Incarichi Esterni Rebus Affidamento

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Incarichi esterni, rebus affidamento di Carmine Podda *

La recente sentenza della prima sezione centrale d’appello della Corte dei conti n. 145/2009, in tema di responsabilità per illegittimo conferimento di incarichi di consulenza, pronuncia che di seguito verrà sommariamente analizzata, consente di affrontare la delicata tematica dell’attribuzione di incarichi a professionisti esterni da parte di committenti pubblici, in particolare gli enti locali, materia resa sempre più complessa da continui e specifici interventi normativi e dai molteplici susseguenti orientamenti giurisprudenziali e dottrinali. Tale variegata questione costituisce un banco di prova di sempre più difficile interpretazione soprattutto per gli organi dirigenziali costretti a operare in realtà in cui, oltre a convivere con la cronica carenza di personale alimentata da severe politiche nazionali di limitazioni alle assunzioni, necessita anche inevitabilmente ottemperare alle generali disposizioni di “contenimento” della spesa pubblica. Ed al cospetto di tale difficile contesto applicativo, sempre più frequenti risultano essere i casi di accertamento di illegittimità da parte degli organi giudiziari preposti. Il Sole 24 ORE ­ Ottobre 2009 ­ n. 10

Conferimento di incarichi esterni:  i presupposti legislativi… La Corte dei conti, sia in occasione di pronunce delle sezioni regionali di controllo, sia in sede strettamente giurisdizionale, ha più volte ribadito, partendo dal principio dell’autosufficienza della pubbliche amministrazioni desunto dall’art. 97 Cost., che il ricorso a risorse umane esterne è da intendere come “estrema ratio” e quindi “consentito solo in relazione a situazioni del tutto eccezionali […] non sopperibili con la struttura burocratica esistente; […] tale accertata eccezionalità deve essere valutata caso per caso attraverso l’esame della motivazione del provvedimento, che deve essere congrua ed esauriente” (cfr. infra Corte dei conti, sez. Toscana, n. 383/2008 e sez. Friuli, n. 32/2008). Al di là dei principi costituzionali, va in primis considerato l’art. 7 del Dlgs n. 165/2001 che, secondo le integrazioni apportate dalla “legge Brunetta” n. 133/2008, indica i presupposti essenziali da rispettare per un corretto e legittimo ricorso agli incarichi esterni: l’oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall’ordinamento all’amministrazione conferen-

te e ad obiettivi e progetti specifici e determinati in coerenza con i bisogni effettivi dell’ente; l’amministrazione deve avere preliminarmente accertato l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno; la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata; devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione. La legge Brunetta non è tuttavia intervenuta sul co. 6-bis dell’art. 7: rimane inalterato l’obbligo per le amministrazioni pubbliche di disciplinare e rendere pubbliche, secondo i propri ordinamenti, procedure comparative per il conferimento degli incarichi (la circolare n. 2 del 2008 della Funzione pubblica dichiara tuttavia che può ritenersi che le collaborazioni meramente occasionali che si esauriscono in una sola azione o prestazione e che comportano un “compenso di modica entità equiparabile ad un rimborso spesa […] non debbano comportare l’utilizzo della procedura comparativa per la scelta del collaboratore, né gli obblighi di pubblicità”), nonché di adeguare ai principi suindicati i regolamenti interni di cui all’art. 110, co. 6, del Dlgs n. 267/2000 (regolamenti degli uffici e dei servizi). Altri obblighi da menzionare, questa

* Avvocato, responsabile Ufficio legale Aato 5 “Toscana Costa”

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Il tema dell’attribuzione di incarichi a professionisti esterni da parte di committenti pubblici, in particolare enti locali, è reso sempre più complesso per gli specifici e continui interventi normativi e i molteplici orientamenti giurisprudenziali e dottrinali che si susseguono negli ultimi tempi

