Manuale Tutor Aziendale Casi Aziendali

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La figura del tutor aziendale nell’apprendistato: analisi del ruolo e percorsi di formazione I risultati degli studi di casi aziendali, il repertorio di moduli formativi e i prototipi di corso

Giugno 2002

INDICE

Presentazione …………………………………………………………………………

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Prima sezione. Il ruolo del tutor per l’apprendistato nei diversi contesti aziendali….

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Introduzione…………………………………………………………………………… Lo scopo dell'indagine ……………………………………………………………… La definizione del campione ………………………………………………………

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1. Le finalità della funzione di tutorship all'interno dei percorsi di apprendistato

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2. La gestione dei percorsi di inserimento e formazione nelle imprese …………… 2.1. L’individuazione dei tutor aziendali ……….……………………………...… 2.2. Il supporto al percorso di inserimento e apprendimento …………………...… 2.3. La gestione delle relazioni con il contesto …...…………………………...…… 2.4. La formazione dei tutor ………………………………………………………

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3. Tipologie di apprendistato e configurazioni del ruolo di tutor aziendale ……… 3.1. I fattori di contesto …………………...…………………………...…….…… 3.2. Le tipologie di apprendistato …………………...………………..…………... 3.3. I profili di ruolo dei tutor …………………...…………………………...……

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Seconda sezione. Dispositivo per la formazione del tutor aziendale ………………..

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1. Le finalità e l'architettura del dispositivo formativo …………………………….. 1.1. Le finalità e le funzioni del tutor aziendale …………………………………… 1.2. L'impostazione generale del dispositivo di formazione ……………………… 1.3. Gli obiettivi dell'azione formativa ……………………………………………..

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2. Il repertorio dei moduli formativi ………………………………………………. 2.1. La logica sottesa alla progettazione e all'utilizzo del repertorio ……………… 2.2. La struttura per la descrizione dei moduli formativi ………………………… 1. Acquisire consapevolezza di ruolo ………………………………………… 2. Programmare il percorso formativo dell'apprendista ……………………… 3. Guidare e facilitare l'apprendimento ……………………………………… 4. Curare la relazione con l'apprendista ……………………………………… 5. Gestire i momenti di crisi …………………………………………………

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3. Indicazioni per progettare i percorsi formativi …………………………………. 3.1. Suggerimenti per l'utilizzo del repertorio di moduli formativi ………………… 3.2. Le otto ore di formazione per i tutor aziendali previste dalla normativa ………

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PRESENTAZIONE

L'introduzione della figura del tutor aziendale costituisce una delle più interessanti innovazioni della riforma dell'apprendistato, avviata a partire dalla legge del 24 giugno 1997 n.196. Il Decreto Ministeriale dell'8 aprile 1998 prevede che le imprese, contestualmente all'inserimento di un giovane apprendista, individuino un tutor interno per assicurare "il necessario raccordo tra l'apprendimento sul lavoro e la formazione esterna". Questa risorsa dovrebbe essere uno dei riferimenti operativi fondamentali per dare concreta attuazione a due dei presupposti che sono alla base del rinnovato istituto dell'apprendistato: ??

la valenza formativa dell'esperienza lavorativa;

??

la necessità di uno stretto raccordo tra impresa e struttura formativa.

L'importanza attribuita al tutor aziendale è ulteriormente sottolineata dal successivo Decreto Ministeriale del 28 febbraio 2000, che definisce le funzioni e le competenze che dovrebbero caratterizzare questo ruolo. Nel Decreto viene sottolineata l'importanza di predisporre specifiche iniziative formative rivolte ai tutor aziendali, finalizzate allo sviluppo delle necessarie competenze. In particolare, chi assume il ruolo di tutor è chiamato a partecipare almeno ad una attività formativa di otto ore, per acquisire gli elementi indispensabili a mettere a fuoco le problematiche che dovrà affrontare e per consentire il raccordo tra percorso di apprendimento interno all’azienda e formazione esterna.. I riferimenti normativi prefigurano un ricco e complesso insieme di funzioni tutoriali, che devono essere svolte all'interno delle imprese: ??

gestire l'accoglienza e l'inserimento del giovane apprendista;

?? pianificare ed accompagnare i percorsi di apprendimento e di socializzazione lavorativa, facilitando l'acquisizione delle competenze richieste dall'esercizio dell'attività lavorativa; ?? gestire le relazioni con le strutture formative esterne, per rendere possibile una positiva integrazione tra la formazione extra aziendale e le esperienze di lavoro realizzate in impresa; ?? valutare i progressi e i risultati conseguiti dal giovane apprendista nel corso del suo processo di inserimento e crescita professionale. Gli esiti delle prime esperienze di formazione per gli apprendisti hanno evidenziato l'importanza e la criticità di queste funzioni. In molti casi si è rivelato difficile attivare tutte le funzioni di tutorship individuate dalla normativa. Tuttavia, nelle situazioni in cui il ruolo è stato presidiato più efficacemente si è assistito ad un significativo incremento nei risultati conseguiti dagli apprendisti. I miglioramenti hanno riguardato sia l'inserimento lavorativo che lo sviluppo delle competenze professionali. Quindi, il ruolo prefigurato a livello normativo, se da una parte si rivela coerente con le esigenze connesse alla gestione del percorso di inserimento e sviluppo degli apprendisti, in

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molti casi appare più un modello di riferimento che una pratica effettivamente riscontrata nelle situazioni operative. Con l’obiettivo di delineare con maggiore chiarezza il ruolo del tutor aziendale per l’apprendistato nei diversi contesti aziendali, anche in vista della successiva elaborazione di ipotesi di interventi formativi e materiali per la formazione, l’ISFOL ha voluto promuovere una ricerca su “La figura del tutor aziendale nell’apprendistato: analisi del ruolo, percorsi di formazione e guide per l’azione” realizzata da Studio Méta & associati. A partire dalla elaborazione dei risultati delle analisi di casi aziendali, il presente rapporto individua le caratteristiche della funzione svolta dalla figura del tutor nell’apprendistato, delineando le principali configurazioni di ruolo che l’analisi fa emergere. Sulla base di tali risultati è quindi possibile passare, nella seconda sezione del testo, alla definizione di una proposta di percorso formativo per i tutor aziendali. La ricerca ha consentito anche la predisposizione di un Manuale per la gestione delle funzioni di tutor aziendale quale strumento a disposizione non solo degli operatori preposti alla formazione dei tutor, ma anche degli stessi tutor aziendali con l’obiettivo di qualificare la tutorship praticata all'interno delle imprese.

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PRIMA SEZIONE

IL TUTOR AZIENDALE NELL’APPRENDISTATO: ANALISI DEL RUOLO Il ruolo del tutor per l’apprendistato nei diversi contesti aziendali

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INTRODUZIONE Lo scopo dell'indagine In questa prima sezione vengono presentati i risultati di una ricognizione sulle diverse configurazioni che il ruolo di tutor aziendale è andato assumendo all'interno di diversi contesti lavorativi che hanno inserito dei giovani apprendisti. A partire da queste informazioni sarà possibile predisporre azioni e strumenti maggiormente coerenti con le esigenze e le difficoltà incontrate dai diversi profili di tutor aziendale che sono concretamente presenti nei diversi contesti operativi. Gli obiettivi di questa ricognizione si limitano alla raccolta di indicazioni utili per la successiva impostazione del Manuale per la gestione delle funzioni di tutor aziendale e per la costruzione dei dispositivi per la formazione. È all'interno di questa prospettiva che trovano una loro spiegazione le scelte che sono state fatte nell'individuazione delle realtà da analizzare e nella elaborazione e presentazione dei risultati. Tutte le esperienze prese in considerazione sono caratterizzate da un significativo investimento nei percorsi di inserimento e di crescita professionale dei giovani. In rapporto alle finalità di questa ricognizione, non si trattava di presentare una esaustiva situazione sull'effettivo grado di implementazione del ruolo di tutor nelle imprese che utilizzano l'istituto dell'apprendistato. Era prioritario, nell'ambito delle risorse disponibili, ricavare utili suggerimenti dall'analisi di quelle situazioni che si sono poste il problema di seguire, nel miglior modo possibile, l'inserimento e la formazione dei giovani. A partire da questa considerazione, è stata inclusa nel campione anche qualche impresa che, pur avendo sperimentato questo istituto facendo partecipare i propri tutor alla formazione esterna, attualmente non utilizza lo strumento dell'apprendistato, anche se ha consolidato al proprio interno un interessante dispositivo di inserimento e sviluppo dei giovani neoassunti. Le strategie che queste imprese hanno attivato per gestire le funzioni previste per il tutor, le difficoltà che hanno incontrato, le competenze richieste per gestire questi processi, sono i punti di attenzione che hanno guidato la raccolta delle informazioni. A partire dalla presenza di una significativa esperienza di tutorship, si è poi cercato di diversificare le situazioni analizzate sulla base di alcune caratteristiche delle imprese. La definizione del campione Per la costruzione del campione di imprese da intervistare siamo partiti dalle segnalazioni di tre agenzia formative che in questi ultimi due anni hanno gestito significative esperienze di formazione dei tutor aziendali (PAR.S.I.F.A.L. Emilia Romagna, AFS Lombardia, CESCOT Rimini). La scelta di valorizzare queste esperienze è legata anche al diverso target di imprese a cui le tre iniziative si rivolgevano. In questo modo sono state inizialmente inserite nel campione 2 imprese metalmeccaniche dell'area lombarda (Kone e SIMI), 2 realtà artigiane dell'hinterland

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bolognese (CM Europa Stampi e UPIX Elettronica) e 2 aziende di servizi inserite in un comprensorio a forte vocazione turistica come Rimini (FIRMA.TO1 ). A queste sono poi state aggiunte 3 imprese segnalate nell'ambito della sperimentazione sull'apprendistato realizzata all'interno della Regione Friuli Venezia Giulia: un'impresa meccanica di 100 dipendenti (RIF) e 2 realtà artigianali, una tessile e l'altra alimentare (ELLETI e Pasticceria Galimberti). Un'altra interessante segnalazione, relativa ad un'impresa di autotrasporti che ha attivato la figura del tutor per gli apprendisti autisti prima ancora che esso fosse previsto dalla legge, anche attraverso un investimento sulla sua formazione condotto in collaborazione con un'agenzia formativa locale, ci è stata fornita dalla Provincia Autonoma di Trento (Arcese autotrasporti). Anche l'ATC di Bologna ha istituito una figura di tutor a supporto dell'inserimento degli autisti, per cui si è ritenuto utile inserirla come elemento di comparazione. Il campione è stato poi completato includendo un'altra impresa tessile di piccole dimensioni (ADRIAFIL) e tre realtà produttive che, pur non utilizzando o avendo abbandonato lo strumento dell'apprendistato, stanno investendo molto nella figura del tutor, anche attraverso profondi ripensamenti sulle caratteristiche con cui definire questo ruolo e sviluppare le competenze di coloro che ne sono titolari (Faema, Montenegro, Fanti). Complessivamente sono state quindi considerate 15 imprese molto diverse per caratteristiche merceologiche e dimensionali. Le realtà manifatturiere sono in maggioranza (9), ma non mancano le aziende che erogano servizi alle persone e alle imprese (6). Le imprese che non superano i 50 addetti sono 7 (4 sono artigiane). Quelle con più di 100 dipendenti sono invece 5. Per alcune imprese che hanno messo a punto un sistema di gestione dei neoinseriti che prevede l'intervento di più ruoli (Kone, Faema, ATC), è stato necessario intervistare più di un interlocutore. Le 3 agenzie formative coinvolte non si sono limitate a fornire i nominativi di possibili imprese da contattare, ma sono state ascoltate come testimoni privilegiati con cui approfondire le caratteristiche delle azioni di formazione per i tutor (profilo professionale di riferimento, competenze sviluppate, metodologie utilizzate, difficoltà incontrate, ecc.). I risultati di questi approfondimenti sono stati utilizzati a supporto degli elementi emersi dalle esperienze aziendali, di cui si dà conto nei prossimi capitoli.

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La seconda impresa intervistata ha chiesto espressamente di non essere citata.

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1. LE FINALITÀ DELLE FUNZIONI DI TUTORSHIP ALL'INTERNO DEI PERCORSI DI APPRENDISTATO

Nelle esperienze di apprendistato si sviluppano due processi che, seppure strettamente intrecciati e sovrapposti all'interno delle realtà concretamente esperite, è utile tenere analiticamente distinti: ?? l'apprendimento di specifiche competenze (di base, trasversali, tecnico-professionali) legate alla figura professionale e all'ambito operativo in cui viene inserito il giovane; ?? la socializzazione lavorativa e la progressiva costruzione dell'identità professionale del soggetto. Per cogliere pienamente i possibili significati legati alle funzioni di tutorship conviene richiamare sinteticamente alcuni processi che investono il giovane apprendista che si inserisce all'interno di un contesto lavorativo. Dal punto di vista del giovane, l'apprendistato costituisce un'esperienza in cui investire energie per cercare di delineare una propria riuscita professionale. Egli è chiamato a verificare le proprie aspettative situazione concreta. L'inserimento nel nuovo contesto conti con un insieme di valori, di comportamenti e diversi dalle sue attese iniziali, che spesso facevano di sé e dell'organizzazione.

e le proprie capacità a fronte di una organizzativo porta il soggetto a fare i di prestazioni che sono inevitabilmente riferimento a rappresentazioni idealizzate

La necessità di ridefinire le proprie aspettative, fare i conti con i limiti e le inadeguatezze che la nuova situazione inevitabilmente sottolinea, scoprire la problematicità di dinamiche organizzative complesse e a volte conflittuali, costringono il giovane ad attraversare un periodo di incertezza e di disagio. Egli deve riconoscere che le strategie cognitive e operative che era abituato ad utilizzare si rivelano insufficienti all'interno della nuova situazione, senza per altro poter immediatamente disporre di chiare alternative. A fronte di queste difficoltà è comprensibile il rischio che il soggetto metta in moto "meccanismi difensivi" che portano ad assumere rigidi comportamenti stereotipati, ad abbassare la propria motivazione e autostima, a sviluppare un atteggiamento conflittuale, attribuendo ad altri l’intera responsabilità delle proprie difficoltà, e a ritenere di non poter fare nulla per modificare la situazione. D’altra parte, è proprio riuscendo a fronteggiare queste difficoltà che la persona impara concretamente a "interagire costruttivamente" con l’organizzazione, a consolidare un insieme di abilità (diagnosticare la situazione, definire obiettivi realistici, assumersi responsabilità, prendere decisioni, impostare progetti di azione, cooperare e gestire costruttivamente i conflitti, affrontare i problemi utilizzando intelligentemente i margini di discrezionalità, ecc.) importanti per una consapevole assunzione del ruolo professionale, a progettare e costruire una compiuta identità professionale, progressivamente riconosciuta all'interno del contesto lavorativo.

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L'esito positivo di questo percorso soggettivo del giovane apprendista costituisce la base su cui si consolida l'acquisizione delle specifiche competenze e si mantiene un’elevata motivazione ad investire nell'ambito lavorativo e professionale, anche in vista di ulteriori momenti di crescita professionale. Ovviamente le connotazioni specifiche che questo processo assume all'interno delle diverse situazioni operative possono variare in funzione di diversi fattori di contesto (complessità e status sociale del ruolo professionale di riferimento per l'apprendista, età e caratteristiche personali e sociali del giovane, complessità organizzativa e cultura presente all'interno dell'impresa, ecc.). Ai nostri fini è comunque utile ricordare che la "riuscita" del giovane passa attraverso momenti di confronto con sé stesso e con gli altri, a partire dai quali egli conferisce e mantiene un significato soggettivo all'esperienza che sta vivendo, e sviluppa un orientamento personale che può o meno aiutarlo ad acquisire e integrare le specifiche conoscenze e abilità all'interno di una solida identità professionale. La gestione dei percorsi di apprendistato si trova inevitabilmente a confrontarsi anche con queste problematiche. Le modalità con cui il giovane entra in relazione con gli attori significativi all'interno del suo campo di esperienza (e quindi, in particolare, con il tutor) possono svolgere un importante funzione di ostacolo o di facilitazione a questi processi di positiva rielaborazione personale dell'esperienza. Nelle situazioni concrete, i tutor si trovano a dover comunque fare i conti con le dimensioni relazionali e affettive che sono insite nel rapporto con l'apprendista. Diverso può essere il grado di consapevolezza e competenza con cui esse possono essere affrontate, in modo da attribuire una doppia finalità alla funzione di tutorship: ?? facilitare i processi di apprendimento delle competenze; ?? supportare il giovane impegnato nella rielaborazione del significato dell'esperienza che va progressivamente sviluppando. Tenere distinte, a livello analitico, le valenze implicite nel supporto alla costruzione dell'identità professionale dei giovani ci consente di analizzare in modo più esaustivo quanto questa dimensione sia intenzionalmente presidiata nel concreto svolgimento delle esperienze di apprendistato. La rilevazione delle strategie adottate e delle le eventuali difficoltà incontrate possono fornire ulteriori utili informazione per la formazione dei tutor.

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2. LA GESTIONE DEI PERCORSI DI INSERIMENTO E FORMAZIONE NELLE IMPRESE

Le imprese considerate all'interno della nostra indagine sono contraddistinte da interesse ed attenzione all'inserimento e allo sviluppo professionale dei giovani neoassunti. L'utilizzo dell'apprendistato è concepito come uno strumento efficace per fornire al giovane una serie di competenze per una sua positiva integrazione all'interno della struttura produttiva, impostazione che è condivisa anche da chi, per ragioni di strategia interna di reclutamento, preferisce ricorrere a forme contrattuali diverse (quale, ad esempio, il contratto di formazione lavoro). È d'altra parte significativo che nelle imprese intervistate l'inserimento di apprendisti non costituisce una scelta contingente, per far fronte ad occasionali esigenze di incremento temporaneo di addetti, ma una modalità sistematicamente utilizzata per reclutare le nuove risorse di cui l'impresa necessita. Questa caratteristica è riscontrabile sia nell'impresa artigiana di 5 dipendenti UPIX Elettronica che inserisce un apprendista tutte le volte che ha bisogno di aumentare il proprio organico, sia nel gruppo multinazionale che attiva mediamente 70 contratti di apprendistato all'anno (Kone). Il grado di soddisfazione sui risultati ottenuti è generalmente elevato, testimoniato anche dall'altissima percentuale di casi in cui il rapporto di lavoro viene confermato al termine del periodo di apprendistato. Sono state rilevate anche un paio di situazioni più problematiche, con la presenza di un turn over di giovani che l'impresa giudica insoddisfacente. Tuttavia questi limiti non sono attribuiti alle strategie di inserimento adottate, ma alla necessità di rivedere le modalità attraverso cui esse vengono gestite. 2.1. L'individuazione dei tutor aziendali Nel caso di un'impresa artigiana per la produzione di software (UPIX Elettronica) il ruolo del tutor è ricoperto direttamente dal titolare. L'apprendista viene inserito subito in un "progetto vero", come assistente del titolare, per cominciare immediatamente ad acquisire un metodo di lavoro. Data la particolare organizzazione del lavoro "per progetti" e le buone competenze di base possedute dall'apprendista, la diretta supervisione del titolare è finalizzata soprattutto allo sviluppo delle competenze metodologiche, per poter in prospettiva acquisire una "visione generale del progetto e del modo di gestire la sua conduzione" che lo renda progressivamente autonomo nella gestione delle interazioni con i clienti. In altre realtà artigiane (ELLETI e Pasticceria Galimberti) il tutorato è invece svolto dai più stretti collaboratori del titolare, che quasi sempre hanno anche un ruolo diretto di gestione di piccoli reparti (responsabile serigrafia, responsabile del laboratorio di pasticceria) e delle persone che lavorano al loro interno. In questi casi si tratta di giovani che vengono inseriti per svolgere mansioni molto mirate, alle quali il tutor assegna compiti operativi progressivamente più complessi.

