JONATHAN LIVINGSTON Mensile di libero pensiero
Metamorfosi
VOLI IMPREVEDIBILI ED ASCESE VELOCISSIME- DA UN ANGOLO BUIO - A MENTE FREDDA - MA CHI L’AVREBBE DETTO- MS
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POLITICA E SOCIETA’
EDITORIALE di TOMMASO CALIGIURI
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’ la scena in cui il presentatore in frac sul palco del teatro dice: «Una tromba con sordina.» E da una fonte non precisata giunge il suono di una tromba con sordina. Si apre il sipario e fa il suo ingresso un uomo in bianco che suona una tromba con sordina, e così la musica sembrerebbe arrivare proprio da quella tromba, se non fosse che qualche minuto dopo il “trombettista” allontana le dita dallo strumento e il suono di una tromba con sordina è ancora nell’aria. Il presentatore dice: «E’ tutto registrato. No hai banda!!! E’ tutto un nastro.» «Il n’y a pas d’ orchestrà! E’ solo un’illusione» Sta tutto qui se vogliamo il (non)senso di Mulholland Drive di David Lynch. Un (meta)film che trascina lo spettatore in una serie stranissima di eventi ingannandolo sino alla fine su una loro presunta relazione logica. Nel film succedeno cose come: personaggi che nelle prime scene vengono mostrati come protagonisti scompaiono per riapparire alla fine, attori che improvvisamente si scambiano il ruolo, vicende in sospeso a cui alludono personaggi che si suppone estranei, confusioni di nomi, di sagome, di luoghi, personaggi che recitano il copione per interpretare personaggi di un altro film, dialoghi che si perdono in digressioni (in)utili… Poi la scena del teatro in cui il presentatore in frac evoca il suono di strumenti che non appaiono, o che appaiono per rivelarsi immediatamente simulacri. «Il n’y a pas d’ orchestrà!!! E’ solo un’illusione» Lo spettatore (ingenuo?) tenta di riportare a coerenza la fabula riempiendo i vuoti con la creazione di mondi narrativi incompatibili tra loro. Si tratta forse di una sfida? Ordire una trama dove trama non c’è. Orchestrazione è anche quella che proclama da qui a qualche anno la fine del mondo a causa degli stravolgimenti climatici? Oppure a ingannarci sono coloro che sostengono che i cambiamenti climatici siano fenomeno naturalissimo, ripetizione ciclica? «Terrorismo climatico» o «cinico capitalismo»? Realtà o illusione? Da che parte il bene, da quale il male? Basta aprire la finestra? La tv è lo specchio della realtà? Riflesso limpido o distorto? O è la realtà ad essere alterata dalla tv? Impegnati nel tentativo di rintracciare nessi, relazioni, a non confondere cause con effetti: ci accorgiamo che ogni segno
DAVID LYNCH rimanda ad altro e questo altro rimanda a qualcos’altro ancora. Strano come si arrivi a conclusioni simili seguendo percorsi molto diversi. O a conclusioni divergenti partendo dallo stesso punto. Il dibattito tenutosi giorno 17 Febbraio sul rapporto tra Istituzioni e Associazioni è stato anche questo. Marx, citato dal Preside dell’Istituto Comprensivo G. Da Fiore Angelo Falbo in uno dei suoi diversi interventi sempre chiari anche se molto articolati, ha detto «I filosofi hanno solo interpretato il mondo in modi diversi, si tratta però di cambiarlo». Forse la mia generazione ha poca familiarità con il marxismo; più probabile che abbia letto invece Calvino: «L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che forniamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui : cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio» Strano come il Sindaco Franco Talarico, che per certi versi mi ha ricordato il presentatore evocante gli strumenti dell’orchestra (ir)reale, e per tale motivo degno d’ammirazione, (nel senso della caparbietà di chi è “abbandonato” a sé da coloro che in quanto membri della stessa istituzione dovrebbero essergli più vicini) abbia confutato nettamente quello che (ci) sembrava dato oggettivo: episodi di cattiva amministrazione. («Il n’y a pas d’ orchestrà!!! E’ solo un’illusione») Particolare però l’idea per cui visionando le carte ufficiali, uno scempio( per me e tutti coloro che la vedono come me) dovrebbe smettere di essere tale.
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3 Come se gli alberi abbattuti e il cemento non rimanessero là a darne brutale testimonianza. Proveremo comunque a seguire il consiglio. Proveremo, come ci è stato invitato dallo stesso Sindaco e anche dal Capitano della Compagnia dei Carabinieri, Enrico Pigozzo che tra l’altro ha ricordato che le Istituzioni dovrebbero sempre agire in modo da essere d’esempio, proveremo a rafforzare la nostra onestà intellettuale. Non parlo di “obbiettività”, termine che non mi è mai piaciuto e che tanto meno credo possa concretizzarsi. Esistono infatti punti di vista più o meno diversi e più o meno conciliabili. Ci impegneremo ad essere più sensibili alle prospettive che differiscono dalla nostra. Dunque ancora materiale su cui (ri)tornare a riflettere: evidenze o abbagli? Assenze: seggioline troppo vuote. Il cane che si morde la coda. (L’assenza della prova non è la prova dell’assenza!) Se alcuni concetti hanno trovato conferma, da questo dibattito sono sorte altre perplessità. Forse si presenta con questi sintomi, accompagnato allo stesso tempo da nuova consapevolezza e confusione, lo stato di Metamorfosi: nella sua silografia Escher “partendo da una forma geometrica modulare, ottiene crescita ed evoluzione della forma stessa ponendo in sequenzialità determinate varianti “intelligenti” sul modulo di base in modo che vengano mantenute le caratteristiche forti dei dati di base e venga assicurata, attraverso una successione coerente e additiva di stimoli percettivi, la comprensione del messaggio visivo” (Manuale della comunicazione; Gensini, Cimatti)Non che le intenzioni soggiacenti al nostro lavoro fossero tanto diversi da quelli attuali, ma nei primi numeri di J.L. eravamo timorosi della parola “politica”. Acquisizione preziosa a cui a mio parere dovremmo accompagnare quella che rappresenta la nostra risorsa maggiore: la Creatività. Il semiologo Jurij Lotman ha equiparato la cultura alla biosfera, cioè il sistema interagente di tutti gli organismi viventi, e usa il termine semiosfera:un grande conglomerato di sottoinsiemi culturali che vivono separati, oppure si compenetrano, o entrano in relazione reciproca modificandosi, a volte addirittura “esplodendo” nell’impatto reciproco e quindi riorganizzandosi come se fossero organismi viventi. Credo sia un bel paradigma per descrivere l’avventura (creativa) di queste due anni di vita insieme che ha avuto la sua fase climax proprio nell’incontro con le Istituzioni. Forse tutto è cominciato da una situazione di meraviglia da cui sono scaturite delle domande. Un po’ come i bambini che con stupore filosofico chiedono ragione per ogni cosa che appaia davanti a i loro occhi, fosse anche un semplice fiore. Quindi Filosofia (parola che ci è tanto cara!): amore per il sapere: scambio dialettico, nascita e messa in discussione del senso:
Jonathan Livingston ne è un esempio lampante. L’idea era di mettere in moto un flusso di pensiero che potesse dare un po’ di respiro alle nostre esistenze; una riflessione che si muovesse lungo due assi parallele: 1) realtà moderna, quindi società dell’ultra-capitale e della comunicazione; 2) realtà quotidiana, ovvero il luogo più prossimo alle nostre vite. I dubbi e le domande che ci siamo posti da un anno a questa parte ci hanno fatto crescere, portandoci gradualmente a essere più consapevoli e a capire meglio cosa potevamo fare della nostra libertà.“L’uomo è condannato a essere libero” diceva Sartre. Condannato perché non ha creato se stesso, e tuttavia libero. Perché quando viene buttato nel mondo, è responsabile di tutto quello che fa. La nostra libertà fa si, che per tutta la vita siamo condannati a scegliere. Non esistono né valori eterni né norme alle quali appellarci: per questo è ancora più importante quale scelta facciamo, perché siamo totalmente responsabili delle nostre azioni. Possiamo dire che la società è (almeno in parte) il risultato delle nostre scelte. E le scelte derivano dalla nostra condizione. Tutto il nostro lavoro, certo ancora minimo ma che ci auguriamo di poter continuare nel migliore dei modi, si è mosso verso l’interpretazione della nostra condizione, è passato attraverso la riflessione sociale servendosi dei mezzi del ragionamento e dell’arte: cinema, musica, letteratura, poesia. L’obbiettivo era individuare le radici di quelle che vivevamo come situazioni difficili e inappaganti, sia sul piano individuale che sociale. Per ora ci fermiamo qui. Non si tratta di un addio ma di un arrivederci. Andiamo in vacanza.(Per qualche mese, ogni tanto occorre riposarsi: anche un piccolo giornale come J.L. richiede tanto lavoro!) Ci sono tantissime cose di cui parlare, vorremmo farlo nel migliore dei modi e questa pausa servirà a ritrovare le giuste energie. Vi siamo grati per averci seguito(nel bene e nel male) e sostenuto. Il nostro percorso associativo prosegue comunque, a prescindere dagli strumenti (comunicativi) che decideremo di utilizzare, ormai padroni di quella certezza che è più forte di qualsiasi dubbio e che può essere bene riassunta da questa frase «un pittore non smette di fare quadri solo perché qualcuno gli ha detto che non è un pittore» Infatti al di là delle parole che si possono fare, che come ha detto qualcuno (Valery?) “stanno alle cose come le costellazioni alle stelle”, a parte le definizioni che è possibile limare, le teorie da (ri)formulare, occorre fidarsi delle proprie percezioni.
