Punto Omega 5-6 - La Promozione Della Salute 2001

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Punto Omega Rivista quadrimestrale del Servizio Sanitario del Trentino Nuova serie Anno III/2001 numero 5-6 agosto 2001 Registrazione del Tribunale di Trento n. 1036 del 6.10.1999 © copyright 2000 Provincia Autonoma di Trento Tutti i diritti riservati. Riproduzione consentita con citazione obbligatoria della fonte Direttore Mario Magnani Direttore responsabile Alberto Faustini Coordinamento redazionale ed editoriale Vittorio Curzel Redazione a cura del Servizio Programmazione e ricerca sanitaria Hanno scritto per questo numero: Luigi Bertinato Alberto Betta Vittorio Curzel Paolo Daini Paolo De Pieri Renzo De Stefani Carlo Favaretti Giovanni Martini Enrico Nava Monica Pisetta Federico Schena Angelo Stefanini Erio Ziglio

Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

Questo numero doppio contiene anche la versione italiana dei seguenti documenti ell’Organizzazione mondiale della Sanità: La Carta di Ottawa per la promozione della salute; Le Raccomandazioni di Adelaide sulla politica pubblica per la salute; La Dichiarazione di Sundsvall sugli ambienti favorevoli alla salute; Le Linee guida di Heidelberg per la promozione dell’attività fisica per le persone anziane; La scuola che promuove la salute - un investimento in educazione, salute e democrazia; La Dichiarazione di Jakarta sulla promozione della salute nel 21° Secolo; Accesso all’informazione, partecipazione pubblica e ricorso alla giustizia nelle questioni riguardanti l’ambiente e la salute; La Dichiarazione di Verona sugli investimenti in salute Published in English by the Regional Office for Europe of the World Health Organisation. © World Health Organisation Translation rights for an edition in Italian have been granted to the Servizio Programmazione e Ricerca Sanitaria, Provincia Autonoma di Trento, by the Director of the Regional Office for Europe of the World Health Organisation. The Publisher alone is responsible for the accuracy of the translation. La traduzione dei documenti

è stata curata da Luigi

Bertinato, Vittorio Curzel,

Paolo De Pieri,

Giovanni Martini,

Francesca Menna,

Federico Schena.

I traduttori sono

responsabili per

l’accuratezza del testo

e della traduzione.

Progetto grafico Giancarlo Stefanati Editing Attilio Pedenzini Stampa Tipografia Alcione Trento Stampato su carta ecologica Fedrigoni Vellum white Indirizzo Provincia Autonoma di Trento Servizio Programmazione e Ricerca sanitaria Via Gilli, 4 38100 Trento tel. +39.0461.494037 fax +39.0461.494073 e-mail: [email protected] Sito Internet: www.provincia.tn.it/ sanita

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Mario Magnani Editoriale Erio Ziglio L’approccio della promozione della salute e il suo sviluppo nella regione europea

Luigi Bertinato 13 Le nuove esperienze regionali: il Veneto Angelo Stefanini 20 Le nuove esperienze regionali: l’Emilia Romagna Paolo Daini 32 Promuovere la salute nell’ambiente: la prospettiva della valutazione d’impatto Vittorio Curzel 41 Promozione della salute e marketing sociale

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Le esperienze in Trentino: Giovanni Martini Programmare per promuovere la salute Carlo Favaretti, Paolo De Pieri Gestire per promuovere la salute Enrico Nava Strategie di educazione alla salute nel setting scolastico Alberto Betta L’importanza di (ri)costruire una sanità pubblica moderna nel quadro delle politiche per la salute Monica Pisetta Creare ambienti favorevoli alla salute Renzo De Stefani Rafforzare l’azione delle comunità

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anno tre numero cinque/sei

Federico Schena 113 Lo sviluppo dell’attività fisica nella popolazione anziana Paolo De Pieri, Carlo Favaretti 124 Riorientare i servizi sanitari Schede 131 La Carta di Ottawa per la promozione della salute (1986) 136 Le Raccomandazioni di Adelaide sulla politica pubblica per la salute (1988) 143 La Dichiarazione di Sundsvall sugli ambienti favorevoli alla salute (1991) 149 Le Linee guida di Heidelberg per la promozione dell’attività fisica per le persone anziane (1996) 157 La scuola che promuove la salute ­ un investimento in educazione, salute e democrazia (1997) 161 La Dichiarazione di Jakarta sulla promozione della salute nel 21° Secolo (1997) 166 Accesso all’informazione, partecipazione pubblica e accesso alla giustizia nelle questioni riguardanti l’ambiente e la salute (1999) 190 La Dichiarazione di Verona sugli investimenti in salute (2000)

Editoriale

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ino a pochi anni fa sarebbe stato impensabile produrre una pubblica­ zione così ampia, diversificata e mi­ rata sul concetto di promozione del­ la salute e sulle applicazioni concre­ te di questo approccio: questa inno­ vativa concezione metodologica e contenutistica per affrontare con ef­ ficacia ed efficienza i problemi della salute e della malattia ha infatti avu­ to in breve tempo un’incredibile dif­ fusione e un progressivo radicamen­ to nella mentalità e nell’azione di chi, da un lato, definisce le politiche per la salute e di chi, dall’altro, è in­ caricato della gestione e dei proces­ si attuativi interni alla sanità. Gli interventi contenuti in questo nu­ mero di PuntOmega danno un’idea abbastanza esaustiva del livello a cui è giunta la riflessione e l’estensione pragmatica della promozione della salute in vari contesti di riferimen­ to. La Provincia Autonoma di Trento ha sicuramente avuto un ruolo di avan­ guardia nell’acquisizione e nell’inte­ riorizzazione di questo approccio, grazie soprattutto all’esperienza condotta con l’Ufficio europeo del­ l’Organizzazione Mondiale della Sa­ nità. In quell’occasione il Trentino è stato scelto come realtà pilota in Eu­ ropa per il progetto dimostrativo “Investire in salute”; il successo di questa iniziativa ha consentito un suo progressivo ed ulteriore svilup­ po, poi sistematizzato e formalizza­ to come area di intervento priorita­ ria all’interno del Piano sanitario provinciale 2000-2002, attualmente in discussione come disegno di leg­ ge presso il Consiglio provinciale. Abbiamo già potuto constatare con­ cretamente come il carattere “uni­ versalistico” di questa concezione non si limiti a cercare e ad applicare le modalità per produrre salute nel-

le società contemporanee, ma per­ segua anche concetti come equità e sostenibilità, per raggiungere accet­ tabili livelli di integrazione e coesio­ ne sociale ed elabori strategie che, in aggiunta ai guadagni di salute, possano fornire valore aggiunto allo sviluppo economico e sociale. La promozione della salute, dunque, non può assolutamente prescinde­ re da un impegno intersettoriale che metta anche in discussione, rinno­ vandoli, sia le finalità proprie di que­ sti ambiti, sia le metodologie di la­ voro. Si tratta di una sfida in primo luogo di carattere culturale, una diversa prospettiva dove la salute dei sin­ goli e della collettività venga sem­ pre considerata come orizzonte di riferimento. Anche nel contesto locale, in presen­ za di condizioni probabilmente più favorevoli che altrove, siamo riusci­ ti a vincere questa sfida, sebbene, per ora, soltanto in alcuni specifici e limitati ambiti di intervento. Il coinvolgimento intersettoriale, non solo dei livelli istituzionali ma anche degli stessi cittadini e delle loro associazioni, che divengono così protagonisti nel determinare la propria salute, risulta comunque im­ prescindibile per perseguire questa grande opportunità di cambiamen­ to e di miglioramento delle politiche sociali nelle realtà a sviluppo avan­ zato con riferimento alla dimensio­ ne locale o nazionale, come anche ­ questo è l’intento finale dell’OMS ­ ad un livello che coinvolga e unisca l’intera area europea.

Mario Magnani Assessore provinciale alle Politiche sociali e alla Salute

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“Serrati gli uni contro gli altri dalla crescita del loro numero e dalla moltiplicazione dei collegamenti, accomunati dal risveglio della speranza e dell’angoscia per il futuro, gli uomini di domani lavoreranno per la formazione di una coscienza unica e di una conoscenza condivisa”. Pierre Teilhard de Chardin “Punto Omega”, nel pensiero di Teilhard de Chardin, filosofo e teologo vissuto tra il 1881 e il 1955, è il punto di convergenza naturale dell’umanità, laddove tendono tutte le coscienze, nella ricerca dell’unità che sola può salvare l’Uomo e la Terra. “Punto Omega” è anche il titolo scelto per la rivista quadrimestrale del Servizio sanitario del Trentino ideata nel 1995 da Giovanni Martini, poiché le sue pagine vogliono rappresentare un punto di incontro per tutti coloro che sono interessati ai temi della salute e della qualità della vita.

Questo numero della rivista è dedicato a Marco Mantovano (1964/2001), caro amico e collega del Servizio Programmazione e Ricerca sanitaria della Provincia Autonoma di Trento. 2

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L’approccio della promozione della salute e il suo sviluppo nella regione europea Erio Ziglio

La promozione della salute come parte integrante e strumentale allo sviluppo economico e sociale dei paesi europei

Introduzione Nell’ultimo decennio quasi tutti i 50 paesi membri della Regione Euro­ pea dell’OMS hanno avviato proces­ si di riforma dei servizi sanitari. Benché vi sia molta differenza nell’organizzazione, nel finanziamento e nella storia dei sistemi sanitari dei paesi europei, le riforme in atto hanno molti elementi in comune sia ad est che ad ovest - sia a nord che a sud - del continente europeo. Infatti, analizzando le varie ri­ forme, si può notare che il conteni­ mento dei costi e la ricerca di mo­ dalità alternative di finanziamento del sistema sanitario sono di gran lunga gli elementi trainanti dei vari processi di riforma in atto in Euro­ pa. L’aumento della qualità delle prestazioni e l’equità dell’uso dei servizi sanitari da parte della popo­ lazione sono altri elementi che ca­ ratterizzano le spinte di riforma in molti paesi Europei. Bastano questi elementi per for­ giare una politica per la salute per il 21esimo secolo? Sicuramente no! La maggior parte dei processi di ri­ Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

forma in atto nel continente euro­ peo sono viziati, a mio parere, da due punti deboli: - l’incapacità di orientarsi alla promozione della salute con solide strategie; - la debolezza strategica che non consente una seria politica in­ tersettoriale ed integrata capa­ ce di influenzare i fattori che determinano la salute della po­ polazione. Con queste debolezze non si può pensare di avere una base solida per una politica di promozione della salute per il nuovo millennio. Non vi è dubbio che molte delle riforme in atto nei paesi europei possono apportare una migliore ra­ zionalizzazione all’interno del siste­ ma sanitario. Di certo vi è, in mol­ tissime realtà europee, la necessità di aumentare l’efficienza e l’effica­ cia dei servizi sanitari con oppor­ tune misure manageriali, finanzia­ rie e di formazione del personale. Detto questo, un’analisi approfon­ dita di queste riforme lascia perples­ si sulla loro reale capacità di affron­ tare le grandi sfide per la promozio­ ne e il mantenimento della salute delle popolazioni in Europa. Queste sfide sono connesse con la necessi­ tà di supportare le popolazioni eu­ ropee ed aiutarle ad avere un mag­ gior controllo sui determinanti del­ la salute sociali, economici ed eco­ logici. La sfida è complessa sia perché questi determinanti vanno oltre la tradizionale giurisdizione delle politiche sanitarie, sia per la dinamica dei grandi cambiamenti politici, sociali ed economici attual­ mente in corso in Europa. 5

La promozione della salute in Europa

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Di questo è ben conscia l’OMS. La nuova politica per la “Salute per Tutti” approvata dai Paesi Membri della Regione Europea denominata Health 21 (Salute 21: Salute per Tutti nel 21esimo secolo*) è un grande ed ambizioso sforzo per im­ plementare misure efficaci che svi­ luppano servizi sanitari di qualità e che producono salute attraverso un’azione multisettoriale. In aggiunta alla razionalizzazio­ ne del sistema sanitario (aumento della sua efficacia ed efficienza), le domande chiave che i paesi, le re­ gioni ed i comuni devono porsi in­ cludono: come produrre salute in una determinata popolazione? con che strategie? con quali misure? con che approccio settoriale ed multi­

* La traduzione in italiano è stata pubblicata in Punto Omega n. 2/3 ­ Agosto 2000.

settoriale? con quale sviluppo or­ ganizzativo? con quali incentivi? Il bisogno di un nuovo paradigma La promozione della salute viene definita dall’OMS (1986) come il processo che permette alla popola­ zione di aumentare il controllo dei fattori che determinano la salute al fine di promuoverla e sostenerla. La Carta di Ottawa definisce i campi d’azione per lo sviluppo di una stra­ tegia di promozione della salute. Questi campi d’azione possono es­ sere elencati sotto cinque grandi aree: - Create Healthy Public Policy (cre­ are politiche pubbliche che pro­ muovono la salute della popola­ zione, per esempio orientare ver­ so la promozione della salute le politiche sociali, agricole, del trasporto, del turismo, della pia­ nificazione urbana, etc.);

- Strengthen Community Action (rafforzare i processi di parteci­ pazione dei cittadini nella for­ mulazione, implementazione e valuatazione di politiche che di­ rettamente o indirettamente in­ fluiscono sulle opportunità di promozione della salute in una determinata popolazione); - Build Supportive Environment (costruire ambienti che suppor­ tano la promozione della salute, per esempio la scuola, il conte­ sto lavorativo, etc.); - Develop Personal Skills (svilup­ pare abilità personali per meglio affrontare decisioni inerenti la salute individuale e della popo­ lazione nel suo insieme); - Re-orient Health Services (rio­ rientare i servizi sanitari verso la promozione della salute e non solo sulla cura e riabilitazione). Partendo dalla Carta di Ottawa, una serie di conferenze e progetti inter­ nazionali promossi dall’OMS (fra cui uno, fra i primi, anche con la par­ tecipazione delle Province Autono­ me di Trento e Bolzano) hanno cre­ ato evidenza e documentazione di come sia possibile innescare dei processi di cambiamento ed inno­ vazione in linea con il concetto di promozione della salute sopra evi­ denziato. La decisione dell’OMS/Eu­ ropa di realizzare prossimamente, in cooperazione con la Repubblica Ita­ liana e la Regione Veneto, l’Ufficio Europeo per gli Investimenti per la Salute e lo Sviluppo, a Venezia, va nella logica di raddoppiare gli sfor­ zi in questa direzione. Con questo Ufficio, l’OMS potrà fornire maggio­ Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

re contributo scientifico e servizi af­ finché i paesi membri possano au­ mentare la loro capacità di imple­ mentare politiche per la promozio­ ne della salute più integrate e col­ legate con uno sviluppo economico e sociale più equo e sostenibile. Posizionare la Promozione della Salute come Investimento L’Ufficio Europeo dell’OMS suggeri­ sce di posizionare la promozione della salute come una strategia di investimento. Infatti, una robusta strategia di promozione della salu­ te, in aggiunta a benefici di salute misurabili in una determinata po­ polazione, offre ritorni sociali ed economici. È importante quindi che la promozione della salute della popolazione sia posizionata al cen­ tro dello sviluppo sociale ed eco­ nomico di una nazione, regione o area locale. Questo posizionamento ha una valenza sia metodologica che strategica. Dal punto di vista metodologico è disponibile una vasta letteratura che dimostra che cambiamenti eco­ nomici e sociali hanno un impatto enorme sulle possibilità, o sulle barriere, per la promozione della salute. Dal punto di vista strategi­ co, il concetto e i principi di pro­ mozione della salute, contenuti nel­ la Carta di Ottawa, hanno maggiore possibilità di essere implementati in modo sostenibile ed efficace quando si addotta un approccio che l’OMS chiama “Investment for Heal­ th” (investire per la salute). Ci sono quattro domande cruciali a cui una politica di promozione della salute, come strategia di in­ 7

Le riforme dei sistemi sanitari in atto in molti paesi europei dovrebbero ricercare risposte concrete a questi tre interrogativi. La strategia dell’OMS incoraggia

i Paesi Membri ad affrontare alle radici gli ostacoli alla promozione della salute. Non vi è dubbio che esiste la necessità di intensificare programmi che facilitano cambia­ menti comportamentali individuali su tematiche quali il fumo, l’alcol, l’attività fisica. Per essere credibili ed efficaci, questi programmi deb­ bono essere implementati all’inter­ no di una strategia quadro che rico­ nosca e cerchi di influenzare le cir­ costanze economiche, sociali e culturali che determinano la salute. Questo è il significato del termine “determinanti della salute” usato dall’OMS e più volte utilizzato nel piano sanitario nazionale italiano. Le politiche sociali, del lavoro, del­ la casa, dell’istruzione, dell’ambien­ te sono da considerarsi determinanti cruciali della salute. Esse determi­ nano le condizioni di vita degli in­ dividui e possono facilitare ed au-

Programmi

Investire p er la Saalu lute per te

Politiche

La promozione della salute in Europa

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vestimento, dovrebbe dare risposta: - Dove si crea e si sostiene la salute di una determinata popolazione? - Che tipo di investimenti (o disinvestimenti) danno il maggiorritorno in termini di guadagni di salute per quella popolazione? - Che tipo di investimenti e strategie diminuiscono le ineguaglianze di stato di salute e rafforzano i diritti umani? - Quali investimenti danno valore aggiunto allo sviluppo sociale ed economico in modo equo e sostenibile e producono contemporaneamente guadagni di salute nella popolazione?

Com port am Comp orta meen nttii

Stili di vita

Se ttings Setti ngs

C ondi Co ndizzioni ioni di d vita

Investment for Health

Figura 2

Quale In vestiment o? Invest imento

Tipo di Investimento

Pubblico/

Pubblico/ Priva Privattoo

Indi viduale Individu ale

Condi Condizzioni ion di vita

“Settings”

Stili di vita

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Comport amenti Comporta ment

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Investment for Health

Figura 1

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mentare le opportunità concrete di promozione della salute in una de­ terminata popolazione. Oppure, se non orientate verso criteri di salu­ te, tali politiche possono rimanere parte del problema e rappresentare grandi ostacoli per la produzione di salute. La figura 1 dà visivamente l’idea che l’approccio “Investment for He­ alth” deve essere basato su politi­ che robuste che cercano di miglio­ rare i determinanti sociali, ambien­ tali ed economici che influiscono sulle condizioni di vita della popo­ lazione. La figura 2 chiarisce che una stra­ tegia moderna di promozione della salute richiede un “portafoglio di investimenti”. Questi investimenti sono connessi con misure di svilup­ po - politiche pubbliche ed inizia­ tive private (per esempio, investi­ menti per ridurre i livelli di pover-

tà) e misure individuali (investimen­ ti in termini di motivazione perso­ nale per il cambiamento comporta­ mentale inerente fattori di rischio quali, per esempio, il fumo). Il programma “Promozione della Salute ed Investimento” dell’Ufficio Europeo dell’OMS ha attivato una serie di progetti innovativi che mi­ rano a dimostrare sul campo varie possibilità manageriali, finanziarie, di sviluppo organizzativo, ecc., nell’affrontare le tre domande cruciali sopra elencate. I primi risultati di questi progetti indicano che i paesi europei hanno la possibilità di in­ novare in modo significativo in que­ sto campo. In aggiunta ai progetti dell’OMS accennati sopra, si è accumulata una letteratura interessantissima sui fattori sociali, economici, ambien­ tali e culturali che determinano la salute. Macro-tendenze come l’au­ 9

La promozione della salute in Europa

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mento della povertà, la precarietà del lavoro ed altri fattori che deter­ minano le possibilità di promozio­ ne della salute dimostrano che essa non può essere sostenuta se non in presenza di una solida strategia in­ ter-settoriale. A questa conclusio­ ne arriva anche il lavoro pubblicato da Richard Wilkinson “Unhealthy Societies” in cui trend inerenti lo stato di salute e fattori socio-eco­ nomici in vari paesi sviluppati sono analizzati con ammirevole creativi­ tà. Conclusione In queste brevi note si è cercato di porre l’attenzione sulla strategia OMS per la promozione della salute. I paesi europei hanno un gran bi­ sogno di adottare e sostenere una strategia moderna di promozione della salute. Non vi è dubbio che l’OMS ha avuto grande lungimiran­ za quando nel 1948, nella sua co­ stituzione, ha definito la salute come stato completo di benessere fisico, sociale e mentale, e non solo l’assenza di malattia. Questa defi­ nizione ha evitato che la salute sia vista solo come meccanico risulta­ to di processi puramente biologici o genetici. Per l’OMS la salute è un concetto olistico. La promozione della salute è vista come un pro­ cesso che permette alle popolazio­ ni di aumentare il loro controllo sui determinanti della salute biologici, social ed economici. La promozione della salute rap­ presenta un “nuovo paradigma”. L’OMS incoraggia i Paesi Membri a riorientare le loro politiche verso questo paradigma. Ciò è essenziale

per implementare politiche per la salute capaci di affrontare le sfide del nuovo millennio. La sfida prin­ cipale non sarà confinata solamen­ te al controllo della spesa sanita­ ria, bensì a sviluppare una strate­ gia intersettoriale integrata che pro­ duca salute e dia dei ritorni aggiun­ tivi sociali ed economici; una stra­ tegia che risponda efficaciemente a criteri di equità e sostenibilità. A titolo conclusivo potremmo chiederci che tipo di caratteristiche dovrebbe avere una nazione, regio­ ne o area locale per essere in grado di sviluppare una strategia di inve­ stimento per la promozione della salute? Ovviamente la risposta me­ riterebbe molto spazio. Alla luce dell’esperienza Europea, una serie di caratteristiche sembra­ no di cruciale importanza, e posso­ no essere sintetizzate nella capa­ cità nazionale, regionale e locale di: - capire ed agire sui fattori che determinano la salute in una de­ terminata popolazione; - concentrarsi sulla “produzione” della salute (non unicamente sulla razionalizzazione interna del sistema di assistenza sani­ taria al fine di controllarne il consumo); - valutare i guadagni di salute per la popolazione e assegnare re­ sponsibilità per il loro raggiun­ gimento e mantenimento; - analizzare i potenziali di inve­ stimento ed il loro impatto su criteri di equità, sostenibilità e guadagno di salute per tutta la popolazione; - aumentare la capacita di azione inter-settoriale a livello nazio­

nale, regionale e locale; - fornire incentivi per formare una sinergia di interessi (pubblici­ privati) atti a promuovere e so­ stenere la salute e la qualità della vita nella popolazione in esame; - posizionare la promozione della salute all’interno del processo di sviluppo sociale ed economico (ed influenzare tale processo af­ finché sia “sano”, equo e soste­ nibile); - adottare un sistema informativo integrato ed imperniato sui determinanti della salute; - sviluppare una infrastruttura (al­ l’interno e all’esterno del siste­ ma sanitario) che favorisca quan­ to sopra. Non vi è dubbio che vi sia un grande bisogno in Europa di creare opportunità di dibattito, apprendi­ mento e di sviluppo di esperienze e conoscenze sui temi sopra esposti. Per questa ragione, l’Ufficio Euro­ peo dell’OMS ha lanciato la “Verona Initiative 1998-2000. Investing for Health: The economic, social and human context” (www.who.dk/verona/main.htm). L’idea è di creare un’arena di di­ battito e di lavoro comune tra pae­ si e professionalità diverse. Il fine è di capire meglio come attuare in pratica una strategia di promozione della salute solitamente basata sui determinanti (in gran parte sociali ed economici) della salute. Vi è un gran bisogno di ricerca di consenso sui criteri di investimen­ to e sulle caratteristiche di infra­ struttura e di gestione del processo di cambiamento per posizionare ed implementare la strategia di promo­ Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

zione della salute come parte inte­ grante e strumentale allo sviluppo economico e sociale dei paesi euro­ pei. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] Kickbusch, I. (1997) “Think He­ alth: What Makes the Differen­ ce? Address given at the 4th International Conference on He­ alth Promotion”. Jakarta, Indo­ nesia, 21-25 July 1997. Geneva: World Health Organization, HPR/HEP/4ICHP/BR/97.3. [2] Levin, S.L., McMahon, L. and Ziglio, E. (Eds) (1994) “Econo­ mic Change, Social Welfare and Health in Europe”. Copenhagen: World Health Organization, Re­ gional Office for Europe. [3] Levin, S.L. and Ziglio, E. (1997) “Health Promotion as an Inve­ stment Strategy: A Perspective for the 21st Century” in M. Sidell, L. Johns, J. Katz and A. Peberdy (Eds) “Debates and Di­ lemmas in Promoting Health”. London: MacMillan Press Ltd. [4] Milio, N. (1981) “Promoting He­ alth Through Public Policy”. Philadelphia: F.A. Davis. [5] Wilkinson, R.G. (1996) “Unhe­ althy Societies”. London: Rout­ ledge. [6] World Bank (1993) “Investment in Health. The World Bank in Action”. Washington, D.C.: The World Bank. 11

La promozione della salute in Europa

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[7] World Health Organization (1984) “Health Promotion: A Discussion Document on the Concept and Principles”. Co­ penhagen: World Health Orga­ nization, Regional Office for Europe.

cial and Human Development. Copenhagen, Arena Meeting 1, Verona, Italy, October 14-17. Paper available through: World Health Organization, Health Promotion and Investment Pro­ gramme.

[8] WHO, (1995) “Securing Invest­ ment for Health: Report of a De­ monstration Project in the Pro­ vinces of Bolzano and Trento”. Copenhagen: World Health Or­ ganization, Regional Office for Europe, Health Promotion and Investment Programme.

[13]WHO, (1998b) “Key Issues for the New Millennium.” Promo­ ting Health The Journal of He­ alth Promotion for Northern Ire­ land, 2, pp 34-37.

[9] WHO, (1996a) “Investment for Health in Slovenia”. Copenha­ gen: World Health Organization, Health Promotion and Invest­ ment Programme. [10]WHO, (1996b) “Investment for Health in the Valencia Region: Mid-Term Report”. Copenhagen: World Health Organization, Re­ gional Office for Europe, Heal­ th Promotion and Investment Programme.

[14]Ziglio, E. and Hagard, S. (1998) “Appraising Investment for He­ alth Opportunities”. Copenha­ gen: World Health Organization, Health Promotion and Invest­ ment Programme. [15]Ziglio, E., Levin, L.S. and Ber­ tinato, L. (1998) “Social and Economic Determinants of He­ alth: Implications for Health Promotion” FORUM, (Special Issue).

[11]WHO, (1997) “Investment for Health in Hungary”. Copenha­ gen: World Health Organization, Regional Office for Europe, He­ alth Promotion and Investment Programme.

[16]Ziglio, E., McMahon, L. Hagard, S., Harvey, S. and Levin, L.S. (2000) “Investment for Health”. Technical Report. Proceeding of the 5th World Conference on Health Promotion. Mexico City, 5-9 June 2000. Washington: Pan American Health Organiza­ tion.

[12]WHO, (1998a) “Producing and Sustaining Health: The Invest­ ment for Health Approach”. Key Note Speech, The Verona Ini­ tiative - Investing for Health in the Context of Economic, So­

Erio Ziglio è Responsabile del Programma Promozione della salute ed Investimento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità - Ufficio per l’Europa, Copenaghen, Danimarca.

Le nuove esperienze regionali: il Veneto Luigi Bertinato

La promozione della salute nella Regione Veneto. “The Verona Initiative”.

Il mutato assetto organizzativo del nostro Paese attuato con la riforma Bassanini, il recente decentramen­ to delle competenze socio-sanita­ rie, la crescita delle attività di in­ tegrazione tra le istituzioni del­ l’Unione Europea, hanno offerto nuove opportunità alle Regioni nel campo della promozione della salu­ te. La partecipazione della Regione del Veneto al progetto triennale del­ l’Organizzazione Mondiale della Sa­ nità denominato: “The Verona Ini­ tiative” sulle strategie di “investi­ menti in salute”, ha aperto un ampio dibattito sulla “politica sa­ nitaria della Regione Veneto in fa­ vore dell’acquisizione di corretti stili di vita e della promozione della sa­ lute” che ha portato alla recente riorganizzazione della promozione della salute secondo un sistema di rete regionale diffusa sul territorio. Questa nuova organizzazione pre­ vede, tra l’altro, il coordinamento tra le attività del Centro di Riferi­ mento Regionale sulla Sicurezza nei Luoghi di Lavoro (con sede a Vene­ Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

zia presso l’Azienda ULSS Venezia­ na) e il Centro di Riferimento Re­ gionale sulla Promozione della Sa­ lute (istituito a Verona presso la lo­ cale Azienda sanitaria territoriale) con il compito di attuare le politi­ che regionali di promozione della salute, utilizzando metodologie di intervento nelle loro accezioni più moderne derivanti dal confronto in­ ternazionale cui la Regione del Ve­ neto ha fattivamente partecipato con il progetto dell’OMS che si è svolto a Verona. “The Verona Initiative” I principi che hanno ispirato “The Verona Initiative” hanno tenuto conto sia delle strategie nazionali che di quelle dell’OMS. Il Piano Sanitario Nazionale, in­ fatti, ha introdotto due tendenze sinergiche volte da una parte a rea­ lizzare una programmazione sanita­ ria centrata sulle compatibilità eco­ nomico-finanziarie e ad una pro­

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Le nuove esperienze regionali

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grammazione imperniata su obiet­ tivi di salute e dall’altra, sulla cen­ tralità della dimensione dello stile e delle condizioni di vita. L’OMS nel documento denomina­ to “Salute 21 – salute per tutti nel XXI secolo” ha posto la salute e il benessere della popolazione come l’obiettivo finale dello sviluppo eco­ nomico e sociale dei singoli Stati. Il dibattito di “Verona Initiative”, sulla promozione della salute e su­ gli investimenti in salute, si è ca­ ratterizzato con tre importanti even­ ti definiti “arena meetings” organiz­ zati dall’OMS a Verona dal 1998 al 2000, in stretta collaborazione con la Regione del Veneto e le Istitu­ zioni locali (Comune, Provincia, Università, Azienda Ospedaliera, Azienda ULSS n. 20 di Verona), con la maggiore industria farmaceutica ivi presente, con il Ministero della Sanità e con alcune tra le più im­ portanti Istituzioni Internazionali quali la Yale University, l’Office for Public Management di Londra, la Mutualité Française, l’Università di Edimburgo e l’United Nations Uni­ versity, in collaborazione con “The European Committee for Health Pro­ motion Development” e con i Cen­ tri collaborativi OMS sulla promo­ zione della salute. Il dibattito si è sviluppato sulle seguenti tematiche: 1. “Investire in Salute – implicazio­ ni e macro tendenze europee”, 1998. 2. “L’impatto delle macro-tendenze europee sulla salute dei diversi gruppi di popolazione, 1999. 3. “La promozione della salute nel XXI secolo: la strategia di inve­

stimenti in salute”, 2000. Questi cosiddetti “arena meetings”, sia perché svoltisi a Verona, sia per il modello di lavoro “open space”, si sono inseriti in un contesto sto­ rico internazionale dell’ultimo de­ cennio, rappresentato da grandi mutamenti sociali, economici e po­ litici spesso contrastanti, che han­ no avuto grandi ripercussioni sulla salute e sul benessere dei cittadini europei. Il particolare momento storico dell’Europa di fine secolo ha sugge­ rito all’OMS la necessità di aprire questa nuova “arena” di dibattito, al fine di definire quali strategie da adottare per produrre salute e be­ nessere per tutti nel XXI secolo, at­ traverso un’azione intersettoriale per la salute. Perché un’azione intersettoriale per la salute? La necessità di porre l’intervento intersettoriale tra gli obiettivi prio­ ritari della politica sanitaria discen­ de dall’evidenzia che il benessere sanitario di una popolazione dipen­ de anche, se non soprattutto, da determinanti che di regola sono ri­ tenuti estranei o poco influenti sulla “produzione” di quantità e di quali­ tà di vita di una popolazione. Essi sono: la cultura, intesa in senso lato, la condizione socio-economi­ ca (fattori che a loro volta influen­ zeranno i comportamenti e gli stili di vita) e l’ambiente inteso come ecosistema. Determinanti socio-economici e promozione della salute Il dibattito di “Verona Initiative” ha

voluto puntualizzare l’utilità e l’ef­ ficacia dei classici programmi di educazione sanitaria e di educazio­ ne alla salute, che mirano a ridurre i cosiddetti “fattori di rischio” del­ le malattie, o a promuovere com­ portamenti che abbiano un effetto “protettivo” sull’insorgere delle ma­ lattie cronico degenerative più dif­ fuse. Non vi è oggi più alcun dubbio sul fatto che i maggiori determinanti della salute sono di tipo socio-eco­ nomico e ambientale e che il mo­ dello biomedico dominante sullo studio eziologico delle malattie, non sia più sufficiente per comprendere ed affrontare le vere priorità a livel­ lo di salute pubblica. Tuttavia, i classici programmi di educazione sanitaria che mirano ad incoraggiare modifiche di compor­ tamento e di stili di vita dimenti­

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cano che i fattori al di fuori dal con­ trollo individuale (legati quindi al contesto socio-economico, a quel­ lo ambientale e legale) sono quelli che in realtà influiscono sui com­ portamenti e gli stili di vita e sus­ seguentemente sulle condizioni psi­ cofisiche degli individui. Il Verona Benchmark Tra gli obiettivi del progetto “The Verona Initiative” vi era quello di creare maggiore ricerca e cultura su come sia meglio investire in salute e su quali siano le strategie neces­ sarie per ottenere i migliori inve­ stimenti nei diversi livelli decisio­ nali (quello internazionale, quello nazionale, quello regionale e quello locale) e con quali strumenti di va­ lutazione. Allo scopo è stato pro­ dotto il documento “The Verona Ben­ chmark: il confronto di Verona sugli

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investimenti in salute”. Questo documento chiarifica in quale maniera una nazione, regione o comunità locale può valutare la propria capacità di investire in sa­ lute mobilizzando sia le risorse eco­ nomiche e produttive del proprio territorio sia migliorando le condi­ zioni amministrative. Viene espres­ sa la necessità che il dibattito eu­ ropeo sulla salute non si limiti esclusivamente al controllo dei co­ sti della sanità e agli aspetti finan­ ziari e manageriali relativi all’offer­ ta dei servizi sanitari, ma entri in una visione più ampia che includa elementi innovativi quali i cosiddet­ ti fattori determinanti di salute. Il Verona Benchmark contiene le caratteristiche necessarie affinchè le strategie di promozione della sa­ lute siano realmente efficaci nel XXI secolo in Europa. Contiene inoltre i principi che permetteranno l’uti­ lizzo delle moderne tecnologie nel miglioramento della salute. Il testo completo si può trovare sul sito: www.regione.veneto.it/sanita/oms/ index.htm. La sfida di Verona Il documento finale di “Verona Ini­ tiative” è stato denominato “La sfi­ da di Verona” (“The Verona Challen­ ge”) ed è stato approvato nel luglio 2000. Nel documento si affermano quat­ tro principi: 1) La salute è un bene universale e un diritto umano fondamentale e come tale rappresenta un obiettivo prioritario di sviluppo e risorsa economica che merita di trovare sostegno e supporto.

Chi gode di buona salute è più produttivo nel lavoro, si rivolge in misura ridotta al sistema sa­ nitario e gode di maggiori op­ portunità di prendere parte alla vita economica, politica e sociale del paese. Gli investimenti in salute non devono assolutamente rappresentare un costo, ma de­ vono essere considerati un inve­ stimento a favore del benessere socio economico. 2) Ogni decisione politica si riper­ cuote sulla salute di un paese. Per tale motivo, un investimen­ to in materia di miglioramento dell’istruzione o degli alloggi, o a favore di ambienti più sani o di un miglioramento dell’occu­ pazione, è da considerarsi un in­ vestimento in salute. Questo do­ cumento di Verona è rivolto a chi si occupa di decisioni politiche ed economiche, di piani e pro­ getti, ai leader di un paese, non­ ché abbia il potere di influenza­ re la salute e di favorirne lo svi­ luppo. 3) Se le autorità di governo potes­ sero investire nell’aumentare le risorse e le infrastrutture neces­ sarie all’attuazione delle strate­ gie dimostratesi più efficaci, si aprirebbero le porte di un futuro ancor più evoluto e progredito in materia di salute pubblica. Un impegno deciso da parte del go­ verno in tale direzione, costitu­ isce un requisito essenziale per lo sviluppo e la promozione del­ la salute. 4) La salute di un paese è senza dubbio influenzata, sia positiva­ mente che negativamente dai

cambiamenti sociali, dalle rifor­ me in campo politico ed econo­ mico, dall’introduzione di tecno­ logie all’avanguardia nonché dal­ la comunicazione globale. Tut­ tavia, per coloro che detengono il potere in campo politico, la sfida consiste nello sfruttare le opportunità offerte da simili cambiamenti ed evoluzioni in modo che tutti i cittadini pos­ sano godere di uno standard di vita migliore. Il testo completo si può trovare sul sito: www.regione.veneto.it/sanita/ oms/index.htm. Le ricadute strategiche nella Regione del Veneto Il dibattito sulla promozione della salute che si è svolto a Verona, ab­ binato a quello inerente le nuove esigenze di gestione del sistema sa­ nitario regionale, che si è venuto a sviluppare negli ultimi anni in Re­ gione, hanno spinto molte istitu­ zioni, sia pubbliche che private, ad incorporare tra le priorità istituzio­ nali la promozione e la salvaguar­ dia della salute dei propri utenti. Anche la scuola, il mondo del lavo­ ro e altri settori della società, si sono dotati di programmi di inter­ vento e di strutture organizzative finalizzate al raggiungimento di questi obiettivi di promozione del­ la salute. L’esigenza di rendere più concre­ ta ed incisiva l’azione preventiva a livello regionale e locale ha richie­ sto la necessità di istituire, già da tempo, in tutte le Aziende ULSS del Veneto appositi Servizi per l’Educa­ zione alla Salute nonché Centri di Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

Riferimento Regionali, con funzio­ ni attuative delle scelte strategiche e programmatorie regionali per le attività di educazione e promozio­ ne della salute. Un ulteriore obiettivo è quello di creare occasioni di formazione congiunta di personale sanitario e non, realmente efficaci nel settore della promozione della salute, che sap­ piano, da un lato, integrare le co­ noscenze provenienti dall’ambito scientifico ed educativo, e dall’al­ tro che sappiano utilizzare in ma­ niera organica i molti dati disponi­ bili presso i Dipartimenti di Preven­ zione, gli SPISAL e le Università, utilizzandoli per la costituzione del­ la strategia programmatoria della Regione. Il passaggio dalla semplice rac­ colta e divulgazioni di dati epide­ miologici alla concreta realizzazio­ ne di programmi che coinvolgano sempre più, oltre al settore sanita­ 17

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rio nel suo complesso, anche gli altri settori vitali per produrre salu­ te, quali il settore educativo, abi­ tativo, dei trasporti ecc. ha così suggerito la necessità di istituire nella Regione del Veneto, la “Rete regionale di promozione e educazio­ ne alla salute” per mettere a frutto quanto imparato da approcci quali quello dello sviluppo integrato del­ la salute e quello degli investimen­ ti in salute dell’OMS. La Regione, attraverso le attività dei diversi livelli organizzativi del sistema socio sanitario regionale, vuole contribuire concretamente allo sviluppo delle strategie di promo­ zione della salute oltre che a livello regionale anche a quello locale. Il focus infatti sia sul livello regiona­ le che locale, permette una miglio­ re comprensione delle esigenze pre­

ventive e facilita la possibilità e capacità di identificazione di azio­ ni coerenti con i bisogni dei citta­ dini e di realizzare programmi con possibilità di valutazione immedia­ ta delle ricadute a livello locale. In questo senso quindi il livello di partecipazione alle politiche re­ gionali da parte delle Aziende sani­ tarie e degli Enti locali assumono realmente un valore propositivo, garantendo contemporaneamente un buon livello di coerenza tra politica socio-sanitaria regionali e politiche locali. Anche in quest’ottica risulta es­ senziale, in vista della valutazione della funzionalità del nuovo asset­ to organizzativo regionale in tema di Promozione della Salute, la veri­ fica periodica del grado di organiz­ zazione e di funzionamento delle

strutture che in Veneto si occupano di questo settore. Ciò riguarda in primo luogo l’ambito del Sistema Sanitario Regionale che ha nel suo mandato istituzionale il compito di attuare servizi in grado di raggiun­ gere gli obiettivi del Piano Sanita­ rio Regionale, ma riguarda anche la collaborazione con tutti gli altri settori strategici regionali in par­ ticolar modo la scuola e gli enti lo­ cali. I rapporti tra Servizi di Educazio­ ne alla Salute, i Centri di Riferimento Regionali con i Dipartimenti di Pre­ venzione e la Medicina Territoriale, vengono coordinati a livello regio­ nale nell’ottica di riconoscere spe­ cificità funzionali ai settori di com­ petenza e della complessità del si­ stema di produzione della salute. I Servizi presenti nelle Aziende sanitarie e i Centri regionali di Pro­ mozione della Salute garantiscono l’attuazione dei programmi su scala regionale e locale utilizzando i nuovi strumenti specifici della Pro­ mozione della Salute, così come delineati da “Verona Initiative”, integrandoli con quelli forniti dal­ l’educazione sanitaria o dall’educa­ zione alla salute, mirando al sem­ pre maggiore coinvolgimento inter­ settoriale di tutti quegli ambiti del sistema organizzativo sociale in gra­ do di incidere sul livello di salute della popolazione. Con questa nuova visione della promozione della salute, anche il contributo dei Dipartimenti di Pre­ venzione è legato non solo alla pro­ duzione di dati e alla identificazio­ ne di bisogni, ma anche alla inte­ grazione delle azioni sanitarie di Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

competenza. Il livello di complessità che si sta via via delineando nel settore della “produzione di salute”, e le profon­ de interrelazioni che essa ha con lo sviluppo economico e sociale del territorio, rende evidente come le competenze preventive sanitarie non siano da sole sufficienti a ri­ spondere ai nuovi compiti attribui­ ti alle Regioni nel campo della pro­ mozione della salute.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] Blane D et al. Health and So­ cial Organisation – Towards a Health Policy for the 21st Centu­ ry. London: Routledge, 1996. [2] Wilkinson RG, Unhealthy Socie­ ties, London: Routledge, 1996. [3] Ziglio E et al. Social and econo­ mic determinants of health: im­ plications for promoting the health of the public., Forum Trends in Exp. And Clin. Med. 8.3 (suppl. 4), Genoa: FSE, 1998.

Luigi Bertinato è responsabile del Servizio per i rapporti socio sanitari internazionali della Regione Veneto. 19

Le nuove esperienze regionali: l’Emilia Romagna Angelo Stefanini

I piani per la salute in Emilia Romagna: dalla erogazione di servizi alla promozione della salute.

Uno dei temi forti contenuti nel DLgsl 229/99, la cosiddetta Terza Riforma, è quello che vede il cre­ scente riconoscimento dell’impor­ tanza del governo locale nella salu­ te della popolazione. Ciò è ribadito non soltanto dalla riconferma della funzione di programmazione sani­ taria, verifica e controllo del comu­ ne, ma anche dal tema centrale al PSN 1998-2000 (ripreso nella pro­ posta di quello 2001-2003) costi­ tuito dalla necessità di alleanze e collaborazioni, di un vero patto di solidarietà tra i vari attori sociali, per poter affrontare su fronti diver­ si i vari determinanti della salute. La “novità” di questo approccio consiste nello spostare l’impegno e l’assunzione di responsabilità per il miglioramento della salute della popolazione dai ristretti confini del sistema sanitario per portarli nel contesto sociale, ambientale e po­ litico dove la gente effettivamente vive, lavora, si ammala e muore. Un tale salto di paradigma ha una va­ lenza politica sia riformista che fa­ cilitatrice in quanto riconosce l’im­ 20

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portanza delle strutture sociali nel­ la creazione delle opportunità di salute e malattia e il bisogno di dare voce e partecipazione anche alla popolazione riguardo ai propri pro­ blemi e bisogni.1 Il “nuovo” che viene portato avanti dal movimento della “nuo­ va” sanità pubblica sta nella (ri)scoperta che i pericoli per la salute della gente sono eterogenei, multi-dimensionali e tra loro finemente articolati come dimostrano, ad esempio, crisi recenti come l’epi­ demia di AIDS e BSE, problemi com­ plessi come l’invecchiamento della popolazione e, in genere, gli evi­ denti effetti patogeni derivanti dal tipo di organizzazione economica e sociale che ci siamo dati.2 Va chia­ ramente oltre le possibilità dei ser­ vizi sanitari poter neutralizzare que­ sti pericoli. I cambiamenti neces­ sari a questo scopo infatti si situa­ no a tre livelli: 1. Un livello operativo, rappresen­ tato da tutte quelle iniziative che possono essere poste in campo dagli operatori sanitari senza mettere in discussione le istitu­ zioni sociali esistenti; 2. Un livello politico, che si riferi­ sce alle iniziative che hanno un impatto sulla salute ma vanno al di là della sfera convenziona­ le di influenza e di autorità del settore sanitario. Un tale cam­ biamento necessita di interven­ ti da parte dell’organo di gover­ no, a tutti i livelli, ed esige mag­ giore coinvolgimento e respon­ sabilizzazione delle istituzioni sociali, che possono quindi in qualche modo essere anche rivi­

ste nelle loro modalità di orga­ nizzazione; 3. Un livello strutturale, che presup­ pone una messa in discussione radicale delle stesse strutture so­ ciali che hanno un impatto sulla salute ma sulle quali la possibi­ lità di intervento degli operato­ ri sanitari e dello stesso gover­ no sono molto limitate. Un cam­ biamento strutturale richiede la mobilizzazione di un supporto di massa che, a sua volta, richiede un’azione politica extra-parla­ mentare sostenuta e organizza­ ta. L’operatore di sanità pubblica si tro­ va dunque a vivere un paradosso di “collocazione”: situato saldamente dentro il sistema (sanitario), gli è impedito dalle regole e dalle proce­ dure inter-professionali di persegui­ re “fuori” dal proprio sistema quei cambiamenti politici e strutturali che rappresentano la condizione sine qua non per migliorare la salute. Un tipico esempio che con prepotenza sta evidenziandosi, sia a livello glo­ bale che all’interno dei confini na­ zionali, sono le profonde disugua­ glianze in salute dovute alle cre­ scenti differenze socio-economiche. Tradizionalmente, tuttavia, la fedel­ tà di chi opera nell’ambito della sanità pubblica, per quanto non esclusiva, è sostanzialmente verso il sistema piuttosto che verso il mondo esterno. Il salto culturale e normativo fat­ to in questi ultimi anni in Italia, e di cui il PSN 1998-2000 e il Decreto 229 rappresentano i momenti più significativi, ci consente finalmen­ Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

te di identificare l’interfaccia, il rac­ cordo concettuale e operativo tra sistema sanitario e mondo esterno, tra sanità e salute. Sistema sanitario e mondo esterno. Dove sta il raccordo? L’attività principale di un servizio sanitario universalistico come il nostro è soprattutto di assicurare servizi efficaci e accessibili sulla base del bisogno clinico (e non, ad esempio, della disponibilità econo­ mica). In questa prospettiva, la se­ parazione tra acquirenti e produt­ tori di servizi, caratteristica delle varie di riforme sanitarie che si sono susseguite a livello internazionale nella prima metà degli anni 90, era doppiamente motivata. Da una par­ te intendeva rendere autonomi i pro­ duttori di prestazioni sanitarie in modo che potessero competere tra loro in qualità e prezzo; dall’altra parte tale separazione era vista come un meccanismo per permettere alle autorità sanitarie, le Aziende USL, di concentrare le proprie forze nel rispondere ai bisogni della propria popolazione (la funzione di tutela o, come viene chiamata nella regio­ ne Emilia-Romagna, di “committen­ za”) senza essere influenzate dagli interessi di cui sono evidentemente portatori i produttori, per loro na­ tura mossi non tanto al soddisfaci­ mento dei bisogni della popolazio­ ne quanto verso obiettivi essenzial­ mente autoreferenziali. La Regione Emilia-Romagna ha ritenuto che la collaborazione pa­ ghi di più della concorrenza e che il lavorare insieme sia più efficace dell’individualismo che produce e di 21

Il concetto di COMMITTENZA

Efficacia e costo-efficacia dei servizi

Bisogni di salute

Le nuove esperienze regionali

Scelta delle priorità su quali servizi fornire

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cui si nutre il mercato. Il Piano Sanitario Regionale 1999-2001, tuttavia, mantiene concettualmente separate, pur all’interno di una Azienda sanitaria unita, le due funzioni di committenza e produzione. In questo ruolo ritagliato su misura, l’Azienda può quindi ugualmente fungere da agente e paladino della popolazione e dei suoi bisogni. Per raggiungere l’obiettivo di un ‘guadagno in salute’ è necessario porre in atto una strategia di salute. È attraverso questa strategia che la funzione di committenza persegue il suo fine di migliorare la salute definendo il ruolo che i produttori devono svolgere per concorrere a tale scopo. È la chiarezza circa i risultati finali da raggiungere, e circa i target da perseguire per ridurre e prevenire la malattia, che permette al committente di definire il ruolo e le caratteristiche quali-quantitative dei differenti servizi necessari per raggiungere questo fine.

Il concetto di committenza per un guadagno in salute comprende infatti tre aspetti: - l’accertamento dello stato di salute della popolazione e dei suoi bisogni; - la verifica della efficacia dei trat­ tamenti e del rapporto costo-ef­ ficacia dei diversi servizi; - la scelta delle priorità tra i vari servizi con una attenzione par­ ticolare all’importanza che il pubblico attribuisce loro e la percezione che esso ha dei vari problemi di salute. La funzione di committenza ha in sé tutto il potenziale di forte leva per il cambiamento. Abbinando sag­ gezza a competenza scientifica, essa può accelerare l’evoluzione di ser­ vizi efficaci ed equi, necessari a migliorare la salute, oltre a chiarire le necessità e le priorità della ricer­ ca. La sfida consiste nell’influenzare

Figura 1

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la salute attraverso un processo che porti alla produzione dei servizi sa­ nitari più efficaci, erogati nel modo più appropriato e che vadano a rispondere a bisogni precedente­ mente identificati, spostando il si­ stema sanitario verso la produzione di salute e non semplicemente ver­ so la erogazione di prestazioni sa­ nitarie. Nel contempo mirando alla iden­ tificazione non soltanto del biso­ gno di servizi ma di salute, la com­ mittenza ha in sé il potenziale per arrivare ad una vera e propria dia­ gnosi di comunità, in cui i deter­ minanti sociali, economici e am­ bientali vengono recepiti nell’impat­ to che hanno sulla salute della po­ polazione. La risposta non può dunque es­ sere articolata dal sistema sanita­ rio ma dall’intera società e dal go­ verno che si è data. In Emilia-Romagna la funzione di committenza trova il suo momento di sintesi nei Piani per la Salute3 che affidano al Comune o, meglio, alla Conferenza Sanitaria Territoria­ le 4 , compiti di programmazione, verifica e controllo nel campo della salute. Agli Enti Locali in pratica viene chiesto di assumere la salute al centro delle proprie politiche lo­ cali. Questa impostazione, intesa ad assistere anche l’Azienda sanitaria nel ragionare in modo più strategi­ co in termini di miglioramento di salute e non soltanto di erogazione di servizi, non può che potenziare la naturale dipendenza che essa ha nei confronti dell’organo eletto di governo per una effettiva implemen­ tazione di politiche di salute.

Un tale processo può concretiz­ zarsi pienamente nella progressiva responsabilizzazione dell’Ente locale verso compiti come l’analisi dei bi­ sogni di salute e di servizi, la espli­ citazione delle proprie priorità e cri­ teri di scelta, la identificazione di accordi e contratti con i produttori locali per soddisfare tali bisogni, la produzione di una strategia integra­ ta di promozione della salute che incorpori aree diverse come istru­ zione, insediamento urbano, tra­ sporti, sicurezza e tempo libero, con un occhio speciale al loro possibile impatto sulla salute dei cittadini. Soprattutto, deve entrare in un dia­ logo genuino con la popolazione come parte integrante del processo di quella che viene così chiamata “programmazione negoziata”. A que­ sto scopo è necessario individuare le modalità più appropriate con cui la popolazione può effettivamente essere coinvolta nei processi deci­ sionali.

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La finalità ultima di una tale im­ postazione sta non soltanto nel li­ mitare gli sprechi in interventi inu­ tili, ma di ridurre la disaffezione verso le amministrazioni locali e il cinismo non di rado espresso riguar­ do alle loro intenzioni di reale coin­ volgimento dei cittadini, di consen­ tire ai cittadini stessi di partecipa­ re e promuovere scelte informate su varie questioni di grande interesse pubblico e, soprattutto, di raffor­ zare il processo democratico miglio­ rando la qualità delle decisioni pre­ se sulla salute dei cittadini.5

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I Piani per la Salute in Emilia-Romagna Un Piano per la Salute (PPS) può essere definito come “un piano di azione con la finalità di migliorare la salute e l’assistenza sanitaria a livello locale“. Questo non è un obiettivo che l’Azienda USL, l’Ente locale o qualsiasi altro soggetto pos­ sa raggiungere da solo. Esso richie­ de invece il coinvolgimento più va­ sto possibile, il rafforzamento delle alleanze esistenti e la creazione di nuove. Il PPS costituisce insomma un patto locale di solidarietà per la salute. I PPS rappresentano uno stru­ mento unificante volto ad evitare la frammentazione di un sistema sa­ nitario a seguito di tendenze con­ correnziali, attraverso l’introduzio­ ne di un coerente processo di pia­ nificazione che coinvolge attiva­ mente gli Enti locali, i produttori di servizi, i medici di medicina ge­ nerale (MMG), le organizzazioni pubbliche, private e del terzo set­ tore. Ciò fa sì che la programmazio­

ne strategica venga indirizzata a partire dalle prospettive locali e dalle conoscenze apportate da tut­ ti gli attori. I PPS si concentrano sul miglio­ ramento della salute, sulla riduzio­ ne delle disuguaglianze e sullo svi­ luppo di servizi moderni, rapidi, accessibili e di alta e uniforme qua­ lità. Il processo che conduce ai PPS è incentrato sull’azione e non su di una produzione di documentazione fine a se stessa. Unisce obiettivi espliciti a seri impegni di lavoro, target di miglioramento misurabili e un chiaro monitoraggio del pro­ gresso compiuto, in modo da per­ seguire un effettivo avanzamento nel miglioramento della salute, nel­ la riduzione del divario di salute esistente tra gruppi di popolazione e nello sviluppo di servizi moderni e affidabili. Ciascun PPS si delinea lungo l’arco di tre anni e viene ag­ giornato e ri-sviluppato annualmen­ te.

Figura 2

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Per gli Enti Locali il PPS rappre­ senta una opportunità per impe­ gnarsi nel miglioramento della sa­ lute nel suo significato più vasto, a complemento del proprio compito di promuovere il benessere econo­ mico, sociale e ambientale delle proprie aree. Ciò impegna l’autorità locale in modo istituzionale, in quanto l’intervento sui determinanti della salute si estende lungo tutta la gamma delle sue responsabilità come per esempio alloggi, traspor­ to, ambiente, istruzione, tempo li­ bero, ecc. Esso offre inoltre alle Autorità Locali una maggiore capa­ cità di osservazione e una voce più autorevole nelle fasi di preparazio­ ne dei programmi di erogazione dei servizi sanitari. I PPS devono an­ che includere gli impegni del Servi­ zio Sanitario Regionale su problemi più vasti di competenza degli Enti Locali come urbanistica, mobilità, sicurezza, ordine pubblico, proble­ mi dei giovani ecc. Lavorando in­ sieme come partner, l’Azienda sani­ taria e l’Ente Locale sono messi in grado di sviluppare un’accresciuta comprensione delle rispettive prio­ rità e delle diverse dimensioni di un’efficace azione comune. L’assunzione formale di impegno da parte di tutti partner è elemento critico per il rafforzamento della fi­ ducia del pubblico nei programmi dell’Azienda e dei suoi partner. È im­ portante a questo scopo investire tempo nello sviluppo di relazioni, fissare tempi realistici per i vari contributi e, laddove necessario, sviluppare nuovi approcci e attività come ad esempio il coinvolgimento della popolazione.

