...in DIALOGO periodico della Diocesi di Nicosia
Il primo abbraccio con la Chiesa di Nicosia di Carmelo Petrone
EDITORIALE
Abbracciati alla speranza
Intervista al XIV vescovo
Mons. Muratore: Pastore, Padre e Amico
di Nicosia 3
di Carrubba - Roccaro
Febbraio 2009
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di Nicola Costa
Mons. Salvatore Muratore, Vescovo eletto di Nicosia, subito dopo la sua nomina, ha inviato alla comunità diocesana il seguente messaggio
di Pippo Castiglione
C
onfessiamo serenamente che siamo stati fortemente toccati dal messaggio che il nostro nuovo Pastore, S.E. Mons. Salvatore Muratore, ci ha rivolti proprio nel giorno in cui veniva resa pubblica la sua nomina a Vescovo della nostra Diocesi di Nicosia. Sì! Lo confessiamo con candore, ben consapevoli del rischio che si corre quando i sentimenti diventano parole: le note espresse in quelle prime righe rivolte alla gente della ‘sua’ Chiesa - hanno innestato nei fedeli, nei presbiteri, nei diaconi, nei religiosi e nelle religiose un clima di simpatia umana, di attesa fiduciosa e di volontà di collaborazione con lui. Sentimenti sicuramente che sono anche nostri e che ci piace condividere e far giungere a chi ci ha chiesto di “ fargli posto nel nostro cuore ” e ci ha rassicurati nel dirci che noi già “ lo abbiamo nel suo ”. Non abbiamo a disposizione lo speciale codice linguistico degli esperti in teologia ed ecclesiologia, qualcuno per questo ci vorrà scusare, ma crediamo che l’occasione ci faciliti il compito di parlare anche della nostra Chiesa di oggi, quella che vive nel mondo grande e quella che vive nel mondo piccolo delle nostre Comunità cittadine e nelle contrade del nostro territorio; di quella Chiesa che cammina e avanza respirando le stesse vicende e le stesse tempeste del mondo; di quella Chiesa che, a fronte di questo mondo che si muove a ritmo sempre più veloce, prova paura e apprensione, perplessità mista a fascino, compassione e ritrosia. “Tempo formidabile, il nostro”, aveva già detto Paolo VI; e l’aggettivo era da intendersi nel suo pieno significato letterario ed etimologico. Questa Chiesa, dunque, che avanza portandosi nel cuore le gioie e le speranze, gli eroismi e le viltà degli uomini di oggi, ci appartiene e in essa e di essa noi viviamo e respiriamo. E ci pare di poter leggere nel suo volto, come un velo di pacata malinconia e un passaggio di pensieri inesprimibili: una chiesa che è felice di portare nel cuore per tutti il messaggio liberatore di Gesù, ma che avverte distintamente tutta la propria piccolezza e fragilità, come di chi è costretto a trasportare un inestimabile tesoro in modesti e insicuri vasi di terracotta. Una Chiesa che sente nell’animo come una invincibile struggente insoddisfazione:quella che appartiene all’esperienza dei Santi, i quali avvertono con lucidità l’enorme sproporzione che passa tra la debolezza delle proprie forze e il mandato che Dio affida loro. Una insoddisfazione, c’è da aggiungere, provvidenziale, che tronca dal nascere ogni velleità di trionfalismo e che tuttavia non affievolisce né il fervore né l’audacia ma che, anzi, li rilancia. Una Chiesa santamente insoddisfatta delle proprie realizzazioni, e ciò non per orgogliosa ricerca di perfettismo, ma solo perché essa sente di dover portare ogni giorno il peso e la gloria di misurarsi con la luce abbagliante e terribile della Croce di Cristo. Una Chiesa, la quale, pur immersa nelle acque del grande fiume umano sovraccarico di chiasso e di noia, cerca dispera-
i di Nicosia fratelli della dioces Carissimi amici e ne, con gli ro tanta trepidazio nt de rto po i m e r la prima volta Mi rivolgo a voi pe a benevofiducia nella vostr la n co e ti en om m tivi dei primi ore; voi inevitabili interroga i posto nel vostro cu tem fa te en m ice pl m ore. Vi dico se lenza e nel vostro am . già lo avete nel mio a a vostro municata la nomin co ta sta è i m i cu l momento in In questi giorni, da etro rivolente, quella che Pi m la al te en qu fre mi è tornata di Vescovo, una frase o né oro Bella: “Non possied tta de o pi tem l de presso la porta se all’uomo storpio di offrirla emi di farla mia e tit en ns Co .” … do ello che ho te lo né argento, ma qu cuore per e ho ve lo do: ho un ch o ell qu a m o, nt o né oro né arge a voi: Non possied stro, nel o Gesù, Signore no ist Cr in e fed di a ccola fiammell amarvi e la mia pi
sieme la sua salvezza. iamo raccontare in c’è ss e po ta hé vi rc c’è pe i e m vo a no da cui Il Signore mi man oggi vi appartiene. da , no eg ns co lo di bellezza. Il mio cuore ve amata, splendente a ies Ch a su la re di esse za; cresceremo ore e ci sforzeremo ucia e con speran fid am o n su co il e, e m za sie ez in er o ten n voi: camminerem e per cogliere i e la condividerò co fed di a ell m m o insieme l’orizzont fia em ter ola cc ru pi sc ia a; m rz fo La a noi e sarà la nostr il Signore sarà con e ch a zz ole ev ap ns insieme con la co la nostra terra. Il Signore ha cora albe nuove al an re na eg ns , bella e variegata. co ca r pe ric e o o in Di ag m di i im al e segn non conosco, ma ch ancora strade, a storia, che ancora str vo lla de o ss irito, inventeremo flu Sp l llo ne de go a er rz m fo im la i e M za sieme e, con la poten mpre nuove del i, cammineremo in vo n co ’io ch figli le impronte se an i str sia no ci i e de ch e to lu ra vo ore della nostra ter o a lasciare nel cu em er ov pr si, or rc individueremo pe na con gioia” hé “Dio ama chi do rc pe , ne io . un elo m co ng a Va il sigillo della nostr il nostro legame e rà sa a oi gi n co L’amore donato cammino. diligit Deus). minosa del nostro lu lla (Hilarem datorem ste la sia a, e Madre della Chies volentieri le gioie ima, Madre nostra quali condividerò i n co i on ac di ai La Vergine Santiss ie rissimo ai presbiter dei valori e della abbraccio particola n U . to fet af della trasmissione n co hi og lu , lie ig m fa Vi saluto tutti alle nedizione speciale lizzazione. Una be ge . an ev a ov nu a giovani generazioni e le fatiche di un le e spirituale delle cia so a, an um a crescit cindibile per ogni fede e snodo impres un fratello. Vi r tutti un amico e Desidero essere pe
voglio bene. re Vostro Don Salvato Agrigento 22.01.09
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2 Febbraio 2009
Simbologie
Cenni biografici S.E. mons. Salvatore Muratore è nato il 28 dicembre 1946 a Campobello di Licata, in provincia ed Arcidiocesi di Agrigento. Compiuti gli studi ginnasiali presso il Seminario minore di Favara, ha frequentato la filosofia e la teologia nel Seminario maggiore di Agrigento, completando il corso di studi alla Pontificia Facoltà di Posillipo (Napoli). È stato ordinato sacerdote a Roma da Sua Santità Paolo VI il 17 maggio 1970. Nel 1971 ha conseguito la licenza in teologia Pastorale presso l’Ignatianum di Messina. Ha svolto sempre il ministero nell’Arcidiocesi di Agrigento, dove è incardinato. Nel 1976 ha conseguito la laurea in Pedagogia presso la Facoltà di Magistero dell’Università di Palermo. Ha svolto i seguenti ministeri: - Dal 1971 al 1979 vicario parrocchiale della Parrocchia Beata Vergina Maria di Fatima in Agrigento; - dal 1971 al 1999 insegnate di religione presso il Liceo scientifico “Leonardo”; - dal 1978 al 1980 insegnante presso il Ginnasio – Magistrale del Seminario vescovile di Agrigento; - dal 1980 al 2001 parroco della Parrocchia Beata Vergine Maria del Carmelo in Agrigento; - dal 1981 consulente provinciale Coltivatori diretti; - dal 1984 al 1986 docente di Pedagogia presso il seminario vescovile di Agrigento; - dal 1990 al 1998 Vicario Foraneo e Vicario Episcopale per la Vita consacrata e per la ministerialità dei presbiteri; - dal 2001 Cappellano dell’Istituto “Figlie di Maria Ausiliatrice”; - dal 1998 è Vicario generale dell’Arcidiocesi di Agrigento e membro del Collegio dei consultori; responsabile del servizio diocesano per il catecumenato; responsabile del servizio diocesano per la formazione permanente dei diaconi. Il 22 Gennaio 2009, il Santo Padre Benedetto XVI lo ha nominato
Vescovo
di
Nicosia.
