La Rivoluzione Americana

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La rivoluzione americana. 1. L’america settentrionale dopo il 1750. Francesi, inglesi e indiani (d’America, Pellirosse). La guerra si successione in Spagna (inizi 1700) aveva alterato gli equilibri in America. Varie regioni del Canada erano passate dai francesi agli inglesi e nei decenni successivi la sproporzione tra le due potenze era sempre più pesante. - Francesi: Avevano una popolazione molto ridotta rispetto ai rivali inglesi, per sopperire a questo avevano tentato di potenziare lo sviluppo demografico in Louisiana, fallendo. - Inglesi: Avevano una popolazione molto elevata. Tra i territori inglesi e francesi vi erano quelli dei Pellirosse, questi erano sotto l’influenza dei francesi. Su questi terreni vi era la pressione dei coltivatori di tabacco inglesi della Virginia, che, esaurendo i terreni, si spingevano verso queste zone. I francesi per un certo periodo sfruttarono conoscenza dei luoghi e aiuto dei Pellirosse per respingere gli intrusi.

La guerra per il dominio del continente. Nel 1754 gli scontri divennero guerra aperta. Fino al 1756 il conflitto era a favore dei francesi, ma quando scoppiò la guerra dei sette anni (in Europa, tra le maggiori potenze, comprese Francia e Inghilterra) l’Inghilterra inviò tutta la sua potenza militare in America a sostegno dei coltivatori della Virginia. Il fronte del conflitto divenne sempre più ampio e poco a poco i francesi persero vari territori. La guerra si riequilibrò quando la Spagna intervenì in aiuto dei francesi con l’intenzione di salvaguardare i propri interessi. La guerra si concluse nel 1763 con la Pace di Parigi. - La Francia cedette il Canada e chiuse l’alleanza con i Pellirosse, la Spagna cedette la Florida. - il re inglese, in compenso, ordinò ai suoi coloni di non riprendere l’avanzata verso ovest perché non voleva più essere coinvolto in nuove guerre.

Le colonie americane nel 1763. Col tempo, sorsero in America 13 colonie inglesi nettamente differenziate tra loro per gli aspetti economici e sociali: - Colonie meridionali: erano cinque. Caratterizzate da latifondi coltivati con le monocolture del tabacco e cotone, i cui proprietari rappresentavano anche la classe dirigente di tali zone, l’aristocrazia terriera. Vi era un ampissimo utilizzo della schiavitù. Indiscussa autorità era la chiesa anglicana. - Colonie del centro: erano quattro. In queste zone vi erano le città e i porti più importanti. Questi territori erano abitati da popolazioni provenienti da vari paesi europei. In queste colonie vi era grande diffusione, diversamente da quelle del sud, della piccola proprietà terriera. Vi erano continue ondate di immigrazioni che, a causa della pressione demografica, spingevano la popolazione a migrare verso le terre dell’ovest. - Colonie del nord: chiamate anche Nuova Inghilterra. La popolazione era in gran parte puritana. Vi era la diffusione della piccola proprietà terriera. Da queste zone proveniva il legname per le navi delle colonie e quelle della flotta britannica. Le tredici colonie erano sotto l’autorità di un governatore e di un’assemblea elettiva (il voto era comunque pilotato per dare la carica agli immigrati di vecchia data) sottomesse alla corona inglese.

Il patto coloniale e la soggezione economica. Le colonie erano amministrate secondo il mercantilismo: dovevano commerciare solo con l’Inghilterra e non dovevano produrre quello che potevano acquistare dalla madrepatria. Nel 1774 Thomas Jefferson denunciava tale legislazione, che provocava il rallentamento dello sviluppo delle colonie. In realtà, comunque gli americani non rispettavano appieno le limitazioni, vi era larghissima diffusione del contrabbando. Inoltre le colonie godevano anche di vantaggi dati dal commerciare con un mercato dinamico come quello inglese, pagando solo bassi contributi fiscali al governo londinese. Nel 1763 però vennero imposte tasse maggiori a causa della guerra contro la Francia, che aveva dato un duro colpo al bilancio statale.

2. La guerra di indipendenza. Il dibattito sul potere di tassazione. Dal 1764 l’Inghilterra prestò più attenzione al controllo del contrabbando e nel 1765 entro in vigore lo Stamp Act che imponeva il pagamento su tutte le pubblicazioni (documenti ecc.). Questo provocò le proteste americane. I cittadini esposero il principio “no taxation without representation”, cioè: Gli americani non avevano diritto di voto sul parlamento, dunque il parlamento non doveva imporre tasse su di essi. I coloni americani chiesero che venissero

riconosciuti i loro diritti, fino a quando questo non successe venne attuato un boicottaggio delle merci inglesi. Di fronte a tutto questo, il governo revocò lo stamp act. Per togliere poi ogni incertezza, venne approvata una dichiarazione che sottoponeva i coloni americani alla legislazione fiscale inglese.