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Per l'inserimento degli apprendisti non esiste un piano di lavoro dettagliato, anche se l'esperienza professionale del tutor consente di prefigurare una continua coerenza tra le capacità maturate dal giovane e le attività che gli vengono richieste. In ogni caso il titolare mantiene un ruolo di forte attenzione agli apprendisti, consultando spesso il tutor e decidendo con lui il tipo di lavoro da assegnare in rapporto ai progressi fatti dal giovane. Diverso è invece il caso di un'altra impresa artigiana (CM Europa) che ha designato come tutor una persona che ha un ruolo di staff alla produzione e che si occupa in particolare di qualità e di sicurezza. Il tutor è concepito come garante del piano di inserimento dei giovani apprendisti, per i quali è previsto un periodo iniziale di rotazione nelle diverse posizioni di officina, in affiancamento agli operatori che occupano le diverse posizioni lavorative. La gestione dell'apprendistato è regolato da una serie di procedure che sono state stabilite in relazione alla certificazione della qualità, rispetto alle quali il tutor è chiamato a svolgere una attività di monitoraggio sul procedere del piano di inserimento e sui risultati progressivamente raggiunti, che prevede sostanzialmente la gestione di una rete di relazioni tra diversi attori: l'impresa, l'apprendista, i responsabili e gli operatori dei diversi reparti. Abbastanza simile appare l'esperienza di una piccola impresa tessile, in cui il ruolo di tutor è svolto da una persona in staff alla direzione (ADRIAFIL). Una volta definito il reparto dove il giovane dovrà essere assegnato, il tutor coinvolge il responsabile nella definizione del piano di inserimento. Anche in questo caso il tutor diventa un po' il garante del percorso che è stato definito, sia attraverso periodiche verifiche con il responsabile di reparto sul suo stato di avanzamento, sia come punto di riferimento per il giovane rispetto alle difficoltà che si possono incontrare. Nelle imprese turistiche i giovani vengono assegnati ad una delle linee di servizio offerte dalla struttura (ad esempio la promozione e la vendita di pacchetti standard piuttosto che l'organizzazione di offerte turistiche personalizzate, o la gestione di eventi, ecc.). Le funzioni di tutor sono svolte dal Responsabile di settore, che solitamente inserisce il giovane nel suo gruppo di collaboratori e supervisiona i suoi comportamenti. In un'impresa, in particolare, esiste un forte orientamento della Direzione ad investire nella formazione di giovani risorse (FIRMA), da cui deriva anche un orientamento dei singoli tutor a strutturare con attenzione i piani di inserimento per favorire il loro sviluppo professionale. Nelle imprese manifatturiere di medie dimensioni il ruolo di tutor è generalmente assegnato al caporeparto. In molti casi i giovani sono inseriti in ruoli professionali legati ai processi di trasformazione del prodotto che richiedono professionalità in specifiche aree operative (operatori alle macchine utensili, manutentori, attrezzisti, ecc.). Il loro inserimento è legato a precise scelte di politica aziendale, per cui per queste posizioni lavorative si preferisce far crescere dei giovani piuttosto che rivolgersi al mercato del lavoro per reperire personale già qualificato. Le attività da svolgere e le competenze tecnico operative richieste sono abbastanza definite ed esplicitate, ed il loro presidio richiede lo sviluppo di uno specifico bagaglio di competenze. Le tappe e le modalità dei percorsi di inserimento tendono ad apparire maggiormente strutturati, e seguono delle scansioni che spesso gli stessi capireparto hanno contribuito a costruire nel corso del tempo. Le funzioni del tutor sono considerate parte delle più ampie responsabilità sviluppo professionale delle persone, che contraddistinguono normalmente responsabile dell'unità organizzativa a cui è assegnato l'apprendista (RIF). tuttavia le imprese (SIMI) che hanno inviato i propri capireparto ai corsi per

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di gestione e il ruolo del Non mancano tutor aziendali

organizzati dalle istituzioni e dalle parti sociali nell'ambito delle prime sperimentazioni legate ai progetti di apprendistato. All'interno di questa tipologia di imprese è interessante il caso di una realtà che per inserire manutentori di linea aveva designato come tutor degli operatori esperti, ai quali non erano stati dedicati particolari momenti di preparazione al ruolo, in quanto si pensava che la loro storia professionale li mettesse di per sé in grado di insegnare ai più giovani (Fanti). L'esperienza diretta ha permesso di constatare che spesso queste persone non sono necessariamente le più adatte a ricoprire un ruolo di questo tipo. All'interno dell'impresa è maturata la consapevolezza che il tutor, oltre alle competenze tecnico professionali, deve possedere doti personali e capacità nel rapporto relazionale, che gli consentano di gestire efficacemente una relazione con il soggetto in formazione. Partendo da questa considerazione sono stati modificati i criteri per la selezione dei tutor, privilegiando le caratteristiche personali e la motivazione delle persone. Questa scelta è stata accompagnata da una specifica attività di formazione, che ha permesso anche la costruzione condivisa di alcuni strumenti per la gestione del processo di inserimento (definizione di profili professionali di riferimento, codificazione di un piano di monitoraggio, messa a punto di strumenti di valutazione). Anche le due imprese che hanno periodicamente bisogno di inserire giovani autisti hanno assegnato il ruolo di tutor ad operatori esperti che si sono candidati volontariamente. Questi dedicano parte del loro orario di lavoro a trasmettere delle abilità e conoscenze relative alla conduzione e gestione dei mezzi, oltre che a supervisionare periodicamente il loro grado di acquisizione da parte dei giovani. In queste situazioni il ruolo di tutor sembra anche associarsi positivamente ad un implicito riconoscimento del prestigio di questi soggetti all'interno della comunità professionale aziendale. In alcuni casi, in cui le imprese fondano il loro vantaggio competitivo sulla presenza di manodopera molto qualificata in grado di garantire elevati livelli di servizio, il percorso di inserimento dei giovani è intenzionalmente progettato come prima tappa di un percorso di investimento professionale di lungo periodo (Kone, Faema). Il giovane viene inserito in un contesto operativo concreto ed affidato ad un tutor, ma l'acquisizione di specifiche competenze è associato al presidio di un più generale processo di sviluppo delle sue risorse personali e professionali, nella prospettiva che egli mantenga un'alta motivazione ad investire il proprio futuro all'interno dell'impresa. Ad esempio, l'inserimento di giovani periti nel montaggio viene visto come l'inizio di un percorso professionale di lungo periodo, in cui l'acquisizione delle competenze relative a quei reparti non costituisce un punto di arrivo, ma la base per acquisire una professionalità adeguata a proseguire la propria carriera in funzioni aziendali (il controllo qualità, l'assistenza clienti) più strategiche per l'impresa. Il periodo di inserimento non è quindi orientato solo all'acquisizione delle mansioni tecniche relative al montaggio, ma allo sviluppo di una serie di abilità trasversali (le capacità di diagnosi e fronteggiamento) e di risorse personali (la motivazione, l'assunzione di una identità professionale coerente con quella proposta dall'impresa) funzionali a successivi percorsi di carriera professionale. In questo caso il ruolo del tutor (affidato al caporeparto) è principalmente orientato a curare in modo specifico la formazione on the job, mentre una funzione dedicata in modo specialistico alla gestione delle risorse umane supervisiona l'insieme del percorso di inserimento.

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2.2. Il supporto al percorso di inserimento e apprendimento Nelle piccole imprese artigiane non viene formalizzato un piano di lavoro per il giovane apprendista. L'orientamento dell'imprenditore a investire sulla crescita professionale dei giovani è una variabile determinante nel facilitare i processi di inserimento e apprendimento, al di là del fatto che egli assuma formalmente un ruolo di tutor. La fase di accoglienza è sempre curata dal titolare, che presenta l'impresa e chiarisce i compiti che saranno affidati al giovane. Anche quando la funzione di tutor è delegata ad un collaboratore, l'imprenditore segue molto da vicino il processo di inserimento e la crescita professionale del giovane, sia perché le piccole dimensioni e le modalità di lavoro portano ad un contatto quotidiano con il giovane e con il proprio collaboratore diretto che assume formalmente il ruolo di tutor (Pasticceria Galimberti), sia perché in alcuni casi le stesse modalità di programmazione e assegnazione del lavoro portano l'imprenditore ed il tutor a confrontarsi continuamente su come sta procedendo l'esperienza dell'apprendista (ELLETI). A volte le motivazioni per cui l'imprenditore assume direttamente il ruolo di tutor sono legate non solo a ragioni organizzative, ma anche al "piacere di insegnare" (UPIX Elettronica). Il tutor è visto come la figura in grado di "trasmettere la propria esperienza", di fornire al giovane un esempio a cui fare riferimento per acquisire le corrette modalità operative con cui affrontare i diversi compiti professionali. Spesso il tutor ha in testa una sequenza logica di situazioni di lavoro da proporre gradualmente all'apprendista, a cui corrispondono livelli di apprendimento progressivamente più complessi. Si tratta soprattutto di modelli impliciti di gestione del ruolo, che vengono progressivamente interiorizzati dal giovane attraverso il rapporto con il tutor. Con l'aumento dei livelli di complessità dei ruoli a cui gli apprendisti sono destinati, l'intensità del rapporto con il tutor tende ad essere affiancato da modalità più sistematiche di "briefing" sulle metodologie di lavoro impiegate (UPIX Elettronica). All'interno di questo contesto, oltre all'esperienza professionale, diventano fondamentali le capacità relazionali del tutor, che "deve saper dire le cose". Qualcuno associa questa figura al "padre di famiglia", che deve tenere conto dell'età e delle possibili difficoltà dell'apprendista, ma che contemporaneamente deve "mettere in chiaro delle regole" (operative e di comportamento) da cui non è possibile prescindere. Esiste la consapevolezza che bisogna porre attenzione a supportare il processo di socializzazione dell'apprendista all'interno dell'organizzazione. Ma questo processo è sostanzialmente "agito" nel vivo della relazione tra i due soggetti, senza che siano previste precise modalità di monitoraggio e riflessione critica sull'esperienza. Anche la valutazione delle competenze acquisite non è supportata da metodologie e strumenti particolari, ma è conseguente ai giudizi che si consolidano all'interno del flusso di relazioni che si sviluppa tra apprendista, tutor e titolare dell'impresa. Con l'aumento delle dimensioni di impresa e/o la presenza di modelli organizzativi più articolati tende ad affermarsi una maggiore formalizzazione dei percorsi di inserimento e apprendimento degli apprendisti, con una più chiara distinzione di ruoli e responsabilità. Ciò è visibile anche all'interno di realtà artigiane che hanno maggiormente definito le proprie procedure interne per ottenere la certificazione di qualità (CM Europa).

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I tutor partono da una più analitica e articolata definizione delle competenze che devono essere acquisite dai giovani apprendisti per svolgere il proprio lavoro all'interno delle imprese. Gli obiettivi formativi connessi all'inserimento costituiscono un riferimento che viene verificato con i programmi di lavoro previsti, per individuare alcune problematiche che possono diventare delle "opportunità di apprendimento" su cui soffermarsi a riflettere con il giovane, affinché egli possa riconoscere e utilizzare in termini operativi i contenuti che aveva avuto modo di imparare a scuola o nella formazione professionale (RIF, SIMI, Fanti). Inoltre, poiché il tutor non svolge quasi mai un'opera di supervisione e affiancamento diretto dell'apprendista, in sede di programmazione delle diverse attività deve decidere anche a quali operatori affiancare di volta in volta il giovane. La scelta dell'operatore a cui assegnare l'apprendista riguarda sia considerazioni di carattere tecnico che relazionale. Il tutor deve infatti valutare anche alcune caratteristiche più squisitamente personali, per affiancare il ragazzo con persone con cui è più probabile si sviluppino relazioni favorevoli all'inserimento e all'apprendimento. Nelle imprese che erogano servizi turistici questa attività di pianificazione dei percorsi di inserimento e di apprendimento appare più complessa, anche perché la parte dei processi di lavoro che riguarda l'interazione con il cliente è meno standardizzabile e più legata all'assunzione di "stili di comportamento" che devono essere sedimentati adeguatamente. In riferimento a queste caratteristiche, e alle dimensioni più ridotte dei gruppi di lavoro, il tutor svolge una funzione più diretta di supervisione del giovane. Questo non significa che anche in questo caso si possano definire piani di inserimento sufficientemente organici e strutturati (Forma), da aggiornare e modificare in rapporto ai processi di crescita professionale del giovane. Nelle imprese che inseriscono autisti sono stati messi a punto dei veri e propri piani di formazione (con relativo monte ore), ai quali i tutor si attengono per mettere i giovani in condizione di condurre i mezzi in autonomia e sicurezza. In tutte queste imprese le attività di accoglienza tendono ad essere gestite ad un duplice livello. Una parte più "istituzionale", che prevede la presentazione dell'impresa e il sistema di regole che presiederà il rapporto di lavoro con il giovane è seguita dalla Direzione o (se esiste) dalla funzione addetta alla "Gestione delle Risorse Umane". L'accoglienza all'interno dell'ufficio o del reparto viene invece curata dal tutor, che illustra in specifico i processi di lavoro, le attività delle persone e i compiti che saranno richiesti all'apprendista. Il compito fondamentale attribuito al tutor riguarda comunque il supporto all'apprendimento delle competenze legate allo specifico ruolo professionale a cui è destinato il giovane. Le modalità con cui questo processo avviene variano all'interno delle diverse situazioni, anche se possono tutte essere riportate ad uno schema di riferimento che rimanda a strategie di coaching: ?? in un primo tempo al giovane vengono illustrati compiti da affrontare e le strategie con cui è possibile affrontarli; ?? successivamente il ragazzo viene affiancato ad un collega esperto, con il quale comincia gradualmente ad acquisire autonomia; ?? periodicamente il tutor interroga il giovane sulle strategie che utilizza, sul perché compie determinate scelte, su quali potrebbero essere strategie alternative di intervento e sulle opportunità e sui rischi delle diverse alternative, ecc. (qualche tutor utilizza anche

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strategie di apprendimento tipicamente utilizzate nelle analisi dell'expertise, tipo "pensare ad alta voce, spiegare il compito da un altro collega, ecc.); ?? infine il tutor chiede al giovane di affrontare nuovi compiti che presentano problematiche simili, per verificare quanto egli sia effettivamente in grado di "trasferire" le competenze maturate. Il tutor ha anche il compito di valutare i tempi di assimilazione che sono propri dei diversi soggetti, ed è direttamente responsabile della decisione relativa ai "tempi di passaggio" tra le diverse attività (e quindi tra i diversi gradi di difficoltà previsti dai compiti progressivamente proposti) (RIF, ADRIAFIL, Forma). La consapevolezza metodologica con cui viene gestito questo processo di supporto allo sviluppo delle competenze varia all'interno delle diverse situazioni. In alcuni casi il rapporto viene lasciato alla specifica sensibilità ed esperienza del singolo tutor. In altri contesti i tutor ritengono che l'introduzione di obiettivi dettagliati e la specificazione dei piani di attività che i giovani devono seguire per il loro raggiungimento costituisca un aiuto importante per lo svolgimento della loro funzione di supporto e monitoraggio(SIMI, Fanti, ADRIAFIL). La formalizzazione e il monitoraggio dei percorsi di apprendimento on the job avviene di solito con agili griglie di riferimento che evidenziano: ?? le competenze da acquisire; ?? le attività svolte; ?? i risultati conseguiti. Esiste una stretta relazione tra la formalizzazione dei percorsi di apprendimento on the job e le modalità di valutazione dei risultati conseguiti dagli apprendisti. Quando il tutor ha formalizzato obiettivi e piano di attività, tende in genere anche a predefinire strumenti di valutazione maggiormente formalizzati. Le varie schede adottate sembrano innanzitutto rispondere ad esigenze "empiriche" contingenti, per cercare in qualche modo di dare visibilità ai risultati che si intende perseguire. Raramente la loro adozione si presenta come la traduzione operativa di un sistema strutturato di competenze condivise all'interno dell'impresa (ed eventualmente con la struttura formativa esterna). Maggiori difficoltà emergono rispetto alla capacità dei tutor nella gestione delle dimensioni soggettive connesse al processo di socializzazione lavorativa che sono intrinseche al percorso di apprendistato. La difficoltà a comprendere le caratteristiche dei giovani apprendisti, ad interpretare i problemi sottese a certi comportamenti, a definire efficaci strategie per aiutarli ad "entrare nella mentalità di un lavoratore", sono considerati tra gli aspetti più critici connessi alla funzione del tutor aziendale. La gestione dei percorsi di inserimento assume connotazioni particolari nelle imprese che hanno messo a punto un percorso di apprendimento strutturato e relativamente formalizzato, presidiato da una funzione specialistica che si occupa della "gestione delle risorse umane" (Kone, Faema, Montenegro). Ciò avviene soprattutto nei confronti di giovani con titoli di studio relativamente elevati (diplomati) su cui si intende investire in una logica di sviluppo professionale di medio periodo, con i quali è importante stabilire fin dall'inizio un rapporto improntato ad un forte coinvolgimento nell'impresa e definire l'assunzione di obiettivi e impegni reciproci, da verificare nel tempo.

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La funzione specialistica avvia un confronto con i Responsabili delle diverse aree professionali presenti in impresa, che forniscono tutti gli elementi necessari per arrivare alla definizione dei percorsi di inserimento. L'esito di questo lavoro, una volta condiviso, costituisce il punto di riferimento per la gestione dei percorsi da parte dei tutor aziendali. La riflessione sulle esperienze progressivamente realizzate fornisce anche le indicazioni per introdurre progressivi aggiustamenti, fino ad arrivare alla definizione di linee di azione sufficientemente consolidate, che costituiscono dei dispositivi di gestione a cui tutte le esperienze realizzate in impresa fanno riferimento. Il caso più emblematico è rappresentato da una grande impresa che ha un proprio Centro di Formazione, nel quale i giovani apprendisti svolgono i moduli legati alla formazione teoricopratica e allo sviluppo delle competenze di base e trasversali (Kone). Il percorso formativo degli apprendisti è pertanto sostanzialmente progettato e "guidato" dai formatori del Centro. L'attività lavorativa, durante il periodo di apprendistato, è concepita soprattutto come occasione per "mettere in pratica" ed affinare le conoscenze e le abilità acquisite attraverso la formazione istituzionale. Il tutor ha il compito di gestire il giovane sul posto di lavoro, assegnandogli attività che tengano conto del percorso formativo svolto presso il centro, per favorire il consolidamento e lo sviluppo delle basi di competenza che vengono progressivamente introdotte attraverso la formazione istituzionale. Anche quando non è presente una struttura formativa interna, è comunque la funzione specialistica di gestione delle risorse umane che provvede normalmente a definire un percorso di formazione "istituzionale" (che di solito è caratterizzato da un impianto modulare) e dei prototipi di percorsi di formazione on the job costituiti da sequenze di attività improntate all'acquisizione graduale di specifiche competenze. Più che ad una progettazione dei percorsi di inserimento e formazione, l'attività del tutor è quindi rivolta alla programmazione di coerenti occasioni di apprendimento on the job all'interno del contesto di lavoro. Egli, a partire dai contenuti e dalle scansioni previste dal percorso formativo di base, stabilisce le attività da assegnare all'apprendista cercando di: ?? trovare la massima coerenza possibile tra la logica richiesta alla scansione dei contenuti da apprendere e le attività da svolgere in funzione delle diverse esigenze produttive del momento; ?? "contestualizzare" i contenuti generali in rapporto alle specificità operative presenti all'interno dell'ambito lavorativo concreto. La scelta della sequenza e della gradualità con cui assegnare i compiti all'apprendista riflette anche la specifica esperienza professionale che egli ha maturato circa le modalità di crescita professionale dei soggetti all'interno dei diversi ambiti operativi di cui è competente. Anche la fase di accoglienza è gestita dalla funzione specialistica che si occupa delle risorse umane, e costituisce l'avvio di periodici momenti istituzionali di confronto con l'apprendista, per fare il punto con lui sul progressivo procedere del percorso di inserimento e sviluppo professionale, e per fornirgli un'occasione di supporto ad un positivo processo di rielaborazione della propria esperienza. Il tutor cura in modo particolare l'accoglienza del giovane nella specifica unità organizzativa, chiarendo in modo più dettagliato gli obiettivi del primo periodo di inserimento. Successivamente egli procede ad un'attività di supervisione dell'apprendimento on the job, fornendo numerosi feedback ai giovani.