continua da pag. 1
Il vescovo “incisore di sicomori” di Vincenzo Grienti
L
a Chiesa particolare di Nicosia è in festa. E’ gioiosa perché c’è una nuova guida, un nuovo pastore per la comunità dei fedeli. E’ una grazia avere monsignor Salvatore Muratore. Il popolo di Dio esulta e si rivolge al Signore con gratitudine perché un Pastore è sì il successore degli apostoli, ma anche un “incisore di sicomori”. Basilio il Grande (+ 379) nel confronto con la cultura greca del suo tempo si vide posto davanti ad un compito assai simile a quello che ogni cristiano, guidato dal proprio vescovo, dovrebbe portare avanti. Basilio si riallaccia all’autopresentazione del profeta Amos, il quale diceva di sé: “Pastore sono e coltivatore di sicomori” (7,14). La traduzione greca del libro del profeta, la LXX, rende in modo più chiaro nel seguente modo l’ultima espressione: “Io ero uno, che taglia i sicomori”. La traduzione si fonda sul fatto che i frutti del sicomoro devono essere incisi prima del raccolto, poi maturano entro pochi giorni. Basilio presuppone nel suo commentario ad Is. 9, 10 questa prassi, infatti egli scrive: “Il sicomoro è un albero, che produce moltissimi frutti. Ma non hanno alcun sapore, se non li si incide accuratamente e non si lascia fuoriuscire il loro succo, cosicché divengano gradevoli al gusto. Per questo motivo, noi riteniamo, (il sicomoro) è un simbolo per l’insieme dei popoli pagani: esso forma una gran quantità, ma è allo stesso tempo insipido. Ciò deriva dalla vita secondo le abitudini pagane. Quando si riesce a inciderla con il Logos, si trasforma, diviene gustosa e utilizzabile”. Il rapporto della Parola che non tramonta con la cultura pagana del tempo di Basilio e il neopaganesimo attuale, che anche nella società di oggi pervasa dai
mass media trova espressione e alimento. Ed è su tale riferimento sapiente e profondo che si innestano queste riflessioni, dove il piccolo passo in avanti che ogni vescovo si trova a fare giorno per giorno nella Chiesa particolare. Il giorno della nomina del Papa di monsignor Muratore il pensiero è andato a San Gregorio, che riferendosi al vescovo scrive: “Colui al quale è affidata la cura degli altri è chiamato sentinella… per scorgere da lontano qualunque cosa stia per accadere… per poter essere utile colla sua preveggenza”. E’ vero che episcopus può avere anche il significato di “controllore”, ma non è questo il caso della diocesi di Nicosia che per tradizione ha avuto una guida, un Pastore per il popolo di Dio e un padre per il clero diocesano. Giovanni Paolo II nell’Esortazione Apostolica Pastores Gregis descrive il vescovo come “Ministro del Vangelo per la speranza del mondo”(5). E la Chiesa particolare di Nicosia lo seguirà con coraggio. Sarà il successore degli apostoli, col suo magistero e la sua viva testimonianza, che aiuterà la comunità ad incontrare Cristo per trasformare la notte nel giorno della vita. Ecco perché monsignor Muratore sarà per l’intera comunità diocesana quel “sicomoro” del Vangelo di Luca che permise a Zaccheo di vedere e incontrare Gesù per abbracciare una nuova cultura della vita in cui splenda la bellezza del Vangelo. Non è un caso che quando si parla dell’ufficio del vescovo lo si definisce come servizio: quello di monsignor Muratore sarà carico di responsabilità e generosità per il bene della Chiesa locale e in comunione con i vescovi e la Chiesa universale.
La Chiesa agrigentina racconta del suo pastore
Ti presentiamo alla Chiesa di Nicosia da “L’Amico del Popolo” Caro don Salvatore, ti presentiamo alla Chiesa di Nicosia, ricordando con la nostra Chiesa agrigentina, alcuni tratti del tuo carattere, della tua indole, della tua persona gentile e cortese. Sono aspetti propri che, a momenti, non sappiamo attribuire se a te o alla Madre Chiesa di Agrigento. Sulle sue ginocchia sei cresciuto, e da allora sempre ne hai avvertito la carezza e il calore, fino a farli trasparire in te. Con la tua mano nella sua mano hai mosso i primi passi, sicuri e sereni sempre. Mai ti sei sottratto al suo abbraccio. A Lei sei stato fedele, anche nelle stagioni della ricerca appassionata del rinnovamento conciliare. Il tuo ardore giovanile, quella insopprimibile necessità di guardare l’orizzonte e di intraprendere immediatamente il cammino, passo dopo passo sulle orme del Signore e dei suoi profeti; quel rifiuto, quasi congenito in te, a cedere ad ogni forma di disperazione e di sconforto; e quella capacità di gettare immediatamente il cuore oltre l’ostacolo, di costruire ponti, tracciando e percorrendo strade, per primo sì, ma mai in solitudine. Figlio sei del grembo della Chiesa conciliare, ne porti profondamente i tratti e la fisionomia: nel rispetto profondo di ogni storia, di ogni persona; nella indomita speranza; nella ispirazione poetica e concreta, di chi – come la Chiesa e come te in lei – è posta da Dio Padre nel mondo per edificare, piantare, raccogliere e infine abitare la profondità potente e fragile dell’umanità; nella passione per l’unità, della relazione responsabile, della educazione graduale e integrale alla vita, alla fede, all’amore; Una immagine cara a te, e alla nostra Chiesa carissima, riassume – accompagna – prospetta il tuo ministero. È una immagine storica, indelebile, mai sbiadita. È la tua ordinazione sacerdotale, il 17 maggio del’70, in San Pietro. È Paolo VI a consacrarti. Non c’è la tiara, né la sede gestatoria. È una foto che rappresenta te e il Papa, da soli. E la Chiesa agrigentina e lì con te e Paolo VI. Il papa del dialogo, sempre con tutti; il papa del Concilio; il papa degli intellettuali francesi e degli operai delle acciaierie; il papa che toglie la scomunica e bacia i fratelli, chiedendo il perdono; il papa che ha
ripreso i viaggi apostolici, dall’India all’ONU; il papa che riconosce e addita i profeti; il papa degli artisti e dei poeti, dei musicisti e degli scrittori; il papa della persona e del popolo di Dio, del mondo amato da Dio e salvato in Cristo dal suo peccato. È il papa del rinnovamento. Non della rivoluzione violenta, della veemenza dello scontro e dell’annientamento dell’altro; non nella esaltazione delle élites e della frenesia dei tempi brevi. È il papa del rinnovamento inteso come “fedeltà maggiore” e tu, da allora ad oggi, ancora ne porti lo stile e il tratto, nobile e semplice, profondo e diretto. Ti accompagni ancora, come tu, da suo amico e amico del Signore Gesù, hai accompagnato questa Chiesa. Ti guidi e ti sostenga sempre alla “fedeltà maggiore”, che oggi ti è riconosciuta e allo stesso tempo assegnata come compito nel ministero episcopale. Di questo stile di Chiesa e di apostolato, di comunità cristiana e di compagnia dell’umanità, sei stato ministro, in ogni presenza e in ogni compito che ti è stato affidato. Nella testimonianza semplice della vita familiare con tua sorella, umile come te e sostegno prezioso e delicato al tuo ministero. Nel Liceo, con i docenti e gli alunni, con i genitori e il personale. Nel condominio e nella strada, fra le famiglie e nel territorio. Nella parrocchia – il magazzino a piano terra in via Dante, traduzione plastica della Chiesa senza scale e dalla soglia facilmente valicabile - nella comunità cristiana e civica, con le sue difficoltà, mai subite come irreversibili. Nella Diocesi come vicario generale sei stato segno di uno stile di dialogo e di presenza discreta e amorevole e, da oggi, condotto dallo Spirito, per la via che Egli ti indicherà. C’è una certezza che ci accompagna. C’è una consolazione che non ci abbandona, in questo momento di intensa gioia per il dono che riceviamo e che condividiamo immediatamente con i fratelli della Chiesa di Nicosia. Ancora sognerai, fratello fra i fratelli, per vivere la fede nella prossimità del cammino della vita. Ancora sognerai. Il Signore che ti ha scelto e tessuto fin dal grembo benedetto della tua mamma, che ti ha fatto suo amico e profeta fin dalla giovinezza, ancora ti visiterà con
i tuoi sogni. Sei stato un sognatore, e quando mai un sognatore ha avuto vita facile! Hai sognato, anche ad occhi aperti, ed hai visto per primo. Bambini balbettare e già sentir Parola per te; mandorli fioriti nel mezzo dell’inverno, nuvolette cariche d’acqua in un tempo di aridità, tu li scorgi; reti cariche di pesci in mari non pescosi, paste fermentante e semi già germogliati, segni del mondo di Dio che viene a suo modo, tu li hai sognati e visti, e insieme ascoltati e coltivati, protetti e condivisi. Dialogo per te è già alleanza di salvezza;chicchi per te, sono già come pane fragrante, bianco, profumato; ramoscelli teneri, sono come olio, verde splendente, pace e vita impregnata di benedizione; viti acerbe, e tu già prepari la tavola e disponi le sedie, per l’allegria della fraternità in Cristo Pane e Vino, Verbo fatto tenda, ospite, amicizia. Ancora sognerai e vedrai ancora per primo i segni del suo passaggio, e del Signore sarai strumento, anche nell’Episcopato. Ancora sarai fratello, fra i fratelli. Presbiteri, laici, diaconi e i religiosi e le religiose, che hanno fatto strada nella età e nella grazia, attestano questa tua vocazione e la tua responsabile partecipazione all’opera di Dio nella fraternità. Sobrio ma mai dimesso, amorevole ma alieno da ogni eccesso, mite e allo stesso tempo sicuro sei e appari, costantemente, senza mutevolezza né alterigia, nella fraternità dei preti e dei diaconi, nella amicizia con tutti, nell’apprezzamento di ogni vita consacrata, di ogni dono e di ogni carisma nella Chiesa. E quanto grande la tua consistente preghiera e passione e sostegno al Seminario e alle vocazioni. Ancora avrai passione per una fede che vivifica l’esistente e gli offre senso, senso discreto e consistente. Avrai cuore e mani, piedi e sguardo tenero e dolce, compassionevole, come quello di un padre e di una madre, di un fratello maggiore che accompagna la riscoperta della fede battesimale, che rende tutto il popolo di Dio capa-
