Le Reazioni Avverse Agli Alimenti

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Quello che per alcuni è un alimento, è un veleno per altri. Tito Lucrezio Caro («De Rerum Naturae»)

Edgardo Lugaresi Biologo Nutrizionista Responsabile scientifico del BHC

Reazione avversa ad un alimento è un’espressione generica che indica una relazione di causa-effetto fra l’ingestione di un alimento e la risposta anomala dell’organismo

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E REAZIONI AVVERSE AGLI ALIMENTI

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a varietà di alimenti che oggi abbiamo a nostra disposizione è enorme, ma alcuni di essi in particolare alcuni dei loro componenti possono produrre in determinate persone un effetto indesiderato, le cui conseguenze possono essere lievi, gravi oppure molto gravi con rischio della vita. Le reazioni avverse agli alimenti costituiscono uno dei capitoli più controversi della medicina odierna a causa della loro incidenza e prevalenza, della sintomatologia clinica e dell’utilità o meno di molte procedure diagnostiche proposte. Reazione avversa ad un alimento è un’espressione generica che indica una relazione di causa-effetto fra l’ingestione di un alimento e la risposta anomala dell’organismo. Questa reazione può essere scatenata da fenomeni tossici, farmacologici, metabolici oppure da una risposta immunologica specifica. In Italia le allergie rappresentano circa il 10% delle malattie più diffuse (sono al terzo posto dopo artrosi e ipertensione arteriosa). Come in tutti i paesi industrializzati, anche da noi le allergie in generale, e quelle alimentari in particolare, rappresentano un importante problema per la salute della popolazione. Le cifre parlano da sole: in Europa 80 milioni di persone soffrono di un qualche tipo di allergia; in Italia ne soffre il 26% della popolazione. L’incidenza della sola asma bronchiale è raddoppiata negli ultimi dieci anni. Oggi 1 bambino su 10 soffre di sintomi asmatici e 1 bambino su 3 soffre di un qualche tipo di allergia. Il 20% dei ragazzi italiani con meno di 15 anni ha sofferto o soffre di raffreddore allergico; il 2-6% della popolazione adulta soffre di allergie alimentari; il 7,5%-15% dei bambini tra i 12 e i

24 mesi presenta delle reazioni alimentari avverse. Secondo le stime ufficiali, l’8% dei bambini di età inferiore ai 3 anni ha qualche problema di allergia alimentare, mentre per gli adulti si va dall’1 al 2%. Il termine allergia alimentare è spesso usato in modo improprio e generico per indicare le reazioni a determinati alimenti dovute a difetti metabolici, a carenza di enzimi intestinali oppure ad effetti tossici. Una prima distinzione fondamentale, quindi, deve essere fatta tra reazioni tossiche e reazioni non tossiche. Le reazioni tossiche sono dovute ad ingestione di alimenti tossici o contaminati. Le reazioni non tossiche dipendono dalla suscettibilità individuale verso certi alimenti e a loro volta sono suddivise in reazioni immunomediate (allergia alimentare) e reazioni non immunomediate (intolleranza alimentare). L’allergia alimentare è caratterizzata da una reazione avversa o da una risposta immunologica anomala, esagerata e specifica: un elemento estraneo (antigene o allergene) provoca da parte dell’organismo una reazione immunitaria che porta alla sintesi di un anticorpo o alla stimolazione di cellule immunocompetenti. L’esposizione di un soggetto a degli allergeni nel corso della vita, soprattutto nei primi anni di vita, è una tappa necessaria per stimolare il suo sistema immunitario, che impara a reagire verso tutti gli elementi che gli sono estranei. È questo il motivo per cui maggiore è l’età del bambino, minore è la possibilità di una sua desensibilizzazione spontanea. Pochi alimenti possono determinare la classica reazione allergica, anche se potenzialmente tutti gli alimenti sono capaci di indurre una qualche forma di allergia. Nei bambini prevale l’allergia al latte, all’uovo, al pesce e alla soia; nell’adulto troviamo una reazione per le arachidi, le noci, le nocciole, i cereali, il pesce, i crostacei e le uova. Oltre all’allergia e all’intolleranza alimentare esiste un altro tipo di reazione avversa agli alimenti, la pseudoallergia alimentare o falsa allergia, caratterizzata da reazioni che non avvengono su base immunologica, ma che riproducono la tipica sintomatologia dell’allergia alimentare. Queste reazioni sono molto frequenti e vengono spesso confuse con le allergie alimentari mediate da