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Al tutor, oltre all'attività di coaching nell'apprendimento delle competenze previste, è richiesto un contributo alla valutazione del giovane, con particolare riferimento a due grandi aree problematiche (Faema, Kone): ?? il modo in cui si è inserito e interagisce con il contesto organizzativo (impegno, disponibilità, metodo di lavoro, collaborazione, rapporti interpersonali, rispetto gerarchico, ecc.); ?? i progressi relativi alle conoscenze e alle abilità più direttamente inerenti gli specifici processi di lavoro della figura. Queste osservazioni vengono raccolte dalla funzione "Gestione Risorse Umane" ed utilizzate per gestire nel miglior modo possibile i momenti di supervisione al percorso complessivo dell'apprendista. Il confronto tra questa funzione e il tutor tende a diventare più approfondito quando si è in presenza di soggetti che presentano caratteristiche che si allontanano dalla media delle prestazioni normalmente fornite dagli apprendisti. Quando si riscontrano risultati insoddisfacenti, si cerca di comprendere meglio le cause di queste difficoltà e concordare più precise strategie correttive; nel caso di soggetti ad elevato potenziale, si presta maggiore attenzione alla loro integrazione e valorizzazione all'interno dell'impresa. È interessante osservare che l'attribuzione al tutor di un ruolo circoscritto nel processo di supervisione e valutazione degli inserimenti viene avvertita come un limite a cui sarà necessario porre rimedio, evitando tuttavia di adottare metodologie e strumenti troppo complessi e laboriosi da gestire (Kone). 2.3. La gestione delle relazioni con il contesto Per tutti i tutor considerati, e in particolare per quelli che operano all'interno delle piccole imprese artigiane, una variabile che influenza in modo considerevole gli esiti dei percorsi di inserimento e apprendimento è rappresentata dalla gestione della rete di relazioni che circondano l'apprendista. Abbiamo già avuto modo di osservare che molto spesso la diretta supervisione alle attività del giovane non viene svolta dal tutor, ma dall'operatore esperto al quale il neoinserito viene di volta in volta affiancato. Per svolgere el proprie funzioni di supporto e garante del percorso di apprendimento on the job il tutor si trova quindi a coordinare una rete di relazioni più allargata, che vede coinvolti anche altri operatori. Per il tutor appare di fondamentale importanza presidiare con molta attenzione il sistema di relazioni che si va progressivamente consolidando tra il giovane e i propri colleghi. Da una parte c'è da garantire la legittimità e l'importanza assegnata dall'impresa al percorso di apprendimento del giovane, che deve trovare un concreto riscontro anche nella modalità con cui i colleghi più anziani si mettono in relazione con lui; dall'altra, non è detto che gli operatori esperti siano di per sé portatori di strategie operative corrette. Alcuni di essi potrebbero infatti aver consolidato routine operative che non sono necessariamente ottimali dal punto di vista del conseguimento e del continuo miglioramento dei risultati perseguiti. Se appare molto difficile correggere completamente l'impostazione delle persone più anziane, radicate in una pratica professionale pluriennale, è tuttavia importante che il giovane non le assuma tout court come il punto di riferimento per la propria crescita professionale, ma sappia

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semmai osservarle criticamente per valutare i vantaggi e gli svantaggi di diverse possibili strategie operative, consolidando un bagaglio professionale sufficientemente flessibile ed aperto. La sovrapposizione tra il ruolo del capo (o addirittura quello dell'imprenditore) e quello del tutor, se da una parte agevola il coinvolgimento dei colleghi esperti nelle attività di affiancamento, viene anche indicata come un possibile ostacolo nella gestione di questa rete di relazioni. Il fatto di essere un superiore gerarchico, in qualche modo chiamato a giudicare l'operato di un collaboratore, può ingenerare elementi di diffidenza e favorire una ricerca di supporto acritico nei colleghi più anziani, con i rischi che sono stati appena ricordati. Forse è per questo che sono relativamente numerosi i tutor che individuano nella corretta gestione di queste rete di relazioni uno degli aspetti più critici del proprio ruolo. Occorre cercare di diagnosticare correttamente le caratteristiche personali dell'apprendista, in modo da affiancarlo con gli operatori che risultano essere più idonei, non solo per le competenze tecniche, ma anche per favorire un processo di efficace inserimento nel gruppo professionale. Contemporaneamente, è ritenuto molto importante svolgere una costante opera di stimolo e di presidio, sia nei confronti del giovane che degli altri colleghi: ?? l’apprendista deve essere sollecitato ad assumere un atteggiamento attivo e propositivo, in particolare per quanto riguarda la richiesta continua di precisazioni e chiarimenti sul modo di affrontare le diverse problematiche professionali; ?? gli altri membri del gruppo devono mantenere un rapporto costantemente orientato a favorire l'apprendimento degli apprendisti. Nel caso in cui la funzione di tutorship viene articolata tra più ruoli, una funzione specialistica orientata alla gestione del percorso complessivo di formazione e socializzazione professionale e un tutor più centrato sullo sviluppo delle specifiche competenze, diventa ovviamente molto importante il tipo di collaborazione che si stabilisce tra di essi. In genere si preferisce supportare l'azione dei tutor attraverso una rilevante azione di stimolo e di controllo, esercitata direttamente dalla funzione specialistica di "gestione delle risorse umane", all'interno di un più generale processo di supervisione nella gestione dei neoinseriti. In previsione dei momenti istituzionali di monitoraggio dell'apprendistato, o dell'attivazione dei moduli di formazione esterna, si chiede al tutor di fornire le osservazioni e i feedback sul procedere dell'inserimento del giovane apprendista. In questo modo si mantiene un controllo abbastanza sistematico sul procedere dell'esperienza e, nei casi in cui si registrano particolari criticità o "debolezze", si cerca di esercitare un sostegno più ravvicinato al tutor nella gestione della dimensione formativa dell'inserimento. E' tuttavia presente, e già in atto in alcune aziende, il tentativo di rafforzare la capacità del tutor di gestire in modo più autonomo alcune problematiche relative al processo più complessivo di inserimento e sviluppo professionale. Nelle imprese in cui l'apprendistato è un percorso gestito dal tutor all'interno della propria unità organizzativa, i rapporti interfunzionali si limitano a contatti episodici con i responsabili di altri reparti e/o uffici per organizzare qualche specifica iniziativa, come una visita o una breve permanenza dell'apprendista per osservare e conoscere meglio l'intero processo produttivo dell'impresa. In alcuni casi, quando in impresa esiste una particolare attenzione alla formazione, il tutor può essere chiamato a relazionare all'imprenditore o ai dirigenti sullo stato d'avanzamento dell'esperienza. Si tratta comunque di momenti molto informali e poco

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strutturati, che non hanno ripercussioni dirette sulla modalità di gestione dei percorsi di inserimento e apprendimento (se non in relazione a situazioni molto particolari). E' diversa la situazione nelle imprese in cui il tutor è inserito in una funzione di staff ai diversi reparti e/o uffici operativi (CM Europa, ADRIAFIL). In quel caso i risultati del percorso di apprendimento sono molto legati alla capacità di questo soggetto a rapportarsi e a negoziare positivamente con i responsabili e gli operatori delle diverse unità organizzative: sia in sede di definizione che di monitoraggio del percorso di apprendimento del giovane. Non è un caso che questi tutor riconoscono in questo aspetto l'elemento più importante e, contemporaneamente, più critico nello svolgimento delle proprie funzioni. Al di là delle specifiche abilità di relazione, sembra essere importante l'autorevolezza professionale riconosciuta alla persona che ricopre il ruolo. Nella grande maggioranza dei casi osservati i tutor hanno scarsi rapporti con le istituzioni e le strutture formative che intervengono nei percorsi di apprendistato. In alcune situazioni è presente una qualche forma di collegamento con le strutture formative, soprattutto per quanto riguarda la conoscenza dei programmi che queste svolgono all'interno della formazione esterna (RIF, Forma, ADRIAFIL). Ma si tratta di relazioni ancora abbastanza lontane dalla prospettiva di costruire e presidiare un effettivo percorso integrato di alternanza. I rapporti con l'esterno non sono infatti gestiti dai tutor, ma direttamente dall'artigiano (ELLETI), dalla Direzione (RIF, Forma, ADRIAFIL) o dalla funzione specialistica che presidia gli inserimenti (CM Europa, Faema). 2.4. La formazione dei tutor Esiste un ampio accordo sul fatto che i tutor debbano associare esperienza professionale e adeguate capacità di rapportarsi con l'apprendista e con i colleghi. In molti casi si ritiene che i criteri con cui vengono individuati all'interno dell'impresa (posizione gerarchica, esperienza aziendale, ecc.) assicurino la presenza delle competenze tecniche, delle abilità relazionali e delle caratteristiche personali necessarie ad essere dei buoni tutor, per cui non sono previsti ulteriori momenti di formazione iniziale. In un'impresa, l'assegnazione dei compiti di tutor è stata contestuale ad una più generale riqualificazione dei ruoli intermedi (Kone). E' stato messo a punto un dispositivo formativo per sviluppare le competenze dei capi nella gestione delle risorse umane, al cui interno sono state affrontate anche le problematiche relative al ruolo del tutor. L'azione di formazione ha riguardato più in generale la gestione dei collaboratori (motivazione, comunicazione, rapporti interpersonali, ecc.). Ma un'attenzione particolare è stata rivolta anche ai processi di apprendimento e al ruolo del tutor. E' particolarmente interessante osservare che la formazione in aula è stata seguita da un periodo di supervisione di 3 mesi. I partecipanti, divisi in sottogruppi di 3/4 persone e seguiti da un tutor, hanno avuto l'opportunità di evidenziare i problemi incontrati nella traduzione operativa degli approcci discussi precedentemente in aula, avviando un percorso di confronto e riflessione sulle diverse strategie di fronteggiamento che avrebbero potuto essere attivate, e sull'analisi delle opportunità e dei rischi legati a ciascuna di esse. Il percorso formativo si è concluso con un follow up durante il quale sono stati ripresi e valorizzati gli elementi emersi durante la supervisione sul campo, consolidando i concetti e le strategie operative oggetto di apprendimento.

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Contestualmente al percorso formativo, ai partecipanti è documentazione che illustra il ruolo e le funzioni del tutor aziendale.

stato

fornita

una

breve

Il dispositivo formativo è stato istituzionalizzato, e la sua attivazione è prevista in relazione a tutti i nuovi soggetti che entreranno nel ruolo di responsabili intermedi. Un'altra impresa ha promosso autonomamente un corso di formazione per i propri tutor (Fanti). Anche in questo caso il percorso formativo per i tutor non si è limitato a delle attività in aula. Ai tutor sono stati assegnati compiti di osservazione e riflessione critica sulle modalità con cui riuscivano a gestire il proprio ruolo. Gli elementi raccolti attraverso queste attività di rielaborazione sono stati successivamente confrontati e discussi all'interno di periodici incontri di supervisione, per affinare gradualmente le strategie praticate sul campo In altre imprese l'assunzione del ruolo è stata contestuale alla partecipazione a specifici corsi per i tutor aziendali, organizzati dalle istituzioni e dalle parti sociali nell'ambito delle prime sperimentazioni legate ai progetti di apprendistato. I tutor hanno partecipato ad iniziative formative di circa 20 ore, organizzate dalle parti sociali contestualmente all'avvio delle prime sperimentazioni relative all'apprendistato. In quel contesto sono state presentate metodologie per l'analisi delle competenze richieste all'interno dell'impresa e per la predisposizione di piani individuali di formazione sul lavoro per gli apprendisti, con relativi strumenti per predisporre i piani e valutare le competenze acquisite (CM Europa Stampi, SIMI). In altri casi le iniziative formative sono state proposte autonomamente da una struttura formativa, per una durata di 16 ore, con l'obiettivo di sviluppare la capacità di rapportarsi ai giovani neoinseriti (capacità di "ascolto") e a progettare il percorso formativo di inserimento (ADRIAFIL, Firma). Il feedback su queste iniziative è positivo, sia perché è stato ritenuto un utile momento di confronto con le strutture di formazione professionale, sia perché alcune metodologie discusse in quel contesto si sono rivelate effettivamente utili per svolgere le attività richieste al tutor aziendale.

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3. TIPOLOGIE DI APPRENDISTATO E CONFIGURAZIONI DEL RUOLO DI TUTOR AZIENDALE

Il confronto tra le diverse esperienze analizzate ci consente di evidenziare alcuni fattori di contesto che, combinati tra di loro, concorrono a definire diverse tipologie di percorsi di apprendistato. Gli obiettivi e le modalità che caratterizzano ciascuna tipologia portano a configurare diversi profili di tutor aziendale. 3.1. I fattori di contesto Un primo ordine di variabili riguarda le caratteristiche del giovane inserito in apprendistato. Estremizzando le differenze a fini esemplificativi, conviene distinguere tra due tipologie di giovani. La prima può essere rappresentata facendo riferimento a persone più giovani (con meno di 18 anni), in possesso di un titolo di studio che non va oltre l'assolvimento dell'obbligo scolastico. Si tratta in gran parte di soggetti con dei percorsi formativi accidentati e, a volte, con alle spalle una rete di relazioni familiari e sociali che non fornisce significativi supporti ai percorsi di inserimento e professionalizzazione. Raramente all'ingresso al lavoro è accompagnato da un progetto di investimento professionale. Esso è vissuto piuttosto come affrancamento dalla precedente e poco gratificante condizione di studente. Inoltre, questi soggetti accedono frequentemente a posizioni lavorative che non offrono chiare e immediate opportunità per costruire una specifica professionalità. All'estremo opposto possiamo collocare giovani in età più avanzata, con alle spalle percorsi scolastici e formativi che hanno consentito di acquisire una serie di conoscenze e abilità di base in uno specifico settore (ad esempio dei diplomati tecnici). Per loro l'inserimento lavorativo è spesso accompagnato da un investimento professionale che trova, nella specifica impresa in cui si inseriscono, una prima occasione concreta per verificare le proprie aspettative e capacità. Un ambito per cominciare a costruire un proprio ruolo e una propria identità professionale. Un secondo ordine di variabili è riconducibile alla complessità tecnologica e organizzativa dei processi di lavoro su cui il giovane apprendista è chiamato ad intervenire. Anche in questo caso, trascurando momentaneamente le posizione lavorative prive di significativi contenuti professionali a cui abbiamo già accennato in precedenza, possiamo fare riferimento a due situazioni tipiche. La prima è riferibile a ruoli in cui, pur essendo presente un certo grado di complessità operativa, la professionalità richiesta riguarda principalmente la capacità di riconoscere ed applicare regole e metodologie coerenti con le diverse tipologie di problemi (variabili e magari di non immediata soluzione, ma sempre riconducibili a casistiche relativamente standardizzabili) che si incontrano nelle diverse situazioni.

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La seconda presuppone posizioni organizzative in cui è richiesta una maggiore attenzione a presidiare processi di lavoro poco standardizzabili, all'interno di contesti che magari possono anche essere potenzialmente conflittuali, in cui è preminente la capacità di prefigurare e verificare le proprie strategie di intervento di medio lungo periodo, definendo di volta in volta come combinare in modo specifico le diverse conoscenze e metodologie di cui si è in possesso. Un ultimo ordine di fattori fa riferimento alle caratteristica dell'impresa in cui i giovani sono inseriti. Una prima situazione può essere rappresentata facendo riferimento a strutture di piccole dimensioni, in cui esiste un'organizzazione relativamente fluida e poco strutturata. In questo caso le caratteristiche personali dei soggetti coinvolti hanno una forte rilevanza nel definire e strutturare le pratiche professionali presenti nel contesto (spesso poco identificate ed esplicitate), più di quanto non facciano altri dispositivi organizzativi (regole, procedure, strumenti di gestione, ecc.). Una seconda realtà operativa riguarda le imprese di piccole e medie dimensioni, che hanno sviluppato un buon grado di articolazione organizzativa (sulla base di una differenziazione funzionale, di processo, di prodotto, ecc.). I ruoli organizzativi appaiono maggiormente codificati ed esiste un certo grado di definizione del know how che caratterizza i diversi ambiti professionali. E' però poco frequente la presenza di risorse dedicate a pianificare e gestire i percorsi di crescita professionale delle persone. L'inserimento dei giovani è principalmente rivolto ad una prospettiva temporale di breve medio periodo, focalizzato sullo sviluppo delle competenze necessarie a ricoprire il ruolo professionale di primo inserimento. Le modalità di gestione dei percorsi di apprendimento delle competenze e di costruzione delle identità professionali sono gestite in modo autonomo e specifico all'interno diverse unità organizzative. L'elemento che distingue maggiormente la terza tipologia di imprese da quella precedente non è la dimensione, anche se all'interno di questo gruppo sono prevalenti le realtà relativamente grandi, a volte appartenenti a gruppi multinazionali. La differenza più significativa è da ricercare in una più organica attenzione a presidiare lo sviluppo delle proprie risorse umane, a cui corrisponde molto spesso anche la presenza di meccanismi di gestione appositamente progettati e gestiti in funzione delle diverse fasce di popolazione aziendale. L'inserimento dei giovani, quando non corrisponde al ricorso contingente a manodopera da inserire in posizioni poco qualificate, è accompagnato dalla definizione di processi di formazione (sia in aula che on the job) relativamente strutturati e verificati. In molti casi il processo di socializzazione e formazione in ingresso non è inteso come semplice occasione per l'inserimento immediato in un ruolo. Esso costituisce la prima tappa di una potenziale carriera professionale che, in un'ottica di medio lungo periodo, consente all'impresa di riprodurre e sviluppare le competenze delle famiglie professionali che garantiscono un vantaggio competitivo sul proprio mercato di riferimento. 3.2. Le tipologie di apprendistato Una prima tipologia di percorsi di apprendistato è rivolta alla "creazione dei presupposti per la costruzione di una professionalità". L'elemento che accomuna queste situazioni è la caratteristica dei giovani apprendisti e delle mansioni che sono chiamati a svolgere all'interno dell'impresa.

