[ingegneria - Ita]elettrotecnica

  • May 2020
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Pisi - Elettrotecnica

ELETTROTECNICA (prof. MARIA MARTELLI) PARTE 0 PREREQUISITI operatori di uso frequente e loro proprietà notevoli Gradiente: Definito per un campo scalare f come: grad f = ∂f/∂x i + ∂f/∂y j + ∂f/∂z k • Per spostamenti infinitesimi dl = dx i + dy j + dz k risulta: (grad f)×(dl) = (∂f/∂x)dx + (∂f/∂y)dy + (∂f/∂z)dz = df = differenziale di f e quindi: .data una qls. superficie S su cui f=costante: 0 = df = (grad f)×(dl) grad f ⊥ dl ⇒ ∀ dl ∈ S .data una qls. linea l∈domf: 2 2 indipendente dal percorso l tra 1e 2 l∫1 (grad f)×(dl) = l∫1 df = f2-f1 ⇒ Rotazionale: Definito per un campo vettoriale A come:

• Teorema Di Stokes: ( ) ϕCl(rotA) l ∫ A×dl = Sl∫ (rotA)×n dS = • Risultano rilevanti le proprietà dei campi vettoriali a rotazionale nullo, definiamo quindi: .vettore irrotazionale A t.c. rotA≡0 ≡ Tali vettori risultano godere delle seguenti proprietà: .sono esprimibili come gradiente di un opportuno campo scalare f (detto “potenziale” di A): ∃ f t.c. A = gradf Divergenza: Definita per un campo vettoriale A come: div A = (∂Ax/∂x) + (∂Ay/∂y) + (∂Az/∂z) • Teorema della divergenza: ( ) S ∫ A×n dS = V ∫ divA dV • Risultano rilevanti le proprietà dei campi vettoriali a divergenza nulla, definiamo quindi: .vettore solenoidale A t.c. divA≡0 ≡ Tali vettori risultano godere delle seguenti proprietà: .hanno flusso nullo attraverso una qualsiasi superficie chiusa (immediato dal teorema della divergenza, considerando che un vettore solenoidale può essere pensato come rotazionale di un altro vettore): ( ) S ∫ A×n dS ≡ 0 .hanno tubi di flusso chiusi e, all’interno di questi, flusso costante per ogni loro sezione: ϕ1 = ϕ2 = ... = ϕn .data una superficie aperta S di bordo l, è possibile parlare di flusso di A attraverso S concatenato alla linea chiusa l (in quanto tale flusso di dipende appunto solo dai valori assunti da A su di essa - v. th. Stokes; la dipendenza della normale di S dal verso di percorrenza di l viene desunto dalla regola del cavatappi): ϕ(A) = ϕCl(A) .essendo div(rot)≡0, il rotazionale di un qualsiasi vettore A è un vettore solenoidale: divB = 0 ∀ B t.c. B = rotA, A qualsiasi S

Appunti

1

Pisi - Elettrotecnica richiami di elettromagnetismo Sistema elettrico ≡

regione dello spazio, contenente corpi di diversa natura, che diviene sede di fenomeni elettromagnetici quando in essa agiscono sollecitazioni (generalmente coincidenti con trasformazioni di energia non elettrica in elettrica e viceversa.

La caratterizzazione quantitativa di tali fenomeni richiede l’uso delle grandezze (funzioni dello spazio e del tempo): volt E • campo elettrico coulomb/m2 D • induzione elettrica → ε0 volte il campo elettrico che si avrebbe in assenza di materia polarizzata (il campo magnetico di Fisica II) weber/m2 B • induzione magnetica → ampére-spire/m → 1/µ0 volte il campo B in assenza di materia H • campo magnetico magnetizzata (l’induzione magnetica di Fisica II) (la densità di carica ρf di Fisica II) coulomb/m3 • densità volumetrica di carica ρ → (la corrente jf di Fisica II) ampére/m2 • densità di corrente di conduzione G → • costante dielettrica • permeabilità magnetica • conducibilità elettrica

ε µ γ

Tali grandezze risultano legate dalle: (MM1 L) rot E = - ∂B/∂t (MM2 L) rot H = G + ∂D/∂t (C L)

div G = - ∂ρ/∂t

farad/m henry/m ohm-1

→ → →

(la permittività elettrica ε=ε0(1+χe) di Fisica II)

→ →

equazione di Maxwell (3° eq. Maxwell nella materia) equazione di Maxwell (4° eq. Maxwell nella materia)



equazione di continuità (conserv. carica, forma locale)

(la permittività magnetica µ=µ0(1+χm) di Fisica II) (in Fisica II era, nei conduttori ohmici, la costante di proporzionalità σ di j=σE; il suo inverso 1/σ è la resistività; per un filo lungo d e di sezione S si definisce la resistenza R=d/σS, da cui V=iR)

Da esse, tramite i teoremi di Stokes e della Divergenza, si possono ricavare (e per questo vengono qui riportate separate dalle precedenti) le seguenti: (D1 L) div D = ρ equazione della divergenza (1° eq. Maxwell materia) → (D2 L) div B = 0 equazione della divergenza (2° eq. Maxwell materia) → Tutte e 5 possono poi essere riscritte in forma integrale anziché locale: ( ) (MM1 I) l ∫ E×dl = - dϕCl(B)/dt -∂B ( ) /∂t)×n dS = - d/dt Sl∫ B×n dS = - dϕCl(B)/dt ...da: l ∫ E×dl = Sl∫ (rotE)×n dS = Sl∫ ( ( ) (MM2 I) l ∫ H×dl = iCl ∂D ( ) ...da: l ∫ H×dl = Sl∫ (rotH)×n dS = Sl∫ G×n dS + Sl∫ ( /∂t)×n dS = i + is = iCl = iracc Sl ( ) (C I) S ∫ G×n dS = iuscente = - dq/dt -∂ρ d ( ) ...da: S ∫ G×n dS = VS∫ divG dV = VS∫ ( /∂t) dV = - /dt VS∫ ρ dV = - dq/dt = iuscente ( ) (D1 I) S ∫ D×n dS = Qin ( ) ...da: S ∫ D×n dS = VS∫ divD dV = VS∫ ρ dV = Qin ( ) (D2 I) S ∫ B×n dS = 0 ( ) ...da: S ∫ B×n dS = VS∫ divB dV = VS∫ 0 dV = 0 L’esperienza suggerisce inoltre alcune equazioni che traducono analiticamente l’influenza sui fenomeni elettromagnetici trattati (siano Ei e Gi i campi impressi di tensione e corrente) dei mezzi materiali (supposti lineari, omogenei, isotropi e tempo-invarianti): (LM1) equazione di legame materiale D = εE → (LM2) equazione di legame materiale B = µH → equazione di legame materiale (LM3) G = γ(E+Ei) + Gi →

condizioni al contorno Nel passaggio da una parte all’altra di una superficie di separazione tra due mezzi materiali 1 e 2: E//1 = E//2 H//1 = H//2 • i vettori E ed H conservano le componenti tangenziali: B⊥ 1 = B⊥ 2 D⊥ 1 = D⊥ 2 • i vettori D, B e G conservano le componenti normali:

G⊥1 = G⊥2

Appunti

2

Pisi - Elettrotecnica relazioni energetiche ≡

Vettore di Poynting

E^H

Teorema di Poynting: E’ la più generica equazione di bilancio energetico per un sistema elettromagnetico racchiuso da una superficie chiusa S: [ VS∫ G×Ei dV ]dt

=

energia fornita dal campo impresso

[ S(∫) (E^H)×n dS ]dt

d[VS∫ ½µH2 + ½εE2 dV ]

+

energia irradiata

+

incremento di energia elm

[ VS∫ G2/γ dV ]dt

energia dissipata

Dimostrazione: step 1. div(E^H) = (rotE)×H - (rotH)×E = = by calcolo vettoriale (-∂B/∂t)×H - (G+∂D/∂t)×E = = by equazioni di Maxwell = by equazioni di legame materiale (-µ∂H/∂t)×H - (G+ε∂E/∂t)×E = -µH×∂H/∂t - G×E - εE×∂E/∂t = = by passaggi algebrici = by equaizoni di legame materiale -µH×∂H/∂t - G×(G/γ - Ei) - εE×∂E/∂t = ← Nota: Gi = 0 -µH×∂H/∂t - G2/γ + G×Ei - εE×∂E/∂t = by passaggi algebrici step 2. S(∫) (E^H)×n dS = = by teorema della divergenza VS∫ div(E^H) dV = ∂H ∂E 2 = by sostituzione del punto a. VS∫ [-µH× /∂t - G /γ + G×Ei - εE× /∂t ] dV = ∂H ∂E 2 = by passaggi algebrici VS∫ [-µH× /∂t - εE× /∂t] dV VS∫ [G /γ] dV + VS∫ [G×Ei] dV = -d/dt VS∫ [ ½µH2 + ½εE2 ] dV - VS∫ [G2/γ] dV + VS∫ [G×Ei] dV = by passaggi algebrici quindi, avendo tutti i termini le dimensioni di una potenza: VS ∫

[G×Ei] dV

potenza fornita dal campo impresso

=

( ) S∫

(E^H)×n dS +

potenza irradiata verso l’esterno del sistema

d

/dt VS∫ [ ½µH2 + ½εE2 ] dV + variazione di energia elm nel tempo infinitesimo dt

VS ∫

[G2/γ] dV

potenza dissipata

step 3. Moltiplicando per il tempo dt avrò quindi il bilancio energetico richiesto.

Appunti

3

Pisi - Elettrotecnica PARTE 1 INTRODUZIONE AL MODELLO CIRCUITALE A COSTANTI CONCENTRATE ipotesi Teorema di Shannon: Fissa l’intervallo di tempo massimo con cui è possibile campionare (in pratica sostituire all’onda continua un’onda discreta) una grandezza avente frequenza f in: t0 = 1/2f Ipotesi di “costanti concentrate”: L’individuazione (in ogni punto dello spazio e in ogni istante del tempo) delle grandezze elettriche rappresentative di un sistema elettrico può essere notevolmente semplificata se la regione di spazio in esame soddisfa all’ipotesi che...: “la velocità di propagazione dei fenomeni elettromagnetici sia così elevata da poter essere idealmente ritenuta infinita” ovvero “sia nullo il tempo di trasmissione di un qls. fenomeno elettromagnetico tra due qualsiasi punti della regione interessata” • Limiti di validità dell’ipotesi di “costanti concentrate”: Sia S la regione di spazio considerata ed Lmax la massima distanza percorribile al suo interno dal fenomeno elm studiato; poiché la velocità di propagazione di questo è, come noto, pari alla velocità della luce c, il tempo da esso impiegato ad attraversare il tratto Lmax sarà dato da: t = Lmax/c Sia ora fmax la frequenza massima associata alle grandezze elettriche presenti nella regione; grazie al teorema di Shannon e alla seconda formulazione dell’ipotesi di “costanti concentrate”, si può dunque asserire che essa sarà valida se: Lmax/c = t << t0 = 1/2fmax Occorre dunque che le dimensioni della regione d’interesse e le frequenze delle grandezze elettriche presenti siano tali da soddisfare la relazione: 2Lmaxfmax/c << 1 Modello circuitale a costanti concentrate: Supposte valide le precedenti relazioni, essendo t<
Appunti

4

Pisi - Elettrotecnica caratterizzazione in tensione e corrente „Fenomeni induttivi Da Da

ε=0 µ≠0 ε=0 segue ⇒ µ≠0 segue

D=εE=0, quindi e divD=ρ=0 B=µH≠0, quindi

∂D/∂t=0 da cui da cui ∂ρ/∂t=0 -∂B/∂t=rotE≠0

G solenoidale, tubi di flusso chiusi, corrente solo di conduzione, non di spostamento

rotH=G ⇒ ⇒

Teorema di Hopkinson: Considerando materiali lineari si avrà che B=µH. Sia σ la sezione di un generico tubo di flusso di B; risulta allora che: dove .R ≡ l(∫) 1/σµ dl = riluttanza ic = R Φ(B) .Φ(B) = flusso di B nei tubi che si appoggiano ad l “Esistono tubi di flusso di B se e solo se esiste corrente concatenata a tali tubi (che cioè attraversa le superfici da essi racchiuse)”. Dimostrazione: ic =

l

()

∫ H×dl =

l

()

∫ (B/µ)×dl =

l

()

∫ (B/µ)dl =

l

no accumulo di cariche non esiste potenziale di E Altre definizioni: tubo di flusso ≡ insieme/fascio di linee di forza di un vettore che si appoggiano a una stessa linea (detta linea media) tubo di flusso elementare ≡ tubo di flusso sottile, infinitesimo, tale cioè che si possa considerare la linea media come il tubo di flusso stesso (allo scopo di avere q.tà iftsm e non dover integrare).

()

∫ (Bσ/µσ)dl = Φ(B)l(∫) dl/σµ = RΦ(B) Data un tubo di flusso di B avente sezione σ, essendo B parallelo ai suoi tubi di flusso, sarà: Φ(B) = σB

Solenoidalità della corrente di conduzione: Dove la costante dielettrica è nulla (ε≡0) risulta D=εE≡0 quindi Segue perciò che rotH=G+∂D/∂t=G quindi

∂D/∂t=0 (densità nulla di corrente di spostamento). divG=div(rotH)=0

“Alla corrente di conduzione G resta associato un campo solenoidale: i suoi tubi di flussi saranno perciò chiusi (e concatenati ai tubi di flusso di B, v. th. Hopkinson)”.



(Auto)-induttore: Si può identificare una regione induttiva con lo spazio occupato da una bobina con N spire (avvolta attorno a un materiale con µ>>1 o composta da un numero di spire N>>0), nelle quali circoli una corrente i. Il flusso di B concatenato alla n-esima spira sarà dato da (v. th. Hopkinson)... ΦCn(B) = (1/R)ic = (1/R)Ni Il flusso totale di B nelle spire della bobina sarà quindi dato da... ΦC(B) = ΣnΦCn(B) = NΦCn(B) = (N2/R)i Data la proporzionalità del flusso totale con la corrente che attraversa le spire, si usa allora esprimere: dove .L = N2/R = coefficiente di autoinduzione ΦC(B) = L i Supponendo che sia, lungo la bobina, γ=∞, Ei=0, Gi=0, risulta: ∫12E×dl = ∫12(G/γ)×dl = ∫12(G/∞)×dl = 0 E circuitando anche su l’+l” (v.figura) risulta, per additività dell’integrale (nota: l’+l”(∫) = 0) 0 = ∫12E×dl = ∫12E×dl + l’+l”(∫)E×dl = bobina+l’(∫)E×dl + l”∫12E×dl = - dΦC(B)/dt + V1-V2 Derivando, si ha dΦC(B)/dt = Ldi/dt; esprimendo la tensione v12 tra i morsetti 1 e 2 come la differenza di potenziale V1-V2, si ha: v12 = V1-V2 = dΦC(B)/dt = d/dt(Li) = L di/dt Da cui la relazione costitutiva in tensione e corrente: v12 = L di/dt

• Mutuo-induttore:

Una regione induttiva può anche essere costituita da due (o più) bobine accoppiate magneticamente, in modo che ogni bobina, oltre ai propri flussi concatenati, sia attraversata anche da alcuni dei flussi di B prodotti dalla corrente che circola nell’altra. bobina. Siano: .ϕAj il valore del flusso di B nel suo generico tubo di flusso prodotto dalla corrente nelle spire della bobina j e non concatenati alle spire della bobina i. .ϕBj il valore del flusso di B nel suo generico tubo di flusso prodotto dalla corrente nelle spire della bobina j e concatenato alle spire della bobina i. Possiamo esprimere il flusso di B prodotto dalla bobina i e concatenato alla bobina i come: ΦCii = ΣΦAi+ΣΦBi = Li ii Possiamo esprimere il flusso di B prodotto dalla bobina j e concatenato alla bobina j come: ΦCjj = ΣΦAj+ΣΦBj = Lj ij Possiamo esprimere il flusso di B prodotto dalla bobina j e concatenato alla bobina i come: ΦCij = ΣΦBj = M ij Possiamo esprimere il flusso di B prodotto dalla bobina i e concatenato alla bobina j come: ΦCji = ΣΦBi = M ii Avremo dunque che il flusso totale di B concatenato alla bobina j sarà dato da: ΦCj = ΦCjj+ΦCji = Ljij+Mii Si giunge perciò ad esprimere il sistema: ΦC1 = L1i1 + Mi2 ΦC2 = L2i2 + Mi1

{

Da cui, essendo banalmente vi = dΦCi/dt, la relazione costitutiva in tensione e corrente: v1 = L1(di1/dt) + M(di2/dt) v2 = L2(di2/dt) + M(di1/dt)

{

Appunti

5

Pisi - Elettrotecnica „Fenomeni capacitivi Da Da

ε≠0 µ=0 ε≠0 segue e µ=0 segue

D=εE≠0, divD=ρ≠0 B=µH=0,

quindi da cui quindi

∂D/∂t≠0 ∂ρ/∂t≠0 -∂B/∂t=rotE=0

da cui e

G≠rotH ⇒ ⇒ E=-gradV⇒

corrente anche di spostamento accumulo di cariche esiste potenziale di E

• Condensatore:

E’ già nota dalla Fisica II la relazione costitutiva: v12 = V1-V2 = Q/C Che può essere espressa in termini di tensione e corrente ponendo v12 = 1/C ∫-∞t i(t’)dt’

Q = ∫0Qdq = ∫-∞t i(t’)dt’

da cui la relazione costitutiva:

„Altri fenomeni: Da Da

ε=0 µ=0 ε=0 segue e µ=0 segue

D=εE=0, divD=ρ=0 B=µH=0,

quindi da cui quindi

∂D/∂t=0 ∂ρ/∂t=0 -∂B/∂t=rotE=0

da cui e

rotH=G ⇒ ⇒ E=-gradV⇒

G solenoidale, tubi di flusso chiusi, corrente solo di conduzione, non di spostamento

no accumulo di cariche esiste potenziale di E

• Resistenza:

Ei=0 Gi=0 0≠γ<∞ Si può identificare la regione resistiva con un conduttore reale filiforme di sezione σ percorso da corrente i. v12 = V1-V2 = ∫12E×dl = ∫12Edl = ∫12 (G-Gi)/γ -Ei dl = ∫12 G/γ dl = ∫12 Gσ/γσ dl = ∫12 i/γσ dl = i∫12 dl/γσ = i R Da cui la relazione costitutiva (peraltro già nota): v12 = R i

• Lato di cortocircuito:

Ei=0 Gi=0 0≠γ=∞ Si può identificare tale regione con un conduttore ideale a conducibilità infinita. Dalla precedente v12 = V1-V2 = ∫12 G/γ dl si ricava, banalmente, che v12 = 0 V 1 = V2

• Vuoto:

γ=0

Ei=0

• Generatore di tensione:

Ei≠0 γ=∞ Dall’equazione di legame materiale E=-Ei segue che E quindi, da v12 = ∫21Ei×dl

• Generatore di corrente:

Ei=0 γ=0 Dall’equazione di legame materiale

e quindi la relazione costitutiva:

Gi=0

Gi=0 G=γ(E+Ei)+Gi segue, in questo caso, G=γ(E+Ei) da cui E+Ei=G/γ=0 v12 = V1-V2 = ∫12E×dl = -∫12Ei×dl = ∫21Ei×dl e, infine, la relazione:

Gi≠0 G=γ(E+Ei)+Gi

segue, in questo caso,

G=Gi

Appunti

6

Pisi - Elettrotecnica PARTI 2, 3 e 5 COMPONENTI DI UN CIRCUITO ELETTRICO E LORO PROPRIETA’ Circuito elettrico ≡

Struttura costituita dalla connessione di componenti ideali caratterizzati da opportuni legami di tensione e corrente ad essi applicati (ciascuna connessione considerata a potenziale costante e priva di dimensioni geometriche.

Componenti ≡

Elementi costitutivi di un circuito elettrico, generalmente rappresentabili con un rettangolo da cui emergono due o più terminali filiformi, ciascuno dei quali avente per estremo un punto, detto morsetto. I componenti possono godere o meno delle proprietà di: .linearità rispetto a una causa agente e ad un corrispondente effetto, nel caso l’effetto sia direttamente proporzionale rispetto alla causa considerata. .permanenza o tempo-invarianza, se l’effetto non dipende dall’istante in cui la causa viene applicata (cioè se il componente non si modifica nel tempo). .passività, se il componente è impossibilitato a fornire un’energia quantitativamente superiore a quella acquisita fino all’istante considerato. Indicata con p(t) la potenza istantaneamente assorbita dal componente, deve risultare: E(t) = ∫-∞t p(t’) dt’ ≥ 0 ∀ t In caso contrario il componente si dice attivo.

Porta (di un componente) ≡

Coppia di morsetti tali che la corrente entrante nell’uno è uguale ed opposta a quella entrante nell’altro.

Bipolo



Componente a due terminali, caratterizzato - dal punto di vista elettrico - dalla tensione tra i suoi morsetti e dalla corrente che lo attraversa. .Un bipolo è un componente ad una porta. La dimostrazione si ottiene immediatamente, considerando il flusso di G=rotH attraverso una superficie chiusa S che racchiuda il bipolo senza attraversare alcun condensatori (su S risulta dunque ∂D/∂t=0): i2-i1 = S(∫)G×ndS = Vs∫divGdV = Vs∫div(rotH)dV=0) .I versi positivi per tensione e corrente possono essere scelti .arbitrariamente; è tuttavia usuale sceglierli coordinati secondo la convenzione da utente, in modo che il loro prodotto v i coincida con la potenza elettrica assorbita dal bipolo. La dimostrazione si avvale del fatto che, racchiuso il componente in una superficie S con normale rivolta all’interno, il flusso del vettore di Poynting attraverso S rappresenta la potenza irradiata: assorbita/ceduta se, rispettivamente, positivo/negativo. ( ) ( ) ∇V^H)×ndS = S(∫)-∇ ∇^(VH)×ndS + S(∫)V(∇ ∇^H)×ndS = S ∫ (E^H)×ndS = S ∫ -(∇ ( ) ( ) = V ∫ div(rot(VH)dV + S ∫ V(∇ ∇^H)×ndS = = S(∫)V(∇ ∇^H)×ndS = S(∫)VG×ndS = G≠0 solo nei punti in cui il filo esce da S = V1(+i)+V2(-i) = (V1-V2)i = vi E quindi, sostituendo [S(∫)(E^H)×ndS]dt = vidt al già noto bilancio energetico (e tenendo conto, nel segno del flusso del v. di Poynting, del verso, qui opposto, di n): vidt + [VS∫G×EidV]dt = dVS∫½µH2+½εE2dV + [VS∫(G2/γ)dV]dt “l’energia vidt fornita ad un bipolo tramite la coppia dei suoi morsetti, sommata all’energia fornita dai generatori di tensione interni ad esso, in parte va ad incrementare l’energia elettromagnetica e in parte viene dissipata”. .Nel caso di generatori di tensione o corrente, è invece uso scegliere versi concordi per tensione e corrente, secondo la cosiddetta convenzione da generatore; in questo modo, il valore del prodotto v i viene a coincidere con la potenza erogata dal generatore al circuito cui è collegato. S

N-polo



Componente avente n terminali.