Il termine allergia alimentare è spesso usato in modo improprio e generico per indicare le reazioni a determinati alimenti dovute a difetti metabolici F

Il termine allergia fu coniato dal pediatra austriaco Clarens Von Pirquet nel 1906. Deriva dal greco [allos = diverso; ergon = reazione, effetto] e significa letteralmente “reazione alterata” . Con questo termine si descriveva originariamente la reazione al vaccino del vaiolo 24 ore dopo la sua somministrazione. Oggi l’allergia è definita come una risposta inappropriata e dannosa dei meccanismi di difesa dell’organismo verso alcune sostanze estranee, che sono normalmente innocue per i soggetti non allergici. Il sistema immunitario di chi soffre di un’allergia va incontro ad una reazione anomala ed esagerata quando entra in contatto con gli allergeni, sostanze presenti nell’ambiente in cui viviamo (pollini, acari, muffe, epiteli di animali, lattice, veleno d’insetti, metalli) o che vengono introdotti nell’organismo attraverso alimenti e farmaci.

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L’incidenza delle allergie alimentari



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’incidenza delle allergie alimentari è in aumento nelle nazioni industrializzate. Le ragioni di tale fenomeno sono state ricondotte a diversi fattori: il consumo di nuovi prodotti, l’evoluzione delle tecniche di produzione degli alimenti e l’incremento della sensibilità ad allergeni dei pollini che ha portato ad un aumento delle reazioni crociate con gli alimenti. Secondo gli esperti i responsabili dell’aumento delle allergie negli ultimi anni sono: –la minore frequenza dell’allattamento al seno materno; l’allattamento al seno per almeno tre mesi fornisce al neonato fattori nutritivi ed immunitari oltre a favorire la maturazione della mucosa intestinale, che nelle prime settimane di vita non ha ancora un’efficace barriera verso gli allergeni di origine alimentare;









Le reazioni negative agli alimenti possono essere causate anche da un’intolleranza alimentare

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l’abuso di insetticidi, diserbanti e fitofarmaci nella coltivazione di prodotti agrari; il maggior uso di additivi alimentari per “migliorare” il gusto, l’aspetto e la conservazione (conservanti, coloranti, antiossidanti, sapidificanti, ecc.); il consumo di poca frutta e verdure fresche, di pochi antiossidanti naturali e l’introito di ridotte quantità di alcuni minerali dovuto al largo consumo di cibi pronti e raffinati; l’uso indiscriminato che facciamo degli antibiotici che distruggono o depauperano la nostra flora batterica (è stato scoperto che alcuni batteri intestinali inibiscono le reazioni allergiche); lo stress e in particolare la produzione di cortisolo, l’ormone che svolge un ruolo chiave nella reazione dell’organismo a situazioni stressanti; l’inquinamento ambientale delle grandi città (scarichi delle mac-

chine, concentrazione di gas tossici, ecc.). Infine, fra gli allergologi è molto diffusa la cosiddetta “ipotesi igienica”, avvalorata da numerose ricerche e che circola fin dai primi studi sulle allergie. John Bostok, il primo che identificò la pollinosi o febbre da fieno nelle classi sociali più elevate del suo tempo, non trovò nemmeno un caso fra quelle più povere. Secondo gli esperti se non veniamo esposti ad un certo tipo di “sporcizia” fin da piccoli, il nostro sistema immunitario non può esercitarsi. E la “sporcizia” deve essere quella giusta: endotossine, batteri e funghi microscopici che si trovano nella terra e negli animali da fattoria. Secondo Harold Nelson, docente del National Jewish Medical and Research Center di Denver (USA) «avere un maiale in casa può proteggere dall’asma», ma secondo noi non è solo una battuta. Infine, la tipologia delle reazioni ai vari alimenti si sta modificando di pari passo con i cambiamenti che vengono apportati nella nostra alimentazione e probabilmente l’ultima frontiera dell’alimentazione, quella degli alimenti geneticamente modificati (OGM), produrrà senz’altro quadri sintomatologici nuovi.