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Si tratta di giovani in possesso di licenza media, che hanno abbandonato il percorso scolastico o formativo dopo aver sperimentato ripetuti insuccessi. In generale hanno una scarsa capacità progettuale nei confronti del proprio futuro personale e professionale. L'accesso all'attuale lavoro è normalmente frutto dell'incontro con un'opportunità contingente, vista in primo luogo come una fonte strumentale di reddito. Ad esso non è associata una prospettiva di crescita professionale all'interno dell'impresa o del settore. In molti casi, allo scarso interesse per il tipo di lavoro svolto corrispondono aspettative (spesso poco realistiche) ad un futuro accesso a posizioni più gratificanti (per quanto riguarda la retribuzione, gli orari, la fatica, ecc.), a cui tuttavia non corrisponde una effettiva strategia per perseguirle. A queste caratteristiche dei soggetti corrisponde l'inserimento in posizioni lavorative che non richiedono particolari competenze o, più generalmente, ambienti che non offrono prevedibili percorsi di crescita professionale. In genere si tratta di assunzioni in piccole imprese che non investono su questi giovani, anche perché sono abituati ad avere persone che non rimangono troppo a lungo, oppure di inserimenti in grandi organizzazioni per ricoprire mansioni molto semplici o poco gratificanti, dove anche in questo caso si dà per scontato un alto livello di turn over. La dimensione e la struttura dell'impresa non costituisce, a fronte della povertà delle mansioni e allo scarso investimento dei due soggetti coinvolti nell'apprendistato, una variabile significativa. Queste situazioni non sono state inserite nel campione di imprese presso cui abbiamo osservato il ruolo del tutor, ma rappresentano una parte significativa degli inserimenti attraverso l'apprendistato. In questo quadro rientrano molte delle problematiche collegate all'innalzamento dell'obbligo formativo. La possibilità di connotare i percorsi di apprendistato in termini formativi è legata ad un intervento significativo di un'agenzia esterna. La "regia" di un percorso formativo, realisticamente, non può che essere assunta da una struttura di formazione. Esso si caratterizzerà per un'elevata valenza orientativa, e sarà finalizzato soprattutto allo sviluppo delle competenze di base e trasversali necessarie al soggetto per recuperare un'autonoma capacità progettuale nei confronti del proprio futuro professionale. All'interno di questo processo sarà possibile innestare una nuova motivazione all'apprendimento e l'acquisizione di alcune conoscenze e abilità di base relative ad uno specifico settore e/o area professionale. Il ruolo dell'impresa può essere soprattutto quello di consentire al giovane di sperimentare una significativa e duratura relazione con un contesto fortemente strutturato. Fare positivamente i conti con un sistema organizzato, caratterizzato da specifici vincoli e relazioni, aiuta ad elaborare attese più realistiche, che hanno la possibilità di trasformarsi in impegni e sfide su cui misurare progressivamente la costruzione di una propria identità di adulto e lavoratore. Il tutor aziendale può fornire un utile contributo offrendosi innanzitutto come "modello positivo" di lavoratore, per favorire processi di identificazione funzionali al percorso di socializzazione del giovane. Inoltre, utilizzando soprattutto strategie di affiancamento, può aiutare il giovane ad acquisire consapevolezza nell'utilizzo di alcune conoscenze ed abilità di base relative al settore e/o alla figura professionale.

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Una seconda tipologia di percorsi di apprendistato si caratterizza per la sua finalizzazione alla "assunzione di un ruolo professionale". I giovani che partecipano a queste esperienze hanno normalmente qualche anno in più, ed escono dai loro percorsi formativi con una più ampia dotazione di conoscenze ed abilità, anche se non è completamente da escludere la presenza di soggetti che hanno bisogno di un certo supporto allo sviluppo delle risorse di base di cui abbiamo parlato in precedenza, in particolare quando si prendono in considerazione ruoli che, pur richiedendo una significativa professionalità, appaiono poco "desiderabili" agli occhi di ampie fasce di giovani (ad esempio i mestieri del settore edile, o alcune posizioni operative in ambito manifatturiero). L'elemento che caratterizza questa tipologia di percorsi di apprendistato riguarda la progressiva capacità dei giovani di riorganizzare e riutilizzare il proprio bagaglio di conoscenze e di abilità di base in funzione delle attività e dei problemi che caratterizzano l'esercizio di uno specifico ruolo professionale. Le modalità con cui vengono gestiti i processi di inserimento e di formazione in riferimento a queste tipologie di apprendistato sono influenzate dal livello di incertezza che caratterizza i compiti richiesti e il contesto in cui viene esercitato il ruolo. La presenza di posizioni operative che agiscono su processi più facilmente proceduralizzabili (anche se relativamente complessi), soprattutto all'interno di realtà di piccole dimensioni e con strutture organizzative poco articolate, favorisce una focalizzazione sui processi di apprendimento di specifiche competenze tecnico professionali. L'impresa è tendenzialmente meno orientata a collegare lo sviluppo delle diverse competenze ad una visione integrata di un più ampio profilo di ruolo, che consenta al soggetto di affrontare con maggiore rapidità e autonomia eventuali innovazioni tecnologiche e organizzative nei processi produttivi. Ruoli professionali più complessi favoriscono un orientamento delle imprese verso processi di socializzazione e formazione più articolati, in cui è più facile che emerga una sensibilità verso la formazione istituzionale e una maggiore attenzione ai processi di inserimento del soggetto all'interno del contesto organizzativo. In relazione a queste considerazioni, può essere diverso anche il tipo di reciproche responsabilità che impresa e agenzia formativa possono assumersi nella gestione del percorso formativo in alternanza. Nel primo caso è più probabile che l'agenzia formativa debba assumersi un più significativo ruolo di guida e di orientamento complessivo dell'intero percorso di apprendimento. Occorrerà cercare di stabilire un positivo rapporto con il tutor aziendale, per essere a conoscenza dei percorsi di apprendimento delle competenze sul lavoro e, intorno a questi, costruire il più ampio percorso formativo a supporto dello sviluppo delle risorse complessivamente necessarie ad assumere una piena padronanza di ruolo. Nel secondo caso è più facile che l'impresa tenda a rappresentarsi in termini più compiuti e articolati l'esigenza di un percorso di apprendimento in alternanza. Esisterà allora un orientamento potenzialmente più interessato a definire accuratamente la figura professionale di riferimento e l'insieme delle diverse competenze richieste, a prefigurare con più cura l'articolazione tra formazione in aula e apprendimento on the job, a porre più attenzione nel favorire un positivo processo di socializzazione al ruolo professionale.

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Si tratterà di verificare in che misura la struttura e le risorse a disposizione della singola impresa, insieme al suo più generale "orientamento culturale" nei confronti della formazione, le consentiranno di presidiare adeguatamente queste problematiche. E' in rapporto a questi interrogativi che potenzialmente si apre per le strutture formative la possibilità di svolgere un servizio di "consulenza formativa" agli stessi tutor aziendali. Le due modalità di gestione dei percorsi formativi in alternanza che sono state appena prefigurate rimandano anche al presidio di differenti attività da parte dei tutor: ?? nel primo caso si occuperà soprattutto della programmazione e della gestione dell'apprendimento on the job; ?? nel secondo caso, soprattutto se il suo ruolo non sarà supportato da una funzione interna all'impresa che opera come staff specializzato sulle problematiche di gestione delle risorse umane, il tutor sarà chiamato ad una responsabilità più complessiva di analisi dei fabbisogni e di progettazione del percorso in alternanza, oltre che al monitoraggio più sistematico del processo di orientamento e socializzazione al ruolo da parte del giovane apprendista. Un'ultima tipologia di percorsi di apprendistato assume la connotazione di "avvio ad una carriera professionale". I giovani apprendisti sono persone in possesso di un titolo di studio di scuola media superiore, a cui viene prospettata una potenziale possibilità di carriera all'interno di uno specifico ambito professionale. Al di là del ruolo in cui i giovani vengono inseriti nel breve periodo, il percorso di apprendistato è progettato come tappa che si inserisce organicamente in una prospettiva di sviluppo a lungo termine ed ha come riferimento la costruzione di una figura professionale complessa, oltre che strategicamente importante per l'impresa. L'inserimento è di fatto accompagnato da un patto di investimento reciproco tra impresa e giovane nuovo assunto: la condizione di apprendista viene prospettata come una importante possibilità di crescita professionale, da privilegiare rispetto ad un immediato riconoscimento di tipo economico. Tutto il periodo di apprendistato è concepito come un organico percorso formativo in alternanza, in cui si succedono moduli di formazione istituzionale e attività lavorative programmate come sequenze di training on the job. Oltre alle competenze più specifiche connesse alle attività di ruolo, è ritenuto importante la progressiva costruzione di una solida identità professionale, che si cerca di sostenere anche attraverso un sistematico monitoraggio del processo di inserimento e socializzazione del giovane all'interno della realtà organizzativa. Le imprese che predispongono queste strategie di inserimento sono generalmente di grandi dimensioni e presentano una struttura organizzativa caratterizzata dalla presenza di una funzione aziendale specialistica, che presiede complessivamente le strategie e le metodologie di gestione delle risorse umane. È questa struttura che provvede alla progettazione e supervisione del percorso complessivo di apprendistato, occupandosi anche dei momenti istituzionali di monitoraggio dell'esperienza. Il ruolo dell'agenzia formativa esterna si limita alla progettazione e gestione di specifici moduli.

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Esistono situazioni, caratterizzate dall'inserimento sistematico di gruppi numerosi di apprendisti, nei quali la formazione modulare è curata direttamente da una struttura interna all'impresa. Le responsabilità del tutor aziendale sono spesso focalizzate sulla programmazione e gestione della formazione on the job, anche se in alcune imprese si vorrebbe qualificare e allargare il suo contributo alla gestione del percorso formativo più complessivo. All'origine di questa esigenza c'è la considerazione che un diverso equilibrio nella distribuzione delle responsabilità tra tutor e funzione specialistica garantirebbe una maggiore efficacia nel presidio del percorso complessivo di alternanza. 3.3. I profili di ruolo dei tutor Le diverse tipologie di apprendistato che abbiamo appena esaminato, le loro finalità e le diverse modalità con cui sono identificate e attribuite le diverse funzioni relative al loro presidio, configurano diversi profili di ruolo. Il lavoratore adulto. Si tratta di un profilo di ruolo che corrisponde a quelle tipologie di apprendistato in cui la finalità prioritaria è quella di favorire un orientamento al lavoro e lo sviluppo di alcune risorse personali di base nel giovane, affinché consolidi un'autonoma capacità di definire e perseguire proprie strategie di inserimento e sviluppo professionale. Anche se non va trascurata, l'acquisizione di specifiche competenze tecnico professionali rimane in secondo piano, sia perché appare difficile, se contestualmente il soggetto non consolida una serie di competenze di base e trasversali, sia perché le mansioni svolte non si prestano all'acquisizione di abilità e conoscenze che possano condurre ad un compiuto bagaglio professionale. Il riconoscimento di aver maturato specifiche abilità e conoscenze appare semmai importante come "rinforzo" al processo di motivazione al lavoro e all'investimento professionale. In relazione alle già ricordate peculiarità di queste esperienze di apprendistato, il tutor aziendale deve soprattutto rappresentare per il giovane un modello positivo di "lavoratore adulto". E' importante che l'apprendista, a fronte delle incertezze e delle difficoltà che inevitabilmente incontrerà nell'inserirsi per la prima volta in una situazione di lavoro organizzato, lo viva come un riferimento su cui contare. Lo sviluppo, da parte del giovane, di processi di identificazione positiva con una figura adulta può contribuire a contenere le ansie che inevitabilmente sono suscitate dall'incontro con la nuova situazione, aiutandolo a sostenere il rapporto con un conteso che, per le relazioni che deve mantenere e le prestazioni che deve fornire, si presenta come faticoso e può suscitare tentazioni di disinvestimento e/o di abbandono. Il tutor è chiamato a farsi carico del giovane, ad aiutarlo a comprendere che cosa gli è richiesto e quali possono essere i comportamenti più efficaci. E' importante che si guadagni la fiducia dell'apprendista e mantenga un costante atteggiamento di ascolto e disponibilità nei suoi confronti. Da un punto di vista operativo, è utile che si metta nell'ottica di osservare con una certa sistematicità i comportamenti dell'apprendista, fornendogli in modo consapevole dei feedback funzionali ad un suo positivo inserimento nel contesto lavorativo. La segnalazione di carenze

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ed errori deve essere accompagnata da un sostegno alla definizione di opportunità e modalità di miglioramento. E' inoltre importante non trascurare di evidenziare e apprezzare i risultati raggiunti, in una logica di valorizzazione che rafforzi l'autostima del giovane e aumenti la sua motivazione ad impegnarsi all'interno della sfera professionale. Anche in presenza di mansioni non particolarmente complesse potrebbe essere utile, per orientare l'apprendista verso un adeguata attenzione alle occasioni di apprendimento e di crescita professionale, che il tutor evidenzi una serie di conoscenze e abilità (magari concordate con il centro di formazione professionale) da acquisire all'interno dell'ambito lavorativo. La loro definizione e verifica potrebbe tra l'altro costituire un supporto operativo al tutor per orientare e guidare lo sviluppo di efficaci comportamenti dell'apprendista all'interno del posto di lavoro. Una particolare attenzione dovrà essere posta nel cogliere i momenti di "crisi" del giovane, per cercare di aiutarlo a considerare realisticamente le difficoltà vissute in quel momento e a trovare il modo per superarle. L'efficacia dell'azione del tutor dipenderà anche dalla sua consapevolezza circa l'importanza di costituire un modello di riferimento per il ragazzo, e quindi di porre particolare attenzione alle modalità con cui egli gestisce l'insieme dei suoi comportamenti e delle sue relazioni all'interno della sfera professionale. In relazione agli elementi appena ricordati, sarebbe ovviamente auspicabile che il tutor aziendale possedesse un ampio e articolato bagaglio di competenze utili a supportare efficacemente i giovani impegnati in una fase particolarmente delicata dei loro processi di socializzazione al lavoro. La storia professionale delle persone che sono chiamate a ricoprire questi ruoli non mette sempre automaticamente a disposizione queste risorse. In genere il modo in cui il ruolo viene ricoperto è fortemente condizionato dalla presenza in questi tutor: ?? di un forte orientamento valoriale verso il supporto a questi giovani; ?? di una motivazione a farsene carico; ?? di alcune caratteristiche personali che agevolano lo sviluppo di relazioni improntate all'empatia e al coinvolgimento. L'assunzione del ruolo potrebbe essere supportata da una base di competenza riguardante: ?? la conoscenza del contesto normativo e amministrativo che fa da riferimento all'istituto dell'apprendistato e alla definizione della figura del tutor; ?? la consapevolezza della peculiarità e dei problemi che caratterizzano o percorsi di inserimento e socializzazione lavorativa dei giovani apprendisti; ?? un'adeguata rappresentazione dei processi di apprendimento e dei fattori che possono agevolarli o ostacolarli; ?? la definizione di strategie operative realistiche che, a partire dalle funzioni richieste al tutor aziendale, tengano in adeguata considerazione le proprie competenze di partenza e le caratteristiche del proprio contesto lavorativo; ?? la messa a punto di semplici metodologie e strumenti per la definizione e la valutazione di specifici traguardi di apprendimento (conoscenze e abilità) all'interno della situazione di lavoro.

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Il maestro di competenze . La peculiarità di questo profilo di ruolo riguarda la forte centratura sul presidio delle attività di formazione on the job, finalizzata all'acquisizione delle competenze coerenti con lo sviluppo professionale dell'apprendista. Il tutor pianifica un programma di attività che favorisce la graduale acquisizione delle competenze legate alle diverse aree di lavoro. In rapporto agli obiettivi formativi e alle priorità produttive, vengono identificate una serie di attività che possono costituire delle opportunità di apprendimento per il giovane. Lo svolgimento delle diverse attività si configura come una serie di sequenze di "insegnamento /apprendimento", che spesso prevedono l'affiancamento ad un operatore esperto, ma che vengono supervisionate e valutate dal tutor. La gestione di questi percorsi richiede al tutor un consapevole presidio di due importanti aree di relazione: ?? con l'apprendista, per affrontare i problemi legati all'acquisizione delle competenze e sostenere un clima favorevole all'apprendimento; ?? con la rete di operatori che collabora alla presentazione dei contenuti e delle metodologie collegati alle diverse attività lavorative, perché svolgano una corretta azione di supporto. L'enfasi posta sull'apprendimento di specifiche competenze non elimina ovviamente l'importanza delle problematiche legate al processo di inserimento e socializzazione del giovane nel contesto lavorativo. In rapporto alle caratteristiche di questo profilo di ruolo, e alle tipologie di apprendistato in cui è presente, è comunque utile sottolineare che: ?? si tratta di giovani già orientati all'inserimento in uno specifico ruolo professionale, per cui le problematiche connesse alla socializzazione vengono in parte affrontati all'interno delle relazioni funzionali a sostenere i processi di apprendimento delle competenze; ?? questo tipo di tutor aziendale si coniuga con altre istanze (la funzione Personale, il tutor formativo della struttura formativa) che intervengono nella gestione delle funzioni di tutorship ai percorsi di apprendistato, che spesso forniscono un importante contributo al presidio delle dinamiche relazionali e affettive collegate ai processi di costruzione dell'identità professionale del giovane. Queste considerazioni ci aiutano a comprendere come, anche per questo profilo di ruolo, sia importante possedere le caratteristiche e le competenze di base già richiamate per il tipo di tutor precedente. Gli elementi raccolti attraverso la ricognizione ci permettono inoltre di mettere a fuoco altre aree di competenza, che appaiono importanti per il "maestro di competenze". Una prima area riguarda le metodologie e gli strumenti per la programmazione, il monitoraggio e la valutazione delle sequenze di insegnamento/apprendimento in ambito lavorativo. Nelle imprese che abbiamo considerato, mediamente esiste una buona predisposizione dei tutor a presidiare quest'area. Il possesso e l'utilizzo di metodologie più sistematiche per definire e controllare i percorsi di apprendimento on the job aiuterebbe a programmare percorsi più organici ed articolati. In questo modo il tutor avrebbe anche a disposizione un utile supporto per la successiva attività di gestione e supervisione delle attività, che invece sembra essere un'area che oggi presenta qualche criticità.

