoli, responsabile della conservazione dei prodotti alimentari affumicati. Dato il largo impiego di resine derivate dalla formaldeide nelle produzioni di manufatti, rivestimenti e schiume isolanti, considerato che queste tendono a rilasciare nel tempo molecole di formaldeide nell'ambiente, la formaldeide è uno dei più diffusi inquinanti di interni. A concentrazioni nell'aria superiori a 0,1 ppm può irritare per inalazione le mucose e gli occhi, inoltre l'ingestione o l'esposizione a quantità consistenti sono potenzialmente letali. La cancerogenicità è stata accertata sui roditori, dove la formaldeide provoca un tasso di incidenza di cancro al naso ed alla gola superiori al normale dato che la formaldeide è in grado di interferire con i legami tra DNA e proteine. L'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) nel 2006 ha inserito la formaldeide nell'elenco delle sostanze considerate con certezza cancerogene per la specie umana. Va considerato che le concentrazioni di formaldeide presenti normalmente all'interno degli edifici sono generalmente basse, mentre vanno accuratamente valutati i rischi per gli addetti alle lavorazioni industriali che impiegano formaldeide. Nel “Provolone” si trova purtroppo spesso un po’ troppa formaldeide che è usata anche dai medici legali per conservare i cadaveri. La formaldeide è cancerogena. Ai cadaveri non importa, a noi sì… 26
Tornando ai Nitriti e Nitrati: Funzione & Caratteristiche: Come additivi alimentari i nitriti e i nitrati sono consentiti nelle carni, comunque conservate, alle dosi di 150 mg/kg e 250 mg/kg, rispettivamente. L’impiego dei nitriti e dei nitrati nelle carni, specialmente in quelle suine, non è dovuto soltanto alla loro funzione antimicrobica, ma anche alla capacità di stabilizzare il colore e di esaltare il gusto e l’aroma. L’attività antimicrobica è diretta soprattutto contro il Clostridium botulinum, il più pericoloso batterio anaerobio che si può sviluppare nella carne. La stabilizzazione del colore è dovuta alla reazione di nitrosazione dei gruppi amminici liberi della mioglobina. La nitroso-mioglobina è di colore rosso vivo. L’esaltazione del gusto e dell’aroma deriva dal sinergismo tra i nitriti e il cloruro di sodio. Nitrati: I nitrati, di per sé, non hanno tossicità significativa ma, dal momento che si riducono facilmente a nitriti, sono potenzialmente tossici. Svolgono un’azione diuretica con un meccanismo di tipo osmotico. Gli ioni nitrato rimuovono una frazione rilevante di ioni cloro con perdita conseguente di ioni sodio e dunque di acqua. DGA = 5 mg/kg/die (FU) I nitrati possono essere tossici in due casi: a) Se vengono ingeriti in dosi considerevoli: Vengono rapidamente assorbiti dall’intestino tenue e, nonostante la maggior parte venga eliminata con le urine, una frazione entra nel circolo enteroepatico b) Se vengono trasformati in nitriti: La riduzione avviene per opera di un enzima, la nitratoreduttasi, che non è presente nei tessuti animali, ma in molti vegetali e batteri. L’enzima funziona a valori di pH compresi nell’intervallo 6,0-6,4. Tuttavia, la riduzione potrebbe avvenire attraverso il riscaldamento o nello stomaco. Nitriti: Hanno una tossicità rilevante, tanto che la loro DGA non soltanto è la 25ª parte di quella stabilita per i nitrati, ma è ancora provvisoria. DGA = 0,2 mg/kg/die (TE) Hanno una attività antagonista nei confronti della Riboflavina e della Tiamina inoltre hanno una spiccata attività vasodilatatrice. Altro tipo di tossicità la esercitano sull’ Emoglobina (Hb): Il Ferro dell’EME è per la maggior parte allo stato ferroso (Fe2+) ed è soltanto in questo stato che è in grado di legare l’ossigeno. Se il ferro dell’eme è allo stato ferrico (Fe3+) si ha la Metaemoglobina che non è in grado di fissare l’ossigeno. Normalmente circa lo 0,8% dell’emoglobina totale è sottoforma di metaemoglobina, a causa dei processi redox di cui sono responsabili gli enzimi eritrocitari. Gli eritrociti sono dotati di un sistema per ridurre la metaemoglobina ad emoglobina (Sistema NADH Citocromo b5 Metaemoglobina Redattasi) Hb-Fe3+ + Cit b5 red -> Hb-Fe2+ + Cit b5 ox Percentuali maggiori di Metaemoglobina sono causa di patologia: - 10% = Cianosi della pelle e delle mucose - 20% = Cefalea, vertigini, tachicardia - 60% = Disturbi della coscienza, disturbi oculari, rigidità muscolare - 70% = Morte L’uso dei nitriti non è consentito nei prodotti somministrati ai bambini inferiori ai 6 mesi. I bambini piccoli hanno differenti tipi di emoglobina che è molto più reattiva verso i nitriti rispetto alla normale emoglobina. Inoltre hanno un deficit transitorio dell’enzima Metaemoglobina Reduttasi. 27
Per valutare la Metemoglobina nel sangue si sfrutta lo spettro di assorbenza (fig): la Meta-Hb presenta un picco a 630 nm. Aggiungendo cianuro, la meta-Hb si trasforma in Ciano-Meta-Hb, tale trasformazione fa si che il picco scompaia; la diminuzione di assorbanza a 630 nm è proporzionale alla concentrazione della Meta-Hb presente.
I Nitriti possono dare origine alle Nitrosammine che sono dei composti chimici altamente cancerogeni. Il meccanismo secondo il quale tale trasformazione avviene può essere riassunto come segue: 1) Il Nitrito in ambiente acido (es: stomaco) si trasforma spontaneamente e rapidamente in Ione Ossonio con rilascio di gruppi ossidrile 2) Tale ione è molto reattivo e può seguire tre vie chimiche: a) Scissione spontanea con la formazione di Ione Nitrosonio e di H2O b) Interazione con un altro Nitrito a formare Anidride Nitrosa e H2O c) Interazione con un Alogenuro (es: Cl-) a formare Alogenuro di Nitrosile e H2O 3) La reazione c) anche se avviene lentamente, nello stomaco può sfruttare grandi quantità di Cl- libero. In aggiunta il pH ottimale al quale si forma Cloruro di nitrosile richiede proprio i valori più frequenti nello stomaco (pH=3). L’azione cancerogena della maggior parte delle nitrosammine è ampiamente dimostrata: tra gli organi più colpiti il fegato, i polmoni, lo stomaco, i reni, il pancreas, l’esofago e la vescica. Nitrosammine più tossiche
Per valutare l’attività nitrosante dello stomaco si fa un test diagnostico che prevede l’utilizzo di una quantità nota di Nitriti e una quantità nota di Prolina, una volta assunte tali sostanze si valuta nelle urine o nel sangue quanta N-Nitroso-Prolina si è formata (sostanza assolutamente innocua). Infine i Nitriti possono interagire con le Basi Azotate causandone la deaminazione ossidativa e quindi sono da ritenersi anche sostanze genotossiche.
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NOTA: Tali processi avvengono normalmente nel metabolismo delle pirimidine e delle purine, l’NO2 però accentua tali processi anche quando le basi sono legate tra di loro a formare un acido nucleico. Non è possibile prevedere gli effetti dell'interazione tra un composto sintetico e l'altro: il nostro corpo è quotidianamente bombardato di una raffica di agenti e reagenti chimici di cui sono possibili milioni di combinazioni e nessuno può sapere come reagiranno fra di loro e con l'organismo. Per esempio, in uno studio dell'83 sui potenziali mutageni e cancerogeni nel cibo, si scoprì che sorbati e nitriti formano diverse specie di agenti mutageni e genotossici quando si presentano insieme nel pH acido dello stomaco: solo due dei mutageni sono stati identificati (acido etilnitrolico e 1,4-dinitro-1-metilpirrolid-2-one). Si sappia che nitrati e nitriti sono considerati dalla legge (DM 13/1/1993) “sostanze contaminanti o indesiderabili” ossia se trovati in falde acquifere stanno ad indicare contaminazione della fonte. Nella vicina Svizzera: il nitrito di sodio e di potassio sono vietati per salsicce, prodotti di carne trita, pesci, crostacei e molluschi. Sono permessi solo nei prodotti salmistrati e negli insaccati crudi, ma con fortissime limitazioni. L’elevata tossicità di nitriti e nitrati, superiore a quella di qualunque altro additivo, è stata ampiamente dimostrata dalla scienza, e nessuno è riuscito ad affermare il contrario. Tuttavia essi non sono stati banditi in nessun paese del mondo, nemmeno negli Stati Uniti o in Australia. Nessun governo ha infatti il coraggio di colpire gli interessi delle grandi multinazionali della carne, che continuano ad accumulare profitti a discapito della salute di miliardi di esseri umani, in special modo dei ceti più poveri (che come è noto fanno grande uso nell'alimentazione quotidiana di scatolame, salumi e affettati). Al contempo, viene lasciato che molti produttori di insaccati scrivano sulle confezioni dei loro prodotti la dicitura “senza polifosfati aggiunti” allo scopo di illudere gli acquirenti sulla genuinità dei loro prodotti. Acetati CODICE NOME ALLERGIE GIUDIZIO E260 Acido Acetico No Accettabile E261 Acetato di Potassio No Accettabile E262 Acetato di Sodio No Accettabile E263 Acetato di Calcio No Accettabile E264 Acetato d’Ammonio No Accettabile Funzione & Caratteristiche: L'acido acetico è usato come conservante contro i batteri ed i funghi. Nella maionese, viene aggiunto per inattivare la Salmonella. L'attività maggiore si ottiene a valori bassi di pH. Può essere anche usato come tampone negli cibi acidi. È anche usato come un aroma. Effetti Collaterali: Nessun effetto collaterale poiché esso è un normale componente delle cellule corporee. Dovrebbe essere evitato solo da coloro che hanno un'intolleranza all'aceto (che è molto rara). L'aceto di vino, che da 5000 anni ci accompagna a tavola, è ora sostituito industrialmente dall'essenza di aceto, acido acetico sintetico puro (E260-263), diluito con acqua (tra 15 e 25 g/100g), poco costoso ma molto corrosivo. Per un miglior dosaggio dovrebbe essere ulteriormente diluito: controllate la concentrazione sull'etichetta. CODICE E270
Lattati NOME Acido Lattico
ALLERGIE No
GIUDIZIO Accettabile 29
Funzione & Caratteristiche: L'acido lattico e i lattati sono usati come conservanti, principalmente contro lieviti e funghi. È anche usato per aumentare la stabilità dei prodotti a base di patate. Aumenta e stabilizza antiossidanti e pectine. Propionato CODICE NOME ALLERGIE GIUDIZIO E280 Acido Propionico No Accettabile E281 Propionato di Sodio No Accettabile E282 Propionato di Calcio No Accettabile E283 Propionato di Potassio No Accettabile E284 Acido Borico No Sconsigliato E285 Borace No Sconsigliato
NOTE
Presente solo nel caviale
Origine: Acido naturale presente in piccole quantità in molti alimenti, qualche volta in elevate concentrazioni prodotte da batteri nei cibi fermentati, come i formaggi Svizzeri. È anche prodotto su larga scala dai batteri dell'intestino largo dai batteri. È anche un componente del sudore. Funzione & Caratteristiche: L'acido propionico ed i propionati sono usati come conservanti, principalmente contro i funghi. È spesso usato nei prodotti da panetteria contro il deterioramento batterico. Il suo uso è limitato a causa del forte odore. Borace: Il borace fu portato in Europa da Marco Polo ed ebbe come conseguenza lo sviluppo di un'industria di raffinazione nella zona di Venezia dove veniva prodotto il cosiddetto borace veneziano. Il borace viene usato ampiamente in detergenti, addolcitori d'acqua, saponi, disinfettanti, e pesticidi. In farmacopea l'acido borico si usa come leggero antisettico per l'aspersione e la pulizia degli occhi. Non è considerato tossico, tuttavia per ingestione, inalazione e contatto con pelle e occhi ha azione irritante. L'ingestione di grandi quantità può essere fatale. CODICE E290 E296 E297
Altro NOME Anidride carbonica Acido Malico Acido Fumarico
ALLERGIE No No No
GIUDIZIO Accettabile Accettabile Accettabile
Acido Malico: Origine: L'acido malico è un acido naturale presente in molti frutti e molte verdure. Il prodotto commerciale è ottenuto attraverso sintesi chimica. È parte del processo metabolico di ogni cellula vivente. Funzione & Caratteristiche: Usato come acido, composto aromatizzante e stabilizzante di colore nei succhi di mela e di uva. Effetti Collaterali: Non si conosce nessun effetto. Nei neonati non è permesso il suo uso a concentrazioni elevate poiché nei bambini piccoli manca la capacità di metabolizzare grandi quantità di acido malico Acido Fumario: Origine: L'acido fumarico è un acido naturale presente in molti frutti e molte verdure. Il prodotto commerciale è ottenuto o dalla fermentazione di zuccheri da parte di funghi o attraverso sintesi chimica. È parte del processo metabolico di ogni cellula vivente. Funzione & Caratteristiche: Usato come acido e stabilizzante strutturale in una grande varietà di prodotti. È anche usato come fonte di acido nel lievito in polvere. 30
Sindrome Iperattiva I bambini iperattivi dormono poco, non sono tranquilli e a volte soffrono di eczemi e di asma. Nonostante un quoziente di intelligenza alto hanno difficoltà di apprendimento e di linguaggio. Crescendo, questi bambini possono diventare ancora più attivi, con il rischio di finire spesso al pronto soccorso. Ai genitori dei bambini iperattivi il medico Ben Feingold ha suggerito una dieta che comporta l’eliminazione di tutti gli alimenti e bevande con coloranti, aromatizzanti sintetici, glutammati, nitriti e nitrati, acido benzoico, BHA e BHT. Sindrome Iperattiva: dieta priva di E 102 - tartrazina E 104 - giallo di chinolina E 210 - acido benzoico E 110 - giallo arancio S E 120 - cocciniglia E 211 - sodio benzoato E 122 - azorubina E 123 - amaranto E 220 - anidride solforosa E 124 - rosso cocciniglia A E 127 - eritrosina E 250 - sodio nitrito E 132 - indigotina E 133 - blu brillante FCF E 251 - sodio nitrato E 150 - caramello E 151 - nero brillante BN
E 320 – butilidrossianolo E 321 - butilidrossitoluolo
Soggetti asmatici o allergici ai salicilati: dieta priva di E 212 - potassio benzoato E 213 - calcio benzoato E 214 - etile p-idrossibenzoato E 311 - gallato di ottile E 215 - etilparaben E 621 – glutammato monosodico E 216 - propile p-idrossibenzoato E 312 - gallato di dodecile E 217 – propilparaben E 218 - metil-p-idrossibenzoato E 219 – metilparben Lez III Antiossidanti L’ossidazione è la reazione tra l’ossigeno atmosferico ed i lipidi (prevalentemente la loro frazione insatura). Il processo compromette in modo considerevole la qualità delle sostanze grasse finali, non solo dal punto di vista organolettico (aroma e gusto) e nutrizionale, ma anche dal punto di vista tossicologico. Gli antiossidanti giocano un ruolo fondamentale nell’assicurare una conservabilità ottimale poiché possono prevenire l’avvio dei processi di beta-ossidazione, autoossidazione e reversione nei lipidi; la decolorazione con perdita di valore nutritivo dei carotenoidi e degli altri coloranti naturali; ed infine la modificazione dello stato fisico di oli. La necessità di disporre di antiossidanti non sintetici ha spinto la ricerca ad elaborare molecole atte all’uso pratico: - L’acido ascorbico è insolubile negli olii e nei grassi; di qui la ricerca di derivati liposolubili, come il palmitato e lo stearato, i quali hanno un difetto: quello di costare molto di più di BHA e BHT che di naturale nulla hanno. - Analogamente la richiesta di tocoferoli è soddisfatta anche con tocoferoli di sintesi e con derivati. A livello di materie prime e di processo occorre considerare anche fattori pro-ossidanti come le molte attività enzimatiche che possono entrare in gioco: 31
a) Le ossidasi: generalmente associate a una presenza di microrganismi da scarsa igiene che provocano la formazione dei β-chetoacidile. b) Le decarbossilasi: trasformano i β-chetoacidi in alchil-chetoni dai caratteri sensoriali inaccettabili in un olio alimentare, in un burro o in una margarina. c) le lipossidasi: provocano l’autoossidazione; tale azione è così marcata che le lipossidasi sono usate come améliorants biologiques per le farine, assieme all’acido ascorbico, capaci di trasformare i gruppi -SH del glutine, alla cui presenza si deve l’impossibilità di una buona lievitazione dell’impasto, in gruppi -SS-, con passaggio della struttura filamentosa originaria alla struttura a rete del glutine, con lievitazione ottimale. Processi d’irrancidimento delle sostanze grasse Gli alimenti possono irrancidire, ossia prendere un odore e un sapore forte e sgradevole, in cinque modi: 1) Irrancidimento Idrolitico = da lipasi in presenza di acqua 2) Irrancidimento Chetonico = da ossigeno ed enzimi; 3) Irrancidimento Ossidativo = autoossidazione da ossigeno; 4) Imbrunimento non enzimatico o chimico 5) Imbrunimento enzimatico L’IRRANCIDIMENTO IDROLITICO si manifesta nei frutti e nei semi oleosi, non conservati secondo buona tecnica, e nei prodotti ricchi di acqua come: burro, margarina, grassi per panificazione, latte crudo, crema, maionese. Il meccanismo secondo il quale avviene è il seguente: I trigliceridi in presenza di H2O e dell’enzima lipasi perdono sequenzialmente le catene di acidi grassi i seguito a idrossilazione del legame esterico generando Glicerolo + 3 Acidi Grassi Il processo è favorito da acidi e basi. Nel latte e nelle creme il problema è risolto dai trattamenti termici di risanamento. Questo tipo di rancidità, quando non esisteva un’efficiente catena del freddo, causava la non commerciabilità dei prodotti e per prevenirlo era stato consentito, nel burro, l’uso di acido borico. La rancidità idrolitica non è prevenibile, né curabile con antiossidanti. Ove non bastino le corrette norme di fabbricazione, a partire dall’igiene scrupolosa, si può ricorrere agli additivi antimicrobici consentiti. Nessun additivo dovrebbe venire utilizzato per latte, crema e burro che sono perfettamente protetti dal trattamento termico in uso e sono veri alimenti di base. Una tecnologia spesso impiegata nell’industria dolciaria per garantire stabilità al burro era la fusione con separazione quantitativa dell’acqua. Il burro anidro a temperatura vicino a 0°C, dura mesi. L’IRRANCIDIMENTO CHETONICO (detto anche alterazione profumata, rancidità biochimica o β-Ossidazione), è il frutto di attività enzimatiche di muffe, lieviti e batteri. Le muffe possono essere le stesse che producono micotossine. La formazione di metil-chetoni accompagna la maturazione dei formaggi. Nei processi di maturazione intensi, possono essere presenti anche le decarbossilasi degli amminoacidi, con produzione di ammine vasoattive.
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Le reduttasi poi originano β−idrossiacidi (alcool secondari) e 2-Idrossialcani. Tutti questi composti hanno un aroma da cui il nome Ossidazione Profumata. L’IRRANCIDIMENTO OSSIDATIVO, anche noto come autoossidazione, è il risultato dell’esposizione all’ossigeno degli acidi grassi insaturi dei trigliceridi. È un processo molto temuto poiché può trasformare un olio o un grasso, ricco di caratteri sensoriali gradevoli, in un prodotto inaccettabile. Il processo può anche essere dovuto all’attività di enzimi come la lipossidasi. L’autoossidazione deve essere prevenuta, iniziando dal processo di ottenimento dell’olio e del grasso. Essa può proseguire nei prodotti finiti nei quali l’olio e il grasso sono un ingrediente non sostituibile: burro e margarine, grassi per panificazione, polveri di latte intero, carni e prodotti della pesca, creme e maionesi, prodotti dolciari da forno. Nell’olio e nel grasso all’origine, la tendenza all’autoossidazione è spesso contrastata dagli antiossidanti naturalmente presenti, come i tocoferoli e le lecitine. I processi di raffinazione, largamente applicati per dare all’olio e al grasso pronto tutti i caratteri dell’accettabilità organolettica, non di rado richiedono trattamenti termici o di neutralizzazione dell’acidità che degradano questi inibitori naturali. Non a caso questa rancidità ossidativa è indicata come l’alterazione tipica dei grassi raffinati e trova una possibilità di controllo soltanto con antiossidanti. Quanto migliore è la qualità della materia prima, tanto minore sarà il dosaggio di antiossidante. Il meccanismo dell'autossidazione è di tipo radicalico e può essere diviso in tre fasi: 1) Iniziazione: Una catena acilica reagisce con un iniziatore per originare un primo radicale (R⋅) 2) Propagazione Rottura: R⋅ reagisce con l’Ossigeno originando ROOH che a sua volta essendo molto reattivo e poco stabile genera ulteriori radicali 3) Terminazione: Avviene quando due radicali si incontrano annullando il loro potere ossidativo a vicenda Tale processo favorito da iniziatori, come le tracce metalliche (rame, ferro, manganese) e la luce ultravioletta. La ripetizione per n volte della fase di propagazione determina un aumento progressivo di molecole di idroperossido (ROOH); Ad una concentrazione elevata gli idroperossidi si decompongono producendo una grande varietà di composti volatili (aldeidi, chetoni, alcoli, epossidi, ecc.), responsabili delle modificazioni a carico dell'aroma e del gusto iniziale del substrato. Vi sono diversi metodi per impedire o limitare l'autossidazione: - Esclusione del contatto tra i lipidi e l'ossigeno atmosferico = Conservazione sotto vuoto o in atmosfera di gas inerte. - Rallentamento della velocità dell'autossidazione = Refrigerazione e surgelazione. - Inibizione del processo = Per stabilizzazione dei radicali liberi o per demolizione degli idroperossidi o per sottrazione dei radicali liberi mediante antiossidanti chimici. Curiosità: L’irrancidimento ossidativo ha avuto una serie di denominazioni: oltre al gusto metallico, si parla di ossidato, di carta e cartone, di pesce, o più genericamente di gusto estraneo, off-flavor.
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I prodotti principali per i quali vale l’irrancidimento ossidativo sono: - Acidi - Alcoli grassi saturi e insaturi: Penten-3-olo e 1-otten-3-olo del grasso di latte rancido - Aldeidi sature e insature: Aldeide malonica e l’epidrinaldeide, sulla quale si basa la reazione di Kreiss per la misura della rancidità - Chetoni saturi ed insaturi: Acetofenone e ottenone; si è anche ritrovato vinilamilchetone, ritenuto causa del gusto di metallo - Composti aromatici: Acido benzoico, benzaldeide, benzene - Esteri di acidi grassi a catena corta - Idrocarburi saturi, mono e di-insaturi - Lattoni saturi e insaturi
Processo Ossidativo dell’Acido Oleico (= Olio d’oliva) L’olio d’oliva va conservato a riparo dalla luce solare per evitarne l’ossidazione. A contatto con l’O2 l’acido oleico perde il doppio legame e forma un epossido (Acido 8-(3Ottil-Ossiranil)-Ottanoico). Tale epossido (ottiranico, dato che l’ossigeno forma un triangolo chiuso) si scinde in Nonanale e Ac. Nonadionico, quest’ultimo e la causa del cattivo sapore dell’ olio rancido. Processo Ossiadativo della Glicerina (= Trigliceridi) In seguito a ossidazione la Glicerina origina dei composti (frecce a destra nella figura) che sono usati come parametri di valutazione di irrancidimento nella reazione di Kreiss per rilevare lo stato di irrancidimento dei grassi. L’ossidazione può anche portare alla formazione di doppi legami formando due molecole l’Aldeide Acrilica e l’Acido acrilico che sono disgustose oltre che tossiche. Il consumo di grassi autoossidati può originare o essere concausa di emocromatosi, artrite reumatoide, aterosclerosi, episodi ischemici e anche di tumore (dato che liberano radicali). Sono noti effetti come il danneggiamento del DNA e l’ossidazione del colesterolo in assenza di antiossidanti che dovrebbero venire forniti dalla dieta. L’irrancidimento ossidativo si manifesta anche a carico dei pigmenti e delle vitamine, diminuendo o annullando una dotazione di sostanze di ottimo valore nutrizionale. Tenuto conto dei molti fattori che entrano in gioco, da ciascuno dei quali ci si deve proteggere, un antiossidante completo dovrebbe essere costituito da: A) Uno o più antiossidanti primari: che fungono da substrati preferenziali per l’ossidazione B) Un sinergista: che esalti la loro azione e ne consenta una diminuzione della quantità da usare C) Un sequestrante delle tracce metalliche: per impedire l’innesco della cascata radicalica Inoltre l’alimento trattato deve venire posto in commercio protetto dalla luce.
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L’IMBRUNIMENTO CHIMICO può generarsi in presenza di Ossigeno e/o Tracce metalliche; sono anche promotori dell’imbrunimento chimico Luce e Temperatura. Tutti possono deteriorare a fondo l’alimento. Nel settore delle polveri di latte, l’essiccamento con il metodo ROLLER prevedeva il passaggio del latte fra due cilindri internamente riscaldati a 140°C e rotanti in senso opposto. In queste condizioni si formava rapidamente una crosta secca pochissimo solubile in acqua e spesso caratterizzata da una diffusa presenza di macchie marrone-brunastre. Il processo causava la reazione fra aminoacidi e lattosio, con pesante perdita di valore nutritivo, evidenziata dall’abbattimento del contenuto di lisina disponibile. Il prodotto presentava tuttavia caratteri organolettici talora invitanti. Infatti, il trattamento termico drastico originava composti dell’aroma che ricordavano il cioccolato. Oggi si utilizza il processo SPRAY, basato sulla polverizzazione in particelle minute del latte in corrente di aria calda. Il processo venne detto nebulizzazione e atomizzazione. Il latte, preriscaldato, viene finemente polverizzato in corrente d’aria a 150°C e l’essiccamento è istantaneo. Con questo metodo non vi sono le condizioni perché la reazione aminoacido/lattosio si realizzi. L’imbrunimento chimico che toccava i succhi di frutta era dovuto quasi esclusivamente alle tracce metalliche cedute da apparecchiature nelle quali l’acciaio inossidabile o il vetro erano ignoti. Il salto di qualità si è avuto con impianti analoghi a quelli adottati per la pastorizzazione del latte. Oltre all’acciaio inox, l’impianto prevedeva anche un disaeratore, che giovava ad allontanare composti volatili di aroma indesiderato. Reazione di Maillard Per reazione di Maillard si intende una serie complessa di fenomeni che avviene a seguito dell'interazione di zuccheri e proteine con la cottura. Le reazioni sono piuttosto complesse ed eterogenee ma attraverso la formazione di un intermedio (composto di Amadori) si formano diverse sostanze quali le melanoidine dall'odore e dal colore caratteristico. Spesso è grazie a questi composti che preferiamo un prodotto da forno piuttosto che un altro: siamo attratti dal colore marrone bruno ma non tanto dal giallino/bianco che interpretiamo come non abbastanza cotto o dal marrone molto scuro/nero che interpretiamo come bruciato. Questa reazione può essere desiderata in certi alimenti come appunto il pane ma potremmo ottenerla anche in alimenti in cui non è desiderata come nel caso del latte. La Reazione di Maillard segue come tutti i processi chimici diverse fasi: Fase 1 = Caratterizzata dalla formazione di una base di Schiff tramite reazione del carbonio carbonilico dello zucchero con un gruppo amminico di un amminoacido, con la conseguente formazione di una glicosilammina. Questa successivamente subisce un riarrangiamento dei doppi legami che porta alla formazione di un composto di Amadori o di Heyns a seconda che lo zucchero sia rispettivamente un aldoso o un chetoso. Il riarrangiamento di Amadori-Heyns è catalizzato dagli acidi.
I seguito a Trasposizione di Amadori la Gly-N-Sostituita può trasformarsi in 35
1-Ammino-deossi-2-fruttosio (Composto di Amadori) Data la stabilità di questi intermedi, in alcuni prodotti fra cui il latte sterilizzato, essi possono rappresentare i prodotti terminali della reazione di Maillard. Dal punto di vista delle caratteristiche organolettiche, in questa fase non si ha la formazione di composti colorati o profumati. Tuttavia la disponibilità di amminoacidi essenziali come la lisina risulta già compromessa. Fase 2 = In questa fase i composti di Amadori-Heyns precedentemente formati subiscono una degradazione. I composti eterociclici che si formano sono responsabili dell'aroma che si sprigiona dagli alimenti trattati. Tipici indicatori di questa fase sono composti come l'idrossimetilfurfurale (HMF) e la pirralina. Fase 3 = Si ha la formazione di composti bruni e ad alto peso molecolare noti come melanoidine. La chimica di questa fase ad oggi non è ancora conosciuta a fondo anche se appare probabile la polimerizzazione, tramite condensazione aldolica, dei prodotti carbonici insaturi intermedi e dell’HMF. Le melanoidine che si generano in questa stadio della reazione sono responsabili delle variazione di colore (tostatura, crosta del pane). L’ imbrunimento chimico può venire prevenuto, da corrette aggiunte di antiossidante. È il caso dell’acido ascorbico, il quale tuttavia dovrebbe avere piuttosto la funzione di assicurare un contenuto significativo di vitamina C, in particolare in quei succhi di frutta, come mela, pera, albicocca, che ne sono naturalmente poco dotati. L’IMBRUNIMENTO ENZIMATICO è quel fenomeno osservabile nella mela tagliata a metà e lasciata a sé, dopo un po’ questa muta colore (imbrunimento dovuto alla Polifenolossidasi). L’intensità dell’imbrunimento della fetta di mela è correlata anche alla temperatura e all’esposizione alla luce. Questo tipo di imbrunimento è entro certi limiti reversibile. Infatti, se si aggiunge alla superficie un antiossidante, come l’acido ascorbico, si torna allo stato iniziale. Oltre alle Polifenolossidasi, hanno un ruolo le laccasi e le Ascorbico-ossidasi. Una particolare forma di imbrunimento, detta cuore bruno, interessa mele e pere: questi frutti prendono colore bruno nella zona centrale attorno al torsolo e per la sua prevenzione è stata proposta e utilizzata l’etossichina, un antiossidante di sintesi. Nell’industria alimentare questa forma di imbrunimento viene contrastata dal trattamento termico, o antienzimatico, detto blanching (scottatura). Esso viene applicato anche come prima fase di processi di surgelazione e può richiedere la presenza, nel liquido di trattamento, di un antiossidante o di un sinergista, ad esempio l’acido citrico. Una soluzione acquosa ascorbico-citrica veniva utilizzata per la preparazione delle pere all’acqua, molto ricercate oltre Manica e stabili, perfettamente candide per mesi. Additivi Antiossidanti per Alimenti e Bevande Antiossidanti primari si definiscono quelle sostanze capaci di fissare preferenzialmente l’ossigeno. Antiossidanti secondari invece sono tutti gli altri composti dall’attività genericamente sinergistica, specialmente acidi largamente presenti in natura, come il citrico, il lattico e il 36
tartarico. Essi sviluppano un’azione sequestrante nei confronti delle tracce metalliche, funzione molto forte nei sequestranti o chelanti come I’EDTA. Gli antiossidanti sono attivi a concentrazione bassa; per stabilizzare un grasso se ne impiegano di norma fra 100 e 200 mg/kg di grasso; quantità minori servono di norma contro l’imbrunimento nei succhi di frutta. Per vino e birra, il proseguire delle ricerche tende a evitare gli additivi, salvo SO2 e solfiti. Per oli e grassi è importante la caratteristica di carry through ossia la capacità di mantenere l’azione antiossidante anche dopo cottura o friggitura. Antiossidanti Fenolici: Agiscono da “killers” di radicali liberi per la loro facilità di donare atomi d’idrogeno in modo competitivo con la reazione di propagazione dell’autossidazione: ROO⋅ + AH ROOH + A⋅ RO⋅ + AH ROH + A⋅ ROO⋅ + A⋅ ROOA RO⋅ + A⋅ ROA Gli antiossidanti fenolici sono eccellenti donatori di atomi d’idrogeno perché i loro intermedi sono stabilizzati per risonanza.
Nonostante ciò, il fenolo è inattivo come antiossidante, ma i derivati alchilici nelle posizioni para e orto producono un effetto induttivo elettrondonatore (+I) che, aumentando la densità di carica del gruppo –OH, rende i derivati molto più reattivi nei confronti dei radicali lipidici. Nella posizione para i sostituenti alchilici lineari (metile, etile, normalbutile, ecc.) esaltano la reattività del fenolo, mentre quelli ramificati (trans-butile) la deprimono. Nella posizione orto, invece, i sostituenti alchilici ramificati non solo esaltano la stabilità del radicale fenossido, ma in più creano un impedimento sterico che rallenta le velocità delle reazioni del radicale fenossido, sia con l’ossigeno che con i substrati lipidici. In tal modo gli antiossidanti orto-sostituiti sono più inibiti a produrre dei radicali lipidici, che innescherebbero nuovamente il processo ossidativo. Idrossifenoli: L’introduzione di un secondo gruppo –OH in orto o in para accresce l’attività dell’antiossidante, sebbene l’effetto sia maggiore negli orto-idrossifenoli (fig a destra) rispetto ai para-idrossifenoli (Fig in basso) dato che questi ultimi sono più stabili per risonanza.