immunoglobuline di tipo E (IgE). Le false allergie sono spesso indotte da cibi ad alto contenuto e/o liberatori di istamina e sostanze simili all’istamina, come i formaggi, oppure dagli additivi aggiunti agli alimenti. Nel primo caso abbiamo una reazione farmacologica ad un alimento, che viene quindi collocata fra le intolleranze farmacologiche, mentre le reazioni agli additivi sono collocate fra le intolleranze indefinite, anche se per gli additivi possiamo, in alcuni casi, riconoscere un meccanismo immunologico. Nelle reazioni non immunologiche (sia intolleranze sia reazioni tossiche), le manifestazioni cliniche sono dose dipendente, cioè sono tanto più intense quanto maggiore è la quantità di alimento o additivo ingerito. Al contrario, l’allergia alimentare è dose indipendente, cioè una minima quantità di alimento è capace di produrre una risposta clinica esagerata. Tutti gli allergeni alimentari conosciuti sono proteine e un individuo deve essere prima sensibilizzato dall’esposizione a tali proteine per sviluppare anticorpi che poi reagiranno in modo abnorme ad una successiva esposizione. Alimenti diversi possono contenere lo stesso allergene o allergeni molecorlamente abbastanza simili da essere riconosciuti nello stesso modo dal sistema immunitario. Inoltre, certi allergeni presenti in alcuni elementi, anche se differenti per struttura, si comportano come se fossero identici (si chiama cross-reaction) per cui una persona sarà allergica a tutti gli alimenti che contengono questi allergeni. Gli allergeni cross-reattivi possono essere presenti in alimenti, come la frutta, che appartengano alla stessa famiglia botanica, oppure in differenti specie vegetali o animali. Infine, l’industrializzazione del settore alimentare ha portato il fenomeno degli allergeni occulti per la presenza, spesso non esplicitamente dichiarata, di un allergene in un alimento. Esempi sono l’uso di latte per i salumi, della soia per gli insaccati, di gelatina di pesce per le guarnizioni delle torte. Le reazioni negative agli alimenti possono essere causate anche da un’intolleranza alimentare, definita come qualunque reazione avversa ad un alimento diversa dalle false allergie - in cui non è stato provato il coinvolgimento del siste-

ma immunitario, anche se non può essere esclusa la possibilità che in qualche modo ne sia coinvolto. Tutti gli alimenti possono essere potenzialmente sensibilizzanti, cioè dietro la loro ingestione si può avere una reazione avversa; tuttavia, un piccolo gruppo di alimenti è responsabile della maggioranza delle stesse. Gli alimenti implicati in queste reazioni sono quelli che vengono più consumati. E i sintomi non appaiono mai immediatamente dopo l’ingestione dell’alimento. Le intolleranze possono dividersi in enzimatiche e farmacologiche: enzimatiche – tra le intolleranze enzimatiche vanno compresi i classici errori del metabolismo (fenilchetonuria, favismo, intolleranza congenita ai mono e disaccaridi), l’intolleranza al lattosio (deficit di lattasi), l’intolleranza al glutine (celiachia); farmacologiche – si manifestano con una reattività abnorme a sostanze presenti in alcuni cibi. Possono essere dovute alla presenza negli alimenti di amine vasoattive o di molecole usate come additivi.

Amine vasoattive o amine biogene

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e amine vasoattive comprendono l’istamina, che provoca ipotensione, la tiramina e la feniletilamina, dette anche amine pressorie per la loro capacità di aumentare la pressione arteriosa. Altre amine vasopressorie, implicate più raramente nelle reazioni farmacologiche agli alimenti, sono: la triptamina, la dopamina e la serotonina. Tutte queste sostanze possono essere presenti negli alimenti in quantità tali da poter provocare delle reazioni allergiche nei soggetti sensibili. Cibi ricchi di istamina sono i pesci della famiglia degli scombridi e altri pesci di mare, alcuni for-

maggi, carni ed insaccati, i vini rossi, l’estratto di lievito, cibi fermentati, la birra, alcuni frutti, i crostacei. La possibilità che alimenti ricchi di amine biogene possano provocare una sintomatologia allergosimile dipende dalla inattivazione dei sistemi di degradazione fisiologica di queste amine. L’istamina può provocare nausea, vomito e diarrea, crampi intestinali, vampate di calore, sensazione di bruciore e formicolio in bocca, orticaria, ipotensione, cefalea, palpitazioni cardiache. La tiramina e la feniletilamina (così come le altre monoamine vasopressorie triptamina, dopamina e serotonina) possono dare, più raramente, cefalea, ipertensione, palpitazione, vampate di calore, sudorazione, rigidità nucale, nausea, vomito. Tra le molecole capaci

di provocare intolleranze farmacologiche (ma con effetti particolari, oltre ai loro noti effetti fisiologici), si possono aggiungere le metilxantine (caffeina, teofillina, teobromina), la capsicina del peperoncino, la miristicina della noce moscata, l’alcol etilico. La caffeina (più che la teofillina e la teobromina) può dare ansia ed attacchi di panico; la capsicina eritemi e dolore cutaneo urente; la miristicina può dare calore e rossore cutaneo, nausea, vomito, secchezza della mucosa orale, miosi, palpitazioni, allucinazioni, psicosi, senso di morte imminente; l’alcol calore e rossore cutaneo, nausea e vomito, tachicardia, ipotensione, sonnolenza, coma.