tamente per sé e per il mondo spazi di contemplazione e di decontaminazione. Questa mia Chiesa, pronta a distribuire pane agli affamati e acqua agli assetati - e in questo fa la volontà di Dio - ma che sa anche dire, con gioia e disarmante credibilità, che essa è in grado anche di donare a tutti un altro pane, quello che ha sapore di cielo, e che può dissetare con un’acqua viva, quella che “zampilla per la vita eterna” - e in questo fa la gioia di Dio -. Una Chiesa, poi, che sa amare, simultaneamente e con pari intensità, sia il tempio, dal quale non vuole andare in esilio perché è la casa di Dio, e sia le strade degli uomini, perché in esse ritrova l’eco del vangelo di Gesù e che non è disposta a lasciare né l’uno né le altre ma tutte e due vuole inglobare in una gioiosa circolarità di attenzioni e di affetto. Questa mia Chiesa che invita i suoi figli a sostare a lungo in preghiera eucaristica adorante e che supplica i figli maggiori, i presbiteri (oggi drammaticamente combattuti tra il gran da fare che come valanga si abbatte sul loro tempo e il lancinante desiderio di fermarsi a pensare e a pregare) a non rinunciare, per nessun motivo, a dare generosamente tempo e spazio alla celebrazione del Sacramento del perdono di Dio: sono loro, infatti, e nessun altro, i servitori di questo perdono e del Pane eucaristico. Una Chiesa che ama genuflettere solo e sempre dinanzi alla signoria di Dio, e che solo così sa di essere liberata da qualsivoglia vincolo di umana sudditanza a poteri e a potenti del mondo. Una Chiesa, infine, lieta di assidersi a mensa col suo Signore e che, appagata da tanta munificenza, non ambisce né brama “posti di onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze”, né si diletta a sventolar bandiere o issare stendardi né, tanto meno, di “allargare i filatteri e allungare le frange”. La mia Chiesa: quella che vorrei ritrovare con i suoi lineamenti modellati dalle stesse mani di Dio e il cui volto ho visto ancora di più risplendere nelle acque rigeneranti del Vaticano II e del recente Sinodo diocesano, vero e proprio crocevia, dove si è considerato il cammino compiuto e sono stati segnati percorsi e svolte decisive che vanno ora portati a compimento. Una Chiesa umile e tenerissima che accompagna e risolleva “gli affaticati e gli oppressi” e si mostra intransigente ed evangelicamente temibile con i potenti e i prepotenti e non solo a parole ma con i fatti; una Chiesa limpida e trasparente anche nel maneggiare denaro per le necessità del proprio impegno di promozione umana; una Chiesa che tuteli maternamente i suoi sacerdoti dal rischio di trasformarsi in piccoli e irrequieti manager del sacro più che in missionari di Dio; una Chiesa che accoglierà il dono di un nuovo Pastore con gratitudine e gioia, consapevole del lungo e convinto cammino di rinnovamento postconciliare, vissuto prima con Mons. Vigo, quindi con Mons. Pappalardo; una Chiesa abbracciata alla speranza, e che guardano avanti, dove sorge il sole, è pronta ad aprire la porta a chi viene carico del riflesso del cielo perché ha davvero sperimentato e testimonia che “Dio ama chi dona con gioia”. La mia Chiesa: che si dispone docilmente a caricarsi di nuovi passi e che nel suo cuore - ancora una volta – saprà far germogliare il chiarore delle stelle. ci di Dio, nella misura che conviene solo alla piena maturità nel suo Cristo. Sappiamo che Gesù, chiamandoti ad essere suo apostolo a Nicosia, non ci priva oggi di te. E la Chiesa di Nicosia, lo sappiamo, non sarà gelosa se vorremmo essere compresi nella tua offerta a Dio in questo giorno e di tutti i giorni del tuo ministero. E tu, Salvatore vescovo di Nicosia, abbi ancora sogni, fraternità e cura per il popolo che ti è affidato e per questo popolo di Dio che mentre ti ha generato, in te si rispecchia e benedice la grazia della tua chiamata. La tua Chiesa agrigentina
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Terza Pagina
3 Febbraio 2009
“Fatemi posto nel vostro cuore; voi già lo avete nel mio” “Insieme faremo il cammino che avete già tracciato”
Il primo abbraccio con la Chiesa di Nicosia Martedì 27 gennaio nei locali della Curia di Agrigento, mons. Salvatore Muratore ha incontrato una delegazione, di preti e laici, della sua nuova diocesi venuta appositamente per incontrare il Vescovo eletto. di Carmelo Petrone
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opo i saluti e le presentazioni la delegazione ha offerto a Mons. Muratore due quadri (la Madonna con il Bambino e l’immagine di San Felice da Nicosia compatrono della città insieme a san Nicola da Bari, cui è intitolata la Cattedrale) ed alcuni libri di storia locale insieme al libro con gli atti del Sinodo diocesano appena celebrato. Erano presenti i sacerdoti Michele Pitronaci, Alessandro Magno, Gaetano Giuffrida, Filippo Rubulotta, Nicola Ilato e Pietro Scordilli insieme a due rappresentanti dei laici il Sig. Rosario Rizzo (economo della curia) e Sigismondo Agozzino. L’incontro, cordiale e di conoscenza reciproca, ha toccato diversi temi: la diocesi, la sua situazione in generale e quella del clero diocesano, a cui è seguita una descrizione della situazione economico-sociale del territorio, ma anche il restauro del Duomo di Nicosia, in questi giorni al centro di polemiche. La discussione si è soffermata in modo particolare sul Sinodo appena celebrato e quindi sulle vie da percorrere per l’annuncio del Vangelo agli uomini di oggi. A mons. Muratore è stato detto del lavoro fatto, la preparazione ma soprattutto le decisioni pastorali frutto del sinodo e del paziente lavoro di ascolto del territorio e della base; il lavoro di evangelizzazione e rievangelizzazione portato avanti negli anni, l’adozione da parte della Chiesa di Nicosia delle indicazioni circa il cammino di iniziazione cristiana sul modello catecumenale. Su quest’ultimo aspetto mons. Muratore si è detto in piena sintonia, grazie anche al lavoro fatto negli ultimi anni nella nostra Arcidiocesi, «Mi immergerò nella storia della nostra Chiesa - ha riconfermato mons. Muratore ai delegati -
ed insieme faremo il cammino che avete già tracciato. Attueremo insieme le decisioni del sinodo». Con i delegati delle diocesi nicosiana mons. Muratore ha anche stabilito i dettagli della sua ordinazione episcopale che si terrà il 25 marzo nella Cattedrale di Agrigento, mentre il sabato successivo, il 28 marzo, farà l’ingresso nella diocesi di Nicosia. Dal canto loro i delegati si sono detti soddisfatti dell’incontro con il vescovo eletto e certi che mons. Muratore saprà essere un pastore all’altezza del compito affidatogli dal Santo Padre. La visita si è conclusa con l’incontro con Mons. Francesco Montenegro nel Palazzo Arcivescovile, la visita alla Biblioteca Lucchesiana ed alla Cattedrale di Agrigento.
Tra i giovani è già attesa di Michela Zingone
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ioia, entusiasmo, curiosità, speranza, aspettative, fiducia, affetto. Animati da questi sentimenti i giovani di tutta la Diocesi hanno accolto la lieta notizia della nomina di S.E. Mons. Salvatore Muratore. “Fatemi posto nel vostro cuore; voi già lo avete nel mio” ha scritto nella sua prima lettere il nuovo Pastore. C’è tanto spazio per lui nel cuore dei ragazzi che animano e vivacizzano la Diocesi con tante attività e grande impegno. Giovani pronti a sperimentare insieme nuove strade e nuove positive avventure, come quelle che in dieci anni hanno caratterizzato il loro cammino accanto a Mons. Salvatore Pappalardo. Un cammino condiviso con un Vescovo vicino alla sua gente, che ha saputo trovare i canali più adatti per comunicare con tutta la comunità diocesana con efficacia, con immediatezza, con quella spontaneità che garantisce il successo di ogni contatto. E’ forse questo uno dei “testimoni” che il nuove Vescovo raccoglie da chi lo ha preceduto. Insegnante, formatore, esperto di pedagogia, Vicario generale dell’Arcidiocesi di Agrigento. E’ ricco di esperienza e rivela tante competenze il percorso compiuto sino ad oggi da Mons. Muratore. A lui i ragazzi della Diocesi guardano in questo momento come ad nuova guida spirituale, come solido punto di riferimento al quale esprimere desideri, incertezze e perplessità tipiche della gioventù, ansie e preoccupazioni per il futuro, difficoltà della vita quotidiana. Un punto di riferimento che certamente saprà capirli e guidarli. Con lui entreranno piacevolmente in dialogo per “costruire insieme”, per realizzare nuove idee
e nuovi progetti, per accogliere dalle sue parole quegli insegnamenti che aiutano e fortificano durante in ogni fase della propria crescita personale. Leggendo il primo messaggio del nuovo Vescovo entrano nel cuore di tutti le sue parole, trasmettendo coraggio e tanta fiducia anche a noi ragazzi ansiosi di metterci all’opera al suo fianco. “ La mia piccola fiammella di fede la condividerò con voi: cammineremo insieme, con fiducia e con speranza; cresceremo insieme con la consapevolezza che il Signore sarà con noi e sarà la nostra forza; scruteremo insieme l’orizzonte per cogliere segnali di Dio e per consegnare ancora albe nuove alla nostra terra.Mi immergo nel flusso della vostra storia, che ancora non conosco, ma che immagino ricca, bella, variegata. Il Signore ha voluto che ci sia anch’io con voi, cammineremo insieme e , con la potenza e la forza dello Spirito, inventeremo ancora strade, individueremo percorsi, proveremo a lasciare nel cuore della nostra terra e dei nostri figli le impronte sempre nuove del Vangelo”. Un nuovo capitolo di storia si è appena aperto per la Diocesi di Nicosia. Sostenuti anche dalla famiglia e dalla scuola nessuno tra i giovani si tirerà indietro. C’è tanta voglia di fare, di condividere, di partecipare. Questo nuovo capitolo di storia avrà tanti protagonisti: un nuovo Pastore, pronto ad ascoltare il prossimo, ad amarlo e sostenerlo in ogni momento della sua vita da Cristiano, ed una comunità di giovani pronta a seguirlo con umiltà, con lungimiranza, con responsabilità e soprattutto con tanto affetto.
da “L’Amico del Popolo”
“Dio ama chi done con gioia” ed ho provato a spendere la vita per amare
Con queste parole Mons. Muratore, nel giorno in cui è stata resa nota la sua nomina, si è rivolto alla Chiesa agrigentina Carissimi fratelli e amici della Chiesa agrigentina Se un’ impronta vorrei che rimanesse nei vostri cuori della mia vita vissuta con voi fino ad ora, vorrei che fosse espressa da una sola parola di Paolo che mi ha sempre affascinato: “Siamo stati amorevoli in mezzo a voi”. So che non è giusto che io mi attribuisca qualcosa o che dia un giudizio su di me; ma questa è stata la molla della mia vita o almeno il desiderio di provarci mi ha spinto sempre a ricercarla.Non so se ci sono riuscito pienamente, sicuramente alcune volte no. Ma le intenzioni sono state sempre proiettate al positivo. Se in qualche cosa posso aver mancato all’amore verso qualcuno, gliene chiedo scusa. Ad essere amorevoli lo si impara. Quello che sono e che ho mi è stato regalato dalla mia terra, dalla mia famiglia, dalle tante persone che mi hanno amato e mi hanno colmato di tenerezza. In questa terra ci sono le mie radici con tutto quello che mi hanno dato: l’amore, la fede, i valori, la speranza, la tenacia, la concretezza, la poesia della vita. Dal grembo della nostra madre Chiesa è germogliata la mia vocazione e il desiderio di vivere la vita nel dono e nell’amore.