Diversi livelli di programmazione: importanza del Distretto I diversi livelli di programmazione in cui si articola il percorso che conduce al PPS é illustrato schema­ ticamente dalla figura 2. Essa in­ tende visualizzare chiaramente la di­ stinzione concettuale esistente tra la politica per la salute, compito nobile e supremo del governo di una comunità attuato attraverso i suoi poteri costituzionali, e la politica dei servizi, in particolare dei servi­ zi sanitari che compete appunto al sistema sanitario.6 Il primo momento di una politica per la salute è quello di identifica­ re, in base ai bisogni individuati nella popolazione, obiettivi di mi­ glioramento della salute da perse­ guire attraverso una strategia che utilizzi l’importante apporto del si­ stema sanitario nella sue varie com­ petenze di diagnosi (socio-epide­ miologica, organizzativa) dei pro­ blemi della comunità, di “cura” (pro­ duzione di servizi preventivi, cura­ tivi e riabilitativi) e di verifica (ri­ cerca valutativa sui sistemi sanita­ ri). Momenti puntuali di questa pro­ grammazione, che vede i due flussi top-down e bottom-up entrambi es­ senziali, sono il Piano Attuativo Locale, il quale specifica la confi­ gurazione organizzativa con cui i servizi sanitari (e socio-sanitari) contribuiscono, in sede aziendale, al raggiungimento degli obiettivi di salute. Il soggetto attore è l’Azien­ da, sono coinvolti tutti i compo­ nenti del Collegio di Direzione, vie­ ne approvato dal Direttore Generale previo parere della Conferenza Sa­ 25

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nitaria Territoriale e dà sostanza organizzativa al Piano delle Azioni. Quest’ultimo definisce operativa­ mente il tipo, il volume, la diffusi­ vità degli accessi e la qualità (stan­ dard assistenziali) dei servizi la cui realizzazione consente di raggiun­ gere gli obiettivi di salute. L’Azien­ da ne è l’attore principale coinvol­ gendo tutti i soggetti, istituzionali e non, che possono concorrere alla erogazione di servizi, dando luogo, per i non-profit, alla sussidiarità orizzontale. Il Piano delle Azioni analizza il fabbisogno di “offerta” in rapporto alla valutazione dei bi­ sogni reali e correla i servizi con le risorse necessarie all’interno di un limite di compatibilità economica. Viene approvato dal Direttore Ge­ nerale previo parere della Conferen­ za Sanitaria Territoriale e del Comi­

tato di Distretto. In un percorso di questo tipo, l’elaborazione del Programma delle Attività Territoriali (PAT) (di cui al­ l’Art. 3 quater del Dlgs 229/99) rap­ presenta il momento in cui il di­ stretto può veramente “diventare promotore dello sviluppo della comu­ nità e della solidarietà locale…” e “partecipare alla programmazione regionale e aziendale.” come indi­ cato nella proposta di PSN 2001­ 2003. Il PAT quindi non soltanto sviluppa a dimensione distrettuale il Piano delle Azioni, secondo la logica della politica dei servizi, ma attiva all’interno della comunità lo­ cale, nella sua qualità di livello di programmazione più vicino alla po­ polazione e ai suoi bisogni, l’approc­ cio intersettoriale e partecipativo che costituisce il cardine della stra­

tegia dei PPS. Il soggetto attore è il Direttore di Distretto che nella sua funzione di committenza, in seno al Comitato di Distretto e avvalen­ dosi dell’apporto degli altri attori sociali presenti in quella realtà, re­ alizza un vero e proprio Patto terri­ toriale per la salute. Il Piano di Zona (di cui all’Art. 19 della Legge 328/2000) sintetiz­ za i contenuti della programmazio­ ne socio-sanitaria del distretto esplicando le modalità della inte­ grazione organizzativa e operativa. È evidente come PAT e Piano di Zona rappresentino due strumenti a cui é necessario garantire unitarietà e contiguità temporale al processo programmatorio. Il distretto svolge un ruolo cen­ trale nella programmazione azien­ dale soprattutto per il fatto di es­ sere il livello organizzativo più vi­ cino alla popolazione con il van­ taggio quindi di poterne conoscere a fondo i bisogni. Il distretto rap­ presenta il luogo in cui é maggior­ mente possibile identificare le con­ nessioni esistenti fra le politiche di salute ed il loro effettivo impatto sulla realtà sociale. A questo livel­ lo, infatti, risultano immediatamen­ te evidenti le importanti interdipen­ denze esistenti tra il governo loca­ le con le sue decisioni politiche e gli effetti pratici di tali decisioni. Gli amministratori pubblici vivono dove lavorano, sono direttamente identificabili con le loro politiche; essi stessi, le loro famiglie e i loro amici e conoscenti sono coinvolti dalle loro stesse decisioni. I pro­ cessi e la burocrazia a questo livel­ lo sono meno complessi che in sede Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

regionale o anche aziendale ed esi­ ste una maggiore possibilità di col­ laborazione intersettoriale. Le stes­ se motivazioni dei leader locali a perseguire politiche di salute non possono che rafforzarsi di fronte alla consapevolezza che essi stessi ne sono direttamente interessati. Esistono inoltre prove7 8 di come una comunità resa partecipe delle scelte politiche locali con effetti sulla salute possa indurre i cittadi­ ni a spostare il proprio atteggiamen­ to e la percezione dai problemi di malattia di singoli individui verso l’effetto che programmi e politiche possono avere sull’intera comunità, rafforzandone quindi la capacità di controllo sul miglioramento delle condizioni locali che conducono ad una società più sana. Il PPS e il PAT rappresentano in pratica gli strumenti di una esplici­ ta strategia intesa a rafforzare la responsabilità sociale dei principa­ li soggetti, istituzionali e non, nei confronti della salute e quindi sti­ molo al perseguimento di politiche di salute a livello locale. Lo scenario regionale Le prime esperienze regionali di PPS sono state avviate, in forma speri­ mentale, sul finire del 1999, nelle Aziende Sanitarie Locali di Bologna Nord e Imola. Entrambe hanno se­ guito, almeno nella prima fase, un percorso comune per l’individuazio­ ne degli attori da coinvolgere: han­ no infatti scelto di attivare da su­ bito momenti specifici di formazio­ ne, in cui è stato possibile confron­ tarsi sui temi connessi alla promo­ zione della salute ed acquisire un 27

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lessico comune. Ciascuna ASL ha poi valorizzato maggiormente aspetti diversi: sul coinvolgimento della Conferenza Sanitaria Territoriale ha insistito maggiormente Bologna Nord, mentre Imola ha individuato nelle “giurie dei cittadini” (ispirate alle citizens juries anglosassoni) lo strumento capace di far emergere le problematiche di maggior evidenza per i cittadini, quelle stesse su cui stanno oggi costruendo progetti di intervento mirato, avendo individua­ to come ambiti di attenzione prio­ ritaria quello della popolazione an­ ziana, degli incidenti stradali e del disagio giovanile. Si tratta di temi che, di fatto, stanno emergendo un po’ in tutte le realtà territoriali, pur con sfac­ cettature e accenti anche molto di­ versi: tutto questo è dovuto alla so­ stanziale omogeneità del territo­ rio regionale e, per così dire, alla diffusa percezione della rilevanza sociale di questi temi. Motivi che, supportati anche da dati di natura epidemiologica, hanno fatto emer­ gere queste ed altre tematiche an­ che dai documenti regionali di in­ dirizzo in materia. Non stupisce dunque la risonanza che queste te­ matiche hanno assunto, da Piacen­ za fino a Ferrara o Rimini, pur in­ terpretate, come detto, con assolu­ ta originalità. Ciò su cui è interes­ sante soffermare l’attenzione sono le interpretazioni locali dei mede­ simi temi, la loro traduzione in pro­ getti diversi. Dire anziani o giovani, infatti, significa fare una macro scelta di campo: ciò che segue, però, è ben altra cosa; ciascuna realtà deve in­

fatti individuare precisi aspetti su cui agire per conseguire i propri obiettivi di salute, in stretta ade­ renza al proprio territorio ed ai suoi peculiari problemi. Agire sulla con­ dizione anziana in montagna può voler dire, ad esempio, darsi l’obiet­ tivo di ridurre l’isolamento, magari intervenendo sui trasporti e la via­ bilità, o sulle reti telematiche, o ancora sul decentramento dei servi­ zi; lo stesso obiettivo in contesto di pianura può assumere valenze affatto diverse, ad esempio di pro­ mozione e sostegno alle reti comu­ nitarie, alle associazioni di volon­ tariato, di diversa organizzazione e accessibilità di alcuni servizi e così via. Ma è significativo vedere anche i diversi modi in cui le singole realtà territoriali hanno interpretato il percorso tracciato dalla Regione (come indicato nella deliberazione 321/2000), valorizzando maggior­ mente alcuni aspetti rispetto ad al­ tri: con modalità anche molto di­ verse e con esperienze di coinvol­ gimento delle comunità locali tal­ volta coinvolgenti e davvero avvin­ centi, ciascuna sta costruendo il proprio, originale percorso di ela­ borazione di progetti condivisi. A Cesena, ad esempio, si è deci­ so di privilegiare i focus groups come strumento di coinvolgimento dei vari attori sociali e, insieme, come meccanismo utile a mettere a fuoco e far emergere, in maniera ragiona­ ta ed approfondita, i problemi cui assegnare carattere prioritario. L’esperienza fin qui condotta, in particolare, ha riscosso notevole interesse e condivisione, ed ha na­

Figura 3 Modello di Richmond e Kotelchuck applicato alla promozione del­ la salute.

turalmente creato stimolanti attese sul percorso futuro e sui suoi svi­ luppi. A Modena l’attenzione maggiore è stata posta invece nell’analisi dei bisogni di salute, in un confronto allargato e molto partecipato, an­ che grazie all’ampia presenza di as­ sociazioni e gruppi organizzati. In particolare sono stati attivati “grup­ pi di cittadini competenti”, com­ posti anche da forti valenze tecni­ che, che hanno delineato gli ambi­ ti di intervento prioritario e che sono ora alle prese con la scompo­ sizione e la descrizione dettagliata del “cosa fare” e per quali precisi obiettivi di salute. Valorizzare anche il ruolo dei pro­ fessionisti della sanità è invece una delle strade tentate a Reggio Emi­ lia: qui, aderendo al progetto del­ l’OMS denominato “Ospedali per la Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

salute”, si sta individuando l’ospe­ dale come luogo deputato non solo alla cura delle fasi acute della ma­ lattia, ma anche come luogo di pro­ mozione della salute. In tal modo si vuole infatti sottolineare come il lavoro clinico (ed i professionisti a questo preposti) possa a pieno ti­ tolo assumere un ruolo importante all’interno dei PPS; in quest’ottica, infatti, gli ospedali stessi divengo­ no un sorta di ponte che consente all’attività di prevenzione di entra­ re negli ospedali ed al lavoro clini­ co di fare il suo ingresso nei PPS, con un auspicato quanto atteso ar­ ricchimento per entrambi. Per par­ te sua Parma ha scelto invece di privilegiare il ruolo del Distretto (nella fattispecie quello di Langhi­ rano), in ragione di un lavoro ca­ pillare di coinvolgimento e parteci­ pazione già avviato con successo su 29

Le nuove esperienze regionali

altre tematiche: insomma un avvio dei PPS in questo laboratorio già strutturato, prima di allargare l’am­ bito di intervento ad altre realtà territoriali. Si tratta, come si vede, di un universo in movimento, il cui coor­ dinamento tecnico e progettuale è naturalmente affidato all’Assessorato Regionale alla Sanità, mentre l’Agen­ zia Sanitaria Regionale assicura, in ogni fase, un prezioso supporto di formazione, ricerca e sperimentazio­ ne.

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Conclusione Alla luce di quanto discusso sopra appare evidente che la nuova stra­ tegia per la salute implica trasfor­ mazioni sostanziali quali: - un nuovo stile di assistenza sa­ nitaria il cui impatto andrà va­ lutato sulla base di effettivi mi­ glioramenti del livello di salute

e della qualità dei servizi pre­ stati oltre che sulla loro efficien­ za economica; - un ruolo più forte attribuito agli Enti locali nella promozione della salute attraverso i momenti del­ la programmazione negoziata; - la necessità di interventi che tendano alla modificazione dei fattori sociali, economici e am­ bientali responsabili della per­ dita della salute, attraverso ini­ ziative politiche intersettoriali; - la presa di posizione nei confron­ ti del problema delle disugua­ glianze in salute e della esclu­ sione sociale. La sfida principale che si presen­ ta riguarda la necessità non soltan­ to di fondere le conoscenze dispo­ nibili con una strategia efficace, ma anche e soprattutto di assicurare l’adesione convinta dei decisori po­

litici che ne consenta la effettiva attuazione. I PPS, così come elabo­ rati in Emilia-Romagna, si propon­ gono come uno strumento per dare corpo a queste trasformazioni iden­ tificando nel livello locale (comu­ nale e distrettuale) l’ambito otti­ male per riuscire a combinare effi­ cacemente questi tre requisiti es­ senziali: una teoria scientifica, una strategia sociale e una volontà po­ litica che supporti il cambiamento (e generi le risorse necessarie a dar luogo al cambiamento).9

NOTE [1] Blane D, Brunner E and Wilkin­ son R. (1996), Health and So­ cial Organisation: Towards a health policy for the 21st cen­ tury. London, Routledge. [2] Wilkinson R, Marmot M. Social determinants of health. The so­ lid facts. Copenhagen: WHO; 1998. [3] Regione Emilia-Romagna, Deli­ berazione della Giunta Regio­ nale 1 marzo 2000, n.321. Pia­ ni per la Salute. Piano Sanita­ rio Regionale 1999-2001. Pri­ mi provvedimenti di attuazio­ ne, Bollettino Ufficiale 2 mag­ gio 2000. [4] La Conferenza sanitaria territo­ riale, inserita nella Legge regio­ nale n. 3/1999 sulla riforma della autonomia degli enti lo­ cali, è formata dai sindaci dei Comuni compresi nel territorio Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

di una azienda USL. [5] Stefanini A. (2000), Politiche di salute e la salute della poli­ tica. Qualità Equità n.19: 74­ 82. [6] Stefanini A. (2000), Politica dei servizi e politica per la salute. Prospettive Sociali e Sanitarie. Anno XXX 15 febbraio 2000: 1­ 6. [7] Landstingsforbundet (2000), Health impact assessments of proposed policy decisions at lo­ cal and regional level. http:// www.lf.se/hkb/engelskversion/ enghkb.htm. Sito consultato il 02/11/00. [8] Mittelmark MB (2000), Promo­ ting social responsibility for he­ alth: health impact assessment and health public policy at community level. Washington, Pan American Health Organiza­ tion. Fifth global conference on health promotion, Mexico City, Mexico. 5-9 June, 2000. [9] Atwood K, Colditz GA, Kawachi I. (1997), From public health science to prevention policy: placing science in its social and political contexts. American Journal of Public Health 87 (10): 1603-1606. Angelo Stefanini è Ricercatore presso il Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica della Università degli Studi di Bologna e consulente dell’Assessorato alla Sanità, Regione Emilia-Romagna. 31

Promuovere la salute nell’ambiente: la prospettiva della valutazione d’impatto Paolo Daini

Dalla valutazione di impatto ambientale alla valutazione degli impatti sociali e sulla salute della popolazione.

Sanità, ambiente, salute e territo­ rio sono quattro termini e concetti che si intrecciano nel linguaggio da diversi anni in modo sempre più stretto. L’esigenza di conoscenza che precede un piano, un program­ ma o un progetto, insieme a quella di comunicazione ed a quella di partecipazione dei soggetti coinvol­ ti durante la loro formazione, ha prodotto l’utilità della valutazione degli impatti nel tentativo di pre­ venire o almeno di limitare gli ef­ fetti indesiderati. Tale esigenza, at­ traversa anche le fasi decisionali per finire con le verifiche a posteriori e il monitoraggio. La valutazione degli impatti, dif­ fusasi a partire dagli anni settanta per le problematiche legate all’am­ biente fisico, ha presto coinvolto, in alcune realtà, anche quello so­ ciale e lo specifico che riguarda la salute. Nella Provincia di Trento, la de­ terminazione e la valutazione degli impatti sociali e di quelli sulla sa­ lute della popolazione non ha tut­ tavia avuto lo spazio accumulato in 32

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un decennio dalla valutazione degli impatti ambientali, nota con la si­ gla VIA, (ci si riferisce soprattutto alle discipline ingegneristiche, del­ le scienze biologiche e della terra), e sebbene il termine “impatto” fi­ guri oggi con una certa frequenza nei documenti inerenti la salute e la sanità, le applicazioni concrete di valutazione sono ancora mode­ ste, in particolare se riferite in modo integrato agli ambiti tradizional­ mente distinti di ambiente, salute e territorio. Contemporaneamente si sta pe­ raltro consolidando una visione al­ largata del sistema sanitario, inse­ rito nel più ampio ambito della sa­ lute della popolazione, con l’obiet­ tivo di considerare questa nella sua interezza psico-fisico-sociale, e di evidenziarne i suoi determinanti. Fra i diversi, possibili modi di af­ frontare tali questioni, si trova l’ap­ proccio che qui si intende introdur­ re e la cui applicazione attraverso un procedimento sequenziale (noto anche come Health Impact Assess­ ment o HIA) è in grado di gestire in modo più integrato le problemati­ che della salute e dell’ambiente, ri­ spetto alle quali ancora si lamenta una eccessiva separazione. Salute ed ambiente: la stima degli impatti Una definizione classica considera gli impatti sulla salute come “que­ gli effetti complessivi, diretti o indi­ retti di una politica, strategia, pro­ gramma o progetto sulla salute del­ la popolazione”. In queste poche parole si riesce a leggere come il concetto di impatto si fonda su

quello di cambiamento e di stima delle modificazioni attese tra un “prima” ed un “dopo”. Per realizza­ re queste stime di previsione, l’at­ tenzione al pragmatismo, indirizzato ad incidere nei processi decisionali reali, ha portato alla individuazio­ ne di un procedimento in cui con­ vergono numerose discipline e di­ versi attori. Il fine ultimo è raggiun­ gere una maggiore tutela dell’am­ biente e migliori livelli di salute nella popolazione, per contribuire a quello che da alcuni anni viene chiamato sviluppo sostenibile (SD). L’intento di costruire un quadro complessivo che chiarisca gli impat­ ti e le loro relazioni con le scelte antecedenti, sta progressivamente spingendo la frontiera del “conside­ rato” verso gli impatti indiretti, come indica la definizione richia­ mata precedentemente nonché ver­ so gli impatti “cumulati” (dovuti cioè alla combinazione di più azio­ ni simultanee) che non necessaria­ mente si rivelano in una delle di­ mensioni singolarmente prese in esame. Per implementare la valutazione d’impatto, tanto sull’ambiente quan­ to sulla salute, risultano quindi ne­ cessarie oltre alle conoscenze ge­ nerali, spesso richiamate dalla ma­ nualistica, differenti competenze professionali; limitandosi all’area più direttamente legata agli impat­ ti sulla salute, possono ricordarsi oltre a quelle che rientrano nella sfera medica e psicologica, l’econo­ mia e la sociologia. L’aumento della complessità portato sia dalla stima di impatti indiretti e cumulati sia dagli impatti specialistici coinvol­ Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

ti, determina anche la necessità di un più robusto coordinamento in­ terdisciplinare, a cui è affidato il compito di realizzare una sintesi e di comunicare il quadro complessi­ vo, prodotto finale di tutto il pro­ cesso. Queste riflessioni rimandano anche, da un differente punto di vi­ sta, al paradigma di scambio (tra­ de-off), presente sin dagli inizi nella valutazione d’impatto. Nella acce­ zione classica, tale paradigma indi­ ca che nella valutazione degli im­ patti sull’ambiente e sulla salute, vanno identificati e resi evidenti, in termini di gruppi di persone e di elementi ambientali, quelli che ri­ cevono benefici e quelli che subi­ scono perdite. In una accezione più ampia, sul versante pratico, emerge come tale paradigma sia continua­ mente presente, ad esempio come scambio tra l’approfondimento de­ dicato agli impatti specifici e quel­ lo dedicato alla loro sintesi. 33

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La figura 1, basata sulla lettera­ tura specialistica, riassume gli ele­ menti delle triade su cui opera la valutazione di impatto ambientale, sociale e sulla salute. I tre ambien­ ti rivestono importanza, e parteci­ pano come determinanti della salu­ te sia per gli impatti positivi che per quelli negativi. Il differente peso e l’attenzione prestata a ciascuno sono legati necessariamente al caso specifico; esiste una concreta diffi­ coltà, ben presente nel dibattito te­ orico e nella pratica, a raggruppare casi a diversi livelli di generalità per problematiche ricorrenti. Nondime­ no attraverso un lavoro che si tra­ duce soprattutto nella predisposi­ zione di linee guida, si sta ottenen­ do la condivisione delle metodolo­ gie e delle esperienze valide. Nella figura, all’interno dei tre cir­ coli, viene proposta una prima arti­

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colazione di livello inferiore, che indica alcune classiche aree dell’am­ biente fisico, della sfera sociale e di quella individuale. Rappresenta­ no le aree principali in cui si è ac­ cumulata ricerca ed esperienza. È anche evidenziato come l’educazio­ ne alla salute si collochi in qualità di area cerniera tra la sfera del so­ ciale e l’ambito individuale, presen­ tando insostituibili valenze nel me­ dio e lungo periodo per politiche destinate sia a maggiori livelli di salute che a comportamenti com­ patibili con la conservazione del­ l’ambiente. Come ulteriore considerazione generale, va ricordato che teoria e pratica della valutazione ambienta­ le stanno cercando di integrarsi con la stima degli impatti sulla salute derivata dalle diverse branche della medicina e della psicologia. Alcuni

primi risultati sono stati ottenuti, ma molto rimane ancora da fare, in particolare quando ci si sposta ver­ so il concetto di salute psico-fisi­ ca, che presenta intrecci di relazio­ ni a minore livello di separabilità e necessità di strumenti di misura complessi.

Figura 1 I tre ambienti su cui opera l’impatto ambientale.

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Il procedimento e i metodi Come accennato, la valutazione de­ gli impatti sulla salute si articola sia nel procedimento complessivo, applicabile a politiche, piani, pro­ grammi e progetti (i primi tre casi sono spesso indicati con la sigla PPP, e fatti rientrare nella valuta­ zione d’impatto strategica, una più recente estensione della VIA), sia in alcuni metodi e strumenti speci­ fici per l’applicazione concreta. Il procedimento risulta oggi ampia­ mente condiviso a livello interna­ zionale e, seppure spesso preveda dei “ricircoli” (per cui i risultati o le scelte ad un certo punto portano a cambiare e ripetere uno o più dei momenti precedenti) è organizzato attraverso definiti passaggi succes­ sivi. Come procedimento, lo schema classico delle fasi è il seguente: - screening - scoping - termini di riferimento - studio di valutazione - analisi e verifica dello studio di valutazione - negoziazione - implementazione - monitoraggio Tale sequenza, viene anche ulte­ riormente articolata: così vi sono proposte di opzioni che suddivido­

no il momento di valutazione in “ra­ pido” o “accurato”, oppure vi sono molti autori ed organizzazioni che mettono in evidenza l’indispensa­ bilità del confronto di alternative differenti, in particolare nelle fasi che vanno dallo studio alla nego­ ziazione. Nella Provincia Autonoma di Tren­ to la valutazione degli impatti sul­ la salute trova uno spazio istituzio­ nale all’interno delle vigenti norma­ tive di Valutazione di Impatto Am­ bientale, ma va sottolineato come in senso più ampio i suoi concetti e metodi possono essere utilizzati nella programmazione sanitaria, consentendo un maggior approfon­ dimento analitico e decisionale. Questo spazio relativamente meno “formalizzato” ma diffuso nel con­ creto si trova nelle relazioni, negli studi di fattibilità e nelle analisi costi-benefici e derivate, oltre che nella ricerca applicata, sia che esse riguardino il momento programmatorio che quello delle modifiche operative. L’identificazione di massima dei rischi e/o dei benefici per la salute della comunità coinvolta attiene ai momenti iniziali del procedimento, essenzialmente le fasi di screening e di scoping, mentre nella realizza­ zione dello studio valutativo ven­ gono precisati i legami tra i pro­ grammi e le azioni con le categorie proprie dell’epidemiologia, stimati i rischi (o i miglioramenti), defini­ to il profilo della popolazione sog­ getta ai cambiamenti con la sua vulnerabilità ed infine valutato l’im­ patto per la salute. Rispetto all’analisi dei rischi per 35

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la salute, che rappresenta in sè or­ mai una disciplina consolidata, va notato come sia apprezzabile, ed apprezzata, la variabilità nella va­ lutazione del rischio effettuata da esperti e non esperti. La colloca­ zione di tale momento nel contesto generale del procedimento che si sta illustrando appare tutt’altro che tra­ scurabile, poiché fra i criteri fondanti dell’HIA vi è la partecipazio­ ne, secondo modalità diversificate, della popolazione coinvolta. I risul­ tati della stima dei rischi per la sa­ lute, elemento determinante e pro­ fondamente incastonato nel tutto, si riversano “in cascata” nelle fasi successive di negoziazione e di de­ cisione finale. Così può esserci una differenza anche sensibile se alla stima da parte degli esperti ne vie­ ne affiancata e comparata una prodotta dai non esperti. Negli stadi

successivi vengono considerate in qualche misura entrambe. Tale linea d’azione, che porta il “pubblico coinvolto” nel “tecnico”, rappresen­ ta una genuina e purtroppo assai rara forma di partecipazione, ricon­ ducibile al paradigma che vede il rischio per la salute come un im­ pianto socialmente determinato. Inoltre, il differenziale esperti-non esperti nella valutazione del rischio presenta altre importanti implica­ zioni di natura strettamente infor­ mativa e comunicativa, queste però riguardanti in prevalenza le fasi fi­ nali del processo. Tra i diversi metodi utilizzati nel procedimento, i più diffusi sono gli elenchi di analisi, conosciuti come check-list e le matrici. Le prime ser­ vono per rendere più semplici i pro­ blemi affrontati, mediante la sele­ zione degli aspetti e dei fattori ri­

tenuti più importanti. Le matrici in­ vece puntano principalmente a si­ stematizzare ed analizzare le rela­ zioni fra azioni o settori coinvolti dal piano/progetto da una parte, ed tipi di influssi sulla salute (come malattie trasmissibili, malattie non trasmissibili, infortuni, disagio men­ tale, ecc.) dall’altra. Le matrici nel presentare le rela­ zioni, per lo più col fine di riassu­ merle per consentire un apprezza­ mento simultaneo di aspetti diffe­ renti, mettono in risalto un proble­ ma classico di tutta la materia del­ la valutazione d’impatto, che è l’ar­ ticolazione qualitativo/quantitati­ vo. Negli impatti sociali e sulla sa­ lute, ci si può aspettare, quasi con certezza, che in uno studio di valu­ tazione siano presenti sia stime di carattere qualitativo che di carat­ tere quantitativo. Così le matrici che si incontrano presentano simboli semplici (ad indicare presenza/as­ senza) o simboli per categorie ordi­ nali (come basso, medio, alto), e meno spesso valutazioni quantita­ tive espresse numericamente. Non di rado accade anche di incontrare matrici contenenti numeri che espri­ mono in realtà scale ordinali di va­ lutazione. Oltre ai due precedenti, sono poi utilizzati anche altri me­ todi, come i network, o tecniche specifiche come quelle per raggiun­ gere il consenso in riunioni deci­ sionali. Ancora, modellistica con maggiore formalizzazione matema­ tico-statistica si trova nella deter­ minazione degli impatti per aspetti specifici, come, ad esempio, nel caso delle diffusione di inquinanti. In generale, si può affermare che Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

passando dal fattore specifico alla sintesi dei molti aspetti di un pia­ no/progetto che coinvolgono la sa­ lute, si riduce progressivamente la quantificazione, e la formalizzazio­ ne adotta “maglie” via via più lar­ ghe. Infine, tornando agli obiettivi del procedimento, è da ricordare quello della gestione dei rischi per la salu­ te; esso è presente soprattutto nel­ la fase di negoziazione ed imple­ mentazione con interventi di tipo regolamentare (come limitazioni nell’uso di prodotti o l’obbligo di protezioni durante certi lavori) o di predisposizione di mezzi e proce­ dure di emergenza, mentre già nel­ la fase di studio dà luogo alla defi­ nizione di misure di mitigazione del rischio, che si traducono, operati­ vamente, in cambiamenti nella po­ litica o nel progetto. Alcune questioni applicative Se la procedura per realizzare la va­ lutazione degli impatti sulla salu­ te, in termini di suddivisione del percorso su fasi successive risulta ben definita, una situazione di mi­ nor certezza si riscontra, quando i diversi momenti vanno tradotti sul piano applicativo, e gli impatti de­ vono essere valutati nel segno e nella grandezza. Questo sia per le inevitabili semplificazioni, anche drastiche, della situazione in esame (che si rendono necessarie per ri­ condurla ad una dimensione maneg­ giabile) sia per le molteplici dimen­ sioni sempre coinvolte. Un esempio tra gli infiniti: una cosa è determi­ nare in laboratorio l’intensità sono­ ra (in dB(A)) che corrisponde alla 37

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soglia del dolore - la cui individua­ zione va poi fra l’altro a finire in normative e standard per i costrut­ tori di macchinari di tutti i generi ­ un’altra è stimare il livello di fasti­ dio acustico (noise annoyance) in­ teso come vissuto psico-fisico, in­ dotto dal progetto di una nuova li­ nea ferroviaria ad alta velocità su­ gli abitanti di un centro abitato. Altro esempio, anche più comples­ so: il tema dell’attività fisica inte­ ressa da tempo la promozione della salute, e tra i diversi tipi di eserci­ zio viene studiato il ciclismo non agonistico per i suoi benefici effet­ ti sulla salute. Si ipotizzi un consi­ stente piano di incremento, sull’in­ tero territorio provinciale, di piste ciclabili, e ci si chieda se e quali impatti (ed eventualmente come misurarli) questo piano potrebbe produrre sulla salute della popola­ zione. A prescindere dalla quantità di effettivo utilizzo delle piste pro­ gettate, va considerato se l’incre­ mento riguarda lo svago e/o porta ad una riduzione di altri mezzi di trasporto. Poi potrebbero ridursi (o intensificarsi) gli incidenti con i conseguenti infortuni oltre ad ef­ fetti di miglioramenti sul piano dei benefici per la salute. Se però la ciclabile corre in prossimità di in­ tenso traffico veicolare (come ac­ cade per un tratto esistente in via Brennero a Trento) gli effetti sul­ l’apparato respiratorio non è detto che siano di segno positivo. Guardando alla componente psi­ cologica della salute, ormai diffici­ le da ignorare, per passare ad esem­ pio da un generico “impatto sostan­ zialmente positivo” ad una qualche

maggior precisazione, la questione non sembra affatto semplificarsi. In sintesi, collegare interventi affatto ipotetici ai metodi e alle categorie epidemiologiche, non è strada bre­ ve e piana. I due spunti proposti sono deli­ beratamente tratti da interventi “esterni” al settore sanitario, ma volendo se ne trovano facilmente moltissimi legati ad interventi su quest’ultimo, tanto su strutture che su programmi gestionali. A questo punto preme evidenziare il denomi­ natore comune di tali situazioni, al di là delle specificità che contrad­ distinguono temi assai diversi fra loro. Questo può rinvenirsi nella chia­ rezza, nel dettaglio e nella capaci­ tà di argomentare i confini che ven­ gono fissati per il problema in esa­ me, ricordando che tali limiti, in­ sieme ai vincoli propri dei metodi che si utilizzano, caratterizzano l’ac­ quisizione dei dati prima, e, succes­ sivamente, la spiegazione dei risul­ tati che vengono presentati. Pertan­ to essi andrebbero dichiarati sem­ pre e comunque in modo esplicito, poiché ciò costituisce un elemento di trasparenza culturale e, spesso, scientifica. Che è poi riflettere su quello che in economia viene con­ siderato come “esternalità”, e nella metodologia della ricerca, come i diversi aspetti di validità. Nella valutazione degli impatti sulla salute, dove le relazioni di cau­ salità sono mediate, sfumate, diffi­ cili da cogliersi e instabili sul pia­ no temporale vi è un forte pericolo che tali relazioni discendano da as­ sunzioni piuttosto che da un pro­

cesso analitico e argomentativo sup­ portato da impianti teorici precisi. Un pericolo tutt’altro che raro nelle applicazioni concrete, come messo più volte in evidenza dalla lettera­ tura specializzata, e come si è cer­ cato di esporre in precedenza. Una possibile spiegazione è che dichia­ rare le “condizioni di contesto” spesso si scontra, con il desiderio, immediato e di facile presa, tanto di trovare certezze e spiegazioni che di raggiungere significativi livelli di relazione causale, presenti in parti­ colare nelle fasi politiche, di tran­ sazione e di comunicazione dell’in­ tero processo valutativo sugli im­ patti. Per districarsi può essere quindi opportuno spendere tempo e risor­ se all’inizio per ben collocare l’in­ tervento di valutazione degli impatti lungo alcune importanti dimensio­ ni: una prima è rappresentata dai due poli individuale e clinico da una parte e sociale, di comunità dall’al­ tra, soprattutto in termini dei co­ strutti e dei metodi a cui ci si rife­ risce per sviluppare il lavoro; un’al­ tra è la dimensione di scala (in ter­ mini di orizzonte spaziale e tempo­ rale), importante perché qualsiasi stima e valutazione necessita di strumenti di misura in grado di rac­ cogliere e discriminare i dati sui quali opera, e la valutazione degli impatti sulla salute non fa certo eccezione. Una terza è quella defi­ nita dal continuum strategico-ope­ rativo, che aiuta a collegare le va­ lenze conoscitive agli altri momen­ ti in cui si articola l’azione di pre­ venzione e di promozione della sa­ lute. Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

Tali dimensioni, pur non esauren­ do certo quelle di rilievo, possono costituire una buona base per im­ postare correttamente un HIA da effettuare, oppure per stimare il va­ lore di uno già svolto. Note conclusive L’estrema sinteticità di quanto è sta­ to presentato non evidenzia che in minima parte le molte sfaccettatu­ re e le potenzialità che possiede la prospettiva della valutazione di im­ patto applicata allo specifico della salute. È però importante sottoli­ neare come nella matrice che l’ha prodotta siano ampiamente presen­ ti i valori di equità, di eredità intergenerazionale e di condivisione par­ tecipata delle scelte, valori ricono­ sciuti da molti come fondanti e non surrogabili della società umana. Valori il cui spessore, nel concreto, non può essere considerato in con­ tinua ed automatica espansione, stanti le molte inevitabili ammis­ sioni che le disuguaglianze sono in rapido aumento, ed i legittimi dub­ bi sul livello di salute del pianeta che verrà consegnato alle genera­ zioni future. Sono sufficienti que­ ste ragioni di fondo per compren­ dere l’importanza di fare passi in avanti, anche se piccoli e faticosi, nell’individuare e stimare le riper­ cussioni che i cambiamenti pianifi­ cati, progettati o realizzati nell’am­ biente (sia fisico che sociale) pro­ ducono sulla salute della popolazio­ ne. La valutazione d’impatto offre un quadro, definisce un procedimen­ to ed ha sperimentato un certo nu­ mero di strumenti operativi. Que­ sto, come è noto, non garantisce 39

che la fase decisionale segua in toto i medesimi valori, ma al minimo si può sperare che la sua applicazione pratica aumenti in una qualche mi­ sura l’adesione ad essi dei decisori, dei tecnici e del pubblico, e che l’outcome (cfr, APSS, Programma di sviluppo strategico – Glossario) di tutto il “sistema salute” ne conse­ gua apprezzabili benefici.

[5] Stokols, D. (1992), Establishing and Mantaining Healthy Envi­ ronments – toward a Social Eco­ logy of Health Promotion, in American Psychologist, 47, 1, 6-22. [6] Pershagen, G. (1999), Resear­ ch priorities in environmental health, in BMJ, 318, 1636­ 1637. [7] Dean, K. (Ed.) (1993), Popula­ tion Health Research – Linking Theory and Methods. London: Sage.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Salute e ambiente

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[8] Department of Health, (1999), Health Impact Assessment – Report of a Methodological Se­ minar, Department of Health, 10311 IP 500 Dec 99 (CWP). London. [9] Terza Conferenza Ministeriale della Regione Europea sull’am­ biente e la salute (1999), Ac­ cesso all’informazione, parteci­ pazione pubblica e accesso alla giustizia nelle questioni riguar­ danti l’ambiente e la salute (tra­ duzione in lingua italiana su questo numero di Punto Omega a pag. 166).

Paolo Daini è funzionario del Servizio Programmazione e Ricerca sanitaria della Provincia Autonoma di Trento.

Promozione della salute e marketing sociale Vittorio Curzel

Il ruolo strategico e i limiti del marketing sociale e della comunicazione pubblica nella promozione della salute.

Marketing e comunicazione per la salute Se la finalità primaria delle inizia­ tive e delle politiche pubbliche di promozione della salute è facilitare l’adozione di stili di vita favorevoli al conseguimento e al mantenimen­ to del benessere fisico e psicologi­ co dei cittadini non vi è dubbio che il marketing e la comunicazione so­ ciale sono strumenti primari per rag­ giungere tale obiettivo. Infatti, mentre la funzione del marketing tradizionale è promuove­ re e ampliare la vendita di beni e servizi, veicolare l’immagine posi­ tiva di una ditta produttrice e “fi­ delizzare” i suoi clienti, il marke­ ting sociale può contribuire signi­ ficativamente al raggiungimento di obiettivi di interesse collettivo (in questo caso la salute) attraverso la modifica di atteggiamenti e com­ portamenti di individui e gruppi sociali. Nel marketing e nella comunica­ zione sociale oggetto dell’offerta non sono tanto i prodotti (beni o servizi) quanto le idee e ciò che si Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

chiede al pubblico non è tanto di acquistare qualcosa quanto piutto­ sto di cambiare un’opinione e di modificare un comportamento che si ritengono dannosi per l’interesse individuale e/o collettivo. La con­ correnza con cui ci si confronta non è una marca o un prodotto (e nem­ meno una particolare visione del mondo, un sistema di valori, uno status, di cui quel dato prodotto rappresenta o vorrebbe rappresen­ tare un simbolo), ma piuttosto una ben determinata opinione, un ben determinato stile di vita che si vo­ gliono combattere o modificare. Gli obiettivi del marketing socia­ le saranno dunque di cambiamento cognitivo (per favorire attraverso una maggiore conoscenza del problema e delle sue soluzioni l’adozione di un determinato comportamento), d’azione (incentivando determina­ te scelte a scapito di altre), di com­ portamento (inducendo l’abbando­ no di abitudini pericolose e l’assun­ zione di comportamenti sani) e di valori (creando, ad esempio, un at­ teggiamento favorevole della popo­ lazione verso un disegno legislati­ vo che disciplini o vieti il fumo nei locali pubblici)1. Differenze e analogie con il marketing d’impresa Nel considerare l’applicazione del marketing all’azione della Pubblica Amministrazione è necessario evi­ denziare alcune differenze. Va innanzi tutto detto che alcune organizzazioni come le Aziende sa­ nitarie, pur non avendo fini di lu­ cro, svolgono alcune attività pro­ duttive che le rendono del tutto si­ 41

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mili ad aziende private e, in questo senso, potrebbero essere interessa­ te ad utilizzare, per la promozione della propria immagine e attività, anche tecniche tipiche del marke­ ting tradizionale. Parleremo in que­ sto caso di marketing dei servizi pubblici. Da questo punto di vista la differenza con il marketing d’im­ presa non risiede nella natura pub­ blica del soggetto, ma piuttosto nella responsabilità connessa ad attività di marketing che hanno ri­ levanza sociale e finalità dettate dalle esigenze della collettività. Philip Kotler distingue fra marke­ ting delle organizzazioni senza fini di lucro (marketing for no profit or­ ganisations), marketing sociale (so­ cial marketing) e marketing dell’im­ presa dal punto di vista delle re­ sponsabilità sociali dell’azienda (so­ cietal marketing), che deve comun­ que operare secondo modalità che preservino o rafforzino il benessere del consumatore e della collettivi­ tà2 . In questa accezione “Il marketing sociale è la progettazione, la rea­ lizzazione e il controllo dei program­ mi finalizzati ad aumentare l’accet­ tabilità di una causa o di un’idea sociale (presso uno o più gruppi obiettivo). Esso utilizza i concetti della segmentazione del mercato, della facilitazione, degli incentivi e della teoria dello scambio per mas­ simizzare la risposta del gruppo obiettivo”3. Gli elementi che caratterizzano il marketing sociale sono: - la tipologia dell’offerta: i prodotti che si offrono come oggetto di

scambio sono per lo più idee, valori, atteggiamenti e compor­ tamenti. Le idee rappresentano il prodotto principale anche quando siano associate a beni e/ o servizi (offerti per facilitare l’adozione di quella data idea, atteggiamento o comportamen­ to); - la finalità dell’offerta: l’obietti­ vo principale di una campagna di marketing sociale è quello di risolvere un problema di interes­ se collettivo attraverso il cam­ biamento di atteggiamenti e comportamenti individuali e/o di gruppo, sia prospettando bene­ fici individuali di interesse col­ lettivo (p.es. la salute) che be­ nefici sociali derivanti da com­ portamenti individuali (p.es. il risparmio energetico). Alcuni Autori evidenziano anche il fatto che le campagne di marke­ ting sociale generalmente affronta­ no temi universalmente accettati, distinguendosi in questo dal marke­ ting politico o da campagne pub­ blicitarie d’opinione promosse da associazioni, sindacati, movimenti partiti, a favore o contro determi­ nate idee oggetto di controversia. Tale distinzione appare tuttavia la­ bile e discutibile. Infatti, se è vero che il marketing sociale può essere impiegato per sostenere cause su cui vi è un diffuso consenso, altre cam­ pagne di pubblica utilità4 potrebbero essere non condivise universalmente per motivi religiosi, morali o ideo­ logici (si pensi ad esempio alla cam­ pagne per l’utilizzo del preservati­ vo nella lotta all’AIDS).

Figura 1 Campagna per la promozione di una sana alimentazione (cinque soggetti diversi per affissione murale, m. 6 x 3; 5 soggetti diversi per manifesti cm. 70 x 100; un pieghevole “Guida rapida per la salute”). Elaborazione e realizzazione nell’ambito del “Progetto Comunicazione per la salute” ­ Provincia Autonoma di Trento - 2001. Ideazione e Art Direction V. Curzel.

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Marketing per il cambiamento Per ottenere un cambiamento nell’atteggiamento e nel comportamen­ to, in senso più favorevole alla sa­ lute, sono possibili vari interventi, riferibili sostanzialmente ai seguenti approcci: - “normativo” - interventi legisla­ tivi di restrizione o incentivazio­ ne rispetto alla produzione, alla vendita e al consumo di deter­ minati prodotti, ritenuti rispet­ tivamente dannosi o utili per la salute; - “tecnologico” - innovazioni tec­ nologiche che possono aiutare le persone nell’abbandonare un comportamento dannoso o assu­ merne uno favorevole; - “economico” - politiche di au­ mento o riduzione dei costi re­ lativi a comportamenti indeside­ rati o auspicati nonché politi­ che di disincentivazione o incen­ tivazione, per esempio attraver­ so l’eliminazione di sovvenzioni o attraverso ricompense; - “informativo-educativo” - elabo­ razione e diffusione di messaggi per informare sui danni alla sa­

lute prodotti da un dato com­ portamento o sui benefici deri­ vanti dal cambiamento. Il marketing sociale trae origine da quest’ultimo approccio, pur te­ nendo conto che campagne infor­ mativo-educative possono risultare da sole inefficaci, per inadeguatez­ za del messaggio (rispetto al tar­ get) o perché i messaggi possono essere recepiti in modo distorto e riduttivo o perché gli individui mettono in atto processi selettivi rispetto all’esposizione, alla com­ prensione e alla memorizzazione dei messaggi o infine per il fatto che non di rado tali campagne fornisco­ no informazioni sul rischio insito in un comportamento dannoso (per es. il fumo), ma non forniscono aiuti concreti per modificare tale compor­ tamento dopo l’esposizione al mes­ saggio (per es. che cosa fare per smettere di fumare e quali aiuti esi­ stono). La consapevolezza di tali limiti ha fatto sì che il marketing e la co­ municazione sociale adottassero un approccio più esteso, integrando 43

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vari strumenti di intervento e con­ siderando, nello svolgersi del pro­ cesso di pianificazione, che i massmedia sono certamente molto utili per sensibilizzare, informare e crea­ re consapevolezza, ma che la co­ municazione interpersonale può es­ sere determinante per favorire il cambiamento comportamentale.

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Nel fissare gli obiettivi di una campagna è bene considerare la possibilità di individuare anche più obiettivi in successione, così come potremmo darci obiettivi diversi per diversi segmenti di popolazione o gruppi-obiettivo. Comunque sia si dovrà tenere pre­ sente le possibili tipologie di cam­ biamento per cui lavorare, che sono state sopra accennate e che in or­ dine crescente di difficoltà di at­ tuazione, sono le seguenti: a) cambiamento cognitivo: lo sco­ po principale è quello di creare conoscenza e consapevolezza su un dato tema (per es. sul valore nutritivo dei vari alimenti). Le difficoltà maggiori in questo caso risiedono nell’identificare i segmenti che hanno maggior carenza informativa in tale am­ bito, capire quali siano le loro abitudini di consumo dei media, decidere di conseguenza forme e contenuti del messaggio, ca­ nali e tempi per la diffusione; b) cambiamento d’azione: lo scopo è quello di indurre il maggior numero di persone possibile a compiere una data azione entro un tempo determinato (per es. aderire a una campagna di vac­ cinazione antinfluenzale). Le

difficoltà sono non soltanto nel fornire informazioni adeguate in modo efficace, ma anche nel con­ vincere le persone ad agire, te­ nendo conto che anche laddove esista un atteggiamento favore­ vole, vi possono essere una se­ rie di costi reali o percepiti (il costo economico, la distanza, il tempo, etc.) in grado di allon­ tanare il potenziale utente. L’azione di marketing dovrà dun­ que affiancare alle iniziative di comunicazione facilitazioni e in­ centivi capaci di bilanciare i co­ sti e stimolare attraverso tutti gli elementi del marketing mix l’azione desiderata; c) cambiamento di comportamento: lo scopo è quello di favorire la modifica o l’abbandono di com­ portamenti dannosi (per. es. l’as­ sunzione di droghe) e l’adozio­ ne di nuove abitudini favorevoli alla salute. Anche in tal caso il solo ricorso ai mass-media si è rivelato solitamente insufficien­ te, quando non controproducen­ te. È in ogni caso necessario ef­ fettuare ricerche di marketing preliminari nonché pre-test per verificare gli effetti del messag­ gio su un campione adeguato; d) cambiamento di valori: lo scopo è modificare valori e opinioni profondamente radicati rispetto ad alcuni temi o situazioni (per es. i pregiudizi razziali e/o reli­ giosi). È certamente il cambia­ mento più difficile da attuare, dato che l’identità e il benesse­ re individuale si basano anche su un sistema di valori e su di una “Weltanschauung” tenden­

zialmente dotati di forte coeren­ za interna e capaci di orientare tanto la percezione della realtà quanto le scelte di comporta­ mento individuali. L’introduzio­ ne di elementi cognitivi disso­ nanti crea evidentemente tensio­ ne (fra il cambiamento auspica­ to e la tendenza generalmente consistente alla conservazione) per cui le persone cercheranno spesso di evitare informazioni incoerenti o di reintegrarle, di­ storcendole o negandole, nel pro­ prio sistema di valori. Sono dun­ que necessarie intense e prolun­ gate iniziative di informazione e sensibilizzazione, ma non solo. Talvolta sono indispensabili in­ terventi normativi e in questo caso l’azione di marketing può servire per creare un clima favo­ revole all’approvazione della nuova legge. Figura 2 “Guide rapide per la salute n. 1: Escursioni sicure”. Le guide, piegate, hanno la dimensione di una carta di credito, da portare e consultare ovunque. Sono dedicate alla prevenzione dei comportamenti a rischio e alla promozione della salute. Elaborazione e realizzazione nell’ambito del “Progetto Comunicazione per la salute” ­ Provincia Autonoma di Trento. Ideazione e coordinamento redazionale ed editoriale V. Curzel.

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La pianificazione di marketing per il cambiamento Qualunque sia il cambiamento che si intende promuovere la pianifica­ zione è una fase determinante per il successo di un’azione di marke­ ting sociale. Il processo di pianificazione pre­ vede queste fasi: 1) analisi del macro e micro-ambien­ te àcontesto socio-economico, culturale, tecnologico, politico e normativo all’interno del quale agiscono le forze che sostengo­ no le idee e i comportamenti considerati favorevoli a una data iniziativa di promozione della salute (come ad esempio una campagna anti-fumo) ma anche le forze contrarie o antagoniste nonché i diversi tipi di pubblico ostili, alleati o neutrali, la si­ tuazione della domanda e della concorrenza, etc5 ; 2) sviluppo del piano àdefinizione degli obiettivi, segmentazione della popolazione in gruppi omo­ genei e individuazione dei grup­ pi-obiettivo, elaborazione delle strategie e dei programmi ope­ rativi; 3) attuazione; 4) controllo e valutazione dell’effi­ cacia. In ognuna di queste fasi l’attivi­ tà di ricerca (sia primaria, con rac­ colta diretta dei dati, che seconda­ ria, con l’analisi dei risultati di ri­ cerche precedenti, svolte anche da altri enti, sia quantitativa che qua­ litativa) potrà fornire elementi utili per il processo decisionale, consen­ tendo di definire il problema a cui si intende dare una soluzione, di 45

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individuare bisogni, opinioni e at­ teggiamenti preesistenti, di seg­ mentare il pubblico in target – groups.

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Una volta definito il problema si considerano le risorse disponibili e si fissano gli obiettivi della campa­ gna, coerentemente con la mission dell’ente promotore e in relazione ai bisogni espressi dall’utenza. Tali obiettivi vengono normalmente de­ scritti in forma alquanto generica (p.es. “promuovere un uso corretto dei farmaci in casa”). Tuttavia, per poter effettuare il controllo e la valutazione di una campagna, sa­ rebbe opportuno fissare anche tra­ guardi operativi misurabili ed elen­ carli in ordine di priorità in relazio­ ne alle risorse disponibili (p.es. ri­ durre entro tre anni del 15% il con­ sumo di farmaci vendibili senza ri­ cetta medica), tenendo presente che tali obiettivi devono essere ragio­ nevolmente conseguibili, in relazio­ ne ai gruppi che si intendono rag­ giungere e alle opportunità o agli ostacoli che si presentano nell’am­ biente di riferimento. La successiva definizione delle strategie e dei programmi operativi implica la suddivisione del mercato (segmentazione) in gruppi di con­ sumatori/utenti omogenei per le caratteristiche prescelte. Le varia­ bili normalmente utilizzate (anche in combinazione tra loro) per l’in­ dividuazione dei diversi segmenti sono variabili geografiche (luogo di residenza e sue caratteristiche cli­ matiche, di densità di popolazione, ambientali), demografiche (età,

sesso, reddito, livello di istruzione, religione, razza, dimensione del gruppo famigliare, etc.), psicografi­ che (classe sociale, stili di vita, in­ teressi, opinioni, etc.), comporta­ mentali (benefici ricercati, utilizzo abituale o meno di un dato bene o servizio e atteggiamento verso lo stesso, costi percepiti, etc.) I dati circa le variabili psicogra­ fiche e comportamentali sono cer­ tamente i più difficili da raccoglie­ re ma possono aiutare a compren­ dere meglio perché, quando e a quali condizioni un gruppo di persone accetterà lo scambio di marketing proposto (cambio di atteggiamento o comportamento in cambio di be­ nefici per la salute, sociali etc.). Alla segmentazione seguirà l’eventuale scelta di rivolgere l’azio­ ne solo ad alcuni gruppi ritenuti più bisognosi o più interessati all’inter­ vento, come pure la definizione di programmi specifici per ogni seg­ mento. Una strategia di marketing indifferenziato (un unico program­ ma di azione per l’intero mercato) consente certamente maggiori eco­ nomie, ma dà buoni risultati soltan­ to se vi è un’effettiva omogeneità di bisogni e desideri nei diversi segmenti. Dopo aver selezionato i gruppiobiettivo si procede al posizionamento del prodotto offerto all’inter­ no di ogni segmento, cioè vengono individuati i vantaggi competitivi (in relazione ai bisogni manifestati o latenti) per poter comunicare al consumatore e al target group il valore dell’offerta in rapporto a pro­ dotti concorrenti.

Anche nel marketing sociale si possono infatti avere situazioni di concorrenza, che possono interes­ sare tanto i prodotti, quanto i sog­ getti produttori, ma soprattutto bi­ sogni, comportamenti e idee con­ trastanti. Per esempio in una campagna di prevenzione di una data malattia sarà opportuno verificare se altri enti od organizzazioni pubblici o privati stiano già attuando campa­ gne analoghe, scegliere nel caso di occuparsi di segmenti eventualmen­ te ignorati, cercare alleanze e si­ nergie o modificare l’offerta occu­ pandosi di un aspetto differente del problema. Di fatto la presenza di più soggetti operanti in uno stesso ambito può creare problemi nel re­ perimento di fondi, di mancato co­ ordinamento delle iniziative o ad­ dirittura di azioni contrastanti. Tuttavia la principale forma di concorrenza è rappresentata dalle idee o dai comportamenti che si vogliono modificare proponendo l’adozione di comportamenti alter­ nativi e ritenuti più favorevoli6 . Per esempio in un programma per l’ali­ mentazione sana la concorrenza sarà rappresentata da comportamenti alimentari che privilegiano il con­ sumo abbondante di grassi, zucche­ ro, sale, alcolici… Si tratta di una forma di concorrenza più comples­ sa e più difficile da individuare e proprio per tale motivo è assoluta­ mente importante l’analisi dei bi­ sogni del target-group, per capire quali bisogni un dato comportamen­ to soddisfi, in modo da poter mo­ strare i vantaggi competitivi del comportamento alternativo propo­ Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

sto. Senza per questo dimenticare che talvolta idee o comportamenti nocivi per la salute possono essere oggetto di sostegno da parte di or­ ganizzazioni portatrici di interessi confliggenti, che pertanto si confi­ gurano come concorrenti espliciti e ostili (p.es. le imprese produttrici di sigarette in una campagna antifumo). Segmentazione e posizionamen­ to del prodotto consentono la scel­ ta dei target-group più appropriati nonché la definizione degli elementi del marketing mix (prodotto, prez­ zo, promozione e distribuzione) ade­ guato agli stessi. Nella definizione dei programmi d’azione si dovrà rispondere a quat­ tro domande: che cosa fare per at­ tuare la strategia che è stata indivi­ duata sulla base dei bisogni e della segmentazione del mercato? Quan­ do? Chi lo fa? Quanto costa?7 Per quanto riguarda il marketing mix si terrà conto che: 1) il prodotto, come si è detto, è per lo più rappresentato da un’idea che viene offerta per su­ scitare un cambiamento compor­ tamentale. Tale idea è talvolta associata a un prodotto tangibi­ le o a un servizio offerto per fa­ cilitare l’abbandono di un dato comportamento e l’adozione di un altro, rendendo l’offerta più attraente agli occhi del gruppoobiettivo. Nella gestione di que­ sti prodotti tangibili si appliche­ ranno i concetti e le tecniche tra­ dizionali del marketing d’impre­ sa (posizionamento, analisi del ciclo di vita del prodotto, defi­ 47

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nizione del nome di marca, packaging, etc.). Nella gestione di prodotti/idee-comportamenti si potrà far leva su alcuni aspet­ ti (attribuibili peraltro anche ai prodotti tangibili) che consen­ tono la comparazione. In parti­ colare si potrà fare riferimento a questi aspetti: a) vantaggio relativo: può esse­ re misurato in termini eco­ nomici, di convenienza, di soddisfazione, di prestigio e di approvazione sociale, e indica in che misura un’idea/ comportamento innovativa viene percepita come miglio­ re di quella che intende so­ stituire. Più grande è il van­ taggio relativo percepito e più facile e rapida sarà l’ado­ zione del nuovo comporta­ mento; b) compatibilità con il sistema dei valori prevalente: un’idea percepita come incoerente o contraddittoria rispetto ai valori dominanti in un dato sistema sociale sarà accetta­ ta con difficoltà e più lenta­ mente; c) complessità: la facilità di comprensione e di applicazio­ ne di un’idea innovativa ne faciliterà l’adozione e la dif­ fusione; d) sperimentabilità: la possibi­ lità di provare la bontà di un’idea per un tempo e/o in uno spazio limitato e la re­ versibilità della scelta, cioè la possibilità di ritornare al comportamento precedente senza conseguenze, facilita

l’adozione di atteggiamenti e comportamenti nuovi; e) visibilità dei risultati: effetti positivi facilmente osservabili in tempi brevi favoriscono l’adozione di nuovi compor­ tamenti. La presenza di un nome di mar­ ca che accompagna un’idea o una proposta di cambiamento, con­ sentendo la riconoscibilità e l’at­ tribuzione di tale proposta a un soggetto autorevole, rafforzando­ ne la credibilità e la memorizza­ zione, può contribuire efficace­ mente alla sua adozione e diffu­ sione. Poiché spesso il nome di marca di una causa sociale coin­ cide con il nome dell’ente pro­ motore, anche per questo moti­ vo è di fondamentale importan­ za curare l’immagine istituziona­ le. Per quanto riguarda il ciclo di vita di un’idea va detto che in esso si possono riconoscere le stesse

Figura 3 infosanità 10: “Le encefalopatie spongiformi trasmissibili”. La collana “infosanità” è dedicata all’informazione istituzionale riguardante il Servizio sanitario provinciale. Elaborazione e realizzazione nell’ambito del “Progetto Comunicazione per la salute” ­ Provincia Autonoma di Trento. Coordinamento editoriale V. Curzel.