(Segue a Pag. 20)
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POLITICA E SOCIETA’
Voli imprevedibili ed
ascese velocissime Pensieri sparsi sul primo anno di Jonathan Livingston
di FRANCESCA MANCUSO
di PIETRO CHiARELLA
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MA CHI L’AVREBBE MAI DETTO???
niziare con un “chi lo avrebbe mai detto” può sembrare del tutto scontato e prevedibile, ma forse è quello che hanno pensato un po’ tutte le persone che in questo anno, in un modo o nell’altro, hanno dato da mangiare a Jonathan. Già perché, passatemi la metafora, questo gabbiano per volare ha costantemente bisogno di energia, quella che tutti noi siamo riusciti a donargli. Certo non è stato facile, i momenti in cui il nostro giovane amico ha rischiato di fare una brutta fine ci sono stati, forse ce ne saranno degli; gli avvoltoi (ahinoi) non vanno mai in vacanza. Le pagine di questo giornale, come ben sa chi ha avuto la costanza di leggerci, sono state protagoniste di diversi episodi,scambi di vedute più o meno pacifici, che hanno attirato l’attenzione sull’Albatros. Di questo ne sono personalmente soddisfatto; se le critiche e tutte le discussioni che ne sono succedute sono puntualmente arrivate vorrà forse dire qualcosa? Credo di si, anche se tutto ciò che siamo riusciti a raccogliere, salvo qualche sporadico episodio, sono state parole poco edificanti. A questo punto la tentazione di dire frasi del tipo “non siamo stati capiti” o “avete travisato le nostre parole” è forte, ma poi ci accuserebbero di copiare il cittadino Silvio B. ogni qualvolta rilascia dichiarazione quantomai avventate!! Nell’editoriale dello scorso numero Tommaso credo sia riuscito a riportare in modo secco e diretto quello che più volte si è cercato di far capire, cioè che: “Non siamo struzzi, cioè a-politici: l’associazione è APARTITICA, perché a-politica, non potrebbe mai esserlo. Questo significa che:non siamo schierati con nessun partito, che non faremo campagna elettorale per nessuno e che esprimiamo ed esprimeremo il nostro parere sull’operato di chi ci amministra, sia esso un soggetto di destra centro o sinistra. Applaudendo o criticando se necessario”. Parole importanti che devono essere l’imprescindibile punto di partenza su cui fondare quel dialogo costruttivo con le persone, amministratori e non, interessate alle sorti del luogo in cui vivono. Se cercare di dare una scossa alla società civile è sintomo di presunzione, allora credo che l’Albatros in questo sia molto presuntuosa (e perché no, se ne vanti anche con gli amici al bar!!). Non voglio tediare oltre con questi argomenti; in fondo stiamo festeggiando il nostro primo anno, e quindi come finire se non con un augurio, che è quello di proseguire questa esperienza impegnativa ma divertente, che ci ha permesso finora di condividere e mettere in circolo idee, proposte, iniziative, condivisibili o criticabili, ma utili forse a dare un segno, uno stimolo.
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002 “Ma chi sono questi?” 2005 “Però… sono simpatici…” 2007 E chi l’avrebbe mai detto?! Ritrovarsi davanti alla sala giochi e parlare un po’ di tutto… E chi l’avrebbe mai detto?! Uscire con Sabri e poi trovarsi al pub con Salvatore, Tommaso, Andrea, Vincenzo…E chi l’avrebbe mai detto?! Stare in sede a fare progetti, ridere e scherzare… INSIEME! Questo è il piccolo-grande miracolo dell’Albatros.Ci ha fatti conoscere. In molti casi ci ha fatto diventare amici. Ci ha fatto scoprire la profondità di Carmine e Tommaso, la passione per il cinema di Andrea, l’intelligente simpatia di Vincenzo e di Pietro, l’eterno entusiasmo di Salvatore, la salubre pazzia del profeta, il nostro profeta, Gigi.Chi avrebbe mai pensato di parlare con Angelina? Di scoprire che Gianluca, che conosco da quando avevamo tre anni, è un politico (nel senso più antico del termine) “in potenza”? Per questi, e tanti altri motivi che non sto qui ad elencare, ringrazio l’Albatros, le riunioni fatte al freddo e “al cielo”, al tiepido vento primaverile; in piazza, nella vecchia sede, a casa di Angelina, nella nuova sede, in giro per il paese.Ringrazio l’Albatros perché ci ha fatto incontrare, conoscere, scoprire, criticare costruttivamente…stimare! La ringrazio perché ogni giorno ci permette di immaginare, inventare, fare qualcosa di concreto per Carlopoli. Ci ha permesso, ci permette e, sono sicura, ci permetterà ancora di crescere insieme.
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Disponibile il nuovo profilo Albatros virtuale, con foto, video e la nostra rivista da scaricare gratuitamente sul pc. Per maggiori informazioni, consultare l’articolo di questo numero a pag. 9.
