Linee 194

  • October 2019
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Linee di indirizzo per i piani di zona per la salute ed il benessere sociale per la piena applicazione della legge 194/78. Premessa La Legge istitutiva dei consultori familiari (L. 405/75) ha attribuito a questi “servizi per l’assistenza alla famiglia e alla maternità”, realizzati da parte dei Comuni o di loro Consorzi, le funzioni di “assistenza psicologica e sociale”, di “tutela della salute della donna” e di supporto alla procreazione responsabile. La legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (L. 833/78), riconduce le attività dei consultori familiari alle Unità Sanitarie Locali (USL), strutture operative dei Comuni deputate, tra l’altro, alla “protezione sanitaria materno infantile, all’assistenza pediatrica e alla tutela del diritto alla procreazione cosciente e responsabile”. La Legge n. 194/78 è quindi inizialmente collocata in un contesto in cui gli Enti gestori delle USL sono i Comuni e in cui è chiaramente esplicitato il contenuto socio-sanitario delle prestazioni effettuate dal Servizio Sanitario Nazionale. La Legge n. 502/94 ridefinisce la natura giuridica delle unità sanitarie locali, quali enti strumentali della Regione e aziende dotate di autonomia organizzativa ed amministrativa, demandate ad assicurare i livelli di assistenza stabiliti dal Piano Sanitario Nazionale. In questo mutato contesto l’applicazione della L. 194/78 deve necessariamente essere perseguita insieme ai titolari delle funzioni sociali, cioè gli Enti Locali, quando prevede la proposta e la realizzazione di interventi “atti a rimuovere le cause che porterebbero alla interruzione della gravidanza”. Premesso che annualmente viene pubblicata una relazione sulla interruzione volontaria di gravidanza (IVG) in Emilia-Romagna, contenente anche dati sulle caratteristiche demografiche e socio economiche della popolazione coinvolta, e che alcune delle condizioni che portano le donne alla scelta dell’ IVG ostacolano anche le scelte di maternità e paternità, al fine di riflettere su tali aspetti sono in programma due approfondimenti, uno relativo alla valutazione degli impedimenti alle scelte di maternità e paternità più in generale ed un secondo più specifico relativo alle difficoltà alla base della scelta dell’IVG individuate attraverso gli strumenti di presa in carico da parte della rete dei servizi. Riferimenti normativi ed organizzativi 1. La tutela della gravidanza costituisce uno dei principali obiettivi dei consultori familiari ed è garantita dall'équipe consultoriale, come previsto da numerose leggi nazionali e regionali (L. 405/75, L. 194/78, L.R. 27/89, L.R. 26/98, Atto deliberativo n. 309 – 1 marzo 2000). In particolare, la legge 194/78 “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”, all’art. 2, prevede che l'équipe consultoriale, adeguatamente formata sui problemi della procreazione cosciente e responsabile, sui metodi anticoncezionali, sul decorso della gravidanza e sul parto: a) fornisca informazioni sui diritti della donna in base alla legislazione nazionale e regionale in materia di tutela sociale della maternità e delle modalità necessarie per il loro rispetto; b) fornisca informazioni sulle modalità idonee a ottenere il rispetto delle norme della legislazione sul lavoro a tutela della gestante; 1

c) attui direttamente, ovvero proponga, sulla base degli accordi di programma con gli Enti Locali, interventi speciali, quando la gravidanza o la maternità creino problemi per risolvere i quali risultino inadeguati i normali interventi di cui alla lettera a”; d) contribuisca a “far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza”, e) fornisca informazioni e strumenti affinché la persona possa conseguire le finalità liberamente scelte in ordine alla procreazione responsabile. Tali obiettivi, che restano obiettivi normativi in vigore, vanno comunque perseguiti alla luce dell’evoluzione del Servizio Sanitario e delle mutate competenze ed organizzazioni dei servizi sanitari. 2. La L.R. n. 27/89 “Norme concernenti la realizzazione di politiche di sostegno alle scelte di procreazione ed agli impegni di cura verso i figli” fornisce indicazioni per il sostegno del diritto della persona alla scelta libera e responsabile nella sessualità e nella procreazione e ne riconosce l'altissima rilevanza personale e sociale. Sostiene la corresponsabilità dei genitori negli impegni di cura ed educazione dei figli, riconoscendo l'altissima rilevanza personale e sociale della maternità e della paternità. Inoltre per conseguire tali finalità e anche allo scopo di prevenire l'aborto, fornisce indicazioni per promuove programmi di intervento finalizzati alla diffusione dell'informazione sui temi della sessualità, alla promozione e al sostegno della regolazione e del controllo della fertilità; al sostegno delle volontà procreative anche mediante azioni volte a rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla loro realizzazione e al supporto della persona singola, delle famiglie e delle coppie nell'assolvimento degli impegni genitoriali. 3. La Legge 8 novembre 2000, n. 328, costituisce il quadro di riferimento per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali. Alcune esperienze in essere di accordi di programma tra enti locali e distretti individuano una programmazione integrata sui percorsi delle maternità difficili, promuovendo così nei territori distrettuali forme di aiuto e sostegno per le donne che vivono l'esperienza della gravidanza e della maternità in assenza di idonea rete parentale di supporto o in povertà di risorse economiche e creando reti coordinate tra servizi sociali, consultori familiari, centri per le famiglie, unità operative ospedaliere di ostetricia e ginecologia, associazioni di volontariato e altre risorse formali e informali del territorio tali che possano rilevare donne gravide/mamme in difficoltà e con problematiche sociali e attivare forme di supporto, sin dall’inizio della gravidanza, così da prevenirne l'interruzione. 4. Il PSR 1999/2001 ha determinato il riorientamento della rete distrettuale dei servizi consultoriali attraverso il loro coinvolgimento nella realizzazione dei piani per la salute, insieme alle rappresentanze istituzionali e alle organizzazioni sociali e del volontariato, in quanto le azioni da intraprendere comportano spesso la necessità di affrontare determinanti sociali, culturali ed economici e come tali hanno comunque una forte valenza sociale e culturale.