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E300 – E399 ANTIOSSIDANTI E REGOLATORI DI ACIDITÀ
300-309 310-319 320-329 330-337 338-349 350-359 360-369 370-399
Ascorbati Gallati e Eritorbati Lattati Citrati e Tartrati Fosfati Maleati e Adipati Succinati e Fumarati Altri
Ascorbati CODICE E300 E301 E302 E303 E304 E306 E307 E308 E309
NOME Acido Ascorbico Ascorbato di Sodio Ascorbato di Calcio Ascorbato di Potassio Esteri di acidi grassi dell'acido ascorbico (i) Palmitato di assorbile (ii) Stearato di ascorbile Estratti naturali ricchi di tocoferolo α-tocoferolo γ-tocoferolo δ-tocoferolo
Acido L-Ascorbico: Ne contengono in misura rilevante gli agrumi, i vari tipi di ribes, di more, di mirtillo, di sambuco e di kiwi, di lampone e di uva spina. In questi frutti la parte edibile ne contiene fra 40 e 150 mg/100 g. Tassi eccezionali, fino a 2 g/100 g, ne contiene l’acerola dell’ America centrale. Nell’industria alimentare si impiega acido L-ascorbico, definibile natura identico, ottenuto per sintesi fino dagli anni ’30 del secolo scorso. Idrosolubile, l’acido L-ascorbico viene esterificato con acido palmitico o con acido stearico a dare derivati solubili nei grassi. L’acido L-ascorbico è sicuramente un agente antinitrosante: infatti, in presenza di ammine e di nitrito (insaccati, e certi formaggi), evita la reazione che originerebbe le N-alchil-nitrosammine. Teme l’aria, la luce e l’umidità. Se perfettamente anidro non risente della conservazione a temperatura ambiente alta (Es: Vivincì). È consentito in confetture e gelatine, nel latte disidratato, in frutta e ortaggi congelati e surgelati, in ortofrutticoli in recipienti, nelle preparazioni preconfezionate di carne macinata, nel pane, nella pasta fresca, in birra e vino. I suoi esteri sono consentiti negli oli e nei grassi, esclusi gli oli vergini e di oliva.
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La sintesi artificiale è illustrata nelle immagini che seguono: 1) Il D-Glu viene messo a reagire con Idrogeno e un metallo catalizzatore (nel nostro: Ni) a formare il D-Sorbitolo 2) D-Sorbitolo è trasformato a L-Sorbosio (Chetone) dall’Acetobacter Suboxydans 3) L-Sorbosio ciclizza e reagendo con l’Acetone forma un composto intermedio Chetale, impedendo ai gruppi alcolici di reagire. 4) Il Chetale messo in contatto con il Permanganato di Potassio in ambiente acido formerà l’Acido 2-cheto-gulonico (precursore dell’acido ascorbico) 5) L’Acido 2-cheto-gulonico trattato con metanolo e acidi, una volta tornati a pH normale, originerà un composto con un doppio legame cis 6) Facendo infine reagire tale composto in soluzione acquosa con dei metalli che fungono da catalizzatori si otterrà il tanto agognato Acido L-Ascorbico. Tocoferoli: I tocoferoli sono recuperati, per distillazione sottovuoto, da oli di mais e di frumento. L’estratto ricco di tocoferoli viene impiegato nella stabilizzazione dei grassi e degli alimenti ricchi di grasso. Liposolubili, sono eccellenti antiossidanti, stabili fino a 200°C, in assenza di ossigeno. Sono impiegati per oli e grassi, escluso l’olio di oliva, e alimenti grassi per l’infanzia. Se ne fa uso anche in insaccati freschi, talora assieme ad ascorbile palmitato e ad altri antiossidanti e/o sinergisti. L’α-tocoferolo è permesso nell’olio d’oliva raffinato, compreso quello di sansa d’oliva. L’azione antiossidante è legata al sistema ossidoriduttivo tocoferolo/tocoferilchinone. Nonostante siano ammessi soltanto i tocoferoli naturali o naturali-simili, è stabilita una DGA = 2 mg/kg/die (FU,R) per l’effetto antagonista esercitato dai tocoferoli sulla tiroide nella fissazione dello iodio. L'uso viene limitato anche a causa del forte sapore che conferisce. Gallati e Eritrobati CODICE E310 E311 E312 E315 E316
NOME Gallato di propile Gallato di ottile Gallato di dodecile Acido eritorbico Eritorbato di sodio
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Acido Eritorbico: è un diasteroisomero dell’acido L-ascorbico così denominato dalla National Academy of Sciences statunitense, per evitare che le vecchie denominazioni (acido D-Ascorbico o acido Isoascorbico) potessero generare confusione con la vitamina C della cui attività è praticamente privo. Anche se consentito è un doppione inutile, vista, oltre all’assenza di attività C-vitaminica, la sua incapacità maturante-migliorante delle farine, tipica del suo isomero L. Acido Gallico: è un acido organico contenuto in molti prodotti di orgine vegetale. Il suo nome ha origine dalle galle, escrescenze che si formano sulle foglie o sui rami dei vegetali, dovute alla parassitosi di funghi, batteri, insetti o acari. L'acido gallico è prodotto dalla pianta per combattere la proliferazione cellulare. Oltre a trovarsi nelle foglie e nelle radici di alcune piante si trova anche nei semi e nei frutti come le olive, ed è per questo uno dei polifenoli contenuti nell'olio d'oliva. Si trova anche in more, lamponi, fragole e mango. L'acido gallico è un potente antiemorragico ed è utilizzato nei casi di menorragia. Gallati: sono molecole molto vicine a composti ben noti all’organismo umano, ad esempio i tannini. La loro accettabilità quali additivi alimentari è stata messa in dubbio, in particolare per il gallato di dodecile. La DL50 (Dose letale) cresce all’allungarsi della catena alchilica, passando da 3600 (propile) a 4700 (ottile) e a 6500 (dodecile) mg/Kg. Tuttavia, secondo FAO/OMS, una DGA=2,5 mg/kg/die si può dare soltanto per il propile gallato. Occorre inoltre che gli addetti alla produzione di questi composti siano avvertiti dei rischi di sensibilizzazione che ne possono derivare. Kubo et al. (J. Agric. Food Chem. 52, 1072, 2004) hanno riscontrato, in questi gallati, una attività antibatterica contro Bacillus subtilis. Il Propil-gallato può condensare formando l’acido ellagico (componente del Tannino), che ha un’eccellente attività antiossidante. I gallati vengono idrolizzati dalle Esterasi dell’intestino in alcool e Acido gallico. L'acido gallico può causare eczemi, problemi di stomaco ed iperacidità inoltre può essere ulteriormente decarbossilato, dando l’acido pirogallico, particolarmente nocivo. Lattati CODICE E320 E321 E322 E325 E326 E327 E329
NOME Idrossianisolo butilato (BHA) Idrossitoluene butilato (BHT) Lecitina Lattato di sodio Lattato di potassio Lattato di calcio Lattato di magnesio
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Lecitine: Lecitine d’uovo e di soia hanno antica storia. Oggi la seconda è la più utilizzata per il costo più basso. Le lecitine, peraltro, trovano impiego maggiore come emulsionanti intensi nei prodotti da forno dell’industria dolciaria. La lecitina (E 322) è consentita negli alimenti destinati ai lattanti e alla prima infanzia. L’azione della lecitina è sfruttata nel cioccolato e nei suoi surrogati, in pani comuni e speciali, nella pasta fresca, in latti variamente disidratati, nella panna pastorizzata o UHT, in oli e grassi animali e vegetali, esclusi gli oli di oliva e gli oli di oliva vergini. DGA = 50-100 mg/kg/die Sulle lecitine si devono fare 2 considerazioni: 1) La Colina, uno dei prodotti d’idrolisi, può rappresentare un substrato attivo nei confronti di eventuali ioni nitrito presenti nella dieta, con formazione di N-nitrosocolina ad attività cancerogena. 2) Le Lecitine possono esercitare la loro azione emulsionante all’interno dei globuli rossi, con conseguente effetto emolitico. L’intensità del processo non è rilevante dal momento che le lecitine vengono idrolizzate dall’intestino e, pertanto, la loro concentrazione nel sangue è trascurabile. Negli adulti i Lattati non comportano effetti collaterali. Però i D- o DL lattati (stereoisomeri) non dovrebbero essere dati ai neonati e ai bambini piccoli poiché essi non hanno ancora sviluppato nel fegato gli enzimi appropriati per metabolizzare queste forme di lattati. BHA: Primo antiossidante sintetico per oli e grassi, il BHA è accettato in preparati per torte, prodotti di cereali, salse e zuppe, carne disidratata, condimenti e insaporitori, frutta a guscio lavorata, prodotti di patate e chewing gum, integratori dietetici e latte in polvere per distributori automatici. La sua tossicologia è ritenuta soddisfacente, anche se il JECFA ne ha ridotto la DGA = 0,3 mg/kg/die. La sua DL50 orale è fino a 2 g nel topo e fino a 5 g nel ratto pro kg. La sperimentazione tossicologica era stata avviata nel 1951 da Lehman. Il BHA è stato sperimentato sui roditori e sui non roditori, fino alla scimmia e all’uomo. Esso appariva perfettamente tollerato e assorbito con rapidità nel tratto gastrointestinale ed escreto senza dare luogo ad accumulo. La sperimentazione multigenerazionale animale ha escluso che il BHA sia cancerogeno, mutageno o teratogeno. Si presume che il metabolismo umano sia analogo a quello noto per il ratto. Rimane, in teoria almeno, il dubbio che un composto, estraneo alla composizione degli alimenti, possa riservare qualche sorpresa al proseguire della sperimentazione tossicologica secondo criteri nuovi di valutazione. Il BHA commerciale è una miscela di 3- e di 2-tert-butil-4-ossianisolo, ove l’isomero 3- rappresenta circa l’85%. È insolubile in acqua è solubile in alcol, oli e grassi e loro solventi. Per l’impiego pratico è di solito associato ad altri antiossidanti e/o sinergisti per potenziarne l’azione e ridurne il dosaggio. BHA, in combinazione con elevate concentrazioni di vitamina C, può produrre radicali liberi responsabili di danni ai componenti delle cellule, incluso il DNA. Questo ha sollecitato l'UE a limitare l'uso di BHA nel prossimo futuro. Dal BHA si ottengono i prodotti I e II che mantengono un’attività antiossidante, anche se inferiore a quella del precursore: BHT: Largamente impiegato da anni, specie nei mangimi, con o in sostituzione del BHA, per il più basso costo, il BHT è attualmente previsto per la stabilizzazione di oli e grassi per la preparazione professionale di prodotti alimentari trattati termicamente, per oli e grassi di frittura, escluso l’olio di sansa d’oliva, e per strutto, olio di pesce e grasso di bovini, pollame e ovini, cioè in campi di applicazione ove già sono consentiti il BHA e i gallati. Ha caratteristiche fisico-chimiche ed
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applicative vicine a quelle del BHA. La sua DL50 orale, nel ratto, è attorno a 1800 mg/kg e la sua DGA = 0,125 mg/kg/die (TE,R). La tossicologia disponibile, condotta sui roditori e i non roditori, fino a scimmia e uomo, spesso multigenerazionale, non è chiara come per il BHA, in particolare per la bassa escrezione. Anche recentemente, secondo McFarlane et al. vi è qualche possibilità, nel ratto, che il BHT possa originare o stimolare la comparsa di tumore. Chi segue con attenzione, in letteratura, la tossicologia si accorge che il BHT era stato ritenuto un tale affare, da sopportare il costo della sperimentazione multigenerazionale. Non a caso il BHT era stato inizialmente autorizzato in USA nei mangimi. Rimane sempre il dubbio, che nuovi criteri di valutazione tossicologica per molecole estranee all’uomo portino a conclusioni di non accettabilità. Il BHT segue uno schema di degradazione che produce i prodotti I, II, III, IV e V, dei quali I e IV hanno ancora attività antiossidante:
Entrambi i composti presentano una tossicità varia: - Azione sul metabolismo energetico: Dimostrata solo per il BHT, probabilmente per effetto della sua spiccata azione inibente della fosforilazione ossidativa mitocondriale. Il BHT produce un effetto ipertrofico della tiroide. - Epatotossicità: Evidenziata sia per entrambe le molecole, essa è riconducibile all’effetto stimolante delle due sostanze sulla proliferazione endoplasmatica, con conseguente ipertrofia del fegato. - Azione sull’apparato respiratorio: Determinata da alcuni metaboliti, peraltro non ancora tutti identificati, del solo BHT. Essi producono la necrosi delle cellule alveolari di tipo I, seguita dalla proliferazione delle cellule di tipo II. - Azione anticoagulante: Si manifesta una ipotrombinemia transitoria che ritarda i processi coagulativi. Osservata per il solo BHT, è dovuta alla sua azione sui naftochinoni, i precursori della Vitamina K - Azione cancerogena: Limitata al solo BHT, è dovuta all’azione i promotore del processo neoplastico (solo nel caso di tumori chemioindotti) specialmente a carico dei polmoni, fegato e vescica. Citrati e Tartrati CODICE NOME E330 Acido citrico E331 Citrato di sodio E332 Citrato di potassio E333 Citrato di calcio E334 Acido tartarico E335 Tartrato di sodio E336 Tartrato di potassio E337 Tartrato doppio di sodio e potassio E353 Acido meta-tartarico E354 Tartrato di calcio Acido Citrico: L'acido citrico è uno degli acidi più diffusi negli organismi vegetali ed è un prodotto metabolico di tutti quelli aerobici. Il succo di limone ne contiene il 5-7%, ma è presente anche in quasi tutta la frutta, nei legni, nei funghi, nel tabacco, nel vino e persino nel latte. L'importanza dell'acido citrico è data
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dal fatto che è un importante prodotto intermedio nel catabolismo dei carboidrati di tutti gli esseri viventi aerobici: il ciclo di Krebs. In origine l'acido citrico lo si ricavava dal succo di limone attraverso un complesso processo con soluzione di ammoniaca, cloruro di calcio e acido solforico. Attualmente lo si produce con un fungo transgenico (Aspergillus Niger) in bioreattori ad ambiente di basso pH e scarsità di ferro. In questo modo il suo ciclo dei citrati è disturbato per cui il fungo espelle acido citrico. L’acido citrico è un tipico sinergista grazie alla capacita di fissare tracce metalliche. L’acido citrico e i suoi sali sono impiegati in succhi e nettari di frutta, in confetture e gelatine, in latti disidratati e in creme UHT, in pesci, crostacei e molluschi non lavorati, in oli e grassi animali e vegetali non emulsionati, esclusi gli oli vergini e gli oli d’oliva, in carni fresche non macinate, nella pasta fresca, nelle bevande alcoliche, negli alimenti per lattanti e di proseguimento e di svezzamento. La tossicologia è molto favorevole ed è stata indicata per l’uomo una DGA = 7 (fino a 20 con riserve) mg/kg/die. La tossicologia disponibile riguarda le ricerche, favorevoli, su ratto, coniglio e cane, oltre alla considerazione dell’abitudine umana al suo consumo con i frutti che ne sono ricchi. A scopo sinergistico sono stati anche proposti i citrati di isopropile e di stearile in miscele con mono- e digliceridi: la loro DL50 orale, in ratto e cane, supera 2 g/kg. Acido Tartarico: L'acido tartarico originariamente è stato isolato dal tartrato acido di potassio, noto agli antichi come tartaro, dall'alchimista Gabir ibn Hayyan intorno all'anno 800. Il processo di sintesi moderno è stato sviluppato nel 1769 dal chimico svedese Carl Wilhelm Scheele. La chiralità dell'acido tartarico è stata invece scoperta nel 1832 da Jean-Baptiste Biot, che osservò la sua capacità di ruotare la luce polarizzata. Louis Pasteur continuò tale ricerca nel 1847 studiando le conformazioni dei cristalli dell'acido tartarico, dei quali scoprì l'asimmetria. Importanti derivati dell'acido tartarico sono i relativi sali, quali il Cremor Tartaro, il sale di Rochelle (tartrato di sodio e di potassio, un lassativo delicato) e il tartaro emetico (tartrato di potassio e antimonio). L'acido tartarico nella sua forma L+, secondo le informazioni esaminate dal comitato di esperti sugli additivi alimentari della FAO a Ginevra dal 18-27 Aprile 1977 ha escluso la sua tossicità sull'uomo. Se assunto in forma orale viene eliminato tramite le urine o è distrutto dal tratto intestinale dall'azione batterica (Underhill et al., 1931; Finkle, 1933). La DL50 sugli animali è stato rilevato essere circa 5000 mg/kg. Dosaggi di circa 990 mg/kg giornalieri per 90-114 giorni consecutivi sono stati tollerati dai cani. È stato incluso in molti alimenti, in particolare come additivo nella preparazione di agenti lievitanti per dolci e per il pane. Viene utilizzato nella preparazione di medicinali in particolare miscelato al bicarbonato di sodio è utilizzato nella preparazione di effervescente digestivo. Si impiega nel vino per equilibrare la sua acidità. Non viene metabolizzato nell'organismo; quindi, è eliminato attraverso le urine senza alcun effetto collaterale. Fosfati CODICE NOME E338 Acido fosforico E339 Fosfati di sodio E340 Fosfati di potassio E341 Fosfati di calcio E343 Fosfati di magnesio Impiegato largamente come acidulante e correttore di pH, l’acido fosforico può essere assunto senza rischio, secondo il JECFA, DGA = 30 (70 con riserve) mg/kg/die. Tali valori limite comprendono 43
anche la quota naturalmente presente negli alimenti. Sono anche consentiti fosfati, difosfati, trifosfati e polifosfati di Na, K e Ca.
Acido Fosforico: Più di 10 milioni di cittadini statunitensi, molti dei quali sono donne, sono affetti da osteoporosi, e altri 34 milioni hanno una bassa densità ossea (quindi a rischio della malattia). Il 19 settembre del 2003 il Journal of Bone and Mineral Research ha pubblicato un breve resoconto di una importante comunicazione fatta dalla dr.ssa Tucker sul rapporto fra l'acido fosforico contenuto nella Coca-Cola e nella Cola Diet e la diminuzione di mineralizzazione delle ossa nelle donne. I ricercatori da tempo pensavano che l'acido fosforico accelerasse il deterioramento delle ossa perché lega il calcio. Le “Cole”, al contrario di molte altre bevande gasate contiene acido fosforico (44-62 mg nella coca-colaola e 27mg ogni 12 once di diet cola). Per valutare l'impatto del fosforo sulla densità i minerali nelle ossa, la dr.ssa Tucker e il suo gruppo hanno seguito misure alla spina dorsale e in tre punti dell'anca di 1.672 donne e 1.148 uomini. Tutti i partecipanti fanno parte della coorte* denominata Framingham Offspring [i discendenti della originale coorte Framingham]. La dieta di ciascun partecipante fu valutata con un questionario sulla frequenza dell'alimentazione che chiedeva in modo specifico il numero di dosi consumate di cola e di altre bevande carbonate, differenziando fra bevande normali, senza caffeina, e senza zucchero. Per ogni partecipante furono presi in considerazione peso corporeo, altezza, età, livello di attività fisica, abitudine di fumare, uso di alcolici, uso di farmaci per le ossa, uso di supplementi alimentari con calcio o vitamina D, assunzione di calorie, calcio e vitamina D dalla dieta. Per le donne fu considerato anche lo stato rispetto alla menopausa e l'uso di estrogeni. I ricercatori hanno trovato che le donne (non gli uomini) che bevono più di tre dosi di cola al giorno hanno una mineralizzazione delle ossa più bassa del 2,3-5,1% nell'anca di quelle che consumano meno di una dose al giorno. Non c'è nessuna relazione significativa fra le bevande carbonate non di tipo 'cola' e la densità minerale delle ossa sia per gli uomini, sia per le donne. Lo studio suggerisce che la cola, ma non le altre bevande carbonate, contribuisce ad abbassare la densità di minerali nelle ossa delle donne adulte. Dato che risultati simili sono stati ottenuti con le cole senza zucchero (diet) e con quelle senza caffeina, queste associazioni possono essere dovute al contenuto di acido fosforico della cola. Sembra che l'acido fosforico nelle bevande tipo ‘cola’ abbia un effetto negativo sulle ossa. Quando assumete acido fosforico in una bevanda tipo ‘cola’ l'eccesso di acido fosforico si lega al calcio nell'intestino, il che impedisce che il calcio sia assorbito. I ricercatori dicono che sia anche possibile che l'acido fosforico abbia effetti negativi sul livello corporeo dell'ormone paratiroideo, ma occorrono ulteriori studi per verificare la teoria. Nella rubrica "Curiosità" di un sito ufficioso della Coca-Cola si legge: "Il capo del Dipartimento di Ricerca Dentale dell'Università di Rochester, Dr. William H. Bowen afferma che è l'acido fosforico della Coca-Cola più che lo zucchero a creare problemi ai denti. I pochi studi disponibili indicano, piuttosto sorprendentemente, che la Coca-Cola non provoca carie; è piuttosto l'acido che corrode lo smalto del dente, soprattutto se il consumatore è abituato a sorseggiare la bevanda facendola passare tra gli incisivi anteriori. Di conseguenza, Bowen suggerisce di bere con una cannuccia, facendo entrare la bibita direttamente in fondo alla bocca". Anche altre bibite si sono guadagnate gli onori della cronaca scientifica. Ultima in ordine di tempo Gatorade, quale portabandiera delle bevande per gli sportivi. Un gruppo dell'Università dell'Iowa ha lasciato cinque denti immersi totalmente per 25 ore (corrispondenti a venti-trent’anni di immersione 44
diluite nel tempo) in cinque diverse bevande (Coca-Cola, Diet Coke, Gatorade, Red Bull e succo di mela al 100%). I risultati di questo studio, oltre a mettere in luce che di tale bagno nelle bibite anche le radici dei denti ne fanno le spese, ha dimostrato come sullo smalto, Gatorade è significativamente più corrosiva della Coca-Cola e della Red Bull, le quali, a loro volta, lo sono più della Diet Coke e del succo di mela. (rif. "Enamel and root surface erosion due to popular U.S. beverages", L. Ehlen, T.A.Marshall, F. Qian, J.J.Warren, J.S. Wefel, M.M. Hogan, J.D. Harless, University of Iowa, Iowa City, Usa). Anche i risultati di un esperimento di tipo "casalingo" condotto in Usa e che, in teoria, ognuno di noi potrebbe replicare, dovrebbero fare riflettere. Cinque denti sono stati posti in altrettanti bicchieri contenenti cinque tra le bevande più amate negli Usa: Coca-Cola, Snapple (the), Gatorade (alla frutta), Nesquik e Tropicana juice (arancia e mandarino). A un sesto dente è toccata la sorte di vagliare una soluzione al 99% di un prodotto utilizzato per la pulizia degli scarichi domestici. Dopo 4 settimane il succo d'arancia aveva ricoperto il dente con uno strato grigio e molliccio simile a una muffa, il Nesquik con una patina marroncina, la soluzione disincrostante aveva sbiancato totalmente il dente che, però, risultava rotto di netto in due porzioni, il Gatorade lo aveva interamente macchiato di rosso, mentre i denti nel the e nella Coca-Cola erano diventati marroni. Secondo una serie di studi condotti alla Harvard School of Public Health l'incidenza di fratture nei ragazzi sportivi che consumano le maggiori quantità di Coca-Cola sarebbe di 5 volte superiore rispetto a quanto avviene nei coetanei più "morigerati". Ma non è tutto. Attraverso i soft drink gli adolescenti possono arrivare ad assumere dalle 500 alle 1.000 calorie al giorno. Per questo le bibite sono considerate tra i responsabili dell'attuale "epidemia" di obesità infantile. Malati e Adipati CODICE E350 E351 E352 E355 E356 E357
NOME Malati di sodio Malati di potassio Malati di calcio Acido adipico Adipato di sodio Adipato di potassio Succinati e Fumarati CODICE NOME E363 Acido succinico E365 Fumarato di sodio E366 Fumarato di potassio E367 Fumarato di calcio Acidi di carbossilici: per ricordarsi i sei composti che fanno parte di questa categoria esiste una filastrocca: Oreste Mangia Solo Gelati Al Pistacchio (in inglese Oh My Such Good Apple Pie). Acido Malico: A temperatura ambiente si presenta come un solido bianco dall'odore tenue. È un composto irritante. Si trova nel vino. In annate poco favorevoli e con uve immature la sua concentrazione sale. È responsabile di sensazioni poco piacevoli. È un acido instabile e può venire facilmente degradato, con la fermentazione malolattica, in acido lattico, che è meno aggressivo. L'uso 45
dei DL- e D-isomeri non è permesso negli alimenti per neonati poichè essi non hanno l'enzima necessario per metabolizzare questi composti. Acido Adipico: A temperatura ambiente è una polvere cristallina bianca, poco solubile in acqua. Ottenibile per ossidazione dai grassi, industrialmente viene prodotto per ossidazione del cicloesano. Il principale utilizzo dell'acido adipico è come monomero per la sintesi del nylon 6-6, attraverso una reazione di policondensazione con l'esametilendiammina. Acido Fumario: L'acido fumarico è un acido presente in natura nella frutta e verdura, principalmente nella papaveracea fumaria da cui il nome. Viene prodotto sia per via fermentativa che sintetica. Utilizzato come stabilizzante di diversi prodotti e come fonte di acido in prodotti alimentari. L'acido fumarico viene principalmente prodotto per isomerizzazione dell'acido maleico utilizzando l’urea come catalizzatore. Viene inoltre ottenuto come sottoprodotto nella sintesi dell'acido malico. È utilizzato per il trattamento della psoriasi. Viene somministrato in dosi di 60105 mg al giorno e può incrementare fino a 1290 mg. Tra gli effetti collaterali vi possono essere disordini gastrointestinali e ai reni o arrossamento della pelle. Altri CODICE E370 E375 E380 E381 E385
NOME 1,4- Eptonolattone Niacina Citrato triammonico Ferrocitrato d’ammonio Etilendiamminotetraacetato (EDTA) di calcio e di sodio
Acido Nicotinico e Nicotinammide: I due composti sono stati indicati per la stabilizzazione del colore, in conserve e semiconserve di carne e di prodotti della pesca. Per reazione con la mioblastina si avrebbe la colorazione rossa desiderata. Al fine di mantenere lo stato riducente i due composti vengono associati ad acido ascorbico. Trattandosi della vitamina B3 o vitamina PP e della sua provitamina, ai livelli di impiego previsti non si pongono problemi di tossicità. EDTA: Esempio classico di composto sequestrante, l’EDTA, nella forma di sale di calcio disodico è consentito anche nell’area U.E., a dosaggi variabili fra 75 e 250 mg per kg di alimento, nelle salse emulsionate, in legumi, funghi, carciofi, pesce, crostacei e molluschi commerciati in scatola e in barattolo, congelati e surgelati. In alcuni Paesi è anche impiegato negli oli e nei grassi, in prodotti di frutta e verdura e in derivati del latte. La capacità chelante nei confronti delle tracce metalliche lo ha fatto indicare sicuro per stabilizzare la vitamina C nei succhi vegetali, senza una necessità dimostrata. Il sale di calcio disodico è ritenuto il più soddisfacente, sotto il profilo tossicologico. Gli è stata attribuita dal Comitato JECFA una DGA = 2,5 mg/kg/die. La DL50 orale del sale disodico oscilla, nel ratto e nel coniglio, fra 2000 e 3600 mg/kg; del sale di calcio disodico, nel coniglio, fra i 7000 e i 12.000 mg/kg. Una maggiore prudenza nella sua autorizzazione come additivo alimentare non avrebbe guastato. Lez IV Dolcificanti 46
Indice glicemico L’indice glicemico (GI) è un sistema di classificazione dei carboidrati basato sulla loro capacita di modificare i livelli ematici di glucosio, sviluppato nel 1981 da David Jerkins dell’Universita di Toronto. I carboidrati che vengono metabolizzati rapidamente durante la digestione hanno un alto indice glicemico, mentre quelli che vengono metabolizzati lentamente, poiché rilasciano gradualmente il glucosio nel torrente ematico hanno un basso indice glicemico. Un basso indice glicemico è spesso associato ad una bassa richiesta d’insulina con un miglior controllo della glicemia e ad una diminuzione della lipidemia. L’indice glicemico di un cibo è definito come l’area sotto la curva della glicemia, misurata per 2 ore, dopo l’ingestione di una quantità nota di carboidrati (di solito 50 g). L’area misurata è normalizzata per l’area dello standard. Il valore medio del GI è calcolato su 10 soggetti. I metodi correntemente validati utilizzano il glucosio come riferimento, assegnandogli un GI pari a 100: Il pane bianco può essere usato come riferimento nelle popolazione dove esso rappresenta la principale fonte di carboidrati. In questo caso si avrà un differente set di GI (se pane bianco = 100, allora glucosio ≈ 140). Classificazione alto medio
Indice GI GI > 70 56 > GI > 69
Esempi Corn flakes, patate, riso jasmine, pane bianco Saccarosio, riso basmati, riso selvatico Pasta, fagioli, lenticchie, frutta e verdura basso GI < 55 (ad eccezione del cocomero, patate e mais) Un cibo a basso GI rilascia glucosio costantemente. Un cibo ad alto GI provoca un rapido aumento della glicemia ed è adatto per il recupero energetico di un atleta dopo una gara o per un diabetico in ipoglicemia. L’effetto glicemizzante dei cibi dipende da numerosi fattori: i.e. il tipo di amido (amilosio vs amilopectina), l’intrappolamento fisico delle molecole di amido all’interno del cibo, il contenuto in grassi, proteine, acidi organici e loro sali nel pranzo (l’aggiunta di aceto abbasserà il GI). La presenza di grassi o fibre può rallentare lo svuotamento gastrico e quindi abbassare il GI; pani non raffinati (pane nero), con un grande contenuto di fibre, generalmente hanno un GI più basso del pane bianco, tuttavia, molti pani scuri sono trattati con enzimi per renderli più soffici, rendendo così l’amido più accessibile e alzando il GI (alcuni pani scuri hanno un GI praticamente = 100). Quando si ingerisce un alimento ad alto Indice Glicemico si hanno le seguenti conseguenze: - La glicemia sale di più e più in fretta - La risposta insulinica è più marcata - L’organismo utilizza preferenzialmente gli zuccheri, al posto dei grassi, per produrre energia; anche la trasformazione dello zucchero in grassi tende ad aumentare - Lo stress ossidativo aumenta Dopo 2-4 ore la glicemia scende e torna la fame inoltre nel tempo si crea un sovraccarico di lavoro per il pancreas. L’eccesso dell’insulina comporta: - Accumulo di grassi - Fame “fasulla” - Infiammazione dell’organismo o Sindrome metabolica: (McCarty 2005 , Med Hypotheses: alti livelli di insulina provocano infiammazione generale; Romieu 2004, Cancer Epidemiol 47
Biomarkers: rapporto tra diete ad alto indice di carboidrati e cancro al seno; National Cancer Institute di Bethesda: relazione tra alti livelli di insulina e cancro intestinale ed alla prostata) IL GI è un parametro piuttosto inaffidabile dato che non prende in considerazione altri fattori che influenzano la risposta glicemica (i.e. la risposta insulinica); cambia con la varietà del cibo (le patate bianche sono un classico esempio, variano da un GI medio ad un GI alto), con il tempo di conservazione e con la modalità di cottura oltre che varia da persona a persona e, anche a livello intraindividuale, da un giorno all’altro poiché dipende dai livelli di glucosio, dalla resistenza insulinica e da altri fattori. Il GI di un pasto e molto difficile da prevedere dato che si basa su una porzione che contiene 50 grammi di carboidrati. Per avere un parametro più oggettivo bisognerebbe prendere in esame il Carico Glicemico (GL) paragonando le moli anziché i grammi. Carico Glicemico Il Carico glicemico (GL) è un sistema di classificazione dei carboidrati basato sul GI e sulla grandezza della porzione. L’utilità del GL si basa sul fatto che un cibo con alto GI preso in piccole quantità dovrebbe avere gli stessi effetti sulla glicemia di un cibo a basso GI preso in grosse quantità: Per esempio il riso bianco ha un alto GI e quindi mangiando 50 g esso darà una particolare curva glicemica, mentre 25 g daranno la stessa curva glicemica ma di altezza pari alla metà. Poiché l’altezza del picco è il parametro più importante, moltiplicando la quantità di carboidrati presenti in un cibo per il GI si ha un’idea di quale sarà l’effetto dell’attuale porzione di cibo sulla glicemia. Il GL di una porzione di cibo è calcolato moltiplicando il contenuto in grammi di carboidrati per il GI diviso 100: es. una fetta di 100 grammi di cocomero contiene 5 g di carboidrati ed ha un GI = 72 GL = 5 x 0.72 = 3.6 Un cibo con GI = 100 e 10 g di carboidrati ha un GL=10, cosi come un cibo che ha 100 g di carboidrati e una GI = 10. GL = 10 x 1 = 100 x 0.10 = 10 Classificazione GL alto GL > 20 medio 11 > GL > 19 basso GL < 10
Basso
GL Medio
Alto
Basso Cereali All-bran (8,42), Mele (6,38), Carote (3,47), Uva (8,46), Fagioli (7,28), Arance (5,42), Pesche (5,42), Arachidi, Pere (4,38), Lenticchie (5,26), Fragole (1,40) Succo di mela (11,40), Banane (12,52), Fettuccine (18,40), Succo di arancia (12,50), riso Parboiled (17,47), orzo perlato (11,25) Linguine (23,52), Maccheroni (23,47), Spaghetti (20,42)
GI Medio Cantalupo 4,65), Ananas (7,59), Saccarosio (zollette) (7,68) Patate novelle (12,57), Patate dolci (17,61), Riso selvatico(18,57) Couscous (23,65), Riso bianco (23,64)
Alto Popcorn (8,72), Anguria (4,72), Pane nero (9,71), pane bianco (10,70) Cheerios (15,74)
Patate rosse (26,85), Cornflakes (21,81)
Indice insulinemico 48
L’Indice insulinemico (II)è una misura usata per quantificare la tipica risposta insulinica a vari cibi. L’indice è simile al GI e al GL ma invece di misurare la glicemia si misura l’insulinemia. Questa misura può essere molto più utile sia del GI che del GL perché certi cibi causano una risposta insulinica anche se non hanno carboidrati, mentre altri causano una risposta sproporzionata rispetto al loro GL. Holt et al. hanno notato che GI e II di molti cibi sono altamente correlati, ma cibi ricchi di proteine, prodotti di panetteria (ricchi di grassi e zuccheri raffinati), “inducono una risposta insulinica che è sproporzionatamente più alta rispetto alla risposta glicemica”.