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17 Febbraio, da un’angolo buio
Il dibattito del 17 fra l’Albatros e le istituzioni locali sembra aver spinto molte riflessioni da parte degli associati e non. E’ proprio un’associata, in questo caso, ad esporre la propria opinione di GERMANA SCALESE
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tare nell’angolo a volte può servire. Da qui posso vedere lì, sedute a quel tavolo, tante persone, tutte diverse. Ad alcuni di loro, i ragazzi, sono legata da momenti passati assieme, da un sogno, da affetto, da scambi di idee spesso contrastanti. Agli altri mi lega un’aspettativa, una speranza: questi altri sono le Istituzioni. Spero di riuscire in queste poche parole a raccogliere contemporaneamente le mie impressioni, i pareri di tutta l’Associazione Albatros, che dovrebbe in esse sentirsi rappresentata, ed i messaggi dei rappresentanti delle Istituzioni stesse. Dunque mi prendo la responsabilità di eventuali fraintendimenti: nel caso avessi compreso male o travisato alcuni concetti vi prego di correggermi, soprattutto considerando quanto importanti per la nostra crescita di associazione potranno essere alcuni dei punti che sono emersi dalle introduzioni e dal dibattito sostenuto dalle Istituzioni e non solo. Fondamentalmente noi ragazzi, per quanto diffidenti, siamo convinti nel nostro intimo che tutte quelle iniziative e manifestazioni che abbiamo portato avanti,
se sorretti costantemente da coloro che sono simboli ognuno di un qualcosa di importantissimo per la comunità, avrebbero dato altri frutti, più duraturi e concreti di quelli dati. Siamo giovani, e qualcuno ha detto che esser giovani implica il bisogno di esser arroganti per farsi strada nel mondo. Noi siamo arroganti quando vediamo nel nostro lavoro un futuro ed una speranza, un centro propulsore di idee ed azioni per Carlopoli. Ma da che mondo è mondo, i giovani sono sempre anche un pò spauriti; ed è impossibile negare che le Istituzioni, ognuno nella propria veste di amministratore, di tutore della salute dello spirito l’uno e della sicurezza l’altro e di emblema della formazione culturale ed umana delle nuove generazioni, potrebbero se non arrestare, quantomeno affievolire questa nostra paura di non farcela, di soccombere. Non sto parlando delle paure esistenziali a cui faceva riferimento il Prof. Falbo durante l’incontro, non sto parlando della paura di non riuscire a prendere un buon voto ad un esame all’Università, o di non sapere affrontare le relazioni con gli altri.
Sto parlando di quel bisogno [vitale a mio avviso] di lavorare per un paese dal quale ci si sente appoggiati, perchè vedo nell’abbattimento di alcuni pregiudizi e di alcuni luoghi comuni, nella capacità di raccogliere e valorizzare le differenze, l’obiettivo primo di un’associazione come la nostra. Certamente non ci si può aspettare un’adesione ed un consenso unanime (sarebbe addirittura poco stimolante, oltre che irreale); tuttavia crescere e svilupparsi all’ombra della diversità culturale ed intellettuale che ci allontana da coloro che ci criticano, senza domandarci il perchè di questa ostilità, sarebbe come opporre alla demagogia, una chiusura elitaria e superba. Ed in questo le Istituzioni possono svolgere un ruolo fondamentale, secondo il nostro parere. In quanto, in base alle esperienze avute, la Scuola, il Comune, la Chiesa e le Forze dell’ordine possono essere veicoli per raggiungere fasce di popolazione che altrimenti rischierebbero di rimaner escluse dall’opera dell’associazione, per una serie di motivi.Tirando le somme il pomeriggio è stato fruttuoso e stimolante
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POLITICA E SOCIETA’ Sono usciti fuori critiche e spunti di riflessione che credo saranno i paletti per il percorso da intraprendere... o eventualmente le tattiche per buttarli giù quei paletti! Il tutto si è svolto partendo dalla proiezione del video, realizzato da Andrea, nel quale venivano messe in evidenza le varie attività che hanno contraddistinto l’anno di vita dell’Albatros. Si è poi passati ad una serie di introduzioni e considerazioni personali, alcune rette da rappresentanti dell’Associazione stessa (Angelina, Sabrina e Gianluca dei quali non riporterò le introduzioni in quanto si possono trovar per iscritto nei libretti che quel pomeriggio sono stati distribuiti), altre dalle Istituzioni coinvolte nell’incontro. Da lì si è passato al dibattito, aperto da una serie di quesiti e provocazioni (nel senso etimologico del termine) di Tommaso, che hanno infine dato come risultato le risposte che da tanto tempo aspettavamo di sentire. ra i rappresentanti delle Istituzioni, il primo ad entrare nel vivo del pomeriggio è stato il Sindaco del Comune di Carlopoli, Rag. Francesco Talarico, il quale ha messo in evidenza il legame strettissimo che esiste tra politica e cultura. Lasciando svolgere il filo del discorso sul concetto di sinergia, ha sottolineato come la politica, se non sorretta e coordinata da una base culturale, quindi progettuale (come direbbe Angelina!) e motivata, possa trascendere in personalismi sterili; e viceversa ha riconosciuto come la cultura, se non accompagnata nei propri movimenti autonomi dalla politica e dai suoi mezzi, non possa effettivamente raggiungere i nobilissimi obiettivi che si è prefissa. Rispondendo poi ai quesiti di Tommaso, il quale esprimeva la propria delusione ed amarezza circa il silenzio che talvolta ha circondato i suoi articoli, che pure, stando alle
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voci, hanno spesso suscitato perplessità e critiche, il Sindaco ha esplicitamente manifestato il proprio disappunto riguardo ad alcune asserzioni contenute nel giornale J.Livingston, sostenendo che
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Sto parlando di quel bisogno [vitale a mio avviso] di lavorare per un paese dal quale ci si sente appoggiati, perchè vedo nell’abbattimento di alcuni pregiudizi e di alcuni luoghi comuni, nella capacità di raccogliere e valorizzare le differenze, l’obiettivo primo di un’associazione come la nostra. la critica dovrebbe esser sorretta da documentazioni e non limitarsi a puntare il dito anche infangando l’Amministrazione Comunale. Al termine di una diatriba, in alcuni momenti eccessivamente accesa ma alla fine “divertente”. Terminato l’intervento del Sindaco, la parola è passata al Parroco della Comunità, Don Raffaele, che ha preferito puntare l’attenzione sul concetto di comunicazione, strumento basilare dell’uomo come essere civile e sociale. oerentemente con il proprio ruolo, Don Raffaele ha poi messo in chiaro quello che secondo lui è il corretto utilizzo dello strumento comunicazione: sebbene l’espressione libera delle idee e del pensiero sia diritto riconosciuto e ormai assunto come fondamento della comunicazione stessa, tuttavia il linguaggio lecito viaggia parallelamente con l’ortodossia del messaggio morale e spirituale della fede. Se la comunica-
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zione, dunque, non tiene conto di questa direttiva, ha detto il Parroco, trascende nella amoralità e nella erroneità del contenuto oltre che della forma. Con Don Raffaele, per quanto il dialogo sia stato schietto ed acceso, si è comunque giunti rapidamente ad un punto di incontro che in realtà avevamo già trovato attivamente nella manifestazione organizzata per gli anziani. Ha ribadito infatti come la sua disponibilità sarà sempre totale fintantoché la nostra azione di Associazione possa andare di pari passo con la verità che lui ed alcuni membri dell’Albatros stessi ritengono esser quella unica ed universale.Dopodiché è stata la volta del Preside dell’Istituto Comprensivo G. Da Fiore, Angelo Falbo. Il suo punto di partenza è stato un prender le distanze dalle statiche definizioni che fino ad allora erano state date di Istituzione ed Associazione, ritenendole poco adatte a quella che lui ha definito una realtà dinamica. Facendo notare poi come l’essenza stessa di queste realtà associative e sociali sia direttamente dipendente dal tempo e dal luogo, dunque dal contesto al quale si fa riferimento, è sceso nel particolare del “qui ed ora”, analizzando il rapporto che sin dall’inizio si è instaurato tra l’Istituto e l’Albatros, definendolo assai fruttuoso. on si è tuttavia soffermato ad un apprezzamento, ma ha preferito ampliare il proprio intervento consigliandoci nuovamente di allargare e nobilitare la nostra attività attraverso l’impegno sociale, che a suo avviso costituirebbe un salto di qualità, in quanto solo la sfera politica sublima l’uomo dalla mera quotidianità. Ci ha consigliato di metterci in discussione rispetto alle modifiche che il tessuto di valori e principi subisce continuamente, e di prender spunto da quel concetto di “praxis” tanto caro a Marx:
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il tramutare l’analisi critica della realtà in coinvolgimento reale per l’evoluzione della stessa. In un commento secondo, scaturito dal dibattito, il Preside ha voluto dire a noi ragazzi dell’Albatros come non sia possibile aspettarsi continuamente un riconoscimento del lavoro fatto, e come ciò non sia del tutto necessario. Infine si è assistito all’intervento del Capitano della Compagnia dei Carabinieri, Enrico Pigozzo, che ha preferito partire direttamente non solo dall’ultimo editoriale del giornalino, scritto da Tommaso, ma anche dal discorso precedentemente tenuto da Gianluca. Pur ammettendo che
assai spesso possa accadere che l’amore per la propria terra si tramuti in rabbia, specie se si vive in contesti difficili e travagliati, quale quello calabrese, il Capitano ha comunque ripetuto energicamente che il ruolo di cittadino non si può esprimere solamente attraversa il dissenso e l’opposizione a coloro che gestiscono il potere, ma anche e soprattutto con la partecipazione e la collaborazione. Il Capitano Pigozzo ha intercalato tra le cosiddette sicurezza “effettiva” e sicurezza “percepita”, una sicurezza partecipata, nella quale i cittadini che come noi ragazzi dell’Albatros si pongono in maniera critica, non si
limitano a farlo sterilmente, ma osservano, analizzano e propongono. Al Capitano vanno i nostri ringraziamenti per aver saputo mediare in alcuni momenti in cui si rischiava di trascendere in battibecchi un pò volgari, per quanto l’Albatros possa sferrare a suo piacimento il suo asso nella manica di pacatezza e conciliazione: Angelina. Accolta con piacere è stata la partecipazione di alcuni Carlopolesi, che hanno assistito anche con trasporto al dibattito, sebbene, col passare del tempo, ci aspettiamo sempre maggiore affluenza alle nostre iniziative.