La flora intestinale ha un ruolo significativo nello sviluppo di allergie e intolleranze. La normale colonizzazione dell’intestino da parte dei cosiddetti batteri commensali contribuisce allo sviluppo del sistema immunitario della mucosa intestinale. In assenza di microflora, infatti, il sistema immunitario intestinale non si sviluppa correttamente e la morfologia intestinale risulta notevolmente alterata. L’intestino dell’embrione è sterile, e la colonizzazione del tratto gastrointestinale inizia durante il parto, quando il neonato viene a contatto con i batteri della microflora materna e con quelli ambientali. Nel corso dell’allattamento e della prima infanzia la microflora raggiunge una composizione che dovrebbe rimanere stabile nel corso della vita, ma che può subire cambiamenti in risposta a diversi fattori, quali alterazioni nella dieta, assunzione di farmaci, stato di salute dell’individuo e condizioni ambientali. La microflora contribuisce a mantenere lo stato di salute dell’ospite, facilitando l’assorbimento dei nutrienti, degradando sostanze potenzialmente dannose o le proteine allergeniche e generando risposte immunitarie tali da evitare infiammazione a livello intestinale. Tra i componenti della flora intestinale, i batteri che producono acido lattico - quali i bifidobatteri e i lattobacilli - sono in grado di esercitare effetti molto benefici per la salute dell’ospite. Un numero sempre crescente di studi ha messo in evidenza che i batteri probiotici sono in grado di influenzare positivamente lo stato di salute grazie

La flora intestinale ha un ruolo significativo nello sviluppo di allergie e intolleranze

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ADDITIVI

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er quanto riguarda il loro meccanismo d’azione, sono a cavallo tra le intolleranze e le allergie. Si calcola che oggi ne vengano usati da 2.000 a più di 20.000 secondo differenti stime, con un consumo annuo pro capite molto elevato nei paesi industrializzati, di 8-9 kg negli Stati Uniti e in Inghilterra, di 5 kg in Italia. Gli additivi possono essere presenti anche in farmaci e cosmetici, provocando talvolta effetti indesiderati anche in questi casi. Gli additivi hanno una sigla stabilita dalla Comunità Europea, costituita dalla lettera E, iniziale d’Europa, seguita da un numero. Ecco alcuni gruppi: i coloranti sono compresi tra le sigle E 100 ed E 199; i conservanti E 200 ed E 299; gli antiossidanti E300 ed E 321; i correttori di acidità E325 ed E 385; gli addensanti, emulsionanti e stabilizzanti sono compresi tra le sigle E400 ed E495. Poco si conosce sui meccanismi d’azione nelle intolleranze agli additivi. Essi possono provocare reazioni di vario tipo, mediate da meccanismi immunologici anche IgE dipendenti, o da meccanismi farmacologici, con il rilascio di istamina o di neuropeptidi. È stato affermato che, salvo pochi casi di reazioni IgE mediate da solfiti e da esteri alifatici dell’acido pidrossibenzoico, la grande maggioranza dei disturbi da additivi si producono con meccanismi ancora sconosciuti. Le principali famiglie di additivi, con le principali patologie che essi provocano, sono: ·Antiossidanti - Gli antiossidanti prevengono l’irrancidimento dei grassi e degli oli e la variazione di colore dei cibi, dovuta all’ossidazione. I

