Quarto Cap - La Blogosfera. Saremo Tutti Giornalisti?

  • October 2019
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La blogosfera. Saremo tutti giornalisti? “Il mio lavoro è anche questo: fare quello che non tutti possono. Non per gioco, ma perché vuoi esserci, se sei un giornalista. Io non vedo altro modo di raccontare la realtà se non attraverso la mia esperienza.” Rysard Kapuściński

Il termine blogosfera è un neologismo inventato nel 1999 da Brad L. Graham. Il significato più didascalico che si può dare a questa parola è rappresentato da Wikipedia, l’enciclopedia online i cui contenuti sono interamente prodotti dai suoi utenti. La blogosfera è “nell'ambito di internet, l'insieme dei blog. I blog (o diari in rete) sono fortemente interconnessi: i bloggers (o blogghisti o blogonauti) leggono blog altrui, li linkano (creano dei collegamenti), e li citano nei propri post (messaggi). A causa di ciò i blog fra loro interconnessi hanno sviluppato una propria cultura. Si può notare una certa assonanza con il termine biosfera”1. Il significato della parola blogosfera, però, non può essere ridotto ad una semplice descrizione didascalica, in quanto il mondo dei blog sta rivoluzionando numerosi aspetti della vita sociale di ogni individuo e di ogni formazione sociale collettiva. I contesti sociali che stanno subendo l’influenza di cambiamento da parte della blogosfera sono tutti quelli che hanno un certo tipo di rapporto con le nuove tecnologie della comunicazione. Se la società post industriale è stata significativamente definita, a ragione, società dell’informazione vuol dire che la nostra società è intimamente connessa al mondo della comunicazione e delle sue tecnologie, in quanto le informazioni sono la materia prima di ogni comunicazione. 1

http://it.wikipedia.org/wiki/Blogosfera

1

Per incominciare ad allontanare la nostra attenzione dagli aspetti tecnologici della blogosfera, per approfondirne gli usi e gli effetti, è utile partire da come Derrik de Kerckhove definisce la blogosfera. Egli la considera come il punto d’incontro tra network sociali e network tecnologici: “Consiste in una rete di interazioni culturali dirette e navigabili, risultato dell’apporto gratuito, aperto e verificabile delle conoscenze e delle opinioni di molte persone su argomenti di interesse generale e in tempo pressoché reale”2. Anche il sistema dei media di massa consiste in una serie di collegamenti e connessioni con altri macro-sistemi della vita sociale di un paese, quali quello economico, politico e culturale. Questi quattro macro-sistemi interagiscono costantemente e si influenzano a vicenda. I media spesso vengono manipolati ma molto spesso sono anche i media che riescono a manipolare i propri interlocutori. La comunicazione nel web è, però, molto diversa. La blogosfera è un macro-sistema, quello dei singoli cittadini connessi che - anche se si stanno scoprendo poco alla volta l’insieme degli aspetti culturali, psicologici e sociali su cui si basa - non ha una struttura unitaria e riconoscibile per tutti e da tutti come i media di massa. Essa consiste in un insieme di individui che comunicano secondo le proprie convinzioni ed esigenze personali. Di conseguenza anche il mondo sociale di riferimento, le attenzioni, i bisogni e i desideri che vengono trasmessi da questo tipo di comunicazione trovano le loro radici nella vita sociale dell’individuo in questione. Questo non vuol dire che le grandi problematiche di interesse globale o comunque di larga scala non interessino al cittadino che partecipa alla 2

Dalla prefazione a G. Granieri, Blog generation, Laterza, Roma – Bari, 2005

2

blogosfera, bensì che la sua attività di comunicazione ne porta all’attenzione del pubblico molte altre, di interesse meno generale, forse, ma sicuramente meno basate su concetti astratti di cui pochi possono comprendere il significato e che caratterizzano le dispute politiche ed economiche di alto livello. Si tratta, insomma, di un’informazione più personalizzata. I media da sempre sono stati il veicolo principale attraverso cui le persone hanno conosciuto il mondo e gli eventi che vi si sono svolti. Il mondo dell’informazione è sempre stato considerato come quella branca della comunicazione che ha il compito di controllare quello che “i potenti” fanno del mondo, il famoso concetto di watch dog, il cane da guardia del potere. Negli

ultimi

decenni

molti

addetti

del

mondo

dell’informazione si sono piegati a, o sono stati piegati da, interessi che non erano espressione diretta del popolo, di cui dovrebbero essere gli occhi attenti, ma di nicchie di potere politico ed economico che hanno inquinato il sistema delle informazioni causando un distacco molto forte con la comunità dei suoi consumatori. Nel momento in cui ogni cittadino ha a sua disposizione la possibilità di comunicare e informare un certo pubblico, assume un effettivo potere di controllo, in primo luogo nei confronti di coloro i quali continuano a fare informazione “di massa” e, in secondo luogo, nei confronti di quei poteri che influenzano le informazioni maistream. Sempre di più, quindi, le nuove istanze sociali non vengono rappresentate da chi si trova a colloquiare con i vertici della piramide sociale ma da chi ne compone la base. Il metodo principale con cui una moltitudine di individui può portare alla ribalta di un vasto pubblico un’istanza sociale, una denuncia, ma

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anche una “buona notizia”, è tramite il passaparola tra persone, tra blogger: nel quartiere, all’università come tra i lettori (pochi o tanti non importa) del proprio blog. Nel mondo dei blog ci si sceglie e si viene scelti, ma ci si può incontrare su temi occasionali in base a criteri di affinità e interessi comuni. Questa caratteristica contribuisce ad infondere in chi partecipa l’idea di una comunità intellettuale di cui fa parte e che si basa su un'unica regola: il confronto. La blogosfera è, quindi, una grande conversazione alla quale tutti hanno eguale diritto di accesso, ma dalla quale solo le voci che sono ritenute meritevoli (dalla blogosfera stessa) arrivano alla ribalta del pubblico dei mass media. In Italia ne abbiamo un ottimo esempio nell’esperienza dell’ex comico e blogger Beppe Grillo3. Senza entrare nel merito delle questioni che pone all’attenzione del suo pubblico, non c’è dubbio che il successo della sua attività di blogger sia dovuto, oltre che al suo nome molto conosciuto e apprezzato per l’attività di comico, al passaparola di tanti piccoli blogger che ne hanno diffuso le idee e i contenuti. Ma i blog cosa sono?

4.1 I weblog “I weblog rappresentano, a oggi, la creatura più matura del web. Non credo sia un’esibizione dell’io, ma piuttosto del rapporto con gli altri.” Derrick de Kerckhove

Nel 2004 la parola “weblog” era la più ricercata sulla versione online del dizionario Merriam Webster4, che la definiva 3

http://www.beppegrillo.it Dal 2005 la parola blog è entrata a far parte della versione stampata del dizionario della più grande azienda editoriale americana del settore dizionari. 4

4

come “sito web che contiene un diario personale online con riflessioni, commenti e spesso link”. Letteralmente “blog” è la contrazione delle parole “web” e “log”, che significano “tenere traccia di qualcosa sul web”, una sorta di diario di navigazione. I blogger sono tutti coloro i quali hanno aperto e curano con una certa frequenza una propria pagina personale sul web, il proprio blog. Ma darne una definizione precisa e legata agli usi che se ne possono fare è praticamente impossibile, in quanto non esistono delle modalità univoche riguardo il loro utilizzo. Granieri sostiene che la definizione classica di blog come diario possa essere accettata solo se il concetto di diario esce fuori dai confini della sua dimensione web, comprendendo anche tutta la cultura del blogger per giungere alla definizione di “diario intellettuale”5. Insomma, il blog è una proiezione delle elaborazioni mentali di colui che lo tiene che, inevitabilmente, si formano non solo all’interno della rete, ma scaturiscono da tutti gli aspetti della vita del diretto interessato. Recentemente tra i maggiori blogger italiani è partita una sorta di “gara”, promossa dal giornalista del Il Sole24ore e blogger Luca De Biase, a chi riuscisse a definire in un massimo di duemila battute il significato della parola blog. I risultati sono stati i più vari. La definizione più eloquente, secondo me, l’ha data Luca Sofri nel suo blog “Wittgenstein”6, una definizione semplice, ma che racchiude tutta l’essenza di questo fenomeno: “un blog è un blog è un blog”. Tutto e niente. Nello spazio di un blog si può pubblicare di tutto: pensieri, idee, opinioni, studi, ricerche, informazioni, notizie, curiosità, link di ogni genere, storie, articoli, interventi di altre persone, fatti quotidiani pubblici e/o privati, 5 6

G. Granieri, op. cit., p. 28 www.ilfoglio.it/wittgenstein

5

immagini, video, file audio. Quel che è certo è che i blog sono degli spazi estremamente personali nei quali ognuno è libero di esprimere le proprie idee o semplicemente dare un cenno della propria esistenza dando vita ad una sorta di personalizzazione dell’informazione. Non è possibile neanche definirli in base al loro contenuto in quanto è davvero raro che ci sia una linea editoriale da seguire fedelmente, anche se esistono alcuni blog che sono dedicati quasi interamente ad argomenti specifici. Il fenomeno weblog o blog è nato negli Stati Uniti alla fine del secolo scorso nel disinteresse generale degli altri media e dei cittadini, ma oggi sta conquistando sempre più spazio nella società perché sta sviluppando un modo alternativo e nuovo di fare informazione, in ogni campo: dall’economia alla politica passando per il mondo della cultura. La diffusione di questi “diari intellettuali”, grazie all’estrema facilità di creazione, è sintomo di una sempre maggiore voglia di esprimersi, confrontarsi e comunicare da parte di coloro i quali fino a questo momento erano considerati soggetti passivi dei flussi informativi. Nella comunicazione tramite blog sono le persone il motore principale del flusso comunicazionale, e non la tecnologia che è ormai uno strumento acquisito in ampi settori della società occidentale. Con i blog, le singole persone, individualmente o in maniera collettiva, “si prendono i propri spazi sulla rete e dimostrano ogni giorno che per farsi leggere e ascoltare, entrare in comunicazione con gli altri, bastano un browser, delle idee, il desiderio di raccontare in parole quello che succede intorno a sé”7.