Lungo il cammino ho imparato che “Dio ama chi dona con gioia” (Hilarem datorem diligit Deus) ed ho provato a spendere la vita per amore. il Signore mi ha fatto dono di incontri stupendi e formidabili che hanno segnato la mia esistenza: quanti volti, quanti cuori, quante sementi, quanti progetti elaborati e realizzati insieme. *I miei nove anni di vice-parroco, anni ’70, sono stati gli anni dell’appropriarsi della fede: una fede scoperta, inventata e sperimentata con giovani e adulti della parrocchia Madonna di Fatima: anni fondamentali, segnati dall’esperienza della vita dei gruppi, dei campi di lavoro, delle settimane di deserto, dall’esperienza della comunione. *I miei primi dieci anni di parroco, anni ’80, sono stati gli anni più belli della mia vita. Mi sono rispecchiato tanto in alcune parole di don Tonino Bello, che vi riporto: “Quello che ho vissuto da parroco non lo potrò mai dimenticare. Stare in mezzo alla gente, chiamare i parrocchiani per nome, entrare nelle loro case in momenti di festa e di dolore, vivere con loro il gaudio della domenica, progettare con loro i momenti forti della vita parrocchiale, avere a che fare con i poveri con nome, cognome e codice
fiscale, profumare di popolo… è stata l’esperienza che ho vissuto nella stagione più felice della mia vita”. *I miei otto anni di Vicario Foraneo di Agrigento, anni ’90, mentre continuavo il servizio parrocchiale, sono stati gli anni dell’apertura ad orizzonti più vasti: ho amato questa città di Agrigento, ho cercato di servire con passione e di lavorare decisamente per la comunione. Con il presbiterio abbiamo vissuto esperienze importanti in quegli anni: visite foraniali, incontri con i consigli pastorali parrocchiali, documenti e interventi sulla città, pastorale estiva. *I miei dieci anni di Vicario Generale sono stati anni che non riesco bene a definire; da un canto sono belli perché abbiamo lavorato insieme per progetti pastorali significativi e affascinanti – in particolare gli Itinerari di tipo catecumenale per una chiesa missionaria ed estroversa e i Sentieri di Comunione - dall’altro canto anni problematici per le tante vicende che li hanno caratterizzati e per la difficoltà che sempre comporta qualsiasi forma di mediazione. Sicuramente per me anni di grande maturazione umana, spirituale e pastorale. Ho imparato ogni giorno in modo nuovo a servire, donare e amare. Di tutto rendo grazie al Signore.
Sono contento di essere stato presbitero di questa nostra santa Chiesa, che amo. Maria, Aiuto dei cristiani e Madre della Chiesa sia la vostra guida, vi accompagni e vi protegga. Auguro al Vescovo, al popolo santo di Dio e in modo particolare ai presbiteri e ai diaconi, di inventare strade nuove, con passione e con coraggio, e di coltivare sogni grandi. Un volto nuovo della nostra Chiesa agrigentina è possibile, ci sono tante energie e tante ricchezze. Basta crederci! E principalmente basta fidarsi sempre del soffio dello Spirito che continuamente apre strade, indica percorsi e lavora con noi per realizzarli. Vi abbraccio tutti. Don Salvatore
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Chiesa
Febbraio 2009
In dialogo con mons. Muratore
Intervista al XIV Vescovo di Nicosia a cura di Marzia Carrubba e Mariangela Roccaro
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a poco la nostra Diocesi ha appreso con gioia la notizia della nomina di Mons. Muratore a Vescovo di Nicosia. Una nuova e significativa presenza entra a far parte della vita della nostra Chiesa. E come di consueto ogni relazione, ogni interazione, ogni percorso parte da una conoscenza. Così abbiamo deciso di andare ad Agrigento ad incontrare il nostro nuovo Pastore, per tessere un primo dialogo con lui e dare la possibilità ai fedeli di conoscerlo. E’ mercoledì mattina, siamo appena arrivati nel centro della città di Agrigento, quando le campane della Cattedrale suonano le 12 in punto. In perfetto orario per l’appuntamento, ci avviamo verso la Curia; suoniamo, il portone si apre e in cima alle scale Mons. Muratore. Subito ci viene incontro sorridendo e ci saluta cordialmente. Insieme percorriamo i corridoi della Curia e poi ci accomodiamo nel suo ufficio. Qualche battuta e qualche domanda per rompere il ghiaccio e poi, in un’ atmosfera distesa e informale, iniziamo la nostra intervista. Il 22 Gennaio 2009, il Santo Padre Benedetto XVI, l’ha nominata Vescovo della Diocesi di Nicosia. Per commentare questa sua “chiamata” Lei ha usato un paragone forte. Ha citato il racconto di Abramo che ha ricevuto dal Signore l’ordine ad abbandonare la sua terra, la sua parentela, la sua casa…..per iniziare quel lungo viaggio verso la terra promessa. Come ha vissuto questo momento? Vorrei raccontare un piccolo episodio risalente al giovedì antecedente al 22 gennaio. Dovevo andare a Roma perché chiamato dal Papa per comunicarmi questa nomina. Era buio quando sono partito da Agrigento e con il cuore in tumulto, perché non sai cosa ti aspetti, chi incontrerai, chi ci sarà. Lasciare il certo per l’incerto! Mentre ero in autostrada ed iniziava ad albeggiare ho visto la prima insegna “Nicosia”, e mi è venuto in mente una frase di un salmo che noi recitiamo spesso: <
>. Allora ho pensato che il Signore vuole per me un’alba nuova in questa Chiesa di Nicosia; ecco perché nella lettera ho scritto che si apriranno albe nuove…Certo si lascia, però si va in una terra che Dio promette e sarà bello incontrare tanti volti e tante persone. Lungo il cammino ho imparato che “Dio ama chi dona con gioia” (Hilarem datorem diligit Deus) ed ho provato a spendere la vita per amore. il Signore mi ha fatto dono di incontri stupendi e formidabili che hanno segnato la mia esistenza: quanti volti, quanti cuori, quante sementi, quanti progetti elaborati e realizzati insieme. Sono parole che lei ha rivolto alla Diocesi di Agrigento. E’ così? La frase che è a monte di tutto:“ Dio ama chi dona con gioia “ credo sia il filo conduttore di ogni cosa; spero di poterla mettere come motto del mio episcopato, perché in tutti questi anni ciò che ha caratterizzato la mia vita è stato il dono, il donare, il donarsi per amore nei vari ambiti e nelle varie realtà.