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In particolare, i contenuti dei Piani si riferiscono alla salute della donna (prevenzione tumori femminili, prevenzione delle principali patologie dell’età post-fertile, prevenzione dei disturbi dell’alimentazione), della salute riproduttiva e sessuale delle donne e delle coppie (contraccezione, assistenza alla gravidanza e alle scelte genitoriali, prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse, prevenzione e cura dell’infertilità di coppia), della prevenzione degli abusi e dei maltrattamenti. Le Linee guida applicative per l’organizzazione dell’assistenza distrettuale e quelle sulla organizzazione dei dipartimenti di cure primarie collocavano da un lato i consultori familiari nell’ambito del dipartimento delle cure primarie e dall’altro nella rete dei servizi sociali e sanitari del distretto. Questa scelta evidenziava la necessità di una forte integrazione per la formulazione e la realizzazione di piani di assistenza personalizzati per la salute sessuale, relazionale e riproduttiva dei singoli, della coppia e della famiglia tra le équipe consultoriali; evidenziava anche la necessità di una relazione con i servizi sociali territoriali e i centri per le famiglie. L’assistente sociale è l’elemento qualificante e necessario per formulare e realizzare piani personalizzati di assistenza socio-sanitaria, a integrazione e supporto degli interventi sanitari, e costituisce la figura di raccordo con l’ambito di intervento proprio dei Comuni, anche sulla base di specifici accordi di programma. 5. Il nuovo Piano Sociale e Sanitario 2008-2010 rilancia con forza l’approccio integrato alle questioni sociali e sanitarie, ne definisce gli strumenti, le aree prioritarie e gli obiettivi. Individua tra le aree con bisogni complessi che necessitano di risposte integrate quella delle “responsabilità familiari”: ci si riferisce agli obiettivi e alle azioni specifiche al supporto alla genitorialità, in particolare alle famiglie, e ad un “sistema di supporto integrato” che comprenda: • le azioni promosse dai consultori familiari in merito all'informazione e alla consulenza relativamente al tema della sessualità e della procreazione responsabile, alla tutela della procreazione stessa e al sistema articolato di prestazioni in grado di fornire il complesso degli interventi afferenti la gravidanza, la nascita, il puerperio. In tal senso si dovranno sollecitare le aziende sanitarie, perché sia pienamente concretizzata la funzione della rete consultoriale chiamata, come previsto dalla LR 27/’89, a prestare assistenza psicologica oltrechè sanitaria e sociale, in collaborazione con gli Enti locali. Si favorirà l’attivazione presso le realtà locali di specifici programmi multidisciplinari e interistituzionali che diano attuazione alle strategie previste dall’OMS per la preparazione e l'assistenza al parto, al fine di realizzare gli obiettivi di sostegno alla famiglia e alla coppia, di promozione e tutela della procreazione responsabile e di prevenzione dell'interruzione volontaria di gravidanza. Organizzativamente, si dovrà incentivare l’adozione di équipe di lavoro composte da operatori con varie competenze medico-sanitarie, psicologiche e sociali, favorendo la presenza effettiva delle figure professionali necessarie affinché i Consultori possano esercitare

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compiutamente le funzioni loro assegnate e garantire l’accessibilità al servizio riducendo anche le liste di attesa, ove necessario; il programma di sostegno alle politiche abitative attraverso il fondo per l'affitto e forme di sostegno per l'acquisto della prima casa; una serie di sostegni abitativi, promozionali e di aiuto a donne sole con figli che risulta essere un fenomeno sempre più in crescita; l'armonizzazione dei tempi di vita e dei tempi di lavoro, il supporto alla condivisione tra uomini e donne delle responsabilità familiari; interventi di promozione e supporto alle autonome iniziative delle famiglie e delle comunità, alle imprese e alle donne per favorire il loro inserimento e reinserimento nel sistema produttivo; benefici per il diritto allo studio, interventi volti a facilitare l'accesso e la frequenza alle attività scolastiche e formative (fornitura gratuita dei libri di testo, mensa, trasporti, servizi residenziali, sussidi e servizi per soggetti disabili, borse di studio, e, in generale, partecipazione al costo dei servizi in misura relativa alle condizioni economiche del nucleo familiare); tutte le attività collaterali svolte dagli Enti locali con iniziative extrascolastiche per i bambini e gli adolescenti; interventi dei centri di accoglienza per donne che subiscono violenza e per i loro figli che assistono a forme di violenza tra le pareti domestiche; il sostegno alla non autosufficienza e alla domiciliarità attraverso azioni mirate all'accompagnamento e sostegno dei progetti di vita della persone anziane e dei disabili; interventi di sostegno all’integrazione/inserimento delle persone e delle famiglie immigrate, con particolare riferimento a quelle straniere: interventi per il problema abitativo, inserimento nei servizi educativi e scolastici, azioni formative e di accompagnamento al lavoro, informazione, tutela sanitaria, socializzazione, mantenimento dei legami con la cultura d’origine, promozione di percorsi partecipativi a livello locale.

6. Lo schema di accordo, proposto a livello nazionale, in sede di conferenza unificata, “Indicazioni al fine di una migliore applicazione della legge n. 194/78, di una migliore tutela della salute sessuale e riproduttiva e sulla appropriatezza-qualità nel percorso della diagnosi prenatale” è recepito quale parte integrante del presente documento, come meglio specificato in allegato.