7

C. Baldi, R. Zarriello, Penne digitali, Centro Documentazione Giornalistica, Roma, 2005, p. 104

6

La pratica del blogging, inoltre, può essere considerata come un vero e proprio atto di generosità tra blogger, in quanto il sistema di attrazione dell’attenzione del lettore è esattamente opposto a quello dei media tradizionali. Mentre l’obiettivo di un quotidiano e del suo sito è quello di trattenere il più possibile il lettore tra le sue pagine, i blog, invece, linkano e dirigono i propri lettori verso pagine esterne. Questi link possono riguardare altri blog o altri siti, anche di informazione mainstream. Indirizzare il lettore verso altri lidi, citando le fonti da cui partono i propri post, è la prassi del “sistema blog”: “In questo modo ci guadagnano tutti: l’autore del primo post perché riceve nuova attenzione, l’autore della citazione perché ha fornito un input qualitativo al suo lettore e, infine, il lettore stesso che vede incrementare le possibilità di incontrare contenuti interessanti”8. E’ come una sorta di grande conversazione in cui, se ce n’è il bisogno, ci si riferisce alle opinioni e ai dati elaborati da altri soggetti per motivare le proprie idee. Chi non partecipa a questa grande conversazione è destinato a rimanerne ai margini. Non bisogna, però, pensare che i blog siano un mondo a parte, una nicchia chiusa nel grande mondo della comunicazione. Essi non sono alternativi al mondo della comunicazione ufficiale, molto spesso ne sono complementari9 e possono avere dei ruoli collaborativi nell’analisi dei fatti, nella ricerca delle fonti e per la completezza delle descrizioni e delle cronache. Come “funzionano” i blog Creare un blog è un operazione molto facile per chi ha un minimo di dimestichezza con lo schermo di un computer e internet. In rete esistono numerose piattaforme che offrono la possibilità, 8 9

G. Granieri, op. cit., p. 39 C. Baldi, R. Zarriello, op. cit., p. 103

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davvero con pochi semplici passi, di poter aprire un proprio blog a titolo completamente gratuito10. Questa è una delle sue principali fortune in quanto anche un neofita può mettere in piedi il suo blog. La caratteristica che distingue un blog da un altro è, in realtà, il gradimento e il successo che riscuote tra i navigatori, non la sua struttura. Chiunque può creare un blog, ma non tutti saranno seguiti da molte persone. A dire la verità, i blog che hanno un successo molto grande (oltre i 10.000 accessi unici giornalieri) sono davvero pochi contro una platea sterminata di blog che registrano una media inferiore alle 1000 visite giornaliere di singoli utenti. Uno degli elementi base dell’esistenza stessa dei blog è l’ipertestualità: i collegamenti che si vengono a creare tra blog e bloggers tramite link di rimando ad altri siti e blog. Le comunità che i blog riescono a creare tessono tra loro legami proprio tramite link che portano da un blog all’altro contatti, visite e spesso contributi e commenti. Un blog che, creando il suo blogroll11, linka un altro blog dimostra consenso e approvazione, aumentandone la visibilità e la reputazione all’interno della rete: “i bloggers visitano altri ‘diari’ segnalandoli, o meglio linkandoli, all’interno del proprio; un metodo convenzionale per esprimere interesse e solidarietà verso le idee e le vicissitudini raccontate da un’altra persona, come a dire ‘ti ho letto e mi sei piaciuta’”12. Questo sistema di riferimenti non è mai costruito da un singolo né coordinato da un centro. Si realizza in maniera incontrollata ed auto-organizzata, con il risultato che si viene a 10

Tra le piattaforme più utilizzate in Italia si possono ricordare www.splinder.com oppure www.blogspot.com. 11 Lista dei blog amici o che vengono seguiti più di frequente. 12 C. Baldi, R. Zarriello, op. cit., p. 105

8

formare un ordine spontaneo di interconnessioni che è più denso e dinamico di tutto il resto del web. Il blog si presenta, quindi, come uno spazio privato ma anche pubblico, in quanto l’interazione tra blogger e lettori è molto alta e sempre disponibile nel senso che è quasi sempre possibile commentare i “pezzi” (in gergo internettiano chiamati post) pubblicati dal blogger. Tramite i commenti si misura anche la popolarità, il seguito e la capacità di coinvolgimento dei lettori che ha un determinato blog. Inoltre, una conseguenza diretta dell’interattività è l’arricchimento dei contenuti e l’avvio di discussioni, spesso molto costruttive, intorno ai più disparati argomenti su cui è possibile esprimere un’opinione. Infine, i commenti, come i link ad altri blog, aumentano la visibilità dei blog in questione, sia all’interno della comunità dei blogger, sia per quanto riguarda le più generali ricerche su internet tramite i motori di ricerca. Più un sito blog è visitato e linkato da altri siti e blog più sarà in alto nei risultati delle ricerche dei motori di ricerca, Google e Technorati su tutti. Differenze visuali tra i blog e i classici siti d’informazione I siti internet delle testate giornalistiche tradizionali tendono a riportare sul web la struttura visiva del giornale cartaceo. Gli articoli vengono visualizzati soprattutto secondo l’ordine di importanza che la redazione

assegna loro e non in ordine

cronologico. La struttura visiva dei blog è profondamente diversa. Come sostengono Baldi e Zarriello, nel loro Penne digitali, un blog lo riconosci subito quando lo vedi apparire sullo schermo. Di solito hanno “una grafica povera e priva di effetti speciali: i diari più semplici sono costituiti da una sola pagina web dove i

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testi vengono archiviati e visualizzati in successione secondo un ordine cronologico che posiziona in alto i contenuti più recenti. La pagina è in genere formata da due o tre campi verticali. Lo spazio centrale, quello più largo, contiene i testi pubblicati, come si dice in gergo, postati”13. Nei post possono essere inoltre inseriti, a corredo del testo o anche da soli, audiovisivi, immagini e file audio, mentre molte volte gli articoli web di una testata tradizionale prevedono la presenza di un’immagine di lato al testo e poi una serie di link ad altri multimedia che, quindi, non vengono visualizzati direttamente insieme all’articolo. Anche nel linguaggio utilizzato si notano profonde differenze. Le testate giornalistiche online continuano a preferire un tono formale e “ufficiale” nella redazione degli articoli e davvero raramente propongono link esterni al proprio sito, mentre i blog raccontano fatti e opinioni molto spesso in modo caotico, fortemente personale e informale, riempiendoli di collegamenti ad altri siti. Secondo molti osservatori questo è uno dei vantaggi dei blog rispetto alle testate tradizionali, in quanto i lettori del web sembrano fidarsi molto di più delle persone che delle istituzioni. Il linguaggio utilizzato da questi soggetti è uno degli spartiacque che consente di distinguerli nel loro modo di veicolare le informazioni rispetto ai giornalisti. Un ulteriore vantaggio a favore dei blog è che spesso i post vengono proposti come articoli “work in progress”, ovvero sembrano sollecitare il contributo del lettore; dunque, i commenti hanno un’importanza fondamentale per creare la conversazione informale e schietta, tipica della blogosfera, che ne arricchisce i 13

C. Baldi. R. Zarriello, op. cit., p. 106

10

contenuti. I giornalisti sul web, invece, scrivono ancora chiudendo gli articoli come se fossero completi di ogni informazione e, quando si dà spazio ai commenti dei lettori, lo si fa stimolando solo le opinioni, senza richiedere (anche indirettamente) contributi effettivi al completamento della notizia. La democrazia nella blogosfera, tra grandi “hub” e micro blog Non è possibile supporre che ogni nuovo nodo del web, ogni nuovo blog, possa avere da subito la stessa visibilità di tutti gli altri. A meno che non possa godere della “spinta” di un grande media o di un grande marchio, ogni blog deve conquistarsi la sua visibilità all’interno della “grande conversazione”. Non tutti i nodi hanno la stessa grandezza e la stessa importanza all’interno della rete. Esistono dei veri e propri hub ricchi di connessioni che mantengono le posizioni di vetta di tutti i motori di ricerca e ogni piccolo blog che entrerà a far parte della blogosfera difficilmente deciderà di non appoggiarsi, per iniziare e svolgere la sua attività, ad uno di questi nodi più ricchi di buona reputazione e collegamenti. Per descrivere questo modello si usa l’espressione rich get richer (chi è ricco diventa più ricco), poiché i nodi con molte connessioni continueranno ad averne sempre di più con l’espandersi dei piccoli nodi. La distribuzione dei link, dalla quale dipende molto la diffusione e la visibilità sul web, non è uno stato di fatto, ma un processo in continuo mutamento. I nuovi entrati si accodano alle preferenze già espresse da altri, ma hanno la possibilità di conquistare anch’essi le proprie preferenze all’interno della blogosfera. La democraticità della blogosfera consiste nella possibilità di accesso che, grazie alla sua semplicità di esecuzione, è a

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disposizione di tutti. Una volta entrati in questo sistema, però, per conquistare visibilità bisogna partecipare e conquistarsela tramite merito, originalità e tanta buona volontà. Come ho già scritto in precedenza, tutti possono partecipare, ma solo le voci considerate migliori emergeranno dal coro. E’, però, certo che chiunque desideri avere una platea più vasta è almeno nelle condizioni di “combattere” per procurarsela. Insomma, la popolarità di un blog è data dal giudizio dei blogger. Questa popolarità deriva da una profonda interazione sociale tra i cittadini connessi al web, perché la popolarità cresce (o diminuisce) in base a ciò che dice, e in base a come il blogger stabilisce le sue relazioni. Il “capitale” spendibile del blogger è il suo capitale culturale ed espressivo, che viene condiviso e valutato sotto forma di opinione. Ogni giorno il mondo dei cittadini connessi lo giudica e gli assegna una certa rilevanza, in termini di link, commenti e visite in base al proprio giudizio. Questo meccanismo può essere considerato come l’applicazione di un criterio squisitamente meritocratico, in quanto la comunità di blogger funge da filtro collettivo per la segnalazione dei contenuti migliori. Questo concetto di popolarità viene però applicato relativamente a singoli aspetti dell’attività del blogger e quasi mai alla sua totalità. Così, un blog può essere considerato il migliore riguardo

un

determinato

argomento,

ma

assolutamente

inattendibile riguardo altri argomenti. La blogosfera, quindi, si configura come un insieme di “cluster” (gruppi di blog di uno stesso tipo, letteralmente “grappoli”) comunicanti tra loro che definiscono piccoli mondi interconnessi, comunità nate e sviluppate sulla base di un interesse comune. Questi cluster,

12

tuttavia, non hanno una struttura stabile e di conseguenza si formano e si sciolgono di volta in volta in maniera fluida e non definibile in termini assoluti. Il pericolo maggiore che questo sistema porta al suo interno è quello di realizzare connessioni tra blogger che hanno gusti e conoscenze simili, per cui si finisce per “cantare tutti nello stesso coro”. Questo però non è sempre vero, anzi. I blogger sono individui in carne, ossa e intelligenza e, come nella realtà, è raro trovare individui che in tutto e per tutto abbiano gli stessi interessi, per cui ogni blogger sarà connesso con alcuni gruppi diversi da quelli degli altri blogger, mediando così tra diversi piccoli mondi. Questa mediazione è un capitale sociale molto forte, in quanto i singoli individui possono mediare tra le diverse maniere di pensare e di comportarsi con cui si trovano a contatto nella loro esperienza mediatica. I blogger si muovono disinvoltamente tra un cluster e l’altro e, di volta in volta, muta anche la loro posizione all’interno del network al quale partecipano. All’interno di un gruppo possono essere considerati degli esperti da leggere con attenzione, mentre in altri gruppi possono essere dei “principianti”. In questa grande conversazione non esistono delle vere e proprie regole scritte, ma nel corso del tempo si sono venuti a creare una serie di comportamenti convenzionali che consentono la sopravvivenza del sistema: seguire la politica di linking, rispettare il tema della discussione, non essere offensivi. Non sempre queste convenzioni di corretto comportamento vengono rispettate, ma il sistema dei blog ha anche una sua capacità di moderazione e regolazione

collaborativa.