La battaglia del tè. La tensione divenne elevatissima quando, nel 1773, la Compagnia delle Indie venne autorizzata dall’Inghilterra a vendere direttamente alla popolazione americana il tè, scavalcando i commercianti locali. Questo conveniva alla popolazione, che così avrebbe speso meno, ma esplosero le proteste non solo dei commercianti, ma anche dei consumatori stessi. Ormai contava più la politica dell’economia. La faccenda fu vista come la prova che il parlamento non era interessato minimamente a rappresentare i diritti americani. Nel 1773 dei Bostoniani rovesciarono in mare il carico di tè di alcune navi della Compagnia. Il governo della corona reagì con provvedimenti repressivi.

La lotta armata e l’indipendenza degli Stati Uniti.

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Primo Congresso: Venne fondato con delegati delle colonie, si riunì nel 1774 a Philadelphia. Invitò gli americani a boicottare del tutto le merci inglesi. Fece inviare un ultimo appello al re Giorgio III perché intervenisse contro il parlamento. Il re però mirava alla completa sottomissione degli americani e il conflitto divenne inevitabile. Secondo Congresso: L’Inghilterra inviò un grande numero di truppe. Venne dunque riaperto nel 1775 il congresso. Questo costituì un esercito di liberazione, al cui comando vi era un latifondista del sud, già ufficiale nella guerra contro la Francia: George Washington. Il 4 LUGLIO 1776 venne poi emanata la DICHIARAZIONE DI INDIPENDENZA, a cui contribuì Thomas Jefferson. Si passò poi alla “logica giuridica” basata sulla DIFESA DEI DIRITTI DELL’UOMO. La guerra d’indipendenza durò dal 1773 al 1783, nel ’78 la Francia passò dalla parte degli americani e nell’79 fece lo stesso la Spagna. Fine guerra: Nel 1783 furono riconosciuti, con il trattato di pace di Versailles, gli Stati Uniti d’America. La Francia ottenne grande prestigio politico e la Spagna riottenne la Florida.

3. La società americana dopo la rivoluzione. La confederazione del 1781. Nel 1777 il congresso aveva proposto un progetto di costituzione, nel 1781 venne approvato. La prima costituzione istituiva una confederazione formata dalle 13 ex-colonie, che erano riconosciute come stati indipendenti: infatti questi si erano dati una costituzione, autonomamente rispetto alla dichiarazione di indipendenza, e non erano disposti a rinunciare alla loro piena sovranità. Per tutto questo, i poteri del congresso erano molto limitati.

La rifondazione federale degli Stati Uniti. La costituzione confederale mise in luce la disunione tra gli stati. Vi era un forte contrasto tra nord e sud, a cui si aggiunse quello tra est e ovest (stati che venivano fondati di anno in anno e stati già esistenti). Tutto ciò fece temere la disgregazione della Confederazione, così venne convocato un nuovo congresso (1787) nel quale venne sancito un accordo tra i protagonisti della rivoluzione con i ceti politici-economici del sud e del centro. Questo accordo pose le basi di una nuova costituzione. Contemporaneamente venne emanato il federalista, un opuscolo propagandistico, scritto con contributo di Hamilton, per convincere il popolo ad essere in favore a uno stato federale. La nuova costituzione venne approvata nel 1787 e sottoposta poi alla ratifica dei singoli stati, che posero più resistenze del previsto perché lo stato federale veniva visto come l’anticamera dello stato unitario. Alla fine la costituzione entrò nel vigore nel 1788. La costituzione federale prevedeva un presidente eletto, il primo fu George Washington, eletto nel 1789.

Divisione dei poteri e federalismo La Costituzione americana si basava principalmente sulla divisione dei poteri, assegnati così: - Potere legislativo: di un Congresso formato da due camere. - Potere esecutivo: del presidente eletto; a eleggerlo erano i grandi elettori, scelti apposta dal popolo. Le camere non potevano rovesciare il presidente e questo non poteva sciogliere le camere; in questo modo rimanevano due poteri stabili e uno non poteva scavalcare l’altro. Qualche tempo dopo furono aggiunti alla costituzione dieci emendamenti che garantivano la tutela dei diritti individuali. Lo stato federale aveva pieni poteri di commercio estero e circolazione monetaria. I rappresentati al Congresso erano scelti dal popolo di ogni stato in base alla sua popolazione (stati più popolosi = più rappresentanti). Invece per il senato ogni stato eleggeva due rappresentanti, così da bilanciare il potere fra tutti gli stati.