Assistenza Sanitaria Occorre promuovere, come indicato dall’OMS, consapevolezza e competenza riguardo la tutela della salute sessuale e riproduttiva al fine di ridurre i fallimenti dei metodi per la procreazione cosciente e responsabile, promuovendo azioni mirate per il coinvolgimento delle sezioni più svantaggiate della popolazione e dei giovani, anche coinvolgendo le istituzioni scolastiche.

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I Consultori Familiari hanno un ruolo strategico centrale in queste azioni, attivando la possibilità di integrare le attività per la tutela della salute sessuale e riproduttiva nel contesto dei programmi strategici previsti dal Piano Sanitario Nazionale e dal Piano Sociale e Sanitario Regionale riguardanti il percorso nascita, la prevenzione dei tumori femminili e la promozione della salute tra gli/le adolescenti. Ai fini della realizzazione di programmi personalizzati di intervento per la applicazione della Legge 194/78, i consultori provvedono a ridefinire le forme e le modalità di collaborazione con i presidi ospedalieri e con i servizi specialistici ambulatoriali, per garantire la tempestività e la continuità dell’assistenza alle donne che abbiano scelto di ricorrere alla interruzione volontaria di gravidanza. Particolare attenzione dovrà essere posta nel garantire la qualità assistenziale degli interventi programmati, anche attraverso l’attribuzione del carattere di urgenza e/o di urgenza differibile (che prevedono tempi di attesa inferiori a 3 e a 7 giorni, rispettivamente) a tutti gli accertamenti specialistici ambulatoriali previsti. E’ opportuno che vengano individuati standard di qualità del percorso assistenziale da garantire, compresa la necessaria dotazione di personale non obiettore. Tali standard devono tener conto delle raccomandazioni delle principali linee guida internazionali su: modalità e tempi della presa in carico, modalità e tempi dei colloqui e del rilascio del certificato, modalità e informazioni da garantire alla donna, con attenzione alla popolazione immigrata, modalità di accesso alle metodiche di intervento, tipologie di interventi da garantire e con quali modalità, garantendo alla donna, nel limite della sicurezza, la possibilità di scelta, informazioni e modalità della dimissione e modalità e obiettivi del controllo post IVG. A tale proposito è utile organizzare audit programmati che verifichino i percorsi assistenziali a livello aziendale con il pieno coinvolgimento delle Aziende ospedaliere di riferimento. La formazione continua a tutti i professionisti coinvolti dei consultori familiari e dei presidi ospedalieri è uno strumento essenziale da presidiare per garantire la qualità degli interventi preventivi ed assistenziali ed in particolare per le attività di colloquio e presa in carico.

Attuazione di politiche di integrazione A livello distrettuale dovranno essere definite nel piano di zona per la salute ed il benessere sociale le politiche integrate di assistenza alla genitorialità e alla famiglia compresi anche tutte le attività consultoriali specifiche e dei centri per le famiglie e dei servizi sociali. Conseguentemente dovranno essere definiti i protocolli organizzativi distrettuali per l’assistenza socio sanitaria dedicati all’applicazione della legge 194. In tali termini viene definita l’integrazione organizzativa e gestionale delle risorse dei vari enti coinvolti. Al fine di favorire questo percorso l’équipe consultoriale, ove non già presente, va integrata con l’assistente sociale. Per la realizzazione dei piani assistenziali, ci si potrà avvalere anche della collaborazione di idonee formazioni sociali di base e di associazioni di volontariato presenti sul territorio. La donna dovrà pertanto essere informata di tutte le opportunità di intervento 5

possibili, dall’assistenza sociale del Comune a quella offerta da altri soggetti e, qualora sia stato da lei specificatamente richiesto, sarà facilitato il collegamento con le organizzazioni dalla stessa esplicitamente indicate. L’equipe integrata consultorio servizio sociale, anche costituita sul singolo caso, predispone il piano personalizzato di assistenza sanitaria e sociale secondo quanto stabilito dalle lettere a) e b) della successiva regolamentazione e ne garantisce la realizzazione e la verifica, attuando la presa in carico, assicurando il concorso e l’integrazione di tutti gli enti e le organizzazioni interessate e monitorando l’attuazione del programma coerente con il piano predisposto. Per la realizzazione degli interventi sociali e assistenziali, concordati con la donna sulla base del progetto personalizzato, ci si avvarrà di tutte le risorse sociali presenti, così come indicato negli accordi di programma con i Comuni, ivi comprese quelle messe a disposizione da parte delle formazioni sociali di base e dalle associazioni di volontariato laico e cattolico. La numerosità dell’associazionismo presente nei territori e la grande varietà di tipologie di servizi offerti a supporto della donna e/o della famiglia in difficoltà sono una ricchezza effettiva a disposizione, per assicurare la realizzazione di programmi assistenziali concordati con le donne interessate, rivolti in particolare alle donne e alle coppie che si trovano in situazioni di difficoltà sociali o relazionali. Con la DGR n . 748 del 2008 la Regione ha assegnato ai Comuni sedi di Centri per le famiglie € 635.000,00 per l’attuazione degli accordi a livello distrettuale tra centri per le famiglie e consultori, per potenziare gli interventi sociali a favore delle famiglie e per il supporto alla genitorialità tra cui anche azioni a sostegno della maternità, con particolare riguardo alla fase perinatale. Tali risorse, con obiettivi specifici, si sono aggiunte a quelle già disponibili e provenienti dal fondo sociale e dai bilanci propri dei Comuni. I programmi di attività annuali distrettuali dei consultori familiari, così come i percorsi coordinati con i servizi sociali e i centri per le famiglie per l’assistenza alla genitorialità e alla famiglia, compresa l’applicazione della legge 194, dovranno essere coerenti con i seguenti indirizzi: a) Le collaborazioni dovranno essere definite, ai sensi della L. 194/78, attraverso appositi regolamenti o convenzioni, distrettuali. b) Le informazioni relative agli obiettivi e alle possibilità di intervento di tali organizzazioni saranno messe a disposizione di tutte le donne che si presentino ai servizi coinvolti nell’assistenza per problemi relativi alla procreazione responsabile. A questo scopo, ciascuna associazione, comprese quelle di famiglie che accolgono donne in gravidanza e con bambini, dovrà comunicare agli uffici di piano la documentazione relativa a: • tipo di associazione e missione dichiarata, • tipo di attività svolte negli ultimi anni dall’associazione, • servizi offerti, • sedi di erogazione del servizio, orari di apertura e modalità di accesso. 6