E’

molto

frequente

che

un

comportamento considerato sbagliato venga rilevato e marcato da altri, esponendolo al pubblico giudizio e quindi discusso. Come

13

sostiene Granieri, si può tranquillamente affermare che nella blogosfera “ci sono cellule malate, ma il sistema immunitario funziona benissimo”14. Questo continuo discutere e partecipare consente di arricchire, approfondire, sviluppare e completare informazioni che di nodo in nodo possono essere ripubblicate, associate ad altre ed arricchite, divenendo così nuove informazioni che producono nuovo sapere e nuova conoscienza nei destinatari. Blog personali o tematici Molti blog sono dei veri e propri diari autobiografici che possono avere un interesse per il loro valore umano o anche letterario, ma difficilmente possono riscuotere un certo interesse nel mondo dell’informazione. Si tratta comunque di diari autobiografici non più privati, ma pubblici. Sono degli esempi di vita e di esperienze che possono essere commentate e seguite da un pubblico e, perché no, usate come esempi o come base di partenza per una inchiesta di giornalismo sociale. Molti blogger, invece, sono diventati dei veri e propri punti di riferimento nell’ambito di un determinato settore soprattutto quando questi sono gestiti da professionisti. Questo genere di blog, detti tematici, non sono uno spazio generalista di chiacchiere di vita vissuta e sentimenti, ma sono uno spazio deputato all’approfondimento della discussione su argomenti specifici legati ad una tematica di base. Sia i blog personali che quelli tematici possono essere tenuti non solo da un singolo individuo ma anche da più di uno. Si tratta dei blog collettivi, in cui ogni blogger può postare quando e quanto 14

G. Granieri, op. cit., p. 53

14

vuole e gli argomenti, se non sono blog specializzati, possono spaziare nei più vasti campi della conoscenza umana, possono essere stabiliti prima dai vari blogger o anche decisi in corso d’opera, oppure può non esserci nessuna indicazione15. Blog giornalistici “Mentre i lettori sembrano attratti soprattutto dalla possibilità di interazione diretta, il blogger è interessato alla possibilità di fare opinione al di fuori del circuito e del controllo dei media tradizionali”16 anche attraverso l’uso di un linguaggio (testuale e audiovisivo) meno formale. Sempre più di frequente sono, infatti, anche i giornalisti professionisti che decidono di aprire uno spazio in cui sono editori di se stessi e in cui possono usare un linguaggio meno formale rispetto al loro mestiere, svolgendo il proprio lavoro liberi da vincoli editoriali. Questi blog possono nascere per volontà della redazione, che affida ad alcune firme del giornale uno spazio personale, oppure per la libera e volontaria iniziativa dei singoli giornalisti. E’ evidente che la realizzazione di un blog in maniera totalmente volontaria rende chi lo scrive più libero, in quanto il blogger è editore di se stesso e non deve rispondere a nessuno di quello che scrive, se non ai suoi lettori.

15

Un blog collettivo che mi è capitato di scoprire e visitare ultimamente è “civico42” (http://www.civico42.splinder.com/). Formato da una ventina di donne scrittrici e appassionate di letteratura che si presenta così ai suoi lettori: “Blog che nasce su aNobii.com [aNobii è un social network sui libri], dalla passione di quasi una ventina di ragazze che amano leggere e scrivere. Qui troverete pezzi di noi: recensioni, racconti, poesie, impressioni sull'attualità, scritti sui nostri interessi, tutto rigorosamente al femminile. Ognuna di noi è libera di scrivere quello che crede, soffermandosi sugli argomenti più disparati, ma se pensate di trovare resoconti di tragedie da unghie spezzate, buchi nelle calze o vite rosashocking non è il posto per voi. Questo è il nostro condominio letterario, benvenuti”. 16 A. Papuzzi, Professione giornalista, Donzelli, Roma, 2003, p. 171

15

Esistono altri due vantaggi per un giornalista che crea un proprio blog personale. Il primo è quello di rendersi più visibile rispetto al suo lavoro redazionale: molte volte il blog può funzionare da strumento di auto-promozione se si desidera essere notati da grandi media o se si vuole allargare e fidelizzare il proprio pubblico di riferimento. Il secondo vantaggio è che la fidelizzazione del pubblico si viene a creare grazie al dialogo, tra giornalista e lettori, che si sviluppa grazie all’interattività dei blog. Si viene a creare un dialogo interattivo pubblico e immediato che accresce il senso comunitario tra un gruppo di lettori e il giornalista, che dal canto suo può anche capire quali sono i temi più stimolanti per il pubblico che lo segue con maggiore frequenza.

4.2

Problema della credibilità: il blogging è vero giornalismo? “Quando un blogger intervista un autore a proposito del suo libro, questo è giornalismo. Quando un opinionista manipola i fatti per costruire una falsa impressione, non lo è. Quando un blogger fa una ricerca negli archivi pubblici e scopre che l’affermazione di un personaggio pubblico non è vera, questo è giornalismo. Quando un reporter ripete le dichiarazioni di un politico senza prima verificare se corrispondono alla realtà, non lo è.” Rebecca Blood

Il mondo del giornalismo nei paesi sviluppati, ormai da un paio di anni, si trova in un momento della sua storia in cui la propria egemonia nel mondo dell’informazione è minacciata non solo dalla concorrenza e dalle nuove tecnologie, ma dal suo stesso pubblico. Quello che sta avvenendo è un cambiamento enorme nell’equilibrio di forze tra i fornitori di contenuti e consumatori di

16

contenuti. Questo non deve spaventare o preoccupare i professionisti dell’informazione, perché è indiscutibile la loro essenzialità nelle società democratiche: devono rendersi conto che l’informazione non è più quella di una volta, ed è necessario aprirsi all’innovazione e al pubblico attivo, se si vuole continuare ad esercitare quel ruolo fondamentale che l’informazione ricopre nella società odierna. I blog sono una nuova avventura per il giornalismo. In rete, e tra molti osservatori attenti del fenomeno blog, circola l’idea secondo cui l’attività di blogging abbatte le barriere d’accesso all’informazione aumentandone la quantità e, di conseguenza, il tasso di pluralismo e libertà di tutto il sistema. I giornalisti, come è successo anche di fronte al fenomeno internet, nel giudicare i blog e le loro funzioni si sono divisi tra “apocalittici” ed “integrati”, ovvero tra coloro che, vedendo minacciato il loro monopolio nel mondo dell’informazione li criticano e coloro che pensano sia giusto cercare di comprendere ed utilizzare questi nuovi strumenti dell’informazione e farli collaborare,

creando

una

stretta

sinergia,

con le risorse

giornalistiche tradizionali. Tra i critici la maggior parte sono i giornalisti con qualche anno di esperienza in più o quelli che hanno ancora una visione “nostalgica” del mestiere e guardano ai blog come a dei prodotti autoreferenziali, frutto “di lavoro amatoriale di persone prive di competenza”17. Quello che è certo è che i blog stanno cambiando il nostro rapporto con l’informazione. Eppure, di fronte ad una straordinaria occasione per il loro lavoro, molti professionisti del settore sembrano riluttanti. Anche se all’interno di diverse testate sono 17

C. Baldi, R. Zarriello, op. cit., p. 116

17

stati creati dei blog delle firme più importanti, il modo in cui i media mainstream sembrano approcciarsi al fenomeno blog è molto discutibile poiché non ne sfrutta le potenzialità. In molte testate questo strumento sembra essere usato più per aumentare la visibilità e gli spazi pubblicitari della testata piuttosto che per fare informazione. E’ altresì vero che diversi giornalisti comprendono il valore di questo nuovo strumento, il suo potere e le sue capacità. Ma anche in questi casi il lavoro di informazione che il professionista fa tramite il suo blog rimane al di fuori delle redazioni ufficiali, anche se il blog è ospitato in una piattaforma per blogging creata dall’editore del giornale per cui lavora. Ragionando sull’eventualità che il blogging sia o no una forma di giornalismo, non è consigliabile valutare i contenuti dei singoli blog in quanto si rischia di entrare in un labirinto da cui diventa difficile uscire. La causa di ciò è che, non essendo catalogabili secondo i contenuti, è anche difficile giudicare a priori la qualità di ciò che contengono. E’ vero che i giornalisti professionisti hanno un più facile accesso (anche se si sta riducendo) alle fonti primarie dell’informazione rispetto ad un non professionista. E’ anche vero, però, che un esperto di una determinata materia ne saprà sicuramente di più di un giornalista che cerca del materiale per scrivere un pezzo, magari su un argomento che non conosce neanche. A questo punto, quello che conta davvero sono le pratiche dei blogger e dei giornalisti. Lo suggerisce il testo di Rebecca Blood che apre questo paragrafo: le regole che deve osservare un giornalista nell’esercizio della sua professione possono essere messe in pratica anche da un non professionista. A questo punto, è il risultato che conta. Se un blogger ha fatto bene il lavoro del giornalista, pur non essendo il

18

suo mestiere, il risultato ultimo è un prodotto giornalistico, una notizia:

buona informazione. I blogger fanno informazione ed

opinione ma, molti di loro, non sono giornalisti. I due mondi tendono naturalmente a mescolarsi sempre più. Capita sempre più spesso che molti giornalisti professionisti aprano dei blog personali, ma capita anche che sempre più spesso diversi blogger di qualità diventino dei giornalisti professionisti chiamati a lavorare per grandi redazioni. Jay Rosen, professore di giornalismo della New York University e autore, nel 2001, del libro “A cosa servono i giornalisti?” sostiene che i blog stanno confluendo nel giornalismo. Dopo aver passato una fase di critica radicale nei confronti dei blog, adesso i professionisti dell’informazione iniziano ad adattarsi molto bene a questo nuovo “modello di giornalismo”. La ragione che sta alla base di questo processo, secondo Rosen, è che “il blogger ideale è chi ha competenze giornalistiche”18. Questi due mondi che si intersecano sempre più non lasciano immutati i propri mondi di appartenenza. Blogosfera e informazione tradizionale si influenzano a vicenda, seppur non creando un genere di scrittura vero e proprio. Il mondo dell’informazione che si sta formando in questa epoca storica è troppo eterogeneo per poterne dare una definizione chiara e univoca, almeno per ora. Secondo Granieri, infatti, i blog “non sono giornalismo. Informano, ma non sono giornalismo come lo conosciamo noi, anche quando a tenere un weblog è un professionista

riconosciuto

dall’ordine.