Dolcificanti Gli edulcoranti o dolcificanti sono sostanze che conferiscono un sapore dolce agli alimenti. Non sono considerati degli additivi, ma sono comunque sostanze chimiche estranee alla normale composizione degli alimenti. Il dolcificante di riferimento è il SACCAROSIO: il potere dolcificante di un qualsiasi edulcorante viene calcolato tenendo conto della dose necessaria ad ottenere la stessa risposta gustativa di una quantità predeterminata di saccarosio. Saccarosio: È lo zucchero comune, il dolcificante naturale più utilizzato, composto da Glucosio (Glu) [α-D-glucopiranosil] e Fruttosio (Frt) [β-Dfruttofuranoside] e il suo potere calorico è di 4 kcal/g. Viene impiegato, oltre che per l'azione edulcorante, anche per le sue proprietà nutritive, di conservazione e di fermentazione. Fruttosio: Deriva dalla frutta ed e utilizzato come alternativa allo zucchero, specie nell'industria, per le bevande acide, per i gelati o per certe preparazioni dolciarie. Contiene circa 4 kcal/g e ha un potere dolcificante pari a 1,8 volte quello del saccarosio. A differenza del saccarosio non richiede insulina per la sua utilizzazione fisiologica e non scompensa quindi la glicemia dei diabetici inoltre la sua dolcezza diminuisce con l'aumentare della temperatura, dell'acidità e della concentrazione dell'alimento al quale viene aggiunto. Sostanzialmente, si distinguono due classi di dolcificanti: A) Dolcificanti “di massa” (zuccheri e polialcoli): Hanno un potere edulcorante inferiore al saccarosio ma apportano il 50 per cento di calorie in meno. Si tratta di sostanze naturali idrogenate oppure ottenute per sintesi da alcune specie vegetali. B) Dolcificanti “intensivi”: Hanno un potere dolcificante molto elevato (sono da trenta a varie migliaia di volte più dolci del saccarosio), apportano pochissime o nessuna caloria e vengono utilizzati in dosi estremamente ridotte. Si dividono in 1. Composti di sintesi 2. Composti naturali (Proteici e Non Proteici) Codice E 420 E 421 E 422 E 950 E 951 E 952 E 953
I dolcificanti consentiti nella UE Sostanza Codice Sostanza Sorbitolo E 955 Sucralosio Mannitolo E 957 Taumatina Glicerolo E 959 Neoesperidina DC Acesulfame K E 962 Sale di aspartame-acesulfame Aspartame E 965 Maltitolo Ciclammati E 966 Lattitolo Isomalto E 967 Xilitolo 49
E 954 Saccarina E 968 Eritritolo Sorbitolo: È un alcol che si ottiene dalle bacche del sorbo, pere, mele, ciliegie, pesche e alghe rosse come intermedio nella sintesi dell’Acido Ascorbico. Il potere calorico è di 2.6 kcal/g e quello dolcificante è di 0,54 volte rispetto al saccarosio. La sua presenza nel vino, oggi scomparsa, era la conseguenza della sofisticazione con sidro di mele. Il sorbitolo è gradevolmente dolce e fornisce una sensazione di fresco derivante dal suo calore di soluzione negativo. Può essere usato anche come lassativo: richiama acqua nel colon e stimola la peristalsi; un eccesso di sorbitolo (20-30 g/die) può scatenare una diarrea osmotica (diarrea da chewinggum). Il Sorbitolo è un normale costituente della via di degradazione degli zuccheri. Tale via è particolarmente attiva nell’occhio e in caso di accumulo di sorbitolo, che non è molto solubile, si forma del precipitato che provoca le cataratte. Come mostra la figura il sorbitolo si forma in alternativa/complementare alla classica via di degradazione Esokinasi dipendente. La genesi di cataratte può avvenire per: 1) Inibizione della Poliolo Deidrogenasi (congenita) 2) Inibizione della via dell’Esokinasi (congenita) 3) In caso di diabete vi è un eccesso di glicemia
Le ultime due implicano un equlibrio spostato nella via del sorbitolo. Mannitolo: Ampiamente presente nel regno vegetale, esso è particolarmente presente nel Fraxinus ornus. Incidendo la sua corteccia fuoriesce una linfa densa, contenente il 30-60% di mannitolo che essicca all’aria. È la manna, citata anche nella Bibbia. Ha un potere dolcificante pari al 0.50 volte il saccarosio ed un potere calorico pari a 1.6 kcal/g ed ha anch’esso un calore di soluzione negativo. Il mannitolo è usato per ridurre un aumento acuto della pressione intracranica in seguito ad un trauma dato che riesce ad aprire temporaneamente la barriera emato-encefalica (BEE), allentando le tight junctions delle cellule endoteliali. Questo fenomeno lo rende indispensabile per il convogliamento di farmaci al cervello (es. nel morbo di Alzheimer). È usato anche nel trattamento dell’oliguria renale: somministrato per via endovenosa, è filtrato dal glomerulo renale, ma non viene riassorbito dal tubulo renale, provocando un decremento del riassorbimento dell’acqua e degli ioni Na+ per effetto osmotico; aumentando l’escrezione di acqua, diminuisce il volume del liquido extracellulare. In dosi superiori ai 20 g/die ha un effetto lassativo molto intenso. Questo ne limita l’uso come dolcificante. Il mannitolo può essere usato in taluni prodotti come dentifrici, colluttori e creme perché non viene attaccato dalla flora batterica. È anche usato durante gli interventi di bypass cardiopolmonare: la presenza del mannitolo preserva la funzionalita renale durante il periodo di bassa pressione e flusso sanguigno a cui e sottoposto il paziente. Ancora può essere utilizzato per rivestire temporaneamente un oggetto appuntito (come l’elica di una guida di un pacemaker) che deve essere introdotto nel sistema venoso. Infine può essere somministrato in caso di avvelenamento da Ciguatossina (avvelenamento da pesce tropicale o da Hippomane mancinella).
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Le sintesi del Sorbitolo e del Mannitolo si ottengo da tre precursori: A) β-D-Glucopiranosio D-Glu Sorbitolo B) β-D-Fruttofuranosio D-Frt Entrambi C) β-D-Mannopiranosio D-Mnn Mannitolo Glicerolo: Anche se usato per altri scopi (umettante), il glicerolo può essere usato come edulcorante. In questo caso, apporta circa le stesse calorie del saccarosio (4 kcal/g) ma ha un potere dolcificante pari a 0.60 volte. In compenso, non alza la glicemia e non è attaccato dalla flora batterica del cavo orale. Isomalto: Ha un potere dolcificante e calorico pari a circa la metà del saccarosio, praticamente non innalza la glicemia e non è metabolizzato dalla flora batterica orale. Ha un calore di soluzione leggermente positivo. È uno zucchero raro, prodotto solo dalla barbabietola, ad alte dosi è lassativo. È sintetizzato a partire dal saccarosio e Poiché cristallizza più lentamente del saccarosio, e usato per le sculture di zucchero. Maltitolo: Il suo potere dolcificante è di poco inferiore a quello del saccarosio (0.9 volte), ma il suo potere calorico è basso in quanto solo di 1 kcal/g; è metabolizzato nell'intestino. Oltre ad essere anticarie è adatto ai diabetici ed ha dei buoni requisiti di stabilità. Nel campo alimentare il maltitolo viene consigliato nella produzione di chewing gum (in sostituzione di mannitolo, sorbitolo e xilitolo), caramelle, gelati, dessert, marmellate e bevande. È stato usato come eccipiente in paste dentifricie medicate date le sue proprietà dolcificanti, di resistenza all'attacco dei microrganismi del cavo orale e di protezione a livello della placca dentaria. Lattitolo: Il suo potere dolcificante e di 0.4 volte mentre il potere calorico e di 2 kcal/g rispetto al saccarosio. Valgono le stesse cose dette per gli altri polialcoli. Xilitolo: È un polialcol a 5 atomi di carbonio presente in abbondanza nel regno vegetale. Molti tipi di lieviti possono produrlo direttamente dal glucosio e inoltre è stato riscontrato come prodotto di fermentazione in molti vini. Ha lo stesso potere dolcificante del saccarosio ed un potere calorico pari a 2.4 kcal/g. Assorbito molto lentamente, non innalza la glicemia. È presente nell'organismo come intermedio del metabolismo dei carboidrati; in condizioni fisiologiche la maggior parte dello xilitolo proveniente dagli alimenti è trasformato in glucosio e glicogeno. Il consumo superiore a 50 g al giorno causa diarrea. Si ottiene per idrogenazione catalitica dello xilulosio (lo “zucchero del legno”) e la sua produzione e sembrata una via ottimale per l’utilizzo del legno non adatto agli usi classici. Ottenuto per la prima volta nel 1800 in Finlandia dalla Betulla argentata attualmente si ottiene dal mais. Dal metabolismo del Glu si ottie seguendo la segunte via metabolica: 51
Glucosio Glucosio–6P Glucosio-1P Glucosio-UDP Ac. D-Glucuronico-UDP Ac. D-Glucuronico-1P Ac. DGlucuronico Ac. L-Gulonico Ac.-3-Chetogulonico L-Xilulosio XILITOLO D-Xilulosio Via dei pentoso fosfati Importante è notare come durante tutto il processo vi sia un cambio conformazionale che trasforma un composto D prima in L per poi ritornare in D (???) Lo Xilitolo è uno “zucchero amico dei denti”, oltre a non incrementare il processo cariogeno, agisce attivamente nella riparazione di carie minori. Alcuni studi (Tanzer. International dental journal 1995;45 (Suppl 1):65-76) confermano un effetto di riduzione della placca e suggeriscono che lo xilitolo, avendo proprietà chimiche simili al saccarosio, attira e permette la crescita di utili microrganismi che rimineralizzano il dente danneggiato. Parimenti lo xilitolo interferisce con altri microrganismi e lieviti , per cui non può essere usato per fare il pane…Altri studi hanno dimostrato che l’uso regolare dello xilitolo in gravidanza, riduce dell’80% la probabilità di trasmissione dello Streptococcus mutans, che è responsabile del degradamento dentale, dalla madre al figlio. Uno studio recente suggerisce che il consumo di xilitolo può aiutare a controllare le infezioni orali da Candida albicans; mentre il saccarosio, il glucosio e il galattosio ne favoriscono la proliferazione. (Abu-Elteen, Khaled H. Microbial Ecology in Health and Disease 2005; 7:56-162). Lo xilitolo sembra avere un grosso potenziale nel trattamento dell’osteoporosi. Un gruppo di ricerca finlandese ha trovato che lo xilitolo previene, nei ratti, l’indebolimento delle ossa e favorisce l’incremento della densità ossea (Mattila. Metabolism 2002;51:92-6). Altri studi hanno dimostrato che le gomme allo xilitolo possono aiutare a prevenire le infezioni dell’orecchio (otite media acuta): l’atto di masticare e “fare i palloncini”, favorisce la disposizione del cerume e pulisce l’orecchio medio, mentre la presenza dello xilitolo inibisce la crescita batterica nelle trombe di Eustachio (Uhari. Pediatrics 1998; 102: 879–974); inoltre quando i batteri entrano nell’organismo, essi aderisco ad una serie di complessi glucidici. Grazie alla sua struttura aperta lo xilitolo ha la capacità di assumere diverse strutture simil-glucidiche sembra interferire con la capacita batterica di adesione. Eritritolo: Polialcol a 4 atomi di carbonio, ottenuto per fermentazione del glucosio con lieviti (Aspergillus niger, Penicillum herquei, Moniliella pollinis). Ha un potere dolcificante di 0.70 volte e un potere calorico pari a 0.2 kcal/g. Ha un forte potere “rinfrescante” quando si scioglie ma a differenza degli altri polialcoli è assorbito nel tenue, per cui non ha, di solito, effetto lassativo. Si comporta in maniera simile allo xilitolo. Edulcoranti Sintetici e Acalorici Saccarina: La saccarina e il dolcificante intensivo di sintesi conosciuto da più tempo (è stata scoperta nel 1879 da Remsen e Fahlberg della John Hopkins University e posta in commercio dal 1885). Chimicamente è l'immide dell'acido o-sulfo-benzoico, di cui sono comunemente utilizzati i sali di sodio, potassio e calcio. Il potere edulcorante varia da 300 a 500 volte quello del saccarosio, in relazione alle concentrazioni e al tipo di alimento. La sensazione di dolce insorge lentamente e persiste nel tempo; la molecola presenta anche un retrogusto amaro, intenso ad alte concentrazioni, che si tenta di mascherare attraverso la combinazione con altre sostanze. 52
È chimicamente stabile nelle normali condizioni di trattamento degli alimenti: può essere impiegata in bevande e prodotti destinati alla cottura. Gli impieghi più diffusi sono per soft drink, per cibi destinati ai diabetici e come dolcificante da tavola. Per quanto riguarda il metabolismo, la saccarina è parzialmente assorbita ed escreta immodificata nelle urine. Intorno al 1960 uno studio dimostrò che alte concentrazioni di saccarina inducevano il tumore della vescica nei ratti. Nel 1977 fu bandita in Canada. Successivamente si dimostrò che la saccarina induceva il tumore con un meccanismo che nell’uomo non avviene. Ad alte concentrazioni la saccarina forma un precipitato nelle urine del ratto che danneggia le cellule uroteliali della vescica e il tumore si genera quando le cellule si rigenerano (iperplasia rigenerativa). L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro ha stabilito che: “La Saccarina ed i suoi sali sono declassate dal Gruppo 2B, possibili cancerogeni per l’uomo, al Gruppo 3, non classificabile come cancerogeno per l’uomo, nonostante la sufficientemente evidente cancerogenità negli animali, perché è cancerogena attraverso un meccanismo di tipo non-DNA-reattivo che non è rilevante per gli uomini a causa delle critiche differenze interspecie nella composizione delle urine”. Ciclammato: Con questo termine si identificano l'acido ciclammico (acido cicloesilsulfamico) e i suoi sali con sodio e calcio. Nel 1937, Michael Sveda, uno studente laureato della University of Illinois, lavorava sulla sintesi di antipiretici. mentre lavorava, posò una sigaretta sul banco di lavoro. Quando la portò alla bocca, scoprì il gusto dolce del ciclammato. Il potere dolcificante è relativamente modesto a confronto degli altri edulcoranti intensivi, 30-80 volte maggiore rispetto al saccarosio, e varia per concentrazione, pH, presenza di aromatizzanti e tipo di matrice alimentare. È impiegato in cibi e bevande dietetici e in ghiaccioli. Ha un importante effetto positivo in combinazione con la saccarina, di cui migliora il gusto. La gran parte del ciclammato ingerito viene eliminato in 1-2 giorni con feci e urine; una percentuale fino al 5-8% può essere desolfonata da alcuni batteri intestinali a cicloesilammina, sospettato di avere tossicità cronica negli animali. Anche il ciclammato si è mostrato capace d’indurre il cancro della vescica nel ratto, così come la cicloesilammina provoca l’atrofia del testicolo nel topo; per tale motivo è stato bandito dagli USA e UK nel 1969. Nonostante la FDA abbia affermato che la revisione di tutti i dati disponibili non abbia dimostrato una cancerogenità del ciclammato, esso rimane bandito dagli USA. Questa storia è finita nelle aule di giustizia statunitensi: “…un giudice della Court Claims ha raccomandato che gli USA paghino $6.395.339 alla California Canners and Growers”, una cooperativa finita in bancarotta per le accuse di cancerogenicita dei ciclammati, usati nella fabbricazione di frutta in scatola senza zucchero. Aspartame: L’aspartame, scoperto accidentalmente nel 1965 da James M. Schlatter, è costituito da due amminoacidi la fenilalanina e l'acido aspartico (aspartil-fenilananil-metil estere). Benché abbia un contenuto energetico pari al saccarosio, le quantità utilizzate sono talmente basse da farlo considerare praticamente acalorico. Il potere dolcificante varia da 130 a 250 volte, è instabile in soluzione acquosa e ad elevate temperature; non può quindi essere impiegato in bevande e in cibi che debbono essere cotti ad elevate temperature. La digestione intestinale dell’aspartame porta ad acido aspartico, fenilalanina e metanolo (quest’ultimo in quantità non superiore a quella presente naturalmente negli alimenti), tutte sostanze poi assorbite. Negli individui sani, peraltro, l’assunzione di dosi anche elevate di tale dolcificante non determina variazioni significative delle concentrazioni ematiche di acido aspartico e acido formico (derivato del metanolo), mentre la risposta della fenilalaninemia è simile a quella 53
osservabile dopo un pasto proteico. Qualche problema può esistere soltanto per gli individui che soffrono di un difetto genetico nell'utilizzazione della fenilalanina (fenilchetonuria). Una serie di segnalazioni ha associato l’uso di aspartame con allergie, malattie neurologiche, tumori, ecc. L’unico lavoro serio pubblicato su relazione tra aspartame e tumore (nel ratto) è italiano: Soffritti et al. Environ Health Perspect. 2006;114:379-85. Acesulfame K: (K sta per Potassio) Fu scoperto dal chimico Karl Clauss nel 1967. Questi notò un sapore dolce quando umettò il dito per prendere un foglio di carta. Ha una struttura che ricorda quella della saccarina, di cui condivide anche diverse particolarità chimico-fisiche. Molto solubile in acqua, è anche stabile nel tempo e alle temperature elevate. Non è metabolizzato dall'organismo e viene escreto immodificato nelle urine. Il suo potere dolcificante è 160-250 volte maggiore rispetto al saccarosio; possiede un sapore deciso e netto ma, a concentrazioni elevate, anche un retrogusto amaro. La Kraft ha brevettato l’uso del ferulato sodico per mascherare il retrogusto amaro dell’acesulfame. L’acido ferulico (fig.) è ricavato dall’Angelica sinensis, molto usata nella medicina cinese per le patologie cardiovascolari e cerebrovascolari e per prevenire la trombosi. Sucralosio: Il Sucralosio è stato scoperto nel 1976 dagli scenziati della Tate & Lyle, che lavoravano con i ricercatori Leslie Hough e Shashikant Phadnis al Queen Elizabeth College (ora parte del King's College London) sugli zuccheri clorurati e i loro intermedi chimici. La sua scoperta fu piuttosto particolare: “un giorno di tarda estate fu detto a Phadnis di testare (to Test) il composto, Phadnis pensò che Hough avesse detto di assaggiare (to Teste) il composto e così fece”; così trovò che il composto era eccezionalmente dolce (la formula finale è 600 volte più dolce del saccarosio dal quale differisce solo per tre alogeni clururi). Dopo che la FDA ne ha approvato l’uso dopo 110 studi su roditori e uomo, uno studio pubblicato su Journal of Head and Face Pain ha indicato il sucralosio come “scatenante” nei pazienti con emicrania. Un altro studio apparso su Journal of Mutation Research mostra un effetto genotossico sul topo. Altre ipotesi sono state avanzate riguardo gli effetti che il sucralosio avrebbe sul timo. La maggior parte del sucralosio è escreto immodificato nelle feci, mentre l’ 11-27% è assorbito. Della quantità assorbita, il 70-80% è escreto immodificato con le urine, mentre il rimanente viene metabolizzato senza essere declorurato. Neoesperidina DC: Detta anche Neoesperidina diidrocalcone, si ottiene dalla naringina, componente amaro delle arance amare e del pompelmo, ove è contenuto nel fiore, nel frutto e nella scorza. È stata ottenuta da due dei più noti studiosi di dolcificanti naturali, Horowitz e Gentil. L’ottenimento dall’arancia amara Siviglia è stato scartato per la poca disponibilità di questo agrume. È fino a 3000 volte più dolce del saccarosio, con sensazione persistente nel tempo, ma il suo retrogusto tra la liquirizia ed il mentolo la rende adatta soltanto per un numero limitato di alimenti. Termostabile, ha un effetto sinergico spiccato quando usata con altri dolcificanti. Poco assorbita, viene metabolizzata dalla flora intestinale. Taumatina: A metà del secolo scorso era stata segnalata in Africa occidentale una bacca eccezionalmente dolce. Era il frutto del Thaumatococcus danielli Benth, localmente denominata katemfe. Tradizionalmente in quei paesi, si utilizza per addolcire i prodotti da forno e il vino di palma. In Africa il frutto viene comunemente consumato, mentre le foglie servono per avvolgere alimenti come frutti. 54
Il principio dolcificante è costituito da due proteine, Taumatina I e Taumatina II, di peso molecolare intorno a 22 kD, costituita da oltre 200 amminoacidi, con residui terminali simili. Sulla struttura delle due proteine è stata condotta una esauriente ricerca che ha stabilito le caratteristiche cristallogafiche. È 2000 volte più dolce del saccarosio, ma il potere dolcificante degrada a pH neutro a 75°C e lo stesso succede a temperatura ambiente a pH 2. Edulcoranti Intensivi non permessi nella UE Glicirrizina: Ricavata dalla radice della liquirizia, è una saponina costituita da due unità di acido glucuronico e una di acido glicirrizinico. L’acido glicirrizinico ha numerosi usi farmacologici, in particolare è un antinfiammatorio e un espettorante. La glicirrizina modera il danno epatico indotto da molti agenti chimici ed è molto usato in Giappone per il trattamento dell’epatite e della cirrosi. Inibisce molti virus a DNA e RNA, in particolare inattiva irreversibilmente le particelle virali dell’Herpes simplex. L’acido glicirretinico inibisce gli enzimi 15-idrossiprostaglandina deidrogenasi e delta-13prostaglandina deidrogenasi, che inattivano le prostaglandine PGE-2 e PGF-2α. Questo provoca un aumento delle prostaglandine nel tratto digerente e viene inibita la secrezione gastrica, mentre viengono stimolate la secrezione pancreatica e la secrezione mucosa e la motilità intestinale. Inoltre viene stimolata la proliferazione cellulare gastrica e tutto ciò favorisce la guarigione dell’ulcera peptica. La PGF-2α stimola l’attività uterina durante la gravidanza e può causare l’aborto. La struttura dell’acido glicirretinico è simile a quella del cortisone. L’acido 3-Beta-D-(monoglucuronil)-18-beta-glicirretinico, un metabolita dell’acido glicirretinico, inibisce l’inattivazione del cortisolo a cortisone nei reni, inibendo l’enzima 11-beta-idrossisteroidi deidrogenasi. Di conseguenza aumentano i livelli di cortisolo nel dotto collettore del rene e questo stimola ENaC a riassorbire sodio, provocando ipertensione. Stevioside: Non previsto dalle norme vigenti, è un glicoside estratto dalla Stevia rebaudiana o erba dolce del Paraguay. Per secoli le tribù Guaranì del Paraguay e del Brasile hanno usato la foglia di Stevia (30-45 volte più dolce del saccarosio) come dolcificante. Nel 1931 due chimici francesi, Bridel e Lavielle, hanno isolato il glicoside (stevioside) che conferisce il sapore dolce. Questo glicoside, noto come stevioside è 250-300 volte più dolce del saccarosio, stabile al calore e al pH e non è fermentabile. Negli anni 1970, il Giappone incominciò a coltivare la stenia come alternativa ai dolcificanti sintetici saccarina e ciclammato, sospettati di essere cancerogeni. Da allora i giapponesi hanno usato lo stevioside in cibi e bevande (inclusa la Coca-Cola), diventando I maggiori consumatori di stevioside al mondo. In giappone lo stevioside costituisce il 40% del mercato dei dolcificanti. Oggi, la stevia è coltivata e usata nei cibi ovunque nell’Est Asia, inclusa la Cina, la Corea, Taiwan, la Tailandia e la Malesia. Si ritrova in Sud America: Brasile, Colombia, Perù, Paraguay e Uruguay; e in Israele. La Cina è il maggior esportatore mondiale. La Stevia cresce in territori semi-aridi, dalle praterie ai terreni di montagna. Produce semi ma solo una piccola percentuale di essi germoglia. Il sistema di riproduzione più usato è la talea (ossia riimpianto dei rami della pianta). Nel 1991, sulla base di una denuncia anonima, la FDA ha classificato la stevia come “unsafe food additive” e ne ha ristretto l’importazione. La FDA ha giustificato questa decisione affermando che: “le informazioni tossicologiche sulla stevia non sono sufficienti a stabilirne la sicurezza”. Questa decisione viola le stesse linee guida della FDA secondo la quali ogni sostanza naturale usata prima del 1958 e per la quale non sono riportati effetti collaterali dovrebbe essere generally recognized as safe (GRAS). Molti studi hanno dimostrato che la stenia migliora la sensibilità all’insulina nei ratti e può indurre la produzione di insulina addizionale, aiutando a revertire il diabete e la sindrome metabolica. Uno studio preliminare mostra che la stevia è in grado di ridurre l’ipertensione, sebbene un altro studio 55
mostra che non abbia alcun effetto. Nonostante molti studi recenti stabiliscano la sicurezza della stevia, le agenzie governative hanno espresso preoccupazioni sulla tossicità, citando una mancanza si ricerce sufficientemente conclusive. Nel 2006 la WHO ha eseguito una revisione di tutti gli studi condotti sullo stevioside e sullo steviolo ed ha concluso che: “lo stevioside non è genotossico in vitro o in vivo”. Lo studio esclude la cancerogenicità e riporta “lo stevioside ha mostrato alcuni effetti farmacologici in pazienti con l’ipertensione o con il diabete di tipo II”, ma conclude che ulteriori studi sono necessari per stabilirne l’esatto dosaggio; inoltre, milioni di Giapponesi hanno usato la stevia per oltre 30 anni, senza alcun effetto collaterale. Parimenti, le foglie di stevia sono in uso da secoli in Sud-America, rappresentando uno splendido studio multigenerazionale. Tale boicottaggio a dire del prof. è dovuto al fatto che la Stevia cresce in natura e quindi non può essere brevettata! Come conseguenza dell’imbargo imposto alla stevia nel 1991, i commercianti e i consumatori hanno incominciato a credere che la FDA abbia agito sotto la pressione dell’industria dei dolcificanti, come dichiarato anche pubblicamente dal senatore dell’Arizona Jon Kyl. Citando il diritto alla privacy, la FDA non ha mai rivelato la fonte della denuncia anonima, in risposta alle richieste avanzate invocando la Freedom of Information Act. Chissà cosa succederà tra qualche anno visto che la Coca-Cola, in collaborazione con la Cargill, ha brevettato REBIANA, un dolcificante derivato dalla stevia. La Coca-Cola ha annunciato un piano per ottenere l’approvazione all’uso negli USA entro il 2009. Sempre la Coca-Cola ha annunciato un piano marketing per la vendita di prodotti dolcificati con Rebiana in 12 paesi in cui è permesso l’uso dello stevioside. Le due compangnie stanno eseguendo dei propri studi per ottenere l’autorizzazione sia negli USA che nell’UE. Infine, la Blue California, ha sviluppato un economico processo di produzione industriale di un “dolcificante naturale” estratto dalla stevia. Si tratta del Rebaudioside A, il secondo composto dolce estraibile dalla stevia, ancora più dolce dello stevioside (350-450 volte rispetto al saccarosio). La Blue California, essendo un industria e non un’associazione filantropica, userà un processo di cui è proprietaria (brevetto). Perillartina: Nota da gran tempo, è l’ossima dell’aldeide perillica. Ha un potere dolcificante 2000 volte il saccarosio e non presenta retrogusti. La DL50 nel ratto è attorno ai 2,5 g/kg e tale valore, considerando la potenza dolcificante, sembra farne un dolcificante ideale. È necessaria una tossicologia completa, ma in Giappone è consentita da anni senza alcun report di effetti collaterali. Dolcificanti del Futuro Pentadina e Brazzeina: Sono due proteine che si ricavano dal frutto della pianta africana (Gabon e Cameroon) Pentadiplandra brazzeana. Il frutto è da secoli, se non millenni, mangiato dalle scimmie e dai nativi. Le bacche di questa pianta sono talmente dolci che gli Africani li chiamano “J'oublie" (dal francese “io dimentico”) perchè il loro sapore aiuta i lattanti a “dimenticare” il latte materno. La pentadina è stata scoperta e isolata nel 1989 ed è 500 volte più dolce del saccarosio. La brazzeina è stata isolata nel 1994 alla Wisonsin-Madison University ed è dalle 500 alle 2000 volte più dolce del saccarosio, stabile da pH 2 a 8.6 e a 98°C per 2 ore. La Brazzeina può essere facilmente sintetizzata in fase solida; la proteina ricombinante è stata prodotta in E. Coli. Le compagnie texane Prodigene e Nectar Worldwide sono i licenzatari del brevetto sulla brazzeina del Wisconsin Alumni Research Foundation e l’hanno ingegnerizzata nel mais. La brazzeina può essere quindi estratta dal mais attraverso fresatura ordinaria. Approssimativamente 1 tonnellata di mais danno 1-2 chili di brazzeina. La brazzeina può anche essere ingegnerizzata in piante da farina in modo da ottenere cereali pre-dolcificati. A dispetto del fatto che il sapore dolce delle bacche sia ben noto nell’Africa occidentale, l’università pretende che la brazzeina sia una invenzione propria e non ammette legami con il Gabon. 56
L’appropriazione di diritti legali attraverso l’emissione di brevetti su conoscenze biomediche indigene senza compenso nei confronti dei gruppi indigeni è considerato, da GRAIN e Green Peace un atto di BIOPIRATERIA. Monellina: La monellina è una proteina scoperta nel 1969 da un frutto dell’Africa occidentale (Ghane e Nigeria), il Dioscorephyllum cumminsii, chiamato “serendipity berry” ossia “frutto capace di provocare scoperte gradite e del tutto casuali”. La monellina è stata chiamata così nel 1972 dalla Monell Chemical Senses Center di Philadelphia dove la proteina è stata caratterizzata. La monellina viene recuperata per digestione dalla bacca finemente macinata: si usano enzimi pectolitici che consentono di eliminare la mucillagine che avvolge il seme; segue un secondo attacco enzimatico con bromelina che libera la proteina dalle 800 alle 2000 volte più dolce del saccarosio. La proteina è composta da due catene legate non covalentemente. Miracolina: La Miracolina è una glicoproteina estratta dall’Albero del miracolo (Synsepalum dulcificum), un arbusto originario dell’Africa Occidentale. Di per sé non è dolce, ma la lingua umana, una volta esposta alla miracolina, percepisce i cibi aspri come dolci. Il fenomeno dura circa un’ora. Il principio attivo è stato isolato dal Prof. Kenzo Kurihara e pubblicato su Science nel 1968. Gli scienziati giapponesi sono, ovviamente, interessati a riprodurla biotecnologicamente. Il tentativo di produrre un ceppo ricombinante di E. coli è fallito, mentre è andato a buon fine l’ingegnerizzazione della lattuga. La miracolina è stata sequenziata nel 1989 ed è una glicoproteina di 191 amminoacidi con alcune catene glicosidiche (a causa delle quali probabilmente non viene sintetizzata in E. coli). La miracolina è un dimero di dimeri di 98.4 kDa; ogni dimero è tenuto insieme da ponti disolfurici. Il peso molecolare della glicoproteina è di 24.6 kDa e include 3.4 kDa di zuccheri: Glucosammina (31%), mannosio (30%), fucosio (22%), xilosio (10%) e galattosio (7%). L’”antidoto”alla miracolina è l’acido gimimmico che si lega sulla lingua e inibisce i sapori dolci. Curculina: Anche la curculina, isolata nel 1990 dalla Curculigo latifolia una pianta della Malaysia, ha l’attività modifica-gusto della miracolina, ma, a differenza di questa, ha anche un gusto dolce di per sé. Poiché la curculina non è molto diffusa in natura, si è tentato di riprodurla con tecnologia ricombinante. Nel 1997, la curculina è stata espressa in E. coli e nel lievito ma la proteina non mostrava le sue caratteristiche. Viceversa, un nuovo studio del 2004 otteneva un ceppo di E. coli in grado di esprimere la curculina con le sue caratteristiche. Lez V Tossicità dei Metalli Pesanti I metalli sono buoni conduttori di elettricità e calore e sono presenti in natura sotto forma di cationi. Possono essere richiesti dagli organismi o avere attività tossica a secondo delle concentrazioni. Spesso i metalli ad attività tossica sono chiamati “metalli pesanti” perché la loro densità è maggiore di 5000 kg/m3. Il termine non è molto utile in pratica: infatti l’alluminio è tossico e non è un metallo pesante. La Classificazione biologica dei metalli è basata sulla costante di legame ai ligandi KML = [ML]/[M+] x [L-] I metalli di CLASSE A hanno la seguente affinità per i ligandi: F- > Cl- > Br- > Ila seguente affinità per i donatori di elettroni (“cercatori di ossigeno”): O > N > S I gruppi funzionali con i quali si associano sono: carbonile, carbossile, alcoli e fosfati. 57
I metalli di CLASSE B hanno un’affinità opposta di donatori di elettroni (“cercatori di azoto o zolfo”). Si legano ai gruppi funzionali: tioestere, disolfuro, sulfidrilico e amminico. Nella tossicità di un metallo va anche considerato il numero di ossidazione. Ad avvalorare la pericolosità dei metalli pesanti vi è la loro forte presenza nella top-ten delle sostanze più tossiche per l’uomo stilata dalla Agency for Toxic Substances & Disease Registry nel 2007: 1) Arsenico 4) Cloruro di Vinile 7) Cadmio 10) Benzofluorantrene 2) Piombo 5) Bifenili Policlorati 8) Idrocarburi Aromatici Policiclici 3) Mercurio 6) Benzene 9) Benzopirene Fonti di esposizione: - Occupazionali: L’esposizione spesso si ha per inalazione di polveri o vapori o Scavi Minerari o Fonderie o Produzione di amalgame o Riciclo di batterie o Produzione di fertilizzanti o Soluzioni fotografiche - Sociali: o Ingestioni accidentali Sfoglie di vernice Termometri o Acqua Saldature di piombo delle condutture o Stoviglie smaltate in maniera erronea - Individuali: o Intenzioni criminali Omicidio Suicidio o Accidentali Ingestione Inalazione o Iatrogene Medicine omeopatiche Antisettici Meccanismi d’azione: I metalli non sono biodegradabili, la loro tossicità è dovuta alla loro capacità di legame con molecole dell’organismo e alterazione della loro funzione, all’interferenza con l’acquisizione di metalli essenziali e al rimpiazzamento di metalli essenziali all’interno delle proteine con alterazione della funzione. Metallotioneine Le metallotioneine (MT) sono peptidi e proteine a basso peso molecolare ad alto contenuto in amminoacidi solforati e metalli. Si ipotizza che giochino ruoli diversi: A) Fissazione dei metalli in tracce (Zn2+, Cu2+) B) Controllare la concentrazione di questi ioni C) Regolazione dei flussi degli ioni ai distretti cellulari D) Neutralizzazione dei metalli tossici (Cd2+, Hg2+) e nella protezione dello stress indotto dai metalli. Le metallotioneine sono presenti in tutti gli organismi animali, vegetali e microrganismi. Negli animali queste proteine sono molto polimorfiche e si trovano per lo più nei tessuti parenchimali 58
(fegato, rene e intestino). La loro concentrazione dipende da molti fattori, in particolare: specie, tessuto, età, sesso ed altri non ancora completamente identificati. Nonostante le metallotioneine siano proteine citoplasmatiche, si sono trovate accumulate nei lisosomi e nel nucleo. Il nome deriva dal fatto che hanno un alto contenuto di zolfo e metalli. Tale contenuto varia a secondo del metallo (fino ad oltre il 20% del peso). Nei mammiferi sono caratterizzate da: • Peso molecolare di 6-7 kDa. • Contengono da 60 a 68 amminoacidi di cui 20 Cys che legano 7 equivalenti di ione metallico bivalente • Mancano gli amminoacidi aromatici (Phe, Trp) • Tutte le Cys sono in forma ridotta e sono coordinate con ioni metallici Classificazione MT La Superfamiglia delle metallotioneine è definita come quella che comprende i peptidi che assomigliano alla metallotioneina renale equina che ha le seguenti caratteristiche: • Basso peso molecolare • Composizione i. Alto contenuto in Cys, basso contenuto in Trp e Phe ii. Sequenza caratteristica Una Famiglia di metallotioneine è caratterizzata da una particolare sequenza ed è legata ad una o più specie. I membri di una determinata famiglia appartengono solo a quella e si pensa siano correlati da un punto di vista evoluzionistico. Ogni famiglia è identificata da un numero e dalla Specie (Es. Famiglia 1: vertebrati) Le Sottofamiglie di metallotioneine sono quegli insiemi di proteine che oltre i caratteri propri delle famiglie condividono un insieme di caratteri più stringenti (Es. m1, m2) I Sottogruppi rappresentano gli insiemi di sequenze correlate filogeneticamente. In un albero filogenetico rappresentano un ramo (Es.: m2U2=MT-2 di ungulati, sottogr. della sottofamiglia m2). Le Isoforme sono i singoli membri di sottogruppi, sottofamiglie e famiglie (Es.: MT-1E umana) Un clan è un insieme di proteine che condividono delle caratteristiche non già definite: • Struttura • Proprietà termodinamiche • Affinità per i metalli • Proprietà funzionali Nonostante le sequenze amminoacidiche siano diverse hanno caratteristiche strutturali simili: - Forma a manubrio - Due domini - Diverse unità tetraedriche Me(II)-Cys - Tutte le Cys sono coinvolte in legami con gli ioni metallici - Pressoché assente la struttura secondaria Le metallotioneine possono essere considerate il prodotto di un processo evolutivo iniziatosi migliaia di anni fa per fronteggiare esigenze metaboliche degli organismi correlate all’omeostasi e alla disintossicazione dei metalli pesanti. Tutti i geni codificanti le MT nell’uomo sono localizzati sul cromosoma 16 (16q13) a formare un Cluster genico (geni vicini trascritti contemporaneamente). Tra le diverse MT le principali MT-1 e MT-2 che possono essere indotte da: Metalli pesanti, Ormoni, Infiammazione, Stress acuto o Sostanze chimiche; l’induzione delle MT è un importante meccanismo adattativo che si attua in risposta a stimoli ambientali (Ad es., l’attività delle MT è protettiva nei confronti della tossicità da metalli pesanti e dello stress ossidativo). Nel grafico a 59
lato sono mostrati i livelli di espressione delle metallotioneine in tre popolazioni cellulari (A, B, C)isolate sottoposte a diverse dosi di Cd (9, 27, 45 µM). I composti organometallici (CH3Hg e (CH3CH2)4Pb) sono solubili nella fase lipidica e sono trasportati attraverso sistemi di trasporto di altri metalli (es. Cd2+ e Hg2+ sfruttano i trasportatori del Ca2+) o specifici per i metalli stessi. La loro escrezione avviene mediante Urine, Sudore, Capelli e Respiro.