Al fine di favorire una piena ed efficace collaborazione, nel rispetto delle reciproche responsabilità, le modalità della collaborazione fra le équipe consultoriali, i centri per le famiglie, i servizi sociali e le associazioni del territorio dovranno in particolare prevedere: a) le modalità di collegamento fra i vari punti della rete assistenziale e i referenti delle associazioni, b) i possibili percorsi per facilitare la fruizione dei servizi offerti su esplicita richiesta della donna debitamente informata, c) le modalità e le forme del confronto periodico con i professionisti del territorio sull’apporto dei servizi offerti e le problematiche insorte durante la realizzazione di tali percorsi e di eventuali percorsi alternativi. Allo scopo di assicurare un'adeguata realizzazione di tale processo, verranno promossi percorsi informativi e formativi coinvolgenti i diversi soggetti pubblici e del privato sociale. Nell’ambito di tale collaborazione, l’attività deve essere svolta coerentemente agli obiettivi e ai dispositivi contenuti nella legge 194/78 e deve garantire la libertà di scelta ed il diritto alla riservatezza della donna. Resta comunque inteso che l'équipe territoriale integrata (consultori servizio sociale) mantiene la responsabilità del programma di intervento ed è titolare esclusiva delle informazioni e della documentazione clinica, sociale ed assistenziale, nell’ambito delle rispettive competenze e nel rispetto della riservatezza. Per quanto riguarda il punto 6 dello schema d’Intesa Stato-Regioni riguardante il D.P.R. 396/2000 sul diritto a partorire in anonimato, i servizi sociali territoriali ed i centri per le famiglie potranno farsi parte attiva per implementare la consapevolezza e l’informazione per contrastare il fenomeno degli abbandoni dei neonati. Si allega quale parte integrante al presente documento, la proposta per una migliore applicazione della legge n. 194/78 presentata in sede di Conferenza Stato Regioni del 20 marzo 2008. Si precisa che nel documento allegato sono state apportate alcune modifiche (evidenziate in grassetto) che tengono conto delle indicazioni della DGR n. 533 del 21 aprile 2008 “Direttiva alle Aziende Sanitarie in merito al percorso nascita”.

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Allegato:

“Indicazioni al fine di una migliore applicazione della legge n. 194/78, di una migliore tutela della salute sessuale e riproduttiva e sulla appropriatezza-qualità nel percorso della diagnosi prenatale”. 1. LA PREVENZIONE DELL’INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA L’entrata in vigore della L. 194/78 ha determinato la sostanziale scomparsa o la riduzione ai minimi termini dell’aborto clandestino, ha comportato l’eliminazione della mortalità e morbilità materna ad essa associata, ha favorito la riduzione dell’interruzione volontaria di gravidanza, grazie alla promozione di un maggiore e più efficace ricorso ai metodi di procreazione consapevole, alternativi all’aborto, secondo gli auspici della legge. Le evidenze derivanti dai dati riportati nelle relazioni che annualmente il Ministro della salute presenta al Parlamento sulla attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l'interruzione volontaria di gravidanza (legge 194/78) da una parte indirizzano verso gli interventi più appropriati di prevenzione e di promozione della procreazione consapevole e, contemporaneamente dall’altra, indicano la necessità di perseguire procedure più appropriate in termini di maggior tutela della salute della donna e di maggiore efficienza correggendo e risolvendo le criticità. Dai dati dell’ultima relazione al Parlamento risulta che: • dal 1982 ad oggi la riduzione del ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza sia stata complessivamente del 44,6% e del 60% se riferita alle sole donne italiane; • il 57,7% delle interruzioni volontarie di gravidanza è stato effettuato da donne con almeno un figlio e il 34,7% da donne con almeno 2 figli; • il 50% circa delle donne risulta coniugato; • il numero delle interruzioni volontarie di gravidanza effettuato da donne straniere è in costante aumento, rappresentando, nel 2005, il 29,6% di tutte le interruzioni volontarie di gravidanza effettuate a livello nazionale; • l’aborto ripetuto, pur essendo nel nostro paese tra i più bassi a livello internazionale è pari al 26,4% (22,1% se riferito alle sole donne italiane, 37,9% se riferito alle donne di cittadinanza straniera); • nonostante l’isterosuzione, in particolare la metodica secondo Karman, rappresenta la tecnica più utilizzata (85,5%), permane elevato (85%) il ricorso all’anestesia generale per espletare l’intervento, solo in parte riconducibile all’utilizzo della analgesia profonda. L’applicazione della legge 194/1978 può - e quindi deve - essere ulteriormente migliorata. Rispetto alla prevenzione del ricorso all’aborto, il ruolo dei consultori risulta primario. Alla luce dell’evidenza, ormai acquisita negli anni, che nel 70-80% dei casi il ricorso all’aborto segue al fallimento/uso scorretto dei metodi per la procreazione cosciente e responsabile e quindi l’aborto rappresenta, nella gran parte dei casi, l’estrema ratio e non la scelta d’elezione, la prevenzione del ricorso all’aborto può essere esplicata in tre diverse modalità. Il più importante contributo è dato dai programmi di promozione della procreazione responsabile nell’ambito del percorso nascita e della prevenzione dei tumori femminili (per la quota in età feconda della popolazione bersaglio) e con i programmi di informazione ed educazione sessuale tra gli/le adolescenti nelle scuole e nei conseguenti “spazi giovani” presso le sedi consultoriali. Un secondo contributo è rappresentato dall’effettuazione di uno o più colloqui con membri di una équipe professionalmente qualificati, come quelli consultoriali, al momento della richiesta del 8

