EDIZIONI IL FOGLIO COLLANA PROMO – 14
www.ilfoglioletterario.it - mailto:
[email protected] Via Boccioni, 28 - 57025 Piombino (LI) © Edizioni Il Foglio - 2009 1a Edizione - Maggio 2009
In copertina: Adieu di Leandro Mallamaci www.flickr.com/photos/leandronet
ISBN 978 - 88 - 7606 - 321 - 5
L’AUTORE Sono nato a Catania il dì 01 settembre 1953: l’ho fatto per mero tornaconto personale. Il “pied a terre” dove
dimoravo
s’era fatto troppo angusto
per
le
mie esigenze. Essendo di memoria labile scelsi con cura il giorno ed il mese, facendo in modo che l’anno di nascita compendiasse il tutto. (1.9.53) L’uno di settembre rappresenta anche il primo giorno dell’anno del calendario bizantino. La buonanima di mio padre era un sacerdote ortodosso di rito greco, si rallegrò infinitamente di quella coincidenza e la ritenne di buon auspicio. Tre piccioni con una fava! Fu l’ultima volta che una performance del genere mi riuscì. Mio nonno era tipografo così come mio padre, mio zio e metà dei miei fratelli. Il mio esordio in tipografia fu disastroso, la pinza di una “Heidelberg” non mi staccò di netto un orecchio per puro miracolo. Mia madre avanzò l’ipotesi che forse ero tagliato per l’arte. In effetti, mio nonno era un professore di musica, suonava l’oboe e il corno inglese nell’orchestra del teatro “Massimo Bellini” di Catania. Fu Anche responsabile amministrativo del suddetto teatro. Di lui conserviamo gelosamente una chicca: la lite furibonda con Mascagni, (per divergenza di vedute circa il ruolo dell’oboe nella cavalleria rusticana) che lo sbatté fuori dall’orchestra, salvo chiamarlo pochi giorni dopo, durante una sua tourné a Palermo, perché insuperabile nel corno inglese. Una zia delle mie è una valente pianista.
Io me la cavavo abbastanza con i citofoni, ma non essendo particolarmente sveglio riuscii a beccare in testa un’arancia scagliata dal settimo piano da un inquilino inferocito. Anche il mio esordio in campo sentimentale non fu dei più lusinghieri. La mia prima fiamma... una pittrice, una tipa così introversa che dipingeva solo autoritratti. Anch’io del resto ero chiuso in me stesso, per uscire da casa dovevo aprire due porte. Dopo pochi mesi facevamo già l’amore per delega. Lei delegava una sua amica, io un amico dei miei. Per uno scherzo del destino i due delegati si conobbero e si piacquero; restammo fottuti entrambi. Mi sono infine laureato in odontoiatria, esercito a Paola ma risiedo a San Lucido, “ridente cittadina” sulla costa tirreno-cosentina. Ho sposato una San Lucidana ed ho preferito trasferirmi in questo posticino ameno. Sono stato anche vice sindaco ed assessore alla sanità (DS) della ridente cittadina, in tal veste, per prima cosa, ho voluto accertarmi che il sorriso pervicace della ridente non rappresentasse l’esito postumo di una paresi, non lo era. Questo paesino è ridente di sua sponte. C’è qualcosa che vorrei omettere dalla mia biografia, ma il debito di riconoscenza che mi lega al mio editore Gordiano Lupi ed al mio mentore Sacha Naspini non mi consentono di farlo. Fummo per un breve lasso di tempo piccolissimi editori di testi universitari, saggistica... (Alfa grafica Sgroi) Fra i nostri autori anche il prof. Umberto Scapagnini, colui che sta tentando di rendere
immortale
Silvio
Berlusconi.
Non
sapevamo,
non
potevamo
immaginare, perdonateci. Carlo Laurenzi ci onorò del suo primo romanzo: Matilde. Pubblicavamo anche un mensile e testi di un gruppo anarchico. Due
miei
fratelli
rischiarono
la
galera.
Per
una
svista
imperdonabile
pubblicammo un loro libro nel quale si mettevano in bocca ad un noto filosofo suggerimenti del tipo... bisogna assassinare i ricchi!
Jean Paul Sartre, di lui si trattava, ci denunciò. Ne seguì un pandemonio; non pubblicammo più. Sono laureando in storia medievale. Occhi di ghiaccio è il mio primo esperimento e, presumibilmente, l’ultimo. Questo libro è dedicato a mia moglie Rosalba e a mio figlio Emanuele Francesco, che, assecondando senza remore la sua passione per il teatro, frequenta l’accademia d’arte drammatica (http://www.linkacademy.it/). Questo libro è dedicato anche alla memoria del grande poeta Fabrizio De Andrè.