Appunti

7

Pisi - Elettrotecnica componenti, loro relazioni costitutive fondamentali e bilanci energetici • Resistore: Relazione costitutiva: v=Ri Equazione di bilancio energetico: E(t) = ∫-∞t R i2 dt ≥ 0 - E’ un componente bipolare, lineare e tempo-invariante (ma esistono anche resistori non lineari, come i “diodi”, o tempo-varianti). - R è detta resistenza e si misura in Ohm [Ω]; il suo inverso g = 1/R è detto conduttanza e viene misurata in Mho [Ω-1]. - Nel piano v,i il legame tra tensione e corrente è rappresentato da una retta per l’origine detta caratteristica del resistore. - L’espressione dell’energia deriva da dE = pdt = vidt = Ri2dt ≥ 0 da cui E(t) = ∫dE = ∫-∞t Ri2dt - E’ un componente passivo, il flusso di energia è sempre entrante. • Condensatore / Capacitore: Relazione costitutiva: q=vC Equazione di bilancio energetico: E(t) = ½ q2/c ≥ 0 - E’ un componente bipolare, lineare e tempo-invariante. - C è detta capacità e si misura in Farad [F]. - Nel piano q,v il legame tra carica sulle armature e tensione è rappresentato da una retta per l’origine detta caratteristica del condensatore. - L’espressione dell’energia deriva da dE = pdt = vidt = (q/c)(dq/dt)dt = 1/cq dq = d(1/2cq2) con q(t=-∞)=0 da cui E(t) = ∫dE = ∫-∞t d(1/2c q2) = ½ 1/C Q2 - E’ un componente passivo, ma la direzione, istante per istante, del flusso di energia non è decidibile. • Induttore: Relazione costitutiva: ΦC = L i Equazione di bilancio energetico: E(t) = ½ L i2 ≥ 0 - E’ un componente bipolare, lineare e tempo-invariante. - L è detta induttanza e si misura in Henry [H]. - Nel piano ΦC,i il legame tra flusso del campo magnetico nella bobina e corrente è rappresentato da una retta per l’origine detta caratteristica dell’induttore. - L’espressione dell’energia deriva da dE = pdt = vidt = (dΦc/dt)idt = di/dtLidt = d(½Li2) da cui E(t) ∫dE = ∫d(½Li2) = ½Li2 - E’ un componente passivo, ma la direzione del flusso di energia non è decidibile.

{

• Induttori mutuamente accoppiati: ΦC1 = L1i1 + Mi2 Relazione costitutiva: ΦC2 = L2i2 + Mi1 Equazione di bilancio energetico: E(t) = ½ L1i12 + ½ L2i22 + Mi1i2 - E’ costituito da una coppia di componenti bipolari, lineari e tempo-invarianti. - L ed M sono rispettivamente auto-induttanza e mutua-induttanza, misurate in Henry [H]. - L’espressione dell’energia deriva da dE1 = p1dt = v1i1dt = (dΦc1/dt)i1dt = (di1/dtL + di2/dtM)i1dt = Li1di1 + Mi1di2 dE2 = p2dt = v2i2dt = (dΦc2/dt)i1dt = (di2/dtL + di1/dtM)i2dt = Li2di2 + Mi2di1 dE = dE1+dE2 = Li1di1 + Mi1di2 + Li2di2 + Mi2di1 = d(½L1i12) + d(½L2i22) + d(Mi1i2) da cui E(t) ∫dE = ∫-∞td(½L1i12)+d(½L2i22)+d(Mi1i2) = ½L1i12 + ½L2i22 + Mi1i2 - Il valore di M decide della passività del componente (compare infatti nell’unico termine di E(t) che può essere negativo) Escluso il caso (in cui il mutuo induttore è banalmente passivo) in cui i1=i2=0, esprimendo x=i1/i2 ed y=2E/i22 avrò che il segno di E coincide con quello di y; l’equazione può essere riscritta nella forma di quella di una parabola: y = L1x2 + 2Mx + L2 Essendo la concavità rivolta verso l’alto, è noto che y non assume valori negativi solo se tale equazione non ammette radici reali distinte, cioè se risulta ____ ∆/4 = (b2-4ac)/4 = M2-L1L2 ≤ 0 Il componente è dunque passivo per |M| ≤ √L1L2 Introdotto k = |M|/√L1L2 (detto “coefficiente di accoppiamento”), il componente risulta dunque passivo per (induttori disaccoppiati) 0 ≤ k ≤ 1 (induttori strettamente accoppiati)

Appunti

8

Pisi - Elettrotecnica • Generatore indipendente di tensione: Relazione costitutiva: v=E Equazione di bilancio energetico: E(t) = ∫-∞t E i dt - E’ un componente bipolare, e lineare. - E rappresenta la tensione, ovviamente misurata in volt [V], che il generatore mantiene tra i suoi morsetti, qualunque sia il valore della corrente i che lo attraversa. - L’espressione dell’energia (che, seguendo la convenzione da generatore per i versi di v e i, risulta positiva se erogata al circuito, non se assorbita dal bipolo) è: dE = pdt = vidt = Eidt da cui E(t) ∫dE = ∫-∞tEidt - Il valore della corrente i che attraversa il componente decide della sua passività o attività. • Generatore indipendente di corrente: Relazione costitutiva: i=I Equazione di bilancio energetico: E(t) = ∫-∞t v I dt - E’ un componente bipolare e lineare. - I rappresenta la corrente, ovviamente misurata in ampere [A], che il generatore fa circolare in entrata e in uscita dai suoi morsetti, qualunque sia il valore della tensione v che gli si applica. - L’espressione dell’energia (che, seguendo la convenzione da generatore per i versi di v e i, risulta positiva se erogata al circuito, non se assorbita dal bipolo) è: dE = pdt = vidt = vIdt da cui E(t) ∫dE = ∫-∞tvIdt - Il valore della tensione v applicata al componente decide della sua passività o attività. - Più che come modellizzazione di un elemento di un circuito reale, è usato per costruire circuiti equivalenti di altri circuiti reali. • Generatore di tensione/corrente pilotati in tensione/corrente: - Sono componenti la cui grandezza impressa (tensione o corrente) è proporzionale, tramite una costante k che detta parametro di controllo, ad un’altra grandezza elettrica (tensione o corrente) presente su un altro lato del circuito. Relazione costitutiva: Equazione di bilancio energetico:

vg = kvi ip E(t) = ∫-∞t kviip ig dt

}(gen.ten.pil.in corr.)

Relazione costitutiva: Equazione di bilancio energetico:

vg = kvv vp E(t) = ∫-∞t kvvvp ig dt

}(gen.ten.pil.in ten.)

Relazione costitutiva: Equazione di bilancio energetico:

ig = kii ip E(t) = ∫-∞t vg kiiip dt

}(gen.corr.pil.in corr.)

Relazione costitutiva: Equazione di bilancio energetico:

E(t) = ∫-∞t vg kivvp dt

ig = kiv vp

}(gen.corr.pil.in ten.)

- Si tratta comunque di componenti bipolari e lineari. - L’espressione dell’energia segue banalmente da quella vista a proposito dei generatori indipendenti. - Si tratta ovviamente di componenti che possono essere attivi.

Appunti

9

Pisi - Elettrotecnica topologia Grafo di un circuito



Figura che si ottiene dal circuito stesso sostituendone con segmenti i componenti. .A ogni circuito possono evidentemente essere associati più grafi, mentre lo stesso grafo può corrispondere a diversi circuiti. .Il grafo viene orientato assegnando a ogni suo lato un verso di percorrenza (di solito coincidente col verso positivo della corrente che lo percorre).

Lato / Ramo



Un qualsiasi segmento del grafo.

Nodo



Punto del grafo che sia unione di due o più lati (cioè toccato contemporaneamente da 3 o più componenti; il punto di congiunzione di 2 componenti in serie non costituisce un nodo, in quanto entrambi i componenti sono visti come appartenenti allo stesso lato).

Taglio



Insieme di lati del grafo che possono venire intersecati da una linea chiusa che taglia ognuno di essi in uno e un sol punto (nel caso di un grado tridimensionale si ricorre ad una superficie chiusa).

Maglia



Insieme di lati del grafo, ciascuno considerato una volta sola, costituenti un percorso chiuso che a partire da un nodo ritorna al nodo stesso.

Albero



Insieme di lati del grafo, ciascuno considerato una volta sola, che collega a due a due tutti i nodi presenti, senza formare percorsi chiusi. .Per uno stesso grafo esistono, evidentemente, più possibili alberi. .Dato un grafo con N nodi, ogni suo possibile albero avrà [N-1] lati

Coalbero di un albero



Insieme di lati del grafo che non appartengono a un dato suo albero. .Dato un grafo con N nodi e R lati, ogni suo possibile coalbero avrà ovviamente R-[N-1] lati (cioè il n° totale di lati, meno quelli dell’albero).

Maglia fondamentale



Maglia individuata dall’aggiunta di uno dei rami di coalbero a un dato albero. .L’aggiunta di un ramo di coalbero all’albero individua sempre una maglia. .Dato un grafo con N nodi e R lati, esso avrà ovviamente R-[N-1] maglie fondamentali (cioè tante quanti i rami di coalbero). .Una maglia fondamentale contiene sempre uno e un solo lato di coalbero e ogni lato di coalbero compare sempre in una e una sola maglia fondamentale del suo grafo.

Taglio fondamentale



Taglio i cui lati appartengono tutti al coalbero tranne uno che appartiene all’albero. .Dato un grafo con N nodi e R lati, esso avrà ovviamente [N-1] tagli fondamentali (cioè tanti quanti i rami di albero).

Appunti 10

Pisi - Elettrotecnica PARTI 4, 6,7 e 8 TEOREMI FONDAMENTALI leggi di Kirchhoff Si tratta di approssimazioni delle leggi di Maxwell, che tuttavia risultano valide nell’ambito dei circuiti a costanti concentrate (e devono dunque essere soddisfatte dalle tensioni e dalle correnti presenti in tali circuiti). Prima legge di Kirchhoff (o leggei di Kirchhoff sulle correnti): “La corrente che complessivamente esce da una superficie chiusa che interseca il circuito solo in presenza di terminali è uguale a quella che vi entra”. Motivazioni: • Segue dall’equazione di continuità in forma integrale:

0 =

( ) S∫

G×n dS = iuscente

Osservazioni: • L’applicazione della legge delle correnti ad un bipolo (che viene dunque idealmente racchiuso da una superficie chiusa, collocata al suo esterno in modo tale che non intersechi altri componenti) mostra che la corrente che entra in un morsetto è uguale ed opposta a quella che entra nell’altro. • L’applicazione della legge delle correnti ad un nodo (quindi circondato da una superficie chiusa che interseca i lati che vi entrano senza attraversare nessun componente ivi contenuto) conduce alla seguente equazione algebrica: con k che assume i valori da 1 al numero di lati che toccano il nodo scelto Σ k ik = 0 • (trattandosi di quantità algebriche, quindi con segno, il verso positivo di ogni corrente può essere scelto arbitrariamente; trovato poi un eventuale valore negativo, il verso positivo della corrente corrispondente sarà dunque opposto a quello scelto). la legge delle correnti • Essendo la carica elettrica l’integrale rispetto al tempo della corrente q(t) = ∫-∞t i(t’) dt’, implica l’impossibilità di un accumulo di carica entra una superficie chiusa (che non attraversi alcun componente!!) in un circuito a costanti concentrate. Seconda legge di Kirchhoff (legge delle tensioni): “E’ nulla la somma algebrica delle tensioni (= differenze di potenziale) che si incontrano spostandosi lungo una linea chiusa e finita che incontra il circuito solo in corrispondenza di morsetti” Motivazioni: • Segue dall’equazione dalla seconda legge di Maxwell:

∂B

/∂t = 0 ⇒ ∇^E = -∂B/∂t = 0 ⇒

( ) l ∫ E×dl

=0

Osservazioni: • L’applicazione della legge delle tensioni ad una maglia (presa dunque una linea chiusa che la tocchi nei soli morsetti dei componenti su essa presenti) conduce alla seguente equazione algebrica: con k che assume i valori da 1 al numero di componenti che appartengono alla maglia scelta Σk vk = 0 • (si tratta sempre di quantità algebriche, quindi con segno; le tensioni vanno sommate col proprio segno se il loro verso è concorde - cioè è opposto !!! - a quello scelto per la circuitazione). • E’ uso scrivere le equazioni di Kirchhoff delle tensioni separando le grandezze impresse (es: tensioni corrispondenti a generatori di tensioni) dalle altre e portandole, col segno cambiato, all’altro membro. ⇓ • Le equazioni che esprimono le leggi di Kirchhoff sono lineari e omogenee nelle correnti e nelle tensioni dei componenti del circuito. Esse non dipendono dalla natura dei componenti, ma solo dal loro numero e dal modo in cui sono collegati, cioè dalla “topologia del circuito”. • Per un circuito con R lati ed N nodi si avranno si potranno avere da determinare R possibili correnti (presenti su detti suoi rami) o, equivalentemente, R possibili tensioni (tra i loro estremi). • Per un tale circuito è possibile, grazie alle equazioni di Kirchhoff (sulle tensioni EKT, sulle correnti EKC), scrivere un sistema di R equazioni in tali R incognite: R lati N nodi •

}

coalberi con R-[N-1] lati alberi con [N-1] lati

⇒ ⇒

R-[N-1] maglie fondamentali⇒ [N-1] tagli fondamentali ⇒

R-[N-1] EKT [N-1] EKC

Svolgendo, a seconda delle necessità, il legame tra tensione e corrente di ogni singolo componente a favore dell’una o dell’altra caratteristica elettrica si ottengono R equazioni linearmente indipendenti (a causa della presenza di un ramo unico in ogni taglio/maglia fondamentale) nelle R incognite costituite dalle tensioni o dalle correnti presenti.

Appunti 11

Pisi - Elettrotecnica teorema di Tellegen e principio di conservazione della potenza elettrica Sono entrambi immediate conseguenze delle leggi di Kirchhoff e si dimostrano con riferimento ad esse.

Teorema di Tellegen: “Dati due circuiti chiusi C’ e C” aventi lo stesso grafo orientato e a cui corrispondano i sistemi di tensioni e correnti coordinate (v’i’) e (v”i”), risulta: Σk vk’ ik” = Σk vk” ik’ = 0 (con k che varia da 1 al numero di lati del comune grafo dei due circuiti)”. Dimostrazione: • Consideriamo l’ n-esimo lato del grafo; siano: .Pn e Qn i suoi estremi .in e vn le sue corrente e tensione coordinate .a,b i lati del grafo che toccano il nodo Pk (solo indicativamente in numero di due; la dimostrazione è valida comunque) .c,d i lati del grafo che toccano il nodo Qk (solo indicativamente in numero di due; la dimostrazione è valida comunque) .A,B,C,D gli altri estremi dei succitati lati ↓ (altri lati che non toccano l’n-esimo) Risulta, allora: Σk vk’ ik” = (VP’-VQ’)in” + (VP’-VA’)ia” + (VP’-VB’)ib” + (VC’-VQ’)ic” (VD’-VQ’)id” + ... = = by raccoglimenti VP’(Σ correnti al nodo P) + VQ’(Σ correnti al nodo Q) + ...altri raccoglimenti analoghi = = by EKC VP’(0) + VQ’(0) + ...altri prodotti analoghi per gli altri nodi = 0 Osservazioni: • Il suddetto teorema è valido per un qualsiasi tipo di circuito a costanti concentrate, quali che siano i suoi elementi (lineari, passivi, tempo-invarianti oppure no)

Principio di conservazione della potenza elettrica: „Bilancio di potenza per un circuito chiuso: “La potenza complessiva assorbita da un circuito chiuso è nulla” Dimostrazione: • E’ immediata conseguenza del Th. di Tellegen, preso come secondo circuito, omografo al primo, lo stesso circuito: p = Σk pk = Σk vk ik = Σk vk”ik’ = Σk vk’ik” = 0 „Bilancio di potenza per un circuito aperto: “La potenza assorbita da un N-polo è uguale alla potenza in ingresso all’N-polo stesso” Dimostrazione: • Note introduttive: prendendo nullo il potenziale (che tanto è definito a meno di una costante additiva) relativo a uno degli N morsetti, ad esempio il morsetto N (cioè mettendolo “a terra”: VN=0 ), si può far coincidere la tensione tra un qualsiasi altro morsetto e questo (cioè la differenza di potenziale tra di essi) con il potenziale del morsetto di volta in volta considerato: vk = Vk-VN = Vk-0 = Vk In questo modo, la potenza p = vi rimane espressa da: pk = vkik = Vkik E la potenza totale: P = Σk=1N-1 pk = Σk=1N-1 Vkik • L’N-polo è un modo per rappresentare un circuito aperto, dotato di un certo numero di lati, di un certo numero di nodi interni (non accessibili dall’esterno) e di N nodi esterni (accessibili dall’esterno). Per i nodi interni Pj varrà, come per il bilancio di potenza di un circuito chiuso, che: P = Σj pj = Σj Vj ij = Σj Vj (Σ corrente in Pj) = by EKC Σj Vj (0) = 0 Per i nodi esterni Pk, in ognuno dei quali entra una corrente iextk, sarà invece: P = Σk pk = Σk Vk ik = Σk Vk (Σ corrente in Pk) = by EKC Σj Vj (iextk) “La potenza entrante dai morsetti di un circuito aperto è dunque pari a quella dissipata nei vari componenti dei suoi lati interni, cioè alla potenza assorbita dal circuito stesso”.

Appunti 12

Pisi - Elettrotecnica caratterizzazione esterna di un bipolo lineare e tempoinvariante Teorema di sostituzione: “Ogni bipolo lineare tempo-invariante è caratterizzato, esternamente ai suoi morsetti, da una equazione lineare non omogenea che lega la tensione in ingresso v alla corrente in ingresso i” Dimostrazione: • Il bipolo sopra descritto rappresenta un circuito aperto accessibile da due morsetti. Assunto, ad esempio, come riferimento il morsetto 2 (quindi “messo a terra”: V2=0 ) la tensione tra il morsetto 1 e quello di riferimento coincide con il potenziale del morsetto 1: v = V1. • Sia N il numero dei nodi interni ed R il numero dei lati interni al bipolo, possiamo distinguere: .R correnti negli R lati interni .la corrente in ingresso i .N tensioni tra gli N nodi interni ed il morsetto 2 di riferimento .la tensione v tali R+N+2 grandezze elettriche non sono tuttavia indipendenti tra loro, ma risultano legate da: .R relazioni costitutive per i componenti sugli R lati .N+1 equazioni di Kirchhoff delle correnti • cioè da R+N+1 relazioni lineari non omogenee; al sistema è lasciato dunque un solo grado di libertà, dato dai possibili valori della corrente in ingresso (oppure della tensione applicata, a seconda di quale delle due sia scelta come variabile indipendente). v = ai+b o anche i = cv+d • Dunque, per caratterizzare il bipolo esternamente ai suoi morsetti è sufficiente conoscere i valori di a e b (misurati rispettivamente in Ω e V), oppure di c e d (misurati rispettivamente in Ω-1 e A). Teorema di Thevenin: “Un generico bipolo è sempre equivalente, esternamente ai suoi morsetti di accesso, ad un bipolo costituito da un generatore di tensione in serie ad un resistore”, tali che: ♦ la f.e.m. E del generatore di tensione è pari alla tensione a vuoto v0 tra i morsetti (cioè per i=0) ♦ la resistenza R è data dal rapporto tra la tensione a vuoto v0 e la corrente icc su un lato di cortocircuito tra tali morsetti Il bipolo equivalente di Thevenin è il modello circuitale che soddisfa, vedi il teorema di sostituzione, alla relazione: v=-Ri+E Per quanto detto sopra, è possibile conoscere i valori di E ed R analizzando durante due particolari (e separati !!) tipi di funzionamento del circuito le tensioni e le correnti tra i morsetti interessati: .funzionamento a vuoto i=0 E = v0 .funzionamento in cortocircuito v = 0 R = E/icc = v0/icc ♦ un altro possibile modo per trovare R (sse nel bipolo interessato non vi sono generatori pilotati) consiste nell’annullare i generatori indipendenti (sostituendoli con un lato di cortocircuito, se di tensione; sostituendoli con un tasto aperto, se di corrente) e calcolare R come una normale resistenza equivalente: .funzionamento a generatori annullati R = v/i (...da v = -Ri + 0 ) Teorema di Norton: “Un generico bipolo è sempre equivalente, esternamente ai suoi morsetti di accesso, ad un bipolo costituito da un generatore di corrente in parallelo ad un resistore”, tali che: ♦ la corrente I impressa dal generatore di corrente è pari alla corrente icc su un lato di cortocircuito tra i morsetti ♦ la resistenza R è data dal rapporto tra la tensione a vuoto v0 e la corrente impressa I. Il bipolo equivalente di Norton è il modello circuitale che soddisfa, vedi il teorema di sostituzione, alla relazione: i=-gv+I oppure i = -1/R v + I Per quanto detto sopra, è possibile conoscere i valori di I ed R analizzando durante due particolari (e separati !!) tipi di funzionamento del circuito le tensioni e le correnti tra i morsetti interessati: .funzionamento in cortocircuito v = 0 I = icc .funzionamento a vuoto i=0 R = v0/I = v0/icc = 1/g ♦ anche qui è possibile trovare R annullando i generatori indipendenti: .funzionamento a generatori annullati R = 1/g = v/i (...da i = -gv + 0 ) Appunti 13

Pisi - Elettrotecnica Teorema di Millman: E’ poco più di un’applicazione del teorema di Thevenin; recita: “Un bipolo costituito dal parallelo di vari bipoli di Thevenin è sempre equivalente, esternamente ai suoi morsetti di accesso, ad un unico bipolo di Thevenin” Per quanto già visto a riguardo del teorema di Thevenin, è possibile conoscere i valori delle E ed R equivalenti analizzando il circuto durante: .funzionamento a vuoto i=0 E = v0 .funzionamento in cortocircuito v = 0 R = E/icc = v0/icc Calcolando v0, risulta in particolare che: v0 = R1 i1 + E1 v0 = R2 i2 + E2 ... v0 = Rn in + En dividendo entrambi i membri di ogni equazione per il corrispondente Rj e sommando membro a membro si ottiene: v0 (1/R1+1/R2+...+1/Rn) = (E1/R1+E2/R2+...+E3/R3) + (i1+i2+...+in) poiché nel funzionamento a vuoto risulta iext = Σk ik = 0, allora è immediato che: E = v0 = (Σk Ek/Rk) / (Σk 1/Rk) Per calcolare icc, si ottiene che v12 = 0 = Rkik+Ek ∀k da cui ik = Ek/Rk e quindi: icc = Σk ik = Σk Ek/Rk E’ dunque immediato che: R = E/icc = [ (Σk Ek/Rk) / (Σk 1/Rk) ] / [ 1 / Σk Ek/Rk ] = 1 / (Σk 1/Rk) Era anche qui possibile calcolare R annullando i generatori e ottenendo, come un normale parallelo di resistenze: R = 1 / (Σk 1/Rk) Passaggio dal bipolo equivalente di Thevenin al bipolo equivalente di Norton, e viceversa: Le resistenze dei due bipoli equivalenti sono evidentemente le stesse e valgono quanto: R = 1/g = v0/icc Dalla relazione per il bipolo di Norton si ricava: i = -gv + I = -(1/R)v + I Ri = -v + RI RI = Ri + v Dalla relazione per il bipolo di Thevenin si ricava: v = -Ri + E E = v + Ri E dal confronto: E = RI Altre equivalenze notevoli e/o utili: a) Generatori di tensione in serie

b) Generatori di corrente in parallelo

c) Generatori di tensione e corrente in serie: la corrente tra 1 e 2 viene definita da I, la tensione resta indefinita (la presenza di E è vanificata da quella di I in serie). d) Generatori di tensione e corrente in parallelo: la tensione tra 1 e 2 viene definita da E, la corrente resta indefinita (la presenza di I è vanificata da quella di E in parallelo).