documento, per valutare le cause che inducono la donna alla richiesta di interruzione volontaria di gravidanza e la possibilità di superare le stesse. Una terza possibilità di prevenzione riguarda la riduzione del rischio di aborto ripetuto, attraverso un approfondito colloquio con le donne che hanno deciso di effettuare l’interruzione volontaria di gravidanza, mediante il quale si analizzano le condizioni del fallimento del metodo impiegato per evitare la gravidanza e si promuove una migliore competenza. Tale colloquio dovrebbe essere molto opportunamente svolto in consultorio a cui la donna, ed eventualmente la coppia, dovrebbe essere indirizzata in un contesto di continuità di presa in carico, anche per una verifica di eventuali complicanze post-aborto. In questo senso dovrebbe essere attivata una specifica politica di sanità pubblica che, identificando il consultorio sede di prenotazione per le analisi pre-interruzione volontaria di gravidanza e per l’intervento, renda “conveniente” rivolgersi per il rilascio del documento o della certificazione a tale servizio, a cui si ritorna per il controllo post-interruzione volontaria di gravidanza e per il counselling per la procreazione responsabile. Si sottolinea come il Progetto Obiettivo Materno Infantile del 2000 ha assegnato un ruolo centrale ai consultori familiari e delineato gli obiettivi da raggiungere, le azioni da svolgere mediante offerta attiva ed i relativi indicatori. Si evidenzia altresì che negli ultimi anni anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha sottolineato nei suoi documenti l’importanza di servizi strutturati e organizzati come i consultori familiari italiani. CONSULTORI Da quanto esposto si comprende come sia fondamentale implementare il ruolo dei consultori sia nelle attività di prevenzione dell’interruzione volontaria di gravidanza che nella presa in carico delle donne che richiedono l’intervento di interruzione volontaria di gravidanza. Poiché ciò avvenga è necessario rendere “conveniente” l’uso di questo servizio. Una convenienza potrebbe consistere nel far sì che i consultori, messi in rete con gli altri servizi di II e III livello, possano prenotare la donna sia per gli accertamenti necessari all’intervento sia per l’intervento stesso presso l’ospedale, senza lunghe file di attesa. E’ stato dimostrato che agendo in tal modo le donne ritornano al Consultorio per la visita di controllo post interruzione volontaria di gravidanza e per l’informazione sulla contraccezione. Occorre pertanto: • Effettuare un costante monitoraggio delle modalità operative dei servizi attraverso indicatori della disponibilità e qualità dei medesimi, oltre che del loro livello di integrazione (in particolare: la percentuale di interventi effettuati a 11-12 settimane, i tempi di attesa certificazione-intervento oltre 3 settimane e la percentuale di personale obiettore), in applicazione dell’articolo 9 della Legge n. 194/78, che affida alle Regioni il compito di garantire l’attuazione degli interventi su tutto il proprio territorio; • Garantire, in numero appropriato e con personale adeguato, la presenza dei Consultori Familiari sul territorio, con riferimento a quanto espresso nel Progetto Obiettivo Materno Infantile (in particolare per quanto attiene all’integrazione e messa in rete dei servizi consultoriali con i servizi specialistici e di cura di II e III livello e con i servizi sociali; alla multidisciplinarietà delle équipes professionali; all’offerta attiva; alla valutazione degli obiettivi individuati) e a quanto indicato nella legge n. 34/1996; • Favorire il ruolo del Consultorio Familiare come riferimento privilegiato per la prenotazione delle analisi pre-interruzione volontaria di gravidanza e per l’intervento, nonché per la visita di controllo post-interruzione volontaria di gravidanza e per l’informazione sulla contraccezione; • Prevedere, almeno in ogni Distretto, la presenza di un medico non obiettore al fine di garantire la continuità assistenziale; 9

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Pubblicizzare da parte delle ASL le sedi e gli orari dei servizi consultoriali e dei servizi ospedalieri ove si effettuano le interruzioni volontarie di gravidanza, anche dei territori limitrofi; Garantire congruo orario di apertura del Servizio Consultoriale, anche prevedendo l’accoglienza senza appuntamento, con carattere di precedenza, per alcune richieste come: contraccezione d’emergenza, inserimento di IUD, richiesta di certificazione urgente per interruzione volontaria di gravidanza; Prevedere la prescrizione della “contraccezione d’emergenza”, oltre che nei servizi consultoriali, anche nei Pronto Soccorso e nei servizi di continuità assistenziale (guardia medica); • Promuovere, in relazione alla prevenzione dell’interruzione volontaria di gravidanza, attività di aggiornamento e formazione professionale comune tra MMG, medici consultoriali e medici ginecologi ospedalieri.