solfiti hanno capacità sia antiossidante sia conservante. Usati soprattutto come sodio metabisolfito, sono contenuti in molte bevande (per es., vino, birra, succhi di frutta) e in alimenti come formaggi, frutta secca, salse, crostacei. Possono dare asma, sinusite, prurito, orticaria e angioedema. Il butilidrossianisolo (BHA) e il butilidrossitoluene (BHT) sono antiossidanti aggiunti ad oli e grassi per evitarne l’ossidazione. Si trovano anche in molti altri alimenti, per es., nei cereali da colazione. Possono dare orticaria anche per lunghi periodi. ·Conservanti - Proteggono dal deterioramento provocato dai microrganismi. I solfiti, già menzionati tra gli antiossidanti, sono anche conservanti. I sorbati, benzoati e p-idrossibenzoati sono largamente usati. Essi sono contenuti in numerose bevande alcoliche e non alcoliche e in numerosi alimenti come formaggi, marmellate, salse, pesce in scatola, prodotti da forno preconfezionati. Se ne consumano annualmente nel mondo, da parte dell’industria alimentare, circa 5 milioni di chili. Possono dare asma. Il nitrito e il nitrato di sodio (quest’ultimo più usato nel passato) sono usati per la conservazione delle carni salate, stagionate, essiccate e in scatola. Possono dare cefalea e vasodilatazione al viso. Si possono citare altri conservanti come citrati, acido fosforico, fosfati di sodio, di potassio e di calcio, trifosfati e polifosfati, ma essi sembrano avere un ruolo marginale nella provocazione di disturbi da additivi. ·Coloranti - Si distinguono in naturali (per es., clorofilla, carotenoidi, rosso di barbabietola, antociani) e artificiali (per es., giallo di tartrazi-

na, giallo arancio, eritrosina, rosso cocciniglia). Il più studiato è stato il giallo di tartrazina. Sono stati pubblicati lavori di segno opposto sulla sua capacità di provocare asma e di crociare con l’acido acetilsalicilico. La sindrome orticaria con angioedema può essere provocata da tartrazina e da altri coloranti. ·Esaltatori di sapidità - Il più diffuso è il glutammato di sodio, molto usato nella cucina orientale ma anche da noi in molti alimenti in scatola (carni) o preconfezionati (ravioli, alcuni insaccati) oltre che nei dadi per brodo. Può dare la “sindrome da ristorante cinese” qualche ora dopo aver consumato il pasto, (cefalea, senso di costrizione al torace, nausea, sudorazione, bruciore alla parte posteriore del collo; secondo alcuni autori anche asma). ·Dolcificanti - I principali sono aspartame, saccarina e sorbitolo. L’aspartame (da non somministrare a pazienti con fenilchetonuria) può dare cefalea ed orticaria. Per la saccarina non c’è quasi nulla in letteratura. Il sorbitolo, usato soprattutto nelle caramelle e nella gomma da masticare, può dare dolore addominale, flatulenza, diarrea. ·Addensanti - Sono gomme vegetali (per es., gomma arabica, guar, carragenani) provenienti da alcune piante esotiche. Sono contenuti in dolci, caramelle, gelati, creme, budini, conserve, succhi di frutta, margarine, formaggi molli, condimenti commerciali e altri cibi). Possono dare eczemi, asma, rinite perenne, orticaria. Sono riconosciute come potenzialmente allergizzanti altre sostanze di natura proteica che vengono aggiunte agli alimenti come:

alle numerose attività da loro svolte. In particolare, nei casi studiati, il mantenimento di un giusto equilibrio nella microflora intestinale, la protezione contro patogeni intestinali e la modulazione della risposta immunitaria hanno portato ad un miglioramento nelle allergie alimentari, nei disturbi autoimmuni e nella tolleranza orale. Infine, ricercatori svedesi hanno osservato che i bambini estoni con una bassa incidenza di allergopatie hanno una flora intestinale composta prevalentemente da lattobacilli ed eubatteri. I loro coetanei svedesi, invece, con una elevata percentuale di reazioni allergiche, hanno una prevalenza di coliformi, streptococchi e stafilococchi intestinali. Altri studi hanno dimostrato che i lattobacilli umani stimolano la produzione di interleuchina e inducono la secrezione di citochine. Inoltre, sembra dimostrato che le diete di tipo “occidentale” con l’ampio utilizzo di preparazioni alimentari sterili, spesso con l’aggiunta di additivi antimicrobici, e l’impiego di antibiotici nella prima infanzia, possano comportare un ritardo nell’acquisizione o un’azione depletiva di quella flora microbica intestinale dotata di quell’azione protettiva. L’eliminazione dell’allergene è l’unica terapia immediatamente e completamente efficace dopo che è stata fatta diagnosi di ipersensibilità o intolleranza. Tuttavia, prescrivere una dieta di eliminazione non è differente dal prescrivere una medicina: entrambe possono avere effetti collaterali indesiderati. La dieta di eliminazione può portare a malnutrizione e/o disordini alimentari, specialmente