Appunti 14

Pisi - Elettrotecnica Resistori in serie e in parallelo: serie

parallelo

Siano dati N resistori in serie, collegati uno dopo l’altro tramite i Siano dati N resistori in parallelo, tutti collegati tra la stessa morsetti A,B,..,N+1 (ogni resistore ha un morsetto di ingresso e coppia di morsetti A e B. Essendo la tensione v ad essi applicata sempre la stessa, si avrà: uno d’uscita; per questo N+1 è il loro numero totale). Essendo la corrente i che li attraversa sempre la stessa, si avrà: vAB = R1 i1

vA N+1 = VA-VN+1 = = (VA-VB)+(VB-VC)+...+(VN-VN+1) = = vAB + vBC + ... + vNN+1 = = RA i + RB i + ... + RN i = = (RA+RB+...+RN) i

vAB = R2 i2 ... vAB = RN iN

Dividendo entrambi i membri di ogni equazione per il corrispondente Rj si ottiene:

vAB/Rk = ik Da questo si evince che, volendo sostituire gli N resistori in serie Sommando membro a membro, e considerando che la somma tra A e N+1 con un unico resistore equivalente, tale che... delle correnti ik sui resistori è pari alla corrente totale i che passa vA N+1 = Req i tra i morsetti A e B, si giunge a: ...dovrà essere: Req = Σk Rk

Da cui:

vAB ( Σk 1/Rk ) = Σk ik = i

vAB = [ 1 / ( Σk 1/Rk ) ] i Volendo sostituire gli N resistori in parallelo tra A e B con un unico resistore equivalente, tale che...

vA B = Req i

...dovrà essere:

Req = 1 / ( Σk 1/Rk )

Capacitori in serie e in parallelo: serie

parallelo

Siano dati N capacitori in serie, collegati uno dopo l’altro tramite i Siano dati N capacitori in parallelo, tutti collegati tra la stessa morsetti A,B,..,N+1. Abbiamo già visto la possibilità di esprimere coppia di morsetti A e B. Essendo la tensione v ad essi applicata sempre la stessa, si avrà: la tensione tra il morsetto A e il morsetto N+1 come:

vA N+1 = VA-VN+1 = = (VA-VB)+(VB-VC)+...+(VN-VN+1) = = vAB + vBC + ... + vN N+1 = = Σi=1N vi

Da cui:

vAB = vi = Qi/Ci Ci = Qi/vAB

Sommando membro a membro tra tutti gli N capacitori si ha:

Σi Ci = Σi (Qi/vAB) = (Σi Qi) / vAB = Qtot/vAB Essendo i capacitori in serie, la carica su ognuna delle loro 2N Da cui la possibilità di sostituire tutti i condensatori in parallelo armatura sarà sempre la stessa (a meno del segno): con un unico condensatore tra A e B, di capacità equivalente: Qi = ±Q E quindi:

vA N+1 = Σi vi = Σi Qi/Ci = Σi Q/Ci = Q

Σi1/Ci

Ceq = Q/vAB = Σi Ci

Da cui la possibilità di sostituire la serie di condensatori con un unico condensatore di capacità equivalente:

Ceq = Q/vA N+1 = Q / (QΣi1/C ) = 1/(Σi 1/C ) i

i

Appunti 15

Pisi - Elettrotecnica Partitore di Tensione: Essendo il circuito in figura costituito da un unica maglia...: .la corrente i che vi circola è uguale per ogni componente .la tensione v = E, fornita dal generatore, si ripartisce sulle resistenze in modo direttamente proporzionale alle resistenze stesse: vk ∝ Rk Pensando le resistenze presenti (in serie) come un’unica resistenza equivalente Req; tale resistenza è evidentemente in parallelo col generatore tra i morsetti A e B, tra cui vi è ovviamente una tensione pari ad E. Posso allora scrivere: i = v / Req = E / ΣkRk Per ogni singola resistenza avrò dunque: vk = Rk i = Rk (E / ΣkRk ) = E Rk / ΣkRk = E [ Rk ] [ 1 / ΣkRk ] E’ inoltre verificato, ovviamente, il fatto che v = Σk vk. Partitore di Corrente: Nel circuito rappresentato in figura...: .la tensione v tra i morsetti A e B è la stessa su ogni ramo. .la corrente i = I, fornita dal generatore, si ripartisce sulle resistenze in modo inversamente proporzionale alle resistenze stesse: ik 1/∝ Rk Pensando le resistenze presenti (in parallelo) come un’unica resistenza equivalente Req; tale resistenza verrà evidentemente attraversata da una corrente pari a ieq = Σk ik = I. Posso allora scrivere: vAB = v = Req ieq = [ 1/(Σk 1/Rk) ] I = I / (Σk 1/Rk) Per ogni singola resistenza avrò dunque: ik = v / Rk = [ I / (Σk 1/Rk) ] / Rk = I / [ Rk (Σk 1/Rk) ] = I [ 1/Rk] [ 1 / Σk1/Rk ] O più semplicemente, tramite le ammettenze gk = 1/Rk: ik = I [ gk ] [ 1 / Σk gk ]

Appunti 16

Pisi - Elettrotecnica caratterizzazione esterna di un 3-polo lineare e tempoinvariante Posto a terra uno dei suoi morsetti (ad esempio il 3) e indicate con: .v1 e v2 le tensioni tra, rispettivamente, i morsetti 1 e 3 e i morsetti 2 e 3 .i1 e i2 le correnti in ingresso, rispettivamente, ai morsetti 1 e 2 un tale 3-polo risulta caratterizzato, esternamente ai suoi morsetti, dalle relazioni: v1 = R11 i1 + R12 i2 + E1  v1   R11 R12  i1   E1  v  =  R   +   v2 = R21 i1 + R22 i2 + E2 ovvero  2   21 R22  i2   E 2 

{

Equivalenza stella-triangolo: Due tripoli passivi (dove dunque Ek=0 ∀k), costituiti rispettivamente da: .3 resistenze Rk disposte a triangolo .3 resistenze rk disposte a stella sono equivalenti, esternamente ai loro morsetti, nel caso diano luogo allo stesso sistema del tipo sopra enunciato. Occorre dunque, preliminarmente, esplicitare le relazioni che intercorrono tra le Rjk del sistema sopra scritto e le resistenze interne ai tripoli considerati. triangolo Le relazioni tra le Rij del sistema e le Rk del tripolo a triangolo si possono facilmente desumere lasciando staccato uno dei 2 morsetti non a terra e collegando gli altri 2 tramite un generatore di corrente unitario I=1 (e facendo poi viceversa). Sia 1 connesso con 3 e 2 staccato. In questo modo risultano: i1 = I = 1 i2 = 0 da cui: v1 = R11i1+R12i2+E1 = R11i1+R120+0 = R11i1 v2 = R21i1+R22i2+E1 = R21i1+R220+0 = R21i1 Per trovare R11 si riduce, ragionando sui resistori in serie e parallelo presenti, il partitore di corrente ottenuto ad un’unica maglia formata dal al generatore I in serie/parallelo un semplice resistore Req,, su cui circoli dunque la I=1 fornita dal generatore e che condivida la stessa tensione con esso: v1 = Req I = R2(R1+R3)/(R1+R2+R3) = R11 Per trovare R21, che coincide così (v. sistema sopra) con la tensione v2, si trovano le correnti che percorrono i lati del partitore di corrente e si ricava v2 di conseguenza come la tensione sulla resistenza R1. Risulta: R21 = (R1R2)/(R1+R2+R3)

stella Le relazioni tra le Rij del sistema e le rk del tripolo a stella si desumono, analogamente, lasciando staccato uno dei 2 morsetti non a terra e collegando gli altri 2 tramite un generatore di corrente unitario I=1 (e facendo poi viceversa). Ciò che si ottiene stavolta è un circuito a una sola maglia con un generatore di corrente in serie a due resistori. Con procedimenti analoghi a quelli esposti a lato si trovano le tensioni espresse in funzione delle resistenze equivalenti, da cui le relazioni: R11 = r1+r3 R21 = r3 Analogamente, si trovano: R12 = R21 R22 = R1(R2+R3)/(R1+R2+R3)

Analogamente, si trovano: R12 = R21 R22 = R1(R2+R3)/(R1+R2+R3)

Mettendo a confronto le relazioni fin qui trovate, si ottiene dunque la relazione tra le Rk e le rk che stabilisce l’equivalenza stella-triangolo dei loro rispettivi tripoli: Rk = (rirj + rjrk + rkri ) / rk rk = ( Ri Rj ) / ( Ri + Rj + Rk )

Appunti 17

Pisi - Elettrotecnica PARTE 9 ANALISI DI CIRCUITI LINEARI TEMPOINVARIANTI SENZA MEMORIA Note le caratteristiche dei suoi componenti, le loro interconnessioni e le eccitazioni presenti, l’analisi di un circuito elettrico consiste nella determinazione del suo comportamento (correnti e tensioni). Per circuiti lineari e tempoinvarianti, nelle relazioni costitutive (in tensione e corrente) dei cui componenti non compaiano legami integrodifferenziali (*), i seguenti metodi permettono la scrittura immediata del sistema algrebrico risolvente. (*) = Tali circuiti sono detti “senza memoria” in quanto il valore assuntovi da ciascuna grandezza elettrica u(t), tensione o corrente, non dipende dai valori assunti negli istanti precedenti.

Dato un circuito con R lati ed N nodi, la premessa comune ad entrambi è l’utilizzo delle R equazioni di Kirchhoff linearmente indipendenti che si possono applicarvi: .R-(N-1) EKT relative alle R-(N-1) maglie fondamentali .N-1 EKC relative a N-1 degli N nodi presenti Metodo di analisi su base maglie: 1) Scelta di un albero qls e scrittura delle R-(N-1) EKT relative alle R-(N-1) maglie fondamentali 2) Espressione in funzione delle correnti, tramite le relazioni costitutive dei singoli componenti (eccezion fatta per i generatori di tensione, da cui avremo i “termini noti”), delle tensioni presenti nelle R-(N-1) EKT: v = v(i) (allo scopo di far sì che le R-(N-1) incognite siano tutte correnti: le correnti presenti sui lati di coalbero che individuano le maglie fondamentali scelte) 3) Espressione, tramite le EKC, delle N-1 correnti di albero in funzione di quelle di coalbero iak = iak(ico1,...,icoR-(N-1)) 4) Loro sostituzione nelle EKT. Si giunge al seguente sistema di R-(N-1) equazioni indipendenti nelle R-(N-1) incognite date dalle correnti di coalbero: dove .ek = somma algebrica delle tensioni impresse dai generatori presenti sulla maglia k-esima (col segno “-“ se la maglia è percorsa in senso opposto al verso dato alla tensione ek secondo la convenzione da generatore) .ik = corrente sul ramo di coalbero presente sulla k-esima maglia fondamentale .(rik) = matrice diagonale composta da opportune combinazioni delle resistenze presenti: rkk = somma delle resistenze presenti sulla maglia k-esima (tutte col segno “+”: maglia percorsa sempre nello stesso verso)

rhk = somma algebrica delle resistenze in comune alle maglie fondamentali h e k (resistenze sommate col segno “-“ se il lato su cui si trovano è percorso in sensi opposti a seconda della maglia h o k).

• Risolvendo il sistema si trovano le R-(N-1) correnti di coalbero ico1, ..., icoR-(N-1) • Per trovare le restanti N-1 correnti di albero si sostituiscono i valori trovati nelle equazioni, precedentemente ricavate: iak = iak (ico1,...,icoR-(N-1)) • In presenza di generatori di tensione pilotati, si affianca semplicemente al sistema la loro relazione costitutiva: ek = f(ij) oppure ek = f(ej) • In presenza di generatori di corrente si può: .sostituirli tutti, tramite opportune ed eventualmente successive equivalenze circuitali, fino ad ottenere un circuito con soli generatori di tensione (metodo lungo e, a mio parere, incasinante non poco) .fare in modo che tali generatori cadano su lati di coalbero; in tal modo si risparmia anche un’equazione del sistema (in quanto per simili maglie, la corrente di coalbero icok è già definita e data dalla corrente Ik fornita dal generatore ivi presente). NOTA BENE: se lo stesso si vuole scrivere l’equazione del sistema, ad essa dovrà essere assegnata un ek = indefinito NON ek = 0 OPPURE ek = Σ epresenti sulla maglia k in quanto la tensione ai morsetti di un generatore di corrente non è definita.

Appunti 18

Pisi - Elettrotecnica

Metodo di analisi su base nodi: 1) Scelta di un albero necessariamente a stella (al limite aggiungendo, per ottenerlo, un ramo a resistenza infinita) con verso di percorrenza orientato verso il centro stella (posto a terra) scelto; scrittura delle N-1 EKC relative agli N-1 tagli fondamentali (cioè ai nodi diversi dal centro stella). 2) Espressione in funzione delle tensioni, tramite le relazioni costitutive dei singoli componenti (eccezion fatta per i generatori di corrente, da cui avremo i “termini noti”), delle correnti presenti nelle N-1 EKC: i = i(v) (allo scopo di far sì che le N-1 incognite siano tutte tensioni: le tensioni presenti sui lati dell’albero) 3) Espressione, tramite le EKT, delle R-(N-1) tensioni di coalbero in funzione di quelle di albero vcok = vcok(va1,...,vaN-1) 4) Loro sostituzione nelle EKC. Si giunge al seguente sistema di N-1 equazioni indipendenti nelle N-1 incognite date dalle tensioni di albero: dove .Ik = somma algebrica delle correnti impresse che fluiscono al k-esimo nodo (col segno “+“ se entranti, “-“ se uscenti) .vk = tensione sul k-esimo ramo di albero .(gik) = matrice diagonale composta da opportune combinazioni delle conduttanze presenti: gkk = somma delle conduttanze presenti sui lati che toccano il k-esimo nodo (tutte col segno “+”)

ghk = somma cambiata di segno (quindi

sempre segno “-“, in buona sostanza) delle conduttanze presenti sul lato di coalbero che collega i nodi h e k (il segno “-“ si spiega col fatto che la corrente esce in un nodo ed entra nell’altro: sempre versi di percorrenza opposti rispetto ai due nodi, dunque).

• Risolvendo il sistema si trovano le N-1 tensioni di albero va1, ..., vaN-1 • Per trovare le restanti R-(N-1) tensioni di coalbero si sostituiscono i valori trovati nelle già ricavate equazioni: vcok = vcok (va1,...,vaN-1) • In presenza di generatori di corrente pilotati, si affianca semplicemente al sistema la loro relazione costitutiva: Ik = f(vj) oppure Ik = f(ij) • In presenza di generatori di tensione si può: .sostituirli tutti, tramite opportune ed eventualmente successive equivalenze circuitali, fino ad ottenere un circuito con soli generatori di corrente (metodo anche questo lungo e, a mio parere, incasinante non poco) .fare in modo che tali generatori cadano su lati di albero; in tal modo si risparmia anche un’equazione del sistema (in quanto per simili maglie, la tensione di albero vak è già definita e data dalla tensione vk mantenuta dal generatore ivi presente). NOTA BENE: se lo stesso si vuole scrivere l’equazione del sistema, ad essa dovrà essere assegnata un Ik = indefinito NON Ik = 0 OPPURE Ik = Σ Iimpresse che fluiscono al nodo k in quanto la corrente ai morsetti di un generatore di tensione non è definita. Principio di sovrapposizione degli effetti: “In circuiti costituiti da soli bipoli con relazioni costitutive (in tensione e corrente) lineari, è evidente che l’espressione di una qualsiasi grandezza u(t), tensione o corrente, si può ottenere sommando gli effetti di tutti i generatori presenti nel circuito, cioè facendone a turno agire uno solo e annullando gli altri” NOTA 1: annullare un gen. tensione significa sostituirlo con un lato di cortocircuito; annullare un gen. corrente sostituirlo con un tasto aperto. NOTA 2: Non vanno mai annullati i generatori pilotati !!! NOTA 3: rimane evidentemente escluso dall’ambito di applicazione di tale principio, il calcolo della potenza (non lineare: v=Ri2 !!)

Altre osservazioni: • Se le eccitazioni che agiscono sul circuito senza memoria hanno tutte lo stesso andamento nel tempo (costante, sinusoidale con pari frequenza, ecc...), ogni grandezza u(t) avrà tale stesso tipo di andamento nel tempo. • Tutta la disquisizione sui circuiti senza memoria è limitatamente ai soli resistori ben poco utile; tornerà invece parecchio utile trasportando i circuiti nel dominio complesso: tutte impedenze, tutto lineare. Appunti 19

Pisi - Elettrotecnica PARTI 10, 11 e 12 ANALISI DI CIRCUITI LINEARI TEMPO-INVARIANTI CON MEMORIA Condensatori, induttori e induttori mutuamente accoppiati, poiché presentano relazioni costitutive prevedenti operazioni di integrazione e derivazione, vengono detti “componenti con memoria”. L’integrazione estende infatti la dipendenza dei valori istantanei delle grandezze elettriche a tutti gli istanti precedenti quello attuale, mentre la derivazione li lega alla loro rapidità di variazione nel tempo. In presenza di eccitazioni costanti, eventuali induttori e condensatori presenti nel circuito si comportano rispettivamente come lati di cortocircuito e tasti aperti, riportando l’analisi al caso particolare dei circuiti senza memoria; per questo motivo le eccitazioni che si considerano sono generalmente di tipo sinusoidale. L’ “analisi” di questi circuiti consiste sovente nel determinare le correnti (in funzione del tempo: i(t) ) che circolano su alcuni suoi lati, si possono a tal proposito distinguere due diversi tipi di “analisi” effettuabili su tali circuiti: „Analisi in condizioni transitorie: .Al tempo iniziale t=0 si verifica un evento (generalmente l’apertura / chiusura di tasti) che instaura nel circuito, oltre alla corrente che normalmente vi si avrebbe, una ulteriore componente di corrente detta “transitoria” (in quanto tendente a zero col procedere del tempo). Tale corrente dipende solo dall’evento verificatosi e non dalle eccitazioni presenti nel circuito; si parla, infatti di corrente presente “in assenza di eccitazioni” (viene infatti calcolata ponendo queste a 0 e tende perciò ad esaurirsi col tempo, da cui il nome). .Si suppone che, all’istante precedente quello iniziale, fosse esaurito ogni eventuale altro transitorio. .Agli istanti t>0, la corrente interessata sarà dunque data dalla somma dei contributi della corrente di regime (v.sotto) e della corrente transitoria. „Analisi in regime sinusoidale: .Si tratta di una specie di caso particolare del precedente (e, come tale, non ha nemmeno beneficiato di un trattamento autonomo da parte della Maria). E’ infatti evidente come, anche durante l’analisi in condizioni transitorie, si incontri un tale tipo di funzionamento durante il calcolo della componente di regime della corrente e delle condizioni del circuito agli istanti precedenti quello iniziale. .Si parla di regime sinusoidale supponendo esaurito ogni altro transitorio eventualmente presente. Data la palese inclusione del 2° tipo di analisi nel 1°, nel seguito si tratterà direttamente dell’analisi di circuiti con memoria in presenza di condizioni transitorie (eccezion fatta per quanto riguarda l’argomento “potenze”, v. parte 14). In particolare, il discorso sulla trasformazione simbolica di Steinmetz (che consente di trasportare i singoli componenti in un dominio diverso da quello del tempo, linearizzandone le relazioni costitutive in tensione e corrente) verrà affrontato come mero strumento per il calcolo della corrente di regime (come durante il corso per scelta -opinabile- didattica, così qui per mia pigrizia).

analisi matematica di un circuito con memoria 1) Individuare il sistema integro-differenziale risolvente (procedimento immodificato rispetto ai circuiti senza memoria, data l’indipendenza delle equazioni di Kirchhoff dalla natura dei componenti presenti): .scelta delle grandezze elettriche incognite e scrittura delle equazioni di equilibrio EKT ed EKC .esplicitazione delle grandezze elettriche note (o comunque non interessate) in funzione di quelle incognite utilizzando le relazioni costitutive dei componenti 2) Risoluzione del sistema integro-differenziale • Oltre alle imprecazioni contro Pontini (docente di Analisi I e II), ai fini dello svolgimento del passo 2, è utile ricordare che nel sistema ottenuto: a) l’unica variabile presente è il tempo, quindi tutte le derivate presenti sono totali [grazie all’ “ipotesi di costanti concentrate”: no variabili spaziali né dimensioni geometriche]

b) il sistema è lineare, quindi tutte le funzioni incognite compaiono sempre alla prima potenza [grazie alla linearità del circuito, cioè dei suoi componenti]

c) i coefficienti delle equazioni che compongono il sistema sono costanti reali indipendenti dal tempo [grazie alla tempo-invarianza del circuito, cioè dei suoi componenti]