RAPPORTO DI LAVORO

GESTIONE DEL RAPPORTO Incarichi esterni

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RAPPORTO DI LAVORO

GESTIONE DEL RAPPORTO Incarichi esterni volta sanciti dalla legge n. 133/2008, che al riguardo riprende l’art. 3, co. 54, della legge n. 244/2007, sono quello relativi alla pubblicazione sul sito web dell’ente degli elenchi nei quali siano indicati i soggetti precettori, la ragione dell’incarico e l’ammontare erogato, ed alla trasmissione alla competente sezione regionale della Corte dei conti degli incarichi superiori ai 5mila euro. A tal proposito va ricordato che, secondo quanto disposto dalla direttiva del ministro per le Riforme e le innovazioni nella PA n. 2/2007, “Il Dirigente responsabile della struttura committente è tenuto a curare le procedure necessarie per garantire la pubblicazione sul sito istituzionale dell’amministrazione. Il rispetto di tale adempimento integra elemento di valutazione dei dirigenti”. Tale pubblicità deve riguardare, come stabilito dalla comunicazione interpretativa Ce 23/06/06 e sottolineato dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici 30 novembre 2007, oltre che elenchi nei quali siano indicati i soggetti precettori, la ragione dell’incarico e l’ammontare erogato, anche gli avvisi di gara sul sito web dell’ente, così da permettere “l’apertura al più vasto numero possibile di soggetti che operano nel mercato”. Andando nello specifico ad analizzare l’art. 7, co. 6, di cui sopra, la prima delle condizioni di legittimità riguarda la corrispondenza tra l’oggetto dell’attribuzione dell’incarico e le competenze istituzionali dell’amministrazione conferente: la mancata correlazione determinerebbe, da un lato, l’indebito accrescimento delle mansioni caratterizzanti l’operato tipico dell’ente in questione e dall’altro comporterebbe la conseguente impossibilità di accertare l’effettivo vantaggio per l’amministrazione scaturente dall’impegno profuso dal collaboratore esterno. Sempre in riferimento all’oggetto

del contratto, lo stesso deve riguardare obiettivi determinati e specifici; come sottolineato dalla magistratura contabile, il ricorso a professionisti esterni è possibile solo in casi del tutto eccezionali a fronte dell’accertata vacanza interna di personale qualificato e, comunque, in virtù del perseguimento di un preciso obiettivo gestionale legato ad uno specifico predeterminato progetto operativo che dimostri la “coerenza con le esigenze funzionali dell’ente” e quindi l’utilità effettiva dell’incarico, il tutto al fine di garantire che l’ente non abbia sostanzialmente intenzione di ricorrere a professionisti esterni al fine di evitare ad esempio complesse procedure concorsuali che, tuttavia, consentirebbero di porre rimedio in via definitiva alla temporanea mancanza nell’organico in servizio di professionalità interne adeguate. … e la giurisprudenza applicativa E proprio l’accertamento della mancanza “qualitativa e quantitativa” di personale nella dotazione organica della realtà conferente a costituire un ulteriore presupposto di legittimità. A tal proposito è giusto soffermare per un attimo l’attenzione sulla sentenza che ha dato vita alla nostra analisi. Corte dei conti, sez. I centrale d’appello, sentenza n. 145/2009 Con tale pronuncia la prima sezione centrale d’appello della Corte dei conti ha confermato l’impugnata sentenza della sezione giurisdizionale per la regione Umbria che aveva, tra gli altri, condannato il sindaco di un comune del perugino al pagamento in favore dell’amministrazione di appartenenza di una somma pecuniaria, addebitando allo stesso la colpa grave nell’aver affidato illecitamente un incarico di consulenza. L’illegittimità di tale incarico esterno

era derivato, secondo quanto stabilito dalla sezione umbra e dalla successiva conferma in appello, dal fatto che la motivazione, resa ufficiale dagli atti deliberativi della Giunta comunale, per la quale si era addivenuto all’affidamento ad un consulente esterno dell’incarico di responsabile dell’ufficio ragioneria, era stata quella di sopperire temporaneamente alla vacanza interna del corrispondente profilo professionale e di “addestrare”, affiancandola per un breve periodo iniziale, la vincitrice del concorso già espletato per istruttore amministrativo dell’area contabile, che sarebbe stata poi, una volta “addestrata” dal consulente esterno, destinata a ricoprire il ruolo di responsabile dell’ufficio ragioneria. Ebbene, tale motivazione, afferma la Corte, non era stata poi suffragata dai fatti: l’incarico affidato aveva avuto, dopo ben tre proroghe, una durata di addirittura cinque anni, e all’istruttrice amministrativa, al termine dell’affiancamento da parte del consulente esterno, non fu nemmeno riconosciuta, come previsto dalla Giunta, la responsabilità dell’area. A ciò v’è da aggiungere che l’iter procedimentale era risultato comunque viziato sin dal principio: il mansionario dell’istruttore amministrativo, infatti, non prevede l’assunzione della responsabilità di area. “[…] È questione di consequenzialità logica e di buon senso, oltre che di correttezza istituzionale - sottolinea severamente la Corte - provvedere a ricoprire il posto di funzione vacante con la professionalità necessaria, anziché reclutare figure professionali inadatte (almeno secondo il mansionario), per poi essere costretti a prorogare, pressoché sine die, un parallelo incarico di consulenza, in attesa del verificarsi di una condizione impossibile […]”. E tale osservazione parte dalla considerazione che la legge n. 248/2006 e la Finanziaria 2008 sono state emaIl Sole 24 ORE ­ Ottobre 2009 ­ n. 10