Così

come,

pur

raccontandoci storie, i weblog non sono un genere letterario” 19. 18

In D. Kline, D. Burstein, Blog! La rivoluzione dell’informazione in politica, economia e cultura, Sperling & Kupfer, Milano, 2005, p. 277 19 G. Granieri, op. cit., p. 28

19

Certamente, però, il blog è uno strumento ulteriore che permette la circolazione delle informazioni. Ciò non toglie che i giornalisti abbiano un grande interesse nel consultare la blogosfera, non solo perché possono scoprire storie e nozioni che non conoscevano, ma anche perché possono tastare gli umori di un folto gruppo di persone ed esperti in determinati settori e anche capire cosa cattura l’attenzione e le discussioni dei grandi hub e del popolo che vi si connette. Il risultato di questo processo è l’ingresso della blogosfera nel circolo in cui si formano le rappresentazioni del mondo. Il Italia questa è ancora una prospettiva abbastanza lontana, ma la strada è stata ormai intrapresa e, viste le dimensioni del fenomeno, sarà impossibile tornare indietro. Uno dei pilastri delle critiche al blogging riguarda la credibilità e la veridicità dei contenuti che i singoli blog veicolano, in particolare per quanto riguarda l’aspetto informativo. Fin quando si tratta di racconti personali, infatti, importa poco quanto siano veritieri, a meno che non ledano i diritti di altri individui. La questione dell’attendibilità è invece cruciale nell’ambito specifico dell’informazione. Come

può

un

non

professionista

dell’informazione

pretendere di essere credibile alla stessa maniera di un professionista, che ha compiuto studi ed esperienze specifiche e che, quando esercita al meglio il suo mestiere, segue delle regole deontologiche e ha dei precisi fondamenti etici da rispettare? Questa argomento verrà trattato più in profondità in seguito. Per adesso basti dire che, anche riguardo a questo aspetto critico della blogosfera, internet stesso sembra fornire i rimedi al suo stesso interno. Dan Gillmor, giornalista statunitense, blogger e autore di

20

We the media sostiene che “l’autorevolezza di una notizia aumenta con i link al miglior materiale originale cui ci siamo ispirati”; inoltre, “possiamo anche aumentare la nostra credibilità prestando attenzione alle critiche online”20. Arricchire un articolo di link a fonti e documenti che possano sostenere il contenuto dell’articolo stesso rende trasparenti le motivazioni e i procedimenti che hanno portato all’elaborazione di quel post. Gillmor sottopone ai lettori del suo blog le bozze dei suoi articoli e molto spesso rileva che questi possono essere migliorati grazie ai feedback che riceve da parte dei suoi lettori. La grande lezione che arriva da questo metodo è la capacità di costruire l’autorevolezza delle proprie informazioni

grazie

all’umiltà

necessaria

per

ascoltare

e

condividere che è tipica della blogosfera. I blog hanno il vantaggio, nei confronti dei media tradizionali, quotidiani e Tv su tutti, di poter sfruttare l’immediatezza della pubblicazione. Questo consente ad un blogger che ha uno scoop per le mani di poter anticipare sul tempo le redazioni tradizionali. Di solito le notizie passano prima dai canali tradizionali d’informazione per poi essere commentate e discusse dalla e nella blogosfera. Sempre più spesso, però, i blog riescono ad attrarre un grande pubblico nello spazio di tempo che va dalla pubblicazione sul blog della notizia fin quando questa non venga trattata da un notiziario televisivo o da un quotidiano nazionale. Un esempio pratico è l’incredibile (neanche troppo, se pensiamo alle potenzialità del mezzo) vicenda che ha visto protagonista il blogger Alberto Falossi che in meno di 24 ore ha visto aumentare il numero di lettori unici del suo blog da un centinaio a più di 60.000. Questo imprevisto successo del suo blog 20

Cit. in G. Granieri, op. cit., p. 118

21

www.albertofalossi.com è dovuto alla tempestività con la quale ha segnalato la notizia della pubblicazione online, da parte dell’Agenzia delle Entrate, dei redditi dichiarati dagli italiani nel 2005 prima ancora dei giornali online. La vicenda è diventata di pubblico dominio dopo che Alberto, accortosi di aver pubblicato una notizia, non ripresa da nessun notiziario online, ha fatto partire un passaparola online tra amici e siti di social network21. Il risultato è stato un’impennata vertiginosa di visite al suo blog che gli hanno permesso di acquisire, seppur momentaneamente, una certa visibilità non solo in rete ma anche tra i media mainstream in quanto è stato invitato, per esempio, a partecipare ad una trasmissione serale di una rete Mediaset, che si occupa di approfondimenti su temi di attualità e politica, dedicata proprio sulla sua vicenda22. Senza contare che la notizia della pubblicazione online dei redditi ha occupato per diversi giorni le prime pagine di tutti i giornali i quali, è evidente, hanno preso un buco da un singolo individuo che non è neanche un giornalista professionista. Gli ipercritici della blogosfera potrebbero obiettare che potrebbe essere stata solo una questione di fortuna legata al fatto che il blogger ha preso visione dell’accaduto prima dei giornalisti, per cui ha avuto tutto il tempo per batterli in velocità sapendosi muovere bene nel passaparola del web. A smentire questo genere di critiche sulla capacità della blogosfera di fare il lavoro del giornalista, a volte anche meglio, è il caso Calipari, lo 007 italiano ucciso dai soldati americani durante la liberazione della giornalista de il Manifesto Giuliana Sgrena. I 21

Tutta la vicenda nei suoi particolari è stata ricostruita dal blogger stesso sul suo blog all’indirizzo: http://www.albertofalossi.com/post/Famoso-Passparola-Buzz-MarketingTraffico.aspx 22 La trasmissione in questione è Matrix, che va in onda su Canale 5 in seconda serata ed è condotta da Enrico Mentana.

22

blog hanno portato alla luce un aspetto della vicenda che i media tradizionali non erano stati in grado di evidenziare. Uno dei documenti rilasciati dalle autorità americane sui fatti legati alla morte dello 007 era costituito da un file di cui erano stati oscurati alcuni passaggi. E’ stato possibile, grazie ad una semplice operazione informatica, rivelarne il testo nascosto. Il ruolo dei blog è stato determinante: la notizia, inizialmente pubblicata su un blog poco conosciuto, è stata poi ripresa da un noto blog politico italiano, Macchianera23. Da lì è passata sui media tradizionali ed è arrivata al grande pubblico. A fronte di questo esempio, l’unica critica che può essere avanzata non è tanto se i blog possono fare informazione o meno, quanto che il messaggio, per approdare al grande pubblico, deve necessariamente passare per un blog il cui numero di frequentatori è molto alto. Anche di fronte a questa critica, però, si può dimostrare che non è sempre così. Basti pensare al primo esempio da me riportato, quello di Alberto Falossi, al quale, per balzare “agli onori della cronaca” dal suo piccolo blog, è bastato sapersi cimentare nell’attività del passaparola sul web. In conclusione, casi di questo genere sono destinati a moltiplicarsi soprattutto in Italia, dove la rete non gode ancora a pieno dell’interesse dei professionisti dell’informazione24, ma ha la forza per imporsi all’attenzione del grande pubblico.

23

http://www.macchianera.net A tal proposito ricordo una puntata di un anno fa circa del programma, condotto da Bruno Vespa, Porta a Porta sui pericoli della blogosfera in cui si è giunti a sostenere, con l’aiuto di facoltosi ospiti in studio, che tramite i blog si diventa pericolosi maniaci sessuali con tendenze alla pedofilia o, in alternativa, pericolosi sovversivi e terroristi. Questo caso è unanimemente riconosciuto e citato nella blogosfera come esempio di ignoranza sui nuovi media e di pessima informazione. Basta andare su internet e leggere dei blog a caso per rendersi conto della falsità delle conclusioni a cui si giunse in quel programma televisivo. 24

23

Resta comunque importante non prendere per oro colato tutto ciò che esce fuori dalla blogosfera. In quanto medium aperto alla partecipazione di chiunque, il blog può essere usato ad arte per screditare in maniera subdola e anonima avversari politici o aziende concorrenti o personaggi pubblici. In questo i lettori devono fare molta attenzione alle motivazioni e alle fonti che vengono utilizzate per argomentare certe notizie. D’altronde qui entra in campo uno dei precetti fondamentali della professione giornalistica, ovvero l’accurata verifica delle fonti, in assenza della quale una notizia non può essere data come vera. Si tratta, peraltro, della stessa scrupolosa attenzione che dovrebbe essere rivolta ai media tradizionali. In definitiva i due mondi tendono ad intersecarsi e, sempre più spesso, a collaborare per diffondere maggiori informazioni e per garantirne la veridicità. Aggregatori di blog Una modalità particolare di fare informazione nella blogosfera consiste nell’aggregare un certo numero di blog all’interno di un unico contenitore web, i cui contenuti si aggiornano automaticamente in base all’aggiornamento dei singoli blog che ne fanno parte. Il funzionamento di questi strumenti differisce caso per caso, anche se si può riscontrare quasi sempre il principio della volontarietà nel farne parte. Ovvero, è il blogger che decide di iscrivere il proprio blog in un aggregatore selezionando gli argomenti più trattati. Ogni volta che il blog personale verrà aggiornato sulla home page dell’aggregatore apparirà l’aggiornamento nel settore di competenza e cliccando sul titolo del post si potrà leggere tutto l’articolo. Giuseppe Granieri,