Appunti 20

Pisi - Elettrotecnica risposta di un circuito con memoria ad eccitazioni cisoidali: “trasformata di Steinmetz” e metodo delle “cisoidi” L’analisi matematica procede all’individuazione dell’integrale generale di tale equazione come somma di una soluzione particolare della completa e dell’integrale generale dell’omogenea associata, risolvendo poi le costanti di integrazione comparse imponendo le condizioni iniziali. Il metodo delle “cisoidi” ricalca, avvalendosi delle proprietà già viste per i circuiti elettrici a costanti concentrate, il suddetto procedimento analitico; poiché la tensione v(t) ai morsetti rappresenta (nell’EKT scritta) il “termine noto”, mentre la corrente i(t) gioca il ruolo della funzione da cercare, vige il seguente parallelo: 1) Integrale particolare della completa Componente ir(t), detta corrente di regime (in quanto le ↔ altre componenti tendono a 0 col tempo) della corrente totale i(t). Per linearità, anche ir(t) deve soddisfare alla stessa EKT scritta per il circuito in questione 2) Integrale generale dell’omogenea Componente it(t), detta corrente transitoria (in quanto ↔ tendente a 0 col tempo) della corrente totale i(t). Dato il ruolo visto per v(t), it(t) corrisponde alla corrente che circola nel circuito in assenza di eccitazioni esterne (ed è per questo ovviamente decrescente col tempo). 3) Integrale generale della completa Dato semplicemente dalla corrente totale i(t) = ir(t) + it(t) ↔ 4) Condizioni iniziali Da trovare ragionando sulle condizioni del circuito al ↔ tempo t=0- (in quanto al tempo t=0 si verifica un evento, dato dal problema, che dà luogo a un transitorio it) e su quali sue proprietà si conservano all’istante t=0+. Sostituendo i valori trovati di i(t=0+) e delle sue derivate successive (se necessario, a seconda del numero di costanti di integrazione presenti) nell’integrale generale si ricavano i valori delle costanti di integrazione. 5) Integrale richiesto della completa E’ la i(t) con le costanti di integrazione risolte. ↔ Funzione cisoidale: E’ una funzione y(t) del tipo: y(t) = Y eσt cos(ωt + α)

dove

.Y∈R è detta ampiezza .σ∈R è detto coefficiente di smorzamento (σ<0) o coefficiente di amplificazione (σ>0) .ω∈R è detta pulsazione .α∈R è detta fase

• Le funzioni sinusoidali, esponenziali e costanti sono casi particolari di funzioni cisoidali: y(t) = Ycos(ωt+α) funzione (co)sinusoidale σ=0 ⇒ ⇒ y(t) = [Ycos(α)]eσt funzione esponenziale ω= 0 ⇒ ⇒ y(t) = Y funzione costante σ= ω= 0 ⇒ ⇒ • Una funzione cisoidale può essere riscritta come: y(t) = Yeσtcos(ωt+α) = Re[Yeσtcos(ωt+α) + j(qls cosa)] = Re[Yeσtcos(ωt+α) + j Yeσtsin(ωt+α)] = = Re[ Yeσt (cos(ωt+α)+jsin(ωt+α)) ] = Re[Yeσtej(ωt+α)] = Re[Yeσtejωtejα] = = Re[ (Yejα) (e(σ+jω)t) ] = Re [ Y est ] che mostra come, a parità di s, detta pulsazione complessa (cioè a parità di smorzamento σ e frequenza ω) per una funzione cisoidale y(t) resti definita la corrispondenza biunivoca col numero complesso Y: (nell’insieme delle y(t) t.c. s = σ+jω ) y(t) ↔ Y = Yejα Dove possiamo notare le relazioni: Y = ampiezza della funzione cisoidale = modulo del numero complesso Y associato = fase della funzione cisoidale = argomento di Y (angolo con l’asse reale in C) α • E’ immediato verificare che anche le derivate successive di una funzione cisoidale appartengono allo stesso insieme di pari pulsazione complessa: y(t) = Re[Yest] y’(t) = Re[sYest] y”(t) = Re[s2Yest] e quindi, anche per tali derivate successive resta definita una corrispondenza biunivoca con un numero complesso: y(t) ↔ Y y’(t) ↔ sY y”(t) ↔ s2Y

Appunti 21

Pisi - Elettrotecnica Risposta di un bipolo R-L-C ad un’eccitazione cisoidale: Per esso, il legame tra tensione ai morsetti v = v(t) e corrente i = i(t) si traduce, grazie all’EKT e alle relazioni costitutive dei componenti, nella equazione integro differenziale: v = R i + L di/dt + 1/C ∫-∞t i(t’)dt’ o anche, derivando una volta rispetto al tempo, nell’equazione differenziale lineare del secondo ordine a coefficienti costanti: dv /dt = R di/dt + L d2i/dt2 + 1/C i 1) Corrente di regime: Si cerca una componente ir(t) della corrente che abbia uguale pulsazione complessa s (nessuna richiesta, invece, per quanto riguarda la fase αi) alla eccitazione applicata: v(t) = V eσt cos(ωt+αv) = Re[Vest] dove .V = V ejα quindiv ↔ V .s = σ + jω v

Tale componente esiste (e risulterà essere quella che permane “a regime”, mentre le altre tendono a 0) ed è della forma: ir(t) = I eσt cos(ωt+αi) = Re[Iest] dove .I = I ejα quindiir ↔ I i

da cui, banalmente, anche le derivate: ir = Re[Iest] ↔ I dir/dt = Re[sIest] ↔ sI d2ir/dt2 = Re[s2Iest] ↔ s2I Sostituendo quanto ottenuto nella EKT scritta per il bipolo (in quella differenziale, per evidente comodità) si ottiene: dv /dt = R di/dt + L d2i/dt2 + 1/C i Re[sVest] = R Re[sIest] + L Re[s2Iest] + 1/C Re[Iest] = Re[ est ( R sI + L s2I + 1/C I ) ] Poiché v e ir appartengono alla stessa famiglia di ugual pulsazione complessa, questa uguaglianza implica quella tra i numeri complessi che le rappresentano: sV = R sI + L s2I + 1/C I = ( R s + L s2 + 1/C ) I dove .Z = Z(s) è detta impedenza V = ( R + L s + 1/Cs ) I = Z I E’ in generale possibile trasportare singolarmente tutti i componenti del circuito in esame nel dominio complesso (v. riquadro a lato) ottenendo un circuito costituito da soli bipoli ai quali siano associate impedenze, e quindi relazioni costitutive lineari (!) nelle tensioni e corrente espresse anch’esse in funzione della variabile complessa s; tale operazione è detta trasformazione simbolica di Steinmetz.

Trasformazioni simboliche di Steinmetz:

Risulta così possibile ragionare in termini di serie e paralleli di impedenze negli stessi modi (e con gli stessi strumenti) visti per i circuiti costituiti da soli resistori. Si procede dunque a calcolare l’impedenza equivalente Z del ramo in esame, che sarà un numero complesso del tipo: Z = Z ejϕ Nota la tensione (anch’essa portata nel piano complesso) V ai capi del ramo, si ricava la corrente di regime “complessa” I tramite la relazione: I = V/Z = (V/Z)ej(α -ϕ) = I ejα Da cui la corrente nel dominio del tempo: dove .I = | I | ir(t) = I eσt cos(ωt+αi) .σ = la stessa di v .ω = la stessa di v .αi = angolo di I con l’asse Re v

i

Casi particolari: Poiché nell’espressione delle impedenze di induttori e condensatori entra in gioco il valore di s = σ+jω cioè lo smorzamento e la frequenza della tensione data, saltano immediatamente agli occhi i seguenti casi particolari:

• Alimentazione costante: Resistore Induttore Condensatore

→ → →

• Alimentazione sinusoidale: Resistore Induttore Condensatore

→ → →

v(t) = V Zresistore = R = R Zinduttore = sL = 0 Zcondensatore = 1/sC = ∞



s = σ+jω = 0

→ →

lato di cortocircuito (nel dominio complesso) tasto aperto (nel domino complesso)

v(t) = Vcos(ωt+αv) Zresistore = R = R Zinduttore = sL = jωL Zcondensatore = 1/sC = - j/ωC

⇒ → → →

s = σ+jω = jω valori di tensione e corrente in fase valori di corrente in ritardo di π/2 sulla tensione valori di corrente in anticipo di π/2 sulla tensione

Appunti 22

Pisi - Elettrotecnica 2) Corrente transitoria: Si cerca l’integrale generale dell’equazione differenziale lineare omogenea associata all’EKT trovata, quindi dell’equazione (che si ottiene con ragionamenti analoghi a quelli visti per la corrente di regime): (cioè, come annunciato, la corrente che sussiste in assenza di eccitazioni) 0 = ZI Poiché non interessa una soluzione particolare (quale potrebbe essere ovviamente, ad esempio, I = 0 ) e sia I che Z sono in funzione di s, si cerca allora un valore di s che renda vera la suddetta equazione. Dal momento che Z = Z(s), tale valore può essere quello per cui risulta: Z(s) = 0 che si risolve uguagliando a 0 l’espressione di Z trovata e ricavando s di conseguenza. Nel caso di un bipolo R-L-C, deve risultare Z(s) = R + sL + 1/sC = 0 da cui (moltiplicando ambo i membri per sC): s2LC + sRC + 1 = 0 che permette di ricavare s come da una normale equazione di 2° grado: _ s1,2 = ( -RC ± √ R2C2 - 4CL ) / 2LC = ( - R ± √ R2 - 4(L/C) ) / 2L = ( - R ± √∆ ) / 2L Distinguiamo i seguenti 3 casi: ∆>0 ∆<0 ∆=0 Soluzioni reali distinte: Soluzioni complesse coniugate: Soluzioni reali coincidenti: s1,2 = - R / 2L s1,2 = ( - R ± j√|∆| ) / 2L s1,2 = ( - R ± √∆ ) / 2L it(t) = I1e(-R/2L)tcos(√|∆|/2L t) + I2e(R/2L)t sin(√|∆|/2L t)

it(t) = I1 e(-R/2L)t + I2 t e(-R/2L)t

it(t) = I1 e[(-R+√∆)/2L]t + I2 e[(-R-√∆)/2L]t

• La parte reale della pulsazione complessa s, cioè σ, è sempre negativa: in tutti e tre i casi si ha effettivamente uno smorzamento e dunque è verificato che it(t) t→∞→ 0 • L’antireciproco τ del coefficiente di t nell’argomento dell’esponenziale prende il nome di costante di tempo e rappresenta la rapidità con cui la componente transitoria tende ad annullarsi (cioè la rapidità con cui la componente di regime tende ad identificarsi con la corrente totale). 3) Integrale generale: Si ottiene banalmente come: Ê I eσt cos(ωt+αi) + I1 e(-R/2L)t cos(√∆/2Lt) + I2 e(-R/2L)t sin(√∆/2Lt) i(t) = ir(t) + it(t) = Æ I eσt cos(ωt+αi) + I1 e(-R/2L)t + I2 t e(-R/2L)t Ì I eσt cos(ωt+αi) + I1 e[(-R+√∆)/2L]t + I2 e[(-R-√∆)/2L]t 4 e 5) Condizioni iniziali e soluzione richiesta Si ricavano ragionando sulle condizioni del circuito al tempo t=0- e su quali sue proprietà si conservano all’istante t=0+. Alla base di questa indagine, sta l’imposizione che l’energia conservativa immagazzinata nel circuito non può subire variazioni con discontinuità in assenza di sorgenti di potenza infinita: dE = P dt dE = iftsm per P<∞ ⇒ Ciò permette di asserire che, in assenza di sorgenti di potenza infinita, si conserva il valore della corrente in un induttore e della tensione ai morsetti di un condensatore: iL(0-) = iL(0+) ½LiL2 per t=0- = ½LiL2 per t=0+ Em(0-) = Em(0+) ⇒ ⇒ + + 2 2 vc(0-) = vc(0+) ½Cvc per t=0 = ½Cvc per t=0 Ee(0 ) = Ee(0 ) ⇒ ⇒ + Sapendo questo, dall’analisi del circuito dato si riesce a ricavare il valore di i(t=0 ) e l’espressione delle sue derivate successive, da sostituire nell’integrale generale per ricavare le costanti di integrazione. La soluzione richiesta si ottiene semplicemente riscrivendo l’integrale generale sostituendo alle costanti di integrazione i valori precedentemente trovati per esse. Quando le eccitazioni che agiscono non sono tutte nella stessa pulsazione, grazie alla linearità del circuito, è possibile trovare le grandezze elettriche di interesse applicando il principio di sovrapposizione degli effetti, facendo agire separatamente le eccitazioni di diversa frequenza. LE VARIE COMPONENTI DI UNA STESSA GRANDEZZA, RELATIVE A ECCITAZIONI DI DIVERSA FREQUENZA, POSSONO ESSERE SOMMATE TRA LORO SOLO DOPO ESSERE STATE RICONDOTTE NEL DOMINIO DEL TEMPO!!!

Utilizzando, dunque, opportune corrispondenze è possibile ottenere un componente elettrico “fittizio” associato ad ogni componente di un circuito a costanti concentrate; la relazione costitutiva di tale componente fittizio si ottiene trasformando la relazione costitutiva del corrispondente componente nel dominio del tempo. Nell’effettuare questa trasformazione spariscono le operazioni di derivazione ed integrazione e pertanto i componenti fittizi si comportano nel dominio complesso come se fossero senza memoria. Tutte le equazioni che caratterizzano il circuito, e precisamente le equazioni di Kirchhoff che impongono l’equilibrio delle correnti nei nodi e delle tensioni lungo le maglie, sono soddisfatte dalle grandezze elettriche trasformate. L’analisi del circuito trasformato può dunque essere effettuata applicando tutti i metodi visti per l’analisi dei circuiti senza memoria nel dominio del tempo.

Appunti 23

Pisi - Elettrotecnica Risposta di un circuito con memoria ad eccitazioni trasformabili secondo Laplace Analogamente al metodo delle cisoidi, anche questo metodo propone di trasportare le relazioni costitutive dei componenti in un dominio differente da quello del tempo e tale che l’equazione integro-differenziale fornita dall’EKT diventi una normale equazione algebrica. Essendo scontate le minori difficoltà presentate dalla risoluzione di quest’ultima, la convenienza complessiva del metodo è legata alla facilità di eseguire le operazioni di trasformazione e anti-trasformazione nel dominio di Laplace (ma esistono tabelle da consultare per questo,... peccato non poter tenere i testi durante l’esame, vero Maria?). Tale metodo è certamente più automatico, ma offre meno padronanza fisica di ciò che avviene nel circuito; in particolare non presenta distinzione tra parte transitoria e parte a regime della corrente: gli elementi con memoria portano con sé nel dominio di Laplace (a causa di particolari proprietà delle stesse trasformate secondo Laplace) il loro stato iniziale, sotto forma di opportuni generatori di tensione. Vengono tuttavia anche prese in considerazione (grazie all’inclusione dell’istante t=0-) le discontinuità nell’origine dovute a sorgenti di potenza infinita quali, ad esempio, distribuzioni impulsive. Trasformata (unilaterale) di Laplace: Data una funzione f(t) nel dominio del tempo, si definisce sua “trasformata di Laplace” F(p), dove p = variabile complessa = σ + jω, il limite: F(p) = L[f(t)] = limτ→∞ ∫0-τ f(t) e-pt dt L’operazione inversa si può effettuare in modo univoco e prende il nome di “antitrasformata di Laplace”: f(t) = L-1[F(p)] • L’insieme dei valori di p per cui tale limite esiste ed è finito viene detto “dominio di convergenza”. • L’estremo inferiore di integrazione è preso uguale a t=0- per considerare anche eventuali impulsi nell’origine presentati dalla f(t), quali ad esempio distribuzioni impulsive unitarie δ. Trasformate di funzioni di uso frequente: f(t) = E • Costante ...in quanto: limτ→∞ ∫0-τ E e-pt dt = ...che resta definita per Re[p] > 0

• Esponenziale

f(t) = ekt

• Impulsiva

f(t) = δ(t)

...in quanto: limτ→∞ ∫0-τ e(k-p)t dt = ...che resta definita per Re[p] > k

F[p] = E/p

lim τ→∞

[-Ee-pt/p]0-τ = E/p

lim τ→∞

[-e(k-p)t/(k-p)]0-τ = -1/(k-p) = 1/(p-k)

...in quanto: limτ→∞ ∫0-τ δ(t) e-pt dt = ...che resta definita ∀ Re[p]

Distribuzione impulsiva: E’ una funzione u0,ε(t) che vale 0 ovunque tranne che nell’intervallo [0,ε], dove vale 1/ε:

In questo modo risulta: ∫-∞+∞ u0,ε(t) dt = 1 Studiando cosa accade per distribuzioni impulsive con ε→0 otteniamo gli effetti di una sorgente di tensione/corrente che agisce istantaneamente ma con un valore non trascurabile. Tuttavia, poiché... +∞ lim u0,ε(t) dt = 1 ε→0 ∫-∞ +∞ lim ∫-∞ ε→0 u0,ε(t) dt = 0 ...allora u0,ε(t) non rientra nell’insieme delle “funzioni”, ma nelle “distribuzioni”.

F[p] = 1/(p-k)

Distribuzione unitaria (o di Dirac): δ(t)

F[p] = 1

lim τ→∞

e-0t =

lim τ→∞

1 = 1

e tale che:

{ =≠ 00

lim +∞ ε→0 ∫-∞

∀t≠0 per t = 0

δ(t) dt =

1

Proprietà: Le seguenti proprietà valgono sotto ipotesi certamente verificate per quanto riguarda le espressioni di correnti e tensioni. Date due funzioni f1(t), f2(t) L-trasformabili, rispettivamente, in F1(p), F2(p): • Unicità: dove “q.o.” intende “tranne sui punti di un insieme di misura nulla” F1(p) = F2(p) f1(t) =q.o.= f2(t) ⇒ • Linearità: f(t) = c1f1(t) + c2f2(t)



∃ F(p) = c1F1(p) + c2F2(p)

dove c1, c2 siano costanti reali

• Derivazione rispetto al tempo: L[ df1/dt ] = pF1(p) - f1(t=0-)

dove f1(0-) è il limite sinistro di f1 nell’origine: in questo modo si considerano eventuali discontinuità di f1 in 0 !!

• Integrazione rispetto al tempo: L[ ∫0-t f1(τ) dτ ] = F1(p)/p

Prodotto integrale (o di convoluzione): f1(t)*f2(t) = ∫0t f1(τ) f2(t-τ) dτ • Gode della proprietà commutativa

• Trasformabilità del prodotto integrale: L[ f1(t)*f2(t) ] = F1(p)F2(p) • Antitrasformabilità delle funzioni razionali: L-1[H(p)] = L-1[Σi Ai/(p+pi)ni] = L-1[Σj Aj/(p+pj)] = Σj Aj e-p t j

Funzioni razionali: H(p) = [a0+a1p+..+anpn] / [b0+b1p+..+brpr] H(p) = Σ Ai/(p+pi)ni • Esprimibili come dove pi radice del denom. con moltepl. = ni • Sono dette “proprie” se n
Appunti 24

Pisi - Elettrotecnica Risposta di un bipolo R-L-C ad un’eccitazione trasformabile secondo Laplace: Abbiamo già visto che il legame tra la tensione v = v(t) ai morsetti e la corrente i = i(t) si traduce, grazie all’EKT e alle relazioni costitutive dei componenti, nell’equazione integro differenziale: v = R i + L di/dt + 1/C ∫-∞t i(t’)dt’ Supposto di conoscere la L-trasformata V(p) di v(t) e che i(t) sia L-trasformabile nella funzione I(p) (ipotesi questa che sarà poi verificata quando, trovata I(p), quest’ultima risulterà effettivamente anti-L-trasformabile in una funzione i(t) nel dominio del tempo), grazie alle proprietà viste, possiamo esprimere tale equazione nel dominio di Laplace come: v(t) = R i(t) + L di/dt + 1/C ∫-∞t i(t’)dt’ NOTA: / ∫ i(t’)dt’ = / ∫ i(t’)dt’ + / ∫ i(t’)dt’ = + / ∫ i(t’)dt’ = v (0 ) V(p) = R I(p) + L pI(p) - L i(t=0 ) + I(p)/Cp + v (t=0-)/p v (0 )/p + I(p)/Cp L→ 1

C -∞

c

t

1

C -∞

c

c

-

1

0-

-

-

1

t C 0t C 0-

-

V(p) = I(p) { R + Lp + 1/Cp } + { - Li(0 ) + vc(0 )/p } V(p) = I(p){impedenza Z(p)} + {condizioni iniziali} Da cui è immediato ricavare I(p) come somma delle seguenti funzioni razionali proprie (e quindi anti-L-trasformabile): I(p) = E(p)/Z(p) + Li(0-)/Z(p) - vc(0-)/ pZ(p) infatti: .L-1[E(p)/Z(p)] = L-1[E(p) 1/Z(p)] = L-1[E(p) H(p)] = L-1[ L[e(t)] L[h(t)] ] = e(t)*h(t) .L-1[Li(0-)/Z(p)] = L-1[Li(0-) 1/Z(p)] = L-1[Li(0-) H(p)] = Li(0-)h(t) .L-1[vc(0-)/pZ(p)] = L-1[vc(0-) 1/pZ(p)] = L-1[vc(0-) K(p)] vc(0-)k(t) • Anziché in parte permanente e transitoria, la corrente i(t) ottenuta anti-L-trasformando la I(p) calcolata nel dominio di Laplace viene suddivisa in: .risposta libera: ottenuta facendo agire solo le eccitazioni interne (cioè i generatori ottenuti L-trasformando i componenti con memoria) iL(t) = L-1[IL(p)] .risposta forzata: ottenuta facendo agire solo le eccitazioni esterne (cioè gli L-trasformati dei generatori presenti anche nel domino del tempo) iF(t) = L-1[IF(p)] • Il procedimento visto, articolato nei seguenti passi, può essere facilmente esteso ad un qualsiasi circuito a costanti concentrate, lineare e tempo-invariante: 1) Individuazione del sistema risolvente il circuito nel dominio di Laplace: .trasformazione, come da tabella, dei singoli componenti del circuito nel dominio della variabile p .espressione degli equilibri del circuito trasformato tramite le equazioni di Kirchhoff (che è immediato verificare essere soddisfatte anche dalle grandezze elettriche trasformate). 2) Soluzione del sistema nel dominio di Laplace: .conseguimento dell’espressione esplicita in p delle grandezze di interesse 3) Antitrasformazione dal dominio di Laplace a quello del tempo delle grandezze trovate Sorgenti di potenza infinita: E’ possibile affermare che ad un certo istante t0 in un circuito insorgono degli impulsi di tensione o corrente se, ipotizzato che le correnti di ogni induttore e le tensioni ai capi di ogni condensatore non subiscono discontinuità all’istante considerato, le equazioni di Kirchhoff scritte per il circuito non sono violate nell’istante immediatamente successivo a t0. In tal caso si parla della presenza di sorgenti di potenza infinita, le quali rendono non più possibile la conservazione della correnti negli induttori e delle tensioni ai capi dei condensatori. Si conservano tuttavia: .il flusso complessivo concatenato con gli induttori presenti nel circuito, indipendentemente da come sia realizzato il loro collegamento: Σk Lk ik(0-) = ΦtotCL(0-) = ΦtotCL(0+) = Σk Lk ik(0+) ..la carica complessivamente immagazzinata sui condensatori presenti nel circuito: Σk Ck vk(0-) = Σk qk(0-) = qtot(0-) = qtot(0+) = Σk qk(0+) = Σk Ck vk(0+) Appunti 25