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fasi evolutive che caratterizza­ no i prodotti tangibili (introdu­ zione, crescita, maturità, decli­ no8) e che ognuna di queste fasi comporta evidentemente proble­ mi e opportunità diversi con approcci, strategie e tattiche di marketing differenziati9. 2) Nel fissare il prezzo per l’acqui­ sizione di un determinato bene o servizio si dovrà tener conto che, agli occhi del cittadinoutente, esso è rappresentato dai costi economici, ma anche psi­ cologici e fisici e da qualunque altro effetto legato allo scambio e percepito come negativo (per­ dita di tempo, cambio di abitu­ dini radicate, fatica fisica, timore di effetti spiacevoli, etc.). Se nell’impresa commerciale la de­ terminazione del prezzo ha nor­ malmente come obiettivo la mas­ simizzazione dei profitti, nell’erogazione di servizi pubblici più spesso si tende al recupero di parte dei costi e non di rado si sceglie il prezzo più basso possibile, per facilitare l’acqui­ sizione del prodotto e avere il più gran numero possibile di uti­ lizzatori. Nel marketing sociale, dove il prodotto è spesso rap­ presentato da un’idea/comporta­ mento da adottare, l’importanza di controllare e diminuire i costi non monetari (p. es. diminuen­ do i tempi di attesa) è determi­ nante, essendo spesso i soli co­ sti a carico della persona. Altri costi percepiti, come il timore di rischi o di possibili conse­ guenze negative per l’utente,

possono essere bilanciati con l’introduzione di ricompense, rin­ forzi psicologici, prove gratuite e informazioni rassicuranti da parte di fonti autorevoli. Talvol­ ta può essere invece necessario aumentare anche notevolmente il prezzo. Ciò si verifica quando, nell’ambito di strategie di “de­ marketing” si vuole scoraggiare il consumo di prodotti dannosi (per es. di sigarette o superal­ colici), diminuire lo spreco (p.es di acqua o energia elettrica), controllare l’abuso o l’uso impro­ prio (per es. di farmaci). 3) Per quanto attiene alla distribu­ zione nel marketing sociale avre­ mo probabilmente una serie di enti o istituzioni che assumono la funzione di distributori, te­ nendo conto che prodotti tangi­ bili e servizi dovranno essere fa­ cilmente disponibili per gli uten­ ti, mentre prodotti intangibili, come idee e comportamenti, ri­ chiederanno una rete distributi­ va costituita essenzialmente dai canali di comunicazione inter­ personali e mass-mediatici. La gestione del sistema di distribu­ zione richiederà in ogni caso l’in­ dividuazione e la selezione dei canali più adatti nonché il coor­ dinamento della rete da essi co­ stituita, tenendo conto delle ri­ sorse disponibili, del tipo di pro­ dotto che viene offerto all’uten­ za, delle caratteristiche dei grup­ pi-obiettivo, degli eventuali in­ termediari. Si noti a tale propo­ sito che nella fase di distribu­ zione, sia che si tratti di prodot­ 49

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ti tangibili che intangibili, può essere molto utile cercare la col­ laborazione di soggetti pubblici estranei all’organizzazione del servizio sanitario (per es. scuole o biblioteche) o di imprese pri­ vate (aziende, fabbriche, studi professionali, esercizi pubblici) per trasformare anche questi luo­ ghi in punti di “distribuzione” di un prodotto/idea (come p. es. nel caso di una campagna di edu­ cazione alimentare o per la pre­ venzione degli infortuni). In ogni caso si dovrà curare un’azio­ ne coordinata fra i vari canali e intermediari utilizzati, evitando che si creino conflitti per la pre­ senza di obiettivi e/o interessi contrastanti fra i vari soggetti coinvolti, individuando di cia­ scuno l’atteggiamento verso il prodotto, il grado di sostegno of­ ferto, le motivazioni e le poten­ zialità per quanto riguarda la di­ stribuzione. Un’attenzione par­ ticolare sarà rivolta agli “inter­ mediari finali” cioè a coloro che entrano direttamente in contat­ to con l’utente: operatori sanitari, farmacisti, personale di sportello, volontari, poiché la loro cooperazione è indispensa­ bile nel rendere l’offerta credibi­ le e accettabile. 4) La promozione attraverso le atti­ vità di comunicazione ha nel marketing sociale un ruolo pri­ mario, poiché l’obiettivo primo di una campagna è quello di in­ formare e sensibilizzare su un dato problema, per costruire i presupposti cognitivi utili alla

modifica di idee e comportamen­ ti. È importante considerare la sostanziale differenza che inter­ corre in tal senso con il marke­ ting d’impresa, laddove il con­ sumatore, nell’atto di acquisire un dato prodotto, generalmente già ne conosce (almeno in ge­ nerale) i benefici e i vantaggi legati all’uso (per esempio di un’automobile o di un elettro­ domestico), limitandosi a sce­ gliere una data marca o model­ lo. Una campagna di marketing sociale che promuova opinioni e/ o comportamenti (ad esempio “non fumare perché fa male alla salute”, oppure “collabora alla raccolta differenziata dei rifiuti a difesa dell’ambiente in cui vivi”) devono associare a funzio­ ni informative e persuasive an­ che le funzioni di produzione, prezzo e distribuzione, necessa­ rie per realizzare il processo di scambio con l’utente. Ciò vuol dire che, all’interno del messag­ gio, si dovranno sottolineare i maggiori benefici derivanti dal­ l’abbandono di una data abitu­ dine dannosa per la salute a fron­ te dei costi (psicologici e/o ma­ teriali) da affrontare per adotta­ re un nuovo comportamento. Anche la strategia di comunica­ zione (come la definizione degli altri elementi del marketing mix) dovrà dunque fondarsi sui risul­ tati di studi e ricerche ad hoc, cercando di garantire continuità e coerenza alle varie iniziative di comunicazione, indirizzando l’elaborazione dei messaggi e la realizzazione creativa, nonché la

scelta dei mezzi, dei tempi e dei luoghi di diffusione, utilizzando anche pre-test sui target-goup e sui gruppi di intermediari pre­ scelti10 . La strategia di comunicazione dovrà inoltre tener conto del pos­ sibile appoggio di gruppi di in­ fluenza e di altre istituzioni pub­ bliche e private e valuterà l’even­ tuale utilizzo di tutti i canali disponibili, sapendo che essi sono fra di loro complementari, che vanno integrati e coordinati e ricordando che la comunicazio­ ne di massa è particolarmente efficace nel diffondere in breve tempo e presso un gran numero di cittadini conoscenza e con­ sapevolezza, mentre la comuni­ cazione personale e selettiva (come direct mail e telemarke­ ting) possono fornire all’utente informazioni più dettagliate e stimolare più efficacemente il cambiamento. Il grado di difficoltà e di com­ plessità della misurazione e della valutazione dell’efficienza (rappor­ to costi/benefici) e dell’efficacia (raggiungimento del risultato atte­ so) di una campagna di marketing sociale dipende sia dal tipo di of­ ferta (prodotto, servizio, idea/com­ portamento), sia dagli obiettivi (cambiamento cognitivo, di atteg­ giamento, comportamentale, di va­ lori). Pur essendo l’attività di valuta­ zione un processo a carattere ten­ denzialmente continuativo, essa acquista particolare importanza nel­ le fasi iniziali di definizione del pia­ Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

no e nella parte conclusiva di misu­ razione dei risultati conseguiti. Vale a dire che prima dell’implementa­ zione del piano è necessario fissare obiettivi quantificabili (e raggiun­ gibili) con relativi indicatori e tempi di attuazione; durante lo sviluppo si realizzeranno pre-test (sui singo­ li elementi del marketing mix) e controlli periodici (generalmente su scala ridotta e a intervalli prefissati) per apportare eventualmente correzioni in itinere; a conclusione della campagna verranno effettuate rilevazioni approfondite e su larga scala per misurare l’efficacia del pia­ no in relazione agli obiettivi. L’attività di marketing è a tutti gli effetti un processo interattivo e circolare, dove, nonostante la com­ plessità e il costo della valutazio­ ne, il feed-back da essa fornito pri­ ma, durante e dopo, è indispensa­ bile per apportare le correzioni ne­ cessarie e per la pianificazione del­ le campagne successive, mettendo in luce problemi irrisolti, punti de­ boli ed opportunità da sfruttare. Si deve comunque tenere conto della obiettiva difficoltà nel misu­ rare le modifiche cognitive, affetti­ ve e comportamentali, anche per­ ché i cambiamenti riscontrati pos­ sono essere stati facilitati da altri fattori esterni, legati all’azione di altre forze sociali e ambientali11 che agiscono contestualmente alla cam­ pagna, così come questi medesimi fattori possono averla pesantemen­ te contrastata. Allo stesso modo non sarà facile individuare con pre­ cisione i processi psicologici indi­ viduali e/o sociali che possono de­ 51

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terminare effetti favorevoli o avversi all’efficacia di una data iniziativa di marketing sociale. Certamente il grado di attenzio­ ne e di sensibilizzazione della po­ polazione rispetto ad un dato pro­ blema influisce direttamente tanto sull’impatto di una campagna che sui suoi risultati. Si potrebbe in questo senso dire che anche per le idee vi sono delle “tendenze di mer­ cato”, e quindi che il presupposto necessario per il successo di una campagna è dato dalla presenza di una domanda latente. Ciò rende l’applicazione del marketing ai problemi sociali ben più complessa di quella del marke­ ting di un’impresa commerciale, se non altro perché, se nel secondo caso l’obiettivo è normalmente con­ vincere il consumatore ad aumen­ tare il consumo (o a scegliere una marca piuttosto di un’altra) di un prodotto i cui benefici sono già noti, nel marketing sociale si tratta soli­ tamente di indurre un comporta­ mento nuovo e più favorevole alla salute, i cui benefici tuttavia non sono ancora stati sperimentati di­ rettamente dal cittadino utente. I problemi aperti e i limiti del marketing nella promozione della salute I problemi e i limiti da affrontare nell’azione di marketing sociale (tanto più nell’ambito della sanità e della promozione della salute) possono essere così riassunti, in relazione alle varie fasi dell’attività e di elaborazione delle relative stra­ tegie: a) analisi del mercato: difficoltà nel

reperire dati utili per l’individua­ zione dei bisogni e delle carat­ teristiche del target-group (per quanto riguarda atteggiamenti e comportamenti, esposizione ai media, etc.) per vari motivi. Fra questi: - difficoltà, per quanto riguar­ da le ricerche primarie di mi­ surare le variabili più impor­ tanti perché molte persone tendono a dare risposte va­ ghe, interessate o socialmen­ te accettabili, su temi che toccano i valori, ma anche le ansie individuali; - ricerche secondarie di quali­ tà generalmente inferiore a quelle disponibili nel settore commerciale, per la eccessi­ va specializzazione settoria­ le di indagini pregresse e per la scarsità di studi teorici di ambito;

Figura 4 “Sicurezza e salute nei luoghi di lavoro: un impegno comune”. Nella collana “Documenti per la salute” sono pubblicati atti di seminari e convegni nonché studi e ricerche inerenti l’assistenza sanitaria, la promozione della salute e la prevenzione delle malattie. Redazione e realizzazione nell’ambito del “Progetto Comunicazione per la salute” - Provincia Autonoma di Trento. Coordinamento editoriale V. Curzel.

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- difficoltà nell’identificare il peso dei vari determinanti sociali del comportamento; - difficoltà nel reperire le risor­ se finanziarie per analisi di mercato ad hoc, in quanto non portano risultati tangi­ bili immediati; - lentezza burocratica che al­ lunga i tempi preliminari alla attuazione della campagna; b) strategie di segmentazione: ne­ cessità nell’intervento pubblico di rivolgersi ad ampie fasce di popolazione (quando non a tut­ ti) in conformità ai principi di egualitarismo ed equità (si rea­ lizzano programmi generici e di scarso impatto per mancanza di risorse sufficienti alla attuazio­ ne di programmi differenziati e consistenti per ogni segmento); non sono disponibili dati utili e attendibili per la segmentazio­ ne a causa di ricerche di merca­ to inadeguate; i segmenti-obiet­ tivo (per es. i fumatori) sono spesso formati da soggetti pre­ disposti negativamente, con li­ velli alti di coinvolgimento emo­ tivo e più resistenti nei confronti dell’offerta (cioè il contrario di quanto avviene nel marketing d’impresa); c) strategie di prodotto: scarsa di­ screzionalità nella scelta dei “prodotti” da offrire al pubblico (soprattutto se si tratta di com­ portamenti attesi ben determi­ nati, che non si possono modi­ ficare per renderli più accettabi­ li al gruppo-obiettivo: per esem­ pio “non fumare sigarette” non può essere sostituito con “fuma­

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re di meno” o “fumare la pipa”); difficoltà nel formulare un con­ cetto di prodotto semplice e si­ gnificativo (soprattutto se si tratta di un comportamento com­ plesso) e di strategie di posizio­ namento di lungo periodo (le campagne di marketing sociale raramente lo sono); scarsa visi­ bilità dei benefici personali per­ cepiti o prevalenza di benefici sociali; strategie di prezzo: trattandosi spesso di costi non monetari, ma piuttosto di costi di tempo, psi­ cologici, fisici, sociali, richiesti per adottare il comportamento desiderato, c’è la difficoltà di mi­ surare tali costi percepiti e tal­ volta anche di ridurli effettiva­ mente; strategie di distribuzione: diffi­ coltà nell’utilizzare e controlla­ re i possibili intermediari, di for­ nire loro incentivi per ottenerne la collaborazione; costi elevati nell’istituire canali distributivi autonomi; complessità di un si­ stema distributivo basato sul volontariato e costi di formazio­ ne dei volontari; strategie di comunicazione: dif­ ficoltà nel promuovere un nuovo comportamento a causa delle nu­ merose informazioni che bisogna fornire a un pubblico che potreb­ be avere conoscenze pregresse scarse o eterogenee; difficoltà di rappresentare benefici (indivi­ duali o sociali) intangibili; co­ sti elevati dell’utilizzo dei mass media; valutazione: difficoltà nell’indi­ viduare indicatori efficaci e nel 53

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misurare cambiamenti di compor­ tamento (tanto più quando que­ sti sono a lungo termine); diffi­ coltà nello stimare l’effettivo contributo della campagna al raggiungimento dell’obiettivo.

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La presenza di tali difficoltà e li­ miti oggettivi del marketing socia­ le, lungi dallo sconsigliarne l’appli­ cazione alle attività di promozione della salute, impongono piuttosto da una parte di non sviluppare aspettative esagerate e dall’altra di promuovere formazione, competen­ ze ed esperienza professionale spe­ cifiche e adeguate nel personale ad­ detto, che deve essere capace di un approccio analitico, progettuale, realizzativo e organizzativo-gestio­ nale differente da quello richiesto nel marketing commerciale. Augu­ randosi che nel contempo si appro­ fondiscano e amplino anche la ri­ cerca e gli studi teorici nel campo. Un ultimo aspetto certamente non trascurabile riguarda la dimen­ sione etica e della responsabilità. Ciò vuol dire che da una parte è necessario considerare l’impatto sociale degli obiettivi che una cam­ pagna di marketing intende raggiun­ gere (comprendendo in questa ana­ lisi anche i metodi e gli strumenti utilizzati e gli eventuali effetti indesiderati nonché quelli di lungo termine) e dall’altra si dovrà tener conto che si stanno promuovendo certi valori a scapito di altri. Ciò vuol dire che ogni campagna di pub­ blica utilità non necessariamente è sempre e comunque di interesse collettivo (o, per meglio dire, che i

suoi obiettivi sono universalmente condivisi), nel senso che promuo­ vere i valori considerati (da chi pro­ muove la campagna) socialmente, moralmente ed economicamente migliori, significa inevitabilmente deprimere o annullare valori o inte­ ressi altri e confliggenti. Questo implica evidentemente consapevolezza e senso di respon­ sabilità in chi deve decidere quali siano gli atteggiamenti e i compor­ tamenti congruenti agli interessi della comunità e quali invece vada­ no modificati, tenendo peraltro con­ to che, come è stato più volte sot­ tolineato, circostanze economiche, sociali e ambientali possono essere fattori determinati dello stato di salute di un individuo o di una co­ munità in misura ben maggiore dei comportamenti e che comunque il contesto socio-economico-ambien­ tale influisce pesantemente sui comportamenti e gli stili di vita12 . Va inoltre considerato il fatto che l’utilizzo dei metodi e degli stru­ menti del marketing per promuove­ re cambiamenti di comportamento può da qualcuno essere associato con concetti di manipolazione e di persuasione o di propaganda, poi­ ché si potrebbe dire che, se di fron­ te alla pubblicità commerciale il consumatore è consapevole degli interessi di chi promuove il prodot­ to, nel caso di una iniziativa di co­ municazione pubblica il cittadino difficilmente metterebbe in dubbio la correttezza e la buona intenzio­ ne della fonte del messaggio, gra­ zie all’autorevolezza e alla credibi­ lità di un Ministero, di un Assesso­ rato o di un’Azienda sanitaria.

NOTE [1] cfr. S. Tamborini, Marketing e Comunicazione sociale, Editori di Comunicazione – Lupetti, Mi­ lano, 1996. [2] Le responsabilità sociali di un’impresa interessano ovvia­ mente la qualità, l’affidabilità e la sicurezza del prodotto, ma anche la salvaguardia dell’am­ biente e della salute, il rispar­ mio energetico, la correttezza dell’informazione pubblicitaria e altri aspetti dell’attività so­ cietaria. Le imprese più orien­ tate al mercato hanno assunto un atteggiamento proattivo, concretizzando la loro respon­ sabilità sociale anche in atti­ vità come sponsorizzazioni di eventi culturali e di ricerche scientifiche, donazioni a orga­ nizzazioni no-profit, partecipa­ zione a campagne di marketing sociale, viste come un’oppor­ tunità a beneficio della collet­ tività che l’azienda può coglie­ re per migliorare il proprio rap­ porto con la comunità di ap­ partenenza, rafforzando nel contempo le proprie possibili­ tà di sopravvivenza nel merca­ to. [3] P.Kotler, Marketing for Non Pro­ fit Organisations, Prentice Hall, Englewood Cliffs – New Jersey, 1982, cit. in S. Tamborini, Marketing e Comunicazione so­ ciale. [4] Il concetto di “pubblica utili­ Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

tà” o pubblico interesse è ov­ viamente relativo e collegato ai valori presenti in un dato mo­ mento storico e in un dato con­ testo socio-culturale. [5] Fra i metodi utilizzabili per rac­ cogliere dati sull’ambiente pos­ siamo ricordare le indagini tra gli opinion leader, i sondaggi d’opinione, l’analisi continua­ tiva (per un dato periodo) dei messaggi veicolati dai massmedia per individuare temi e atteggiamenti emergenti non­ ché l’analisi degli orientamen­ ti legislativi negli ambienti politici. [6] Vedi P.Kotler & E.Roberto, So­ cial Marketing: Strategies for Changing Public Behavior, Free Press, New York 1989, trad. it. Marketing Sociale. Strategie per modificare i comportamenti col­ lettivi, edizioni di Comunità, Milano, 1991. [7] ibid. [8] P.Kotler (1982, op.cit.) chiama queste fasi: fase di crociata, di movimento popolare, manage­ riale, burocratica. [9] vedi S.H.Fine, The Marketing of Ideas and Social Issues, Prea­ ger, New York, 1981. [10]Una ricerca svolta dall’Health Message Testing Service sui messaggi pubblicitari di inte­ resse pubblico ha notato che si dimostravano particolarmen­ 55

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te efficaci i messaggi: a) che enfatizzavano sia il pro­ blema che la soluzione of­ ferta; b) dove l’eventuale testimonial apparteneva al target group; c) che evidenziavano un van­ taggio o una ricompensa de­ rivante dall’adozione del nuovo comportamento atte­ so; d) che comunicavano i benefi­ ci psicologici derivanti dal cambiamento; e) dove, se possibile, il nuovo comportamento veniva mo­ strato concretamente; f) dove il tono del messaggio non faceva ricorso all’ironia; g) dove lo stile del messaggio era altamente o moderata­ mente emotivo. (Cfr. P.Kotler & A.R.Andreasen, Strategic Marketing for Nonpro­ fit Organistions, III ed. Prenti­ ce-Hall, Englewood Cliffs, New Jersey 1987). Altri studiosi manifestano tuttavia forti per­ plessità circa l’utilità di mes­ saggi a forte contenuto emoti­ vo, soprattutto nel caso di mes­ saggi ansiogeni, portando ad esempio l’inefficacia di alcune campagne proprio per l’alto li­ vello di ansia e paura generato nel target goup. Tali messaggi attiverebbero infatti meccani­ smi di percezione selettiva con i quali i soggetti esposti alla comunicazione che si sentono particolarmente a rischio ten­ tano di sottrarsi al messaggio e ne rimuovono il ricordo. L’uti­ lizzo dei cosiddetti “fear ap­

peals” richiede anche conside­ razioni di carattere etico, valu­ tando se i benefici che il citta­ dino destinatario dei messaggi ne può trarre siano maggiori dei costi psicologici che gli ven­ gono imposti. [11]P.Kotler & E.Roberto, op. cit., distinguono sei tipi di forze esterne che influiscono sulla capacità di una campagna di sviluppare e mantenere un’ef­ ficace influenza sui gruppi obiettivo: demografiche, econo­ miche, fisiche, tecnologiche, politico-legali, socio culturali. [12]Cfr. Gianfranco Domenighetti, Per una politica di sanità pub­ blica centrata sui bisogni della popolazione e non su quelli dei servizi, in Punto Omega, Qua­ drimestrale del Servizio sanita­ rio del Trentino, Nuova serie, Anno II, n.2/3, Provincia Au­ tonoma di Trento, 2000. Vedi anche, su questo numero della rivista, gli interventi di Ziglio, Bertinato nonché il documen­ to OMS “La Dichiarazione di Jakarta sulla promozione della salute nel 21° Secolo”.

Vittorio Curzel è Direttore con incarico speciale per la comunicazione e l’informazione presso il Servizio Programmazione e Ricerca Sanitaria della Provincia Autonoma di Trento.

Programmare per promuovere la salute Giovanni Martini

La programmazione sanitaria come strumento tecnico per realizzare e sviluppare scelte politiche orientate alla salute.

“Se si desidera un mare calmo, non si può sopprimere il mare agitato” (Thich Nhat Hanh) Una premessa “mitologica” Durante la fioritura della civiltà ate­ niese in grande considerazione era tenuta la protezione di Igea, che si dice fosse l’emanazione di Atena, dea della ragione. Igea impersona­ va e proteggeva la salute e non ave­ va nulla a che fare con la malattia. Essa simboleggiava la credenza se­ condo la quale gli uomini potevano star bene se avessero vissuto in ar­ monia con la ragione. In tutto il mondo classico Igea ha continuato ad essere il simbolo dell’importanza di una vita sana in un ambiente sereno, l’ideale di mens sana in corpore sano. Più avanti nel tempo, mentre in Grecia veniva iden­ tificata con la salute mentale, a Roma assunse il nome di Salus, la dea del benessere. Più tardi ancora il culto di Igea cominciò ad essere sostituito da Asclepio, il dio della medicina. Per prevenire le malattie Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

o per guarire, gli uomini ritennero più facile fare affidamento ai medi­ ci e alle medicine piuttosto che dedicarsi al difficile compito di vi­ vere in modo saggio. Secondo la mitologia greca Ascle­ pio fu il primo medico che divenne famoso non tanto per l’insegnamen­ to della saggezza, ma per la cono­ scenza delle virtù curative delle piante. Presto Igea fu relegata al ruolo di ancella, talvolta di figlia o di sorella o di moglie di Asclepio, ma sempre a lui sottomessa. I miti di Igea e di Asclepio sim­ boleggiano l’eterna oscillazione fra due differenti punti di vista della medicina. Per i seguaci di Igea, la salute consiste nell’ordine naturale delle cose, una caratteristica posi­ tiva che gli uomini possono raggiun­ gere in seguito ad una condotta di vita accorta. Secondo questo modo di pensare, il ruolo più importante della medicina è quello di scoprire

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e di insegnare le leggi naturali che consentono agli uomini di avere una mente sana in un corpo sano. I se­ guaci di Asclepio credevano invece che il ruolo principale del medico fosse quello di curare le malattie e di ripristinare la salute intervenen­ do sulle patologie congenite ed ac­ quisite. Anche se la mitologia classica sembra mostrare la supremazia di Asclepio, tuttavia Daniel Callahan (2000) ritiene che la vittoria scien­ tifica sia da attribuire ad Igea in quanto ormai è accertato come la migliore prescrizione per favorire la salute di una popolazione sia un buon sistema sanitario pubblico, condizioni di lavoro e istruzione di medio livello, uno stile di vita pru­ dente.

La salute e la strategia della salute per tutti Quando nel 1948 fu costituita l’Or­ ganizzazione Mondiale della Sani­ tà, si ritenne che per troppo tempo il pendolo della medicina aveva oscillato a favore di una visione asclepiadea e che era giunto il tem­ po di rivolgersi in maniera più con­ vinta ad una maggiore attenzione alla salute, vista anche come armo­ nia fra la componente fisica, psi­ chica e sociale. La salute è stata definita dal do­ cumento costituente dell’Organizza­ zione Mondiale della Sanità (1948) come “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non come semplice assenza di malattia”. Se pensata in termini operativi, que­ sta definizione rivela delle impor­

tanti implicazioni non solo per l’or­ ganizzazione dei servizi sanitari, ma soprattutto per le politiche rivolte alla salute della popolazione. Pensare alla salute in termini di benessere significa prima di tutto introdurre nel ragionamento il con­ cetto di equità. È però opportuno operare una distinzione fra l’equità nella distribuzione dell’assistenza sanitaria e l’equità della salute, de­ finendo quest’ultima come la mo­ dalità secondo la quale a tutte le persone viene offerta la opportu­ nità di raggiungere il massimo po­ tenziale di salute. L’equità della sa­ lute si riferisce al livello di salute effettivamente conseguito, tenuto conto che i bisogni sanitari sono diversi così come è diversa, per cia­ scuna persona, la suscettibilità alla malattia. Lo sviluppo di questi concetti con l’introduzione della “Strategia della salute per tutti” verso la fine degli anni ’70 e con la diffusione dei prin­ cipi della promozione della salute formalizzati nella Carta di Ottawa nel 1986 ha offerto contributi teo­ rici innovativi. Per essere compiu­ tamente sviluppati richiedono alcuni prerequisiti fondamentali che si pos­ sono riassumere nella necessità di: - perseguire un approccio olistico alla salute, se intendiamo man­ tenere e sviluppare i migliora­ menti nello stato di salute che sono stati conseguiti nel secolo appena trascorso; - essere consapevoli che l’80% della nostra salute è determina­ to da politiche assunte ed azio­ ni svolte da settori esterni a quello sanitario (ad esempio i Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

trasporti, l’istruzione, l’agricol­ tura, l’allevamento, ecc.). In sostanza possiamo sostenere che la nostra salute, individuale e col­ lettiva, dipende: - dalle condizioni in cui viviamo, cioè dall’organizzazione sociale in cui siamo inseriti; - dalle interazioni umane che in­ tratteniamo con gli altri, ossia dalle relazioni sociali; - dal modo in cui interagiamo con l’ambiente costruito, con l’am­ biente naturale e quindi con l’in­ tero pianeta che ci ospita, in altre parole dalle relazioni am­ bientali. La promozione della salute in Provincia di Trento I principi della promozione della salute e della strategia della salute per tutti, pur se recepiti nella nor­ mativa e nei documenti di program­ mazione di molti Stati, inclusa l’Ita­

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lia, e le Regioni europee, inclusa la Provincia Autonoma di Trento, han­ no trovato e trovano tuttora molte difficoltà ad essere tradotti in pra­ tica, cioè ad essere diffusi e acqui­ siti dalla cultura delle comunità e soprattutto messi in pratica perché possano produrre i loro effetti. Anche per questo l’Organizzazio­ ne Mondiale della Sanità ha cercato di colmare il gap fra teoria e prassi attraverso la promozione, negli anni ’90, di una serie di progetti proto­ tipali e sperimentali con lo scopo di aiutare le Amministrazioni regio­ nali a riflettere sulle modalità con le quali le strutture, i processi e le risorse da esse governate e gestite avrebbero potuto essere utilizzate per promuovere la salute. Uno dei primi fra questi progetti sperimentali, denominato “Investing for Health”, ha avuto luogo fra il

1993 e il 1995 nelle Province Auto­ nome di Trento e di Bolzano. Il progetto dimostrativo “Inve­ sting for Health” si fondava sull’os­ servazione che i servizi sanitari mo­ strano evidenti limitazioni nella capacità di produrre miglioramenti significativi nello stato di salute della popolazione dal momento che: - non tutti i gruppi di popolazio­ ne beneficiano in modo uguale dell’assistenza sanitaria; - la domanda e le aspettative di assistenza sanitaria sono in pro­ gressivo aumento a fronte della contrazione delle risorse dispo­ nibili; - l’assistenza sanitaria è, prevalen­ temente, incentrata sulla malat­ tia anziché sulla salute; - una parte sempre più consisten­ te delle risorse per l’assistenza sanitaria vengono utilizzate per

lo svolgimento di attività sani­ tarie di alta specializzazione, pur nell’evidenza che è l’assistenza di primo livello che produce i maggiori benefici in salute per unità di spesa rispetto all’assi­ stenza specialistica di secondo e terzo livello. Il progetto si proponeva di: - sviluppare e testare strumenti politici (normativi, organizzati­ vi, gestionali ed educativi) in grado di aiutare ad accrescere una maggiore comprensione di come gli attuali e futuri investi­ menti di risorse pubbliche po­ trebbero essere riorientati per garantire miglioramenti in salu­ te; - potenziare le capacità delle au­ torità e dei funzionari pubblici a farsi responsabili per dare so­ stegno a tutto ciò che poteva produrre benefici nella salute della popolazione; - mettere in grado le risorse locali di intraprendere e compiere pro­ cessi di analisi, sviluppo e at­ tuazione di politiche per la sa­ lute. Promozione della salute e programmazione sanitaria Una visione ecologica delle proble­ matiche legate alla salute porta alla considerazione che i diversi conte­ sti in cui la gente vive e i modi di relazionarsi ai contesti stessi sono profondamente condizionati dalle scelte delle comunità attraverso lo strumento più potente che hanno a disposizione: la politica. Risulta pertanto evidente che la Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

politica deve diventare sempre di più un approccio irrinunciabile per la creazione delle condizioni e delle relazioni che possono migliorare la salute. Le diverse politiche dovrebbero facilitare le persone, singole o as­ sociate, nell’esprimere scelte orien­ tate alla salute propria e della co­ munità nella quale vivono e rendere più difficili quelle scelte che alla salute nuocciono, anche nella con­ sapevolezza e nella convinzione che non vi è possibilità di cambiare gli stili di vita senza cambiare conte­ stualmente il contesto sociale della vita di ogni giorno. Diventa fondamentale in questa prospettiva il ruolo della sanità pub­ blica che però deve porsi nella lo­ gica di vedere la salute secondo un modello di relazioni di tipo ecolo­ gico che vede l’interazione dell’uo­ mo con l’ambiente, sia quello co­ struito che quello naturale. Questa visione nasce dall’evidenza che la salute e la malattia sono stretta­ mente interrelate con la famiglia, il posto di lavoro, la scuola, l’ambien­ te, i trasporti, le relazioni sociali, ecc. Una nuova sanità pubblica deve porre maggiormente l’enfasi sulle strutture e sui processi per mezzo dei quali si comprende, si salvaguar­ da e si promuove la salute della popolazione attraverso gli sforzi organizzati della società, più che sugli aspetti giuridico-legislativi e sui programmi finalizzati al controllo delle malattie. È in questo contesto che il ruolo della programmazione sanitaria as­ sume un ruolo importante, in quan­ 61

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to costituisce lo strumento tecnico per realizzare e sviluppare le scelte politiche. A seguito della diffusione delle idee della promozione della salute e della salute per tutti anche la pro­ grammazione sanitaria ha subito un’evoluzione per la quale se, a metà degli anni Settanta, essa poteva es­ sere definita come un processo a medio-lungo termine culminante in decisioni per il riequilibrio delle ri­ sorse tra assistenza domiciliare, am­ bulatoriale e ospedaliera (in modo da diagnosticare curare ed assistere tutti i bisogni percepiti dalla co­ munità), più recentemente la pro­ grammazione sanitaria è definibile come programma di attività che esprime la volontà complessiva e condivisa della popolazione che vive nella comunità locale, con lo scopo di migliorare la qualità di vita e di conseguenza lo stato di salute. Nel corso dell’ultimo quinquen­ nio la programmazione sanitaria della Provincia Autonoma di Trento si è progressivamente orientata ad affermare con forza il ruolo impor­ tante della promozione della salute e a concentrare i propri sforzi nello sviluppo di una programmazione diretta alla salute della popolazio­ ne, più che all’organizzazione dei servizi. Tale situazione è stata faci­ litata oltre che dalla partecipazio­ ne al citato progetto “Investing in Health” anche dal progressivo rece­ pimento, da parte della programma­ zione sanitaria nazionale, a cui la programmazione locale è tenuta a fare riferimento, di una visione mag­ giormente tesa a privilegiare gli obiettivi di risultato dell’azione sa­

nitaria. Progressivamente i progetti di Piano sanitario provinciale ela­ borati nel corso degli ultimi cinque anni in Provincia di Trento conten­ gono sempre maggiori indicazioni e obiettivi riferiti alla promozione della salute e al coinvolgimento dei settori esterni alla sanità in un pro­ cesso finalizzato al miglioramento della salute e della qualità della vita della popolazione. La proposta di piano sanitario 2000-2002, attualmente in discus­ sione presso la competente Commis­ sione legislativa del Consiglio della Provincia Autonoma di Trento, de­ dica un quarto delle sue pagine alla “promozione della salute” e alla “prevenzione primaria delle malat­ tie”. Il progetto di piano sanitario as­ sume fra i propri punti di riferimen­ to l’adozione sistematica e conti­ nuativa dell’approccio della promo­ zione della salute come modalità importante per affrontare i proble­ mi della salute e della malattia. La parte relativa alla promozione della salute propone l’avvio di un processo di ampia portata, sotteso ad ogni attività della vita umana, individuale e sociale, attraverso il quale la popolazione può giungere a conoscere, valutare e indirizzare i propri comportamenti e stili di vita, e conseguentemente ad assumere il controllo della propria salute al fine di migliorarla; propone un approc­ cio di tipo intersettoriale nella con­ sapevolezza che la sanità, da sola, non è in grado di controllare tutte le variabili che hanno un impatto sulle condizioni di salute e che quin­ di diventa fondamentale realizzare

“alleanze virtuose” con tutti i settori della politica e della società con l’obiettivo di accrescere i guadagni in salute dei cittadini; propone, infine, che la promozione della salute venga a costituire una modalità di approccio che deve attraversare l’in­ tera organizzazione sanitaria ed es­ sere consapevolmente interiorizzato da tutti gli operatori (anche gli Ospedali e le Residenze Sanitarie As­ sistenziali, ad esempio, dovranno promuovere la salute). Gli obiettivi posti nella parte dedicata alla promozione della salute prevedono di affrontare le seguenti tematiche: - comportamenti per la salute: si fa riferimento alle iniziative connesse con gli stili di vita. In par­ ticolare la promozione di un’ali­ mentazione equilibrata, la promozione dell’attività fisica, la

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riduzione dell’abitudine al fumo, la riduzione del consumo di al­ col, la prevenzione di altre dipendenze e comportamenti a ri­ schio; - per una vita più sicura: si fa rife­ rimento alle iniziative relative alla riduzione degli incidenti stradali, alla riduzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali e degli inciden­ ti domestici; - ambiente per la salute: si prendono in considerazione i princi­ pali aspetti ambientali che han­ no un impatto sulla salute, quali la sicurezza degli alimenti, l’ac­ qua, l’aria, il rumore, i rifiuti, le radiazioni ionizzanti e non io­ nizzanti; - fasi della vita e salute, come aspetti fondamentali degli sfor­ zi complessivi nell’affrontare i

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problemi e i bisogni tipici e par­ ticolari di alcune fasce di età (infanzia, adolescenza, anziani) e di alcune condizioni specifi­ che (maternità). Gli obiettivi della programmazione sanitaria e l’organizzazione sanita­ ria in Provincia di Trento che ha pre­ visto, all’interno dell’Azienda Provin­ ciale per i Servizi Sanitari, l’istitu­ zione di una Direzione per la pro­ mozione della salute, hanno con­ tribuito a favorire la realizzazione di una serie di iniziative di cui si parla in altre parti della presente pubblicazione. Molto rimane anco­ ra da fare, anche se ritengo che la strada che si è imboccata sia quella in grado di produrre gli effetti più utili e duraturi. Collateralmente all’attività di pro­

grammazione sanitaria la Provincia Autonoma di Trento, dal 1995, ha realizzato un programma di comu­ nicazione volto a diffondere e a far conoscere nella traduzione in ita­ liano i principali documenti inter­ nazionali, gran parte dei quali pro­ dotti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, relativi alla promozio­ ne della salute e alla strategia della salute per tutti. I destinatari prin­ cipali di tali pubblicazioni, che fa­ cevano parte della prima serie della collana Punto Omega, erano, in pri­ mis, i politici (consiglieri regiona­ li, sindaci, ecc.) e gli operatori sa­ nitari (medici, infermieri, ecc.) della provincia di Trento. Ben presto le pubblicazioni hanno superato i con­ fini del Trentino e il sito Internet (www.provincia.tn.it/sanita/Cds/ Emeroteca/pomega/fr_omg_h.htm) sul quale tali documenti sono stati

pubblicati ha riscosso notevole in­ teresse. Le prospettive Il paradigma dei tempi attuali e del prossimo futuro è quello di operare in modo sinergico secondo un mo­ dello di rete in grado di connettere tutti i soggetti che hanno la possi­ bilità di svolgere un’azione per il raggiungimento di obiettivi condi­ visi e utili a livello di comunità, come può essere quello del miglio­ ramento del benessere di una po­ polazione. La metafora della rete sta perva­ dendo tutti i campi dell’agire uma­ no e, in particolare, quello del per­ seguimento di guadagni in salute. È una metafora culturale sostenuta dal progresso delle telecomunicazio­ ni che permette anche alle comuni­ tà più isolate di far parte di una realtà in cui le informazioni, le espe­ rienze, le progettualità, i risultati possono essere condivisi e confron­ tati, riducendo in misura conside­ revole i fenomeni di marginalità cul­ turale. Utilizzando anche questi stru­ menti è auspicabile che la cultura della salute possa diffondersi e ra­ dicarsi presso tutti gli strati della popolazione e non solamente fra gli “addetti ai lavori”, che potranno svolgere un prezioso lavoro di lea­ dership, in quanto la promozione della salute non costituisce sola­ mente un dovere professionale, ma anche e soprattutto uno sforzo teso a favorire il mutamento delle con­ dizioni sociali, culturali e politiche che esercitano un impatto nei con­ fronti del benessere della popola­ Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

zione. Le comunità locali dovranno a loro volta farsi carico di creare e far crescere ambienti sociali e na­ turali in grado di aiutare gli indivi­ dui a operare scelte in favore del miglioramento della salute, e in questo senso si muove il disegno di legge n.96/2000 di riordino del Ser­ vizio sanitario della Provincia Au­ tonoma di Trento. Sarà indispensabile sviluppare la partecipazione degli individui e del­ le comunità alle scelte a favore del­ la salute. Affinché queste scelte pos­ sano tradursi in risultati concreti le decisioni delle Amministrazioni in materia di salute dovranno essere assunte “insieme” alla gente e non “per” la gente in una logica che ten­ da a privilegiare la salute collettiva rispetto a quella individuale non­ ché la responsabilità degli indivi­ dui attraverso l’adozione di stili di vita orientati a favorire la salute. Solo in questo modo si potrà dar vita ad un movimento di comunità che faccia della salute un reale obiettivo prioritario della vita so­ ciale. Tutto questo però con la consa­ pevolezza dei limiti della natura umana, in cui rientra la malattia, e delle conoscenze scarse ed appros­ simative che possediamo sul rappor­ to fra le cause che minano la salute e i loro effetti; di conseguenza del­ la impossibilità di negare l’esisten­ za della malattia o di presumere una vittoria totale nei suoi confronti. In maniera poetica ciò è espresso dal­ le parole di René Dubos, medico ed ecologista ante litteram, alle quali è affidata la conclusione di questo articolo: 65

“La vita è come un mare mosso da correnti profonde e da brezze su­ perficiali. Abbiamo compreso qual­ cosa del vento e abbiamo adeguato le vele. Ma le forze profonde che de­ terminano l’evoluzione dei popoli sono le correnti che scorrono in pro­ fondità e delle quali conosciamo poco, sono le leggi fondamentali che governano il mondo della fisica e della biologia, sono gli stili di vita e la cultura dell’umanità che affonda­ no in modo profondo le loro radici nel passato”.

[6] Milio, N. (1991) “Making heal­ thy public policy; developing the science by learning the art: an ecological framework for po­ licy studies”. In: Badura, B. and Kickbush, I., ed. Health promo­ tion research. Copenhagen: WHO Regional Publications. European Series No. 37. [7] Sen, A. (1999) “Uguali e diver­ si davanti alla salute”. In: Kéi­ ron, n.1, giugno 1999. [8] Skrabanek, P. McCormick, J. (1992) “Follie e inganni della medicina”. Venezia: Marsilio.

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[9] Stott, R. (2000) “The Ecology of Health”. Totnes: Green Boo­ ks Ltd. on behalf of the Schu­ macher Society. [10]WHO Regional Committee for Europe 48th session, Copenha­ gen, 14–18 September 1998 ­ “Developing Public Health in the European Region”, w w w. w h o . d k / R c / d o c / rc4813e.pdf. La traduzione ita­ liana è disponibile all’indiriz­ zo: www.provincia.tn.it/sanita/ C d s / E me r o t e c a / p o me g a / fr_14.htm

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Giovanni Martini è Dirigente il Servizio Programmazione e Ricerca Sanitaria della Provincia Autonoma di Trento.

Gestire per promuovere la salute Carlo Favaretti, Paolo De Pieri

L’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari e la promozione della salute.

La promozione della salute Nonostante siano ormai passati 15 anni dalla “Carta di Ottawa sulla promozione della salute”, che rap­ presenta l’atto conclusivo della 1° Conferenza Internazionale sulla pro­ mozione della salute (Ottawa 1986) è ancora opportuno esplicitare la definizione di “promozione della salute”, in quanto con questa espressione non si indica una gene­ rica tutela della salute, ma ci si ri­ ferisce a una specifica strategia de­ finita a livello internazionale. La promozione della salute è “il pro­ cesso che mette in grado le perso­ ne e le comunità di avere un mag­ gior controllo sulla propria salute e di migliorarla”: può essere quindi considerata sia un processo globale e sia una specifica tecnologia sani­ taria. Il processo globale, che deve es­ sere attentamente pianificato e ge­ stito, è orientato alla trasformazio­ ne, in senso favorevole alla salute, delle condizioni sociali, ambienta­ li, culturali, strutturali ed econo­ miche e al rinforzo delle conoscen­ ze, delle abilità individuali e dei li­ velli di autonomia delle persone Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

nelle scelte che hanno un impatto sulla salute. Questo processo sociale e politico riguarda soprattutto i li­ velli di governo delle comunità e il ruolo delle aziende sanitarie è di essere parte attiva nella necessaria azione intersettoriale che ne con­ segue, sostenendo la causa della salute nel dibattito civile degli in­ teressi contrapposti. La promozione della salute è però anche una specifica “tecnologia” che deve essere usata nel lavoro quotidiano delle strutture sanitarie: tutti i professionisti e gli operatori possono infatti adottare comporta­ menti professionali, organizzativi e relazionali che mettano in grado i pazienti, i loro familiari, i dipen­ denti e la comunità di aumentare il controllo sui fattori che influenza­ no la salute e di acquisire il mag­ gior grado possibile di autonomia.

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Le aziende sanitarie e la promozione della salute In termini generali, un’azienda può essere definita come un insieme di persone, di risorse e di processi co­ ordinati, interdipendenti e che ven­ gono finalizzati al raggiungimento di determinati scopi. Nel caso delle aziende sanitarie, è indubbio che tra gli scopi principali vi sia la promo­ zione della salute dei singoli e del­ la comunità, anche se una mal in­ tesa impostazione manageriale cor­ re il rischio di trascurare il valore dell’impatto sulla salute delle atti­ vità svolte e di favorire solo gli aspetti amministrativi e gestionali. D’altra parte è ormai un dato incon­ trovertibile che le aziende sanitarie sono in grado di controllare solo una piccola parte dei fattori che deter­ minano la salute e che la promozio­ ne della salute è una competenza che coinvolge tutte le componenti di una comunità La promozione della salute è coerente con la missione delle aziende sanitarie di gestire le strut­ ture sanitarie nell’ambito dei rispet­ tivi Servizi Sanitari pubblici? Le aziende sanitarie hanno un ruolo nel processo complesso della promozio­ ne della salute, che necessita del­ l’azione integrata di molti settori della comunità? Alle due domande si può dare fin da subito una risposta positiva, in quanto l’allineamento delle aziende sanitarie alle strategie di promozio­ ne della salute risponde a precise disposizioni di programmazione sa­ nitaria. Infatti la promozione della salute non solo è la strategia che ha ispirato lo sviluppo complessivo

dell’Organizzazione Mondiale della Sanità negli ultimi decenni, ma è anche una delle principali indica­ zioni del Piano Sanitario Nazionale vigente e di numerosi Piani sanitari regionali. Una gestione delle aziende sani­ tarie che voglia essere coerente con la promozione della salute deve ne­ cessariamente tenere conto delle cinque aree prioritarie d’azione che la Carta di Ottawa ha indicato a sostegno delle tre strategie di fon­ do della promozione della salute (to enable, to mediate, to advocate): 1. costruire una politica pubblica per la salute; 2. creare ambienti favorevoli alla salute; 3. rafforzare l’azione della comuni­ tà; 4. sviluppare le abilità personali; 5. riorientare i servizi sanitari. In tutte queste aree d’azione prio­ ritaria le aziende sanitarie possono avere specifici compiti, in gran parte già previsti dall’attuale normativa. In generale le loro attività di ge­ stione devono tradursi in program­ mi, politiche e altre attività desti­ nate ai pazienti, al personale e alla comunità che devono essere proget­ tate, realizzate e valutate in accor­ do con i seguenti principi: globalità: la multidimensionalità della salute (fisica, mentale, socia­ le e spirituale) richiede che le ini­ ziative adottate siano sempre coe­ renti con questa visione olistica; intersettorialità: la collaborazione e l’integrazione tra diversi settori e strutture della comunità deve rap­ presentare la regola nelle strategie di promozione della salute, sia per

favorire le sinergie operative e sia per valorizzare la globalità della persona di cui al punto precedente (ad esempio, integrazione socio­ sanitaria); empowerment per la salute: è il pro­ cesso sociale, culturale, psicologi­ co, educativo e politico attraverso il quale gli individui e i gruppi so­ ciali diventano capaci di riconoscere i propri bisogni di salute, parteci­ pano ai processi decisionali e rea­ lizzano specifiche azioni per soddi­ sfare tali bisogni assumendo un maggiore potere sui fattori perso­ nali, socioeconomici e ambientali che li influenzano; partecipazione: le iniziative che puntano a promuovere la salute de­ vono coinvolgere tutte le parti in­ teressate (stakeholder) nella fase di analisi dei bisogni, nella program­ mazione, nella realizzazione e nella valutazione finale; equità: la capacità di realizzare pari

opportunità di sviluppo per tutti rappresenta il punto di partenza per consentire a ciascuno di esprimere il suo potenziale di salute; approccio complesso: le attività che si prefiggono di promuovere la sa­ lute devono adottare approcci mul­ tipli: ad esempio, la pianificazione strategica, i cambiamenti struttu­ rali e organizzativi, la legislazione e la tassazione, l’educazione, la co­ municazione. L’APSS e la promozione della salute Come tutto ciò può tradursi nell’ope­ ratività gestionale dell’APSS? In che modo la promozione della salute si snoda nell’APSS e ne influenza il funzionamento? Per rispondere a queste doman­ de, è opportuno esaminare in quale modo la promozione della salute si intreccia con i quattro macroprocessi gestionali che le nuove norme ISO

Figura 1 “Programma di sviluppo strategico”. Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari - Trento, 2001 (adottato con deliberazione n. 66 del 24 gennaio 2001).

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9000 pongono alla base dei sistemi di gestione per la qualità di tutte le organizzazioni e che sono stati ri­ presi dal Programma di sviluppo stra­ tegico adottato all’inizio del 2001(figura 2): - Responsabilità della direzione; - Gestione delle risorse; - Realizzazione del servizio; - Misurazione, analisi e migliora­ mento. Responsabilità della direzione Con la deliberazione n. 66 del 24 gennaio 2001 il direttore generale ha adottato il Programma aziendale di sviluppo strategico, che rappre­ senta il documento di riferimento nel quale viene esplicitata la mis­ sione, la visione, i valori aziendali e le tre linee strategiche lungo cui deve muoversi l’organizzazione nei prossimi anni. La prima delle tre li­ nee strategiche è proprio la promo­

zione della salute, posta come pun­ to di partenza e cornice più ampia dentro la quale è opportuno collo­ care le altre due e cioè il migliora­ mento continuo della qualità e la gestione aziendale. Questa scelta è coerente con la più moderna impostazione di sani­ tà pubblica e con tutta la program­ mazione sanitaria nazionale e pro­ vinciale. Infatti, oltre ai riferimenti programmatori nazionali, anche il disegno di legge sul Piano Sanita­ rio Provinciale 2000-2002 presenta­ to dalla Giunta Provinciale al Con­ siglio contiene chiari ed espliciti riferimenti alla promozione della salute, che viene considerata una delle quattro aree strategiche attra­ verso le quali il Piano si pone l’obiet­ tivo del miglioramento dello stato di salute della popolazione trentina e della qualificazione del Sistema sanitario provinciale.

Figura 2

L’esplicitazione da parte della di­ rezione generale che la promozione della salute rappresenta una delle tre linee strategiche dell’azienda rappresenta un elemento essenzia­ le per il coinvolgimento dell’intera struttura, cercando di superare l’im­ postazione manageriale che consi­ dera marginali le attività di promo­ zione della salute e le ritiene com­ petenze solamente di uno specifico servizio. Gestione delle risorse In questo ambito non è importante solo come vengono gestite le risor­ se per sviluppare programmi e atti­ vità che promuovono la salute, ma anche come viene integrata la pro­ mozione della salute nella gestione di tutte le risorse dell’intera azien­ da. È indubbio che il riorientamen­ to di alcune risorse aziendali, a fa­ vore di specifiche attività che pro­ muovono la salute dei pazienti, del personale e della comunità nel suo complesso, è un passo necessario per sostenere meglio alcune inizia­ tive. Tuttavia la promozione della salute deve poter contare su un modo nuovo di utilizzare le risorse e i processi aziendali già esistenti (assistenziali e gestionali). Le nor­ mali attività cliniche, gli sforzi fat­ ti per tutelare la sicurezza dei col­ laboratori, la comunicazione e in­ formazione dei pazienti e del per­ sonale, la formazione, ecc. devono interfacciarsi tra di loro con l’obiet­ tivo di promuovere la salute. La presenza della Direzione per la promozione e l’educazione alla salute e delle strutture in cui si ar­ ticola (Servizio Educazione alla sa­

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lute e Servizio Osservatorio epide­ miologico) è indubbiamente una grande opportunità per l’APSS: tut­ tavia essa deve rendere sempre più visibile il doppio ruolo di realizza­ zione di specifiche attività di pro­ mozione della salute e quello di supporto all’intera organizzazione per lo sviluppo di questa linea stra­ tegica. Un punto particolarmente impor­ tante nella gestione delle risorse è la necessità di orientare alla pro­ mozione della salute gli accordi con­ trattuali con i fornitori strategici e con le altre componenti della co­ munità: ad esempio, i medici di medicina generale e i pediatri di li­ bera scelta, i comuni, i servizi so­ ciali, le IPAB, il mondo della coo­ perazione, il volontariato. Realizzazione del servizio Le attività di promozione della sa­ lute che vengono già svolte dal­ l’APSS sono numerose e non si limi­ tano alle attività di educazione alla salute. Tuttavia il punto critico è dato dall’integrazione di queste at­ tività con tutti e tre i livelli essen­ ziali di assistenza (LEA). Infatti la promozione della salute non può essere una competenza esclusiva di uno specifico servizio all’interno dell’APSS, ma rappresenta un ele­ mento che deve caratterizzare tutte le strutture impegnate a garantire ai cittadini i livelli essenziali di assistenza previsti dalla programma­ zione nazionale e provinciale (figu­ ra 3). L’integrazione della promozione della salute nei livelli essenziali di assistenza implica la necessità di 71

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mettere in campo modalità organiz­ zative differenziate. Ovviamente le strategie attivate nelle scuole o nei luoghi di lavoro, per promuovere la salute di chi fre­ quenta quei setting, dovranno es­ sere tarate su di essi e sui fattori specifici che determinano le condi­ zioni di salute e di malattia. In quei contesti gli operatori dell’APSS in­ contrano persone sane che, in modo più o meno consapevole, modella­ no i propri atteggiamenti e compor­ tamenti nei confronti della salute e della malattia interfacciandosi con una pluralità di voci non sempre orientate in modo esplicito alla sa­ lute. Anche negli altri due contesti assistenziali (distrettuale e ospeda­ liero) è possibile attivare specifi­ che iniziative di promozione della salute, rivolgendo l’attenzione in questi casi a persone che mostrano già i segni di una malattia, aumen­ tando la loro capacità di tutelare e governare la propria salute: i sup­ porti dati in innumerevoli occasio­ ni ai malati cronici (ad esempio: dia­

betici, alcoolisti, non autosufficien­ ti, ecc.) rappresentano eccellenti esempi di attività di promozione della salute realizzate da operatori non specificamente incardinati al­ l’interno di specifiche strutture aziendali che si occupano di pro­ mozione della salute. A conferma del ruolo che anche le strutture curati­ ve possono giocare nella promozio­ ne della salute, esiste un’esperien­ za internazionale promossa dall’Or­ ganizzazione Mondiale della Sani­ tà, chiamata “Rete degli Ospedali per la promozione della salute”, che incoraggia la realizzazione di atti­ vità di promozione della salute an­ che negli ospedali e con la quale l’APSS sta perfezionando le proce­ dure di adesione. Una caratteristica fondamentale delle attività di promozione della salute che vengono svolte nell’APSS, come del resto per tutti gli altri pro­ cessi assistenziali, è che devono essere efficaci, efficienti e appro­ priate, cioè che abbiano un reale im­ patto sui livelli di salute dei singoli e della comunità, che utilizzino nel

miglior modo possibile le risorse di­ sponibili e che si realizzino nei con­ testi organizzativi più adeguati.

Figura 3

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Misurazione, analisi e miglioramento Quest’ultimo macroprocesso apre un capitolo gestionale molto importan­ te sul quale l’APSS sta lavorando da alcuni anni: l’Osservatorio epidemio­ logico mette già a disposizione del­ l’Azienda e della comunità trentina un ricco ventaglio di informazioni relative allo stato di salute dei cit­ tadini e all’erogazione delle presta­ zioni. La misurazione delle attività di promozione della salute rappresen­ ta da sempre un passaggio oggetti­ vamente difficile: non basta infatti conoscere gli interventi educativi fatti, il numero delle persone incon­ trate, dei dispositivi di protezione individuale messi a disposizione o dei corsi per smettere di fumare or­ ganizzati per sapere se tutto ciò ha avuto un reale impatto sui livelli di salute e di malattia della comuni­ tà. La promozione della salute ha bisogno di indicatori di esito come ad esempio, la mortalità, la morbosità, il livello di autostima; tutta­ via questi indicatori sono a volte difficili da misurare e, soprattutto, evidenziano effetti solo a distanza di tempo dall’intervento e non con­ sentono di discriminare il ruolo di tutti i determinanti in gioco. Ad esempio, la riduzione della mortali­ tà e della morbosità da fumo di ta­ bacco in Trentino è attribuibile al fatto che l’APSS ha organizzato spe­ cifici corsi di disassuefazione dal fumo e, più in generale ha messo in

campo una strategia antitabagica (ad esempio, corsi, counselling dei MMG e negli ambulatori specialisti­ ci, educazione nelle scuole), oppu­ re agli interventi legislativi connessi al fumo passivo, alla politica dei prezzi e della tassazione sui tabac­ chi, all’orientamento giurispruden­ ziale che tutela maggiormente chi ha avuto un danno da fumo, alla strategia pubblicitaria dei produt­ tori, ai cambiamenti culturali che attribuiscono nuovi significati allo status di fumatore? Sul versante gestionale è quindi difficile collegare gli esiti sulla sa­ lute con le decisioni operative e ciò impone due scelte indicate nel Pro­ gramma di sviluppo strategico: a) anche gli interventi di promozione della salute (i grandi progetti for­ malizzati e le piccole attività quo­ tidiane) devono rientrare nel gran­ de capitolo dell’assistenza sanita­ ria basata sulla prove di efficacia, in modo da non lasciare all’improv­ 73

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visazione un così grande capitolo dell’assistenza; b) il sistema infor­ mativo aziendale e i meccanismi del controllo di gestione devono trova­ re un maggiore allineamento con le attività di promozione della salute

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Conclusioni La presenza esplicita della promo­ zione della salute nella programma­ zione sanitaria implica che la ge­ stione delle aziende sanitarie si ade­ gui a questo compito. Le attività di promozione della salute devono essere sviluppate sul piano globale e sul piano locale, considerando che esse non sono solo di competenza di una specifica struttura all’interno dell’azienda, ma rappresentano un valore da aggiun­ gere a ciascun livello essenziale di assistenza. Lo sviluppo delle attività di pro­ mozione della salute richiede che tutti i processi aziendali (assisten­ ziali, gestionali e tecnico-ammini­ strativi di supporto) vengano resi sempre più coerenti con l’obiettivo ultimo di “mettere in grado le per­ sone e le comunità di avere un mag­ gior controllo sulla propria salute e di migliorarla”.

tion Glossary”. www.who.int/ hpr/archive/docs/glossary.pdf [3] Organizzazione Mondiale della Sanità (1986) “The Ottawa Charter on Health Promotion”. WHO/HPR/HEP/95.1. Ottawa. www.who.int/hpr/archive/ docs/ottawa.html [4] Ministero della Sanità (1998) “Piano Sanitario Nazionale 1998-2000”. Roma. www.sanita.it/psn/ [5] Azienda Provinciale per i Servi­ zi Sanitari (2001) “Il program­ ma di sviluppo strategico”. Tren­ to. www.apss.tn.it/documenti/ pss/default.htm

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] Baric L. (1994) “Health promo­ tion and health education in practice - The organisational model”. 1st ed. Altrincham: Barns Publications. [2] Organizzazione Mondiale della Sanità (1998) “Health Promo­

Carlo Favaretti è Direttore Generale dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari della Provincia Autonoma di Trento. Paolo De Pieri fa parte dello Staff del Direttore Generale dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari della Provincia Autonoma di Trento.

Strategie di educazione alla salute nel setting scolastico Enrico Nava

La scuola come occasione privilegiata per instaurare un dialogo sulla salute e sulla qualità della vita.

Quando si affronta il tema dell’edu­ cazione alla salute, il pensiero si indirizza in modo naturale verso la scuola, intesa come punto di incro­ cio principale di tutti gli interventi finalizzati all’educazione degli in­ dividui di una collettività. In realtà l’educazione alla salute ha un potenziale bacino di ricaduta molto più vasto potendo variamen­ te coinvolgere gruppi allargati di po­ polazione dell’area “anti-scolare” (ossia soggetti che pur rientrando in fasce di età assimilabili a quelle dell’età della scuola vengono per così dire contattati attraverso mo­ menti ed occasioni diverse, quali gruppi di aggregazione giovanile, momenti di comune interesse, luo­ ghi di lavoro), gruppi di soggetti accomunabili per una particolare condizione sociosanitaria, lavorativa, di temporanea frequentazione di uno specifico ambiente, oppure sem­ plicemente popolazione generale, senza una peculiare distinzione eco­ nomica, di sesso, di lavoro, di col­ locazione nel contesto sociale al­ largato. Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

Qualora l’educazione alla salute venga rivolta a questo secondo e più eterogeneo gruppo risulta in un certo modo più difficoltoso indivi­ duare una strategia efficace e, so­ prattutto, definire e valutare indi­ catori di risultato sufficientemente validi ed esportabili in altre analo­ ghe esperienze. Lavorare con la scuola costitui­ sce perciò per il servizio sanitario un’occasione privilegiata (anche se non si devono assolutamente trala­ sciare le altre strade di approccio) per attivare quello che si può ben definire come un dialogo con gli individui sulle questioni della salu­ te e della qualità della vita, per pro­ muovere cioè quella cultura che va­ lorizzi le capacità personali di au­ todifesa e di autodeterminazione relative alla tutela o al recupero delle condizioni di benessere all’in­ terno del mondo sociale. Le ragioni per le quali le attività di educazione alla salute possono integrarsi in modo armonico e coe­ rente nel contesto formativo gene­ rale della scuola sono molteplici. Anzitutto le attività di educazio­ ne alla salute rappresentano oppor­ tunità strutturate di comunicazio­ ne per sviluppare conoscenze e abi­ lità personali necessarie per la sa­ lute individuale e collettiva. L’edu­ cazione alla salute è quindi lo stru­ mento che permette alla popolazio­ ne di esercitare, attraverso le cono­ scenze, il diritto alla partecipazio­ ne. I principi fondamentali ai quali si ispirano le attività di educazione alla salute nella scuola sono defini­ ti in modo particolareggiato nella 75

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Risoluzione della prima conferenza della Rete europea delle scuole che promuovono la salute1 tenutasi a Salonicco l’1-5 maggio 1997: tra essi spiccano il concetto di equità e democrazia, il rinforzo e la capaci­ tà di agire e generare cambiamenti per essere in grado di influire sulla vita e le condizioni di vita, l’am­ biente scolastico come risorsa di promozione della salute, il program­ ma dei corsi scolastici come stru­ mento di arricchimento delle cono­ scenze e di incoraggiamento all’ac­ quisizione di attitudini necessarie all’apprendimento. I concetti del “vivere il proprio corpo” in modo consapevole, per­ sonale, critico, soddisfacente e cre­ ativo e della capacità di relazionar­ si in modo corretto con le altre per­ sone e l’ambiente, quali costituenti fondamentali dell’equilibrio della persona sono stati ulteriormente ri­ presi e sanciti dal documento di sin­ tesi dei gruppi di lavoro per il rior­ dino dei cicli di istruzione approva­ to dal Ministero della pubblica istru­ zione il 7 febbraio 20012. In modo più specifico, questi momenti possono essere ricondotti a due aspetti che si intrecciano in­ tegrandosi in modo complementa­ re. Quello formale, tipico impegno della scuola, che si pone come obiettivo la progettazione di situa­ zioni formative che diano consape­ volezza delle responsabilità indivi­ duali e sociali per il conseguimento del benessere, e quello informale, impegno comune allargato a più operatori della società civile, fina­ lizzato al benessere giovanile come motivazione all’apprendimento, va­

lorizzazione della personalità, par­ tecipazione alla vita e al lavoro col­ lettivi. In questo quadro di riferimento generale anche la scuola trentina ha operato per il raggiungimento di obiettivi specifici3: - facilitare la scuola nella scoper­ ta dei fattori di rischio, fornen­ do alla stessa strumenti, meto­ di, procedure mirate alla riduzio­ ne delle situazioni di disagio e di malessere; - promuovere la diffusione del nuo­ vo concetto di salute e di cultu­ ra della vita; - elaborare e offrire metodi e pro­ getti per la realizzazione della prevenzione educativa; - proporre e sostenere i cambia­ menti e l’innovazione richiesti dalla continua evoluzione del contesto socioculturale in cui la scuola opera; - facilitare l’assunzione di consa­ pevolezza e responsabilità nei confronti della condizione gio­ vanile; - stimolare l’adozione di metodo­ logie educative finalizzate all’ap­ prendimento di situazioni di be­ nessere; - esplorare le dimensioni dell’edu­ care in relazione alle problema­ tiche connesse con la salute onde evitare che il disagio “nor­ male” si trasformi in disagio pa­ tologico. Ulteriori aspetti che spingono inol­ tre a ritenere che interventi nel mondo scolastico rappresentino una scelta importante sotto il profilo strategico sono costituiti dal fatto

che la scuola è la fucina educativa dell’individuo, è momento di tran­ sito di tutta la popolazione giova­ nile, è caratterizzata dalla presenza di soggetti in classi omogenee per età, vi è una concreta possibilità di un coinvolgimento globale, posso­ no essere efficacemente concertate le attività di programmazione e di pianificazione degli interventi e vi è garanzia di strutturare momenti di valutazione rappresentativi. Partendo da questi presupposti si può quindi notare immediatamente come l’educazione alla salute in realtà rappresenti un’attività che non possiede una precisa titolarità;

Figura 1 Concorso provinciale per la scuola “Chi non fuma vince!”, ideato e organizzato dal Servizio Educazione alla salute dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari in collaborazione con l’Assessorato provinciale all’Istruzione. Locandina elaborata e realizzata nell’ambito del “Progetto Comunicazione per la salute” ­ Provincia Autonoma di Trento. Art Director V. Curzel.