24

autore di Blog generation, ha realizzato un progetto in tal senso che si chiama, appunto, Blog Aggregator25. Non bisogna essere giornalisti-blogger per accedere a questo aggregatore di contenuti. Bisogna esserlo, invece, per far parte di un altro progetto tutto italiano di microeditoria che si chiama Social Network Portal26, che aggrega contenuti di pagine personali e blog di giornalisti i cui contenuti sono suddivisi in base agli argomenti specialistici trattati da ogni giornalista. Il meccanismo è semplice: sulla home page di Ecomatrix (così si chiama la testata) figurano le ultime notizie, aggregate a mano a mano che vengono pubblicate sui rispettivi siti o di News locali (per ora Milano, Roma e Torino), oppure sui vari canali tematici (arte, ambiente, agroalimentare, auto e motori, e così via) che confluiscono nel network. “Non ci sono costi per il giornalista-editore né per lo sviluppo del portale, né per la registrazione del nome di dominio”, spiegano i responsabili del Network, che “autofinanzia la nascita di nuovi canali con il 50% dei proventi pubblicitari. I ricavi pubblicitari sono percepiti dal giornalista per il restante 50%”27. L’iniziativa fa capo a Eagemedia S.r.l., che funziona da concessionaria pubblicitaria esclusiva e fornitore della piattaforma tecnologica. Questo genere di aggregatori di contenuti di blog e pagine personali assomiglia molto (se non lo è in maniera effettiva) ad un micro-network

sociale

in

rete,

dove

la

produzione

e

l’arricchimento dei contenuti veicolati si sviluppa sulla base dei principi di cooperazione tipici delle società con struttura a rete. Molti aggregatori non prevedono l’iscrizione volontaria da parte di blogger o giornalisti, bensì sono strutturati in base a delle 25

http://www.bookcafe.net/blog/filter/default.cfm http://www.ecomatrix.it/ 27 http://www.lsdi.it/2008/05/31/social-network-portal-un-esperimento-di-icroeditoriaonline/ 26

25

scelte operate sulla base di linee editoriali precise. L’esperimento più importante in questo senso nel mondo è, senza dubbio, quello di Global Voices28. Si tratta di un aggregatore internazionale di blog fondato dal Bergman Center for Internet & Society dell’università di Harvard, negli Stati Uniti, per iniziativa di alcuni ricercatori, tra cui Rebecca MacKinnon ed Ethan Zuckerman. Il progetto mette insieme i migliori blog di informazione del pianeta, suddivisi per aree geografiche e paese. Gli articoli e i post aggregati vengono tradotti in diverse lingue29. Il lavoro di chi cura questi siti e ne traduce i contenuti è basato sull’assoluta volontarietà di chi vi partecipa, con l’obiettivo di evitare che alcune storie provenienti dalle parti più disparate del mondo vengano perse tra gli enormi flussi di informazione che caratterizzano la nostra epoca storica. In genere, i giornalisti conoscono le realtà dei paesi di cui parlano nei loro articoli in base a ciò che leggono sui giornali, libri o riviste o dai colleghi che sono inviati sul posto. Con Global Voices, invece, la conoscenza dei luoghi in questione si forma in base alle voci di chi in questi posti ci vive e ne mantiene viva l’informazione. E’ quasi superfluo affermare che questo progetto è tanto più utile quando si tratta di fatti e argomenti che riguardano paesi dove i governi praticano la censura e la libertà d’informazione è ancora un’utopia. Ricevere voci direttamente da chi vive in questi luoghi contribuisce a chiarirsi le idee al riguardo, che spesso sono offuscate da una pratica giornalistica non sempre completa e corretta nella ricerca e verifica delle fonti30 anche nei paesi democratici. 28

http://globalvoicesonline.org/ Tra gli ultimi giorni del mese di maggio e i primi di giugno prenderà il via anche la pagina in lingua italiana del progetto, curata da Bernardo Parrella: http://it.globalvoicesonline.org/ 30 Il progetto Global Voices può essere equiparato, con tutte le dovute distinzioni, alla rivista Internazionale (http://www.internazionale.it/home/) che raccoglie i contenuti 29

26

Un ulteriore esempio di aggregatore di blog è l’esperimento Nova10031

dell’inserto

Nova24

del

quotidiano

economico

Sole24Ore. Di questo esperimento tratterò più dettagliatamente nel prossimo capitolo, qui mi limito ad accennare ad alcune sue peculiarità. Prima di tutto è un progetto partito da una redazione di un quotidiano cartaceo e di un suo inserto settimanale, sempre cartaceo. Inoltre non prevede l’adesione volontaria dei blogger, bensì questi vengono chiamati a tenere un blog all’interno della piattaforma, per cui non rispondono ad uno stimolo volontario di partecipazione e questo si può notare nella scarsa pubblicazione di contenuti da parte di alcuni di essi. Più avanti avrò modo di scendere nei particolari. Risulta abbastanza evidente che gli aggregatori di blog e spazi web personali, siano essi giornalisti professionisti o cityzen journalists, costituiscono una modalità di informazione che davvero può competere ed essere all’altezza di una testata giornalistica tradizionale. Questo perché vengono aggregati contenuti, opinioni, sensibilità e conoscenze multiple e diverse che concorrono, se messe insieme, a definire un prodotto informativo che è completo32 ed efficiente nel trattare le diverse tematiche di cui si occupa chi vi partecipa. In fondo, le redazioni giornalistiche possono essere considerate come degli “aggregatori di giornalisti professionisti” che seguono una linea editoriale predefinita. Se assumiamo che l’attività di blogging consiste nel fare informazione ed opinione e riteniamo che un buon esercizio di questa pratica possa essere equiparato al buon esercizio della della stampa estera in un settimanale su carta. La differenza principale è il supporto informativo diverso che usano i due soggetti, Global Voices internet e i blog; Internazionale la carta stampata e le testate tradizionali. 31 http://www.nova100.ilsole24ore.com/ 32 Sia per quanto riguarda la molteplicità degli argomenti e delle tematiche trattate, sia per quel che riguarda lo spettro delle opinioni possibili su un determinato argomento.

27

pratica giornalistica professionale, allora va da se che i due soggetti informativi sono molto simili, pur se permangono un certo numero di differenze sostanziali. In primo luogo, le redazioni tradizionali hanno anche l’obbligo di riuscire a mantenersi economicamente, mentre gli aggregatori di blog possono usufruire di diversi metodi di entrate finanziare, ma questo non è strettamente necessario in quanto essi si basano sul lavoro volontario di chi vi partecipa. In secondo luogo, una redazione deve sempre rispondere ad una linea editoriale che non sempre consente al giornalista di esercitare in pieno le sue capacità e rischia di opprimerne la libertà. Non è un caso se sempre più giornalisti si spostano sul web volontariamente per esercitare la parte più libera del proprio lavoro. Se i blog, singolarmente intesi, possono considerarsi come delle

buone

occasioni

per

il

mondo

del

giornalismo

professionistico di implementare le proprie conoscenze di attualità e di opinione dei lettori senza preoccuparsi troppo della loro concorrenza, lo stesso non può dirsi per gli aggregatori. Certamente, questi possono essere consultati, e anche partecipati, dai giornalisti nell’esercizio della loro professione. Se, però, paragoniamo il prodotto editoriale in rete di una redazione tradizionale al prodotto ultimo che risulta da un aggregatore di blog, possiamo notare che il risultato è davvero simile: una serie di articoli, immagini e multimedia sugli argomenti più disparati, dalla politica, alla cronaca, all’attualità. I contenuti prodotti dai cittadini e aggregati in siti unici possono davvero creare effettiva concorrenza alle grandi redazioni. Il vantaggio primario degli aggregatori è che non hanno bisogno di trattenere il più possibile i

28

lettori per “offrirli” agli inserzionisti, al contrario delle testate tradizionali che basano la loro esistenza proprio su questa priorità.

4.3

I cani da guardia dell’informazione “E’ cosa buona e giusta che i mass media possano essere criticati. E’ una delle grandi prerogative del blogging, e penso che possa essere solo un bene per la democrazia in generale.” Roger L. Simon

Se i mass media per definizione hanno il compito di decodificare, selezionare e diffondere le notizie, “nella blogosfera la redazione collettiva ne rielabora l’input, lo socializza, lo approfondisce, a volte lo fa a pezzi, altre volte lo rimanda indietro arricchito”33. La blogosfera in molti paesi industrializzati, e anche in quelli in via di sviluppo, sta incominciando ad imporre le proprie priorità nell’attenzione da assegnare agli eventi raccontati dai media mainstream, grazie ad una forte interrelazione che sempre di più si sta venendo a creare tra blogosfera e mediasfera. Quando questa relazione non sortisce buoni risultati, la blogosfera riesce sempre più ad imporre e coinvolgere l’opinione pubblica, senza usufruire di passaggi mediatici mainstream. I blogger stanno ponendo in essere un vero e proprio giornalismo civico

dal

basso

(grassroots)

raccogliendo,

divulgando,

analizzando e raccontando storie e notizie che non sempre sono trattate dalle testate tradizionali. Il risultato di questa attività è che la blogosfera sta acquisendo la forza di influire sull’agenda setting34 dei cittadini. Secondo Nick Denton, fondatore di Gawker 33

G. Granieri, op. cit., p. 116 Agenda setting è un concetto sociologico che indica la capacità dei media di influire sulla selezione e, quindi, sulla scelta dei temi di interesse pubblico su cui l’opinione 34

29

Media35 i blog “non potranno sostituire il New York Times nella sua funzione […] I weblog non hanno le risorse per un lavoro del genere […] non credo che i blog cambieranno la struttura del giornalismo così com’è oggi, in qualche modo soppianteranno sicuramente la funzione editoriale e cioè il ruolo che ha il New York Times nella scelta di ciò che va in prima pagina […] i blog finiranno per influenzare più la selezione delle notizie che la gestione degli articoli”36. Anche in questo caso, con riferimento specifico all’Italia, è possibile citare l’esempio di Beppe Grillo che, con le sue iniziative, riesce a mobilitare centinaia di migliaia di persone in maniera non strutturata, ma intorno a singoli argomenti di interesse nazionale

che

dell’informazione

trovano

davvero

mainstream

poco

spazio

(soprattutto

nel

quando

mondo assume

posizioni critiche nei confronti del mondo della stampa). La sua capacità di mobilitazione e il suo successo non scaturiscono solo dalla sua forza comunicativa, ma, soprattutto, dal passaparola dei suoi lettori e blogger che partecipano, diffondono e amplificano, arricchendoli, i contenuti proposti da www.beppegrillo.it, per poi giungere all’attenzione dei mass media solo durante il culmine del “fenomeno”. L’informazione diffusa da TV, radio e giornali viene utilizzata spesso come base delle discussioni in molti blog. Le informazioni vengono discusse, vagliate e analizzate con un approccio che è sempre critico, ma costruttivo: lo stesso approccio che dovrebbe caratterizzare l’azione dei giornalisti nei confronti

pubblica dirige le proprie attenzioni. 35 http://gawker.com/ 36 D. Kline, D. Burstein, op. cit., p. 131