Pisi - Elettrotecnica PARTE 13 FUNZIONI DI RETE Nel dominio complesso (del piano di Gauss): Un qualsiasi circuito, anche a più maglie, risulta descritto da sistemi matriciali del tipo: [E]=[Z][I] oppure [I]=[Y][V] vettore colonna matrice vettore colonna delle eccitazioni delle delle correnti sui sulle varie maglie impedenze lati di coalbero fondamentali

vettore colonna matrice delle correnti che delle fluiscono ai vari ammettenze nodi

vettore colonna delle tensioni tra i vari nodi e il centro dell’albero

Dalla suddetta descrizione si ricavano dunque, per le singole eccitazioni, relazioni del tipo: Ei = Σk Zik Ik e per le singole correnti: Ii = Σk Yik Vk Se definiamo... “cause” o “eccitazioni” i singoli elementi del vettore colonna di destra “effetti” o “risposte” i singoli elementi del vettore colonna di sinistra ...otteniamo che facendo agire una sola causa per volta, chiamata (infelicemente) E, e considerandone un solo effetto, detto U, il legame tra di essi risulta di proporzionalità diretta, dato da: U=HE dove .H è una combinazione di impedenze/ammettenze (ed è quindi funzione della variabile complessa s: H=H(s)) che prende il nome di “funzione di rete” ed è definita come rapporto tra la risposta U e l’eccitazione E. H(s) ≡ U(s) / E(s) Nel dominio di Laplace: Eccitazioni E e risposte U saranno espresse tramite le loro L-trasformate, dunque in funzione della variabile complessa p. Continuando a valere la linearità del circuito, tra di esse sussisterà il legame di proporzionalità diretta; la loro funzione di rete H resta allora analogamente definita come: H(p) ≡ U(p) / E(p) Proprietà: • Per come stata è definita, una funzione di rete dipende solo dalla struttura del circuito, cioè da: .tipo e posizione del generatore di eccitazione .tipo e posizione della grandezza elettrica considerata come risposta • Ogni funzione di rete è una funzione razionale e a coefficienti reali nella variabile complessa (s o p); ciò è immediato pensando all’espressione dell’impedenza come combinazione lineari di termini del tipo R+Lx+1/Cx (dove x rappresenta la variabile complessa s o p) Risposta impulsiva: E’ così chiamata una grandezza elettrica che si instaura in un circuito quando la causa che la ha generato ha andamento nel tempo coincidente con un impulso unitario. Poiché L[δ(t)] = 1 è facile verificare che: .nel dominio di Laplace, la risposta di un circuito coincide con la corrispondente funzione di rete quando l’eccitazione vale 1

U(p) ≡ H(p)

se

E(p) = L[δ(t)] = 1

.nel dominio del tempo, la risposta ad un impulso è uguale all’anti-L-trasformata della corrispondente funzione di rete

u(t) ≡ L-1[H(p)] se

e(t) = δ(t)

.in un circuito, nota la risposta h(t) ad un impulso, è determinata la risposta u(t) a una generica eccitazione e(t): u(t) = L-1[U(p)] = L-1[H(p)E(p)] (??? v.pag.109 dispense) .la risposta u(t) di un circuito è uguale al prodotto integrale tra la risposta h(t) ad un impulso e la funzione di eccitazione e(t):

u(t) = h(t)*e(t)

(??? v.pag.109 dispense)

Stabilità: Un circuito si dice “asintoticamente stabile” se “sottoposto ad eccitazioni esterne di durata limitata è capace di ritornare alla situazione di riposo dopo che le eccitazioni esterne hanno finito di agire” ovvero, nell’ipotesi di costanti concentrate (potendosi trattare, senza perdere di generalità, come impulsive le eccitazioni di breve durata), se “tutte le sue risposte impulsive tendono a zero col crescere del tempo”. • Si può dimostrare che condizione necessaria e sufficiente affinché una risposta impulsiva tenda a zero al crescere del tempo è che la L-trasformata della corrispondente funzione di rete abbia tutti i poli con parte reale negativa Per analizzare la stabilità dei circuiti elettrici, essi vengono suddivisi in: .passivi: componenti solo immagazzinatori di energia (L,M,C) o disspatori (R); stabili (Re[poli di H(p)]≤ 0) .attivi: anche componenti capaci di fornire energia (es: generatori dipendenti); stabili o instabili. PARTE 14 Appunti 26

Pisi - Elettrotecnica POTENZE ASSORBITE E SCAMBIATE NEL FUNZIONAMENTO IN REGIME PERMANENTE SINUSOIDALE Le grandezze impresse dai generatori che più comunemente si incontrano nelle applicazioni hanno andamento sinusoidale. In presenza di circuiti stabili, la risposta cui ci si interessa è quella che predomina al passare del tempo. Potenza assorbita da un bipolo in regime permanente sinusoidale: Scelte su di esso la tensione v(t) e la corrente i(t) coordinate, sfasate tra loro, sul piano complesso, di un angolo ϕ = αv-αi (detto angolo di sfasamento tra tensione e corrente): _ _ v(t) = V cos(ωt+αv) = VE√2 cos(ωt+αv) = _ VE√2 cos(ωt) i(t) = I cos(ωt+αi) = IE√2 cos(ωt+αi) = IE√2 cos(ωt-ϕ) la potenza istantanea p(t) assorbita dal bipolo può essere espressa come: p(t) = v(t)i(t) = VE√2 cos(ωt) IE√2 cos(ωt-ϕ) = = 2VEIEcos(ϕ)cos2(ωt) + 2VEIEsin(ϕ)cos(ωt)sin(ωt) = = 2VEIEcos(ϕ)cos2(ωt) + VEIEsin(ϕ)sin(2ωt) = = pa(t) + pr(t) dove i due termini finali ottenuti sono detti: .pa(t) = 2VEIEcos(ϕ)cos2(ωt) ≡ potenza attiva istantanea .cosinusoidale .positiva (se cosϕ>0) .in pulsazione doppia (?) .valor medio Pam positivo .sempre in ingresso (quindi effettivamente assorbita dal bipolo)

Valore efficace (di grandezze periodiche): YE = √ 1/T ∫0T y2(t) dt Valore massimo (di grandezze sinusoidali): Coincide con l’ampezza; dato: y(t) = Ycos(ωt+α) il suo valore massimo sarà: YM = Y • Poiché ∫0Tcos2(ωt+α)dt = T/2 è facile verificare che per esse risulta: YE = YM/√2 da cui l’espressione: y(t) = YE√2 cos(ωt+α)

.pr(t) = VEIEsin(ϕ)sin(2ωt) ≡ potenza reattiva istantanea .sinusoidale .in pulsazione doppia .valor medio Prm nullo .scambiata dal bipolo con l’esterno In riferimento a un periodo T dell’oscillazione, si definiscono invece: .P = 1/T ∫0T p(t) dt ≡ potenza attiva non istantanea .è definita come il valor medio su di un periodo della potenza istantanea p(t), ma poiché il valor medio della potenza reattiva istantanea pr(t) è nullo, allora P coincide col valor medio su di un periodo della potenza attiva istantanea pa(t): P = 1/T ∫0T pa(t) dt = VEIE cos(ϕ) = (VMIM/2) cos(ϕ) dove il fattore cos(ϕ) è detto “fattore di potenza” .P viene misurata in watt [W] .Q =

max t∈T{

pr(t) } sign(ϕ) ≡ potenza reattiva non istantanea .E’ definito come il valor massimo della potenza reattiva istantanea pr(t) con il segno dell’angolo ϕ; poiché il seno sente il segno dell’angolo, può dunque essere espressa come: Q = VEIE sin(ϕ) = (VMIM/2) sin(ϕ) .Dalla positività di sin(ϕ), quindi di Q, si vede se la corrente è in ritardo (>0) o in anticipo (<0) sulla tensione. .Q viene misurata in volt.ampére reattivi [VAr]

PA = VEIE ≡ potenza apparente .Essendo definita come prodotto dei valori efficaci di tensione e corrente, è ovviamente: PA ≤ P .PA viene misurata in volt.ampére [VA]

Appunti 27

Pisi - Elettrotecnica Potenza complessa: Date la tensione e la corrente ai morsetti del bipolo: _ _ da cui VE = VE v(t) = VE√2 cos(ωt+αv) = Re[ VE√2 ejα e(0+jω)t] ↔ V = VE√2 ejα = VE√2 i(t) = IE√2 cos(ωt+αi) = Re[VE√2 ejα e(0+jω)t] I = IE√2 ejα = IE√2 e-jϕ da cui IE = IE e-jϕ ↔ si definisce “potenza complessa” il numero complesso dato dal prodotto: N ≡ VEIE* = VE IE e+jϕ = VEIE [ cos(ϕ) + jsin(ϕ) ] = VEIEcos(ϕ) + jVEIEsin(ϕ) = P + jQ v

v

i

i

Nel caso di eccitazioni sinusoidali (smorzamento σ nullo ⇒ s = σ+jω = jω) l’impedenza di un bipolo si presenta come: Z = R + sL + 1/sC = R + jωL + 1/jωC = R + jωL - j/ωC e, indicando con R la resistenza e con X = ωL - 1/ωC l’ammettenza del bipolo, può essere riscritta come: Z = R + j(ωL - 1/ωC) = R + jX da cui la tensione: V = Z I = (R+jX) I e, per linearità, i numeri complessi derivati dai valori efficaci: VE = Z IE = (R+jX) IE La potenza complessa vale dunque: N = VEIE* = (ZIE )IE* = Z (IE IE*) = Z |IE|2 = (R+jX) IE2 = RIE2 + jXIE2 da cui: Q = VEIEsin(ϕ) = Im[N] = X IE2 P = VEIEcos(ϕ) = Re[N] = R IE2 Casi particolari: Resistore: Z = R∈R V = ZI = RI ⇒ ϕ = 0 P = VEIEcos(ϕ) = VEIEcos(0) = VEIE = RIEIE = R IE2 Q = VEIEsin(ϕ) = VEIEsin(0) = 0 Come già visto, tensione e corrente sono in fase. Si ha il massimo assorbimento possibile di potenza, mentre non vi è scambio di potenza con l’esterno. Induttore: Z = jωL V = ZI = +jωLI ⇒ ϕ = +π/2 π P = VEIEcos(ϕ) = VEIEcos(+ /2) = 0 Q = VEIEsin(+π/2) = VEIE > 0 Come già visto, poiché αi = -ϕ = -π/2, la corrente è in ritardo sulla tensione di π/2. Non vi è assorbimento di potenza: tutta la potenza viene scambiata con l’esterno. Condensatore: Z = -j/ωC V = ZI = (-j/ωC)I ⇒ ϕ = -π/2 π P = VEIEcos(ϕ) = VEIEcos(- /2) = 0 Q = VEIEsin(ϕ) = VEIEsin(-π/2) = VEIE < 0 Come già visto, poiché αi = -ϕ = +π/2, la corrente è in anticipo sulla tensione di π/2. Non vi è assorbimento di potenza: tutta la potenza viene scambiata con l’esterno. Conservazione della potenza complessa: “La somma delle potenze complesse assorbite da tutti i i bipoli presenti nel circuito è nulla” Σ k Nk = 0 La dimostrazione è conseguenza delle proprietà topologiche del circuito già viste a proposito del Teorema di Tellegen. Da quanto detto segue immediatamente che, in regime permanente sinusoidale: “La somma delle potenza attive assorbite da tutti i i bipoli presenti nel circuito è nulla” Σ k Pk = 0 “La somma delle potenza reattive assorbite da tutti i i bipoli presenti nel circuito è nulla” Σ k Qk = 0 Additività della potenza attiva non istantanea (per gruppi non isofrequenziali di eccitazioni): “La potenza attiva non istantanea P assorbita da un bipolo è ottenibile per sovrapposizione degli effetti dei vari gruppi non isofrequenziali di eccitazioni (isofrequenziali tra loro all’interno di ogni singolo gruppo)”. L’inghippo è che i(t)=Σkik(t) e v(t)=Σkvk(t) da cui e non p(t) = Σkpk(t) = Σkik(t)vk(t) p(t)=i(t)v(t)=[Σkik(t)][Σkvk(t)] = Σkik(t)vk(t) + altri_termini Scegliendo come periodo T il minimo comune multiplo tra i periodi Tk dei vari gruppi (e anche tra le loro somme e differenze), si avrà: Pk = 1/T ∫0T pk(t) dt P = 1/T∫0Tp(t)dt = 1/T∫0T[Σkik(t)][Σkvk(t)]dt =

/T∫0T[Σkik(t)vk(t) + altri]dt =

1

/T∫0Tpk(t)dt + 1/T∫0T(altri)dt = ΣkPk + altro

1

e il termine “altro” risulta nullo se e solo se si prendono le varie pk appartenenti a gruppi non isofrequenziali tra loro (in quanto contiene integrali di coseni di somme o differenze delle varie frequenze che, poiché calcolati tra 0 e il periodo T m.c.m. anche di somme e differenze, risulta nullo solo se le frequenze sono diverse tra loro, quindi cos(ωa±ωb)≠cos(0)=1 che integrato tra 0 e T non si annulla di certo).

Appunti 28

Pisi - Elettrotecnica Trasferimento della potenza attiva ad un bipolo attraverso i suoi morsetti: E’ questo un problema di grande interesse pratico, ma che si presenta sotto due aspetti fondamentalmente diversi, a seconda che il bipolo in questione faccia parte di un sistema di trasmissione di segnali o di potenza elettrica.

Definiamo “rendimento del trasferimento di potenza attiva” il rapporto: η ≡ (potenza attiva in ingresso al bipolo) / (potenza attiva erogata dal generatore) Nel circuito in figura, utilizzando i valori efficaci (in seguito, per brevità di notazione, V=VE, I=IE et similia), poiché... Pbipolo = Re[N] = Re[VI*] = Re[ZII*] = Re[Z I2] = R I2 ↑ NOTA BENE !! Pgeneratore = Re[N] = Re[EI*] = Re[(Z+ZL)II*] = Re[(Z+ZL) I2] = (R+RL) I2 ...è immediato verificare che il rendimento η vale: η = Passorbita dal bipolo / Pfornita dal generatore = R I2 / (R+RL) I2 = R / (R+RL) generatore = fornitore di potenza (a pagamento) bipolo = utente con specifiche (P=assegnata, V=costante) scopo = guadagno sul servizio fornito

generatore = emettitore di un segnale bipolo = ricevente scopo = ricezione del segnale

⇓ massimo rendimento

⇓ massima potenza (che il bipolo poi assorbirà) sul circuito

Dalla EKT per il circuito dato, segue la tensione sul bipolo: V = E - ZLI Per poter fornire all’utente la “tensione nominale” richiesta, è necessario limitare entro prefissati limiti le cadute di tensione dovute all’impedenza di linea ZL; poiché questa risulta per solito non trascurabile a causa della lunghezza della linea stessa, per ottenere questo risultato è necessario che la corrente I sia opportunamente piccola.

Dall’espressione della potenza assorbita dal bipolo... P = RI2 = R|I|2 = R | E/√(R+RL)2+(X+XL)2 |2 segue che, a parità di generatore E, giocando sulla impedenza di linea, si ottiene la funzione: P = P(RL,XL) = RE2 / [(R+RL)2+(X+XL)2] che dovremmo sapere dall’analisi essere massimizzata per: ∂P/∂RL = 0 ∂P/∂XL = 0

Ciò nondimeno, è necessario garantire all’utente anche la corretta “potenza nominale” per cui è stato progettato, cioè il giusto valore di P=VIcos(ϕ).

Soluzioni di questo sistema sono i valori (teorema del massimo trasferimento di potenza attiva): RL = R ovvero Z = ZL* XL = -X In tale situazione si ottiene un rendimento pari a: η = R/(R+RL) = R/2R = ½

Tale operazione è detta rifasamento del bipolo. ⇓

{



{

molto basso, ma lo stesso accettabile in quanto non era questo Utente di tipo R-L: l’obiettivo posto dal problema. Il rifasamento è ottenuto mettendo l’utente in parallelo con un condensatore, la cui presenza conduce a un’EKC al nodo A del tipo: I’ = IC + I • invarianza della tensione V, della corrente I e del fattore di potenza cos(ϕ) sull’utente

• sfasamento di +π/2 della corrente IC rispetto alla tensione V (supposta giacente sull’asse Im per comodità di rappresentazione; v. figura) • riduzione ad I’ della corrente di linea; tale valore si ottiene anche come semplice somma vettoriale (sul piano complesso) di IC con I e risulta sfasato di un nuovo angolo ϕ’ rispetto a V. Risulta evidente che: I cos(ϕ) = I’ cos(ϕ’) • la potenza attiva P assorbita dal bipolo utente (inalterata) è: • la potenza reattiva Q scambiata dal bipolo utente è data da: • la potenza attiva Pc assorbita dal condensatore è, come noto: • la potenza attiva P’ assorbita dal complesso utente-condensatore è:

P = VI cos(ϕ) Q = VI sin(ϕ) = P tg(ϕ) Pc = 0 P’ = P+Pc = P

tale potenza è inoltre pari (v. th.cons.pot.compl.) a quella erogata dal generatore meno quella dissipata sulla linea; data I’ corrente di linea, sfasata di ϕ’ rispetto alla tensione V ai suoi capi, risulta: P’ = VI’cos(ϕ’) = P • la potenza reattiva Q’ scambiata dal complesso utente-condensatore è pari (v. th.cons.pot.compl.) a quella scambiata dal complesso generatore più linea e risulta; risulta evidentemente: Q’ = P’ tg(ϕ’) = P tg(ϕ’) Qc = Q’-Q = Ptg(ϕ’)-Ptg(ϕ) = P[tg(ϕ’)-tg(ϕ)] • la potenza reattiva Qc scambiata dal condensatore è quindi: Dal confronto di quest’ultima equazione con l’espressione Qc = XcIc2 = (-1/ωC) |V2/(- j/ωC)|2 = -V2ωC C = P[tg(ϕ’)-tg(ϕ)] / ωV2 si ricava la capacità richiesta al condensatore per ottenere ϕ’: Il rendimento migliora in quanto, essendo I’ RI2/(R+RL)I2 = ηnon rifasato

Appunti 29

Pisi - Elettrotecnica Eccitazioni periodiche: Una eccitazione f(t) si dice periodica se il suo andamento si ripete ad intervalli regolari di tempo (WOW!) cioè se soddisfa alla condizione: f(t) = f(t+T) ∀ t ∈ [-∞,+∞] Serie di Fourier: Una qualsiasi funzione periodica che soddisfi alle condizioni di Dirichlet può essere rappresentata tramite una somma di funzioni sinusoidali, detta appunto “serie di Fourier”, del tipo: f(t) = a0 + Σk=1∞ [ak cos(kω0t) + bk sin(kω0t)] dove .ω0 = 2π/T .a0 = 1/T ∫0T f(t) dt .ak = 2/T ∫0T f(t)cos(kω0t) dt .bk = 2/T ∫0T f(t)sin(kω0t) dt • Il termine a0 risulta nullo se l’onda è simmetrica rispetto all’asse del tempo (ne è infatti il valor medio) • La componente di pulsazione ω0 (cioè per k=1) prende il nome di componente fondamentale • La componente di pulsazione kω0 (con k≠1) prende il nome di armonica di ordine k Onda quadra: E’ un caso particolare di funzione periodica che può essere rappresentata come limite di una serie di Fourier avente: .termini cosinusoidali tutti nulli .termini sinusoidali pari tutti nulli

Appunti 30

Pisi - Elettrotecnica PARTE 14 CIRCUITI RISONANTI E ANTI-RISONANTI Risonanza: E’ una situazione particolare in cui, nei circuiti del tipo in figura, si verifica una notevole intensificazione dell’effetto dell’eccitazione.

Anti-risonanza: E’ una situazione particolare in cui, nei circuiti del tipo in figura, si verifica un notevole smorzamento dell’effetto dell’eccitazione.

Sia l’alimentazione V una tensione sinusoidale di valore efficace costante e frequenza ω variabile. Studiamo come varia, al variare di ω, il modulo H della funzione di rete H(ω) relativa al generatore di tensione V (eccitazione) e alla tensione VR sul resistore (risposta).

Sia l’alimentazione V una tensione sinusoidale di valore efficace costante e frequenza ω variabile. Studiamo come varia, al variare di ω, il modulo H della funzione di rete H(ω) relativa al generatore di tensione V (eccitazione) e alla corrente IR nel resistore (risposta).

VR = RI = R V/[R+j(ωL-1/ωC)] H = VR/V = R/[R+j(ωL-1/ωC)] E così come |a+jb| = √ a2+b2 allora avremo: H = H(ω) = |H| = R / √R2+(ωL-1/ωC)2

L’induttanza offerta dall’induttore e dal condensatore in parallelo sarà data da:

• per ω→0, il denominatore tende a ∞ e H→0 • per ω→+∞, il denominatore tende a ∞ e H→0 • HMAX = 1 per ω = ω0 = 1/√LC ω0 è detta “pulsazione di risonanza” ⇓ Per ω ≠ ω0 si avrà VR << E Vengono quindi tagliate le frequenze molto lontane da quella di risonanza, come in un filtro. Altre note: • La forma della campana può essere ristretta/allargata variando i valori di L,R,C. • L’argomento di H(ω) rappresenta lo sfasamento ϕ tra tensione V del generatore e corrente I sul resistore .ϕ<0 se ω<ω0: corrente in anticipo e reattanza capacitiva che prevale su quella induttiva .ϕ>0 se ω>ω0: corrente in ritardo e reattanza induttiva che prevale su quella capacitiva.