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per quanto riguarda il mondo gio­ vanile, scuola e servizio sanitario vedono i loro obiettivi istituzionali intrecciarsi in un percorso virtuoso che, salvaguardano le rispettive spe­ cifiche competenze, ha moltissimi punti in comune e necessita quindi di forme di collaborazione assolu­ tamente formalizzate e condivise. D’altro canto, più in generale, la promozione e l’educazione alla sa­ lute sono azioni collegiali che pos­ sono riconoscere momenti di pro­ fonda integrazione a livello di varie istituzioni: servizio sanitario, scuo­ la, mondo sociale e produttivo, fa­ miglia, volontariato. L’asse portan­ te è quindi quello dell’intersetto­ rialità dal momento che la salute è il risultato di una mediazione tra opzioni individuali all’interno di un determinato ecosistema umano4. Informare, comunicare, educare nel contesto organizzativo locale e implicazioni sulle strategie di intervento Educare alla salute vuol dire essen­ zialmente instaurare un processo di comunicazione con la popolazione di riferimento. Pertanto differenziare il processo di comunicazione da un processo di informazione è essen­ ziale per comprendere l’importanza di definire fin dall’inizio strategie progettuali che privilegino aspetti dialogici comunicativi e modelli di intervento fondati più su aspetti esperenziali che cognitivi. La comprensione di questa diffe­ renza rende anche ragione di un pro­ cesso di cambiamento nelle strate­ gie di approccio ai progetti di edu­ cazione alla salute rivolti alla scuo­ 77

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la che è ancora oggetto, nella no­ stra realtà locale, di continuo per­ fezionamento. Infatti se in un percorso mera­ mente informativo viene essenzial­ mente posto l’accento sul contenu­ to del messaggio che si vuol far passare (intervenendo sulle singole componenti strutturali in modo da garantire la massima comprensione dell’informazione o conoscenza del­ l’argomento) minore importanza vie­ ne data alla ricaduta e all’impatto che questa azione produce sul de­ stinatario. Solo per fare un esempio, proba­ bilmente in una popolazione di ado­ lescenti di oggi non esistono sog­ getti che ignorino i pericoli del fumo di tabacco e quindi si può dire che l’informazione è corretta e genera­ lizzata: tuttavia i fumatori tra i gio­ vani sono molti. Il processo comunicativo, per contro, non si limita a fornire in­ formazione, ma si preoccupa anche del ritorno, cioè dell’impatto che quest’azione produce sul soggetto e questo ritorno è fondamentale per l’operatore (sanitario o scolastico che sia) per capire se il proprio sfor­ zo comunicativo è stato in grado di produrre oltre che un’implementa­ zione delle conoscenze, anche un cambiamento, perlomeno attitudi­ nale. Molti interventi di educazione sanitaria scolastica condotti in pas­ sato si sono invece limitati ad es­ sere interventi informativi, semmai avvalorati dalla figura del cosiddet­ to esperto esterno il quale, sovente in modo estemporaneo, si presen­ tava su chiamata della scuola a par­

lare di aspetti attinenti alla sua conoscenza professionale. Ecco perché, analogamente al fumo, in molte tematiche relative a stili di vita (alimentazione, alcol, dipendenza, infezioni a trasmissio­ ne sessuale, ecc.), spesso oggetto di imponenti e costose campagne informative, non si sono notati i ri­ sultati sperati, anche per la man­ canza di obiettivi progettuali di carattere educativo. Invece i progetti educativi a va­ lenza sanitaria devono anzitutto essere integrati nel percorso curri­ culare e sottostare alle regole ge­ nerali della formazione che preve­ dono l’interazione tra docente e di­ scente, la valutazione dell’impatto e la valutazione degli esiti prodotti sia in termini di atteggiamenti che di comportamenti. Ecco perciò che il coinvolgimen­ to attivo del mondo scolastico nei percorsi di educazione alla salute è indispensabile anche per avvalersi nel modo più efficace di strategie comunicative e formative delle quali gli operatori scolastici sono i depo­ sitari istituzionali. Nell’esperienza trentina l’intento di lavorare in modo congiunto tra scuola e servizio sanitario, per con­ dividere obiettivi e responsabilità nella progettazione degli interventi di educazione alla salute e negli aspetti procedurali relativi alla me­ todologia operativa, hanno trovato coronamento nella stipula di un Pro­ tocollo di intesa tra Sovrintendenza scolastica provinciale e Azienda pro­ vinciale per i servizi sanitari (31 gen­ naio 1996). Tale documento sancisce un ac­

cordo tra scuola e sanità per gesti­ re in forma comune e coordinata gli interventi di educazione alla salute rivolti alle scuole fissando, in modo particolare per la sanità, anche le basi per un’architettura organizza­ tiva sia centrale che distrettuale. Nel documento sono altresì definite le rispettive competenze della scuola e del servizio sanitario provinciale e gli elementi di riferimento utili per la progettazione degli interven­ ti. Sotto il profilo organizzativo si è assistito nel corso degli ultimi anni ad un riassetto strutturale che vede vari livelli di competenza e respon­ sabilità all’interno del contesto strutturale dell’Azienda sanitaria trentina. In particolare il Servizio per l’Edu­ cazione alla Salute promuove, indi­ rizza e coordina le attività di edu­ cazione alla salute su tutto il terri­ torio provinciale, definendo i cam­ Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

pi e le priorità di intervento e, d’in­ tesa coi distretti, le modalità più efficaci di supporto alla scuola nei processi educativi finalizzati alla promozione della salute. Vengono attuate dal Servizio le iniziative di tipo formativo rivolte agli operato­ ri dell’azienda sanitaria per unifor­ mare le metodologie progettuali e gli obiettivi specifici delle attività di educazione alla salute. Vengono altresì definite le mo­ dalità operative di presentazione dei progetti di educazione alla salute ed individuate le risorse finanziarie per la loro realizzazione. Di rilievo è anche l’attuazione di interventi di formazione del perso­ nale docente della scuola, nell’am­ bito di specifici progetti educativi sia a livello locale (tramite la colla­ borazione del distretto) che a livel­ lo provinciale nonché la promozio­ ne di gruppi di lavoro multidiscipli­ nari su tematiche specifiche. 79

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Per quanto concerne il distretto sanitario, a questo livello vengono promosse e attuate le iniziative di educazione alla salute nell’ambito territoriale di propria competenza, grazie all’apposita figura del refe­ rente per le attività di educazione alla salute. Il referente per l’educazione alla salute è una figura di assoluto rilie­ vo in quanto coordina le attività di educazione alla salute a livello lo­ cale, valutando i bisogni e le richie­ ste, confrontandosi con il persona­ le insegnante delle scuole, attivan­ do forme di collaborazione con esperti, enti, associazioni o settori sanitari o non sanitari che svolgo­ no attività nel campo della promo­ zione della salute. Spetta al refe­ rente il compito di proporre alla scuola i progetti di educazione alla salute, sulla base degli obiettivi aziendali. Infine, un gruppo di coordinamen­ to distrettuale rappresenta il mo­

mento di confronto a livello distret­ tuale tra Azienda sanitaria e Scuo­ la; coordinato dal referente per l’educazione alla salute è composto da referenti del personale docente degli istituti scolastici presenti nel distretto che dovranno ampiamen­ te rappresentare in modo paritario i vari ordini e gradi di scuole presen­ ti. Compito del gruppo di coordina­ mento è quello di garantire la mas­ sima collaborazione tra tutti i sog­ getti che condividono le iniziative di educazione sanitaria rivolte alla scuola, favorendo la massima divul­ gazione e promozione degli inter­ venti educativi in conformità agli obiettivi aziendali. Il gruppo rap­ presenta una valida occasione per il coinvolgimento attivo del perso­ nale docente sui progetti scolasti­ ci, sulla rilevazione dei bisogni emergenti dall’ambiente scolastico e dalla società, al fine di garantire ad ogni soggetto la possibilità di beneficiare di interventi mirati. I progetti aziendali e i risultati raggiunti Una prima riflessione riguarda sen­ za dubbio il processo di riorganiz­ zazione dell’offerta in tema di edu­ cazione sanitaria attuato negli ul­ timi anni; la strada intrapresa è orientata a fornire “pacchetti pro­ gettuali” integrati che si caratteriz­ zino per un’uniforme ricaduta nell’ambito del territorio provinciale. Questo graduale passaggio si è reso necessario per ottimizzare le risorse disponibili, ma soprattutto per rendere più funzionale l’offerta alle esigenze di promozione della salute orientate alle problematiche

di forte impatto sanitario e sociale, in modo da influire sugli stili di vita e sui determinanti della salute. Il punto di partenza per la scelta di queste “priorità” è costituito da­ gli obiettivi di salute fissati dal Pia­ no Sanitario Nazionale nonché dal­ le linee guida programmatiche for­ mulate dalla Provincia nei propri documenti di indirizzo. L’esigenza inoltre di realizzare progetti le cui ricadute e i cui effetti possano es­ sere effettivamente valutabili in termini di impatto, di processo e di esito, ha reso necessaria un’azione di revisione delle metodologie pro­ gettuali ad iniziare dagli interventi rivolti alla scuola primaria. In quest’ottica, si è andato mo­ dificando il ruolo degli operatori sanitari mediante un passaggio da una fase “paternalistica”, in cui l’esperto andava in classe a parlare di salute ad una fase in cui la scuo­ la viene direttamente coinvolta nel processo di educazione sanitaria appropriandosi dei contenuti e del­ le metodologie tipiche della promo­ zione della salute. Questa metodologia di approccio, maggiormente indirizzata agli inse­ gnanti, ha anche un elevato valore strategico in relazione alla ottimiz­ zazione nell’utilizzo delle risorse umane. Nel corso del tempo si sono an­ date così affermando le iniziative di formazione promosse dal Servi­ zio sanitario soprattutto in quei campi per i quali l’insegnate può assumere un forte ruolo educativo (corretta alimentazione, igiene ora­ le, fumo e alcol) lasciando ai cosid­ detti esperti esterni il ruolo princi­ Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

pale in quelle tematiche ancora dif­ ficilmente gestibili in forma auto­ noma dalla scuola (tossicodipenden­ ze, educazione sessuale, primo soc­ corso). La maggiore responsabilizzazio­ ne nei confronti della salute che si è andata promuovendo a livello sco­ lastico non va peraltro interpretata come una delega, ma va piuttosto vista in termini di interdisciplinari­ tà del processo educativo nel quale il servizio sanitario mantiene un forte ruolo di pianificazione e pro­ grammazione (scelta delle priorità di intervento, definizione del tar­ get, condivisione della migliore modalità di approccio) e, soprattut­ to, di valutazione dei risultati in termini non solo di incremento del­ le cognizioni ma di sviluppo di cor­ rette attitudini e comportamenti che potranno avere una significativa ri­ caduta individuale e collettiva. Lo scenario che si delinea alla luce di questo processo di rinnova­ mento è contraddistinto dall’intro­ duzione dei “progetti aziendali” os­ sia quegli interventi caratterizzati da una forte componente progettua­ le espressa da gruppi di lavoro mul­ tidisciplinari con partecipazione attiva di esponenti del mondo sco­ lastico. Dall’azione dei gruppi è de­ rivata la realizzazione del materiale progettuale e dei protocolli valuta­ tivi secondo una linea metodologi­ ca uniforme. Solo a titolo esemplificativo ven­ gono citati il progetto di educazio­ ne alimentare rivolto agli insegnanti delle classi terze elementari, il pro­ getto sull’alcol e fumo rivolto, se­ condo due forme modulari, rispetti­ 81

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vamente agli insegnanti delle clas­ si quinte elementari e delle medie, il progetto sul corretto uso dei far­ maci per i ragazzi di seconda media e, del tutto recentemente, quello sull’educazione socio-affettiva e sessuale. Per quanto riguarda l’offerta edu­ cativa, essa è stata modulata sulla popolazione scolastica bersaglio in accordo con la scuola, con l’inten­ to anche di razionalizzare la doman­ da. La disponibilità di una metodo­ logia basata sulla progettazione ha permesso di poter esprimere una valutazione sul reale impatto del­ l’intervento nella comunità destina­ taria. Infatti, le relazioni accompagna­ torie ai singoli progetti per la valu­ tazione delle attività svolte hanno

consentito non solo di esprimere un giudizio sulla validità delle inizia­ tive, ma anche di poter individuare le situazioni maggiormente critiche e quindi di attuare eventuali azioni di miglioramento didattico, conte­ nutistico, metodologico o valutati­ vo. L’intervento di ottimizzazione dell’offerta ha certamente rappre­ sentato un vero e proprio obiettivo di servizio, condiviso da tutti gli operatori sanitari coinvolti nell’edu­ cazione alla salute, in quanto ri­ spondente al criterio di garantire a livello territoriale un livello unifor­ me di prestazione consona alle esi­ genze di salute espresse attraverso l’analisi dello stato di salute della popolazione. L’esperienza sinora condotta si è inoltre arricchita attraverso la col­

laborazione di enti e strutture di tipo non sanitario, per effetto del consolidamento di alleanze per la promozione della salute. Ne sono esempio la comparteci­ pazione della Federazione Trentina delle Cooperative alle iniziative di educazione alimentare svolte nelle scuole elementari. In questo caso, particolarmente interessante è risul­ tata la sinergia tra il momento sa­ nitario-educativo gestito dagli in­ segnanti sulla base del progetto proposto dal servizio sanitario (co­ gnizioni e atteggiamenti) e il mo­ mento della scelta consapevole cu­ rato dalla dietista (comportamen­ to) attuata “sul campo” attraverso le animazioni condotte nel punto vendita o, ove queste non realizza­ bili, nella classe stessa. Ed ancora, la collaborazione degli operatori dell’Associazione AMA Auto Mutuo Aiuto di Trento nel campo della pro­ mozione della scuola libera dal fumo e, in alcuni casi, sulla disassuefa­ zione dall’abitudine al fumo. Certamente la strada da percor­ rere è ancora lunga anche perché la caratteristica modulare degli inter­ venti è proprio quella di potersi svi­ luppare durante tutto il percorso educativo dell’individuo, quindi con momenti successivi e continui di rinforzo e di approfondimento. Per garantire tutto questo, è fon­ damentale un’attenta pianificazio­ ne delle azioni sia attraverso la re­ visione critica di ogni momento for­ mativo, sia attraverso l’individuazio­ ne di target di età ben definiti, sia mediante il pieno coinvolgimento del corpo docente.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] Conference resolution. First Conference of the European Network of Health Promoting Schools: “The Health Promoting Schools - an Investment in Edu­ cation, Health and Democracy”, Thessaloniki-Halkidiki, Greece, 1-5 May 1997. [2] “Verso i nuovi curricoli” - Sin­ tesi dei gruppi di lavoro della Commissione di studio per il programma di riordino dei cicli di istruzione (legge 10 febbra­ io 2000, n. 30). Ministero del­ la pubblica istruzione: Roma, 7 febbraio 2001. [3] Scuola & Salute. Protocollo di Intesa educazione sanitaria e prevenzione. Opuscolo a cura di Lucia Rigotti e Fabio Lorandi. Provincia Autonoma di Trento ­ anno 1995. [4] G. Pocetta. Riflessioni sulle basi teoriche dell’educazione sani­ taria nella promozione della salute. Educazione sanitaria e promozione della salute: 23,1,2000; pag. 25-28. [5] http://www.who.dk/enhps/ index.html (Rete europea delle scuole che promuovono la sa­ lute).

Enrico Nava è responsabile del Servizio Educazione alla Salute dell’Azienda provinciale per i Servizi sanitari - Trento. 83

L’importanza di (ri)costruire una sanità pubblica moderna nel quadro delle politiche per la salute Alberto Betta

Il ruolo della sanità pubblica nel processo di formazione della salute.

Nella Carta di Ottawa, nel paragrafo dedicato alla costruzione di una politica pubblica per la tutela del­ la salute, si legge1: “La promozione della salute va oltre la mera assi­ stenza sanitaria. Essa porta il pro­ blema all’attenzione dei responsa­ bili delle scelte in tutti i settori, a tutti i livelli, invitandoli alla piena consapevolezza delle conseguenze sul piano della salute di ogni loro decisione e a una precisa assunzio­ ne di responsabilità in merito. Nella politica di promozione del­ la salute si fondono componenti diverse ma complementari quali la legislazione, i provvedimenti fisca­ li e la modifica dei criteri organiz­ zativi, in un’azione coordinata di­ retta a imporre politiche sanitarie, sociali e dei redditi ispirate ad una maggiore equità. L’azione comune contribuisce a garantire prodotti e servizi più sani e sicuri, servizi pub­ blici più sani, e ambienti più igie­ nici e accoglienti. La politica di promozione della salute richiede di identificare gli ostacoli che impediscono l’adozio­ 84

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ne di una politica pubblica che tu­ teli la salute in tutti i settori non sanitari, e i modi migliori per ri­ muoverli. Occorre far sì che anche per i responsabili politici la scelta della tutela della salute divenga la scelta più facile.” Dunque si ritiene che una serie di iniziative politiche assunte nei settori non sanitari (nel campo ad esempio dell’istruzione, dell’occupa­ zione, dello sviluppo sostenibile, dei trasporti, delle scelte urbanistiche) complementari peraltro a quelle at­ tivate dal sistema sanitario, possa­ no contribuire in modo determinante alla modificazione dei fattori socia­ li, economici e ambientali che con­ ducono al mantenimento o alla per­ dita della salute dei cittadini. La sanità pubblica può svolgere un ruolo nel processo di promozione della salute? Innanzitutto è utile definirne i confini. A torto spesso il termine “sanità pubblica” viene utilizzato in senso riduttivo come “igiene pub­ blica”. In realtà il dibattito inter­ nazionale ha permesso di stabilire alcuni criteri di identificazione, in parte certamente innovativi2: la sa­ nità pubblica esiste a prescindere dal tipo di sistema sanitario in cui le sue attività devono esprimersi; concerne tutte le attività sanitarie che non possono essere lasciate alla responsabilità individuale dei citta­ dini e/o degli operatori e che devo­ no essere esercitate sulla base di decisioni assunte a livello colletti­ vo; non concerne la salute indivi­ duale, bensì il tipo e le caratteristi­ che di prestazioni sanitarie che

devono essere assicurate alla popo­ lazione nel suo complesso e i crite­ ri in base ai quali le prestazioni sa­ nitarie stesse devono essere assi­ curate; propone un modello di sa­ lute globale e sociale che richiede un atteggiamento intersettoriale e multidisciplinare; privilegia gli in­ terventi di igiene e di prevenzione. Ha inoltre la necessità di fondare le decisioni su prove scientifiche di efficacia, sicurezza, accettabilità, economicità, eticità e di coinvol­ gere i cittadini nella conoscenza dei problemi riguardanti la salute col­ lettiva ed i rischi per la salute e nelle azioni da intraprendere. Questa “Nuova sanità pubblica”, a prescindere da una non sempre chiara definizione della propria fun­ zione e della propria collocazione sociale, è il risultato – come sopra si accennava - di una profonda re­ visione della propria missione e dei propri contenuti scientifici avvenu­

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ta in questi ultimi anni in tutta Europa (basti al riguardo ricordare la serie di rilevanti editoriali ed ar­ ticoli pubblicati negli ultimi cinque anni in particolare – ma non solo ­ dal British Medical Journal; ne cito due per tutti3,4). Attualmente le sottodiscipline che costituiscono la sanità pubbli­ ca (igiene e medicina del lavoro, igiene pubblica, igiene e sanità ve­ terinarie, prevenzione ambientale) hanno - e talvolta richiedono con forza - autonome sfere di compe­ tenza e sembrano esplicare più fa­ cilmente le loro attività in ruoli tradizionali (basati su norme fon­ date sul “demand and control”) piut­ tosto che giocare un ruolo di “ac­ compagnamento” verso la preven­ zione, di “partnership and innova­ tion”5 con tutti gli attori del pro­ cesso preventivo, che le leggi euro­ pee hanno individuato in quasi tut­ ti i settori di interesse della sanità

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pubblica. In effetti alcune norma­ tive (ad es. 626/94, 155/94 ) spo­ stano “il luogo dove si fa salute” dalle strutture della sanità pubbli­ ca a dove effettivamente le persone acquistano o perdono salute o con­ tribuiscono a questo processo: il laboratorio di produzione alimenti, la cucina, il luogo di lavoro. È lì che i meccanismi di prevenzione devono essere attivati per essere efficaci e permanenti e lì devono essere compenetrati alle modalità di gestione delle strutture (autocon­ trollo, autocertificazione…). Con­ seguentemente si deve passare da un atteggiamento del sistema pub­ blico del tipo “la salute si fa dove ci sono io”, a quello basato sul con­ cetto che “la salute si fa dove l’in­ dividuo vive, si muove, opera, inte­ ragisce con persone, ambiente, agenti esogeni, strutture…” Anche nel nostro Paese è comun­ que cominciato questo processo di revisione, prima di tutto culturale ma anche normativo, che, pur tra contraddizioni e lentezze, sta por­ tando le strutture pubbliche a capi­ re che una società complessa, an­ che per quanto riguarda la salute della popolazione, ha bisogno di interventi articolati e complessi. La loro efficacia, quindi, può dipende­ re non tanto dal fatto di poter “met­ tere in fila” tutti i servizi che si occupano dei vari aspetti di tutela della salute, ma piuttosto della ca­ pacità dei professionisti della salu­ te di reimpostare la loro attività in modo complessivamente orientato per problemi, in modo coordinato ed integrato. Si fanno strada lentamente al­

cune importanti indirizzi: ad esem­ pio quello che la “Nuova sanità pub­ blica” deve ridare ai cittadini il sen­ so del “servizio” attraverso un mag­ giore radicamento nella comunità ed una costante periodica opera di dif­ fusione di ogni informazione e co­ noscenza dello stato della salute collettiva; o quello che, oltre ad effettuare i controlli tipici dell’as­ sistenza sanitaria collettiva, deve essere in grado di lavorare con de­ cisione sulla disseminazione di informazioni sui determinanti della salute ad ogni livello, in considera­ zione che le maggiori potenzialità di influenzare la salute pubblica si trovano nel pubblico stesso. La “Nuova sanità pubblica” può quindi dare, nonostante le attuali incertezze, un contributo certamen­ te rilevante alla promozione della salute, purché gli operatori abbia­ no chiarezza sul significato e le tap­ pe del processo nel suo insieme, lo spirito critico necessario per rive­

dere, ove risulti opportuno, le pro­ prie attività e la capacità di orien­ tarle al cambiamento. Da questo punto di vista la no­ stra provincia offre interessanti con­ dizioni di base: in primo luogo esi­ ste uno strumento importante, co­ stituito dal Programma di sviluppo strategico dell’Azienda per i servizi sanitari6 che traccia il quadro com­ plessivo della promozione della sa­ lute e le azioni di adeguamento del sistema sanitario, ivi compresa ov­ viamente la sanità pubblica. In se­ condo luogo, anche la sanità pub­ blica trentina, culturalmente parte­ cipe del dibattito nazionale ed in­ ternazionale di questi ultimi anni, ha già - pur faticosamente - inizia­ to un percorso di (ri)qualificazione in questa direzione, puntando fon­ damentalmente su attività che qua­ lifichino in senso professionale chi le pratica, sul coinvolgimento dei cittadini singoli e/o organizzati, sulla diffusione dell’approccio mul­ tidisciplinare ai problemi di prote­ zione della salute, sull’attivazione di reti di interessi intra ed extraset­ toriali, sull’educazione alla salute. Educazione alla salute L’esistenza di un’intersezione tra promozione e educazione alla salu­ te è evidente: la promozione della salute richiede la costruzione di una cultura della salute e l’empowerment della popolazione (finalizzato tra l’altro alla capacità di riconoscere i determinanti della salute per averne il migliore controllo) ed il ruolo dell’educazione è di rinforzare l’azio­ ne personale/sociale sul controllo della propria salute come principa­ Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

le strategia metodologica e svilup­ pare le competenze individuali per indurre una efficace, consapevole e responsabile partecipazione alla vita sociale. Le politiche per la salute devono trovare sostegno in specifiche azioni all’interno delle istituzioni dove l’educazione alla salute è pertinen­ te: nelle scuole, nelle imprese, nel­ le associazioni locali, ecc. Nella nostra provincia l’educazio­ ne alla salute coinvolge soprattut­ to il mondo della scuola, attraverso un protocollo di intesa tra Azienda sanitaria e Sovrintendenza scolasti­ ca. Viene effettuata secondo gli obiettivi di salute fissati dal Piano sanitario nazionale e dalle linee guida programmatiche formulate dall’Amministrazione provinciale. La Scuola è direttamente coinvolta nel processo di educazione sanitaria attraverso un processo di responsa­ bilizzazione degli insegnanti circa il proprio ruolo educativo, inteso come sforzo per incidere non solo sulle cognizioni dei ragazzi ma sul­ le loro capacità decisionali. Nell’anno scolastico 1999/00 sono state impegnate in interventi di educazione alla salute oltre 7800 ore, con il coinvolgimento di oltre 27.000 soggetti tra studenti, inse­ gnanti e genitori. Gli esperti che hanno collaborato alla realizzazio­ ne degli interventi sono stati circa 270 (medici igienisti, assistenti sa­ nitari, infermieri professionali, me­ dici rianimatori e addetti ai servizi del primo soccorso, dietiste, psico­ logi, logopediste, pediatri, volon­ tari del trasporto infermi e della Croce Rossa) sia dipendenti dal­ 87

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l’Azienda sanitaria che esterni, con rapporto di convenzione libero pro­ fessionale. Dalla collaborazione tra Azienda e Farmacisti pubblici e privati si è sviluppato il progetto “Farmaci e salute”, che ha permesso di esten­ dere ai ragazzi di seconda media su tutto il territorio provinciale, con uniformità di contenuti, la corretta informazione circa l’uso dei farmaci (nell’anno scolastico 1999/00: cir­ ca il 20% dei ragazzi dell’età tar­ get). Nelle scuole materne è stato in­ teressato alla formazione in mate­ ria di salute del cavo orale circa il 50% degli istituti (144 su 289), mentre circa il 30% degli insegnan­ ti nelle quinte classi elementari ha avuto una formazione specifica (ed ha attivato un percorso educativo) sul consumo di alcol e di tabacco. Sempre agli insegnanti delle scuole elementari (terze classi) è destina­ to il progetto sulla corretta alimen­

tazione, che si avvale della colla­ borazione dei punti vendita alimen­ tari della Federazione Trentina del­ le Cooperative, presenti capillarmen­ te sul territorio provinciale e che permettono una integrazione “dal vivo” del percorso educativo con­ dotto a scuola; nell’anno scolastico 1999/00 hanno partecipato 900 bambini. Il lavoro interdisciplinare L’Azienda Sanitaria ha iniziato ad orientare alcune attività svolte nell’ambito dell’assistenza sanitaria collettiva non “per competenza” ma “per problemi” (i quali comunemen­ te non afferiscono ad una sola di­ sciplina, un ambito di competenze, una funzione), nella consapevolez­ za che questo tipo di metodo –ne­ cessariamente interdisciplinare ­ superando gli approcci settoriali oggi prevalenti, possa meglio con­ tribuire a raggiungere obiettivi di salute e costituisca una premessa

importante anche per le attività di promozione della salute. E’ il caso, ad esempio, del “Piano amianto” o del Piano per la sorve­ glianza e controlli in campo alimen­ tare o del Piano per la sicurezza nella Scuola, nei quali sono coinvolti pro­ fessionisti di gran parte delle strut­ ture “competenti”, con obiettivo comune e condiviso e per i quali è in atto una contemporanea campa­ gna di comunicazione. Il lavoro di­ partimentale permette alle varie di­ scipline che afferiscono alla nostra sanità pubblica di agire in maniera integrata e su uno spettro più am­ pio rispetto a quello di propria per­ tinenza. Alcune azioni di tutela e vigilan­ za, specialmente se orientate ad interi comparti produttivi, vengono preliminarmente illustrate e discusse con i diretti interessati e con le loro associazioni e tale metodo tenden­ zialmente dovrà divenire di diffusa e comune applicazione. I risultati ottenuti dalla collabo­ razione di varie discipline e servizi verranno portati a conoscenza del­ la popolazione generale attraverso una periodica specifica informazio­ ne. Il rapporto con i cittadini Riteniamo che la comunicazione con i cittadini sia un aspetto di vitale importanza per la sanità pubblica. Anche se moltissimo rimane da co­ struire, oltre alla diffusione di ma­ teriale informativo di supporto al­ l’educazione alla salute e agli scre­ ening di massa relativi alla preven­ zione dei tumori del collo dell’utero e della mammella, in questi ultimi Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

anni è stata curata la messa a pun­ to di strumenti telematici per la dif­ fusione delle informazioni. Si è in particolare cercato di dare una ri­ sposta organica e strutturata ai bi­ sogni informativi e formativi di tutti i soggetti che operano nell’ambito della prevenzione e sicurezza in ambiente di lavoro7 e di rendere di­ sponibile materiale divulgativo e percorsi didattici per l’ educazione alla salute nella Scuola8. La rete delle alleanze per la salute La sanità pubblica ha progressiva­ mente stretto diverse intese con settori extrasanitari per promuove­ re e sostenere iniziative di educa­ zione alla salute e/o di prevenzio­ ne. Cito la sottoscrizione del proto­ collo di intesa tra l’Azienda sanita­ ria, l’Agenzia Provinciale per l’Am­ biente e il Comune di Trento, aven­ te ad oggetto la partecipazione isti­ tuzionale e la collaborazione nel campo della tutela ambientale e della salute dei cittadini residenti nel Comune di Trento, nell’ambito del progetto “Città sane” (1998); quello tra l’Azienda sanitaria e le Farmacie Comunali SpA di Trento e l’Azienda Multiservizi di Rovereto per la collaborazione nel campo della educazione sanitaria e della tutela della salute (1999) o con l’Associa­ zione Titolari di farmacia di Trento sempre per la collaborazione nel campo dell’educazione sanitaria (1999); quello con la Federazione Trentina delle Cooperative per la collaborazione nel campo dell’edu­ cazione alimentare (1999); quello con il Consorzio Autoscuole Riuni­ 89

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te del Trentino per la realizzazione del progetto “Alcol e guida” (1999) ed inoltre la sottoscrizione del do­ cumento di intesa tra l’Azienda sa­ nitaria, l’Associazione degli Indu­ striali di Trento, l’Associazione Ar­ tigiani e Piccole Imprese di Trento, le Confederazioni Sindacali C.G.I.L. - C.I.S.L. - U.I.L. del Trentino, per la promozione della salute nei luo­ ghi di lavoro (1999), in cui si con­ viene che la costituzione di una “al­ leanza per la salute” possa permet­ tere con maggiore efficacia l’impo­ stazione di campagne su sani stili di vita, la lotta al fumo e ai cance­ rogeni ambientali, la diffusione tra i lavoratori di conoscenze per mi­ gliorare la capacità personale di decidere come mantenere la propria salute e come scegliere cure appro­ priate, la diffusione della conoscen­ za tra le lavoratrici delle campagne di prevenzione gratuite per i tumo­ ri femminili. Con il mondo del volontariato, nello specifico con l’associazione “Auto Mutuo Aiuto” di Trento, è sta­ to invece sottoscritto un protocol­ lo di intesa avente ad oggetto la collaborazione nel campo della in­ formazione e della promozione di sani stili di vita, concordando un approccio basato sulle tecniche di auto mutuo aiuto (2000). Il quadro normativo e le esigenze di una nuova formazione Nella cosiddetta “riforma ter” (D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229) il dipartimento di prevenzione “pro­ muove azioni volte ad individuare e rimuovere le cause di nocività”.

L’obiettivo primario è rappresen­ tato dalla costruzione dei cambia­ menti che siano portatori di salute. I processi con ricadute positive sulla salute vanno attentamente promos­ si, seguiti, indirizzati e controllati dall’ente pubblico (“orientare scel­ te, animare politiche, sostenere comportamenti”) ed anche dalla sanità pubblica. Ogni disciplina fornisce le cono­ scenze scientifiche e tecniche ne­ cessarie ma lavora con tutte le al­ tre, in condizioni di pari opportu­ nità. Il “servizio pubblico” conser­ va una regia complessiva delle atti­ vità a valenza sanitaria, sulla base di una migliore conoscenza dei determinanti sanitari della salute e procede al raggiungimento degli obiettivi prefissati, anche attraver­ so la ricerca della condivisione de­ gli obiettivi e di ampie alleanze, adottando un metodo di coopera­ zione. Ogni specifica professionali­ tà sanitaria deve essere in grado di interagire e creare sinergie con tut­ ti i soggetti - anche non apparte­ nenti al mondo sanitario – ai fini del miglioramento della salute del­ la collettività. Il processo di integrazione, ma anche della visione più ampia in cui deve trovare collocazione la disci­ plina praticata da ciascun profes­ sionista, non nasce automaticamen­ te da un nuovo assetto organizzati­ vo, ma ha bisogno di essere sup­ portato da una nuova “cultura del­ l’integrazione”; quest’ultima deve essere creata negli operatori sanitari attraverso una accurata forma­ zione specifica, che tenga conto degli importanti mutamenti in atto.

In effetti, ancor oggi le politi­ che e le metodologie di formazione in sanità pubblica risultano ampia­ mente inadeguate, con il risultato di una produzione di specialisti con competenze molto specifiche anzi­ ché di professionisti dotati di una visione globale e capaci di integra­ re il proprio lavoro con quello degli altri, sia all’interno che all’esterno del settore sanitario. A questo pro­ posito in tempi recenti l’OMS9 sol­ lecitava la “formazione di una mas­ sa critica di professionisti forniti di una visione più vasta della sanità pubblica che tenga in dovuto con­ to anche le problematiche connes­ se alla formulazione di nuove poli­ tiche e strategie di salute”. Da questo nuovo tipo di profes­ sionista ci si attende infatti un con­ tributo tutto particolare nei cam­ biamenti attualmente in corso nel settore sanitario ed un contributo significativo alle politiche pubbli­ che per la salute. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] Carta di Ottawa per la promo­ zione della salute (1986) – Pro­ vincia Autonoma di Trento, Ser­ vizio Programmazione e Ricer­ ca Sanitaria, Collana Promosan; Punto Omega; 1996;4. [2] Carreri V., Lagravinese D., Ste­ fanini A., Montaguti U. – La sanità pubblica in Italia: attua­ lità e prospettive per l’ingresso in Europa – Atti Convegno Na­ zionale SitI, 39° Congresso Nazionale SitI, Ferrara, 24-27 settembre 2000, 25 – 30. Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

[3] Editorial – From public health to the health of the public – B.M.J. 1998; 317:550-551. [4] Wylie I., Hunter D.J. – Eve­ rywhere and nowhere-a Socra­ tic dialogue on the new public health – B.M.J. 1999;319:839­ 840. [5] Griffiths S. – From health care to health – BMJ 1998;316:300­ 301. [6] Azienda Provinciale per i Servi­ zi Sanitari – Provincia Autono­ ma di Trento – Programma di sviluppo strategico – Saturnia Ed., Trento, 2001. [7] www.safetynet.it [8] www.aziendasanitaria.tren­ tino.it/direzioni/promosal/ promo_salute.htm [9] WHO Regional Office for Euro­ pe – Training and Research in Public Health. Policy perspec­ tive for a “New Public Health” – Copenhagen: World Health Organization and Karlstad (Sweden): Centre for Public Health Research -Training and Research in Public Health Dia­ logue Series, 1991;1.

Alberto Betta è responsabile della Direzione Promozione ed Educazione alla Salute dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari - Trento. 91

Creare ambienti favorevoli alla salute Monica Pisetta

L’intersettorialità come condizione necessaria per promuovere la salute negli ambienti di vita e di lavoro.

La promozione della salute in Trentino Dal 1993 al 1995 le Province Auto­ nome di Trento e di Bolzano parte­ ciparono attivamente al progetto dimostrativo “Garantire gli investi­ menti in salute”, ideato ed attuato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità - Ufficio regionale per l’Eu­ ropa - (OMS-Euro) con il fine di dif­ fondere e di rafforzare la conoscen­ za e la comprensione culturale del nuovo approccio della promozione della salute, nonché di testare nei singoli contesti locali la proposizio­ ne di politiche pubbliche incentra­ te sulla salute. Le due province autonome della regione Trentino-Alto Adige furono scelte come situazioni pilota (dun­ que come primo laboratorio per tutta la Regione Europea) soprattutto per le positive condizioni strutturali (economiche, sociali e ambientali) di questo territorio, considerate come terreno ottimale per sperimen­ tare l’applicazione di questa inno­ vazione di enorme portata, sia di contenuto che metodologica. 92

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Si intendeva dimostrare la neces­ sità della promozione della salute e i benefici della sua sistematica ado­ zione, per affrontare, a tutti i livel­ li, da quello politico strategico fino a quello più concretamente opera­ tivo, i problemi della salute e della malattia, modificando su questa base l’orientamento tradizionale alla base dei processi decisionali in que­ sto ambito. La fase sperimentale si rivelò una determinante ed “illuminante” espe­ rienza formativa per chi vi parteci­ pò e permise, da un lato, di porre la nostra Provincia all’avanguardia in Italia per l’acquisizione del nuovo approccio, ma anche - e questa è la cosa essenziale - di maturare e ra­ dicare la cultura della promozione della salute fino al più recente ri­ sultato, il disegno di legge di Pia­ no sanitario provinciale 2000-2002. Questo, naturalmente, non signi­ fica che tutto sia stato acquisito in modo definitivo e consolidato, per­

ché, come è noto, i processi cultu­ rali di grande portata innovativa ri­ chiedono tempo e graduale matura­ zione, ma la nuova mentalità si sta diffondendo in modo evidente e questo sicuramente, oltre che da altri fattori generali e di contesto, dipende in gran parte dall’azione promozionale compiuta nell’arco di questi ultimi anni dall’Assessorato alle politiche sociali e alla salute, fondata sull’apporto costruttivo sor­ to dalla partecipazione al citato progetto dimostrativo dell’OMS/ EURO. Un concetto chiave nel nuovo approccio: gli ambienti per la salute Tra tutte le componenti di conte­ nuto, di metodo, programmatorie, organizzative e operative, tra di loro interrelate in un unico e coerente insieme compreso sotto la defini­ zione di promozione della salute, ne esiste una in particolare che, seb­ bene possa apparire come un’evi­ denza scontata, di fatto costitui­ sce, assieme alla necessità dell’em­ powerment dei cittadini nei con­ fronti della propria salute, l’elemen­ to che segna maggiormente la por­ tata innovativa e rivoluzionaria con­ tenuta in questo approccio. Ci si riferisce al fatto che la salu­ te (e conseguentemente la malat­ tia) si crea soprattutto al di fuori dell’ambito sanitario, dunque in ogni altro ambiente e nelle specifi­ che condizioni ambientali in cui si svolge la vita di ciascuno di noi. Il termine ambiente, nell’accezio­ ne sopra utilizzata, non può venir compreso nel suo reale significato Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

se ci si limita al problema della re­ lazione tra l’alterazione dell’ambien­ te naturale e la modifica delle con­ dizioni di salute dell’uomo. Sebbene questa costituisca in­ dubbiamente una delle più impor­ tanti questioni, che si è diffusa sto­ ricamente molto prima e indipen­ dentemente all’approccio della pro­ mozione alla salute, essa non co­ stituirà il fulcro delle considerazio­ ni qui esposte. Questo essenzialmente perché la complessità del legame di interdi­ pendenza tra tutti i fattori che in­ cidono sull’ecosistema richiede in­ terventi incisivi a livello macro, ad­ dirittura planetario, quindi non at­ tuabili unicamente nel contesto lo­ cale di riferimento, anche se natu­ ralmente specifiche azioni avviate sulle fonti di rischio o sul risana­ mento degli elementi ambientali a questo livello (es. sulle acque, sui rifiuti, sulle fonti radioattive, sulla tutela del verde, ecc.) possono si­ curamente assicurare almeno una relativa, buona vivibilità e dunque influenzare positivamente la salute della popolazione. Proprio per la conoscenza e la consapevolezza “storica” di questo problema, tale questione è quanto­ meno “monitorata” e “sotto control­ lo”, anche a livello locale. In questa sede, invece, si focalizza l’attenzione su un altro con­ cetto di ambiente, quello che ge­ nericamente può definirsi come “am­ biente di vita”. Chiarendone ulteriormente il si­ gnificato, questa accezione di am­ biente comprende i luoghi, in cui si svolge la vita dell’individuo e della 93

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collettività, luoghi intesi in senso lato, sia di carattere strutturale-or­ ganizzativo (come la casa, la scuo­ la, il luogo di lavoro, ecc.), sia so­ ciali o comunitari (la tipologia e l’espansione del sistema di sicurez­ za sociale, ecc.), sia economici (es. il grado e la distribuzione della ric­ chezza, ecc.), sia culturali (es. il modello e le abitudini di vita di cia­ scuna struttura sociale). La confi­ gurazione di ciascuno di questi ambiti di contesto influenza ed in­ cide sullo stato di salute dell’indi­ viduo, in diverso modo e su diversi livelli. Pensiamo, a titolo esemplificati­ vo, ai diffusi e gravi problemi di salute di carattere infettivo esistenti nei Paesi sottosviluppati dell’Afri­ ca, oppure all’elevata percentuale di depressione mentale grave, con con­ seguente aumento esponenziale del

tasso dei suicidi, tra le donne nell’Afghanistan dei talebani. Nel pri­ mo caso, il sistema economico-so­ ciale, nel secondo quello socio-cul­ turale influenzano lo stato di salu­ te di determinate categorie di po­ polazione in preoccupante ed evi­ dente misura. Pur non dimenticando la neces­ sità e l’impegno umano di agire su vari fronti per modificare, nei con­ testi portati ad esempio, queste si­ tuazioni per molti versi drammati­ che, si sottolinea che l’adozione di un approccio altamente pragmati­ co, quale quello della promozione della salute, prevede di agire all’in­ terno di un contesto socio-politi­ co-economico dato (privilegiando, secondo quanto previsto dalla stra­ tegia dell’OMS, una dimensione re­ gionale piuttosto che statale). Per questa linea prioritaria di azione fi­

nalizzata alla creazione di ambienti favorevoli per la salute, esso consi­ ste nel porre il valore o il bene del­ la salute come obiettivo guida e di riferimento nello svolgimento del­ l’attività umana. Questo significa, come si diceva all’inizio, rendersi conto che le con­ dizioni dell’ambiente di vita inci­ dono e determinano buona parte delle condizioni di salute degli in­ dividui. L’intersettorialità come condizione necessaria La più importante conseguenza del­ l’agire per creare ambienti orientati alla salute riguarda il coinvolgimen­ to di tutte le componenti facenti parte dei vari contesti di riferimen­ to, adottando un’ottica intersetto­ riale nella pianificazione e nella re­ alizzazione di interventi. In questo frangente, quindi, si pone la necessità che gli organi politici o deputati alla tutela della salute riescano ad instaurare vari livelli di alleanze virtuose, in primo luogo con tutti i settori della poli­ tica, ma anche con altre componenti istituzionali o sociali o con espres­ sioni della comunità civile, allo sco­ po di migliorare la salute e la quali­ tà della vita della popolazione in­ teressata. Questo significa che ciascuno di questi soggetti, nello svolgimento della loro attività ordinaria, dovreb­ bero orientare i loro comportamen­ ti o adottare esplicite misure fina­ lizzate al miglioramento del conte­ sto per assicurare e perseguire la salute umana, come dimensione e connotazione costante –e al tempo Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

stesso in dinamico adattamentoche funga da sfondo per la “mis­ sion” e per ogni attività “istituzio­ nale” dell’ambiente di riferimento. Gli esempi sono molteplici e di diversa natura e dipendono spesso dalla tipologia dell’ambiente consi­ derato, comportando vari livelli di impegno, di sforzo e di cambiamen­ to organizzativo e operativo, ma sicuramente non particolarmente rilevante o dirompente rispetto al­ l’assetto esistente, bensì assorbibi­ le col tempo e comunque risultante vantaggioso per tutti. Pensiamo, per citare un esempio tra i più apparentemente semplici anche da attuare, alla creazione di ambienti (scuole, ospedali, ambienti comunitari, luoghi di ristorazione, di lavoro ecc…) “smoke free”, ov­ vero completamente liberi dal fumo, che significa con il divieto assolu­ to, compresi negli eventuali spazi previsti, di fumare e le positive con­ seguenze sulla salute di tutti colo­ ro che, come interni o esterni, fre­ quentano il posto in questione. Al di là delle apparenze e delle indubbie conseguenze positive rag­ giungibili per tutti, la creazione di ambienti favorevoli alla salute non rappresenta un processo spontaneo e di facile realizzazione, proprio perché non è stata ancora interio­ rizzata a livello culturale la convin­ zione del porre come priorità il per­ seguimento della salute dei singoli e delle comunità. Manca infatti la percezione che questo bene-valore costituisce il principale fattore per un positivo sviluppo socio-economico, non solo per il presente, ma anche per il fu­ 95

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turo, divenendo l’interesse e la cura di questo elemento un vero e pro­ prio investimento anche per le pros­ sime generazioni. Attualmente esistono dunque parecchi ostacoli alla collaborazio­ ne intersettoriale finalizzata al per­ seguimento della salute, che sono resi evidenti dalla tradizionale e ancora vigente impostazione delle politiche sociali. Ci si riferisce, in particolare, al­ l’autoreferenzialità di ogni settore, al conseguente scarso interesse per il problema della salute (che si ri­ tiene delegato esclusivamente al­ l’ambito sanitario), alla difficoltà ad accettare la “regia” e il coordina­ mento dell’ambito sanitario per in­ centivare la promozione della salu­ te, percepito come una impropria di­ rezione gerarchica sul proprio set­ tore, alla concorrenzialità tra set­ tori, che rende impossibile accet­ tare eventuali maggiori investimenti di risorse (a somma zero), diretta­ mente o meno, per problemi riguar­ danti la salute pubblica. e così avan­ ti. Non ultimo, è pure da tener con­ to dell’incapacità di ciascun setto­ re (per caratteristiche organizzati­ ve, gerarchiche, burocratiche e ope­ rative, per metodi di raccolta/ela­ borazione dati differenziati, per l’uso di “linguaggi” diversi e incom­ patibili con l’esterno, ecc.) di rap­ portarsi ed interagire per un obiet­ tivo comune. Eppure, qualcosa già si muove... Nonostante tali impedimenti, il pro­ cesso verso questa nuova prospet­ tiva si è quantomeno aperto, da cir­

ca una decina di anni, come com­ ponente essenziale della graduale affermazione dell’approccio della promozione della salute e conta numerose esperienze, sia a livello europeo che nazionale, così come a livello locale; esso tende a svilup­ parsi, secondo i principi e le linee guida dell’OMS, sul riconoscimento della comune condivisione di deter­ minati problemi di salute da parte delle Regioni europee, che ha crea­ to, di conseguenza, un interscam­ bio costante e sinergico di propo­ ste e soluzioni, attraverso la costi­ tuzione di vere e proprie reti forma­ lizzate di collegamento, a cui la realtà della provincia di Trento, vi­ sta l’esperienza maturata, ha spes­ so aderito. Tra gli esempi più significativi ricordiamo l’adesione del Comune di Trento alla Rete Italiana delle Città sane; nella prospettiva delineata, infatti, anche la città costituisce un ambiente, che, seppur complesso, è anche tipologicamente ben carat­ terizzato e diverso da altri contesti di riferimento, per cui è necessario creare accordi di collaborazione con i vari settori interessati, anche tra­ mite intese formalizzate con appo­ siti protocolli. Il Comune, in tal sen­ so, ha stipulato uno specifico atto con l’Azienda provinciale per i ser­ vizi sanitari e l’Agenzia per la pro­ tezione dell’ambiente, individuando dettagliatamente i campi di azione comune per la promozione della sa­ lute dei cittadini. Nel corrente anno, poi, l’Azienda provinciale per i servizi sanitari, anche sulla base di un obiettivo assegnato da parte della Provincia,

aderirà alla Rete Europea degli Ospe­ dali per la Promozione della Salute. Anche in questo caso, pur essendo l’Ospedale un luogo sanitario e di cura, può essere identificato, da una diversa ottica, come specifico am­ biente con proprie caratteristiche e pertanto possono essere messe in atto in tutte queste situazioni de­ terminate azioni a favore dei pazien­ ti, ma anche degli operatori e di coloro che entrano in qualsiasi ve­ ste in questa istituzione, per ren­ dere più vivibile ed assicurare la promozione della salute e la qualità della vita indipendentemente dal­ l’attività costitutiva di questo am­ bito. Ad esempio, il dichiararlo zona “smoke free”, l’assicurare adeguate misure di protezione per tutti dai rischi radioattivi delle attrezzature presenti, ecc. Dal punto di vista metodologico, per la creazione di ambienti favore­ voli alla salute si tende ad utilizza­ re il “settings based approach”, ov­

vero si considera e si indirizza l’azio­ ne sulle caratteristiche non solo strutturali, ma anche organizzative in senso lato (che comprendono anche gli aspetti relazionali, gli obiettivi, i valori e le regole espli­ cite ed implicite, insomma tutti gli elementi che definiscono l’organiz­ zazione in quanto tale) di vari “set” ambientali (quali, le scuole, i luo­ ghi di lavoro, gli ambienti domesti­ ci, gli ospedali appunto, ecc.). A seconda poi dell’angolazione considerata, si può scendere nel det­ taglio, dividendo i macro-ambienti in sottogruppi e agire su di essi (es. gli ospedali potrebbero essere con­ siderati come luogo di lavoro, ma anche come luogo di “soggiorno” di individui, quindi le misure adottate possono indirizzarsi, a seconda delle esigenze e del momento, su uno di questi aspetti oppure su entrambi o anche su altre dimensioni). L’impor­ tante è riuscire ad individuare tutte queste caratteristiche comuni e de­ finenti il singolo set ambientale per poter intervenire in senso favore­ vole alla salute, intersecando le sud­ dette linee di azione. Promuovere la salute nell’ambiente lavoro: l’esperienza della Provincia Autonoma di Trento Uno dei macro-ambienti più rilevanti della vita sociale riguarda il luogo di lavoro: il lavoro rappresenta in­ fatti indubbiamente l’attività uma­ na più diffusa a livello quantitativo e diversificata a livello qualitativo, per cui diviene prioritariamente ne­ cessario rendere le svariate sedi in cui si svolge sane e sicure per chi vi

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opera e per chi ne viene a contatto. In considerazione dell’alto nume­ ro di incidenti, spesso gravi e mor­ tali, che caratterizzano questo am­ bito, la Provincia Autonoma di Tren­ to ha posto la lotta a questo feno­ meno come una delle principali prio­ rità della corrente legislatura. Per attuare questo importante obiettivo, la Provincia si è fatta in­ nanzitutto carico di promuovere l’at­ tenzione su questo problema (in particolare, attraverso la realizzazio­ ne di uno specifico Convegno sul tema), diffondendo la consapevolez­ za dell’evitabilità delle cosiddette “morti bianche”, ma anche di que­ gli incidenti che provocano comun­ que una più o meno grave compro­ missione dello stato di salute del­ l’individuo coinvolto. Ciò ha condotto ad una sponta­ nea adesione ed un esplicito impe­ gno da parte di tutti i settori coin­ volti, interni e soprattutto esterni alla sanità, per fornire, ciascuno per la propria competenza, la disponi­

bilità a porre interventi nel proprio ambito di riferimento al fine di pre­ venire gli infortuni e garantire la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro. In questo caso, dunque, la chia­ ra definizione dell’obiettivo da rag­ giungere e la condivisione esplicita dello stesso, dovuta anche alla va­ lutazione dei vantaggi diffusi per tutte le forze in campo nel promuo­ vere la sicurezza sul lavoro, ha per­ messo di superare facilmente le ine­ vitabili divisioni ed incomprensio­ ni dovute alle diverse prospettive in cui si colloca la mission di cia­ scun soggetto (v. ad esempio, le posizioni apparentemente contrap­ poste delle parti imprenditoriali e sindacali), nonché di accettare an­ che specifiche limitazioni o momen­ ti di compromesso a fronte della convergenza sinergica verso il per­ seguimento dell’obiettivo di salute posto. Il risultato di questo fattivo ac­ cordo si è concretizzato nell’elabo­ razione di un Piano operativo per la prevenzione e la sicurezza sui luo­ ghi di lavoro (che costituisce il con­ tenuto di un Protocollo-quadro d’in­ tesa, sottoscritto da tutti i sogget­ ti coinvolti in data 8 maggio 2001 e approvato con Deliberazione del­ la Giunta provinciale n.1404 del 8 giugno 2001); esso, per i motivi suddetti, rappresenta una concreta applicazione dell’approccio di pro­ mozione della salute e in particola­ re incide in questa area prioritaria di azione riferita alla creazione di ambienti sani. Composto da 8 progetti, il piano operativo può essere letto su diver­

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si livelli e contiene obiettivi e azioni di diversa natura e portata, vista anche l’eterogeneità della materia, ma è comunque caratterizzato da una immediata empiricità e concre­ tezza; per assicurare la sua applica­ zione, sono previsti specifici mo­ menti di valutazione e di verifica, sia per la realizzazione delle azioni previste, sia per il raggiungimento dello scopo fondamentale, ovvero la prevenzione e la riduzione degli in­ cidenti da lavoro. Nel mese di giu­ gno 2001, il Piano operativo è en­ trato nella fase propriamente attua­ tiva.

sone implicate, improntati alla pre­ venzione e alla sicurezza. Questo a dimostrazione che la promozione della salute riguarda un approccio complessivo, dipendente da diverse azioni interrelate, ma che non può mai trascurare l’importan­ za del cosiddetto “fattore umano”, in quanto esso rappresenta sempre, nelle sue diverse componenti, l’ele­ mento determinante per perseguire efficacemente la salute dei singoli e della collettività.

Conclusioni Questa esperienza ha aperto pro­ spettive favorevoli per il futuro e per altre problematiche emergenti di salute, inducendo anche un’ulte­ riore riflessione. Anche la creazione di ambienti favorevoli per la salute non può pre­ scindere, come rivela e dimostra lo stesso piano operativo e le azioni in esso contenute, dalla assunzio­ ne da parte delle persone coinvolte e operanti in questo ambiente, in questo caso dai lavoratori e dei da­ tori di lavoro, di comportamenti consapevoli e responsabili per pre­ venire questo tipo di infortuni. Det­ to in altri termini: la creazione di condizioni ambientali favorevoli per contrastare l’insorgere dell’evento lesivo o patologico, seppur neces­ saria, non può assolutamente pre­ scindere dal controllo e dalla assun­ zione di atteggiamenti e di com­ portamenti concreti, indotti da in­ terventi di informazione ed educa­ zione sanitaria, da parte delle per­

[1] World Health Organisation e altri: “Securing Investment for Health” – Demonstration Pro­ ject in the Provinces of Bolza­ no and Trento- Final Report, June 1995;

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

[2] Provincia Autonoma di Trento, Assessorato alle Politiche socia­ li e alla Salute, “I documenti OMS sulla Strategia della salu­ te per tutti”, Puntomega n.2/ 3, Agosto 2000. [3] Provincia Autonoma di Trento, Assessorato alle Politiche socia­ li e alla Salute, “Sicurezza e salute nei luoghi di lavoro: un impegno comune - Atti della Conferenza provinciale”, Colla­ na “Documenti per la salute” n. 7, Trento, 2001.

Monica Pisetta è funzionario del Servizio Programmazione e Ricerca sanitaria della Provincia Autonoma di Trento. 99

Rafforzare l’azione delle comunità Renzo De Stefani

Tre esempi di azioni per favorire la solidarietà sociale e la partecipazione della comunità alla promozione della salute.