30

dei poteri forti, anche se questa è una pratica che avviene sempre più raramente nei media mainstream. L’opinionista o il cronista di una testata sono sempre più “costretti” ad osservare e seguire nella blogosfera le discussioni riguardanti le loro notizie. Questa pratica si chiama watchblogging. Ci sono redazioni come la Online Journalism Review37 che hanno inserito la pratica di consultazione dei blog nella procedura standard del lavoro giornalistico in redazione. Bisogna però sottolineare che l’O.J.R. è una rivista specializzata sul giornalismo e i media digitali. Secondo un’indagine, svolta nel 2005 negli Stati Uniti e rivolta a 1200 giornalisti professionisti, l’uso dei blog come fonte di informazione è piuttosto diffusa, ma la loro credibilità viene considerata molto bassa. La ragione principale per cui più della metà dei giornalisti americani legge dei blog è perché ha la necessità di trovare storie originali, di cercare riferimenti e di trovare nuove fonti. In generale, sembra che i giornalisti americani siano coscienti del momento di trasformazione in cui si trovano e considerino i blog come parte, ormai consolidata, del mondo dei media38. Molta gente negli ultimi anni, soprattutto nei paesi occidentali, ha perso fiducia nell’informazione tradizionale e quindi la commenta e la ridiscute secondo i propri punti di vista. Per un giornalista seguire le critiche al proprio lavoro non può che essere una pratica che ne accresce la consapevolezza ed inoltre è strategica nella produzione di informazioni future. 37

www.ojr.org M. Farè, Blog e giornalismo, l’era della complementarietà, European journalism observatory, Facoltà Scienze della comunicazione dell’Università della Svizzera Italiana, 2006 38

31

Il futuro dei rapporti tra mass media e blogosfera è senza dubbio nella collaborazione attiva tra questi due mondi. I blogger contano ancora moltissimo sui media mainstream per tenersi informati sugli eventi cruciali del mondo, confrontandone i resoconti con le voci di protagonisti o osservatori non professionisti. I blogger continuano a riportare le notizie che leggono in siti e blog di informazioni, ma arricchiscono il lavoro del cronista con idee, opinioni, ironia e collegamenti al contesto. Così facendo si viene a creare una sorta di simbiosi tra questi due mondi dell’informazione. Il primo esercita il lavoro di cronaca originale, mentre il secondo costruisce il contesto sociale e culturale nel quale calare l’avvenimento di cronaca39. A volte i blog possono essere anche utili per dare una visione più completa di un evento, arricchendola di punti di vista o di racconti in prima persona.

4.4

Una crescita esponenziale Una ricerca del Pew Internet and American Life Project del

2004, citata da Granieri nel suo Blog generation, indica in una cinquantina di milioni i lettori regolari di blog. Sempre secondo questa ricerca, ogni giorno vengono creati circa 15.000 blog e ogni ora ne vengono aggiornati circa 10.800 tra quelli già esistenti; ogni sei mesi il numero di blog nel mondo tende a raddoppiare. Questi numeri probabilmente sono approssimati per difetto, vista l’estrema difficoltà di misurazione e di conteggio effettivo di tutti i blog della rete, ma i trend di crescita sono decisamente eloquenti. Anche considerando che non tutti i blog sono aggiornati 39

D. Kline, D. Burstein, op. cit., p. 195

32

con la stessa frequenza e che diversi vengono aperti ma mai “iniziati”, oppure abbandonati dopo poco tempo, la loro crescita numerica non può che evidenziare una diffusione sempre più capillare di questi strumenti in tutto il mondo. Molte volte coloro che abbandonano all’inizio un blog hanno solo rimandato il loro ingresso nella blogosfera. Secondo Technorati, il motore di ricerca specializzato in blog, nell’aprile 2007 i blog presenti sulla rete erano più di 70 milioni (le stime possono essere valutate per difetto in quanto per essere conteggiati dal motore di ricerca bisogna iscriversi e non tutti i blogger lo fanno) con la nascita di circa 120.000 nuovi blog ogni giorno. Nel 2007 si è registrato però un rallentamento dell’espansione del loro numero: se nel periodo che va dal 2003 fino al 2006 il numero di blog raddoppiava ogni sei mesi circa, nell’ultimo anno (risulta dall’indagine) il loro numero per raddoppiare ha avuto bisogno di 320 giorni. Questo dal punto di vista statistico, ma dal punto di vista dei numeri in valore assoluto è chiaro che più grande è il numero di partenza più tempo ci vuole per essere raddoppiato. Continuando a leggere i dati del rapporto si evince che vengono pubblicati circa 58.000 post ogni ora per un totale di circa 1,4 milioni di nuovi post al giorno. All’interno di questa marea in costante crescita di blog va, però, anche segnalata l’onda anomala dei cosiddetti splog, blog falsi o di spam, che hanno una “natalità” che si aggira dai 3000 ai 7000 creati ogni giorno. Per quanto riguarda la popolarità dei blog e degli aggregatori di blog, nell’aprile 2007, tra i 50 siti internet dedicati all’informazione più visitati in assoluto nel mondo, ben 9 erano blog. In Italia, l’indirizzo internet più visitato in assoluto nel

33

campo dell’informazione è stato, ed è tuttora, il blog di Beppe Grillo, seguito dal sito de “laRepubblica.it”. Il blog dell’ex comico rientra

anche

nella

graduatoria

mondiale

dei

100

siti

d’informazione più visitati, collocandosi, nel 2007, al centesimo posto, posizione più alta rispetto a qualunque altro media italiano. La lingua più parlata nella blogosfera è il giapponese, che caratterizza il 37% dei blog mondiali, la seconda lingua è l’inglese con il 33%, mentre al terzo posto troviamo i blog di lingua cinese che sono l’8% del totale. La lingua Italiana è utilizzata per il 3% del numero totale di blog, un valore più alto dello spagnolo e di un punto percentuale più alto rispetto al francese. Questo a dimostrazione che nel nostro paese il fenomeno dell’espansione dei blog è davvero importante. L’italiano è di fatto la quarta lingua in assoluto parlata nella blogosfera, secondo Technorati, a fronte di una popolazione decisamente minore rispetto ad altri ceppi linguistici, quali lo spagnolo e il francese che sono molto più diffusi tra la popolazione mondiale40. La blogosfera è un mondo di informazioni e contenuti che è inesorabilmente destinato a crescere nei prossimi anni sempre di più, anche grazie all’espansione dei paesi in via di sviluppo come la Cina e l’India. Per quanto riguarda le società occidentali, secondo Dan Burstein: “Il numero dei blogger continuerà a crescere poiché, nelle società in cui viviamo, sono numericamente in espansione i lavoratori intellettuali. Le nostre società complesse, sofisticate e post moderne producono vaste schiere di individui colti, versati al

40

L’intero rapporto in lingua inglese è http://www.sifry.com/alerts/archives/000493.html

34

consultabile

al

seguente

link:

pensiero critico e interessati a sviluppare nuove idee e a partecipare alla loro discussione”41.

4.5

Nodi legati alle questioni giuridiche ed etiche Siano essi singoli o aggregati, nemici o collaboratori dei

giornali, ormai è chiaro che i blog di informazione possono essere introdotti nel novero delle fonti informative della nostra epoca. La blogosfera, quindi, è uno strumento d’informazione in più che l’individuo ha a disposizione per esercitare il diritto alla libertà di parola e per vedere soddisfatto un altro dei diritti fondamentali dell’uomo

e

d’informazione.

del

cittadino

qual

è

quello

della

libertà

In Italia la Costituzione repubblicana difende

questo diritto nel suo art. 21: “Tutti hanno diritto di manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Possiamo ben dire che con i blog viene data effettiva realizzazione a questo diritto (salvo le eccezioni derivanti dal digital divide e da gap culturali42) nella maniera più ampia che la società abbia mai conosciuto. Se fino a pochi anni fa la libertà di espressione era nelle mani dei mass media adesso può concretamente essere nella mani dei singoli cittadini. Anche se, come abbiamo visto, non tutti i blog saranno seguiti da grandi pubblici, per lo meno vi è la concreta possibilità che questo possa succedere: una eventualità che fino a qualche anno fa era praticamente impossibile da ipotizzare. In Italia esiste una legge che regolamenta la libertà di stampa su internet, ma è riferita esclusivamente a quelle voci che rappresentano una testata giornalistica a tutti gli effetti e che vogliono attingere ai finanziamenti pubblici per esercitare il 41 42

D. Kline, D. Burstein, op. cit., p. XXVII Tratterò di questi argomenti nella conclusione.

35

proprio lavoro. La legge in questione è stata già citata nel secondo capitolo ed è la legge n. 62 del 2001 sulle “nuove norme sull’editoria e sui prodotti editoriali”. I blog non possono essere considerati dei prodotti editoriali in base alla definizione che ne dà la legge in vigore, per cui è un dato di fatto che la blogosfera non è regolata da nessun dispositivo di legge. Secondo quasi tutti gli esperti e gli analisti del settore, la blogosfera sa autoregolamentarsi per cui non è necessario che la politica crei delle norme ad hoc, anche perché, e lo sostengono in molti, i detentori del potere politico, salvo rare eccezioni, pagano anch’essi una sorta di digital divide nei confronti del mondo online di cui non conoscono né le peculiarità né le potenzialità. I blogger, essendo liberi cittadini che esprimono la propria opinione tramite un medium digitale, sottostanno alle norme che regolano la condotta di tutti i cittadini, senza che vi sia bisogno di considerarli degli organi di informazione. Quindi, se un blogger commette un reato tramite il suo blog, ne pagherà le conseguenze di fronte alla legge in quanto cittadino, senza godere delle tutele giuridiche riservate ai giornalisti e senza dover subire eventuali aggravanti “a mezzo stampa” o “a mezzo blog”, come nel caso del reato di diffamazione, che risulta essere il pericolo legale maggiore per i blogger. Un discorso molto più complesso, invece, riguarda l’individuazione della responsabilità, sempre rimanendo nel caso del reato di diffamazione, nei casi in cui il blogger nel suo post non commetta il reato, ma qualcuno possa farlo nei commenti aperti ai post. In questo caso è molto difficile stabilire di chi sia la responsabilità diretta e oggettiva. Il blogger potrebbe cancellare il prima possibile il commento incriminato, ma potrebbe rischiare,

36

altresì, di commettere un reato come “l’occultamento di prove” se il caso viene ritenuto particolarmente grave43. Il secondo vero problema legale che può impensierire la blogosfera riguarda la delicata questione della tutela della privacy. Non essendo tutelati come giornalisti, i blogger non possono difendere le loro posizioni dietro il “diritto di cronaca” quando per noncuranza, o volontariamente, rendono pubblici dei dati o delle immagini che possano essere lesive della privacy dei diretti interessati. In questo caso è sicuramente la protezione dei dati sensibili ad essere considerata come diritto primario rispetto al diritto alla libertà di espressione. Bisogna però ricordare che i blogger si guadagnano la stima della blogosfera tramite la correttezza delle proprie azioni. Non c’è dubbio che in spazi così sterminati di contenuti ci sia spazio anche per criminali, diffamatori e violatori della privacy: ma questi casi possono essere considerati delle violazioni di norme che ricadono sulla responsabilità individuale di chi commette il reato e non possono essere in alcun modo collegate al mezzo tramite il quale il reato viene commesso. Insomma, se si vuole essere rispettati e considerati dei buoni blogger, bisogna anche adottare un comportamento non scritto in nessun codice deontologico, ma che si basa sulla sensibilità sia individuale del blogger che su quella collettiva della società di appartenenza. Le fonti sono l’arma in più dei blogger Trattando delle capacità informative dei blog ho finora sostenuto che c’è una forte similitudine tra i risultati informativi 43

E’ il caso, per esempio, di un blogger di Forlì che rischiò di essere denunciato, nel febbraio del 2008, in quanto aveva rimosso un commento molto offensivo (pare che contenesse delle minacce di morte nei confronti di alcuni esponenti locali della Lega Nord) senza darne comunicazione alle autorità competenti.