Certamente il punto focale di tutte le mie esperienze è rappresentato dagli anni di parroco. Quel “profumo” di popolo me lo sento addosso e lo porterò sempre con me, così come sentirò il vostro profumo ed esso si attaccherà a me, perché penso che sia bello vivere questa interazione profonda con le persone. Nelle lettera alla Diocesi di Agrigento si legge così:: “ I miei primi dieci anni di parroco, anni ’80, sono stati gli anni più belli della mia vita. Mi sono rispecchiato tanto in alcune parole di don Tonino Bello, che vi riporto: “Quello che ho vissuto da parroco non lo potrò mai dimenticare. Stare in mezzo alla gente, chiamare i parrocchiani per nome, entrare nelle loro case in momenti di festa e di dolore, vivere con loro il gaudio della domenica, progettare con loro i momenti forti della vita parrocchiale, avere a che fare con i poveri con nome, cognome e codice fiscale, profumare di popolo… è stata l’esperienza che ho vissuto nella stagione più felice della mia vita”. Ci racconta la sua esperienza, il suo impegno ad Agrigento? Quello che è stato il mio impegno!?! Sicuramente un impegno creativo, direi. In ogni ambito dove sono stato ho pensato che il Signore mi chiedeva qualcosa di nuovo. E’ forse questa creatività che ha arricchito ulteriormente la mia esistenza. Gli anni di viceparroco, anni che possono sembrare solo di passaggio per noi sacerdoti, sono stati in realtà anni grandi; abbiamo fatto campi di lavoro con i giovani, campi estivi, esperienze di deserto…tante realtà significative e belle che hanno solidificato ciò che avevo appreso in Seminario. Lì si studia, si fanno certe esperienze, però manca la realtà concreta della vita, che invece c’è nella dimensione parrocchiale. E’ in questa dimensione che ho imparato a camminare insieme con giovani e adulti. Poi sono diventato parroco, e questo dono si è allargato all’orizzonte della parrocchia: tessere il territorio, salire e scendere scale, abitare i pianerottoli dei palazzi ….un cammino faticoso, ma significativo. Gli anni da Vicario sono stati anni di maggiore responsabilità, perché la Diocesi di Agrigento è una diocesi molto vasta, è ciò ha comportato impegni forti di testimonianza, di presenza, di legami…ma sono contento. Ecco, quel “siamo stati amorevoli in mezzo a voi” significa proprio questo. Lei ha detto: “Quello che il Vescovo fa con il suo popolo è quello che un pastore fa con il suo gregge”. Dunque, un senso di familiarità ed affetto. E’ così? La cosa più importante è lanciare ponti, è creare legami. La volpe al piccolo principe diceva: “perché non mi addomestichi?”e il principe domandò alla volpe: “ che cosa significa addomesticare?”, e lei rispose: “addomesticare significa creare legami; quel legame per cui quando tu verrai i tuoi passi non mi faranno fuggire, ma faranno in modo che io ti corra incontro, che ti abbracci…perché è un legame unico quello che c’è tra me e te”. Ecco, se noi ricominciamo
nella nostra Chiesa a creare legami, a lanciare ponti, a vivere questa interazione profonda, allora la comunione sarà vera esperienza di Chiesa forte e grande. Quella di Sicilia è una terra oltre che di Santi anche di persone che hanno sacrificato la propria vita in nome di alti ideali. Lei proviene da Agrigento dove è ancora vivo il ricordo di Rosario Livatino …… Io non l’ho conosciuto direttamente. Sicuramente le testimonianze date e i momenti in cui sono stato chiamato anche a celebrare alcuni riti in sua memoria hanno segnato la mia capacità di cogliere quanto è importante spendersi per le cose che contano. Il giudice Livatino era così, credeva in ciò che faceva. Un uomo di grande fede e professionalità. Io l’ho definito una volta “martire e santo”. Il tempo passa e noi quasi non ce ne accorgiamo. Mons. Muratore sorride, parla, gesticola. I suoi occhi si illuminano quando ripensa alla sua vita trascorsa ad Agrigento. E nel frattempo sogna, e si proietta verso la nuova terra della sua missione episcopale. Così continuiamo con le nostre domande…. E’ consuetudine, per chi si trasferisce in una nuova città o per chi dovrà affrontare un nuovo lavoro, chiedere, informarsi, porsi domande. Lei che idea si è fatto della diocesi di Nicosia. Quali sentimenti la accompagnano? Ha dei pregiudizi? E’ l’unica Diocesi che non ho mai visitato. Adesso invece verrò ad abitarci e sono contento! Non ho nessun pregiudizio, semmai il contrario. Mi hanno detto cose belle e positive: c’è genuinità, una grande accoglienza, un grande calore….Ho già avuto modo di incontrare una delegazione di sacerdoti e laici venuta da Nicosia. E’ stato un incontro molto cordiale, affettuoso, simpatico, per cui vengo senza pregiudizi, anzi, vengo col cuore e vi porto già nel cuore. Il suo predecessore, Mons. Salvatore Pappalardo per 10 anni è stato a capo della diocesi nicosiana. Qual è il suo pensiero sul suo ministero episcopale? L’unica cosa che so è che ha camminato con la sua Chiesa in questo Sinodo. Dalle notizie che mi hanno dato si parla particolarmente di impianto catecumenale e ciò mi affascina. Ho fatto alcune pubblicazioni a proposito, per cui credo che ci troveremo in grande sintonia. Sinodo a parte, con Mons. Pappalrdo ci siamo sentiti solo per telefono, per scambiarci gli auguri e i saluti, ma se sarà necessario ci incontreremo. Comunque, la cosa più importante è fare esperienza diretta. Saremo lì, ci conosceremo con il popolo, con il presbiterio e cammineremo insieme. Certamente un Vescovo che passa ha seminato, ha lasciato impronte belle è significative. Io, come vi dicevo nella lettera, “ mi immergo nel flusso della vostra storia”, quella che è, così com’è, quindi con l’eredità che hanno lasciato le persone che vanno altrove e nel frattempo con qualche impronta che lascerò io con la mia presenza. Lei riceve in eredità una diocesi piccola, rispetto a quella di Agrigento, ma vitale, che ha vissuto in questi anni momenti importanti: dalla canonizzazione di San Felice alla celebrazione del Sinodo diocesano. Proprio da que-
sto evento sono emerse delle scelte pastorali da mettere in pratica sin da subito. Dopo che Lei avrà avuto modo di conoscerle, cosa penserà di farne? Il Sinodo è la pietra miliare del cammino di un popolo, per cui io non posso prescindere da ciò che è stato detto e scelto in esso. Lo leggerò con attenzione, proverò a capirne le dinamiche profonde e cercheremo insieme di attuarlo. Nulla al di fuori di ciò che già è stato fatto, nulla al di fuori del discernimento comunitario, perché questa è una dimensione fondamentale dell’essere Chiesa. I primi collaboratori dei vescovi sono, generalmente, i presbiteri. Se un nuovo vescovo si affida esclusivamente a loro rischierebbe di farsi una idea clericale della realtà. Perché non interpellare anche i laici, considerato che sempre dall’ultimo Sinodo è emersa la necessità di renderli parte attiva della vita della diocesi? Io sono sempre stato in mezzo ai laici. Il popolo di Dio è tale nel suo insieme. Quindi, l’esperienza del camminare insieme non è solo con i presbiteri, ma è con tutto il popolo. Per cui attiverò tutti i canali possibili per poter operare, lavorare insieme, confrontarsi. La data scelta per la consacrazione episcopale è il 25 marzo. Al momento non si sa ancora se avverrà nella Basilica Cattedrale di Agrigento o nella Cattedrale di Nicosia…… Insieme ai miei collaboratori abbiamo valutato diverse cose. Io avrei desiderato farlo a Nicosia, però per ragione di spazi abbiamo scelto Agrigento. Considerando il gran numero di persone che avrebbe partecipato rischiavamo di invadere la città di Nicosia. Comunque, appena avremo concordato con l’Amministratore diocesano, sarò lì da voi, forse il 28 marzo. La nostra intervista è ormai conclusa, ma prima di andare via Mons. Muratore ci tiene a salutare tutta la diocesi di Nicosia: Io vi ringrazio e vi saluto. Nella lettera vi ho chiamati fratelli e amici e tali siete per me. Un abbraccio grande e affettuoso a tutti quanti. Anche noi salutiamo, raccogliamo le nostre cose e ci rimettiamo in viaggio, felici di averlo conosciuto e desiderosi di vederlo al più presto alla guida della nostra Chiesa.
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Diocesi
5 Febbraio 2009
Il Nuovo Vescovo
Nuovo Vescovo
Il gregge e il suo pastore Mons. Muratore: Pastore, Padre ed Amico
Certi che Mons. Salvatore Muratore fin dal suo insediamento saprà guardare questa diocesi come la “sua” diocesi, questo gregge come il “suo” gregge, questo territorio come il “suo” territorio. E noi, piccolo gregge, sapremo guardare lui come il pastore di Nicosia, il nostro pastore. di Emilio Barbera
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entre siamo pronti ad accoglierlo, siamo naturalmente curiosi di “scoprire” il nuovo pastore della nostra diocesi. Di quella curiosità che si può avere quando si attende un parente che viene da lontano, di cui si è sentito parlare, ne è stato annunciato l’arrivo e mai prima d’ora lo si è visto in carne e ossa. Siamo curiosi di scoprire com’è e in che modo intenderà il suo mandato. E’ da quando sono nato, meglio da quando ne ho memoria, che sento di “vescovi che vanno via” e di “vescovi che arrivano” nella nostra diocesi. Un paio li ricordo da chierichetto, quando al Salvatore di Leonforte correvamo loro incontro a “baciargli l’anello”. Gli altri li ricordo da adulto, quando l’anello già non si baciava più. Ognuno ha lasciato un segno del loro passaggio nella nostra diocesi. Ma ognuno di loro “ha lasciato” la nostra diocesi, proprio perché erano di passaggio. Un gregge ha bisogno di un pastore da cui essere guidato e a cui essere fedele; ha bisogno di un pastore che dopo avergli insegnato la sua strada per il pascolo sappia poi attendere, guardare e guidarlo per tutto il percorso. Noi, gregge di Nicosia, in questi anni non abbiamo mai avuto la fortuna di percorrere sempre la stessa strada per il pascolo, perché il nostro pastore, chiunque esso sia stato, non ha avuto “tempo” per tradurre il gregge lungo la strada individuata. Altri greggi gli sono stati affidati. In molti, quando abbiamo appreso la notizia della nomina di Salvatore Muratore a vescovo di Nicosia abbiamo guardato la sua età anagrafica. Forse questa volta, abbiamo pensato, ce lo lasciano fino al suo pensionamento, forse avremo anche noi finalmente un “vescovo emerito”. Ce lo auguriamo. Siamo certi, comunque, che mons. Salvatore Muratore (il cui nome ce lo consegna già come uno di noi) fin dal suo insediamento saprà guardare questa diocesi come la “sua” diocesi, questo gregge come il “suo” gregge, questo territorio come il “suo” territorio. E noi, piccolo gregge, sapremo guardare lui come il pastore di Nicosia, il nostro pastore. Con mons. Pappalardo è stato iniziato un faticoso cammino di conoscenza della variegata realtà
diocesana che ha condotto poi al Sinodo. Il nuovo vescovo si ritrova tra le mani un grande patrimonio che gli consentirà di non dover ripartire daccapo. Continueremo a chiederci “come sarà”, consapevoli che la risposta arriverà solo col tempo. Se posso, da questa posizione privilegiata, un desiderio vorrei esprimerlo sul “come sarà”: mi piacerebbe un pastore che, conducendo il gregge al pascolo, guardi pure tutto il contesto in cui il gregge vive. Per uscire fuori di metafora, mi piacerebbe un vescovo (ma anche i parroci) che sappia far sentire la sua voce su tutto ciò che moralmente inaccettabile c’è nella società della diocesi di Nicosia. Auguri e benvenuto.
