NOVEMBRE2009
N'OTTEMBRE
parole & nuvole- Solitaria
Ai quattro cantoni
Non so dire cos’è che leggera mi porta. Non so dire cos’è che ho perduto in soffitta. Non so dire cos’è che fa celebrare oggi il mio nome. So che al mattino pronunciando le labbra mi mettevo il rossetto. So che il diavolo m’abitava rosso dirimpetto. So che fui legittima figlia del fiore del cavolo
cresciuta nel giardino incantato di sbarre dove ricca cresceva la lirica, sorella, della maledizione riversata che mi fece donna in poesia. So che la morte ben spesa non esiste. So che spesso la mente mal resiste. So che varcavo di bianco stesa usurati portoni. So che vivo con gatti giocando tra passo ai quattro cantoni.
[ per Alda, 1 Novembre 2009]
Mio figlio
Mio figlio, ha occhi ricci ricci pensieri chiari chiari e capelli azzurro cielo. [ future ]
I sogni
Ho visto ricordi camminare sopra campi bruciati, ed i sogni, in quei giorni, non erano ancora nati. Sui dubbi ho rotolato in pomeriggi snervanti di veglia ai lati di albe sotto soli promozionali. Poi, spegnendo la luce sul ciglio ancorato d’una strada, nella pienezza dell’oblio , appartato, tutto mi fu evidente: i sogni non germinarono mai.
Le mie lettere
Sfioro simboli che capitombolano sconfitti uno sull’altro. Traboccano. Con rotazioni [ lontano] lottano sugli spigoli in conflitti di ragioni contrastanti. Inciampando taluno mi rimane impigliato tra bocca e denti. Polvere, di muri scrostati mal aderenti. Ne sforno brani [ pigoli riflessi ]
, le mie lettere, con appiccicate parole , retrostanti, [ povere ] , scostanti, poco ardenti.
Le tue parole
Navigano in direzione d’un ritmo rotondo , le tue parole, una rivoluzione di fogli all’inverso con incisioni profonde e tagli netti. Narrano di progressi e lotte annegate di notte in sagomate solitudini - tacitate -. Nuotano in un sorso d’aria un’induzione di palpiti ed extrasistole che impantanano passi. Le leggo
- non aspiro ansimo piano, ti respiro.
Vorrei meravigliarmi
Vorrei meravigliarmi - di niente del risveglio d’ogni mattina coi suoi fiacchi, bischeri, molli movimenti. Del passaggio in lavacro e nel guardarsi occhioocchio con lo specchio riconoscere filari di capelli bianchi mentre lavo i denti. Vorrei meravigliarmi - di niente mentre sul viaggio delle ore saluto, parlo, manifesto umettando i discorsi con saliva di parole per tutti. Vorrei , sempre, meravigliarmi - di niente , col poco,
del tempo timbrato a sillabe di semplici pensieri.
Padre
Padre, il tuo silenzio è largo – dilatato quanto l’amore che, freddo, alimento. Come le grandi mani che incenerirono nella mia carne.
Orazione Potesse, il cielo, - oggi grigio ormeggiare sapiente in una laguna di tregua e liberando l’ancora sprizzare zampilli di tempere.
Quando questa primavera
Quando scoleranno via queste ore, giorni, settimane, mesi, momenti, milioni, miliardi di minuti. Quando smetterà il precipitare cadere rialzarsi e riversarsi su tutto ciò ch’è intorno , panorama di navi al partire verso la baia d’una ragione ormai persa - malandato velo che sventola tra il due alberi. Quando si asciugherà questo pantano abbuffato che ribolle in piena quando si attutirà questo sgomento attonito questa insalubre, risaputa, sorpresa questa stupida pena. Quando sarà,
spalancherò la finestra della mia camera alla luce d’un tempo esatto , quel tempo, lascerò accomodare l’aria fredda a pungere nell’insenatura d’una veloce primavera, ci strofinerò contro il volto accaldato e gonfio di bufera.
©
Solitaria