37

dell’attività giornalistica, intesa in senso tradizionale, e l’attività di blogging.

Entrambi

questi

modelli

di

comunicazione

contribuiscono a fare informazione. Il primo in maniera professionale, seguendo delle regole deontologiche ed etiche, il secondo seguendo delle convenzioni che gli consentono di guadagnare credibilità e buona reputazione agli occhi dei propri lettori. L’obiettivo delle due pratiche è il medesimo: rendersi credibili agli occhi del proprio pubblico facendo buona informazione, possibilmente raggiungendo un buon livello di fidelizzazione del pubblico. Esiste, però, una grande distinzione di fondo tra queste due modalità, che affonda le sue radici nella pratica e nell’etica dei due differenti soggetti in questione, i giornalisti e i blogger. Questa distinzione è tanto semplice da osservare quanto incisiva nel distinguere radicalmente i due modi di fare informazione in questione e riguarda l’uso delle fonti utilizzate nella costruzione della notizia. Ho accennato più volte, in precedenza, alla necessità per un blogger che vuole conquistare credibilità in rete, di arricchire i propri articoli con le fonti dirette consultate. Senza questi link, autorevoli e immediatamente consultabili, sarà molto facile per i lettori dubitare delle informazioni veicolate e screditarle agli occhi del resto della blogosfera. Per un blogger che vuole conquistare credibilità agli occhi dei propri lettori (consuetudinari o casuali) corredare i propri post con link alle fonti è quasi una pratica di vita o di morte, nel senso che l’unico modo di mantenere e accrescere la propria reputazione è quello di dimostrare che ciò che si è scritto ha dei fondamenti concreti. Anche personaggi pubblici che aprono dei blog non possono basare la loro credibilità sul proprio nome

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senza corredarlo di serie fonti. In rete la reputazione non è mai acquisita, la si guadagna e accresce col lavoro costante e trasparente e i link alle fonti sono lo strumento principale di questa trasparenza. La capacità di un blogger di provare l’attendibilità delle proprie opinioni o la veridicità delle notizie che veicola risulta essere anche più incisiva rispetto a quanto avviene nelle grandi organizzazioni economiche, aziendali e politiche, in quanto si basa sui fatti e non sulla costruzione mediatica della realtà tipica dei media mainstream. Nel 2004, ad esempio, la Kryptonite, azienda statunitense produttrice di lucchetti per biciclette dal fatturato di circa 25 milioni di dollari annui, uscì con “le ossa rotte” da 10 giorni di confronti con la comunità dei blogger americani. Tutto cominciò il 12 settembre, quando il blogger Unaesthetic postò un commento in un blog di discussione per appassionati di biciclette, informandoli di una sua scoperta: con una semplice penna a sfera Bic era possibile forzare i popolari lucchetti prodotti dalla Kryptonite utilizzati da tantissimi appassionati. Questa notizia fu ripresa due giorni dopo da un blog molto frequentato, dedicato alle tematiche del consumo (Engadget), consentendo così alla notizia di raggiungere un pubblico abbastanza vasto da indurre l’azienda ad emanare un classico comunicato stampa in cui si negava tutto e il contrario di tutto sostenendo che i lucchetti da essa prodotti consentivano ancora un deterrente concreto ai furti di biciclette. Questo comunicato stampa non fece cambiare idea a nessun lettore: anzi, un blogger, in risposta a questo comunicato, realizzò un breve video amatoriale in cui mostrava nella pratica come fosse facile forzare i famosi lucchetti con una penna Bic. In poco tempo le critiche alla Kryptonite e il video amatoriale fecero il giro della

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blogosfera propagandosi, tramite il passaparola, fino a raggiungere una platea di centinaia di migliaia di lettori. Questa crescente protesta attirò l’attenzione del New York Times e della Associated Press – arrivati, come accade sempre più spesso ai media mainstream, in abbondante ritardo sulla notizia – che il 17 settembre pubblicarono degli articoli sulla vicenda. Il 22 settembre l’azienda decise di dichiarare che avrebbe sostituito gratuitamente tutti i lucchetti che avessero presentato il problema denunciato dalla blogosfera. Ciò significò circa 100.000 lucchetti nuovi che costarono all’impresa circa 10 milioni di dollari, ovvero il 40% del suo fatturato totale annuo. Per l’azienda, dalle parole del suo direttore marketing “fu un problema commerciale serio”, se non un quasi suicidio a mezzo blog44. Di questi esempi se ne potrebbero citare diversi, ma quello che serve comprendere è l’importanza che viene data nella blogosfera alla necessità di costruire i propri resoconti e le proprie opinioni su basi che siano solide e provate. Più solide sono queste basi, più credibile sarà il blogger e maggiore reputazione si guadagnerà all’interno della grande conversazione. La reputazione dei giornalisti, invece, non si basa sulla pubblicazione delle fonti cui attingono per realizzare le notizie. Di solito un giornalista considerato di buon livello è una “firma autorevole” può dire e scrivere di tutto e verrà sempre preso in alta considerazione dai colleghi e dal pubblico della testata per cui lavora. Molto spesso questa reputazione è stata costruita con l’esperienza e la dedizione al proprio lavoro, per cui dopo una vita passata a lavorare sodo, un “grande giornalista” può permettersi di scrivere e sostenere opinioni che spesso vengono prese per vere e 44

D. Kline, D. Burstein, op. cit., p. 73

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attendibili solo in base al nome che le ha veicolate. Lo stesso accade se si considerano le testate giornalistiche e non la singola firma. Ogni testata si è guadagnata e continua a guadagnarsi la propria credibilità e una buona reputazione con il lavoro quotidiano e l’accuratezza nel raccontare i fatti o nell’esprimere opinioni che siano il più autorevole possibile. Certamente non sempre le notizie riportate o le opinioni espresse sono basate su fatti “reali”, che non siano stati manipolati o concordati con la proprietà editoriale della testata (sia essa politica o finanziaria). In un mondo in cui sempre più documenti ufficiali e fonti di notizie pubbliche o private vengono poste, tramite internet, all’attenzione di un pubblico potenzialmente vastissimo, le storture e l’incompletezza

del

mondo

dell’informazione

mainstream

diventano sempre più evidenti e riconoscibili. E’ chiaro che si tratta di casi singoli (anche se, a volte, molto frequenti) e non della prassi del lavoro giornalistico: ma la regola deontologica per cui i giornalisti hanno il diritto di tenere segreta la propria fonte di informazione,

se

lo ritengono

necessario,

sta

diventando

controproducente in relazione al mantenimento della reputazione di cui le testate giornalistiche godono da parte del proprio pubblico. Tutti i dati elaborati negli ultimi anni dimostrano come i lettori tendano sempre più a distaccarsi dalla lettura dei quotidiani che ritengono sempre meno credibili, e lo stesso vale per l’informazione veicolata dagli altri mass media. Questa tendenza non riguarda solo i giovani sotto i 35 anni, che ormai preferiscono di gran lunga informarsi in rete sia dalle testate tradizionali che dai blog più importanti, ma anche i lettori tradizionali di giornali che sempre meno riconoscono la bontà del loro operato.

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In conclusione, è evidente come la sempre crescente attenzione dei consumatori di informazioni verso la blogosfera prenda le mosse proprio da questa differenza radicale nel modo di porsi nei confronti dei lettori. I giornali, molto spesso, non citano le proprie fonti, circondando le notizie da loro prodotte di un alone di insicurezza che viene percepita dal lettore, soprattutto quando questi è in grado di confrontare le parole stampate con la realtà dei fatti che si presenta ai suoi occhi. I blog, all’opposto, guadagnano credibilità proprio perché i loro contenuti sono espressione diretta dell’esperienza quotidiana di cittadini comuni i quali, per motivare le proprie idee devono, pena il non essere creduti, dimostrarle nella maniera più efficace possibile, non basandosi su un fantomatico prestigio individuale, ma misurandosi costantemente con la prova dei fatti e del confronto aperto con altri lettori. E’ chiaro che non bisogna credere a priori a tutto ciò che si trova scritto sui blog d’informazione, bisogna sempre esercitare uno spirito critico nei confronti dei messaggi veicolati e bisogna cercare di comprendere quali fonti sono da considerare più autorevoli e complete rispetto alle altre. Certo è che il lettore che affronta questa pratica comunicativa si carica di una responsabilità che gli consente di valutare in maniera più autonoma ciò che legge, proprio perché nessun blogger può avere l’arroganza di ritenere di possedere la verità assoluta, anche se deve sempre dimostrare di volervisi avvicinare il più possibile. Infine, è possibile sostenere che questa pratica mette in moto un meccanismo virtuoso che sfocia in una maggiore trasparenza dell’informazione che viene veicolata. I blog non sono obiettivi ma garantiscono trasparenza