“È attraverso l’azione comunitaria concreta ed efficace che la promo­ zione della salute può stabilire prio­ rità, prendere decisioni e progettare e realizzare strategie tese al miglio­ ramento della salute. Momento cen­ trale di questo processo è il poten­ ziamento della comunità, per ren­ derla veramente padrona e arbitro delle sue aspirazioni e del suo desti­ no. Lo sviluppo della comunità at­ tinge risorse umane e materiali esi­ stenti nella comunità stessa per fa­ vorire l’autosufficienza e la solida­ rietà sociale e per elaborare sistemi flessibili diretti al rafforzamento del­ la partecipazione e della gestione diretta per quanto riguarda i proble­ mi relativi alla salute. Per questo occorre garantire l’accesso libero e costante a tutte le informazioni e opportunità di conoscenza in tema di salute, nonché un adeguato sup­ porto finanziario.” Carta di Ottawa per la promozione della salute, OMS, 1986 La Carta di Ottawa compie que­ st’anno 15 anni, portati, mi pare, 100

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molto bene. Infatti non si sente tanto il bisogno di cambiarla, quan­ to quello di individuarne, finalmen­ te, nelle nostre comunità i primi segni di concreta applicazione. Sono segni ancora spesso con­ traddittori e deboli. La promozione della salute fa fatica a entrare nel nostro quotidiano per quello che dovrebbe essere, legata ai principi della responsabilità personale, del protagonismo sano, della partecipa­ zione finalizzata. Sono comunque segni in cresci­ ta, anche se spesso ancora non suf­ ficientemente visibili o collegati nella nostra percezione alla promo­ zione della salute. Del resto il radicato costume della delega nonché quello della confu­ sione tra domanda e offerta di ser­ vizi sanitari, prevenzione e promo­ zione di salute induce ancora trop­ po spesso alla pratica di consegna­ re a terzi, soprattutto al mondo sa­ nitario, la responsabilità prima del­

la nostra salute. E naturalmente il costume della delega ben si sposa con tutte le resistenze che ciascu­ no di noi poco o tanto tira fuori quando si tratta di assumere in pri­ ma persona responsabilità e prota­ gonismo, soprattutto quando si “scopre” che questo significa mo­ dificare comportamenti e darne te­ stimonianza. Un circolo vizioso che si può spezzare e si spezza tutte le volte che esperienze concrete e importan­ ti per le persone, le famiglie, i gruppi che le vivono ci fanno cogliere l’im­ portanza che il diventare responsa­ bili e protagonisti ha sulla qualità della nostra vita, e perciò sulla pro­ mozione della salute, sui grandi temi delle aspirazioni, del benessere, dell’adattamento o della modifica dell’ambiente. Perché tutto questo diventi pa­ trimonio acquisito e consolidato servono testimonianze, tali da mo­ dificare ogni giorno di più la nostra cultura di riferimento. In questo breve contributo vor­ rei portare 3 esempi che pur nella loro diversità contengono elementi comuni e coerenti con l’obiettivo di rafforzare l’azione della comunità in tema di promozione della salute. 1. ”Lamiacittà – vivere tutti meglio a Trento”. Ovvero come migliorare la nostra QRI (=Qualità delle Relazioni Interpersonali) Dagli atti costitutivi de “lamiacit­ tà” “Sia nel comune sentire della vita Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

quotidiana che nelle riflessioni delle grandi Agenzie internazionali che si occupano di salute e di convivenza, torna ricorrente una constatazione preoccupata. Nei nostri paesi e nei quartieri delle nostre città, mentre è cresciuto il benessere materiale del­ la maggioranza delle persone e delle famiglie, è calato il senso di appar­ tenenza alla comunità, le reti di mutualità del buon vicinato, gli scambi interpersonali significativi. Spesso ci diciamo che la qualità della vita è peggiorata. Ci capita di sentirci smarriti ed estraniati rispet­ to ad una comunità di cui a volte è difficile vedere il tessuto connetti­ vo. Le relazioni interpersonali e so­ ciali, nei condomini come nei luo­ ghi di lavoro, appaiono grigie o as­ senti, ritrovarsi su valori condivisi sembra un qualcosa di cui si sta perdendo la memoria. Nell’aprile 1999 l’Azienda provin­ ciale per i servizi sanitari, per il tra­ mite del Servizio di Salute Mentale, e il Comune di Trento, attraverso l’Assessorato alle politiche sociali, hanno deciso di cercare assieme i modi per passare dalla preoccupa­ zione diffusa alla ricerca dell’azio­ ne condivisa. In quel momento “lamiacittà” ha fatto il primo passo, subito con un obiettivo ambizioso: migliorare la qualità complessiva delle relazioni interpersonali e sociali nella città di Trento. Un obiettivo importante perché dalla qualità complessiva delle nostre relazioni dipende la qualità della nostra vita e quel bene prezioso che è la salute mentale, intesa come capacità costante nel tempo di stare bene con noi stessi, 101

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con la nostra famiglia, con la no­ stra comunità. Perché “lamiacittà” potesse par­ tire col piede giusto occorreva na­ turalmente coinvolgere e mettere as­ sieme disponibilità e risorse delle persone e dei gruppi variamente organizzati e rappresentativi dei mondi istituzionali, sociali, econo­ mici, culturali e del volontariato presenti nella nostra città. Per fare questo sono state con­ tattate le 50 realtà associative più rappresentative della città di Tren­ to ed è stato spiegato e proposto loro di partecipare a “lamiacittà”. Circa 30 realtà hanno manifestato interesse e disponibilità a passare dalle parole ai fatti. Per fare questo si è costituito un gruppo di lavoro e di coordinamento. Il gruppo di lavoro ha operato intensamente per definire un pro­ getto e alcuni percorsi. “lamiacittà” è quindi diventata una “proprietà” diffusa di Enti, As­ sociazioni, rappresentanze molto di­ verse tra loro, garanzia fondamen­ tale per poter costruire un qualcosa di condiviso e di radicabile nella cit­ tà. È in questo spirito di condivisio­ ne tra soggetti diversi che lamiacit­ tà ha iniziato a camminare, interes­ sata a coinvolgere nel tempo sempre più tutte le persone disponibili a mettersi in gioco. Hanno promosso “lamiacittà”: ACLI, Amnesty International, ARCI, Associazione Albergatori, Associa­ zione Amici della Bicicletta, Asso­ ciazione Artigiani e Piccole Impre­ se, Associazione “Famiglie Insieme”,

Associazione Mutilati e Invalidi Ci­ vili, Associazione Trentini nel Mon­ do, Azienda Provinciale per i Servi­ zi Sanitari – Servizio di salute men­ tale di Trento, Casa per la Pace, CGIL, Collegio degli infermieri pro­ fessionali, Collegio dei periti indu­ striali, Comitato Difesa Consumatori, Comune di Trento – Assessorato alle politiche sociali, Confederazione Italiana Agricoltori, Conferenza dei Presidenti di Circoscrizione, Confe­ sercenti del Trentino, Coordinamento Caritas delle Parrocchie del Decanato di Trento, Coordinamento donne, Federazione Trentina delle Coopera­ tive, Istituto regionale di studi e ricerca sociale, Ordine dei farmaci­ sti, Ordine dei giornalisti, Ordine dei medici, Ordine degli psicologi, Ser­ vizio Istruzione della Provincia au­ tonoma di Trento, Rete “Radié Re­ sch”, Unione piccoli proprietari im­ mobiliari.

Su queste premesse sta crescen­ do “lamiacittà”. Gli elementi che maggiormente la caratterizzano quale laboratorio vol­ to a promuovere salute sono i se­ guenti: - l’obiettivo chiaro e condiviso è quello di migliorare la qualità delle relazioni interpersonali in quanto determinati di salute

mentale; - le proposte individuate sono sempre frutto di una condivisio­ ne di un gruppo di lavoro che rappresenta le principali realtà aggregative e rappresentative della città; - le proposte cercano di essere sempre il più possibile semplici, accattivanti, sorridenti, stimo­ lanti; - le proposte sono aperte e perse­ guono sempre il maggior livello possibile di coinvolgimento, di responsabilizzazione e di prota­ gonismo del singolo cittadino, della sua famiglia, di un suo eventuale gruppo di riferimento - l’elemento di coinvolgimento e di responsabilizzazione persona­ le costituisce l’indicatore primo e principale su cui misurare il successo dell’iniziativa. Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

Le principali iniziative già rea­ lizzate nel 2000 e in corso di rea­ lizzazione nel 2001 sono le seguenti Iniziative 2000 - Materiale informativo - N. di telefono – 0461/230004 - Accordi con i media - Il volantone sulla comunicazio­ ne - I sabati di “lamiacittà” – Il Ga­ zebo - Le attività fatte con altre realtà (8 marzo, bimbinbici, etc) - Il laboratorio del lunedì - Indice QRI - Coinvolgimento e protagonismo di… - Altro e di più ... Iniziative 2001 - Una fisarmonic-card per star meglio con se stessi e con gli 103

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Descriverò molto brevemente l’In­ dice QRI (QRI = Qualità delle Rela­ zioni Interpersonali) per rappresen­ tare con un esempio lo spirito in­ formatore complessivo de “lamiacit­ tà”. Che cos’è. L’Indice QRI è un ter­ mometro che misura la temperatura delle relazioni interpersonali e so­ ciali nella città di Trento. Come funziona. I rilevatori de “la­ miacittà” misurano in 10 luoghi pre­ definiti della città, una volta al mese, le relazioni interpersonali e sociali utilizzando scale di valuta­ zione numeriche. La rilevazione fatta in ogni singolo luogo fornisce l’in­ dice QRI di quel luogo in quel mese. La somma delle dieci rilevazioni di un dato mese costituisce l’indice mensile del QRI della città di Tren­ to.

L’obiettivo. L’obiettivo dell’Indi­ ce QRI è contribuire a dare visibili­ tà e importanza al valore della qua­ lità delle relazioni interpersonali, a stimolarvi intorno riflessioni e pen­ sieri. La rilevazione e la pubblicizza­ zione dell’indice QRI non ha finali­ tà dirette sulla qualità delle rela­ zioni interpersonali nei luoghi dove si effettua la misurazione. L’attesa è quella di creare nella città un clima di curiosità, di at­ tenzione, di sensibilizzazione che favorisca il più possibile la nascita di iniziative dirette e/o che contri­ buisca comunque a movimenti spon­ tanei di riflessione e cambiamento. I luoghi della rilevazione. Sono stati individuati 10 luoghi con ca­ ratteristiche diverse, ma che rappre­ sentano sempre luoghi di passag­ gio, di incontro, di attesa, di richie­ sta di beni o servizi. I 10 luoghi individuati forniscono un insieme rappresentativo della quotidianità di

Foto G. Zotta - APT del Trentino

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altri Una carta di identità di “lamia­ città” Il futuro del QRI a Trento, in Ita­ lia e oltre… Un gazebo per tutte le stagioni Sorrisi tra commercianti e soci de “lamiacittà” Inviti a personaggi famosi per proporsi come veicolo dei temi di “lamiacittà” Partecipazione a iniziative di al­ tri Le feste di condominio Attività con le scuole. Dal QRI in avanti… Laboratorio del lunedì Ancora e sempre coinvolgimen­ to e protagonismo di singoli e gruppi Altro e di più...

vita della città di Trento, per quan­ to riguarda i suoi luoghi “pubblici”. Le variabili della rilevazione. Per misurare la temperatura delle rela­ zioni interpersonali e sociali nei 10 luoghi individuati utilizziamo 10 variabili. 5 variabili sono frutto del­ l’osservazione del luogo e della va­ lutazione delle relazioni che vi si svolgono, 5 variabili sono frutto della valutazione di situazioni pro­ vocate dai rilevatori nell’ambito di 3 situazioni ricorrenti: esternazio­ ne di un complimento “soft”, richie­ sta di un “piccolo” favore, richiesta di un’informazione “semplice”. Dalla somma delle 10 misurazio­ ni si ottiene il QRI del singolo luo­ go che potrà andare da un minimo di 0 a un massimo di 100. Somman­ do i 10 QRI si ottiene il QRI gene­ rale che potrà oscillare tra un mini­ mo di 0 ed un massimo di 1000. I primi sei mesi di rilevazione dell’indice QRI – dicembre 2000/ maggio 2001- permettono di trac­ ciare alcune considerazioni. Le persone che sono state coin­ volte nella rilevazione nei diversi luoghi hanno mostrato quasi sem­ pre disponibilità e interesse. Tutte le volte che è stato possi­ bile spiegare loro il senso di “la­ miacittà” e dell’indice QRI hanno espresso vivo apprezzamento, con­ divisione, incitamento a prosegui­ re. Dalle circa 600 persone con cui si è parlato più approfonditamente (una media di 10 persone per luogo per mese) si è percepito chiaramente che il bisogno di migliorare le no­ stre relazioni interpersonali è mol­ to sentito e condiviso. Molti hanno Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

dichiarato interesse a farsi coinvol­ gere in iniziative finalizzate a que­ sto scopo. In questo senso “lamia­ città” e l’Indice QRI sono stati con­ siderati stimoli efficaci e concreti. Come abbiamo chiarito già all’ini­ zio il principale obbiettivo dell’In­ dice QRI è quello di stimolare altre iniziative che siano finalizzate al miglioramento delle relazioni inter­ personali e che partano dall’inizia­ tiva di singoli cittadini o di loro gruppi. In questo senso questi primi 6 mesi di rilevazione hanno prodot­ to: - un interesse “generico” delle persone coinvolte nella rilevazio­ ne che ne hanno preso conoscen­ za e si sono mostrate interessa­ te ad attivarsi; - un interesse “specifico” di alcu­ ne persone per introdurre l’Indi­ ce QRI nelle proprie realtà di la­ voro o di vita. È evidente che se fatto in contesti di questo tipo l’Indice QRI viene ad assumere un valore specifico come modi­ ficatore della qualità delle rela­ zioni interpersonali; - in 3 scuole sono partite iniziati­ ve finalizzate agli obiettivi di “lamiacittà”; In particolare nelle scuole Bre­ sadola e Tambosi alcune classi sono state coinvolte direttamen­ te nella rilevazione dell’Indice QRI; - è aumentata la frequenza al la­ boratorio di “lamiacittà”, aper­ to tutti i lunedì dalle 18.00 alle 19.00, con la finalità di racco­ gliere idee, proposte, progetti; - da diverse persone che risiedo­ 105

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no fuori Trento, sia in provincia che in altre regioni italiane, sono venute richieste di materiale sul­ l’Indice QRI per poterlo speri­ mentare nella propria realtà ter­ ritoriale; - alcuni media nazionali hanno ri­ portato l’esperienza dell’Indice QRI.

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Naturalmente i “veri” risultati sono rappresentati dai coinvolgi­ menti personali. Un buon esempio ci viene dalle Scuole medie Bresadola. Un grup­ petto di studenti partecipa dall’ini­ zio alla rilevazione del QRI. I ra­ gazzi l’hanno presa giustamente sul serio e sono molto attenti a studia­ re e a misurare quello che succede nei luoghi, a coinvolgere chi tran­ sita in piccole e gentili provocazio­ ni per poi trasformare in voto la Qualità della Relazione che si è cre­ ata. Il “vero” risultato è che hanno trasferito a scuola lo spirito dell’ini­ ziativa cercando di individuare i nodi, i problemi che nella loro scuola pesavano sulla Qualità delle loro Relazioni Interpersonali. E hanno cominciato a discuterne. Non per questo in quella scuola saranno di­ ventati tutti angioletti, ma forse qualcosa di positivo è successo e qualche riflessione la possiamo fare, visto che ci preoccupiamo sempre di più dei comportamenti dei nostri ragazzi e delle difficoltà a coinvol­ gerli. In questo modo è accaduto che i ragazzi, acquisitane la respon­ sabilità, si sono sentiti diretti pro­ tagonisti della Qualità delle loro Relazioni, in altri termini della loro salute mentale. Facile immaginare

che l’iniziativa si stia estendendo in altre scuole. Un percorso simile si sta verifi­ cando con altre iniziative, col ri­ sultato atteso che del laboratorio de “lamiacittà” diventino responsa­ bili e protagonisti il maggior nu­ mero di cittadini trentini. 2. Alcol, problemi alcolcorrelati e promozione di salute. Tutti più informati, tutti più responsabili Da circa 10 anni l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha modifica­ to l’approccio nei confronti dell’al­ col e dei problemi alcolcorrelati. Fino alla fine degli anni ‘80 il rife­ rimento costante era il binomio uso/ abuso. Da un lato i consumi con­ sentiti/sociali/innocui, progressiva­ mente in calo, e misurati in gram­ mi/die, dall’altro quelli pericolosi/ dannosi e perciò sconsigliati/proi­ biti. Su quest’approccio si era conso­ lidata per anni la cultura del cosid­ detto bere moderato/sociale/accet­ tato. Una cultura che mescolava tra­ dizioni radicate e fortemente con­ divise dalla comunità con posizioni scientifiche sempre meno sosteni­ bili come veicolatrici di salute. Il fallimento di questo approccio appariva sempre più evidente con­ siderato che non riusciva a mettere in campo nulla di significativo in termini di “prevenzione” e neppure in termini di “cura”. Vi era poi da fare i conti con un dato epidemio­ logico ormai acquisito che dimostra­ va come il numero di problemi al­ colcorrelati in una popolazione fosse direttamente proporzionale ai con­

Documenti per la salute 6: “Le attività alcologiche in Trentino”, a cura di L. Pellegrini e C. Zorzi. Coordinamento editoriale V. Curzel. Provincia Autonoma di Trento, Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari, Centro Studi e Documentazione sui Problemi alcolcorrelati Trento.

sumi medi di quella popolazione e che nel gruppo dei cosiddetti bevi­ tori moderati, percentualmente mag­ gioritario, si concentrasse il mag­ gior numero di problemi alcolcorre­ lati. Da qui il passaggio “epocale” che, abolendo la storica distinzione tra uso e abuso, riconduce il bere be­ vande alcoliche sempre e comunque a consumo e lo colloca tra i com­ portamenti a rischio che in quanto tali è bene il più possibile evitare. Da qui lo slogan odierno dell’OMS nei confronti del bere: Less is bet­ ter, Meno è meglio. In pochi campi come in quello dell’alcol e dei problemi alcolcorre­ lati rafforzare l’azione della comu­ nità è fondamentale, perché è pro­ prio attraverso la disinformazione e i relativi conseguenti comportamen­ ti della comunità che si creano la maggior parte dei problemi alcolcorrelati. Mentre è proprio attraver­ so una azione comunitaria che può Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

cambiare la percezione che la co­ munità ha dell’alcol e di conse­ guenza i comportamenti e perciò i consumi e perciò l’incidenza e la prevalenza dei problemi alcolcorre­ lati e perciò la nostra salute. In Trentino poco più di 15 anni fa approdarono i Club degli alcolisti in trattamento, gruppi basati sui principi della mutualità, composti da 5-10 famiglie al cui interno vi sono problemi alcolcorrelati. I mem­ bri dei Club si incontrano 1 volta alla settimana con il fine dichiara­ to di smettere di bere e soprattutto di cambiare il proprio stile di vita. In questi 15 anni i Club si sono diffusi rapidamente e in modo ca­ pillare tanto che oggi ve ne sono in Trentino più di 160, 1 ogni circa 2800 abitanti. I Club hanno ovviamente e pri­ mariamente dato risposte molto importanti a centinaia e centinaia di famiglie che sono uscite dal pro­ blema. Ma i Club hanno anche co­ stituito un potente laboratorio che ha contribuito a modificare nella comunità il rapporto con l’alcol sta­ bilendo principi e pratiche di pro­ mozione di salute. Questo è avvenuto per 3 specifi­ ci fattori. a) Il primo fattore riguarda la di­ chiarata visibilità dei Club. I membri di Club non si nascon­ dono, anzi, la loro testimonian­ za è dichiarata e assume un va­ lore ovvio non solo per chi vi partecipa direttamente ma anche per quanti per motivi diversi ne vengono a conoscenza e in con­ tatto (amici, vicini di casa, col­ leghi di lavoro, operatori socio­ 107

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sanitari, amministratori, etc). b) Il secondo fattore riguarda il par­ ticolare sistema che ruota attor­ no ai Club in tema di formazione e di aggiornamento. In questo sistema vi sono livelli e target di riferimento diversi che inte­ ressano complessivamente tutta la comunità. - Il 1° livello riguarda “Il Cor­ so di sensibilizzazione all’ap­ proccio ecologico-sociale ai problemi alcolcorrelati e com­ plessi”, Corso della durata di 50 ore e che è aperto a ope­ ratori, volontari, cittadini con o senza problemi alcolcorrelati. Gli obiettivi dichia­ rati del corso sono due. Il primo riguarda la messa in di­ scussione del rapporto perso­ nale che chi partecipa al Cor­ so ha con il bere, secondo

quelle che sono le attuali posizioni OMS; il secondo l’acquisizione di conoscenze sulla metodologia e sulla pra­ tica dei Club per entrare a far­ vi parte come operatore. - Il 2° livello riguarda momen­ ti di formazione e di aggior­ namento dedicate alle fami­ glie che frequentano i Club, all’inizio e durante il percor­ so. - Il 3° livello riguarda momen­ ti di informazione e di sensi­ bilizzazione organizzati assie­ me ad associazioni e/o enti di un dato territorio (quartie­ re, circoscrizione, paese) e offerti alle persone e alle fa­ miglie che abitano in quel territorio. c) Il terzo fattore riguarda la dichia­ rata volontà di collaborare con i

servizi pubblici coinvolti nei pro­ blemi alcolcorrelati, dai servizi di alcologia ai servizi sociali, dai medici di medicina generale a tutte le figure e le aggregazioni significative della comunità. Chi ha memoria storica della na­ scita e dello sviluppo dei Club in Trentino conosce bene queste cose. Forse può apparire meno evidente il legame che tutto questo ha avuto e sempre più avrà in prospettiva con la promozione della salute. Ne ricordo i 2 passaggi principa­ li. - Il primo passaggio riguarda le fa­ miglie che entrano nei Club e che ricevono fin dal primo momento una fortissima iniezione di re­ sponsabilità e protagonismo. Tanto più forte se si pensa che per decenni i problemi alcolcor­ relati si riteneva fossero un prez­ zo da pagare senza soluzioni possibili o con false soluzioni come i ricoveri continui, i vari passaggi tra servizi, i pellegri­ naggi della falsa speranza. Più di 5000 persone in Trentino at­ traverso la frequenza ai Club han­ no “scoperto” che la responsa­ bilità della loro salute era nelle loro mani e che lì stavano tro­ vando la risposta che per anni

avevano cercato invano anche attraverso i circoli viziosi della delega e della deresponsabiliz­ zazione. - Il secondo passaggio richiama i percorsi di sensibilizzazione. Nella tabella 1 si trova il numero di famiglie entrate nei Club, il numero delle persone residenti in Trentino che hanno frequen­ tato lo specifico Corso di sensi­ bilizzazione e il numero appros­ simativo delle persone che han­ no partecipato a serate di sensi­ bilizzazione. Sono numeri che colpiscono e che contribuiscono a spiegare come mai oggi in Trentino vi sia il maggior numero di Club in rapporto alla po­ polazione, vi sia una percezione dei problemi alcolcorrelati sempre più corretta, pur in presenza di una cul­ tura del bere ancora molto radica­ ta, vi siano importanti iniziative mi­ rate, validate scientificamente sul­ la base dei dettati dell’OMS, per sti­ molare attraverso programmi speci­ fici di informazione e di sensibiliz­ zazione una riduzione dei consumi e perciò una riduzione dei proble­ mi. In buona sostanza una chiara azione della comunità che in modo sinergico promuove salute, a chiara dimostrazione di come muovendosi

Tabella 1

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N. di famiglie entrate nei Club 1985-2000

N. di Club al 31.12.2000

3250

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N. di persone che hanno N. di persone che hanno frequentato i Corsi partecipato a serate di sensibilizzazione di sensibilizzazione 1986-2000 1986-2000 964

8000 ca

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in questa direzione la promozione della salute esce dalle affermazioni di principio per calarsi nel nostro quotidiano di vita.

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3. Dal disagio psichico alla salute mentale. Lotta al pregiudizio per fare assieme Una famosa ricerca dell’Organizza­ zione Mondiale della Sanità docu­ mentò alcuni anni orsono che il decorso delle malattie mentali più gravi assume un andamento più fa­ vorevole nei paesi meno sviluppati rispetto all’Occidente ricco e indu­ strializzato, che pure ha servizi psi­ chiatrici capillarmente diffusi. La spiegazione di questo appa­ rente paradosso è stata individuata nel fatto che rispetto all’Occidente, nei paesi del cosiddetto terzo mon­ do si registra solitamente una ac­ cettazione superiore nei confronti dei malati di mente e che lo stigma nei loro confronti assume forme molto più blande quando non è del tutto assente. Su questa base da alcuni anni, e a maggior ragione dopo le riflessio­ ni culturali che la chiusura dei ma­ nicomi hanno portato in Italia, si sta dando valore e significato ad azioni di sensibilizzazione della popolazione generale per raggiun­ gere alcuni obiettivi specifici: - abbassare lo stigma e il pregiu­ dizio; - migliorare il livello di accetta­ zione e di integrazione solidale - promuovere il protagonismo di tutti sui temi della salute men­ tale. L’esperienza che da alcuni anni sta portando avanti il Servizio di salu­

te mentale di Trento rientra in que­ sto contesto e si sta sviluppando in questo modo. Si è progressivamente costituito per iniziativa del Servizio un “Grup­ po sensibilizzazione” costituto da operatori, utenti, familiari, volon­ tari, rappresentanti di enti pubblici e privati che si occupano a vario titolo di disagio mentale (ad esem­ pio vigili urbani ed operatori di co­ operative sociali), Gruppo che si colloca all’interno della Consulta cittadina per la salute mentale. Questo Gruppo che ha visto col tempo crescere sempre di più la pre­ senza e l’importanza di utenti e fa­ miliari riconosce una radicale pari­ tà di sapere e di esperienza a tutti i suoi componenti. Già questa acquisizione stabili­ sce un presupposto importante per­ ché garantisce responsabilità e pro­ tagonismo in pari misura a soggetti tradizionalmente separati. Da un lato gli operatori dei Servizi o di enti comunque attivi nel campo e dall’altra gli utenti e i loro familia­ ri. L’attività di sensibilizzazione si articola nel seguente modo. Un operatore del Servizio che svolge funzioni di segretariato or­ ganizzativo e di rete prende con­ tatto con tutte le realtà variamente organizzate che nel Comune di Tren­ to hanno rappresentanza (Circoscri­ zioni, parrocchie, associazioni cul­ turali, ricreative, sportive, etc.) non­ ché con alcune agenzie particolar­ mente importanti come le scuole. In questi contatti si propone alla realtà contattate di organizzare as­ sieme una prima serata da proporre

ai cittadini che sono collegati a quella realtà. Si usa a questo scopo del materiale standard con locandi­ ne e manifestini o lettere personali che richiamano lo schema illustrato nel riquadro qui sotto riportato.

Figura 1 Locandina per la promozione di serate di sensibilizzazione sulle tematiche della salute mentale e della sofferenza psichica. Servizio di Salute mentale di Trento.

Consulta per la salute mentale

Il Circolo cultura le di Gardolo

Ti invitano ad una serata

di sensibilizzazione e di discussione

sulle tematiche

della salute mentale

e della sofferenza psichica

� salute mentale � disagio psichico � disturbo psichico/malattia mentale � cosa hanno di diverso l’infarto e la schizofrenia � Giovanni e la sua psicosi � il Servizio di salute mentale di Trento � ciascuno di noi è una risorsa

non cerchiamo eroi, ma…… Ci troviamo

il 21 ottobre alle ore 20.30

presso il Circolo dei Filosofi

in Via dei Rododendri 34

Introducono utenti, familiari, operatori del Servizio di salute mentale di Trento La Consulta è promossa dal Servizio di salute mentale di Trento, Via Petrarca 1, tel 0461-985825

Questa forma organizzativa ga­ rantisce un coinvolgimento attivo della realtà co-organizzatrice e che si attiva per coinvolgere i suoi mem­ bri. La serata si svolge di solito nel modo seguente: - un volontario introduce spiegan­ do storia e senso dell’iniziativa; - alcuni utenti e familiari raccon­ tano la loro esperienza persona­ le, che senza bisogno di esplici­ tarlo più di tanto si rivela sem­ pre un ottimo modo per contra­ stare i pregiudizi e per fornire agli intervenuti stimoli identifi­ catori positivi; - un operatore del Servizio sotto­ linea l’interesse che il Servizio Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

ha in queste attività e l’impor­ tanza del coinvolgimento e del­ la responsabilizzazione di tutti a partire da quanti sono presen­ ti in quella serata. Segue un dibattito solitamente molto ricco di spunti personali da parte di tutti e una prima riflessio­ ne su micro-iniziative che possono essere prese assieme. Dall’incontro si attendono alcuni risultati. - Il primo risultato atteso è che gli intervenuti mettano in di­ scussione stigma e pregiudizio nei confronti della malattia men­ tale maturando un atteggiamen­ to di disponibilità e di attenzio­ ne. - Il secondo risultato atteso è che le testimonianze di utenti e fa­ miliari con la loro carica di pro­ tagonismo e di responsabilità suggeriscono modalità simili a chi in vario modo si trova o si troverà a vivere forme di disagio o di disturbo o è vicino a chi tali problemi vive. - Il terzo risultato atteso è che dall’incontro nel suo complesso e da eventuali iniziative succes­ sive, la singola persona e/o il piccolo gruppo sia stimolato a cogliere l’importanza del coinvol­ gimento personale e della re­ sponsabilizzazione non solo in riferimento al disagio e al distur­ bo ma anche alla salute mentale nel suo valore positivo di star bene con se stessi e con gli altri a partire dalla qualità dei rap­ porti interpersonali (cfr. “lamia­ città”). 111

e di cui si cominciano a vedere i tangibili risultati.

Le esperienze in Trentino

Un ultimo cenno sul supporto finan­ ziario a queste iniziative a cui fa esplicito riferimento anche la carta di Ottawa. Si tratta di cifre assolutamente modeste, ma che spesso è assai fa­ ticoso reperire, così come è fatico­ so reperire quelle attenzioni e quel consenso che ancor più delle risor­ se economiche permette a queste iniziative di vivere e di moltiplicar­ si. Oggi qualcosa più di ieri lo si sta facendo e queste brevi testimo­ nianze ne fanno fede. Per domani ci aspettiamo che sensibilità e inve­ stimenti crescano un po’ più velo­ cemente. Auguri a tutti noi!

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Questo modello organizzativo ha ormai raggiunto una sua stabilità con circa 25-30 incontri all’anno a cui partecipano da 10 a 50 persone per incontro con un coinvolgimen­ to su base annua di circa 7-800 persone. Stanno inoltre maturando altre iniziative collaterali quali ad esem­ pio la pubblicazione sui giornalini delle varie realtà locali (circoscri­ zioni, parrocchie, associazioni) di contributi sul tema, così come la presenza ormai abituale di gazebo nelle feste di quartiere o nel Centro storico, gazebo organizzati dal “Gruppo sensibilizzazione” e in cui si distribuiscono opuscoli informa­ tivi e omaggi floreali e si iniziano a tessere rapporti con la comunità. Un insieme di iniziative il cui obiettivo è rafforzare l’azione della comunità in tema di salute mentale

Renzo De Stefani è Direttore dell’Unità Operativa di Psichiatria di Trento dell’Azienda provinciale per i Servizi sanitari e Coordinatore del Centro Studi e Documentazione sui Problemi Alcolcorrelati di Trento.

Lo sviluppo dell’attività fisica nella popolazione anziana Federico Schena

Strategie e azioni di educazione motoria per la popolazione anziana.

Attività fisica e salute: un binomio non scindibile Il legame tra attività fisica e salute è immediato e intuitivo. Un atleta durante una competi­ zione o una qualsiasi persona im­ pegnata in un gesto sportivo anche di moderata intensità evocano in tutti l’idea di un soggetto in stato di buona salute, anzi, in uno stato di ottima funzionalità psico-fisica che consente di trarre il meglio dal proprio corpo. Tuttavia proprio que­ sta idea di esercizio fisico come at­ tività “speciale” ha portato per lun­ go tempo a sottovalutare la rilevan­ za dell’esercizio motorio abituale come strumento di salute per ogni individuo e la necessità che questo tipo di comportamento debba esse­ re presente in tutte le persone, non solo a scopo di prestazione sporti­ va e/o di attività ricreativa, ma an­ che per lo sviluppo, il mantenimento ed il recupero di una condizione di buona salute. Il ruolo dell’attività fisica nei documenti internazionali Dalla fine degli anni ’80, in coinci­ denza con una maggiore attenzio­ Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

ne verso la salute come elemento globale della persona, inizia a in­ travedersi nei documenti internazio­ nali anche l’esercizio fisico come uno degli aspetti da considerare e da promuovere in tutta la popola­ zione per migliorarne la condizione di salute (vedi ad esempio la Carta di Ottawa). L’acquisizione di importanza è completa nell’Health 21 dove l’atti­ vità fisica appare finalmente distinta dal più riduttivo concetto di sport ed è invece associata all’ambiente (Obiettivo 10) e ad altri comporta­ menti positivi quali una corretta ali­ mentazione o un moderato uso di alcool (Obiettivo 11). Un documento fondamentale per il riconoscimento della relazione tra attività fisica e salute è la relazio­ ne del ministero della sanità ameri­ cano pubblicata nel 19961 che rac­ coglie i risultati di alcuni fondamen­ tali studi epidemiologici compiuti negli Stati Uniti2, per definire l’at­ tività fisica come un requisito non eliminabile da una politica sanita­ ria di promozione della salute. Si fa strada inoltre l’attenzione a com­ prendere quali destinatari dello svi­ luppo dell’attività fisica anche le fasce più deboli della popolazione, in particolare gli anziani. Il focus sulla popolazione anziana Il progressivo invecchiamento del­ la popolazione mondiale è una del­ le emergenze sanitarie che negli ultimi anni ha richiamato l’atten­ zione di tutti coloro che sono im­ pegnati nella programmazione e nella gestione delle risorse sanita­ 113

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rie. Di fronte al progressivo allun­ gamento della vita l’incremento de­ gli anni passati in buona salute e la riduzione degli anni di disabilità e dipendenza sono due obiettivi fon­ damentali. Esistono molte evidenze che la pratica dell’attività fisica è una con­ dizione basilare per queste finali­ tà3. Nel 1997 l’Organizzazione Mon­ diale della Sanità ha recepito que­ sti risultati pubblicando le “Linee­ guida di Heidelberg” per la Promo­ zione dell’attività fisica nella popo­ lazione anziana (il cui testo è alle­ gato a questa pubblicazione), che individuano i presupposti e le mo­ dalità operative per raggiungere gli obiettivi di salute sopra enunciati, richiamando inoltre gli effetti del­ l’AF non solo sulle funzionalità fisi­ ca, ma anche su vari aspetti psico­ sociali cruciali per la vita dell’an­ ziano. Le strategie e le azioni A livello nazionale esiste un vasto consenso su questi punti-chiave fat­ ti propri anche dal Piano Sanitario Nazionale 1998-2000 che ha ripre­ so questi aspetti, identificando l’in­ cremento dell’attività fisica nella po­ polazione anziana come uno degli obiettivi primari, riaffermato anche nell’attuale Piano recentemente de­ finito. Questo aspetto è valorizzato nel Piano Sanitario Provinciale della PAT che lo include chiaramente tra gli scopi dell’obiettivo 1. Le azioni concrete realizzate in Italia in questo settore sono tutta­ via meno numerose rispetto ad altri ambiti, tanto che è nota e docu­

mentata una carenza di informazio­ ni e di dati nazionali nel campo dell’esercizio fisico per la popola­ zione anziana. Questa difficoltà di­ pende dalla già citata difficoltà di separare attività fisica per la salute da attività sportiva e forse anche da specifiche carenze nei processi formativi e culturali degli esperti, responsabili e ricercatori, che nel nostro paese hanno per lungo tem­ po portato a sottovalutare tutto ciò che attiene all’ambito fisico e mo­ torio. Si tratta certamente di una situazione in cambiamento, anche alla luce dei sempre più frequenti confronti con gli altri paesi euro­ pei, ma rimane un ritardo non irri­ levante da recuperare. Le iniziative dell’ECUS/CeBiSM a Rovereto Il Laboratorio di ricerca dell’ECUS (Centro interuniversitario Europeo per le Scienze Sportive) è stato av­ viato a Rovereto nel 1996, per ini­ ziativa delle università di Trento Verona e Brescia, per condurre stu­ di ed iniziative nel settore delle at­ tività motorie e sportive. Dal 2000 gli interessi del Centro sono stati ampliati verso il settore della Bioin­ gegneria ed è stata modificata la denominazione in CeBiSM (Centro Interuniversitario di ricerca in Bioingegneria e Scienze Motorie) Tra gli ambiti di ricerca che sono stati al centro delle attività in que­ sti anni, lo studio delle relazioni tra esercizio fisico ed invecchiamento ha rappresentato senza dubbio il cam­ po di maggior impegno. Sono stati approfonditi aspetti diversi (fisio­ logici, psicologici, didattici) in re­

lazione alle modificazioni indotte dall’invecchiamento sulle dimensio­ ni della salute, per identificare gli effetti che si possono ottenere at­ traverso programmi mirati di attivi­ tà fisica. Nonostante alcuni studi abbiano riguardato gli effetti di programmi individualizzati di allenamento (per atleti cosiddetti “master”) o di re­ cupero funzionale in malati cronici (nel campo della riabilitazione car­ diologica), l’interesse principale è stato finalizzato alla definizione e all’attuazione di programmi di atti­ vità motoria di gruppo, secondo esperienze già iniziate in preceden­ za4, attuabili da un’ampia parte della popolazione anziana, che è in gra­ do di prendere in considerazione e di modificare, in accordo con le li­ nee guida di Heidelberg, tutti gli Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

ambiti della salute. Le iniziative realizzate hanno seguito due linee di sviluppo tra di loro interconnes­ se: 1. la definizione degli effetti scien­ tificamente dimostrabili in fun­ zione dell’attività fisica propo­ sta e attuata; 2. la sperimentazione e la valuta­ zione di iniziative concretamen­ te realizzabili sul territorio in collaborazione con le realtà (enti, associazioni) esistenti. Per ragioni di spazio verranno il­ lustrati solo i risultati più signifi­ cativi riguardanti le esperienze con­ dotte in Trentino, rinviando al sito www.form.unitn.it/CEBISM per una completa panoramica delle attività di ricerca effettuate in questo am­ bito. 115

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Il programma di educazione motoria per la popolazione anziana a Rovereto L’esperienza pluriennale dei corsi promossi nell’ambito delle iniziati­ ve dell’Università dell’Età Libera del Comune di Rovereto rappresentava un patrimonio di grande spessore che è stato integrato con le cono­ scenze scientifiche citate in prece­ denza, per trasformare i semplici corsi di “ginnastica” in uno stru­ mento di intervento globale mirato ad una “migliore qualità di vita per tutta la vita”. La collaborazione, iniziata nel settembre 1996, con un primo cor­ so di formazione per gli insegnanti di attività motoria dell’Università dell’Età Libera, ha trovato in questi anni continui spunti per rinforzarsi ed ampliarsi attraverso una siner­ gia tra Comune di Rovereto e CeBiSM, che ha dato vita ad un concre­ to sviluppo di iniziative centrate sull’educazione motoria per gli an­ ziani con aumento della tipologia di corsi di attività motoria, svilup­ po di iniziative collaterali (forma­ zione insegnanti, incontri di infor­ mazione su temi inerenti l’attività motoria), realizzazione di ricerche e studi specifici, iniziative di rica­ duta diretta sulla popolazione an­ ziana di Rovereto. Il “Progetto di educazione motoria per la popolazione anziana” è un programma di lavoro comune, rin­ novato annualmente dal Servizio Attività Sociali del Comune e dal La­ boratorio di ricerca, che prevede la possibilità di coinvolgere anche al­ tre entità sociali a vario titolo inte­ ressate alla promozione della salu­

te, al benessere psico-fisico e al miglioramento della qualità della vita dell’anziano nell’ambito delle tematiche che spaziano dall’attivi­ tà fisica alla medicina. Il progetto si è articolato in que­ sti anni in 4 settori di attività: 1. Corsi rivolti alla popolazione anziana; 2. Selezione formazione e coordi­ namento docenti; 3. Attività di ricerca scientifica e didattica; 4. Iniziative di ricaduta sulla po­ polazione anziana e nel territo­ rio; secondo una precisa filosofia che può essere così sintetizzata: a) gli interventi sono finalizzati al miglioramento complessivo del­ la qualità di vita; b) la ricerca è parte necessaria alla definizione dei programmi; c) gli insegnanti sono parte attiva della didattica e della ricerca; d) organizzazione, didattica e ricer­ ca non possono essere momenti separati. Rinviando al già citato indirizzo internet la completa elencazione delle attività svolte e dei risultati conseguiti, saranno qui illustrati in modo sintetico le iniziative attuate ed i risultati raggiunti negli ultimi due anni. Corsi rivolti alla popolazione anziana Questi corsi rappresentano la forma più tradizionale di attività motoria proposta, ormai diffusamente, alla popolazione di età adulta avanzata ed anziana. In genere i corsi si ri­

volgono a soggetti completamente autosufficienti, in buone condizio­ ni di salute con età media intorno ai 60 anni. E’ stato fatto un tenta­ tivo concreto di ampliamento delle tipologie di attività possibili anche con integrazione tra forme diverse (es. palestra + piscina) e promosso iniziative dirette alle età più eleva­ te, stimolando anche la partecipa­ zione di persone con patologie cro­ niche parzialmente disabilitanti (es. cardiopatici). La finalità dei corsi ha vissuto una progressiva evoluzione: da oc­ casione di movimento guidato, che coniugava esercizio fisico e momenti di socializzazione, si è passati ad una progetto integrato di educazio­ ne al movimento, dove i momenti di socializzazione trovano una cor­

retta collocazione all’interno di un programma motorio indirizzato alla prevenzione delle più comuni pato­ logie degenerative, e al migliora­ mento delle abilità motorie neces­ sarie alla vita quotidiana. La durata dei corsi è tale (circa 6 mesi) da permettere un consolidamento nel tempo dei risultati ottenuti e co­ prire il periodo dell’anno dove è più frequente la riduzione dell’attività spontanea. Nell’ultimo anno 2000-2001 sono stati proposti i seguenti corsi se­ guiti da circa 500 persone: - corsi di educazione motoria “da 55 anni ed oltre”; - corsi di educazione motoria “Over 70”; - corsi di educazione motoria “Al­ meno 80”; - corsi di educazione sportiva; - corsi di aquagym; - corsi di nuoto; - corsi di attività motoria estiva. Ad integrazione dei corsi vengo­ no proposte una serie “Conferenze di informazione sanitaria” che mi­ rano a fornire una informazione su temi inerenti la salute, che rappre­ sentano per l’anziano un momento di grande attrattiva. Negli anni si è passati dalle lezioni sulle malattie ad incontri su temi più ampi, toc­ cando anche argomenti alquanto inconsueti come: l’economia e la programmazione sanitaria; lo sco­ perta del genoma umano; le rela­ zioni nonni-nipoti, per citarne qual­ cuno, perseguendo sempre una mo­ dalità di presentazione colloquiale ed interattiva che ha trovato una risposta positiva ed interessata.

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Selezione, Formazione e Coordinamento insegnanti Asse portante del progetto e reale interfaccia con gli anziani sono gli insegnanti dei corsi, verso i quali è stata posta la massima attenzione ottenendo una fattiva ed aperta collaborazione. Il reclutamento de­ gli insegnanti avviene tra i diplo­ mati ISEF e comporta la loro ade­ sione al progetto complessivo, in quanto l’attività di conduzione dei corsi ne costituisce solo una parte. La motivazione è quindi un punto prioritario in quanto proprio l’im­ postazione dei corsi richiede che l’insegnante, che accetta di assu­ mere la responsabilità di conduzio­ ne di attività corsuale, non possa limitare l’impegno alle ore di pale­ stra ma si impegni a sostenere le iniziative di aggiornamento e di ri­ cerca. In questo modo il gruppo di docenti si è consolidato e sempre più qualificato negli anni, anche at­ traverso gli incontri periodici di ag­ giornamento con esperti e di autoaggiornamento che hanno condot­ to alla produzione di una guida per la programmazione e la conduzione dei corsi, che rappresenta la sintesi dell’esperienza didattica maturata in questi anni di lavoro. Ricerche scientifiche e didattiche In questo contesto l’attività di ri­ cerca è parte necessaria per la defi­ nizione dei programmi. Vengono perciò attuate ricerche che si rivol­ gono all’indagine dei meccanismi di base che permettono un positivo adattamento all’esercizio fisico an­ che nel corso dell’invecchiamento e alla sperimentazione di modalità

operative di trasferimento dei risul­ tati in programmi di lavoro nonché di successiva verifica delle variazioni apportate. La prima di queste due finalità potrebbe sembrare fuori luogo in un contesto di attività a prevalente connotato ricreativo, ma così non è se si riflette sulla grande oppor­ tunità di maggiore salute che una attività motoria, svolta correttamen­ te, offre ad una persona che affron­ ta una fase della vita segnata in genere da una pesante riduzione della funzionalità personale. Per sfa­ tare l’errata convinzione che sia suf­ ficiente proporre una qualsivoglia modalità di esercizio per fare una buona attività per l’anziano è ne­ cessario raccogliere dati obiettivi e quantificabili che, supportati dalle necessarie osservazioni dell’inse­ gnante, permettano di realizzare un programma su basi scientificamen­ te e metodologicamente corrette. Gli ultimi studi eseguiti hanno riguardato i seguenti temi: Analisi della specificità dell’intervento motorio Il programma annuale di attività motoria di quattro gruppi-palestra omogenei per composizione è stato differenziato per circa 1/3 del tem­ po (20’di ogni singola lezione) per valutare l’efficacia di una parziale finalizzazione del programma all’in­ terno del progetto generale. Le ti­ pizzazioni riguardavano la forza, l’equilibrio, la reattività mentre il quarto gruppo eseguiva un program­ ma standard. Ogni gruppo ho ese­ guito all’inizio ed alla fine una se­ rie di valutazioni in laboratorio che

della successiva sospensione, sulla naturale evoluzione della forza mu­ scolare in conseguenza dell’età. Sono state analizzate diverse velo­ cità di movimento con un ergome­ tro isocinetico, ripetendo le misu­ razioni ad ottobre ed aprile di ogni anno dal ’97. I risultati ottenuti, alquanto com­ plessi per una breve sintesi, mo­ strano un sensibile incremento del­ la forza dopo il primo anno di corso ed una riduzione durante il periodo estivo che riguarda circa il 50% dei soggetti. I corsi successivi hanno dato un recupero quasi completo in chi aveva perso forza nel periodo senza training mentre un ulteriore incremento limitato in coloro che avevano mantenuto la forza duran­ te l’estate. Chi abbandona i corsi dopo 2 o 3 anni inizia a perdere forza solo dopo circa 18 mesi. In conclu-

hanno evidenziato un miglioramen­ to generalizzato in tutti gli ambiti che si differenziava solo per il grup­ po forza (figura 1) e per il gruppo equilibrio, limitatamente ai compi­ ti posturali più complessi. È stato quindi evidenziato che il programma generale dei corsi in gruppo è in grado di modificare in modo positivo la funzionalità mo­ toria e che solo la forza muscolare risente in misura significativa an­ che di interventi di durata modesta mentre altre abilità richiedono eser­ cizi mirati più prolungati.

Figura 1 Variazioni percentuali della forza misurata con ergometro isocinetico nella flesso-estensione del ginocchio a 180°. Valori medi ricavati dal rapporto tra il test post ed il test pre dei gruppi: controllo (GrC), Forza (GrF), equilibrio (GrE) e reattività (GrR) suddivisi sulla base del programma svolto in palestra. PT_flex = forza picco in flessione, PT_ext= forza picco in estensione, flex/ ext= rapporto tra flessione ed estensione. ANOVA * = p<0.05 ** = p<0.01 post vs pre; # = p<0.05 GrF vs gli altri gruppi.

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Studio longitudinale sulla forza L’evoluzione longitudinale della for­ za muscolare è seguita da 4 anni in un gruppo di circa 70 anziani, per studiare l’effetto della partecipazio­ ne ai corsi annuali di attività mo­ toria, che durano circa 6 mesi, e

VARIAZIONI PERCENTUALI FORZA

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%

GrC

#

#

**

**

GrF GrR

**

120 *

*

GrE

* *

100

80

60

PT_flex

PT_ext

Flex/Ext

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sione lo studio dimostra che la par­ tecipazione ai corsi di educazione permette di incrementare la forza muscolare e di mantenere l’incre­ mento nonostante l’aumento di età. In una percentuale rilevante del campione l’effetto permane anche alla sospensione del training, indi­ cando che la pratica costante indu­ ce delle modificazioni semi-perma­ nenti del sistema neuro-muscolare.

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Risposta cardiaca all’esercizio in acqua I corsi di ginnastica in acqua han­ no avuto negli ultimi anni una esplosione di consenso da parte degli anziani. Le informazioni di­ sponibili sulla reale efficacia di tali attività è molto scarsa. Abbiamo confrontato la risposta cardiaca allo sforzo di un gruppo di anziani, che svolgevano sia attività in acqua che attività in piscina, confrontandola con un test standard in laboratorio. I dati raccolti indicano che in ge­ nerale l’aquagym induce una mino­ re risposta cardiaca rispetto alla palestra. Si sono evidenziati livelli di frequenza cardiaca allenante solo temporanei con picchi anche ecces­ sivamente elevati in soggetti meno abili. Abbiamo tuttavia documenta­ to che il trend può essere modifica­ to opportunamente se l’insegnante del corso cambia in modo finalizza­ to la tipologia dei movimenti proposti agli allievi. Iniziative di ricaduta Informazioni agli anziani La necessità di un coinvolgimento diretto degli utenti nelle attività di

studio e di ricerca trova evidente giustificazione nel trasferimento dei risultati ottenuti ai programmi dei corsi in palestra; tuttavia richiede anche una adeguato ritorno infor­ mativo agli anziani ed una coeren­ te ed ampia pubblicizzazione delle ricadute positive attese. Ogni an­ ziano che prende parte agli studi programmati riceve un quadro ge­ nerale dei propri risultati, correda­ to da un opportuno commento che li renda comprensibili e con un giu­ dizio qualitativo che inquadri il dato individuale nel contesto generale. Inoltre ogni anno viene organizza­ to un incontro pubblico rivolto in primo luogo ai partecipanti ai corsi di attività motoria, ma aperto an­ che a tutta la popolazione, per illu­ strare le linee generali dei risultati ottenuti ed il significato che essi assumono nell’indirizzare le future iniziative. Opuscolo divulgativo La presa di coscienza da parte della popolazione anziana del valore del­ l’esercizio fisico per un buon invec­ chiamento non viene incrementata solamente attraverso l’organizzazio­ ne di momenti attivi, ma anche fa­ vorendo la comprensione dei presup­ posti medici e delle ragioni scienti­ fiche che sono a sostegno di que­ ste affermazioni. La possibilità di riscontri su esperienze percepite come vicine e di immediata com­ prensione facilita questa consape­ volezza e per questa ragione all’in­ terno dell’opuscolo, che riporta le informazioni relative all’università dell’età libera, vengono inserite una decina di pagine che riguardano al­

Figura 2 Valori medi di forza isometrica misurata nei tre gruppi di anziani ospiti coinvolti nella sperimentazione. IT = gruppo allenamento individuale, GT = gruppo allenamento di gruppo, Controllo = gruppo di controllo che non ha svolto programma motorio. La variazione percentuale si riferisce al confronto primadopo le 12 settimane di allenamento. ANOVA: * = p<0.05 *** p<0.001 confronti pre vs. post.

cune delle iniziative portate a ter­ mine l’anno precedente ed i risulta­ ti più significativi relativi alle ri­ cerche ed agli studi eseguiti. Convegni e seminari Per focalizzare l’attenzione verso il tema dell’attività motoria nell’anzia­ no, nel giugno ’99 è stato organiz­ zato a Rovereto un convegni di studi con la partecipazione di esperti a livello nazionale e locale che ha rappresentato un momento di rifles­ sione e di spunto per sviluppo di nuovo iniziative. L’esperienza verrà ripetuta nel 2002 con un workshop di formazione a livello internazio­ nale che sarà finalizzato alla defi­ nizione di procedure condivise ed attuabili sulla valutazione della ca­ pacità motoria dell’anziano. Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

I progetti di attività motoria per gli anziani fragili Se le esperienze condotte a Rovere­ to si finalizzavano prevalentemen­ te su persone in condizioni di buo­ na autonomia personale non si può ignorare che certamente anche gli anziani fragili e/o disabili possono trarre rilevanti vantaggi da una at­ tività fisica regolare. Anche in que­ sto settore la conduzione di espe­ rienze, significative sul piano della salute oltre che su quello della ri­ cerca, deve essere legata all’ambito territoriale. Nel corso del 2000 il Laboratorio di Rovereto ha avuto l’opportunità di sperimentare una iniziativa all’interno delle strutture protette per anziani. L’esperienza è stata condotta in collaborazione con l’Unità Operativa di Geriatria del­ 121

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l’Ospedale Santa Chiara (primario dott. Gabriele Noro) e di tre case di riposo situate a Trento, Gardolo e Povo e con il supporto tecnico del­ la Technogym che ha fornito una serie di apparecchiature che sono state collocate presso una delle strutture. Lo scopo della sperimentazione era la realizzazione di un program­ ma di attività fisica finalizzata al­ l’incremento della forza muscolare in anziani ospiti di case di riposo e nel confronto di programmi di esercizio diversi rispettivamente basati sull’allenamento individuale (IT) oppure sul lavoro in gruppo (GT) con esercizi a corpo libero o con piccoli pesi e bande elastiche. Gli outcomes attesi riguardavano: - l’aderenza al programma; - gli effetti sulle capacità fisiolo­ giche; - gli effetti sulla performance mo­ toria. Lo studio è stato positivamente completato circa 1 anno fa ed ha rappresentato un’assoluta novità per l’Italia trovando spazio di presen­ tazione al Congresso nazionale di geriatria e pubblicazione sul Gior­ nale di Gerontologia5. In sintesi i risultati più impor­ tanti hanno riguardato: 1. la realizzabilità del programma di attività motoria anche in una popolazione di anziani con forti limitazioni psico-fisiche, con una adesione complessiva di oltre il 90% alle sedute di training ed un numero di drop out inferiore al 5%; 2. l’incremento molto significativo della forza muscolare in entram­

bi i gruppi allenati che ha riguar­ dato in misura superiore il grup­ po che ha svolto il training in­ dividuale con le macchine iso­ toniche; 3. il miglioramento di tutti i test di performance, alcuni dei quali sono stati sensibilmente più in­ crementati dagli anziani che svolgevano lavoro di gruppo ri­ spetto a quelli che si allenavano individualmente. In conclusione questa esperien­ za ha dimostrato che è possibile far svolgere attività motoria anche agli anziani in strutture protette osser­ vando un’adesione alta e notevoli benefici nelle funzioni motorie, che possono trarre il massimo giovamen­ to da un programma misto che com­ prenda sia un lavoro individualizza­ to con attrezzature per lo sviluppo della forza che esercizi in gruppo per migliorare la destrezza e le di­ mensioni psicologiche e sociali. Le attività in corso e gli sviluppi futuri: a) Prosegue attivamente la collabo­ razione con il Comune di Rove­ reto che si è indirizzata anche verso altre tipologie di anziani che potrebbero beneficiare di adeguati programmi di attività motoria. È in corso una speri­ mentazione, presso il centro diur­ no, per verificare nuovi program­ mi di esercizio ed è intenzione raggiungere anche gli utenti se­ guiti dai piani di assistenza a domicilio; b) È stata avviata una iniziativa presso il centro servizi di Villa Agnedo, in collaborazione con il

Comprensorio C3, dove si sta at­ tuando un’esperienza simile a quella condotta in casa di ripo­ so a Trento; c) È iniziato uno studio multicen­ trico per la validazione negli anziani di un questionario per il monitoraggio dell’attività fisica già proposto a livello internazio­ nale per la popolazione adulta dall’OMS. Il CeBism, in collabo­ razione con l’Assessorato alle Politiche sociali e alla Salute della Provincia autonoma di Tren­ to è uno dei partner del proget­ to che comprende 13 nazioni. Si intende applicare lo strumento validato per un’indagine cono­ scitiva sulle abitudine motorie degli anziani del Trentino. - È stato formato un gruppo di la­ voro, sotto il patrocinio dell’UPI­ PA, per l’ampliamento a una de­ cina di case di risposo (future RSA) del programma di attività fisica sperimentato a Trento.

NOTE [1] U.S Department on Health and Human Services. Physical acti­ vity and Health: A report of the Surgeon General. International Medical Publishing, Atlanta USA, 1996. [2] Pate R.R., Pratt M., Blair S.N. et al., Physical activity and pu­ blic health. JAMA, 273:402-407 1995. [3] Shepard RJ, Ageing, Physical Activity and Health. Human Ki­ netics, Champaign, USA, 1997. [4] Schena F. The influence of phy­ sical activity on ageing: the “Third Age Project” in Verona. Advances in Rehabilitation 2:101-107, 1999. [5] Schena F, Martinelli C., Noro G. Il significato dell’attività fisi­ ca nell’anziano istituzionalizza­ to: un’esperienza italiana. Giorn.Gerontol.48:597-607, 2000.

Federico Schena è Direttore del Laboratorio di ricerca CeBiSM – Centro Interuniversitario di ricerca in Bioingegneria e Scienze Motorie, Rovereto (TN). Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

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Riorientare i servizi sanitari Paolo De Pieri, Carlo Favaretti

Il riorientamento dei servizi verso la promozione della salute nei documenti internazionali, nazionali e provinciali.

Il riorientamento dei servizi sanita­ ri è una delle cinque aree priorita­ rie d’azione a sostegno delle strate­ gie di fondo della promozione della salute delineate dalla Carta di Ot­ tawa e approfondite nel corso delle successive Conferenza internazionali sulla promozione della salute. Le tre strategie di fondo indicate dalla Carta di Ottawa per promuo­ vere la salute, cioè per mettere in grado le persone e le comunità di avere un maggior controllo sulla propria salute e di migliorarla sono le seguenti: a) difendere, sostenere la causa del­ la salute (“to advocate for heal­ th”), affinché vengano modifi­ cati in senso favorevole i fattori politici, economici, sociali, cul­ turali, ambientali, comportamen­ tali e biologici che hanno in­ fluenza sulla salute; b) mettere in grado (“to enable”) le persone e le comunità di espri­ mere al massimo il loro poten­ ziale di salute; c) mediare tra gli interessi contrap­ posti della società (“to media­ 124

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te”), perché la salute sia consi­ derata un valore da tutti i setto­ ri della società stessa. Da queste tre strategie si intuisce come la promozione della salute non possa essere una responsabilità esclusiva del settore sanitario, ma sia invece il risultato dell’azione in­ tersettoriale tra tutte le componenti di una comunità che agiscono in maniera integrata per aiutare i sin­ goli e la collettività nel suo insie­ me ad acquisire un maggiore con­ trollo sui fattori che determinano la salute e a fare scelte che la mi­ gliorino. All’interno di questa azio­ ne intersettoriale, fin dagli esordi di questa strategia di sanità pub­ blica, è stata comunque evidenzia­ ta la necessità che i servizi sanitari modifichino in maniera sostanziale la loro direzione di sviluppo. La relativa novità di questo ap­ proccio internazionale e la sua scar­ sa conoscenza nella realtà italiana impongono fin da subito di esplici­ tare due possibili equivoci. Il primo è che la promozione del­ la salute possa essere identificata con la prevenzione delle malattie, cioè con l’insieme degli interventi efficaci che mirano a evitare l’in­ sorgenza delle malattie o a rallen­ tarne l’evoluzione come, ad esem­ pio, la riduzione dei fattori di ri­ schio ambientali e comportamentali o le diagnosi precoci. È infatti pos­ sibile aumentare il controllo sui fat­ tori che determinano la propria sa­ lute ed esprimere al massimo il pro­ prio potenziale (cioè promuovere la propria salute) sia in assenza di malattia che in condizioni di ma­ lattia, anche particolarmente gravi.