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La gestione delle relazioni con il soggetto in apprendimento costituisce una delle aree di competenza che si profila più problematica per questo profilo di tutor. Al suo interno sono riconducibili problematiche che riguardano la diagnosi delle caratteristiche del giovane (motivazioni, atteggiamenti, ecc.), le metodologie e le strategie che favoriscono l'apprendimento delle competenze, le dinamiche che si sviluppano all'interno delle relazioni di apprendimento. E' attorno a queste problematiche che, nelle imprese intervistate, vengono segnalate le maggiori criticità. Un'ulteriore nucleo di competenze, in qualche modo speculare a quello precedente, riguarda la Gestione della rete di relazione con i collaboratori che supportano i percorsi di apprendimento del giovane apprendista. In questo caso si fa riferimento a quell'insieme di abilità che spesso vengono riassunte all'interno della definizione di "competenze manageriali" (comunicare, assegnare e verificare dei compiti, negoziare, ecc.), e che rimandano alla gestione e alimentazione di una rete di relazioni in funzione di un obiettivo. La guida alla navigazione professionale. Questo profilo di ruolo è collegato al presidio di percorsi di inserimento in ruoli professionali o in percorsi di carriera complessi, che sono solo parzialmente riconducibili a processi di lavoro relativamente standardizzabili. In questo caso è necessaria un'accurata analisi dei fabbisogni formativi e la progettazione di un percorso di alternanza che prevede un intreccio molto forte e sistematico tra le situazioni di aula e le esperienze all'interno del contesto lavorativo. Inoltre, l'elevato investimento ideale ed emotivo che questi percorsi richiedono ai giovani coinvolti, esige una gestione più attenta e consapevole delle dimensioni affettive e simboliche collegate alla costruzione dell'identità professionale. In relazione alla gestione di queste attività si può prefigurare la gestione di tre ulteriori aree di competenza. La prima riguarda Le metodologie e gli strumenti per l'analisi dei fabbisogni formativi e la progettazione di percorsi in alternanza. In questo caso si tratta di essere in grado di analizzare problematicamente i processi di lavoro e le variabili che influiscono nella definizione del ruolo di riferimento, anche in rapporto alla possibilità di prefigurare lo sviluppo di repertori di competenza in grado di supportare possibili innovazioni e cambiamenti organizzativi; La seconda area di competenze riguarda La gestione delle dinamiche connesse alla relazione di tutorship a supporto dei processi di socializzazione professionale. Più volte si è accennato a come l'esito dei percorsi di socializzazione e apprendimento sia influenzato dalle dinamiche che caratterizzano la relazione tra tutor e apprendista; una adeguata consapevolezza dei processi di idealizzazione e di collusione che caratterizzano questa relazione, e di come essi possano di volta in volta costituire un ostacolo o una risorsa per il raggiungimento degli obiettivi, sarebbe utile a tutte le tipologie di tutor. La maggiore ampiezza e complessità delle problematiche collegate al supporto di questi inserimenti rende, allo stesso tempo, importante e possibile dedicare una particolare attenzione al consolidamento delle conoscenze e abilità necessarie. Un'ultima area di competenze riguarda la Gestione delle relazioni necessarie al presidio dei percorsi di alternanza. Il riferimento al supporto a processi di apprendimento con un orizzonte temporale e spaziale più ampio rispetto alle pratiche on the job implica lo sviluppo di nuove conoscenze e capacità. Da una parte occorre avere una visione più compiuta di quali sono i problemi di integrazione e raccordo tra contesti e attori diversi (quali l'aula e il reparto

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lavorativo). Dall'altra è necessario sviluppare una capacità di promozione e legittimazione del processo formativo all'interno dell'organizzazione, per favorire il coinvolgimento di tutti gli attori e affermare un orientamento culturale favorevole alla formazione. Nelle situazioni che abbiamo analizzato non abbiamo riscontrato figure di tutor aziendale che gestiscono autonomamente queste problematiche. Prospettiamo comunque questo terzo modello di riferimento in quanto: ?? nelle tipologie di apprendistato che si connotano come avvio ad una più complessa carriera professionale, abbiamo spesso riscontrato l'auspicio di una maggiore autonomia del tutor nel gestire, almeno in parte, le funzioni di tutorship che sono proprie di quei processi; ?? nelle situazioni in cui non è presente il supporto di una struttura specialistica interna all'impresa, un ulteriore sviluppo del profilo del tutor potrebbe consentire di affrontare in modo più efficace la costruzione e riproduzione delle proprie risorse professionali, in particolare quando il ruolo del tutor fosse assunto direttamente da un imprenditore artigiano che fonda il suo vantaggio competitivo sullo sviluppo e l'integrazione di professionalità relativamente complesse. È tuttavia realistico pensare che questo profilo di tutor possa configurarsi come punto di arrivo di un percorso di sviluppo professionale di questa figura, che richiede un affinamento delle proprie competenze attraverso una pratica concreta in ruoli meno complessi, con la possibilità di usufruire di dispositivi di "formazione in alternanza" per completare il proprio bagaglio professionale.

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SECONDA SEZIONE

IL TUTOR AZIENDALE NELL’APPRENDISTATO: ANALISI DEL RUOLO Dispositivo per la formazione dei tutor aziendali

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1.

LE FINALITÀ FORMATIVO

E

L'ARCHITETTURA

DEL

DISPOSITIVO

1.1. Le finalità e le funzioni del tutor aziendale Il tutor aziendale è chiamato a creare e presidiare le condizioni affinché il percorso di apprendistato possa concludersi: ?? con il positivo inserimento del giovane all'interno dell'impresa; ?? con lo sviluppo delle competenze che gli consentono di ricoprire efficacemente un ruolo professionale. L'esame delle esperienze concretamente attivate sul campo, ma anche le informazioni ricavabili da altre ricerche condotte dall'Isfol in questi ultimi anni sulla gestione dei percorsi formativi in apprendistato, evidenziano che il ruolo non si caratterizza per la gestione di un "processo di lavoro lineare", ma per il presidio di un contesto complesso, nel quale interagiscono diverse tipologie di attori: ?? l'apprendista, con le sue specifiche caratteristiche; ?? l'impresa, con i suoi obiettivi, la sua organizzazione, la sua cultura; ?? l'agenzia di formazione, con la sua capacità di proporre un'offerta più o meno congruente con i bisogni dell'apprendista e le attese dell'impresa. Il tutor aziendale deve essere in grado di diagnosticare come questi elementi si caratterizzano e interagiscono all'interno della specifica situazione, per creare e mantenere le condizioni favorevoli all'apprendimento del giovane e al progressivo sviluppo della sua autonomia nell'esercizio del ruolo professionale richiesto all'interno dell'impresa. La rilevazione delle esperienze concretamente praticate nelle imprese evidenzia come il "profilo di ruolo" del tutor aziendale assuma connotazioni diverse, legate alle caratteristiche della specifica situazione di apprendistato che si viene di volta in volta a configurare, ma tutte riconducibili all'esercizio di tre funzioni fondamentali: ?? la progettazione, gestione e verifica del percorso di apprendimento; ?? il sostegno alla motivazione e al coinvolgimento dell'apprendista; ?? la gestione delle relazioni con il contesto in cui si sviluppa il percorso di inserimento e formazione dell'apprendista. E' necessario ricordare che il nuovo istituto dell'apprendistato è in fase di diffusione e consolidamento, e che la figura del tutor aziendale è ancora "in costruzione". Le diverse esperienze presenti sul campo rappresentano quindi anche differenti livelli di maturazione del processo di sviluppo di un ruolo che, per la maggioranza delle imprese, rappresenta un'assoluta novità. Nelle situazioni più favorevoli il tutor aziendale ha acquisito un profilo più "compiuto", a cui corrisponde una maggiore capacità di presidiare l'insieme delle problematiche che sono proprie di ciascuna funzione; in altri casi, nei quali la cultura della formazione e dello sviluppo delle risorse umane deve ancora trovare una piena affermazione, il ruolo del tutor aziendale è ancora in uno "stato nascente", orientato al

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presidio delle attività più immediatamente riconducibili all'assolvimento di compiti operativi e adempimenti normativi. Una conferma di questa linea evolutiva è ricavabile anche dall'analisi di alcune esperienze caratterizzate da "buone pratiche" nella gestione dei percorsi formativi di apprendistato. Esse sono accomunate dalla compiuta affermazione di un "profilo minimo di ruolo" centrato soprattutto sulla supervisione dell'apprendimento "on the job", a cui corrisponde lo sviluppo di uno specifico ambito di attività per ciascuna delle tre funzioni che abbiamo ricordato in precedenza. In tali casi il tutor aziendale si caratterizza come “maestro di competenze”. All'interno di qualche esperienza il ruolo del tutor aziendale tende però ad evolvere verso il presidio più complessivo dei percorsi di inserimento organizzativo e sviluppo professionale degli apprendisti, richiedendo la gestione di più ampi e complessi ambiti di attività e caratterizzandosi come “guida ai percorsi di professionalizzazione”.

Funzioni

Tutor aziendale come maestro di competenze

Tutor aziendale come Guida ai percorsi di professionalizzazione

Progettazione, gestione e verifica del percorso di apprendimento

Programmazione e supervisione dell'apprendimento "on the job"

Analisi fabbisogni formativi e programmazione e gestione di percorsi in alternanza

Sostegno alla motivazione e al coinvolgimento dell'apprendista

Guida all'apprendimento di competenze operative

Supporto all'inserimento organizzativo e alla socializzazione al ruolo professionale

Gestione delle relazioni con il contesto

Gestione dei rapporti con gli operatori che affiancano l'apprendista nello svolgimento di compiti lavorativi

Gestione della rete di relazioni (interne ed esterna all'impresa) necessaria alla supervisione del percorso formativo in alternanza.

L'azione formativa che viene qui presentata intende collocarsi a sostegno della progressiva costruzione del ruolo di tutor aziendale, assumendo come riferimento la sua capacità complessiva di gestire efficacemente l'insieme del processo di inserimento organizzativo e del percorso formativo in alternanza dell'apprendista. Contemporaneamente però si propone di tenere conto delle concrete modalità con cui tende gradualmente a configurarsi e a svilupparsi questo ruolo all'interno delle diverse situazioni territoriali e/o tipologie di apprendistato. 1.2. L'impostazione generale del dispositivo di formazione Il dispositivo formativo parte dal presupposto che il ruolo di tutor aziendale non si può costruire attraverso un ampio percorso formativo "propedeutico" all'assunzione di questo ruolo all'interno dell'impresa. Le caratteristiche del ruolo e delle persone destinate a ricoprirlo

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indicano che la professionalità richiesta si acquisisce essenzialmente attraverso lo sviluppo di "un saper fare in situazione". Il percorso formativo proposto si compone allora di un "repertorio" di moduli che si prefiggono di aiutare le persone a guidare, valorizzare e riorganizzare le esperienze realizzate nel concreto esercizio del ruolo all'interno dei propri contesti di impresa, prefigurando un "percorso in alternanza" che consenta progressivamente di consolidare i diversi "nuclei di competenza" richiesti per qualificare la gestione dei processi di inserimento e formazione degli apprendisti. Per la definizione degli obiettivi e dei contenuti dei singoli moduli si è fatto riferimento: ?? all'insieme di attività e di problemi che deve complessivamente affrontare il tutor aziendale per qualificare i percorsi di apprendistato; ?? alla possibilità che, all'interno delle concrete situazioni territoriali, possa essere prioritario di volta in volta centrare l'azione formativa solo su alcuni specifici nuclei di competenza, che appaiono prioritari in rapporto al grado di sviluppo raggiunto dall'esercizio del ruolo in quel contesto. Coerentemente con questa impostazione, è stato messo a punto un modulo iniziale, che in situazione ottimale dovrebbe essere propedeutico all'assunzione dei compiti di tutor aziendale, che si propone di fornire le abilità e conoscenze necessarie a impostare efficacemente la "pratica del ruolo" all'interno della propria impresa, tenendo conto delle caratteristiche specifiche di ciascun contesto. Ad esso si accompagna la proposta degli altri moduli presenti nel repertorio, che tuttavia saranno erogati nei tempi e secondo le sequenze ritenute più opportune dalle strutture a cui è demandata la responsabilità della formazione dei tutor all'interno delle specifiche realtà. Il dispositivo formativo si colloca dunque nella prospettiva strategica delle "azioni di sistema", proponendosi come strumento flessibile per accompagnare la costruzione e il consolidamento di uno dei prerequisiti ritenuti indispensabili per la piena qualificazione dei percorsi formativi di apprendistato: il ruolo dei tutor aziendali. 1.3. Gli obiettivi dell'azione formativa Per la definizione dell'architettura modulare e dei contenuti dei singoli moduli si utilizza la metodologia Isfol per la progettazione e la certificazione delle competenze, che fa riferimento ad una prima classificazione generale in: ?? competenze di base; ?? competenze trasversali; ?? competenze tecnico-professionali. Ai nostri fini concentreremo l'attenzione sulle Competenze tecnico-professionali necessarie per ricoprire il ruolo di tutor aziendale. Con questa scelta si intende sviluppare un modello formativo il più possibile coerente con le già ricordate modalità di costruzione del ruolo all'interno delle imprese. Da una parte abbiamo a che fare con persone occupate, che assumono questo incarico in "addizione" a quello che già esercitano professionalmente; dall'altra il loro apprendimento avviene affrontando i problemi che sono chiamati concretamente a presidiare all'interno delle

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loro situazioni di lavoro, attraverso lo sviluppo di un "saper fare sul campo" che è riconducibile alle competenze tecnico-professionali previste dalla classificazione Isfol. In questa logica, le conoscenze di base e le abilità trasversali richieste per l'esercizio del ruolo saranno affrontate "contestualmente" allo sviluppo delle competenze tecnico-professionali. L'analisi dei problemi tipici che il tutor aziendale è chiamato ad affrontare per garantire la qualità del servizio offerto all'apprendista e all'impresa costituisce il riferimento per individuare le Aree di Attività (ADA) che sono richieste per l'esercizio del ruolo. Il presidio efficace di ogni ADA presuppone il possesso di una specifica Unità di competenza tecnicoprofessionale, intesa come un insieme omogeneo e strutturato di conoscenze e abilità necessarie per svolgere un compito professionale complesso, garantendo il raggiungimento dei risultati attesi. Per definire le ADA da assumere come riferimento per l’elaborazione del dispositivo formativo si è tenuto conto: ?? delle finalità e dell'impostazione generale a cui esso deve rispondere; ?? delle indicazioni ricavate dall'analisi preliminare (funzioni concretamente rilevati all'interno delle diverse esperienze);

e

attività

dei

ruoli

?? della necessità di definire un'architettura semplice e facilmente gestibile, che tenga conto dei destinatari e del contesto in cui deve essere utilizzata, oltre che del monte ore di formazione che è realistico dedicare a queste attività. La considerazione congiunta di tutti questi elementi ci ha portato ad individuare le seguenti ADA, a cui corrispondono le Unità di Competenza assunte come riferimento per la progettazione dei moduli che compongono il percorso formativo.

Funzioni

Aree di Attività / Unità di competenza/ Moduli

Gestione delle relazioni con il contesto

1. Acquisire consapevolezza di ruolo

Progettazione, gestione e verifica del percorso di apprendimento

2. Programmare il percorso formativo dell'apprendista 3. Guidare e facilitare l'apprendimento

Sostegno alla motivazione e al coinvolgimento dell'apprendista

4. Curare la relazione con l'apprendista 5. Gestire i momenti di crisi

L'Unità di competenza (UC) "Acquisire consapevolezza di ruolo" corrisponde alla necessità di saper ricostruire il "campo di azione" che caratterizza il tutor aziendale, disponendo di un quadro di riferimento (la gestione di percorsi formativi in alternanza finalizzati ad un positivo inserimento nel lavoro) che consenta di attivare strategie operative coerenti con i vincoli e le opportunità presenti nella propria situazione.

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La scelta di collocare il modulo che fa riferimento a questa UC in una fase iniziale del percorso formativo e possibilmente in concomitanza con l'assunzione del ruolo di tutor aziendale è collegata: ?? all'assenza, nella maggioranza delle imprese, di modelli consolidati a cui fare riferimento per avviarsi a ricoprire questo ruolo; ?? all'importanza, per coloro che forniscono "servizi immateriali" come il tutor aziendale, di saper elaborare un'adeguata "rappresentazione" del servizio e dei processi necessari alla loro erogazione, come precondizione per avviare efficaci strategie di intervento all'interno della propria organizzazione2 . Le UC "Programmare il percorso formativo dell'apprendista" e "Guidare e facilitare l'apprendimento" riguardano la gestione del percorso di apprendimento. La prima UC si riferisce alla capacità di analizzare i fabbisogni formativi dell'apprendista e predisporre l'insieme del percorso in alternanza, la seconda alla più specifica supervisione all'acquisizione delle diverse competenze. Per quanto riguarda il sostegno alla motivazione e al coinvolgimento dell'apprendista, l'UC "Curare la relazione con l'apprendista" si riferisce al supporto funzionale allo sviluppo del percorso di apprendimento, mentre la UC "Gestire i momenti di crisi" riguarda la più complessa capacità di affrontare efficacemente le problematiche soggettive connesse con i processi di inserimento lavorativo e sviluppo dell'identità professionale dei giovani. Una descrizione più esauriente delle caratteristiche delle UC e dei moduli per la definizione del percorso formativo è ricavabile dalla lettura del repertorio presentato nel capitolo successivo. In questa sede vengono ovviamente considerati quali prerequisiti per l'ingresso nel ruolo alcune caratteristiche che sono proprie dei tutor aziendali, riguardanti: ?? l'esperienza professionale e le competenze relative allo specifico ambito lavorativo in cui viene inserito l'apprendista; ?? un'adeguata conoscenza dei processi produttivi e dell'organizzazione dell'impresa di appartenenza. Non rientrano tra gli obiettivi di questo dispositivo formativo una serie di competenze trasversali collegate alla gestione efficace delle relazioni con colleghi e collaboratori (comunicare in modo assertivo, negoziare, assegnare e verificare compiti, ecc.), che possono essere utili nell'esercizio del ruolo del tutor aziendale. Questa scelta è dettata da motivi di priorità, che hanno portato a privilegiare UC più direttamente collegate allo "specifico" dei percorsi di apprendistato. Le competenze appena ricordate, oltre ad essere comunque richiamate e attivate in relazione alle problematiche specifiche trattate nel repertorio di UC che è appena stato delineato, sono considerate dei prerequisiti che dovrebbero essere tenuti in considerazione nella fase di selezione delle persone a cui affidare l'incarico di tutor aziendale. Nei casi in cui venissero riscontrate particolari carenze, è comunque possibile integrare la proposta formativa con dei moduli dedicati in modo specifico al potenziamento di questi aspetti. A questo proposito si può fare riferimento ai numerosi materiali formativi che sono disponibili su queste tematiche. 2

Cfr. Manoukian,F.O., Produrre servizi. Lavorare con oggetti immateriali, Bologna, Il Mulino, 1998.

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2. IL REPERTORIO DEI MODULI FORMATIVI 2.1. La logica sottesa alla progettazione e all'utilizzo del repertorio In rapporto a ciascuna delle UC individuate precedentemente, sono stati definiti gli obiettivi e i contenuti specifici di un corrispondente Modulo formativo. Coerentemente con le finalità e l'impostazione generale del dispositivo formativo che sono stati illustrati nel capitolo precedente, i moduli non vanno considerati come attività d'aula separabili dall'esperienza lavorativa dei partecipanti, che anzi costituisce il contesto privilegiato in cui acquisire e sviluppare le proprie competenze. I momenti in aula vanno intesi come occasione per rielaborare l'esperienza lavorativa al fine di mettere a punto nuove e più organiche strategie e metodologie di intervento, da sperimentare successivamente all'interno dei propri contesti operativi, in una logica ricorsiva che è tipica della formazione in alternanza. Le competenze che vengono indicate come obiettivi formativi di ciascun modulo costituiscono il riferimento per organizzare le attività didattiche in modo da favorire il collegamento con le esperienze lavorative dei partecipanti nei periodi precedenti e successivi alle attività in aula. E' solo lo sviluppo di questo collegamento, e la considerazione congiunta delle attività svolte in aula e nel contesto lavorativo, che può portare all'acquisizione e al consolidamento delle competenze previste come obiettivo di modulo. Coerentemente con questa impostazione, nella descrizione dei moduli non viene specificato un monte ore di riferimento per le attività d'aula. I progettisti saranno chiamati a definire la sua consistenza e articolazione in rapporto alle caratteristiche della specifica situazione in cui si trovano ad operare, tenendo presente che l'acquisizione delle competenze sarà possibile solo attraverso un'effettiva integrazione tra momenti in aula ed esperienza dei singoli partecipanti nel proprio contesto lavorativo. L'intero percorso modulare è dotato di una sua coerenza interna. Ogni modulo è comunque fruibile separatamente e, con le avvertenze che sono state appena ricordate, dà origine allo sviluppo di competenze "autoconsistenti". In questa logica, la sequenza modulare proposta non va assunta come un rigido percorso lineare. All'interno delle diverse situazioni, chi si occuperà della formazione dei tutor dovrà scegliere i tempi e le sequenze che sono più funzionali in rapporto alle esigenze del contesto, anche se, come apparirà dalla lettura di dettaglio, alcuni moduli richiedono determinati prerequisiti che limitano la discrezionalità nella definizione della successione. La definizione dell'architettura modulare e dei contenuti dei singoli moduli viene proposta come ipotesi di percorso formativo per lo sviluppo delle competenze dei tutor aziendali, a disposizione delle istituzioni e delle parti sociali come risorsa da cui partire per provvedere alla progettazione operativa degli interventi tenendo conto dei vincoli e delle opportunità presenti nei diversi contesti.