In generale la loro tossicità si esplica a più livelli: 1) Gastrointestinale: Nausea, Vomito, Diarrea, Dolore addominale e Anoressia 2) Neurologica: Atassia, Parestesia, Paralisi, Amnesia, Tremore e Stupore 3) Renale: Oliguria, Uremia e Necrosi dei tubuli renali 4) Ematologia: Emolisi, Anemia aplastica e Reazioni immunologiche Il trattamento dell’intossicazione da metalli pesanti avviene per mezzo di Agenti Chelanti che complessano i cationi metallici non specificamente aumentandone l’escrezione. I principali agenti chelanti sono: EDTA: Lega Pb, Cd Penicillammina: Lega Cu, Hg, Fe, Zn, Pb, Au Succimer: Lega Pb, Hg
Deferoxamina: Lega Fe
Dimercaprolo: Lega As, Hg, Pb, Cr, Ni
Num Atomico: 33 Peso Atomico: 75 Densità: 5727 Kg/m3
Arsenico (As) Fusione: 81°C L'arsenico è molto simile al suo omologo, il Origine: fosforo, al punto che lo sostituisce parzialmente In natura come Arsenopirite (FeSAs) in alcune reazioni biochimiche, da cui il suo effetto tossico. Scaldato, si ossida rapidamente ad Caratteristiche: ossido arsenoso, dal tipico odore agliaceo. Metalloide L'arsenico ed alcuni suoi composti sublimano. (semiconduttore)
Usato comunemente per Farmaci (in passato), Pesticidi, Rodenticidi, Erbicidi, Conservanti del legno, Produzione del vetro. Una volta era un veleno molto popolare per gli omicidi. L'arseniuro di gallio (GaAs) è un importante semiconduttore, usato nei circuiti integrati. I circuiti realizzati in arseniuro di gallio sono molto più veloci (e molto più costosi) di quelli realizzati in silicio. A differenza del silicio, possono essere utilizzati nei diodi laser e nei LED per convertire direttamente l'elettricità in luce. Oggi utilizzato nel farmaco Trisenox® per curare la Leucemia promielocitica acuta (APL). Metabolismo: Assorbito per via Polmonare e Gastrointestinale; è soggetto a Metilazione epatica ed è in grado di legarsi ai gruppi –SH della Cheratina => Accumulo nei peli e capelli. L’escrezione avviene per via urinaria. Esistono triforme chimiche dell’arsenico dannosse per l’uomo: 60
A) Arsenico trivalente: Inattiva gli enzimi sulfidrilici come la Piruvato Deidrogenasi B) Arsenico pentavalente: Sostituisce i fosfati nell’ATP C) Arsina (gas): Lega l’Emoglobina rendendola incapace di legare l’ossigeno Sintomatologia: L’intossicazione acuta di As inorganico (tetra-pentavalente) si manifesta entro 30 minuti dall’assunzione della sostanza (ritardata dall’assunzione di cibi); comporta: - Vomito e diarrea severa si può presentare ematemesi (vomitare sangue) odore di aglio nel fiato e nelle feci Rapida perdita di liquidi - Vasodilazione e diretta depressione miocardia - Ipotensione, shock, edema polmonare - Si possono avere convulsioni - Si possono avere aritmie Conseguenze tardive dell’esposizione acuta possono essere: - Necrosi tubulare acuta - Anemia, leucopenia e trombocitopenia (pancitopenia) - Neuropatia periferica dopo 1 o 2 settimane - Encefalopatia, delirio, coma L’esposizione cronica presenta molte complicazioni: - Dolore addominale - Nausea, diarrea e vomito sporadico - Neuropatia e debolezza - Stomatite - Iperpigmentazione e ipercheratosi Palme delle mani e dei piedi - Danno epatico Ittero, cirrosi, ascite L’Arsina è stata usata nella prima guerra mondiale e comporta: Emolisi, Astenia, Cefalea, Ittero, Emoglobinuria (insufficienza renale acuta), Dolore addominale, Ematuria. L’Arsenico è un composto cancerogeno (Cancro della pelle, Cancro del polmone, Angiosarcoma); Livelli normali: < 25 μg in un campione di urine delle 24 ore. Dopo aver mangiato frutti di mare o crostacei, i livelli possono salire fino a 50-2000 μg. Num Atomico: 82 Peso Atomico: 207,19
Densità: 11340 Kg/m3
Piombo (Pb) Fusione: 327,5 °C Origine: Metallo lucido, bluastro, piuttosto morbido, Relativamente abbondante sottoforma molto malleabile e duttile, mediocre conduttore di elettricita, poco solubile in acqua, molto di Galena (PbS) resistente alla corrosione ma al contatto con Caratteristiche: l’aria si ossida e si annerisce. Metalloide (semiconduttore)
Ha molteplici utilizzi: - Accumulatori - Munizioni - Vernici antiruggine (Minio) - Saldature delle tubature e dei vetri (in lega con lo Stagno) - Fabbricazione di Cristallo, Ceramica e materie plastiche 61
- Lastre schermanti dalle radiazioni NOTA: Nell’antica Roma le condutture dell’acqua (fistulae aquariae) erano di Piombo. Le fistulae sono tubazioni in piombo di diametro variabile ma di lunghezza costante (circa 10 piedi cioe metri 2,95). Le fistulae recano varie iscrizioni impresse a rilievo nel piombo mediante una matrice, che menzionano i nomi dei funzionari (quaestores) in carica al momento della collocazione della fistula o i nomi degli addetti ai lavori dell'impianto (vilici). La quantita di piombo contenuto nel nostro corpo e 500 volte superiore rispetto a quella presente 100 anni fa! Esso è infatti uno degli inquinanti più diffusi da quando, nel 1923, alcuni suoi composti sono stati aggiunti alle benzine per elevarne il potere antidetonante. È assorbito per via digerente, inalatoria o via cutanea (solo il Pb organico). L’ingestione orale può essere dovuta all’utilizzo di: - Vernici al piombo (es. usate per i giocattoli che i bambini mettono in bocca) - Vetro al piombo - Contaminazione dell’acqua - Polveri - Recipienti in ceramica, utilizzati come contenitori di liquidi (acqua, spremuta, vino) - Vino ed alcolici, contenenti piccole quantità di piombo derivante da tappi metallici o superalcolici distillati in serpentine con saldature al piombo. L’inalazione può essere dovuta a: - Riciclo delle batterie - Ristrutturazione delle case - Combustioni - Incendi di legno trattato con vernici al piombo L’Esposizione cutanea invece è piuttosto rara e si è osservata solo in lavoratori che manipolavano la Benzina. A parità di dose il piombo ingerito è meno tossico di quello inalato poiché ella quota ingerita ne viene assorbito solo un 20% mentre il rimanente viene eliminato con le feci. L’avvelenamento e usualmente causato da esposizione cronica (Saturnismo). La via inalatoria è molto efficiente: il piombo non viene metabolizzato, ma per larga parte escreto, mentre il resto (circa 20%) si distribuisce nei tessuti e in particolare: nel sangue, ove circola quasi esclusivamente negli eritrociti nei tessuti minerali (ossa e denti), ove si accumula nei tessuti molli (reni, midollo osseo, fegato e cervello). Il Pb inoltre presenta un’Emivita di 7 anni nei reni e di ben 32 anni nelle ossa inoltre tale metallo è in grado di superare tutte le barriere biologiche (BEE, Placentare, Mammaria). Sintomatologia: l’intossicazione da Pb causa - Effetti Gastrointestinali Dolore addominale e coliche Vomito intermittente - Nefropatia - Ipertensione arteriosa - Anemia da interferenza sulla sintesi dell’eme - Tossicità riproduttiva - Effetti sul SNC Difficoltà d’apprendimento e regressione Irritabilità Cambio di personalità 62
Cefalea Neuropatia periferica Atassia - Effetti sul Sistema scheletrico Il Pb diventa una componente stabile dell’osso, può essere mobilizzato, e rientrare nel sangue, in particolari stati fisiologici di stress (gravidanza, allattamento, malattie). Questo accumulo stabile di Pb nelle ossa rende molto lenta la guarigione, anche dopo un completo allontanamento dall'agente tossico. La fragilita e la malformazione ossea indotta dal Pb possono imitare il morbo di Paget. La tossicita del Pb deriva in larga misura dalla sua capacita di 'imitare' il Ca. Il trasporto di Pb2+ attraverso la membrana degli eritrociti è mediato dallo scambiatore anionico Cl-/HCO3 in un senso e dalla pompa Ca-ATPasica in senso opposto. In altri tessuti, il Pb2+ permea attraverso i canali del Ca2+ voltage-gated, o attraverso altri tipi di canali che trasportano Ca2+. Inoltre il Pb si lega alla Calmodulina, una proteina che, nel terminale sinaptico, funziona come sensore della concentrazione di Ca libero e da mediatore del rilascio di neurotrasmettitore. Il Pb altera anche il funzionamento dell'enzima Proteina Chinasi C (PKC). La PKC viene normalmente attivata da un modulatore esterno alla cellula (ormoni, neurotrasmettitori, …), attraverso una catena enzimatica e in modo dipendente dal Ca. La PKC, fra l'altro, influenza direttamente l'espressione di geni IERG (Immediate Early Response Genes). Il piombo presenta un'elevata affinità per i siti di legame specifici del calcio su questa proteina; dosi pM sono in grado di prendere il posto di dosi µM di calcio. La capacità del piombo di sostituirsi al calcio non ha spiegazioni molto ovvie dal punto di vista chimico. Sia la struttura elettronica dei due elementi è che il loro raggio ionico sono abbastanza diversi. Inoltre mentre il Ca forma preferibilmente legami con ossigeno e azoto, il Pb forma complessi con anche altri ligandi, fra cui i gruppi sulfidrilidici e ioni complessi con OH-, Cl-, NO3- e CO32-. Altro motivo di tossicità del Pb è legato all’interferenza che questo metallo crea nella cascata di eventi per formare l’eme:
Il Pb interagisce con diversi enzimi come l’ALA-deidrogenasi, l’UP-II-decarbossilasi e la Ferrochetalasi impedendo o comunque rallentando la formazione del complesso eme.
Il Pb supera agevolmente la barriera ematoencefalica, con una velocità tale da potersi considerare un potente neurotossico a livello centrale. In questo caso il meccanismo di penetrazione non è completamente chiarito, ma l'ipotesi più probabile è che esso sia trasportato passivamente come ione [PbOH]+. Nel cervello sembra che il Pb si accumuli negli astrociti, che lo sequestrano, proteggendo in questo modo i più vulnerabili neuroni. 63
A livello nervoso il Pb è in grado di alterare: - La trasmissione dopaminergica - La trasmissione colinergica - La trasmissione glutammatergica: Dosi μM di Pb riescono ad inibire completamente i canali NMDA che sembrano essere coinvolti nella formazioni delle reti neurali e quindi nei meccanismi di apprendimento e memoria. La diagnosi di intossicazione acuta da Piombo può essere fatta mediante Rx addominale (: opacità), d’altro canto l’intossicazione cronica viene diagnosticata mediante il rilevamento di elevati valori di - Piombemia e Piomburia - Acido δ-amminolevulinico - Protoporfirina eritrocitaria - Sideremia Inoltre può essere visualizzata per Fluorescenza ossea (Rx) I valori limite sono stati specificati nel D.Lgs. 277/91 che stabilisce dei valori limite ambientali (riferiti cioè al contenuto di piombo nell’aria) e dei valori limite biologici (riferiti al contenuto di piombo nel sangue e nelle urine): 1. Ambientale = 150 µg/m3 di aria 2. Biologico = 70 µg/dL (40 per le donne in età fertile) 3. ALA = 15 mg/dL (nelle urine) 4. Zn ProtoPorfirina = 12 µg/dL (nel sangue) In tale D.Lgs sono stabilite anche le linee guida per l’analisi da laboratorio: 1. Livelli di 10-14 μg/dL – border line 2. Livelli di 15-19 μg/dL – ispezione dell’abitazione 3. Livelli di 20-69 μg/dL – anamnesi dettagliata 4. Livelli > 69 μg/dL – terapia con chelanti L’analisi di laboratorio si basano sulla rilevazione di 5 parametri: A) Piombemia: Misura la quantita del piombo nel sangue totale ed è determinata dalla quantità di Pb legata ai globuli rossi; circa il 95% della concentrazione del metallo si trova nel sangue circolante, infatti questo è il test più preciso per valutare l’esposizione recente. I valori medi cambiano a seconda che i soggetti vivano in aree rurali (3-4 μg/dL) o in aree urbane (6-10 μg/dL). B) Piombo urinario: Riferito alla creatinina nel campione prelevato di primo mattino o dell’urina delle 24h. Nei soggetti non esposti, il Pb escreto nelle 24h non dovrebbe superare i 400 μg/L. Dopo trattamento con EDTA: È un indice di esposizione pregressa; dopo trattamento con fleboclisi con circa 1 gr di Ca-EDTA, vengono raccolte le urine delle 24h. C) ALA e coproporfirine urinarie: Sono substrati dell’ALA-deidratasi e dell’eme-sintetasi che aumentano quando la piombemia supera i 40-50 μg/dL. Estremamente sensibili per valori elevati di piombemia. D) Zinco-protoporfirina eritrocitaria: Aumenta quando l’enzima eme-sitetasi è inibito dal piombo con diminuita incorporazione del ferro nella protoporfirina IX. È un valido test di esposizione pregressa poiché è correlata con la quantità di Pb escreta dopo somministrazione di EDTA. E) ALAdeidratasi eritrocitaria: Tra piombo ematico e ALAdeidratasi eritrocitaria esiste una stretta correlazione negativa per valori di piombemia non superiori a 50 μg/dL pertanto, è possibile evidenziare effetti metabolici precoci di esposizione a Pb. Lez VI Mercurio (Hg) Num Atomico: 80 Fusione: -38,83 °C Origine: Metallo argenteo, liquido (oltre al Br e al Ga), Abbondante Peso Atomico: 200,59 sottoforma di Cinabro cattivo conduttore di calore ma conduce molto (HgS) 64 Caratteristiche: Densità: 13579 Kg/m3 Metalloide (semiconduttore)
bene l’elettricità. Poco reattivo a temperatura ambiente. Forma amalgame con quasi tutti i metalli più comuni. Presente in diverse forme: Mercurio elementare = Termometri, batterie, vernici, amalgame dentali, produzione di luci al neon, commutatori. Nessun effetto dopo ingestione, è scarsamente assorbito (tranne in caso di infiammazione cronica dell’intestino: IBD); dopo inalazione può presentarsi Eretismo (insonnia, inappetenza, amnesia, fragilità emozionale) e danni permanenti al SNC dovuto all’accumulo nella corteccia cerebrale. Escrezione urinaria Mercurio inorganico = Sali Mercurici (Disinfettanti), Sali Mercurosi (Polveri per dentiere e lassativi). Assorbito attraverso il tratto GI, inalazione e limitatamente a livello transepidermico; causa severa irritazione della bocca, esofago, stomaco e intestino e Acrodinia (dolori alle estremità, anomalia Mercurio comportamentale) inoltre si accumula a livello renale. Mercurio organico = Composti alchilici a catena corta (Etil e metil mercurio). Tipicamente esposizione cronica ad inquinanti e contaminanti ambientali (Idrargirismo); assorbito per via orale, transepidermica e inalazione viene escreto con le feci. È soggetto a ricircolo enteroepatico. Il Mercurio organico è quello che tratteremo maggiormente. Per ingestione è assorbito rapidamente e causa: - nausea, vomito, dolore addominale - ematemesi, danno corrosivo - sapore metallico - tremore - necrosi del tubulo renale (Causa usuale della morte) Effetti successivi all’inalazione: - Sensazione di bruciore - Dolore al petto, bronchite, polmonite - Possono verificarsi severi danni polmonari Esempi di tossicità: Disastro di Minamata bay (Giappone): 2265 vittime = Metil mercurio nella catena alimentare. Incidente in laboratorio: Pochi milligrammi (=Poche gocce) su un guanto di lattice di Metil mercurio a contatto con la pelle causano la morte. Meccanismo di tossicità: Legame a gruppi–SH, Enzimi e Cheratina => Interferenza con canali ionici, Diminuito rilascio di neurotrasmettitori e Alterazione dei microtubuli. il Ricircolo Enteroepatico: Il Hg assorbito con la dieta viene messo in circolo e portato ai diversi organi in cui si accumula (cervello, capelli, feto e reni), inoltre una volta che raggiunge il fegato viene metilato e coniugato, mediante le reazioni citocromomediate, e rimesso nell’intestino dove gli enterociti lo riconoscono come metionina e lo riassorbono ricominciando il ciclo. Inoltre il Hg può essere metilato o demetilato (tornando in forma metallica) anche ad opera di 65
molti batteri presenti nella flora intestinale, il che accelera rispettivamente il riassorbimento enterico o gli effetti tossici. Ancora il Hg metallico può essere trasformato in Hg-Organico da parte del NADH e della Vit B12. Le analisi di Laboratorio per la diagnosi di intossicazione da Hg sono le Urine delle 24 ore: - Livelli di 10 μg/L sono normali - Livelli di 100 μg/L sono indicativi di un’esposizione significativa - Livelli di 300 μg/L sono usualmente associati con i sintomi anche se la severità dei sintomi non correla bene con i livelli urinari di mercurio Un altro tipo di analisi è l’analisi del capello data l’alta affinità del Hg con la cheratina che è più sensibile ma molto più costosa. Cromo (Cr) Num Atomico: 24 Peso Atomico: 52 Densità: 7140 Kg/m3
Fusione: 1857°C Origine: ??? Caratteristiche: Metalloide (semiconduttore)
Il cromo è un metallo duro, lucido, color grigio acciaio; può essere facilmente lucidato, fonde con difficoltà ed è molto resistente alla corrosione. Gli stati di ossidazione più comuni del cromo sono +2, +3 e +6, di cui +3 è il più stabile; stati +4 e +5 sono relativamente rari. I composti del cromo +6 (cromo esavalente)
sono potenti ossidanti. In metallurgia, per conferire resistenza alla corrosione ed una finitura lucida: come costituente per leghe resistenti al calore (grazie alla funzione protettiva dell'ossido Cr2O3), come nell'acciaio inox; nelle leghe per resistenze elettriche al Ni-Cr (80% Ni - 20% Cr) o Fe-Ni-Cr (con tenori massimi del 30%). L'ossido di cromo (III) è un lucidante per metalli conosciuto come green rouge usato dagli orafi. Conferisce colore per smalti e vernici: I sali di cromo e l’ossido di cromo (Cr2O3) conferiscono una colorazione verde (Smeraldi, vernici per miniature, modellismo e pittura per/su vetro). Responsabile del colore rosso dei Rubini (usato nella produzione di rubini sintetici). Il giallo cromo è un pigmento giallo brillante, PbCrO4, usato dai pittori. Il Cromo esacarbonile Cr(CO)6 è usato come additivo della benzina. Il Boruro di cromo (CrB) è usato per i conduttori ad alta temperatura Inoltre il Cr è usato come catalizzatore; la Cromite si usa per fare impasti per la cottura dei mattoni; Sali di cromo si usano nella conciatura del cuoio; Il Dicromato di potassio è un potente agente ossidante, usato nella pulitura della vetreria di laboratorio, perché è il miglior composto disponibile per eliminare ogni possibile composto organico dai vetri di laboratorio, si usa anche come mordenzante (funge da ponte tra tintura e stoffa) per tinture per stoffa; L'Ossido di cromo (IV) (CrO2) si usa per fabbricare nastro magnetico: grazie alla maggiore coercittività rispetto al ferro, i nastri al cromo offrono prestazioni superiori. Il Cromo trivalente è un oligonutriente essenziale, necessario per il corretto metabolismo degli zuccheri nel corpo umano: una carenza di cromo influenza la capacità dell'insulina di regolare il livello di glucosio nel sangue. Diversamente da altri oligominerali, non è stata trovata traccia di atomi di cromo in alcuna metalloproteina dotata di attività biologica: il ruolo del cromo nel metabolismo degli zuccheri resta dunque, per ora, un mistero. Si danno come integratori o agenti dimagranti: - Il Cloruro di cromo (III) - Il Picolinato di cromo (III) 66
- Il Nicotinato di cromo (III) - Il Cromo (III )-D-fenilalanina Recentemente, è stato dimostrato che il Picolinato di cromo (III) genera danno cromosomico negli ovociti di criceto; difetti scheletrici nella prole di topo; aberrazioni cromosomiche, sterilità, morte e mancato sviluppo della progenie in Drosophila. Negli USA il dosaggio è stato abbassato da 50-200 μg per un adulto a 35 μg (maschio adulto) o 25 μg (femmina adulta). Viceversa, il Cromo (VI) è altamente tossico e mutagenico: la dose letale di composti di cromo esavalente è di circa mezzo cucchiaino da tè. La maggior parte dei composti del Cromo esavalente sono irritanti per gli occhi, la pelle e le mucose, ed una esposizione cronica ad essi può causare danni permanenti agli occhi, se non adeguatamente curati. Nelle cellule, il Cr(VI) viene ridotto prima al metastabile Cr(V) e poi a Cr(III). Il Cr(III) lega le proteine e forma degli apteni, che sensibilizzano il sistema immunitario. Una volta sviluppata questa sensibilizzazione diviene abbastanza persistente: il contatto con stoffe colorate con colori al cromo o il contatto con scarpe di cuoio conciato con cromo può causare o esacerbare dermatiti da contatto. L’inalazione cronica di Cr(VI) aumenta il rischio di cancro al polmone. Sembra che il meccanismo di genotossicità coinvolga il Cr(V) ed il Cr(III). Il danno è causato da radicali idrossido, prodotti durante la riossidazione del Cr(V) da parte dell’acqua ossigenata. Questo è confermato da esperimenti che dimostrano che l’acido ascorbico o il glutatione reagiscono con il Cr(VI) all’interno delle cellule polmonari, causando massivi danni al DNA (15 volte in più rotture cromosomiche; 10 volte in più mutazioni se confrontati con cellule non trattate con vitamina C). Nel 1958 l'Organizzazione mondiale della sanità consigliò una concentrazione massima ammissibile per il cromo esavalente di 0,05 mg/L nell'acqua potabile, sulla base di misure di salvaguardia per la salute. Tale raccomandazione è stata rivista molte volte, ma il valore fissato non è mai stato elevato. A partire dal 1° luglio 2006 è diventata obbligatoria la Direttiva della Comunità Europea 2002/95/CE (RoHS: Restriction of Hazardous Substances) che vieta l'utilizzo di cromo esavalente come componente nei rivestimenti anticorrosione in vari tipi di apparecchiature elettriche ed elettroniche. L’ RoHS impone restrizioni sull'uso di determinate sostanze pericolose nella costruzione di vari tipi di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Non è una legge ma una direttiva. Ogni stato membro europeo deve adottare le proprie politiche di applicazione, usando la direttiva come guida. Di conseguenza, ci potrebbero essere versioni differenti della legge quanti sono gli stati della CE. L’RoHS pone dei vincoli sull'uso delle seguenti sei sostanze: 1) Piombo: usato nella saldatura dei componenti sui circuiti stampati (le leghe comunemente usate contengono 40% Pb / 60% Sn) 2) Mercurio: utilizzato in particolari termostati e lampade a scarica di mercurio 3) Cadmio: utilizzato nelle batterie ricaricabili, come protezione alla corrosione ed usura di componenti metallici e in alcuni casi come pigmento o stabilizzante in vernici 4) Cromo esavalente (Cromo VI o Cr6+): usato in trattamenti di cromatura e nella passivazione della zincatura elettrolitica, su componenti ferrosi e non ferrosi, per evitare la corrosione e l’usura delle superfici 5) Bifenili polibromurati (PBB) . sono aggiunti ai polimeri plastici per .
6) Etere di difenile polibromurato (PBDE) ottenere proprietà ignifughe In Italia le concentrazioni massime sono 0,1% (tranne il cadmio che è limitato a 0,01%) del peso di materiale omogeneo. Ciò significa che i limiti non si applicano al peso del prodotto finito, o persino ad un componente, ma a tutta la singola sostanza che potrebbe (teoricamente) essere separata meccanicamente. Per esempio la guaina isolante di un cavo elettrico che compone l’apparecchio elettronico. Altro esempio, una radio è composta da un contenitore, viti, rondelle, schede 67
elettroniche, altoparlanti, ecc. Una scheda elettronica è composta dal circuito stampato, circuiti integrati, resistori, interruttori, ecc. Un interruttore ha un suo contenitore, una levetta, una molla, i contatti, i perni di collegamento ecc. Il contatto conterrà una striscia di rame con un rivestimento superficiale. Tutto quello che può essere identificato come materiale differente deve rispettare il limite imposto. Così, se risulta che il rivestimento del contatto dell'interruttore era oro con il cadmio di 2300 ppm, allora l'intera radio non rispetterebbe i requisiti della direttiva. Le batterie non sono incluse all'interno della portata di RoHS, quindi le batterie al piombo e al NiCd sono consentite (anche se queste ultime sono state sostituite da batterie NiMH Nichel-Metallo Idruro). Cadmio (Cd) Nei suoi composti ha numero di ossidazione Num Atomico: 48 Fusione: 321°C +2. Sono noti alcuni rari casi in cui ha numero Origine: Peso Atomico: 112 di ossidazione +1. È un metallo bivalente In lega con lo Zinco dall'aspetto argenteo con riflessi azzurrognoli; Caratteristiche: è malleabile, duttile e tenero al punto che può Densità: 8650 Kg/m3 Metalloide essere tagliato con un normale coltello. Sotto (semiconduttore) molti aspetti assomiglia allo zinco ma tende a formare composti più complessi di quest'ultimo. Circa tre quarti della quantità di cadmio prodotta vengono usati nelle pile al nichel-cadmio, mentre il quarto rimanente è principalmente usato per produrre pigmenti, rivestimenti e stabilizzanti per materie plastiche. Applicazioni: - Leghe metalliche bassofondenti e per saldatura - Leghe metalliche ad alta resistenza all'usura - Cadmiature, ovvero il rivestimento di materiali con un film di cadmio metallico tramite elettrodeposizione (preservazione dei metalli dall’ossidazione dell’acqua di mare). - Barriera per controllare le reazioni di fissione nucleare - Per produrre i fosfori dei televisori in bianco e nero ed i fosfori blu e verdi dei televisori a colori - Il solfuro di cadmio è un pigmento giallo - Impiego in alcuni semiconduttori - Stabilizzanti per il PVC - È stato usato per costruire il primo rivelatore di neutrini Una quantità di cadmio molto elevata è naturalmente scaricata nell'ambiente, circa 25.000 tonnellate all'anno. Circa la metà di questo cadmio è scaricata nei fiumi attraverso l'erosione delle rocce e un po’ di cadmio è scaricato in aria attraverso incendi boschivi e vulcani. Il resto del cadmio è liberato attraverso le attività umane, come la lavorazione. Essendo un sottoprodotto della lavorazione del rame e del fosforo, il cadmio entra nell'ambiente attraverso il terreno, perché è presente in concimi e pesticidi. Il cadmio è fortemente assorbito dalla materia organica nel terreno e può essere trasportato per grandi distanze quando è assorbito dal fango. I terreni acidificati aumentano l'assorbimento del cadmio da parte delle piante. Ciò costituisce un potenziale pericolo per gli animali che dipendono dalle piante per sopravvivere. Le mucche possono avere grandi quantità di cadmio in loro reni. I vermi di terra ed altri organismi essenziali per il terreno sono estremamente suscettibili all'avvelenamento da cadmio. Possono morire a concentrazioni molto basse e ciò ha conseguenze sulla struttura del terreno. Quando le concentrazioni di cadmio nel terreno sono alte possono influenzare i processi dei microrganismi del terreno e minacciare l'intero l'ecosistema del suolo.