Dovrà misurarsi con i problemi culturali e sociali del nostro territorio, che derivano dalla crisi dell’occupazione, dall’incertezza del reddito che segna la vita quotidiana di tante famiglie, dalla mancanza di credibili prospettive di futuro per i giovani di Nicola Costa
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on gioia e riconoscenza, giorno 22 gennaio abbiamo appreso la bella notizia della nomina del nuovo Vescovo della nostra Chiesa di Nicosia, nella persona di Mons. Salvatore Muratore, Vicario Generale dell’Arcidiocesi di Agrigento. Nella sua prima lettera indirizzata alla Comunità della Diocesi di Nicosia, ha esordito esprimendosi con parole di pastore, padre, amico, che evocano quel “sto alla porta e busso” e suscitano in ciascuno di noi sentimenti di vera ammirazione e stima: “mi rivolgo a voi per la prima volta e mi porto dentro tanta trepidazione, con gli inevitabili interrogativi dei primi momenti e con la fiducia nella vostra benevolenza e nel vostro amore. Vi dico semplicemente fatemi posto nel vostro cuore; voi già lo avete nel mio.” Mons. Muratore si accinge a diventare Vescovo di una Chiesa che ha vissuto e continua a vivere, soprattutto a seguito della celebrazione del III Sinodo della sua storia, vero evento di grazia e nuova Pentecoste, un momento privilegiato e particolare che, attraverso l’esperienza della comunione e dell’esercizio della corresponsabilità, ha permesso di prendere consapevolezza ad ognuno di noi di essere “pietre vive” in ascolto dello Spirito. L’esperienza sinodale ha rappresentato senza dubbio il culmine della vita spirituale, di comunione e di rinnovamento pastorale delle singole realtà presenti nella nostra Chiesa locale. Se per monsignor Pappalardo l’evangelizzazione non poteva non essere la “prima e costante preoccupazione”, allo stesso modo per il suo successore non potrà non essere prioritario anche il misurarsi con i problemi culturali e sociali del nostro territorio, che derivano dalla crisi dell’occupazione, dall’incertezza del reddito che segna la vita quotidiana di tante famiglie, dalla mancanza di credibili prospettive di futuro per i giovani che, al contrario, ben altre e insidiose opportunità trovano con troppa facilità e frequenza sulla loro strada. Ma ciò nonostante, i fecondi rapporti intercorrenti tra laici e cattolici, hanno permesso di sviluppare nel nostro territorio fino ad oggi un ricco tessuto associativo e di volontariato, linfa indispensabile della vitalità etica, civile
e religiosa della nostra comunità. Ciò ha consentito di dare vita ad una fitta rete di iniziative comuni e convergenti che, facendo perno sulle istituzioni pubbliche, sul vasto associazionismo sociale ed economico, su parrocchie, istituti religiosi e terzo settore, ha permesso di raggiungere lusinghieri risultati relativi ai grandi problemi dell’educazione, del lavoro, della famiglia, dell’accoglienza e della solidarietà, sempre con grande e concreta attenzione alle fasce più deboli e disagiate della popolazione. Con questi temi dovrà inevitabilmente confrontarsi nel suo quotidiano il nuovo Vescovo. Sentiamo forte in noi l’impegno e la responsabilità di proseguire su questa strada e di offrire risposte sempre più efficaci ed adeguate ai problemi che ancora attendono di giungere a soluzione e ai tanti, nuovi e complessi, che stanno affacciandosi. Saremo capaci di farlo se potremo contare su tutte le energie che le nostre comunità esprimono. Sentiamo il dovere di impegnarci per costruire un modello di società capace di includere tutte le persone, garantendo a ciascuno pari opportunità nell’accesso alla scuola, al lavoro, alla casa, ai servizi sociali e sanitari, nella vita di relazione. Coesione e partecipazione sociale, azioni rivolte all’integrazione e alla solidarietà verso chi ha più bisogno di aiuto e verso le nuove povertà, sono i tratti della cultura sociale che si è espressa in tutti i questi anni e sui quali non è mai mancata la piena collaborazione della Chiesa di Nicosia. Certamente Monsignor Muratore, con il suo insegnamento pastorale saprà rinnovare ed accrescere le significative esperienze maturate fino ad ora e saprà comprenderne espressioni e speranze, nel nostro difficile impegno. In questi tempi così complessi e incerti, questa comune volontà di perseguire il bene comune, la proficua relazione che la società civile e la Chiesa esprimono oggi nella nostra Diocesi, ciascuna nel proprio ordine e responsabilità, e nel reciproco, costruttivo rispetto, costituiscono un patrimonio prezioso abbiamo il dovere di salvaguardare e continuare ad alimentare.
serve tanto a diventare sospettosi e intransigenti, quanto piuttosto a renderci conto che il modo più efficace di deturpare il volto di Cristo agli occhi del mondo, è proprio la nostra mancanza di unità. Il fiorire di gruppi, movimenti e nuove comunità è stato nel dopo Concilio uno dei doni più belli e grandi fatto dallo Spirito alla nostra Chiesa, dono che ha permesso una vitalità ed un rilancio dell’evangelizzazione in un mondo sempre più lontano dalla fede in Cristo. Proprio perché il dono è grande ed è efficace, bisogna riflettere anche sui rischi che tutto questo immenso fermento comporta. Il pericolo più incombente è quello di cadere nell’idolatria dell’appartenenza, nel dimenticare che ogni esperienza di fede è via che conduce a Cristo e che proprio per questo non si può ne assolutizzare ne considerare superiore ad altre. Vivere in pienezza la propria “militanza” non come un valore assoluto ma relativo (all’intero Corpo di Cristo), spendendo energie e risorse per annunciare l’unico Vangelo godendo della multiforme varietà di carismi presenti nella Chiesa, sostituendo all’autoreferenzialità la ricerca del confronto e dello scambio di esperienze, per rendere più ricca l’intera comunità ecclesiale e di riflesso anche la società civile. Trovare tempo e spazio per non servire soltanto il proprio movimento ma divenire sensibili al richiamo alla cattolicità (universalità) che arriva dalla comunità parrocchiale, da quella diocesana e dalla Chiesa tutta. Alla luce di quanto
detto, la nomina del nuovo Vescovo designato a servire la nostra Chiesa, assume un significato profondo ed è carica di attese e di speranza, perché il vescovo “ è padre della comunità cristiana” (Benedetto XVI) e come tale con la forza dello Spirito “generatore di unità”. A noi il compito di garantirgli oltre alla preghiera, la nostra leale collaborazione, per un servizio tanto faticoso e impegnativo quanto essenziale alla vita della Chiesa.
Una riflessione sulla straordinaria esperienza di fede vissuta dall’apostolo
La conversione di San Paolo, via per l’unità di Michele Li Pira
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on la celebrazione dei vespri presieduta domenica 25 Gennaio da Benedetto XVI nella basilica di San Paolo fuori le Mura si è conclusa la settimana ecumenica durante la quale la Chiesa ha pregato per l’unità dei cristiani sul tema: “Che formino una cosa sola nella tua mano” (Ez 37,17). “La conversione di san Paolo ci offre il modello e ci indica la via per andare verso la piena unità”, lo ha detto il Papa all’omelia, aggiungendo: “l’unità richiede una conversione dalla divisione alla comunione, dall’unità ferita a quella risanata e piena. Questa conversione è dono di Cristo risorto, come avvenne per san Paolo”. E’ quindi necessario riflettere brevemente sulla straordinaria esperienza di fede vissuta da quest’uomo che aveva dedicato fino a quel momento ogni energia allo studio della Legge a alla sua osservanza e che improvvisamente conquistato dall’amore di Cristo rinuncia alla propria perfezione, abbracciando l’umiltà di chi si mette senza riserve al servizio di Cristo per i fratelli. Se come ci insegna S. Paolo, è solo in questa rinuncia a noi stessi e nella conformi-
tà con Cristo che possiamo trovare l’unità in noi e tra di noi, la ricerca della comunione per le nostre comunità e per la nostra Chiesa diocesana, non deve essere tanto un obbiettivo da perseguire come se tutto dipendesse da scelte o progetti pastorali, ma deve essere in primo luogo il coltivare e far crescere la certezza che “è la comunione con il Cristo risorto che ci dona l’unità” (Benedetto XVI). Il mio non è un invito al disimpegno o a vivere una fede ripiegata su se stessa e chiusa in uno sterile quanto angusto e miope intimismo, ma a guardare ancora una volta a Paolo che si è fatto paladino di questa unità, che ha annunciato con fatica e sudore alle comunità da Lui fondate che non erano le appartenenze particolari che potevano avere il sopravvento sull’unico e grande legame con Cristo, il solo che può trasformare le diversità da ostacolo che ci separa, a ricchezza nella condivisione delle molteplici espressioni della fede comune. E’ stato detto che “il male è capace di servirsi di tutto e in modo particolare del bene” (S. Fausti); tenere presente questo principio non
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Nel mondo
Febbraio 2009
Tra etica ed economia
Tele.visionari
La svolta dei Chirurgia estetica in tempo di vacche magre Paesi emergenti di Enzo Vicari
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l tempo delle vacche grasse sembra finito. E nessuno si dimostra capace di tenere la contabilità delle magre che avanzano. Nessuno tanto sapiente da placare i sogni inquieti dei faraoni dell’economia globale. E mentre gli oniromanti del mercato planetario allargano le braccia in segno di impotenza, alla società del benessere, coccolata da visioni e sogni tele-visivi, non rimane altro che tirare la cinta. Gli specialisti di chirurgia estetica, dal canto loro, faranno il resto. Perché non sarà certo qualche pietanza in meno a garantire risultati apprezzabili. Per tirare la cinta come solo una velina o un palestrato possono tirarla, con tutta la buona volontà di questo mondo, occorre qualcosa di più invasivo della dietologia. Quest’ultima, nella migliore delle ipotesi, potrà alleggerire di qualche chilo un corpo appesantito dall’ingordigia o dagli anni o da qualche altro malaugurato accidente che ostacola la forma perfetta e il pieno adeguamento ai canoni estetici tele-visionati. Ma il resto rimarrà tale e quale era prima dell’inutile sacrificio. A meno che non si decida di ricorre ad una energica liposuzione seguita da opportuni stiramenti, tagli e rattoppi, magari con l’aggiunta di qualche sostanza tonificante, un ritocchino rinoplastico e una salutare mastoplastica additiva, sicuro rimedio all’omo, all’auto e persino all’etero stima di giovanissime (preferibilmente maggiorenni) e meno giovani. La qual cosa, certamente, non è sfuggita agli italiani, che di contabilità se ne intendono davvero poco, come si può desumere dalle imperdonabili sviste e dai numerosi errori
denunciati dalle Fiamme Gialle, ma mostrano una attenzione a dir poco spasmodica per la propria immagine. Secondo una indagine condotta da Ipsos, infatti, risulta che gli abitanti del Bel Paese continueranno a tagliare su vacanze, arredamento, tempo libero, vestiario, auto e alimentari, insomma su tutto, o quasi, ma non sulla chirurgia estetica, cioè sull’unico intervento in grado di consentire una seducente tirata di cinta nel senso letterale dell’espressione. Gli strizza cervelli, che in alcuni casi non sono da meno degli specialisti di chirurgia estetica, storcano pure il naso e continuino a ficcarlo negli angoli nascosti della coscienza altrui. Ma credetemi, non c’è nulla di nascosto. Tutto quelle che c’è da sapere è illuminato dalla tenue e calda luce della televisione.