TUTELA DELLA SALUTE SESSUALE E RIPRODUTTIVA L’OMS ribadisce che occorre promuovere consapevolezza e competenza riguardo la tutela della salute sessuale e riproduttiva anche al fine di un benefico effetto di riduzione dei fallimenti dei metodi per la procreazione cosciente e responsabile. Al fine di ulteriori obiettivi di riduzione delle interruzioni volontarie di gravidanza occorre promuovere azioni mirate per il coinvolgimento delle sezioni più svantaggiate della popolazione e dei giovani. I Consultori Familiari hanno un ruolo strategico centrale in queste azioni, attivando la possibilità di integrare le attività per la tutela della salute sessuale e riproduttiva nel contesto dei programmi strategici previsti dal Piano Sanitario Nazionale e dal Progetto Obiettivo Materno Infantile riguardanti il percorso nascita, la prevenzione dei tumori femminili e la promozione della salute tra gli/le adolescenti. Occorre pertanto: • Garantire l’apertura, in numero ed in orari adeguati, di Spazi Adolescenti, al fine di promuovere le necessarie conoscenze sulla prevenzione delle MTS e sulla procreazione cosciente e responsabile, anche prevedendo l’offerta a basso costo dei metodi contraccettivi per tale fascia di popolazione. • Promuovere il counselling e l’informazione sulla tutela della salute sessuale e riproduttiva nel contesto dei programmi strategici dei Consultori Familiari riguardanti il percorso nascita, la prevenzione dei tumori femminili e la promozione della salute tra gli/le adolescenti. • Prevedere la possibilità di strumenti amministrativi affinché i mezzi contraccettivi possano essere distribuiti dai Consultori Familiari ai gruppi sociali meno abbienti e a maggior rischio di abortività quali i giovani e le immigrate; • Promuovere, d’intesa con le Autorità scolastiche, attività di informazione ed educazione alla salute nelle scuole, con particolare riferimento alle problematiche connesse alla tutela della salute sessuale e riproduttiva. PREVENZIONE DELL’INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA TRA LE DONNE IMMIGRATE Come conseguenza dell’aumento della popolazione immigrata negli ultimi 20 anni, si è osservato anche un incremento del numero di interruzioni volontarie di gravidanza effettuate da donne straniere (37.323 nel 2005 rispetto a 10.131 nel 1996). 10

Questo valore corrisponde ormai al 29,6% di tutte le interruzioni volontarie di gravidanza effettuate a livello nazionale nell’anno 2005. L’incidenza del fenomeno in queste donne è 3 – 4 volte superiore a quello delle donne con cittadinanza italiana, con valori ancora più alti tra le più giovani. Il numero e la percentuale di interruzioni volontarie di gravidanza effettuate da donne immigrate è molto variabile a livello regionale, con valori più elevati nelle regioni con una maggior presenza di popolazione immigrata, con una variazione che va, per l’anno 2005, dal 41,7% di interruzioni volontarie di gravidanza di cittadine straniere effettuate in Lombardia, al 6,0% in Puglia (Relazione al Parlamento). In considerazione della rilevanza che il fenomeno ha assunto si evidenzia la necessità di adottare specifici interventi volti a: 1. Promuovere la formazione degli operatori socio-sanitari finalizzata ad approcci interculturali per la tutela della salute sessuale e riproduttiva (in particolare contraccezione e prevenzione dell’interruzione volontaria di gravidanza); 2. Organizzare i servizi per favorire l’accesso e il loro utilizzo; 3. Promuovere una diffusa e capillare informazione verso la popolazione immigrata finalizzata alla tutela della salute sessuale e riproduttiva, alla prevenzione dell’aborto ed alla diffusione delle misure a sostegno della maternità. 1. Promuovere la formazione degli operatori socio-sanitari finalizzata ad approcci interculturali per la tutela della salute sessuale e riproduttiva (in particolare contraccezione e prevenzione dell’interruzione volontaria di gravidanza) La maggior parte degli operatori sanitari italiani, pur avendo ormai contatti frequenti con l’utenza straniera, non ha ricevuto una specifica formazione e sono evidenti lacune informative e relazionali. In particolare in questo settore è fondamentale una formazione all’intercultura in considerazione di quanto aspetti sociali e culturali possano influenzare le scelte riproduttive. La formazione permanente del personale è quindi finalizzata a promuovere competenze per: • stabilire una corretta comunicazione con le donne che si sono rivolte al proprio servizio; • individuare i loro bisogni di salute (sia sanitari che sociali); • identificare e gestire correttamente le necessarie procedure amministrative; • comunicare e collaborare efficacemente con gli altri servizi che erogano prestazioni di interesse; • educare alla relazione transculturale. La responsabilità dei programmi di formazione/aggiornamento è delle Regioni, che potranno avvalersi di tutte le competenze professionali disponibili nelle istituzioni ed agenzie che si occupano di assistenza e ricerca su questi temi, quali Università, Organi tecnici centrali, Ordini professionali di ambito socio-sanitario, Società scientifiche, Organizzazioni sindacali, Associazioni di volontariato ed altri. Andrebbe sempre valorizzata la possibilità di coinvolgere, tra i formatori, professionisti di origine straniera. Destinatari dei corsi, con un approccio multidisciplinare, dovrebbero essere gli operatori sanitari, sociali ed amministrativi operanti nelle Aziende sanitarie (in particolare nei Consultori Familiari e nei servizi che operano nell’area materno-infantile), nonché operatori attivi in altre strutture pubbliche, del privato sociale e del volontariato. I corsi potranno essere attivati per l’intera Azienda sanitaria o per una sua specifica articolazione (dipartimenti, distretti, servizi/unità operative, etc.). Occorre pertanto: • Modificare percezioni erronee relative al fenomeno immigratorio in generale e ad aspetti specifici connessi alla salute (informazioni sulle caratteristiche quantitative e qualitative del fenomeno immigratorio in Italia); 11



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Promuovere una formazione/aggiornamento mirata degli operatori socio-sanitari, attraverso corsi ad hoc, i cui obiettivi prioritari sono rappresentati da informazione sui temi specifici nell’area della “salute e migrazione”, con particolare riferimento alla tutela della salute sessuale e riproduttiva, e quindi alla procreazione cosciente e responsabile, alla prevenzione dell’interruzione volontaria di gravidanza; Promuovere una corretta conoscenza degli operatori sui diritti alla salute e all’accesso ai servizi (informazioni sulla normativa nazionale e regionale vigenti); Superare le difficoltà di comunicazione e di relazione con utenti stranieri tramite la relazione transculturale.