OCCHI DI GHIACCIO – SINOSSI E’ la storia di un innamoramento improvviso e reciproco che si consolida nell’arco di quattro giornate. I due protagonisti: Alberto Sinagra (siciliano) ed Heli Karjalainen (finlandese), entrambi venticinquenni, laureando in economia lui, architetto lei. Siamo in Sicilia nella tragica estate del 78, la nazione è ancora scossa dal delitto Moro. L’io narrante è Alberto, un seducente nevrotico, misogino per scelta e per cause a lui poco note. Avverte il vuoto esistenziale, vorrebbe incontrare l’amore ma il suo scetticismo gli preclude ogni possibilità.<<Ma ci sono certi pomeriggi, specie d’agosto, insulsi e abbacinati e che non aprono porte alla felicità...Agganci uno sguardo sfuggente e ti dici...vediamo che vuole questa...Fammi piangere, fammi piegare su me stesso, voglio mendicare un tuo sorriso obliquo...macché, a questa bastano quattro risate, quattro scemate...>> L’incapacità di accettare l’amore, dovuta anche alla tendenza giovanile ad idealizzarlo, lo indurrà in un primo momento ad una sorta di crudele atarassia. <<...Dal mio rifugio osservavo come un entomologo la grande farsa
dell’esistenza...scimmiottavo
e
simulavo
entusiasmi
mai
provati...piegavo la realtà al mio non volere.>> La sua esistenza si trasformerà da lì a poco in una feroce caccia. Dietro una strumentale ma accattivante dolcezza ed una notevole conoscenza dell’animo femminile, il carnefice dei sentimenti si porrà all’opera.<
umano, odiavo le donne...solo le più coraggiose le più fantasiose dovevano essere blandite, catturate, e spedite al rogo...Falciare, falciare le spighe più alte, livellare, smussare, appiattire, uniformare.>> Il romanzo, quasi un diario intimo, ripercorre le tappe più significative del suo rapporto con l’altro sesso. Un eros costellato da spunti comici e da riflessioni sentite. << Io lo sapevo di fare schifo, l’ho sempre saputo...alibi, le ferite sono solo alibi. ci nascondiamo dietro un dolore per giustificare la nostra perversione, la nostra paura di aprire all’amore>>. Non mancheranno considerazioni sul momento storico-sociale, viste attraverso l’ottica di un sinistrorso, come Alberto stesso ama definirsi. Saranno le sue stesse vittime ad indurlo ad una sorta di catarsi mediata dal loro stesso dolore. E sarà Heli, infine, a trarlo fuori dalla palude, con caparbietà. <
> (brutto vigliacco!) La prosa è scarna, nel senso che concede poco a metafore ed allegorie. Non è infarcita da rimandi ad altre opere, non presuppone quindi un bagaglio culturale notevole per accedere ai suoi contenuti. Per certi aspetti vuole essere un omaggio alle tesi sostenute (con sofferenza) da Alessandro Baricco nel suo “I barbari”. Il racconto (romanzo?) potrebbe servire alle giovani generazioni per capire un po’ meglio l’humus che ha determinato la personalità dei loro genitori. L’auspicio ultimo sarebbe che ne seguissero i consigli spassionati, allorché ritenuti validi, e, soprattutto, che riscoprissero la bellezza del rapporto vis a vis, non preconfezionato da approcci virtuali. (on the road again)
Un’anticipazione del libro:
Capitolo II - L’ARREMBAGGIO “Heli, posso invitarti a ballare?”. Si alza subito. Sono emozionatissimo, ed è giusto che sia così. Lei deve percepire che la senti, che per te è speciale, deve
poter pensare che se volesse... potrebbe essere l’ultima donna della tua vita. E’ stupenda, adesso ne sento le molecole, è una sensazione struggente, e non siamo affatto incollati. Mai stringere, mai annullare gli spazi, c’è un’atavica diffidenza fra noi. Io ti sento a distanza sai, sento i tuoi umori sciogliersi, sento lo sbocciare dei tuoi capezzoli, e le tue mani...prima confini invalicabili, adesso recinti per accogliermi. “Mi regali un sorriso? Un sorriso finlandese”. “Come lo immagini tu un sorriso finlandese”. “Mettici dentro lo scintillio dell’aurora boreale, il profumo dell’erica, ed il tuo grido di guerra”. “Furbo levantino”. Ahi ragazza mia, com’è lontano il tuo dire dal tuo fremito. Non lo sai che sta proprio qui la melmosa grandezza del seduttore, nell’andare oltre le parole. A Peppino di Capri dovrebbero dedicare un monumento in vita, sta spremendo le sue ultime note... quando lei mi poggia la testa sulla spalla, mi mostra la nuca. “Heli”, sussurro, non dico altro, intuisce che mi sono arreso, che non posso più difendermi. Mi bacia sulle labbra, un bacio vero, non riesco a smettere. Lei si dissolve in molecole ed io le gusto, le catturo una ad una. “Figlio di puttana stai facendo ridere tutto il night”. E’ Pippo, mi avverte che siamo in pausa, e che ci sono due pali del telefono piantati a centro pista. Nasconde il volto sul mio petto, la veicolo fino al divano, sto vibrando. Riesco a provare tutte le sensazioni dell’innamoramento: le sento davvero. Solo che mi succede a comando.