Gran parte dell’industria e dell’economia reale è stata lì trasferita ed ora dispongono, oltre che di una sovracapacità produttiva a costi bassissimi, di una cospicua liquidità da investire di Salvo Caniglia
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ei primi numeri del nostro viaggio all’interno del complesso rapporto tra etica ed economia, abbiamo spiegato i principali motivi per i quali un’economia senza regole, soprattutto etiche, non può produrre benefici per i cittadini, ma al contrario rischia di creare un mondo squilibrato, in cui un’economia selvaggia e individualistica determina l’aumento del divario tra i cosiddetti Paesi ricchi e gli altri. È importante fare una diagnosi, quanto più precisa possibile, per evitare di sbagliare la prognosi. Non è un caso, infatti, che la crisi, sempre più profonda, che sta attanagliando tutto il mondo attribuisca le responsabilità a soggetti che sono estranei al mondo economico reale o, peggio, che tra le soluzioni possibili riprenda teorie che in passato hanno dato risultati fallimentari. Oggi, per esempio, sotto accusa come principali artefici di questa crisi ci sono: il mercato, la finanza e la globalizzazione. Sicuramente, il mercato non ha prodotto la crisi attuale. È stato, semmai, il cattivo uso degli strumenti di mercato da parte di Governi che hanno camuffato, o non controllato, una crescita del Pil egoistica, artificiale e non sostenibile. In pratica, c’è stato fin troppo Stato, ma molto inefficiente. Anche l’innovazione finanziaria non può essere considerata l’unico capro espiatorio. La finanza è uno strumento che, se bene usato, permette di creare ricchezza, di prevedere e di proteggersi dai rischi, soprattutto quando i mercati sono globali. Anche la globalizzazione non può essere oggetto di critiche unilaterali. Essa ha, al contrario di ciò che si paventa, aperto a due miliardi di persone la prospettiva concreta di accedere al benessere e ora potrebbe permettere una gestione più equilibrata della crisi. Forse, potrebbe essere una via d’uscita della crisi americana, soprattutto per quel che riguarda le cosiddette “bolle” nate negli Stati Uniti, ovvero il trasferimento delle produzioni nei Paesi emergenti, per avere minori costi e garantire maggiore potere di acquisto; in sintesi, una ridistribuzione del benessere. Oggi, grazie alle delocalizzazioni e agli investimenti avviati, indubbiamente per il proprio interesse dai Paesi ricchi, Paesi come l’India, la Cina e il Brasile hanno, non solo acquisito posizioni di leadership in settori economici internazionali (come siderurgia, industria automobilistica, aeronautica, tecnologie sofisticate di software, elettrodomestici, cinematografia), ma sono persino pronti a salvare imprese europee e
Rubrica: la via dei libri
Una nuova tendenza: il racconto filosofico
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na ragguardevole mole di pubblicazioni, di recente approdate in libreria, è rappresentata da volumi di filosofi e storici della filosofia che si cimentano con la scrittura narrativa o che indagano opere narrative. Ne segnaliamo due. Il primo è una raccolta di piccole storie scritte da tre tra i più noti filosofi italiani, Massimo Donà, Carlo Sini e Andrea Tagliapietre. Nel racconto di Donà, Il Lamento dell’erranza,il tema è quello della ricerca della Verità che, inseguita dalla sua ombra, instaura alla fine, con quest’ultima, un aspro scontro (‘allungando le braccia in direzione dello specchio, nell’eroico tentativo di afferrare la verità di se medesima, di smascherare quindi l’ingannevole immagine riflessa del proprio esser ombra, l’ombra si sente afferrare da due braccia che spuntano all’improvviso da dietro. Dalla stanza, dall’ombra che, specchiandosi, si protende appunto verso lo specchio, cercando di catturarsi, ma ritrovandosi ogni volta essa medesima catturata. Catturata da un altro che essa, solo essa, avrebbe potuto essere per se medesima’). La ricerca dell’identità nella relazione con l’Altro e il rapporto tra meditazione filosofica e scrittura sono gli argomenti che ispirano i due racconti di Sini, Il bambino e il re e Lettura e scrittura. Molto bella è infine la piccola storia di Tagliapietre,
americane attualmente in difficoltà. Insomma, i Paesi che fino a ieri erano definiti “emergenti”, grazie al mercato, ai nuovi strumenti finanziari e alla globalizzazione, sono Paesi definitivamente “emersi”. Essi hanno ora raggiunto un certo benessere ed esprimono un vero potere economico. Attualmente, i maggiori gruppi industriali e bancari non sono più negli Stati Uniti, anche se finanza e, soprattutto problemi finanziari, abitano negli Stati Uniti. Questo è un dato fondamentale per analizzare la crisi e, soprattutto per proporre una soluzione realistica e adeguata al problema. Di fronte a questo scenario, creatosi in tempi rapidissimi, la vecchia Europa, come dimostrano i dati inquietanti in tutti gli Stati membri, non ha ancora trovato risposte precise. Mentre l’America gioca ancora un ruolo importante, la gran parte dell’industria e dell’economia reale è stata trasferita nei Paesi emergenti, i quali ora dispongono, oltre che di una sovracapacità produttiva a costi bassissimi, di una cospicua liquidità da investire. Si pensi quindi a quali squilibri, su scala mondiale, verrebbero prodotti se gli Stati Uniti decidessero ora di fronteggiare la crisi riportando in patria tutte le produzioni (idea da non scartare date le enormi capacità tecnologiche), anziché cercare di trasferire la capacità produttiva inutilizzata in quel resto del mondo che aspetta di beneficiarne. Non si possono perciò proporre soluzioni alla crisi senza tenere conto dei nuovi equilibri economici planetari e senza investire nei Paesi ancora in via di sviluppo.