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2.2

La struttura per la descrizione dei moduli formativi

Per la descrizione dettagliata dei moduli è stata adottata una struttura standard, che comprende una serie di informazioni utili a precisare la natura delle competenze da sviluppare, i contenuti trattati e alcuni suggerimenti per l'organizzazione e la gestione delle attività formative, con particolare riferimento al raccordo tra ciò che viene affrontato in aula e le esperienze realizzate dai partecipanti all'interno del loro contesto lavorativo. In particolare, la descrizione di ogni modulo si articola in tre sezioni. Nella prima sezione sono brevemente presentati la funzione e i risultati attesi che caratterizzano il contributo dell'UC alla gestione complessiva del percorso di inserimento e formazione degli apprendisti. Attraverso questa descrizione si precisano la natura e lo spessore delle problematiche che devono essere affrontate nel modulo, contribuendo a chiarire il rapporto tra le prestazioni richieste al soggetto e le abilità e conoscenze che sono dettagliatamente illustrate nella sezione successiva. Nella seconda sezione sono presentati gli obiettivi formativi del modulo, intesi come descrizione dettagliata dell'insieme strutturato di conoscenze e capacità che il soggetto deve acquisire, e i contenuti che saranno trattati all'interno del modulo. La terza sezione riguarda invece alcuni suggerimenti operativi relativi all'impostazione e alla gestione didattica del modulo. In particolare vengono formulate alcune proposte generali per raccordare le attività previste in aula alle esperienze che i partecipanti stanno maturando sul luogo di lavoro. Nelle pagine seguenti vengono presentati analiticamente i moduli che compongono il dispositivo per la formazione dei tutor aziendali.

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1. ACQUISIRE CONSAPEVOLEZZA DI RUOLO Funzione e risultati attesi Nella maggioranza delle imprese il tutor aziendale costituisce una novità, a cui non corrispondono delle pratiche consolidate che possono essere assunte come riferimento operativo. Chi si trova a ricoprire questo ruolo deve quindi in primo luogo sviluppare una adeguata "consapevolezza" di ciò che è chiamato a fare: gli obiettivi che occorre perseguire, i problemi da affrontare, le attività che sono necessarie. Alla definizione del ruolo del tutor aziendale concorrono una pluralità di fattori, che sono sostanzialmente riconducibili a diversi ambiti di riferimento: ?? l'istituto dell'apprendistato e il quadro normativo che regola il suo funzionamento; ?? le caratteristiche peculiari degli apprendisti, in quanto giovani che stanno vivendo un percorso di inserimento all'interno di una realtà lavorativa; ?? la natura dei processi di apprendimento che il tutor aziendale è chiamato a favorire e supportare; ?? le caratteristiche del proprio contesto aziendale, con particolare riferimento al tipo di investimento che si intende fare nella formazione degli apprendisti. Le finalità formative collegate al rinnovato istituto dell'apprendistato e la regolazione normativa del suo funzionamento3 costituiscono un primo importante riferimento per delineare il profilo di questo ruolo. Per poter intervenire efficacemente è necessario però anche essere consapevoli del modo in cui gli apprendisti tendono ad affrontare il loro percorso di inserimento in un'impresa, delle difficoltà che possono normalmente insorgere, degli atteggiamenti e dei comportamenti a cui danno origine, tenendo presente che queste modalità possono variare in rapporto alle caratteristiche personali degli apprendisti e al tipo di lavoro a cui sono destinati in impresa. L'analisi di questi aspetti aiuta a definire quali attenzioni possono essere utili per impostare una relazione positiva con l'apprendista. Un terzo gruppo di conoscenze riguarda le condizioni che possono facilitare oppure ostacolare l'apprendimento degli apprendisti, il contributo potenzialmente offerto dall'integrazione tra esperienza di lavoro e formazione esterna, cosa si può fare per favorire lo sviluppo delle competenze dell'apprendista. Lo sviluppo e l'integrazione di queste diverse conoscenze rappresenta il punto di partenza per "ricostruire il profilo di ruolo" del tutor aziendale, ed in particolare i risultati e le attività che caratterizzano la sua azione in rapporto al processo di inserimento e allo sviluppo delle competenze dell'apprendista. Ogni partecipante sarà quindi in grado di confrontare questa acquisizione con la specificità del proprio contesto di lavoro, per definire strategie di azione realistiche ed efficaci. La capacità del tutor aziendale di definire con maggiore sistematicità il quadro dei propri obiettivi e delle attività da svolgere rende più facile:

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in particolare per quanto riguarda l'istituzione e le funzioni del tutor aziendale cfr. Decreto Ministeriale 8 aprile 19998 e Decreto Ministeriale 28 febbraio 2000.

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?? avviare un processo di progressivo miglioramento e affinamento del servizio offerto all'apprendista e all'impresa; ?? consolidare, attraverso la gestione pratica delle attività, le competenze richieste per svolgere questo ruolo. Questo modulo risulta quindi propedeutico ad un percorso di "crescita professionale" del tutor aziendale, che avverrà principalmente attraverso il diretto esercizio del ruolo, ma che non esclude anche l'approfondimento e il consolidamento di specifiche competenze attraverso la partecipazione a successivi momenti formativi. Obiettivi formativi e contenuti Obiettivi

Contenuti minimi

Conoscenze. Conoscere: - le caratteristiche fondamentali del nuovo apprendistato, gli adempimenti normativi che riguardano l'impresa e le procedure necessarie per assolverle; - le funzioni, le responsabilità e i compiti che la normativa assegna al tutor aziendale; - le caratteristiche che presentano i percorsi di inserimento degli apprendisti all'interno delle imprese e gli atteggiamenti problematici che possono generare; - le caratteristiche degli apprendisti (età, percorsi di studio, motivazioni rispetto al lavoro) che incidono sui percorsi di apprendistato; - le peculiarità dei percorsi di formazione in alternanza e il contributo che può dare la formazione esterna allo sviluppo delle competenze dell'apprendista; - le condizioni che possono favorire il processo di apprendimento del giovane neoinserito. Capacità. Essere in grado di: - cogliere le opportunità di sviluppo delle risorse professionali che il nuovo apprendistato offre, sia alle imprese che ai giovani lavoratori; - definire gli obiettivi e le attività che caratterizzano l'esercizio del ruolo di tutor aziendale, ai fini di garantire lo sviluppo delle competenze dell'apprendista e il suo positivo inserimento in impresa; - definire strategie operative realistiche che, a partire dal modello di ruolo assunto come riferimento, tengano in adeguata considerazione le proprie competenze di partenza e le caratteristiche del proprio contesto lavorativo - Il nuovo istituto dell'apprendistato: l'importanza della formazione e i possibili vantaggi per l'impresa e i giovani lavoratori; - Le principali caratteristiche del contratto di apprendistato: l'obbligo della formazione esterna, le funzioni attribuite al tutor aziendale, l'attestazione delle competenze; - Le caratteristiche degli apprendisti e le difficoltà che si possono incontrare durante il loro inserimento nell'organizzazione; - L’apprendistato come un percorso di formazione in alternanza: il ruolo dell’impresa e il contributo dell’agenzia formativa; - Il percorso di apprendimento degli apprendisti: peculiarità e condizioni di successo; - La collaborazione tra tutor aziendale e tutor dell'agenzia formativa; - Il quadro delle attività che occorre presidiare per fare bene il tutor aziendale e le diverse strategie in relazione ai contesti aziendali.

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Suggerimenti operativi La struttura didattica del modulo può essere articolata in due passaggi chiave: ?? analisi degli elementi che influiscono sulla definizione del ruolo del tutor aziendale (regolazione istituzionale dell'apprendistato, caratteristiche degli apprendisti concretamente presenti in impresa, peculiarità del processo di inserimento degli apprendisti e del percorso di formazione in alternanza); ?? ricostruzione delle caratteristiche salienti del ruolo del tutor aziendale, sulla base degli elementi emersi durante la precedente riflessione. Per quanto riguarda il primo passaggio, da un punto di vista didattico può essere utile partire dalle indicazioni che emergono dalla normativa sulla natura dell'apprendistato e le funzioni del tutor aziendale, per poi analizzare i problemi che esistono quando si tratta di applicarle all'interno delle esperienze concretamente vissute dai partecipanti. Per quanto riguarda la ricostruzione del ruolo del tutor, conviene tenere analiticamente distinti due aspetti: ?? la gestione del percorso di apprendimento in impresa, in riferimento ai diversi aspetti che lo caratterizzano (accoglienza e primo inserimento, sviluppo programma formativo, monitoraggio e valutazione, ecc.); ?? la gestione dei rapporti con l'agenzia formativa per assicurare l'integrazione tra apprendimento sul lavoro e formazione esterna. Questo secondo aspetto può costituire l'occasione per cominciare ad avviare concretamente la collaborazione tra tutor aziendale e agenzia formativa, anche attraverso la presentazione e discussione di prototipi di percorsi modulari di formazione esterna e/o strumenti di lavoro che possono agevolare il raccordo operativo durante le varie fasi del percorso in alternanza. Potrebbe essere particolarmente utile, in questa prospettiva, far lavorare insieme tutor aziendali e tutor delle agenzie formative, per favorire una conoscenza reciproca e una rappresentazione comune dei problemi da affrontare e delle cose da fare. In termini generali, appare consigliabile un'impostazione didattica che, rispetto alla trasmissione di informazioni, privilegi un ruolo diretto dei partecipanti nell'individuazione e nell'elaborazione degli elementi che influenzano più direttamente il ruolo del tutor aziendale. Ad esempio, si potrebbe partire (attraverso tecniche tipo "braintorming" o "libere associazioni") dalla "rappresentazione" dei partecipanti circa le caratteristiche dei giovani che si trovano concretamente di fronte in impresa, per favorire un confronto rivolto ad individuare i problemi tipici che si presentano durante il loro inserimento e analizzare le possibile strategie con cui possono essere affrontati all'interno del percorso di apprendistato. La diretta attivazione dei partecipanti è particolarmente auspicabile nella fase di ricostruzione del ruolo richiesto al tutor aziendale. L'obiettivo non è quello di trasmettere un "repertorio di comportamenti ideali" che dovrebbero caratterizzare il tutor aziendale, ma di favorire nei partecipanti la capacità di pianificare un insieme di azioni che possono contribuire ad assicurare la qualità dei percorsi di inserimento degli apprendisti.

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Questa differenza è particolarmente significativa in quanto l'esercizio efficace del ruolo all'interno dell'impresa di appartenenza richiederà un "utilizzo flessibile" di quello che sarà emerso, per adattarlo alle caratteristiche di quello specifico contesto. Da un punto di vista operativo può essere utile attivare lavori di piccolo gruppo, in cui i partecipanti definiscono insieme le caratteristiche del tutor aziendale. Il confronto in plenaria sarà utilizzato per evidenziare gli elementi comuni e le differenze tra i profili di ruolo ricostruiti dai diversi gruppi e per ragionare insieme sulle condizioni che rendono possibile il suo esercizio all'interno dell'impresa.

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2. PROGRAMMARE IL PERCORSO FORMATIVO DELL'APPRENDISTA Funzione e risultati attesi La qualità di qualsiasi percorso formativo, anche di quelli che si svolgono direttamente sul luogo di lavoro, presuppone la definizione: ?? degli obiettivi che si intendono raggiungere; ?? del piano di attività che consente alla persona di arrivare ai risultati attesi. La definizione degli obiettivi rimanda all'analisi del ruolo professionale che l'apprendista dovrà andare a ricoprire al termine del suo percorso di inserimento, per stabilire le competenze che sono richieste per il suo esercizio. Nonostante il tutor aziendale sia sicuramente in possesso di una adeguata conoscenza ed esperienza di questo ruolo, l'individuazione delle competenze richieste non è un'operazione immediata, soprattutto se devono essere accuratamente esplicitate in funzione del loro apprendimento. L'individuazione degli obiettivi sarà più efficace se si dispone di una metodologia che aiuti ad analizzare sistematicamente le attività richieste al ruolo professionale e ad evidenziare dettagliatamente le competenze necessarie. È vero che in alcune imprese l'analisi delle competenze da acquisire può non essere direttamente effettuata dal tutor aziendale; tuttavia è utile che egli sia consapevole del processo di analisi che le ha generate, in primo luogo perché le competenze devono essere confrontate con le conoscenze iniziali dell'apprendista, per precisare gli obiettivi formativi e definire il piano di attività più appropriato - operazione richiede comunque il coinvolgimento del tutor aziendale -, in secondo luogo perché egli sarà chiamato a valutare la loro acquisizione da parte dell'apprendista. Una volta definiti gli obiettivi, occorre pianificare le attività che consentono di raggiungerli. Per gli apprendisti lo sviluppo delle competenze avviene principalmente attraverso lo svolgimento di compiti lavorativi sempre più complessi. Affinché l'apprendimento sia più rapido ed efficace conviene fare un piano di lavoro iniziale, in cui vengano organicamente previsti: ?? i compiti che saranno progressivamente affidati all'apprendista; ?? il modo in cui egli sarà seguito di volta in volta (direttamente dal tutor o da altri operatori), affinché possa apprendere rapidamente ed operare in piena autonomia; ?? i tempi necessari per poter imparare a svolgere uno specifico compito ed essere in grado di passare ad altri di maggiore complessità. Ovviamente il piano iniziale di attività potrà successivamente essere modificato sulla base dei ritmi di apprendimento del giovane o in funzione di imprevisti legati a particolari esigenze aziendali. Tuttavia, disponendo di una chiara ipotesi di percorso, sarà più facile affrontare i problemi contingenti senza perdere di vista gli obiettivi finali. Un'accurata definizione degli obiettivi e la chiara formulazione di un piano di attività aiuta a concentrarsi sullo sviluppo delle competenze dell'apprendista, ma anche a valutare più prontamente contrattempi e problemi, per decidere rapidamente come affrontarli in modo efficace.

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Parallelamente al piano di attività in impresa, il tutor aziendale concorderà con l'agenzia formativa le caratteristiche dei moduli che verranno realizzati durante la formazione esterna, cercando di fare in modo che i contenuti che verranno trattati e i tempi previsti risultino il più possibile integrati con il percorso di sviluppo all'interno del luogo di lavoro. Questo ulteriore passaggio consentirà di arrivare all'effettiva costruzione di un percorso di formazione in alternanza, valorizzando tutte le opportunità di apprendimento per consolidare il bagaglio di competenze dell'apprendista. La programmazione del percorso formativo costituisce un'importante risorsa anche per sostenere la motivazione dell'apprendista, poiché: ?? si dimostra concretamente che l'impresa sta investendo sulla sua formazione; ?? viene responsabilizzato rispetto al raggiungimento di espliciti traguardi di apprendimento; ?? si rende esplicito il tipo di supporto su cui potrà contare per acquisire le necessarie competenze professionali. Obiettivi formativi e contenuti Obiettivi

Contenuti minimi

Conoscenze. Conoscere: - l'importanza della motivazione e delle competenze per qualificare il contributo delle risorse umane presenti in impresa; - l'utilizzo del concetto di competenza per individuare gli obiettivi formativi del percorso di inserimento degli apprendisti; - il significato della programmazione di un percorso formativo sul lavoro e la sua utilità per l'apprendimento e la motivazione degli apprendisti; - gli elementi che bisogna determinare per redigere un programma formativo all'interno del contesto lavorativo; - i contenuti della formazione esterna e le principali modalità organizzative con cui può essere usufruita dagli apprendisti. Capacità. Essere in grado di: - descrivere le competenze del ruolo professionale che l'apprendista andrà a ricoprire, utilizzando una metodologia standard di riferimento; - redigere, a partire dalle competenze richieste e dalle caratteristiche iniziali dell'apprendista, un programma di formazione sul lavoro; - segnalare, a partire dall'offerta formativa proposta dall'agenzia formativa, i contenuti da approfondire e i tempi e le modalità di erogazione più coerenti con il percorso di apprendimento sul lavoro. - Le caratteristiche individuali che favoriscono comportamenti professionali efficaci: la motivazione e le competenze; - L'organizzazione dell'inserimento in impresa come percorso di formazione in alternanza; - Una metodologia per descrivere la professionalità richiesta: le aree di attività e le competenze; - Dall'individuazione degli obiettivi formativi alla definizione del piano di attività all'interno dell'impresa; - Le caratteristiche della formazione esterna; - L'integrazione tra l'apprendimento sul lavoro e la formazione esterna: la costruzione di un percorso formativo in alternanza.

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Suggerimenti operativi Chi all'interno dell'impresa segue i nuovi assunti si trova normalmente nelle condizioni di stabilire che cosa devono imparare e quali sono le modalità da adottare per raggiungere i risultati attesi. Molto spesso queste problematiche vengono però affrontate in modo empirico, senza lo sviluppo di un approccio sistematico e l'utilizzo consapevole di metodologie strutturate, che potrebbero favorire una migliore qualità dei percorsi di apprendimento all'interno dell'impresa e un più facile raccordo con la formazione esterna. Nell'impostazione didattica del modulo si tratta da una parte di valorizzare le esperienze di progettazione presenti tra i partecipanti, dall'altra di mettere a disposizione delle metodologie che consentano di valorizzare e migliorare le pratiche attualmente in atto. L'attività formativa va quindi concepita come un momento a "supporto" dell'esperienza sul campo, che costituirà il contesto in cui i tutor aziendali potranno effettivamente consolidare le competenze che sono poste come obiettivo di questo segmento formativo. D'altra parte, dove l'omogeneità dei partecipanti e i tempi di realizzazione lo consentono, le attività svolte all'interno del modulo possono rappresentare l'avvio della progettazione dei concreti percorsi formativi da realizzare con gli apprendisti. Le metodologie didattiche saranno quindi fortemente improntate all'operatività. Anche i riferimenti concettuali all'analisi delle competenze e alla progettazione formativa dovranno essere trattati tenendo conto che si ha a che fare con persone che non appartengono al mondo della "formazione", per cui devono essere fortemente finalizzati alla proposta di strumenti operativi facilmente utilizzabili all'interno dell'impresa. Dal punto di vista dello sviluppo didattico delle attività, in linea di massima si può ipotizzare di introdurre il modulo con un richiamo all'importanza strategica di investire nei giovani e quindi alla conseguente necessità di curare lo sviluppo delle loro competenze. Questo riferimento, oltre a favorire un collegamento con il modulo precedente, consente di evidenziare l'importanza di una adeguata programmazione del percorso formativo di inserimento, che in questa logica non appare solo un problema di tipo meramente operativo. A partire da queste considerazioni si potrebbe proporre una metodologia di programmazione del percorso formativo che preveda due step successivi: ?? l'analisi e la descrizione delle competenze relative al ruolo professionale dell'apprendista; ?? la definizione del piano di attività da proporre all'apprendista in impresa. Più che attraverso dettagliate puntualizzazioni di tipo concettuale, può essere utile presentare degli strumenti operativi, per sperimentare (attraverso lavori di gruppo) queste metodologie in riferimento ai casi presenti nelle imprese dei partecipanti. Il confronto sugli esiti dei lavori di gruppo permetterà di puntualizzare la metodologia di programmazione proposta, valutando con i partecipanti la sua utilità e trasferibilità all'interno dell'esperienza dei tutor (anche a seguito delle necessarie "personalizzazioni" dell'impianto metodologico proposto). Nell'ultima parte del modulo si può centrare l'attenzione sulle esigenze di integrazione tra le attività interne all'impresa e la formazione esterna. Si potrebbe presentare ai tutor aziendali alcuni esempi di proposte di formazione esterna, per ragionare con loro sulle modalità e gli adeguamenti da introdurre per integrarla con la programmazione delle attività previste in ambito lavorativo.