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Negli ecosistemi acquatici il cadmio può bioaccumularsi in mitili, ostriche, gamberi, aragoste e pesci. Organismi da acqua salata sono più resistenti degli organismi da acqua dolce. Il cadmio non riveste alcun ruolo biologico nel corpo umano. Sia lui che i suoi composti sono tossici perfino a basse concentrazioni e tendono ad accumularsi negli organismi e negli ecosistemi. Il cadmio deriva le sue proprietà tossicologiche dalla sua somiglianza chimica allo zinco, un micronutriente essenziale per le piante, gli animali e gli esseri umani. Il cadmio è biopersistente e, una volta assorbito da un organismo, rimane in esso per molti anni (nell'ordine di decine per gli uomini) prima di venire espulso. Sebbene il cadmio sia tossico, un avvelenamento acuto fatale è raro poiché la sua azione emetica ne limita l’assorbimento. L'assorbimento di cadmio da parte degli esseri umani avviene principalmente attraverso il cibo. Le derrate alimentari ricche in cadmio possono notevolmente aumentare la concentrazione di cadmio nel corpo umano. Alcuni esempi sono fegato, funghi, crostacei, mitili, polvere di cacao, alghe secche e gli alimenti raffinati come la farina, il riso e lo zucchero bianco. Esposizione a livelli significativamente elevati di cadmio avviene nei fumatori: Il fumo di tabacco trasporta il cadmio nei polmoni. Il sangue lo trasporta con il resto del corpo dove può amplificare l'effetto rafforzando il cadmio già presente negli alimenti ricchi di cadmio. Fumare un pacchetto di 20 sigarette può portare all'inalazione di circa 2-4 μg di cadmio, ma i livelli possono variare ampiamente. Un'altra esposizione ad alti livelli può avvenire per le persone che vivono in prossimità di discariche di rifiuti o che provocano la combustione (domestica) dei rifiuti. Il fegato e i reni sono le zone in cui si depositano il cadmio e lo zinco. La concentrazione totale di cadmio nel corpo umano aumenta con l’età e varia nelle diverse parti del mondo. Di solito viene assorbito molto poco e quindi non rappresenta un problema. Quando si presenta una carenza di zinco nell’alimentazione, il corpo può reagire accumulando il cadmio al suo posto. Se l’assunzione giornaliera di zinco è elevata, lo zinco sarà immagazzinato e il cadmio verrà invece espulso. Il cadmio ostacola anche l’assorbimento del rame. L’intossicazione da cadmio può essere combattuta col Selenio e con gli alginati (contenuti nelle alghe) che si combinano col cadmio e lo eliminano dal corpo, procedimento che può prevenire l’avvelenamento. Il cadmio è trasportato al fegato principalmente tramite il sangue. Nel fegato si lega alle proteine per formare complessi che sono trasportati ai reni dove si accumula e danneggia i meccanismi di filtrazione. Ciò causa l'escrezione di proteine essenziali e di zuccheri dal corpo ed un ulteriore danno renale. Occorre molto tempo prima che il cadmio accumulato nei reni sia espulso dal corpo umano. L’assunzione giornaliera di cadmio è stata valutata di 13-24 µg, con notevoli variazioni secondo la provenienza e il tipo di alimenti. L’eliminazione giornaliera è di 10 µg/L. Livelli normali di Cd in organi e tessuti umani: - Sangue: 5,2 µg/L (= ppb) - Ossa: 1.8 ppm - Fegato: 2-22 ppm - Muscolo: 0.14-3.2 ppm Sintomatologia: - Diarrea, mal di stomaco e vomito severo - Fratture alle ossa - Problemi riproduttivi e persino possibilità di infertilità - Danneggiamento del sistema nervoso centrale - Danneggiamento del sistema immunitario - Disordini psicologici - Possibilità di danni al DNA e sviluppo del cancro 69
Intossicazione Acuta per ingestione può avere un'origine alimentare, ma è stata osservata anche nell’industria, soprattutto in fabbriche di accumulatori dove gli operai mangiavano dopo aver manipolato elettrodi di saldatura al cadmio. Sopravviene un episodio di gastroenterite con crampi epigastrici, vomito talora sanguinolento, diarrea e mialgie. Apparentemente l'effetto emetico del cadmio per via orale è un fattore importante che spiega la bassa mortalità per questa via di assorbimento. Una intossicazione mortale (gastroenterite emorragica, anuria, parotite, depressione cardiorespiratoria e morte al 7° giorno) è stata tuttavia osservata in seguito all'ingestione di 5 g di ioduro di cadmio. Intossicazione Acuta per inalazione la mortalità per intossicazione acuta da cadmio è stimata nell'ordine di 15-20%, e la morte sopravviene dal 1° al 3° giorno dopo l'esposizione. Il quadro clinico è quello di una grave irritazione polmonare con dispnea, cianosi, tosse, talora precedute da un periodo di latenza successivo all'esposizione (polmonite chimica). All'esame anatomo patologico dei polmoni si scoprono lesioni proliferative degli alveoli, che in certi casi riempiono completamente gli spazi alveolari e un ispessimento con edema dei setti interalveolari. I soggetti che sopravvivono ad una intossicazione acuta non presentano generalmente sequele polmonari. Intossicazione Cronica: Denti gialli da cadmio: Si tratta di un segno clinico molto caratteristico che deve portare l'attenzione su una impregnazione da cadmio. Si tratta di una pigmentazione gialla dello smalto, che inizia ad anello sul colletto del dente e si estende poi verso il basso lasciando sempre libero il bordo dei denti. Non c’è invece impregnazione delle gengive. Alterazioni renali: Precedono di solito le alterazioni funzionali respiratorie. Classicamente si nota la comparsa nelle urine di proteine a basso peso molecolare (circa 30.000) che non precipitano con il calore ma precipitano bene con l'acido nitrico al 25%, l'acido tricloroacetico al 25%, l'acido solfosalicilico al 3%. Sul piano clinico la nefropatia da Cd si presenta come una tubulopatia ad impronta scarsamente evolutiva che secondo alcuni autori potrebbe regredire gradualmente una volta cessata l'esposizione. L'ipotesi della regressione è stata comunque confutata da altri studi che hanno dimostrato come i danni renali, oltre a permanere anche dopo parecchi anni dalla cessazione dell'attività lavorativa fonte di rischio, tendono nei casi più gravi a peggiorare. Alterazione respiratoria: Sono state descritte con una certa frequenza ipoosmia, riniti, bronchiti ed enfisema dovuti all'azione irritante del cadmio sulle mucose respiratorie. La funzione respiratoria continua a peggiorare dopo la fine dell'esposizione. Nelle condizioni abituali di impiego del cadmio, l'alterazione della funzione polmonare (moderata sindrome ostruttiva) sopravviene solo dopo circa 10 anni di esposizione. Alterazioni ossee: Compare una osteomalacia con dolori violenti del bacino e degli arti inferiori che costringono il soggetto a camminare a piccoli passi. È possibile che un deficit di calcio e proteine abbia favorito l’azione tossica del Cd. Questa osteomalacia pare essere di origine renale, legata alla perdita esagerata di fosfato tricalcico (= Sindrome ITAI-ITAI: Ahi-ahi). Azione cancerogena: Potenzialmente cancerogeno per l’uomo. Nel ratto l’iniezione sottocutanea di ioni Cd può produrre un sarcoma nel punto dell’iniezione e una necrosi testicolare. Azione ipertensiva: Il dott. Henry A. Schroeder nel 1962 ha sviluppato una teoria sul cadmio, quale causa dell’ipertensione e dei disturbi cardiaci ad essa legati, avvallata da successivi studi condotti sull’uomo che hanno portato alla conclusione che la miscela di cadmio e piombo può provocare incrementi di pressione doppi rispetto a quelli indotti da ciascun metallo preso singolarmente; inoltre tale ipertensione perdura nel tempo.
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Num Atomico: 33 Peso Atomico: 75 Densità: 5727 Kg/m3
Nikel (Ni) È un metallo duro ma duttile, molto reattivo Fusione: 81°C anche se a condizioni standard di temperatura e Origine: pressione reagisce molto lentamente. È ??? ferromagnetico e, in presenza di un campo Caratteristiche: magnetico, si restringe. Il più comune stato di Metalloide ossidazione del nickel è +2, anche se sono stati (semiconduttore) osservati dei complessi in cui lo stato di
ossidazione è 0, +1, +3 e +4. Il Nickel è usato in molti prodotti industriali e di consumo: acciai inossidabili, magneti e speciali conduttori. È anche usato per le placcature e per colorare il vetro di verde. In laboratorio è molto usato come catalizzatore delle idrogenazioni (Nickel Raney). Il nickel è spesso usato nelle monete: i cinque centesimi USA (chiamati appunto nichelini) sono una lega Cu/Ni (75/25). I cinque centesimi canadesi coniati tra il 1922 e il 1981 sono nickel al 99.9% e sono quindi magnetici. Il Nickel interviene in numerosi processi biologici di microrganismi e piante: - L’ureasi contiene nickel - Le NiFe-idrogenasi contengono nickel oltre ai centri Fe-S - Il gruppo prostetico della metil-coenzimaM reduttasi dei batteri metanogeni è un anello tetrapirrolico con il nickel - Altri enzimi contenenti nickel solo le gliossilasi e le superossido dismutasi Via di assorbimento inalatoria: Circa il 35% del nickel inalato viene assorbito dal sangue. Escrezione: Urinaria, con emivita di 30-53 ore Livelli sierici normali: 0.05 –1.1 µg/L Cancerogenicità: Sostituisce lo Zn2+negli Zinc-finger => Danno al DNA attraverso produzione di ROS; La Vitamina E, inibisce in parte la condensazione della cromatina causata dal Ni. Il nickel metallico reagisce con il monossido di carbonio e forma il [Ni(CO4)], che per riscaldamento a 200°C si decompone (processo Mond). Questa reazione costituisce un metodo conveniente di raffinazione del metallo. Tuttavia, il complesso che si forma è altamente tossico (morte). La dermatite da nickel rappresenta una delle forme più comuni di dermatite allergica da contatto. Il 4-9% dei soggetti affetti da DAC mostra una reattività positiva nei confronti di questo metallo. La sensibilizzazione può avvenire con uno dei tanti prodotti a base di nickel: gioielli e monete. Nell’immagine sono riportati i livelli di rilascio di Ni nelle monete dell’Euro (50cent, 1euro, 2euro). Come si può notare le parti grigie (Anello-2euro e Centro-1euro) sono quelle che rilasciano maggior quantitativi di Nikel. Tale fenomeno è spiegabile dato che sono composti da una lega di due metalli (Cu e Ni) che sono soggetti alla corrente galvanica. NOTA: Una Corrente Galvanica è dovuta a due metalli fra cui è interposta una soluzione salina (ad es. sudore). Dato che i 71
metalli sono caricamente attivi in seguito alla formazione di un campo elettromagnetico degradano e il Ni viene rilasciato. Lez VII Contaminazione degli Alimenti Contaminazione microbica Ha avuto molta importanza negli anni passati, oggi è meno presente grazie a: - Miglioramento standard igienico di vita - Sistemi di conservazione più efficienti - Meccanizzazione dei processi di lavorazione degli alimenti - Uso di confezioni originali - Diffusione del frigorifero domestico In seguito al diffondersi dell’alimentazione collettiva e del catering vi è stato un aumento delle occasioni di contaminazione e di episodi tossinfettivi. Contaminazione chimica Problema legato allo sviluppo economico, industriale e urbano e all’uso di sostanze xenobiotiche. I residui che contaminano gli alimenti sono di solito presenti in quantità molto piccole (ppm = parti per milione; ppb = parti per miliard). La provenienza dei residui può essere dovuta a: - Pratiche agronomiche (pesticidi, fertilizzanti) - Pratiche zootecniche (ormoni, antibiotici) - Cessioni da parte di macchinari e di contenitori - Coadiuvanti tecnologici - Inquinamento ambientale di origine industriale e urbana CONTAMINAZIONE DA PESTICIDI: Sono detti anche antiparassitari, sono impiegati nel settore agricolo. Vi è stato un grande sviluppo nel tempo: 1) Prodotti organici naturali: Nicotina, Piretro 2) Sostanze inorganiche: Solfato di rame, Zolfo, Arsenico 3) Composti organici di sintesi: DDT Vantaggi: debellamento malattie trasmesse da insetti (malaria), miglioramento quantitativo della produzione agricola Svantaggi: inquinamento ambientale, alterazione equilibri ecologici, problemi igienico sanitari (tossicità acuta e/o cronica per l’uomo) Come sempre l’intossicazione può essere di tipo acuta o cronica: Intossicazione Acuta: Accidentale e/o in seguito alla manipolazione delle sostanze Intossicazione Cronica: Permanenza residui negli alimenti e nelle acque La contaminazione chimica può riguardare: PRODOTTI VEGETALI = sia direttamente trattati, sia coltivati in terreni o irrorati con acque in cui vi sia presenza di pesticidi da trattamenti precedenti; PRODOTTI ANIMALI = si contaminano per via indiretta carni, latte, uova di animali nutriti con foraggi o mangimi trattati, pesci, molluschi ACQUE PER L’ALIMENTAZIONE = sia di provenienza superficiale, sia di falda non molto profonda. I processi di potabilizzazione sono inefficaci per l’inquinamento chimico Pesticidi 72
Si riconoscono due classi di pesticidi: Pesticidi Ectofitici: Agiscono rimanendo sulla superficie della pianta Pesticidi Endofitici: Agiscono più o meno profondamente nei tessuti; a questa classe appartengono i Fitofarmaci Sistemici (Attraverso l’apparato vascolare diffondono all’interno della pianta rendendola tossica = Esteri Fosforici). I residui permangono anche dopo uno scrupoloso lavaggio del prodotto!
Gli antiparassitari endofitici e sistemici spesso subiscono modificazioni metaboliche all’interno della pianta che possono trasformare il composto di origine non tossico in un metabolita tossico, in oltre questi pesticidi persistono sia nei vegetali che negli animali. Per tale motivo i Fitofarmaci vanno utilizzati solo per le colture per le quali sono autorizzati, nella giusta concentrazione e rispettando gli intervalli di sicurezza. In questi casi i rischi da residui sono minimi. Normativa: La legislazione tende a regolamentare la contaminazione alimentare e ambientale che deriva dall’impiego degli antiparassitari e la produzione, il commercio, la vendita e l’impiego degli antiparassitari. Il D.P.R. 233/88 (Direttiva CEE), suddivide i fitofarmaci in 3 classi: - I CLASSE: prodotti molto tossici e tossici - II CLASSE: prodotti nocivi - III CLASSE: prodotti da manipolare con prudenza Per la vendita e l’acquisto dei prodotti fitosanitari appartenenti alle classi I e II occorrono specifiche abilitazioni. Vengono definiti Fitofarmaci quei preparati (specifici o ad ampio spettro) contenenti una o più sostanze attive destinati a: - Proteggere i vegetali da tutti gli organismi nocivi o a prevenirne gli effetti - Favorire e regolare i processi vitali dei vegetali - Conservare i prodotti vegetali - Eliminare piante indesiderate - Eliminare parti di vegetali, frenarne o evitare un loro indesiderato accrescimento Tali preparati contengono: - Sostanze attive - Coadiuvanti: migliorano l’efficacia del principio attivo - Sostanze inerti: facilitano la distribuzione del prodotto - Coloranti: visualizzano l’avvenuto trattamento In base all’azione svolta si dividono in: o Insetticidi: prevenzione e cura o Fungicidi o anticrittogamici: prevenzione e cura o Diserbanti: azione totale o selettiva o Fitormoni o fitoregolatori o Fitofarmaci In base alla composizione chimica si dividono in: o Prodotti Organici: fosfoderivati, clorati, composti arsenicali, composti del rame, dello zolfo e derivati. o Prodotti Inorganici: i. Naturali = nicotina, piretro ii. Sintetici = composti clororganici (difeniletani, cicloesani,...); composti fosfororganici (fosfati, tiolofosfati,...); composti azotorganici (carbammati, derivati urea); composti azoto-solforganici (ditiocarbammati,...); idrocarburo derivati (diacidi alifatici, aromatici,...)
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Composti Clororganici: Sono stati i primi composti sintetici impiegati come pesticidi. Dicloro-Difenil-Tricloroetano (DDT): Impiegato come insetticida, colpisce i nervi periferici dell’insetto che rimane paralizzato e muore. Media o bassa tossicità acuta ma Notevole tossicità cronica Policlorobifenile (PCB): I PCB, come il benzene e il bifenile, sono una classe di sostanze caratterizzate da un’alta solubilità nei grassi. Prodotti molto utilizzati nel passato dalle industrie a causa delle loro versatili qualità sono dotati di inerzia chimica e proprietà isolanti. In Italia questi composti sono vietati. L’elevata stabilità chimica ne impedisce la decomposizione agli agenti atmosferici e microbiologici ciò significa che permangono nell’ambiente molto a lungo e si concentrano nella catena alimentare (Biomagnificazione); sono liposolubili => accumulo in adipe, grassi d’organo, fegato, cervello. Inibiscono l’ATPasi, alterano il metabolismo dei carboidrati, stimolano gli enzimi epatici e degradano rapidamente gli ormoni steroidei. Non è noto il potere cancerogeno. Dagli anni ’70 i composti clororganici sono stati vietati. Composti Fosforganici: Prodotti ad azione prevalente insetticida, nematocida e acaricida. Presentano Elevata tossicità acuta ma Bassa tossicità cronica. Sono degradati rapidamente dalla flora microbica e non rimangono molto a lungo nell’ambiente. Classe tossicologica I e II. Alcuni composti fosforganici accrescono notevolmente la loro tossicità all’interno dell’organismo animale in seguito ad ossidazione metabolica. Il Paraoxon ha un’azione tossica molto più elevata rispetto al Parathion: La Tossicità dei composti fosforganici è legata all’inibizione irreversibile della Colinesterasi: Intossicazione acuta: L’acetilcolina si accumula nelle sinapsi e provoca: vertigini, nausea, vomito, miosi, salivazione, lacrimazione, sudorazione, dolori addominali, diarrea, stato confusionale, contrazioni muscolari incontrollate, convulsioni. In casi più gravi: collasso, coma, morte. Intossicazione cronica: Dovuta a introduzione prolungata di quote minime di esteri fosforici, può essere asintomatica o può dare luogo a fenomeni di neurotossicità ritardata. La diagnosi viene fatta con l’analisi della colinesterasi nei soggetti professionalmente esposti. Carbammati e Ditiocarbammati: Derivano rispettivamente da Acido carbammico (Sx) e Acido ditiocarbammico (Dx) Sono impiegati come erbicidi ed anticrittogamici e presentano una Tossicità acuta inferiore ai fosforganici. Come prima bloccano la colinesterasi. I prodotti di degradazione hanno attività gozzigena e cancerogena anche se sono soggetti a metabolizzazione rapida in tutti gli organismi. A causa del loro massiccio impiego non è raro trovarne residui in quantità superiori ai limiti consentiti in alcuni alimenti (es. Miele).
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Composti triazinici: Derivati delle triazine; i più diffusi sono: Atrazina Simazina
Impiegati come erbicidi, inibiscono la fotosintesi delle piante infestanti; presentano Bassa tossicità acuta ma sono cancerogeni ad alte concentrazioni. Difficilmente degradabili, contaminano le acque. Uso sospeso su tutto il territorio italiano Ricerca analitica dei pesticidi A) Preparazione del campione: i prodotti solidi richiedono una preventiva preparazione che consiste nell’omogenizzazione B) Estrazione dei principi attivi: estrazione con solventi diversi a seconda dei gruppi di fitofarmaci e matrici alimentari C) Purificazione dell’estratto: per allontanare le sostanze estranee estratte dal solvente che interferiscono con la determinazione dei pesticidi, si effettua con tecniche cromatografiche D) Analisi quali-quantitativa: GC, HPLC, spettrofotometria, Assorbimento Atomico E) Elaborazione e integrazione dei dati Contaminazione da contenitori Per contenitori si intende sia gli utensili da cucina e da tavola, sia gli imballaggi a contatto con l’alimento. ¼ di tutti i materiali da imballaggio vengono utilizzati per confezionare sostanze alimentari. Il D.L. 22/97 (direttiva CEE su rifiuti, rifiuti pericolosi e rifiuti da imballaggio) parla di RIDUZIONE del volume e del peso degli imballaggi, RECUPERO attraverso la “termoutilizzazione” cioè la combustione del rifiuto con recupero di energia o la produzione di “compost” e RICICLO di almeno una parte dei materiali di fabbricazione, incentivando la raccolta differenziata. Per valutare il ruolo del contenitore come fonte di contaminazione bisogna tener presente le proprietà tossicologiche della sostanza ceduta e la quantità di sostanza in relazione a: - durata del contatto - estensione superficiale del contatto - temperatura - tipo di alimento - potere estrattivo La Normativa vigente si preoccupa di: 1) Definizione del protocollo di valutazione di un nuovo componente di materiali destinati a venire a contatto con alimenti, al fine di poter essere incluso nella “lista positiva”. 2) Elenco delle sostanze autorizzate per la preparazione di oggetti che dovranno contenere alimenti. 3) Classificazione convenzionale degli alimenti in funzione delle prove di cessione da effettuarsi sui materiali destinati al contatto con alimenti. 4) Descrizione dei metodi analitici per determinare la: Migrazione globale (quantità totale di materiale ceduta dal contenitore) e la Migrazione specifica (singoli contaminanti)
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Materiali più usati per i contenitori sono - Acciaio inox - Alluminio: Nativo, In lega - Latta - Ceramica e Vetro - Carta e Plastica Acciaio Inox (austenitico): L’austenite è una soluzione solida primaria di tipo interstiziale di Carbonio nel Ferro. Stabile solo ad alta temperatura (sopra i 723 °C), non ha proprietà magnetiche e può contenere al massimo poco più del 2% di carbonio (a 1147 °C). A seconda della modalità di raffreddamento, l'austenite si trasforma in una miscela di ferrite e cementite o in martensite. Questa trasformazione ha un'importanza chiave nella tempra dell’acciaio. La presenza nella soluzione solida, oltre al ferro e al carbonio, di altri metalli in lega modifica la temperatura minima per ottenere l'austenite: Silicio, Molibdeno e Cromo tendono ad innalzarla, mentre Manganese e il Nichel tendono ad abbassarla. Nel caso limite di alcuni acciai inossidabili, detti acciai inossidabili austenitici, il contenuto di Ni e Cr è tale che l'austenite è stabile a temperatura ambiente. L’acciaio inox viene classificato in base alla percentuale di Ni e di Cr (es: Acciaio Inox 18;10 = 18% Ni e 10% Cr). Le proprietà fondamentali sono: - ottima resistenza alla corrosione - facilità di ripulitura e ottimo coefficiente igienico - facilmente lavorabile, forgiabile e saldabile - incrudibile se lavorato a freddo e non tramite trattamento termico - in condizione di totale ricottura non si magnetizza Vantaggi: La loro struttura austenitica li rende immuni dalla transizione duttile-fragile, quindi conservano la loro tenacità fino a temperature criogeniche (He liquido). La dimensione dei grani li rende resistenti allo scorrimento viscoso; di conseguenza fra gli acciai per costruzione di recipienti a pressione, sono quelli che possono essere utilizzati alle temperature più elevate (600 °C). Svantaggi: La massima temperatura cui possono essere trattati è di 925 °C; a bassa temperatura la resistenza alla corrosione diminuisce drasticamente: gli acidi rompono il film di ossido e ciò provoca corrosione generica in questi acciai; nelle fessure e nelle zone protette la quantità di ossigeno può non essere sufficiente alla conservazione della pellicola di ossido, con conseguente corrosione interstiziale; inoltre gli ioni degli alogenuri, specie l'anione Cl-, spezzano il film passivante sugli acciai inox austenitici e provocano la cosiddetta corrosione ad alveoli, definita in gergo “pitting corrosion”. Impiegati per: - pentole e servizi domestici - finiture architettoniche - mattatoi - fabbriche di birra - lattine per bibite e prodotti alimentari - serbatoi per gas liquefatti - scambiatori di calore - apparecchi di controllo dell'inquinamento e di estrazione di fumi - autoclavi industriali. La loro resistenza a gran parte degli aggressivi chimici li rende inoltre molto apprezzati nell'industria chimica. Alluminio: Costoso, riciclabile, leggero. Impermeabile ai gas, all’acqua e alla luce è resistente alla corrosione grazie alla formazione in superficie di uno strato di ossido (gli alimenti acidi possono 76
dissolvere il film di ossido autoprotettivo). L’azione metabolica nell’organismo non è nota, se ingerito viene poco assorbito ed eliminato con le feci. Con urine 5-20 mg/die L'80% delle persone che esegue un test mineralogramma dei capelli, scopre di essere intossicato dall'alluminio. L'alluminio oggi viene usato in enormi quantità sia nel campo alimentare, sia in quello medicinale e cosmetico. Impiegato per: - Pentole, Vaschette e carta argentata (stagnola) - Lattine per bevande - Tetrapak (ma anche il tappo dello yogurt…alimento molto acido) - Buste per biscotti internamente foderate con Al - Cacao, sale e lievito trattati con Silicoalluminati per mantenerli secchi - Farina (l’allume di potassio è usato per sbiancarla) - Formaggi (Fosfati di sodio e alluminio come emulsionante) - Acqua (L’alluminio è un agente flocculante usato per la potabilizzazione) - Tubetti di dentrificio (tranne quelli di plastica, ovviamente…) - Contenitori di medicinali (i famosi “blister”) - Deodoranti antitraspiranti (Il cloruro di alluminio inibisce la sudorazione) - Farmaci antiacidi (Maalox, Mylanta, Riopan, Alka-Selzer …) - Cosmetici (anche di marca: rossetti, phard, matite …) Per avere la certezza che tale metallo non sia presente nella composizione si può leggere con attenzione le etichette, evitando prodotti che contengono sostanze che iniziano con "ALLUM". In ogni caso è bene sapere che esistono persone sensibili a tale metallo, ed altre meno sensibili che inspiegabilmente non lo accumulano nell’organismo. Il suo assorbimento dipende da alcuni fattori, quali i livelli di minerali e vitamine antagonisti, in particolar modo la vitamina C, il calcio e il fluoro, ed il livello dell'ormone paratiroideo. È molto difficile determinare l'intossicazione da alluminio dall'esame del sangue, in quanto vi rimane per troppo poco tempo e viene subito immagazzinato in altri tessuti (Cervello, reni, polmoni, tiroide, fegato, ossa e intestino). L’Intossicazione da Alluminio si manifesta con: - Problemi di apprendimento e riflessi di parola lenti (diffuso tra i bambini). - Problemi di coordinazione. - Scarsa memoria, confusione mentale: Recenti studi hanno riscontrato nelle autopsie di pazienti affetti dal morbo di Alzheimer, un significativo aumento di alluminio nel cervello. - Cefalee, mal di testa, tensione cerebrale. - Coliche di media/forte intensità, talvolta con problemi digestivi (sempre nei bambini) - Alcuni disturbi del sangue, come emolisi, leucocitosi e anemia: l'alluminio interferisce con il metabolismo del ferro. - Carie dentaria: L'alluminio compete con il fluoro impedendone l'assorbimento. - Ipoparatiroidismo: freddolosità, problemi di circolazione, rallentato metabolismo - Disfunzioni renali. - Disturbi neuromuscolari. - Osteomalacia: incremento di fratture ossee. - Disturbi epatici: Avversione per la carne. - Possibile aggravamento dei sintomi del morbo di Parkinson. In Italia vengono consumate in un anno circa un miliardo e settecento milioni di lattine: tutte insieme formano un massiccio montuoso come il Gran Sasso. Occorrono 5 kg di bauxite per 77
ricavare 1 kg di alluminio NUOVO e per estrarla vengono distrutte ampie zone di foresta soprattutto australiana. L’alluminio è facilmente riciclabile con un consumo energetico minimo rispetto alla produzione ex novo: si risparmia il 95% di energia. Grazie all’attività di riciclaggio in 10 anni è stato possibile risparmiare energia per 534.201.400 KwH. Una curiosità: per ottenere 1 Kg di alluminio riciclato sono necessarie 61 lattine usate. Latta: Lamiera di ferro o acciaio rivestita di stagno o cromo. Utilizzata per alimenti sterilizzati e a lunga conservazione è impermeabile all’O2, alla luce, infrangibile, rigida, resistente, verniciabile (Può essere rivestita con vernici naturali e sintetiche). Il pericolo di contaminazione può venire dalle saldature se effettuate con la lega Sn-Pb (Limiti di Pb negli alimenti: 0,2 -0,3 ppm per burro, bibite analcoliche, birra, succhi di frutta concentrati e 2,5 -3 ppm per conserve di crostacei). Ceramica: La ceramica è un materiale di antica tradizione. Con il termine ceramica si intende qualsiasi oggetto, prodotto artificialmente dall'uomo, composto con materie inorganiche, non metalliche, foggiate a temperatura ambiente e consolidate a caldo. È composta da argilla, feldspato, sabbia, ossido di ferro e allumina. Può essere: - A pasta compatta: Usata per gres e porcellane; bassissima porosità, buona impermeabilità ai gas e ai liquidi, non si lasciano scalfire da una punta d'acciaio. - A pasta porosa: Usata per terraglie, maioliche e terracotte; pasta tenera e assorbente, si lascia scalfire da una punta d'acciaio. Dopo la prima cottura, i manufatti in argilla possono essere "smaltati" con appositi smalti, costituiti da una miscela in vari rapporti di vetro, opacizzanti, fondenti e terre. Ricoperta la superficie dell'oggetto tramite la smaltatura, si può quindi passare alla decorazione utilizzando appositi colori ceramici (ottenuti da ossidi minerali o metallici mescolati a fondenti o indurenti). I rivestimenti possono essere di vario tipo: 1. Gli ingobbi: sono di tipo argilloso e si applicano sui manufatti ancora leggermente umidi prima della cottura; la superficie colorata con gli ingobbi, una volta cotto l'oggetto, risulterà porosa, opaca e non vetrificata se non si raggiunge la temperatura limite dell'argilla usata per l'ingobbio 2. Le Cristalline (Vetrina nel passato): sono di tipo vetroso, impermeabili e lucide. Sono trasparenti, benché possano anche essere colorate, e lasciano intravedere l'argilla sottostante. Per abbassare il punto di fusione della silice utilizzata per le cristalline, vengono aggiunti i fondenti, come l'ossido di piombo (tossico) sostituito dal germano, gli alcali o i borati 3. Gli smalti: sono di tipo vetroso ma non sono trasparenti come le vernici, bensì coprenti perché hanno una parte di materia prima che viene dalle argille come il feldspato potassico o sodico, bentonite (un ossido di alluminio e silicio), stagno, etc. La Direttiva CEE definisce i limiti massimi di cessione per Pb e Cd: - Piatti: Pb0,8 mg/dm2; Cd 0,07 mg/dm2 - Oggetti riempibili: Pb4 mg/L; Cd 0,3 mg/L - Utensili di cottura e recipienti >3L: Pb1,5 mg/L; Cd 0,1 mg/L Vetro: Sostanza vetrificante = Silice (SiO2); Stabilizzanti = Na, K, Ca, Pb, Zn, B; Accessori = affinanti, decoloranti, coloranti, opacizzanti I vetri autorizzati per contenere alimenti vengono racchiusi in tre categorie: - Categoria A: Vetri borosilicati e sodiocalcici incolori o colorati; Per contenitori in qualsiasi condizione di contatto con gli alimenti compresa sterilizzazione. - Categoria B: Vetri sodiocalcici e opacizzati; Per contenitori e vasellame da utilizzare in condizione di contatto con gli alimenti non > 80 °C. - Categoria C: Vetri al piombo (cristalli); Per vasellame e bicchieri destinati a contatto breve e ripetuto. 78
Carta: Materia prima fibrosa (80%) = Cellulosa (ricavata quasi pura dalle fibre epidermiche del seme di cotone o dal riciclo di carta già usata; Materia prima non fibrosa (Sostanze di carica, Sostanze collanti e Coloranti). Le sostanze di carica, riempiendo gli spazi compresi tra le fibre, consentono di ottenere una superficie chiusa e piana favorendo la formazione del foglio, e conferiscono all'impasto fibroso determinate caratteristiche positive quali: - migliore ricettività dell'inchiostro - migliore lisciatura - maggior grado di bianco (dipendente dal fatto che le sostanze impiegate sono generalmente bianche) Bisogna tener conto che le sostanze di carica abbassano notevolmente tutte le altre caratteristiche meccaniche della carta. Esse sono: - Carbonati = carbonato di bario, di calcio e di magnesio - Ossidi = biossido di titanio - Silicati = asbestina, bentonite, caolino e talco - Solfati = solfato di bario e di calcio - Solfuri = solfuro di zinco Le sostanze collanti servono per il collaggio e conferiscono alla carta una impermeabilità ai liquidi ed agli inchiostri (rendendola così scrivibile). Un foglio di carta non collato è generalmente assorbente. Le principali sostanze collanti sono: la resina, l'amido, la caseina, le cere e le resine sintetiche. La carta come contenitore può essere usata per alimenti di tipo solido-secco o per prodotti liquidi e semiliquidi (se con film di plastica e alluminio). A seconda del tipo di alimento deve avere delle determinate peculiarità: - Alimenti tipo I, II, III, IV 75% materiale fibroso 10% sostanze di carica 15% sostanze ausiliare Coloranti per uso alimentare - Alimenti tipo V 60% materiale fibroso 25% sostanze di carica 15% sostanze ausiliare Coloranti per uso alimentare Plastica: Sono dette materie plastiche quei materiali artificiali con struttura macromolecolare che in determinate condizioni di temperatura e pressione subiscono variazioni permanenti di forma. Le materie plastiche sono generalmente il risultato della polimerizzazione di una quantità di molecole base (monomeri) per formare catene anche molto lunghe (Omopolimeri se il monomero è unico; Copolimeri se il polimero è ottenuto da due o più monomeri diversi; Leghe polimeriche se il materiale è il risultato della miscelazione di due monomeri che polimerizzano senza combinarsi chimicamente). A tale base polimerica vengono poi aggiunte svariate sostanze (dette "cariche") in funzione dell'applicazione cui la materia plastica è destinata. Tali sostanze possono essere plastificanti, coloranti, antiossidanti, lubrificanti ed altri componenti speciali atti a conferire alla materia plastica finita le desiderate proprietà di lavorabilità, aspetto e resistenza. Le plastiche si classificano con un sistema americano detto SPI, che consiste in un triangolo con un numero dentro. Ogni numero corrisponde a un tipo di plastica. In base alle normative DIN 7728 e 16780 ad ogni materia plastica è associata una sigla, che la identifica univocamente. Si distinguono tre categorie di plastiche: 79