Da cui:

ZLC = (-jωL)(j/ωC) / (jωL - j/ωC) = -j (L/C) / (ωL - 1/ωC)

IR = I = V/Ztot = V / [R - j(L/C)/(ωL-1/ωC)] H = I/E = 1 / [R - j(L/C)/(ωL-1/ωC)] E così come |a+jb| = √ a2+b2 allora avremo: d H = H(ω) = |H| = 1 / √R2+[(L/C)/(ωL-1/ωC)]2

• per ω→0, avrò che H→1/R • per ω→+∞, avrò che H→1/R___ • HMIN = 0 per ω = ω0 = 1/√LC ω0 è detta “pulsazione di anti-risonanza” ⇓ Per ω ≈ ω0 si avrà IR ≈ 0 Vengono quindi tagliate le correnti con frequenze molto vicine a quella di anti-risonanza, come in un filtro. Altre note: • La forma della cuspide può essere ristretta/allargata variando i valori di L,R,C. • Per le frequenze ω≈ω0 si ottiene una impedenza che tende all’infinito sul parallelo LC, ai capi del quale è dunque presente la tensione V (non essendovi cali di tensione causati dal resistore, in quanto IR=0).

Appunti 31

Pisi - Elettrotecnica PARTE 15 I SISTEMI TRIFASE Il trasporto dell’energia elettrica dai luoghi di produzione ai luoghi di utilizzazione avviene prevalentemente per mezzo di linee elettriche a tre fili; le linee, i generatori che le alimentano e gli utilizzatori (carichi) ad esse collegati costituiscono nel loro insieme i cosiddetti sistemi trifase. • L’insieme G dei generatori è in genere costituito da 3 generatori di tensione collegati a stella (o a triangolo). • Il carico U è sempre rappresentabile tramite 3 impedenze collegate a stella (v. nozioni di “equivalenza” e “teorema di equivalenza”) • Le correnti I1, I2, I3 prendono il nome di “correnti di linea” e soddisfano, ovviamente, alla EKC: I1 + I2 + I3 = 0 • Le tensioni V12, V23, V31 tra le linee elettriche prendono il nome di “tensioni concatenate” calcolate in corrispondenza di una loro generica sezione b (ma che è lecito supporre indipendenti dalla sezione scelta, risultando trascurabili le cadute di tensione in linea) sono date dalle differenze di potenziale tra i punti L1, L2, L3 (o, per quanto detto sopra, tra punti qls delle corrispondenti linee 1, 2, 3): V12 = VL1 - VL2 V23 = VL2 - VL3 V31 = VL3 - VL1 da cui segue, banalmente, che: V12 + V23 + V31 = 0 Studio di un generico sistema trifase: Sia dato un circuito del tipo in figura, dove: • Le tensioni Egk indicano le tensioni erogate dai generatori e prendono il nome di tensioni stellate • Le impedenze Zk sono l’equivalente del generico carico U • Le tensioni Ek sulle tre impedenze dell’utente prendono il nome di tensioni di fase • La generica tensione concatenata Vhk è ottenibile come (EKT): Vhk = Egh - Egk

(tali tensioni sono dunque rappresentabili, sul piano complesso, come i lati del triangolo i cui vertici sono dati dalle 3 tensioni stellate).

„Correnti di linea: 1) Calcolo della tensione E0 tra il centro stella O’ dell’utente e il centro stella O dei generatori (ci si serve a questo proposito delle formule viste per il Teorema di Millman; il bipolo OO’ presenta infatti 3 lati in parallelo, ognuno costituito da un generatore in serie a un’impedenza):

E0 = [ Σk=13 Ek/Zk ] / [ Σk=13 1/Zk ]

1bis) Collocamento nel piano del complesso dei vettori (“fasori”) rappresentanti le tensioni stellate Egk e la tensione E0 2) Calcolo delle tensioni di fase Ek (possibile anche graficamente sul piano complesso come congiungenti le Egk ed E0) Ek = Egk - E0 3)) Calcolo delle correnti di linea, banalmente ottenibili da: Ik = Ek / Zk „Potenza complessa (richiesta dal carico U alla linea): Applicando la definizione si ha la formula (che richiede l’utilizzo di 3 voltmetri per le misurazioni): N = Σk=13 Ek Ik* Tuttavia, poiché è possibile esprimere una delle correnti (es: I2) in funzione delle altre, risulta: N = Σk EkIk* = Σk (Egk-E0)Ik* = Σk EgkIk* - E0(Σk Ik*) = Σk EgkIk* = Eg1I1* + Eg2(-I1*-I3*) + Eg3I3* = = (Eg1-Eg2)I1* + (Eg3-Eg2)I3* = V12 I1* + V32 I3* = V12 I1* - V23 I3*

Appunti 32

Pisi - Elettrotecnica Equivalenza di 2 carichi U e U’: Sottoposti alle stesse tensioni concatenate assorbono le medesime correnti (quindi la stessa potenza). Teorema di equivalenza: Per definizione, le impedenze di una stella equivalente ad U devono soddisfare il sistema: V12 = E1 - E2 = Z1I1 - Z2I2 V23 = E2 - E3 = Z2I2 - Z3I3

{

(la terza equazione è superflua, risultando combinazione lineare delle prime due)

che presentando 2 equazioni nelle 3 incognite Zk ammette quindi infinite soluzioni; esistono perciò un’infinità di stelle equivalenti ad U, una generica delle quali può essere individuata fissando arbitrariamente un’incognita e ricavando le altre. Simmetria di un sistema trifase (condizione sui generatori): Definite le 3 radici cubiche complesse dell’unità (α’ n+3 = α’ n ) come: 1 = 1 α’ = e+j(2/3)π = - ½ + j √3/2 α’2 = e-j(2/3)π = - ½ - j √3/2 Avremo simmetria diretta se le tensioni stellate sono del tipo: Eg1 = 1 E Eg2 = α’2 E Eg3 = α’ E Avremo simmetria inversa se le tensioni stellate sono del tipo: Eg1 = 1 E Eg2 = α’ E Eg3 = α’ 2 E • In entrambi i casi risulta che: Σk Egk = 0 • Le tensioni concatenate hanno somma nulla (come nel caso generale) e tutte modulo: (ottenibile immediatamente, per proprietà geometriche, v. figura) V = √3 E e costituiscono anch’esse una terna simmetrica dello stesso tipo di quella delle tensioni stellate; ad esempio, se diretta: V12 = Eg1-Eg2 = E(1-α’2) = 1[E(1-α’2)] = 1 qlc V23 = Eg2-Eg3 = E(α’2-α’) = E(α’2-α’4) = α’2[E(1-α’2)] = α’2 qlc V31 = Eg3-Eg1 = E(α’-1) = E(α’-α’3) = α’[E(1-α’2)] = α’ qlc Sistema trifase equilibrato (condizione sulle impedenze): E’ un sistema tale che le impedenze (o, analogamente, le ammettenze) nel carico U sono tutte uguali fra loro: Zk = Z ∀ k∈[1,3] 1/Zk = Yk = Y ∀ k∈[1,3] Proprietà di un sistema trifase simmetrico ed equilibrato: • Risulta nulla la tensione E0 tra il centro stella O’ dell’utente U e il centro stella O del sistema di generatori G: E0 = [Σk=13 Ek/Zk]/[Σk=13 1/Zk] = [Σk=13 EkYk]/[Σk=13 Yk] = Y[Σk=13 Ek]/3Y = 1[0]/3 = 0 • Le tensioni di fase coincidono (essendo nulla E0) con le tensioni stellate: Ek = Egk • Anche la terna delle correnti di linea risulta simmetrica dello stesso tipo di quella delle tensioni stellate: 3 Ik = Ek/Zk = (3√1 E)/Z = 3√1 (E/Z) dove √1 = 1,α’,α’2 e tutte le Ik risultano sfasate rispetto alla relativa Egk di uno stesso angolo Φ. • La potenza complessa richiesta dall’utente vale (intendendo i seguenti come valori efficaci): N = Σk EkIk* = Σk EgkIk* = 3|Eg||I|ejΦ = 3EgIcosΦ + j 3EgIsinΦ = P+jQ da cui le potenze attive e reattive: _ _ _ P = 3EgIcosΦ = 3EIcosΦ = √3 (E√3)IcosΦ = √3VIcosΦ Q = 3EgIsinΦ = 3EIsinΦ = √3 (E√3)IsinΦ = √3VIsinΦ • La potenza istantanea complessiva assorbita dal carico U è costante (non lo sono invece, ovviamente, le pk(t) dissipate sulle singole impedenze Zk essendo gli Egk sinusoidali) ed è pari alla potenza attiva totale. Appunti 33

Pisi - Elettrotecnica Riconducibilità di un sistema trifase non simmetrico e non equilibrato al caso simmetrico equilibrato: Le seguenti proprietà matematiche permettono di ricondurre il caso generale di un sistema trifase qualsiasi al caso simmetrico.

Dati 3 numeri complessi qualsiasi A1, A 2, A 3 è possibile associare ad essi una terna di altri vettori A o, A d, A i tali che sia soddisfatto il sistema:

 A 1   A2  A  3

= = =

A o A o A o

A d + + α 2 A d + α A d

A i + + α A i + α 2 A i

ovvero

 A 1     A2  =  A 3 

1 1  2 1 α 1 α

Essendo non nullo il determinante della matrice dei coefficienti, esisterà una e una sola terna soluzione del sistema dato; tale terna sarà ottenibile (dopo brevi calcoli) come:

 A o     Ad  =    Ai 

 13 1 3  13 

( A ( A

( A

1

1

+ A 2 + α A 2 + α 2 A 2

1

+ A 3 )   + α 2 A 3 ) = + α A 3 )

1   A o    α   A d  α 2   A i  (Ao, Ad, Ai)

che sia

c om ponente di sequenza om opolare    c om ponente di sequenza diretta   c om ponente di sequenza inversa 

Se la terna data (Ao, Ad, Ai) rappresenta le terna delle tensioni stellate di un sistema trifase qualsiasi, valendo per linearità il principio di sovrapposizione degli effetti, è possibile studiare il sistema dato facendo agire una alla volta le terne o, d, i sopra evidenziate nel sistema in forma cartesiana... terna omopolare: ...si vede che:

 A 1     A2  =  A 3 

 A o     Ao   A o 

terna simmetrica diretta:

 A 1     A2  =  A 3 

 A d   2   α Ad  α A d 

terna simmetrica inversa:

 A 1     A2  =  A 3 

 A i     α Ai  α 2 A i 

• la terna omopolare dà sempre contributi nulli, in quanto per essa risulta: Ek = Egk - E0 = Egk - (Σk EgkYk)/(Σk Yk) = Ao - Ao(Σk Yk)/(Σk Yk) = Ao - Ao = 0 • lo studio del sistema può dunque essere ricondotto allo studio di 2 sistemi trifase simmetrici (uno diretto e uno inverso) di cui sommare poi gli effetti. Potenza complessa trasportata: “La potenza complessa trasportata da un generico sistema trifase è uguale ala somma delle potenze complesse trasportate singolarmente dai due sistemi trifase simmetrici ed equilibrati diretto ed inverso ottenibili sostituendo alla terna di tensioni e di correnti le loro componenti di sequenza”: N = 3 Ed Id* + 3 Ei Ii* Dimostrazione: .Poiché Ao = 1/3(A1+A2+A3) allora non esiste componente omopolare di una terna di vettori la cui somma sia nulla; da Σk Ik = 0 segue dunque che Io = 0. (α’2)* = α’ .Si osserva che per i coniugati delle radici cubiche dell’unità risulta: α’* = α’2 .Sostituendo a Egk e Ik le terne omopolari, dirette e inverse, e sommandone gli effetti, si ottiene l’espressione: N = E1I1* + E2I2* + E3I3* = = (Ego+Egd+Egi)(Id*+Ii*) + (Ego+α’2Egd+α’Egi)(α’Id*+α2Ii*) + (Ego+α’Egd+α’2Egi)(α’2Id*+α’Ii*) = = ... = = 3 Ed Id* + 3 Ei Ii*

Appunti 34

Pisi - Elettrotecnica PARTE 17 STRUMENTI ELETTRODINAMICI DI MISURA concetto alla base Consideriamo due bobine accoppiate 1 e 2 tali che: a) possano muoversi ruotando attorno a un comune asse di rotazione quindi, per semplicità, considereremo che la prima sia fissa e che la seconda, ruotando, descriva un angolo β rispetto a essa b) siano immerse in un materiale lineare e isotropo le cui caratteristiche abbiano simmetria cilindrica rispetto all’asse di rotazione in modo tale che i coefficienti di auto-induzione L1 e L2 si mantengano costanti quale che sia la posizione occupata dalla corrispondente bobina, mentre per quello di mutua induzione varrà la dipendenza M=M(β). A posizioni fissate, ad esse corrisponderà, come noto, la variazione infinitesima di energia (nel tempo dt): dE = pdt = v1i1dt + v2i2dt = (dΦC1/dt)i1dt + (dΦC2/dt)i2dt = i1dΦC1 + i2dΦC2 Non essendovi altre energie in gioco, tale variazione di energia dE coinciderà con la variazione di energia magnetica dEm del sistema. Il valore di tale energia magnetica può essere calcolato, come noto, da: ½i2ΦC2

Em = ½L1i12 + ½L2i22 + Mi1i2 = ½L1i12 + ½L2i22 + ½Mi1i2 + ½Mi1i2 = ½i1(L1i1+Mi2) + ½i2(L2i2+Mi1) = ½i1ΦC1 +

Da cui la variazione: dEm = d(½L1i12 + ½L2i22 + Mi1i2) = d(½i1ΦC1 + ½i2ΦC2) Si può inoltre determinare, come segue, il valore della coppia C esercitata dall’avvolgimento fisso su quello mobile. In corrispondenza di uno spostamento infinitesimo dβ, tale coppia darà luogo a un termine di lavoro meccanico esprimibile, per una trasformazione infinitesima virtuale (cioè arbitraria, purché concettualmente realizzabile compatibilmente con i vincoli imposti al sistema) come: ← Cioè il consueto dLm = (C+dC)dβ = Cdβ + dCdβ = a meno di iftsm di ordine superiore Cdβ “forza per spostamento” Facendo entrare tale termine nel computo della variazione di energia dE del sistema, si avrà: dE = dEm + dLm Da cui, banalmente: dLm = dE - dEm

Scegliendo una trasformazione virtuale in cui rimangano costanti i valori delle correnti i1 e i2 (discorso che tornerà dunque utile a proposito delle macchine a corrente continua) e confrontando questa quantità con i risultati precedentemente trovati, si ottiene: Cdβ = ( i1dΦC1 + i2dΦC2 ) - d(½i1ΦC1 + ½i2ΦC2) = i1dΦC1 + i2dΦC2 - ½i1dΦC1 - ½i2dΦC2 = = ½i1dΦC1 + ½i2dΦC2 = d(½i1ΦC1 + ½i2ΦC2) Come è evidente, tale valore coincide con quello ricavabile per dEm: Cdβ = d(½i1ΦC1 + ½i2ΦC2) = d(½L1i12 + ½L2i22 + Mi1i2) = dEm A correnti i1, i2 mantenute costanti, il modulo della coppia C tra le due bobine è dunque pari alla variazione di energia magnetica dEm che accompagna la variazione dβ dell’angolo che esse formano: C = dEm/dβ Tenuto conto che Em = ½L1i12 + ½L2i22 + Mi1i2 ma che a causa delle ipotesi fatte riguardo al mezzo magnetico L1,L2 risultano indipendenti da β, nonché della costanza delle correnti i1, i2, risulterà: ovvero C = i1 i2 dM/ωrdt C = i1 i2 dM/dβ Negli strumenti di misura si realizzano in genere condizioni costruttive tali da poter ritenere M funzione lineare di β; da M ∝ β, risulterà allora che dM/dβ = costante = h, e quindi: C = i1 i2 h In tali strumenti, la coppia C che si esercita tra i due avvolgimenti è dunque proporzionale, secondo una costante h, al prodotto delle correnti che li attraversano. NOTA per gli esercizi: In presenza di tali tipi di avvolgimenti mobili accoppiati, la forza contro-elettromotrice che ognuno di essi induce è pari a: e = dΦC/dt = d(Ljij+Mik)/dt = Ljdij/dt + Mdik/dt + ikdM/dt = = Ljdij/dt + Mdik/dt + ik(dM/dβ)(dβ/dt) = Ljdij/dt + Mdik/dt + ikωrdM/dβ Il segno “-“ che dovrebbe precedere dΦC/dt è già incluso nel prefisso “contro”; si intende cioè che, tale f.c.em. “e” dovrà essere inserita nel circuito elettrico cui appartiene l’avvolgimento j-esimo (accoppiato col k-esimo) con verso opposto a quello della corrente ij che vi circola.

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Pisi - Elettrotecnica realizzazione degli strumenti di misura Uno strumento elettrodinamico è costituito fondamentalmente da due avvolgimenti del tipo di quelli precedentemente descritti e da una molla che contrasta il movimento dell’avvolgimento mobile. Sono quindi presenti nel funzionamento di tale strumento due coppie: .una elettromagnetica, la cui espressione è data da Celm = i1 i2 dM/dβ = i1 i2 h .l’altra elastica, il cui valore è proporzionale all’angolo β di deviazione dalla posizione di riposo dell’avvolgimento mobile: Cel = c β

„Nel funzionamento di regime in corrente continua, in condizioni di equilibrio le due coppie si equivarranno: c βeq = i1 i2 h Il valore dell’angolo β in condizioni di equilibrio sarà dunque dato da: βeq = h/c i1 i2 = k i1 i2 dove, poiché dM/dβ si può ritenere di valore costante h, come si è osservato precedentemente, allora anche k, rapporto tra dM/dβ e la costante elastica c della molla, può essere ritenuto costante. Lo strumento misura quindi, tramite l’angolo di deviazione del suo indice, il prodotto delle correnti dei due avvolgimenti.

„Nel funzionamento di regime in corrente alternata, variando nel tempo le correnti i1 e i2, varierà anche la coppia elettromagnetica.

In conseguenza di ciò l’avvolgimento mobile oscilla attorno alla posizione di equilibrio anche se, a causa della sua inerzia, l’indice dell’apparecchio appare fermo. Il valore che esso indica corrisponde ovviamente al valor medio della coppia elettromagnetica; vale pertanto la relazione: dove ϕ è l’angolo di sfasamento tra le due correnti. βeq = k (i1i2)medio = k 1/T ∫0T i1i2 dt = k i1eff i2eff cosϕ Amperometro: Misura la corrente che attraversa un bipolo (utilizzatore). E’ costituito da due avvolgimenti in serie tra loro e col bipolo interessato (l’impedenza interna dei due avvolgimenti deve essere molto piccola rispetto a quella del bipolo per non alterare sensibilmente il valore della corrente che si vuole misurare); risulta: i1eff = i2eff = ieff ϕ = 0 Segue allora immediatamente che: βeq = k ieff2 Noti i valori di k e di βeq è immediato risalire al valore efficace ieff della corrente I nel bipolo (nel caso di corrente continua, i valori considerati rappresentano invece, ovviamente, quelli effettivi). Voltmetro: Misura la tensione ai morsetti di un bipolo. E’ costituito da due avvolgimenti in serie tra loro e con una resistenza RV di elevato valore (per avere IV molto piccola e non alterare la tensione V misuranda) posti in parallelo con il bipolo interessato; risulta: i1eff = i2eff = iVeff ϕ = 0 veff = ZV iVeff Segue allora immediatamente che: βeq = k iVeff2 = k (veff/ZV)2 = kV veff2 Noti i valori di kV e di βeq è immediato risalire al valore efficace veff della tensione V da misure (nel caso di corrente continua, i valori considerati rappresentano invece, ovviamente, quelli effettivi). Wattmetro: Misura la potenza attiva assorbita da un bipolo (nel funzionamento in corrente alternata). E’ costituito da un avvolgimento in serie con una resistenza RV di elevato valore e posti in parallelo con la serie formata da un secondo avvolgimento (accoppiato al primo) e dal bipolo interessato. Per rendere trascurabile la perturbazione introdotta nel sistema dallo strumento, l’avvolgimento in serie al bipolo dovrà avere una bassa impedenza, mentre dovrà averne una alta l’altro avvolgimento. Sarà, allora: i1eff = ieff i2eff = iVeff Risulta, dunque: βeq = k i1eff i2eff cosϕ = k ieff iVeff cosϕ = k ieff (veff/ZV) cosϕ = kV ieff veff cosϕ = kV P Noti i valori di kV e di βeq è immediato risalire al valore P della potenza attiva assorbita dal bipolo.

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Pisi - Elettrotecnica PARTE 16 I CIRCUITI MAGNETICI descrizione Gran parte dei dispositivi elettrici sono costituiti da avvolgimenti percorsi da corrente e nuclei di ferromagnetici, quindi di materiali aventi permeabilità magnetica µ >> µaria, che li sorreggono (il funzionamento avviene spesso in presenza di parti in movimento e implica quindi una trasformazione di energia meccanica in energia elettromagnetica e viceversa). Tali materiali diventano dunque sede di un flusso Φ dell’induzione magnetica B, il quale, se variabile nel tempo, induce nelle bobine (composte da N spire) avvolte attorno ad essi una forza contro-elettromotrice pari a: E = -dΦC(B)/dt = - N dΦ(B)/dt

Per analizzare tali strutture è opportuno introdurre dunque una nuova categoria di circuiti, detti “magnetici”, la cui seguente modellizzazione è da ritenersi valida sotto le stesse ipotesi semplificative introdotte per i circuiti elettrici a costanti concentrate. Consideriamo una struttura fisica costituita da un insieme di materiali magnetici aventi le seguenti caratteristiche: • isotropia, per esprimere il legame tra B e H tramite una quantità scalare µ (costante in caso di linearità) • validità dell’ipotesi di velocità infinita di propagazione del fenomeno elettromagnetico; essendo come già visto µ≠0, ciò equivale a porre nulla la costante dielettrica ε e dunque a considerare nullo il vettore D. E’ quindi nulla la densità di corrente di spostamento ∂D/∂t e il campo magnetico H vorticherà attorno alle sole correnti di conduzione G. • conducibilità γ nulla Le grandezze in gioco risultano dunque essere legate dalle seguenti equazioni: rotE = - ∂B/∂t (divD = ρ) rotH = G + ∂D/∂t = G (divB = 0) B = µH La struttura magnetica in questione può dunque essere schematizzata come un insieme di regioni di spazio, ciascuna occupata da un materiale omogeneo avente conducibilità elettrica nulla e permeabilità magnetica molto maggiore di quella della regione di spazio in cui la struttura è immersa; tale regione viene dunque considerata con buona approssimazione a permeabilità nulla (viene infatti, ad esempio, posto che sia µaria ≈ 0 ).

Come conseguenza immediata di queste ipotesi, l’induzione magnetica B (e con essa il suo flusso Φ) è diversa da zero solo all’interno della struttura magnetica (dove è cioè B = µH con µ≠0).