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3. GUIDARE E FACILITARE L'APPRENDIMENTO Funzione e risultati attesi Guidare e favorire lo sviluppo delle competenze dell'apprendista, come presupposto per il suo positivo inserimento all'interno dell'impresa, costituisce il "nucleo fondante" del ruolo del tutor aziendale. L'acquisizione delle competenze è un processo complesso, che non richiede la semplice memorizzazione e ripetizione di nuove conoscenze e/o procedure operative, ma implica la loro sperimentazione all'interno di una situazione concreta, che sollecita la persona a ricercare comportamenti efficaci. Per guidare e favorire questo percorso di apprendimento, il tutor aziendale deve in primo luogo essere in grado di: ?? identificare e assegnare all'apprendista dei compiti che si configurino come "situazioniproblema", nelle quali egli possa misurarsi nella ricerca di modalità operative e soluzioni efficaci, utilizzando e sviluppando le proprie conoscenze e abilità; ?? definire strategie per sostenere il giovane impegnato in questa attività, affinché egli affronti con successo i compiti assegnati e acquisisca le competenze attese. Per quanto riguarda il primo aspetto, un utile contributo è fornito dalla programmazione del percorso formativo (cfr. il modulo 2), che consente di collegare con coerenza le competenze da sviluppare ad un piano di attività da proporre all'apprendista durante il suo periodo di inserimento. È tuttavia utile ricordare che, ai fini di un apprendimento efficace, il tutor aziendale deve essere operativamente in grado di organizzare e presentare all'apprendista le attività in modo che egli: ?? riconosca uno stimolo e un interesse personale nell'affrontarle; ?? si trovi di fronte a richieste di prestazione che presentano dei livelli di difficoltà soggettivamente significativi, ma coerenti con il patrimonio di capacità e conoscenze di cui è già in possesso; ?? abbia l'opportunità di confrontarsi con altri e riflettere criticamente sulle caratteristiche delle situazioni incontrate, sui comportamenti che ha adottato, sulle competenze effettivamente acquisite. Il sostegno all'apprendimento rimanda a strategie di accompagnamento e supervisione ("coaching", "learning by doing") che possono essere sinteticamente riassunte nei seguenti passaggi logici: ?? presentazione del compito e discussione delle modalità per affrontarlo; ?? sperimentazione delle attività da parte dell'apprendista; ?? confronto sui comportamenti messi in atto e i risultati ottenuti; ?? verifica delle competenze acquisite attraverso l'assegnazione di nuovi compiti.

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Se l'assegnazione dei compiti e il supporto all'apprendimento sono guidati da un'adeguata consapevolezza metodologica, l'apprendista acquisirà in modo più rapido e organico l'insieme di competenze richieste dal proprio ruolo professionale. Un passaggio particolarmente importante, all'interno di questo processo, è inoltre costituito dai momenti di valutazione delle competenze acquisite. Essi devono essere gestiti in modo da favorire nell'apprendista: ?? la chiara comprensione di ciò che ha imparato e delle carenze che deve colmare; ?? la motivazione ad impegnarsi per migliorare ulteriormente le proprie prestazioni. Affinché la valutazione risponda pienamente a queste finalità è necessario: ?? predisporre un sistema di osservazione dei comportamenti dell'apprendista e una raccolta sistematica di informazioni che consentano la formulazione di giudizi analitici e attendibili sulle competenze effettivamente possedute; ?? gestire con attenzione la restituzione dei risultati all'apprendista, utilizzandola come importante occasione di coinvolgimento e di motivazione.

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Obiettivi formativi e contenuti Obiettivi

Contenuti minimi

Conoscenze. Conoscere: - le caratteristiche dei processi di apprendimento e le variabili da controllare per assicurare la loro efficacia; - le strategie che è possibile mettere in atto per facilitare l'apprendimento all'interno di un contesto di lavoro; - i criteri per individuare e organizzare i compiti da assegnare agli apprendisti; - le metodologie per guidare e sostenere l'apprendimento; - le finalità, i problemi e le metodologie e gli strumenti relativi alla valutazione delle competenze degli apprendisti; - le problematiche connesse alla gestione dei risultati della valutazione. Capacità. Essere in grado di: - Assegnare dei compiti coerenti con gli obiettivi di apprendimento e le abilità e conoscenze già possedute dall'apprendista; - Spiegare chiaramente i risultati da raggiungere e i comportamenti richiesti; - Guidare l'apprendista nella riflessione su come affronta i compiti assegnati (procedure attuate, risultati raggiunti, difficoltà incontrate, ecc.), per aumentare la sua consapevolezza su quello che ha imparato e sulle carenze da superare; - Predisporre un sistema di osservazione dei comportamenti e una raccolta di informazioni che consenta di formulare giudizi attendibili sulle competenze acquisite dall'apprendista; - Organizzare e gestire momenti di restituzione degli esiti della valutazione che riescano a motivare l'apprendista ad impegnarsi a migliorare ulteriormente le future prestazioni - Il rapporto tra insegnamento e apprendimento; - I principi dell'apprendimento degli adulti; - Il modello di Kolb e l'apprendimento dall'esperienza; - Le strategie per valorizzare l'esperienza lavorativa come contesto di apprendimento finalizzato: il "coaching" e " il learning by doing"; - La finalità e i problemi legati alla valutazione all'interno delle organizzazioni; - Le metodologie e gli strumenti di valutazione; - La gestione dei feedback come risorsa per lo sviluppo delle risorse umane.

Suggerimenti operativi Molte delle strategie richiamate all'interno del modulo vengono di fatto già applicate nelle situazioni di lavoro, anche se spesso ciò avviene in modo empirico e frammentario, sulla base di sensibilità individuali che a volte connotano alcuni operatori come eccellenti esempi di "facilitatori dell'apprendimento", ma che stentano a diventare standard operativi adottati all'interno delle imprese. L'obiettivo di questo momento di formazione è quindi soprattutto quello di recuperare, diffondere e riordinare le esperienze positive dei partecipanti, trasformando le loro "competenze tacite" in "competenze esplicite".

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Questo passaggio, oltre a rendere più "visibili" e "trasferibili" le competenze, aumenta anche il loro livello di padronanza da parte dei soggetti che ne sono portatori (come dimostrano gli studi sull'expertise). Una maggiore consapevolezza metodologica consente di collocare i diversi interventi in un quadro di riferimento complessivo, collegando coerentemente le diverse azioni intese a facilitare l'apprendimento agli obiettivi da raggiungere e ai problemi che possono a volte presentarsi nelle specifiche situazioni. Dal punto di vista dell'articolazione didattica il modulo può essere suddiviso in due parti: la prima dedicata alla supervisione delle esperienze finalizzate all'apprendimento, la seconda alla valutazione. Il punto di partenza può essere costituito dalle problematiche relative ai processi di apprendimento e dalle condizioni che li possono favorire, richiamando e approfondendo quanto era già stato introdotto nel modulo 1. Più che da una esposizione teorica, è opportuno partire da esercitazioni o simulazioni che possono aiutare a comprendere le questioni che sono sottostanti a queste problematiche. L'obiettivo non è quello di passare in rassegna e classificare le diverse tipologie e strategie di apprendimento. Date le caratteristiche dei partecipanti e il contesto in cui si pone questo modulo, le riflessioni saranno orientate in primo luogo ad evidenziare stili e modalità di apprendimento alternativi alla semplice trasmissione/memorizzazione di informazioni e procedure, focalizzando in particolare l'attenzione dei partecipanti sulla valenza delle esperienze "in situazione" e sul "lavoro cognitivo" del soggetto che le sperimenta. Questa impostazione è funzionale alla ricerca e puntualizzazione delle strategie che possono favorire l'apprendimento degli apprendisti. Attraverso l'analisi di "autocasi" o la ricostruzione delle buone pratiche dei partecipanti si può arrivare alla ricostruzione di possibili modelli di intervento, da confrontare con le metodologie codificate all'interno della letteratura specialistica, per cercare di focalizzare la loro possibilità di attuazione all'interno delle imprese dei partecipanti (vantaggi, condizioni di fattibilità, aspetti critici per la loro gestione, ecc.). Per quanto riguarda la valutazione, un lavoro preliminare di messa in comune delle "rappresentazioni" dei partecipanti su questo argomento (magari anche solo con tecniche tipo "brainstorming") potrebbe favorire una riflessione sulla complessità dell'oggetto e le diverse dimensioni che sono in gioco (finalità, soggetti coinvolti, elementi da osservare, modalità di raccolta delle informazioni, errori ricorrenti, ecc.). Una volta rappresentato adeguatamente il problema, si può proporre alla discussione degli esempi di metodologie e strumenti per la valutazione degli apprendisti, per mettere a fuoco le condizioni per una loro applicabilità all'interno delle imprese. La parte conclusiva del modulo sarà invece dedicata alla corretta gestione della discussione dei risultati della valutazione con l'apprendista. A questo scopo potrebbe essere molto utile l'utilizzo di simulazioni sulla presentazione dei risultati, per lavorare con i partecipanti sugli aspetti critici che emergono e sulle corrette strategie da adottare.

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4. CURARE LA RELAZIONE CON L'APPRENDISTA Funzione e risultati attesi L'esito positivo di un percorso di inserimento è fortemente condizionato dalla volontà dell'apprendista di impegnarsi per sviluppare le competenze richieste dal ruolo professionale. La sua motivazione è influenzata da tre diversi ordini di variabili: ?? le caratteristiche del contesto lavorativo (tipo di prestazioni richieste, interesse ad investire nelle risorse umane, ecc.); ?? la cura con cui vengono pianificate e seguite le attività proposte all'apprendista durante il percorso di inserimento (cfr. i moduli 2 e 3); ?? la disposizione del giovane a riconoscere nella situazione di lavoro un'opportunità per riuscire a soddisfare i propri bisogni ed interessi personali e professionali. Il significato soggettivo che l'apprendista attribuisce all'esperienza di inserimento lavorativo richiede un'attenzione particolare. L'ingresso in una nuova organizzazione presenta numerose difficoltà: confrontarsi con ambienti diversi da quelli frequentati fino a quel momento, essere in grado di adeguarsi alle regole e alle relazioni del contesto di lavoro, affrontare i compiti che vengono assegnati. L'insieme di questi fattori è fonte di incertezze e ansie che possono indurre la tentazione di "tirarsi indietro" di fronte agli ostacoli da superare. La disponibilità a "mettersi in gioco" di fronte a queste situazioni dipende: ?? dalla chiarezza del progetto professionale su cui si intende investire (obiettivi che si vuole raggiungere, benefici che si pensa di ricavarne); ?? dalla possibilità di ricevere periodicamente dei feedback che aiutino a valutare la situazione e decidere come andare avanti per raggiungere i propri obiettivi. Per il tutor aziendale è importante "curare la relazione" con il giovane apprendista, per aiutare quest'ultimo a: ?? sviluppare e mantenere una elevata consapevolezza del proprio progetto professionale; ?? ricondurre le diverse attività che gli vengono proposte (all'interno dell'impresa e nella formazione esterna) agli obiettivi relativi alla propria crescita professionale. La fase di accoglienza iniziale in impresa rappresenta un'occasione particolarmente delicata per costruire una relazione positiva con l'apprendista. I primi contatti con la nuova situazione influiscono significativamente sui suoi futuri atteggiamenti. Essi devono essere preparati e gestiti in modo che egli: ?? acquisisca un'adeguata conoscenza del contesto lavorativo; ?? condivida gli obiettivi legati al suo inserimento e li riconosca come un'importante occasione professionale su cui investire; ?? identifichi nel tutor una risorsa su cui contare per affrontare le difficoltà. Una volta stabilito un positivo rapporto iniziale con l'apprendista, è necessario "accompagnarlo" affinché egli mantenga un'elevata consapevolezza del percorso che sta portando avanti e dei risultati che sta conseguendo .

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La funzione di accompagnamento viene assicurata dal rapporto quotidiano che il tutor aziendale intrattiene con l'apprendista. Può tuttavia essere utile predisporre un piano più sistematico di colloqui finalizzati ad un monitoraggio periodico sul procedere dell'esperienza e a decidere l'introduzione di eventuali correttivi. All'interno di questi momenti può essere collocata anche la restituzione dei risultati della valutazione (cfr. modulo 3). Il colloquio è uno degli strumenti più importanti che il tutor ha a disposizione per orientare e sostenere il percorso di sviluppo dell'apprendista. Esso consente di definire e analizzare con precisione gli obiettivi e i problemi del percorso di inserimento e formazione. Inoltre presuppone un momento particolarmente intenso di relazione interpersonale che, se gestito bene, rafforza il coinvolgimento e la motivazione ad impegnarsi. È importante che il tutor aziendale sviluppi una adeguata capacità di preparare e gestire questi momenti di interazione.

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Obiettivi formativi e contenuti Obiettivi

Contenuti minimi

Conoscenze. Conoscere: - le variabili che possono influenzare la motivazione e il coinvolgimento degli apprendisti; - le strategie e le attenzioni che il tutor aziendale può utilizzare per favorire il coinvolgimento dell'apprendista; - gli obiettivi e le metodologie che caratterizzano la fase di prima accoglienza; - i criteri e le modalità con cui impostare e presidiare il monitoraggio del percorso di inserimento e apprendimento; - i criteri e le metodologie per la preparazione e la conduzione di un colloquio con l'apprendista; - le principali caratteristiche dei processi di comunicazione e le difficoltà che si possono generare nel rapporto con l'apprendista. Capacità. Essere in grado di: - pianificare e gestire la fase di accoglienza, in modo da favorire l'inserimento dell'apprendista, creare condivisione sugli obiettivi di sviluppo professionale, stabilire un patto di reciproco investimento per il loro raggiungimento; - definire, sulla base delle diverse fasi del percorso di inserimento (accoglienza, passaggi tra compiti diversi, partecipazione alla formazione esterna, ecc.), un piano di colloqui con l'apprendista per monitorare l'esperienza e mantenere elevato il suo coinvolgimento; - preparare e condurre un colloquio con l'apprendista, gestendo le dinamiche relazionali in funzione delle caratteristiche della situazione e degli obiettivi da raggiungere. - I bisogni delle persone e delle organizzazioni; - Il "contratto psicologico" tra apprendista e impresa: il ruolo del tutor aziendale; - L'organizzazione e gestione della fase di accoglienza; - Le tecniche e gli strumenti per il monitoraggio dei percorsi di inserimento; - Il colloquio come strumento di integrazione nell'organizzazione; - Il colloquio: obiettivi, metodologie, aspetti critici e strategie di fronteggiamento; - Le principali variabili in gioco nei processi di comunicazione e gli accorgimenti da adottare per la loro gestione.

Suggerimenti operativi Il modulo potrebbe partire da una riconsiderazione: ?? dell'importanza strategica di integrare nell'organizzazione aziendale risorse motivate e competenti; ?? dei significati che l'ingresso in azienda può assumere per i giovani apprendisti (riprendendo alcuni contenuti già introdotti in occasione del modulo 1); ?? delle modalità con cui il tutor aziendale può concretamente aiutarli, nell'interesse dell'impresa, a cogliere questa opportunità di crescita personale e di sviluppo professionale.

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L'obiettivo è quello di collocare la cura della relazione con l'apprendista in una prospettiva "strategica", che va al di là della più o meno accentuata sensibilità individuale per i problemi del giovane appena inserito, per acquistare un rilievo come importante strumento per la gestione e lo sviluppo delle risorse umane dell'impresa. La ricostruzione di questo quadro di riferimento permette di identificare e approfondire alcune attività e metodologie che possono concretamente essere utilizzate dal tutor aziendale per aumentare la sua efficacia nella gestione del rapporto con l'apprendista. Un primo momento di riflessione riguarda il significato che assume la fase di accoglienza, che non va intesa come occasione per "fornire informazioni al nuovo venuto", ma come strategia per coinvolgere il giovane in un progetto condiviso di sviluppo professionale, caratterizzato da precisi obiettivi e dall'assunzione di concreti impegni reciproci tra apprendista e tutor aziendale. A partire dalle finalità della fase di accoglienza, si tratterà di coinvolgere i partecipanti al modulo nella definizione delle possibili metodologie con cui organizzarla e gestirla, ponendo particolare attenzione anche agli stili di relazione del tutor che possono favorire o ostacolare il coinvolgimento dell'apprendista. La costruzione di un progetto condiviso rimanda ad un adeguato coinvolgimento dell'apprendista nel monitoraggio del suo percorso di realizzazione. È fondamentale che egli, con il procedere delle attività, comprenda le ragioni di eventuali variazioni del piano di lavoro iniziale, sia in grado di valutare i risultati che raggiunge, si renda conto di eventuali carenze, partecipi alla definizione di strategie di miglioramento. In sede formativa, si può sollecitare i tutor ad individuare una serie di passaggi critici nel percorso di inserimento, discutendo l'eventualità di pianificare specifici momenti di confronto con l'apprendista e le modalità con cui gestirli. In questo contesto possono essere forniti e discussi (oppure costruiti insieme) anche strumenti per la gestione del monitoraggio (griglie, tracce di discussione, diari sull'esperienza, ecc.). La seconda parte del modulo può essere invece dedicata a rafforzare la capacità di gestire i colloqui con l'apprendista, in quanto strumento di lavoro particolarmente importante per il tutor aziendale. L'obiettivo non è quello di "fornire procedure" per la conduzione del colloquio, ma aumentare la consapevolezza sulle variabili che influiscono su queste situazioni e su alcune possibili strategie per controllarle. Grazie a queste acquisizioni, sarà più facile per i partecipanti riflettere criticamente sulle esperienze di colloquio che si troveranno concretamente ad affrontare nei loro contesti di lavoro, per affinare progressivamente la loro capacità di gestirle. Piuttosto che procedere alla presentazione di metodologie codificate, è consigliabile coinvolgere i partecipanti in role play in cui vengono simulate tipiche situazioni di colloquio con l'apprendista, per ricostruire le modalità di relazione che vengono agite, le criticità che caratterizzano queste situazioni, i possibili punti di attenzione per migliorarne l'efficacia. Nell'analizzare i materiali prodotti dalle simulazioni è inoltre possibile evidenziare alcuni fenomeni che sono tipici dei processi di comunicazione, di cui i tutor aziendali possono utilmente tenere conto al di là delle situazioni di colloquio, per migliorare la loro efficacia complessiva nella gestione delle relazioni con l'apprendista.