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Termoplastiche = Gruppo di materie plastiche che acquistano malleabilità, cioè rammolliscono, sotto l'azione del calore. In questa fase possono essere modellate o formate in oggetti finiti e quindi per raffreddamento tornano ad essere rigide. Questo processo, teoricamente, può essere ripetuto più volte in base alle qualità delle diverse materie plastiche. - Termoindurenti = Gruppo di materie plastiche che, dopo una fase iniziale di rammollimento dovute al riscaldamento, induriscono per effetto di reticolazione tridimensionale. Nella fase di rammollimento per effetto combinato di calore e pressione risultano formabili. Se questi materiali vengono riscaldati dopo l'indurimento non ritornano più a rammollire, ma si decompongono carbonizzandosi. - Elastomeri = La loro caratteristica principale è una grande deformabilità ed elasticità: possono essere sia termoplastiche che termoindurenti. Le Gomme, pur avendo chimicamente e tecnologicamente molti punti di contatto con le materie plastiche, non sono normalmente considerate tali. Vantaggi: Grande facilità di lavorazione, Economicità, Colorabilità, Isolamento acustico, termico, elettrico, meccanico, Resistenza alla corrosione, Infrangibilità, Inerzia chimica, Idrorepellenza, Inattaccabilità da parte di muffe, funghi e batteri. Svantaggi: Bassa resistenza all’abrasione, Non completa impermeabilità. Lo smaltimento dei rifiuti plastici, quasi tutti non biodegradabili, avviene di solito per riciclaggio o per stoccaggio in discariche. Bruciando materiali plastici che contengono atomi di cloro nella loro molecola, come ad esempio il PVC, si genera DIOSSINA, un gas molto velenoso. Tra i Polimeri termoplastici ricordiamo: A) Polietilene: a. PET (Polietilene Tereftalato): Consente di ottenere fogli sottili e leggeri. Resistente al calore fino a 250 °C ed impermeabile ai gas. Contenitori per liquidi, vaschette per frigo e forno. b. HDPE (Polietilene ad alta densità): Resistente agli urti. Cosmetici, contenitori per detersivi, tubi per l'acqua. c. LDPE (Polietilene a bassa densità): Impermeabile ai gas e flessibile. Sacchetti, imballaggi, pellicole per alimenti B) Polistirene: a. PS (Polistirene o, meno comunemente, polistirolo): Duro e rigido. Scotch, giocattoli, oggetti d'arredamento. b. Polistirene espanso: Resina polistirenica a forma schiumosa; ha bassissimo peso specifico e conducibilità termica; buona elasticità. Imballaggi, isolamento termico ed elettrico dei muri. C) Polivinilcloruro (PVC o cloruro di polivinile): La plastica più utilizzata. Ha buone proprietà meccaniche. Finestre, serramenti esterni, giocattoli, bottiglie, contenitori, grondaie. D) Polipropilene (PP): La plastica più leggera. Resiste al calore ed agli agenti chimici. Ha un buon isolamento elettrico. Nel settore casalingo, parti di elettrodomestici, imballaggi, materiale di laboratorio. E) Poliammide (PA o Nylon): Una fra le prime plastiche scoperte. Resistente all'usura e non infiammabile. Ingranaggi, apparecchi radiotelevisivi, abbigliamento. F) Resine acriliche: Simili al vetro perché sono trasparenti. Fusori delle lampade, coperture trasparenti, oggetti d'arredamento. G) Celluloide: La prima plastica in assoluto ad essere scoperta. Simile alla madreperla. Pettini, tasti, oggetti che imitano l'avorio Tra i Polimeri termoindurenti ricordiamo: 80
A) Resine fenoliche: Le caratteristiche dipendono dai materiali con cui sono mescolate. Settore casalingo, mobili per televisori. B) Resine ureiche: Dure e colorate. Hanno buone proprietà meccaniche e sono facilmente lavorabili. Spine, prese, elettrodomestici, interruttori. C) Resine melamminiche: Buona resistenza alle alte temperature e all'umidità. Laminati, settore casalingo, arredamenti, vernici. D) Resine epossidiche: Eccellente adesività, resistenza al calore e chimica. Inoltre possiedono buone proprietà meccaniche e sono ottimi isolanti elettrici. Vernici, rivestimenti, adesivi e materiali compositi. E) Resine poliesteri insature: Sono leggere, facilmente lavorabili e resistenti agli agenti atmosferici. Piscine, coperture per tetti. Secondo la normativa vigente i limiti di migrazione globale sono di 10 mg/dm2 di superficie e di 60 mg/kg per recipienti con volume compreso tra 500 mL e 10 L. Radionuclidi Alimenti contaminati da radioisotopi finemente dispersi nell’atmosfera in seguito a: - Esplosioni nucleari - Scariche o perdite di impianti nucleari Radioisotopo t½ Uomo t½ Vegetale Accumulo Via d’introduzione 131 I 7-8 giorni 4 giorni Tiroide Verdura, bovini e latte 137 Cs 4-6 mesi 1,4 anni Muscolo, Fegato e Milza Verdura, carne, pesce e latte 134 Cs 4 mesi 10 mesi Muscolo, Fegato e Milza Verdura, carne, pesce e latte 90 Sr 17 anni 4,3 anni Ossa Verdura e latte Effetti somatici: Deterministici (= Compaiono solo al di sopra di una determinata soglia quantitativa); Distruzione di cellule, danni a tessuti e organi fino alla morte; Casuali dovuti al danneggiamento del DNA di poche cellule. Può portare a tumore. Effetti ereditari: Sono di tipo casuale e si verificano quando è danneggiato il DNA delle cellule germinali. Lez VIII Diossine La storia dei composti clorurati di sintesi ha avuto inizio nella cittadina di Midland (Michigan), ad opera di Mr. Dow, fondatore della Dow Chemical, il quale scoprì nel 1900 il modo di separare il comune sale da cucina in atomi di sodio e di cloro. In un primo momento il cloro venne considerato un inutile sottoprodotto, ma presto si scoprì come unirlo a idrocarburi derivati dal petrolio, originando così una moltitudine di composti che, dal decennio 1930-40 in poi, costituirono una produzione industriale imponente di solventi, pesticidi, disinfettanti, materie plastiche ed affini. Questi composti clorurati, sia durante il processo produttivo che in seguito a combustione, liberano alcuni sottoprodotti indesiderati, tra i quali le diossine. Le diossine, dal punto di vista della nomenclatura chimica, sono una classe di composti organici eterociclici la cui struttura base consta di un anello con quattro atomi di carbonio e due di ossigeno. Si ripartiscono in due categorie, entrambe derivate da composti di formula bruta C4H4O2. Le suddette categorie originano da: Derivati dalla 1,2-diossina = Derivati dalla 1,4-diossina = strutturalmente un endoperossido il capostipite più stabile La diossina e chimicamente differente dal diossano che non ha l’anello aromatico = Pur avendo entrambi due gruppi eterei, la diossina è un analogo deidrogenato ma anche stericamente è un composto diverso: la diossina è pressoché planare mentre il diossano, analogamente al cicloesano, esiste in conformazione a sedia ed a barca. 81
Tra le circa 200 diossine stabili conosciute, le più note sono le dibenzodiossine policlorurate (PCDD), composti aromatici la cui struttura consiste di due anelli benzenici legati da due atomi di ossigeno e con legati uno o più atomi di cloro. Gli anelli benzenici stabilizzano la struttura della molecola. Gli isomeri che hanno il cloro nella posizione 2, 3, 7 e/o 8 sono quelli più tossici. La più nota di esse è la 2,3,7,8-tetraclorodibenzo-para-diossina, spesso indicata con l'abbreviazione TCDD. Nella terminologia corrente il termine diossina è spesso usato come sinonimo di TCDD. Esistono diverse diossine naturali: ad esempio il repellente prodotto dalla spugna di mare Dysidea dendyi, detto spongiadiossina (1-idrossi-3,4,6,8-tetrabromdibenzo [1,4] diossina), è un composto bromurato, così come alcuni metaboliti fungini dell'attività di degradazione nel terreno della lignina, peraltro a loro volta ad attività antimicotica. Anche i derivati della 1,2-diossina sono presenti in natura, le spugne del genere Plakortis producono uno di questi composti e mostrano spiccate attività antifungine. Recenti linee di ricerca farmacologiche mirano all'utilizzo di questi composti in terapia, sia per le loro capacità antimicotiche a largo spettro (vari studi relativi ad infezioni da candida), sia recentemente per possibili attività antimalariche. Un ultimo settore di ricerca indaga sulle capacità antitumorali dei derivati della forma endoperossido (sempre 1,2-diossine). Oltre alle PCDD, sono considerate diossine anche: Policlorobifenili coplanari Policlorodibenzofurani (PCDF) (Co-PCB)
Policloro fenoli (PCP)
La ragione di questa confusione consiste nella particolare struttura spaziale delle molecole e nella localizzazione degli elettroni, che porta ad una convergenza nei meccanismi d'azione tossicologica delle diverse categorie di composti. I Co-PCB mostrano tossicità elevate, proprio perché la particolare distribuzione dei sostituenti al difenile favorisce una disposizione quasi planare della molecola, come avviene in diossine e furani, e limita la rotazione sull'asse del legame centrale Ar-Ar. Tossicità Equivalente (I-TEQ o TEQ) La tossicità equivalente, in italiano simboleggiata comunemente con TEQ, è una grandezza tossicologica che esprime la concentrazione di una sostanza nociva in termini di quantità equivalente a un composto standard. In pratica, la TEQ esprime il quantitativo di un tossico come concentrazione della sostanza di riferimento in grado di generare i medesimi effetti tossici. La TEQ è in relazione con l'effettiva concentrazione di una data sostanza tramite il fattore di equivalenza tossica (TEF, toxic equivalency factor), parametro adimensionale che moltiplicato per la concentrazione effettiva fornisce la TEQ. Esemplificando, un grammo di sostanza A che è tossica il doppio di un'altra B, ha la stessa "tossicità equivalente" di due grammi di sostanza B. Anche i limiti di legge moderni relativi alle emissioni di queste sostanze legate ad attività antropica utilizzano l'unità di misura espressa comunemente in ng/Nm3 (nanogrammi su metro cubo a condizioni normali) di tossicità equivalente alla tetraclorodibenzo-p-diossina.
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Si conoscono 210 tipi diversi tra diossine e furani, strettamente correlati per caratteristiche e tossicità. 17 di queste molecole sono considerate estremamente tossiche per l’uomo e gli animali. Inoltre sono considerati estremamente tossici 12 Co-PCB. L’OMS ha assegnato a questi 29 tossici un fattore di equivalenza tossica internazionale relativo alla TCDD, la più potente tra le diossine. Per questo le rilevazioni delle emissioni tossiche secondo la norma UNI EN 1948-2006 considerano solo queste 17 sostanze e non tutte le 210 diossine tossiche e non tossiche, il che permette un diretto confronto della tossicità di emissioni diverse e quindi l'imposizione di limiti di legge efficaci. Composti Bifenilipoliclorurati: sostanze alogenate provenienti dalla clorurazione del bifenile (N=209); scarsamente biodegradabili; oleosi; trasparenti; con viscosità variabile; poco volatili; sulle superfici formano pellicole; proprietà ignifughe; legame ai sedimenti organici Diossine: sostanze chimiche etero-aromatiche polialogenate; (PCDD con N=75 e PCDF con N=135); scarsamente biodegradabili; insolubili in acqua; termicamente stabili; contraggono forti legami con gli acidi umici e con il materiale organico del suolo. Numero di isomeri di PCBs, PCDDs e PCDFs in funzione del grado di clorurazione Grado di N di PCB N di PCB N di N di N di PCDF N di cloro diossina PCDD 2,3,7,82,3,7,8sostituzion simili PCDD PCDF e 1 3 --2 --4 --2 12 --10 --16 --3 24 --14 --28 --4 42 2 22 1 38 1 5 56 5 14 1 28 2 6 42 4 10 3 16 4 7 24 1 2 1 4 2 8 12 --1 1 1 1 9 3 ----------10 1 ----------Totale 209 12 75 7 135 10 Tra le diossine, la TCDD è la molecola dotata di più spiccata tossicità, esplicando una ampia gamma di effetti specie- e tessutospecifici: - induzione a trasformazione neoplastica - tossicità a carico del sistema immunitario, del fegato, della pelle - azione mutagena ed embriotossica - potere di induzione a carico delle monossigenasi epatiche La TCDD allo stato cristallino è una sostanza solida inodore, di colore bianco, con punto di fusione di 307 °C, termostabile fino a 800 °C, liposolubile, resistente ad acidi ed alcali. È chimicamente degradabile in pochi giorni dalla radiazione solare ultravioletta in presenza di donatori di ioni idrogeno (ad esempio a contatto con il fogliame verde delle piante): se invece viene dilavata nel terreno, si lega al materiale organico ivi presente e viene degradata molto lentamente, nell’arco di parecchi mesi o anni. Fonti di Diossine e PCB Le diossine ed i dibenzofurani si formano come sottoprodotti indesiderati nella preparazione industriale di erbicidi clorofenossilici o di composti intermedi di sintesi di disinfettanti. Questi processi avvengono a pressione e temperatura elevate, in ambiente alcalino, ovvero condizioni potenzialmente favorevoli alla formazione di TCDD. Inoltre, come solvente di reazione viene 83
impiegato glicole etilenico, in grado di formare polimeri instabili, la cui degradazione, fortemente esotermica, può innalzare la temperatura e la pressione nel reattore in modo incontrollato portando alla sintesi di notevoli quantità di diossina e con rischi di apertura delle valvole di sovrappressione. Le principali fonti di PCB sono di tre specie: A) Sistemi aperti: Oli lubrificanti, Elasticizzati, Isolanti, Impregnante antincendio, Carta, Ammorbidente per materie plastiche, Altro B) Sistemi chiusi: Oli isolanti per trasformatori, Dielettrico nei condensatori, Conduttori di calore, Sigillante, Altri usi C) Additivi: Inchiostro, Toner per fotocopiatrici e stampanti laser, Smalti, Vernici Le Diossine si originano da: - Processi di combustione: Inceneritori rifiuti, Incendi boschivi, Incendi di rifiuti in aree urbane, Incendi di rifiuti in aree agricole - Altri processi termici industriali: Industrie metallurgiche, chimiche, cementifici, fonderie, ecc. - Motori autoveicoli - Origine naturale: Piccolissima quantità dovuta all’eruzione vulcanica Le diossine di per sé non rivestono alcuna utilità pratica, e non sono mai state un prodotto industriale. Sono tuttavia reperibili pressoché ovunque nell'ambiente: possono essere isolate nel tessuto adiposo di un animale dell’Antartide come nel terriccio di una foresta. Ciò è dovuto alla elevata stabilità chimica e all'uso indiscriminato fatto nel recente passato di elevatissime quantità di prodotti chimici contaminati. In pochi decenni, centinaia di migliaia di tonnellate di PCB e PCP (pentaclorofenoli), contaminate da quantità variabili di diossine, sono state impiegate nell'industria (i bifenili come oli isolanti e termoconduttori nell’industria elettrica ed elettronica, i clorofenoli come additivi antimuffa nelle vernici e come impregnanti per il legno) e di conseguenza disperse in ambiente. Il problema della presenza delle diossine nell'ambiente è molto più complesso di quello che potrebbe sembrare ad un primo esame. Due dati sono particolarmente significativi: 1. Alcuni autori sostengono che, sommando tutte le fonti conosciute di diossine, si riesca a giustificare non più del 10% della quantità totale stimata presente in ambiente 2. Le diossine possono essere rinvenute anche in strati geologici risalenti ad epoche preindustriali, anche se in minime quantità. È probabile quindi che una parte della diossina rinvenibile in ambiente possa avere avuto origine da fonti non ancora chiaramente individuate, sia di origine antropogenica che naturale. In effetti è stato dimostrato che le diossine si possono formare in molti processi di combustione con presenza molto bassa, anche se non nulla, di precursori clorurati (motori a combustione interna di auto, navi ed aerei, stufe e caminetti domestici, incendi forestali). Le diossine vengono prodotte quando materiale organico è bruciato in presenza di cloro, sia esso cloruro inorganico, come il comune sale da cucina, sia presente in composti organici clorurati (ad esempio, il PVC). La termodinamica dei processi di sintesi delle diossine è fortemente favorita da reazioni a più bassa temperatura, sia per motivi energetici che entropici. Questo è il motivo per cui gli impianti in cui la combustione può portare alla formazione delle stesse, sono costretti a funzionare a temperature elevate, indipendentemente dalla convenienza generale dei processi. Per evitarne la formazione in fase di raffreddamento, è necessario introdurre processi di quenching (spegnimento o raffreddamento rapido), sfruttando così aspetti cinetici per contrastarne la stabilità termodinamica. Le diossine, stante la loro alta temperatura di ebollizione (e di fusione), non si ritrovano primariamente in forma gassosa, ma solida, quindi nel particolato. Per quanto riguarda gli inceneritori, essi sono stati a lungo fra i 84
maggiori produttori di diossina, ma negli ultimi anni l'evoluzione tecnologica ha permesso un notevole abbattimento delle emissioni gassose da queste fonti (anche se questi emettono pericolose nanoparticelle che possono trasportare diossine in forma non gassosa anche al polo artico come mostrato in fig). Anche la fermentazione anaerobica da parte di alcuni microrganismi naturalmente presenti nell'humus sembra portare alla sintesi di quantità non trascurabili di diossine. È comunque da sottolineare che la discussione scientifica sull’argomento dell’origine naturale delle diossine è vivissima ed ancora molto aperta (alcuni degli elementi a sostegno delle possibili origini naturali della diossina provengono da studi della multinazionale chimica Dow Chemical, contestati nel metodo e nella sostanza). I vecchi impianti di incenerimento e la gestione dei rifiuti in generale producono quantità enormi di diossina, mentre gli impianti moderni, secondo le normative vigenti per i nuovi impianti, sono scesi a una frazione della produzione passata. Se l'incenerimento di rifiuti solidi urbani, industriali o ospedalieri, nel 1990 producevano rispettivamente oltre 20 e 50 volte più inquinanti della produzione dell'acciaio, negli impianti attuali sono circa a un decimo. È pertanto evidente che la rilevanza dell'incenerimento sul complesso delle fonti di diossina in un Paese dipende fortemente dall'arretratezza degli impianti esistenti, nonché ovviamente dalla quantità di rifiuti bruciati. L'inventario dell'EPA stima come maggiore fonte di diossine negli USA l'incenerimento domestico (pratica diffusa in quel paese). La combustione non controllata di legna, rifiuti e biomasse varie – contrariamente a quanto si può pensare – è molto pericolosa. Il miglioramento tecnologico degli impianti di incenerimento (ospedalieri, fanghi e urbani) rispetto alle precedenti stime è netto: il totale per il 2000, è 38,8%, mentre nel 1995 era di 58,5% e nel 1987 di ben l'82,8%. Per quanto riguarda l’Unione Europea, in un corposo e dettagliato documento intitolato Inventario europeo delle diossine, si stima che il trattamento dei rifiuti (e in particolare l'incenerimento) e il settore industriale (in particolare il siderurgico) sono i massimi responsabili dell'emissione in atmosfera di diossine: «Nonostante i considerevoli sforzi degli ultimi anni per ridurre le emissioni degli inceneritori di rifiuti solidi urbani questo tipo di fonte continua a dominare l'immissione di diossine in atmosfera». Le emissioni più rilevanti di diossina, tuttavia, non sono quelle in atmosfera ma quelle nel terreno. Su questo versante, i massimi responsabili sono i pesticidi, in fase di produzione ma anche di uso; seguono a una certa distanza i fuochi accidentali, nonché ancora una volta lo smaltimento dei rifiuti. Si conferma che il settore siderurgico di seconda fusione (dove possono essere trattati anche materiali di recupero contaminati) è uno dei massimi responsabili della produzione di diossine. Queste stime sono generalmente molto incerte, per la difficoltà e rarità delle misurazioni su fenomeni assai poco controllati e controllabili; i fuochi accidentali sono in particolare un elemento di estrema incertezza, mentre l'incenerimento è una fonte più studiata e si sa che, come per i pesticidi, l'attenzione che ha attirato e attira sta facendo diminuire le sue emissioni. Da tenere in conto è anche l'immissione di diossine nelle acque. I dati disponibili sono pochissimi e relativi solo alla produzione di carta, all'incenerimento e allo smaltimento degli olii usati, le cui emissioni, anche nella peggiore delle ipotesi, sono però molto inferiori a quelle in aria e terra. Poco si sa invece su pesticidi, settore chimico, fuochi accidentali, discariche di rifiuti, che pure sono stimati essere i massimi responsabili delle emissioni nelle acque. Comunque sia, l'incuria e la superficialità dell'uomo sono le sole cause della elevata concentrazione di diossina riscontrabile nelle vicinanze di inceneritori tecnicamente obsoleti o mal funzionanti, come pure in corrispondenza di complessi industriali che non abbiano adottato severi mezzi di prevenzione e di trattamento dei reflui (inceneritori, cartiere, fonderie, raffinerie, impianti per la sintesi di materie plastiche). È un dato di fatto che l’andamento della concentrazione di diossine nei sedimenti lacustri e marini è temporalmente e quantitativamente correlato con la diffusione di composti clorurati industriali nell’ ambiente, piuttosto che l’utilizzo generalizzato del carbone come combustibile. Di conseguenza, pur essendovi delle concause, è l’uso indiscriminato dei prodotti di sintesi che ha contaminato l’intero pianeta con le diossine. 85
Attualmente, bandito l’utilizzo dei più pericolosi organoclorurati dai processi industriali e dalle tecniche agronomiche, la fonte accertata maggiormente significativa di diossine consiste nei processi inefficienti di combustione, specialmente in presenza di elevate quantità di sostanze clorurate: basti pensare all'incenerimento dei rifiuti solidi urbani e dei rifiuti ospedalieri, caratterizzati dall'elevatissima percentuale di imballi e prodotti usa-e-getta in gran parte realizzati in PVC (Polivinile Cloruro). Gli impianti destinati alla termodistruzione di questi rifiuti lavorano spesso in condizioni tecniche inadeguate per carenze di progetto o di manutenzione. È stato dimostrato come l'emissione di diossina da parte di un inceneritore possa dipendere in gran parte da inadeguati parametri di funzionamento e solo in seconda battuta dalla concentrazione di cloro nei materiali combusti. Per quanto riguarda il contributo dei motori a combustione interna, una recente indagine ha potuto verificare che i motori a ciclo Diesel di una nave portacontainer producono annualmente una quantità di diossina pari a 79 mg I-TEQ. Numerosi episodi di intossicazione in diverse specie di animali da reddito o di affezione sono stati causati dal contatto più o meno prolungato degli stessi con strutture (stalle, cucce, grigliati) realizzate con legno impregnato da PCP (pentaclorofenolo) inquinato da diossine. L'uso di PCP per questo tipo di trattamento è attualmente proibito, ma sono ancora presenti grandi quantità di legname trattato. Le diossine contenute nel legname vengono progressivamente rilasciate nell'aria dell'ambiente. Gli animali che vivono in locali contaminati assumono diossine sia per via respiratoria che per contatto diretto con le strutture in legno. Il ruolo dei PCP come fonte di diossine aumenta proporzionalmente con il passare del tempo, perché, a differenza di altre fonti, essi vengono raramente individuati e controllati. Nei Paesi Bassi i PCP erano, nel 1991, al terzo posto per quantità di diossina liberata dietro all'incenerimento dei rifiuti urbani e quasi a pari merito con i processi industriali di sinterizzazione. Nel 2000 erano però destinati a divenire di gran lunga la fonte più importante di diossine disperse in atmosfera (ammesso che siano conseguiti i miglioramenti pianificati nella sinterizzazione e nell’incenerimento). Un possibile rischio di contaminazione da diossine per animali da reddito o di affezione è rappresentato dall’impiego di diserbanti a base di acido 2,4-diclorofenossiacetico (2,4-D) che rappresenta un pericolo non trascurabile: ad esempio i cani che vivono in giardini trattati con 2,4-D vengono colpiti da tumori (soprattutto linfomi) in misura doppia rispetto ad animali controllo. Distastri e casi notevoli Germania - BASF 1953: Un primo caso largamente reso pubblico avvenne il 17 Novembre 1953 negli impianti tedeschi della BASF, a Ludwigshafen, su una linea di produzione di Triclorofenolo. Su quell'episodio si fecero successivi e pionieristici studi epidemiologici. Vietnam 1961-1975: Ossia come gli USA hanno condotto la guerra nelle foreste del Sud-Est Asiatico nella maniera più sconsiderata possibile. Durante la guerra del Vietnam, oltre a sganciare bombe a tappeto e sterminare interi villaggi di donne e bambini (My Lai), gli USA ingaggiarono una forma unica di guerra chimica nota come guerra erbicida. Tra il 1962 e il 1971, i mezzi della Air Force furono modificati per diventare irroratori di defolianti (Operazione Ranch Hand); i defolianti sono una particolare classe di erbicidi che uccidono le piante facendogli perdere le foglie. Questo modo di procedere è particolarmente buono per distruggere sia le coltivazioni di cibo (soprattutto riso che è difficile da incenerire), sia le “tettoie della giungla”, di cui i Viet Cong si avvantaggiavano per nascondere le loro attività. Si stima che siano stati spruzzati 72 milioni di litri di defolianti. Diversi tipi di defolianti, sia singole sostanze che miscele, furono sviluppati e utilizzati dall’esercito americano in Vietnam. A sei di questi fu assegnato un particolare codice di colore e con quel colore si dipingevano i fusti dentro i quali era contenuto l’agente chimico: 86
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Agent Blue: era una miscela di acido cacodilico e del suo sale sodico. Veniva irrorato sulle risaie e su altre coltivazione per privare i Vietnamiti di fonti di cibo. Il riso è incredibilmente resistente e difficile da distruggere con gli esplosivi convenzionali perché non brucia. Agent Blue provoca la fuoriuscita dell’acqua dalle piante e poiché il riso è molto dipendente dalle quantità di acqua, l’uso di Agent Blue non solo distruggeva interi campi, ma impediva la successiva semina di piante di riso. Il precursore dell’acido cacodilico è il cacodile, il cui nome deriva dai termini greci kakodes (di cattivo odore) e hyle (sostanza). Studiato da Robert Bunsen, egli affermava: «L'odore di questa sostanza provoca formicolio istantaneo alle mani e ai piedi ed anche capogiri e insensibilità […] È da rimarcare che quando qualcuno è esposto all'odore di questi composti la lingua diventa ricoperta da un rivestimento nero, anche quando non si notano effetti nocivi evidenti». - Agent pink: usato solo durante la fase preliminare dell’operazione e non fu più usato dopo il 1964. Agent Pink conteneva solo uno dei comuni fenossierbicidi dell’epoca: acido 2,4,5triclorofenossiacetico (2,4,5-T). I fenossierbicidi sono delle auxine sintetiche perché simulano un ormone della crescita delle piante: l’acido indoloacetico. Questi stimolano una rapida e incontrollata crescita delle cellule della pianta. Questo costringe la pianta a perdere le foglie che, letteralmente, crescono fino alla morte. - Agent Green: fu anch’esso usato durante la fase preliminare dell’operazione tra il 1962 e il 1964 e anch’esso conteneva solo acido 2,4,5-triclorofenossiacetico. Più tardi si scoprì che la TCDD si forma come reazione collaterale nella produzione del 2,4,5-T. Di conseguenza, Agent Pink e Agent Green contenevano altissimi livelli di TCDD. - Agent White: era una miscela 4:1 di 2,4-D e Picloram (in fig; noto anche come Tordon 101 o Grazon), un derivato piridinico moderatamente tossico per gli occhi e lievemente tossico per la pelle. Sebbene il 2,4-D non contenesse TCDD, il Picloram era contaminato con esaclorobenzene e nitrosammine, entrambi fortemente tossici e cancerogeni. - Agent Purple: era una miscela di 2,4-D e 2,4,5-T e anch’esso fu utilizzato tra il 1962 e il 1964. Solo una “piccola” quantità (rispetto al totale) di Agent Purple fu spruzzata. Si è stimato che Agent Purple contenesse 45 ppm di TCDD. - Agent Orange: fu il più usato dei “Rainbow herbicides”: dei 72 milioni di litri di “Rainbow herbicides” spruzzati 45 furono di Agent Orange. Era una miscela 1:1 di 2,4-D (in fig) e 2,4,5-T (con 13 ppm di TCDD) e fu usato dal 1961 al 1971. Agent Orange venne prodotto sotto contratto per l'esercito da Diamond Shamrock, Dow Chemical Company, Hercules, Monsanto, T-H Agricultural & Nutrition, Thompson Chemicals e Uniroyal. Un rapporto dell'aprile 2003, finanziato dall'Accademia Nazionale delle Scienze, concluse che durante la guerra del Vietnam 3181 villaggi vennero irrorati direttamente con erbicidi. Tra i 2,1 e i 4,8 milioni di persone "sarebbero state presenti durante le irrorazioni". Inoltre, molto personale dell'esercito USA venne irrorato o venne a contatto con gli erbicidi mentre si trovava in zone irrorate di recente. Lo studio venne originariamente intrapreso dall'esercito USA per avere un miglior conteggio di quanti veterani prestarono servizio in aree irrorate. Ai ricercatori venne dato accesso alle registrazioni militari e ai fascicoli operativi dell'aeronautica statunitense, che non erano stati studiati in precedenza. La nuova stima fatta dal rapporto pose il volume di erbicidi irrorati tra il 1961 e il 1971 ad un livello di 7’131’907 litri in più, rispetto a una stima incorretta pubblicata nel 1974 e di 9.4 milioni superiore a un inventario dello stesso anno. Il TCDD è stato il responsabile della morte di milioni di Vietnamiti. È capace di innescare diversi tipi di tumore, neuropatie, diabete e malformazioni neonatali in bambini nati ed esposti al TCDD. Questo è un enorme problema che affligge il Vietnam ancora oggi. Italia - Seveso 1976: Grandi quantità di diossine sono state rilasciate nell'aria di Seveso nel 1976 in seguito ad un incidente agli impianti della ICMESA di Meda. Benché non si siano avuti morti per intossicazione acuta, la zona attorno agli impianti è stata evacuata ed è stato necessario rimuovere un consistente strato di suolo dell'area contaminata. Fatto da notare, nell'Agosto 1982, gran parte dei 87