Ulteriori presupposti normativi La sezione d’appello inoltre, in linea esplicativa, accenna a quelli che sono stati da sempre ritenuti dalla stessa giurisprudenza contabile i criteri da seguire in ordine all’attribuzione di incarichi. Oltre ai presupposti già poc’anzi riferiti, ossia l’accertata impossibilità di far fronte con personale interno alla risoluzione della problematica che costituirà oggetto dell’incarico esterno, nonché la stretta correlazione tra l’oggetto dell’attribuzione dell’incarico, che dovrà essere indirizzata al perseguimento di un obiettivo specifico e predeterminato, e le competenze istituzionali dell’amministrazione conferente, vengono analizzati altri due presupposti di legge: “l’incarico deve presentare le caratteristiche della specificità e della temporaneità […]; il compenso connesso all’incarico deve essere proporzionale all’attività svolta e non liquidato in maniera forfetaria (ex multis, Corte dei conti, sez. I, n. 393/2008 e n. 248/2007)” . In riferimento a questi ultimi presupposti, va rilevato che la durata dell’incarico, il cui oggetto deve essere obbligatoriamente determinato al fine di evitare attribuzioni di generiche e onnicomprensive consulenze che potrebbero difficilmente essere sottoposte a controlli circa il concreto raggiungimento degli obiettivi prefissati, necessita di predeterminatezza: il termine finale dell’incarico, da specificare nell’atto amministrativo di attribuzione, dovrà coincidere o con la data prefissata ed appositamente indicata o, a seconda degli affidamenti, con il raggiungimento del risultato previsto nel progetto. Nell’atto di attribuzione dell’incarico Il Sole 24 ORE ­ Ottobre 2009 ­ n. 10

andrà anche specificato il compenso con l’indicazione delle modalità di pagamento al fine di scongiurare liquidazioni forfetarie che tengano conto solo del dato quantitativo relativo al numero di ore impiegate dal professionista, e non anche dell’effettivo perseguimento degli obiettivi prefissati. Un ulteriore presupposto da considerare ai fini del corretto affidamento di incarichi esterni, introdotto dalla legge finanziaria 2008, ha generato diverse polemiche costringendo il legislatore ad un successivo intervento “riparatore”. Nello specifico, l’art. 3, co. 76, della legge n. 244/2007, modificando l’originario testo dell’art. 7, co. 6, del Dlgs n. 165/2001, restringeva in sostanza la platea dei professionisti possibili destinatari di incarichi in quanto prevedeva che le amministrazioni pubbliche potessero ricorrere a consulenti esterni solo qualora questi ultimi vantassero la laurea nella disciplina attinente l’oggetto della collaborazione, in aggiunta al generico requisito della “specifica competenza” già previsto dalla norma in quel tempo in vigore. Tuttavia, come prontamente fatto notare da diversi fronti, tale disposizione normativa avrebbe finito inevitabilmente per tirar fuori da ogni possibile affidamento quei professionisti privi del titolo di laurea pur se iscritti in appositi albi professionali ed anche quei soggetti operanti nel campo artistico, possessori di una professionalità frutto di un talento innato accompagnato dall’esperienza maturata sul campo. Proprio in considerazione di ciò, con la modifica operata dall’art. 46 del Dl n. 112/2008, la formulazione “particolare e comprovata specializzazione universitaria” è stata sostituita da “particolare e comprovata specializzazione anche universitaria”: in sostanza è possibile prescindere dal requisito della laurea “in caso di

stipulazione di contratti di collaborazione […] per attività che debbano essere svolte da professionisti iscritti in ordini o albi o con soggetti che operino nel campo dell’arte, dello spettacolo, dei mestieri artigianali o dell’attività informatica nonché a supporto dell’attività didattica e di ricerca […]”. Singoli incarichi ed appalti  di servizi: gli incarichi legali  e la querelle dottrinale Ad alimentare le incertezze, testimoniate dalle frequenti pronunce di condanna da parte della magistratura contabile nei confronti degli organi di vertice conferenti incarichi rivelatisi illegittimi, concorre un’ulteriore recente querelle dottrinale. Come già accennato supra, parte della dottrina, prendendo come riferimento la pronuncia del Consiglio di Stato n. 263/2008, a cui ha fatto seguito pochi mesi dopo una deliberazione del giudice contabile della Lombardia, ritiene sussistente la differenza tra il conferimento di singoli incarichi di studio, ricerca e consulenza, materia disciplinata dall’art. 7, co. 6, del Dlgs n. 165/2001, e l’attribuzione di servizi di cui all’Allegato II B del Codice dei contratti (Dlgs n. 163/2006). A testimonianza di tale assunto viene richiamata la distinzione civilistica tra contratto di prestazione d’opera ex artt. 1222 e seguenti del codice civile e l’appalto ex art. 1655 dello stesso codice. Contratto di prestazione d’opera La prima fattispecie contrattuale si caratterizza per la personalità della prestazione volta al perseguimento di un’obbligazione di risultato in assenza di un’organizzazione di mezzi: a tale fattispecie dovrebbe essere ricondotta l’attribuzione di incarichi di studio, ricerca o consulenza quali ad esempio l’incarico di consulenza su aspetti geologici inerenti un piano urbanistico o, con riferimento a fatti-

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nate con il chiaro intento di limitare ulteriormente il ricorso alle consulenze esterne ai fini del conseguimento di economie di spesa sancito dal Dlgs n. 165/2001.