di Silvestro Livolsi
La risata di Spinoza, sul valore e la grandezza della condotta Etica di fronte alle circostanze tragiche e ai fatti crudeli della storia che ci impongono, se siamo eticamente coerenti, di fare scelte nettamente a favore del Bene, magari a costo della vita, come avviene al personaggio del racconto; racconto che è anche una raffinata riflessione su ‘tragedia’ e ‘risata’ come aspetti costitutivi della storia della filosofia (dalla serva che ride vedendo Talete cadere nel pozzo mentre distratto guarda il cielo alla crudele risata di Spinoza che si divertiva a far combattere i ragni con le mosche; dalle divinità del Riso che avevano templi a Sparta accanto a quelli del Terrore e della Morte al Dio dei Salmi che ‘ride e schernisce dall’alto dei cieli’). Un giovane docente di filosofia alla Cattolica di Milano, Simone Regazzoni, invece, applica metodo e indagine speculativa ai libri della Rowling che hanno per protagonista il famosissimo maghetto, Harry Potter. Ne viene fuori un’analisi che mette in luce, dei vendutissimi libri della Rowling, contenuti per niente banali e una trama che, al di là del voler intrattenere e catturare il lettore con ideazioni fantastiche e avvincenti, è sostanziata da importanti valenze educative, istanze etiche e percorsi conoscitivi che sconfinano sensatamente nella filosofia. Per Ragazzoni la saga di Harry Potter è un ‘risorsa potentissima per la filosofia’ perché mostra la possibilità di creare e vivere in altri mondi, perché è una serrata critica - in nome del potere magico delle parole, della creatività e dell’utopia - della ragione occidentale, totaliz-
zante e appiattita sul presente ‘Nessun elogio dell’irrazionalità in Harry Potter’ scrive Ragazzoni - e nessuna distruzione della ragione. Bensì la decostruzione della ragione dogmatica come apertura della ragione a ciò che non è riconducibile al calcolo e al calcolabile. Cosa che, se da un lato affascina milioni di lettori, dall’altro terrorizza i guardiani del vecchio razionalismo, per usare un’espressione di Hussserl, i quali non sanno pensare, proprio come zio Vernon, al di fuori del ristretto ambito delle loro presunte certezze’. Ancora, per Ragazzoni, nelle avventure di Potter viene esaltato il senso etico (‘fare ciò che è giusto e non solo ciò che è facile’), la forza del coraggio e il valore della libertà contro la ‘logica del fascismo’ (‘una situazione storica precisa, quella della Resistenza al fascismo, è il paradigma della situazione in cui si scontrano Harry e il mago-razzista Valdemort’). Sembra celebrarsi, dunque, l’inizio di una nuova tendenza al racconto filosofico – peraltro di antichissima origine – capace di appassionare e al contempo comunicare stimolanti contenuti. Massimo Donà, Carlo Sini, Andrea Tagliapietre, Anime. La filosofia si racconta, Alboversorio, 2008, euro 10,00 Simone Regazzoni, Harry Potter e la filosofia, Il Nuovo Melangolo, 2008, euro 11,00
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Chiesa
7 Febbraio 2009
Policoro News
Nasce una Le Acli e il Cristianesimo come newsletter a cura stile di vita del Progetto Policoro N della nostra diocesi Un contro-modello che parli alla società senza necessariamente rifletterla
di Gaetano Algozino
el 1974 usciva in Italia ” Le Chiese nella società industriale” , un saggio lucidamente provocatorio di Andrè Dumas, noto professore di teologia morale alla Facoltà di teologia protestante di Parigi, che con toni sottilmente demolitori e profetici, esplorava il contenuto della fede cristiana da una prospettiva utopistica. L’utopia cristiana che risponde alle attese del mondo contemporaneo: un’utopia forte e incarnata nel presente, liberata dai ceppi del passato senza tuttavia rinunciare a quanto di positivo il passato contiene, un’utopia che lungi dall’allinearsi sui moduli della società attuale mette in luce la loro relatività in funzione dell’uomo. A distanza di 34 anni anche oggi noi aclisti, impegnati nel convulso universo del post-umano tecnologizzato e globalizzato, ci poniamo e poniamo domande problematiche.Che tipo di vita ecclesiale si richiede nella società urbanizzata, tecnologica e pianificatrice? Il cristianesimo ha un messaggio vero, liberante e positivo per una società caratterizzata dall’abbondanza, o si accontenta di ripetere “beati i poveri” senza rendersi conto che la povertà ha cambiato connotati? La speranza cristiana ha un rapporto con l’avvenire dell’uomo, un rapporto che non diluisca l’escatologia nel futurismo? In altri termini, che senso ha la speranza evangelica di fronte alle speranze e agli insuccessi degli uomini? Non si può certo domandare alla Chiesa, e nel nostro specifico alle ACLI, di fornire la ricetta capace di guarire i nuovi mali della società. Non è nostra competenza. Ma compete a noi, in quanto cattolici ed eredi di un prezioso patrimonio di storia e di idee, rappresentare un contro-modello che parli alla società senza necessariamente rifletterla. I contro-modelli o modelli alternativi elaborati dalla nostra sede provinciale ACLI di Enna, presieduta da Nicola De Luca, sono molteplici, come molteplice e variegata è l’attività di promozione interna ed esterna della vita cristiana in seno a questo micro-comunità, qual è appunto la provincia di Enna, definita “un’isola nell’isola”, per la sua collocazione geografica centrale. Un autentico microcosmo di umanità variegata, non esente dalle contraddizioni e dalle piaghe sociali del macrocosmo Sicilia-
Italia. Tra queste molteplici attività, promosse e dirette con infaticabile energia ed entusiasmo dal presidente Nicola De Luca e coordinate anche da me, delegato alla vita cristiana, vorrei distinguere le attività interne rivolte al sistema associativo ACLI dalle attività esterne rivolte alle Diocesi e alla più ampia fetta della società civile che insiste nel territorio della provincia di Enna. Le attività interne sono state pensate con l’obiettivo di favorire un’autentica crescita spirituale (secondo le linee-guida degli ottimi sussidi tematici di spiritualità, fornitici dal Coordinamento nazionale di vita cristiana), di sollecitare momenti di preghiera e di condivisione fraterna nei circoli, quali la lectio divina, l’ascolto della Parola e gli studi biblici. Nel “mare magnum” di queste azioni variegate, le ACLI ennesi tengono fisso lo sguardo sulla costruzione di una vera identità cristiana non cristallizzata, identità che vive in un tempo di pluralità a volte minacciosa. Christoph Theobald nei suoi due poderosi volumi, pubblicati di recente a Parigi e non ancora tradotti in Italia, Il cristianesimo come stile. Un modo di fare teologia nella postmodernità propone un ripensamento dell’identità cristiana a partire dalla fede compresa come “stile”. Lo stile è l’esercizio della fede nella vita: eloquio della maniera con cui abitare il mondo, aprirebbe un sentiero dove le dottrine patiscono l’inadeguatezza. Se il cristianesimo non può essere compreso trascurando la sua apertura escatologica, la verità si propone, dunque, come via che non vede ancora la fine. Essa è da cercare insieme, ospitandosi reciprocamente, oriundi di differenti comunità del sapere accomunate dal bisogno di comprendere. L’umile postura da assumere è quella dei pellegrini fiduciosi della mèta ma ignari della distanza che li separa da essa. La strada può essere lunga e tortuosa e diventa essenziale chi pratica la cura dell’ospitalità, la philoxenìa. Avere Abramo, un arameo errante, come padre, è riconoscere che è nel Dna della fede imbandire una mensa per chi passa davanti alla sua tenda. A Mamre tre visitatori misteriosi gli offrirono in cambio della sua ospitalità di sfiorare l’intangibilità del mistero di Dio.
di Marzia Carrubba
I
l Progetto Policoro, come abbiamo già più volte ripetuto, offre agli Animatori di Comunità un percorso di formazione stabile e continuativo, che permette loro di rendere un servizio migliore nel territorio. Tale formazione non è solo spirituale, ma anche e soprattutto tecnica. Attraverso questi incontri e, grazie alla collaborazione degli enti che fanno parte della filiera della formazione (ACLI, CONFCOOPERATIVE, CENASCA-CISL ecc…), l’animatore approfondisce e acquisisce le conoscenze inerenti al complesso mondo del lavoro. Nell’ultima formazione regionale, svoltasi a Caltanissetta il 23 e 24 gennaio, si è approfondito il tema delle “Politiche attive del Lavoro”. Nel pomeriggio del 23, il dott. Giusepe Catania (Astra Consulenze Aziendali) ha presentato l’offerta formativa regionale, illustrato il Piano Operativo Regionale (POR 20072013) soffermandosi sugli assi di intervento e sui criteri di presentazione e cantierabilità di un progetto e ha poi concluso con la trattazione delle opportunità della cooperazione. La mattina del 24, Italo Calafiore, (segretario provinciale giovani delle ACLI di Caltanissetta) ha illustrato “La novità Europass” , ossia il nuovo formato europeo del Curriculum vitae spiegando punto per punto la compilazione. Per consentire a tutti l’accesso a queste infor-
mazione, la conoscenza delle novità inerenti al mondo del lavoro e molto altro, il Progetto Policoro (sostenuto dall’Ufficio di Pastorale Giovanile della nostra diocesi) ha pensato di realizzare e mettere a vostra disposizione una newsletter. Policoro News avrà un’apposita sezione dedicata agli annunci e offerte di lavoro, alle borse di studio, stage e opportunità di formazione professionale ed inoltre, potrà esservi utile se avrete l’esigenza di reperire informazioni il più possibile complete ed aggiornate, per esempio sulle principali norme nazionali e comunitarie di promozione della cooperazione o sull’imprenditoria giovanile, o conoscere gli enti del lavoro presenti nel nostro territorio e molto altro ancora, oltre ad avere la possibilità di essere informati su tutte le attività realizzate presso il Centro Servizi della Diocesi. Policoro News, insomma, vi consentirà di essere informati tempestivamente sulle iniziative del Progetto Policoro e anche di mettere in rete le vostre informazioni, le vostre idee, le vostre curiosità, al fine di realizzare quel modello di comunicazione e di collaborazione che è all’origine del nostro impegno. Iscriversi alla newsletter è molto semplice, basta inviare una e-mail al seguente indirizzo: [email protected] oppure telefonando al numero 3389762272. Non perdete l’occasione di progettare al meglio il vostro futuro.
...in DIALOGO
8 Febbraio 2009
Cronotassi dei Vescovi della Diocesi
1. Gaetano Maria Avarna † (26 giugno 1818 - 1841 deceduto)
2. Rosario Vincenzo Benza † (25 luglio 1844 - 1847 deceduto)
5. Bernardo Cozzuoli † (18 novembre 1881 - 1903 deceduto)
8. Pio Giardina † (8 agosto 1942 - 18 febbraio 1953 deceduto)
3. Camillo Milana † (17 febbraio 1851 - 1858 deceduto)
6. Ferdinando Fiandaca † (22 giugno 1903 - 10 aprile 1912 nominato vescovo di Patti)
9. Clemente Gaddi † (24 giugno 1953 - 21 luglio 1962 nominato arcivescovo coadiutore di Siracusa)
4. Melchiorre Lo Piccolo † (23 dicembre 1858 - 1881 deceduto)
7. Agostino Felice Addeo, O.S.A. † (15 maggio 1913 - 1 luglio 1942 dimesso)
10. Costantino Trapani, O.F.M. † (4 ottobre 1962 - 29 ottobre 1976 nominato vescovo di Mazara del Vallo)
11. Salvatore Di Salvo † (20 dicembre 1976 - 9 aprile 1984 dimesso)
...in DIALOGO periodico della Diocesi di Nicosia
n. 2/09 Direttore Pietro Antonio Ruggiero Direttore Responsabile Natalino Buzzone Direzione e redazione Largo Duomo, 10 94014 Nicosia (EN) - Tel./Fax 0935 646040 [email protected] Amministrazione Tel./Fax 0935 646040 Impaginazione Stefano Manuele Autorizzazione Tribunale di Nicosia n. 1/06 del 19-12-06
12. Pio Vittorio Vigo † (7 marzo 1985 - 24 maggio 1997 nominato arcivescovo di Monreale)
13. Salvatore Pappalardo † (5 febbraio 1998 - 12 settembre 2008 nominato arcivescovo di Siracusa)
Stampa Villaggio Cristo Redentore S.r.l. Z.A. “L. Grassi” - C.da Camatrone - 94018 Troina (EN) Tel. 0935 657813 / 657398 - Fax 0935 653438