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POLITICA E SOCIETA’
A mente fredda
La nostra presidentessa, dopo il dibattito del 17 Febbraio sul rapporto fra Politice e Cultura, analizza brevemente quello che dovrebbe chiamarsi “confronto aperto” di ANGELINA PETTINATO Quando ho pensato a questo incontro mi sono misurata con i simboli: un tavolo unico, nessuna distanza istituzionale pur nell’assoluto riconoscimento delle Istituzioni, un video per raccontarsi e una sorta di libro da compilare insieme e che ognuno potesse portarsi a casa per le proprie riflessioni, laddove fossero rimasti la curiosità ed il desiderio di continuare a riflettere, e che inducono a migliorarsi ogni giorno, instancabilmente. Al mio solito, e di questo credo di dover cominciare a scusarmi con chi mi legge, sarò prolissa ma penso che i contenuti di questo convegno lo meritino. Tanti, secondo me, gli spunti di riflessione: non fossilizzarsi sulle definizioni, aprirsi alle sfumature, mantenere fedeltà ai principi, essere sentinelle del territorio, comunicare, portare avanti le proprie idee, accettare la contraddizione, non cercare a tutti i costi il riconoscimento, partecipare della propria sicurezza… Si definisce per darsi un orientamento; se si riesce ad essere davvero intelligenti non ci si incastra, ma si impara ad usare le definizioni per creare strumenti nuovi e creandoli per cambiare le definizioni stesse (Popper insegna!). L’uomo vive adattandosi ad un ambiente continuamente cangiante e nel far questo cambia continuamente se stesso. Ha trovato come soluzione alla dinamicità, il trovare le invarianze nella varianza e questo gli consente di non riuscire sempre a sapere come si chiama, ad esempio, questo o quell’animale ma a sapere comunque, che di un animale si tratta! Penso sia fondamentale non fissarsi sulle definizioni, come ci è stato saggiamente consigliato, e che più che trovare la stabilità si dovrebbe cercare l’armonia nell’instabilità (come afferma il mio professore), ma ritengo altrettanto importante darsi dei punti di riferimento. Le diverse Istituzioni nel tempo cambieranno volto ma non il senso più profondo del loro essere. Se oggi ho fiducia di loro, che hanno un dato volto, una data modalità di porsi in relazione, ma soprattutto se saprò non lasciarmi condizionare da questi elementi, domani, quando non saranno più le stesse persone a rappresentarle, ne avrò comunque rispetto e le cercherò quando qualcuno cercherà di farmi del male ma soprattutto quando si tratterà di fare del bene. E qui, se ho capito bene, subentra il concetto di sicurezza partecipata. Siamo
forse fin troppo abituati a pensare che finché non ci toccano personalmente, non siamo autorizzati a reagire e questo non è un buon atteggiamento. Io penso che l’uomo non nasca cattivo, nasce uomo e poi, in base al contesto e alla possibilità che questo gli offre, diventa buono o cattivo, o meglio ancora, l’uno e l’altro in base alle necessità e alle possibilità. Se questo è giusto, allora, riesco meglio a spiegarmi la ricerca delle sfumature. Saper essere significa saper cogliere quello che ci circonda e saperlo ristrutturare secondo modalità non necessariamente assolutistiche ma adeguate per la risoluzione dei problemi, sempre tenendo conto dell’altro, e sempre avendo in testa come metro di valutazione e rapporto, il rispetto dell’altro. Le sfumature sono infinitamente più stimolanti dei colori già definiti nella loro grana. L’impressionismo ne è un esempio lampante. Tutto ciò che vedo muta continuamente: il sole muta il suo colore alzandosi e andando a dormire; questo suo continuo cambiamento affascina e non spaventa perché il sole rimane sole, finché esisteranno uomini a testimoniarlo! Sono certamente d’accordo con il non essere utopistici nelle misura in cui però, si capisce di non essere in grado di gestirla l’utopia. Io non la vivo male perché ho imparato non tanto a non avere paura, ma a gestirla nell’ affrontare il reale al meglio delle mie possibilità. E mi piace ugualmente pensare che ciò che non è ancora possibile possa comunque, non solo avvenire, ma avvenire perché ci si è messi insieme per crearlo. Ho bene in mente l’insegnamento di un altro mio professore e, insieme anche quello del mio papa Giovanni Paolo II, di non avere paura di pensare di poter cambiare il mondo. Citando ancora il papa,“se sbaglio mi corrigerete”. Intanto però, impariamo a guardarci e ad agire sinergicamente! Il mondo resterà rotondo, ma le menti, per loro natura, potranno cambiare se ci crederemo fino in fondo, partendo dal piccolo, dal quotidiano, dal dato reale. Qui, la necessarietà della volontà di superare i problemi. Penso non ci si debba mai esimere (anche perché, secondo me, non ci si riesce) dall’emozionarci di fronte all’immagine di noi stessi nel futuro che è già orizzonte, perché cresciamo e nel crescere non riusciamo quasi mai, se non mai, ad essere come avremmo voluto. E viva Dio per questo, significa che non è ancora finita
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9 Albatros approda su
MYSPACE!