Man mano che ci si allontana dai servizi dedicati all’urgenza e al­ l’emergenza (nei quali il livello di dipendenza dei pazienti dalla strut­ tura è alto) e ci si sposta verso le unità operative che sono a contat­ to con i malati cronici (curabili e inguaribili), fino ad arrivare alle strutture che si occupano di riabili­ tazione o di prevenzione, è sempre più necessario attivare processi che aiutino le persone ad avere un mag­ giore controllo sui fattori che de­ terminano la propria salute, con l’obiettivo di garantire loro la mag­ giore autonomia possibile. Il secondo possibile equivoco è la sovrapposizione che a volte vie­ ne fatta tra il concetto di promo­ zione della salute e quello di edu­ cazione alla salute: l’espressione “promozione della salute” non è la maniera più moderna o più aggior­

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nata di definire l’educazione alla salute. Quest’ultima è l’insieme delle opportunità di apprendimento pro­ gettate consapevolmente per mi­ gliorare le conoscenze, le abilità e le motivazioni che possono influire sui comportamenti individuali e co­ munitari rilevanti per la salute. È una modalità di intervento molto importante ed è uno degli strumen­ ti che, tra gli altri, consente alle persone di avere un maggior con­ trollo sulla propria salute e di mi­ gliorarla. Verso quale direzione andare? “Riorientare i servizi sanitari” è un’espressione accattivante, moder­ na, dà l’idea del cambiamento ma­ gari verso un miglioramento, ma è come una scatola vuota che deve essere riempita. Perché non vanno più bene i servizi precedenti? Cam­

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biare per andare dove? Quali siste­ mi e punti di riferimento utilizzare in questo cambiamento? È sempre la Carta di Ottawa che viene in aiuto per chiarire queste domande e dalla quale sono estra­ polabili alcune indicazioni precise: - nell’ambito dei servizi sanitari la responsabilità della salute deve essere condivisa tra i singoli, i gruppi della comunità, gli ope­ ratori, le strutture e i governi na­ zionali e regionali; - i servizi sanitari devono operare con un mandato più ampio: non solo prevenzione, diagnosi, cura della malattie e riabilitazione, ma anche promozione della salute (mettere in grado le persone e le comunità di avere un maggior controllo sulla propria salute e di migliorarla), andando al di là della responsabilità, già di per sé impegnativa, di garantire nel modo più efficiente possibile servizi assistenziali efficaci e appropriati; - i servizi sanitari devono ricali­ brare la loro attenzione sui bi­ sogni complessivi dell’individuo nella sua interezza e non sulla parcellizzazione delle specializ­ zazioni; - i servizi sanitari devono stabili­ re efficaci connessioni con le altre componenti sociali, politi­ che ed economiche della comu­ nità per coordinare i rispettivi impatti sulla salute dei singoli e della comunità stessa. Nel suo complesso, il riorientamen­ to dei servizi sanitari richiesto dal­ la promozione della salute è sinte­ tizzato dallo spostamento dell’en­

fasi dalla parola “malattia” alla pa­ rola “salute”: non si tratta di un banale e inoffensivo gioco di paro­ le ma è un salto culturale, profes­ sionale e organizzativo molto im­ portante. Spostare l’enfasi dalla malattia alla salute implica per le organizzazioni sanitarie un profon­ do cambiamento della maniera stes­ sa di strutturarsi e di operare: si trat­ ta di passare dalla valutazione del­ le prestazioni per singole persone malate alla valutazione degli esiti sulla salute dell’intera popolazione servita, dalla cura della malattia al­ l’assistenza centrata sui bisogni e sull’autonomia della persona, dalla frammentarietà delle specializzazio­ ni alla globalità dell’approccio, dalla produzione delle singole prestazio­ ni ai percorsi assistenziali integrati tra i diversi professionisti e con le altre componenti della comunità. È un processo indubbiamente dif­ ficile, ma è consolante vedere oggi che, anche nel nostro paese, questi

temi non sono più un’utopia di po­ chi idealisti, ma rappresentano uno sforzo di molti: la stessa program­ mazione nazionale e regionale de­ gli ultimi anni li ha recepiti in lar­ ga misura, anche se restano moltis­ sime cose da fare per far camminare i servizi sanitari lungo la strada se­ gnata da questa nuova direzione. Più che un allargamento delle competenze, il riorientamento dei servizi sanitari assomiglia a una ra­ dicale innovazione. Le persone ri­ tornano a essere più importanti delle malattie e diventano co-artefici del­ la loro assistenza, le strutture sani­ tarie perdono l’esclusiva sulla salu­ te e devono interfacciarsi con il re­ sto della comunità: come è possi­ bile che 20 anni fa gli esperti del­ l’Organizzazione Mondiale della Sa­ nità si siano azzardati a ipotizzare un quadro così radicalmente diver­ so da quello che ancora oggi speri­ mentiamo il più delle volte? La ra­ gione di questo gap sta probabil­ mente nel fatto che le resistenze al cambiamento sono tuttora molto grandi e i servizi sanitari si stanno adeguando con lentezza alle esigen­ ze e alle aspettative che i singoli e le comunità stanno maturando or­ mai da molto tempo.

Aziendalizzazione e riorientamento Appare interessante chiedersi se il processo di aziendalizzazione che i servizi sanitari pubblici stanno vi­ vendo in questi anni nel nostro Pae­ se sia coerente con il riorientamen­ to richiesto ai servizi sanitari di tutto il mondo per partecipare a Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

pieno titolo alla strategia globale della promozione della salute. Va subito detto che un’azienda sanitaria territoriale e ospedaliera non può “riorientarsi” da sola, cioè cambiare in definitiva la propria mission al di fuori della program­ mazione nazionale e regionale che la ricomprende. Da questo punto di vista, il complesso degli interventi normativi e programmatori che l’in­ tero Servizio Sanitario Nazionale ha subito negli ultimi anni sembra con­ sentire questa evoluzione; anzi, al­ cuni elementi come la centralità dei cittadini, la globalità dell’approc­ cio, l’interfaccia con i servizi socia­ li, i piani di zona da realizzare in­ sieme ai comuni sembrano addirit­ tura spingere le aziende sanitarie su questa strada. Se la programmazione consente alle attuali aziende sanitarie di per­ correre questa nuova direzione, la stringente contingenza dei costi di gestione, l’esasperazione della logi­ ca prestazionale (da parte dei pa­ zienti e dei clinici), i fragili mecca­ nismi competitivi non hanno finora consentito a queste organizzazioni di rendere visibile e sistematico questo cambiamento. In molti casi addirittura, le attività di educazio­ ne alla salute e di promozione della salute sono state compresse, dal momento che non sono finanziate con meccanismi tariffari: la durata delle degenze e i tempi di attesa per una mammografia sono indica­ tori che meglio si adattano alla no­ stra balbettante capacità di formu­ lare i budget aziendali e delle unità operative, al contrario magari del­ l’estenuante lavorio di tessitura ne­ 127

Le esperienze in Trentino

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cessario per costruire la rete terri­ toriale dei servizi socio-sanitari. Il riorientamento dei servizi sa­ nitari passa non solo attraverso una maggiore definizione operativa dei livelli essenziali di assistenza (LEA), ma anche attraverso l’impegno a spalmare le attività che promuovo­ no la salute in ciascuno di essi. Non basta attivare un efficace piano di vaccinazioni, un coinvol­ gente programma di screening o una strategia globale per ridurre il nu­ mero dei fumatori: accanto a que­ ste iniziative ad hoc di promozione della salute, è necessario tradurre gli elementi di riorientamento indi­ cati nel paragrafo precedente in tut­ ta la normale attività assistenziale, nella medicina generale, nella spe­ cialistica, nei ricoveri ospedalieri, nell’assistenza residenziale e semiresidenziale, nella vigilanza sulle attività produttive, ecc.. Come tutte le radicali innovazio­ ni, anche il riorientamento dei ser­ vizi sanitari ha dei costi pesanti. In prima battuta viene da pensare ai costi economici dovuti all’aumen­ to delle funzioni richieste alle strut­ ture: informare, educare, badare maggiormente ai bisogni delle per­ sone, cucire le reti assistenziali ri­ chiede indubbiamente un maggiore sforzo finanziario che male si con­ cilia con le attuali esigenze di go­ verno/contenimento dei costi. D’al­ tra parte vanno considerati anche i costi dovuti al mancato riorienta­ mento dei servizi sanitari come, ad esempio, il rinforzo della logica con­ sumistica che punta solo alla pre­ stazione e all’incremento dei servi­ zi, il mancato coordinamento delle

risorse assistenziali presenti sul ter­ ritorio, la non ottimale assistenza erogata a pazienti non consapevol­ mente coinvolti nei processi assi­ stenziali. Si deve poi aggiungere che mol­ te delle attività necessarie per rio­ rientare i servizi sanitari non impli­ cano risorse aggiuntive, ma un modo nuovo di utilizzare le risorse esisten­ ti: ad esempio, alcune esperienze mostrano come una parte delle ri­ sorse finalizzate a garantire ad al­ cune categorie di malati cronici pre­ stazioni specialistiche francamente inappropriate possono essere ricon­ vertite per aumentare l’autonomia e la capacità degli stessi pazienti di controllare meglio i fattori che determinano la loro condizione. I costi del cambiamento (profes­ sionale, organizzativo e relazionale) sono probabilmente altrettanto importanti di quelli economici. È indubbio che il riorientamento dei servizi sanitari implica per l’or­ ganizzazione e per ciascuno dei suoi membri un profondo ripensamento del proprio modo di agire, una mes­ sa in discussione del proprio passa­ to e delle proprie sicurezze, il con­ fronto con aspetti professionali sco­ nosciuti, una condivisione di alcu­ ne posizioni di potere consolidate nel tempo, la perdita addirittura della propria identità. Da questo punto di vista, i nuovi modelli di gestione aziendale che i meccanismi di aziendalizzazione hanno introdotto possono essere di un qualche aiuto: l’integrazione dei processi, la valorizzazione delle pro­ fessionalità, la differenziazione delle posizioni organizzative, la formazio­

ne mirata, il confronto con le altre strutture, l’ascolto dei propri clien­ ti possono contribuire a sostenere il personale in questo momento cru­ ciale di passaggio. Il riorientamento nell’APSS Anche l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento (APSS) sta affrontando in questi anni il riorien­ tamento imposto dalla promozione della salute: è un’operazione non solo consentita, ma addirittura ri­ chiesta dalla programmazione pro­ vinciale, che ha più volte reso espli­ cito l’orientamento alla promozio­ ne della salute del Servizio Sanita­ rio Provinciale. Molte sono le attività di promo­ zione della salute che sono state svolte nel campo dell’educazione, della cronicità, dell’integrazione

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socio-sanitaria, della sicurezza, della dipendenza da sostanze, sostenute sempre da professionisti illuminati e preparati che hanno tenuto alta la fiaccola del cambiamento; tutta­ via anche l’APSS ha vissuto le con­ traddizioni che l’intero Servizio Sa­ nitario Nazionale ha incontrato in questi anni e il riorientamento del­ l’intera organizzazione, che conta quasi 7000 dipendenti e serve l’in­ tero territorio provinciale, appare ancora un punto lontano all’orizzon­ te. Il Programma di sviluppo strate­ gico aziendale, adottato con la de­ liberazione n. 66 del 24 gennaio 2001 rappresenta un importante momento di crescita, in quanto la promozione della salute viene indi­ cata come la prima delle tre linee strategiche che devono guidare l’Azienda nei prossimi anni, insie­ me al miglioramento continuo della qualità e alla gestione aziendale. Anche se ovviamente una delibera­ zione del direttore generale non basta di per sé a cambiare un’orga­ nizzazione così complessa, la pre­ senza della promozione della salute nel Programma di sviluppo strate­ gico sta a significare che essa non deve essere più lasciata all’iniziati­ va dei soliti professionisti “illumi­ nati e preparati” e che operano iso­ latamente, ma rappresenta un do­ vere di ogni membro dell’organiz­ zazione. Alla luce di quanto contenuto nel Programma di sviluppo strategico sarà allora possibile affrontare in modo più articolato e integrato al­ cuni temi già all’ordine del giorno come, ad esempio, l’unità valutati­ 129

Le esperienze in Trentino

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va multidimensionale per l’accesso alle RSA e, più in generale, per l’ac­ cesso alle rete territoriale dei servi­ zi, l’integrazione socio-sanitaria e il rapporto con i comuni, il comple­ tamento degli screening oncologi­ ci, il consenso informato. Nel 2001 l’APSS, sulla base di un esplicito obiettivo annuale posto dalla Provincia, aderirà alla Rete Italiana degli Ospedali per la Pro­ mozione della Salute, con il duplice obiettivo di sviluppare anche nel contesto ospedaliero alcuni progetti di promozione della salute rivolti ai pazienti, al personale e alla comu­ nità e di introdurre elementi di rio­ rientamento complessivo basati sul setting-approach tipico della promozione della salute.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Conclusioni Il riorientamento dei servizi sanita­ ri rappresenta una necessità connes­ sa allo sviluppo delle strategie di promozione della salute. Nel contesto delle riforme che si sono susseguite negli ultimi anni in Italia, tale riorientamento è so­ stenuto dalla programmazione, an­ che se nella fase realizzativa i cam­ biamenti non sono molto evidenti e non sono quasi mai riusciti a coin­ volgere le organizzazioni sanitarie nel loro complesso. Per agevolare questo cambiamen­ to organizzativo, la direzione gene­ rale dell’APSS di Trento ha indicato nel suo Programma di sviluppo stra­ tegico che la promozione della sa­ lute è una delle tre linee strategi­ che di riferimento, insieme al mi­ glioramento continuo della qualità e alla gestione aziendale.

[4] Ministero della Sanità (1998) “Piano Sanitario Nazionale 1998-2000”. Roma, www.sanita.it/psn

[1] Baric L. (1994) “Health promo­ tion and health education in practice - The organisational model”. 1st ed. Altrincham: Barns Publications. [2] Organizzazione Mondiale della Sanità (1998) “Health Promo­ tion Glossary. www.who.int/ hpr/backgroundhp/glossary/ glossary.pdf [3] Organizzazione Mondiale della Sanità (1986) “The Ottawa Charter on Health Promotion”. WHO/HPR/HEP/95.1. Ottawa, www.who.int/hpr/archive/ docs/ottawa.html

[5] Azienda Provinciale per i Servi­ zi Sanitari (2001) “Il program­ ma di sviluppo strategico”. Tren­ to, www.apss.tn.it/documenti/ pss/default.htm

Paolo De Pieri fa parte dello Staff del Direttore Generale dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari della Provincia Autonoma di Trento. Carlo Favaretti è Direttore Generale dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari della Provincia Autonoma di Trento.

SCHEDA 1

Carta di Ottawa per la promozione della salute (Ottawa Charter for Health Promotion)

Prima Conferenza Internazionale sulla Promozione della Salute

Ottawa, Canada, 7-21 novembre 1986

II primo Congresso Internazionale sulla Promozione della salute, riunitosi a Ottava il 21 novembre 1986, ha presentato questa CARTA propositiva per il conseguimento della Strate­ gia della Salute per Tutti per l’anno 2000 e oltre. La Conferenza è stata soprattutto una risposta all’esigenza sempre più diffusa di un nuovo movimento mondiale per la salute. La discussione si è incentrata sui bisogni dei paesi industrializzati, senza però trascurare le situazioni consimili nel resto del mondo. Punto di partenza sono stati i progressi registrati grazie alla “Dichiarazione di Alma Ata sull’Assisten­ za Sanitaria di Base”, al documento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sulla ”Stra­ tegia della Salute per Tutti” e al recente dibattito dell’Assemblea Mondiale della Sanità sull’intervento intersettoriale per la salute. PROMOZIONE DELLA SALUTE Per promozione della salute si intende il processo che consente alle persone di esercitare un maggiore controllo sulla propria salute e di migliorarla. Per conseguire uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, l’individuo o il gruppo devono essere in grado di identificare e realizzare le proprie aspirazioni, di soddisfare i propri bisogni, di modificare l’ambiente o di adattarvisi. La salute vista, dunque, come risorsa di vita quoti­ diana, non come obiettivo di vita: un concetto positivo, che insiste sulle risorse sociali e personali, oltre che sulle capacità fisiche. Di conseguenza, la promozione della salute non è responsabilità esclusiva del settore sanitario, ma supera anche la mera proposta di modelli di vita più sani, per aspirare al benessere. Requisiti per la salute Condizioni e risorse fondamentali della salute sono: la pace, la casa, l’istruzione, il cibo, il reddito, un eco-sistema stabile, la continuità delle risorse, la giustizia e l’equità sociale. Ogni progresso sul piano della salute dove essere necessariamente e saldamente ancorato a questi requisiti. Sensibilizzare La salute è un bene essenziale per lo sviluppo sociale, economico e personale, ed è aspetto fondamentale della qualità della vita. I fattori politici, economici, sociali, cultu­ Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

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rali, ambientali, comportamentali e biologici possono favorirla così come possono lederla. L’azione di promozione si propone di indirizzarli in senso positivo attraverso un’intensa campagna di sensibilizzazione. Offrire i mezzi La promozione della salute mira soprattutto all’equità nella salute. Il suo intervento si prefigge di ridurre le differenziazioni evidenti nell’attuale stratificazione sociale della sa­ lute, offrendo a tutti eguali opportunità e risorse per conseguire il massimo potenziale di salute. Questo comprende: un saldo radicamento in un ambiente accogliente, l’accesso alle informazioni, le abilità necessarie alla vita, la possibilità di compiere scelte adeguate per quanto concerne la propria salute. Non è possibile conquistare il massimo potenziale di salute se non si è in grado di controllare tutto ciò che la determina: questo vale in eguale misura per le donne e per gli uomini. Mediare I requisiti e le potenzialità della salute non possono essere garantiti dal solo settore sanitario. Non soltanto: la promozione della salute impone il coordinamento dell’azione di tutti gli organismi interessati: i governi, i settori sanitari, sociali e economici, le organiz­ zazioni non governative, le autorità locali, l’industria e i mezzi di comunicazione. Il problema riguarda tutti - indipendentemente dalla loro condizione - sul piano individuale, familiare e comunitario. Compito imprescindibile dei gruppi professionali e sociali, e del personale sanitario, è la mediazione dei diversi interessi presenti nella società ai fini della promozione della salute. Le strategie e i programmi di promozione della salute devono adattarsi alle condizioni e alle esigenze locali dei singoli paesi o regioni, tenendo conto dei diversi sistemi sociali, culturali ed economici. PROMUOVERE LA SALUTE SIGNIFICA: Costruire una politica pubblica per la tutela della salute La promozione della salute va oltre la mera assistenza sanitaria. Essa porta il problema all’attenzione dei responsabili delle scelte in tutti i settori, a tutti i livelli, invitandoli alla piena consapevolezza delle conseguenze, sul piano della salute, di ogni loro decisione e a una precisa assunzione di responsabilità in merito. Nella politica di promozione della salute si fondono componenti diverse ma complementari, quali la legislazione, i provvedi­ menti fiscali e la modifica dei criteri organizzativi, in un’azione coordinata diretta a imporre politiche sanitarie, sociali e dei redditi ispirate ad una maggiore equità. L’azione comune contribuisce a garantire prodotti e servizi più salubri e sicuri, servizi pubblici più sani e ambienti più igienici e accoglienti. La politica di promozione della salute richiede di individuare gli ostacoli che impediscono l’adozione di una politica pubblica che tuteli la salute in tutti i settori non sanitari e i modi migliori per rimuoverli. Occorre far sì che anche per i responsabili politici la scelta della tutela della salute divenga la scelta più vantaggiosa.

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Creare ambienti capaci di offrire sostegno Le società contemporanee sono complesse e interdipendenti. La salute non può essere un obiettivo isolato. Il legame inestricabile tra l’uomo e l’ambiente costituisce la base di un approccio socio-ecologico al problema della salute. Si tratti del mondo intero, di una nazione, di una regione o di una comunità, il principio informatore generale deve tendere sempre al sostegno reciproco - dobbiamo aver cura gli uni degli altri, della nostra comu­ nità e dell’ambiente naturale. La tutela delle risorse naturali in tutto il mondo va ribadita come responsabilità globale. Il mutare dei modelli di vita, del lavoro e del tempo libero influisce in modo decisivo sulla salute. Lavoro e tempo libero devono divenire fonti di benessere per tutti. Il modo stesso in cui la società organizza il lavoro deve contribuire a renderla più sana. Dalla promozione della salute derivano condizioni di vita e di lavoro più sicure, stimolanti, gratificanti e piacevoli. Una valutazione sistematica dell’incidenza sulla salute di un ambiente di vita in rapida trasformazione - in particolare nei settori della tecnologia, del lavoro, della produzione di energia e dell’urbanizzazione - risulta indispensabile e ad essa deve seguire un’azione tesa a garantire sicuri benefici per la salute di tutti. Ogni strategia di promozione della salute deve tener conto della tutela dell’ambiente naturale e degli insediamenti, nonché della conservazione delle risorse naturali. Rafforzare l’azione della comunità È attraverso l’azione comunitaria concreta ed efficace che la promozione della salute può stabilire priorità, prendere decisioni e progettare e realizzare strategie tese al migliora­ mento della salute. Momento centrale di questo processo è il potenziamento della comu­ nità, per renderla veramente padrona e arbitro delle sue aspirazioni e del suo destino. Lo sviluppo della comunità attinge alle risorse umane e materiali esistenti nella comunità stessa per favorire l’autosufficienza e la solidarietà sociale e per elaborare sistemi flessibi­ li diretti al rafforzamento della partecipazione e della gestione diretta per quanto riguarda i problemi relativi alla salute. Per questo occorre garantire l’accesso libero e costante a tutte le informazioni e opportunità di conoscenza in tema di salute, nonché un adeguato supporto finanziario. Sviluppare le capacità personali La promozione della salute favorisce lo sviluppo personale e sociale fornendo informazio­ ne, istruzione sul problema della salute e preparazione generale. Aumenteranno così per tutti le possibilità di esercitare maggiore controllo, e di operare scelte precise, riguardo alla propria salute e all’ambiente. È essenziale fare in modo che tutti possano continuare ad apprendere per tutto il corso della vita, preparandosi ad affrontarne le diverse fasi e l’eventualità di malattie o invalidi­ tà croniche, apprendimento che dovrà essere favorito dalla scuola, dall’ambiente di lavoro e dalle associazioni comunitarie. Occorre intervenire sugli organismi scolastici, professio­ nali e commerciali, e su quelli del volontariato, nonché sulle istituzioni stesse.

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Riorientare i servizi sanitari La responsabilità per la promozione della salute all’interno dei servizi sanitari ricade ad un tempo sugli individui, sui gruppi comunitari, sugli operatori della sanità, sulle istituzioni del servizio sanitario e sui governi. Solo dalla loro collaborazione potrà nascere un sistema di assistenza capace di contribuire al conseguimento degli obiettivi di salute. Il settore sanitario dovrà agire in misura sempre maggiore nella prospettiva della promo­ zione della salute, al di là della mera offerta di servizi clinici e curativi. Il mandato dei servizi sanitari dovrà estendersi a comprendere la ricettività e la sensibilità alle esigenze culturali, rispondendo al bisogno individuale e comunitario di una vita più sana, e apren­ do canali di comunicazione tra il settore sanitario e le più vaste componenti sociali, politiche, economiche e ambientali. Riorientamento dei servizi sanitari significa anche più attenzione per la ricerca e per l’innovazione nella preparazione e nell’addestramento professionale. L’atteggiamento e l’organizzazione dei servizi sanitari dovranno cambiare, restituendo la priorità ai bisogni globali della persona intesa nella sua totalità. VERSO IL FUTURO La salute viene creata e vissuta da tutti nella sfera della quotidianità: là dove si impara, si

lavora, si gioca, si ama. La salute si crea avendo cura di se stessi e degli altri, acquisendo

la capacità di prendere decisioni e di assumere il controllo delle circostanze della vita, e

facendo in modo che la società in cui si vive consenta la conquista della salute per tutti

i suoi membri.

L’impegno, una strategia organica di supporto e l’attenzione all’ecologia sono fattori es­

senziali allo sviluppo della promozione della salute. Per chi se ne occupa, il principio

ispiratore dovrà dunque essere che in ogni fase della progettazione, della realizzazione e

della valutazione della promozione della salute uomini e donne devono agire insieme su

un piano di assoluta parità.

L’impegno

per la promozione della salute

I partecipanti al Congresso si impegnano:

- a scendere in campo nella battaglia per una politica pubblica di tutela della salute,

chiedendo un esplicito impegno politico per la salute e la giustizia in tutti i settori; - a reagire alle pressioni che favoriscono prodotti dannosi, spreco delle risorse, condizio­ ni di vita e ambientali malsane e cattiva alimentazione; a richiamare l’attenzione delle istituzioni su questioni di tutela della salute attinenti l’inquinamento, i lavori nocivi, i problemi dell’alloggio e dei nuovi insediamenti; - a colmare le disparità sul piano della salute all’interno di ogni società, e tra una società e l’altra, lottando contro le diseguaglianze nella salute create dalle norme e dalle con­ suetudini delle società stesse; - a riconoscere le persone come la maggiore risorsa per la salute; ad aiutarle e incorag­ giarle a tutelare la salute propria, quella della famiglia e dei conoscenti, attraverso finanziamenti ed altro; ad accettare la comunità come principale interlocutore per 134

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quanto concerne la salute, le condizioni di vita e di benessere; - a riorientare i servizi sanitari e le loro risorse in direzione della promozione della salute e a condividere il potere decisionale con altri settori, altre discipline e, in particolare, con gli stessi utenti dei servizi; - a riconoscere nella salute e nella sua tutela un fondamentale investimento sociale e una sfida decisiva nonché ad affrontare in modo globale il problema ecologico del nostro modo di vita. Il Congresso invita tutti gli interessati ad aderire al suo impegno in una solida alleanza per la salute. Appello all’azione internazionale Il Congresso esorta l’Organizzazione Mondiale della Sanità e altri organismi internazionali a sostenere la promozione della salute in tutte le sedi interessate, e ad aiutare i singoli paesi a elaborare e realizzare strategie e programmi di promozione della salute. II Congresso è fermamente convinto che se la gente di ogni condizione, le organizzazioni non governative e di volontariato, i governi, l’Organizzazione Mondiale della Sanità e ogni altro organismo interessato uniranno le loro forze per realizzare strategie di promozione della salute, nel rispetto dei valori morali e sociali che costituiscono la base di questa CARTA, la Salute per Tutti entro l’anno 2000 diventerà una realtà.

La versione originale è reperibile all’indirizzo www.who.int/hpr/archive/docs/ottawa.html Traduzione di Giovanni Martini. Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

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SCHEDA 2

Le Raccomandazioni di Adelaide sulla politica pubblica per la salute (The Adelaide Recommandations) Seconda Conferenza Internazionale sulla Promozione della Salute

Adelaide, Australia, 5-9 aprile 1988

L’adozione della Dichiarazione di Alma Ata, avvenuta dieci anni fa, ha rappresentato una pietra miliare molto importante per il movimento della Salute per Tutti avviato nel 1977 dall’Assemblea Mondiale della Sanità. A partire dal riconoscimento che la salute è un obiet­ tivo sociale fondamentale, la Dichiarazione di Alma Ata ha stabilito una nuova direzione per lo sviluppo di una politica a favore della salute, enfatizzando il coinvolgimento delle perso­ ne, la cooperazione tra i diversi settori della società e l’assistenza sanitaria primaria quale elemento che ne sta alla base. Lo spirito di Alma Ata Lo spirito di Alma Ata è stato riproposto nella Carta per la Promozione della Salute adot­ tata a Ottawa nel 1986. La Carta ha lanciato la sfida di un movimento a favore di una nuova sanità pubblica, riaffermando che la giustizia sociale e l’equità sono prerequisiti per la salute e che l’azione di sostegno e la mediazione rappresentano i processi per il loro conseguimento. La Carta di Ottawa ha identificato cinque aree d’azione per la promozione della salute: costruire una politica pubblica per la salute, creare ambienti favorevoli, sviluppare le abilità personali, dare forza all’azione della comunità e riorientare i servizi sanitari. Queste azioni sono interdipendenti tra di loro, ma lo sviluppo di una politica pubblica per la salute costituisce le condizioni che rendono possibili le altre quattro. La Conferenza di Adelaide sulla politica pubblica per la salute ha continuato nella direzio­ ne tracciata nei documenti di Alma Ata e Ottawa e ha approfittato del loro slancio. Due­ centoventi partecipanti, provenienti da 24 paesi, hanno messo in comune le esperienze fatte nel formulare e nel realizzare in concreto politiche pubbliche per la salute. Le strate­ gie d’azione per una politica pubblica a favore della salute che sono raccomandate in questo documento riflettono il consenso raggiunto nel corso della Conferenza. LA POLITICA PUBBLICA PER LA SALUTE Una politica pubblica per la salute è caratterizzata sia dall’interesse esplicito a favore della salute e dell’equità in tutti i settori della politica, sia dalla assunzione di responsa­ bilità nei confronti della salute. Lo scopo principale di una politica pubblica per la salute 136

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è quello di creare un ambiente favorevole che metta in grado le persone di condurre una vita sana. Tale politica fa in modo che le scelte sane siano possibili o più facili per i cittadini e trasforma gli ambienti fisici e sociali perché accrescano la salute. Nella ricerca di una politica pubblica per la salute i settori governativi che si occupano di agricoltura, commercio, istruzione, industria e comunicazioni devono considerare la salute come un fattore essenziale quando formulano le loro politiche. Questi settori dovrebbero assumersi la responsabilità delle conseguenze sulla salute derivate dalle loro decisioni politiche. Essi dovrebbero fare attenzione tanto alla salute quanto alle considerazioni economiche. IL VALORE DELLA SALUTE La salute è contemporaneamente un diritto fondamentale dell’uomo e un buon investi­ mento sociale. Per accrescere lo stato di salute di tutti i loro cittadini, è necessario che i governi investano risorse nella politica pubblica per la salute e nella promozione della salute. Il fatto che le persone possano accedere agli elementi essenziali per una vita sana e soddisfacente è un principio fondamentale di giustizia sociale. Allo stesso tempo, ciò accresce la produttività della società nel suo complesso, dal punto di vista sociale ed economico. Come dimostrato dalle esperienze presentate durante questa Conferenza, una politica pubblica per la salute realizzata nel breve periodo porta a benefici economici a lungo termine. Devono essere fatti ulteriori sforzi per collegare in un’azione integrata la politica economica, la politica sociale e quella a favore della salute. EQUITÀ, ACCESSO E SVILUPPO Le disuguaglianze in tema di salute sono radicate nelle ingiustizie presenti nella società. Per colmare il divario esistente tra le persone svantaggiate sul piano sociale e culturale e coloro che invece partono da una condizione migliore è necessario attuare una politica che crei ambienti favorevoli e che migliori l’accesso ai beni e servizi che accrescono la salute. Tale politica dovrebbe riconoscere una priorità elevata ai gruppi svantaggiati e vulnerabili. Inoltre una politica pubblica per la salute riconosce la cultura caratteristica dei popoli indigeni, delle minoranza etniche e degli immigrati. Un aspetto estremamente importante dell’equità rispetto alla salute è rappresentato da un’uguale accessibilità ai servizi sanitari, in particolare all’assistenza sanitaria di comunità. Il rapido cambiamento strutturale provocato dalle tecnologie emergenti può comportare nuove disuguaglianze in tema di salute. Il primo obiettivo stabilito dalla Regione Europea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nel suo cammino verso la Salute per Tutti è il seguente: “Entro l’anno 2000 le reali differenze nello stato di salute tra la nazioni e tra i gruppi all’interno di uno stesso paese dovrebbero essere ridotte di almeno il 25%, miglio­ rando il livello di salute delle nazioni e dei gruppi svantaggiati”. In considerazione delle grandi differenze esistenti tra i livelli di salute dei vari paesi, che sono stati verificati da questa Conferenza, le nazioni sviluppate hanno l’obbligo di garan­ tire che le loro politiche abbiano un impatto positivo sulla salute nelle nazioni in via di sviluppo. La Conferenza raccomanda che tutti i paesi sviluppino politiche pubbliche per la salute che si occupino esplicitamente di questo aspetto. Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

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LA RESPONSABILITÀ PER LA SALUTE Le raccomandazioni di questa Conferenza si realizzeranno solo se i governi prendono l’iniziativa a livello nazionale, regionale e locale. Lo sviluppo di una politica pubblica per la salute è importante tanto ai livelli locali di governo quanto a quello nazionale. I governi dovrebbero stabilire espliciti obiettivi che mettano in evidenza la promozione della salute. La pubblica assunzione di responsabilità nei confronti della salute è un nutriente essen­ ziale per la crescita di una politica pubblica per la salute. I governi e tutti coloro che hanno un controllo sulle risorse devono rispondere ai cittadini delle conseguenze sulla salute provocate dalle loro scelte o dalla mancanza di esse. Un impegno a favore di una politica pubblica per la salute implica che i governi devono misurare e riferire quale sia l’impatto sulla salute derivato dalle loro scelte politiche, adottando un linguaggio che possa essere compreso senza difficoltà da tutti i gruppi della società. L’azione della comu­ nità è centrale per favorire una politica pubblica per la salute. Tenendo in considerazione il livello di educazione e alfabetizzazione, devono essere fatti sforzi straordinari per comu­ nicare con quei gruppi che sono maggiormente condizionati dalla politica interessata. La Conferenza enfatizza la necessità di valutare l’impatto delle scelte politiche. E’ neces­ sario sviluppare sistemi di informazione sulla salute che supportino questo processo. Ciò incoraggerà l’assunzione di decisioni informate rispetto alla futura allocazione delle risor­ se per l’implementazione di una politica pubblica per la salute. ANDARE OLTRE L’ASSISTENZA SANITARIA Una politica pubblica per la salute rappresenta la risposta alle sfide per la salute poste da un mondo sempre più dinamico e che cambia dal punto di vista tecnologico, con le sue complesse interazioni ecologiche e con le crescenti interdipendenze internazionali. Molte delle conseguenze sulla salute che derivano da queste sfide non possono essere risolte dall’attuale assistenza sanitaria né da quella che si può prevedere in un prossimo futuro. Gli sforzi della promozione della salute sono essenziali e richiedono un approccio integra­ to allo sviluppo sociale ed economico che ristabilisca i legami tra la salute e la riforma sociale, principio riconosciuto come fondamentale dalle politiche sviluppate dall’Organiz­ zazione Mondiale della Sanità nel decennio scorso. Gli alleati nel processo della politica I governi hanno un ruolo importante nei confronti della salute, ma essa è molto influen­ zata anche dagli interessi delle aziende e del mondo degli affari, dagli organismi non governativi e dalle organizzazioni comunitarie: dovrebbero essere incoraggiate le poten­ zialità offerte da questi soggetti nel preservare e promuovere la salute delle persone. I sindacati, il commercio e l’industria, le associazioni accademiche e i capi religiosi hanno molte opportunità di agire a favore della salute dell’intera comunità. Per dare impulso a un’azione favorevole alla salute devono essere formate nuove alleanze.

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AREE D’AZIONE La Conferenza ha identificato come prioritarie quattro aree chiave di intervento immediato per sviluppare una politica pubblica per la salute. Sostenere la salute delle donne Le donne sono le principali promotrici di salute in tutto il mondo e la maggior parte del loro lavoro viene svolto gratuitamente o in cambio di una retribuzione minima. Le reti e le organizzazioni delle donne rappresentano dei modelli per il processo di organizzazione, pianificazione e realizzazione della promozione della salute. Le reti di donne dovrebbero ricevere un riconoscimento e un supporto maggiori da parte di chi compie le scelte poli­ tiche e dalle istituzioni costituite, altrimenti questo investimento del lavoro delle donne accresce le disuguaglianze. Per una loro reale partecipazione alla promozione della salute è necessario che le donne possano accedere alle informazioni, alle reti e ai finanziamenti. Tutte le donne, in particolare quelle che appartengono a gruppi etnici, indigeni o minoritari, hanno il diritto di autodeterminare la propria salute e dovrebbero essere considerate come soggetti attivi nella formulazione di una politica pubblica per la salute, per garantir­ ne la rilevanza culturale. Questa Conferenza propone che le nazioni diano avvio su scala nazionale a una politica pubblica per la salute delle donne che metta al centro le questioni della salute delle donne e che includa proposte per: - l’equa distribuzione del lavoro assistenziale prestato nella società; - la possibilità di partorire secondo le preferenze e i bisogni delle donne; - i meccanismi di supporto al lavoro assistenziale, come il sostegno alle donne con figli e i congedi per l’assistenza sanitaria dei genitori o delle persone a carico. Cibo e alimentazione La sconfitta della fame nel mondo e della malnutrizione è un obiettivo fondamentale per una politica pubblica per la salute. Tale politica dovrebbe garantire a ogni persona la disponibilità di adeguate quantità di cibo sano, secondo modalità culturalmente accetta­ bili. Le politiche per il cibo e l’alimentazione devono integrare i metodi di produzione e distribuzione del cibo, sia pubblici che privati, per ottenere un accesso equo al cibo a un prezzo sostenibile. Tutti i governi dovrebbero considerare come prioritario lo sviluppo di una politica per il cibo e l’alimentazione che integri i fattori agricoli, economici e ambientali, per assicurare un impatto positivo sulla salute a livello nazionale e internazionale. Il primo passo di tale politica dovrebbe essere l’individuazione di obiettivi per l’alimentazione e la dieta. La tassazione e le sovvenzioni dovrebbero essere articolate in modo da consentire a tutti di accedere facilmente a un cibo sano e a una dieta migliorata. La Conferenza raccomanda che i governi agiscano immediatamente e direttamente a ogni livello, usando il loro potere di acquisto sul mercato alimentare, per assicurare che le forniture di cibo che sono sotto il loro specifico controllo (come negli ospedali, nelle scuole, nei servizi assistenziale e nei luoghi di lavoro) permettano ai consumatori un pronto accesso a cibi sani.

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Tabacco e alcol Il consumo di tabacco e l’abuso di alcol rappresentano due importanti pericoli per la salute che meritano un’azione immediata attraverso lo sviluppo di politiche pubbliche per la salute. Oltre al danno diretto provocato dal tabacco sulla salute dei fumatori, sono ora più chiaramente riconosciute che nel passato le conseguenze sulla salute del fumo passi­ vo, specialmente sui bambini. L’alcool contribuisce alla discordia sociale e ai traumi fisici e mentali. Inoltre le importanti conseguenze ecologiche derivate dall’uso del tabacco quale merce di scambio nelle economie impoverite, hanno contribuito all’attuale crisi mondiale nella produzione e distribuzione del cibo. La produzione e il commercio del tabacco e dell’alcol sono attività molto redditizie, spe­ cialmente per i governi attraverso la tassazione. I governi spesso considerano che le conseguenze economiche di una produzione e di un consumo ridotti di tabacco e alcol, provocate da un cambio delle scelte politiche, potrebbero costituire un prezzo troppo alto da pagare se confrontato con i guadagni di salute che verrebbero ottenuti. Questa Conferenza esorta tutti i governi a riflettere sul prezzo che stanno pagando in termini di potenziale umano perduto, essendo complici delle vite perdute e delle malattie provocate dal fumo di tabacco e dall’abuso di alcol. I governi dovrebbero impegnarsi a sviluppare una politica pubblica per la salute che fissi a livello nazionale degli obiettivi di riduzione significativa entro il 2000 della produzione, del commercio e del consumo di tabacco e alcol. Creare ambienti favorevoli Molte persone vivono e lavorano in condizioni che sono pericolose per la loro salute e sono esposti a prodotti potenzialmente pericolosi. Tali problemi spesso trascendono i confini nazionali. La gestione dell’ambiente deve proteggere la salute umana dagli effetti avversi che direttamente o indirettamente sono provocati da fattori biologici, chimici e fisici, e dovrebbe riconoscere che gli uomini e le donne sono parte di un ecosistema complesso. Le risorse naturali che arricchiscono la vita, estremamente diverse ma limita­ te, sono essenziali per garantire la sopravvivenza, la salute e il benessere della razza umana. Le politiche di promozione della salute possono essere condotte solo in un am­ biente che salvaguarda le risorse attraverso strategie ecologiche globali, regionali e locali. È richiesto un impegno a tutti i livelli di governo. Sono necessari sforzi intersettoriali coordinati per assicurare che le considerazioni sulla salute vengano assunte come prere­ quisiti integranti per lo sviluppo industriale e agricolo. A livello internazionale, l’Organiz­ zazione Mondiale della Sanità dovrebbe giocare un ruolo più incisivo nel far accettare questi principi e dovrebbe supportare il concetto di sviluppo sostenibile. Questa Conferenza ritiene prioritario che la sanità pubblica e i movimenti ecologici si uniscano insieme per sviluppare strategie che perseguano sia lo sviluppo socio-economico sia la conservazione delle risorse limitate del nostro pianeta. Sviluppare nuove alleanze per la salute L’impegno a sviluppare una politica pubblica per la salute esige un approccio che privilegi la consultazione e la mediazione. Una politica pubblica per la salute richiede la presenza di validi sostenitori che tengano viva l’attenzione di chi compie le scelte politiche sui 140

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temi della salute. Questo significa favorire il lavoro dei gruppi di sostegno e aiutare i mezzi di comunicazione a interpretare le complesse questioni politiche. Le istituzioni educative devono rispondere ai bisogni emergenti della nuova sanità pubbli­ ca, riorientando i programmi di studio esistenti, in modo da includere l’acquisizione di abilità che consentano di mettere in grado le persone di costruire la propria salute, di mediare e di sostenere la causa della salute. Nello sviluppo della politica deve esserci uno spostamento di enfasi dal controllo al supporto tecnico. Inoltre è necessario creare occa­ sioni di discussione per lo scambio di esperienze a livello locale, nazionale e internazio­ nale. La Conferenza raccomanda che gli organismi locali, nazionali e internazionali: - istituiscano formali iniziative di stimolo e di confronto, per promuovere esempi di buona pratica nello sviluppo di una politica pubblica per la salute; - sviluppino reti di ricercatori, di formatori e di gestori di programmi che collaborino all’analisi e alla realizzazione di una politica pubblica per la salute. L’IMPEGNO PER UNA SALUTE PUBBLICA GLOBALE I prerequisiti per la salute e lo sviluppo sociale sono la pace e la giustizia sociale, una corretta alimentazione e la disponibilità di acqua pulita, l’istruzione e un alloggio decoro­ so, un ruolo utile nella società e un reddito adeguato, la conservazione delle risorse ambientali e la protezione dell’ecosistema. La prospettiva della politica pubblica per la salute è quella di raggiungere queste condizioni di base per una vita sana. Il raggiungi­ mento di una salute globale poggia sul riconoscimento e sull’accettazione dell’interdipen­ denza esistente tra i diversi paesi e al loro interno. L’impegno per una salute pubblica globale dipenderà dal trovare validi strumenti di cooperazione internazionale per agire nei confronti delle questioni che superano i confini nazionali. LE SFIDE FUTURE 1. Una sfida per tutte le nazioni è rappresentata dall’assicurare un’equa distribuzione delle risorse anche in situazioni economiche difficili. 2. La Salute per Tutti sarà raggiunta solo se la creazione e la salvaguardia di condizioni di vita e di lavoro favorevoli alla salute diventano una preoccupazione centrale in ogni decisione politica pubblica. Il lavoro in tutte le sue dimensioni – il lavoro assistenzia­ le, le opportunità di impiego, la qualità della vita lavorativa - influenza pesantemente la salute e la felicità delle persone. 3. La sfida più importante che le singole nazioni e le agenzie internazionali si trovano di fronte per raggiungere una politica pubblica per la salute è quella di incoraggiare la collaborazione (o lo sviluppo di alleanze operative) tra i vari paesi sui temi della pace, dei diritti umani, della giustizia sociale, dell’ecologia e dello sviluppo sostenibile in ogni parte della terra. 4. Nella maggior parte dei paesi la salute dipende dalla responsabilità di organismi a diversi livelli politici. Nella ricerca della miglior salute è auspicabile trovare nuove strade di collaborazione all’interno e tra questi livelli. Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

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5. Una politica pubblica per la salute deve assicurare che i progressi della tecnologia sanitaria agevolino il raggiungimento di una maggiore equità, e non siano invece di ostacolo. La Conferenza raccomanda fortemente che l’Organizzazione Mondiale della Sanità continui lo sviluppo dinamico della promozione della salute attraverso le cinque strategie descritte nella Carta di Ottawa. La Conferenza incoraggia l’Organizzazione Mondiale della Sanità a espandere questa iniziativa in tutte le sue regioni come modo integrante del suo lavoro. Il supporto ai paesi in via di sviluppo rappresenta il cuore di questo processo. RINNOVO DELL’IMPEGNO Nell’interesse della salute globale, i partecipanti alla Conferenza di Adelaide esortano tutti coloro che sono coinvolti a confermare l’impegno richiesto dalla Carta di Ottawa per una forte alleanza a favore della salute pubblica.

La versione originale è reperibile all’indirizzo www.who.int/hpr/archive/docs/adelaide.html Questa traduzione, di Paolo De Pieri, è tratta dall’opuscolo “Dichiarazioni e documenti internazionali sulla promozione della salute” edito dal Centro di Educazione alla Salute di Padova – Servizio regionale di documentazione e dalla Rete Veneta degli Ospedali per la Promozione della Salute. 142

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SCHEDA 3

La Dichiarazione di Sundsvall

sugli ambienti favorevoli alla salute

(Sundsvall Statement on Supportive

Environments for Health)

Terza Conferenza Internazionale sulla Promozione della Salute

Sundsvall, Svezia, 9-15 giugno 1991

La 3a Conferenza internazionale sulla promozione della salute, dal titolo “Gli ambienti favorevoli alla salute”, si inserisce in una serie di eventi che hanno visto il loro inizio nel 1977 con l’impegno dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.) a perseguire gli obiettivi della Salute per Tutti. A questo impegno sono seguite la Conferenza internazionale sull’assistenza sanitaria primaria, organizzata ad Alma Ata nel 1978 dall’O.M.S. e dal­ l’U.N.I.C.E.F. (Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia), e la 1a Conferenza internazionale sulla promozione della salute nei paesi industrializzati svoltasi a Ottawa nel 1986. Il suc­ cessivo incontro di Adelaide nel 1988 che si è occupato della politica pubblica per la salute e quello di Ginevra del 1989 intitolato “Appello all’azione: la promozione della salute nei paesi in via di sviluppo” hanno ulteriormente chiarito l’importanza e il significato della promozione della salute. Parallelamente a questi sviluppi nel campo della salute, è cresciuto enormemente l’interesse pubblico circa le minacce portate all’ambiente globale. Quest’ulti­ mo fatto è stato chiaramente espresso dalla Commissione mondiale su ambiente e sviluppo nel suo rapporto “Il nostro futuro comune”, che ha fornito un nuovo modo di comprendere l’imperativo rappresentato dallo sviluppo sostenibile. La 3a Conferenza internazionale sulla promozione della salute, dedicata agli ambienti favorevoli alla salute, è il primo incontro globale sulla promozione della salute al quale hanno partecipato i rappresentanti di 81 nazioni; la Conferenza ha convocato persone da tutte le parti del mondo per impegnarsi attivamente nella realizzazione di ambienti più favorevoli alla salute. Esaminando insieme le attuali questioni della salute e dell’ambien­ te, la Conferenza ha messo in evidenza che milioni di persone vivono in uno stato di estrema povertà e di privazione, all’interno di un ambiente sempre più degradato che minaccia la loro salute: questa situazione rende estremamente difficile da raggiungere l’obiettivo finale della Salute per Tutti entro il 2000. Il cammino che ci sta davanti consi­ ste nel trasformare gli ambienti fisico, sociale, economico e politico in modo che favori­ scano e supportino la salute piuttosto che danneggiarla. La Conferenza di Sundsvall ha identificato molti esempi e approcci per creare ambienti favorevoli, che possono essere usati da chi definisce le politiche, da chi assume le decisio­ ni operative e dagli attivisti che operano nella comunità nei settori della salute e dell’am­ biente. La Conferenza ha riconosciuto che ciascuno ha un ruolo nel creare ambienti favo­ revoli alla salute. Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

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APPELLO ALL’AZIONE Questo appello all’azione è diretto a coloro che definiscono le politiche e assumono le decisioni operative in tutti i settori importanti e a ogni livello. Gli attivisti e coloro che sostengono le cause della salute, dell’ambiente e della giustizia sociale sono esortati a formare una grande alleanza per raggiungere l’obiettivo comune della Salute per Tutti. Noi partecipanti alla Conferenza ci siamo solennemente impegnati a riportare questo messag­ gio alle nostre comunità, alle nostre nazioni e ai nostri governi per iniziare ad agire. Inoltre ci appelliamo alle organizzazioni delle Nazioni Unite perchè rafforzino la loro cooperazione e si stimolino reciprocamente per un reale impegno nei confronti dell’equità e dello sviluppo sostenibile. Un ambiente favorevole è di estrema importanza per la salute e le due questioni sono interdipendenti e inseparabili. Noi raccomandiamo vivamente che il raggiungimento di entrambi venga considerato l’obiettivo centrale nella definizione delle priorità per lo svi­ luppo e che venga data la precedenza nell’analisi degli interessi in competizione nella gestione quotidiana delle politiche di governo. Le disuguaglianze si riflettono in un crescente divario sia all’interno delle nostre nazioni che tra la nazioni ricche e quelle povere. Questo è inaccettabile. E’ necessario e urgente sviluppare azioni che realizzino la giustizia sociale in tema di salute. Milioni di persone vivono in uno stato di estrema povertà e privazione all’interno di un ambiente urbano e rurale sempre più degradato. Un numero di persone imprevisto e allarmante soffre a causa delle tragiche conseguenze imposte dai conflitti armati sulla salute e sul benessere. La rapida crescita della popolazione è la maggior minaccia a uno sviluppo sostenibile. Le persone sono costrette a sopravvivere in mancanza di acqua pulita, di un’alimentazione adeguata, di un alloggio o in condizioni igieniche precarie. La povertà frustra le ambizioni delle persone e i sogni di costruire un futuro migliore, mentre il limitato accesso alle strutture politiche indebolisce la base per l’autodetermina­ zione. In molti casi l’istruzione non è disponibile o non è sufficiente oppure, nelle sue forme attuali, non riesce a fornire alle persone i mezzi e le opportunità e non attribuisce loro un maggior potere. Milioni di bambini non hanno accesso all’istruzione primaria e hanno di fronte a loro una piccola speranza di un futuro migliore. Le donne, che rappre­ sentano la maggioranza della popolazione mondiale, sono ancora oppresse. Esse sono sessualmente sfruttate e vengono discriminate nel mercato del lavoro e in molte altre aree, nelle quali viene impedito loro di giocare un ruolo di primo piano per la creazione degli ambienti favorevoli. Più di un miliardo di persone in tutto il mondo hanno un accesso inadeguato all’assisten­ za sanitaria essenziale e, indubbiamente, i sistemi di assistenza sanitaria devono essere rafforzati. La soluzione a questi enormi problemi sta nell’azione sociale per la salute, nelle risorse e nella creatività degli individui e delle loro comunità. Per liberare questo poten­ ziale è necessario un profondo cambiamento nel modo in cui consideriamo la nostra salute e il nostro ambiente, ed è richiesto un impegno forte e chiaro a favore di politiche soste­ nibili per la salute e l’ambiente. Le soluzioni vanno trovate al di là dei sistemi sanitari tradizionali. Le iniziative devono provenire da tutti i settori che possono contribuire alla creazione di 144

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ambienti favorevoli alla salute e devono essere realizzate dalle persone nelle comunità locali, dai governi e dalle organizzazioni non governative a livello nazionale e dalle orga­ nizzazioni internazionali su scala globale. L’azione dovrà coinvolgere soprattutto i settori dell’istruzione, dei trasporti, degli alloggi, della pianificazione urbana, della produzione industriale e dell’agricoltura. DIMENSIONI DELL’AZIONE SUGLI AMBIENTI FAVOREVOLI ALLA SALUTE Nel contesto della salute, il termine ambienti favorevoli è riferito sia agli aspetti fisici che a quelli sociali di quanto ci sta attorno. Esso comprende il luogo dove le persone vivono, la loro comunità locale, la loro casa, dove lavorano e si divertono. Il termine comprende anche la struttura organizzativa secondo la quale sono determinate le modalità di accesso alle risorse per la vita quotidiana e alle opportunità di accrescere le possibilità personali. In questo modo l’azione per creare ambienti favorevoli ha molteplici dimensioni: fisica, sociale, spirituale, economica e politica. Ciascuna di queste dimensioni è inestricabilmen­ te legata alle altre in una interazione dinamica. L’azione deve essere coordinata a livello locale, regionale, nazionale e globale per raggiungere soluzioni che siano realmente soste­ nibili. La Conferenza ha messo in risalto quattro caratteristiche degli ambienti favorevoli. 1. La dimensione sociale comprende le modalità con cui le norme, le usanze e i meccani­ smi sociali influenzano la salute. In molte società tradizionali i rapporti sociali stanno cambiando in modo minaccioso per la salute, per esempio aumentando l’isolamento sociale, togliendo alla vita una coerenza e uno scopo che abbiano significato oppure modificando i valori tradizionali e il patrimonio culturale. 2. La dimensione politica impone ai governi di garantire la partecipazione democratica al processo decisionale e il decentramento delle responsabilità e delle risorse. Essa richie­ de inoltre un impegno a favore dei diritti umani, della pace e il trasferimento delle risorse dalla corsa agli armamenti. 3. La dimensione economica richiede un riorientamento delle risorse per il raggiungimen­ to della Salute per Tutti e di uno sviluppo sostenibile, compreso il trasferimento di tecnologia affidabile e sicura. 4. Le capacità e le conoscenze delle donne devono essere riconosciute e utilizzate in ogni settore, compresa la definizione delle scelte politiche e l’economia, allo scopo di svi­ luppare una infrastruttura più positiva per gli ambienti favorevoli. Il peso del carico lavorativo delle donne dovrebbe essere riconosciuto e ridistribuito tra gli uomini e le donne stesse. Le organizzazioni di donne presenti nella comunità devono contare di più nello sviluppo delle politiche e delle strategie per la promozione della salute. PROPOSTE D’AZIONE La Conferenza di Sundsvall ritiene che le proposte per implementare le strategie della Salute per Tutti debbano riflettere due principi fondamentali: l’equità e l’interdipendenza. 1. L’equità deve essere una priorità basilare nella creazione di ambienti favorevoli alla salute e nel diffondere energia e potere creativo, accomunando tutti gli essere umani Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

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in questo eccezionale sforzo. Tutte le politiche che mirano a uno sviluppo sostenibile devono essere soggette a nuovi modelli di procedure di responsabilità, per ottenere un’equa distribuzione delle responsabilità e delle risorse. Tutte le azioni e l’allocazione delle risorse devono essere basate su priorità trasparenti e sull’impegno specifico verso i più poveri, alleviando le ulteriori avversità sopportate dagli emarginati, dai gruppi minoritari e dalle persone con disabilità. Il mondo industrializzato deve pagare il debito umano e ambientale che ha accumulato in seguito allo sfruttamento del mondo in via di sviluppo. 2. L’azione pubblica per la creazione di ambienti favorevoli alla salute deve riconoscere l’interdipendenza che esiste tra tutti gli esseri viventi e deve gestire le risorse naturali tenendo in considerazione le esigenze delle generazioni future. I popoli indigeni hanno una relazione spirituale e culturale caratteristica con l’ambiente fisico, che può rappre­ sentare una preziosa lezione per il resto del mondo. E’ quindi essenziale che i popoli indigeni siano coinvolti nelle attività a favore dello sviluppo sostenibile e che siano avviati negoziati per il rispetto dei loro diritti connessi alla terra e al patrimonio culturale. DARE FORZA ALL’AZIONE SOCIALE È POSSIBILE L’invito a creare ambienti favorevoli è una proposta pratica per sviluppare un’azione di sanità pubblica a livello locale, focalizzando l’attenzione sugli ambienti organizzativi per la salute che permettono un ampio coinvolgimento della comunità e il controllo. Nel corso della Conferenza sono stati presentati esempi sviluppati in ogni parte del mondo sui temi dell’istruzione, dell’alimentazione, degli alloggi, del supporto sociale e dell’assistenza, del lavoro e dei trasporti. Questi esempi hanno chiaramente mostrato che gli ambienti favore­ voli mettono in grado le persone di espandere le proprie capacità e di sviluppare la propria autonomia. Nel rapporto e nel manuale della Conferenza sono disponibili ulteriori dettagli su queste proposte operative. A partire dagli esempi presentati, la Conferenza ha individuato quattro strategie chiave nell’azione di sanità pubblica che promuovono la creazione nelle comunità di ambienti favorevoli: 1. rafforzare il sostegno alla causa della salute attraverso l’azione della comunità, parti­ colarmente tramite i gruppi organizzati delle donne; 2. mettere in grado le comunità e gli individui di esercitare un controllo sulla propria salute e sull’ambiente grazie all’istruzione e all’attribuzione di un maggior potere; 3. costruire alleanze per la salute e per gli ambienti favorevoli, allo scopo di rinforzare la cooperazione tra le campagne e le strategie a favore della salute e dell’ambiente; 4. mediare tra gli interessi che sono in competizione nella società, per assicurare un equo accesso agli ambienti favorevoli alla salute. In sintesi, il processo di attribuzione di un maggior potere e la partecipazione della comunità sono stati considerati i fattori essenziali in un approccio democratico di promo­ zione della salute e la forza motrice verso l’autonomia e lo sviluppo. In particolare i partecipanti alla Conferenza hanno riconosciuto che l’istruzione è un 146

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diritto umano fondamentale ed è un elemento chiave per determinare i cambiamenti poli­ tici, economici e sociali necessari a rendere la salute una possibilità per tutti. L’istruzione dovrebbe essere accessibile in ogni età della vita ed essere basata sul principio dell’equi­ tà, specialmente rispetto alla cultura, alla classe sociale e al sesso. LA PROSPETTIVA GLOBALE La specie umana costituisce una parte integrante dell’ecosistema terrestre e la salute delle persone è profondamente concatenata con l’ambiente globale. Tutte le informazioni di­ sponibili indicano che non sarà possibile sostenere la qualità della vita, sia degli esseri umani che di tutte le altre specie viventi, senza dover attuare a tutti i livelli drastici cambiamenti degli atteggiamenti e dei comportamenti connessi alla gestione e alla con­ servazione dell’ambiente. La sfida del nostro tempo è costituita dalla realizzazione di un’azione concertata per ottenere un ambiente sostenibile e favorevole alla salute. A livello internazionale, le grandi differenze di reddito pro-capite creano delle disugua­ glianze non solo nell’accesso alla salute ma anche rispetto alla capacità delle società di migliorare la loro situazione e di sostenere un’adeguata qualità della vita per le generazio­ ni future. Le migrazioni dalle zone rurali a quelle urbane fanno aumentare drasticamente il numero delle persone che vivono nei quartieri poveri e ciò si accompagna a problemi quali la mancanza di acqua pulita e le cattive condizioni igieniche. Troppo spesso il processo decisionale politico e lo sviluppo industriale sono basati su una pianificazione di breve periodo e sui guadagni economici, che non tengono in considera­ zione i reali costi imposti alla nostra salute e all’ambiente. Il debito internazionale sta drenando in modo preoccupante le scarse risorse delle nazioni povere. Le spese militari sono in crescita e la guerra, oltre a causare morti e disabilità, sta ora introducendo nuove forme di vandalismo ecologico. Lo sfruttamento della forza lavoro, l’esportazione e lo scarico delle sostanze e dei rifiuti tossici soprattutto nelle nazioni più deboli e povere e lo spreco delle risorse mondiali dimostrano la crisi dell’attuale approccio allo sviluppo. C’è la necessità urgente di andare verso un’etica e un accordo globale nuovi, basati su una convivenza pacifica che permetta una distribuzione e un utilizzo più equi delle limitate risorse del pianeta. OTTENERE UNA RESPONSABILITÀ GLOBALE La Conferenza di Sundsvall si appella alla comunità internazionale perchè instauri nuovi meccanismi di responsabilità ecologica e nei confronti della salute, che siano basati sui principi dello sviluppo sostenibile per la salute. Questo richiede nella pratica che vengano predisposte dichiarazioni di impatto sulla salute e sull’ambiente per le maggiori iniziative politiche e di programmi. È necessario che l’O.M.S. e l’U.N.E.P. (il Programma per l’Ambien­ te delle Nazioni Unite) diano nuovo vigore ai loro sforzi per sviluppare codici di compor­ tamento sullo scambio e la commercializzazione delle sostanze e dei prodotti dannosi alla salute e all’ambiente. L’O.M.S. e l’U.N.E.P. devono sviluppare linee guida basate sui principi dello sviluppo soste­ Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

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nibile che possano essere usate dagli Stati membri. Tutti i donatori multilaterali e bilate­ rali e le agenzie di finanziamento quali la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Interna­ zionale devono usare tali linee guida nella progettazione, nella realizzazione e nella valu­ tazione dei progetti di sviluppo. E’ necessario che venga intrapresa un’azione urgente per supportare i paesi in via di sviluppo nella realizzazione di soluzioni proprie. Una stretta collaborazione con le organizzazioni non governative dovrebbe essere assicurata durante tutto il processo. La Conferenza di Sundsvall ha dimostrato ancora una volta che le questioni della salute, dell’ambiente e dello sviluppo umano non possono essere separate. Lo sviluppo deve implicare un miglioramento della qualità di vita e della salute, preservando nel contempo la sostenibilità dell’ambiente. I partecipanti alla Conferenza quindi raccomandano caldamente che la Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo, che si terrà a Rio de Janeiro nel 1992, tenga in considerazione la Dichiarazione di Sundsvall nel dibattito sulla Carta della Terra e sul­ l’Agenda 21, che sembra essere un piano d’azione che ci porterà nel 21° secolo. Gli obiettivi di salute devono figurare in maniera predominante su entrambi i documenti. Solo un’azione su scala mondiale, basata su una cooperazione globale, assicurerà il futuro del nostro pianeta.