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se include un largo numero di cibi e/o è usata per lunghi periodi. La presenza di malnutrizione si verifica più facilmente se riguarda alimenti molto comuni e di valore nutrizionale elevato presenti in una serie molto ampia di cibi. È anche più facile che insorga nei soggetti a rischio come i bambini, soprattutto se affetti da poliallergie, che vanno seguiti e compensati tramite opportune supplementazioni. Per prevenire l’allergia alimentare nei neonati è fondamentale l’allattamento al seno. Il latte materno è un liquido complesso che provvede al fabbisogno energetico e agli elementi essenziali necessari per la crescita e lo sviluppo del neonato. Le proprietà anti-batteriche del latte materno sono ampiamente riconosciute e dipendono in parte da fattori cellulari e non, contenuti nel latte, come: la lattoferrina, immunoglobuline del tipo IgA e fattori che favoriscono la crescita di microorganismi intestinali utili come i lattobacilli e i bifidobatteri. È stato ipotizzato anche che citochine e ormoni del latte materno possono avere la funzione di regolatori dello sviluppo del sistema immunologico nei neonati. Studi eseguiti in vivo e in vitro hanno dimostrato che la risposta immunologica cellulo-mediata è diversa nei neonati allattati al seno da quelli allattati con latte artificiale. Dopo aver effettuato un esame completo per identificare con precisione gli alimenti o i componenti alimentari, l’unico modo per prevenire una reazione allergica in soggetti sensibili è eliminare quei componenti dalla dieta o dall’ambiente. In caso di intolleranza alimentare, il solo fatto di ridurre le porzioni può essere sufficiente ad evitare i sintomi. Educare i soggetti a leggere attentamente le informazioni relative agli ingredienti riportate sulle etichette dei prodotti può essere un ottimo sistema per prevenire una reazione allergica o un disturbo o malessere dovuto ad un’intolleranza. Infine, il supporto professionale di un nutrizionista permetterà di non escludere alcun nutriente dalla dieta quotidiana, inserendo variazioni e alimenti sostitutivi nel giusto equilibrio dei vari nutrienti che il nostro organismo, secondo le varie età, richiede. q

I PRINCIPALI TEST DIAGNOSTICI Per le allergie i test diagnostici usati sono: ?PRICK - È uno tra i più diffusi test diagnostici per l’allergia (noto anche col nome di test cutaneo). Valido per allergie IgE mediate, poco attendibile nelle intolleranze. Consiste nell’applicare una goccia di estratto allergenico sulla cute dell’avambraccio facendola penetrare negli strati superficiali della pelle tramite la punta di una minuscola lancetta sterile. Il test è positivo se compare un arrossamento nel giro di 15-20 minuti dalla sua esecuzione ed è caratterizzato dalla comparsa di un ponfo (simile ad una puntura di zanzara). Non si possono eseguire le cutireazioni se si sta effettuando terapia antistaminica. ?PRIST - Dosaggio IgE totali. Il rilevamento di alti livelli di IgE totali, (dopo avere escluso

infezioni da parassiti che anche esse ne provocano un aumento) è di indicazione per uno stato allergico, ma non può essere usato nella diagnosi di specifiche allergie e va anche sottolineato che un riscontro di valori normali non esclude la diagnosi di allergia. ?RAST - Ricerca di IgE specifiche. Estratti di alimenti sospetti si lasciano reagire in provetta con il plasma del paziente. In presenza di allergia, gli anticorpi presenti, specifici per quell’alimento, reagiscono producendo una reazione misurabile precisamente con strumenti di laboratorio. I test più usati per le intolleranze alimentari sono: –Il test citotossico: si esegue in laboratori specializzati, necessita di un campione di sangue del paziente dal quale vengono isolati i leucociti, messi a contatto con una serie di alimenti. Le modificazioni morfologiche che

Per prevenire l’allergia alimentare nei neonati è fondamentale l’allattamento al seno

g l i alimenti intolleranti provocano sono visibili con l’aiuto di un microscopio. Necessita di personale addestrato e dovrebbe essere migliorato per quanto riguarda la valutazione del danno ai leucociti e non lasciarla alla soggettività/preparazione dell’esaminatore. Esistono in commercio diverse variazioni del test citotossico. –Test kinesiologici: si basano sull’ipotesi che, se la persona viene in contatto con l’alimento verso il quale è intollerante, si verifica una diminuzione della sua forza muscolare. Un test kinesiologico sviluppato in Italia è il DRIA, che consiste nella somministrazione per via sub-linguale dell’estratto allergenico in grado di scatenare la sintomatologia. La valutazione della forza muscolare viene fatta tramite un ergometro. Secondo molti, i test kinesiologici non solo sono privi di efficacia,

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