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specie più frequenti, il singolo incarico di studio o consulenza attribuito ad un legale e volto all’acquisizione di uno specifico parere o relazione scritta. Appalto Tali tipi di affidamenti andrebbero tuttavia distinti da quelli, riconducibili alla fattispecie dell’appalto, aventi come oggetto l’acquisizione di prestazioni più articolate caratterizzate non dalla personalità dell’opera svolta, ma dalla complessa organizzazione imprenditoriale di mezzi e risorse che consentono l’esecuzione della prestazione. In tale ultima ipotesi, andrebbero applicate le disposizioni selettive secondo i criteri “dell’evidenza pubblica” contenuti nel Dlgs n. 163/2006. Esemplificativamente, con riferimento al settore legale, l’orientamento giurisprudenziale e dottrinale appena accennato sostiene che, quando si è al di fuori dell’attribuzione di singoli incarichi caratterizzati dalla natura personale della prestazione e sottoposti alla disciplina prevista dall’art. 7 del Dlgs n. 165 del 2001, la materia andrebbe ricondotta “all’ambito degli appalti di servizi, dovendosi fare in generale riferimento alla tipologia dei servizi legali di cui all’allegato 2B del D.Lgs. n. 163/2006, che costituisce, ai sensi dell’art. 20 del decreto, uno dei contratti d’appalto di servizi cosiddetti ‘esclusi’, assoggettato alle

sole norme del codice dei contratti pubblici richiamate dal predetto art. 20, nonché i principi indicati dal successivo art. 27 (trasparenza, efficacia, non discriminazione ecc.)”. Rientrerebbe dunque nella disciplina prevista dall’Allegato II B e quindi non sottoposta alla consueta normativa prevista dal Codice dei contratti: il conferimento organico e continuativo di funzioni di carattere legale (ad esempio rappresentanza giudiziale dell’ente attribuito ad uno studio legale in assenza di un ufficio legale interno). Osservazioni finali Non irrilevante tuttavia l’orientamento che ritiene eccessivamente drastica la suddetta distinzione nella dovuta considerazione che la normativa europea, poi recepita dall’art. 3, co. 19, del Dlgs n. 163/2006, fornisce una definizione di imprenditore più ampia rispetto a quella codicistica poc’anzi accennata. È da considerare imprenditore “qualsiasi persona fisica, giuridica o ente senza personalità giuridica che offra sul mercato la realizzazione di lavori, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi”; perde dunque rilievo l’elemento dell’organizzazione e vengono depotenziate la rigida differenza codicistica accennata e la conseguente distinzione circa la normativa da seguire per l’affidamento degli incarichi. Di fronte a queste complesse teorie,

rispetto alle quali non si escludono ulteriori sviluppi, va tuttavia rilevato che, comunque, i servizi compresi nell’allegato II B, in quanto “esclusi”, non sono sottoposti alla rigida disciplina prevista in via ordinaria per gli altri appalti di servizi, ragion per cui, ai fini di un legittimo affidamento, bisogna attenersi esclusivamente ai principi sanciti dall’accennato art. 27 di economicità, imparzialità, parità di trattamento e trasparenza, criteri il cui perseguimento è comune anche alla disciplina degli affidamenti di singoli incarichi prevista dall’art. 7, co. 6, del Dlgs n. 165/2001. Proprio nell’ottica del rispetto di tali principi, entrambi gli indirizzi comunque concordano nell’affermare che gli incarichi, nel rispetto delle generali regole di tutela della concorrenza, qualora assegnati fiduciariamente ossia intuitu personae, sono da ritenere legittimi solo ed esclusivamente allorquando ricorra il requisito della “particolare urgenza” connessa alla realizzazione dell’attività discendente dall’incarico, ovvero quando l’amministrazione dimostri di “avere necessità di prestazioni professionali esterne tali da non consentire forme di comparazione con riguardo alla natura dell’incarico, all’oggetto della prestazione ovvero alle abilità/conoscenze/qualificazioni dell’incaricato […]” (Corte conti, sez. controllo Emilia Romagna, delibera n. 110/2008). n

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