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Pisi - Elettrotecnica equivalenti delle leggi di Kirchhoff Legge di Kirchhoff sul flusso dell’induzione magnetica: “E’ uguale a zero la somma algebrica dei flussi di B entranti in una superficie chiusa che tagli le varie regioni di una struttura magnetica”. Σk Φk(B) = 0 Dimostrazione: Essendo µ≠0 solo nelle intersezioni che S forma con la struttura magnetica, è immediatamente evidente che si avrà Φ(B)≠0 solo attraverso le superfici così individuate. Con riferimento alla figura, si avrà dunque: Φ(B) = Σk Φk(B) = Φ1(B) + Φ2(B) + Φ3(B) Per la solenoidalità di B (in quanto divB = 0 ) risulta tuttavia: Φ(B) = S(∫) B×n dS = V ∫ divB dV = V ∫ 0 dV = 0 S

S

Legge di Kirchhoff sulle tensioni magnetiche: “La circuitazione del campo magnetico H su una linea chiusa b totalmente interna alla struttura magnetica è pari al valore della corrente ic concatenata alla superficie racchiusa da b (tale valore è ovviamente nullo se attorno alla regione magnetica non vi sono avvolgimenti le cui spire attraversino Sb)” ( ) b ∫ H×dl = ic Dimostrazione: Data l’ipotesi di conducibilità elettrica nulla dei materiali costituenti la struttura magnetica, nonché di assenza di densità di corrente di spostamento, risulta (scelto un verso di percorrenza su b e la conseguente orientazione della normale su Sb): ( ) b ∫ H×dl = Sb∫ rotH×n dS = Sb∫ G×n dS = ic Osservazioni: ic è l’effetto di una azione esterna alla struttura • La quantità elettromagnetica (è infatti nulla se non esistono bobine le cui spire attraversano Sb) e prende il nome di “forza magnetomotrice”. • Considerando le m diverse regioni della struttura magnetica attraversate da b, posso dividere la circuitazione di H in m termini bk∫ H×dl = Uk, ognuno dei quali prende il nome di “tensione magnetica”. ⇓ La presente legge di Kirchhoff può dunque essere espressa nella forma: “La somma algebrica delle tensioni magnetiche delle regioni toccate da una linea chiusa interna ad una struttura magnetica è uguale alla forza magnetomotrice impressa dagli avvolgimenti concatenati con essa; tale f.m.m. coincide con la corrente che attraversa una generica superficie Sb avente la linea considerata b come contorno”. Σ k U k = ic

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Pisi - Elettrotecnica bipoli magnetici Facendo le ipotesi che... • ciascuna regione della struttura magnetica sia a connessione semplice • ciascuna regione della struttura magnetica sia accessibile solo da due superfici ...si ottiene che ogni regione così definita, che prende il nome di “bipolo magnetico”, è caratterizzata da due grandezze univocamente definite, dette “tensione magnetica” e “flusso magnetico”. Ad ogni struttura magnetica costituita da regioni di questo tipo è dunque possibile associare un circuito magnetico, sostituendo alle sue varie parti opportuni bipoli caratterizzati in tensione e flusso e inserendo opportunamente i generatori di forza magnetomotrice (che schematizzeranno dunque gli avvolgimenti percorsi da correnti che possono o meno circondare le regioni in questione). Univocità di definizione della tensione magnetica: “la tensione magnetica di una generica regione è univocamente definita quando sulle due superfici di accesso siano stati scelti due punti di riferimento” Dimostrazione: Data l’assenza sia di correnti di spostamento ∂D/∂t (per l’ipotesi di velocità di propagazione infinita dei fenomeni elettromagnetici) che di conduzione G (per l’ipotesi di conducibilità elettrica nulla), il campo H risulta conservativo (rotH = G+∂D/∂t = 0+0 = 0) all’interno di ogni regione. Da... 0 = b(∫) H×dl = ∫12 H×dl + ∫21 H×dl ...segue immediatamente che... U = ∫12 H×dl ...non dipende dalla linea scelta tra i punti 1 e 2. Univocità di definizione del flusso magnetico: “E’ possibile identificare la regione considerata con un tubo di flusso di B; il valore di tale flusso sarà univocamente definito e costante per ogni sezione della regione il cui piano secante intersechi la sola superficie laterale”. Dimostrazione: Parte I: “Il flusso di B in ingresso da una superficie di accesso è uguale a quello in uscita dall’altra superficie”. La superficie che delimita l’intera regione sarà infatti costituita dalle due basi (accessibili per ipotesi) e dalla superficie laterale (non accessibile) che le collega. Data l’irrotazionalità di B, risulta: 0 = S(∫) B×n dS ∀ S chiusa E nel nostro caso: 0 = S(∫) B×n dS = Φbase1B + Φbase2(B) + Φlaterale(B) Potendo ritenere (con buona approssimazione, date le ipotesi fatte) che sia... Φlaterale(B) = 0 ...risulta evidentemente che: Φbase1B = - Φbase2(B) = Φ Parte II: “Φ è lo stesso anche per ogni sezione della regione il cui piano secante intersechi la sola superficie laterale”. Per dimostrare questo è sufficiente ripetere il ragionamento, considerando come superficie chiusa quella formata da una delle due basi d’accesso, dalla superficie laterale e dalla sezione interessata.

Appunti 39

Pisi - Elettrotecnica componenti • Generatore di forza magnetomotrice: E’ chiaro il suo significato, anche grazie all’evidente parallelo col generatore di tensione dei circuiti elettrici (la f.m.m. “ic” è l’analogo della f.e.m. “E”). Data, inoltre, la possibilità di rappresentare i circuiti magnetici tramite il simbolismo già visto per i circuiti elettrici, immagino che la relazione costitutiva di tale generatore sarà data da: U = ic = N i dove: .i = corrente che circola nell’avvolgimento che circonda il bipolo magnetico dato .N = numero di spire dell’avvolgimento • Regione resistiva: E’ una regione avente conducibilità elettrica nulla e permeabilità µ tale che il legame tra B ed H risulti lineare. La sua relazione costitutiva (analoga della legge di Ohm per le resistenze elettriche) risulta data dalla legge di Hopkinson: dove: .σ è la generica sezione vista per l’univocità di Φ U = ∫12 H×dl = ∫12 B/µ×dl = .R = ∫12 dl/µσ è detta “riluttanza magnetica” = ∫12 Bσ/µσ×dl = Φ(B) ∫12 dl/µσ = Φ R Ovvero, in breve: U = RΦ - Supponendo di avere una regione lineare cilindrica di altezza b e base S (quindi tale che la sua generica sezione σ normale all’asse sarà parallela ed equiestesa ad S), che in essa sia B // asse e B=costante ∀P∈σ, si può porre: Φ = Bσ = µHσ R = ∫12 dl/µσ = b/µσ Da cui: U = bH

- Un’eccezione alla ipotesi di poter considerare praticamente nulla la permeabilità magnetica della regione esterna alla struttura magnetica è rappresentata dai cosiddetti traferri. Sono essi tratti di materiale non ferromagnetico (generalmente aria) interposti tra due tratti contigui di materiale ferromagnetico e aventi spessore δ inferiore di molti ordini di grandezza alla lunghezza b del circuito ferromagnetico. In tali condizioni sono presenti valori molto alti, ma non infiniti, di riluttanza R0 nel traferro (in tal modo si possono chiudere i tubi di flusso di Φ) e non è più possibile, dunque, considerare µ0 ≈ 0. Risulta, infatti: _ dove: .δ = spessore del traferro << √S << b R0 = δ / µ0S >> 0 .S = area della sua sezione Se in un circuito magnetico è presente un traferro, la riluttanza di questo è predominante rispetto alle riluttanze delle parti costituite da materiale ferromagnetico.

Appunti 40

Pisi - Elettrotecnica • Induttore elettrico e forza magnetomotrice: Data la situazione rappresentata in figura,... .gli eventuali tubi di flusso Φ di B si chiuderanno all’interno della regione magnetica, in quanto al di fuori di essa è µ=0. .la corrente i che percorre l’avvolgimento sostiene l’induzione magnetica H e quindi il flusso di B=µH concatenato alle spire dell’avvolgimento stesso, risultando ΦC = NΦ (prendiamo, per semplicità, i versi di Φ e ΦC concordi con la normale delle superfici racchiuse dalle spire, il cui verso è ricavato in base alla regola del cavaturaccioli, dal verso di i). .se il flusso di B non è costante nel tempo, esso induce sulla bobina una forza contro-elettromotrice di valore e = dΦC/dt = N dΦ/dt - Nel circuito magnetico, la presenza della forza magnetomotrice causata da i può essere modellizzata come un generatore di f.m.m. pilotato in corrente elettrica; il valore di questo si ricava dalla ( ) b ∫ H×dl = ic ed è dunque pari a ic = Ni. Segue l’equazione di Kirchhoff delle tensioni magentiche (EKTM): Ni = RΦ Da cui è immediato ricavare l’espressione del flusso Φ: Φ = Ni/R - Nel circuito elettrico, la forza contro-elettromotrice causata dal variare di ΦC nel tempo può essere modellizzata come un generatore di tensione pilotato in modo non lineare dallo stesso flusso concatenato; il suo valore sarà e = dΦC/dt, da cui si ricava l’EKT: eg - e = Ri eg = Ri + e = Ri + dΦC/dt Svolgendo la dipendenza di ΦC dalla corrente i e introducendo il coefficiente di autoinduzione L (che viene appunto ricavato proprio in questo modo)... e = dΦC/dt = N dΦ/dt = N d(Ni/R)/dt = (N2/R) di/dt = L di/dt si ottiene la già ben nota EKT: eg = Ri + Ldi/dt • Induttori elettrici mutuamente accoppiati: Il loro accoppiamento è realizzato tramite una struttura magnetica del tipo in figura, dove: .gli eventuali tubi di flusso Φ di B si chiuderanno all’interno della regione magnetica, in quanto al di fuori di essa è µ=0. .le correnti i1 e i2 che percorrono gli avvolgimenti sostengono l’induzione magnetica H e quindi i flussi di B=µH concatenati alle spire degli avvolgimenti, risultando ΦC1 = ±N1Φ, ΦC2 = ±N2Φ (i segni dei vari ΦC vanno presi a seconda che le normali delle spire degli avvolgimenti 1 e 2, il cui verso è dato dalle correnti i1 e i2, siano concordi o meno con il verso di Φ. Relativamente alla figura, si avrà: ΦC1 = +N1Φ, ΦC2 = -N2Φ). .se i flussi concatenati di B non sono costanti nel tempo, indurranno sulle relative bobine delle forze contro-elettromotrici di valore ei = dΦCi/dt - Nel circuito magnetico risulteranno dunque essere presenti due generatori di f.m.m. pilotati in corrente N1i1 ed N2i2; segue la EKTM: N1i1 -N2i2 = RΦ E’ immediato ricavare l’espressione del flusso Φ: Φ = (N1i1 -N2i2)/R Analogamente a quanto fatto sopra, svolgendo la dipendenza dei ΦC1 e ΦC2 dalle correnti i1 e i2 si introducono (e ricavano) i coefficienti di auto e mutua induzione L1, L2 e M: ΦC1 = N1 Φ = N1 (N1i1 -N2i2)/R = (N12/R)i1 - (N1N2/R)i2 = L1i1 - Mi2 ΦC2 = -N2 Φ = -N2 (N1i1 -N2i2)/R = (N22/R)i2 - (N1N2/R)i1 = L2i2 - Mi1

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Pisi - Elettrotecnica assorbimento di energia e tipo di legame U-Φ Φ Senza fare ipotesi sulla linearità della struttura magnetica considerata (quindi senza sfruttare né il Th.Hopkinson né il concetto di riluttanza) è possibile, dato un circuito del tipo in figura, calcolare l’energia da essa assorbita attraverso i morsetti A e B durante l’intervallo di tempo [t1,t2]. Tale energia sarà infatti pari a quella erogata dal generatore di corrente i(t), ed essendo e(t) = dΦC/dt = NdΦ/dt, sarà dunque esprimibile come: E12 = ∫t1t2 e(t)i(t) dt = ∫t1t2 (NdΦ/dt)i(t) dt = ∫Φ(t=1)Φ(t=2) Ni dΦ = ∫Φ1Φ2 UdΦ Detta energia corrisponde, graficamente, all’area sottesa dalla curva che fornisce lo stato del circuito nel piano ΦU. A seconda del tipo di legame che intercorre tra Φ ed U si ha una diversificazione dei comportamenti energetici della struttura considerata, soprattutto per quanto riguarda la sua capacità di restituire o meno l’energia assorbita. Distinguiamo a questo proposito i seguenti 2 casi... „Relazione tra Φ ed U di tipo lineare: Risulta essere B=µH con µ=cost; valendo il teorema di Hopkinson si avrà dunque: Ni = U = RΦ da cui, sostituendo nell’espressione dell’energia: E12 = ∫Φ1Φ2 (RΦ)dΦ = differenziale esatto ∫Φ1Φ2 d(½RΦ2) = [½RΦ2]Φ1Φ2 che volendo, posso riscrivere come: [½RΦ2]Φ1Φ2 = [½R2Φ2/R]Φ1Φ2 = [½N2i2/R]i1i2 = [½Li2]i1i2 E’ immediato constatare che, invertendo gli estremi di integrazione si ottiene un’energia non assorbita, ma restituita: gli induttori lineari scambiano solo energia: non la bruciano!!! „Relazione tra Φ ed U di tipo isteresi (simmetrico): La dipendenza di Φ da U (e quindi da i, essendo U=Ni) risulta non lineare, ma tale che:

.partendo da un’istante iniziale in cui il materiale sia smagnetizzato (B=H=0, Φ=U=0), al crescere di i, Φ aumenta in modo lineare fino a un punto detto “ginocchio di saturazione”. .Oltre tale punto Φ non cresce più in modo direttamente proporzionale a U, quindi a i, ma giunge, anzi, ad un valore massimo detto “di saturazione”. .Diminuendo il valore di i (finanche a valori negativi) i valori di Φ decrescono ma disegnando un percorso diverso da quello finora seguito; si giunge a un valore minimo, simmetrico di quello massimo di saturazione. .Incrementando di nuovo i (a cui può dunque essere ad esempio assegnato un andamento sinusoidale) Φ cresce di nuovo fino al suo valore massimo già incontrato, percorrendo un cammino simmetrico a quello tracciato in precedenza. .Il ciclo si ripete, senza passare più per l’origine.

Poiché il verso di percorrenza dei vari tratti è fissato, invertendo gli estremi di integrazione (che è poi quanto fatto appena sopra, nella descrizione del ciclo) si ottiene solo di percorrerne alternativamente uno dei due lati. L’energia assorbita, anche in questo caso rappresentata dall’area sottesa alla curva (e quindi dall’area interna all’intero laccio, per un ciclo intero, v. pag. dopo) non viene mai restituita!!!

Appunti 42

Pisi - Elettrotecnica PARTI 18 e 19 MACCHINE ELETTRICHE Le macchine elettriche in seguito illustrate sono schematizzabili come l’insieme di due avvolgimenti magneticamente accoppiati. Tale accoppiamento viene realizzato avvolgendo le due bobine attorno a una stessa struttura magnetica, generalmente realizzata in ferro (o comunque in materiale ferromagnetico, ma sempre considerando un funzionamento lineare, sotto al “ginocchio di saturazione”). La scelta del ferro si giustifica a causa del basso valore di riluttanza Rfe di quest’ultimo (o, equivalentemente, della sua alta permeabilità magnetica µfe): in tal modo si ottiene un elevato valore del flusso Φ dell’induzione magnetica B senza che le correnti negli avvolgimenti debbano assumere valori troppo elevati. Dalla legge di Hopkinson segue infatti che, preso un normale avvolgimento come quello in figura: Ni=RΦ A parità di numero di spire N e di corrente i che le attraversa, il flusso Φ ottenuto sarà tanto maggiore quanto più piccola è la riluttanza R considerata.

perdite del ferro Si tratta di dissipazioni di energia, introdotte dalla struttura magnetica con esso realizzata, essenzialmente di due tipi:

„Perdite per isteresi: Considerando, graficamente, le energie assorbite durante l’ “andata” e il “ritorno” di un ciclo di isteresi (vedi figura a lato), è facile constatare come l’energia in totale assorbita corrisponda all’area sottesa in un periodo. Si tratta, come visto, di un’energia che non è possibile restituire invertendo i valori di i (come fatto nel caso lineare); col procedere sinusoidale di i non viene dunque scambiata con l’esterno, ma anzi, ne viene consumata altrettanta ad ogni ciclo: in condizioni di non linearità, la struttura magnetica contenuta nell’avvolgimento dissipa energia!!!

(Anche in presenza di materiali ferromagnetici non lineari è tuttavia possibile ottenere andamenti abbastanza lineari: occorre soltanto considerare valori di i non troppo alti, cioè tali che Φ rimanga al di sotto del ginocchio di saturazione).

Il valore dell’energia dissipata ad ogni ciclo dipende, come è evidente, dal valore massimo Bmax assunto dall’induzione magnetica B (o, analogamente dal valore massimo Φmax assunto dal suo flusso Φ). A valori massimi maggiori corrisponderanno infatti aree di maggiori dimensioni racchiuse dalla curva tracciata sul piano U,Φ.

„Perdite per correnti parassite: L’ipotesi semplificativa (volta a evitare che la struttura magnetica divenisse sede di fenomeni elettrici), a suo tempo fatta ponendo nulla la conducibilità del ferro (γfe=0), non è in realtà esatta. La pur modesta conducibilità del ferro lo rende sede di tubi di flusso di G (che si chiudono all’interno della struttura); tali flussi sono sostenuti da una forza contro-elettromotrice e = -dΦC/dt (indotta nel ferro stesso dal variare del flusso Φ in esso) e dissipano energia a causa della resistenza elettrica R che la struttura magnetica oppone al passaggio di cariche. Anche il valore di tali perdite dipende dal valore massimo Bmax assunto dall’induzione magnetica B = Bmaxcos(ωt): .Preso un generico tubo di flusso di G interno al ferro, esso racchiuderà una superficie S attraverso la quale si avrà un flusso concatenato: ΦC = SB = SBmaxcos(ωt) .La forza contro-elettromotrice indotta su tale tubo (pensabile in effetti come una specie di “circuito”) sarà dunque pari a: e(t) = -dΦC/dt = -SBmaxωsin(ωt) .La potenza dissipata sarà quindi: p(t) = Ri2 = R(e/R)2 = e2/R = -S2Bmax2ω2sin2(ωt)/R .E la potenza attiva non istantanea: P = 1/T∫0Tp(t)dt = S2Bmax2ω2/2R = P(Bmax) E’ possibile arginare le perdite per correnti parassite (a differenza di quelle per isteresi) prendendo nuclei in ferro non massicci, ma laminati (costituiti, cioè, da un insieme di lamierini isolati elettricamente l’uno dall’altro e disposti in modo da riprodurre la geometria voluta per la struttura); i “circuiti elettrici” dati dai tubi di flusso di G sono così costretti a chiudersi all’interno di ogni lamierino, ottenendo dunque che: .Calano le superfici S da essi racchiuse, quindi i flussi ΦC ad esse concatenati, quindi le forze contro-elettromotrici, che stanno, come visto, al numeratore dell’espressione della potenza: p = e2/R e→0→ 0 .Calando le possibili sezioni σ dei tubi di flusso di G, aumentano le resistenze elettriche R=l/εσ (offerte dal ferro al passaggio delle cariche in essi), che si trovano ai denominatori delle potenze dissipate: p = e2/R R→∞→ 0

Appunti 43

trasformatore monofase spazi

Un trasformatore trifase presenterebbe, invece, gli avvolgimenti primario e secondario costituiti non da una sola bobina, ma ciascuno da una terna di bobine collegate a stella o a triangolo.

E’ una macchina statica (schematizzabile come in figura) costituita essenzialmente da 2 avvolgimenti avvolti su di un nucleo laminato di materiale ferromagnetico (il cui comportamento sia supposto lineare, tramite un utilizzo al di sotto del ginocchio di saturazione ed altre approssimazioni). .Il primo di essi viene alimentato dall’esterno con una tensione v1 e prende il nome di “avvolgimento primario”; le grandezze elettriche i1 e v1 che lo descrivono sono prese .coordinate in modo che il loro prodotto p1 rappresenti la potenza assorbita dall’alimentazione esterna. .Il secondo, detto “avvolgimento secondario”, alimenta invece un carico C; le grandezze elettriche i2 e v2 che lo descrivono sono prese in modo che il loro prodotto p2 indichi la potenza fornita al carico (cioè quella da esso assorbita). Alimentando con un generatore di tensione sinusoidale v1 il primario, la corrente i1 che si instaura genera un flusso Φ dell’induzione magnetica B. Tale flusso, variando nel tempo, induce forze contro-elettromotrici in entrambi gli avvolgimenti; tali forze sono valutabili tramite i flussi concatenati. Facendo cadere l’approssimazione di permeabilità nulla dell’aria (µ0=0), non tutti i tubi di flusso di B si chiuderanno all’interno della struttura magnetica concatenandosi ad entrambi gli avvolgimenti; oltre al “flusso principale” Φ esisteranno, infatti, anche i “flussi di dispersione primario e secondario” ΦCd1 e ΦCd2, aventi tubi di flusso chiusi nell’aria e concatenati solo ad una delle due bobine (rispettivamente, la primaria e la secondaria; essendo chiusi in aria, tali flussi avranno andamento lineare nonostante la saturazione della struttura magnetica - Maria dixit). Il flusso totale concatenato a ogni singola bobina può essere perciò calcolato, supponendo un comportamento lineare anche per il flusso principale, come: dove: .Φ = (N i +N i )/R ΦC1 = N1Φ + ΦCd1 .Φ = l i .Φ = l i ΦC2 = N2Φ + ΦCd2 Sostituendo le espressioni dei vari flussi nel sistema descrivente il circuito elettrico dato... v1 - dΦC1/dt = R1i1 -v2 - dΦC2/dt = R2i2 ...si ottiene (in forma embrionale) il sistema matematico che rappresenta il funzionamento di un trasformatore monofase avente rappresentazione circuitale come quella in figura (anch’essa embrionale, perché di scarsa utilità): .L = N /R v1 = R1i1 + (L1 + ld1)di1/dt + M di2/dt .L = N /R .M = N N /R - v2 = R2i2 + (L2 + ld2)di2/dt + M di1/dt 11

Cd1

d1 1

Cd2

d2 2

22

{ {

1

1

2

2

1

2 2

2

Appunti 44

Pisi - Elettrotecnica E’ possibile ottenere una più semplice e utile rappresentazione circuitale del trasformatore esprimendo l’uno in funzione dell’altro, dato il loro evidente legame, i coefficienti di induzione... L1 = N12/R = L1 L2 = N22/R = L1(N2/N1)2 = L1/n2 M = N1N2/R = L1(N2/N1) = L1/n ...ed operando opportuni cambi di variabile per introdurre le cosiddette “grandezze di secondario riferite a primario” (dove il rapporto n = N1/N2 tra il numero di spire dell’avvolgimento primario e del secondario prende il nome di “rapporto di trasformazione”): v12 = v2(N1/N2) = v2 n i12 = i2(N2/N1) = i2 / n R12 = R2(N1/N2)2 = R2 n2 ld12 = ld2(N1/N2)2 = ld2 n2 Tali grandezze, introdotte nel sistema scritto in precedenza, portano alla descrizione di un nuovo sistema elettrico detto “rete equivalente del trasformatore”...