residui contaminati prelevati dal sito e diretti alla decontaminazione alla Ciba-Geigy di Basilea scomparvero al confine di Ventimiglia con la Francia, e furono ritrovati solo otto mesi dopo. In molti paesi del mondo la diossina TCDD è nota come diossina di Seveso (Dioxine de Seveso in francese). Stati Uniti – Love Canal 1978: Incidenti simili a quelli di Seveso si sono verificati negli Stati Uniti nella zona delle cascate del Niagara nel 1978. Nel 1890 veniva creato nei pressi delle cascate un canale artificiale per usi idroelettrici, mai entrato in attività, da William T. Love, e chiamato appunto Love Canal. Dal 1942, il sito venne utilizzato dalla Hooker Chemicals and Plastics (adesso Occidental Chemical Corporation (OCC)) per lo stoccaggio di 21000 tonnellate di prodotti e rifiuti chimici, compresi clorurati e diossine. L'attività venne interrotta nel 1952, e dal 1953 il sito venne interrato. La Hooker nel 1953 vendette il canale per $1 al Board of Education (città di Niagara Falls, New York) e scrisse nell'atto un diniego della responsabilità di danni futuri dovuti alla presenza dei prodotti chimici sepolti. La zona si sviluppò, venne estesamente abitata, sorsero scuole e servizi. Problemi di strani odori, anche da stillamenti dai muri degli scantinati delle case, sorsero fin dagli anni '60, aumentarono nel decennio successivo, evidenziandosi anche nell'acqua potabile, contaminata dalla falda freatica inquinata. In seguito avvennero percolazioni fino a portare gli inquinanti nel fiume Niagara, tre miglia sopra i punti di prelievo degli impianti di trattamento acque. Le diossine passarono dalla falda a pozzi e torrenti adiacenti. Nel 1978 e 1980, il Presidente Jimmy Carter promulgò due emergenze ambientali per la Love Canal area. Circa 950 famiglie furono evacuate da una vasta area circostante. La Federal Emergency Management Agency (FEMA), fu direttamente coinvolta. Problemi vennero evidenziati per tutta l'area (77000 abitanti) servita dal bacino idrico. Nel rapporto federale del novembre 1979 si indica che le probabilità di contrarre il cancro da parte dei residenti è di 1:10. Sono stati numerosi i danni teratologici. Il 17 maggio 1980 EPA annuncia danni cromosomici ad 1/3 dei soggetti esaminati. Stati Uniti – Time Beach, Missouri 1971-1983: Per contenere problemi di polverosità dei 38 Km di strade che la collegano, ed a scarso di fondi, la città di Times Beach conferì al trasportatore di reflui Russell Bliss l'incarico di ungerle nel 1971. Dal 1972 al 1976, vennero spruzzate con oli di rifiuto. Russell Bliss si aggiudicò contemporaneamente un contratto con Northeastern Pharmaceutical and Chemical Company (NEPACCO), operante nella produzione di esaclorofene a Verona, Missouri per il ritiro di oli minerali di scarto. Parte dell'industria aveva contribuito alla produzione di Agent Orange durante la guerra del Vietnam. I problemi iniziarono con una moria di 62 cavalli dopo un trattamento con olio nei pressi di una scuderia. In seguito il problema si estese enormemente, con vaste contaminazioni territoriali, rilevando tassi nel terreno 100 volte superiori ai limiti. Nel 1982 un inondazione allagò l'area disperdendo i clorurati su di un vasto territorio. Nel 1985 si è arrivati ad una evacuazione pressoché totale della città, con la rimozione di oltre 250.000 tonnellate di terreno. Italia – Stabilimento ILVA, Taranto: In Italia desta preoccupazione l'emissione di diossina dell'impianto di agglomerazione dell'Ilva di Taranto, oggetto di numerose e protratte campagne di informazione dell'associazionismo locale basate sui dati del registro INES (Inventario Nazionale delle Emissioni e loro Sorgenti). Nel giugno 2007 sono state realizzate dall'Arpa Puglia coadiuvata dal Consorzio INCA e dal CNR (per la controparte ILVA) delle misurazioni sul camino dell'impianto di agglomerazione che per l'occasione ha beneficiato di elettrofiltri puliti e rinnovati (gli ambientalisti hanno polemicamente parlato di «effetto Mulino Bianco»); in tal modo si sono diminuite le emissioni o diluendole con aria (la concentrazione di ossigeno nei gas in uscita è molto simile a quella atmosferica, mentre dovrebbe essere molto minore) o eseguendo i processi più inquinanti in momenti in cui l'impianto non è controllato, tipicamente di notte. Gli ambientalisti avevano in precedenza denunciato che le emissioni di fumo e polveri raggiungevano un picco fra le 2 e le 3 di notte. Nonostante i campionamenti siano stati realizzati in condizioni ottimali rispetto 88
alla conduzione ordinaria dell'impianto di agglomerazione, i dati emersi hanno fatto discutere. Dalle misurazioni dell'Arpa Puglia risultano 277,1 ng/m3 di concentrazione totale, contro i 10000 di limite per il Decreto Legislativo 152/06; questa concentrazione rientrerebbe nei limiti di legge. Tuttavia, il rispetto degli standard europei, fissati dal protocollo di Aahrus, recepito dall'Italia con Legge 125/06, potrebbe legittimare la previsione di differenti e più cautelative soglie di emissione, come accaduto nel caso dell'acciaieria ex Lucchini di Trieste. In quel caso la Regione ha modificato l'autorizzazione all'emissione in atmosfera rilasciata ai sensi del DPR 203/1988 fissando per le diossine il limite di 0,4 ng/m3, espresso in tossicità equivalente. Tornando al caso Taranto, le misurazioni Arpa hanno dato infatti una media di 11,1 ng/m3 espressi in tossicità equivalente (TEQ o I-TE) normalizzati a una concentrazione di ossigeno pari all'11%: oltre 27 volte il suddetto limite di 0,4 ng. Supponendo un volume di emissioni di 2,8 milioni di metri cubi per ora contro 3,8 nominali, e dato un funzionamento continuo, l'emissione sarebbe di 272 grammi annui, circa il 35% del valore europeo sui registri INES, contro l'8-10% di cui s'era parlato in precedenza. È stata presentata un’interpellanza al governo nazionale in cui, partendo dalla denuncia dell’Espresso, si evidenzia come nella zona di Taranto si accumuli il 90,3% di tutto l’inquinamento industriale nazionale da diossina (hanno chiuso altri stabilimenti che la emettevano, per questo l’ILVA di Taranto ha il primato). Lez IX Limiti I limiti sono imposti dal Regolamento (CE) n. 199/2006 della Commissione Europea del 3 febbraio 2006 che modifica il Regolamento (CE) n. 466/2001 che definisce i tenori massimi di taluni contaminanti presenti nelle derrate alimentari per quanto riguarda le diossine e i PCB diossina-simili. I Regolamenti non vanno ratificati dai paesi membri: entrano direttamente in vigore ed hanno valore legale (a differenza delle direttive). I limiti di diossine nel formaggio sono 3 picogrammi per grammo di sostanza grassa. Per la somma di diossine e PCB si sale a 6 picogrammi. NOTA: 1 pg/g = 1ppt (1 parte per trilione) È equivalente ad una goccia d’acqua diluita in venti piscine olimpioniche di 2 metri di profondità (50000 m3) Tossicità Fra tutte le diossine ed i dibenzofurani esistenti, i composti di rilevante interesse tossicologico possiedono le seguenti caratteristiche: - sono persistenti in ambiente e si accumulano nell’organismo dei mammiferi - possiedono un elevatissimo potenziale tossico - vengono assunti in quantità significative dagli animali e dall’uomo Allo stato attuale delle conoscenze, le sole diossine che soddisfano tutti e tre questi requisiti sono quelle sostituite in posizione 2,3,7,8: in particolare, la maggior parte delle altre diossine non è in grado di accumularsi nell’organismo dei mammiferi. Quindi la TCDD ed i suoi sostituito-congeneri contribuiscono alla grande maggioranza della tossicità espressa in I-TEQ. Gli effetti tossici indotti da queste sostanze sui tessuti animali sono molteplici: solo di recente si è riusciti a comprendere come la TCDD, grazie alle sue proprietà simil-ormonali, sia in grado di agire come un potentissimo modulatore della crescita e della differenziazione cellulare, specialmente nei tessuti epiteliali. Tale meccanismo d’azione consente alla TCDD di avere effetti variegati e contraddittori a seconda della dose e del tessuto colpito. Sono poco volatili per via del loro elevato peso molecolare, poco o nulla solubili in acqua (circa 10-4 ppm), ma sono più solubili nei grassi (circa 500 ppm), dove tendono ad accumularsi. Proprio per la loro tendenza ad accumularsi nei tessuti viventi, anche un'esposizione prolungata a livelli minimi può recare danni. Assorbimento
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L’assorbimento enterico della TCDD è molto elevato; si calcola una percentuale superiore all’80% per animali adulti, ammesso che la diossina venga assunta in forma libera disponibile. La percentuale di assorbimento è inferiore per le diossine maggiormente alogenate. Di conseguenza, la composizione della miscela di diossine assorbita potrebbe essere molto diversa da quella di esposizione, con le frazioni tetra- e penta- clorurate più facilmente trattenute. Concentrazione (ppm) Dose (ng/Kg) Fegato Adipe Ratto 100 700 600 Ratto 10 40 50 Ratto 1 3 <5 Uistitì 100 900 1000 Uomo 1 3 Tutte le diossine diverse dalle tetraclorosostituite vengono rapidamente eliminate dall’organismo dei mammiferi attraverso due differenti meccanismi: a) Convertite nel fegato in composti dalle caratteristiche maggiormente polari, vengono poi escreti per via biliare b) Escrezione diretta attraverso la parete intestinale, specialmente per quanto riguarda le diossine con un elevato numero di atomi di cloro Le diossine si accumulano nel tessuto adiposo e nel fegato, in proporzioni variabili a seconda della dose e della specie animale coinvolta:
Specie
Nel caso di esposizioni protratte (Tossicità Cronica) a dosi molto basse, la concentrazione di TCDD tende ad assumere un valore costante di equilibrio, con valori differenti da specie a specie, a causa dei differenti tempi di dimezzamento: ad esempio si può passare dalle 3 settimane del ratto ai sette anni dell’uomo. In tali condizioni, ad esempio, un’assunzione di soli 10 pg/kg/die porterà nell’uomo allo stesso livello di accumulo raggiungibile nel ratto con una dose di 1 ng/kg/die. La dose in grado di indurre la morte (Tossicità Acuta) è molto variabile da specie a specie, ma anche all’interno della stessa specie animale a seconda del sesso e del ceppo, nonché dell’età e della via di somministrazione. La DL50 nella cavia maschio, la specie più sensibile, è 8000 volte minore di quella del criceto dorato. Il ratto sembra la seconda specie più sensibile, anche se la DL50 può variare di circa 200 volte tra ceppi differenti. Le diossine, nel loro insieme sono molecole molto varie a cui appartengono composti cancerogeni. Ad esse vengono ascritti composti estremamente tossici per l'uomo e gli animali, arrivando a livelli di tossicità valutabili in ng/kg, sono tra i più potenti veleni conosciuti. La TCDD viene classificata come sicuramente cancerogena e inserita nel gruppo 1 (Cancerogeni per l'uomo) dalla IARC, dal 1997. Anche secondo le norme giuridiche di molti paesi molte diossine sono ormai agenti cancerogeni riconosciuti. Nell’uomo comportano: - Alterazioni del sistema endocrino - Alterazioni della funzione tiroidea - Alterazioni dell’apparato riproduttore: diminuita produzione di liquido seminale, infertilità, malformazioni dei genitali, endometriosi - Azione teratogena: palatoschisi e idronefrosi da TCDD - Aumentata incidenza di tumori ematologici, del fegato, vie biliari, vescica - Alterazioni del sistema immunitario: atrofia del timo, ridotti livelli di IgA e IgM, linfociti T, NK - Alterazioni del sistema nervoso: effetti di tipo comportamentale, carente sviluppo cognitivo e motorio La cloracne è stata storicamente la prima espressione clinica e patologica collegata all’esposizione a diossine, descritta per la prima volta nel 1897. Emerge come malattia occasionale tra i lavoratori 90
addetti alla produzione dei primi pesticidi negli anni ‘30, e tra i lavoratori degli impianti per la sintesi dei bifenili policlorurati (PCB). Il primo incidente industriale, ufficialmente registrato come causa di cloracne tra i lavoratori, risale al 1949 in un impianto Monsanto a Nitro (West Virginia). Tuttavia la causa della cloracne non è stata sicuramente individuata nella diossina fino al 1953, grazie agli studi condotti dopo l’incidente alla BASF. La cloracne si manifesta con eruzioni cutanee e pustole simili a quelle dell’acne giovanile, però con possibile localizzazione estesa all’intera superficie corporea e con manifestazioni protratte, nei casi più gravi, per molti anni. Negli animali da laboratorio, la cloracne insorge a livelli di accumulo corporeo di TCDD da 23 ng/kg fino a 13900 ng/kg, mentre negli esseri umani le soglie sono rispettivamente di 96 ng/kg e 3000 ng/kg. Ciò significa che alcune persone possono sviluppare cloracne a livelli di accumulo che sono solo circa 7 volte superiori all’accumulo medio di 13 ng/kg riscontrato negli abitanti degli Stati Uniti. Meccanismo d’azione La TCDD appare coinvolta nel meccanismo di accumulo della Vit. A: molti degli effetti riscontrati negli animali in seguito all’esposizione a diossina sono sovrapponibili a quelli tipici conseguenti ad una carenza di vitamina A nella dieta (ritardo nell’accrescimento, cheratosi, lesioni epiteliali, immunosoppressione, ipofertilità e problemi teratologici). In particolare, appaiono interessanti gli effetti sui tessuti epiteliali riguardanti il processo di cheratinizzazione. La Vitamina A riveste un ruolo essenziale nei processi di differenziazione cellulare: una carenza può indurre la trasformazione di un epitelio ghiandolare in squamoso cheratinizzato, mentre il processo inverso può essere determinato da un eccesso di vitamina. A livello molecolare, il meccanismo d’azione della vitamina A, nei tessuti epiteliali, consiste nel modulare la sintesi della cheratina, attraverso il controllo del corrispondente mRNA. La TCDD è in grado di causare una forte deplezione della riserva epatica di vitamina A, provocandone la rapida escrezione nelle feci e nelle urine. Ciò sembra accadere soprattutto a causa delle conseguenze degli effetti tossici della diossina sull’epatocita, unitamente ad un effetto di interferenza sul meccanismo di accumulo della vitamina. L’Effetto Cancerogeno è stato ampiamente documentato negli animali da laboratorio in tutta la sua complessità, anche se, a rigore di termini, la diossina non può essere considerata un cancerogeno completo, infatti la diossina ed i suoi congeneri esplicano sicuramente una attività di promotori tramite l’induzione di moltiplicazione cellulare e l’inibizione dell’apoptosi; tuttavia, non sembrano in grado di esplicare di per sé una completa azione cancerogena. Sicuramente è accertato che l’esposizione alla diossina predispone fortemente le cellule alla trasformazione neoplastica. Attualmente la diossina è da ritenersi classificata come sostanza ad azione cancerogena di classe B1 “Probabile carcinogena per l’uomo in base ad informazioni limitate provenienti da studi sull’uomo e sugli animali” (U.S.E.P.A. Science Advisory Board, 1995). Nell’uomo, diversi studi epidemiologici hanno evidenziato una correlazione significativa tra l’esposizione a diossine e l’incremento di determinati tipi di tumore, come sarcoma dei tessuti molli, linfoma Hodgkin e non-Hodgkin, tumori tiroidei e polmonari, mesoteliomi. Curiosità: Una ricerca le cui conclusioni portavano apparentemente ad una non correlazione tra esposizione a diossina e tumore (Zack & Gaffey, 1983), è stata basata su dati epidemiologici forniti dalla multinazionale chimica Monsanto risultati manipolati ad arte (Wanchinski, 1989; Environmental Research Foundation, 1990). L’azione tossica della TCDD nei vari tessuti delle varie specie animali è mediata dall’azione del recettore cellulare AHR (Aryl Hydrocarbon Receptor), una proteina solubile intracellulare in grado di legarsi a numerose sostanze aromatiche, alogenate e non. Gli atomi di cloro nelle quattro posizioni laterali, caratteristici della TCDD, conferiscono alla molecola la massima affinità con il recettore e, di conseguenza, la massima tossicità. L’affinità diminuisce al diminuire dei sostituenti Cl laterali e all’aumentare del numero totale dei sostituenti Cl. Il recettore AHR possiede caratteristiche biochimiche affini ai recettori per gli ormoni steroidi, anche se per ora non è stata individuata una molecola endogena specifica che vi corrisponda: la sua 91
struttura è comunque molto simile a quella dei recettori per i glucocorticoidi. Allo stato libero è reperibile sia nel citosol che nel nucleo, apparentemente in condizioni di equilibrio, complessato con almeno 3 proteine addizionali. La diossina, che si trova nei tessuti allo stato libero, diffonde liberamente all’interno delle cellule, dove incontra il recettore ARH. Il complesso TCDD/ARH subisce una serie di trasformazioni non ancora ben chiarite, ma che comportano il rilascio di Hsp90 (“heath shock protein” da 90 kDa) e di altre proteine. Inoltre il complesso TCDD/ARH, attraverso queste trasformazioni, acquista anche la capacità di legarsi ad una proteina nucleare, chiamata ARNT (Ah Receptor Nuclear Translocator). Il complesso TCDD/ARH/ARNT che si viene a formare possiede una elevata affinità per alcune sequenze di DNA, le DRE (Dioxin Responsive Elements), situate nelle adiacenze del gene CYP1A1 che regola la sintesi del citocromo P-450 e l’attività della correlata monossigenasi AHH (Aryl Hydrocarbon Hydroxylase). I dati disponibili sembrano evidenziare altre attività del complesso TCDD-AHR, sui meccanismi di differenziazione e divisione cellulare, sulle interazioni con fattori di crescita, sul metabolismo di alcuni ormoni: l’insieme di queste azioni porta al manifestarsi di conseguenze assai diverse a seconda della specie animale, della razza, del sesso e dell’età del soggetto coinvolto, nonché del tipo di cellula esposta all’azione del tossico. Tuttavia, il complesso AHR-TCDD, da solo, assume unicamente il significato di elemento necessario ma non sufficiente ai fini di spiegare tutti gli effetti tossici delle diossine: infatti, spesso la disponibilità del recettore e la conseguente formazione del complesso non determinano di per sé tossicità. Elementi modulanti la risposta in animali e tessuti diversi sono rappresentati dal polimorfismo dei siti cromatinici per il complesso AHR-TCDD e dalla affinità dose dipendente di tali siti. Negli animali esposti cronicamente a dosi subletali di TCDD è possibile notare una marcata porfiria: le cause sembrano risiedere in due diversi tipi di meccanismi indotti dalla diossina negli epatociti. Il primo è rappresentato da un aumento dell’attività dell’acido aminolevulinico sintetasi (ALA); il secondo consiste nella diminuzione dell’attività della porfinogeno decarbossilasi (stessi effetti tossici del Pb). Le diossine possono determinare effetti antiestrogenici o simil-estrogenici a seconda del tessuto o dell’organo interessato, attraverso il legame con il recettore non-ormonale AHR. Negli animali da laboratorio, l’esposizione a basse dosi di TCDD è in grado di inibire gli effetti degli estrogeni a livello di ghiandola mammaria, mentre dosi più sostenute durante la gravidanza inducono effetti demascolinizzanti nella prole maschile, con modalità simili a quanto osservato somministrando estrogeni sintetici. La TCDD sembra ridurre l’incidenza delle neoplasie dell’utero e della ghiandola mammaria sia nella specie umana che negli animali, probabilmente interferendo con l’azione di altre sostanze ad azione estrogenica di origine sia endogena che esogena (medicinali, fitoestrogeni, ecc.). Una singola dose di 64 ng/kg somministrata a femmine di ratto in gravidanza, è in grado di indurre effetti sulla morfostruttura di testicoli e prostata nella progenie maschile, con successiva riduzione funzionale che si evidenzia nella conta degli spermatozoi. Le lesioni intervengono solo somministrando la TCDD in un determinato giorno della gravidanza, corrispondente alla differenziazione dell’apparato sessuale maschile. Il livello di testosterone negli esseri umani di sesso maschile esposti al contatto con diossina è significativamente più basso rispetto ai controlli. Il dato preoccupante è rappresentato dal bassissimo livello di accumulo al quale si manifestano i primi effetti, solo 17 ng/kg di diossine, un valore facilmente rilevabile anche in persone non professionalmente esposte. La diossina è fortemente indiziata come causa della caduta di fertilità che affligge molte specie animali in questa seconda metà di secolo, attraverso una serie complessa di effetti dovuti all’azione similestrogenica di questa molecola (es. diminuzione della conta spermatica nel sesso maschile, endometriosi nel sesso femminile). La TCDD possiede una notevole attività perturbante nei confronti della tiroide, specialmente in animali giovani: l’induzione enzimatica a livello epatico da essa determinata sembra portare ad una prematura degradazione dell’ormone tiroideo T4, con conseguente iperstimolazione della tiroide da parte dell’ipofisi, fino alle estreme conseguenze dell’induzione neoplastica. Inoltre si osserva un aumento della deplezione 92
epatica dell’ormone tiroideo T4 attraverso l’induzione dell’enzima UGT (UDPglucuronosiltransferasi). Un significativo incremento nell’incidenza di diabete è stato dimostrato in esseri umani con livelli di accumulo di diossina in un intervallo da 99 a 140 ng/kg, attraverso un monitoraggio durato oltre 20 anni su veterani della guerra del Vietnam. Intossicazioni sperimentali con diossine su scimmie (uistitì) dimostrano ridotte capacità di apprendimento in soggetti giovani con livelli di accumulo tissutale pari a 42 ng/kg. Tale effetto sembra correlato con l’azione perturbante della diossina sul metabolismo degli ormoni tiroidei nella madre e nel feto. La diossina può danneggiare il sistema immunitario in modo diretto ed indiretto: numerosi studi condotti su topi, ratti, porcellini d’India, conigli, bovini, scimmie, esseri umani, evidenziano alterazioni a carico del sistema immunitario indotte da diossine anche a dosi molto limitate mediante due meccanismi: - Azione diretta su linfociti B - Azione indiretta sui linfociti T: interferenza con l’azione di glucocorticoidi, ormoni sessuali, tiroxina, ormone della crescita e prolattina. L’azione della diossina può essere particolarmente invalidante durante lo sviluppo fetale, al momento della differenziazione tissutale del sistema immunitario, determinando alterazioni a lungo termine, sia in senso immunodepressivo che ipersensibilizzante. Piccole variazioni nella dose e nel momento di esposizione possono causare effetti molto diversi negli animali, dalla maggiore vulnerabilità agli agenti infettivi alla induzione di fenomeni autoimmunitari ed allergie. Non è stato possibile evidenziare una soglia al di sotto della quale la diossina perda la propria immunotossicità: anche dosaggi al limite della sensibilità strumentale sembrano in grado di alterare la funzionalità immunitaria. Studi condotti su scimmie Rhesus hanno evidenziato alterazioni della serie bianca del sangue indicative di immunosoppressione, simili a quelle indotte dal virus HIV. Nel topo solamente 10 ng/kg di diossine causano un evidente aumento della mortalità in seguito ad esposizione al virus dell’influenza. Si tratta di valori estremamente bassi, riscontrabili in gran parte della popolazione umana ed animale dei Paesi industrializzati. Il timo è uno degli organi più sensibili in assoluto all’azione della diossina: benchè esistano differenze di specie, il tessuto linfoide rappresenta un bersaglio molto sensibile in tutti gli animali studiati. La TCDD danneggia tanto l’immunità umorale che l’immunità cellulo-mediata. Anche il sistema del complemento è influenzato dall’esposizione alla diossina. Gli effetti sul timo e sulla immunità cellulomediata appaiono particolarmente specifici, in quanto insorgono a livelli di esposizione inferiori a quelli necessari per qualsiasi altra funzione immunitaria. Le lesioni al timo sono dirette, a carico dei timociti immaturi (linfociti della corticale), la cui evoluzione a linfociti T immunocompetenti viene bloccata. Il recettore AHR è particolarmente abbondante nelle cellule epiteliali della corticale, fatto che sembra giustificare la particolare sensibilità del timo alla diossina. L’immunità umorale viene alterata attraverso una riduzione quantitativa delle immunoglubuline, anche a livelli di TCDD talmente bassi da non determinare alcun altro effetto Malattia di Yusho – Giappone 1968; Malattia di Yu Cheng – Vietnam 1979: In entrambi i casi i PCB erano usati come scambiatori di calore nella produzione di olio e finirono nell’olio attraverso le tubature non sufficientemente spesse. Inoltre nei PCB, per conversione termica, erano presenti impurezze di PCDF e PCF. Nel 1968 in Giappone circa 15000 persone furono colpite e nel 1979, a Taiwan, furono coinvolte 1900 persone. I pazienti di Yusho assunsero con l’olio una dose totale di circa 200-800 mg di PCB. Bambini, le cui madri furono colpite durante la gravidanza, mostrarono iperpigmentazione della cute e della mucosa della cavità orale, iperplasia delle gengive, enorme ossificazione delle ossa craniche e denti prematuri, peso alla nascita inferiore alla norma, elevati valori degli enzimi epatici, danni al sistema immunitario. Mediamente il 90% dell'esposizione umana alla diossina avviene attraverso gli alimenti (in particolare dal grasso di animali a loro volta esposti a diossina) e non direttamente per via aerea: il 93
fenomeno del bioaccumulo fa sì che la diossina risalga la catena alimentare umana concentrandosi sempre più, a partire dai vegetali, passando agli animali erbivori, ai carnivori ed infine all'uomo. Biomagnificazione: processo di arricchimento di una sostanza che avviene per via alimentare Bioconcentrazione: processo di arricchimento che avviene attraverso le stesse superfici che consentono gli scambi di gas respiratori (branchie, foglie, pelle, polmoni) I principali fattori che influenzano la biomagnificazione sono essenzialmente 4: - Caratteristiche fisico-chimiche dei composti - Capacità metaboliche e di escrezione delle specie considerate - Livello trofico - Età (più è vecchio l’animale maggiore sarà il tempo di accumulo del composto) Nei prodotti ittici la tossicità delle diossine si eplica con: - Alterazioni della risposta immunitaria - Lesioni preneoplastiche e neoplastiche a carico di gonadi e fegato - Alterazioni delle attività riproduttive (alterazione nella distribuzione dei sessi, diminuito successo riproduttivo, ridotta percentuale di schiusa delle uova, variazione dei livelli plasmatici di vitellogenina, demascolinizzazione e femminilizzazione, ecc.) [nda…da qui in poi tutte cacchiate] Lez X Micotossine In aggiunta ai comuni processi metabolici tipici degli eterotrofi, i Funghi possiedono un metabolismo secondario molto complesso. Fra i principali produttori di metaboliti secondari vi sono specie anamorfe, ubiquitarie e ambientali. Le Micotossine sono metaboliti secondari: - Non necessari per la vita e la crescita del fungo - Prodotti solo da alcune specie fungine microscopiche aerobiche - Prodotti solo durante una fase del ciclo vitale fungino - Derivano da alcuni precursori formati nel corso del metabolismo primario Glucosio-derivati (polisaccaridi, peptidopolisaccaridi, …) Derivati dell’acetato-malonato pathway nella sintesi degli acidi grassi (fenoli,…) Derivati dell’acido mevalonico pathway (terpeni) Derivati di pathway delle sintesi di aa (aromatici e non) Sono molecole termostabili e fotostabili, lipofile, di peso molecolare inferiore a 1 kDa, chimicamente e biologicamente poco omogenee, persistenti a trattamenti di sterilizzazione, alle normali procedure di bonifica e di cottura utilizzate sia industrialmente che nelle preparazioni casalinghe, tossiche per microrganismi e animali (uomo incluso). Oltre 500 composti prodotti da oltre 150 specie fungine (ma i reali pericoli per l’uomo provengono da circa 40-50 composti) anche se vi sono nuove segnalazioni ogni anno. Principali generi fungini micotossigeni sono: Aspergillus Ubiquitari, ampiamente diffusi in climi sia tropicali che Penicillium temperati, principalmente parassiti e/o patogeni di Fusarium coltivazioni (soprattutto della filiera cerealicola) o Alternaria contaminanti in grado di svilupparsi su derrate alimentari e Claviceps prodotti trasformati (soprattutto di origine vegetale ma, in alcuni casi quali prodotti carnei e insaccati, anche di origine Trichothecium animale) Byssochlamis Sclerotinia Muffe tossigene 94
Le muffe tossinogene vengono anche classificate così: - Muffe da campo: invadono i vegetali prima della raccolta e anche durante la loro conservazione sotto la neve. Si tratta di specie Alternaria, Cladosporium e Fusarium, questi ultimi produttori dei tricoteceni - Muffe da magazzinaggio: che si sviluppano facilmente quando l’umidità dei prodotti oscilla fra 13 e 18% - Muffe da degradazione o decadimento L’intossicazione da micotossine può come sempre essere di tipo Acuto (se provocate dall’ingestione di elevate concentrazioni di MT in tempi brevi; principalmente animali, se umane geograficamente localizzate) o Cronico (se conseguenti all’accumulo di MT in particolari organi bersaglio, soprattutto fegato, reni, apparato gastro-intestinale). Nell’uomo, le micotossicosi croniche possono risultare da: - Ingestione di alimenti contaminati o di alimenti trasformati a loro volta preparati con ingredienti contaminati - “Carry over” lungo la catena alimentare, ovvero mediante il trasferimento delle MT da prodotti (uova, carne, latte) di animali a loro volta nutriti con mangimi contaminati Di conseguenza, le micotossicosi non sono sintomaticamente diagnosticabili e facilmente circoscrivibili. Tossicità La tossicità generale nell’uomo si manifesta con: - Genotossicità/citotossicità (apoptosi, necrosi cellulare,…) - Cancerogenicità/Mutagenicità - Immunotossicità - Nefrotossicità - Teratogenicità: inibizione della sintesi proteica o alterazione della trascrizione o della traduzione del DNA - Effetti estrogenosimili - Patologie specifiche: cirrosi infantile dell’India (aflatox), epatopatia infantile dell’Africa (aflatox), sindrome emetica (DON), ATA o leucopenia tossica alimentare (DON e T2, 80% di mortalità), nefropatia endemica dei Balcani (OTA) - Le aflatox possono passare attraverso la barriera placentare: riduzione dell’attività motoria, del peso corporeo, danni agli organi e degenerazione della massa encefalica del neonato Negli animali le MT causano: - Emorragie - Danni agli organi interni - Riduzione del fattore di conversione alimentare - Riduzione di fertilità - Riduzione di efficacia delle vaccinazioni e di resistenza alle malattie - Leucoencefalomalacia equina: mais contaminato da fumonisine - Edema polmonare dei suini: mais contaminato da fumonisine Le micotossine più note sono (le altre non le tratteremo): - Aflatossine - Citrinina - Deossinivalenolo (DON) - Diacetossiscirpenolo (DAS) - Fumonisine - Ocratossine - Patulina - Rubratossine - Sterigmatocistina - Tossina HT-2 - Tossina T-2 - Zearalenone Sulla base del rischio cancerogeno per l’uomo le MT possono essere divise in classi (esempi): Gruppo 1: Cancerogeni per l’uomo = Aflatossine B1, B2, G1 e G2 95
Gruppo 2B: Cancerogeni per gli animali e possibili cancerogeni per l’uomo = Aflatossina M1, Ocratossina A, Fumonisina B1 Gruppo 3: Non classificabili per la cancerogenicità sull’uomo = Zearalenone, DON, Tox T-2, Nivalenolo, Fusarenone-X Tecniche analitiche Il riconoscimento e la valutazione quantitativa delle micotossine sono stati enormemente facilitati dalla fluorescenza della maggior parte di esse e dalla sensibilità delle tecniche analitiche cromatografiche. È da ricordare che la cromatografia su strato sottile (TLC = Thin Layer Chromatography), anche se meno sensibile della HPLC (High Pressure Liquid Chiomatography), presenta l’enorme vantaggio di poter venire rapidamente eseguita anche secondo la tecnica bidimensionale, che consente risultati di altissimo interesse, come ridurre i falsi positivi che possono provocare un danno grave a livello di commercio nazionale e internazionale, oltre a far presumere una tossicità inesistente: l’esempio più famoso è quello della ricerca delle aflatossine mediante HPLC: una fluorescenza attribuita ad aflatossine era dovuta a una sostanza interferente; l’analisi bidimensionale ha consentito di verificare che si era in presenza di un composto fluorescente che nulla aveva a che vedere con le aflatossine ed era un costituente del “pastazzo” di agrumi che entrava nella formulazione del mangime. Aflatossine La morte subitanea di decine di migliaia di tacchini, fagiani e maiali, avvenuta nel 1960 nel Regno Unito, e attribuita inizialmente a un fattore ignoto (Turkey X disease), ha stimolato in misura eccezionale la ricerca dei fattori tossici naturali. Il fatto che tutti gli animali coinvolti avessero ricevuto una razione a base di farina di arachidi, e che farine e organi interessati degli animali colpiti evidenziassero una fluorescenza, ha consentito di riconoscere e caratterizzare il fattore tossico. Si tratta di molecole della serie degli eterocicli, alle quali sono state attribuite denominazioni correlate alla fluorescenza o al sito dove sono state ritrovate. Abbiamo così: 1) Aflatossine B dalla fluorescenza blu (Blue) 2) Aflatossine G dalla fluorescenza verde (Green) 3) Aflatossine M, ritrovate nel latte (Milk) La muffa produttrice era Aspergillus flavus, di qui la denominazione di aflatossine. La presenza visibile del fungo sulle granaglie e data dall’osservazione di masse di spore giallo-verde in corrispondenza del sito di danno del guscio. Se gusci fortemente danneggiati sono aperti con le mani ed esaminati sotto una luce nera (365 nm) possono mostrare una fluorescenza giallo-verde. Questa fluorescenza è dovuta alla presenza di derivati dell’acido kojico (in fig) formati dall’organismo che produce le aflatossine e quindi fornisce un’indicazione di “presunta” presenza di aflatossine. Singoli chicchi di mais possono contenere fino a 400.000 ppb di aflatossina e quindi il campionamento è molto importante nell’analisi per stabilire il livello di contaminazione di lotti di granaglie. L’epidemia fu risolta, e prevenuta in seguito, grazie al controllo delle farine di arachidi, cotone, mais, base della razione animale; oggi non si 96