a cura di VINCENZO CHIARELLA Il sito dell’associazione Albatros sbarca su myspace!!! Ma cos’è myspace??? Myspace è una comunità on line che consente di scambiare informazioni, commenti, nonché di stringere nuove amicizie. Infatti una potenzialità di myspace è quella di mettere in evidenza gli amici che ogni utente ha, di contattarli, conoscere i propri interessi,i propri gusti musicali e quindi fare nuove conoscenze. Tale caratteristica potrà sembrare banale, ma ha permesso a myspace di diffondersi in tutto il mondo. on esiste artista senza una pagina myspace in cui far ascoltare le proprie canzoni o pubblicare le date del nuovo tour; e tramite la sua pagina è possibile conoscere altri artisti suoi amici ecc… insomma una rete di conoscenze potenzialmente infinita; che ha suscitato l’interesse persino di Google, il più famoso motore di ricerca, che ha deciso di acquistare il sito pagando 580 milioni di dollari al fondatore (un certo Tom Anderson, che in automatico diventerà vostro amico non appena avete creato la vostra pagina).Questo ha indispettito molti utenti di myspace, tant’è che negli Stati Uniti la t-shirt con la scritta : “Tom is not my friend” è una delle più diffuse. Sul nuovo sito potrete trovare sempre l’ultimo numero e gli arretrati di “Jonathan Livingston”, tutte le informazioni e le iniziative che l’Associazione sta intraprendendo, e tramite il forum potrete partecipare attivamente con l’Associazione Albatros, anche a distanza, proponendo nuove iniziative e partecipando alle discussioni. Vi invitiamo quindi a visitare il nuovo sito www.myspace.com/associazionealbatros ,ad iscrivervi al forum, e perché no, a creare la vostra pagina su myspace, per poter essere aggiunti tra gli amici dell’Associazione Albatros.
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l’avventura chiamata vita. “L’ossigeno non si vede ma c’è ed è fondamentale” , per me significa, che c’è una propensione non sempre ben percepibile che ci avvicina o ci allontana dalle persone o dalle cose. Questa propensione, forse a volte, è bene non definirla, forse a volte, è bene “perderla ri-trovandola” nelle sfumature perché ci lascia la possibilità e nella possibilità il poterci sorprendere (che non guasta mai!!!). Mi fermo qui, ma ci sono tante cose che dovrebbero essere ancora dette e approfondite. Rivolgendomi alle Istituzioni, spero abbiate compreso e apprezzato fino in fondo questo nostro tentativo. Ogni parola scritta o verbalizzata, ogni riferimento costituzionale e non è stato oggetto di riflessione, di scontro ed incontro. La Costituzione non è una
carta qualsiasi, è un riferimento importante che tutti dovrebbero conoscere e capire. Non solo gli articoli 18 e 21 ma tutti gli articoli che la compongono, dovrebbero essere oggetto di riflessioni (proposta?!?). Vi continuo a chiedere di aver cura di noi allo stesso modo di come noi cercheremo di avere cura di voi. Se potete imparate anche voi a cercarci, chiaramente secondo le vostre modalità, le vostre possibilità e i vostri tempi … noi abbiamo imparato che non ci ignorate anche quando sembra che così sia, e nel nostro piccolo, impareremo ad essere delle sentinelle intelligenti, per rispetto a noi stessi, con voi e per il nostro territorio. Grazie ancora per essere stati al gioco del tavolo e di averci portato questi ed altri spunti di riflessione. Alla prossima!!!
10 SPAZIO ALLA CULTURA
(DI)VERSI
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UNUSUAL
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he freddo diceva … le parole gli restavano quasi attaccate alle labbra … e come la nebbia dileguati si ritrovarono senza una meta o, forse non c’era. Concetti strani e nuvole di pensieri intorno, musica e parole, complicità dei suoni, dolci miscugli di tempi pieni in una più strana e non sentita stagione. Il nero ha i colori del tempo … e in quella sera scivolando riempiva tutto intorno… Che non trovi titoli chiusi in custodie, ma regali ai sorrisi la lacrima giusta. Guardate ancora la strada? No! … stasera ci stiamo, con tutta la voglia di passarci ancora un pò. Quando tutto è perfetto anche lo stereo ha la musica giusta … “fra poco arriverà! cosa farò! non tarderà … mi vestirò da sera, che grande confusione, dove saranno mai dove ho potuto perdere le scarpe nuove … ed il divano l’ha! distrutto il cane! … ho perso l’illusione … UFFA!” SALVATORE GENTILE
mbre passeggiano sul soffitto del mio giorno Appese alle stelle si dondolano traversando il cielo che rimane tinto di grigio Ombre passeggiano sul soffitto del mio giorno Si stendono sul giaciglio allungandosi macabre Ombre passeggiano sul soffitto del mio giorno E tornano poi nei cassetti dell’immaginazione quando all’alba la volta calerà l’eburne maschera GERMANA SCALESE
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SPAZZOLINO DA DENTI AL DI LA’ DEL BENE E DEL MALE Setole multicolori sfregano grattacieli cariati di quel mondo che è mondo a suo modo; quel modo pingue di divorar se stesso come oblunghe patatine scodellate in petrolio: fosco samsara nel fondo di una friggitrice MecDonalds incollato sui dislivelli di un avamposto devulcanizzato. Scorrono di molare in molare gli anni sul raccordo anulare. E non si previene. Bambini all’uscita di scuola. Gengiva sanguinolenta «Stella!» «Marina!» Sono boe di un abisso capovolto i palloncini di elio lievitati al cielo: Sommozzatori? Pochi e solitari. Il sole lo sa, resiste rischiara cappellini le urla dei bambini. Pozza di microbbatteri in una guancia del mondo. Minnie sul manico dello spazzolino la mattina. Risciacqua e sputa la poltiglia. TOMMASO CALIGIURI
AL POSTO DEL CUORE Un microprocessore. Sto pensando a freddissime poesie scritte da un calcolatore.
QUESTA NOTTE Facciamo finta di non arrenderci. Di là potrebbero abboccare.