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Il blogging è una delle tante forme di comunicazione che gli uomini hanno a disposizione. La vera novità di questo strumento è che rende più trasparente al mondo l’oggetto della comunicazione. Se il blogger non rende pubbliche le sue motivazioni e le sue fonti, rendendole, se necessario, direttamente consultabili tramite link esterni o interni, rischia di perdere credibilità, oltre a correre il rischio, molto probabile, di essere smentito pubblicamente o di ricevere forti critiche per aver provato a nascondere degli aspetti della questione che ha trattato. Per questo motivo ogni blogger deve non solo essere responsabile di quello che dice, ma è anche necessario essere veritiero e credibile, pena l’allontanamento del pubblico che dirotterà le sue attenzioni verso qualche altro blogger più chiaro e credibile. Da questa necessità di trasparenza dei blogger nei confronti dei propri lettori scaturisce una delle caratteristiche fondamentali dell’attività di blogging, che la distingue nettamente dalle pratiche del giornalismo tradizionale. Mentre le testate dei media mainstream fanno, quasi sempre, a gara per apparire il più possibile “obiettivi” nelle loro descrizioni della realtà e degli eventi, il blogger deve fare l’esatto contrario, ovvero deve rendersi “trasparente” dichiarando esplicitamente i propri orientamenti e le proprie motivazioni: in caso contrario, viene guardato con sospetto e molto spesso smentito e smascherato nei commenti al suo stesso blog o in qualche altro spazio. Esistono molti esempi a riguardo. Nel tentativo di attrarre il pubblico giovane delle auto, Madza creò un blog fittizio, gestito da un falso blogger di 22 anni di nome Kid Halloween, per reclamizzare i propri modelli. Nel sito c’erano tre link a relativi video che, secondo il blogger, erano stati registrati da una TV di quartiere e in cui si vedeva un modello di

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automobile Madza alle prese con evoluzioni azzardate. Alcuni blogger si accorsero che i video avevano una produzione troppo costosa per provenire da una rete televisiva autogestita e cominciarono a far circolare la voce. “In quel blog tutto è offensivo” scrisse uno di loro su un blog specializzato in automobilismo, e la sua opinione venne letta e condivisa da centinaia di migliaia di altri. Nel giro di poco tempo la Madza dovette ritornare sui suoi passi e ritirare e “spegnere” il blog fittizio45. Questo è un piccolo esempio di come anche una grande azienda multinazionale non ha vita facile nel cercare di guidare o influenzare la grande conversazione che si sviluppa in rete tramite blog. La necessità di essere trasparenti sui blog è totale, in quanto si rischiano serie conseguenze, soprattutto se si è una grande azienda. Come sostiene Beppe Grillo: “La rete non è un ballo delle debuttanti. E’ feroce, non fa sconti a nessuno. Neppure a me. Tutta la mia vita è passata nei commenti ai miei post. Sono stato sezionato pezzo per pezzo. Senza corazza, spada, elmo non si sopravvive alla Rete. Armi che sono traducibili in correttezza, reputazione, credibilità”46. La trasparenza necessaria per rendersi credibili nella blogosfera non riguarda solo l’uso di link diretti alle fonti, che pure sono uno strumento fondamentale per essere considerati credibili, ma anche il coming out, la dichiarazione più o meno chiara delle proprie opinioni e delle proprie motivazioni, in quanto nella blogosfera il mito giornalistico dell’obiettività non esiste. Di più, la presunta obiettività di un blog è vista sovente con occhi sospettosi e critici. 45 46

D. Kline, D. Burstein, op. cit., p. 73 Dalla prefazione a D. Kline, D. Burstein, op. cit., p. XII

44

Nel 2005 Geneva Overholsen, docente di giornalismo, premio Pulitzer e garante dei lettori del Washington Post ammetteva che l’obiettività non era più la pietra di paragone per l’etica del giornalista. I blog, anche quando fanno informazione, non pretendono di essere obiettivi, anzi fanno della loro faziosità e della partigianeria politica un pilastro dei loro contenuti. Quasi sempre l’ideologia seguita dall’autore del blog viene espressa e dichiarata in modo chiaro. Il blogger dichiara apertamente di essere parziale. Questo non sembra disturbare i loro lettori che, conoscendo le idee su cui si basa il pensiero del blogger, riescono a valutare meglio ciò che questi scrive. Al contrario, i media tradizionali si dichiarano indipendenti oppure annunciano di seguire una linea generica, ma non caso per caso. Spesso le influenze politiche e finanziarie sono evidenti nei contenuti degli articoli, anche se ufficialmente le testate si dichiarano libere e dichiarano di tendere all’obiettività, risultando così agli occhi dei lettori come poco credibili. La riscoperta della faziosità dell’informazione crea un ambiente mediale diversificato e apertamente partigiano che ricorda, e forse ricreerà, quella che negli Stati Uniti è stata l’epoca della penny press. In Italia, in realtà, siamo più abituati a questo genere di modello informativo che Hallin e Mancini definiscono “pluralista polarizzato”47, in cui ogni voce politica ha un suo “megafono”. Nella blogosfera, però, le voci politiche sono quelle di singoli individui e non quelle di grosse organizzazioni partitiche o sociali.

4.6 47

Sostentamento economico

D.C. Hallin, P. Mancini, Modelli di giornalismo, Laterza, Roma – Bari, 2004

45

Quando si tratta del rapporto tra economia e blog gli aspetti di cui è possibile trattare sono numerosi e rientrano in capi di analisi molto diversi tra loro. I blog stanno rimodellando da cima a fondo il mondo del business, creando nuovi margini competitivi per le aziende che sapranno utilizzare questo medium. Il nocciolo della questione che tratterò in questo paragrafo non è quanti soldi il business riuscirà a ricavare con i blog, né le modalità con cui il mondo degli affari utilizza questo medium per riformarsi al suo interno: il punto che interessa è capire se ci sono i margini affinché un blog possa sostenere economicamente la vita del, o dei, blogger che lo curano. Ci sono degli esempi pratici di autosufficienza economica, negli Stati Uniti, ma sono ancora davvero troppo pochi per poter parlare di indipendenza economica dei blogger. Il sistema economico che caratterizza la blogosfera è basato sull’idea di condivisione e di dono48. Si condividono idee e contenuti e si dona del tempo per la loro creazione e per la loro ricezione. Così come impieghiamo tempo a guardare degli spot pubblicitari su uno schermo televisivo, possiamo anche impiegare il nostro tempo a condividere con gli altri ciò che pensiamo del mondo. La domanda che mi pongo in questo paragrafo è se sia possibile

per

un

blogger

(soprattutto

quelli

che

fanno

informazione) sostenersi e auto-finanziarsi in modo tale da essere davvero editore di se stesso, non solo per la scelta dei contenuti ma per la creazione di ricchezza monetaria. Certamente la monetarizzazione del tempo che i blogger dedicano al mantenimento del proprio medium non è l’unico aspetto economico della questione, in quanto la blogosfera è un 48

L. De Biase, Economia della felicità. Dalla blogosfera al valore del dono e oltre, Feltrinelli, Milano, 2007

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sistema che affonda i suoi pilastri di efficienza, felicità e ricchezza anche sugli aspetti che riguardano la soddisfazione personale e lo sviluppo delle proprie relazioni interpersonali. Non c’è dubbio, però, che per adesso, e per molto tempo ancora, per vivere bisognerà avere delle somme di denaro da spendere. I blog sono in grado di fornire queste risorse ai blogger? Osservando la realtà attuale, soprattutto in Italia, la risposta è: attualmente no. Non è possibile auto-sostenersi tramite l’attività di blogging. Senza dubbio il modo più diffuso e semplice che un blog ha per avere dei guadagni è quello di essere appetibile ad una platea di inserzionisti. Insomma, la pubblicità. Le inserzioni sui blog rappresentano

ancora

una

quantità

irrisoria

del

mercato

pubblicitario online. Come ho detto prima, esistono dei casi in cui i blog si riescono ad attirare somme importanti da inserzioni pubblicitarie, ma il numero di questi blog o contenitori di blog è davvero troppo esiguo per ora. Posso ricordare brevemente il DailyKos49, il blog politico più letto negli Stati Uniti secondo Technorati (il motore di ricerca dei blog), che nel 2005 ha potuto vantare un incasso, da proventi pubblicitari, di circa 48.000 dollari50. Un esempio di aggregatore di blog che può vantare lauti guadagni derivanti da sponsorizzazioni e pubblicità online è il sito di “gossip politico del District of Columbia” Wonkette51. Ideato e gestito da Nick Denton, è costituito da vari siti e blog tematici aggregati in un’unica pagina web. La società proprietaria di questo sito è la Gawker Media che pare possa vantare un guadagno mensile di circa 5.000 dollari per ogni sito tematico52. 49

http://www.dailykos.com/ La fonte è la rivista americana Newsday citata in D. Kline, D. Burstein, op. cit., p. 46 51 http://wonkette.com/ 52 D. Kline, D. Burstein, op. cit., p. 126 50

47

Certo, questi appena citati sono casi rari e particolari e inoltre sono stati tutti sviluppati negli USA che da sempre sono all’avanguardia per quanto riguarda l’utilizzo e lo sfruttamento, anche economico, delle nuove tecnologie. Non vi è dubbio, però, che i blog consentono di raggiungere un pubblico giovane, che ha fame di novità e di sperimentazioni, e ciò consente alle aziende di marketing di poter provare nuove tecniche e sperimentazioni di comunicazione commerciale. Correndo qualche rischio economico si possono cominciare a tracciare le linee dell’advertising del futuro. Seppur in costante aumento, attualmente sono pochi i blog che possono permettersi di attrarre banner pubblicitari sullo stile tradizionale, ovvero pagati per essere esposti. Gli strumenti per rendere il sito o il blog una fonte di reddito esistono, ma non permettono grosse cifre. La forma più diffusa è ospitare sul proprio blog forme pubblicitarie del modello pay per click53. Questa forma pubblicitaria, però, fornisce grosse somme solo in presenza di grossi numeri54. Tra blog e aggregatori di blog molto frequentati non mancano esperimenti pubblicitari di passaparola (il cosiddetto BuzzBusiness) o di vendita dei migliori contenuti prodotti ai media tradizionali. Un esempio in questo senso è BlogBurst55 che, aggregando blog, fornisce i suoi contenuti a grandi media e testate giornalistiche tramite abbonamenti (ma non sono disponibili dati sui suoi ricavi). 53

Ovvero si viene pagati non in base all’esposizione della pubblicità, secondo il classico modello delle CPM (costo per migliaia: l’inserzione viene pagata in base alle migliaia di visitatori che visitano il sito o il blog) ma in base ai click che questa riesce ad attrarre su di essa. L’esempio più diffuso è quello di Google AdSense. 54 M. Farè, op. cit., p. 24 55 www.blogburst.com

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Comunque, l’esperienza americana induce a considerare la possibilità che, in futuro, possa nascere una figura professionale completamente nuova, che si affianca a quella dei giornalisti nel mondo dell’informazione: il blogger professionista, che riceve un reddito per la sua attività di blogging. Questo processo in fieri è solo al suo inizio, ma c’è da credere che nel prossimo futuro si incominceranno a leggere annunci di offerte di lavoro per blogger. La situazione è in piena evoluzione.

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