parla più di “Turkey X Disease”, ma si ritrova Aflatossina M in latte e derivati, anche se a livello di parti per trilione; la sensibilità del metodo cromatografico consente infatti di rilevare tassi privi di significato tossicologico. Nel 2003 tuttavia, aflatossine sono state ritrovate nel latte in Italia. Una aflatossicosi è la “sindrome di Reye”, che ha colpito bambini thailandesi che venivano a morte a distanza di circa 48 ore dalla comparsa dei primi sintomi di intossicazione (vomito, ipoglicemia, convulsioni). Nei tessuti di 22 dei 23 bambini deceduti a seguito di questa sindrome sono state ritrovate le Alatossine B1 e B2. L’origine risiedeva nei cereali della dieta, consumati malgrado la presenza di muffe e dei loro metaboliti. Ad assunzione di mais contaminato da aflatossine è stata anche attribuita, in India, nel 1974, l’epidemia di epatite che ha interessato 400 persone, con 100 decessi. Questi fatti indicano che le aflatossine sono composti dalla tossicità alta o altissima. L’aflatossina B1 (AFB1) è la più tossica del gruppo ed è ritenuta la molecola cancerogena nota più potente. Pollame a razione contaminata ha mostrato una diminuita resistenza alle infezioni batteriche e virali; nelle lattifere uno degli effetti segnalati è la diminuzione della produzione di latte. Quanto all’organo bersaglio preferenziale, il fegato, si è osservato, che: - 2 mg di aflatossina B1 per kg di razione inducono il tumore nella trota iridata - 15 mg/kg di razione lo inducono nel ratto - 30 mg/kg di razione lo inducono nel tacchino. Il periodo di induzione varia: 20 mesi nella trota iridata, 24 nel ratto e 14 nel tacchino. I tumori non si sono manifestati invece in topi che assumevano più alti livelli di AFB1. L’insieme dei dati disponibili indica che nell’uomo una dose di 140 mg potrebbe risultare letale. Ne discende la necessità di prevenire la contaminazione o di cercare di annullare la tossicità delle aflatossine trasformandole in composti innocui: qualche risultato positivo è stato ottenuto con Ammoniaca. Valori massimali di Aflatossine (AF) ammissibili in prodotti alimentari (µg/kg = ppb) (Regolamento CE n. 466/2001 dell‟ 8 marzo 2001) Prodotto B1 B1+B2+G1+G2 M1 Arachidi, frutta a guscio, frutta secca e prodotti derivati destinati al 2 4 consumo umano Cereali e prodotti derivati destinati al consumo umano 2 4 Frutta a guscio e frutta secca destinate ad essere sottoposte a cernita o 5 10 ad altri trattamenti fisici Spezie 5 10 Arachidi destinate ad essere sottoposte a cernita o ad altri trattamenti 8 15 fisici Latte 0.05 L’ingestione di AF può avvenire mediante diversi sotto prodotti alimentari derivanti dalle arachidi o da animali nutriti con arachidi inquinate da Aspergillus Flavus: - Il 50% delle AF sopravvive a trattamenti termici quindi si ritrovano in Arachidi Tostate - In seguito al metabolismo degli alimenti zootecnici (maggior preoccupazione): AF nelle Uova AFM nel latte e quindi nei derivati o Formaggio “Cottage” (Aumento concentrazione AF) o Formaggio Cheddar (Aumento concentrazione AF) o Gelato e Yogurt o Burro (Concentrazione Immutata di AF) Le AF NON passano nell’Olio d’arachidi
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Secondo la Prassi classica di produzione e lavorazione delle arachidi fra raccolta ed avvio alla lavorazione è possibile proliferazione di muffe. Nel trasporto il carico può subire attacchi da parte di parassiti e topi con consumo di semi e necessità di intensi trattamenti antiparassitari inoltre è possibile la produzione di aflatossine e irrancidimento dell’olio (5-30% e più di acidità libera). Le micotossine del panello possono uccidere uomini e animali. La Prassi ottimale porterebbe a una raccolta ottimale che è garanzia di qualità e posto di lavoro per gli indigeni; Gusci e bucce (cancerogene) servono come fonte di energia per il processo. Non vi è fabbisogno di antiparassitari né di antimurini. Il panello è pronto per la spedizione confezionato in loco; è privo di micotossine e di residui tossici. L’olio è praticamente neutro, commestibile, sicuro. Sterigmatocistina Prodotta da Aspergillus spp (spp indica buona parte della specie batterica: A. flavus, A. versicolor, A. nidulans, A. rugulosus), ha struttura chimica analoga a quella delle aflatossine. Questo ha portato a pensare che le une e l’altra vengano metabolizzate per la stessa via, a partire da condensazioni testacoda di unità acetato, con intervento della metionina come donatore di gruppo metossile. In effetti, prove con A. parasiticus hanno mostrato la possibilità di trasformare la sterigmatocistina in aflatossina B1. La micotossina è stata rilevata in formaggi contaminati da A. versicolor, più raramente in cereali e nel caffè verde. Per i formaggi, la prevenzione della contaminazione consiste nell’applicazione scrupolosa del controllo dell’igiene e nella corretta applicazione di fungicidi. Negli animali da laboratorio la sterigmatocistina ha mostrato attività epatotossica; consistenti le analogie fra le lesioni epatiche nel ratto e i tumori al fegato riscontrati in popolazioni africane negli anni ‘60. Sono noti effetti tossici anche a carico dei reni, sempre nel ratto. Si è osservato che se la micotossina viene somministrata al ratto, per via orale, si manifestano tumori allo stomaco: la somministrazione sottocutanea determina invece la comparsa di tumori sulla pelle. In prove con dosi crescenti di sterigmatocistina seguite da autopsia dei ratti, si sono riscontrate modificazioni epatiche negli animali maschi e urogenitali nelle femmine. Ocratossine Prodotte da aspergilli e penicilli (A. ochraceus, A. alliaceus, A. melleus, A. sclerotiorum, A. sulphureus, P. viridicatum, P. commune, P. purpurescens ecc.) e isolate inizialmente da mais contaminato da A. ochraceus, sono state rilevate in cereali, legumi, semi e panelli di arachide, ove 98
non di rado si accompagnano ad Aflatossine B e G. Possono contaminare anche vino, caffè e cioccolato. Sono note tre ocratossine: 1) Ocratossina A (OTA), dall’altissima tossicità, e con DL50 orale dell’ordine di 20 mg/kg nel ratto e nel maiale dei due sessi: è un valore analogo a quello dell’AFB1 2) Ocratossina B, analogo non clorurato dell’OTA, alla quale spesso si accompagna nelle colture di muffe tossinogene 3) Ocratossina C, estere etilico del’OTA e per la quale i contributi sperimentali sono scarsi. La biosintesi delle ocratossine ha inizio dalla condensazione di una molecola di fenilalanina con una di diidro-isocumarina. Tutte le ocratossine presentano una fluorescenza blu-verdastra. Valori massimali di OTA ammissibili in prodotti alimentari (mg/kg ppb) (Regolamento CE n. 472/2002 del 12 marzo 2002) Prodotto OTA Tutti i prodotti derivati dai cereali (compresi i prodotti lavorati a base di cereali ed 3 i cereali destinati al consumo umano diretto) Cereali non lavorati (compreso riso e grano saraceno) 5 Frutti essiccati della vite (uva passa di Corinto, uva passa, uva sultanina) 10 Vino e bevande a base di mosto d’uva o succo d’uva 2 Caffè torrefatto 5 Caffè solubile 10 Caffè crudo, vino, birra, cacao, prodotti a base di cacao, vini liquorosi, prodotti a base In di carne, spezie e liquirizia discussione Valori massimali di AFB1, AFM1 e OTA ammissibili in alimenti per lattanti e prima infanzia (mg/kg ppb) (Regolamento CE n. 683/2004 del 13 Aprile 2004) Prodotto AFB1 AFM1 OTA Alimenti per l’infanzia e alimenti a base di cereali destinati ai lattanti e 0,1 0,5 prima infanzia Alimenti per lattanti e alimenti di proseguimento, compresi il latte per 0,025 lattanti e il latte per lo svezzamento Alimenti dietetici ai fini medici speciali destinati in modo specifico ai 0,1 0,025 0,5 lattanti L’ocratossina A è un tossico potente: ha causato intossicazioni gravi nell’animale e nell’uomo. Nei primi anni ‘60 a questa tossina è stata attribuita una diffusa “Porcine nephropathy” che ha causato larghi danni agli allevamenti suini danesi; successivamente ad essa è stata attribuita una “Balkan endemic nephropathy” che ha flagellato intere popolazioni suine jugoslave la cui razione era ricca di cereali e di fagioli contaminati. Si ritiene che l’esposizione a questa micotossina sia fattore predisponente a nefropatie e tumori dell’apparato urinario; in ogni caso, le ocratossine hanno un altro bersaglio favorito: il fegato. I principali funghi produttori di OT sono Aspergillus carbonarius e Aspergillus Niger in condizioni ideali di crescita: (umidità relativa tra il 72 ed il 90%; temperature tra 12° e 39°C = Tottimale a 28°C) Gli aspergilli colonizzano l’uva spesso prima dell’invaiatura, ma è alla maturità che si ha il picco maggiore di contaminazione da OT. L’Ocratossina A è stata talora rilevata, in generale a bassa concentrazione, in: 99
- succo d’uva, fino a 0,1 mg/L - birra, fra 1 e 6 mg/L - vino, fino a 4,7 mg/L Curiosità: Nei vini italiani, studiati da Tateo e Bodoni (Bull.O.I.V., 2001; 74:772) e da Cerutti, D’Amato e Zucchetti (Imbottigliamento, maggio 2000, p. 39), sono stati trovati valori differenti. In molti campioni essa non era presente: nei vini bianchi positivi non se ne è rilevato più di 0,4 mg/L, nei rosati attorno a 1 mg/L e nei rossi fino a circa 3 mg/L. I valori più bassi, nei campioni positivi, sono stati trovati nei vini commerciati in vetro. Le Tecniche per l’analisi dell’OTA richiedono l’estrazione e purificazione del campione con colonne di immunoaffinità impaccate con anticorpi specifici e l’analisi HPLC con rivelatore a Fluorimetria. [nda…seguono una serie di tabelle che non ho trascritto] Citrinina Prodotta in particolare da A. niveus e da P. citrinum, ma anche da P. viridicatum, P. expansum (già visto come produttore di Patulina) e da P. notatum, la citrinina viene sintetizzata attraverso una condensazione testa-coda di 5 unità acetato e con l’intervento di metionina quale donatore di gruppi metile. Al pari delle Ocratossine, la citrinina causa danno renale. Ocratossine e Citrinina appaiono non di rado associate in cereali colpiti dalle muffe tossigene specifiche. Questa associazione è stata verificata anche nella citata “Porcine nephropathy” in Danimarca. La presenza simultanea delle due tossine comporta un effetto sinergico, con aumento della tossicità. Le derrate più spesso contaminate da citrinina sono i cereali. Ha attività antibiotica. Patulina Isolata nel 1942 e prodotta da più di 60 specie fungine. Può essere ritrovata nella frutta, principalmente nei derivati della mela. I principali funghi produttori sono Penicillium expansum, Byssochlamys nivea e Aspergillus spp. Il Penicillium expansum, in particolare, è l’agente del marciume verde-azzurro che causa di perdite di prodotto durante la conservazione dei frutti. In presenza di condizioni di stress il P. expansum produce la Patulina. Assente nei frutti sani, può superare la concentrazione di 1,5 ppm nei frutti colpiti dal marciume e in taluni loro derivati. In prove di contaminazione artificiale di frutti o loro puree mediante P. expansum o P. griseofulvum, la concentrazione di patulina, dopo opportuna incubazione, ha raggiunto i 2 g/kg. La raccolta attenta dei frutti, senza traumi meccanici, e la loro conservazione in adatte condizioni di umidità e temperatura consentono di evitare il marciume e pertanto la comparsa della micotossina. Quanto alla tossicologia, risultati contrastanti sono stati ottenuti spesso, anche in relazione alla via di somministrazione agli animali da esperimento: nel ratto la somministrazione sottocutanea ha provocato formazione di tumori, mentre non ne ha provocati la somministrazione orale. Fra le manifestazioni tossiche provocate dalla patulina, per quanto si è riscontrato soprattutto sul ratto, emergono fatti emorragici, necrosi della milza, edemi polmonari, degenerazione dei tubuli renali, infiammazioni del tratto gastrointestinale. Valori orientativi di DL50 nel ratto oscillano fra 10 mg/kg di peso corporeo (via intraperitoneale) e gli oltre 50 (via orale). Le Tecniche per l’analisi della patulina prevedono l’estrazione con etilacetato e purificazione, poi HPLC in fase inversa con Diode Array Detector. Rubratossine 100
Prodotte da Penicillium rubrum e da P. purpurogenum, sono particolarmente pericolose per il fegato; infatti le prime notizie hanno correlato direttamente, come si è poi dimostrato in via sperimentale, le rubratossine a epatiti tossiche nel bestiame. La difficoltà di identificazione analitica fa pensare che queste micotossine entrino in gioco anche in altre forme di intossicazione. I cereali ammuffiti si dimostrano particolarmente sensibili all’attività delle muffe tossigene specifiche; agenti micostatici potrebbero evitare o rallentare la loro comparsa. Micotossine di Fusarium Si tratta delle tossine: - Deossinivalenolo - Tossina T-2 - Tossina HT-2 - Zearalenone - Fumonisina B1 - Fumonisina B2 Presenti soprattutto in cereali (mais, frumento, avena, segale), frazioni della molitura del mais e del frumento, prodotti a base di mais o frumento, corn flakes, farina di mais. Zearalenone Prodotto da Fusarium spp. (F. graminearum, F roseum, F. tricinctum, F culmorum, F. moniliforme, F. oxyporurn), presenta spiccata azione estrogenica a carico degli animali. La produzione di tossina può avere luogo in ampio spettro di temperature; se ne è ritrovata in Italia in cereali conservati attorno a 27°C, e altrove a 12°C. La biosintesi dello Zearalenone avviene con la condensazione testa-coda di 9 unità acetato. 1-5 ppm di tossina nella razione causano, nella scrofa, ipertrofia dell’utero, atrofia ovarica e altre alterazioni dell’apparato genitale. Inoltre, può provocare aborto e ninfomania. Nei suinetti sono noti casi di atrofia dei testicoli e manifestazioni meno rilevanti. La scrofa può trasmettere la micotossina ai neonati attraverso il latte con effetti di iperestrismo. Concentrazioni non trascurabili di Zearalenone sono state rilevate in birre africane, in particolare nel tipo “pito”; fino a oltre 87 ppm in birre nigeriane, ed in minore misura in birre prodotte nello Swaziland e nel Lesotho. Zearalenone è stato rilevato, eccezionalmente, in una birra europea, a tasso modesto, attorno a 0,1 ppm. Fumonisine Prodotte da Fusarium moniliforme, queste micotossine sembrano contaminare soprattutto il mais. Fra le molte note hanno particolare importanza le Fumonisine B1 e B2.
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Viene loro attribuita la capacità di causare leucoencefalomalacia negli equini, edema polmonare nei suini e danni al fegato in più specie animali; sembrano anche causa di tumore epatico nel ratto. Nell’uomo la loro capacità di causare tumore all’esofago, segnalata da Norred e Voss (i. Food Protection, 57, 522, 1994) non ha trovato conferma univoca presso lo IARC (Intemational Agency on Cancer) di Lione, tuttavia la Fumonisina rientra, al pari della Ocratossina A, fra i potenziali agenti cancerogeni per l’uomo. Moniliformina Si tratta del 3-Idrossil-ciclobut-3-ene-1,2-dione, è una tossina prodotta dal F. moniliforme, letale per i polli. [nda…Menzionata per la forma simpatica ] Tricoteceni Micotossine prodotte soprattutto da Fusarium spp., i tricoteceni sono anche metaboliti di Stachybotrium, Trichothecium, Trichoderma, e ne sono noti almeno una 40ina. Hanno come base strutturale la tricotecina o un suo derivato (in fig). I più noti sono il Diacetossiscirpenolo (DAS), il Deossinivalenolo (DON o vomitossina), le Tossine T-2 ed HT-2. Sotto il profilo tossicologico, animali trattati con tricoteceni divengono suscettibili a malattie infettive. Nella scrofa l’assunzione di Tox T-2 ha provocato manifestazioni assai differenti: infertilità, congestione intestinale, congestione del dotto biliare. Suini e bovini, accanto al parziale rifiuto della razione con Vomitossina, hanno mostrato disordini digestivi, fatti diarroici e in taluni casi sono deceduti per questa “Moldy corn toxicosis”, alla quale ha fatto eco una “Red mold toxicosis” che ha colpito bovini, suini, equini e anche l’uomo. Fra gli effetti costantemente evidenziati spiccano lesioni a stomaco, cuore, reni e intestino. Il fatto tossicologico più importante rimane però la “Aleuchia alimentare tossica” che ha provocato una larghissima epidemia negli anni ‘40 nella regione di Orenburg, in Russia. Il consumo di cereali conservati sotto la neve, a temperature alle quali le muffe infestanti possono produrre tricoteceni, ha provocato manifestazioni tossiche nel 10% di quella popolazione, con un numero controverso da centinaia a decine di migliaia di morti. In Italia i tricoteceni sono stati ritenuti causa di fatti tossici a carico di suini, bovini e pollame, principalmente necrosi delle orecchie e della coda nei primi, necrosi del piede nei bovini e fragilità capillare associata a ipovitaminosi D e K. In particolare, la Tox T-2 e il Nivalenolo impediscono l’assorbimento delle due vitamine. I livelli di DON e la frequenza di contaminazione in Italia dipendono dall’annata agraria; inoltre il frumento duro è più contaminato del frumento tenero e i livelli più elevati di DON sono stati riscontrati nei campioni del Nord Italia rispetto a quelli del Sud Italia. Il DON viene parzialmente degradato dalla cottura. Ergotismo Fra le manifestazioni più imponenti dell’attività di micotossine, la palma spetta all’Ignis sacer, o Fuoco di S. Antonio; fin dal Medio Evo la farina di segale contaminata da Claviceps purpurea aveva causato larghe intossicazioni nella popolazione. Gli sclerozi della segale contaminata contengono una serie di sostanze tossiche, costituite da alcaloidi di struttura differente, e oggi taluni di questi trovano utilizzazione in medicina, nella cura di emicranie o anche come agenti capaci di indurre il parto. In prove su animali, l’ingestione di segale cornuta ha causato, nel tempo, la comparsa di tumori. La manifestazione più recente di ergotismo ha avuto luogo in Francia, a Pont St. Esprit nel 1951; esistono però ancora oggi dubbi sull’agente responsabile, se si tratti di questi alcaloidi oppure di contaminazione da mercurio, o di una azione sinergica di entrambi i fattori; l’intossicazione colpì almeno 150 individui, con 4 decessi.
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Curiosità: Secondo taluni storici, l’ergotismo sarebbe una delle concause della Rivoluzione francese; i contadini, sotto l’effetto degli alcaloidi della segale cornuta - ergometrina, ergotossina, ergotinina, ergometrinina, ergotamina – avrebbero improvvisamente attaccato, presi dal “fuoco sacro”, la nobiltà ed il clero che fino al giorno prima avevano invece ossequiato, e di qui la reazione a catena del 1789 e degli anni successivi. L’idrolisi di questi alcaloidi porta ad acido lisergico, uno psicomimetico dall’azione, secondo i casi, depressante o stimolante del sistema nervoso. La prevenzione dell’ergotismo è direttamente correlata all’esame attento della segale prima della macinazione, senza dimenticare che anche altri cereali potrebbero venire infestati da Claviceps purpurea, e che vi è oggi una tendenza diffusa a utilizzare segale anche in prodotti da forno a base di più cereali. Il D.M. 30 dicembre 1975 prevede una tolleranza di segale cornuta (Claviceps purpurea), nei mangimi contenenti cereali non macinati, fino a 1000 ppm Scenario mondiale Le popolazioni che vivono nella fascia compresa tra il 42° parallelo nord e sud sono a rischio aflatossine (World Mycotoxin Forum, 2005); La FAO afferma che: - il 25% è “significativamente” contaminato da MT (ovvero le MT si “quantificano”) - il 5% degli alimenti veicola rischi per la salute umana e animale attraverso le MT - il 70% dei mangimi è contaminato Stima media annuale dei danni economici nel settore agroalimentare: 715 milioni di euro all’economia delle produzioni agricole primarie 466 milioni di euro all’economia delle aziende zootecniche Solo 77 nazioni (su oltre 170) hanno una regolamentazione ufficiale sul contenuto massimo ammissibile di MT negli alimenti per il consumo animale ed umano ma le regolamentazioni non sono uniformi e non ci sono adeguate barriere doganali. Nessun paese considera le problematiche derivanti dall’azione sinergica di più MT nella stessa matrice: • In UE nel solo 2005 si sono avute 993 notifiche di allerta (ossia obbligo di ritiro di prodotti già sul mercato), la maggior parte relativa a frutta secca e derivati • L’aflatossina M1 ha tossicità circa 30 volte superiore negli individui portatori del virus dell’epatite B L’ingestione di 18 ng/kg di AFB1 è causa sicura di epatocarcinoma (negli USA i superconsumatori di noccioline superano abbondantemente questa dose in 1 anno). L’Istituto di Sanità del Canada consiglia ai genitori di bambini fino a 2 anni di limitare quanto più possibile il consumo di succo di mela. Un campione di bambini milanesi (scuola materna, elementare e media): con i soli cereali contenuti in pasti offerti ai bambini “normali-consumatori” ingeriscono dal 32 al 70% del TDI di OTA e dal 76% (asilo nido) all’89% (elementari) del TDI di DON; i “forti-consumatori” ingeriscono il 152178% del TDI di OTA (Fracchiolla et al., 2006). “La contaminazione viene soprattutto dal campo! Il controllo deve essere costante, poiché si possono verificare situazioni di rischio localizzato continuamente. Una volta che le MT sono sull’alimento, non si possono eliminare: indispensabile intervenire nella fase di campo e di conservazione del prodotto. Ulteriore complicazione attuale: l’evoluzione del clima” (II Congresso Nazionale “Le micotossine nella filiera agro-alimentare”, ISS, Roma, 16-18 ottobre 2006)
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Produzione di Micotossine: Granaglie conservate in codizioni caldo umide (umidità >14% e temperatura > 20°C) o/e inadeguatamente asciugate possono essere potenzialemente contaminate. Le granaglie devono essere tenute asciutte, senza danni e senza insetti; questi possono causare un “hot-spot” di muffa. La crescita iniziale di funghi sulle granaglie può formare un’umidità sufficiente grazie al loro metabolismo e permettere la successiva crescita e formazione di micotossine. “Micotossine: quale sistema agro-zootecnico?”: Prof. Piva, Istituto di Scienze degli Alimenti e della Nutrizione, Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza. - Seguire con attenzione l’andamento meteorologico dell’annata agraria e contrastare lo stress idrico - Modificare e migliorare i sistemi di irrigazione - Rivedere al sistema agro-zootecnico nelle aree più a rischio - Nuove varietà (soprattutto di mais), più resistenti, con minor esigenze idriche e a ciclo più corto Prevenire le MT: Seguire con attenzione l’andamento meteorologico dell’annata agraria (aflatossine e fumonisine sono favorite da clima molto caldo e secco, tricoteceni e zearalenone da fresco e umido); In campo, creare condizioni sfavorevoli all’infezione fungina (eliminazione delle infestanti, interramento dei residui, varietà resistenti, concia precoce del seme, giusta densità di semina, concimazione azotata equilibrata, buon governo delle acque, lotta ai parassiti che ledono i tessuti vegetali creando facili vie d’ingresso ai funghi tossigeni); Pianificare le raccolte (evitare raccolte tardive o in condizioni di umidità che possono favorire fessurazioni e rotture delle cariossidi); Pulire costantemente macchinari e mezzi di trasporto; In post-raccolta, evitare il prestoccaggio di granella umida e ottimizzare lo stoccaggio. Lez XI Tossinfezioni Alimentari Infezione: quando il microorganismo penetra direttamente nel corpo dell’uomo e provoca la malattia Allergia: Si definisce allergia una reazione anomala dell'organismo a una sostanza normalmente inoffensiva. In pratica, il soggetto allergico, una volta entrato in contatto con l'allergene, manifesta una risposta immunologica anomala. Alla base delle malattie allergiche, pertanto, vi è un'alterazione dei normali meccanismi di difesa, che tendono ad azionarsi nei confronti di sostanze giudicate pericolose, al contrario considerate innocue dalla maggior parte della popolazione. Intolleranza: è "la tendenza a sviluppare ipersensibilità verso una certa sostanza o un determinato alimento". In genere, però, quando si parla di intolleranza ci si riferisce quasi sempre alla reazione anomala dell'organismo all'ingestione di un alimento o di un additivo. Rispetto alle allergie, l'intolleranza ha una reazione molto più lenta, insidiosa e tardiva, caratterizzata da sintomi prima sfumati (irascibilità, affaticamento e nervosismo), che spesso rendono difficile la diagnosi da parte del medico. Tossinfezioni Alimentari Si manifestano con disturbi gastrointestinali (nausea, vomito, dolori addominali, diarrea,febbre) e sono causati da alimenti contaminati da microrganismi (infezioni propriamente dette) o da sostanze tossiche prodotte dagli stessi microrganismi (intossicazioni). La gran parte dei microrganismi responsabili delle tossinfezioni intestinali è sempre presente sia sulla pelle o sulle mucose (bocca, naso) delle persone, sia negli animali da allevamento sia nell'ambiente. Gli stafilococchi, per esempio, si trovano sulla pelle e sulle mucose di circa un terzo della popolazione, e alcuni ceppi di questi batteri producono tossine resistenti al calore. In breve le Tossinfezioni Alimentari sono “malattie che si manifestano in seguito all’ingestione di alimenti contaminati da microrganismi o dalle loro tossine”.
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I Sintomi sono solitamente gastroenterici (Vomito, nausea, diarrea) e possono essere lievi (durata di qualche ora) o più gravi (durata di più giorni). Le malattie alimentari si manifestano con maggiore gravità nelle popolazioni più sensibili (bambini, anziani). A determinare la gravità della patologia dono due fattori: 1. Tipo di microrganismo: la tossinfezione si verifica se l’alimento è contaminato da un microrganismo patogeno 2. Numero di microrganismi: i batteri, o le loro tossine, devono essere presenti in quantità sufficienti nell’alimento ingerito La Patogenicità di un determinato microrganismo è data dai fattori di virulenza, dal numero iniziale di microrganismi e dallo stato immune dell’ospite. Postulati di Koch Si tratta di 4 regole (un po’ antiquate ma in parte ancora valide) che definiscono quando un microrganismo può essere detto patogeno: 1) Il microrganismo deve essere presente in ogni caso di quella determinata malattia 2) Il microrganismo deve poter essere isolato dall’ospite ammalato e fatto crescere in coltura pura 3) Inoculando microrganismi dalla coltura pura ad un animale sensibile e sano, si deve riprodurre la malattia specifica 4) Nell’animale infettato sperimentalmente deve essere possibile reperire nuovamente il microrganismo e coltivarlo in coltura pura. Fattori che Determinano la Tossinfezione Le maggiori cause di tossinfezione sono le seguenti: - Inadeguato raffreddamento di cibi cotti - Conservazione di alimenti caldi in modo inadeguato - Manipolazione di alimenti ad opera di personale infetto - Scarsa igiene personale - Inadeguata pulizia: Locali, Utensili, Attrezzature - Uso di ingredienti contaminati - Contaminazione crociata: cibi contaminati possono venire in contatto con cibi non contaminati contaminandoli a loro volta. - Carenze nell’approvvigionamento - Cibi preparati troppo in anticipo - Inadeguata cottura o riscaldamento di cibi cotti Per vivere e moltiplicarsi i batteri hanno bisogno di alimentarsi quindi gli alimenti preferiti dai batteri, spesso alle origini delle tossinfezioni, sono quelli ricchi di proteine e acqua (Latte, Carne, Pesce). Infezioni da Batteri Opportunisti Sono batteri che normalmente sono presenti nella flora dell’ospite o nella flora ambientale che in condizioni di buona saluta dell’ospite non recano disturbo ma in soggetti indeboliti possono causare malattia. Ve ne sono diversi nella flora umana: - Pelle: Staphylococcus aureus, S. epidermidis, Propionibacterium acnes - Intestino: Bacteroides (Alto numero), Enterobacteriaceae (Basso numero) Quelli ambientali si trovano in Acqua, Terra, Aria e Cibo; tra gli ambientali i più fetenti sono quelli Nosocomiali che crescoscono in ambiente ospedaliero.
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Classificazione batteri I batteri si classificano per forma (cocchi, diplococchi, bacilli, ecc…), caratteristiche colorimetriche di membrana (Gram+/-), metabolismo (aerobi o anaerobi), Capacità fermentativa (alcolica o lattica), Capacità di produzione di spore, Patogenicità, ecc… - I cocchi si rendono responsabili di malattie come la tonsillite, l'endocardite, la meningite, la polmonite. - I bacilli provocano affezioni come la lebbra, la tubercolosi, la difterite, il tetano, il tifo - Gli spirilli sono agenti per la sifilide, framboesia, leptospirosi e altre. I batteri penetrano nel corpo attraverso varie vie: una delle più frequenti è l'aria, attraverso la quale essi entrano sin nei polmoni; o la via orale, attraverso cui i batteri vengono deglutiti e possono localizzarsi in qualsiasi segmento del sistema digerente. Possono inoltre penetrare attraverso ferite, o essere inoculati da insetti e parassiti attraverso il morso o la puntura. Inoltre possono entrare nel corpo attraverso le vie uro-genitali; vi sono poi le tipiche malattie sessualmente trasmesse. I batteri possono infine penetrare attraverso la pelle o le mucose, per lo più attraverso piccole escoriazioni o il follicolo del pelo. Difese dell’ospite Esistono diversi modi in cui l’uomo si difende dai batteri: A livello dell’Intestino = peristalsi, defecazione Alivello dell’Apparato respiratorio = azione ciliare, tosse, starnuto A livello dell’Apparato urogenitale = minzione Vi sono alcuni batteri infettanti che producono sostanze velenose dette esotossine mentre sono in vita, altri producono endotossine che vengono liberate solo quando muoiono. Nell'organismo i batteri non hanno però libertà di provocare i loro danni: contro di loro viene mobilitato l'intero sistema immunitario, che tende ad inibirne l'attività e, in alcuni casi, ad ucciderli. Il trattamento delle malattie infettive varia secondo la natura del batterio. Attualmente si basa soprattutto sull'impiego di antibiotici, previa determinazione della sensibilità dei batteri responsabili verso di essi: si tratta quindi, nella maggioranza dei casi, di un trattamento mirato. Ma in determinate malattie (ad es., la difterite, il tetano) si ricorre all'impiego di antisieri, contenenti antitossine specifiche contro i batteri incriminati. Le infezioni superficiali, invece, possono essere trattate - oltre che con gli antibiotici - anche con sostanze antisettiche e battericide, come l'alcool, il fenolo, la tintura di iodio. Gli Antibiotici Sono farmaci contro le infezioni causate da batteri. Non hanno nessun effetto contro le infezioni virali o da miceti. L’uso massiccio degli antibiotici ha creato il problema della antibioticoresistenza: diversi batteri non sono più attaccabili dai comuni antibiotici. Questo comporta gravi rischi : se una persona si ammala di una grave malattia batterica, ma i batteri che lo stanno colpendo sono antibiotico-resistenti , IL PAZIENTE RISCHIA LA VITA: si rischia di tornare ad una era pre-antibiotica. Indispensabile ridurre l’uso di massa degli antibiotici, determinato da diversi fattori: - pressioni commerciali delle ditte produttrici di antibiotici - terapie a base di antibiotici prescritte dai medici - richiesta da parte della popolazione di "guarire presto" non dando il tempo all’organismo di sviluppare una adeguata reazione alle malattie infettive Adesione Per causare malattia il batterio deve aderire alla superficie cellulare e lo fa mediante proteine di membrana che riconoscono dei recettori specifici sulle cellule bersaglio (es: S. Pyogenes produce una proteina F che lega la fibronectina cellulare).
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FINE
[nda…da qui in poi batteri nello specifico =
Microbiologia]
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