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LE FRASI
Le abbiamo raccolte tutte. Sono le frasi più belle , più significative, più scorrette, più..... scritte dalle penne dei nostri associati e non. Buona lettura. «D’altro canto della neve abbiamo paura. Potrebbe gelare e bruciare definitivamente l’ansia di vita che ci fa camminare per queste strade deserte e surreali» Il Cavaliere Inesistente Questi giorni a Carlopoli. N.1 «Un film non va solo guardato, o meglio, la prima volta si, ma la seconda, la terza, e così di seguito va assaporato e gustato come una succulenta torta a strati, all’inizio si assaggiano tutti gli strati insieme per gustare e apprezzare il sapore dell’intruglio, dopo si inizia ad esplorarne gli ingredienti, ebbene è l’inizio della degustazione nella forma più divina,il cioccolato, la crema il pan di pianga, il liquore che impregna e ammolla il tutto; è un delirio, è uno sprigionarsi continuo di emozioni»
manieristica delle nature morte» Tommaso CaligiuriSull’emigrazione N. 8 «A volte pare così assurdo il modo in cui si dichiarano le guerre, in meno tempo di quanto io impieghi a vestirmi»
(senza, ringraziando Dio, soffrire di alcun disturbo multiplo di personalità)
Salvatore Gentile Colorate secche foglie N.8
Angelina Pettinato Tizio, Caio e Sempronio N.8
«Queste strade ci camminano» Carmine Cardamone N.8
«Cercare di comprendere quelle poche parole senza senso e capire che in fondo, un po’ tutti ci sentiamo “artistici”: quando abbiamo bisogno delle nostre regole o di quelle altrui; quando sentiamo la necessità di programmare la prossima giornata o il nostro futuro; quando non sappiamo se fidarci dell’altro o quando pensiamo che l’altro sia uno qualsiasi, uno di passaggio, quando siamo in mezzo a tanta gente e crediamo di essere soli»
Daniela Arcuri Con vuoti sguardi bianchi N. 8
«Ma come al solito, non arriva nessuna risposta, un messaggio, un segnale di fumo, un colpo, un’email, «Mi mancano le persone una lettera, nulla da parte che credono in quello che dell’amministrazione che fanno per una vita intera. ci aggiorni sulla questioC’è bisogno di gente che ne sede» sappia mettersi in discussione, che sappia accetta- Andrea Caligiuri re l’altro, arrivando a ca- Quando ai gabbiani si pire che l’altro è, in primo spezzan le ali N.8 luogo,essa stessa» Carmine Cardamone Te lo dico…Te lo dico… ma che te lo dico a fare! N. 8
«Forse ha ragione De Seta: a chi lotta per arrivare alla fine della giornata, non puoi dire che non si vive di solo pane; ma con«Abbiamo sentito il biso- siderato che a Carlopoli gno di guardarci intorno mi sembra che il pane ce con occhi nuovi. In qual- l’abbiamo tutti, forse vale che modo si è avvertita la pena chiedersi il perchè l’esigenza si reiventarsi di tutta una serie di fenoe riscoprirsi. Da sempre meni e questioni» avevamo letto della nostra terra come di un pae- Germana Scalese saggio vetusto con colo- La menzogna razioni retoriche. La più N. 8 Adele Talarico L’incanto di un film N.1
«Toppe parole in una sola»
«Mi verrebbe da dire: viva la “bruttezza”, se in essa c’è la coscienza di un concetto di bellezza, sfuggente ai più, ma infinitamente migliore; viva il silenzio, se in esso c’è la coscienza dell’urlo come qualcosa di così intimo da non poter essere compreso da tutti…»
Santina Accattatis Che cos’è l’autismo N.8
Angelina Pettinato Libertà: utopia o ricerca possibile? N.8
Pietro Chiarella …e non finisce qui… N.8
«Ce l’abbiamo fatta anche quest’anno, tra le solite difficoltà, gli imprevisti dell’ultima ora, i “fhacimu e cussì” “no, fhacimu e st’atra manera”, i “fha tu , ca fhazzu iu”…»
«Ma io mi sento un po’ Tommaso, un po’ Germana, un po’ Sabrina…
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13 «Ma i capelli lunghi sulle spalle, qualche jeans attillato e degli stivali consumati al punto giusto, funzionano per qualche tempo… così come l’alcool e via dicendo, fin quando un giorno non ti rendi conto che questo, tutto questo, c’è già stato» Carmine Cardamone Rock (n’roll) . N.8
«E allora pare che rimanga Lui: Carlopoli. Fedele a sé stesso, nel tempo, negli anni-e ancora non ho capito se questa sua coerenza sia la causa o la conseguenza delle nostre fughe--»
nedire la statuina di Gesù bambino, capolavoro delle argenterie napoletane del 900, adagiata sul candido tulle» Salvatore Gigliotti Percorsi della memoria N.10 «Ho deciso. Voglio adagiarmi qui, ricongiungermi a ciò che prima ero, lentamente, soavemente, esausto di varcare confini, e confini » Carmine Cardamone Quando gioco sono maturo N.10
«In quanto grafico o impaginatore del mensile, mi accorgo che ogni numero ha una sua struttura diversa, non lo so, ma Germana Scalese è come se non fossi mai La menzogna contento, ed ogni voluN.8 me mi serve per imparare qualcos’altro, ma penso con certezza che man«Famiglia supportata dal- terrò per sempre questa la famosa “ruga”, dalle fa- struttura» mose “vinelle”: lì si creava l’agorà dei Greci, lì i valori Andrea Caligiuri fatti propri in famiglia ve- Diario nivano rafforzati» N.10 Angelina Pettinato Cercando una definizione di solidarietà N.10
«Nessuno vi rema contro, l’indifferenza regna sovrana» Ivan Colosimo Accetta il consiglio «l momento più atteso da N.8 tutti era la Messa di mezzanotte, che si celebra- «Ne vidimu ssè vie vie» va nella chiesa del “pizzi suttanu” di Carlopoli. Don Antonello Mussari Elia con camice e piviale Per passione… solo per dorato, preceduto da una passione schiera di chierichetti, si N.7 recavano in processione davanti al presepe per be- «Non scendete a compro-
messi con la mediocrità, non abbattetevi per le critiche, fanno parte del confronto che dovrete istaurare con la comunità» Girolamo Scalese Semplicemente grazie N.6
Attraversato il guado, anziché crogiolarvi al sole e bivaccare su una panchina arrugginita parlando e disputando sul “quanto”, avete pensato bene di discutere di “chi” (delle persone e dei luoghi”, di “cosa” (delle idee e delle azioni), di “come” (delle strategie e delle modalità operative). In una parola l’impegno sociale. Girolamo Scalese Semplicemente grazie N.6 «Tra poco l’estate finirà, molta gente andrà via, le foglie cominceranno ad ingiallire. Noi giovani ci ritroveremo per le strade del paese come personaggi smarriti che attendono l’intervento di un improbabile deus ex machina» Tommaso Caligiuri Lettera aperta al Sindaco N.6 «Ma su tutti prevale il bicchierino di plastica bianca, con annessi cannuccia e coperchio in alluminio, dell’irrinunciabile “EstaThe”: a giudicare dalla quantità di contenitori sparsi per le strade, pare
che noi carlopolesi ad agosto non possiamo farne a meno. Solo la Brasilena riesce a tenergli testa, insieme alle cicche di sigarette. Staccata di gran lunga la Coca Cola » Giuseppe Chiellino Per non finire sommersi dall’immondizia N.6 «Durante la conferenza guardavo verso il pubblico, più volte mi sono soffermata sul marito: lì in fondo non tanto ad ascoltare le voci ma a captare emozioni; ricurvo sulla sua età, mi è parso fiero della sua compagna. Mi sono chiesta quale sia il segreto dell’amore eterno, cosa spinga due persone a stare insieme per sempre e a restare fieri ed umili ed ancora innamorati anche quando non si è più fisicamente vicini» Angelina Pettinato Invecchiare è un arte N.6
14 LE FRASI gli studi. “Cosenza”. Una risposta secca. Senza pensarci , senza dubbi. E il prof, dall’alto della sua pluriennale esperienza lavorativa in una città del nord Italia, ha ripetuto quello che già aveva detto di me qualche tempo fa: “Mazzei è una gran mente, ma ha due difetti: vive a Carlopoli, e come tutti i Carlopolesi vuole restarci” »