{ - vv

= R1i1 + (L1 + ld1)di1/dt + M di2/dt = R2i2 + (L2 + ld2)di2/dt + M di1/dt

1 2



{ {-v v 1

2

= R1i1 + (L1 + ld1)di1/dt + L1(N2/N1)di2/dt } (N1/N2) = { R2i2 + [L1(N2/N1)2 + ld2]di2/dt + L1(N2/N1)di1/dt } (N1/N2) ↓

{ - vv

1 12

= R1i1 + (L1 + ld1)di1/dt + L1di12/dt = (N1/N2)2R2(N2/N1)i2 + [L1(N2/N1) + ld2(N1/N2)]di2/dt + L1di1/dt ↓

{ - vv

1 12

= R1i1 + (L1 + ld1)di1/dt + L1di12/dt = R12i12 + [L1 + ld2(N1/N2)2](N2/N1)di2/dt + L1di1/dt ↓

{ - vv

1 12

= R1i1 + (L1 + ld1)di1/dt + L1di12/dt = R12i12 + (L1 + ld12)di12/dt + L1di1/dt

...avente rappresentazione circuitale del tipo:

Le EKT relative alle due maglie di tale circuito sono infatti: v1 = R1i1 + ld1di1/dt + L1d(i1+i12)/dt -v12 = R12i12 + ld12di12/dt + L1d(i1+i12)/dt dove: i1 + i12 = iµ

• Note le grandezze di secondario riferite a primario v12 e i12, sono note anche le grandezze di secondario v2 e i2. • La corrente iµ è detta “corrente magnetizzante” ed è nota se è noto il flusso Φ (e viceversa); risulta infatti: iµ = i1 + i12 = i1 + (N2/N1)i2 = (N1i1+N2i2)/N1 = RΦ/N1 • Tale corrente può essere vista come la corrente di primario che, in assenza di corrente nel secondario, sosterrebbe lo stesso flusso Φ nella struttura magnetica; dalla precedente equazione risulta infatti: RΦ = N1iµ = N1iµ + N2i2 • E’ immediato osservare che la potenza p12 valutata sulle grandezze di secondario riferite a primario è uguale alla potenza p2 realmente fornita al carico C: p12 = R12i122 = [R2 n2] [i2 / n2] = R2i22 = p2

Appunti 45

Pisi - Elettrotecnica Il circuito ottenuto non tiene, tuttavia, ancora conto delle perdite del ferro. Queste possono essere “simulate”, nella rappresentazione strutturale e circuitale del trasformatore, introducendo un terzo avvolgimento fittizio percorso da una corrente i3 e chiuso su un’opportuna resistenza R3 tale che la potenza ivi dissipata coincida con quella realmente dissipata nel ferro (si considerano trascurabili i flussi di dispersione ad esso corrispondenti - non si tratta infatti di un avvolgimento fisicamente presente, ma di un semplice barbatrucco costruito ad hoc). Dallo schema in figura si ottiene: v1 = R1i1 + dΦC1/dt = R1i1 + N1dΦ/dt + ld1di1/dt - v2 = R2i2 + dΦC2/dt = R2i2 + N2dΦ/dt + ld2di2/dt 0 = R3i3 + dΦC3/dt = R3i3 + N3dΦ/dt Dalla EKTM applicata alla struttura magnetica data si ha... RΦ = N1i1 + N2i2 + N3i3 ...che sostituita nel precedente sistema permette di ricavare i coefficienti di induzione... k=1,2,3 Lk = Nk2/R h,k=1,2,3 h≠k Mhk = NhNk/R ...da cui il sistema equivalente: v1 = R1i1 + (L1+ld1)di1/dt + M12di2/dt + M13di3/dt - v2 = R2i2 + (L2+ld2)di2/dt + M12di1/dt + M23di3/dt 0 = R3i3 + L3di3/dt + M13di1/dt + M23di2/dt Introdotte le già viste grandezze di secondario riferite a primario e posto che sia (detto m = N1/N3)... ia = -(N3/N1)i3 = - i3 / m R0 = (N1/N3)2R3 = R3 m2 ...sostituendo nel precedente sistema si ottengono le equazioni della rete equivalente del trasformatore che tiene conto anche delle perdite del ferro: v1 = R1i1 + (L1+ld1)di1/dt + L1di12/dt - L1dia/dt - v12 = R12i12 + (L1+ld12)di12/dt + L1di1/dt - L1dia/dt 0 = R0ia + L1dia/dt - L1di1/dt - L1di12/dt Tale rete ha la seguente rappresentazione circuitale:

{

{ {

• La corrente ia prende il nome di “corrente attiva”. • La corrente iµ = i1+i12-ia è ancora detta “corrente magnetizzante”

Appunti 46

Pisi - Elettrotecnica Rete equivalente del trasformatore (con perdite del ferro) in regime di funzionamento in corrente alternata: Siano, per ipotesi, il circuito magnetico lineare e l’avvolgimento primario alimentato con tensione sinusoidale v1 in pulsazione ω. Operando le trasformate di Steinmetz delle equazioni fin qui ottenute, si ha: v1 = R1i1 + (L1+ld1)di1/dt + L1di12/dt - L1dia/dt - v12 = R12i12 + (L1+ld12)di12/dt + L1di1/dt - L1dia/dt 0 = R0ia + L1dia/dt - L1di1/dt - L1di12/dt

{

↓ (Steinmetz)

{ • • • •

V1 = [R1 + j(X0+Xd1)] I1 + jX0 I12 - jX0 Ia - V12 = [R12 + j(X0+Xd12)] I12 + jX0 I1 - jX0 Ia 0 = [R0 + jX0] Ia - jX0 I1 - jX0 I12

X0 = ωL1 è detta “reattanza magnetizzante” Xd1 = ωld1 è detta “reattanza di dispersione primaria” Xd12 = ωld12 è detta “reattanza di dispersione di secondario riferita a primario” A regime (in particolare per f = ω/2π = 50 Hz) i valori delle resistenze R1 ed R12 e della reattanze di dispersione Xd1 e Xd12 sono qualche “percento” della impedenza del carico, la quale è a sua volta qualche “percento” di R0 e X0.

Riprendendo in mano il circuito con ancora le grandezze di secondario non riferite a primario e considerando la trasformata di Steinmetz del sistema che lega le correnti e il flusso Φ dell’induzione magnetica... + v1 - N1dΦ/dt = R1i1 + ld1di1/dt -v2 - N2dΦ/dt = R2i2 + ld2di2/dt 0 - N3dΦ/dt = R3i3 RΦ = N1i1 + N2i2 + N3i3

{

↓ (Steinmetz)

{

V1 - jωN1Φ• = (R1 + jωld1) I1 - V2 - jωN2Φ• = (R2 + jωld2) I2 + 0 - jωN3Φ• = R3 I3 RΦ• = N1I1 + N2I 2 + N3I 3

Nota: non disponendo di altro carattere, “Φ•” rappresenta il numero complesso “Φejα ” associato a Φ nell’insieme di pulsazione complessa s=jω) Φ

...si ottiene che, risultando molto piccoli i coefficienti di I1 e I2, è possibile approssimare che i valori delle tensioni di primario e secondario siano direttamente proporzionali al numero di spire che costituisce il relativo avvolgimento (ciò è valido, per quanto detto sopra, in particolare per il primario: fissato un certo N1, l’induzione magnetica sarà fortemente condizionata dal valore assunto da V1):

{ -VV

1 2

=≈ jωN1Φ• ≈≈ jωN2Φ•

Da cui, volendo, anche l’approssimazione:

Scopo di un trasformatore di potenza è infatti quello di passare da potenze alte a basse e viceversa Esempio: ponendo N2>>N1 si può ottenere V2>>V1 da cui p2 (∝V2) >> p1 (∝V1)

V1/V2 ≈ N1/N2

Appunti 47

Pisi - Elettrotecnica Funzionamenti particolari: Il funzionamento per cui un dispositivo (in questo caso il trasformatore) è stato progettato è detto “nominale”; tuttavia, per il trasformatore, hanno particolare interesse due tipi particolari di funzionamento, dai quali è possibile ricavare informazioni utili per gli altri tipi: „Funzionamento a vuoto: - La corrente secondaria è nulla (I12o=0 ⇒ I2o=0) - La corrente primaria è molto piccola rispetto al suo valore nominale (I1o=Iµ+Ia= somma di “percenti” della corrente nominale)

- Le perdite nel rame sono trascurabili

(R12 ignorata perché I12o=0; R1 ignorabile perché in serie con la più grande Z0=R0//jX0 e perché, inoltre, I1o è molto piccola)

- Se V1 = nominale, allora le perdite nel ferro coincidono con quelle riscontrabili nel funzionamento nominale

(Dati i punti precedenti, è qui particolarmente valida l’approssimazione V1 = jωN1Φ•; pertanto V1 nominale ⇒ Φ• nominale ⇒ perdite nominali)

- V1/V2 = N1/N2

(In quanto nel presente funzionamento risulta: V1 = V12 = V2 n = V2(N1/N2) )

„Funzionamento in cortocircuito: - La tensione secondaria è nulla (V12cc=0 ⇒ V2cc=0) - La tensione primaria è molto piccola rispetto al suo valore nominale (Essendo l’impedenza complessiva molto bassa, ciò è d’uopo per evitare alti valori di I1cc e funzionamenti pericolosi o dannosi per l’apparrecchio)

- Le perdite nel ferro sono trascurabili

(Anche se con minor precisione, si può anche qui approssimare V1=jωN1Φ•; ma V1cc è molto piccola!)

“Rete di Kapp”: R0//jX0 viene in pratica by-passata, essendo molto maggiore di R12+jX12

- Le perdite nel rame coincidono in pratica con quelle riscontrabili nel funzionamento nominale (Alimentando il primario con un’adeguata V1cc, si ottengono infatti praticamente le correnti nominali)

- I1/I2 = N2/N1

(Immediata conseguenza del fatto che I1cc = -I2cc = -I2 / n = -I2(N2/N1) )

Dato un trasformatore reale, servendosi di questi funzionamenti e dei valori di V1eff, I1eff, P (rilevati di volta in volta da opportuni strumenti di misura) è possibile ricavare i valori da assegnare ai componenti che compaiono nella rete che modellizza il trasformatore stesso. [Nota: i valori di seguito sono tutti moduli!!!]. Dal funzionamento a vuoto... .Resistenza R0: Po = Pdissipata dal ferro = R0Ia2 = R0(V1/R0)2 = V12/R0 .Reattanza magnetizzante X0: Po = V1I1ocos(ϕo) Qo = X0Iµ2 = X0(V1/X0)2 = V12/X0



R0 = V12/Po

⇒ ⇒

ϕo = acos(Po/V1I1o) X0 = V12/Qo = V12/Potg(ϕo)

Dal funzionamento in cortocircuito... (è possibile calcolare solamente il valore complessivo delle impedenze di primario e di secondario riferito a primario, cioè i valori RT=R1+R12, XT=Xd1+Xd12; l’esperienza mostra, però, che è possibile ottenere una buona modellizzazione semplicemente assegnando ad ognuno dei due avvolgimenti la metà del valore totale trovato)

.Resistenza totale RT: Pcc = V1ccI1cccos(ϕcc) RT = ZTcos(ϕcc) = (V1cc/I1cc)(Pcc/V1ccI1cc) .Induttanza di dispersione totale Xdt: .XdT = √ ZT2 - RT2

⇒ ⇒ ⇒

cos(ϕcc) = Pcc/V1ccI1cc RT = Pcc/I1cc2 ________ XdT = √ ZT2 - RT2

Appunti 48

Pisi - Elettrotecnica Trasformatori di misura: Una applicazione pratica di un trasformatore, sempre facendo ricorso ai due suddetti particolari tipi di funzionamento, riguarda la misurazione di correnti e tensioni talmente elevate da non poter essere direttamente misurate dai normali voltmetri e amperometri. „Trasformatore voltmetrico: Il suo primario è alimentato con la tensione V1 che si vuole misurare, mentre il secondario è chiuso su di un volt-metro. Poiché, come noto, l’impedenza del voltmetro è molto elevata, il funzionamento del trasformatore può essere approssimato a un funzionamento a vuoto, nel quale risulta V1/V2 = N1/N2. Il voltmetro fornisce il valore di V2 dal quale, noto il rapporto di trasformazione N1/N2, si risale alla tensione V1. A causa delle limitazioni dovute al voltmetro, la tensione V2 deve però essere mantenuta sufficientemente bassa; questo risultato è ottenuto facendo sì che, per caratteristiche costruttive, risulti N2<
Rendimento di un trasformatore: Analogamente a quanto visto in precedenza, si definisce rendimento del trasformatore il rapporto tra la potenza attiva non istantanea P2 fornita al carico dal suo secondario e la potenza attiva non istantanea P1 assorbita dal suo primario: η ≡ P 2 / P1 Essendo il valore del rendimento di un trasformatore molto vicino a uno, un piccolo errore nella misurazione di P1 o P2 può portare anche a notevoli errori (del tipo rendimenti η>1 !!!). Si preferisce pertanto ricorrere ad una definizione convenzionale di rendimento, quale quella data dalla relazione: dove .P2 rappresenta la potenza fornita la carico η ≡ P2 / ( P2 + PFe + PCu ) .PFe rappresenta la potenza dissipata a causa delle perdite del ferro .PCu rappresenta la potenza dissipata a causa delle perdite del rame

In tal modo, la misura del rendimento è dunque ricondotta alla misura delle perdite del ferro e del ramo (mentre il valore di P2 è quanto si legge sulla targa del trasformatore stesso). Tali perdite vengono desunte misurando, tramite un wattmetro, la potenza assorbita dal trasformatore nei funzionamenti... Passorbita (e misurata dal wattmetro) = PFe .a vuoto + V1 nominale ⇒ .in cortocircuito + V1cc t.c. correnti nominali⇒ Passorbita (e misurata dal wattmetro) = PCu

Appunti 49

Pisi - Elettrotecnica macchine a corrente continua A differenza che nel trasformatore, in una macchina a corrente continua vi sono parti in movimento; in essa avviene dunque una trasformazione di energia meccanica in elettromagnetica (funzionamento da generatore) o viceversa (funzionamento da motore). La struttura di una tale macchina è rappresentabile tramite la sezione riprodotta in figura. • Il cilindro esterno, detto “statore” in quanto fisso, è cavo e la sua superficie interna presenta due espansioni (o “poli” sud e nord) attorno ai quali sono presenti due avvolgimenti in qui circola una stessa corrente continua I1. Detta corrente provoca dunque un flusso Φ all’interno di tali avvolgimenti e quindi delle espansioni. • L’anello interno, detto “rotore” in quanto mobile, ha la possibilità di ruotare (sia ωr la sua velocità angolare). L’avvolgimento che lo circonda presenta un altissimo numero di spire, tutte disposte in modo perfettamente simmetrico rispetto al centro (data una qls spira, ne esisterà anche una opposta ad essa). In esse può circolare una corrente I2. • Le due (o anche più, purché sempre a coppie) “spazzole” A e B, dotate ognuna di un morsetto di accesso, sono corpi conduttori (es: grafite) che garantiscono un contatto elettrico al passaggio della generica spira dell’avvolgimento di rotore. Tra di essi è presente (raccolta dalle spire di rotore, o imposta ad esse dalle spazzole stesse) una tensione E. Essendo B un campo ovunque solenoidale (divB=0), i suoi tubi di flusso che attraversano gli avvolgimenti statorici saranno poi catturati (a meno delle linee di dispersione, qui trascurate) dall’anello interno e si chiuderanno come illustrato in figura. Data la perfetta simmetria dell’intera struttura rispetto all’asse orizzontale e verticale, è lecito porre che il flusso Φ che, in totale, attraversa ogni avvolgimento statorico si equiripartisca come Φ/2 e Φ/2 tra il tubo superiore e quello inferiore. A causa del passaggio di Φ nell’anello interno, sugli avvolgimenti di rotore vi potranno essere f.e.m. indotte dalle sue variazioni. Pur essendo Φ costante (essendo continua la corrente I1 che lo genera), per valutare i flussi concatenati alle spire occorre tuttavia tenere conto del fatto che, a causa della rotazione ωr, una stessa spira si troverà ad occupare successivamente le posizioni A, B, C, D in figura. Fissata la normale n, il flusso concatenato sarà di volta in volta pari a... ΦCA = Φ/2 ΦCC = - Φ/2 ΦCB = 0 ΦCD = 0 ...assumendo con continuità tutti i valori intermedi (si potrebbe pensare ad un andamento sinusoidale, ma a causa della saturazione del ferro si possono avvertire gli effetti dovuti anche ad una terza armonica). Variando il flusso concatenato a ogni spira di rotore, su ognuna di esse sarà indotta una forza contro-elettromotrice pari a e = - dΦ /dt. Ciononostante, data la simmetria dell’avvolgimento rotorico, l’insieme delle coppie di spire opposte presenterà flussi concatenati e f.e.m. uguali e opposte, quindi in totale nulle. C

In mancanza delle spazzole A e B, la situazione creatasi non porterebbe a nulla. Tali spazzole, invece, essendo istante per istante in contatto elettrico con le spire di rotore, raccolgono una tensione E equivalente alla somma delle forze contro-elettromotrici presenti su una delle due metà dell’avvolgimento rotorico. Tale tensione può essere espressa come: .il ± dipende dalla positività degli avvolgimenti (le spire di rotore potrebbero infatti venire percorse da una corrente che generi una normale opposta a quella assegnata per trovare Φ ) E = ± k’ Φ ωr dove: C

.k’ è una “costante di macchina” che tiene conto di π, N, etc...

Nell’avvolgimento rotorico si genererà allora un’adeguata corrente di rotore I2, la quale sosterrà un ulteriore flusso di B che andrà a sovrapporsi (anche se non vi è, a rigore, linearità) a quello principale Φ entrante/uscente dai poli, senza tuttavia alterarlo complessivamente a causa della simmetria costruttiva della macchina (eventuali apporti a Φ/2 nella metà superiore vengono bilanciati da pari smorzamenti di Φ/2 in quella inferiore, o viceversa). Il flusso totale Φ risulta quindi essere in pratica sostenuto dalla sola corrente di statore I1, permettendo così di scrivere: RΦ = N1I1 Schematizzazione circuitale: Da cui l’espressione di E come: .k tiene ora conto anche di R e N1. E = ± k I1 ωr dove: Analogamente a quanto già visto a proposito degli avvolgimenti mobili, tra l’avvolgimento di statore e quello di rotore esisterà infine una coppia C, di segno sempre opposto a E, la cui espressione sarà data, come noto, da: C = - ± k I1 I 2 A seconda che tale coppia C sia concorde o meno alla velocità angolare ωr, si avrà, rispettivamente un “motore” (cioè l’omonimo funzionamento) o una “dinamo” (cioè un funzionamento da generatore).

Appunti 50

Pisi - Elettrotecnica Esempio di funzionamento da motore: Dato un circuito come quello in figura (in cui, dunque, l’avvolgimento di statore sia collegato in parallelo alla corrente di rotore), chiudendo il tasto T1 in figura si dà origine a un transitorio elettrico e a un transitorio meccanico. Si raccolgono dunque delle correnti i1 e i2 entrambe diverse da zero, da cui una coppia meccanica C = k i1i2 ≠0. Il carico collegato all’albero offrirà, invece, una coppia resistente Cr (eventualmente data soltanto dall’attrito se nessun carico è agganciato) che supponiamo essere minore della coppia C (anche perché, altrimenti, non si muove nulla, anzi...): Cr < C. La coppia C, presente tra l’avvolgimento di statore e quello di rotore, prevale e mette in moto l’avvolgimento di rotore con velocità angolare ωr ≠ 0. Le spazzole raccolgono dunque una tensione E non nulla, ma pari a: E = k i1ωr. Tale tensione opererà come una forza contro-elettromotrice sulla corrente di rotore i2, la quale dunque decresce; conseguentemente, anche la coppia C verrà decrementata fino ad eguagliare il valore di Cr. Ricordando che “(coppia totale C-Cr)=(momento d’inerzia J)(variazione della velocità angolare dωr/dt)”, il processo sopra descritto può essere seguito tramite le equazioni... v = R1i1 + L1di1/dt v = k ωri1 + R2i2 + L2di2/dt dωr/dt = 1/J(C-Cr) = 1/J(k i1i2-Cr) ...che costituiscono, come è evidente, un sistema di 3 equazioni differenziali non lineari (data la presenza dei termini in ωri1 e i1i2) a coefficienti costanti nelle 3 variabili i1 i2 e ωr.

{

A regime, la coppia C uguaglia in modulo la coppia resistente Cr. Ragionando, ma anche semplicemente guardando la terza equazione del precedente sistema, si vede che questo comporta che la velocità angolare ωr rimanga costante (dωr/dt=0). La tensione v è costante per ipotesi (dovendo produrre una corrente i1 che sia continua) e stabilizzandosi C diverrà dunque costante anche la corrente i2 (essendo C=ki1i2). In tali condizioni, il sistema matematico descrivente il circuito si semplifica notevolmente, risultando: v = R1i1 v = k ωri1 + R2i2 dωr/dt = 0

{

L’angolo di SPICE: La terza equazione dei sistemi precedenti esprime una relazione meccanica; una possibile interpretazione circuitale della stessa (ad esempio per introdurre le relative grandezze in un programma quale SPICE) potrebbe essere quella riportata in figura (dove si è supposto che il carico agganciato all’albero sia nullo). Possibili valori per i componenti presenti potrebbero essere, ad esempio: R1 = 200 Ω << R2 = 0,75 Ω << L2 = 10 mH L1 = 10 H V = 120 V J = 1,7 Kgm NOTA: un generatore pilotato è descritto, k = 1,3333... in SPICE, da qualcosa del tipo:_ Dati questi valori, e avendo assunto che sia Cr = 0, a regime si avrà: +3°P°P32/<boh?) Ma non ce l’ha un help in linea ‘sto programma? .una coppia motrice C = k i1i2 = 0 .una corrente di rotore i2 = 0 Altri valori a regime (ma non ho capito il perché, né ho avuto la voglia di provare a farlo...) sono: .E = 120 .ωr = 150giri/min

Appunti 51

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