La versione originale è reperibile all’indirizzo www.who.int/hpr/archive/docs/sundsvall.html Questa traduzione, di Paolo De Pieri, è tratta dall’opuscolo “Dichiarazioni e documenti internazionali sulla promozione della salute” edito dal Centro di Educazione alla Salute di Padova – Servizio regionale di documentazione e dalla Rete Veneta degli Ospedali per la Promozione della Salute. 148

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SCHEDA 4

Le Linee guida di Heidelberg per la promozione dell’attività fisica per le persone anziane (The Heidelberg Guidelines for promoting physical activity among older persons) Quarto Congresso Internazionale

su Attività fisica, Invecchiamento e Sport

Heidelberg, Germania, agosto 1996

TARGET: Persone anziane Una regolare attività fisica giova agli individui durante l’intero arco della vita. Le seguenti

linee guida sono state messe a punto, tuttavia, per promuovere l’attività fisica nella

seconda parte della vita.

Nonostante la maggior parte dei contenuti possano ritenersi validi per tutte le età, il

comitato scientifico incaricato di sviluppare queste linee guida ha identificato come tar­

get più appropriato gli individui appartenenti alla fascia d’età superiore ai 50 anni.

I 50 anni segnano un momento della mezza età in cui una regolare attività fisica può

essere particolarmente efficace nel ridurre ed evitare i rischi fisici, psicologici e sociali

spesso associati all’avanzare del tempo.

Tali benefici riguardano la maggior parte degli individui a prescindere dal loro stato di

salute e/o di malattia.

All’interno di queste linee guida l’attività fisica è definita come tutto il movimento svolto

quotidianamente, incluse le attività lavorative, ricreative, sportive etc.

E’ noto che gli effetti preventivi e riabilitativi di una regolare attività fisica risultano

ottimizzati qualora l’esercizio viene iniziato in giovane età piuttosto che in età avanzata.

L’attenzione è focalizzata sull’impatto di una regolare attività fisica su entrambi i sessi.

Tuttavia, a causa delle differenze storiche nella pratica dell’attività fisica tra i due sessi, e

per la maggior percentuale di donne tra gli anziani, il Comitato scientifico è cauto nell’af­

fermare che le linee guida siano universali ed applicabili a tutti gli individui allo stesso

modo.

È evidente che queste devono essere sufficientemente flessibili affinché siano significati­

ve per un’ampia gamma di gruppi sociali e culturali.

SCOPO: Fornire linee guida per facilitare lo sviluppo di strategie e politiche da adottare

negli interventi indirizzati alla popolazione finalizzati a mantenere e/o incrementare il

livello di attività fisica in tutte le persone anziane.

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1. EVIDENZA

“Una attività fisica appropriata può essere divertente e vantaggiosa per tutti”

La maggior parte delle persone che pratica attività motorie ricreative lo fa perché è diver­ tente e piacevole; tuttavia, è ampiamente dimostrato che l’attività fisica è associata ad un significativo miglioramento nelle abilità funzionali e nello stato di salute e può frequentemente prevenire alcune patologie o diminuirne la loro severità. E’ importante notare, tuttavia, che molti di questi benefici richiedono una frequenza regolare e continua e possono essere rapidamente perduti con un ritorno all’inattività. Evidenza Scientifica L’attività fisica regolare... a. aumenta il generale stato di benessere b. migliora globalmente la salute fisica e psicologica c. aiuta a conservare l’autosufficienza d. riduce il rischio di sviluppare alcune malattie non trasmissibili (es. cardiopatia ische­ mica, ipertensione...) e. aiuta a controllare specifiche condizioni di vita (es. stress, obesità) e di patologia (es. diabete. ipercolesterolemia) f. aiuta a minimizzare le conseguenze di alcune disabilità e può aiutare nella gestione delle condizioni di dolore cronico g. potrebbe aiutare nel modificare l’immagine stereotipata della vecchiaia 2. BENEFICI DELL’ATTIVITÀ FISICA: A. Per l’individuo 1. Fisiologici I. Benefici immediati: a. Glicemia: L’attività fisica aiuta a regolare i livelli ematici di glucosio b. Attività catecolaminica: I livelli di adrenalina e noradrenalina sono stimolati dall’attività fisica. c. Sonno: È stato riportato che l’attività fisica migliora la qualità e la quantità del sonno in individui di tutte le età. II. Effetti a lungo termine: a. Resistenza aerobica/cardiovascolare: sostanziali miglioramenti in quasi tutti gli aspetti della funzione cardiovascolare sono stati osservati dopo un appropriato allenamento fisico. b. Resistenza e potenziamento muscolare: Individui di tutte le età possono trarre beneficio da esercizi di rafforzamento muscolare. L’allenamento di forza resi­ stente può avere un significativo impatto sul mantenimento dell’autosufficien­ za nell’anziano 150

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c. Flessibilità: l’esercizio fisico aiuta a preservare e a ripristinare la flessibilità d. Equilibrio/coordinazione: una regolare attività aiuta a prevenire e/o a ritardare la diminuzione dell’equilibrio e del coordinamento legata all’età che rappresen­ ta uno dei maggiori fattori di rischio di caduta. e. Velocità di movimento: una caratteristica dell’invecchiamento è il rallentamen­ to funzionale. Attraverso una regolare attività fisica è possibile posticipare tale inconveniente 2. Psicologici I. Benefici immediati: a. Rilassamento: una appropriata attività fisica favorisce il rilassamento b. Riduzione dello stress e dell’ansia: è dimostrato che un’attività fisica regolare può ridurre stress ed ansia c. Miglioramento dell’umore: molte persone riferiscono un miglioramento dell’umore dopo una appropriata attività fisica. II. Effetti a lungo termine: a. Benessere generale: Incrementi in quasi tutti gli aspetti delle funzioni psicolo­ giche sono state osservate dopo periodi prolungati di attività fisica b. Migliore salute mentale: L’esercizio fisico regolare può portare un contributo rilevante al trattamento di numerose malattie mentali comprese la depressione e le nevrosi c. Incrementi cognitivi: L’attività fisica regolare può aiutare a ritardare il declino correlato all’età della velocità del Sistema Nervoso Centrale e migliorare il tem­ po di reazione d. Controllo e prestazioni motorie: L’attività regolare aiuta a prevenire e/o a ritar­ dare il declino associato all’età nelle prestazioni motorie fini e grossolane e. Acquisizione abilità motorie: Nuove abilità possono essere imparate ed abilità esistenti possono essere affinate da tutti gli individui senza limiti di età. 3. Sociali I. Benefici immediati a. Rafforzamento degli individui anziani: Una grande percentuale della popolazio­ ne anziana adotta gradualmente uno stile di vita sedentario che con il tempo costituisce una minaccia di riduzione dell’indipendenza e dell’autosufficienza. La partecipazione a corsi appropriati di attività fisica può aiutare a rafforzare Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

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gli individui anziani e assisterli nel assumere un ruolo più attivo nella società. b. Aumentata integrazione sociale: I programmi di attività fisica, particolarmente quando sono realizzati in piccoli gruppi e/o in ambito sociale, aumentano le interazioni sociale e interculturali per molti anziani. II. Effetti a lungo termine: a. Aumentata integrazione: chi svolge una regolare attività fisica difficilmente tende a chiudersi in se stesso e più propenso, invece, alla partecipazione attiva alle attività sociali b. Formazione di nuove amicizie: la partecipazione all’attività fisica, specialmen­ te se svolta in piccoli gruppi o altri contesti sociali, offre l’opportunità di nuove amicizie e conoscenze c. Ampliamento dei rapporti sociali: l’attività fisica offre l’opportunità di ampliare la propria rete sociale d. Mantenimento del ruolo ed acquisizione di nuovi ruoli: uno stile di vita attivo dal punto di vista fisico spinge a frequentare ambienti stimolanti necessari per mantenere un ruolo attivo nella società e ad acquisire nuovi ruoli positivi. e. Aumento delle attività intergenerazionali: in molte società l’attività fisica offre l’opportunità di contatti intergenerazionali diminuendo così la percezione ste­ reotipata dell’invecchiamento B. Per la Società I. Ridotti costi di assistenza sanitaria e sociale: l’inattività fisica e la vita sedentaria contribuiscono alla diminuzione dell’indipendenza e all’insorgenza di molte malattie croniche. Uno stile di vita fisicamente attivo può aiutare a ritardare l’insorgenza della disabilità fisica e della malattia riducendo conseguentemente in misura significativa i costi dell’assistenza sociale e sanitaria. II. Aumento della produttività degli anziani: le persone anziane sono in grado di offrire un rilevante contributo alla società. Uno stile di vita attivo aiuta gli anziani a mantenere un’indipendenza funzionale ed a ottimizzare l’entità del contributo che essi sono capaci di apportare alla società. III. Promozione di una immagine dell’anziano positiva ed attiva: Una società che promuove uno stile di vita attivo per gli anziani raccoglierà più facilmente i benefici della ricchezza di esperienza e saggezza propria degli anziani nella comunità.

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3. CHI DOVREBBE ESSERE FISICAMENTE ATTIVO? “Attività fisica e sport per tutti” I. Individui di tutte le età possono iniziare a trovare piacere nell’attività fisica ad ogni età e trarne i benefici. II. L’attività fisica regolare presenta significativi benefici fisici, psicologici, sociali e culturali per individui di tutte le età, comprendendo le persone con specifiche limita­ zioni fisiche e disabilità. III. Individui e gruppi con necessità specifiche possono avere particolari esigenze che devono essere soddisfatte per ottimizzare l’efficacia dell’attività fisica, sia a breve che a lungo termine (es. accessi speciali, riduzione delle barriere ambientali, pro­ grammi modificate ed attrezzature adattate). La messa in atto di strategie, politiche e programmi educativi deve tenere in considerazione le particolari necessità e le richieste di questi soggetti. Le necessità di specifici programmi di attività fisica varierà in funzione della posizione del singolo individuo lungo la scala Salute - Fitness (vedi fig.1)

SCALA SALUTE – EFFICIENZA

Fisicamente efficienti

Sani

Non sani Indipendenti

Fisicamente non efficienti

Fisicamente non effic. fragili

GRUPPO I

GRUPPO II

Non sani Dipendenti

GRUPPO III

Figura 1 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

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Gruppo 1 Fisicamente efficienti - Sani Questi individui sono regolarmente inseriti in programmi appropriati di attività fisica, possono essere ritenuti fisicamente efficienti e possono partecipare in tutte le attività del vivere quotidiano. Gruppo 2: Fisicamente non efficienti - Non sani, indipendenti Questi individui non sono inseriti in programmi di attività fisica. Nonostante conducano ancora una vita indipendente, stanno sviluppando patologie multiple croniche che pregiu­ dicano la loro indipendenza. L’attività fisica regolare può aiutare a migliorare le capacità funzionali e a prevenire la perdita di indipendenza. Gruppo 3: Fisicamente non efficienti -Non sani, dipendenti Questi individui non sono più in condizione di condurre una vita indipendente nella società per una serie di ragioni fisiche e/o psichiche. Una appropriata attività fisica può migliorare significativamente la qualità della vita e restituire indipendenza in alcune aree funzionali. 4. PROMUOVERE E FACILITARE UN AUMENTO DI ATTIVITÀ FISICA È necessario sviluppare strategie che portino ad un aumento del livello di attività fisica all’interno di tutti i segmenti della popolazione. Un obiettivo di sanità pubblica di questo genere può essere raggiunto solo influenzando: I. Politica sanitaria È necessario stimolare una maggiore considerazione per l’importanza di una attività fisica regolare tra i responsabili politici a tutti i livelli di amministrazione. 1. 2. 3. 4.

Internazionale Nazionale Regionale Locale

II. Educazione, informazione e creazione di ambienti che favoriscano l’attività fisica Esiste anche la necessità di coinvolgere un ampio numero di settori nella disseminazione dell’informazione sull’invecchiamento in salute e nel sostegno alla creazione di condizioni ambientali favorevoli per la promozione dell’attività fisica, quali: 1. la famiglia 2. i gruppi di sostegno (es. Consigli Nazionali sull’Invecchiamento) 3. i servizi sociali 4. le associazioni non governative 5. i mass media 6. i gruppi di auto aiuto 7. le strutture sanitarie Team di assistenza primaria 154

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8. 9. 10. 11. 12.

ospedali,

case di cura

assicurazioni

le università i centri riabilitativi e terapeutici le strutture residenziali le organizzazioni private e pubbliche i club sportivi e sociali

5. METTERE IN ATTO L’ATTIVITÀ FISICA I. L’attrezzatura 1. Non è necessario avere attrezzature costose 2. L’attività fisica può risultare efficace anche in ambienti con spazi e risorse limitati (es. in casa) 3. Il posto di lavoro può essere un luogo appropriato per fornire programmi di attività fisica. II. Indicazioni per la sicurezza 1. Un controllo medico può essere desiderabile per alcuni individui prima di iniziare un programma di attività fisica 2. Un addestramento adeguato a tutti i livelli (Partecipanti, Istruttori, responsabili dei programmi e delle valutazioni) è raccomandato. 3. Ambienti sicuri sono importanti (es. luci adeguate, scale) 4. Riduzione degli ostacoli ambientali III. 1. 2. 3. 4. 5.

I fattori motivanti (le motivazioni) L’attività fisica può essere un divertimento L’amicizia L’aumentato controllo sulla propria esistenza Attività per tutta la durata della vita Aumentato stato di salute e benessere

IV Gli ostacoli all’attività fisica 1. Mancanza di informazioni sull’attività fisica e l’invecchiamento: a. tra gli anziani b. tra i membri della famiglia c. nelle strutture sanitarie d. nella società 2. Immagini stereotipate dell’invecchiamento 3. Insufficiente supporto sociale 4. Inadeguato supporto ambientale (es. trasporti, accessi, pianificazione urbana) 5. Storie di vita, aspetti biografici incluse cattive esperienze con lo sport 6. Attitudine negativa verso lo sport e l’esercizio fisico Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

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7. 8. 9. 10.

Squilibrio tra lo sforzo necessario e gli obiettivi raggiunti Ostacoli di tipo sociale verso uno stile di vita salutare Ambienti sociali e culturali inadatti Determinate condizioni mediche che possono richiedere programmi di attività diversi.

6. TIPI DI ATTIVITÀ FISICA Molti individui hanno uno stile di vita fisicamente attivo senza partecipare necessaria­ mente in un programma formale di esercizio. Attraverso le attività usuali della vita quoti­ diana - come il lavoro, gli acquisti, le pulizie e la preparazione dei pasti una persona può mantenere un adeguato livello di attività, anche senza un elevato livello di prestazioni aerobiche. Il primo messaggio da dare agli individui quando invecchiano è che essi devono rimanere attivi nella vita di tutti i giorni. Tuttavia nelle società industrializzate, gli stili di vita sono spesso associati con un livello di attività fisica inferiore a livelli adeguati. Programmi strutturati di attività forniscono la possibilità alle persone di promuovere uno stile di vita attivo. Le raccomandazioni per questi programmi includono: I. Attività in gruppo e/o individuale non hanno una assoluta necessità di essere esegui­ te con una supervisione II. Ci sono benefici associati con i vari tipi di attività fisica che comprendono tra gli altri: allungamento, rilassamento, esercizi a corpo libero, esercizi aerobici, rafforza­ mento III. L’attenzione deve essere posta su forme di attività fisica semplice e moderata (es. cammino, balli, salire le scale, nuoto, ciclismo, esercizi sulla sedia etc.) IV. Componenti importanti da considerare in un programma di esercizi sono: attività aerobica, rafforzamento muscolare, flessibilità ed equilibrio V. Gli esercizi devono andare incontro ai bisogni ed alle aspettative individuali e di gruppo. VI. Gli esercizi dovrebbero essere rilassanti e gradevoli. Fateli divertire! VII. Gli esercizi dovrebbero essere regolari, se possibile giornalieri. 7. RICERCA Nuove ricerche per la promozione dell’attività fisica tra le persone anziane sono necessa­ rie. Ciò implica la presenza di appropriati livelli di finanziamenti. Ricerche di particolare interesse includono risultati e valutazione degli interventi che riflettono le differenti dimensioni specificate in queste linee guida.

La versione originale è reperibile all’indirizzo www.who.int/hpr/ageing/heidelberg_eng.pdf Traduzione di Federico Schena e Francesca Menna (CeBiSM - Università di Trento) 156

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SCHEDA 5

La Scuola che promuove la salute - un investimento in educazione, salute e democrazia (The Health Promoting School - An Investment in Education, Health and Democracy) Prima Conferenza della Rete europea delle Scuole

che promuovono la salute - Salonicco, Grecia, 1-5 maggio 1997

Tutti i bambini e i giovani hanno diritto e dovrebbero avere l’opportunità di essere educati in una scuola che promuove la salute. È dimostrato che i determinanti dell’educazione e della salute sono inseparabilmente col­ legati. Questa dinamica non può essere ignorata se si vuole proteggere, sostenere e sviluppare l’educazione e la salute dei nostri giovani. La Rete Europea delle Scuole che Promozione la Salute ha mostrato che il successo nella realizzazione di politiche, principi, metodi per la promozione della salute nelle scuole può contribuire in modo significativo all’esperienza educativa da parte di tutti i giovani che in queste scuole vivono e apprendono. È stato dimostrato che le scuole che promuovono la salute costituiscono un investimento sia per l’educazione che per la salute. Inoltre la Rete ha un notevole impatto positivo nei confronti di tutti coloro che insegnano, amministrano, sostengono e sovvenzionano le scuole e le comunità in cui esse sono inserite. Le scuole rappresentano un elemento fondamentale per la creazione di una generazione che abbia grandi aspettative ed elevati obiettivi educativi. Le scuole che promuovono la salute sono destinate a produrre un impatto sostanziale sulla riduzione delle disugua­ glianze sociali, contribuendo in tal modo alla salute ed al benessere della popolazione nel suo complesso. La scuola che promuove la salute si fonda su un modello sociale di salute. Questo mette in evidenza da un lato l’intera organizzazione scolastica dall’altro concentra la propria atten­ zione sugli individui. Al centro del modello vi è il ragazzo considerato in termini, all’inter­ no di un contesto dinamico. Questo approccio crea un ambiente sociale di grande soste­ gno che influenza la visione, la percezione e l’azione di tutti coloro che vivono, lavorano, giocano e imparano all’interno della scuola. Questo genera un clima positivo che influisce sul modo in cui si strutturano le relazioni, su quello in cui i giovani assumono le decisio­ ni, sviluppano i propri valori e gli atteggiamenti personali. La presente Risoluzione, che sostiene la necessità che i governi realizzino azioni per la più ampia diffusione in tutta Europa del concetto di Scuola che promuove la salute, è stata condivisa nel corso della Prima Conferenza della Rete Europea delle Scuole che Promuovo­ no la Salute. La Risoluzione si propone di incoraggiare l’adozione di politiche, nelle quali Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

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rientra la produzione di leggi, e indica i meccanismi che è necessario attuare per poterle realizzare. La Risoluzione definisce i principi e le azioni necessarie per sviluppare intera­ mente il potenziale educativo delle scuole che promuovono la salute. Questa Conferenza, che esprime le opinioni di un ampio numero di professionisti apparte­ nenti a 43 Stati, sollecita i governi di tutti i Paesi europei ad adottare il concetto di “Scuola che Promuove la Salute” e li invita a favorire le condizioni perché i principi di seguito espressi possano essere tradotti in pratica. 1. DEMOCRAZIA La scuola che promuove la salute è fondata su principi democratici che favoriscono la promozione dell’apprendimento, dello sviluppo personale e sociale e della salute. 2. EQUITÀ La scuola che promuove la salute assicura che il principio di equità sia collocato nell’am­ bito dell’esperienza educativa. Ciò garantisce che le scuole non siano condizionate dal­ l’oppressione, dalla paura e dallo scherno. La scuola che promuove la salute offre a tutti l’accesso equo a un’ampia gamma di opportunità educative. Lo scopo della scuola che promuove la salute è quello di favorire l’evoluzione emozionale e sociale di ogni individuo, consentendogli di sviluppare in modo completo le proprie capacità, in assenza di qualsiasi discriminazione. 3. EMPOWERMENT1 E CAPACITÀ DI AGIRE La scuola che promuove la salute migliora le capacità dei giovani ad agire e a generare il cambiamento. Essa mette a disposizione un ambiente all’interno del quale gli allievi, lavorando assieme ai loro insegnanti e ad altre persone, possano raggiungere gli obiettivi. L’empowerment dei giovani, collegato con le loro visioni e idee, li rende capaci di influen­ zare la loro vita e le loro condizioni di vita. Questo obiettivo si raggiunge attraverso politiche e metodi educativi di qualità, che offrono la possibilità di prendere parte a processi decisionali riguardanti aspetti importanti. 4. AMBIENTE SCOLASTICO La scuola che promuove la salute pone in rilievo l’ambiente scolastico, inteso in termini 1 Termine inglese di difficile traduzione con un singolo vocabolo italiano. L’empowerment è il processo generale di rinforzo, crescita e responsabilizzazione delle persone e delle comunità perché diventino sempre più capaci di svolgere la loro funzione sociale. Nel contesto della promozione della salute l’empowerment è il processo sociale, culturale, psicologico, educativo e politico attraverso il quale gli individui e i gruppi sociali diventano capaci di riconoscere i propri bisogni di salute, partecipano ai processi decisionali e realizzano specifiche azioni per soddisfare tali bisogni. (Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari della provincia Autonoma di Trento - Programma di sviluppo strategico - Glossario, Trento 2001). 158

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fisici e sociali, come elemento critico per promuovere e sostenere la salute. Tale ambiente costituisce una risorsa di valore inestimabile per promuovere in modo efficace la salute, attraverso lo sviluppo di politiche che favoriscono il benessere. Ciò implica l’elaborazione e il monitoraggio di provvedimenti orientati alla salute e alla sicurezza, nonché l’istituzio­ ne di strutture organizzative per la loro gestione. 5. PROGRAMMI DI STUDIO Il programma dei corsi della scuola che promuove la salute offre ai giovani l’opportunità di acquisire conoscenza ed intuizione e di impadronirsi delle capacità essenziali per la vita. I programmi devono essere specifici per le necessità presenti e future dei giovani; devono stimolare la loro creatività, incoraggiare allo studio e offrire loro le abilità necessarie all’apprendimento. I programmi della scuola che promuove la salute costituiscono anche una risorsa di ispirazione per gli insegnanti e per tutti coloro che lavorano nell’ambiente scolastico. Costituisce altresì uno stimolo per la loro crescita personale e professionale. 6. FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI La formazione degli insegnanti è un investimento non solo per la salute, ma anche per l’educazione. La legislazione, aiutata da appropriati incentivi, deve guidare le strutture di formazione e di aggiornamento degli insegnanti, utilizzando il quadro concettuale della scuola che promuove la salute. 7. MISURAZIONE DEL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI Le scuole che promuovono la salute valutano l’efficacia delle loro azioni nei confronti della scuola e della comunità locale. La misurazione del raggiungimento degli obiettivi viene percepita come strumento di sostegno e di empowerment nonché come processo attraverso il quale i principi della scuola che promuove la salute possono essere applicati nel modo più efficace. 8. COLLABORAZIONE La condivisione delle responsabilità e la stretta collaborazione tra i Ministeri, in partico­ lare tra quelli che hanno competenze in materia di istruzione e di sanità, costituisce un requisito indispensabile della pianificazione strategica delle scuole che promuovono la salute. La collaborazione tra partner provata a livello nazionale si rispecchia a livello regionale e locale. Devono essere definiti e chiariti i ruoli e le responsabilità di tutte le parti coinvolte. 9. COMUNITÀ I genitori e la comunità scolastica svolgono un ruolo essenziale nel guidare, sostenere e rinforzare il concetto di scuola che promuove la salute. Lavorando in collaborazione, le Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

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scuole, i genitori, le organizzazioni non governative e le comunità locali costituiscono una forza potente per un cambiamento in senso positivo. In modo uguale i giovani stessi hanno maggiori probabilità di diventare cittadini attivi nelle comunità locali. Scuola e comunità, cooperando, avranno un impatto positivo nella creazione di un ambiente socia­ le e fisico favorevole ad una salute migliore. 10. SOSTENIBILITÀ Tutti i livelli di governo devono impegnare risorse per promuovere la salute nelle scuole. Tale investimento contribuirà allo sviluppo sostenibile di lungo periodo della comunità nel suo complesso. Come contropartita, le comunità diventeranno sempre più una risorsa per le loro scuole. INVESTIRE NEL FUTURO Questi principi sono custoditi nel concetto e nella pratica della scuola che promuove la salute. Essi offrono le basi per investire in educazione, in salute e in democrazia a favore delle generazioni future. La Conferenza invita la Commissione Europea, il Consiglio d’Europa e l’Ufficio Regionale per l’Europa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità a mantenere il sostegno e la guida di questa importante iniziativa. La Conferenza chiede alle tutte e tre le organizzazioni di dare seguito a questa risoluzione. Ogni bambino dovrebbe avere ora diritto a trarre beneficio dall’iniziativa di una scuola che promuove la salute.

La versione originale è reperibile all’indirizzo http://www.who.dk/enhps/page/ intenglish.html#Resolution. Traduzione di Giovanni Martini. 160

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SCHEDA 6

La Dichiarazione di Jakarta

sulla promozione della salute nel 21° Secolo

(Jakarta Declaration on Leading Health Promotion

into the 21st Century)

Quarta Conferenza Internazionale sulla Promozione della Salute

Jakarta, Indonesia, 21-25 luglio 1997

Le premesse La 4° Conferenza internazionale sulla promozione della salute dal titolo “Nuovi attori per una nuova era: introdurre la promozione della salute nel 21° secolo” giunge in un momento critico nello sviluppo delle strategie internazionali a favore della salute. Sono passati quasi venti anni da quando gli Stati membri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, con la Dichiarazione di Alma Ata, si sono assunti l’ambizioso impegno di sostenere la strategia globale della Salute per Tutti e i principi dell’assistenza sanitaria primaria. Dieci anni fa si è svolta a Ottawa, in Canada, la 1° Conferenza internazionale sulla promozione della salute. Il risultato di quella Conferenza è stata la pubblicazione della “Carta di Ottawa per la promozione della salute” che, da quel momento, é stata una guida e una fonte di ispirazione per la promozione della salute. Nelle successive Conferenze interna­ zionali e in altri incontri sono stati ulteriormente chiariti l’importanza e il significato delle strategie chiave della promozione della salute, che comprendono la politica pubblica per la salute (Adelaide, 1988) e gli ambienti favorevoli alla salute (Sundsvall, 1991). La 4° Conferenza internazionale sulla promozione della salute svoltasi a Jakarta è la prima che viene organizzata in un paese in via di sviluppo ed è la prima che coinvolge il settore privato a supporto della promozione della salute. La Conferenza costituisce un’opportuni­ tà per riflettere su quanto è stato appreso circa l’efficacia della promozione della salute, per riesaminare i determinanti della salute e per identificare le direzioni e le strategie che sono necessarie per orientare le sfide della promozione della salute nel 21° secolo. LA PROMOZIONE DELLA SALUTE È UN PREZIOSO INVESTIMENTO La salute è un diritto umano fondamentale ed è essenziale per lo sviluppo sociale ed economico. La promozione della salute viene considerata sempre più come un elemento essenziale per lo sviluppo della salute. È infatti il processo che mette in grado le persone di aumentare il controllo sulla propria salute e di migliorarla. La promozione della salute, attraverso investimenti ed azioni, agisce sui determinanti della salute per creare il maggiore guada­ gno di salute per le persone, per contribuire in maniera significativa alla riduzione delle iniquità rispetto alla salute, per garantire i diritti umani e per costruire il capitale sociale. L’obiettivo finale é quello di aumentare la speranza di salute e di ridurre la differenza nella Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

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speranza di salute che esiste tra i vari paesi e tra gruppi diversi. La Dichiarazione di Jakarta sulla promozione della salute descrive un’immagine e il punto focale della promozione della salute nel prossimo secolo. Essa riflette la ferma determina­ zione dei partecipanti alla 4° Conferenza internazionale sulla promozione della salute di ricorrere alla più vasta gamma di risorse per affrontare la questione dei determinanti della salute nel 21° secolo. I DETERMINATI DELLA SALUTE: LE NUOVE SFIDE I prerequisiti per la salute sono la pace, una casa, l’istruzione, la sicurezza sociale, le relazioni sociali, il cibo, un reddito, l’attribuzione di maggiori poteri alle donne, un eco­ sistema stabile, un uso sostenibile delle risorse, la giustizia sociale, il rispetto dei diritti umani e l’equità. La più grande minaccia per la salute è soprattutto la povertà. Tendenze demografiche quali l’urbanizzazione, l’aumento delle persone anziane e della prevalenza delle malattie croniche, il comportamento sempre più sedentario, la resistenza agli antibiotici e ad altri farmaci comunemente disponibili, l’aumentato abuso di droghe e la violenza nella vita quotidiana e tra le mura domestiche minacciano la salute ed il benessere di centinaia di milioni di persone. Malattie infettive nuove e riemergenti, insieme a una maggiore consapevolezza dei proble­ mi di salute mentale, richiedono una risposta urgente. È essenziale che la promozione della salute si evolva per affrontare i cambiamenti nei determinanti della salute. Anche i fattori transnazionali hanno un significativo impatto sulla salute. Essi compren­ dono l’integrazione dell’economia globale, i mercati finanziari e il commercio, l’accesso ai mezzi e alle tecnologie della comunicazione, il degrado ambientale dovuto ad un uso irresponsabile delle risorse. Questi cambiamenti modellano i valori, gli stili di vita a ogni età e le condizioni di vita in ogni parte del mondo. Alcuni di questi, come lo sviluppo tecnologico delle comunicazio­ ni, rappresentano una grande opportunità per la salute; altri invece hanno un impatto negativo rilevante, come ad esempio il commercio internazionale del tabacco. LA PROMOZIONE DELLA SALUTE FA LA DIFFERENZA La ricerca e gli studi applicativi svolti nei diversi paesi mostrano in maniera convincente

che la promozione della salute funziona. Le strategie di promozione della salute possono

sviluppare e modificare non solo gli stili di vita, ma anche le condizioni sociali, economi­

che ed ambientali che determinano la salute. La promozione della salute é un approccio

concreto per ottenere una maggiore equità nei confronti della salute.

Le cinque strategie descritte nella Carta di Ottawa sono essenziali per il successo:

- costruire una politica pubblica per la salute;

- creare ambienti favorevoli;

- dare forza all’azione della comunità;

- sviluppare le abilità personali;

- riorientare i servizi sanitari.

C’è ora la chiara dimostrazione che:

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- gli approcci globali allo sviluppo della salute sono i più efficaci: gli approcci basati sulla combinazione delle cinque strategie sono più efficaci di quelli che ne utilizzano solo una; - gli ambienti organizzativi offrono concrete opportunità per la realizzazione di strategie globali: questi ambienti comprendono le megalopoli, le isole, le città, i paesi e le comunità locali, i loro mercati, le scuole, gli ambienti di lavoro e le strutture sanitarie; - la partecipazione é essenziale per sostenere gli sforzi: l’azione della promozione della salute deve essere incentrata sulle persone e i processi decisionali che la sostengono devono essere efficaci; - le conoscenze relative alla salute favoriscono la partecipazione: l’accesso all’istruzione e all’informazione é essenziale per ottenere una partecipazione efficace e per attribuire maggiori poteri alle persone e alle comunità. Queste strategie sono gli elementi chiave della promozione della salute e sono significa­ tive per tutti i paesi. SONO NECESSARIE NUOVE RISPOSTE Per affrontare le nuove minacce alla salute, sono necessarie modalità d’azione innovative. La sfida per i prossimi anni sarà di liberare il potenziale per la promozione della salute presente in molti settori della società, tra le comunità locali e all’interno delle famiglie. Vi è la chiara necessità di abbattere le tradizionali frontiere all’interno dei settori governa­ tivi, tra il governo e le organizzazioni non governative, tra il settore pubblico e quello privato. La cooperazione è essenziale. In modo particolare questa richiede, su basi parita­ rie e a tutti i livelli di governo, la creazione di un nuovo accordo operativo a favore della salute tra i differenti settori delle società. LE PRIORITÀ PER LA PROMOZIONE DELLA SALUTE NEL 21° SECOLO 1. Promuovere la responsabilità sociale per la salute I decisori devono essere fermamente sostenuti da un alto senso di responsabilità sociale.

Sia il settore pubblico che quello privato dovrebbero promuovere la salute, perseguendo

politiche e attività che permettano di:

- evitare di danneggiare la salute di altri individui;

- proteggere l’ambiente ed assicurino un uso sostenibile delle risorse;

- limitare la produzione e il commercio di beni e sostanze pericolose per la salute, come

il tabacco e gli armamenti, così come i comportamenti di mercato che non favoriscono la salute; - salvaguardare i cittadini nei luoghi di mercato e gli individui nei posti di lavoro; - includere valutazioni di impatto sulla salute focalizzate sull’equità, come parte inte­ grante dello sviluppo politico. 2. Aumentare gli investimenti per lo sviluppo della salute In molti paesi, gli attuali investimenti a favore della salute sono inadeguati e spesso inefficaci. Aumentare gli investimenti per lo sviluppo della salute richiede un vero e Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

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proprio approccio multisettoriale, che include risorse supplementari per l’istruzione, per le politiche abitative e anche per il settore sanitario. I maggiori investimenti a favore della salute e il riorientamento di quelli esistenti - sia all’interno dei paesi che tra paesi diversi - possono far progredire in maniera significativa lo sviluppo umano, la salute e la qualità della vita. Gli investimenti a favore della salute dovrebbero essere coerenti con i bisogni di alcuni gruppi come le donne, i bambini, gli anziani, gli indigeni, i poveri e le popolazioni emarginate. 3. Consolidare ed espandere gli accordi operativi per la salute La promozione della salute richiede la stipula di accordi operativi a favore della salute e dello sviluppo sociale tra i diversi settori presenti a tutti i livelli di governo e nella società. Gli accordi operativi esistenti devono essere rafforzati e deve essere esplorata la possibilità di nuove forme di accordo. Gli accordi operativi offrono un beneficio reciproco per la salute, grazie alla condivisione delle competenze professionali, delle abilità e delle risorse. Ciascun accordo deve essere trasparente, responsabile e deve essere fondato su principi etici condivisi, sulla compren­ sione e sul rispetto reciproci. Le linee guida dell’O.M.S. dovrebbero essere coerenti con tutto ciò. 4. Aumentare le capacità della comunità e attribuire maggiori poteri all’individuo La promozione della salute si compie per mezzo delle persone e insieme a loro, non è un’attività che si realizza sopra le persone e non è destinata ad esse. La promozione della salute migliora la capacità degli individui nel prendere l’iniziativa e quella dei gruppi, delle organizzazioni o delle comunità di influenzare i determinanti della salute. Per migliorare la capacità delle comunità di promuovere la salute sono necessari una istruzione pratica, un addestramento ad assumere un ruolo di guida e l’accesso alle risor­ se. L’attribuzione di maggiori poteri agli individui necessita di un accesso più affidabile e costante al processo decisionale, e richiede le abilità e le conoscenze di base per determi­ nare il cambiamento. Questi processi possono essere supportati sia dalle forme tradizionali di comunicazione, che dai nuovi mezzi di comunicazione di massa. Le risorse sociali, culturali e spirituali devono essere utilizzate in modi innovativi. 5. Garantire una infrastruttura per la promozione della salute Per garantire una infrastruttura per la promozione della salute bisogna trovare nuovi mec­ canismi per finanziarla a livello locale, nazionale e globale. Si dovrebbero sviluppare degli incentivi in grado di influenzare le azioni dei governi, delle organizzazioni non governa­ tive, delle istituzioni educative e del settore privato, per aumentare il più possibile la mobilizzazione delle risorse per la promozione della salute. “Gli ambienti organizzativi per la salute” rappresentano la base organizzativa della infra­ struttura necessaria alla promozione della salute. Le nuove sfide per la salute implicano che devono essere create nuove e diverse reti per ottenere una collaborazione intersetto­ riale. Tali reti dovrebbero fornire assistenza reciproca all’interno di una nazione e tra paesi 164

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diversi e dovrebbero facilitare lo scambio di informazioni sull’efficacia delle diverse stra­ tegie realizzate in ambienti organizzativi specifici. Per supportare le attività di promozione della salute, dovrebbe essere incoraggiata l’acqui­ sizione, in teoria e in pratica, di abilità che permettano di assumere un ruolo di guida a livello locale. Si dovrebbe migliorare la documentazione delle esperienze di promozione della salute attraverso ricerche e rapporti dei progetti, al fine di migliorare la programma­ zione, l’implementazione e la valutazione delle stesse esperienze. Tutti i paesi dovrebbero sviluppare gli appropriati ambienti politici, legali, educativi, sociali ed economici di supporto alla promozione della salute. APPELLO ALL’AZIONE I partecipanti alla Conferenza si impegnano a condividere i messaggi chiave di questa

Dichiarazione con i propri governi, le istituzioni e le comunità, di mettere in pratica le

azioni proposte e di riferire su quanto realizzato alla 5° Conferenza Internazionale sulla

Promozione della Salute.

Al fine di rendere più spedito il progresso verso una promozione della salute globale, i

partecipanti sostengono la formazione di una alleanza globale per la promozione della

salute. L’obiettivo di questa alleanza é di portare avanti le priorità di azione per la promo­

zione della salute che sono espresse in questa dichiarazione.

Le priorità per questa alleanza includono:

- aumentare la consapevolezza che i determinati della salute possono essere modificati;

- sostenere lo sviluppo della collaborazione e delle reti per la crescita della salute;

- mobilizzare le risorse per la promozione della salute;

- aumentare le conoscenze sul modo migliore di agire nella pratica;

- dare la possibilità di un sapere condiviso;

- promuovere la solidarietà nell’azione;

- favorire la trasparenza a la pubblica assunzione di responsabilità nella promozione

della salute. I governi nazionali sono invitati a prendere l’iniziativa per stimolare e finanziare le reti per la promozione della salute, sia all’interno del loro paese che tra paesi diversi. I partecipanti alla Conferenza di Jakarta 1997 raccomandano all’O.M.S. di assumere un ruolo di guida per costruire un’alleanza globale per la promozione della salute e per mettere in grado gli stati membri di implementare i risultati della Conferenza di Jakarta. Un aspetto chiave di questo ruolo è rappresentato dall’impegno dell’O.M.S. di coinvolgere i governi, le organizzazioni non governative, le banche per lo sviluppo, le agenzie delle Nazioni Unite, le istituzioni interregionali, le agenzie bilaterali, il movimento del lavoro e le cooperative, come pure il settore privato, nel portare avanti le priorità di azione per la promozione della salute. La versione originale è reperibile all’indirizzo www.who.int/hpr/archive/backgroundhp/jakarta/ jakartadeclaration.htm. Questa traduzione, di Paolo De Pieri, è tratta dall’opuscolo “Dichiarazioni e documenti internazionali sulla promozione della salute” edito dal Centro di Educazione alla Salute di Padova – Servizio regionale di documentazione e dalla Rete Veneta degli Ospedali per la Promozione della Salute. Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

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SCHEDA 7

Accesso all’informazione, partecipazione pubblica

e accesso alla giustizia nelle questioni

riguardanti l’ambiente e la salute

(Access to information, public partecipation

and access to justice in environment

and health matters)

Terza Conferenza Ministeriale della Regione Europea

sull’Ambiente e la Salute - Londra, Gran Bretagna, 16-18 giugno 1999

Partecipazione pubblica e accesso all’informazione sono riconosciuti sempre più come ele­ menti essenziali nel realizzare la necessaria transizione verso forme di sviluppo rispettose dell’ambiente, favorevoli alla salute e sostenibili. Negli ultimi anni sono stati compiuti progressi significativi nell’individuare i presupposti per un efficace coinvolgimento della popolazione nelle questioni riguardanti l’ambiente e la salute, anche se molto rimane ancora da fare. Questo documento si propone di identificare le aree che richiedono ulteriori passi avanti. La Convenzione di Århus, adottata nel Giugno 1998 e sottoscritta da 39 governi e dalla Comunità Europea, costituisce attualmente la cornice più significativa per rafforzare i diritti pubblici all’informazione, alla partecipazione nel processo decisionale e all’accesso al ricor­ so giurisdizionale, nel contesto della protezione dell’ambiente e della salute legata all’am­ biente. I governi sono sollecitati ad accelerare l’entrata in vigore della Convenzione e, allo stesso tempo, ad applicare i suoi articoli con la massima estensione possibile. Si raccoman­ da inoltre di dare una forte enfasi agli aspetti che riguardano la salute, nelle fasi di imple­ mentazione e ulteriore sviluppo della Convenzione. Si riconosce anche che la questione dei diritti all’informazione, alla partecipazione e alla giustizia, per quanto riguarda la sfera della salute, merita di per se una specifica attenzio­ ne. Si propone pertanto di istituire, con il patrocinio dell’Ufficio Regionale Europeo dell’OMS, un gruppo di lavoro, formato da rappresentanti delle organizzazioni governative e non governative, con il compito di esplorare le possibilità di rafforzare tali diritti. Le tecnologie elettroniche della comunicazione, in primo luogo Internet, forniscono nuove opportunità per fornire al pubblico informazioni sull’ambiente e la salute, in modo efficien­ te, a basso costo e in tempo reale. Per realizzare questo potenziale si propone di costituire una task force che comprenda rappresentanti dell’OMS, del Programma Ambiente dell’ONU, della Commissione Economica per l’Europa dell’ONU, dell’Organizzazione per la Cooperazione Economica e dell’Agenzia Europea per l’Ambiente nonché delle organizzazioni governative e 166

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non governative. Questa task force dovrebbe essere finalizzata, fra l’altro, a stabilire e sviluppare connessioni fra le banche dati esistenti; ad individuare lacune nei dati e a miglio­ rare la loro comparabilità; a sviluppare e ad applicare i criteri allo stato dell’arte per realiz­ zare accessi user-friendly e infine a estendere l’accesso a Internet nella Regione europea. Una comunicazione efficace con la cittadinanza ed una efficiente diffusione dell’informazio­ ne sono elementi determinanti nello sviluppo e nell’implementazione delle politiche per l’ambiente e per la salute. I governi sono sollecitati ad applicare le misure opportune per incoraggiare l’utilizzo dei media per promuovere gli obiettivi ambientali e di salute. Si propone di costituire un gruppo di lavoro, guidato dall’Ufficio Regionale e di cui facciano parte i partners principali, per valutare e comunicare i rischi e per elaborare linee guida sulla comunicazione del rischio. Altre raccomandazioni indirizzano verso il rafforzamento e l’estensione dell’utilizzo della valutazione di impatto ambientale e sulla salute; l’importanza di far crescere il coinvolgi­ mento della popolazione nei processi decisionali inerenti le questioni dell’ambiente e della salute, compresi l’elaborazione e l’implementazione dei NEAPs (National environmental he­ alth action plans – Piani nazionali d’azione per l’ambiente e la salute) e il bisogno di un manuale di buone pratiche nell’ambito della partecipazione pubblica alle questioni ambien­ tali e di salute. Sono anche raccomandate varie misure per ridurre le barriere di accesso al ricorso giurisdizionale. A livello internazionale si raccomanda infine di consentire alle orga­ nizzazioni non governative di partecipare efficacemente alla preparazione dei documenti e degli atti giuridici che hanno rilevanti implicazioni per l’ambiente e la salute della popola­ zione. INTRODUZIONE 1. Man mano che ci si avvicina alle soglie del nuovo millennio appare sempre più chiaro che non è certo isolandosi dal resto della società che i governi possono risolvere i principali problemi inerenti l’ambiente e la salute nel nostro tempo. 2. La transizione verso uno sviluppo fondato sul rispetto dell’ambiente, il miglioramento della salute, la sostenibilità richiedono non soltanto una forte iniziativa da parte dei governi ma anche un riorientamento dei comportamenti dell’intera società. Sono ne­ cessari cambiamenti negli stili di vita personali, così come mutamenti a tutti i livelli dei processi decisionali, in ambito politico ed istituzionale. 3. Questa transizione può essere attuata solo con l’impegno attivo ed il sostegno della società civile. Questo implica una forma nuova e maggiormente partecipativa di de­ mocrazia: sia per incoraggiare un maggior coinvolgimento della popolazione nello sviluppare i necessari cambiamenti, che per incrementare la trasparenza e la respon­ sabilità delle istituzioni di governo e delle imprese. Accesso all’informazione, parteci­ pazione alle decisioni e diritto di ricorso giurusdizionale contro le decisioni, sono parti integranti di questo processo di cambiamento. Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

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4. Progressi significativi sono stati fatti in anni recenti nello stabilire i prerequisiti necessari per un effettivo coinvolgimento della popolazione nelle questioni dell’am­ biente e della salute. Ma molto resta ancora da fare. Questo documento evidenzia i prossimi passi da fare. IL QUADRO INTERNAZIONALE DI RIFERIMENTO PER L’AZIONE 5. Il valore della partecipazione della cittadinanza nel processo decisionale nel settore pubblico ha guadagnato negli anni recenti un crescente riconoscimento politico. A livello globale, l’Agenda 21 ha sottolineato la necessità di coinvolgere l’intera società nel processo evolutivo verso uno sviluppo sostenibile e la Dichiarazione di Rio ha messo l’accento sulla necessità di informazione, partecipazione e possibilità di adire al ricorso tramite la giustizia amministrativa quando si affrontano le tematiche ambientali. 6. La “Carta Europea sull’Ambiente e la Salute”, adottata dalla Prima Conferenza Ministe­ riale Europea sull’Ambiente e la Salute (Francoforte, 1989), ha riconosciuto che la partecipazione pubblica è un elemento importante nel contesto delle questioni am­ bientali e della salute. Nella seconda Conferenza (Helsinki, 1994) questo riconosci­ mento si è riflesso sull’enfasi data, nell’ambito del Piano di Azione Europeo per la Salute Ambientale, all’obiettivo di rafforzare il coinvolgimento delle organizzazioni pubbliche e non governative (ONG) nei processi decisionali riferiti alla salute ambien­ tale. 7. La partecipazione pubblica è emersa come elemento prioritario anche in altri conses­ si, soprattutto quelli concernenti il tema “Ambiente per l’Europa”. Alla terza Conferen­ za ministeriale “Ambiente per l’Europa” (Sofia, ottobre 1995) i Ministri per l’Ambiente di tutti gli Stati che partecipano alla ECE (United Nations Economic Commission for Europe) hanno approvato le Linee guida ECE per l’Accesso alle informazioni sull’Am­ biente e per la Partecipazione pubblica alle decisioni in materia ambientale. 8. In ogni caso l’adozione, lo scorso anno, della Convenzione ECE sull’Accesso all’infor­ mazione, sulla Partecipazione pubblica nei processi decisionali e sull’Accesso al ricor­ so giurisdizionale nelle questioni ambientali, rappresenta senza dubbio lo sviluppo internazionale più significativo in questo ambito. Questa nuova normativa, adottata nella città danese di Århus dalla Quarta Conferenza Ministeriale “Ambiente per l’Europa” (giugno 1998), molto probabilmente costituirà il principale quadro di riferimento giuridico per il rafforzamento dei diritti ambientali dei cittadini dei paesi aderenti all’ECE nel prossimo futuro. Ad oggi 39 Paesi e l’Unio­ ne Europea hanno firmato la Convenzione. COSTRUIRE SULLA BASE DELLA CONVENZIONE DI ÅRHUS 9. Mentre è competenza dell’Assemblea delle parti sorvegliare l’attuazione della Conven­ 168

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zione dopo la sua entrata in vigore, i firmatari di Århus decisero “di cercare di appli­ care la Convenzione nella misura massima possibile nell’attesa della sua entrata in vigore”. La Conferenza di Londra fornisce a questo proposito una tempestiva occasione per delineare alcuni indirizzi per l’applicazione della Convenzione, specialmente per quanto concerne gli obiettivi di salute, che in seguito potranno essere presi in considerazio­ ne anche dall’Assemblea. La Convenzione di Århus, come risultato del processo “Ambiente per l’Europa”, si sviluppò come convenzione per l’ambiente. Conseguentemente gli obiettivi di salute in quanto tali non ebbero un ruolo centrale nell’ambito dei negoziati. Per questo motivo la Conferenza di Londra, come parte del processo di crescita della cooperazio­ ne internazionale nei settori dell’ambiente e della salute, può contribuire a dare una rilevanza maggiore agli obiettivi di salute all’interno della Convenzione. 10. Di fatto in molte parti del testo della Convenzione si fa esplicito riferimento alla salute. L’art.1, che stabilisce l’obiettivo della Convenzione, fa riferimento al “diritto di ogni persona, della presente e delle future generazioni, a vivere in un ambiente adeguato alla sua salute ed al suo benessere” e questa affermazione è supportata anche da altre enunciazioni simili presenti nel preambolo. 11. Più concretamente la definizione della Convenzione inerente l’informazione ambien­ tale contiene un circoscritto ma esplicito riferimento alla salute e alla sicurezza nonché alle condizioni per l’esistenza umana. Pur essendo questo riferimento correla­ to in modo più evidente alle direttive della Convenzione riguardanti l’informazione, è logico e coerente interpretare il significato dei termini “ambiente” e “ambientale” allo stesso modo, anche quando sono utilizzati negli altri ambiti della Convenzione. Infatti è chiaramente auspicabile che l’intera Convenzione - e non soltanto la parte che riguarda l’informazione - sia interpretata come un’applicazione, almeno nel senso qui definito, degli obiettivi di salute. 12. Per quanto riguarda la gamma di obiettivi di salute considerati, pare ragionevole assumere una definizione di salute che ricomprenda almeno gli elementi contenuti nella definizione di “salute ambientale” utilizzata dall’Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS (WHO/EURO). Tale definizione include “sia gli effetti patologici diretti di agenti chimici, radiazioni e agenti biologici che gli effetti (spesso indiretti) su salute e benessere, dell’ambien­ te, dal punto di vista fisico, psicologico, sociale ed estetico, comprendendo l’edilizia abitativa, lo sviluppo urbano, l’utilizzo del territorio e i trasporti”. 13. Un’ulteriore questione è se la Convenzione debba anche stabilire i diritti all’informa­ zione ed alla partecipazione in relazione a obiettivi di salute pubblica che non hanno una connessione diretta con l’ambiente, o se tali diritti debbano essere tutelati in altro modo. Le attività di produzione alimentare o di medicinali sono esempi di aree con significative implicazioni per la salute pubblica, dove vi sono ragioni forti per Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

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rispondere alle richieste di partecipazione pubblica e di trasparenza e che tuttavia non necessariamente ricadono nel campo di previsione della Convenzione di Århus. Dal punto di vista della ragione, è difficile comprendere perché i diritti di pubblico accesso all’informazione nella sfera della salute pubblica dovrebbero essere più deboli dei diritti di informazione ambientale e la stessa cosa si può dire per quanto riguarda il diritto di partecipazione ai processi decisionali. ACCESSO ALL’INFORMAZIONE 14. Un’efficace politica dell’informazione è fondamentale per coinvolgere la popolazione nella promozione della salute ambientale. L’informazione non è soltanto un prerequi­ sito per una partecipazione effettiva nei processi decisionali: è anche necessaria per consentire ai singoli di fare scelte consapevoli nella loro vita, con beneficio alla loro salute e all’ambiente. 15. Una politica dell’informazione dovrebbe mirare ad assicurare la responsabilità e la trasparenza delle istituzioni pubbliche e a creare un’utenza più informata, attraverso misure che favoriscano la crescita della conoscenza e della consapevolezza nella popolazione. Le autorità pubbliche sono in possesso delle informazioni per conto dei cittadini. Tali informazioni dovrebbero pertanto essere accessibili pubblicamente, salvo alcune eccezioni, chiaramente definite in considerazione del pubblico interesse. Certe informazioni, inoltre, dovrebbero essere prontamente fornite alla popolazione. 16. La Convenzione di Århus individua gli elementi essenziali di un sistema che soddisfi le domande di accesso degli amministrati all’informazione posseduta dalle autorità pubbliche. Vi è un orientamento generale a favore dell’accesso nonché definizioni di “informazione ambientale” e di “autorità pubbliche” che delineano la gamma delle informazioni riservate e gli elementi richiesti per la loro fornitura; sono individuate in larga massima le modalità di accesso (limiti temporali, costi, modulistica, etc.) e le condizioni per un limitato numero di esenzioni. 17. L’accesso alle informazioni riguardanti la salute è parzialmente contemplato dalla Convenzione, per la parte che è interrelata con le problematiche ambientali. I dati epidemiologici e tossicologici dovrebbero essere in via di principio disponibili al pubblico, pur considerando la possibilità di esclusioni previste dalla Convenzione per quanto riguarda, per esempio, dati personali, informazioni commerciali riservate ed informazioni tutelate da diritti di proprietà intellettuale. Al fine di consentire il mas­ simo grado di accesso pubblico ai dati epidemiologici, senza infrangere la privacy personale, tali dati dovrebbero essere strutturati in modo tale che ogni minima infor­ mazione che potrebbe portare all’identificazione di un particolare soggetto possa essere separata, fornendo soltanto l’informazione rimanente. In tali casi si dovranno altresì prevedere accessi privilegiati ai dati riservati da parte di ricercatori nominati da coloro che rappresentano interessi pubblici, essendo tale accesso comunque tute­ lato da un accordo di riservatezza. 170

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18. Non dovrebbe essere possibile per un’Autorità pubblica avvalersi di una eccezione per trattenere un’informazione la cui pubblicazione potrebbe prevenire una significativa minaccia alla salute. Inoltre si dovrebbe considerare la possibilità di procedure veloci o l’esenzione da pagamenti per ottenere l’accesso a questo tipo di informazioni. 19. Il cittadino dovrebbe avere sempre il diritto di accedere alle informazioni riguardanti la propria salute, salvo casi eccezionali, previsti dalla legge, allorquando vi sono buone ragioni per credere che l’accesso a tali informazioni, senza che vi sia alcun effetto positivo, potrebbe recargli grave danno. Le informazioni sullo stato di salute di una persona deceduta dovrebbero essere sempre disponibili per i parenti stretti. 20. È necessario dare urgentemente indirizzi precisi per quanto riguarda il problema delle informazioni possedute dal settore privato, dato che la maggior parte delle norme sulla libertà di informazione si applicano soltanto all’informazione posseduta dalle autorità pubbliche. E’ essenziale prevedere meccanismi per assicurare un adeguato flusso di informazione dal settore privato al dominio pubblico. 21. Si dovrebbe dedicare una speciale attenzione alle necessità di informazione dei lavo­ ratori esposti a particolari rischi nell’ambiente di lavoro, dato che tali bisogni non sono soddisfatti attraverso l’informazione pubblica generale. Accordi collettivi fra i lavoratori e il management hanno incluso clausole relative all’informazione e un qua­ dro istituzionale e legislativo in evoluzione hanno rafforzato i diritti dei lavoratori in quest’area. Tuttavia è necessario un ulteriore progresso, come dimostra, fra l’altro, il numero relativamente piccolo di paesi che hanno ratificato la Convenzione ILO del 1981 (No. 155) per la Sicurezza e la Salute sul lavoro. I meccanismi di raccolta delle informazioni 22. Sia gli aspetti attivi che quelli passivi della politica dell’informazione, dipendono da adeguati sistemi di produzione, raccolta, organizzazione e presentazione delle infor­ mazioni. Vi sono vari strumenti per produrre o raccogliere informazioni: a) Reports sullo stato dell’ambiente e/o della salute forniscono un’utile base per una analisi politica periodica. Il valore di tale attività di rilevazione come strumento per guidare le scelte politiche aumenta se, oltre al fatto di rendere disponibili informazioni fattuali sul presente e proiezioni sulla situazione futura dell’ambiente e della salute, essa analizza i trends in atto alla luce di indicatori di sviluppo sostenibile. b) La valutazione di impatto ambientale (VIA) è ampiamente utilizzata per prevedere il probabile impatto sull’ambiente e/o sulla salute di progetti e di attività propo­ sti, e in minor misura anche per quanto riguarda programmi, piani o linee politi­ che. La valutazione di impatto sulla salute e la VIA stanno peraltro emergendo anche come utili discipline accademiche.