La divisione del Partito federalista. Già dal periodo di presidenza Washington vi fu un conflitto d’interessi fra nord e sud: - Nord: c’era Hamilton che favoriva il governo federale; quindi creò una banca centrale federale e mirò ad una politica protezionista (impedire l’importazione di merci inglesi per preservare lo sviluppo degli stati americani). - Sud: gli stati erano favorevoli alla politica liberista , dato che la loro economia si basava sull’esportazione di tabacco e cotone. Si formò allora, staccandosi dal partito federalista, un nuovo partito pubblicano-democratico, che vinse le elezioni presidenziali, con a capo Jefferson.

4. La frontiera e le prime guerre indiane. La crescita demografica e territoriale. Nel giro di quarant’anni la popolazione americana crebbe notevolmente grazie alla natalità e in più piccola parte anche agli immigrati provenienti dall’Europa. Anche a ovest la crescita demografica era consistente. Oltretutto gli Stati Uniti ottennero anche alcuni territori indiani, e formarono poi sette nuovi stati. Infine accorparono anche la Florida.

La colonizzazione dell’ovest. Le terre a ovest erano proprietà dello stato, il quale ne favoriva la colonizzazione vendendole a un basso prezzo. Ma i lotti che venivano venduti erano piuttosto grandi e i pionieri che li acquistavano non disponevano di grandi risorse economiche, così si trovavano indebitati con finanzieri e speculatori. Comunque la frontiera avanzava più velocemente rispetto alla crescita della popolazione; con terre così grandi infatti i pionieri non erano spinti alla coltivazione intensiva e si spostavano di terra in terra. Invece, nei territori dove l’agricoltura era più consolidata, la produttività aumentava grazie all’utilizzo di macchine agricole.

L’America dei pellirosse. A ovest abitavano i Pellirosse. Questi non conoscevano né ruota né aratro, a seconda delle zone comunque vi erano tribù che praticavano un’agricoltura fondata sulla coltivazione del mais. A nord vi erano degli allevatori locali, e gli apaches, che vivevano di caccia e agricoltura. La maggior parte delle tribù erano nomadi, limitatamente perché non conoscevano il cavallo, seguendo i bisonti. La caccia a questi animali era l’unico fondamento di queste tribù, dal bisonte infatti non ricavavano solo la carne, ma anche materiali da cui facevano tende, abiti, armi, ecc.

La diffusione del cavallo. Il cavallo fu introdotto dagli spagnoli nell’America settentrionale, e alla fine del ‘500 questo si diffuse nelle praterie; le mandrie di cavalli si moltiplicarono e successivamente gli indiani iniziarono ad addomesticarli per usarli per la caccia al bisonte. Quest’ultima fu aiutata ulteriormente dalla comparsa delle armi da fuoco. Tali tribù però non alterarono l’equilibrio fra loro e l’ambiente. Tuttavia ostacolavano, con il loro nomadismo, la colonizzazione agricola americana. Gli indiani comunque non tentarono mai di addomesticare i bisonti, e non riuscirono a creare delle federazioni per tenere testa agli europei.

La dissoluzione della civiltà dei pellirosse. I coloni americani spingevano verso ovest gli indiani, che si trovarono di fronte a un bivio: - Andare ancora più a ovest lasciando le loro terre - Rimanere tentando di avere rapporti pacifici. C’era però il rischio di essere decimati dalle malattie infettive portate dagli europei, alle quali si aggiungevano gli effetti nocivi del rhum e dell’acquavite che i coloni vendevano in cambio di pelli. Le tribù si vedevano comunque rubare la terra con violenza. Al tempo stesso vennero sanciti dei trattati per limitare l’espansione dei coloni, ma questi furono violati entro pochi anni. Così i pellirosse si ribellarono, ma furono successivamente sconfitti e deportati oltre il Mississippi (considerato come confine) dove però sorsero altri problemi. Infatti con il loro arrivo ci furono dei disordini con le tribù che cacciavano i bisonti, inoltre il Mississippi non fu più rispettato come confine e i coloni americani continuarono ad avanzare, distruggendo progressivamente i pellirosse.

Fine.

A cura di Noemi Monni e Mattia Lai, anno scolastico 2009/2010.

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