guanti» «A volte mi ritrovo in un branco di pecore e io con loro che cerco sempre lo stesso pascolo, la stessa erba…» Salvatore Gentile Un banale pensiero N.6 «Nasci dove nasci. E nella maggior parte dei casi nasci sul sedile posteriore di un’auto già da tempo in gara. I tuoi genitori sono alla guida. E corrono da anni. Niente di più naturale che, sempre seguendo le tue predisposizioni ed i tuoi desideri, un giorno ti troverai anche tu alla guida di un’auto. Tutta tua» Germana Scalese On the run N.6 «Ucciso di noia sto a contare le ore…» Salvatore Gentile La mia è la tua estate N.6 «Ama il tuo dolore, del suo quadro le figure» Carmine Cardamone Amore N.6
Andrea Caligiuri Giornata ecologica N.6 «Mi girai di scatto sul ciglio dell’incanto più dissacrate che possa aver mai solcato ove giacevo indolente vuoto privo di sogni, di vertigine»
Sabrina Mazzei Piccole, grandi decisioni N.6
Vincenzo Gentile Immagini e parole N.6 «C’è ancora l’aria del piccolo paese dove alle malelingue si legano i complimenti, dove all’ostacolo si lega la possibilità sinergica di superarlo. Ci sono ancora le discussioni all’ Ariella, l’aria giocosa, la follia, la creatività. E questi insieme ai ricordi dell’infanzia vissuta e raccontata, sono i motivi che di volta in volta ci spingono a vomitare il marcio che c’è. Carlopoli è una potenzialità, una bandiera da sventolare con orgoglio, uno psazio da coltivare e vivere»
Angelina Pettinato «C’è chi dall’esterno è un Dei buoni motivi per po’ meravigliato, chi lo è restare eccessivamente. Ma tut- N.6 ti con lo sguardo verso qualcosa che in effetti «Non ho avuto dubbi non si era mai visto. Una quando il mio prof di fisplendida giornata eco- losofia mi ha chiesto, al logica. Si parte dai Ca- termine di quello che duti per giungere lungo amano chiamare “collotutto il nostro caro corso. quio d’esame”, dove ho Pale, palette, scope, buste, intenzione di proseguire
«Certe volte invece mi ritrovavo a fare zapping davanti alla tv. Deluso e inerme come un imbecille. Non un senso in quello che facevo. In quello che studiavo, voglio dire. Mi rodeva il fatto che in quel preciso momento sarei dovuto andare a prendere un treno e fuggirmene che so, a Parigi, ad Amsterdam o a Copenaghen. Ma questa spregiudicatezza mi mancava. In testa avevo sempre la convinzioni che la vita fosse da un’altra parte. Poi una notte mi sarei ritrovato in un centro sociale di Roma, triste e scazzato. Fu allora che capìì che non contava un accidenti dove mi trovavo, se sei un coglione lo sei pure a New York» Il Cavaliere Inesistente Let it Bleed N.6
siamo, senza sapere se andare avanti, tornare indietro o cadere nel vuoto. Credere, non credere o l’indifferenza. Quale direzione prendere? Come sapere se siamo nel giusto o nello sbagliato? Chi può consigliarci? Nessuno. D’altra parte da quanti misteri è stata segnata la nostra esistenza?» Danila Arcuri Tra falso e realtà: l’altre del credere. N.6 «Ma se posso dire al mia a riguardo, motivi per restare a Carlopoli proprio non ne ho. Anzi, piuttosto dovrei scappare in Finlandia e fotografare il mare. Poi me ne andrei in una bella birreria a farmi raccontare del pesce più grosso e del mare più salato» Andrea Caligiuri La migliore sensazione N.6 «Non era Carlopoli quel paese di mille anime in cui alle ultime elezioni si son presentate ben quattro liste? Questo farebbe supporre una meticolosa attenzione per le varie tematiche sociali…» Tommaso Caligiuri N.6 «Eterno conflitto: io e me stessa… due identici pezzi di un medesimo puzzle»
«Si. Tra falso e realtà. Proprio al confine. Come fu- Maria Mancuso namboli su di un filo in Pensare e Pensieri punta di piedi, questo N.6
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15 «E saremmo andati a vivere in una palafitta distesa sulle rive arginanti l’oceano; là, tra fresche lenzuola di acqua salata, coinvolti in innocenti e sudati giochi di sentimento nuovo, godendo al mattino del sole più vero. Po avremmo avuto anche tre coppie di gemelli e un fine settimana pre-pagato nel giardino dell’eden. Carmine Cardamone Lento svanire N.6 «Credo che ognuno di voi, almeno una volta si sia interrogato sui significati della parola cambiamento. Non vivo più a Carlopoli da molto tempo e mi sembra di assistere ad un terremoto al rallentatore. C’è una parola che tamburella nella mia testa da quando sono qui, ed è: Indifferenza. Indifferenza intesa nel suo significato più semplice e completo»
«Reggio Calabria è una città bellissima: la gente, il mare, la storia, sono tutti elementi che mi affascinano e mi appassionano. Amo molto andare a Reggio: sarà perché amo molto il mare, e in particolare le città di mare; sarà perché la vista dello Stretto di Messina mi richiama alla memoria i viaggi di Ulisse e tutta la tradizione della Magna Grecia, della quale Reggio Calabria fu un fulcro essenziale; sarà quel dialetto a metà strada tra il calabrese e il siciliano, che offre la sensazione di trovarsi in un luogo non chiaramente definito, misto, variegato»
ci appartengono? Davve- Sabrina Arcuri ro credono che il ponte Ultimi istanti di liceale sia più importante dell’ N.4 A3?» «Ed intravedo la vampa Bruno Arcuri che Cristiano Godano cita sempre e sempre invoca, Le Calabrie quella stessa vampa, che N.4 spesso noi invochiamo, «Mi chiedo come farete ma è evidente che non voi grandi a tirarvi indie- ne conosciamo il nome o tro per dar posto ai giova- ha altro da fare, la nostra ni, se non ci avrete cono- musa ispiratrice» sciuto pienamente» Vincenzo Chiarella Angelina Pettinato MondoMarlene. N.4 N.3
«E’ un personaggio strano… no, neanche strano, perché in fondo nelle nostre piccolezze tutti lo siamo. E’ speciale. PerBruno Arcuri ché pochi alla sua età Le Calabrie mi avrebbero concesso N.4 di parlare come in verità faccio con pochi» (Su SalGiungi a Reggio, dunque, vatore) anzi no. Perché prima di arrivare, devi penare Andrea Caligiuri molto attraverso le tor- L’incantevole storia della tuose interruzioni della Peugeot verde scuro Salerno-Reggio Calabria, N.4 Francesca Cardamone la “nostra” “autostrada” (si Il coraggio di cambiare notino le doppie virgolet- «Cazzo. E’ l’ultimo giorno N.4 te: le prime indicano che di scuola della mia vita. quella strada non è solo Non riesco ancora a capanostra, ma appartiene al- citarmene, non posso cre«Perché, diciamo la verità, l’intero sistema viario na- derci, non è possibile che se sei a Carlopoli, il solo zionale, anche se pare di io, Sabrinella, Briniboribus tentativo di imbastire una essere altrove; le seconde per i compagni di classe, conversazione sullo stato sottolineano come quella abbia finito qua, chiuso, del paese passa come un non sia proprio un’auto- stop, che non sia più una atto eversivo, degno degli strada). E allora pensi alle liceale (è uno status a cui arcinoti gruppi “anarco- molte promesse fatte, alle è comodo appigliarsi), insurrezionalisti” tante molte chimere, ai molti non sono capace, sono volte descritti dai tg na- proclami e ti chiedi: ma ancora troppo piccola, ho zionali » davvero vogliono fare il paura. Ho paura perché Ponte sullo Stretto? Dav- sono sull’orlo di un prePietro Chiarella vero vogliono continuare cipizio, non vedo niente Lo stiamo perdendo, lo a derubarci delle nostre sotto, non vedo niente stiamo perdendo!!! risorse per proporci mo- davanti.» N.4 delli di sviluppo che non
«Penso che comprerò dei fiori, non so per chi o per cosa, so per certo che lo farò, forse solo per dire alla gente di aver comprato almeno una volta una rosa» Andrea Caligiuri La Migliore sensazione N.3 «Pipistrelli, civette, lupi leopardi, pantere ed altro ancora sono gli archetipi nei quali l’essere umano si è sempre voluto identificare per poter assumere quella forza animalesca unita ad una sessualità impetuosa che lo sottraesse almeno per una notte alla sua condizione di meschina fragilità terrena» Ines Mancuso Vampiri al Cinema N.11