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c) Il controllo ambientale delle attività produttive e delle imprese, attraverso pro­ grammi come lo Schema dell’Unione Europea per la Gestione e la Certificazione Ambientale (European Union’s Environmental Management and Auditing Scheme), e l’analisi dell’intero ciclo di vita dei prodotti può contribuire alla crescita della consapevolezza, nei produttori e nei consumatori, delle implicazioni ambientali delle loro azioni. Tali schemi dovrebbero essere, per quanto possibile, vincolanti, onde assicurare la massima copertura possibile e stabilire un “campo di gioco uniforme”, comprendendo anche le implicazioni per la salute. d) I registri inerenti gli scarichi e i trasporti di materiali inquinanti (Pollutant release and transfer registers, PRTRs), aggiornati attraverso il rilevamento periodico degli scarichi e dei trasporti di una gamma specifica di sostanze derivanti da attività potenzialmente inquinanti, si sono dimostrati mezzi altamente efficaci e di costo relativamente basso per la raccolta di informazioni ambientali dal settore privato e per l’acquisizione delle stesse al dominio pubblico, esercitando in tal modo una pressione atta a diminuire i livelli di inquinamento. Tuttavia , pochissimi Paesi nella Regione europea, hanno istituito tali registri. e) I sistemi di reporting dei dati sulla salute sono necessari anche per fornire una base per la ricerca delle possibili relazioni causali fra problemi della salute e fattori ambientali. Sono necessari una migliore sorveglianza delle malattie ed il monitoraggio degli indicatori ambientali che possono essere correlati con la salu­ te, inclusa la salute sul lavoro. Oltre ai dati sulla mortalità, che danno soltanto un crudo e tardivo segnale d’allarme circa l’esistenza di problemi potenziali, i registri sulle ricorrenze delle malattie tumorali e il monitoraggio di “eventi sentinella” dovrebbero essere utilizzati e organizzati in modo da massimizzare l’accesso pub­ blico alle informazioni più significative, senza compromettere la tutela della pri­ vacy. Infine sono di grande importanza i registri pubblici delle sostanze con pro­ prietà pericolose per la salute, come ad esempio il Registro Internazionale dei Prodotti Chimici Potenzialmente Tossici. 23. Alcuni passi dovrebbero essere fatti per migliorare il valore combinato di questi diversi sistemi di reporting. a) Gli stessi sistemi dovrebbero essere attivati (laddove questo non è già stato fat­ to), rafforzati e ampliati. Nel caso dei PRTRs, la cornice legale offerta dalla Con­ venzione di Arhus, combinata con la considerevole esperienza accumulata in que­ sto ambito da Istituzioni come l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE / Organisation for Economic Co-operation and Development, OECD), con la cornice del Programma Inter-organizzazionale per la Corretta Ge­ stione delle Sostanze Chimiche (Inter-Organizational Programme for the Sound Management of Chemicals), dovrebbe essere utilizzata per dare nuovo impulso all’uso dei PRTRs nella Regione.

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b) Al fine di incrementarne significativamente l’utilità dovrebbero essere rafforzate le connessioni fra questi diversi sistemi informativi. c) In terzo luogo, per consentire una maggiore comparabilità fra i dati, si dovrebbero incoraggiare misure per armonizzare i sistemi di raccolta delle informazioni nella Regione Europea. d) Si dovrebbe rendere disponibile al pubblico l’informazione in modo facilmente accessibile e “user-friendly”. Ciò comporterà, di consuetudine, la prassi di rendere compatibili con i bisogni e gli interessi del pubblico l’interpretazione, l’organizza­ zione e l’analisi delle informazioni, senza che ciò comunque impedisca l’accesso ai dati originali. Vi è un considerevole aumento dell’utilizzo pubblico delle informa­ zioni quando le stesse sono offerte con modalità “user friendly”, attraverso appli­ cazioni elettroniche “one-stop-shop”, come è dimostrato dallo stato dell’arte dei siti web in Internet che connettono banche dati inerenti le emissioni nell’ambien­ te (nella forma di sistemi informativi su base geografica) con banche dati circa le implicazioni sulla salute dei prodotti chimici tossici. Vi è inoltre la necessità di fornire alle Organizzazioni non governative (NGOs) ed al pubblico maggiori infor­ mazioni su come interpretare i dati inerenti le problematiche dell’ambiente e della salute. LA COMUNICAZIONE PUBBLICA 24. La comunicazione con il pubblico e un’efficace diffusione dell’informazione sono ele­ menti essenziali nello sviluppo e nell’implementazione delle politiche per l’ambiente e per la salute. Una popolazione bene informata è maggiormente in grado di parteci­ pare efficacemente ai processi decisionali e più interessata a sostenere politiche rivolte alla creazione di un ambiente più salubre. 25. A livello individuale, una buona comunicazione può avere benefici diretti per l’am­ biente e per la salute, sia avvertendo i cittadini su quando e come evitare l’esposizio­ ne ai rischi (p. es. l’esposizione ai raggi ultravioletti, l’ozono, lo smog), sia dissua­ dendo dall’adottare comportamenti dannosi per l’ambiente (p.es. utilizzando l’auto­ mobile in città, quando sono disponibili mezzi di trasporto pubblico meno inquinan­ ti). Chi comunica? 26. La comunicazione nell’ambito dell’ambiente e della salute non è semplicemente un processo unidirezionale attraverso il quale un’informazione obiettiva passa da chi è informato a chi non lo è. Essa può e dovrebbe comprendere momenti di dibattito, dialogo e informazione di ritorno (feedback), specialmente nel contesto dei processi decisionali. 27. I governi devono considerare con attenzione come gli organismi sotto il loro diretto Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

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controllo comunicano con il pubblico. I media hanno un ruolo particolarmente impor­ tante nella comunicazione delle informazioni e nello sviluppo di una “alfabetizzazio­ ne per la salute”. Media liberi, indipendenti e critici sono elementi chiave di una sana democrazia. Pertanto le istituzioni pubbliche che intendono diffondere i loro messag­ gi devono lavorare con i media con modalità proattiva, evitando la segretezza ed incoraggiando la trasparenza. Entrambe le parti dovrebbero essere consapevoli della loro responsabilità e della necessità di comunicare in modo aperto e professionale l’uno con l’altro, in particolare in situazioni di calamità (quando la tempestività può essere la cosa più importante e i protocolli di comportamento devono essere già stati predisposti). 28. Altri attori importanti nella comunicazione delle informazioni sull’ambiente e la salu­ te sono i medici, i professionisti della salute ambientale, le istituzioni educative, le imprese, i sindacati e le ONG. La comunicazione delle politiche di sanità pubblica, le idee e gli sviluppi dipendono anche dal loro coinvolgimento attivo e dal loro accordo. 29. Tutte queste componenti sono state invitate, insieme con gli uffici informazione governativi, nel Network Europeo per la Comunicazione sulla Salute (WHO European Health Communications Network), recentemente costituito presso il WHO/EURO (Uffi­ cio Regionale per l’Europa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità), che sosterrà lo sviluppo di competenze e provvederà a diffondere le informazioni sulle buone prati­ che, stabilendo anche un codice etico e linee guida per i professionisti. I mezzi di comunicazione 30. Le tecnologie della comunicazione si stanno evolvendo rapidamente. E’ dunque ne­ cessario che i Governi adattino le loro politiche tenendo conto dei cambiamenti tec­ nologici, riconoscendo che essi portano con sé nuovi rischi ma anche nuove opportu­ nità. 31. La televisione è diventata la maggior fonte di notizie e informazioni in Europa, come nel resto del mondo. E’ un mezzo molto potente per trasmettere messaggi, sia positivi che negativi, circa le problematiche dell’ambiente e della salute. La recente crescita degli investimenti sulla televisione digitale e su altri canali televisivi significa che gli spettatori hanno accesso ad una moltitudine di canali commerciali, oltre a quelli di proprietà dello Stato, alcuni dei quali hanno una larga copertura satellitare, che non tiene in alcun conto i confini nazionali. Questo ha inevitabilmente ridotto la possibi­ lità dei governi di avere voce in capitolo per quanto riguarda i messaggi a cui le loro popolazioni sono esposte. D’altra parte, l’arrivo della televisione digitale può portare un grande numero di canali a basso budget rivolti alle comunità locali, accrescendo le opportunità per i cittadini e per le Organizzazioni non governative, di partecipare all’utilizzo del mezzo e alla diffusione di messaggi socialmente utili, ma aumentando anche nel contempo, a causa della frammentazione dell’audience, la difficoltà di raggiungere con un messaggio l’intera popolazione.

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32. Nonostante la limitata influenza che i Governi possono avere sul contenuto della programmazione televisiva, è importante che ciascun Paese, i cui cittadini costitui­ scono gli spettatori dei canali televisivi, manifesti con chiarezza ciò che ci si attende per quanto riguarda la responsabilità delle emittenti TV. In passato alcuni governi hanno stabilito il quadro di riferimento all’interno del quale le stazioni televisive dovrebbero operare per ottenere la licenza di trasmettere. Questo può voler dire stipulare l’accordo che una certa percentuale di programmi siano “socialmente utili”, per esempio per la promozione della salute, o su problematiche sociali e ambientali. Questa categoria può anche includere i “programmi dell’accesso”, o programmi che incoraggiano gli spettatori a partecipare e ad esprimere la loro opinione. Gli annunci di pubblica utilità sulle tematiche sociali o della salute, solitamente realizzati da agenzie governative o da ONG facenti parte di campagne per la salute pubblica o altro e inseriti fra un programma e l’altro, possono essere mezzi molto efficaci per lo sviluppo della consapevolezza dei cittadini. Ci sono tutte le ragioni per incoraggiare le emittenti nazionali a trasmetterli con regolarità, gratuitamente o a pagamento. Così come ci sono forti argomentazioni morali per limitare la pubblicità di prodotti dannosi per la salute o per l’ambiente. 33. Le tecnologie elettroniche della comunicazione, specialmente Internet, stanno rivo­ luzionando le modalità con cui la società tratta le informazioni. Inserire le informa­ zioni su siti web o su homepages, utilizzando nel contempo i media convenzionali, vuol dire utilizzare una via efficace per mettere a disposizione tali informazioni del crescente numero di utenti del computer, risparmiando tempo e denaro sia da parte del pubblico, che delle autorità e permettendo agli utenti di commisurare le informa­ zioni ai loro bisogni ed ai loro interessi. La Convenzione di Århus richiede alle parti interessate di produrre informazioni ambientali gradualmente fruibili anche in questa forma, con particolare enfasi per alcune categorie di informazione. Tuttavia, molti non sono ancora collegati con Internet, in forma diretta o indiretta, e c’è la necessità di aumentare il numero dei contatti, per esempio attraverso punti di accesso situati in centri pubblici di informazione. 34. Le agenzie educative costituiscono una fonte essenziale di informazione sulle que­ stioni dell’ambiente e della salute e dovrebbero essere incoraggiate a includere con decisione nei loro programmi didattici le tematiche dell’ambiente e della salute. Que­ sto non solo migliorerà la qualità della partecipazione della popolazione ai processi decisionali, nel breve e medio termine, ma produrrà anche benefici sul lungo periodo per quanto riguarda la salute ambientale del futuro, attraverso la costituzione di un “capitale di intelligenza” nella popolazione. 35. Le etichette dei prodotti sono uno strumento importante di informazione al pubblico. Possono essere uno strumento neutrale (p.es. fornendo una lista obiettiva degli ingre­ dienti) o valutativo (p.es. sottolineando il fatto che quel prodotto può nuocere alla salute o all’ambiente). E’ essenziale che al pubblico siano fornite informazioni suffi­ cienti e in forma appropriata, affinché tutti siano in grado di scegliere consapevol­ Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

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mente ciò che porta beneficio alla salute ed all’ambiente. Criteri minimi per la com­ pilazione delle etichette dovrebbero essere stabiliti su base obbligatoria, per assicu­ rare un minimo comun denominatore, con la possibilità di integrarli utilmente con modalità di etichettatura supplementari e volontarie. In entrambi i casi, il contenuto dell’etichetta dovrebbe essere coerente con i risultati delle analisi inerenti l’intero ciclo di vita del prodotto, affinché il consumatore possa ottenere il quadro comples­ sivo delle implicazioni del consumo di quel prodotto sull’ambiente e sulla salute. I criteri di compilazione delle etichette dovrebbero inoltre tener conto delle preoccu­ pazioni della popolazione, p. es. rendendo obbligatoria la menzione che il prodotto contiene o trae origine da materiali geneticamente modificati. La comunicazione dei rischi per la salute e l’ambiente 36. La comunicazione dei rischi e dei pericoli per la salute e per l’ambiente è una delle aree più delicate e controverse della comunicazione pubblica. Fornire alla popolazio­ ne informazioni insufficienti o incomplete circa una situazione di rischio può privare i cittadini della possibilità di prendere misure precauzionali o preventive e può avere serie conseguenze, in qualche caso può costare letteralmente la vita. Quando un’in­ formazione tempestiva può ridurre o eliminare una minaccia per la salute o per l’am­ biente, dovrebbe essere obbligatorio, per chi possiede tale informazione, renderla immediatamente disponibile alla popolazione potenzialmente interessata. 37. La comunicazione del rischio dovrebbe tendere a trasmettere alla popolazione poten­ zialmente interessata un’informazione obiettiva sul reale livello di rischio al quale è o potrebbe essere esposta. Tuttavia ci sono molti ostacoli che rendono difficile il con­ seguimento di questo obiettivo. 38. Comunicare al pubblico situazioni di rischio per la salute vuol dire spesso riferirsi a fatti tecnici complessi utilizzando una terminologia da profani senza perdere in esat­ tezza dell’informazione. Talvolta ciò comporta la necessità di colmare una lacuna fra percezione pubblica e fatto oggettivo, al fine di ristabilire la realtà della situazione. In alcuni campi questo può significare anche comunicare incertezza o diversità di opinioni. Questioni etiche e politiche possono essere messe in gioco. Ma tutte queste non sono comunque buone ragioni per evitare la comunicazione; al contrario queste sono le aree in cui si riscontrerà il maggiore interesse pubblico. 39. Se le autorità pubbliche sottostimano i rischi o i pericoli per la salute derivanti da incidenti, attività o prodotti, o se semplicemente l’informazione non viene diffusa, ciò può portare all’instaurarsi di un circolo vizioso di scarsa comunicazione e compor­ terà una perdita della fiducia da parte dei cittadini. La popolazione non crederà più alle informazioni di fonte ufficiale, adottando le propria versione molto concreta del principio di precauzione. Le autorità pubbliche saranno così rinforzate nella loro credenza che il pubblico è irrazionale, e saranno sempre meno portate a condividere con la popolazione le informazioni sui rischi per timore che esse provochino reazioni sproporzionate. 176

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40. Se il rischio è sovrastimato, ciò può causare un ingiustificato stress psicologico, che può a sua volta essere costituire o essere causa di un significativo e misurabile impatto sulla salute pubblica. Una comunicazione efficace del rischio dovrebbe perciò percorrere la strada che passa tra il causare compiacenza (complacency) ed il causare allarme. D’altra parte non si dovrebbero mai invocare i problemi per la salute indotti dall’informazione come scusa per trattenere le informazioni, quando queste potrebbe­ ro consentire l’adozione di azioni precauzionali atte a ridurre una minaccia significa­ tiva per la salute o per l’ambiente. 41. Forse la maggior sfida nella comunicazione delle situazioni di rischio si attua nelle situazioni di incertezza circa il livello o la natura del rischio. Sebbene la valutazione possa basarsi spesso su alti livelli di certezza scientifica, tuttavia la valutazione di rischio poggia su un’ampia gamma di modelli previsionali, e perciò il livello di incer­ tezza - e la possibilità di produrre valutazioni di rischio ampiamente differenti - è di gran lunga più grande. E’ dunque cruciale che la comunicazione di rischio rispetti pienamente il principio di precauzione alla luce di ogni possibile incertezza, e che ogni realistico dubbio e lacuna nella conoscenza siano comunicati alla popolazione. La valutazione dei rischi 42. La comunicazione del rischio spesso equivale al comunicare i risultati della valutazio­ ne di rischio. Per questo motivo la questione di come i rischi vengono valutati assume rilevanza centrale. 43. La valutazione del rischio può costituire uno strumento potente quando riguarda sistemi ben delineati, dove i rischi sono ben definiti (p.es. il traffico). Ma in passato è stata applicata troppo frequentemente anche a sistemi complessi, dove i rischi sono scarsamente definiti e/o completamente imprevedibili (p.es peer gli organismi gene­ ticamente modificati). Questo ha contribuito, in qualche modo, ad accrescere lo scetticismo con cui la gente ha accolto negli ultimi decenni le informazioni sulla salute e la sicurezza. 44. I Governi dovrebbero incoraggiare l’identificazione e la quantificazione del rischio nella misura massima possibile in ogni valutazione di rischio, riducendo in tal modo, per quanto possibile, il numero della valutazioni basate su modelli. Per quanto ri­ guarda le valutazioni rimanenti è importante che siano chiaramente precisate e che il principio di precauzione sia rigorosamente applicato. 45. A parte la difficoltà di quantificare i rischi in modo accurato e affidabile, la questione della loro accettabilità dipende da un ventaglio di altri problemi che interessano i giudizi soggettivi di valore. Ciò implica la necessità di un ampio apporto sociale nei processi decisionali inerenti le situazioni di rischio. Il ruolo dei giudizi di valore e il trattamento dell’incertezza scientifica nella valutazione di rischio sono sviluppati più ampiamente nell’allegato 1.

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La prevenzione dei rischi 46. La maggior parte dei rischi e dei pericoli nella società moderna non sono inevitabili, piuttosto nascono come risultato, diretto o indiretto, delle attività umane. L’obietti­ vo di fondo di qualsiasi politica inerente la comunicazione dei rischi deve essere quello di diminuire e, dove possibile, di eliminare i rischi evitabili. La comunicazione del rischio non dovrebbe essere un processo attraverso cui il governo o l’industria tentano di far apparire più accettabili per la popolazione rischi evitabili, presentan­ doli come “dati di fatto”. 47. La comunicazione di rischio dovrebbe essere vista nel più ampio contesto di un ap­ proccio preventivo. Un’efficace comunicazione di rischio dovrebbe in molti casi non soltanto guidare gli individui a minimizzare la loro esposizione al pericolo, ma anche esercitare una pressione pubblica per eliminare la fonte del pericolo. 48. Allo stesso modo, la valutazione dei rischi dovrebbe essere vista nel più ampio conte­ sto di un movimento verso una società il cui sviluppo è sostenibile, basata su una produzione pulita. Le valutazioni di rischio standard possono fornire informazioni, con le sopracitate limitazioni, circa la probabilità del verificarsi di determinati eventi e delle loro possibili conseguenze. Comunque questo dovrebbe costituire soltanto uno degli elementi nel processo decisionale circa l’opportunità di continuare o meno con un’attività che dà origine a situazioni di rischio. Un’eccessiva enfasi su questo aspetto può diminuire la considerazione di altre problematiche quali i bisogni sociali, la disponibilità di soluzioni alternative o l’irreversibilità degli effetti dannosi. 49. In fin dei conti la società ha bisogno di adottare un approccio completamente nuovo ai rischi ed ai pericoli - un approccio preventivo e proattivo, piuttosto che reattivo e basato sulla riduzione del danno dopo che l’evento si è verificato. Le tecnologie pervasive, che si ritiene ragionevolmente abbiano la potenzialità di produrre effetti dannosi sostanziali, irreversibili e incontrollabili non dovrebbero essere sviluppate fino a quando non sia stato stabilito, senza ragionevole dubbio, che esse non produr­ ranno tali effetti. LA PARTECIPAZIONE DEL PUBBLICO E DELLE ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE 50. La partecipazione della popolazione e delle ONG ai processi decisionali di carattere istituzionale per quanto riguarda le questioni della salute e dell’ambiente è auspica­ bile poiché tende a migliorare la qualità delle decisioni e ad accresce il livello del consenso pubblico rispetto alle conseguenze di tali decisioni. In modo meno tangibi­ le, ma non meno importante, ci si può aspettare che una società in cui la gente si rende conto che può far sentire la propria voce e può influire sulle decisioni abbia un morale più alto rispetto a una in cui la popolazione percepisce di non avere alcuna voce in capitolo per quanto riguarda le condizioni di vita e di lavoro. Questo fattore ha implicazioni numerose e di vasta portata che non dovrebbero essere ignorate, anche se difficili da quantificare. 178

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51. La Convenzione di Århus fornisce un’ampia cornice legislativa a tale partecipazione, stabilendo i requisiti minimi per la partecipazione pubblica alle decisioni su iniziati­ ve specifiche (art. 6), su piani, programmi e politiche (art. 7) e in generale su norme e regolamenti (art. 8) relative all’ambiente. 52. È necessario rafforzare ulteriormente le possibilità di partecipazione pubblica ai pro­ cessi decisionali che hanno significative conseguenze per la salute, sia attraverso la Convenzione che con altre iniziative. Per esempio, si dovrebbero compiere altri passi avanti per contemplare la partecipazione pubblica nei processi autorizzativi inerenti il trasporto delle scorie nucleari o di altri rifiuti pericolosi, un’attività che ha evidenti implicazioni sulla salute. Analogamente le incertezze nel campo degli organismi ge­ neticamente modificati rendono obbligatoria la scelta di prevedere una partecipazio­ ne pubblica nei processi decisionali riguardanti questo ambito quanto meno pari a quella attuata per le altre attività (elencate nell’Allegato 1 della Convenzione). 53. Non si dovrebbe permettere che decisioni assunte in ambito imprenditoriale o di investimento finanziario limitino la partecipazione pubblica in alcun modo, ma piut­ tosto si dovrebbero incoraggiare i governi a mantenere ed ampliare i meccanismi di partecipazione già esistenti. Le valutazioni di impatto sull’ambiente e la salute 54. Negli ultimi decenni, la valutazione di impatto ambientale (VIA) dei progetti ha rappresentato un meccanismo particolarmente importante per coinvolgere la popola­ zione in alcune categorie di processi decisionali, in un numero crescente di Paesi. Nondimeno si deve riconoscere che nella presente forma la VIA, come la correlata disciplina della valutazione del rischio, non ha impedito la diffusione di tecnologie e di pratiche pericolose per l’ambiente. 55. È possibile avvalersi dell’esperienza fatta con la VIA e incrementare la sua efficacia in tre modi: in primo luogo assegnando alla valutazione di impatto sulla salute un rilievo maggiore di quello attribuito fino ad ora; in secondo luogo allargando la partecipazione del pubblico, specialmente quando si tratta di stabilire il campo d’azione della VIA; in terzo luogo aumentando il numero delle categorie di processi decisionali considerati, includendo quelli inerenti le politiche, i piani, i programmi, le leggi sull’ambiente o sulla salute correlata all’ambiente. Limitare la VIA a livello dei proces­ si decisionali sui progetti è come fidarsi di una soluzione sull’ultimo anello della catena. Buone pratiche 56. Vi sono precise condizioni, tutte altrettanto importanti, per raggiungere una vera partecipazione pubblica, evitando un coinvolgimento che sia solo di facciata. Fra i principali fattori di una efficace partecipazione vi sono: a. la possibilità di un coinvolgimento della popolazione nei processi decisionali, Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

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nelle fasi preliminari e in itinere; b. una comunicazione adeguata e tempestiva nei confronti delle parti interessate; c. l’accesso pubblico alle informazioni rilevanti per il processo decisionale, con un’at­ tiva diffusione delle informazioni chiave al pubblico interessato; d. la dovuta attenzione agli input che provengono dal pubblico; e. decisioni ponderate nei confronti di tutte le controversie sostanziali originate dalla partecipazione pubblica; f. la trasparenza nei processi decisionali, mettendo a disposizione del pubblico an­ che la raccolta di tutte le opinioni espresse e i resoconti delle riunioni tenute con i soggetti decisori ; g. la formazione dei funzionari pubblici al fine di sostenere la partecipazione pubbli­ ca; h. una infrastruttura di supporto per la partecipazione del pubblico e delle ONG, comprese le misure necessarie per superare gli ostacoli finanziari alla partecipa­ zione; i. la costruzione di competenze e capacità produttive a lungo termine che rafforzino le ONG. 57. Non si dovrebbe considerare la partecipazione pubblica come una pura questione di adempimenti procedurali e formali. Per quanto possibile il contenuto delle decisioni dovrebbe rispecchiare gli input derivanti dalla partecipazione pubblica, specialmente gli input di soggetti i cui diritti o legittimi interessi sono particolarmente coinvolti dal processo decisionale in corso. La partecipazione pubblica nei piani nazionali e locali per la salute ambientale 58. Sebbene il processo decisionale per quanto riguarda i piani nazionali e locali per la salute ambientale (Ntional and Local Environmental Health Action Plans, rispettiva­ mente NEHAPs e LEHAPs) si riferisca soltanto ai piani concernenti la salute e l’am­ biente, si tratta evidentemente di un processo importante in questo contesto. La risoluzione che accompagna l’adozione della Convenzione di Århus enfatizza indiret­ tamente l’applicabilità della Convenzione ai processi decisionali riguardanti i piani nazionali per la salute ambientale. 59. L’indicazione data dal gruppo di lavoro NEHAP del Comitato Europeo per l’Ambiente e la Salute (European Environment and Health Committee’s NEHAP Task Force) contiene varie raccomandazioni e suggerimenti per quanto riguarda la consultazione e la parte­ 180

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cipazione pubblica. Oltre a sottolineare la rilevanza delle Linee Guida di Sofia (vedi paragrafo 7), l’indicazione fa riferimento alla necessità di una strategia della parteci­ pazione pubblica e definisce come “assiomatico” il fatto che i pareri della cittadinan­ za siano influenti. 60. Un consulto dell’Ufficio Regionale per l’Europa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (VHO/EURO) sull’informazione e la partecipazione pubblica nelle questioni della salute ambientale ha analizzato la situazione nei Paesi europei ed ha prodotto un elenco di raccomandazioni su come affrontare questi problemi. 61. Lo studio di scenario diffuso dal Centro Regionale per l’Ambiente dell’Europa Centrale e Orientale (Regional Environmental Centre for Central and Eastern Europe, REC) mo­ stra che mentre alcuni paesi hanno dato alla popolazione ampie possibilità di parte­ cipazione nei processi decisionali inerenti i NEHAP, in altri si verifica un coinvolgi­ mento minimo o nullo. Nel caso dei piani locali LEHAPs (o di iniziative similari come l’”Agenda locale 21” o le “Città sane”) sembra che si sia realizzato un più elevato livello di partecipazione. Sebbene l’analisi REC abbia coperto una selezione di paesi relativamente piccola e in una fase iniziale dei processi NEHAP/LEHAP, i suoi risultati indicano che c’è ancora molto spazio per migliorare. Forme di partecipazione 62. Nella maggior parte dei processi decisionali pubblici, lo scopo della partecipazione pubblica è quello di assicurare che la popolazione sia stata adeguatamente consultata e che i punti di vista espressi siano stati realmente presi in esame. Le decisioni vere e proprie sono generalmente adottate dalle amministrazioni pubbliche operanti sotto l’autorità di governi eletti. 63. In alcuni casi tuttavia, per esempio dove vengono utilizzati lo strumento referendario o il diritto di iniziativa legislativa popolare, la cittadinanza o le ONG sono realmente soggetti decisori o co-decisori. L’uso fruttuoso di questi strumenti di “democrazia diretta” in un piccolo numero di Paesi non soltanto fornisce modelli interessanti da seguire in altri Paesi, ma suggerisce anche che è necessario non circoscrivere la partecipazione pubblica nella realizzazione di consultazioni pubbliche all’interno di un processo decisionale in corso. Può anche voler dire esaminare le stesse strutture del processo decisionale e svilupparne di nuove (p.es. opzioni a scelta multipla) in grado di rafforzare la partecipazione della popolazione. 64. I computer aprono nuove possibilità per il coinvolgimento della popolazione nei processi decisionali. Così come l’uso della tecnologia informatica ha trasformato la modalità di trattamento delle informazioni, allo stesso modo potrebbe avere un im­ patto simile sui processi di formazione delle decisioni.

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Chi ha il diritto di partecipare? 65. In linea di principio, l’obiettivo delle partecipazione popolare è dare a ciascuno dei componenti la società l’opportunità di partecipare. I processi decisionali di livello locale dovrebbero in generale permettere la diretta partecipazione del pubblico, e dovrebbe essere lo stesso, per quanto possibile, anche negli altri processi decisionali. 66. In pratica normalmente i cittadini devono organizzarsi in gruppi per poter partecipare efficacemente ai processi decisionali su larga scala. In tal modo la partecipazione pubblica assume frequentemente la forma delle ONG. Questo può comportare qualche ambiguità, dato che il concetto di ONG comprende un’ampia gamma di enti con differenti interessi, motivazioni e risorse, alcuni dei quali sono autentiche organizza­ zioni di base dei cittadini. 67. È pertanto cruciale distinguere fra partecipazione pubblica e partecipazione di sog­ getti portatori di interessi, e fra le ONG che rappresentano interessi collettivi ed altri soggetti. E’ auspicabile il coinvolgimento di tutti i soggetti portatori di interessi nei processi decisionali riguardanti l’ambiente e la salute, tenendo conto dei loro diffe­ renti bisogni e motivazioni. In ogni caso un’attenzione particolare dovrebbe essere dedicata a incoraggiare la partecipazione delle ONG che perseguono un interesse pubblico promuovendo obiettivi inerenti l’ambiente e la salute e per superare gli ostacoli alla loro partecipazione, compresa la ristrettezza di risorse. Dato che le don­ ne sono i principali soggetti di cura dei bambini, malati e disabili, è importante assicurare anche loro pari opportunità nonché il rispetto dei diritti dei bambini. Trasparenza ed equità nei processi decisionali 68. La buona amministrazione richiede l’indipendenza inequivocabile delle istituzioni con compiti regolamentari da coloro la cui azione le stesse cercano di regolare. Per questo motivo, per una questione di correttezza, coloro la cui attività è controllata da un’isti­ tuzione non dovrebbero avere una rappresentanza nella stessa o avere con la stessa relazioni finanziarie. 69. È altresì importante che l’influenza che i soggetti portatori di interesse hanno sia esercitata in modo trasparente. Si dovrebbero pertanto redigere e conservare su un registro pubblico i verbali di ogni riunione dei decisori competenti per la regolamen­ tazione negli ambiti dell’ambiente e della salute con i rappresentanti di lobby di qualsivoglia interesse, nonché la registrazione dei contributi finanziari ricevuti da qualsiasi fonte e in qualunque forma. 70. Le considerevoli somme di denaro impiegate dalle grandi compagnie multinazionali nel mantenere gruppi di pressione e staff di ricerca in tutti i maggiori centri di governo superano ampiamente il finanziamento che può essere raccolto dalle ONG di interesse pubblico. Mentre alcune parti in causa hanno consolidati canali di comuni­ cazione con il governo, la stessa cosa non si può spesso dire per le ONG di interesse pubblico. Perciò si dovrebbero intraprendere gli sforzi necessari per compensare l’am­ 182

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pia sperequazione fra le risorse e le capacità di influenza a disposizione delle diffe­ renti categorie dei soggetti portatori di interesse, al fine di creare un campo di confronto maggiormente equilibrato. 71. Gli studi realizzati in occasione del rilascio di licenze per lo smaltimento di sostanze potenzialmente inquinanti dovrebbero essere progettati e realizzati da enti indipen­ denti, e i costi relativi dovrebbero essere calcolati come parte dei costi di sviluppo ed essere sostenuti dalle società interessate. ACCESSO ALLA GIUSTIZIA 72. I diritti di partecipazione e informazione, o per meglio dire, il diritto ad un ambiente salubre, sono di valore limitato se non vi è alcuno strumento che consenta di conte­ stare le violazioni di tali diritti. Perciò l’accesso alla giustizia è un elemento chiave nel promuovere un significativo coinvolgimento dei cittadini nelle questioni dell’am­ biente e della salute. 73. La Convenzione di Århus fornisce una cornice legale minimale per quanto riguarda la possibilità di rivolgersi alla giustizia per le questioni ambientali e la definizione di “ambientale” contenuta nella Convenzione suggerisce che essa dovrebbe essere este­ sa alle questioni della salute collegate all’ambiente. La possibilità di rivolgersi alla giustizia per le questioni più generali della salute, che attualmente esula dal campo d’azione della Convenzione, dovrebbe essere incoraggiata, rafforzando anche la parte inerente la salute e la sicurezza dei lavoratori. 74. Estesi diritti alla costituzione in giudizio dovrebbero essere garantiti laddove sono in gioco interessi che riguardano l’ambiente e la salute pubblica, accrescendo in tal modo, attraverso il sostegno pubblico, la forza della legge. Laddove possono essere intaccati interessi di carattere generale o di varia natura (inclusi interessi non riguar­ danti il genere umano), si dovrebbe garantire alle ONG che rappresentano tali interes­ si di costituirsi come parte civile. 75. Si dovrebbe cercare di abbattere le barriere, di carattere pratico o finanziario, che impediscono il ricorso in giudizio, p. es. attraverso la fornitura di meccanismi di aiuto legale e di esenzione dai costi processuali qualora si tratti di casi di pubblico interesse. Ci dovrebbe essere la possibilità di emanare decreti ingiuntivi per prevenire azioni che potrebbero causare seri e irreversibili danni alla salute o all’ambiente. 76. Dato che le possibilità di garantire la facoltà di costituirsi in giudizio o di ottenere un’ingiunzione dipendono spesso dal riuscire a stabilire un certo grado di probabilità di nesso causa-effetto, è auspicabile definire chiare regole giuridiche per la determi­ nazione del nesso causale e per l’ammissibilità della prova dinanzi alla corte nei casi riguardanti l’ambiente e la salute, tenendo conto della necessità di applicare il prin­ cipio di precauzione, qualora ci si trovi di fronte a situazioni di incertezza scientifica Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

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o di divergenza degli standard. 77. Al fine di abbassare la soglia di accesso alla giustizia ed assicurare valutazioni spe­ cialistiche di merito nel corpo giudicante, i governi dovrebbero considerare la possi­ bilità di istituire un ufficio di Difensore Civico, con competenze nelle materie inerenti l’ambiente e la salute. RACCOMANDAZIONI PER L’AZIONE A. I Governi dovrebbero adoperarsi per accelerare l’entrata in vigore della Convenzione ECE sull’Accesso all’Informazione, sulla Partecipazione Pubblica ai Processi Decisiona­ li e sull’Accesso alla Giustizia nelle Questioni Ambientali (ECE Convention on Access to Information, Public participation in decision-making and Access to Justice in Environmental Matters/ Convenzione di Århus) e applicare quanto prevede la Conven­ zione con la massima estensione possibile in attesa della sua entrata in vigore. Gli Stati non firmatari dovrebbero essere incoraggiati ad approvarla, ad accettarla o ad aderirvi non appena se ne verifichi l’opportunità. B. Si dovrebbe dare grande enfasi alle problematiche della salute nel corso delle prossi­ me fasi di implementazione e ulteriore sviluppo della Convenzione di Århus. La Segre­ teria esecutiva dell’ECE dovrebbe essere invitata a prendere in considerazione gli aspetti più rilevanti di questo documento, in preparazione della Prima Assemblea delle Parti che hanno aderito alla Convenzione. VHO/EURO dovrebbe convocare un piccolo gruppo di lavoro, che comprenda rappresentanti dei Governi e delle ONG operanti nei settori dell’ambiente e della salute, per analizzare le varie opzioni possi­ bili al fine di rafforzare i diritti della popolazione all’informazione, la partecipazione e la giustizia nella sfera della salute, includendo anche la possibilità di assistere, quando richiesto, all’Assemblea delle Parti che hanno sottoscritto la Convenzione di Århus. C. Si dovrebbe utilizzare la tecnologia elettronica dell’informazione, compreso Internet, per massimizzare l’accessibilità pubblica all’informazione sull’ambiente e la salute. A livello nazionale, i governi dovrebbero identificare le categorie di informazioni sul­ l’ambiente e la salute da rendere disponibili su Internet. A livello internazionale si dovrebbe costituire una rete completa, integrata e “user-friendly” delle banche dati riguardanti le questioni dell’ambiente e della salute, con lo scopo di fornire alla popolazione, da un capo all’altro della Regione, un accesso continuo, tempestivo e a basso costo, all’informazione sull’ambiente e la salute, tramite Internet. Si dovrebbe istituire una task force formata da rappresentanti dell’OMS, UNEP/Infoterra, ECE, OCSE, e dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, dei Governi e delle ONG, per svolgere questo compito, anche attraverso queste azioni: a. realizzando e migliorando le connessioni tra le banche dati esistenti;

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b. colmando le lacune nei dati e migliorando la loro comparabilità; c. sviluppando e applicando i criteri più evoluti per definire quali siano gli elementi costitutivi di un accesso “user friendly”; d. identificando e, per quanto possibile, mettendo in atto misure per incrementare l’estensione dell’accesso pubblico a Internet nella Regione Europea, inclusa la fornitura di assistenza tecnica e finanziaria; e. coordinandosi con altre iniziative similari mirate a soddisfare i bisogni di istitu­ zioni scientifiche, organismi legislativi ed altri. D. Pur rispettando l’indipendenza dei mezzi di comunicazione, i governi dovrebbero uti­ lizzare la loro influenza per incoraggiare l’utilizzo dei media per la promozione di obiettivi di protezione ambientale e di salute, attraverso modalità come, ad esempio, annunci televisivi di pubblica utilità, condizionando la concessione di licenze con la richiesta di inserire nel palinsesto una data percentuale di programmi socialmente utili, limitando la pubblicità di prodotti dannosi per la salute o per l’ambiente. E. Si dovrebbe costituire un gruppo di lavoro guidato dall’Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS, coinvolgendo i rappresentanti dei media, i professionisti della salute legata all’ambiente, le ONG e altri partner che hanno un ruolo chiave nella valutazione o nella comunicazione del rischio, per elaborare linee guida per la comunicazione fra questi partners e con il pubblico in generale, per quanto riguarda le minacce all’am­ biente o alla salute, comprese le calamità, tenendo in conto la necessità di: a. coordinare tale attività con il rilevante lavoro che sta svolgendo il Network della Comunicazione per la Salute in Europa dell’OMS ( WHO’s European Health Commu­ nication Network) e altri organismi come il Programma Internazionale per la Sicu­ rezza Chimica (International Programme on Chemical Safety); b. applicare il principio di precauzione nella valutazione dei rischi e adottare un approccio più preventivo e pro-attivo nei confronti dei pericoli, fra l’altro trasfe­ rendo l’onere della prova su coloro che promuovono nuove tecnologie potenzial­ mente pervasive, chiedendo che sia stabilito, al di là di ogni ragionevole dubbio e prima della loro implementazione, che tali tecnologie non comportano effetti con­ trari alla salute o all’ambiente rilevanti, irreversibili o incontrollabili. F. I Ministeri della Sanità e dell’Ambiente dovrebbero cooperare nello sviluppare sistemi nazionali per la valutazione strategica dell’impatto sull’ambiente e sulla salute, che prevedano il requisito della partecipazione pubblica. Si dovrebbe invitare l’Assemblea della Convenzione ECE per la Valutazione di Impatto Ambientale in Contesto Tran­ sfrontaliero (ECE Convention on Environmental Impact Assesment in a Tranboundary Context) a prendere in considerazione l’avvio di un negoziato per un Protocollo sulla Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

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Valutazione Strategica di Impatto sull’Ambiente e la Salute in contesto tranfrontaliero e non, che preveda la partecipazione pubblica e che sia in grado di affrontare le conseguenze sulla salute umana. G. Al fine di stimolare una maggiore attenzione nei confronti della partecipazione pub­ blica, nell’ambito della Regione Europea, l’Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS (WHO/EURO) dovrebbe provvedere alla produzione di un manuale di buone pratiche per quanto riguarda la partecipazione pubblica nelle questioni inerenti l’ambiente e la salute, avvalendosi delle esperienze già realizzate in quest’area. H. I Governi dovrebbero mantenere e rafforzare i loro sforzi nel coinvolgere il pubblico e le ONG nei processi decisionali in materia di ambiente e salute. Si dovrebbe dedicare una particolare attenzione a incoraggiare la partecipazione delle ONG di interesse pubblico che stanno perseguendo obiettivi di salute e di tutela dell’ambiente, al superamento degli ostacoli alla loro partecipazione, compresa la limitata disponibili­ tà di risorse. In particolare si dovrebbe prevedere la partecipazione pubblica nell’ela­ borazione e nell’implementazione dei Piani nazionali e Locali di azione per la salute ambientale (NEHAPs e LEAPs) e delle iniziative correlate riferentesi all’Agenda 21., tenendo conto delle linee guida REC, delle raccomandazioni emerse dalla consultazio­ ne di Michelstadt e dalle indicazioni della Task Force NEHAP. I. Si dovrebbe assicurare la possibilità del ricorso alla giustizia affinché la popolazione possa contrastare il mancato rispetto dei diritti di informazione e partecipazione e le infrazioni delle leggi sulla tutela della salute e dell’ambiente. Si dovrebbe applicare una interpretazione ampia del diritto di costituirsi in giudizio. Si dovrebbe garantire alle ONG di pubblico interesse, che promuovono la protezione della salute e dell’am­ biente, il diritto di costituirsi parte civile laddove gli interessi che le stesse tutelano possano essere minacciati. Dovrebbero essere messi in atto gli sforzi necessari per superare le barriere pratiche ed economiche che ostacolano l’accesso alla giustizia, per esempio attraverso strumenti di supporto legale e attraverso la riduzione o l’esen­ zione da oneri finanziari. Inoltre dovrebbe esserci la possibilità di emanare decreti ingiuntivi nel caso possano verificarsi danni gravi o irreversibili alla salute o all’am­ biente. I Governi dovrebbero prendere in esame l’istituzione di un Difensore civico competente per le questioni dell’ambiente e della salute. J. I principi della Convenzione di Århus dovrebbero essere applicati ai processi decisio­ nali di carattere internazionale attinenti l’ambiente e la salute. In particolare si do­ vrebbe permettere alle ONG di partecipare efficacemente alla predisposizione, da par­ te delle organizzazioni intergovernative, dei documenti che hanno significative im­ plicazioni sulla salute e sull’ambiente.

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ALLEGATO 1 Alcune considerazioni chiave sulla valutazione del rischio Introduzione 1. La metodologia di valutazione del rischio si è sviluppata rapidamente negli ultimi decenni e su di essa si è fatto sempre maggior affidamento come strumento per l’assunzione di decisioni circa le attività a rischio. Dato che le varie tecniche di valutazione del rischio sono largamente utilizzate dai decisori, e considerando il fatto che gli esiti della valutazione spesso formano la sostanza di ciò che viene comunicato al pubblico, è importante che si riconoscano e si comprendano i limiti della valutazio­ ne del rischio così come essa viene correntemente svolta. Altrimenti il suo utilizzo può portare a una fiducia mal riposta nei confronti di attività potenzialmente perico­ lose e la comunicazione del rischio così basata è fuorviante. 2. La pratica della valutazione del rischio, come è stata esercitata negli ultimi decenni, ha accompagnato, e in un certo senso legittimato, molte attività distruttive per l’ambiente, per esempio l’introduzione nell’ambiente e la produzione di prodotti chi­ mici tossici e non biodegradabili. Pertanto non è sorprendente che il processo di valutazione sia guardato dalla cittadinanza con un certo scetticismo. L’incertezza scientifica 3. Una delle questioni fondamentali nella valutazione del rischio consiste nel fare i conti con l’incertezza scientifica. Con il crescere della complessità della società moderna, crescono anche le difficoltà nel valutare in dettaglio e con cura i rischi e i pericoli. Ci può essere incertezza sia sulla probabilità che un evento si verifichi che sulla dimen­ sione e la natura delle sue conseguenze. Queste incertezze possono nascere o posso­ no essere accresciute da vari fattori: a. mancanza di dati: per esempio la sola quantità dei prodotti chimici che stanno arrivando sul mercato rende utopistica la possibilità di eseguire dei test globali; b. fonti dei dati non disinteressate: talvolta le principali informazioni disponibili circa i rischi connessi con una tecnologia provengono da coloro che hanno inte­ resse nel promuoverla; c. la notevole complessità delle interazioni fra l’uomo e l’ambiente: ci sono troppe possibili cause per ogni effetto e troppi parametri da considerare per ogni causa; d. l’emergere di nuove tecnologie (p.es. l’ingegneria genetica) per le quali non c’è ancora un corpus consistente e accumulato negli anni di esperienze e di dati; e. la separazione di causa ed effetto nello spazio (p.es. nel caso di inquinamento ampiamente diffuso) e nel tempo (p. es. per quanto riguarda gli effetti intergene­ razionali) rende difficile provare le connessioni causali; Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

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f. gli effetti sinergici, aggiuntivi e cumulativi ( p.es. il non tener conto di un pre­ esistente accumulo di sostanze tossiche nel corpo); g. sorgenti di pericolo non previste o non identificate; h. sensibilità variabili fra le popolazioni. Nella misura in cui la valutazione del rischio manca di ammettere e sottolineare esplicitamente queste incertezze, essa dà l’illusione di una precisione e di un’obietti­ vità che non è giustificata. 4. Ci sono vari gradi di incertezza in ogni valutazione del rischio. Questa incertezza rende imperativa l’applicazione del principio di precauzione, tenendo conto global­ mente dei bisogni della società. Storicamente si sarebbero potuti evitare un maggior numero di danni per la salute e/o per l’ambiente attraverso una più stretta applicazio­ ne del principio di precauzione. Ciò vale tanto per gli eventi non pianificati e non di routine (per esempio gli incidenti chimici o nucleari) che per i rischi connessi con attività routinarie o con l’esposizione continuativa ai fattori dell’ambiente (p. es. raggi ultravioletti, piombo, organofosfati, fumo del tabacco). Il principio di precau­ zione dovrebbe essere il fattore determinante nel valutare l’introduzione nell’ambien­ te di fattori inquinanti che possono avere un effetto dannoso per la salute della popolazione. 5. Il principio di precauzione richiede che i decisori tengano conto non solo della pos­ sibilità che un’ipotesi sia sbagliata (grado di incertezza) ma anche della natura e della dimensione delle conseguenze, se tale ipotesi fosse sbagliata. Alcune situazioni di rischio sono inaccettabili non perché abbiano un’alta probabilità di verificarsi, ma perché le conseguenze, se dovessero accadere, sono gravi. Alla luce di tutto ciò, l’eventualità di effetti irreversibili o duraturi (come nel caso di inquinanti organici persistenti) richiede un approccio differente da quello necessario nel caso di situazio­ ni che comportano effetti transitori. I giudizi di valore 6. Un secondo elemento importante che deve essere considerato per quanto riguarda la valutazione del rischio è il ruolo giocato dai giudizi di valore nei processi decisionali inerenti le situazioni di rischio e di pericolo. 7. La comunità scientifica ha una particolare responsabilità nell’effettuare al meglio la valutazione del rischio e del pericolo e nell’identificare il livello di incertezza insito in tale valutazione. Tuttavia, persino nel caso di valutazioni semplicemente quantitati­ ve, gli scienziati possono avere opinioni molto discordanti. La valutazione scientifica non interviene in una situazione politicamente neutra. Quando si utilizzano, per de­ scrivere un livello di rischio, attributi qualitativi come “improbabile”, “significativo”, “apprezzabile”, o “rilevante”, viene chiamato in causa un giudizio che va ben al di là 188

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della piena conoscenza dei fatti. Pertanto è necessario assicurare che , per quanto possibile, i processi decisionali sui rischi si avvalgano di pareri scientifici indipen­ denti da ogni pressione economica o politica. 8. Mentre la scienza fornisce la base di partenza per una valutazione del rischio, la decisione su quale sia un rischio accettabile è essenzialmente un giudizio di valore. L’accettabilità del rischio può dipendere da molti altri fattori oltre alla sua valutazio­ ne quantitativa, p. es. se si tratta di un rischio scelto o imposto, se si possa evitarlo facilmente, se i vantaggi di una data attività o prodotto superano i rischi conseguen­ ti, se la distribuzione di tali rischi sulla popolazione sia correlata alla distribuzione dei benefici. 9. Sebbene parte della valutazione del rischio sia di competenza della scienza, il fatto che la valutazione coinvolga giudizi di valore rende essenziale la partecipazione in tutte le fasi del processo decisionale di coloro che dovranno sopportare il rischio. Sono stati adottati vari modelli per riunire esperti, legislatori e cittadini, al fine di dibattere circa la gestione dei rischi: conferenze per la formazione del consenso, comitati consultivi di cittadini (“juries and citizens” advisory committees). Tuttavia l’utilizzo di tali metodi costituisce l’eccezione piuttosto che la regola. Dovrebbero essere più ampiamente utilizzati e le esperienze fatte dovrebbero essere diffuse. 10. Al fine di assicurare la trasparenza nella valutazione del rischi, i particolari degli studi presentati per la valutazione di rischio onde ottenere la concessione di licenze dovrebbero essere resi di pubblico dominio ed essere completamente disponibili tra­ mite Internet.

La versione originale è disponibile all’indirizzo www.who.dk/London99/PUBLICO2e.htm Traduzione di Vittorio Curzel Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

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SCHEDA 8

La Dichiarazione di Verona sugli investimenti in salute (The Verona Declaration on Investment for Healt) Verona, Italia, 5-9 luglio 2000

LA SFIDA DI VERONA Investire in salute significa promuoverne lo sviluppo L’inizio del nuovo millennio offre un’occasione unica per promuovere la salute e lo stato di benessere dei cittadini dei paesi di tutta Europa. Le tecnologie all’avanguardia, l’evoluzio­ ne dei sistemi di comunicazione e il desiderio di riforme socio economiche, costituiscono i presupposti per migliorare lo stato di salute in modo nuovo ed efficace, un obiettivo giudicato irrealizzabile in passato. “The Verona Initiative” accresce la conoscenza sulle migliori strategie da utilizzare al fine di trarre i migliori vantaggi dalle opportunità che ci offre questo nuovo dibattito.Ciascun settore socio economico può contribuire alla promo­ zione della salute. Gli investimenti in salute, quindi, apporteranno vantaggi all’intera società anche in termini di prosperità economica. La Salute è il risultato delle condizioni socio economiche in cui viviamo, e al tempo stesso, lo stato di salute gioca un ruolo di fondamentale importanza nella determinazione del benessere socio economico. Salute e ricchezza economica sono quindi interdipenden­ ti. “The Verona Initiative” è la testimonianza di come i corretti investimenti possano dar vita alle risorse socio economiche, e determinare un evidente miglioramento della salute e dello stile di vita dei cittadini. La sfida di Verona, realizzata con il patrocinio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, costituisce uno dei risultati di tre anni di attività attraverso cui, oltre 51 paesi, hanno messo in comune le professionalità e le esperienze di molteplici settori e discipline. Iniziata nel 1998, “The Verona Initiative” si è sviluppata con prospettive di livello inter­ nazionale, nazionale, regionale e locale, appartenenti a ciascun paese europeo e sostenu­ te da un’esperienza trentennale nel settore sanitario relativa sia allo sviluppo delle politi­ che di salute sia alla loro attuazione nella pratica. In virtù di quanto appena esposto, si conferma che: 1) La salute è un bene universale e un diritto umano fondamentale e come tale rappresen­ ta un obiettivo prioritario di sviluppo e una risorsa economica che merita di trovare sostegno e supporto. Chi gode di buona salute è più produttivo nel lavoro, si rivolge in misura ridotta al sistema sanitario e gode di maggiori opportunità di prendere parte alla vita economica, politica e sociale del paese. Gli investimenti in salute, non devono assolutamente rappresentare un costo, ma devono essere considerati un investimento a favore del benessere socio economico. 2) Ogni decisione politica si ripercuote sulla salute di un paese. Per tale motivo, un 190

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investimento in materia di miglioramento dell’istruzione o degli alloggi, o a favore di ambienti più sani o di un incremento dell’occupazione, è da considerarsi un investi­ mento in salute. Questo documento di Verona è rivolto a chi si occupa di decisioni politiche ed econo­ miche, di piani e progetti, ai leader di un paese, nonché a chi abbia il potere di influenzare la salute e di favorirne lo sviluppo. 3) Se le autorità di governo potessero investire nell’aumentare le risorse e le infrastrutture necessarie all’attuazione delle strategie dimostratesi più efficaci, si aprirebbero le por­ te di un futuro ancor più evoluto e progredito in materia di salute pubblica. Un impe­ gno deciso da parte del governo in tale direzione, costituisce un requisito essenziale per lo sviluppo e la promozione della salute. 4) La salute di un paese è senza dubbio influenzata, sia positivamente che negativamente dai cambiamenti sociali, dalle riforme in campo politico ed economico, dall’introduzio­ ne di tecnologie all’avanguardia nonché dalla comunicazione globale. Tuttavia, per coloro che detengono il potere in campo politico, la sfida consiste nello sfruttare le opportunità offerte da simili cambiamenti ed evoluzioni in modo che tutti i cittadini possano godere di uno standard di vita migliore. La sfida di Verona si basa sui seguenti presupposti: - riconoscere che qualsiasi decisione strategica, a prescindere dal settore della società di appartenenza, ha il potere di migliorare e promuovere la salute; - la valutazione di ciascun piano d’azione, riguardante sia il presente che il futuro, dovrà essere effettuata in base all’influenza che esercita sui determinati della salute della popolazione; - la partecipazione dell’opinione pubblica nel processo decisionale; - la determinazione effettuata in modo chiaro e preciso, degli obblighi e delle responsa­ bilità soprattutto nei confronti dei cittadini. La sfida per i governi nazionali: - dare vita ad un impegno decisivo nei confronti degli investimenti in salute, al fine di trasformarli in una componente essenziale delle politiche nazionali per garantire ade­ guate politiche di promozione della salute e di risanamento economico; - assicurare che tutte le scelte politiche prese da tutti i ministeri, abbiano delle ricadute positive sulla salute dei cittadini di ogni singolo paese; - creare le basi di un meccanismo semplice e chiaro che permetta di coordinare l’evolu­ zione in campo politico nei diversi ambiti di governo; - definire le responsabilità e gli obblighi allo scopo di favorire e promuovere la salute all’interno di ciascun ambiente politico (non solo all’interno del Ministero della Sani­ tà); - stabilire una mirata strategia comunicativa che consenta di stimolare l’unione fra set­ tori economici, ambienti politici e di governo, amministrazioni locali e regionali; - predisporre un controllo dei ruoli e delle competenze professionali necessarie alla di­ vulgazione delle strategie di “investimenti in salute”, nonché fornire adeguato soste­ gno ai programmi di sviluppo sociale e economico; Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

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- creare le condizioni necessarie affinché le istituzioni regionali e locali mettano in atto le politiche di “investimenti in salute”; - provvedere alla regolare pubblicazione di una rivista relativa ai progressi compiuti per migliorare la salute pubblica; - riconoscere che “gli investimenti in salute” rappresentano una questione di tipo etico e costituiscono un investimento nello sviluppo sociale ed economico. La sfida per gli enti locali e regionali: - creare leadership per la promozione della salute e sostenere l’impegno per investire in salute; - confermare l’esistenza di piani di investimento locali e regionali, rivolti allo sviluppo economico, al miglioramento delle condizioni ambientali, alla fornitura di pubblici servizi e all’accrescimento dello stato di benessere; - stabilire una serie di precisi obiettivi legati allo sviluppo socio economico sostenibile, al fine di migliorare le condizioni di vita della popolazione; - determinare le procedure necessarie alla promozione della salute in ciascun ambito governativo, sia a livello locale che regionale; - coinvolgere i cittadini nelle decisioni in materia di salute pubblica e rispettare le differenze culturali esistenti fra minoranze e gruppi etnici; - pubblicare regolarmente i dati relativi agli investimenti in salute effettuati a livello locale e ai loro risultati; - realizzare un’infrastruttura al fine di coordinare e diffondere un programma esauriente sugli investimenti in salute. La sfida per l’industria e il commercio: - cooperare con le autorità di governo a livello locale e regionale al fine di sostenere le iniziative sociali che puntano al miglioramento della salute utilizzando i beni di cui la società dispone per favorire le condizioni di vita dei cittadini; - provvedere regolarmente alla pubblicazione di una rivista sugli investimenti in salute e ai loro risultati; - adottare le procedure migliori sfruttando l’esperienza di cui dispongono. La sfida per le agenzie internazionali: - riservare alla sanità pubblica un posto di primaria importanza affinché venga conside­ rata un punto di riferimento importante col quale il progresso e l’evoluzione delle società dovranno misurarsi; - fornire supporto e raccomandazioni pratiche basate sui processi di sviluppo economico e sociale; - sviluppare gli strumenti per favorire il trasferimento delle conoscenze in questi settori tra gli Stati Membri; - fornire raccomandazioni sulla divulgazione dei parametri di successo, in particolare sul modo migliore per definire l’impatto dello sviluppo sociale ed economico sulla salute; - istituire attività di formazione che soddisfi in materia integrata le esigenze dei vari settori della società; 192

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- offrire supporto agli Stati membri, evitando situazioni che producano ricadute negative sulla salute delle popolazioni dei paesi; - creare una partnership con altre agenzie internazionali, organizzazioni governative e non governative, dei settori dell’industria e del commercio, che agevolino le integra­ zioni delle strategie nei confronti degli “investimenti in salute” tra Stati Membri e all’interno dei singoli paesi. La sfida per la società e le organizzazioni non governative: - mobilitare le organizzazioni di un paese perché partecipino nel processo decisionale sugli investimenti in salute; - favorire l’inserimento della tutela della salute fra gli obiettivi politici; - richiedere alle istituzioni preposte, le informazioni sullo stato di salute della popola­ zione e sulle azioni intraprese nel settore degli “investimenti in salute”; - contribuire attivamente al processo di valutazione. La sfida per i mass media: - incoraggiare le organizzazioni e i diversi settori della società a cooperare tra di loro al fine di perseguire l’obiettivo di promuovere lo sviluppo del territorio che sia sostenibile e di conseguenza ottenerne il miglioramento dello stato di salute; - fare in modo che i responsabili delle decisioni politiche giustifichino i progressi e gli sviluppi ottenuti in ambito sanitario; fornire sostegno ed appoggio a coloro che hanno preso provvedimenti positivi; - sensibilizzare l’opinione pubblica sulle strategie di sviluppo economico e sociale lega­ te alla salute che hanno più facilità ad attuarsi immediatamente. La sfida per il Sistema Sanitario: - riconoscere che la salute è determinata in gran parte, dalle politiche e dalle strategie attuate al di fuori del sistema sanitario, confermare che il miglioramento della salute della popolazione deve avere un ruolo di fondamentale importanza nel condizionare lo sviluppo delle politiche di tutti i settori della società; - coordinare e sostenere gli sforzi di altre associazioni con lo scopo di migliorare la salute; - contribuire, nel ruolo di partner, allo sviluppo locale, regionale e nazionale nonché a progetti di risanamento; - promuovere la ricerca e le informazioni al fine di sostenere lo sviluppo e la realizzazio­ ne politica, la quale focalizza l’attenzione sui determinanti fondamentali della popola­ zione; - creare nuovi orientamenti nei confronti dei servizi sanitari al fine di attribuire maggior importanza allo sviluppo economico sostenibile, alla promozione della salute e alle azioni compiute in suo favore. La sfida per la Salute Pubblica: - creare leadership ed agire in favore dell’approccio agli investimenti in salute; - rispondere al bisogno dei mass media di ottenere informazioni di rilievo; Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 5/6

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- controllare gli orientamenti e le tendenze dello sviluppo economico, valutando l’im­ patto delle politiche settoriali sulla salute; - pubblicare regolarmente un rapporto sugli investimenti in salute destinato ai mass media che confermi i risultati positivi ottenuti dagli interventi pubblici. Investire in salute non è soltanto una scelta, bensì un obbligo sociale ed economico.

L’investimento in salute può portare ad ottimi risultati nel breve termine; i leader politici

e istituzionali di oggi, saranno giudicati anche sulla base dei miglioramenti dello stato di

salute e di prosperità che sapranno offrire alle future generazioni. E sono proprio queste le

basi su cui poggia “La sfida di Verona”.

Noi abbiamo il dovere morale, etico e sociale di non fallire nel nostro obiettivo.

La versione originale è reperibile all’indirizzo www.who.dk/Verona/Publications/challenge.htm Traduzione di Luigi Bertinato. 194

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