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5. GESTIRE I MOMENTI DI CRISI Funzione e risultati attesi Il percorso di inserimento degli apprendisti non è un processo lineare. Per quanto si possa acquisire una serie di conoscenze, metodologie e strumenti utili a cercare di renderlo il più possibile governabile in funzione di una serie di obiettivi attesi, il suo esito rimane fortemente condizionato dal modo in cui l'apprendista si rapporta alla specifica situazione. Se è vero che il tutor aziendale può sviluppare una serie di competenze utili a progettare e gestire una relazione finalizzata a sostenerne la motivazione e il coinvolgimento (cfr. modulo 4), è tuttavia necessario essere consapevoli che possono sempre manifestarsi "momenti di crisi", caratterizzati da atteggiamenti e comportamenti che non appaiono coerenti con gli obiettivi dell'impresa e funzionali alla crescita personale e professionale del giovane. L'esperienza di inserimento risulta spesso critica per l'apprendista, poiché presenta delle implicazioni soggettive che vanno al di là della sfera strettamente professionale, sollecitando una verifica e una ridefinizione della propria identità personale e sociale. Il contatto con la realtà lavorativa mette inevitabilmente in crisi il "modello idealizzato" di lavoro (e di se stesso all'interno del lavoro) che il giovane si prefigurava. La pressione emotiva legata al "non sapere ancora bene come fare" genera ansie che, quando non sono controllate, favoriscono una perdita di autostima o l'insorgere di atteggiamenti aggressivi e rivendicativi. A questa problematicità si associa l'intrinseca ambivalenza che caratterizza un rapporto come quello tra apprendista e tutor (che è tipica dei rapporti asimmetrici che presuppongono una forma di dipendenza). Da un lato il tutor può costituire per il giovane, impegnato nel processo che abbiamo appena ricordato, una utile fonte di identificazione positiva, svolgendo una funzione di sostegno emotivo che aiuta il giovane a contenere le ansie e imparare a "gestire l'incertezza", sviluppando una progressiva capacità di mettere a punto efficaci piani di azione. Dall'altra esiste sempre il rischio che si instauri una relazione “collusiva”, caratterizzata da una eccessiva dipendenza che, a fronte di particolari momenti di difficoltà o in seguito al procedere del percorso di socializzazione lavorativa dell'apprendista, rischia di entrare in crisi e di sviluppare delle dinamiche poco funzionali all'inserimento organizzativo e alla crescita professionale del giovane. Ad esempio l'apprendista potrebbe "idealizzare" il tutor, e "sovraccaricare" di aspettative la sua disponibilità, pretendendo un'attenzione che va al di là dei compiti e delle responsabilità che sono attribuiti a questa figura. A volte, dalla mancata risposta a queste richieste nasce un sentimento di tradimento e l'inconsapevole manifestazione di atteggiamenti di aggressività e/o di rifiuto nei confronti del tutor. Questi, a sua volta, potrebbe interpretare tali manifestazioni come una scarsa "riconoscenza" del giovane e sviluppare un sentimento di risentimento, favorendo l'adozione di atteggiamenti autoritari. Anche il tutor corre inconsapevolmente il rischio di pretendere, in cambio della propria disponibilità, un'eccessiva dimostrazione di "devozione" personale e di "riconoscimento" del ruolo di cui è investito. In questo caso la manifestazione di una maggiore autonomia da parte dell'apprendista, anche nella relazione con altri colleghi, potrebbe essere interpretata come una pretesa di "scavalcarlo" e uno scarso rispetto della propria autorevolezza. A questi

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sentimenti corrisponde spesso un'accentuazione di atteggiamenti di "controllo", che a sua volta il giovane interpreta come volontà di mantenerlo in una posizione subordinata. Per il tutor è importante prestare molta attenzione alle emozioni che si sviluppano all'interno della relazione con il giovane: ?? mettendosi "in gioco" e condividendo le difficoltà che caratterizzano i "momenti di crisi" dell'apprendista; ?? cercando di evitare che le difficoltà portino al cristallizzarsi di sentimenti che, oltre a non favorire una positiva evoluzione del rapporto interpersonale, ostacolano il processo di inserimento organizzativo di cui è responsabile. Obiettivi formativi e contenuti Obiettivi

Contenuti minimi

Conoscenze. Conoscere: - la valenza che l'inserimento lavorativo esercita sul processo di costruzione dell'identità personale e sociale del giovane; - le difficoltà soggettive che caratterizzano il processo di inserimento organizzativo dell'apprendista e il tipo di atteggiamenti problematici che ne possono derivare; - l'importanza che un corretto sostegno emotivo può esercitare sulla capacità dell'apprendista di superare positivamente i momenti di crisi; - le dimensioni affettive e l'ambivalenza dipendenza/autonomia che sono intrinseche alla relazione tra tutor e apprendista; - i rischi connessi all'instaurazione di rapporti collusivi con l'apprendista. Capacità. Essere in grado di: - Stabilire e mantenere un rapporto emotivamente "caldo" con l'apprendista, pur mantenendosi all'interno di una relazione professionale; - Controllare le proprie emozioni di fronte ad atteggiamenti problematici manifestati dall'apprendista, privilegiando il mantenimento della relazione e cercando le modalità più opportune per aiutarlo a diagnosticare le sue difficoltà e a trovare efficaci strategie per superarle; - Prestare attenzione all'evolversi del rapporto interpersonale con l'apprendista, cercando di evitare che reciproci bisogni affettivi portino al cristallizzarsi di una dinamica poco funzionale al raggiungimento degli obiettivi legati all'inserimento organizzativo. - L'inserimento al lavoro come tappa del processo di costruzione dell'identità professionale e personale dei giovani; - Le ansie collegate all'impatto con l'organizzazione e i meccanismi di difesa che possono generare; - I processi di idealizzazione e la loro funzionalità/disfunzionalità nello sviluppo del percorso di apprendimento e inserimento organizzativo; - Il rapporto problematico tra dimensioni affettive, processi collusivi e obiettivi di apprendimento che caratterizzano la relazione di tutorship; - Le fantasie e le ambivalenze che possono generarsi all'interno della relazione tra tutor e apprendista; - L'attenzione alle proprie e altrui emozioni come strumento di lavoro per diagnosticare la situazione e avviare ipotesi di intervento.

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Suggerimenti operativi Tutti i percorsi di inserimento degli apprendisti sono caratterizzati da situazioni problematiche e momenti di crisi. Un adeguato sviluppo delle competenze richiamate nei moduli precedenti consente di progettare e gestire il percorso di inserimento diminuendo la frequenza con cui possono manifestarsi tali momenti di crisi e/o l'impatto che essi possono esercitare sul raggiungimento dei risultati attesi. Lo sviluppo di una maggiore consapevolezza nell'affrontare queste situazioni di difficoltà, che normalmente rendono anche più evidenti e problematiche le dimensioni affettive che caratterizzano la relazione di tutorship, costituisce un'ulteriore e importante risorsa per qualificare la gestione dei percorsi di apprendistato. In riferimento alle diverse tipologie di apprendistato che sono state riscontrate all'interno delle imprese, due sembrano essere le situazioni che rendono particolarmente utile rinforzare queste competenze del tutor: ?? la presenza di apprendisti che devono ancora consolidare le loro risorse di base e definire un preciso progetto di investimento professionale; ?? imprese impegnate ad inserire giovani con elevati livelli di istruzione, a cui viene richiesto un forte investimento ideale ed emotivo nel percorso di socializzazione al ruolo professionale che dovranno ricoprire, soprattutto se quest'ultimo è ritenuto strategico nella catena di produzione del valore. La positiva partecipazione a questo modulo richiede però anche la presenza di alcuni prerequisiti iniziali. La persona coinvolta deve avere un reale e forte interesse a svolgere il ruolo di tutor e ad aumentare la sua capacità di presidiarlo efficacemente, poiché le problematiche trattate presuppongono una forte disponibilità a "mettersi in gioco" sul piano personale e a rivedere criticamente gli assunti impliciti che sono alla base dei comportamenti abitualmente agiti all'interno delle situazioni di tutorship. Un'altra condizione che facilita una fruizione efficace del modulo riguarda la provenienza da un'impresa in cui è presente una cultura della formazione e un effettivo interesse ad investire sulle proprie risorse umane. Infine, le tematiche affrontate e le metodologie adottate presuppongono una precedente e non occasionale esperienza dei partecipanti nel ruolo di tutor aziendale. Per la gestione di questo modulo potrebbe essere utile procedere alla presentazione, da parte di ciascun partecipante, di un "autocaso" relativo alle difficoltà incontrate nell'affrontare situazioni particolarmente problematiche. Il confronto e la discussione critica dei diversi casi non è finalizzata alla ricerca di "buone pratiche", ma ad aumentare la consapevolezza delle variabili strutturali e soggettive che interagiscono all'interno di queste situazioni. In questo modo i partecipanti possono affinare la loro capacità di: ?? analizzare da diverse prospettive le situazioni problematiche che si trovano ad affrontare; ?? riconsiderare criticamente le strategie di azione che (più o meno consapevolmente) mettono in campo. Il punto di arrivo non è la definizione di astratte strategie procedurali per la gestione di situazioni difficili, ma il potenziamento delle risorse personali che consentono di "attraversare i momenti critici", cercando di volta in volta le modalità più coerenti con i vincoli e le opportunità presenti nelle specifiche situazioni.

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Le gestione di questo segmento formativo può svilupparsi in diversi modi. In rapporto agli obiettivi, potrebbe essere utile l'attivazione in un piccolo gruppo, preferibilmente preceduta (e magari seguita, anche sotto forma di follow up a distanza di un certo periodo di tempo) da un colloquio individuale con ciascun partecipante. L'intervento potrebbe tuttavia assumere anche la caratteristica di una supervisione individuale. L'attivazione di gruppi un po' più numerosi, nel caso esistessero problemi di risorse a disposizione, renderebbe impossibile la trattazione di un caso per ciascun partecipante, rendendo meno immediato il forte e diretto coinvolgimento personale di tutti i partecipanti. Un'ultima annotazione riguarda le competenze necessarie per condurre questo modulo. Esso infatti richiede la presenza di un formatore in possesso di adeguate competenze psicologiche e/o di una grande esperienza professionale (preferibilmente rafforzata dalla precedente fruizione di attività di supervisione simili a quelle che vengono qui proposte).

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3. INDICAZIONI PER PROGETTARE I PERCORSI FORMATIVI 3.1. Suggerimenti per l'utilizzo del repertorio di moduli formativi I moduli descritti nel capitolo precedente costituiscono il punto di partenza per la progettazione di possibili percorsi formativi rivolti ai tutor aziendali. Abbiamo più volte sottolineato che ogni modulo va inteso come una unità formativa da gestire "in alternanza", nella quale è centrale il raccordo tra le problematiche trattate in aula e la concreta esperienza sviluppata dai tutor aziendali all'interno delle imprese di appartenenza. Il raggiungimento degli obiettivi di uno specifico modulo presuppone quindi la progettazione di attività di aula che si integrino con l'esperienza lavorativa dei partecipanti. Le indicazioni contenute nel repertorio costituiscono ovviamente un "riferimento minimo" a disposizione dei progettisti impegnati nelle diverse situazioni. All'interno di ciascun contesto, coerentemente con le caratteristiche dei partecipanti e le risorse a disposizione, sarà possibile definire: ?? il concreto monte ore da dedicare alle attività di confronto ed elaborazione in aula con i partecipanti; ?? il modo in cui articolarle organizzativamente (quanti incontri, di quante ore, con che scansione temporale, ecc.); ?? in che modo "curare" il collegamento tra le attività di aula e le esperienze dei partecipanti all'interno del loro contesto di lavoro. Nel definire i concreti percorsi formativi è bene tenere conto che difficilmente i destinatari di queste attività possono essere distaccati dal posto di lavoro per un numero consistente di ore. Perciò, a livello di progettazione di ciascun modulo, è importante porre molta attenzione all'utilizzo delle attività di aula. Esse dovranno aiutare i partecipanti a sfruttare e valorizzare le opportunità di apprendimento che si presentano direttamente nelle loro situazioni di lavoro. Nella presentazione del repertorio sono stati indicati alcuni suggerimenti per mettere in atto una progettazione didattica fortemente orientata alle esperienze di lavoro dei partecipanti. Pur essendo dotata di una sua coerenza interna, la sequenza dei moduli proposta nella descrizione del repertorio non è l'unica utilizzabile. Ogni modulo è stato costruito per essere usufruito in modo autonomo, in relazione al possesso di specifici prerequisiti e al raggiungimento degli obiettivi che lo contraddistinguono. Per evidenziare le possibilità che i progettisti hanno di fronte quando devono decidere la sequenza di moduli da adottare all'interno di una specifica situazione, conviene partire dalla mappa dei collegamenti tra le UC sulle quali sono basati i diversi moduli. I collegamenti tra le UC sono rappresentati attraverso delle frecce: esse indicano che l'acquisizione delle UC verso cui sono indirizzate è favorita dalla padronanza delle UC dalla quale le frecce traggono origine. Ad esempio, per lo sviluppo dell'UC "Gestire i momenti di crisi" è auspicabile la padronanza dell'UC "Curare la relazione con l'apprendista", mentre tra le UC "Programmare il percorso formativo dell'apprendista" e "Guidare e facilitare l'apprendimento" non esistono priorità definite; nello stesso tempo l'UC "Acquisire consapevolezza di ruolo" viene individuata come propedeutica a tutti i percorsi di sviluppo delle competenze dei tutor aziendali.

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1. Acquisire consapevolezza di ruolo

2. Programmare il percorso formativo dell'apprendista

3. Guidare e facilitare l'apprendimento

4. Curare la relazione con l'apprendista

5. Gestire i momenti di crisi

A partire dalla mappa delle UC, è possibile definire i percorsi più coerenti con gli obiettivi che vengono ritenuti prioritari all'interno di una specifica situazione. Se, ad esempio, in rapporto alle caratteristiche del contesto e alle risorse a disposizione, si ritiene utile privilegiare le competenze relative alla progettazione, gestione e verifica del percorso di apprendimento dei giovani apprendisti, si può ipotizzare un percorso formativo che preveda i seguenti moduli:

1. Acquisire consapevolezza di ruolo

2. Programmare il percorso formativo dell'apprendista

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3. Guidare e facilitare l'apprendimento

Se invece esiste una priorità orientata a sviluppare competenze relative al sostegno del coinvolgimento e della motivazione dell'apprendista, un percorso formativo potrebbe prevedere la seguente scansione modulare:

1. Acquisire consapevolezza di ruolo

4. Curare la relazione con l'apprendista

5. Gestire i momenti di crisi

La definizione del percorso formativo dovrà porre particolare attenzione al profilo di tutor aziendale che è effettivamente praticato all'interno delle imprese da cui provengono i partecipanti per decidere la scelta dei moduli che in quel momento possono essere più coerenti con la graduale affermazione del ruolo all'interno delle realtà lavorative. Se, ad esempio, in uno specifico settore e/o territorio si ritiene particolarmente utile rafforzare le competenze relative alla gestione operativa dei processi di apprendimento "on the job", si potrebbe privilegiare una configurazione modulare centrata su questi aspetti:

1. Acquisire consapevolezza di ruolo

2. Guidare e facilitare l'apprendimento

3. Curare la relazione con l'apprendista

A seguito del consolidamento di quel profilo di ruolo potrebbe anche nascere, in un secondo tempo, una più matura domanda di formazione dei tutor aziendali, rivolta a integrare le competenze richieste da una visione più organica del ruolo. In questo caso, al percorso iniziale potrebbero successivamente venire collegati gli altri moduli previsti dal repertorio illustrato in precedenza:

1. Acquisire consapevolezza di ruolo

3. Guidare e facilitare l'apprendimento

2. Programmare il percorso formativo dell'apprendista

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4. Curare la relazione con l'apprendista

5. Gestire i momenti di crisi

Questi rapidi esempi non esauriscono ovviamente le possibili alternative con cui i diversi moduli possono essere utilizzati per definire i percorsi formativi che si ritengono di volta in volta più appropriati. Attraverso il loro richiamo si intende solo evidenziare la flessibilità con cui il repertorio si presta ad essere utilizzato nelle diverse situazioni, purché sia chiara al progettista la logica che ha guidato la costruzione dei moduli e i possibili raccordi che possono essere attivati tra di essi. 3.2. Le otto ore di formazione per i tutor aziendali previste dalla normativa La normativa4 , nell'auspicare l'attivazione di specifici interventi formativi rivolti ai tutor aziendali, stabilisce che questi ultimi sono tenuti comunque a partecipare, all'avvio della prima annualità di formazione esterna, ad almeno una specifica iniziativa formativa di durata non inferiore ad otto ore. L'assolvimento di questo obbligo normativo non appare problematico nelle situazioni in cui esiste la volontà di investire sullo sviluppo delle competenze dei tutor aziendali, in quanto esso si inserisce nella più ampia strategia formativa che è stata appena presentata, andando di fatto a collocarsi nell'erogazione del modulo 1 previsto dal repertorio. Maggiori problemi possono sorgere dove non esistano, almeno nel momento in cui si tratta di predisporre l'iniziativa formativa prevista dalla normativa, le condizioni per un forte coinvolgimento delle imprese e dei tutor aziendali. In questi casi può essere utile progettare le otto ore di formazione cercando di tenere conto il più possibile: ?? delle competenze di base richieste al tutor aziendale (cfr. modulo 1); ?? della necessità di favorire il massimo coinvolgimento dei partecipanti (la cui presenza è caratterizzata dall'esistenza di un vincolo normativo); ?? dell'opportunità di presentare i contenuti e le caratteristiche della formazione esterna, in vista di possibili ulteriori collaborazioni tra la struttura formativa e i tutor aziendali che partecipano all'iniziativa. A titolo esemplificativo, qui di seguito viene presentata un'ipotesi di azione formativa di 8 ore che, partendo dall'esigenza di corrispondere alle finalità previste dalla normativa, si pone nella logica di stabilire possibili "aperture" per un successivo investimento nello sviluppo delle competenze dei tutor aziendali. D'altra parte, le opportunità di formazione dei tutor aziendali sono un tassello del più complesso sistema di relazioni tra gli attori che concorrono a qualificare le azioni di apprendistato (istituzioni, parti sociali, imprese, agenzie formative). Ogni concreta iniziativa formativa deve essere coerente con le opportunità al momento presenti in uno specifico settore e/o territorio, senza tuttavia perdere di vista una prospettiva strategica di medio periodo, orientata al continuo miglioramento della capacità di collaborazione tra imprese e strutture formative nella gestione di percorsi di apprendimento in alternanza.

4

Cfr. art.3 del DM del 28 febbraio 2000

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Esemplificazione di azione formativa per i tutor aziendali della durata di 8 ore Unità di lavoro

Contenuti

Metodologie didattiche

Durata

Accoglienza partecipanti e avvio percorso formativo

Presentazione percorso formativo. Presentazione dei partecipanti: confronto sulle esperienze e le aspettative che li caratterizzano. Condivisione di un'ipotesi di lavoro comune

Presentazione introduttiva. Giro di tavolo. Discussione in gruppo

1 ora

Il contesto istituzionale e normativo di riferimento

Le nuove caratteristiche che regolano l’Istituto dell’Apprendistato. La normativa di riferimento e il ruolo degli attori coinvolti: apprendista, impresa, tutor aziendale, agenzia formativa.

Comunicazione e discussione con i partecipanti, a partire dai dubbi e dai problemi che incontrano nella loro esperienza

1 ora

Il processo di inserimento dei giovani apprendisti all'interno dell'impresa.

Dalla teoria alla pratica: chi sono i nostri apprendisti? Le caratteristiche degli apprendisti e le loro ripercussioni sui processi di inserimento e apprendimento all'interno dell'impresa.

Brainstorming e discussione in gruppo

2 ore

L’apprendistato come un percorso di formazione in alternanza: il ruolo dell’impresa e dell’agenzia formativa

Comunicazione e discussione con i partecipanti

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Unità di lavoro

Metodologie didattiche

Durata

Compiti del tutor aziendale a supporto del percorso di inserimento e apprendimento degli apprendisti (accoglienza, coaching, valutazione in itinere e finale). Definizione di un profilo di ruolo e delle condizioni che possono facilitarne l'esercizio all'interno delle imprese.

Lavoro in sottogruppi per favorire la capacità dei partecipanti a rappresentarsi e definire il proprio ruolo di tutor aziendale.

2 ore

Il ruolo del tutor aziendale nella relazione con l'agenzia formativa

Gli obiettivi e le caratteristiche della formazione esterna. Le condizioni per una positiva collaborazione tra impresa e agenzia formativa. La definizione di piani formativi integrati per gli apprendisti. Le modalità e gli strumenti per favorire la collaborazione tra tutor aziendale e struttura formativa.

Presentazione e discussione di prototipi di percorsi modulari per la formazione esterna e di strumenti di lavoro che possono agevolare il raccordo operativo tra tutor aziendale ed agenzia formativa

1,5 ore

Conclusione dell'attività formativa

Verifica dei risultati acquisiti e dei problemi aperti. Definizione di possibili modalità con cui proseguire un rapporto di efficace collaborazione tra tutor aziendali e agenzie formative.

Giro di tavolo e discussione conclusiva con i partecipanti

0,5 ore

Il ruolo del tutor aziendale nei processi di inserimento e apprendimento in impresa

Contenuti

63

Presentazione e discussione dei lavori di gruppo: sintesi del profilo del tutor aziendale e confronto con i partecipanti sulle condizioni per una sua effettiva praticabilità all'interno delle loro situazioni di lavoro

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