16 VISIONI
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l pendolo oscillava ad angolo retto con il mio corpo allungato. Capii che la mezzaluna era stata progettata per attraversarmi la regione del cuore. Avrebbe sfilacciato la saia della mia tonaca… sarebbe tornata e avrebbe ripetuto l’operazione… poi ancora e ancora. Nonostante ls terrificante ampiezza della sua oscillazione (una decina di metri e forse più) ed il sibilante vigore della sua falcata, che avrebbe potuto spaccare le pareti d’acciaio, tuttavia per molti minuti, avrebbe potuto soltanto sfilacciarmi la tonaca. Edgar Allan Poe da Il Pozzo e il pendolo
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RIFLESSIONI
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IL LAVORO
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l sabato sera è la vacanza o lo svago più gettonato dai giovani, ed è normale ritrovarsi nei locali della zona. In questi posti ci si incontra con vecchi amici e si parla di tutto, soprattutto di lavoro, che non c’è. Sabato sera incontro, come spesso accade, un mio amico, che abita in un altro paese . Generalmente non parliamo di lavoro, è per noi un discorso ormai vecchio , ma questa sera è lui a prendere discorso e mi racconta una sua vicenda. Mi ricorda dei periodi in cui la parola “lavoro” era al primo posto dei nostri pensieri. Oggi anche se non è nominata è sempre lì, ma all’epoca se ne parlava con più enfasi e rabbia. Mi racconta di un nostro amico e della sua cronica lamentela per non avere un lavoro. Mi dice di averlo incontrato e che l’amico era felicissimo di rivederlo perché gli erano capitate cose un po’ tristi: senza motivo aveva perso molti contatti tra le sue conoscenze, specie le più strette. Il motivo era il suo lavoro, gli amici erano un po’ invidiosi di quella sua fortuna che gli era toccata, ma abitando in Calabria e per di più in un piccolo centro… chi lavora è visto sotto un’ altra ottica , appartiene ad un’ altra categoria. In seguito i miei due amici hanno bevuto e si sono salutati, ma che lavoro facesse… non lo sapeva, si era dimenticato di chiedere. Poi …continua il racconto… un altro po’ di tempo dopo rincontra di nuovo il nostro amico comune e si mettono nuovamente a parlare. Questa volta era agitato e nervoso, perché lo stato dava un incentivo alle guardie di finanza affinché scovassero gli evasori fiscali e a loro lo stato non dava niente. Presi dal discorso si salutarono anche questa volta senza sapere che lavoro si trattasse. Passarono i mesi e, come sempre, si ritrovarono nello stesso locale. Stavolta il nostro amico aveva gli occhi cerchiati di stanchezza, abbattuto e demoralizzato da quel lavoro che lo stava distruggendo e stressando, a sentirlo quasi si stringeva il cuore, lui che aveva cercato quell’impiego fin giù all’inferno, con tanta caparbietà e dedizione che avrebbe baciato il culo ad un orango per averlo, che avrebbe lavorato anche gratis o quasi, lui che si era detto capace di tutto, anche di una pazzia pur di lavorare, ora a vederlo in quelle condizioni non sembrava vero. Poverino! Ed io ero rimasto stupito e colpito da quelle parole e con voce un po’ rauca chiesi “Ma che lavoro fa?”. Il mio amico mi guarda e mi dice che fa l’insegnante e che la causa del suo stress sono sette ragazzini che sopporta appena per cinque ore al giorno per cinque giorni la settimana, e quest’ anno per riprendersi dallo stress se ne andrà in vacanza per due mesi al mare per riposarsi perché i quindici giorni di vacanze di Natale sono stati troppo pochi per ristabilirsi. In quel minuto entra il nostro comune amico ed assorto dai pensieri e stressato non ci vede, io e il mio amico continuiamo a bere la birra e parlare, non abbiamo nè io e nè lui due mesi di vacanze in estate, nè i quindici giorni a Natale e se vogliamo “l’incentivo” per continuare a fare quello per cui siamo pagati dobbiamo fare gli straordinari. Solo ora capisco i suoi amici che lo guardano strano e mentre continuo a bere la mia birra penso ad un vecchio proverbio che dice “Il lavoro nobilita”,“Si! Ma solo chi lavora!” GIESSE
EDITORIALE
JONATHAN LIVINGSTON Mensile di Libero pensiero
segue da pag. 3
Non siamo soltanto cervelli pieni di domande, ma carne in movimento. Se immergiamo un braccio in quella che non sappiamo se sia o meno illusione e avvertiamo qualcosa che assomiglia ad una sensazione (piacevole o spiacevole), significa che ci appartiene, poiché non c’è differenza tra qualcosa che si avverte come simile ad una sensazione e una sensazione autentica. (“«Anche questo» disse Siddharta «non mi preoccupa molto. Siano o non siano le cose soltanto apparenza, allora sono apparenza anch’io e quindi esse sono sempre miei simili. Questo è ciò che me le rende tanto care e rispettabili»” Herman Hesse; Siddharta) Certamente non mancheremo di ascoltare consigli e critiche e di spiegare quelle che sono le nostre intenzioni con più chiarezza possibile: non si smette mai d’imparare. Vorrei lasciarvi nei meandri di una Città del Desidero: ancora Italo Calvino, da le “Città invisibili”, opera immensa, capolavoro assoluto che ha inaugurato il postmoderno: universo intertestule, labirinto degli specchi, metamorfosi perpetua, terra della possibilità, erma bifronte che gravita nello spazio enigmatico della conoscenza, dispositivo intricato, mostruoso e stupendo nello stesso istante, combinatorio, atemporale: il tutto retto da gambi di cristallo. (Ho scelto Fedora, spetta a voi decidere se a caso): Al centro di Fedora, metropoli di pietra
grigia, sta un palazzo di metallo con una sfera di vetro in ogni stanza. Guardando dentro ogni sfera si vede una città azzurra che è il modello d’un’altra Fedora. Sono le forme che la città avrebbe potuto prendere se non fosse, per una ragione o per l’altra, diventata come oggi la vediamo. In ogni epoca qualcuno, guardando Fedora qual era, aveva immaginato il modo di farne la città ideale, ma mentre costruiva il suo modello in miniatura già Fedora non era più la stessa di prima, e quello che fino ad ieri era stato un suo possibile futuro ormai era solo un giocattolo in una sfera di vetro. Fedora ha adesso nel palazzo delle sfere il suo museo: ogni abitante la visita, sceglie la città che corrisponde ai suoi desideri, la contempla immaginando di specchiarsi nella peschiera delle meduse che doveva raccogliere le acque del canale (se non fosse stato prosciugato), di percorrere dall’alto del baldacchino il viale riservato agli elefanti (ora banditi dalla città), di scivolare lungo la spirale del minareto a chiocciola (che non trovò più la base su cui sorgere) Nella mappa del tuo impero, o grande Kan, devono trovar posto sia la grande Fedora di pietra sia le piccole Fedore nelle sfere di vetro. Non perché tutte ugualmente reali, ma perché tutte solo presunte. L’una racchiude ciò che accettato come necessario mentre non lo è ancora; le altre ciò che è immaginato come possibile e un minuto dopo non lo è più.
JONATHAN LIVINGSTON MENSILE DI LIBERO PENSIERO
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REDAZIONE ANGELINA PETTINATO GERMANA SCALESE TOMMASO CALIGIURI SALVATORE GENTILE VINCENZO CHIARELLA PIETRO CHIARELLA FRANCESCA MANCUSO
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PROGETTO GRAFICO ANDREA CALIGIURI STAMPA IN PROPRIO FEBBRAIO MARZO 2007
[email protected] [email protected] CHIUSO IL 01/03/2007