2. Organizzazione dei servizi per favorire l’accesso e il loro utilizzo Il riconoscimento giuridico del diritto all’assistenza in area materno-infantile, esteso anche agli immigrati irregolari, non si è dimostrato sufficiente a garantire il reale accesso ai servizi e l’appropriatezza del loro intervento, anche se si sono osservati miglioramenti degli indicatori nel tempo. Ciò suggerisce la necessità di provvedere a un riorientamento complessivo dei servizi del SSN, anche avvalendosi delle esperienze più qualificate del volontariato. Le principali criticità nell’organizzazione dei servizi sono rappresentate dalla inadeguatezza nell’orientare le attività verso la potenziale utenza, dalla persistenza di barriere informative, amministrative, organizzative, culturali e linguistiche. E’ pertanto opportuno promuovere: • l’organizzazione interna ai servizi, orientata alle dimostrate esigenze della sua potenziale utenza; • la flessibilità degli orari di apertura; • la disponibilità dei servizi di mediazione culturale; • lo sviluppo del lavoro di gruppo multidisciplinare; • la messa in rete dei Consultori Familiari con gli altri servizi socio-sanitari e del terzo settore; • la diffusione delle sperimentazioni realizzate in diverse città italiane (Roma, Firenze, Bologna, Milano, etc.), basate sull’istituzione di “spazi consultoriali materno-infantili” e di “spazi giovani” per immigrati dotati di personale opportunamente preparato, con il supporto di mediatori linguistico-culturali; • l’offerta attiva di counselling sui metodi contraccettivi tra le donne immigrate in ogni occasione di contatto con le stesse nei Consultori Familiari, nel periodo successivo al parto in ospedale, successivamente a casi di interruzione volontaria di gravidanza, specialmente se ripetute, agli adolescenti nelle scuole/consultori familiari; • gli interventi di prevenzione ed educazione sanitaria attivamente offerti anche al di fuori dei normali presidi sanitari, per venire incontro ai bisogni di fasce di popolazione immigrata che hanno difficoltà ad accedervi: unità di strada per la prostituzione, presidi o interventi presso campi nomadi o di rifugiati, iniziative particolari presso luoghi di aggregazione sociale degli stranieri; • gli interventi necessari a garantire il supporto sociale, sanitario e psicologico a sostegno delle donne che vivono la gravidanza in una situazione di difficoltà; • lo sviluppo di nuovi modelli di comunicazione, puntando sulla consapevolezza delle donne, quali il coinvolgimento partecipativo delle comunità di donne immigrate e l’educazione tra pari per promuovere e facilitare l’accesso ai servizi.

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3. Promuovere una diffusa e capillare informazione per la popolazione immigrata finalizzata alla tutela della salute sessuale e riproduttiva, alla prevenzione dell’aborto ed alla diffusione delle misure a sostegno della maternità. La conoscenza dei diritti e dei doveri, essenziale per una convivenza equa, dignitosa e serena, riconosce nell’immigrato un soggetto svantaggiato. Se da un lato egli stesso ha l’obbligo di informarsi sui propri diritti e non di meno sui propri doveri, dall’altro è la società ospitante che dovrebbe offrire, per prevenire ed evitare conflittualità e disuguaglianze, la conoscenza necessaria al fine di poter utilizzare l’offerta dei servizi sanitari. Nello specifico della tutela della salute sessuale e riproduttiva, della prevenzione dell’aborto e della tutela della maternità la popolazione immigrata presenta necessità di informazione su: α) presenza, disponibilità e modalità di accesso ai servizi. Una corretta informazione e comunicazione ed un idoneo orientamento ai servizi disponibili sono presupposti fondamentali per promuovere l’appropriatezza nell’uso dei servizi stessi. Tale esigenza è particolarmente evidente anche per l’oggettiva complessità delle procedure amministrative per chi non abbia confidenza con il sistema. Una corretta informazione consente anche di promuovere l’empowerment della donna straniera. β) promozione della procreazione cosciente e responsabile e sulla prevenzione dell’interruzione volontaria di gravidanza. In generale, nella popolazione immigrata, la conoscenza della fisiologia della riproduzione e dei metodi per la procreazione responsabile è scadente: una parte consistente delle donne non è in grado di identificare il periodo fertile, conosce superficialmente i metodi per la procreazione responsabile e li utilizza in modo improprio (la metà delle immigrate rimane incinta nonostante l’uso di metodi anche di comprovata efficacia, ma usati scorrettamente). Molte di queste donne provengono da Paesi in cui i metodi contraccettivi sono poco usati e l’aborto è molto frequente. χ) misure a sostegno della maternità. La popolazione immigrata ha una assai scarsa conoscenza sulla legislazione a tutela della maternità e sulle attività di supporto socio-sanitario svolte anche dalle Associazioni. Occorre pertanto: • Aumentare la conoscenza sulla presenza, disponibilità e modalità di accesso ai servizi attraverso interventi attivi di informazione (adeguata organizzazione ed utilizzo dell’URP, elaborazione e diffusione di opuscoli/stralci della Carta dei servizi specifici, realizzazione progetti di informazione specifici con eventuale attivazione di Centri Specializzati) anche con il coinvolgimento del terzo settore e delle Associazioni delle donne immigrate; • Avviare/implementare attività di comunicazione/informazione finalizzata alla tutela della salute sessuale e riproduttiva ed alla prevenzione dell’aborto; • Avviare/implementare attività di comunicazione/informazione sulle misure socio-assistenziali a sostegno della maternità. 2. RIDURRE LA MORBILITA’ DA INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA E MIGLIORARE L’APPROPRIATEZZA DEGLI INTERVENTI Anche se le complicanze da interruzione volontaria di gravidanza sono contenute, possono essere individuate misure specifiche atte a ridurre ulteriormente la morbilità e migliorare l’appropriatezza degli interventi. A tal fine occorre: • ridurre i tempi tra la richiesta della donna/certificazione per interruzione volontaria di gravidanza e intervento;

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adottare la tecnica Karman prevedendo una percentuale del 15% come limite per l’appropriatezza del ricorso alla revisione della cavità uterina (RCU), in linea con la media nazionale; adottare diffusamente l’anestesia locale riducendo drasticamente il ricorso all’anestesia generale prevedendo una percentuale del 20% come limite per l’appropriatezza del ricorso all’anestesia generale.

3. AGGIORNAMENTO DELLE PROCEDURE E DEL PERSONALE In applicazione dell’articolo 15 della legge 194 occorre: • promuovere l’aggiornamento del personale “sui problemi della procreazione cosciente e responsabile, sui metodi anticoncezionali, sul decorso della gravidanza, sul parto e sull'uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell'integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l'interruzione della gravidanza”, favorendo la collaborazione tra Regioni, Università, Ospedali, ASL. • promuovere altresì “corsi ed incontri ai quali possono partecipare sia il personale sanitario sia le persone interessate ad approfondire le questioni relative all’educazione sessuale, al decorso della gravidanza, al parto ai metodi anticoncezionali ed alle tecniche per l’interruzione volontaria della gravidanza”, anche prevedendo da parte delle Regioni la formulazione di “programmi annuali di aggiornamento ed informazione sulla legislazione statale e regionale, sui servizi sociali, sanitari e assistenziali esistenti nel territorio regionale”. 4. RIMOZIONE DELLE CAUSE CHE POTREBBERO INDURRE LA DONNA ALL’INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA - SOSTENERE LE MATERNITA’ DIFFICILI Occorre promuovere un percorso coordinato, attraverso la stesura di protocolli, dall’assistente sociale del consultorio con i servizi comunali, in rete con le associazioni di volontariato, al fine di sviluppare azioni per ridurre le interruzioni volontarie di gravidanza sia in caso di gravidanza indesiderata, sia in caso di gravidanze che sono desiderate ma che sono rese impossibili per motivi sociali/economici. 5. APPROPRIATEZZA-QUALITA’ NEL PERCORSO DELLA DIAGNOSI PRENATALE in particolare in caso di anomalie cromosomiche e malformazioni Occorre migliorare il percorso diagnostico, rispetto ad appropriatezza, qualità e tempi dall’accesso alla diagnosi e promuovere/implementare la presa in carico delle coppie cui viene comunicato un risultato positivo per patologie fetali. A tal fine sin dall’inizio della richiesta della donna di un’indagine diagnostica prenatale, occorre promuovere l’integrazione tra i vari servizi coinvolti, consultorio/struttura distrettuale, ospedale, ambulatori, laboratori. Deve quindi essere attivata una reale presa in carico della coppia all’interno della rete organizzativa integrata dei servizi coinvolti. Devono essere attivate équipes multidisciplinari, dall’ostetrica e ginecologo allo specialista in genetica, al chirurgo fino allo psicologo, ecc., per garantire la più corretta informazione sulla natura delle malformazioni diagnosticate e sulla possibilità di cure. Con la Deliberazione di Giunta Regionale n. 533 del 21 aprile 2008 sono stati indicati gli obiettivi specifici (obiettivi 1 e 2) e le indicazioni clinico-organizzative di riferimento per garantire una diagnosi prenatale tempestiva e percorsi diagnostici-terapeutici e di counselling alla coppia. 14

1. D.P.R. 396/2000 SUL DIRITTO A PARTORIRE IN ANONIMATO Dai dati CeDAP i parti in anonimato risultano essere stati 60 su un totale di parti di 504.770 (Occorre tuttavia sottolineare che tale informazione non è contenuta direttamente nel CeDAP ma viene dedotta attraverso alcune variabili presenti). Anche al fine di contrastare il fenomeno degli abbandoni di neonati, occorre promuovere informazione sul D.P.R. 396/2000 che garantisce il diritto di partorire in anonimato. Occorre pertanto implementare la consapevolezza, l’informazione, l’empowerment delle donne, attraverso gli interventi dei servizi materno-infantili, dei consultori, degli ospedali, attivando idonee modalità operative e relazionali degli operatori verso le donne, al fine di garantire la massima riservatezza. Occorre promuovere progetti specifici, anche prevedendo servizi di strada rivolti al fenomeno della prostituzione, attivando la rete delle Associazioni. 2. MONITORAGGIO Al fine del presente accordo si rende necessario: 1. promuovere la creazione di un flusso di informazioni riguardanti dati strutturali e organizzativi dei consultori familiari che permetta sa a livello regionale che nazionale, le redazione di rapporti dai quali si possa evincere la realtà dei servizi, il personale presente ed i carichi di lavoro da esso sostenuto, le prestazioni effettuate e le progettualità attivate. La rilevazione delle attività dei consultori familiari della regione Emilia-Romagna è attiva dal 1995 e prevede specifici indicatori, da aggiornare alla luce della Deliberazione di Giunta Regionale n. 533/08. La Regione partecipa inoltre alla rilevazione nazionale sulle attività consultoriali, attivata dal 2008.

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